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F ISCALITÀ ESTERA n. 9 • 2013 Aspetti ed elementi contrattuali Aspetti fiscali Imposte e tasse Doganale Societario Giurisprudenza Varie Quesiti

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FISCALITÀESTERA n. 9 • 2013

• Aspetti ed elementi contrattuali• Aspetti fiscali• Imposte e tasse• Doganale• Societario• Giurisprudenza• Varie• Quesiti

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FISCALITÀESTERAFiscalità Estera Rivista telematica mensile Registrata al Tribunale di Padova n. 1466 del 23-05-2012

Direttore responsabileLuigia Lumia Coordinamento scientificoCristina Rigato

Comitato scientificoLorenzo RiccardiFulvio DegrassiGuido AscheriFrancesca Romana Bottari

Progetto grafico Niki Caragiulo

Canone di abbonamento annuale € 150,00 + IVA

Fiscoetasse s.r.l.Galleria del Pincio, 140126 Bologna

Indirizzo mail [email protected]

Indirizzo web www.fiscoetasse.com

Tel. 051-223459

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SommarioAspetti Fiscali

Bielorussia: pianificare l’internazionalizzazione dell’impresa ... » 4di Mattia Baù

La Normativa CFC Applicata ai Paesi Extra Black List .............. » 8di Chiara Porrovecchio

La tassazione a Malta ............................................................. » 12di Cristina Rigato

Societario

Holding con sede a Cipro ....................................................... » 14di Guido Ascheri

La Cina e il modello del family business italiano – le PMI ...... » 17di Silvia Salvini

Varie

Business english o italian english business correspondence? ... » 19di Francesca Romana Bottari

Le strategie di specializzazione e  focalizzazione nel settore della chimica specialistica ...................................................... » 22di Stefano Grigoletti

L’Iran e l’embargo ................................................................... » 25di Ana Maria Pérez Magdalena

Relazioni e accordi internazionali del Vietnam ....................... » 30di Lorenzo Riccardi, Massimiliano Bertollo

Quesiti

Domande & Risposte .............................................................. » 38

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ASPETTI FISCALI

BIELORUSSIA: PIANIFICARE L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELL’IMPRESA

La Bielorussia è uno dei Paesi rientrante nella Comunità degli Stati Indipendenti (CIS), spesso “sottostimata” dagli operatori rispet-to alla Russia per le sue ridotte dimensioni (estensione pari a 207.595 km2) nonostante il suo numero di abitanti (9.467.700, 2010). Tuttavia, la Repubblica della Bielorussia è un Paese molto moderno e burocraticamente snello che presenta molte opportunità a li-vello internazionale anche in settori strategi-ci (chimica, meccanica, tessile, ecc).La Bielorussia è un paese fortemente aperto agli investimenti di capitali stranieri, caratte-rizzato da bassa fiscalità, con forza lavoro al-tamente qualificata e una posizione strategi-ca, la Bielorussia infatti rappresenta una cer-niera ottimale tra enormi mercati dell’Unione Doganale e dell’Unione europea, il che po-trebbe essere sfruttato da aziende italiane per il collocamento sul territorio bielorusso delle proprie unità produttive, logistiche e commer-ciali. Dal 1° gennaio 2012 la Bielorussia, la Russia e il Kazakhstan sono passati a un livel-lo più alto di integrazione, attraverso la cre-azione dello Spazio Economico Comune. La nascita dell’Unione Doganale e dello Spazio Economico Comune hanno reso sempre più agevoli interscambi commerciali e la deloca-lizzazione delle imprese Europee.

Mattia Baù nasce a Verona, si laurea nel 2003, presso l’Università degli Studi di Trento, dove permane dopo la laurea in qualità di consulente dell’Università degli Studi di Trento, dove ha svolto anche attività didattica in qualità di assistente nonché tutor del corso di Analisi e Contabilità dei Costi e Controllo di Gestione. Dopo diverse esperienze professionali in Italia in qualità di advisor presso KPMG e all’estero, tra cui spicca quella svolta in U.S.A.  in cui ha vissuto per circa un anno, rientra a Verona, dove nel 2009 inizia la sua collaborazione con lo Studio Associato Baù Martini, dove, svolge la sua attività professionale principalmente nelle aree fiscalità internazionale, occupandosi di pianificazione fiscale internazionale, M&A e delocalizzazione d’azienda. Riveste il ruolo di partner dello studio e responsabile dell’Area Europa e Middle East.

Tra i paesi “incrociati” nel suo percorso professionale, caratterizzato da costanti esperienze maturate all’estero, la Bielorussia è quello che negli ultimi due anni l’ha visto impegnato nella gestione e coordinamento di progetti, che vanno dalla joint venture, alla delocalizzazione, passando per lo sviluppo di business plan internazionali.Ha coordinato e partecipato anche in qualità di relatore a convegni e incontri di studio nel settore dell’internazionalizzazione d’impresa, fa parte della commissione fiscalità e relazioni internazionali dell’Ordine Dottori Commercialisti di Verona, di cui è stato relatore nell’ultimo convegno.

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Internazionalizzazione delle imprese: il caso Bielorussia

Scheda Paese BielorussiaLa Repubblica di Bielorussia, a partire dal 1° gen-naio 2009, consente di scontare un’aliquota fi-scale fissa (flat tax) pari al 12% sui redditi delle persone fisiche e al 18% sui redditi delle perso-ne giuridiche. Nel presente articolo cercheremo di approfondire i risvolti legati ad una simile bas-sa tassazione.In alcune zone, l’aliquota fiscale per le persone giuridiche può ridursi al 9% e addirittura arriva-re allo 0% per i primi 5 anni di attività, come nel caso delle aree denominate Free Economic Zo-nes (Minsk, Gomel, Vitebsk, Grodno, Brest e Mo-givel), oppure all’interno dell’High Technologies Park a Minsk, entro il quale, le società non sono soggette all’imposta sulle società ma debbono corrispondere annualmente l’1% del reddito lor-do realizzato all’amministrazione dell’HTP.  I dividendi corrisposti a soggetti esteri non resi-denti, inoltre, scontano una ritenuta del 12% fatto salvo quanto previsto dagli accordi bilaterali con-tro le doppie imposizioni.  Gli interessi e le royal-ties corrisposti a soggetti non residenti vengono tassati con ritenuta fiscale del 10% e del 15%. Si precisa che, se il soggetto erogante è una società localizzata nell’High Technologies Park la ritenu-ta scende drasticamente al 5% a meno che un ac-cordo fra i due Paesi non disponga diversamente.Inoltre, è prevista la non imposizione dei dazi do-ganali in importazione di materie prime, l’esen-zione sulla tassa sui veicoli e l’esenzione sulle im-poste immobiliari. La Repubblica di Bielorussia, inoltre, nel 2010 ha creato assieme alla Russia e Kazakistan un’area denominata “Spazio Econo-mico Comune” entro il quale tutte le merci posso liberamente circolare senza imposizione di dazi doganali; questo ha consentito e consente attual-mente una forte attrattiva d’investimento per le società straniere tra cui l’Italia, la quale si collo-ca al 4° posto per volume totale di scambi con 15.175 milioni di dollari pari a circa il 7% dell’at-tività economica estera totale dell’unione doga-nale. Da qui si evince il notevole vantaggio fiscale vi-gente all’interno della Repubblica della Bielorus-sia rispetto all’attuale imposizione fiscale Italiana, ma allo stesso tempo, occorre predisporre in ma-niera accurata tutte le fasi preliminari di interna-zionalizzazione e costituzione di nuove società al fine di evitare qualsiasi tipo di criticità riguar-dante i criteri nazionali e internazionali di este-rovestizione e di residenza fiscale di società este-ra, eliminando in toto la possibile attrazione dei redditi prodotti in Bielorussia da parte di società partecipate da soggetti italiani, i quali potrebbe-

ro essere soggetti comunque a tassazione in Ita-lia per applicazione del cosiddetto “principle of worldwide taxation”.

Residenza fiscale in ambito nazionale, internazionale e criteri di esterovestizioneL’art. 73, comma 3, TUIR stabilisce che si consi-derano residenti le società, associazioni ed enti che per la maggior parte del periodo di impo-sta soddisfano almeno uno dei seguenti requisi-ti: sede legale, sede dell’amministrazione o l’og-getto principale della loro attività in Italia. Con il termine maggior parte del periodo di imposta si deve far riferimento a 183 giorni di calendario o 184 giorni per gli anni bisestili; si evidenzia che per il raggiungimento di questo limite vanno con-siderati anche i giorni non continuativi pur sem-pre all’interno del medesimo periodo di imposta.In ambito internazionale, nel caso di società ed enti che, in base alle leggi dei singoli Paesi, ri-sultano residenti in più Stati, l’art. 4 del Modello OCSE stabilisce che la residenza fiscale si colloca nel luogo in cui si trova la sede dell’amministra-zione, ovvero, “Place of effective management”, vale a dire il luogo in cui è svolta l’attività di am-ministrazione e direzione dell’impresa. Si precisa che il paragrafo 24 del Commentario OCSE in ri-ferimento all’art. 4 stabilisce che, in linea di prin-cipio generale, la sede di direzione effettiva è in-dividuabile “nel luogo di assunzione delle deci-sioni chiave (di natura gestionale e commercia-le) necessarie per la conduzione dell’attività del-la persona giuridica, nel luogo dove la persona o il Gruppo di persone che esercitano le funzio-ni di maggior rilievo assumono ufficialmente le loro decisioni, o ancora nel luogo di determina-zione delle strategie che dovranno essere adottate nel suo insieme”. Diviene essenziale sottolineare che in caso di società controllate, la sede di dire-zione effettiva non può essere il luogo in cui ven-gono prese le decisioni strategiche, in quanto le stesse sono assunte dalla Capogruppo, e pertanto in questi casi bisogna fare riferimento al luogo di “gestione e direzione quotidiana” concretizzan-dosi questa nel luogo dove vengono svolte tutte le attività ordinarie in modo continuativo, come, ad esempio, l’attività di organizzazione e control-lo dei processi e dei fattori produttivi, la gestione del personale, le attività di relazione con i terzi, la stipula di contratti inerenti la gestione ordinaria, gli incassi e i pagamenti (significativo in questo caso stabilire chi ha l’effettiva titolarità dei con-ti correnti intestati all’ente e chi di fatto ne dispo-ne). Sul punto si sottolinea come la stessa Ammi-nistrazione Finanziaria ha chiarito che all’interno di Gruppi societari alcune attività come il con-trollo e il marketing sono tipicamente svolte dalla

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Capogruppo. La valutazione di tali elementi deve essere sempre fatta in un’ottica di prevalenza del-la sostanza sulla forma, come ricorda esplicita-mente lo stesso commentario per cui “la determi-nazione del luogo della direzione effettiva è una questione di fatto, nella quale occorre la preva-lenza della sostanza sulla forma”. Si precisa, inol-tre, che in sede di controversie con l’amministra-zione finanziaria la normativa pattizia, ovvero, gli accordi e/o convenzioni bilaterali tra gli Stati, per il principio di specialità, devono ritenersi preva-lenti rispetto alle norme dell’ordinamento interno di ogni stato, ovvero, la prevalenza dei trattati in-ternazionali rispetto alle norme interne.

Caso Bielorussia: la costituzione di una Joint Venture italo-bielorussaIl caso reale in questione, ha riguardato la costi-tuzione di una Joint Venture tra due società, una società italiana e una società bielorussa attraver-so la costituzione di una New.Co. Limited Liabili-ty Company bielorussa. Nel concreto, la New.Co. è composta per il 70% del Capitale Sociale da parte di una società italiana (CONTROLLANTE) e per il restante 30% da parte di una società bielo-russa. Si precisa, che nel caso in questione, i soci italiani sono tutti residenti fiscalmente in Italia e che i soci bielorussi sono tutti residenti fiscalmen-te in Bielorussia. Collegandoci quindi al caso reale della costitu-zione di “joint venture” tra le due società (italo/bielorussa), è stato necessario definire, in via pre-liminare e soprattutto prima della costituzione della nuova società la predisposizione di un “Me-morandum of Understanding”, ovvero, un docu-mento legale che ha consente di regolare l’attività gestionale dell’impresa estera. Questo documen-to legale, infatti, descrive l’accordo bilaterale tra le due controparti, ed è rilevante ai fini giuridici, consentendo di pattuire e regolare in via “ami-chevole” aspetti critici dell’operazione collegate a possibili rischi e/o problematiche sia di residen-za fiscale che di scelta del “Board of Directors” e di scelta del sistema di reporting direzionale. Il Memorandum of Understanding, infatti, consente in via preliminare di pianificare la gestione e dire-zione della società ed i relativi poteri da attribui-re ai singoli componenti del Consiglio di Ammini-strazione della nuova società bielorussa. All’interno del Memorandum of Understanding è stata, quindi, trattata la questione può delica-ta collegata alla nomina del “Board of Directors”, aspetto quest’ultimo critico nella fase prelimina-re. Il cliente italiano, infatti, inizialmente aveva ipotizzato la nomina di un Consiglio di Ammi-nistrazione formato da un Direttore locale bielo-russo e un Direttore italiano residente fiscalmente in Italia. Questa soluzione però è stata fortemen-

te discussa durante i vari meeting tra le parti cer-cando di evitare il più possibile la delega di poteri verso l’amministratore italiano al fine di mantene-re il principio di autonomia gestionale dell’attivi-tà societaria in loco (Bielorussia) avendo comun-que riguardo di mantenere il controllo (Italia), in qualsiasi momento, della nuova società da parte del socio italiano nel pieno rispetto della norma-tiva internazionale riguardante il principio sopra citato del “place of effective management”. Sono state quindi definite tra le parti e nel Memoran-dum of Understanding le relative deleghe dei po-teri da attribuire all’amministratore bielorusso al fine di mantenere in Bielorussia tutte le principali attività di ordinaria amministrazione vincolando invece all’obbligo di firma congiunta di entrambi gli amministratori (italo/bielorussi) relativamente a tutte le attività di straordinaria amministrazione. Al fine di mantenere un controllo effettivo dell’o-peratività della nuova società da parte del socio italiano, si è deciso di optare per il controllo dei flussi finanziari e di tutti i conti correnti bancari della nuova società attraverso la predisposizione da parte delle Banche locali bielorusse di dispo-sitivi informatici quali Token e homebanking con non poche problematiche legate sia alla lingua del sistema operativo che all’interfaccia con i si-stemi ERP della società italiana. In sostanza, que-sta soluzione adottata ha consentito e consente tutt’ora di avere in qualsiasi momento il control-lo diretto da parte della società italiana dei conti correnti e delle relative movimentazioni finanzia-re della nuova società garantendo comunque la totale autonomia operativa e gestionale dell’am-ministratore locale bielorusso e quindi il rispet-to del principio sopra citato del “place of effecti-ve management” e della non commistione nella gestione da parte del socio italiano. Relativamen-te ai flussi finanziari si è inserito, inoltre, nel Me-morandum of Understanding la predisposizione di due conti correnti distinti, uno per l’ordinaria gestione e amministrazione della nuova società in rubli bielorussi e un altro con valuta in dolla-ri. Questo secondo conto corrente in valuta este-ra ha un duplice scopo: il primo legato alla salva-guardia della forte fluttuazione della moneta lo-cale (rubli bielorussi) e il secondo legato alla sal-vaguardia dei flussi in uscita nel conto corrente in quanto il conto corrente in dollari più essere mo-vimentato disgiuntamente in entrata ma con fir-ma congiunta in uscita, divenendo in sostanza la “cassaforte” della società pur garantendo il prin-cipio dell’operatività quotidiana della società nel rispetto di prevalenza del criterio della sostanza sulla forma “substance over form”. Vale a dire fat-ti e circostanze incontrovertibili che comprovino, oltre ogni ragionevole dubbio, l’assenza di auto-nomia giuridica, contrattuale, finanziaria e, so-prattutto, funzionale della legal entity estera ri-

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spetto al soggetto partecipante italiano. Si ricor-da che l’onere della prova della non effettiva resi-denza all’estero in paesi white list di società par-tecipate da soggetti residenti in Italia è posto in carico dell’Amministrazione finanziaria e non vi-ceversa. Questa precisazione ci consente quindi di chiarire che è e sarà l’amministrazione finan-ziaria che dovrà dimostrare la non residenza della società nel territorio estero in questione. Si ricorda, in riferimento al “Board of directors” che, in una recente sentenza della C.T.P. di Bel-luno (Sent. 173/01/2007, in Corr. Trib. 12/2008, è stata affermata la residenza in Italia di una socie-tà di diritto tedesco controllata da una società ita-liana, facendo principalmente leva sul fatto che, in presenza di due amministratori con poteri disgiun-ti, tutte le principali decisioni ed operazioni poste in essere dalla controllata tedesca erano ascrivibili all’amministratore residente in Italia, che era anche amministratore e socio della società controllante, mentre nel processo non erano stato concretamen-te provate le mansioni adempiute dall’altro ammi-nistratore, residente in Germania. Dalla sentenza emerge quindi l’importanza nel-la scelta sia del Board of Directors che dei singo-li poteri di amministrazione da attribuire in fase preliminare alla costituzione della nuova società estera al fine di attenuare l’insorgere di fenomeni di “dual residence” e di evitare una doppia impo-sizione giuridica con conseguente principio di at-trazione dei redditi prodotti in Bielorussia ma tas-sabili in Italia, così detto, Principle of Worldwide taxation.

