fiumi e boschi ripari

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quaderni abitat

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Fiumi e boschi ripari

Q U A D ERN I H A B I TAT

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Page 3: fiumi e boschi ripari

Q U A D ERN I H A B I TAT

M I N I S TERO D EL L’ A M B I EN TE E D EL L A TU TEL A D EL TERRI TO RI O E D EL M A RE

M U S EO FRI U L A N O D I S TO RI A N ATU RA L E · C O M U N E D I U D I N E

Fiumi e boschi ripariCalme vie d’acqua e loro margini ombrosi

Quaderni habitat

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del MareMuseo Friulano di Storia Naturale - Comune di Udine

coordinatori scientifici

Alessandro Minelli · Sandro Ruffo · Fabio Stoch

comitato di redazione

Aldo Cosentino · Alessandro La Posta · Carlo Morandini · Giuseppe Muscio

"Fiumi e boschi ripari · Calme vie d’acqua e loro margini ombrosi"

a cura di Alessandro Minelli

testi di

Roberto Argano · Francesco Bracco · Ettore Contarini · Giancarlo Fracasso · Alessandro Minelli ·Giuseppe Muscio · Francesco Nonnis Marzano · Margherita Solari · Mariacristina Villani

con la collaborazione di

Ivo Pecile

illustrazioni di

Roberto Zanella

progetto grafico di

Furio Colman

foto di

Nevio Agostini 8, 21, 25, 38, 103, 104, 105, 106, 121, 131 · Archivio Museo Friulano di Storia Naturale20, 31/1, 33, 34, 37, 41, 45, 46, 47, 132 · Archivio Naturmedia 22, 123 · Francesco Bracco 39, 42 ·Marco Cantonati 28, 29 · Ettore Contarini 27, 61, 71, 74/1, 75, 77/1, 78/2, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87 ·Ulderica Da Pozzo 13 · Vitantonio Dell’Orto 16, 17, 24, 32, 43, 44, 109,110, 111, 112, 113, 114, 122,126, 138, 140 · Maria Manuela Giovannelli 73 · Francesco Grazioli 124 · Luca Lapini 107, 125 ·Sara Magrini 26/2 · Giuliano Mainardis 70, 77/2, 78/1 · Michele Mendi 48, 102, 115, 117 ·Giuseppe Muscio 11, 15, 30, 31/2, 49, 127, 128, 139 · Roberto Parodi 116, 118, 119, 120, 135, 136, 137 ·Ivo Pecile 58, 59, 60, 143, 144/2, 145 · Armando Piccinini 23, 52, 88, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98,99, 100, 101, 133, 142, 146 · Margherita Solari 150 · Fabio Stoch 50, 51, 54/1, 54/2, 57, 63, 64, 66, 68,74/2, 89, 129, 130, 141, 144/1 · Elido Turco 6, 7, 35, 40, 108, 134, 148,149 · Roberto Zucchini 26/1, 53, 55

©2008 Museo Friulano di Storia Naturale · Udine

Vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie.

Tutti i diritti sono riservati.

ISBN 88 88192 38 7ISSN 1724-7209

In copertina: Il Tagliamento (Friuli Venezia Giulia, foto Ulderica Da Pozzo)

Page 4: fiumi e boschi ripari

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7Alessandro Minelli · Giuseppe Muscio

Aspetti vegetazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17Francesco Bracco · Mariacristina Villani

Aspetti faunistici: invertebrati degli ambienti di acqua corrente . . . . . . . 51Roberto Argano

Aspetti faunistici: invertebrati degli ambienti terrestri . . . . . . . . . . . . . . . 71Ettore Contarini

Aspetti faunistici: i pesci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89Francesco Nonnis Marzano

Aspetti faunistici: i vertebrati terrestri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103Giancarlo Fracasso

Aspetti di conservazione e gestione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127Francesco Bracco · Giancarlo Fracasso · Alessandro Minelli ·Francesco Nonnis Marzano · Mariacristina Villani

Proposte didattiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143Margherita Solari

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152

Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

Indice delle specie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

IndiceQuaderni habitat

6La macchiamediterranea

24Gli habitatitaliani

12I prati aridi

18I boschimontani diconifere

2Risorgivee fontanili

3Le forestedella PianuraPadana

4Dune espiaggesabbiose

5Torrentimontani

1Grotte efenomenocarsico

8Laghi costierie stagnisalmastri

9Le torbieremontane

10Ambientinivali

11Pozze, stagnie paludi

7Coste marinerocciose

14Laghettid’alta quota

15Le faggeteappenniniche

16Dominiopelagico

17Laghivulcanici

13Ghiaioni erupi dimontagna

20Le acquesotterranee

21Fiumi eboschi ripari

22Biocostruzionimarine

23Lagune,estuarie delta

19Praterie afanerogamemarine

Page 5: fiumi e boschi ripari

■ Premessa

Le acque dolci rappresentano una fra-zione irrisoria dell’idrosfera, nonostan-te ciò il ruolo dei fiumi è fondamentalesia per quanto riguarda la vita sulnostro pianeta sia per quanto riguardal’evoluzione morfologica della litosfera.Le acque meteoriche scorrono sullasuperficie del terreno, sulla cotica erbo-sa, sulle rocce affioranti, bagnano lefoglie degli alberi per poi cadere al suo-lo; una parte di quest’acqua vieneassorbita e raggiunge la falda sotterra-nea. Il resto viene convogliato verso leaste drenanti, che già ricevono apportiidrici da sorgenti, nevai o ghiacciai cherappresentano una fonte di alimentazio-ne più o meno costante e continua. Ini-zialmente, partendo dalle quote più ele-vate, si tratta di piccoli rii, con l’alveo fortemente inclinato e ricoperto da grandimassi, con le acque che scorrono spesso impetuose. A mano a mano che siscende di quota, i rii convergono sino a trasformarsi in un’asta torrentizia dall’al-veo inciso, con una portata che varia in maniera significativa con la piovosità olo scioglimento delle nevi. Una brusca rottura di pendenza segna spesso il con-fluire in un vero e proprio alveo fluviale. Con il diminuire della quota la valle gene-ralmente si allarga, si apre e i versanti divengono progressivamente meno accli-vi, sino a giungere in pianura, dove l’alveo si presenta particolarmente largo ed ilfiume può divagare, modificando il suo percorso in funzione delle stagioni e del-l’intensità delle precipitazioni. In tutte le regioni antropizzate l’uomo ha posto for-ti vincoli ai corsi d’acqua che, altrimenti, potrebbero esondare liberamente nellapianura, spostare il loro letto, costruire continuamente un percorso diverso.Questa instabilità è legata al variare delle portate, ovvero alla quantità d’acquache attraversa una determinata sezione nell’unità di tempo.

7IntroduzioneALESSANDRO MINELLI · GIUSEPPE MUSCIO

Il greto del Tagliamento allo sbocco in pianura (Friuli Venezia Giulia)

L’impetuosità delle acque è caratteristica deitratti montani

Page 6: fiumi e boschi ripari

È facile capire come la portata di un fiume sia fortemente influenzata dallecondizioni meteorologiche e stagionali (lo scioglimento primaverile ed estivo dinevi e ghiacci alimenta alcuni fiumi in maniera significativa). Alla portata e velo-cità delle acque è legata la loro capacità di erodere materiale dal fondo o dallesponde e di trasportarlo più a valle. Le caratteristiche dell’alveo di un fiume dilunghezza significativa ci danno indicazioni sulle normali capacità di trasportodelle sue acque: in quota l’alveo presenta grandi quantità di massi e ciottolinon arrotondati, le acque scorrono spesso impetuose con forte capacità ero-siva e trasportano verso valle anche materiali piuttosto grossolani.A mano a mano che la pendenza diminuisce, si depositano materiali semprepiù fini: nel primo tratto di pianura l’alveo è generalmente caratterizzato da unsubstrato ghiaioso, con elementi ben arrotondati; le acque sono in grado dierodere solo depositi fini che trasportano poi sino all’ultimo tratto del percor-so, dove il letto è costituito, appunto, da sedimenti sabbioso-limosi, mentre leacque trasportano al mare (o in un lago) sedimenti limoso-argillosi o sabbiefini che vengono poi rapidamente depositate. Queste considerazioni valgono,ovviamente, per le condizioni di portata ordinaria, ma cambiano in terminiopposti per le fasi di magra e di piena: queste ultime possono raggiungerevalori di decine di volte superiori a quelle medie, con tutti gli effetti che neconseguono.Volendo quindi riassumere gli elementi più significativi che caratterizzano unfiume e il suo bacino, possiamo elencare:

● dimensioni e morfologia del bacino (il territorio le cui acque drenate vengonoraccolte dal fiume; il bacino imbrifero è limitato dalla linea detta spartiacque);● profilo di equilibrio (la sezione longitudinale, dalle sorgenti alla foce, con lerelative rotture di pendenza);● portata (il volume d’acqua che attraversa una determinata sezione nell’unitàdi tempo, espresso in m3/secondo);● bilancio idrico del bacino, che tiene conto della piovosità, dell’evapotraspi-razione, dell’estensione del bacino sotterraneo, ed è funzione del clima e dellecaratteristiche geologiche dell’area;● regime (il variare delle portate con le stagioni).Questo insieme di elementi spiega la variabilità di un fiume nel tempo e nellospazio: vi sono letti di magra e letti di piena, fiumi che paiono asciutti ed inve-ce hanno un elevato scorrimento idrico in subalveo. Il modificarsi continuo,anche in uno stesso punto, dei rapporti fra attività erosiva, trasporto e sedi-mentazione può portare al formarsi, ad esempio, di alvei pensili, più elevatidella pianura circostante.Fattori geologici, morfologici, climatici, biologici, ma anche antropici, condi-zionano quindi i regimi fluviali. Si possono riconoscere:● regime glaciale, riferibile a quei corsi d’acqua che sono alimentati quasiesclusivamente da ghiacciai e nevai e che, quindi, mostrano deflussi estivielevati e quasi nulli nelle altre stagioni (sono, evidentemente, tipici delle zonedi alta montagna);

8 9

Il fiume Posada (Sardegna)

G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

100 mm

50 mm

100 mm

50 mm

100 mm

50 mm

100 mm

50 mm100 mm

50 mm

100 mm

50 mm

ARNOTEVERE

PO A FERRARA

VOLTURNO

TAGLIAMENTO ADIGE

G F M A M G L A S O N D

G F M A M G L A S O N DG F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D

Il regime idrico di alcuni fiumi italiani: in blu gli afflussi e in rosso i deflussi (valori medi mensili in mm)

Page 7: fiumi e boschi ripari

● regime pluvionivale, nel quale l’ap-porto derivato dallo scioglimento delmanto nevoso, fra la tarda primavera el’inizio dell’estate, fa sì che i deflussi inquesti periodi possano essere supe-riori agli afflussi (piogge);● regime pluviale, con alimentazionelegata quasi esclusivamente alle piog-ge; l’andamento dei deflussi è moltosimile a quello degli afflussi (è un regi-me tipico dei fiumi del Meridione d’Ita-lia e delle isole maggiori);● regime di risorgiva, per i fiumi ali-mentati direttamente dalla falda sotter-ranea e quindi con ridotte variazioni dideflusso nell’anno (sono presenti nellafascia fra alta e bassa Pianura Padano-Veneta, come il Sile in Veneto e lo Stel-la in Friuli; sono stati descritti nel volu-me dedicato a Risorgive e fontanili);● regime lacuale nel quale, sia per immissari che per emissari, la presenzadi un ampio bacino lacustre svolge una funzione di moderazione sia dellepiene che delle morbide (si vedano, ad esempio, l’Adda in Lombardia e ilMincio fra Lombardia e Veneto)● regime in area di elevata permeabilità con forti perdite di acqua e quindiportate ridotte anche in caso di afflussi non modesti.Ben più complesso è definire il tipo di regime nel tratto più a valle di un cor-so d’acqua che abbia uno sviluppo significativo, in quanto diversi di questiregimi si possono fondere fra di loro.Tutte le indicazioni sinora fornite ci mostrano come il fiume sia un elementoestremamente dinamico della crosta terrestre e questa sua rapida capacitàdi cambiamento è sotto gli occhi di tutti: basta osservare un alveo fluvialeper accorgersi di come possa cambiare in pochi giorni se non in ore, le sueacque divagano, abbandonano tratti del letto per occuparne altri, creanomeandri, isolette e aree umide. Questi fenomeni divengono poi parossistici(arrecando anche danni ingenti a strutture e attività che improvvidamentel’uomo ha costruito troppo vicino ad un fiume) nel caso di eventi meteoriciestremi.Ma vi sono anche variazioni che, pur imponenti, non riusciamo facilmente adosservare. Basti pensare come, nei periodi di magra, l’acqua marina possarisalire per lunghi tratti i fiumi nel loro estuario; in alcuni casi questa risalita

1110

Un banco di sabbia emerso (Po, fra EmiliaRomagna e Lombardia)