Il Sistema di Reporting e ControlloL’ultimo aspetto, rilevante nella fase di joint ven-ture tra le parti, ha riguardato la predisposizione del Balance Sheet e del Profit & Loss Account del-la nuova società costituente e del sistema di re-porting direzionale. La normativa bielorussa infat-ti non obbliga le società di capitali alla redazio-ne e deposito del bilancio in formato CEE essendo al di fuori della comunità europea, questo cau-sa spesso non pochi disallineamenti nella ricon-giunzione del piano dei conti con società estere. La normativa locale bielorussa consente appun-

to una rendicontazione finanziaria per flussi di cassa, verosimilmente ad sistema di “Cash Flow”. Nel caso in esame, al fine di allineare la contabili-tà bielorussa con quella italiana, si è quindi prov-veduto alla schematizzazione e ricongiunzione di tutto il “piano dei conti” della società con l’alline-amento delle voci sia di stato patrimoniale che di conto economico. Quello che si rende necessario nella fase preliminare alla costituzione o apertura di nuove società o branch in Bielorussia o comun-que nella zona dei paesi CIS (Bielorussia, Russia e Kazakistan), è di porre attenzione non solo nella predisposizione del piano strategico finanziario o della predisposizione del Business Plan annuale o trimestrale ma soprattutto della codifica del pia-no dei conti con il bilancio locale al fine di evi-tare spiacevoli inconvenienti durante la consun-tivazione dei vari bilanci infra annuali e annuali, soprattutto per il principio di competenza vigen-te nella normativa italiana rispetto al principio di cassa vigente nella normativa bielorussa. Il sistema di reporting direzionale, infine, è sta-to creato ad hoc al fine di evidenziare in maniera precisa e dettagliata tutti i prezzi di trasferimen-to dei prodotti che vengono fatturati dalla società italiana verso la società controllata bielorussa in quanto, dal primo gennaio 2012, è divenuta ob-bligatoria la predisposizione del masterfile e del relativo transfer pricing per le società di capita-li bielorusse controllate, in maniera maggioritaria da società straniere. Al fine di evincere ogni dub-bio riguardante i prezzi di trasferimento, sono sta-ti creati appositi contratti tra le parti per la deter-minazione della scontistica media applicata tra la società italiana e la società bielorussa con anali-si dei listini prezzi applicati dai competitors nel mercato locale bielorusso di riferimento. Nei con-tratti sono state inoltre specificate tutte le attività svolte in autonomia da parte della società bielo-russa ed il sistema di ripartizione dei costi delle funzioni di Gruppo. I contratti in essere svolgono, quindi, una duplice funzione sia in termini pro-batori di determinazione dei prezzi interni di tra-sferimento che in termini di autonomia funziona-le della società bielorussa rispetto al soggetto par-tecipante italiano.

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LA NORMATIVA CFC APPLICATA AI PAESI ExTRA BLACk LIST

Un particolare aspetto dell’ampio contesto pre-scrittivo sulla tassazione delle società estero-vesti-te è inserito al n. 167, comma 8-bis*, del Tuir e pre-vede le seguenti implicazioni “la disciplina di cui al comma 1 trova applicazione anche nell’ipote-si in cui i soggetti controllati ai sensi dello stesso comma sono localizzati in Stati o territori diver-si da quelli ivi richiamati, qualora ricorrono con-giuntamente le seguenti condizioni:a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferio-re a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia;b) hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investi-mento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attivi-tà finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà indu-striale, letteraria o artistica nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non re-sidente, ivi compresi i servizi finanziari”.Per mezzo “del comma 8-bis”, il legislatore del 2009 ha inteso colpire non solo le localizzazio-ni delle imprese italiane nei Paesi Off-Shore, ma anche qualsiasi società residente all’estero, a pre-scindere dalla sua localizzazione. Preliminarmente la norma si applica a tutti i con-tribuenti (privati, imprese, soggetti IRES, che de-tengono partecipazioni “di controllo**” in socie-tà estere se sono verificate le condizioni di cui ai punti a) e b) che seguono.

Chiara Porrovecchio, Dottore di ricerca in Economia presso l’università degli studi di Palermo.Revisore dei Conti, e abilitata all’esercizio della professione contabile. Pubblico funzionario in Piemonte dal 2006. Attualmente svolge attività di Audit Interno presso una amministrazione fiscale.

* Modificato dal d.l. 78/2009 convertito in legge n. 102/2010.** Rileva il controllo, anche indiretto, ex articolo 2359, primo e secondo comma, Codice civile.

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Requisito delle “passive income“ superiori al 50% dei ricavi La disposizione che stiamo esaminando è finaliz-zata a contrastare le politiche di delocalizzazio-ne dei passive income attuate mediante la collo-cazione, in Paesi a fiscalità privilegiata, degli as-set produttivi di detti redditi. A tal fine, sono at-tratti a tassazione in Italia quei redditi che solo formalmente sono prodotti all’estero, mediante la creazione, di società apparentemente autonome, che sostanzialmente svolgono attività di sfrutta-mento passivo di asset in grado di per sé, ovvero per le loro caratteristiche intrinseche, di produrre reddito (c.d. società senza impresa). La norma in esame va interpretata coerentemente con i princi-pi comunitari in materia di antiabuso che ricono-scono al contribuente, cui si applicano, partico-lari disposizioni nazionali che individuano delle soglie al di là della quali il rischio di abuso diven-ta più elevato, la possibilità di dimostrare il con-trario. In relazione alla locuzione “nonché dalla presta-zione di servizi nei confronti di soggetti che di-rettamente o indirettamente controllano la socie-tà o l’ente non residente… ivi compresi i servizi finanziari” sono emerse divergenze interpretative tra l’Amministrazione finanziaria ed i professioni-sti intermediari1, la quale non ha ritenuto di esclu-dere a priori dal novero delle passive income le operazioni di compravendita di merci e prodotti finiti ed i relativi servizi di lavorazione, effettuate con controparti appartenenti al medesimo grup-po. Tale posizione di fatto amplia la portata della norma oltre quello che è il riferimento ai soli ser-vizi generici, quali ad esempio quelli amministra-tivi e contabili, di tesoreria centralizzata, e le con-sulenze di varia natura.

Tassazione effettiva del Paese estero inferiore al 50%Ai fini della verifica della condizione prevista dalla lett. a) del comma 8-bis dell’articolo 167 del Tuir, la circolare n. 51/2010 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, tenendo conto del-la collocazione della CFC rule nel Tuir, il con-fronto tra la tassazione effettiva estera e quel-la “virtuale” interna va effettuato considerando esclusivamente le imposte sul reddito, da indi-viduare facendo riferimento, alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni vigente con lo Stato estero qualora esistente, ed escludendo in ogni caso l’IRAP.Invece, in mancanza di una Convenzione tra l’I-talia e lo Stato estero, si devono considerare, sul fronte interno, unicamente l’IRES e sue eventua-li addizionali, mentre, sul fronte estero, le cor-

1. Circolare 28/E 2011.

rispondenti imposte sul reddito, a prescindere dall’ente riscossore (es. imposte sul reddito fede-rali, statali, ecc.).Per quanto riguarda, inoltre, la comparazione ri-chiesta dalla norma in commento – coerentemen-te con quanto previsto nella relazione di accom-pagnamento all’articolo 13 del d.lgs. n. 78 del 2009 – occorre fare riferimento, relativamente ad entrambi i termini del confronto, al “carico effet-tivo di imposizione (e non all’aliquota nominale di imposizione societaria) gravante sulla società estera”. A tal fine, pertanto, servirà considerare l’“effective tax rate”, ossia il rapporto tra l’impo-sta corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante imposte.Il tax rate estero, va determinato facendo riferi-mento innanzitutto ai dati risultanti dal bilancio di esercizio (o rendiconto) della società estera, re-datto secondo le norme locali. Inoltre ai fini della corretta individuazione del ca-rico fiscale complessivo di competenza dell’eser-cizio, rilevano in linea di principio, le sole impo-ste correnti e non anche le eventuali imposte an-ticipate e differite.Si deve trattare di imposte sul reddito effettiva-mente dovute nello Stato o territorio estero di lo-calizzazione, che devono trovare evidenza nel bilancio (o rendiconto) di esercizio della società, nella relativa dichiarazione dei redditi presenta-ta alle competenti autorità fiscali, nonché nelle connesse ricevute di versamento.Il documento di prassi prosegue, analizzando in dettaglio gli elementi da considerare nel calcolo precisando che non devono essere considerati gli effetti sul calcolo del reddito imponibile e/o delle imposte corrispondenti di eventuali agevolazioni di carattere temporaneo o non strutturale, ricono-sciute alla generalità dei contribuenti dalla legi-slazione dello Stato estero.Assumono, invece, rilevanza altre forme di ridu-zione di imposte spettanti al singolo contribuen-te diverse da quelle sopra citate come, ad esem-pio, quelle accordate in base ad un apposito rul-ing concluso da quest’ultimo con l’Amministra-zione fiscale estera.Nella verifica del tax rate effettivo, stampa specia-lizzata e amministrazione fiscale si sono partico-larmente occupate delle seguenti problematiche interpretative:• la rilevanza delle differenze temporanee “pre-

gresse” ai fini dell’effective tax rate estero;• il trattamento delle perdite fiscali estere per la

determinazione del tax rate, maturate antece-dentemente all’entrata in vigore della norma (primo anno utile 2010);

• il trattamento dei fondi e degli accantonamenti.In merito ai predetti punti sono stati espressi dei chiarimenti con circolare dell’Agenzia delle En-trate n. 23/2011 del 26 maggio 2011.

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L’interpello disapplicativo Per disapplicare la norma sulle Cfc extra black list, occorre dimostrare che la società non è una co-struzione artificiosa cioè che essa, pur in presen-za di motivazioni fiscali, è realmente impiantata nello stato estero ed esercita in loco attività eco-nomiche effettive.Si tratta di un adempimento obbligatorio (come più volte ribadito nella circolare n. 51/2010), che il contribuente deve eseguire qualora intenda di-sapplicare la disciplina in esame nei confronti di una sua controllata estera, che, in un determinato periodo d’imposta, supera entrambi i limiti indi-cati nel comma 8-bis.Infatti tali limiti, vanno considerati come soglie al superamento delle quali, si presume – salvo pro-va contraria – sia più elevato il rischio di abuso, ovvero la possibilità che la partecipata estera sia una struttura di puro artificio.Il parere reso dall’Agenzia delle entrate non è vincolante per il contribuente, che resta libero di decidere se uniformarsi o meno alla risposta ottenuta. Il carattere non vincolante di tale pare-re comporta che, nel caso in cui l’istante deci-da di non uniformarsi alla risposta ottenuta, resta per lui impregiudicata la possibilità di dimostrare anche successivamente – ad esempio in sede di contenzioso – la sussistenza delle condizioni che consentono la disapplicazione della CFC rule.L’amministrazione fiscale fa proprie le disposi-zioni della Risoluzione del Consiglio dell’Unio-ne Europea sul coordinamento delle norme sulle società estere controllate (SEC) e sulla sottocapi-talizzazione nell’Unione europea, dell’8 giugno 2010, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unio-ne Europea C156 del 16 giugno 2010, che preve-de un elenco non esaustivo di indicatori, in pre-senza dei quali è ragionevole presumere che gli utili della controllata estera siano stati artificiosa-mente trasferiti ad una CFC e quindi distratti dallo Stato UE di origine.In particolare, ai sensi della citata Risoluzione, sono considerati indicatori dell’artificiosità della struttura estera:a. “l’insufficienza di motivi economici o commer-

ciali validi per l’attribuzione degli utili, che per-tanto non rispecchia la realtà economica;

b. la costituzione non risponde essenzialmente a una società reale intesa a svolgere attività eco-nomiche effettive;

c. non esiste alcuna correlazione proporzionale tra le attività apparentemente svolte dalla CFC e la misura in cui tale società esiste fiscalmente in termini di locali, personale e attrezzature;

d. la società non residente è sopracapitalizzata: dispone di un capitale nettamente superiore a quello di cui ha bisogno per svolgere un’attività;

e. il contribuente ha concluso transazioni prive di realtà economica, aventi poca o nessuna fi-

nalità commerciale o che potrebbero essere contrarie agli interessi commerciali generali se non fossero state concluse a fini di evasione fi-scale”.

La circolare 51/2010 dell’Agenzia delle Entra-te, puntualizza che l’efficacia del parere reso dall’Amministrazione finanziaria in merito alla di-sapplicazione del comma 8-bis dell’articolo 167 del Tuir non è circoscritta al periodo d’imposta cui la richiesta di disapplicazione è rivolta.Ciò in quanto la formulazione letterale della spe-cifica esimente di cui al comma 8-ter (art. 167 TUIR) individua l’oggetto della valutazione af-fidata all’Amministrazione nella sostanza della “costruzione” estera.È evidente che il riconoscimento del carattere non artificioso della “costruzione” estera rappre-senta, laddove verificato, un dato acquisito. Ciò, ovviamente, a condizione che nei successivi eser-cizi permangano inalterate le condizioni fattuali rappresentate nell’istanza sulla quale si è fondato il parere positivo dell’Agenzia delle entrate.Invece, in caso di parere negativo alla disapplica-zione della CFC rule, resta impregiudicato per il contribuente la possibilità di presentare una nuo-va istanza di interpello. Ciò ovviamente nel pre-supposto che nel frattempo si siano modificate le circostanze di fatto che hanno determinato – in precedenza – la pronuncia negativa dell’Ammini-strazione finanziaria.L’istanza per la disapplicazione della CFC rule va inoltrata all’Agenzia delle entrate preventivamen-te, per il tramite delle competenti Direzioni Re-gionali.Come specificato con circolare n. 32/E del 2010, trattandosi di un comportamento che trova attua-zione nella dichiarazione dei redditi, l’istanza va presentata – a pena di inammissibilità – in tempo utile per ottenere la risposta prima della scadenza del termine ordinario di presentazione della pre-detta dichiarazione. L’Amministrazione finanziaria rende il proprio parere “entro centoventi giorni decorrenti dalla data di consegna o di ricezione dell’istanza di in-terpello da parte dell’ufficio (…)” (cfr. articolo 4, comma 1, decreto 26 aprile 2001, n. 209), pena il consolidamento del silenzio-assenso. In caso di richiesta di documentazione integrativa, tale ter-mine si interrompe e riprende a decorrere ex novo a partire dal momento in cui l’Agenzia delle en-trate riceve l’ulteriore documentazione.

Riferimenti • Decreto legge n. 78/2009 (norma e lavori pre-

paratori)• Commenti in relazione all’art.  13 del d.l.

78/2009. Osservazioni integrative. Tavolo inte-rassociativo Abi – Ania – Assonime-Confindu-stria (marzo 2010)

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ASPETTI FISCALI

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• Decreto Ministero delle Finanze del 4 settem-bre 1996

• Circolare Agenzia delle entrate n. 51 E del 6 ot-tobre 2010

• Circolare Agenzia delle entrate n. 23 E del 26 maggio 2011

• Circolare Agenzia delle entrate n. 28 E del 21 giugno 2011

• Risoluzione Agenzia delle entrate n. 43 E del 12 febbraio 2008

• Studio a cura della Commissione Imposte Di-rette e reddito di impresa. Operazioni con Sog-getti Residenti in Paesi Black List: Procedura operativa (giugno 2012).

• Studio a cura della Commissione Imposte Di-rette e reddito di impresa. Oneri finanziari per bilancio 2011 e successivi. Procedura per la determinazione dell’ammontare deducibile (giugno 2012).

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ASPETTI FISCALI

Cristina Rigato nasce a Padova, dove attualmente svolge la professione di dottore commercialista presso lo Studio di cui è fondatrice.Svolge attività di consulenza in ambito aziendale, societario, fiscale, contabile e di internazionalizzazione dell’impresa ed è autrice versatile con all’attivo oltre 20 volumi e più di 200 articoli per riviste specializzate nel settore tributario e contabile. È relatrice a numerosi convegni in tutta Italia in diverse tematiche dell’area fiscale. [email protected]

LA TASSAZIONE A MALTAFiscalità: analisi delle diverse tipologie di imposte

La caratteristica fondamentale del sistema impositivo maltese è rappresentata dal fatto che le modalità di tassazione sono identiche sia per le persone giuridiche che per quelle fisiche.

Persone fisicheLe persone fisiche sono soggette alle imposte sul reddito e sia i dipen-denti che i lavoratori autonomi sono tenuti al versamento di somme a ti-tolo di oneri contributivi obbligatori. Sono considerati soggetti passivi di imposta tutti i residenti. La base imponibile per il calcolo delle imposte è rappresentata da attività professionali, imprenditoriali, lavoro dipen-dente, interessi e dividendi, pensioni, locazioni e royalties. Le aliquote applicate per la determinazione delle imposte variano dallo 0 al 35%. Secondo le disposizioni normative contenute nel Income Tax Act del 1948 e nell’Income Tax management Act del 1994 sono soggetti passi-vi di imposta per tutti i redditi ovunque prodotti le persone fisiche “ordi-nariamente” residenti o domiciliate a Malta. Le persone fisiche che non hanno residenza ordinaria a Malta o non sono ivi domiciliate sono con-siderati soggetti passivi solo per quanto attiene ai redditi originati a Mal-ta o per i redditi originati all’estero ma introdotti a Malta, escluse le som-me derivanti da capital gain. Un soggetto è considerato residente “ordinario” quando dimostra imme-diatamente la propria intenzione a permanere per più di 3 anni. In tal caso sarà considerato residente a partire dal suo arrivo nel Paese. Secon-do la normativa fiscale maltese se un soggetto è residente a Malta, però è domiciliato altrove sarà soggetto a tassazione solo sui redditi prodotti a Malta mentre quelli prodotti all’estero verranno colpiti solo se rimessi entro il territorio attraverso i canali bancari.I redditi assoggettati ad imposta sono: redditi d’impresa e lavoro autono-mo, redditi da lavoro dipendente, da investimenti, da capital gain.Sono redditi esenti: alcuni redditi da capital gain, i redditi pensionistici, le borse di studio e gli assegni per il mantenimento dei figli.

DividendiIl sistema maltese si basa sull’imputazione totale dell’imposta pagata dalla società a credito degli azionisti che ricevono il dividendo. Viene operata una distinzione fra reddito imponibile ed esente. Le persone fi-siche e le società di persone residenti che incassano il dividendo prove-niente dai redditi imponibili non subiscono ulteriore imposizione poi-ché l’aliquota massima del 35% è comune con quella delle società. I di-

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ASPETTI FISCALI

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videndi provenienti da redditi esenti scontano in-vece una ritenuta del 15% se distribuiti a persone fisiche e società di persone maltesi. Non si appli-ca alle società di capitali residenti.

Reddito societàPer quanto riguarda le società, soggetti passivi di imposta sono quelle società costituite a Mal-ta o comunque con un centro di gestione situa-to in territorio maltese. L’aliquota ordinaria appli-cata per il reddito delle società è pari al 35% del reddito prodotto. A fronte di questo rilevante ca-rico impositivo sono previste però diverse forme di agevolazioni soprattutto in favore di quelle im-prese che hanno rapporti con l’estero o che inve-stono nella realizzazione di impianti. In partico-lare sono deducibili le spese sostenute per la pro-duzione del reddito, gli interessi sui prestiti, le lo-cazioni, le spese di ristrutturazione e manutenzio-ne, i contributi a fondi pensione. L’imposta societaria colpisce i redditi ovunque prodotti dai soggetti residenti o i redditi prodot-ti nel Paese dai soggetti non fiscalmente residenti. Sono previste specifiche esenzioni da imposta per determinate categorie di società quali: le società cooperative e le “collective investiment scheme” (CIS): Ai fini dell’imposizione sui redditi societa-ri sono considerate fiscalmente residenti, a pre-scindere dal luogo di costituzione, le società la cui gestione o amministrazione sia svolta nel Pae-se, considerando a tal fine la residenza degli am-ministratori, la localizzazione del “centro di dire-zione dell’impresa” e il luogo in cui vengono pre-se le decisioni strategiche relative alla conduzio-ne dell’attività

Soggetti non residenti

Persone fisiche

- Il reddito, ad esclusione dei dividendi, interessi e royalties, pagato ad un soggetto non residente viene applicata una ritenuta alla fonte del 25%

- Le distribuzione di dividendi a soggetti non residenti sono esenti se non riconducibili ad una stabile organizzazione in Malta

- I capital gains derivanti dalla vendita di titoli sono esenti

Persone giuridiche

Le società non residenti sono tassate mediante l’applicazione dell’aliquota pari al 35% sui redditi prodotti in Malta.I capital gains derivanti dalla cessione di azioni in società maltesi il cui capitale non sia costituito interamente o prevalentemente in proprietà immobiliari localizzate nel paese, sono esenti da imposta.Gli interessi e le royalties percepiti da società non residenti sono esenti da imposizione se ottenuti al di fuori di una stabile organizzazione in Malta.

IvaL’aliquota standard ammonta al 18%, mentre l’a-liquota ridotta del 5% è prevista per le forniture di energia elettrica, di natura medica, per gli oggetti artistici e per i servizi turistici e un’aliquota ridot-ta al 7% sulle prestazioni di alloggio.L’aliquota ridotta a zero viene utilizzata per alcu-ne attività tra cui: riparazioni di aerei e barche, generi alimentari e trasporti.Operazioni esenti sono quelle relative a: immo-bili, servizi finanziari, servizi ospedalieri e presta-zioni mediche, servizi postali e assicurativi.

Imposta sui trasferimenti immobiliariIl trasferimento della proprietà immobiliare è as-soggettato ad un’imposta pari al 5% del maggiore tra il valore del contratto e il valore effettivo del-la proprietà.

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SOCIETARIO

Guido Ascheri esercita la professione di ragioniere commercialista in Nizza (Francia) e Londra (Regno Unito).È specializzato in consulenza tributaria e societaria internazionale.Si è sempre occupato di formazione professionale continua. Ha insegnato economia e diritto alla Université Nice Sophia Antipolis (Iut – Stid), ha pubblicato libri per i tipi di IPSOA ed EBC, ha fondato e diretto la rivista – Professione Azienda – premiata come opera ad alto contenuto culturale e scientifico dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha collaborato con quotidiani e riviste [email protected]

HOLDING CON SEDE A CIPROHow to proceed

Cipro è una delle destinazioni ideali per la pianificazione fiscale internazionale, le hold-ing di Cipro traggono vantaggi dal favorevo-le regime fiscale ad esse applicato in Cipro. Non c’è una specifica forma giuridica per la costituzione di una holding con sede a Cipro (CHC), pertanto esse possono svolgere le più svariate attività e fornire diversi tipi ser-vizi. Il reddito delle holding derivante dallo svolgimento di un’attività commerciale è og-getto di tassazione in Cipro, mentre i redditi da investimento sono esenti.

Forme giuridicheUna holding con sede legale a Cipro (CHC) può essere costituita sia nel-la forma di società a responsabilità limitata, che nella forma di società per azioni.

CostituzioneNon è richiesto un versamento minimo a titolo di capitale sociale al mo-mento della costituzione di una società holding, fuorché che nel caso in cui la totalità del capitale sociale, o parte di esso, sia detenuta da un soggetto non residente in uno degli Stati appartenenti all’Unione Euro-pea. In tal caso è previsto un importo minimo ammontante a 1.000 lire cipriote, previa approvazione della Banca Centrale.

FiscalitàUna holding con sede a Cipro (CHC) è tassata all’aliquota ordina-ria del 10% sul reddito complessivo su base mondiale. Una holding è considerata fiscalmente residente a Cipro (CHC) laddove le attività di controllo e di gestione della stessa siano svolte sul territorio cipriota. Al contrario le società non residenti sono tassate esclusivamente per il reddito generato dalla loro stabile organizzazione in Cipro, e per quello derivante dalla locazione di immobili situati a Cipro.

Anche in assenza di una specifica convenzione contro la doppia imposi-

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zione, le società holding con sede a Cipro (CHC) possono beneficiare unilateralmente di crediti d’imposta sulle imposte pagate all’estero sui red-diti e plusvalenze.

RedditiIl reddito imponibile di una CHC si calcola sui va-lori del bilancio annuale redatto conformemente ai criteri contabili internazionali, soggetti a retti-fiche e variazioni. Sono inoltre deducibili tutte le spese sostenute esclusivamente a fini commercia-li, non essendo al contrario deducibili le spese so-stenute con riferimento a redditi esenti da impo-sizione.

Esenzione sull’imposta sul redditoA fini fiscali, le holding non residenti (ovvero so-cietà la cui attività di direzione e controllo non si trova a Cipro) non sono soggette all’imposta sul reddito. Tali società non possono però beneficiare ne’ delle disposizioni contenute nei trattati contro la doppia imposizione fiscale, e nemmeno della altre agevolazioni concesse dal regime fiscale ap-plicato alle società residenti. I profitti delle stabili organizzazioni estere di so-cietà residenti non sono soggetti a tassazione.

Tuttavia questa esenzione non è concessa laddo-ve più del 50% degli utili della stabile organiz-zazione derivino da attività di investimento, op-pure nel caso in cui l’imposta estera sia signifi-cativamente inferiore rispetto a quella applicata in Cipro.Si segnala da ultimo che i profitti derivanti dal-la vendita di titoli (partecipazioni azionarie,etc.)sono esenti dall’imposta sul reddito.Esenzione sui dividendiI dividendi percepiti da una holding residente a Ci-pro (CHC) non sono soggetti né a imposta sul red-dito delle società e non contribuiscono alla forma-zione del reddito imponibile. Tuttavia potrebbero essere soggetti al pagamento del contributo specia-le per la difesa, con aliquota pari al 20%.Tale contributo speciale per la difesa non è paga-bile nel caso in cui concorrano le seguenti due condizioni: più del 50% del reddito della società controllata deriva, direttamente o indirettamente, da attività commerciali ed inoltre l’aliquota d’im-posta estera è inferiore al 5%. Laddove le condizioni sopracitate non siano sod-disfatte, le imposte pagate all’estero sui dividen-di originati a Cipro possono comunque configu-rarsi come credito di imposta sulle imposte paga-te a Cipro.

Elementi chiave del regime fiscale cipriotaCostituzione

Forma giuridica: Società a responsabilità limitata; Società per azioniCapitale minimo sottoscritto: €1Capitale minimo interamente versato: €0Numero di soci: 1(Società a responsabilità limitata)

1(Società per azioni)Tipo di azioni: Preferenziali, rimborsabili e con diritto di votoRequisiti di sostanza: Nessuno

TassazioneImposta sui conferimenti: 0%Imposta sul patrimonio: 0%Imposta sul reddito della società: 10%Convenzioni contro la doppia imposizione: 43Esenzione sui dividendi: 100%Esenzione sulle plusvalenze: SìRequisiti della holding: Le azioni non devono rappresentare proprietà immobiliari situate a CiproCredito di imposta: SìCompensazione delle perdite: riporto in avanti sugli esercizi successiviTassazione delle società controllate straniere NoRapporto debiti/capitale: No

Ritenute alla fonteDividendi: Residenti – 20%

Non residenti – 0%Interessi: Non residenti – 0%Royalties: Non residenti – 10%*

Liquidazione: Nessuna

* Questa ipotesi si può configurare solo se la royalty è utilizzata all’interno del territorio di Cipro, diversamente non è prevista alcuna ritenuta alla fonte.

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Esenzione sulle plusvalenzeLe plusvalenze derivanti dalla cessione di immo-bili esteri, di proprietà di società residenti in Ci-pro, sono esenti da imposizione. L’imposta sulle plusvalenze si applica esclusivamente:a) laddove le cessioni immobiliari abbiano ad og-

getto proprietà situate a Cipro;b) nel caso di cessione di azioni non quotate de-

tenute da una società che possiede beni immo-bili situati in Cipro.

Esenzione sugli interessiIn forza delle modifiche legislative apportate nel 2009, gli interessi attivi derivanti dall’attività or-dinaria della società sono soggetti alla sola im-posta sui redditi. Al contrario gli interessi passi-vi sono soggetti al contributo speciale per la di-fesa con aliquota del 15% (10% fino ad agosto 2011).

Esenzione sulle royatiesA partire dal 2012, l’80% del reddito netto deri-vante da proprietà intellettuali e l’80% degli utili generati da cessioni di proprietà intellettuali dete-nute da società assoggettate al regime fiscale ci-priota sono esenti dall’imposta sul reddito.

Alcuni vantaggi derivanti dalla costituzione di una holding a CiproOltre ai comuni vantaggi derivanti dall’utilizzo di una holding, le holding cipriote godono di queste ulteriori esenzioni.

Esenzione dalla ritenuta alla fonte sul pagamento di dividendi, interessi e royaltiesNell’ipotesi in cui i soci non siano residenti a Ci-pro, i dividendi e gli interessi corrisposti da una holding residente a Cipro (CHC) sono esenti da ri-tenuta alla fonte.

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LA CINA E IL MODELLO DEL FAMILy BUSINESS ITALIANO – LE PMIIntroduzione delle Imprese Italiane al mercato cinese

Per una Family Business italiana valutare l’av-ventura cinese è tutt’altro che semplice. In prima battuta sembra di poter dire che, allo stato, lo sbarco in terra cinese sembra essere senz’altro adatto alle medie-grandi family business ma molto più difficile per le piccole. Anche se le infrastrutture cinesi sono pronte (a differenza dell’India) tuttavia si devono ri-levare di fatto delle problematiche operative non indifferenti.

L’impatto con il mondo Cina è forte per un occidentale, quindi quanto più esso arriverà ‘strutturato’ tanto più riuscirà a reggere questo impatto. Prima di ogni altro aspetto di tipo economico-giuridico occorre dire che chi vuole avere a che fare con la Cina, in modo non occasionale, deve confrontarsi con il ‘pensiero’ della Cina. Gli Occidentali, consapevoli o meno, ritengono di rappresentare ogni forma di pensiero, ma non è così. Noi Occidentali, irrigiditi nella nostra mentalità di derivazione illumini-stica e caratterizzata dallo scontro, nel nostro approccio con la Cina non riusciamo a tenere presente il punto di vista del popolo cinese. Armonia e cooperazione universale sono gli ingredienti base della mentalità ci-nese. Viene da obiettare che siamo a fare affari e non filosofia, ed è vero, ma noi ci portiamo addosso un terribile, e sbagliato, sbarramento tra ciò che è materia e profitto e tutto ciò che non lo è. In Cina però non è così. In Cina ogni cosa dipende dalle altre, la coesistenza è necessaria all’e-sistenza e ciascuna cosa deve coordinarsi con le altre per raggiungere il proprio stato ottimale. Da questo si può comprendere il perché le trat-tative negli affari con i cinesi risultino alla parte occidentale estenuanti e inconcepibilmente lunghe anche quando l’accordo è ormai raggiunto (o sembra raggiunto). Dobbiamo considerare anche un altro importante aspetto con cui l’impresa deve fare i conti dopo il suo arrivo in terra ci-nese: Affari e Politica sono in Cina fortemente e caratteristicamente con-nessi. Nel pensiero cinese, che affonda profondamente le proprie radici nella concezione confuciana (“fare politica è legittimare il giusto ordi-ne”), la politica è uno strumento morale. La moralità è pertanto l’obiet-tivo della politica tradizionale, ed essa cerca di tenere sotto controllo la natura umana nell’ambito di un sistema ordinato. In un mondo pacifi-co e ordinato le cose possono essere sempre migliorate mentre il disor-dine distrugge tutto ciò che vi è di buono. Pace e ordine sono quindi il punto di partenza e la garanzia essenziale della politica in Cina fin da

Silvia Salvini, è avvocato civilista forense e civilista d’impresa, iscritta all’albo dell’Ordine degli Avvocati di Pisa dal 1992. Ha conseguito nel 2009 un master in Economia Aziendale all’Università di Pisa in Management for Family Business – MAFAB. É stata promotrice e responsabile scientifico per l’ODA di Pisa del Corso di alta specializzazione “Avvocato per l’impresa”, presso la Scuola di Studi Superiori Sant’Anna di Pisa 2003.È arbitro presso le Camere di Commercio di Pisa e Firenze.È specializzata in diritto commerciale e fallimentare cinese, in diritto musulmano e dei Paesi Islamici, in arbitrato societario e internazionale.