IsonzoBrenta

Adige

Piave

Tagliamento

PoPo

Po

AddaTicino

Reno

Arno

TrontoTevere

Tirs

o

Sangro

Sele

Sal

so

Basento

TO

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PG

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ROMA

PZ

BA

RCPA

CA

VE

TS

bacino de l Po

bacino de l Tevere

linea spartiacque

bacino dell’Adige

bacino dell’Arno

I principali bacini idrografici italiani

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■ I fiumi italiani

Inserita nella fascia temperata, l’Italia presenta, esaminandola con maggioredettaglio, una grande diversità climatica, con temperature medie annue chevanno dai valori minimi delle cime alpine (spesso sotto gli 0°) ai quasi 20°dellefasce aride delle isole maggiori, una piovosità che varia dai 4000 mm annui dialcune zone delle Prealpi Giulie (Friuli) ai meno di 500 mm annui di porzioni del-la Sicilia e della Puglia, una nevosità intensa nell’area alpina. Anche dal punto divista geologico la nostra nazione è caratterizzata da una molteplicità di aspetti.Le aree alpine sono dominate da massicci che raggiungono quote significative,a oriente con una prevalenza di rocce sedimentarie, soprattutto carbonatiche, ea occidente con rilevante presenza di rocce intrusive e metamorfiche.A sud delle Alpi si sviluppa la Pianura Padana, l’unica area pianeggiante in Ita-lia di estensione significativa; la catena appenninica costituisce la dorsalepeninsulare ed i suoi massicci nella parte settentrionale sono prevalentementecostituiti da depositi terrigeni, mentre in quella meridionale ritorna una signifi-cativa presenza di depositi carbonatici e poi metamorfici. Sono queste le pre-messe per un reticolo drenante molto vario per tipologia e regime fluviale. Sipossono distinguere, in linea di massima, fiumi alpini e fiumi appenninici.I fiumi alpini sono in genere di origine glaciale, soggetti a piene primaverili edestive; presentano comunque portate significative grazie anche alla maggiorepiovosità delle aree di alimentazione. Per alcuni di questi fiumi la presenza di

13diviene estremamente significativa: fino a Roma per il Tevere e fino all’area diFerrara per il Po! Questo significa apportare acque salate a porzioni del fiumeusualmente abitate da comunità di acqua dolce.Il carattere dinamico di un fiume si riflette, quindi, anche sulle sue comunità,sui suoi habitat che si succedono con continuità dalle sorgenti alla foce,creando un ecosistema particolare con complesse interrelazioni fra l’asta flu-viale vera e propria ed il territorio circostante. I biologi hanno introdotto cosìuna schematica suddivisione fra zona delle sorgenti (crenal), zona del torren-te (ritral) e zona di pianura (potamal), settori distinguibili a grande scala ma frai quali non esiste un limite netto e, comunque, questo limite può spostarsicon il variare delle condizioni, tanto da integrare questa partizione con il River

Continuum Concept, ovvero l’idea che per tutti i parametri, sia quelli fisici chequelli biotici, il fiume vada visto come una struttura continua. Ciò non vuol dire che i tratti indicati siano omogenei, anzi! Essi mostrano signi-ficative differenze nelle portate e nella morfologia dell’alveo (compresi profon-dità, tipo di fondo, presenza di scorrimento in subalveo) ma anche nelle carat-teristiche chimico-fisiche delle acque e, ovviamente, nelle componenti bioti-che; il River Continuum Concept vuole soprattutto sottolineare l’interdipen-denza fra le diverse parti di un fiume.Il tratto montano dei fiumi è già stato oggetto di approfondimento nel volumeTorrenti montani della collana Quaderni Habitat, mentre il tratto terminale saràal centro di quello dedicato a Lagune, estuari e delta.

12

MATERIA ORGANICA

GROSSOLANA

MATERIA

ORGANICA

FINEframmentatori

pascolatori

predatori

raccoglitori

Successione delle comunità di macroinvertebrati lungo un fiume secondo il River Continuum Concept Ansa del Tagliamento (Friuli) in via di “chiusura”

Page 9: fiumi e boschi ripari

grandi laghi funge da regolatrice delle portate. La gran parte fa capo al Po, aeccezione dei fiumi veneti e friulani che sfociano nell’alto Adriatico: tutti i corsid’acqua italiani fanno capo al Mediterraneo, esclusi alcuni torrenti alpini (in par-ticolare lo Slizza nelle Alpi Giulie) che sono tributari, indirettamente, del Danubioe, quindi, versano le loro acque nel Mar Nero! I fiumi alpini nascono in areemontane dove dominano i litotipi resistenti (carbonatici, magmatici ecc.) e sonoquelli che hanno costruito (e costruiscono ancora) la Pianura Padano-Veneta.I fiumi appenninici sono generalmente caratterizzati da piene primaverili edautunnali, spesso improvvise, e da magre estive. In particolare, i fiumi dell’Ita-lia meridionale (così come quelli delle grandi isole) hanno in estate magre qua-si assolute, con brevi piene - a volte assai pericolose - in occasione di pioggeparticolarmente intense.I corsi d’acqua che sfociano direttamente in Adriatico e Jonio sono general-mente brevi, mentre sono relativamente più sviluppati quelli della sponda tirre-nica, e ciò è dovuto alla diversa morfologia dei versanti appenninici, cui siaggiunge la particolarità della presenza di valli longitudinali, come quelle checaratterizzano il tratto più elevato del Tevere. La litologia è varia, ma sono mol-to diffuse anche le rocce più erodibili, come argille ed arenarie. La presenza dialcuni massicci carbonatici piuttosto elevati (Majella, Gran Sasso, Cervati,ecc.) permette l’esistenza di importanti sorgenti carsiche che possono alimen-tare fiumi, garantendo loro una portata relativamente più costante. Mancanoinvece lungo l’Appennino ghiacciai e nevai significativi.

1514F I U M E LU N G H EZ Z A (km) P O RTATA (m3/s)

Po 652 1540Adige 410 235Tevere 405 267Adda S 313 187Oglio S 280 137Tanaro D 276 131Ticino S 248 350Arno 241 110Piave 220 135Reno 211 95Sarca-Mincio S 194 60Volturno 175 82Brenta 174 93Secchia D 172 42Tagliamento 170 92Ofanto 170 15Ombrone Grossetano 161 32Chiese S 160 36Dora Baltea 160 110Liri-Garigliano 158 120Bormida D 154 40Tirso 153 5Basento 149 12Panaro D 148 37Aterno-Pescara 145 57Imera Meridionale (Salso) 144 5Agogna S 140 16Sesia S 138 76Agri 136 20Isonzo 136 170Lambro S 130 40Flumendosa 127 22Savio 126 6Dora Riparia 125 26Taro D 125 30Serio 124 20Mannu-Coghinas 123 10Sangro 122 20Metauro 121 20Bradano 120 7

Il valore di portata media è puramente indicativo in quanto non si riferisce sempre alla foce

S = affluente di sinistra del Po D = affluente di destra del Po

L’ampio alveo, quasi sempre asciutto, del Sinni (Basilicata)Lunghezza e portata dei maggiori fiumi italiani

Page 10: fiumi e boschi ripari

■ La vegetazione delle acque fluviali

Nel fiume è in primo luogo la distribu-zione della velocità della corrente amodellare l’alveo e a condizionare ladistribuzione dei vegetali. Verso il cen-tro, la corrente più veloce destabilizzail fondale, sottoponendolo ad un con-tinuo processo di erosione e sedimen-tazione e selezionando i sedimentirelativamente più grossolani: condi-zioni sfavorevoli all’ insediamento deivegetali, così come la maggioreprofondità dell’acqua che spesso, peril carico di sedimento o per l’elevato contenuto di nutrienti, risulta torbida edimpedisce quindi la fotosintesi anche a profondità ridotte. D’altro canto, l’esi-stenza di una forte corrente incide anche direttamente sulle idrofite, solleci-tandone meccanicamente gli organi immersi fino a spezzarli o a svellere gliapparati ipogei.Lo stesso carico torbido può esercitare, sotto la spinta del flusso idrico, un’a-zione di abrasione, soprattutto delle superfici fogliari, che possono venirdistrutte o danneggiate. La vita vegetale tende quindi ad esprimersi con mag-gior ricchezza nelle fasce laterali dell’alveo, dove la corrente progressivamen-te rallenta: le piante sono esposte a minori sollecitazioni meccaniche e popo-lano acque progressivamente meno profonde. Il rallentamento della corrente,che si può annullare completamente nei seni laterali e nei rami morti, provocaanche il progressivo assottigliarsi del sedimento di fondo, in cui la deposizioneprivilegia limi, argille e, spesso, una consistente frazione organica scura.È quindi soprattutto lungo le fasce laterali dell’alveo e negli ambienti acquaticicircostanti che osserviamo uno sviluppo rigoglioso della vegetazione propria-mente idrofitica, cioè costituita da piante il cui corpo vegetativo è immersonell’acqua, o elofitica, costituita invece da piante che radicano su fondali som-mersi o inzuppati erigendo però i fusti e le foglie sopra la superficie delleacque.

17Aspetti vegetazionaliFRANCESCO BRACCO · MARIACRISTINA VILLANI

La vegetazione lungo le sponde del Sile (Veneto)

Bosco Zelata (Ticino, Lombardia) allagato

Page 11: fiumi e boschi ripari

Francesco Bracco · Mariacristina VillaniTransetti fluviali

Brenta - Pianura Veneta: 1. saliceto a salice bianco; 2. vegetazione erbacea ad asperella (Leersiaoryzoides); 3.canneto di mazzasorda maggiore; 4.vegetazione erbacea a scagliola palustre;5.vegetazione acquatica a ranuncolo a foglie capillari; 6 vegetazione erbacea a zigoli annuali

Medio corso del Po - Pianura Padana centrale: 1. saliceto a salice bianco; 2. vegetazione erbaceaad assenzio selvatico; 3. vegetazione erbacea ad assenzio dei Verlot; 4. vegetazione erbacea atopinambur; 5. vegetazione erbacea a verga d'oro maggiore; 6. vegetazione erbacea a poligoni enappola italiana

Basso corso del Merse - Toscana, versante tirrenico: 1. campo coltivato; 2. bosco a salice bianco epioppo nero; 3. saliceto a salice rosso; 4. vegetazione acquatica a brasca a foglie di poligono;5. vegetazione erbacea a cappellini comuni; 6. canneto a cannuccia di palude; 7. vegetazioneerbacea a poligoni e nappola italiana; 8. saliceto a salice rosso con tamerice maggiore; 9. vegetazioneerbacea ad assenzio selvatico; 10. vegetazione erbacea a enula cepittoni (Dittrichia viscosa)

Medio corso del Marecchia - Marche, versante adriatico: 1. bosco a cerro (Quercus cerris) e acerod'Ungheria (Acer obtusatum); 2. bosco a ontano e frassino meridionale; 3. saliceto a salice ripaiolo;4. arbusteto a ginepro e olivello spinoso; 5. vegetazione xerofila a ononide bacaja (Ononis natrix) eimperatoria di Tommasini (Peucedanum verticillare); 6. canneto con cannuccia di palude emazzasorda minore; 7. vegetazione erbacea a molinia maggiore (Molinia arundinacea)

Medio corso dell’Argentino - Calabria, versantetirrenico:1. bosco a orniello (Fraxinus ornus) e leccio(Quercus ilex);2. arbusteti termofili a mirto (Myrtus communis)e lentisco (Pistacia lentiscus);3. vegetazione erbacea primaverile effimera;4. gariga a erica multiflora (Erica multiflora) esalvia (Salvia officinalis);5. vegetazione erbacea rupicola a campanulanapoletana (Campanula fragilis);6. vegetazione erbacea pioniera degli sfasciumi acannella argentea (Achnatherum calamagrostis) eelicriso d'Italia (Helichrysum italicum);7. bosco a ontano napoletano (Alnus cordata);8. saliceto a salice ripaiolo e salice rosso;9. vegetazione erbacea a farfaraccio maggiore(Petasites hybridus);10. vegetazione muscinale delle pareti rocciosestillicidiose

18 19

1 2 3 2 4 1 5 6 5 1

1 2 4 2 5 2 3 6

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 6 2

1 2 3 4 3 6 5 3 4 17

1

2

3

4

5

6 7 9

10

8

Benché fiumi e boschi ripari costitui-scano un insieme di habitat abbastan-za ben definito, esso presenta aspettispesso differenziati sia in funzione del-la localizzazione fitogeografica dell’a-

rea che delle caratteristiche geo-idrolo-giche del fiume stesso. I transetti trac-ciati attraverso alcuni dei principali fiu-mi italiani ci danno l’idea della variabi-lità vegetazionale esistente.