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tempi lontani. Ecco perché la stabilità sociale è la cosa più importante agli occhi dei politici cine-si anche di oggi. Questo significa che anche lad-dove la legge regola una certa circostanza la sua interpretazione varierà poi da caso a caso, e ad-dirittura da ufficio a ufficio, secondo, appunto, la sottesa regola generale della onnipresenza dello Stato (e del Partito) a garanzia della stabilità so-ciale. In Cina è possibile fare molto ma quasi tut-to è difficile e complesso. Un’impresa, soprattutto se piccola, si deve guardare da valutazioni affret-tate, dal credere di poter comprendere la Cina in pochi giorni e da una pianificazione approssima-tiva. La Cina è in pieno fermento e ricca di oppor-tunità ma proprio per questo essa è carica di insi-die. Siamo di fronte ad un Paese complesso dal-le molte sfaccettature e le scorciatoie, o le scelte emotive, possono rivelarsi fatali e portare all’in-successo. Può la nuova realtà economica cinese accoglie-re, adottare e sviluppare in seno al proprio tessu-to economico-sociale il modello del family busi-ness italiano cioè delle piccole-medie imprese di tipo familiare che rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano? Attualmente per un cinese in Cina il concetto di impresa è ancora distante dal concetto di impre-sa di tipo occidentale ed anche se in terra cine-se tutto è molto veloce nel suo divenire è tuttavia ancora improprio parlare di un ‘sistema impren-ditoriale’ cinese. Fino a troppo poco tempo fa le vere aziende erano soltanto statali, è quindi sol-

tanto da un tempo relativamente recente che i ci-nesi hanno cominciato a ragionare e a configu-rarsi come autonomi soggetti economici all’inter-no di un sistema economico-produttivo. In Cina il ruolo della ‘famiglia’ nell’azienda è importante ma non coincide esattamente con quello di tipo italiano. Con un gioco di parole si potrebbe dire che in Cina, per ora, si osserva il fenomeno di ‘fa-miliari’ in affari ma non si assiste ad aziende di fa-miglia strutturate, o da strutturare, come invece si osserva nelle aziende di tipo familiare italiane. Si-curamente le dinamiche e le logiche che caratte-rizzano le imprese di tipo familiare italiane han-no la possibilità di ben evolversi all’interno della realtà cinese e della sua cultura. Gli elementi che caratterizzano la family business italiana posso-no essere riassunti come di seguito: investimenti di lungo periodo e non speculativi (patient capi-tal); fiducia tra i membri della famiglia (che spes-so va a supplire il basso grado di efficienza del sistema legale cioè dell’enforcement contrattua-le); costi di agenzia minori; gli interessi del mana-ger di famiglia coincidono esattamente con l’inte-resse dell’azienda. In ultimo è da rilevare che in paesi come la Cina, dove i contatti politici e per-sonali sono importanti, l’azienda di famiglia avrà senz’altro più possibilità di esprimersi. Su queste fondamentali premesse e solo su questa base po-tranno essere valutati successivamente tutti gli al-tri aspetti con cui l’impresa straniera dovrà con-frontarsi dopo il suo ‘sbarco’ in Cina.

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VARIE

BUSINESS ENGLISH O ITALIAN ENGLISH BUSINESS CORRESPONDENCE?

Da qualche anno è stato coniato il termine “Business English”. Cos’e’ Business English?

In realtà è un contenitore di materiale promiscuo. Il più delle volte non corrisponde a ciò che si cerca o che si intendeva originariamente.Provate a cercare su Google questo termine. Vi riporto la definizione che trovo su Wikipedia: “Business English is English language especially related to international trade. It is a part of English for Specific Purposes and can be considered a specialism .... Many non-native English speakers study the subject with the goal of do-ing business with English-speaking countries, or with companies located outside the Anglosphere but which nonetheless use English as a shared language or lingua franca. Much of the English communication that takes place within business circles all over the world occurs between non-native speakers. In cases such as these, the object of the exercise is efficient and effective communication. The strict rules of grammar are in such cases sometimes ignored, when, for example, a stressed negotia-tor’s only goal is to reach an agreement as quickly as possible.”In pratica si parla di “lingua franca”, cioè di linguaggio basico, comune, con il quale al di là di grammatica ed eleganza espressiva e di maniere (cosa che dovrebbe far parte della contrattazione a mio avviso) si vuo-le stabilire dialogo con controparti “all over the world” cioè ovunque site nel mondo e “non – native speakers” cioè non anglofone di nascita. ... ”Business English means different things to different people. [who?] For some, it focuses on vocabulary and topics used in the worlds of business, trade, finance, and international relations. For others it refers to the communication skills used in the workplace, and focuses on the language and skills needed for typical business communication such as presentations, negotiations, meetings, small talk, socializing, corre-spondence, report writing, and so on. In both of these cases it can be taught to native speakers of English, for example, high school students preparing to enter the job market. ... It can also be a form of internation-al English”.Cosa è dunque? Il ritorno dell’esperanto trasformato in un inglese che poi al di là dei termini tecnici usati, non è quello che si usa fra native – speakers?; una sorta illusoria di contrattazione globale in realtà fatta di sola forma ma non di sostanza?Mi domando a che serve sapere come dialogare, a cosa serve sapere la terminologia e come e di quanto scremare la colloquialità se poi non si è in possesso delle basi tecniche per poter a ragion veduta discutere con le controparti.Gli Inglesi e gli Americani non studiano Business English. Se si deve scrivere un contratto o controllare la contabilità o i verbali di una società estera, non si studia Business English.

Francesca Romana Bottari si laurea in Economia e Commercio nel 1985 con il massimo dei voti alla L.U.I.S.S. di Roma, discutendo una tesi sperimentale in Matematica Finanziaria sulla diversificazione e ottimizzazione del portafoglio investimenti nel mercato internazionale.Matura una significativa esperienza aziendale lavorando nel Controllo di Gestione di multinazionali. Come Direttore Finanziario di una nota compagnia aerea, si occupa di Internal Auditing e riorganizzazione amministrativa e attua il processo di privatizzazione per la sede italiana.Si iscrive all’Albo Commercialisti di Roma nel 1989. Matura diverse esperienze professionali all’estero, principalmente per gestire progetti di carattere imprenditoriale. Prima di rientrare in Italia, svolge la propria attività a Tripoli in Libia ove anche insegna Business Administration.Dal 2007 svolge la propria attività di Commercialista a Roma.Dal 2010 ha organizzato ed è docente di Business English per Commercialisti alla Fondazione Telos (ODCEC Roma).È relatrice in convegni su tematiche legate all’utilizzo delle metodologie angloamericane di contabilità e controllo ed è autore di pubblicazioni e articoli su tematiche contabili e fiscali.Oltre alla lingua italiana, parla correntemente, russo, francese e inglese, quest’ultima conosciuta e utilizzata anche ai fini [email protected]

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Al di là della terminologia, c’è bisogno di cono-scere i metodi di tenuta della contabilità d’uso internazionale i termini tecnici, le metodologie valutative che sono tutte per lo più anglo-ame-ricane. Se il caso, si applicano oppure le si san-no leggere, valutare o discutere. Si riesce così a diventare interlocutore – non – passivo della controparte estera, perché si conosce la lingua inglese come mezzo di scambio e quindi si co-noscono anche quali tecniche, sistemi o usi ap-plicare. Nel caso societario, normativo e fisca-le è d’obbligo il riferimento al collega estero. È importante però avere una infarinatura degli usi e leggi “locali” per poter lavorare coscienzio-samente. È importante definire quindi il campo di applicazione e poi sapersi e potersi contro-relazionare con l’interlocutore o collega estero. Vi faccio un esempio. Lo sapevate che negli Stati Uniti le società di capitali non depositano i bilanci? Lo sapevate che sempre negli USA le norme che regolano diritti e doveri dei soci sono contenute nell’”Operating Agreement”, cioè nell’atto costi-tutivo e nello statuto?Ecco sono già usi, leggi, metodi di lavoro comple-tamente diversi. Basta solo sapere l’inglese Com-merciale, il così detto BE?Credo proprio di no.Sono dunque favorevole al BE, ma ritengo che bi-sogna andare oltre perché alla lunga BE mostra li-miti di conoscenza e applicativi e diventa una for-ma standard e poco vera di gestione degli affari.Propongo in questo articolo tre esempi di lettere commerciali in inglese che spero possano essere utili, ma al contempo rammentino la necessità di uno studio più approfondito delle tecniche e me-todologie di “Business Administration”.

1. Richiesta di concessione di rappresentanza – Soliciting an agencySpett.le Ditta.....SpANew York.......c.a. Direttore CommercialeOggetto: Richiesta di rappresentanzaAbbiamo appreso da soci in affari che cercate at-tualmente un’agenzia per la promozione dei Vs prodotti negli USA. Siamo certi di potervi assiste-re: la nostra agenzia che è affermata nel campo si avvale di uffici negli Stati Uniti sulla costa orien-tale ed ha acquisito una certa esperienza nella vendita e nella promozione di ...Essa ha inoltre assistito diverse società britanni-che ad aumentare le loro vendite negli USA e sia-mo convinti che anche voi potrete trarre vantag-gio dalla nostra esperienza nel campo. Il nostro rappresentante per l’Italia, ...(nome)...... sarebbe lieto di incontrarvi per discutere ulteriormente le vostre esigenze. Vogliate contattarlo al numero te-lefonico ......., email ........ Egli si troverà comun-

que nella vostra area la settimana prossima e co-glierà l’occasione per recarsi alla Vostra ditta.Restiamo in attesa di una Vostra risposta che con-fidiamo sarà favorevole e Vi ringraziamo sentita-mente.

* * *........plcDear Sirs,we have heard from business associates that you are looking for an agency for the promotion of your products in the US. We feel that we may be of assistance to you: we are a long established agency with offices on the east coast of the Unit-ed States and are experienced in the sale and promotion of .....We have helped several British firms to boost their US sales and are convinced that you could benefit from our experience. Our italian representative..(name)...., would be pleased to call on you to discuss your needs fur-ther. You can contact him on........ or emailing .........He will in any event be in your locality in the coming week, and will take the opportunity of calling on you.Yours faithfully........

2. Pagamento di fatture – Richiesta di proroga – Payment of invoice – Request for deferralSpett.le.....srlAlle cortese attenzione dell’ufficio amministrativoOggetto: pagamento ......(nome merce venduta o numero fattura)Con riferimento al Ns recente accordo del...... 20xx, relativo al pagamento del...... Come ricor-derete versammo un acconto di euro...... e con-cordammo di versare ulteriori 10 rate mensili di ...euro cadauna. Come sapete abbiamo effettua-to puntualmente i versamenti relativi di agosto e settembre.Purtroppo, a causa della difficile situazione eco-nomica in cui si trova l’azienda, non siamo in gra-do di effettuare i versamenti nel modo e nei tempi convenuti. A causa del ridotto cash flow non pos-siamo versare più di ..... euro al mese. Vogliate perciò accordarci un incontro per discutere quan-to qui esposto e per raggiungere un accordo reci-procamente soddisfacente.In attesa di una vostra favorevole risposta vi por-giamo distinti saluti.........

* * *............LtdRe: ..... (product name or invoice number)Dear Sirs

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I refer to our recent agreement of ....... 20xx re-garding payment for .......As you will recall, we paid an initial instalment of euro ...... and agreed to 10 further monthly in-stalments of euro....... The August and Septem-ber instalments, as you will know, have been paid promptly.However, owing to the serious economic situa-tion we find ourselves in, we are at the moment unable to make payments as agreed. Because of our reduced cash flow we are unable to pay more than ..... euro a month. We would, therefore, ap-preciate the opportunity to discuss this matter with you and reach a mutually satisfactory ar-rangement.Yours faithfully......

3. Richiesta di informazioni sull’apertura di un conto corrente bancario commerciale – Requesting information about opening a business bank account.........c.a. direttoreoggetto: apertura conto commercialeL’anno prossimo la società ...... prevede la mes-sa a punto di uffici e di un impianto ....... a ..... e vorrebbe ricevere informazioni sull’apertura di un conto presso la vostra filiale.Detto conto sarebbe usato inizialmente per il trasferimento di fondi per il finanziamento del-

la messa a punto del nuovo impianto e successi-vamente per l’accreditamento dei versamenti dei clienti, i pagamenti dei fornitori locali etc.Vogliate comunicarci tutte le formalità necessa-rie, sia generali che pertinenti solo alle Banca......, oltre alle vostre competenze bancarie per conti di questo tipo.Ringraziandovi per la vostra cortese collaborazio-ne cogliamo l’occasione per porgervi distinti sa-luti.......

* * *

...........

Dear SirWe are proposing to open an office and ...... facil-ity at ....... in the new year and would appreciate some information about opening a bank account at your branch.Initially we would be transferring funds to fi-nance the setting up of our new business premis-es. Thereafter we would expect to use the account to receive payments from customers and to pay local suppliers, etc.We would be most grateful if you could inform us of all the formalities that we need to observe, both public and particular, to ....... Bank. Could you also inform us of your charges on business accounts?Yours faithfully........

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LE STRATEGIE DI SPECIALIZZAZIONE E FOCALIZZAZIONE NEL SETTORE DELLA CHIMICA SPECIALISTICA

Tra le migliori piccole società statunitensi del settore della chimica specialistica, ritro-viamo esempi interessanti di come la specia-lizzazione dell’offerta possa aprire all’oppor-tunità di servire ampi e diversificati mercati. Dal bio-carburante, alle componenti chimi-che per l’industria alimentare e farmaceuti-ca, ai fertilizzanti e prodotti chimici perso-nalizzati, i best performer della chimica spe-cialistica hanno saputo trovare ampi spazi di crescita economica partendo dalla capaci-tà di specializzare la propria offerta, spesso grazie allo sviluppo tecnologico e alla ricer-ca, talvolta grazie alla capacità di diversifica-re, comunque sempre puntando sulla quali-tà del prodotto.

Le migliori piccole società statunitensiTra le aziende best performer del settore della chimica specialistica, che si riferisce alla produzione di componenti chimici destinati a specifici utilizzi, generalmente in ambito industriale e produttivo, troviamo Futu-reFuel (bio-carburanti), Quaker Chemical (lavorazioni metalliche e ver-niciature), Balchem (micro-incapsulazione), LSB Industries (trattamento dei materiali), Hawkins (chimica farmaceutica), KMG Chemicals (pro-dotti per l’industria dei semiconduttori, trattamento del legno e alimen-tazione animale).Il livello di specializzazione è tendenzialmente elevato e, diversamente da quanto spesso accade per comparti più a valle delle filiere, l’impiego di tali prodotti è spesso destinato ad una vasta gamma di settori.Le sei aziende elencate da Forbes presentano tassi di crescita medi mol-to interessanti. Il tasso di crescita composito delle vendite, tra il 2008 e il 2012 è in media del 21,5%, con punte del 48% per FutureFuel e del 32% per KMG. La crescita del valore prodotto da queste realtà si rispec-chia anche nel rapporto tra i profitti (al netto dei dividendi) e le azioni distribuite nel mercato finanziario (Earnings Per Share – EPS), che in me-dia è cresciuto del 25%. FutureFuel segna un outperforming 48%. Infi-

Stefano Grigoletti, laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Verona, è consulente e formatore in Marketing e Organizzazione aziendale e dal 2009 professore a contratto per l’insegnamento di Economia e Gestione delle Imprese alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Padova. Collabora con aziende di diversi settori ed in particolare dei servizi di Information Technology Business to Business.

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ne, il Return On Equity nel periodo 2008-2012 è in media del 18%. LSB mostra un valore superio-re alla media e pari al 34%.

FutureFuel FutureFuel è una società operante nei compar-ti chimico e bio-carburanti. Con riferimento alla produzione di bio-carburanti, l’azienda è pro-prietaria di una vasta area dedicata non solo ai laboratori e alle strutture necessarie per l’attivi-tà di lavorazione ma anche al trattamento dei ri-fiuti liquidi e alla coltivazione di grano e mate-rie similari, entrambi coinvolti nella produzio-ne di biodiesel. Seppur l’offerta di bio-carburanti prevede anche la vendita di bio-carburanti ibri-di, l’intento della società è chiaramente rivolto alla ricerca di fonti energetiche sempre più so-stenibili. Forte delle competenze di ricerca, Fu-tureFuel amplia la propria attività con la busi-ness unit Chemicals, dedicata alla realizzazione di prodotti chimici personalizzati e non tradizio-nali, rivolti a terze parti.

Quaker ChemicalQuaker Chemical Corporation si occupa di atti-vità di sviluppo, produzione e vendita/distribu-zione di prodotti chimici riferiti, in particolare, all’industria delle lavorazioni metalliche e delle verniciature (temporanee e permanenti) per pro-dotti metallici e non metallici. Nel proprio por-tafoglio presenta diversi specifici prodotti per nu-merosi settori dell’industria manifatturiera, tra cui aerospaziale, automotive (equipaggiamenti e pro-duzione di autoveicoli), lavorazioni dell’acciaio, attività estrattive, destinati alla linea produttiva e alle operations in generale. Dal 2009 ha avvia-to un importante percorso di acquisizioni di altre realtà del settore in cui opera.

BalchemBalchem sviluppa, produce e distribuisce al mer-cato finale una vasta gamma di prodotti per l’in-dustria alimentare e farmaceutica realizzati attra-

verso una tecnologia proprietaria (micro-encap-sulation technology) ed impiegati nella prepara-zione e distribuzione di cibi e di medicinali. L’a-zienda ha inoltre una seconda divisione dedicata alla realizzazione di soluzioni per lo stoccaggio, il recupero e il trasporto di prodotti medicali. In-fine, l’azienda produce e distribuisce prodotti per la nutrizione degli animali. L’investimento in tec-nologia, competenze e persone qualificate costi-tuisce una scelta strategica per Balchem, su cui si è basato lo sviluppo e l’ampliamento delle linee di offerta.

LSB IndustriesLSB Industries presenta due specifiche aree di bu-siness, segno di una forte diversificazione dell’at-tività: la prima dedicata alla realizzazione e ven-dita di prodotti per il condizionamento per inter-ni; la seconda focalizzata sulla produzione di so-luzioni chimiche per i settori primario, industria-le, estrattivo. In particolare, le business units com-prese in questa seconda area di attività si riferi-scono alla realizzazione di fertilizzanti, compo-nenti chimici (acidi) utilizzati per la produzione e il trattamento di una vasta gamma di materiali con specifiche proprietà.

HawkinsHawkins produce componenti chimici specializ-zati, dedicati a diversi settori industriali, tra cui l’agroalimentare e alimentare, il medico e farma-ceutico, energia e elettronica. Principalmente, i prodotti chimici realizzati da Hawkins sono co-stituiti da prodotti specifici per i propri clienti, in relazione al settore di appartenenza; oltre a que-sta vasta gamma di soluzioni, l’azienda distribui-sce anche componenti chimici grezzi e miscela-ti. Nel 2009 l’azienda ha avviato un significativo percorso di riposizionamento che ha portato ad una maggiore focalizzazione sui processi di mar-keting e vendite per il settore farmaceutico, con un’offerta di prodotti chimici per farmacie e pic-cole aziende produttrici di farmaci.

CompanySpecialization

(H – M – L)Sales – sept 2012 M$

CA Sales Growth rate, sept 08-12

CA Earnings per Share

Growth rate, sept 08-12

Average Return on

Equity, sept 08-12

Profit – M$ Employees

FutureFuels High 369 0.48 0.48 0.1 39 500Quaker

ChemicalMedium 710 0.05 0.24 0.15 46 1643

Balchem High 299 0.2 0.24 0.19 40 365LSB Industries Medium 792 0.07 0.19 0.34 75 1841

Hawkins High 345 0.17 0.24 0.17 20 343kMG

ChemicalsHigh 279 0.32 0.11 0.14 11 336

Fonte: elaborazione da Forbes, Best Small Companies, 2012

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kMG ChemicalsKMG Chemicals opera in tre principali aree di business: elettronica, trattamento del legno e ali-mentazione animale. Le soluzioni di KMG ven-gono industrializzate e distribuite ai mercati tar-get, a livello globale. L’offerta dedicata al segmen-to dell’industria elettronica è costituita da solu-zioni chimiche impiegate nei processi di lavora-zione e trattamento dei semiconduttori. I prodotti per il trattamento del legno sono impiegati princi-palmente per il mantenimento di infrastrutture nei settori delle utilities e trasporto ferroviario. I pro-dotti per l’alimentazione animale sono costituiti da alimenti supplementari utilizzati nelle attività di allevamento.

La specializzazione come leva per lo sviluppo del MercatoAttenzione alla sostenibilità ambientale e alla ri-cerca di fonti energetiche alternative, grazie an-che al presidio delle attività di coltivazione e trat-tamento delle componenti naturali coinvolte nel-la produzione di bio-carburanti. Presidio della fi-liera verticale per la realizzazione di componen-ti chimici per prodotti metallici e non, impiega-ti nei processi produttivi industriali. Sviluppo di una tecnologia (la micro-incapsulazione) impie-gata nella realizzazione di una vasta gamma di prodotti chimici per l’industria alimentare e far-maceutica. Focalizzazione sulla produzione di fertilizzanti e componenti chimici acidi con varie destinazioni d’uso. Personalizzazione dei prodot-ti in linea con le specifiche esigenze del mercato, forte di una iniziale capacità di servire un ampio

spettro di comparti industriali e declinato succes-sivamente in una strategia di focalizzazione ver-so il settore farmaceutico. Mix di focalizzazione e diversificazione tale da portare ad un’offerta spe-cializzata per pochi specifici mercati target.Queste sono le indicazioni che si traggono da-gli esempi analizzati. Seppur in varie forme, la specializzazione dell’offerta è evidente in ciascu-na delle società oggetto del panel. In alcuni casi, l’offerta specifica è destinata a specifici mercati; in altri casi la specializzazione del prodotto, che nel caso della chimica è spesso un componen-te re-impiegato nei processi produttivi del cliente, permette il suo utilizzo in una vasta gamma di set-tori. Emerge in generale la capacità per tali azien-de di vedere e cogliere importanti opportunità di crescita in numerosi Mercati di riferimento.

SocietàSpecializzazione

dell’offertaFocalizzazione

di Mercato

FutureFuels AltaBassa (vari mercati target)

Quaker Chemical

MediaBassa (vari mercati target)

Balchem AltaMedia (alimentare e farmaceutico)

LSB Industries MediaBassa (vari mercati target)

Hawkins Alta

Medio-Bassa (prodotti personalizzati e soluzioni specifiche per il farmaceutico)

kMG Chemicals

Alta

Media (industria dei semiconduttori, trattamento del legno, alimentazione animale)

Fonte: elaborazione da Forbes, Best Small Companies, 2012

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Ana Maria Pérez Magdalena nasce in Spagna dove si laurea nel 1993, a Valencia. Dopo diverse esperienze professionali all’estero, anche di carattere didattico, tra cui spicca quella svolta in Inghilterra, approda a Trieste nel 1997, dove inizia la sua collaborazione con lo Studio Degrassi&Partners.Ha maturato esperienza nel settore della pianificazione e dell’internazionalizzazione d’impresa, particolarmente nei Paesi dell’Est Europa, dove ha gestito diversi progetti di carattere imprenditoriale ma anche in collaborazione con enti pubblici o a capitale misto. Tra i paesi “incrociati” nel suo percorso professionale, caratterizzato da costanti esperienze maturate all’estero, la Russia è quello che l’ha vista maggiormente impegnata nel coordinamento di progetti, che vanno dalla selezione e creazione dello strumento adatto per operare, alla delocalizzazione, passando per lo sviluppo della Model Farm e la creazione di incubatori per le aziende; la predisposizione di Studi settoriali di carattere commerciale o il coordinamento di attività di tipo legale/fiscale sul territorio fanno parte dell’attività che gestisce in collaborazione con la sede locale.Ha coordinato e partecipato anche in qualità di relatrice a convegni e incontri di Studio nel settore dell’internazionalizzazione d’impresa.

L’IRAN E L’EMBARGOUn mercato “aperto” per gli investimenti

Nel percorso di internazionalizzazione di una azienda, la selezione dei mercati su cui operare è uno degli aspetti più difficili da af-frontare. Alcuni mercati hanno elevatissime potenzialità di sviluppo e offrono delle op-portunità notevoli alle aziende che vogliono investire o soltanto vendere i loro prodotti, ma spesso l’operatore si scontra con ostaco-li di carattere operativo che devono essere superati. Il primo passo che deve dare un’a-zienda è quello di raccogliere tutte le infor-mazioni che servono nel percorso di interna-zionalizzazione dal momento in cui si opta per quel mercato al momento in cui viene portata a termine l’attività prescelta. Un esempio di Paese con altissime potenzia-lità di sviluppo e grande “appetibilità” per gli operatori italiani è l’Iran, conosciuto come la seconda economia in Medioriente dopo l’A-rabia Saudita.

L’economia iraniana è trainata dai settori del petrolio e del gas e lo sta-to rimane il principale protagonista dell’economia. Tuttavia, vi sono tan-ti altri settori, collegati o meno al petrolio e al gas che sono in costante sviluppo e hanno forti possibilità di espansione.La storia dei rapporti economici tra l’Italia e l’Iran è dimostra come vi sia stato un reciproco profitto, nonostante i cambiamenti nei governi delle due nazioni. In tutti questi anni sono stati stipulati diversi accordi tra cui:• Accordo Italia-Iran firmato a Roma il 10 marzo 1999 sulla reciproca

promozione e protezione degli investimenti che nel luglio 2002 è sta-to ratificato;

• accordo Italia-Iran firmato a Roma il 25 luglio 1990 per i trasporti in-ternazionali su strada che da parte dell’Iran è stato ratificato nel di-cembre 1992;

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• accordo di cooperazione scientifica che nell’ot-tobre 1996 è stato firmato: prevede il rilancio della cooperazione culturale, scientifica e tec-nologica tra i due Paesi;

• accordo per riscadenzare il debito del 27 luglio 1994 tra SACE e la banca centrale iraniana su base privata;

• accordo per la scadenza delle quote di sco-perto assicurativo di crediti assicurati “Credit Extension Agreement” raggiunto tra Mediocre-dito e Bank Tejarat e Bank Markazi a Roma in data 27 settembre 1995.

Tuttavia, bisogna tenere conto, nella scelta del paese, che vi sono restrizioni nei rapporti tra l’I-ran e molti paesi (tra cui tutti quelli dell’Eurozo-na). Di fatto nel 2009 l’interscambio commerciale tra l’Iran e detti paesi viene condizionato dal regi-me sanzionatorio internazionale contro l’Iran: in quell’anno di fatto le esportazioni italiane verso l’Iran sono stati pari a 2 miliardi di euro, in dimi-nuzione dell’5% rispetto ai regolari rapporti com-merciali con l’Iran. Negli ultimi anni sono notevoli le problematiche riscontrate nelle operazioni con l’Iran1, non perché le aziende iraniane non rispettino gli accordi pre-si, ma perché è difficile trovare una Banca in Euro-pa che accetti incassi provenienti da detto Paese. Gli esperti consigliano, in fase di trattativa, accer-tando previamente che la società iraniana richie-dente non sia inserita nelle black list delle sanzioni e che si possa operare con la banca iraniana iden-tificata, di negoziare il pagamento utilizzando uno dei seguenti canali: banche estere di paesi che non hanno adottato le sanzioni delle Nazioni Unite, banche italiane, agenzie di assistenza e supporto finanziario tra Italia e Iran con filiali operative nei due Paesi oppure in un terzo Paese. Questa proce-dura è tuttavia applicabile soltanto da un punto di vista teorico poiché le maggiori Banche commer-ciali in Iran sono sprovviste della possibilità di uti-lizzare il sistema di pagamento SWIFT.

Quadro di riferimento normativoIl regolamento UE n. 961/2010 contiene misure re-strittive nei confronti dell’Iran, che risultano tra le più inflessibili applicate dall’UE. Successivamente, è stato approvato il Regolamento UE n. 267/2012 del 23 marzo 2012 che ha abrogato detto regola-mento e che completa il quadro delle misure re-strittive, limitando ancora di più la collaborazione tra i Paesi UE e l’Iran e, recentemente, anche detto regolamento è stato modificato dal Regolamento UE N 1067/2012 del 14 novembre 2012 che mo-difica esclusivamente2 la parte relativa all’applica-

1. Milioni di euro non sono stati riscossi per un problema di lettere di credito non portate a termine. In pratica, è difficile operare in Iran senza ricorrere a questo sistema di credito, che tuttavia non viene accettato dalle banche italiane o europee.2. Articolo 28-bis.

zione delle disposizioni in materia di misure pre-ventive, prevedendo la non applicazione di alcuni divieti ai titolari di diritti derivati da una concessio-ne originata prima del 27 ottobre 2010. Il 27 ottobre 2010, sulla Gazzetta Ufficiale del-le Comunità Europee L 281/17, è stato pubbli-cato il Regolamento (UE) n. 961/2010 del 25 ot-tobre 2010 sulle misure restrittive nei confron-ti dell’Iran. Questo regolamento, che ha abroga-to il precedente in materia (il Regolamento CE n. 423/2007), ha consentito l’attuazione sul piano normativo delle misure restrittive precedentemen-te disposte con la Decisione n. 413/2010/PESC. Il Regolamento (UE) n 267/2012, come si vedrà di seguito si intende modificato o attuato da:• REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N.

350/2012 DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2012 che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 con-cernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• REGOLAMENTO (UE) N. 708/2012 DEL CON-SIGLIO del 2 agosto 2012 che modifica il rego-lamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 709/2012 DEL CONSIGLIO del 2 agosto 2012 che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 con-cernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 945/2012 DEL CONSIGLIO del 15 ottobre 2012 che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 con-cernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 1016/2012 DEL CONSIGLIO del 6 novem-bre 2012 che attua il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• REGOLAMENTO (UE) N. 1067/2012 DEL CONSIGLIO del 14 novembre 2012 che mo-difica il regolamento (UE) n. 267/2012 concer-nente misure restrittive nei confronti dell’Iran.

Inoltre, Vi sono numerose disposizioni, alcune molto recenti, relativamente alle misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e or-ganismi, come di seguito indicato:

DECISIONE 2010/413/PESC DEL CONSIGLIO del 26 luglio 2010, concernente misure restritti-ve nei confronti dell’Iran e che abroga la posizio-ne comune 2007/140/PESCModificata o attuata da:• DECISIONE 2010/644/PESC DEL CONSIGLIO

del 25 ottobre 2010 recante modifica della de-cisione 2010/413/PESC concernente misure re-strittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC;

• DECISIONE 2011/299/PESC DEL CONSIGLIO del 23 maggio 2011 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

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• DECISIONE 2011/783/PESC DEL CONSIGLIO del 1° dicembre 2011 che modifica la decisio-ne 2010/413/PESC relativa a misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/35/PESC DEL CONSIGLIO del 23 gennaio 2012 che modifica la decisione 2010/413/PESC relativa a misure restrittive nei confronti dell’Iran e sua Rettifica.

• DECISIONE 2012/152/PESC DEL CONSIGLIO del 15 marzo 2012 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/169/PESC DEL CONSIGLIO del 23 marzo 2012 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/205/PESC DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2012 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/457/PESC DEL CONSIGLIO del 2 agosto 2012 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/635/PESC DEL CONSIGLIO DEL 15 ottobre 2012 che modifica la decisio-ne 2010/413/PESC concernente misure restrit-tive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/687/PESC DEL CONSIGLIO del 6 novembre 2012 che modifica la decisio-ne 2010/413/PESC, concernente misure restrit-tive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2012/413/829/PESC DEL CONSI-GLIO del 21 dicembre 2012 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

• DECISIONE 2013/270/PESC DEL CONSIGLIO del 6 giugno 2013 che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran.

DECISIONE 2011/235/PESC DEL CONSIGLIO del 12 aprile 2011 concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità in considerazione della situazione in IranModificata o attuata da:• DECISIONE DI ESECUZIONE 2011/670/PESC

DEL CONSIGLIO del 10 ottobre 2011 che at-tua la decisione 2011/235/PESC concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità in considerazione della situa-zione in Iran;

• DECISIONE 2012/168/PESC DEL CONSIGLIO del 23 marzo 2012 che modifica la decisione 2011/235/PESC concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità in considerazione della situazione in Iran.

REGOLAMENTO (UE) N. 359/2011 DEL CON-SIGLIO del 12 aprile 2011 concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situa-zione in IranAttuato da: • REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N.

1002/2011 DEL CONSIGLIO del 10 ottobre 2011 che attua l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 359/2011 concernente mi-sure restrittive nei confronti di determinate per-sone, entità e organismi in considerazione del-la situazione in Iran;

• REGOLAMENTO (UE) N. 264/2012 DEL CON-SIGLIO del 23 marzo 2012 che modifica il re-golamento (UE) n. 359/2011 concernente mi-sure restrittive nei confronti di determinate per-sone, entità e organismi in considerazione del-la situazione in Iran.

Le restrizioni sono applicate alle esportazioni e alle importazioni, ai trasporti, al finanziamento di alcune imprese, il congelamento di fondi e risorse economiche ed altre restrizioni relative ai trasferi-menti di fondi e ai servizi finanziari che interessa-no, direttamente o indirettamente, l’Iran.Attraverso i provvedimenti viene a crearsi un si-stema di controlli e autorizzazioni di tutte le ope-razioni finanziarie concluse con soggetti iraniani che sono intesi come: • lo Stato iraniano e qualsiasi suo ente pubblico; • persone fisiche che si trovino o risiedano in

Iran; • persone giuridiche, entità o organismi con sede

in Iran; o• persone giuridiche, entità o organismi, possedu-

ti o controllati, direttamente o indirettamente, da una o più persone o organismi con sede in Iran.