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aspetto non dissimile a quello delle specie consorelle dei prati, ma di colorecomplessivamente bianco candido (l’unghia dei petali è però gialla).In tutta l’Italia settentrionale e centrale è presente il ranuncolo a foglie capillari(Ranunculus trichophyllus) con fiori bianchi di dimensioni ridotte. Questoranuncolo, a foglie capillari relativamente corte con divisioni un po’ rigide, for-ma aggruppamenti in cui domina incontrastato oppure, nella Pianura Padanacentro-orientale e sul versante adriatico della penisola, compare all’interno dicomunità plurispecifiche (Ranunculo-Sietum erecto submersi) insieme alla for-ma sommersa di sedanina d’acqua (Berula erecta) e con l’assai simile ranun-colo pennello (Ranunculus penicillatus). Nella Pianura Padana centro occiden-tale tende invece a farsi più frequente il ranuncolo fluitante (Ranunculus flui-

tans) ancora caratterizzato da fiori grandi, ma con foglie a lacinie assai più lun-ghe e morbide. Esso si accompagna ad altre entità quali ad esempio la brascanodosa (Potamogeton nodosus), le forme sommerse di veronica acquatica(Veronica anagallis-aquatica), le cui foglie ellittiche chiare contrastano vivace-mente con il colore cupo del ranuncolo, di sedano d’acqua (Apium nodiflorum)e di sagittaria comune (Sagittaria sagittifolia) nella forma vallisnerifolia a foglienastriformi (Ranunculetum fluitantis).Un altro genere che può informare l’aspetto della vegetazione delle acquerapidamente fluenti è gamberaja (Callitriche), reppresentata nella vegetazionefluviale ad esempio da gamberaja ottusa (C. obtusangula), soprattutto nellasua forma sommersa. Le sue isole spiccano per la plastica compattezza e per

Nell’acqua corrente. Dove la correntedelle acque si presenta più veloce lavegetazione si sviluppa costituendocoperture sommerse, in cui le idrofiteallungano i propri fusti secondo il ver-so della corrente, raggiungendo lasuperficie solo con gli apparati fiorali,non sempre molto vistosi, o con qual-che foglia. In genere, molti individuicrescono assieme rimanendo con lamaggior parte del corpo vegetativo

sotto la superficie. Per l’osservatore esterno, quindi, le idrofite si presentanocome masse sommerse verdi, in cui è difficile discernere i particolari di orga-nizzazione del fusto o di forma delle foglie. Specie dove la corrente è rapida el’alveo di ampiezza limitata, queste isole sommerse di vegetazione tendono adassumere forme a contorno idrodinamico, spesso con apice più ristrettosopracorrente e slargate all’estremità opposta. Al loro interno il flusso dell’ac-qua è rallentato dalla resistenza imposta dalla massa vegetale, con la conse-guenza di innescare fenomeni di sedimentazione che progressivamente eleva-no il fondale. Per questo all’interno delle isole possono venire progressiva-mente ospitate anche specie proprie delle acque più lente o addirittura dellavegetazione elofitica delle rive. Tale processo di accrescimento delle isole divegetazione e di sollevamento del fondale non è in genere destinato a proce-dere indefinitamente, in quanto la massa sommersa esercita una resistenzasempre maggiore al flusso della corrente che, se non può trovare una via disfogo laterale, tende invece a rompersi in moti turbolenti in corrispondenzadell’estremità sopracorrente. Questi moti innescano fenomeni di escavazionedel fondo e di progressiva destabilizzazione dell’isola di vegetazione, che puòvenir distrutta o drasticamente ridotta.Il veloce movimento delle acque assicura generalmente l’ossigenazione dellestesse e, pur nella condizione di elevato carico di nutrienti tipica dei corsid’acqua di scorrimento superficiale, si realizzano meno frequentemente feno-meni di proliferazione algale epifitica e di deposizione di materiali fini sugliorgani vegetativi delle idrofite.Molti ranuncoli acquatici (genere Ranunculus, sottogenere Batrachium) com-paiono caratteristicamente in questa condizione. Si tratta di piante erbaceecon foglie dal lembo finemente suddiviso in segmenti lineari più volte ramifica-ti. Il verde particolarmente scuro delle foglie e la loro forma difficilmente iden-tificabile rendono le isole di ranuncoli acquatici poco vistose salvo al momen-to della fioritura, che avviene nella stagione tardo primaverile. Sopra la super-ficie delle acque si presentano in questa occasione moltissimi fiori solitari, di

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I fiori bianchi del ranuncolo a foglie capillari (Ranunculus trichophyllus)

Sedano d’acqua (Apium nodiflorum)

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dai coltivi circostanti, alla vallisneria (Vallisneria spiralis) a dare il Potamo-Valli-

snerietum spiralis. Questa specie quindi risulta competitiva in condizioniambientali abbastanza limitanti per molte altre idrofite e si avvantaggia dellarelativa ricchezza trofica per il suo accrescimento. Il risultato è che essa arrivaa costituire aggregati molto compatti con le sue foglie nastriformi allungate,che ondeggiano nel flusso lento dell’acqua.Se nei fiumi di dimensioni medio-grandi le specie di brasca che prediligonoacque con basso tenore di nutrienti, quale ad es. la brasca a foglie di poligono(Potamogenton polygonifolius), risultano molto rare, appare invece quanto maidiffusa la brasca delle lagune (P. pectinatus), una delle idrofite di questo gene-re con più ampia valenza ecologica. Questa specie, il rappresentante piùcomune delle brasche a foglie strette, si distribuisce infatti in acque con velo-cità assai variabile ed è in grado di tollerare condizioni trofiche molto diversepur prediligendo acque con dotazione di nutrienti media o elevata (Potametum

pectinati). È nella vegetazione delle acque lente, però, che produce popola-menti particolarmente abbondanti. In questo caso le isole di vegetazione risul-tano del tutto sommerse e solo le gracili spighe di fiori appaiono alla superficiedell’acqua; l’aspetto delle isole è caratteristico per l’ordine che la correnteimpone ai fusti e alle foglie, tutte a lembo stretto e lineare e “pettinate” dal flus-so idrico. Tra le brasche a foglie strette, questa specie comune in tutta Italia èben identificabile per le foglie munite alla base di una guaina aperta ben svi-luppata. Tirando la lamina fogliare verso l’esterno, quindi, la guaina si apre

23il loro colore verde vivace (Callitriche-

tum obtusangolae). L’acqua vivace-mente corrente offre anche spazio, siapure a profondità abbastanza limitate,a coltri vegetali dominate da briofiteacquatiche, i cui fusticini, tenacementeaderenti ad substrato grossolano assaiinospite, costituiscono zolle verdi benrilevabili di vegetazione semisommer-sa o sommersa. In Italia meridionale, tra le epatiche, è

segnalata Scapania undulata con le minuscole foglioline distiche a lembo bilo-bato e ripiegato (Scapanietum undulatae), tra i muschi Rhynchostegium ripa-

rioides (Oxyrrhynchietum rusciformis). Il muschio Fontinalis antipyretica, confoglioline fortemente carenate e allineate su tre file, forma zolle vegetate som-merse ed è assai comune anche in Italia settentrionale.

Le acque a lento corso. Nei fiumi a corrente più moderata, o nelle sole fascemarginali dei fiumi con flusso idrico più veloce, compaiono comunità vegetalidove il corpo vegetativo delle idrofite, oltre ad avere sviluppo subacqueo, puòpresentare foglie a lamina galleggiante espansa. Questa conformazione risultacompetitiva nelle acque moderatamente fluenti che procurano una sollecita-zione meccanica ridotta ai fusti e alle foglie delle idrofite. In acque a lenta cor-rente la presenza di superfici fogliari galleggianti permette inoltre a questecenosi di insediarsi in acque di rilevante profondità. Un genere che ha un ruo-lo importante in questo contesto è brasca (Potamogeton), le cui specie radica-no nel fondale, mentre i fusti allungati nell’acqua portano foglie tutte sommer-se o anche galleggianti alla superficie, che ne rendono immediata l’individua-zione. A differenza dai ranuncoli acquatici, infatti, gli apparati fiorali sono mol-to piccoli, hanno involucro bruniccio e sono raccolti in piccole spighe che, aseconda delle specie, appaiono erette sulla superficie dell’acqua o rimangonoa giacere su di essa. Una prima specie è brasca trasparente (Potamogeton

lucens), dalle foglie ellittiche tutte sommerse e translucide, che frequentemen-te si associa (Potametum lucentis) a millefoglio d’acqua comune (Myriophyl-

lum spicatum). È questa un’altra comune idrofita ben riconoscibile per i verti-cilli di quattro foglie scure divise in sottili lacinie pennate, distribuiti regolar-mente ai nodi del fusto biancastro. Anche in questo caso la fioritura è pocoevidente e produce gracili spighe terminali di fiori minuscoli sopra la superficiedell’acqua. In tutta l’Italia settentrionale il millefoglio d’acqua comune si puòanche associare, in aree degradate con acque torbide soggette a riscalda-mento estivo e condizionate dall’immissione di reflui urbani o di dilavamento

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Fontinalis antipyretica

Millefoglio d’acqua comune (Myriophyllum spicatum).

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25facilmente staccandosi dal fusto intor-no al quale è normalmente avvolta.Molte altre specie compaiono in que-sto contesto, quali brasca increspata(aggruppamenti a Potamogeton cri-

spus) o brasca arrotondata (P. perfolia-

tus nel Potametum perfoliati) e anchealcune entità esotiche come le idroca-ritacee sommerse note collettivamentesotto il nome di “peste d’acqua”. Piùconosciuta e territorialmente diffusa èla peste d’acqua comune (aggruppamenti a Elodea canadensis), mentre pre-sente soprattutto nella Pianura Padana centro occidentale è invece la pested’acqua arcuata (Lagarosiphon major).

Le acque ferme marginali. Nelle zone marginali estreme dell’alveo e, piùspesso, negli ambienti lentici che il fiume crea e mantiene in continuità con ilproprio corso principale, la corrente si annulla e si riattiva solo temporanea-mente, quando le portate di morbida o di piena innescano la circolazione idri-ca collaterale. In questi ambienti, alla periferia dell’alveo o addirittura per lun-ga parte dell’anno separati da esso, in cui si conserva costante la copertura diacqua, si insedia la vegetazione delle acque ferme. Questa, a differenza delleprecedenti, tende a produrre coperture piuttosto estese di foglie galleggiantied offre anche fioriture ben osservabili e talvolta davvero vistose. L’immobilitàdelle acque scoraggia i processi di ossigenazione delle stesse e sul fondaletendono a raccogliersi le spoglie vegetali morte la cui decomposizione consu-ma l’ossigeno presente provocando condizioni asfittiche. È altresì favoritol’aumento del grado trofico delle acque cui conseguono un popolamento piùabbondante di microalghe e condizioni di maggior torbidità. Le macrofiteacquatiche tendono quindi, per garantirsi un adeguato apporto di gas e lanecessaria illuminazione, a privilegiare lo sviluppo delle superfici fogliari sullasuperficie delle acque.Le strategie più tipiche sono fondamentalmente due: quella delle idrofite nin-feidi, cioè idrofite radicanti nel fondale ma con ampie foglie sviluppate insuperficie, e quella delle pleustofite, che rinunciano a prendere contatto con ilfondale e vivono liberamente natanti o alla loro superficie, affondando le pro-prie radici unicamente nella coltre liquida.Nell’ambito della vegetazione lentica segnalata nel contesto fluviale, unacomunità importante (Myriophyllo-Nupharetum) è quella formata nell’Italiasettentrionale e centrale da nannufaro (Nuphar luteum) e da millefoglio d’ac-qua ascellare (Myriophyllum verticillatum). La prima porta alla superficie

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Le lanche sono meandri fluviali abbandonati occupati da acque generalmente ferme (Ticino, Lombardia)

Nannufaro (Nuphar luteum)

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27grandi foglie a lamina ellittica, conprofondo seno acuto in corrisponden-za dell’inserzione del lungo picciolo, eproduce fioriture vistose di fiori giallisolitari alla cui impollinazione conse-gue la produzione di grossi frutti a fia-sco. La seconda è affine al millefogliod’acqua comune, ma ha cinque o seifoglie per verticillo e una spiga termi-nale in cui i fiori crescono all’ascelladi foglie solo un po’ ridotte rispetto aquelle normali.Questa fitocenosi popola le acqueeutrofiche e qui si compenetra con lecomunità costituite dalle pleustofiteliberamente galleggianti. Tra questeultime, la piccola lenticchia d’acquacomune (Lemna minor) è la specieubiquitaria nel nostro paese. Essa ècaratterizzata dalla piccolissima fron-da ovale galleggiante completata daun sottile filamento radicale, che si

diparte dalla superficie inferiore. Della stessa famiglia (lemnacee) è la lentic-chia d’acqua maggiore (Spirodela polyrhiza) dalla fronda circolare di dimen-sioni un po’ maggiori munita di un ciuffo di filamenti radicali. Ovviamente talicomunità (aggruppamento a lenticchia d’acqua comune ad es.) si giovanoper il loro sviluppo della ricchezza di nutrienti delle acque, ma sono abba-stanza instabili, in quanto si trovano in balia dei movimenti superficiali delleacque dovuti al vento.Associata alle precedenti (Salvinio-Spirodeletum polyrhizae) può essere anchel’erba pesce (Salvinia natans), vistosa felce galleggiante con numerose coppiedi foglie ovate allineate sul rizoma filiforme. Tra le specie non radicanti è fre-quente anche ceratofillo comune (Ceratophyllum demersum), una pianta chevive del tutto immersa e che è caratterizzata dalle foglie divise dicotomica-mente due volte in lacinie denticolate. Le foglie sono presenti ai nodi in nume-ro maggiore o uguale a quattro e l’aspetto complessivo è quello di uno scovo-lo ramificato la cui consistenza è generalmente rude per la mineralizzazionedell’epidermide. Questa pianta, che non differenzia mai vere radici e solo inqualche caso prende contatto con il fondale utilizzando alcune foglie prive diclorofilla, può comunque produrre notevoli ammassi sommersi (aggruppa-mento a ceratofillo comune), anche in condizioni limitanti in quanto sopporta

elevata torbidità dell’acqua, basseintensità luminose e anche il riscalda-mento estivo della stessa.Nelle acque ferme pulite la gamberajaottusa, nella sua forma tipica, generaisole di dimensioni maggiori in cui laspecie riesce a raggiungere la super-ficie dell’acqua presentando le carat-teristiche rosette di foglioline a lemborombico-spatolato. Tra esse è possi-bile anche osservare i minuscoli fiorimaschili ridotti a singoli stami a fila-mento bianco e antera gialla, mentrerimangono sommersi all’ascella dellecoppie di foglie sottostanti i piccolis-simi fiori femminili, costituiti dall’ova-rio sormontato dai due stimmi fila-mentosi.Anche una specie di brasca evade dalcontesto più tipico di questo genere esi afferma con successo nelle acquestagnanti fluviali di tutta Italia: si trattadella brasca comune (Potamogeton natans) nella sua forma tipica (aggruppa-mento a brasca comune). Per quanto concerne le foglie, solo quelle inizialinastriformi sono sommerse e in acque immobili sono destinate a degenerareprecocemente, mentre quelle definitive, a lembo ellittico e un po’ coriaceo,galleggiano in superficie portate da piccioli allungati. Nelle acque ferme pre-senti in fregio ai corpi fluviali di tutta la Pianura Padano-Veneta-Friulana com-pare ancora la castagna d’acqua (Trapa natans), specie definita idrotermofilae distribuita in tutto il vecchio continente e in particolare nell’Europa centro-meridionale (Trapetum natantis). Il suo aspetto estivo è quanto mai caratteri-stico: grandi rosette di foglie rombiche di dimensione progressivamente cre-scente verso la periferia che galleggiano, costituendo coperture fittissimeanche su estensioni di molti ettari. Il galleggiamento è assicurato dai picciolifogliari dilatati e ricchi di spazi aeriferi mentre il nome popolare di castagnad’acqua è giustificato dalla forma e dalla consistenza del frutto edule. Questoa maturità si presenta assai indurito e munito di quattro cornetti pungentiderivanti dall’accrescimento dei sepali. La consistenza è tale da permettere lasua conservazione quando viene sepolto nei sedimenti di fondo, fino a forni-re reperti semifossili ben riconoscibili, cosa non frequente per le piante erba-cee e acquatiche in particolare.

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Castagna d’acqua (Trapa natans)

Brasca comune (Potamogeton natans)Lenticchia d’acqua comune (Lemna minor)

Erba pesce (Salvinia natans)

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Francesco Bracco · Mariacristina VillaniLe alghe

Nei fiumi, oltre alle macrofite acquatichesono presenti anche alghe di dimensionimolto ridotte, per cui risultano difficil-mente osservabili individualmente, men-tre sono facilmente percepibili sotto for-ma di ammassi filamentosi, feltri, patineincrostanti o, semplicemente, colorazioniverdastre delle acque.Molte specie algali dei fiumi vivono libe-ramente sospese nelle acque (fitoplanc-ton), altre (periphyton) vivono a contattocon il substrato, sia questo costituito dasedimenti di fondo fini (alghe epipeli-che), da ciottolame più o meno grosso-lano (alghe epilitiche) o addirittura damacrofite acquatiche (alghe epifite).Il fitoplancton è per lo più confinatonegli ambienti lentici del corso fluviale oimmediatamente confinanti con essoquali lanche, meandri e morte. Doveinvece la corrente è marcata, la quantitàdel fitoplancton è molto limitata ed èsignificativo invece il perifiton, che ha ilruolo fotosintetico più importante.Gli organismi planctonici delle acquecorrenti costituiscono un “carico biolo-gico trasportato” e sono costituiti damicroalghe provenienti dalle acquelacustri, dalle insenature e lanche conacque più o meno ferme. Il corteggiofloristico tende ad essere costituito daspecie cosmopolite, cioè a distribuzionegeografica molto ampia, solo poche

specie sono esclusive di ambiti geogra-fici limitati.Il fitoplancton è dominato da alghe verdidella famiglia Desmidiaceae e soprattut-to da diatomee, tra cui particolamenteimportanti quelle dei generi Asterionella,Navicula e Melosira.Tra le alghe del periphyton vi sono algherosse di piccole dimensioni (ad es. deigeneri Lemanea e Hildebrandia), algheverdi filamentose (comuni i generi Cla-dophora e Ulothrix), cianobatteri fila-mentosi (genere Oscillatoria) e ancoradiatomee dei generi Diatoma e Synedra.Questi due ultimi gruppi tendono a pre-valere sui fondali costituiti da sedimentilimosi. Alghe epilitiche di forte correntesono invece più tipiche del tratto supe-riore torrentizio dei fiumi, con diatomeeche formano fiocchi giallo bruni sullepietre sommerse (generi Diatoma e Meri-dion), alghe rosse macroscopiche qualiBatrachospermum moniliforme e ciano-batteri filamentosi (Nostoc verrucosum,Phormidium autumnale, P. incrustatum eScytonema myochorus).Spostandosi verso valle, il popolamentoalgale diviene più abbondante, sia quan-titativamente che per numero di organi-smi coinvolti. Sono importanti le algheverdi filamentose come Cladophora glo-merata e la xantoficea Vaucheria gemi-nata, che costituiscono vegetazioni alga-

li insieme a numerose specie di diato-mee. Nel tratto terminale a lento corsodei fiumi la vegetazione algale ha molteanalogie con quella dei laghi. Qui sonopresenti soprattutto cianobatteri (genereOscillatoria), diatomee dei generi Nitz-schia e Navicula, alghe flagellate delgenere Euglena e alghe verdi, ad es. leforme unicellulari del genere Chlorella.Nelle acque lente del corso inferiorepossono anche comparire le caroficee(generi Chara e Nitella), alghe verdimacroscopiche a tallo complesso e rami-ficato, ancorate al substrato medianterizoidi filamentosi.I popolamenti algali sono in generaleabbastanza instabili, per il forte condi-zionamento dovuto alla variabile velocitàdelle acque, per la correlazione con laciclicità stagionale e per i possibili feno-meni di predazione da parte degli orga-nismi erbivori.In genere, in inverno tendono a prevalerele diatomee dei generi Navicula e Diato-ma, mentre in primavera si aggiungono aqueste alghe verdi filamentose dei gene-ri Oedogonium e Cladophora. In estateassumono spesso un ruolo importante icianobatteri, ad es. del genere Oscillato-ria, e alghe verdi della famiglia Desmidia-ceae.La presenza delle microalghe è anchefortemente legata alle condizioni di inqui-

namento e di disponibilità di nutrienti del-le acque.In acque fortemente inquinate da scarichiurbani prevalgono i cianobatteri (generiOscillatoria e Lyngbya) cui si associanopoche diatomee e alghe verdi. Con ilprocedere del naturale processo di auto-depurazione, che implica la decomposi-zione in sali minerali delle sostanze orga-niche in sospensione, le prime a ricom-parire sono le diatomee Nitzschia eGomphonema e la cloroficea Stigeoclo-nium.Solo successivamente, con ulterioremiglioramento della qualità delle acque,fanno nuovamente la loro comparsa dia-tomee come Cocconeis e cianobattericome Chamaesiphon.Anche le condizioni di eccessiva dispo-nibilità di nutrienti (eutrofia) sono fre-quenti e comportano un grandissimosviluppo delle microalghe che risultanofertilizzate dall’abbondanza di sali difosforo e azoto. Il risultato è la costitu-zione di grandi ammassi algali, ad es. diCladophora glomerata o di Stigeoclo-nium tenue, che possono dare effettinegativi per l’intensa respirazione not-turna, per l’alcalinizzazione delle acquecausata dalla fissazione dell’anidridecarbonica delle acque dovuta alla foto-sintesi e per il notevolissimo carico dimateria organica morta che ne deriva.

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Hildebrandia Hildebrandia rivularis (circa 2000x) Phormidium autumnale (circa 1000x)Batrachospermum (circa 200x)

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■ Vegetazione elofitica ripariale

Ai margini estremi delle acque persi-stenti, ferme e correnti, si sviluppanoin maniera variamente discontinuacoperture di limitata statura di elofitecome il crescione d’acqua (Nasturtium

officinale), il sedano d’acqua, la veroni-ca acquatica, la beccabunga (Veronica

beccabunga) e le specie di coltellaccio(appartenenti al genere Sparganium) edi gramignone (appartenenti al genereGlyceria).Queste preludono alle vegetazionipalustri di transizione formate daipopolamenti compatti di elofite di ele-vata statura, i “canneti” in sensoampio, con specie quali cannuccia dipalude (Phragmites australis), grami-gnone maggiore (Glyceria maxima),mazzasorda maggiore (Typha latifolia)e altre congeneri.La cannuccia di palude si dimostraparticolarmente plastica, sfruttandooltre agli habitat primari (zone palustriin fregio alle acque ferme e correnti)anche gli ambienti secondari dovutialle attività umane (margini di areetransitate, aree golenali spogliate o rimaneggiate, argini). In genere presen-ti nei tratti planiziali dei fiumi, in vicinanza della foce, con acque a lentoscorrimento, i fragmiteti possono coprire anche aree molto estese, costi-tuendo una componente importante del paesaggio vegetale. Floristicamen-te poveri, i canneti costituiscono popolamenti molto densi e di notevole svi-luppo verticale. Sono sicuramente la vegetazione elofitica più diffusa nelnostro territorio.Nelle bassure umide più marcatamente interrate, alle spalle dei canneti o iso-late in depressioni della piana fluviale, sono presenti in modo spesso soloresiduale le comunità di grandi carici palustri che formano coperture erbaceea tappeto come carice tagliente (Carex acutiformis) o cespitose quali ad es.carice falso cipero (C. pseudocyperus), carice pannocchiata (C. paniculata),carice spondicola (C. elata).

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Beccabunga (Veronica beccabunga)

Cannuccia di palude (Phragmites australis)

Vallisneria (Vallisneria spiralis)

La vallisneria (famiglia Idrocaritacee) èuna delle idrofite dei fiumi più notevoliper la raffinatezza della sua biologia,più che per l’aspetto vegetativo. Que-sta pianta, infatti, è costituita da ungrosso cespo di lunghe foglie linearinastriformi di colore verde cupo, rac-colte in una rosetta basale.Le foglie, caratteristicamente riconosci-bili perché il loro apice acuto risulta fine-mente denticolato sui margini, si allun-gano secondo il verso della corrente erimangono sommerse disponendosiobliquamente nell’acqua. In virtù dellabuona capacità di riproduzione vegeta-tiva dovuta allo sviluppo di stoloni dalbreve fusto infisso nel fondale, in generepiù cespi si presentano vicini gli uni aglialtri costituendo fitte coperture som-merse, capaci di svilupparsi anche inacque caratterizzate da carico troficoelevato, da frequente torbidità e da tem-perature abbastanza alte.Se quindi il suo aspetto vegetativo èinsolito, ma tipico di una idrofita diacqua corrente, la sua riproduzionesessuale è invece un processo mirabilee complesso. Si tratta innanzitutto diuna pianta dioica in cui fiori maschili efemminili vengono prodotti da individuidiversi, su cui si sviluppano alla basedelle rispettive piante. I fiori femminilisono solitari e vengono portati da unlungo peduncolo, all’inizio però assaibreve perché strettamente ravvolto aspirale e contenuto in un involucrotubuloso. All’apice del peduncolo, il fio-re ha simmetria ternaria: tre tepaliesterni rossastri, tre minuscoli tepaliinterni bifidi e un ovario cilindrico moltoallungato e terminato all’apice da trestimmi petaloidi. I fiori maschili sonomolto piccoli, anch’essi a simmetriaternaria, con due verticilli di tre tepali etre stami molto divergenti.I fiori maschili sono portati in grandenumero su un asse ingrossato e tuttoquesto complesso (spadice) è racchiu-

so all’interno di una brattea e portatoall’apice di un breve peduncolo.Al raggiungimento della maturità ripro-duttiva, l’involucro del fiore femminile sirompe, il peduncolo spiralato si svolgeraggiungendo una lunghezza notevoleche permette al fiore stesso di giungerea galleggiare alla superficie dell’acqua.Tra le foglie lineari della vallisneria sidistinguono allora chiaramente i lunghipeduncoli fiorali chiari e sottili cheancora manifestano, con un’ondulazio-ne più o meno distinta, la precedentedisposizione spiralata. Contempora-neamente, la spata che avvolge l’infio-rescenza maschile si fende e i singolifiori staminiferi si distaccano, in numeromolto elevato, dall’asse dello spadicemuovendosi liberamente nell’acquasino a giungere a galleggiare alla super-ficie ove il perigonio si apre esponendoi tre stami. La corrente trasporta i fiorel-lini maschili sino a che questi vanno adurtare con le antere mature i grandistimmi dei fiori femminili deponendovi igranuli di polline. Avvenuta l’impollina-zione, il peduncolo del fiore femminile sicontrae nuovamente a spirale trasci-nando il fiore presso la base della pian-ta ove la maturazione del piccolo fruttocarnoso indeiscente e del seme puòavvenire in un ambiente protetto.