Di importanza fondamentale sono le restrizioni di natura commerciale e finanziaria contenute nei regolamenti. Per quanto concerne l’aspetto import-export con l’Iran, i provvedimenti, con le ultime modifiche ed emendamenti, disciplinano il divieto di impor-tare o esportare beni, tecnologie, materiali e at-trezzature che possano essere utilizzati nel setto-re militare e per la repressione interna, nel settore dell’energia nucleare, e, inoltre, che possano es-sere suscettibili di duplice uso ai fini dello svilup-po di attività legate al nucleare, arricchimento e ritrattamento dell’acqua pesante e alla produzio-ne di strumenti militari. Oltre a questo embargo, sostanzialmente integrale, attinente alle forniture di materiali connessi in qualsiasi modo al settore militare e nucleare, il regolamento dispone inol-tre il divieto all’esportazione verso l’Iran di beni e tecnologie destinate ai settori chiave dell’indu-stria del petrolio e del gas.

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Con lo scopo di assicurare l’applicazione di tali disposizioni, il regolamento prevede che tutti gli Stati membri adottino misure volte a controllare l’esportazione di tali tipologie di merci e tecno-logie. A questo fine viene indicata la necessità di ottenere autorizzazioni preventive, valutate caso per caso, per l’esportazione di beni e tecnologie di cui non viene fatta menzione negli allegati, ma che tuttavia potrebbero essere utilizzati nei settori subordinati a restrizioni. Tali autorizzazioni sono da richiedere alle autorità competenti indicate dal regolamento stesso. In Italia le Autorità sono:Amministrazione responsabile del coordinamen-to dell’attuazione del Reg. UE n. 267/2012: Mini-stero degli Affari Esteri Direzione Generale per la Mondializzazione e le Questioni Globali – Ufficio II – [email protected] competente secondo quanto di-sposto dagli artt. 3, 5, 6, 7, 10 del Reg. UE n. 267/2012:Ministero dello Sviluppo [email protected]; [email protected] competente per notifica secon-do quanto disposto dall’art. 12 Ministero degli Affari Esteri Direzione Generale per la Mondializzazione e le Questioni Globali – Ufficio II – [email protected] competente secondo quan-to disposto dai seguenti Articoli del Reg. UE n. 267/2012:dall’art. 23 all’art. 29 (Capo IV)Articoli 30 e 31 (Capo V)Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comi-tato di Sicurezza Finanziaria – [email protected] competente secondo quanto di-sposto dall’art. 32 del Reg. UE n. 267/2012:Banca d’Italia – Unità di Informazione Finanziaria

Amministrazione competente secondo quanto di-sposto dagli artt. 36-37 del Reg. UE n. 267/2012:Agenzia delle Dogane – Direzione Centrale Ac-certamenti e Controlli [email protected] Amministrazioni competenti secondo quanto di-sposto dall’art. 40 del Reg. UE n. 267/2012:Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comi-tato di Sicurezza Finanziaria – [email protected] Banca d’Italia – Unità di Informazione Finanziaria (Largo Bastia 35 – 00181 ROMA)

Nel rispetto del regolamento, gli Stati membri devo-no adottare misure necessarie non solo a impedire il commercio di tali beni e tecnologie soggetti a divie-to, ma anche a contrastare prestazioni di assistenza tecnica, finanziaria o di altri servizi connessi con la vendita, la produzione o l’uso dei materiali soggetti a restrizione. Allo stesso modo il provvedimento in-troduce limitazioni al finanziamento di talune im-

prese, allo scopo di impedire il trasferimento di ri-sorse finanziarie o di servizi che possano essere uti-lizzati negli ambiti subordinati a divieto.In materia finanziaria, i regolamenti si pronuncia-no disponendo il congelamento di fondi e risorse economiche nei casi specifici, ammettendo tutta-via, la possibilità di richiedere, presso le autorità competenti di ciascun Stato membro, un’autoriz-zazione allo scongelamento dei fondi e delle ri-sorse economiche, precedentemente congelate in presenza di determinate condizioni. Inoltre, le disposizioni in materia di restrizioni ap-plicate ai trasferimenti di fondi da e verso l’Iran inerenti operazioni commerciali con controparte iraniana, sono subordinate ad alcune procedure. Nel dettaglio:• sono soggetti a obbligo di notifica preventiva

per iscritto tutti i trasferimenti di fondi superiori a 10.000 euro, qualora connessi a transazioni commerciali relative a prodotti alimentari, as-sistenza sanitaria, attrezzature mediche o per scopi umanitari;

• per i trasferimenti di importo inferiore ai 40.000 euro, concernenti tutte le altre tipologie di ope-razioni commerciali diverse da quelle prece-dentemente elencate, non è necessaria alcu-na autorizzazione preventiva. Tuttavia, vengo-no notificati preventivamente presso le autorità competenti degli Stati membri i trasferimenti di importo superiore o uguale ai 10.000 euro;

• restano infine soggetti ad autorizzazione pre-ventiva tutti i trasferimenti di fondi di importo uguale o superiore a 40.000 euro.

Le banche che per conto della propria clientela ge-stiscono queste operazioni sono tenute, nel rispet-to dei regolamenti, a vigilanza costante sull’attivi-tà contabile, sollecitando una completa compila-zione di tutti i campi d’informazione degli ordini di pagamento, conservando le registrazioni delle transazioni effettuate per cinque anni e, qualora sospettino o abbiano ragionevoli motivi di sospet-tare che i fondi siano connessi al finanziamento di attività legate ad ambiti subordinati a divieto, sono tenute a informarne tempestivamente l’unità d’in-formazione finanziaria (UIF) o altre autorità com-petenti designate dallo Stato membro.Il Regolamento di esecuzione (UE) N 945/2012 del 15 ottobre 2012 che attua il Regolamento (UE) n. 267/2012 introduce un ulteriore elemento penaliz-zante per lo scambio dei rapporti finanziari con l’I-ran: nella parte dell’allegato relativa alle entità ogget-to dell’embargo si trova la Banca centrale dell’Iran, già nell’elenco allegato al Regolamento 267/2012, cui è stata assegnata la seguente motivazione: Coin-volta in attività volte ad eludere le sanzioni. Fornisce sostegno finanziario al governo dell’Iran3.

3. Nell’allegato al regolamento (UE) n. 267/2012 la motivazione era quella di coinvolta in attività volte ad eludere le sanzioni.

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Ciò premesso, come indicano i dati statistici, in alcuni settori, soprattutto quello della filiera agro-alimentare, sono ancora molte le richieste delle imprese iraniane dirette agli esportatori italiani. Tuttavia, le operazioni di importazione ed espor-tazione verso l’Iran, ed ancora più quelle relative a pagamenti da e verso il Paese, sono soggette a precise norme molto vincolanti.

SanzioniNel quadro della politica estera e di sicurezza co-mune (PESC), l’UE applica misure restrittive al fine di perseguire gli obiettivi specifici della PESC sta-biliti nel Trattato sull’Unione Europea. Negli ulti-mi anni l’UE ha fatto spesso ricorso all’imposizio-ne di sanzioni o misure restrittive sia in modo au-tonomo sia in attuazione di risoluzioni vincolan-ti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.In funzione della natura del regime di sanzioni specifico, gli Stati membri sono chiamati a svolge-re determinati compiti per quanto riguarda l’attua-zione delle misure restrittive. Per l’Italia, l’autorità competente responsabile di monitorare il funzio-namento del sistema di prevenzione e di sanzioni del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio è il Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF), presie-duto dal Direttore generale del Tesoro e composto da rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dell’Interno, del Ministero della Giu-stizia, della Banca d’Italia, della Commissione na-zionale per le Società e la Borsa, dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, dell’Unità di Informazione Finanziaria, della Guardia di Finanza, della Direzione Investi-gativa Antimafia, dell’Arma dei Carabinieri e della Direzione nazionale antimafia. Tuttavia, nel nostro caso, poiché la controparte non sarà un operatore iraniano ma un operatore non residente in Iran si reputa che i problemi di carattere finanziario (per quanto riguarda i paga-menti) possano essere facilmente risolvibili rego-lando la transazione da un altro Paese con il qua-le l’UE intrattiene rapporti di corrispondenza.

Iter procedurale operativo: soluzioni tipicamente adottate in materia di commercio internazionale Per fronteggiare le problematiche di tipo pratico che derivano dalle condizioni “limite” di operati-vità con il Paese, in determinati settori è prassi ge-neralmente seguita porre in essere delle operazio-ni commerciali tramite una società di diritto este-ro (non UE) residente in un paese con cui l’Iran

ha rapporti di partenariato correnti e con cui l’UE ha un buon rapporto di collaborazione o, alme-no, non applica particolari politiche restrittive nel commercio internazionale. Ad esempio, la Cina, Dubai, Oman, Turchia, Emirati Arabi. Pertanto, il distributore dovrebbe indicare alla azienda che intende immettere sul mercato i pro-pri prodotti il Paese dell’istituto finanziario di cui sopra dal quale verrà effettuata la rimessa.La società venditrice provvederà pertanto ad ef-fettuare la fornitura dei propri prodotti tramite questa società. I passaggi ipotizzati sarebbero i seguenti:1) l’azienda italiana trova un accordo economi-

co soddisfacente con il distributore della zona interessata e, in fase di trattativa, relativamente all’aspetto finanziario, concorda tempi e mo-dalità d’incasso;

2) al momento di concordare modalità d’incas-so l’azienda italiana chiede al suo interlocutore l’eventuale sede della società che verrà utiliz-zata per l’operazione, o, quanto meno, la sede e nominativo della Banca che eseguirà il paga-mento della fornitura;

3) la società italiana verifica i rapporti della pro-pria banca con la banca del suo cliente per as-sicurarsi che l’ultima sia inserita nel circuito SWIFT e che il pagamento non verrà bloccato per motivi burocratici;

4) dovrà essere rilasciato anche da parte del di-stributore il nominativo della società iraniana destinataria del bene, per completare la docu-mentazione relativa all’esportazione;

5) la società italiana, una volta concordate le mo-dalità commerciali e finanziarie dell’operazione, dovrà, come suindicato, chiedere l’autorizzazio-ne preventiva qualora l’importo superi € 40.000 oppure dovrà semplicemente notificare il trasferi-mento di un importo superiore a € 10.000;

6) al momento dell’incasso l’azienda venditrice dovrà compilare il relativo modello B previsto dagli istituti bancari; qualora non si tratti di un prodotto esistente nell’elenco, la società italia-na dovrà predisporre sulla propria carta inte-stata un riepilogo dell’operazione che include-rà tutti i dettagli della stessa, senza nulla esclu-dere: ad esempio, nominativi ed importi dovu-ti ad eventuali agenti o intermediari, o ad auto-trasportatori o ad altri soggetti coinvolti nell’o-perazione. Questo documento, che dovrà esse-re timbrato e firmato dal legale rappresentan-te dell’azienda sarà inviato dalla Banca al CSF una volta attuato il protocollo di avvisatura pre-visto dal sistema bancario.

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RELAZIONI E ACCORDI INTERNAZIONALI DEL VIETNAM

Nel 2013 si celebrano i 40 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Vietnam. Il Vietnam fa oggi parte dell’ASEAN, Associazione delle Nazioni Sud-Est Asiatiche, regione in forte crescita e caratterizzata da relazioni stabi-li tra i dieci paesi membri. Come in Europa, anche nel Sud-Est Asiatico si è giunti a tale stabilità dopo un secolo duro, in cui gli scon-tri diplomatici erano risolti unicamente con il ricorso alla forza e la scelta dei propri alleati era fondamentale. In tale contesto, le relazio-ni diplomatiche del Vietnam con paesi terzi si distinguono chiaramente tra prima e dopo la caduta del muro di Berlino, simbolo della fine della superpotenza Sovietica. Solo a par-tire dagli anni 90 il Vietnam diviene un paese “moderno”, aprendosi a investitori stranieri ed entrando a far parte di diverse organiz-zazioni internazionali. Da ultimo, il Vietnam si appresta a creare assieme ai suoi partner ASEAN una nuova entità che avrà importan-za fondamentale nel corso di questo secolo; è difatti previsto per il 2015 la costituzione dell’AEC (Asean Economic Community).

La storia delle relazioni diplomatiche del Vietnam si compone di due fasi: l’era sovietica e l’era post-sovietica. Durante la guerra contro gli Stati Uniti tra il 1959-1975, il Vietnam ha mantenuto relazioni equilibra-te con quelli che allora erano i suoi due maggiori alleati, ovvero l’Unio-ne Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese. Tuttavia al termine di tale guerra, i rapporti tra Cina e Vietnam si erano raffreddati. Quest’ultimo veniva visto sempre più come un pericolo agli occhi del Governo di Pe-

Lorenzo Riccardi *

Massimiliano Bertollo **

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chino, in quanto possibile strumento di controllo a disposizione dell’Unione Sovietica. In seguito al sostegno dato dai Cinesi ai Khmer Rossi della Cambogia, i rapporti tra Cina e Vietnam peggiora-rono ancora sino a scaturire nel 1978 nel divieto del commercio privato voluto da Hanoi. All’occu-pazione della Cambogia da parte del Vietnam, la Cina rispose occupando la regione settentrionale vietnamita. In questi anni il Vietnam intensificò i rapporti con l’Unione Sovietica ed altri Paesi del Comecon. Tuttavia, con lo scioglimento dell’U-nione Sovietica nel 1991, gli aiuti russi cessarono.Un passo decisivo per uscire dall’isolamento di-plomatico a livello internazionale è stato compiu-to nel 1989 con il ritiro delle truppe dalla Cam-bogia. Nel 1991 il Vietnam aderisce all’Associa-zione delle Nazioni del Sud Est Asiatico, ASEAN. Inoltre, non solo inizia ad avere relazioni con Eu-ropa e Medio Oriente, ma ripristina i contatti an-che con la Cina. A partire dagli anni ’90, il Paese comincia dunque a integrarsi nell’economia re-gionale e mondiale entrando a far parte di diver-se organizzazioni internazionali; in particolare diventa membro della Banca Mondiale, del Fon-do Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Asiatica per lo Sviluppo. Al contempo attira sem-pre più capitali stranieri dall’Occidente anche per il fatto di rispettare le norme del sistema finanzia-rio mondiale. Negli anni seguenti il Vietnam con-tinua a promuovere e aumentare il commercio con gli Stati confinanti dell’Asia Orientale, con i Paesi dell’Europa Occidentale e del Nord Ameri-ca. Infine, nel Novembre del 2006 diviene mem-bro del WTO (World Trade Organization).Nel 2013 si celebra l’anniversario dei 40 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Vietnam. Le re-lazioni tra i due Paesi, oltre ad essere consolidate e rilevanti per Roma e Hanoi, rappresentano un decisivo punto di incontro tra l’Unione Europea e l’ASEAN.

L’Era SovieticaDurante la guerra del Vietnam (1959-1975), il Vietnam del Nord cercò di mantenere delle rela-zioni equilibrate con entrambi i suoi due maggio-ri alleati, l’Unione Sovietica e la Repubblica Po-polare Cinese.Nel 1964, Zhou Enlai (il primo presidente del-la Repubblica Popolare Cinese), preoccupato per l’escalation delle forze statunitensi nel Viet-nam del Sud, realizzò un accordo informale con il Nord. L’accordo prevedeva che se gli Stati Uni-ti o le forze armate del Vietnam del Sud avessero invaso il Nord, i cinesi avrebbero risposto appog-giando militarmente quest’ultimo. Durante l’inva-sione, Mao Zedong non riuscì però ad inviare tan-ti piloti addestrati quanti invece aveva promesso e, di conseguenza, il Nord fece maggiore affida-mento sull’Unione Sovietica per la propria difesa.

Nel 1975, la tensione cominciò a crescere, poi-ché Pechino cominciò a vedere il Vietnam sem-pre più come un potenziale strumento sovietico per circondare la Cina. Nel frattempo, quest’ulti-ma incrementò il suo supporto nei confronti degli Khmer Rossi della Cambogia, scatenando dei so-spetti nei vietnamiti sulle reali motivazioni di tale posizione.I rapporti tra Vietnam e Cina si deteriorarono in modo significativo dopo che Hanoi istituì un di-vieto al commercio privato nel marzo del 1978; tale mossa infatti colpì particolarmente il setto-re cino-vietnamita della popolazione. A seguito dell’invasione della Cambogia, a opera del Viet-nam nel dicembre del 1978, la Cina lanciò una controffensiva nei confronti del Vietnam, inva-dendone la regione settentrionale. Di fronte alla chiusura degli aiuti cinesi e alle tese relazioni in ambito internazionale, il Vietnam allacciò rap-porti sempre più stretti con l’Unione Sovietica e gli altri stati suoi alleati, membri del Comecon. Durante tutto gli anni ‘80, il Vietnam ricevette pe-riodicamente quasi 3 miliardi di dollari l’anno, sotto forma di aiuti economici e militari da par-te dell’Unione Sovietica; inoltre il Paese condus-se la quasi totalità dei suoi scambi commerciali con l’URSS e i Paesi membri del Comecon. Tutta-via, gli aiuti economici del blocco sovietico e, più in generale, del blocco comunista orientale, ces-sarono dopo il crollo dell’Unione Sovietica (ago-sto 1991).