Francesco Bracco · Mariacristina Villani30

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ziale, con farnia e carpino bianco, cheeffettivamente è ormai svincolato daldinamismo fluviale. Questo schemariassume e semplifica una realtà moltopiù complessa, nella quale i fattori checondizionano l’espressione della vege-tazione sono essenzialmente la portatae la velocità della corrente, che varianodurante le stagioni e portano alla depo-sizione di strati sovrapposti di materialia granulometria diversa. Ad essi siaggiunge il rimodellamento delle rivead opera della corrente, con fenomenidi erosione e sedimentazione che gra-dualmente ma incessantemente modificano il corso fluviale e la vegetazioneriparia. Purtroppo la sequenza dei diversi stadi vegetazionali è rinvenibile solosporadicamente nel contesto dei grandi fiumi della pianura, perché le opere direttificazione e di canalizzazione degli alvei e gli innumerevoli interventi lungo lafascia perifluviale hanno “espropriato” al fiume le zone di sua pertinenza ridu-cendo il corridoio fluviale ai pochi metri adiacenti le sponde.Non esiste un unico schema che permetta di modellizzare la progressione deitipi di vegetazione dell’ambiente ripario, ma in ambiti geografici e geomorfologi-ci diversi partecipano al disegno del paesaggio componenti diverse. In tutti icasi comunque un ruolo di primo piano è assunto dai salici (genere Salix), grazieall’adozione di specifici adattamenti che alcune sue specie hanno evoluto inrisposta alla variabilità del bilancio idrico che si realizza negli ambienti fluviali. Ifrequenti e prolungati periodi di sommersione possono instaurare nel suolo con-dizioni anossiche, cioè di carenza di ossigeno, che sono dannose per gli appa-rati radicali, perché inducono alterazioni del metabolismo con produzione disostanze tossiche, dannose per la pianta. I salici superano questo inconvenien-te grazie a sistemi che potenziano l’approvvigionamento di ossigeno e l’elimina-zione dei cataboliti, come ad esempio la presenza di lenticelle alla base delfusto, l’emissione di radici avventizie o l’adozione di vie metaboliche alternativeche coinvolgono specifici sistemi enzimatici e non generano etanolo o altre tos-sine. Al contrario, nei periodi di magra, i saliceti ripariali devono riuscire a supe-rare periodi più o meno prolungati di carenza d’acqua. La scarsa disponibilitàidrica crea problemi alle piante, che rischiano di non essere in grado di compen-sare la perdita d’acqua che avviene per traspirazione dalle foglie con un assor-bimento radicale adeguato. Una tattica potrebbe essere quella di impermeabi-lizzare la superficie fogliare, ma in questo caso si introduce una complicazioneulteriore, perché qualsiasi strategia che limiti l’uscita di vapore blocca anche l’in-

33■ La vegetazione legnosa ripariale

Nelle situazioni in cui le fasce riparie non siano state pesantemente alterate dal-l’attività dell’uomo si può ancora ritrovare la caratteristica e naturale seriazionedella vegetazione, di cui le formazioni legnose costituiscono l’espressione piùcomplessa. Si tratta di cenosi azonali, condizionate cioè non tanto dal clima odalla posizione geografica, ma dal regime delle acque. A mano a mano che ci siallontana dall’alveo attivo, si susseguono aspetti forestali differenti, in rispostaalle diverse modalità e intensità con cui si realizza il condizionamento da partedelle correnti e degli eventi di piena, fino al completo affrancamento dalle dina-miche fluviali. Secondo un modello classico proposto da Mayer nel 1974 per lazona alpina orientale, lungo un ipotetico transetto (vedi scheda a pgg. 18-19)che si sviluppi dal fiume alla piana alluvionale si incontra dapprima il bosco “alegno tenero”, le cui componenti principali sono salici e pioppi, specie conlegno a basso peso specifico, da cui la denominazione “tenero”. Questo com-prende le prime formazioni arboree che si incontrano al di sopra del livellomedio di portata della stagione estiva, cenosi che sono frequentemente inte-ressate dalle esondazioni in occasione delle piene. Ad esse segue il “boscogolenale a legno duro”, sopra il livello di massima normale, alimentato dalleacque di falda durante la stagione secca e inondato solo occasionalmente, allacui composizione partecipano specie che forniscono legname più pregiato:olmo, farnia e frassino maggiore. Infine, il transetto si chiude con il bosco plani-

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Bosco golenale, allagato in occasione di una piena, circondato da acque in parte ghiacciate

Salicone (Salix caprea)

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Il salice rosso, che deve l’appellativo specifico all’intensa colorazione rosso-purpurea dei rami del primo anno, partecipa alla composizione di più forma-zioni, accompagnandosi ad un corteggio floristico diverso a seconda dellecondizioni climatiche, edafiche e geomorfologiche.Un’altra categoria di arbusteti ripariali pionieri (Salicetum triandrae) è quelladominata dal salice da ceste (Salix triandra) presente in tutto il territorio, su allu-vioni sabbiose o limoso-argillose. Fisionomicamente si presenta come una fittaboscaglia, alta pochi metri, nella quale alla composizione dello strato erbaceopartecipano specie ricorrenti sui greti scoperti quali nappola italiana (Xanthium

italicum), forbicina comune (Bidens tripartita), crescione austriaco (Rorippa

austriaca) e cappellini comuni (Agrostis stolonifera). Dal punto di vista dinamicoquesta formazione prelude al più maturo saliceto a salice bianco. Come moltealtre comunità riparali, la diffusa regimazione operata dall’uomo ha comportatoun’alterazione profonda degli ambienti fluviali e una contrazione degli spazi concaratteristiche idonee all’espressione di questo tipo di vegetazione. Su suoli più fini, minerali o organici, può invece assumere ruolo dominante ilsalice cenerino (Salix cinerea). Presente anche in aree paludose, stagni eacquitrini, si associa a frangola comune (Frangula alnus) e ontano nero (Alnus

glutinosa) formando dense boscaglie, in corrispondenza di anse o spondebasse, che rimangono sommerse anche per lunghi periodi.La specie arborea di salice più diffusa e caratteristica dell’ambito fluviale èsalice bianco (Salix alba) che costituisce, con ruolo univocamente dominan-

gresso dell’anidride carbonica, neces-saria allo svolgimento del processofotosintetico. La lamina perciò vienerivestita di cere, ma solo parzialmente,soprattutto sulla pagina inferiore dellafoglia. I materiali idrorepellenti depostiin forma di lamelle sopra la cuticola noncoprono le aperture stomatiche e inquesto modo non bloccano gli scambigassosi nè interferiscono con la foto-sintesi. Queste secrezioni conferisconoa molte specie di salici la caratteristicacolorazione biancastra delle foglie. Tal-volta il colore chiaro delle foglie è dato

non dal rivestimento ceroso, ma piuttosto dai peli sericei, o tricomi, che forma-no un fitto feltro, con funzione analoga alle cere. Le chiome di salice bianco(Salix alba) o le foglie vellutate di salicone (Salix caprea), con i densi peli arriccia-ti, sono fra gli esempi più caratteristici. Nei salici infine compare un peculiareadattamento anatomico-funzionale, ancora finalizzato al controllo del bilancioidrico: alcune cellule dell’epidermide della foglia si trasformano in “cellule amucillagini” , nella parete delle quali sono depositate importanti quantità disostanza mucillaginose, in grado di assorbire e trattenere acqua.Consorzi ripariali pionieri, a struttura arbustiva, si formano in genere sui gretisassosi o ghiaiosi, sui depositi di materiale che in alveo originano isole allun-gate, o lungo le sponde, in condizioni in cui le marcate oscillazioni del livelloidrologico possono comportare l’alternanza di periodi prolungati tanto di sic-cità che di sommersione. Gli arbusteti pionieri prendono vita da frammenti dirami strappati nelle fasi distruttive di piena, capaci di radicare rapidamente,depositati, frammisti ai sedimenti, quando la velocità di corrente e la capacitàdi trasporto diminuisce. Possono rappresentare espressioni effimere, se ven-gono distrutti dalle nuove piene, ma in genere prontamente si riformano sel’assetto geomorfologico non viene alterato. Fra le specie arbustive più frequentemente coinvolte sia in ambito alpino epadano che lungo la catena appenninica sono salice ripaiolo (S. eleagnos) esalice rosso (S. purpurea). Il salice ripaiolo in particolare può raggiungereanche portamento arboreo costituendo boscaglie ripariali in cui risulta l’entitàdominante. È rappresentato soprattutto lungo il corso superiore dei fiumi, susubstrati ghiaiosi o sabbioso-ghiaiosi, dove la falda subisce marcate oscilla-zioni di livello determinando periodi di siccità anche molto prolungati (Salice-

tum eleagni). Non manca tuttavia neppure nel tratto planiziale di alcuni fiumi,dove edifica boscaglie igrofile a contatto con i saliceti a salice bianco.

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Salice rosso (Salix purpurea)

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Vegetazione riparia a salici e pioppi

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37te, buona parte dei boschi e delleboscaglie ripariali in tutto il territorioitaliano. Predilige terreni sciolti, consabbie fini o limi, accompagnatospesso, nelle stazioni più pioniere, dalsalice da ceste. Un tempo, il salicebianco era un elemento costante delpaesaggio agrario, coltivato in filarilungo i fossati e, per tradizione, perio-dicamente capitozzato. In particolareera diffusa la varietà vitellina, dai ramigiovani giallo-dorati molto flessibili,usati come legacci per le viti o per laproduzione di vimini.Soprattutto nei tratti in cui la riva sia investita direttamente dalla corrente, ilsaliceto è preceduto da formazioni arbustive, costituite da salici di piccolataglia, ancorati per mezzo di radici tenaci. Essi si piegano grazie ai tronchi fles-sibili se il flusso è forte e le sollecitazioni meccaniche pesanti. Dominano lacorrente, che viene rallentata durante il passaggio dal fitto intrico di rami e gio-vani fusti, di conseguenza si depositano i materiali di natura diversa che il fiu-me trasporta. Dietro a questa prima linea, fra i salici ancora a portamentoarbustivo, ma più alti, compaiono i primi esemplari arborei e infine si sviluppapienamente il bosco di salice bianco.I tipici saliceti a salice bianco (Salicetum albae) sono fitocenosi a rapido svi-luppo, che rimangono vitali se continuamente soggette alla periodica azionediretta del fiume che li esonda regolarmente e impone loro un carattere più omeno marcatamente pioniero e instabile. Gli effetti più evidenti dell’impattodelle inondazioni sono gli sradicamenti degli esemplari su cui incide più diret-tamente l’ondata di piena e il rimodellamento della superficie, con la forma-zione di profonde solcature lungo le linee preferenziali di deflusso. La struttu-ra di queste cenosi perciò raramente è continua e spesso l’aspetto comples-sivo è quello di un mosaico costituito da tessere di saliceto legate da porzio-ni più o meno estese di vegetazione erbacea. Il sottobosco comprende ovvia-mente entità igrofile quali scagliola palustre (Typhoides arundinacea), fienaro-la palustre (Poa palustris) o grandi carici, accanto a specie annuali pioniere disuoli fangosi ricchi di nutrienti comprendenti poligoni e forbicine (generi Poly-

gonum e Bidens). Di frequente si incontrano popolamenti misti di poligonomite (Polygonum mite) e pepe d’acqua (P. hydropiper). La disponibilità disostanze azotate e fosfati, portati dall’acqua durante le piene, favorisce lacrescita di specie nitrofile, che raggiungono dimensioni atipiche grazie all’ele-vata fertilizzazione: non sono rari fitti e impenetrabili popolamenti di ortica

I salici (Salix)

I salici (famiglia Salicacee) sono speciearboree o arbustive dioiche, cioè a ses-si separati: i fiori maschili e quelli fem-minili, riuniti in infiorescenze ad amen-to, sono portati su piante distinte. Inentrambi i sessi il fiore è minuscolo epoco appariscente, privo di petali colo-rati e con il calice trasformato in duemicroscopiche ghiandole contenentinettare. Nei fiori femminili gli ovari sitrasformano in capsule piriformi al cuiinterno maturano piccoli semi a formadi bastoncino, con un collare di peli chene aiuta la diffusione, affidata al vento. Itessuti di rivestimento del seme sonosottili, perciò assorbono acqua facil-mente: appena depositati sul terreno,se trovano le condizioni favorevoli, pos-sono dare inizio ai processi di germina-zione, facilitati anche dalla presenza diclorofilla nei cotiledoni, che conferisceloro immediata capacità fotosintetica.Il carattere eliofilo e la mancanza di quie-scenza sono caratteristiche ecologiche

utili per la conquista dei greti di neofor-mazione, spazi aperti e soleggiati neiquali i primi protagonisti sono proprio gliarbusteti pionieri di salici, appartenenti aspecie diverse secondo l’ambito geo-grafico. In alcune specie, tuttavia, il pro-cesso riproduttivo avviene per lo più permoltiplicazione vegetativa, compensan-do la rapida perdita della capacità ger-minativa del seme. L’emissione di pollo-ni radicali o la rigenerazione per taleaconsente ai salici, in natura, di superareattivamente e con rapidità gli effettidistruttivi legati agli eventi di piena, chespesso scalzano e atterrano individuiarborei. Non è necessario attendere laproduzione di semi nella primavera suc-cessiva, ma già dopo qualche mese inuovi getti a crescita rapida possonosostituire funzionalmente la pianta origi-naria. La facilità di propagazione è unadelle caratteristiche che rende i saliciparticolarmente apprezzati nel campodell’ingegneria naturalistica.

Mariacristina Villani · Francesco Bracco36

Salix alba

Salix triandra

Salix elaeagnosSalix pedicellata

Foglie e infiorescenze di alcune specie di salici

Salice bianco (Salix alba)

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foglie a lamina allargata sottraggono laluce ai vegetali che sono coperti e necausano la morte.Più piacevoli a vedersi, anche secomunque con effetto negativo neiconfronti delle specie autoctone, sonole invasioni delle balsamine (genereImpatiens), di origine asiatica: di taglianotevole, superano il metro di altezza,balsamina ghiandolosa (Impatiens

glandulifera) e balsamina di Balfour (I.balfourii), che con i loro fiori porporini,prolungati in uno sperone curvo, dan-no un tocco cromatico al sottoboscodei saliceti all’inizio dell’estate. Di dimensioni più modeste sono balsaminacoltivata (I. balsamina) e balsamina minore (I. parviflora), che condividono lostesso habitat delle congeneri. Nelle balsamine è caratteristico il meccanismodi disseminazione: se la capsula è matura al più lieve e casuale contatto esplo-de e lancia lontano i semi. Altra esotica lianosa del sottobosco, meno diffusadelle precedenti, è una fabacea che riporta nel binomio latino la sua prove-nienza: glicine tuberoso (Apios americana). Fra le specie legnose che causano“inquinamenti floristici” nelle golene fluviali le più comuni sono acero americano(Acer negundo), indaco bastardo, buddleja, robinia (Robinia pseudacacia).Frequenti ospiti dei saliceti sono le specie di pioppo, pioppo nero (Populus

nigra) in primo luogo, che possono costituire consorzi misti o anche conser-varsi e affermarsi in ambito padano quali dominanti sui terrazzi intermedi inposizione lievemente più elevata rispetto ai saliceti. Il pioppo nero colonizzaanche i greti asciutti dei principali fiumi italiani (Po, Adige, Brenta, Tagliamento,Piave, ecc.) ed è frequente anche in contesti diversi dagli ambiti fluviali, perchéusato, soprattutto la forma cipressina, in filari e bordure di viali, strade e cana-li. In ambito montano sono inoltre presenti vegetazioni arbustive e arboreecaratteristiche.Anche se ormai sono piuttosto rari, gli arbusteti pionieri a salici e tamericealpina (Salici-Myricarietum) rimangono un elemento importante della biodiver-sità cenotica lungo il corso dei fiumi alpini sino all’alta pianura. Connotati dallapresenza della tamerice germanica, associata a salice rosso, occupano sub-strati sabbioso limosi che vengono occasionalmente inondati.Carattere pioniero è manifestato anche dall’arbusteto a olivello spinoso (Hip-

pophae rhamnoides), legato ai greti di granulometria grossolana e al forte dina-mismo dei corsi d’acqua montani. È frequente nelle valli delle Alpi interne (Sali-

ci-Hippophaetum rhamnoidis), in alta Valtellina e indicato in diverse stazioni

(Urtica dioica) con fusti erbacei alti anche due metri. Se l’influenza delle pieneviene a mancare, a causa di modificazioni geomorfologiche naturali o antropi-che, si innesca un processo evolutivo che porta a stadi successionali caratte-rizzati dalla senescenza dei salici, cui consegue la rarefazione della coperturaarborea e la penetrazione di entità soprattutto arbustive, più mesofile, come ilsambuco nero (Sambucus nigra).Una delle componenti più vistose dei saliceti è costituita dalle specie rampi-canti, fra cui le più diffuse sono luppolo (Humulus lupulus), brionia comune(Bryonia dioica), dulcamara (Solanum dulcamara) o la legnosa edera (Hedera

helix). Particolarmente imponenti sono le coperture realizzate da specie esoti-che, estranee alla nostra flora, che nel contesto fluviale paiono trovare l’am-biente idoneo alla loro espressione. Non di rado nelle golene del Po si incon-trano enormi festoni di sicio (Sicyos angulatus), che rivestono completamenteesemplari arborei di salice bianco. Questa specie, appartenente alla famigliadelle cucurbitacee, proviene dall’America settentrionale e manifesta la suainvadenza soprattutto nei saliceti con struttura discontinua, nei quali l’abbas-samento della falda o l’impeto della piena ha causato la moria di parecchi sali-ci e la conseguente apertura di radure soleggiate. In queste situazioni la liano-sa avanza sul terreno ricoprendo tutto quello che incontra e, quando giunge acontatto con arbusti o alberi vi si avvinghia con i cirri ramosi di cui è dotata ecresce in verticale, creando velocemente giganteschi e impressionanti ten-daggi verdi che evocano le coltri di epifite delle foreste tropicali. Le numerose

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Balsamina ghiandolosa (Impatiens glandulifera)

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Bosco ripario con querce e salici (Emilia Romagna)

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lungo il Piave, il Tagliamento e affluenti.È presente anche in ambito appennini-co con una connotazione floristicacaratteristica. L’olivello spinoso è unarbusto contorto dai rami spinescenti,con foglie sottili coperte da un tomentoargentato sulla pagina inferiore, chericordano quelle di alcuni salici. I frutticommestibili, simili a piccole drupe dicolor arancione, permangono sullapianta per tutto l’inverno. Questa entitàmarcatamente steppica e xerofila siaccompagna ad un corteggio floristicopovero, cui partecipano salici e specieerbacee in grado di sopportare i prolungati periodi di siccità estiva che interes-sano i terrazzi situati al di sopra del livello delle piene.Gli arbusteti pionieri a olivello spinoso, le cenosi a salice ripaiolo e a tamericealpina condividono il contingente floristico, nel quale assumono ruoli quantita-tivamente dominanti elementi diversi in contesti diversi; dal punto di vistadinamico risultano tutti legati all’ontaneta ad ontano bianco (Alnus incana), ter-mine successivo della serie evolutiva.Come nella vegetazione ripariale dell’Italia settentrionale, anche in quella cen-tro meridionale, i salici sono protagonisti nella costituzione delle comunitàripariali arbustive o arboree con carattere pioniero. A specie già viste per ilcontesto padano e alpino se ne aggiungono altre che gravitano prevalente-mente o esclusivamente in area mediterranea. Il salice rosso, già presente in modo significativo nella vegetazione riparialedell’Italia settentrionale, è anche la specie dominante nella prima fascia pio-niera di arbusteto che si sviluppa sui substrati grossolani dei greti nell’Italiamediterranea (penisola e grandi isole). Il forte dinamismo ambientale, di cuiquesta vegetazione è espressione, fa sì che il corteggio erbaceo sia eteroge-neo e incostante. In questo contesto geografico hanno particolare rilievo, piùche la sottospecie nominale di questa specie, le altre due sottospecie di salicerosso presenti in Italia: la sottospecie lambertiana, generalmente diffusa e lasottospecie eburnea, endemica invece della Sardegna.Più strettamente legato al contesto mediterraneo è il salice pedicellato (Salix

pedicellata), un arbusto o un piccolo albero stenomediterraneo presente lungoi fiumi di Basilicata, Calabria e delle due isole maggiori. Nell’ambito delle fito-cenosi di suoli umidi a granulometria fine, l’associazione più rappresentativa èquella in cui questa pianta cresce in consociazione con salice bianco (Salice-

tum albo-pedicellatae) e che si presenta come un arbusteto alto in cui com-

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Olivello spinoso (Hippophae rhamnoides)

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Aspetto della vegetazione riparia (Veneto)

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paiono anche pioppo nero e tamerice maggiore (Tamarix africana). Il corteggioerbaceo vede la dominanza di specie, dal punto di vista ecologico tendenzial-mente ubiquiste, capaci di affrontare con il proprio ciclo biologico il rovinosoimpatto delle piene che comporta l’instabilità del substrato. A queste si asso-ciano poi elementi marcatamente termofili: paléo delle garighe (Brachypodium

ramosum), trifoglino palustre (Dorycnium rectum) e robbia selvatica (Rubia

peregrina).Il salice a foglie amplessicauli (Salix amplexicaulis), segnalato solo una quaran-tina di anni orsono per l’Italia centro-meridionale, è un’altra specie del genereche forma consorzi arbustivi ripari (Eriantho-Salicetum amplexicaulis) descrittiper il basso corso di alcune fiumare calabresi del versante ionico. Ad altre spe-cie di salice e a pioppo nero si associa nel sottobosco una robusta gramina-cea, la canna del Po (Erianthus ravennae).Generalmente presente nella Pianura Padana, il pioppo bianco (Populus alba)solo di rado riesce a costituirvi i consorzi forestali (Populetum albae) che sonoinvece distribuiti in tutta l’Italia peninsulare sui terrazzi sollevati, meno drasti-camente soggetti all’impatto violento delle correnti di piena e posti in fregioall’alveo soprattutto in corrispondenza al corso medio o terminale dei fiumi.Si tratta in genere di comunità forestali complesse a struttura stratificata, nel-la cui compagine arborea si associa ai pioppi bianco e nero anche il loro ibri-do pioppo gatterino (P. canescens). Lo strato arbustivo comprende entitàquali biancospino (Crataegus monogyna), ligustro (Ligustrum vulgare) e sam-

buco nero. Il sottobosco erbaceo ha elevata copertura ed è floristicamentericc; tra le specie presenti vi sono carice maggiore (Carex pendula), betonicadei boschi (Stachys sylvatica), pervinca maggiore (Vinca major) e salcerella(Lythrum salicaria). L’edera è la liana più diffusa cui si associano, nelle areepiù calde, salsapariglia (Smilax aspera) e rosa di S. Giovanni (Rosa sempervi-

rens). Solo lungo alcuni fiumi della Puglia e della Basilicata è poi stato segna-lata una seconda comunità a pioppi in cui prevale pioppo nero associato apioppo gatterino e a salice bianco. Si tratta di un consorzio forestale (Roso

sempervirentis-Populetum nigrae) più strettamente legato al bioclima medi-terraneo, in cui gli strati sottoposti hanno copertura ridotta e vedono l’ingres-so di entità con esigenze termofile, quali rosa di S. Giovanni, robbia selvaticae tamerice maggiore.Un altro protagonista significativo delle foreste ripariali dell’Italia mediterraneaè il frassino meridionale (Fraxinus oxycarpa). Si tratta di un fratellino del frassi-no maggiore (F. excelsior) comunemente presente nell’area alpina, cui somiglianei lineamenti generali, ma da cui si distingue per le minori dimensioni e per legemme verdi-brunastre anziché nere. Le sue foglie composte sono costituiteda foglioline strettamente lanceolate e più grossolanamente dentate ai margi-ni rispetto al frassino maggiore. Il frassino meridionale risulta competitivo suiterreni umidi, anche soggetti a sommersione, in condizioni termiche favorite ein presenza di una buona illuminazione. Questo spiega il suo successo nellavegetazione delle rive dei fiumi distribuiti lungo tutta la penisola, mentre il suo

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Pioppeto di impianto per la produzione legnosaSaliceto invaso da Sicyos angulatus, rampicante esotica invadente (Po, Veneto)

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45ruolo forestale nelle pianure dell’Italia settentrionale è ridotto, per quanto laspecie sia presente verso est interessando la Pianura Veneto-Friulana e pene-trando verso occidente almeno sino al Mincio.La comunità forestale più ampiamente distribuita in cui questa specie giocaun ruolo determinante è Carici remotae-Fraxinetum oxycarpae, segnalato lun-go i fiumi di Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia eBasilicata. Ove non sia stata sacrificata dalla messa a coltura dei suoli o daidrenaggi, questa foresta forma boschi di aspetto imponente in cui al frassinomeridionale si associano nello strato arboreo altre entità igrofile quali pioppobianco e olmo comune. Gli arbusti sono costituiti dagli stadi di crescita piùprecoci delle specie arboree, alle quali si uniscono sanguinello (Cornus san-

guinea) e cappel di prete (Euonymus europaeus). Vi sono molte specie a por-tamento lianoso quali edera, salsapariglia e vite (Vitis vinifera) nella sua rarasottospecie sylvestris.Anche il corteggio floristico erbaceo è ben rappresentato da carici quali cari-ce ascellare (Carex remota) e carice maggiore, cui si uniscono tra le altre ilranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosus) e il romice sanguigno (Rumex

sanguineus). La collocazione tipica di questa fitocenosi è quella dei terrazziun po’ sollevati, con suoli più profondi e maggiore dotazione in humus rispet-to a ciò che avviene per i consorzi ripariali pionieri a salici o a pioppo bianco.Comunità forestali minori in cui domina frassino meridionale sono poi Lauro-

Fraxinetum oxycarpae e Ranunculo-Fraxinetum oxycarpae. La prima, segna-

lata per il bacino del Sele in Campa-nia, vede una inconsueta commistionedella specie dominante con alloro(Laurus nobilis) e altre specie mediter-ranee sempreverdi quali salsapariglia,pungitopo (Ruscus aculeatus) e rosadi S. Giovanni. La seconda presente inpoche stazioni di Calabria e Puglia èun consorzio arboreo puro di frassinomeridionale meno igrofilo di Carici

remotae-Fraxinetum oxycarpae in cuicompaiono biancospino e ligustro tra gli arbusti. È ragionevole che la suadistribuzione attuale abbia caratteri di relittualità e questo bosco ripariale siastato in passato assai maggiormente presente e soprattutto lungo il latoadriatico della penisola.Un ultimo tipo di foresta è quello in cui il frassino meridionale compare insie-me alla farnia (Quercus robur), olmo minore e ai pioppi. Si insedia su suoliprofondi humificati dei terrazzi sollevati sui quali le piene transitano solo in viaeccezionale. Questo spiega la forte penetrazione nel sottobosco delle speciedei boschi caducifogli mesofili quali paléo silvestre (Brachypodium sylvati-

cum), carice silvestre (Carex sylvatica) e viola silvestre (Viola reichenbachia-

na). Il contesto forestale si approssima così, come evidenziato dalla codomi-nanza di farnia e addirittura dalla presenza di carpino bianco (Carpinus betu-

lus), al paesaggio forestale più tipico delle pianure alluvionali al di fuori dellafascia di diretto condizionamento fluviale.Nell' Italia mediterranea vi sono anche ripisilve in cui l'ontano napoletano(Alnus cordata) e anche l'ontano nero (A. glutinosa), che nel bacino padanotende invece a formare foreste paludose distaccate dal contesto tipicamentefluviale, giocano il ruolo di specie dominanti.Tra le espressioni forestali di questo tipo che compaiono alle basse quote,troviamo, in Basilicata, Calabria e Campania, la foresta mista (Hyperico hyrci-

ni-Alnetum glutinosae) in cui a ontano nero dominante si associano olmocomune, salice pedicellato, salice bianco e frassino meridionale. Nelle stessecondizioni, in Sardegna l’ontano nero forma consorzi arborei plurispecifici(Salici arrigonii-Alnetum glutinosae) con pioppo nero e salice bianco o ancoraforeste pure (Oenantho crocatae-Alnetum glutinosae). In questi casi al cor-teggio igrofilo e mesofilo di volta in volta presente, ad es. salice di Gallura(Salix atrocinerea), salice di Arrigoni (S. arrigonii), finocchio acquatico sardo(Oenanthe crocata), paléo silvestre, rovo comune (Rubus ulmifolius) si posso-no associare elementi francamente termofili come robbia selvatica, oleandro(Nerium oleander) e tamerice comune (Tamarix gallica).