Doi MoiIl Vietnam non cominciò ad uscire da uno stato di isolamento internazionale fino al ritiro delle sue truppe dalla Cambogia nel 1989. A pochi mesi dagli Accordi di Parigi del 1991, il Vietnam stabi-lì relazioni diplomatiche ed economiche con gli stati membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) e anche con la maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale e del co-siddetto Estremo Oriente. Vennero inoltre ripristi-nate piene relazioni diplomatiche con la Cina nel medesimo anno (1991). Le due nazioni concluse-ro poi nel 1999 un accordo di demarcazione dei rispettivi confini terrestri.Negli ultimi dieci anni, il Vietnam ha riconosciu-to l’importanza di accrescere la propria interdipen-denza economica globale e ha compiuto sforzi no-tevoli per regolare le sue relazioni estere, per asse-condare, ma anche accrescere, il grado di evolu-zione internazionale che sempre più caratterizza l’economia e la politica del Sud-Est Asiatico. Il Paese ha cominciato a integrarsi nell’economia regionale e mondiale unendosi a organizzazio-ni internazionali; ha inoltre intensificato gli sfor-zi per attirare capitali stranieri dall’Occidente e regolarizzare i rapporti con il sistema finanziario mondiale. Negli anni ‘90, dopo l’abolizione del

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diritto di veto degli Stati Uniti sui prestiti multi-laterali al Paese, il Vietnam è diventato membro della Banca Mondiale, del Fondo Monetario In-ternazionale (FMI) e della Banca Asiatica per lo Sviluppo. Il Vietnam ha altresì accresciuto il commercio con gli stati confinanti dell’Asia Orientale, con i pae-si dell’Europa Occidentale e del Nord America. Particolarmente significativa è stata poi l’accetta-zione del Vietnam all’interno dell’ASEAN nel lu-glio 1995. Il Paese si unì poi anche all’Asia-Pacific Economic Cooperation forum (APEC) nel novem-bre 1998 ed ospitò il summit dell’ASEAN il mese successivo. Nel 2005, il Vietnam ha partecipato alla prima edizione del vertice dell’Asia Orientale ed è diventato un membro del WTO (World Trade Organization) nel novembre 2006.

Sviluppi Recenti Sebbene il Vietnam, dopo la conclusione del con-flitto con la Cambogia, abbia vissuto essenzial-mente un lungo periodo di pace, non sono tut-tavia mancate tensioni con i Paesi limitrofi; un esempio di particolare rilevanza riguarda le fri-zioni con la Cina concernenti la rivendicazione del legittimo possesso delle Isole Spratly (un arci-pelago del Mare Cinese Meridionale, in una zona potenzialmente ricca di petrolio). Rivendicazioni contrastanti hanno prodotto in tale zona, nel corso degli anni, piccoli alterchi di carattere armato. Nel 1988 la Cina occupò alcu-ne delle isole dell’arcipelago Spratly che erano sotto il controllo vietnamita; nello scontro a fuo-co tra i due Paesi morirono più di 70 soldati vie-tnamiti. L’affermazione da parte della Cina del controllo sulle isole Spratly e sull’intero Mare Ci-nese Meridionale ha suscitato una certa preoc-cupazione nel Vietnam, così come negli altri sta-ti del Sud-Est Asiatico. Il confine territoriale tra i due paesi è stato definitivamente stabilito trami-te un accordo di frontiera terrestre siglato nel di-cembre 1999 e un ulteriore accordo di frontiera concernente il Golfo del Tonchino, firmato nel dicembre 2000. Vietnam e Russia hanno annunciato una partner-ship strategica nel marzo 2001 in occasione della prima visita a Hanoi di un capo di stato russo, in gran parte come tentativo di controbilanciare la sempre crescente influenza della Cina all’interno dell’area del Sud-Est Asiatico.All’interno delle controversie in ambito interna-zionale troviamo quindi, prima fra tutte, la com-plessa disputa sul possesso delle isole Spratly, che coinvolge oltre al Vietnam e alla Repubblica Po-polare Cinese (RPC), anche la Repubblica di Cina (ROC), la Malesia, le Filippine ed il sultanato del Brunei. Non risulta essere definito il confine ma-rittimo con la Cambogia; sono invece state risolte rispettivamente, nell’agosto del 1997 e nel 2000,

le diatribe concernenti il confine marittimo con la Thailandia ed il confine marittimo con la RPC nel Golfo del Tonchino. Le isole Paracel sono state occupate dalla Repubblica Popolare Cinese, ma vengono rivendicate da Vietnam e ROC; le iso-le al largo della Cambogia e le sezioni di confine sono anch’esse oggetto di disputa ed infine, l’ac-cordo sulla frontiera terrestre con Repubblica Po-polare Cinese, è stato firmato nel dicembre 1999.

Relazioni con Sud-Est Asiatico e Asia OrientaleI rapporti del Vietnam con i Paesi del Sud-Est Asia-tico e con quelli dell’Asia Orientale sono di note-vole rilevanza e, per certi aspetti, presentano una matrice comune. Di seguito verranno analizza-te le relazioni con Cambogia, Filippine, Giappo-ne, Indonesia, Laos, Malesia, Repubblica Popola-re Cinese e Tailandia.

CambogiaLe relazioni bilaterali tra il Regno di Cambogia e la Repubblica Socialista del Vietnam sono sta-te tese per lungo tempo, a causa di problemi ter-ritoriali, minoranze etniche comuni ai due popoli e tentativi storici da parte del Vietnam di influen-zare o dominare il governo della Cambogia. En-trambe le nazioni hanno in seguito provveduto a stabilire legami di amicizia.

Contesto GeneraleGran parte dell’espansione territoriale verso sud ad opera del Vietnam dal VII secolo è avvenuta a di-scapito del popolo indigeno degli Khmer Krom. La Cambogia condivide quindi con il Vietnam, ad est e sud-est, una frontiera lunga 1.137 chilometri. Dopo le guerre siamese-vietnamite (1831-1834 e 1841-1845), la Cambogia divenne uno stato vas-sallo di Vietnam e Siam ed il Paese venne cultural-mente e amministrativamente “Vietnam-izzato”. Durante il dominio coloniale dell’Indocina Fran-cese, che comprendeva sia il Vietnam che la Cam-bogia, le autorità francesi trasferirono operai vie-tnamiti in Cambogia, dove tale crescente mino-ranza finì per dominare gli affari e le risorse idri-che del paese. Nella prima guerra per l’indipen-denza dell’Indocina, alcuni cambogiani, tra cui il re Norodom Sihanouk, hanno combattuto contro le forze Viet Minh, perché temevano una domina-zione coloniale vietnamita.

La Guerra del Vietnam Dopo l’indipendenza, il Regno di Cambogia man-tenne relazioni diplomatiche sia con il Vietnam del Nord che con il Vietnam del Sud. Tuttavia, i Viet Cong utilizzarono la Cambogia come base per combattere la guerra del Vietnam, e il Sud, sotto il

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governo di Ngo Dinh Diem, perseguitò gli opposi-tori politici anche in territorio cambogiano. Tramite la cosiddetta Bangkok Plot (una cospira-zione internazionale per spodestare il principe Norodom Sihanouk di Cambogia), il governo di Diem tentò di rovesciare il governo di Sinahouk e sostituirlo con uno di destra pro-Sud. Anche l’esercito degli Stati Uniti bombardò il ter-ritorio cambogiano, alla ricerca dei comunisti vie-tnamiti, causando perdite al Paese pari a 150.000 vittime. Nonostante i tentativi di negoziare con “qualsia-si [Stato vietnamita] si rivelerà più ragionevole... [delimitare] le nostre frontiere comuni“, Sinahouk non riuscì ad ottenere un’udienza dal governo vietnamita sulle dispute territoriali latenti in Co-cincina e soprattutto riguardo l’isola di Koh Tral (Phu Quoc). Il re stesso è stato accusato di ospi-tare basi militari vietnamite in Cambogia, e di as-secondare la diffusione di rivolte anti-vietnami-te, culminate nel colpo di stato cambogiano del 1970. Facendo riferimento principalmente ai Viet Cong nella regione di confine, il nuovo presidente cam-bogiano Lon Nol ha dichiarato: “Secondo la reli-gione buddista, ci deve essere una guerra. Una guerra contro i comunisti vietnamiti che consi-derano la religione il loro nemico”. Tuttavia, Nol tentò anche di espellere dalla Cambogia 40.000 soldati sudvietnamiti, il cui numero superava ad-dirittura l’intera forza militare propria del Paese. L’opposizione degli Khmer Rossi salì al potere in Cambogia nel 1975, poco prima della caduta di Saigon ad opera delle forze del Nord.

La Guerra Siamese-VietnamitaLa Kampuchea Democratica dimostrava di fatto un grado di ostilità, alla presenza delle truppe vie-tnamite nel suo territorio, non inferiore alla Re-pubblica Khmer che l’aveva preceduta. I negozia-ti di frontiera continuarono a vacillare per lungo tempo e, dopo le proteste da parte della Cambo-gia relativamente a mappe territoriali vietnamite che mostravano alcune zone come appartenenti al Vietnam, mentre di fatto erano parte dello sta-to cambogiano, nel 1978 le relazioni ufficiali tra i due Stati vennero sospese. Il Vietnam, in passato, tentò ripetutamente di ef-fettuare un cambio di regime in Cambogia tramite interventi militari; ci riuscì infine nel 1978 crean-do la Repubblica di Kampuchea (PRK): uno “Stato fantoccio”, ossia uno stato sovrano solo nominal-mente, ma di fatto controllato da un Paese stranie-ro. Tali azioni del Vietnam sono state condannate dalle Nazioni Unite, dall’Associazione delle Na-zioni del Sud-est Asiatico e dalla Repubblica Po-polare Cinese, che intrapresero una breve guerra con il Vietnam nel 1979, nel tentativo di scorag-giare l’occupazione della Cambogia. Il Vietnam,

l’Unione Sovietica e i loro alleati riconobbero la PRK come il governo legittimo della Cambogia, mentre i paesi occidentali e la Cina continuarono a considerare la Kampuchea Democratica come l’effettivo governo della Cambogia. La PRK, che controllava la maggior parte del-la Cambogia, esclusa però la provincia orienta-le dello Svay Rieng, firmò un accordo di frontiera con il Vietnam nel 1983. Il governo rese obbliga-torio l’insegnamento della lingua vietnamita nel-le scuole cambogiane, incoraggiò i matrimoni mi-sti ed autorizzò la migrazione di oltre mezzo mi-lione di civili vietnamiti in Cambogia. Pochi anni dopo però, precisamente nel 1990, il Vietnam si ritirò dalla Cambogia.

Commercio e Rapporti Bilaterali Dal 1990, dopo il ritiro del Vietnam dal territorio cambogiano, le relazioni tra le due nazioni ini-ziarono a migliorare. Sia il Vietnam che la Cam-bogia sono membri di organizzazioni multila-terali regionali come l’ASEAN e la Cooperazio-ne Mekong-Ganga. Entrambe le nazioni si sono aperte e hanno sviluppato il commercio al di fuo-ri dei propri confini, hanno inoltre cercato di ri-durre la regolamentazione dei visti a tale scopo. Entrambi i governi si erano fissati l’obiettivo uf-ficiale di incrementare gli scambi bilaterali del 27%; ciò ha portato a raggiungere la quota di 2,3 miliardi di dollari, prevista come obiettivo entro il 2010, e a fissare l’ambizioso traguardo di 6,5 mi-liardi di dollari entro il 2015. Nel 2007, il Vietnam ha inoltre esportato, in Cam-bogia, merci per un valore di 1,2 miliardi di dol-lari. Mentre la Cambogia è solo il sedicesimo più grande importatore di merci vietnamite, il Viet-nam è per la Cambogia il terzo mercato più vasto per quanto riguarda le esportazioni.

Eventi ed Evoluzioni RecentiNel 2005, il Vietnam e la Cambogia stabilirono un trattato aggiuntivo all’originale Trattato sulla De-limitazione dei Confini Nazionali del 1985, che però la Cambogia ritenne inaccettabile. Di conse-guenza, il Vietnam ha tentato di rivendicare nume-rose terre cambogiane, in base alle accuse di inva-sione vietnamita sollevate dal trattato in questione. In base ad una dichiarazione fatta da un ministro del governo dell’ex amministrazione coloniale dell’Indocina francese, la Cambogia avrebbe do-vuto rinunciare a due dei suoi villaggi, in favore del Vietnam, in cambio della possibilità di man-tenere due villaggi che erano stati ritenuti territo-ri cambogiano in base al trattato del 1985 (nella fattispecie: Thlok Trach e Anlung Chrey). In ogni caso, non sono noti quali sarebbero dovuti esse-re i due villaggi ai quali la Cambogia avrebbe do-vuto rinunciare.

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Per risolvere la controversia, nel 2011, il gover-no cambogiano ha annunciato di voler accelerare il processo di demarcazione con il Vietnam. Il 24 Giugno 2012, il Vietnam e la Cambogia hanno ce-lebrato la delimitazione dell’ultimo marcatore del confine comune (il marcatore 314). I Primi Ministri Nguyen Tan Dung, del Vietnam, e Hun Sen, della Cambogia, hanno partecipato personalmente alla celebrazione per svelare il nuovo marcatore e ri-badire la cooperazione e l’amicizia tra i due Paesi.

IndonesiaCiò che realmente accomuna Vietnam e Indo-nesia è che entrambi sono membri dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico.Il Presidente dell’Indonesia Megawati Sukarnopu-tri si è recato in visita nel Vietnam a Giugno del 2003. Tale viaggio era strettamente collegato alla firma, da parte dei due Paesi, di una “Dichiara-zione sul Quadro di Cooperazione Amichevole e Completa all’Ingresso nel 21° secolo”. Nel mese di Maggio 2005, il presidente indone-siano Susilo Bambang Yudhoyono si è nuovamen-te recato in visita nel Vietnam. A Dicembre dello stesso anno sono stati organizzati dei festeggia-menti nelle capitali di entrambi i Paesi per cele-brare il 50° anniversario della definizione dei rap-porti diplomatici.È ora assolutamente necessario fare un breve ex-cursus sull’ASEAN, il suo ruolo, le sue caratteristi-che e le sue funzioni. Ciò ci permetterà di com-prendere meglio il percorso evolutivo dei Paesi del Sud-Est Asiatico, nonché il legami e rappor-ti internazionali che intercorrono tra i vari Stati.

ASEAN: Quadro GeneraleL’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiati-co (ASEAN) è un’organizzazione geo-politica ed economica composta da dieci Paesi situati nel Sud-Est Asiatico, che è stata costituita l’8 agosto 1967 da Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapo-re e Thailandia. Sono in seguito divenuti membri anche il Sultanato del Brunei, la Birmania (Myan-mar), la Cambogia, il Laos, e il Vietnam. I suoi obiettivi sono accelerare la crescita econo-mica, stimolare il progresso sociale e lo svilup-po culturale tra i membri, tutelare la pace e la stabilità regionale, ed infine creare opportunità di discussione pacifica tra i vari Paesi appartenenti all’organizzazione.L’ASEAN copre una superficie di 4,46 milioni di km², che è il 3% della superficie totale della Terra, ed ha una popolazione di circa 600 milioni di per-sone, che è l’8,8% della popolazione mondiale. La porzione di mare dell’ASEAN è circa tre volte su-periore rispetto a quella terrestre. Nel 2010, il suo Pil nominale era cresciuto fino ad un valore pari a 1,8 miliardi di dollari. Se l’ASEAN fosse un’entità

unica, si tratterebbe della nona più grande econo-mia del mondo (dopo Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Francia, Brasile, Regno Unito e Italia).

Evoluzione StoricaL’ASEAN è stata storicamente preceduta da un’altra organizzazione chiamata Associazione del Sud-Est Asiatico (comunemente definita ASA), che rappre-sentava un’alleanza composta da Filippine, Malay-sia e Thailandia, e che era stata costituita nel 1961. Il blocco in sé, tuttavia, è stato effettivamente isti-tuito l’8 agosto 1967, quando i ministri degli este-ri dei cinque paesi – Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia – si sono incontrati presso il palazzo del Dipartimento Thailandese degli Affari Esteri a Bangkok e hanno firmato la Dichiarazione dell’ASEAN, più comunemente conosciuta come la Dichiarazione di Bangkok. I cinque ministri de-gli Esteri – Adam Malik dell’Indonesia, Narciso Ra-mos delle Filippine, Abdul Razak della Malesia, S. Rajaratnam di Singapore, e Thanat Khoman del-la Thailandia – sono considerati i padri fondatori dell’organizzazione.Le motivazioni alla base della nascita dell’ASEAN erano la possibilità per le élite di governo dei propri membri di concentrarsi sulla costruzione delle pro-prie nazioni (e di conseguenza anche di una più for-te identità nazionale), la paura comune per il comu-nismo, una ridotta fede o un diffuso senso di sfidu-cia nei confronti delle potenze esterne durante tut-ti gli anni ‘60, e il desiderio di sviluppo economico. Per non parlare poi delle ragioni individuali di ciascun Paese, ossia l’ambizione non troppo vela-ta dell’Indonesia di ottenere il ruolo di egemone all’interno dell’area, e la speranza da parte della Malaysia e di Singapore di contenere l’Indonesia e condurla verso un quadro caratterizzato da una maggiore cooperazione.Alla Papua Nuova Guinea, uno stato della Me-lanesia, è stato concesso lo status di Osservatore nel 1976 e di Osservatore Speciale nel 1981. L’A-SEAN ha avviato inoltre un programma di coope-razione economica a seguito del vertice di Bali del 1976. L’intera organizzazione ha vissuto poi un periodo di enorme difficoltà a metà degli anni 1980, per poi riprendersi soltanto intorno al 1991 grazie alla proposta da parte della Thailandia di istituire una zona regionale di libero scambio. Il blocco ha ottenuto infine ancora maggior rilievo quando il Sultanato del Brunei si è unito all’ASE-AN, divenendone il sesto membro in data 8 gen-naio 1984, appena una settimana dopo aver otte-nuto l’indipendenza il 1° gennaio.