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Querce

Alloro (Laurus nobilis)

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47■ Vegetazione erbacea annuale dei

greti

I greti sono ambienti altamente instabi-li, mantenuti sempre ad uno stadio ini-ziale dal costante rimaneggiamentolegato alle morbide e alle piene fluviali.Rimangono liberi soltanto durante iperiodi di magra, quando l’acqua siritira e scorre nei canali più depressi.Quando la corrente torna ad occupareinteramente l’alveo attivo, essi scom-paiono, per ricomparire alla magrasuccessiva, ma non necessariamente

con la stessa distribuzione spaziale. Sui sedimenti del greto la scarsissimastruttura dei suoli non garantisce sempre una disponibilità idrica ottimale perle specie vegetali e la granulometria condiziona la velocità di prosciugamen-to. Oltre all’aridità, anche la temperatura elevata costituisce un fattore chelimita l’affermazione e la durata del manto vegetale. In questo contesto ilrequisito vincente è la rapidità: la vegetazione è caratterizzata da uno svilup-po molto veloce, le “ terofite” cioè le specie annuali o che concludono intera-mente il loro ciclo vitale nell’arco di pochi mesi sono le dominanti. In genere lastruttura della copertura vegetale è molto aperta e discontinua, spesso com-paiono esemplari isolati o distribuiti in aggregati di pochi individui.Nelle zone leggermente più elevate, su substrati ghiaiosi, si rinvengonocomunità pioniere (Epilobio dodonaei-Scrophularietum caninae) con copertu-ra vegetale ridotta che lascia ampiamente scoperto il substrato. Le speciecoinvolte associano alle modeste dimensioni della porzione epigea un appa-rato radicale molto esteso e in grado di captare in profondità l’acqua neces-saria alla sopravvivenza.Spesso le piante dei greti adottano particolari strategie per il risparmio idrico,quali la riduzione delle dimensioni della lamina fogliare, il ricoprimento contomenti chiari, o la succulenza, cioè la presenza di parenchimi in grado diimmagazzinare acqua quando è disponibile in eccesso. Scrofularia comune(Scrophularia canina), canapetta a foglie strette (Galeopsis angustifolia),linajola comune (Chaenorhinum minus), silene rigonfia (Silene vulgaris), vipe-rina azzurra (Echium vulgare) sono fra le più frequenti. Al termine dell’estate levistose fioriture di epilobio di Dodonaeus (Epilobium dodonaei) colorano dirosa tratti di greto, precedute dalle pennellate di giallo dei petali di un’altraonagracea, enagra comune (Oenothera biennis). Fra le succulente sono inoltreparecchie le specie di borracina (genere Sedum).

46 I greti sono habitat nei quali si possonoincontrare sorprendentemente specieinattese, tipiche di contesti geograficied ecologici molto lontani, ad esem-pio entità della flora alpina in tratti pla-niziali del corso dei fiumi o addiritturain corrispondenza della foce. È il casoad esempio di linajola alpina (Linaria

alpina), una bellissima scrofulariaceadalla corolla violetto-aranciata rilevatasui greti dell’Adige presso Verona, diassenzio (Artemisia absinthium) lungoil corso planiziale del Po o ancora dicamedrio alpino (Dryas octopetala) neigreti dell’alta Pianura Friulana. Questo particolare fenomeno è detto “eteroto-pia” ed è legata al trasporto dei semi operato dall’acqua. Le specie fluitate inpianura in genere originano popolazioni effimere, in cui spesso non si realizzala maturazione e la germinazione dei semi. Una permanenza più durevole ècondizionata dal continuo apporto di semi provenienti dalle stazioni originariedelle quote più elevate.Nelle situazioni in cui il substrato presenta una più ricca frazione a granulome-tria fine, la copertura vegetale diviene più continua, in risposta a condizionimeno proibitive per il bilancio idrico. Assumono ruoli significativi specie nitrofi-le, quali assenzio selvatico (Artemisia vulgaris, ortica e, più caratteristica, sapo-naria (Saponaria officinalis).Nelle depressioni umide e sui bordi delle acque, in ambiti caratterizzati da unelevato tenore trofico dei sedimenti, si collocano vegetazioni pioniere erbaceedominate da specie annuali che procurano coperture vegetali elevate. La lorociclicità è legata alla disponibilità di acqua: presenti con continuità sul bordodelle acque correnti o ferme persistenti, seguono invece con il loro sviluppo ilprogressivo ritiro estivo delle acque per poi terminare il loro ciclo durante l’e-state o il primo autunno. Una componente fondamentale è data dalle specie asviluppo annuale, quali nappola italiana, con i frutti contenuti in un involucro irtodi spine, giavone (Echinochloa crus-galli), una graminacea rigogliosa, peped’acqua, poligono nodoso (Polygonum lapathifolium), panicella pelosa (Eragro-

stis pilosa), sanguinella comune (Digitaria sanguinalis) o la chenopodiacea nor-damericana cicloma (Cycloloma atriplicifolium). Nelle depressioni soggette a inondamento solo temporaneo si sviluppano levegetazioni effimere con varie specie di zigolo (genere Cyperus) di piccola sta-tura che prosperano nelle bassure con fondo di sedimento fine soggette ad unacompleta asciutta estiva.

Giavone (Echinochloa crus-galli)Epilobio di Dodonaeus (Epilobium dodonaei)

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Su terreni soggetti a periodiche o episo-diche sommersioni o su terrazzi menodirettamente interessati dalle dinami-che fluviali si formano cenosi dominateda ortica, specie nitrofila diffusa anchein ambienti più spiccatamente nemo-rali, quali il sottobosco dei saliceti asalice bianco. L’elevata disponibilità dinutrienti è responsabile della produzio-ne di un’elevata quantità di biomassa,con la formazione di popolamenti fittis-simi e di elevata statura. Su terrazzi, solo occasionalmente coin-volti dalle dinamiche fluviali, si insedia-no altre cenosi nitrofile, per lo più costituite da specie esotiche di grandi dimen-sioni che caratterizzano la fisionomia e tendono a formare popolamenti puri. Sipossono trovare le formazioni a topinambur (Helianthus tuberosus), specieamericana affine al girasole, che incamera nei tuberi sotterranei abbondantiriserve (inulina) utilizzate nel momento della ripresa vegetativa primaverile percostruire in velocità le nuove porzioni verdi. Le condizioni di marcato ombreg-giamento provocato dalla specie dominante selezionano un corteggio floristicomolto povero. Compaiono spesso specie erbacee scandenti, come il vilucchiobianco (Calystegia sepium) che risolve il problema della scarsità di luce portan-dosi attivamente in alto verso la sorgente luminosa.Assai invasiva è ancora la verga d’oro maggiore (Solidago gigantea), asteraceaamericana ampiamente diffusa in Europa, dai minuscoli e numerosissimi capo-lini dorati, che predilige terreni umidi e freschi e spesso funge da vegetazione difrangia ai saliceti. Se la dominanza di verga d’oro maggiore è contenuta, lecenosi assumono strutture complicate, in cui allo strato principale con Solida-

go se ne accompagna un secondo, che può sovrastare o essere dominato daquesto, connotato da entità più igrofile, fra cui frequentemente la cannuccia.Nelle zone in cui i fiumi manifestano caratteristiche di naturalità morfologica,in corrispondenza del bordo esterno delle golene originate da deposizionirecenti, su terreni sabbiosi e in contatto con i falarideti verso la riva si collo-cano gli artemisieti ad assenzio dei Verlot (Artemisia verlotiorum). In contestipiù svincolati dalle dinamiche fluviali, ma che risentono di un determinismoantropico, su substrati più maturi, l’assenzio dei Verlot forma aggruppamentiin cui il corteggio floristico che l’accompagna si arricchisce di elementi rude-rali. In definitiva in contesti ecologici e geografici diversi questa pianta è lega-ta a specie a valenza diversa che differenziano aspetti accomunati per lo piùdalla specie dominante.

49■ Vegetazioni erbacee perenni ripa-

riali

Gli ambiti ripariali e le aree golenalisono caratterizzati da cenosi erbaceeperenni che, soprattutto nei fiumi digrande portata e nelle fasce che piùdirettamente risentono degli effettidistruttivi delle piene, sono in grado diadottare strategie idonee per superareil disturbo imposto dalle dinamiche flu-viali. In questo contesto risultano con-dizionanti la posizione rispetto all’im-patto diretto delle correnti di piena, la

distanza dall’alveo attivo e l’assetto geomorfologico del fiume.La zona ecotonale fra l’alveo e la fascia riparia, soggetta ad oscillazioni marca-te del livello idrologico, è frequentemente occupata da agrostideti, comunitàvegetali che fisionomicamente si presentano come tappeti molto fitti, alti pochicentimetri, in cui la specie dominante, cappellini comuni, sviluppa coperturedense. La sua forma di crescita la rende resistente alle correnti fluviali: i lunghistoloni striscianti emettono ai nodi ciuffi di radici avventizie che li ancorano sal-damente al substrato.Ecologia e strategie simili sono manifestate dalla vegetazione erbacea a panicoacquatico (Paspalum paspaloides) più frequente in ambito mediterraneo, susuoli limosi, spesso sommersi, sulle rive del corso principale o su pozze laterali. Spesso in contatto con gli agrostideti, con cui condividono alcune specie, sipossono trovare i falarideti, cenosi elofitiche dominate da scagliola palustre.

Costituiscono comunità povere in termini floristici, in genere a sviluppo lineare,in fasce strette e lunghe anche parecchi metri, a contatto con l’acqua, ma nonperennemente sommerse. L’apparato ipogeo robusto permette alla specie edi-ficatrice di far fronte alla forza erosiva e alla turbolenza delle acque in occasio-ne degli eventi di piena; la pronunciata capacità di ripresa vegetativa le fa trarrevantaggio dalla deposizione di fanghiglia ricca di nutrienti che l’esondazioneapporta. Nel momento successivo alla piena ordinaria, infatti, il falarideto si pre-senta devastato, con i culmi allettati e coperti dai sedimenti. Appena le condi-zioni tornano alla normalità, con la ripresa della crescita vegetativa ai nodi sisviluppano nuove radici e ciuffi di giovani getti che sostituiscono le porzionidanneggiate o asportate. La scagliola palustre in questo modo volge a propriovantaggio il disturbo arrecato dalle dinamiche fluviali. Le specie che più tipica-mente si associano ad essa sono quelle provenienti dai bidenteti, con cui i fala-rideti possono essere in contatto.

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Panico acquatico (Paspalum paspaloides) Topinambur (Helianthus tuberosus)

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Il parametro fisico più significativo deisistemi reici, al quale debbono sotto-stare gli organismi che vi si insediano, èovviamente la corrente unidirezionale.Lo schema classico prevede che unfiume venga suddiviso (con i vantaggi ele inevitabili approssimazioni di qualsia-si classificazione ecologica) in tre tipi diambienti principali: il crenal, che com-prende i vari tipi di sorgente; il ritral, checomprende il tratto in pendenza a cor-rente vivace, e il potamal, il tratto di pia-nura dove, al diminuire della corrente, il particolato in sospensione tende adepositarsi sul fondo. E in ultimo, ovviamente, va considerato l’ambiente difoce, in cui, a causa dell’incontro con l’acqua di mare, va a formarsi un sistemaecotonale, di transizione, che, per la sua dinamicità, richiede una trattazione asé stante. Le biocenosi che si insediano in questi vari tratti del fiume (rispettiva-mente crenon, ritron e potamon), hanno evidentemente differenti caratterizza-zioni in risposta all’intensità della corrente, appunto, ma anche dell’arricchimen-to in sali e sostanze organiche, del grado di ossigenazione dell’acqua, dellatemperatura e così via: non ultimo, purtroppo, del grado di inquinamento.In questa breve introduzione al popolamento dei fiumi del nostro Paese, segui-remo, più che la descrizione dei tre tipi di biocenosi principali, che porterebbead una serie di ripetizioni e puntualizzazioni, una trattazione di tipo squisita-mente zoologico, raccontando degli organismi che popolano le acque corren-ti e dei loro principali adattamenti. A scorrere la lista dei grandi phyla animali rappresentati nelle biocenosi degliambienti di acque dolce correnti si potrebbe avere, per un momento, l’im-pressione di aver sbagliato libro. Poriferi, celenterati, briozoi sono nomi, infat-ti, che evocano colorate profondità marine piuttosto che un fiume, in cui gio-cano solo i mille toni del verde e del marrone, e dove l’acqua, elemento strut-turale chiave dell’ambiente è, d’attimo in attimo, irreversibilmente diversa.Invece si tratta del libro giusto, si parla di fiumi, dove questi grandi gruppisono effettivamente presenti.