Successiva Espansione ed Evoluzione dell’OrganizzazioneIl 28 luglio 1995, il Vietnam è diventato il setti-mo membro dell’ASEAN. Laos e Myanmar si sono

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unito due anni dopo, il 23 luglio 1997. Anche la Cambogia si sarebbe dovuta unire all’organizza-zione nel ‘97, ma l’ingresso è stato rinviato a cau-sa di lotte politiche interne al Paese. È infine en-trata a far parte del gruppo il 30 aprile 1999, a se-guito della stabilizzazione del suo governo.Negli anni ‘90, il blocco ha registrato sia un au-mento nel numero dei membri che uno stimolo sempre crescente verso maggiori livelli di integra-zione tra Paesi. Nel 1990, inoltre, la Malesia pro-pose la creazione dell’East Asia Economic Cau-cus (EAEC): una zona di libero scambio commer-ciale, che comprendesse gli allora membri dell’A-SEAN e, in aggiunta, anche la Repubblica Popola-re Cinese, il Giappone e la Corea del Sud. Questa proposta aveva l’intento di controbilanciare la cre-scente influenza degli Stati Uniti nell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), nonché all’interno della regione asiatica nel suo complesso. Questa proposta non è però andata a buon fine, a cau-sa della forte opposizione da parte di Stati Uniti e Giappone. Nonostante questo fallimento, gli Stati membri hanno continuato a lavorare per una mag-giore integrazione, che ha portato, tra l’altro, alla creazione dell’ASEAN Plus Three nel 1997.Nel 1992, è stata firmata la proposta per la Co-mune Effettiva Tariffa Preferenziale (CEPT) con lo scopo di eliminare progressivamente le tariffe e con obiettivo di aumentare il vantaggio competi-tivo della regione come base di produzione orien-tata al mercato mondiale. Questa legge si confi-gurava quindi come il quadro di riferimento per la zona di libero scambio dell’ASEAN. Dopo la crisi finanziaria dell’Asia Orientale del 1997, vi fu un rilancio della proposta malese a Chiang Mai (la cosiddetta Chiang Mai Initiative) che invitava ad una migliore integrazione tra le economie dei Paesi membri dell’ASEAN, nonché tra gli Stati facenti parte dell’ASEAN Plus Three, ossia Cina, Giappone e Corea del Sud.Oltre a migliorare le economie di ciascuno Stato membro, il blocco ha sempre cercato di preserva-re la pace e la stabilità all’interno della regione. Il 15 dicembre 1995, è stato firmato il Southeast Asian Nuclear-Weapon-Free Zone Treaty; questo trattato dimostrava l’intenzione di trasformare il Sud-Est Asiatico in una zona libera dalle armi nu-cleari. Il trattato è entrato però in vigore soltanto il 28 marzo 1997, dopo essere stato ratificato da tutti gli Stati membri, tranne uno. È infine diven-tato pienamente efficace il 21 giugno 2001, dopo la firma anche da parte delle Filippine, portando di conseguenza a bandire tutte le armi nucleari dalla regione.A marzo del 2011, il Timor Est ha presentato al vertice di Giacarta una lettera di candidatura per diventare l’undicesimo membro dell’ASEAN; l’In-donesia, dal canto suo, ha mostrato un caloroso benvenuto nel gruppo al Timor Est.

Recenti Sviluppi e Prospettive FutureA cavallo del 21° secolo, le principali questio-ni di interesse del gruppo si sono orientate verso una prospettiva più ambientale, pertanto l’orga-nizzazione ha iniziato a discutere di accordi am-bientali. Tra questi ritroviamo, nel 2002, la firma dell’accordo ASEAN sull’Inquinamento Atmosfe-rico Transfrontaliero, che si configura come un tentativo di controllare l’inquinamento da smog nel Sud-Est Asiatico. Il trattato pare però non aver avuto l’effetto desiderato, infatti, rispettivamente nel 2005 e nel 2006, la Malesia e l’intero Sud-Est Asiatico hanno assistito ad un periodo con un tasso particolarmente alto di smog, con notevoli conseguenze sui raccolti e sulla salute della po-polazione. Altri trattati ambientali introdotti dall’organizza-zione comprendono la Cebu Declaration on East Asian Energy Security, l’ASEAN Wildlife Enforce-ment Network del 2005 e la Partnership Asia-Pa-cifico per lo sviluppo pulito e il clima, tutte rispo-ste ai potenziali effetti del cambiamento climati-co. Naturalmente le questioni relative al cambia-mento climatico rimangono tutt’ora di notevole interesse.Tramite il 2° Concordato di Bali del 2003, l’ASE-AN ha sottoscritto il concetto di pace democrati-ca, il quale implica che tutti i Paesi membri riten-gono che seguire i dettami della democrazia aiu-terà a promuovere la pace e la stabilità all’interno della regione. Anche gli Stati caratterizzati da un governo non-democratico hanno concordato che si trattava di un obiettivo a cui tutti i membri del gruppo avrebbero dovuto aspirare.I leader di ogni Paese, in particolare il Primo Mi-nistro della Malesia Mahathir Mohamad, han-no avvertito poi il bisogno di una maggiore in-tegrazione all’interno della regione. A partire dal 1997, il blocco ha iniziato a creare organizzazio-ni interne con l’intenzione di raggiungere que-sto obiettivo: l’ASEAN Plus Three è stata la prima di queste, creata per migliorare i legami esistenti con la Repubblica Popolare Cinese, il Giappone e la Corea del Sud. In seguito venne istituito il più omnicomprensivo vertice dell’Asia Orientale, che comprendeva i Paesi dell’ASEAN Plus Three, ed in più l’India, l’Australia e la Nuova Zelanda. Que-sto nuovo raggruppamento è stato realizzato per fare da precursore alla creazione della successiva Comunità dell’Asia Orientale. Venne infine crea-to l’ASEAN Eminent Persons Group per studiare i potenziali successi e gli insuccessi di questa poli-tica, così come l’eventualità di redigere una Car-ta dell’ASEAN.Nel 2006, l’ASEAN ha ricevuto lo status di osser-vatore presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In risposta, l’organizzazione ha riconosciuto lo status di “partner di dialogo” alle Nazioni Unite. Inoltre, il 23 luglio dello stesso anno, José Ramos-

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Horta, allora Primo Ministro del Timor Est, firmò una richiesta formale di adesione e stimò che l’in-tero processo di affiliazione sarebbe durato almeno cinque anni, prima quindi che, l’allora stato-osser-vatore, potesse diventare un membro a pieno titolo.Nel 2007, l’ASEAN ha celebrato il 40° anniver-sario dalla sua nascita, e 30 anni di relazioni di-plomatiche con gli Stati Uniti. Il 26 agosto 2007, l’ASEAN ha dichiarato che intende portare a ter-mine tutti i suoi accordi di libero scambio con Cina, Giappone, Corea del Sud, India, Australia e Nuova Zelanda, entro il 2013, in linea quindi con l’istituzione della Comunità Economica dell’ASE-AN, che avverrà entro il 2015. Il 15 gennaio 2007, a Cebu venne firmata dall’A-SEAN e dagli altri membri della EAS (Australia, Repubblica Popolare Cinese, India, Giappone,

Nuova Zelanda e Corea del Sud) la Dichiarazio-ne di Cebu sulla Sicurezza Energetica dell’Asia Orientale, che promuove la sicurezza energetica tramite la ricerca di energie alternative ai combu-stibili convenzionali.A novembre del 2007, i Paesi membri hanno fir-mato la Carta dell’ASEAN, una Costituzione che disciplina le relazioni tra gli Stati appartenenti all’organizzazione e che rende l’ASEAN un’entità giuridica internazionale. Il 27 febbraio 2009 è stato firmato un accordo di libero scambio tra il blocco regionale di 10 Paesi dell’ASEAN, la Nuova Zelanda e l’Australia. Si sti-ma che questo ALS (Accordo di Libero Scambio) incrementerà il PIL aggregato di tutti i 12 paesi di più di 48 miliardi di dollari nel corso del periodo 2000-2020.

Di seguito una tabella riassuntiva dei principali Trattati tra Italia e Vietnam:Scambio di note costituente l’atto relativo allo stabilimento dei rapporti diplomatici. 23 marzo 1973Accordo concernente il servizio postale e il servizio di telecomunicazioni, con n. 2 Protocolli. 17 giugno 1977Scambio di note relativo a un accordo finanziario. 23 dicembre 1981Accordo sulla collaborazione economica, scientifica e tecnica. 26 dicembre 1989Dichiarazione di intenti sulla collaborazione culturale. 26 dicembre 1989Accordo per la promozione e la protezione degli investimenti, con protocollo. 18 maggio 1990Accordo di cooperazione tecnica, con annessi. 18 maggio 1990Accordo culturale. 18 maggio 1990Protocollo di cooperazione scientifica e tecnologica. 5 gennaio 1992Memorandum di intesa relativo al sistema di rifornimento idrico fluviale nella città di Ho Chi Min, con allegati.

22 settembre 1992

Accordo di consolidamento, con annessi “a” e “b” (club di Parigi del 14 dicembre 1993). 6 settembre 1994Accordo per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo aggiuntivo.

26 novembre 1996

Memorandum di intesa sui termini e le condizioni relative alla attuazione del programma di cooperazione italiano.

26 maggio 1997

Memorandum sulla cooperazione per le piccole e medie imprese. 5 ottobre 1999Accordo sulla istituzione e gestione di fondi di contropartita generati dall’aiuto bilaterale della cooperazione italiana, con n. 2 Allegati.

17 luglio 2000

Memorandum di intesa sulla cooperazione per la difesa. 24 novembre 2000Memorandum di intesa sulla concessione di un prestito per “l’estensione e il miglioramento dell’acquedotto della città di Quang Ngai – progetto”.

29 novembre 2002

Memorandum di intesa sulla concessione di un prestito per “l’estensione e il miglioramento dell’acquedotto della città di Me Linh – progetto”.

29 novembre 2002

Memorandum di intesa sulla concessione di un prestito per “l’estensione e il miglioramento dell’acquedotto della città di Ca Mau – progetto”.

29 novembre 2002

Accordo per l’esecuzione del programma di aiuto nel settore idrico a supporto della bilancia dei pagamenti del Vietnam con un finanziamento di 2.737.221,50 euro.

29 novembre 2002

Memorandum di intesa sulla concessione di un prestito per “l’ammodernamento del sistema nazionale di previsione e allarme preventivo delle inondazioni in Vietnam – prima fase”.

29 novembre 2002

Accordo concernente il “progetto per l’assistenza tecnica di supporto istituzionale per facilitare l’accesso del Vietnam alla organizzazione internazionale del commercio (OMC)”, con allegati.

29 novembre 2002

Convenzione relativa alla cooperazione in materia di adozione di minori. 13 giugno 2003Accordo per il progetto “assistenza per la creazione di infrastrutture di supporto per le piccole e medie imprese in Vietnam”.

15 marzo 200

Cambio di note modificativo dell’accordo del 29 novembre 2002, Per l’esecuzione del programma di aiuto nel settore idrico a supporto della bilancia dei pagamenti, in favore del ministero delle finanze del Vietnam, per un finanziamento di euro 2.737.221,50.

25 settembre 2007

Memorandum di intesa sul “progetto in materia di risanamento urbano di Nui Thanh – provincia di Quang Nam – (AID n. 8794”, Con annesso.

22 maggio 2009

(segue)

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Memorandum di intesa sul “progetto in materia di approvvigionamento idrico a Binh Thuan – (AID n. 8766)”, con annesso

22 maggio 2009

Memorandum di intesa sul “progetto in materia di risanamento urbano della città di Ca Mau – (AID n. 8862)”, con annesso.

22 maggio 2009

Accordo di cooperazione allo sviluppo. 12 dicembre 2009Accordo sulla cooperazione in materia di turismo. 12 dicembre 2009Accordo sulla esenzione dall’obbligo di visto per i titolari di passaporti diplomatici. 13 luglio 2010Accordo sulla conversione del debito. 13 luglio 2010Scambio di note emendativo dell’accordo del 13 luglio 2010 Sulla conversione del debito. 30 giugno 2011Scambio di note relativo a un emendamento al memorandum di intesa sulla concessione di un prestito “estensione e miglioramento dell’acquedotto della città di Quang Ngai”.

28 dicembre 2011

Scambio di note relativo a un emendamento al memorandum di intesa sulla concessione di un prestito per “l’estensione e il miglioramento dell’acquedotto della città di Ca Mau”.

27 dicembre 2011

* Dottore commercialista specializzato in fiscalità internazionale. Ha conseguito un master in economia all’Università UIBE di Pechino ed è autore di articoli e saggi su tematiche di vario genere relative agli investimenti stranieri in Asia Orientale. Vive e lavora a Shanghai, dove si occupa di diritto commerciale e tributario, seguendo gli investimenti stranieri in Cina e Sud Est Asiatico. Ricopre il ruolo di sindaco e consigliere per diversi gruppi societari ed è socio dello Studio di consulenza GWA, specializzato in Asia e Paesi emergenti. Ha pubblicato “Guida alla fiscalità di Cina, India e Vietnam” edito da IlSole24Ore ed è membro dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano, del Registro dei Revisori dei Conti in Italia, dell’accountants association del Vietnam e dell’Hong Hong Institute of CPAs in Hong Kong. Tiene seminari e convegni su economia e diritto tributario in Oriente ed è responsabile della sezione “Asia” della banca dati online “Fisco e Tasse” (Maggioli Editore)[email protected]

** Attualmente International Coordinator del progetto di cooperazione “SME Cluster Development”, gestito da UNIDO e finanziato dal MAE-DGCS, ha avuto a che fare con il Vietnam e il Sudest Asiatico dalla seconda metà del 2007.A seguito di un primo approccio sul campo in ambito accademico (ricerca per la tesi di laurea magistrale “il catching-up del Vietnam con i Paesi asiatici emergenti), ha lavorato a diverso titolo presso l’ufficio commerciale dell’Ambasciata d’Italia ad Hanoi, l’ufficio ICE di Ho Chi Minh City e presso l’ufficio Regionale della Cooperazione italiana allo Sviluppo, ufficio di base ad Hanoi ma con la copertura e responsabilità per Cambogia, Laos e Myanmar.

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QUESITI

DomandaQuali sono le novità introdotte dalla l. 97/2013 in tema di compilazio-ne di quadro RW?

RispostaCon l’art. 9 della legge n. 97/2013 sono state apportate le seguenti mo-difiche:• eliminazione delle sezioni I e III del quadro RW del modello Unico; • conferma dell’obbligo di compilazione della sezione II, dedicata

allo “stock” di investimenti, venendo meno, tuttavia, il limite di euro 10.000 al di sotto del quale prima delle modifiche non era obbligato-ria la compilazione;

• riduzione delle sanzioni dal 3% al 15% dell’ammontare degli impor-ti non dichiarati (nel caso di attività detenute in paesi “black list”, le sanzioni sono raddoppiate);

• sanzione fissa di euro 258, nel caso di presentazione del quadro RW entro 90 giorni dal termine;

• estensione degli obblighi di monitoraggio, oltre che alle persone fisi-che, agli enti non commerciali ed alle società semplici, anche ai c.d. “titolari effettivi” degli investimenti esteri, da individuarsi secondo la normativa antiriciclaggio (art. 1, comma 2, lett. u), dell’allegato al d.lgs. n. 231/2007).

Sotto il profilo sanzionatorio si precisa che, per le violazioni commes-se antecedentemente all’entrata in vigore della norma in esame (4 set-tembre 2013), dovrebbe trovare applicazione il principio del favor rei di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472/1997, secondo cui un contribuente non può essere assoggettato a sanzione per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile, e si rende applicabile la sanzione più favorevole quando la stessa viene ridotta.