51Invertebrati degli ambienti di acqua correnteROBERTO ARGANO

Pupa di Chironomus del gruppo thummi-plumosus (ditteri chironomidi)

Oligocheti (Tubifex tubifex) sul fondo fangosodi un fiume

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5352 ■ Molluschi

Per quanto riguarda i molluschi, neifiumi troviamo sia gasteropodi chebivalvi. La specie reofila più rappre-sentativa tra i gasteropodi è probabil-mente il polmonato Ancylus fluviatilis.La sua conchiglia, che non supera i 5millimetri di lunghezza, è perfettamen-te strutturata per resistere alla correntecontinua: l’apice è orientato in direzio-ne opposta a quella della corrente e dall’apertura relativamente vasta esce unampio piede che gli consente di aderire tenacemente alle pietre e al contempodi strisciare per pascolare sulla vegetazione epilitica. Gli ancilidi sono mollu-schi polmonati, senza opercolo, nella cui cavità palleale l’ossigeno vieneassunto da branchie neoformate. Nei limneidi invece che frequentano anche ifiumi - per esempio Radix peregra, molto comune in acque a debole corrente,e R. auricularia più tipica dei tratti potamali dei corsi d’acqua - la cavità pallea-le conserva la sua funzione polmonare. Tra i prosobranchi, gasteropodi dotati di opercolo e di branchie (ctenidio),legati all’ambiente decisamente reico si conoscono, per l’Italia, i neritidi Theo-

doxus danubialis e T. fluviatilis diffusi nel Nord Italia e T. meridionalis in Sicilia.Ma una citazione a parte merita l’idrobiide Potamopyrgus antipodarum, prove-niente dalla Nuova Zelanda. Dotato di opercolo e a sessi separati, come quasitutti i prosobranchi, è ovoviviparo, quindi con limitato rischio per le uova e perle prime fasi di sviluppo, e in grado di riprodursi per partenogenesi. Apparsoper la prima volta nel fiume Roia presso Ventimiglia nel 1961, è diventato rapi-damente invasivo, e, attualmente, la sua distribuzione comprende quasi tuttal’Italia continentale e peninsulare. Tra i bivalvi gli adattamenti più interessanti sono quelli messi a punto dagli unio-nidi, che hanno superato lo stesso problema dei decapodi, cioè uno stadio lar-vale planctonico previsto dal ciclo biologico per il gruppo di appartenenza, diorigine marina. Questo viene risolto con il glochidio, una larva estremamentepeculiare che si sviluppa nel mantello materno e che, dopo essere stata emes-sa all’esterno, si incista sulle branchie o sulla pelle dei pesci dove prosegue, perun certo periodo, lo sviluppo come parassita, non più sottoposta all’azione del-la corrente. Il glochidio, che è già dotato di una conchiglia bivalve, una volta rag-giunta la maturità si stacca e prosegue la sua crescita autonomamente nel fon-dale del corso d’acqua. Unio e Anodonta, che hanno sviluppato questa strate-gia, vivono infatti, da adulti, come filtratori, immersi nel fango in tratti a più lentoscorrimento, sopportando anche un certo livello di inquinamento organico.

■ Poriferi

Per quanto riguarda i poriferi, cioè lespugne, nelle acque dolci c’è da direche è rappresentata un’unica famiglia,quella degli spongillidi, e solo qualchespecie di Spongilla o di Ephydatia sipuò ritrovare occasionalmente nellenostre acque correnti. È comunqueinteressante rilevare come queste deli-cate forme viventi mettano in evidenza,

con uno dei loro adattamenti, l’incostanza e l’imprevedibilità delle acque conti-nentali. È improbabile che una spugna di mare debba porsi il problema di unastagione poco piovosa o del modificarsi dell’orografia dell’area. Nelle acqueinterne, invece, il problema esiste e le spugne hanno messo a punto forme diresistenza per ovviare a periodi più o meno lunghi di essiccamento, oltre a poterassolvere alla fondamentale funzione della dispersione. Si tratta delle gemmule,piccolissime sfere di pietra, fatte cioè di particolari spicole di carbonato di cal-cio, in cui sono racchiuse e protette cellule in grado di riorganizzare l’interoorganismo, una volta ritrovate le condizioni opportune. Altro problema che nelmare non si pone di certo è che una spugna sia insidiata dai neurotteri sisiridi,cioè da insetti, praticamente inesistenti nelle biocenosi marine.

■ Celenterati e briozoi

Anche per quanto riguarda i celenterati ci si deve accontentare, nelle acque dol-ci a lento scorrimento, di qualche insediamento di polipi bruni di Hydra. Quan-do il fiume perde il suo carattere principale, la corrente, come succede nelle lan-che del Po in Lombardia, si può anche trovare qualche elemento planctonico,come le medusine di Craspedacusta sowerbyi. Ma, in questi casi, non si parlapiù di acque correnti. Il fatto è che nei sistemi reici non può, di massima, inse-diarsi il plancton, cioè il complesso di organismi che popola la colonna d’acquasenza avere rapporti con il fondo: la vivace motilità che spesso caratterizza gliorganismi planctonici e che consente loro di svolgere attività più che altro lungola stessa colonna d’acqua, in senso verticale, non permette di opporsi al giocodelle correnti. Non c’è spazio biologico quindi che per organismi nectonici ebentonici adattati per resistere alla sua forza. Vedremo poi come hanno dovutomodificare il loro ciclo per adattarsi agli ambienti di acque correnti gli organismiche, nel loro sviluppo, prevedono una fase planctonica. Anche i briozoi, le cuispecie dulcacquicole, con le loro minuscole e delicate colonie di zooidi, sonoper lo più legate alle acque ferme, appaiono occasionalmente nei fiumi.

Bivalve del genere UnioSpongillide, spugna d’acqua dolce

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ganti e semitrasparenti gamberetti palemonidi (Palaemonetes antennarius) chepossono risalire i grossi fiumi anche per centinaia di chilometri. Per conclude-re questo breve cenno ai decapodi non resta che citare il potamonide Pota-

mon fluviatile, il classico granchio di fiume che scava le sue tane lungo le rivefangose. Meno problemi di insediamento nelle acque dolci, e in particolare neifiumi, hanno avuto altri crostacei malacostraci, come gli anfipodi e gli isopodiche non hanno larve planctoniche ma sono dotati di marsupio all’interno delquale si sviluppano le uova fino alla fuoriuscita di piccoli autonomi e indipen-denti. Sono da ricordare le varie specie italiane di anfipodi gammaridi deigeneri Echinogammarus, Gammarus e Synurella, la cui distribuzione offreinformazioni interessanti sia da un punto di vista ecologico che biogeografico.Tanto per dire, la distribuzione delle varie specie di Echinogammarus lungo ivari tratti dello stesso fiume costituisce una indicazione sulla complessità edelicatezza degli adattamenti. Analogo interesse offrono, per quanto riguardagli isopodi asellidi, i generi Proasellus e Asellus.

■ Chelicerati

Un breve cenno merita la presenza, nei nostri ambienti dulcacquicoli, dei che-licerati: oltre che con numerose specie di minuscoli idracari, i chelicerati sonodiffusi in Italia anche con il famoso ragno palombaro, Argyroneta aquatica,che viene segnalato sempre più di frequente.

■ Platelminti, anellidi e irudinei

Sotto le pietre appaiono spesso, benvisibili, piccoli coaguli striscianti bian-chi (Dendrocoelum) o nerastri (Dugesia,Planaria): sono platelminti, dell’ordinedei tricladi, a caccia di larve di insetti odi piccoli crostacei in difficoltà.Fra gli anellidi, gli oligocheti tubificidi(Tubifex) vivono con la regione anterio-re del corpo infossata in tubi mucosi e

con l’estremità caudale libera in continuo movimento, e possono caratterizza-re interi tratti potamali fangosi dei fiumi; i lumbriculidi invece, come Stylodrilus,vivono sia in acque limpide a corrente rapida, sia in acque ferme (come Lum-

briculus variegatus). Infine un cenno agli irudinei, le sanguisughe, tipiche per ledue ventose alle estremità, il nuoto ondulato o il movimento “a compasso”: leimmaginiamo assetate di sangue umano. In realtà le sanguisughe dei fiumi siindirizzano verso i pesci (Piscicola), ma, per lo più, ingoiano per intero (Hae-

mopis, Erpobdella, Dina) invertebrati dei gruppi più diversi.

■ Crostacei

Due parole, ora, sui crostacei. Ma nonsu branchiopodi, copepodi o cladoce-ri, che nel plancton delle acque fermehanno un ruolo chiave: nei fiumi, comedetto all’inizio, c’è poco spazio biologi-co per il plancton. Parliamo invece dimalacostraci, limitatamente a qualchespecie di decapode. Questi organismi,che in mare passano attraverso una

larva planctonica, per adattarsi all’ambiente reico hanno, in genere modificatoil loro ciclo ricorrendo allo sviluppo diretto: dalle uova, portate a lungo dallamadre, nascono piccoli completamente formati e autonomi. Austropotamo-

bius pallipes, il gambero di fiume, è un decapode astacide legato alle acquecorrenti limpide e ben ossigenate, quindi una specie reica per eccellenza. Pur-troppo, per il progressivo degenerare dei nostri corsi d’acqua, per patologiemicotiche e per la pesca incontrollata, la specie è ormai ridotta ad un numerolimitato di popolazioni isolate. La nostra fauna viene progressivamente sosti-tuita da altre specie, come il gambero rosso americano Procambarus clarkii.Nei tratti a lento corso, e soprattutto verso la foce, possono pullulare gli ele-

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Ragno palombaro (Argyroneta aquatica)

Sanguisuga del genere Erpobdella

Palaemonetes antennarius

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57■ Insetti

Il vero contingente qualificante, in termini sia qualitativi che quantitativi, e cheincide significativamente sulla biodiversità dell’ambiente reico, è quello degliinsetti, organismi prettamente terrestri ma, specialmente tra gli emimetaboli,molti ordini conducono vita anfibiotica, cioè in parte nell’acqua e in parte inambiente subaereo. Gli emimetaboli sono gli insetti che, una volta sgusciatidall’uovo, passano attraverso una serie di stadi di neanide e poi, con l’appariredegli abbozzi alari, di ninfa, e sfarfallano infine come imagine, o insetto perfet-to. Vi sono specie legate all’acqua anche tra gli insetti olometaboli: quelli che,dopo una serie di mute di accrescimenti larvali, passano allo stadio di pupa.Dalla pupa, grazie all’affascinante cataclisma biologico della metamorfosi, sfar-falla l’ imagine che ha un aspetto ben diverso da quello delle fasi giovanili.

Efemerotteri. Il nome si riferisce alla brevità della fase adulta, in genere limita-ta a poche ore (in qualche caso, una sola) durante le quali si svolgono i riti del-la riproduzione. Ci sono, come sempre in natura, delle eccezioni: le femmine diCloeon dipterum, comunissima in acque a corso lento, sopravvivono ancheper settimane in condizioni di inattività (come tutti gli adulti di questo gruppo diinsetti), fino a consumare le riserve d’energia che conservano al termine dellungo ciclo larvale subacqueo (anche due o tre anni e dopo un elevato nume-ro di mute, fino a 32). Gli adulti non sono in grado di nutrirsi: l’apparato bocca-le è fortemente involuto, come del resto quello digerente che, riempiendosid’aria, assume un ruolo secondario di alleggerimento aerostatico. L’ultimo sta-dio ninfale, provvisto ormai di astucci alari, raggiunge, con modalità varie, lasuperficie dell’acqua e ne fuoriesce un individuo alato: non si tratta ancoradell’adulto, bensì di uno stadio (sub imagine) che subirà una ulteriore muta cheporterà infine alla vera condizione di adulto, più brillante nei colori e con carat-teri sessuali secondari a volte vistosi, come gli occhi “a turbante” delle speciedi Baetis. Ma sarà soprattutto dotato di apparato riproduttore funzionale eavrà un comportamento pilotato dal complesso gioco ormonale che lo porteràalla ricerca del partner.Gli adulti sono ben caratterizzati dalle ali, delicatamente trasparenti, posiziona-te verticalmente sul torace quando l’insetto è a riposo (le posteriori sono piùpiccole, piccolissime nei betidi) e da tre lunghi cerci che si dipartono dall’estre-mità caudale dell’addome ripiegata verso l’alto. In specie come Oligoneuriella

rhenana l’adulto, forse preso dall’urgenza di entrare nel grande gioco del sessoo per diminuire la pressione dei predatori, s’invola appena le ali sono sguscia-te da quelle della sub imagine, portandosi dietro l’exuvia pendula.In gran parte delle specie, come nei cenidi, i maschi, nelle sere d’estate, vola-no insieme in nugoli rafforzando così il segnale di richiamo sessuale. Una

rapida eccitazione indica l’avvicinarsi di una femmina. Appena viene afferratadalle lunghe zampe anteriori di un maschio, si forma la coppia che si appartaper le fasi di accoppiamento e deposizione e il nugolo riprende a danzarepigramente nell’aria. Ogni femmina depone centinaia o migliaia di uova, ingenere si tratta di masserelle di uova sulla superficie dell’acqua. Ma ci sonoeffimere, come alcune specie di Baetis, in grado di scendere sott’acquaappressando le ali al corpo in modo da acquistare in idrodinamismo e da rea-lizzare, tra ali e corpo, una minuscola riserva d’aria, utile per svolgere un lavo-ro da palombaro: attaccare le uova direttamente sul fondo. Le neanidi degliefemerotteri hanno comportamento ed ecologia tendenzialmente differenti aseconda delle famiglie di appartenenza: negli efemeridi sono eccezionalmen-te carnivore e tendono a scavare, o comunque a penetrare all’interno del let-to del fiume. Altre, e sono numericamente le più abbondanti, nuotano, come ibetidi e i siflonuridi, le cui neanidi dalla forma affusolata, onnipresenti a causadella loro ampia valenza ecologica, usano i cerci setosi come organo propul-sore e sistema timoniero.Gli efemerellidi, i leptoflebiidi e i cenidi hanno invece neanidi striscianti (vengo-no anche dette “erpofile”) che si spostano lentamente sul fondo tirandosi conle forti zampe irte di spine. Vengono infine definite litofile le neanidi degli epta-geniidi, appiattite come minuscoli granchi, che sfidano anche correnti impe-tuose. Vivono aderenti alle pietre, spesso con appendici (labbro inferiore o tra-cheobranchie) trasformate in strutture a ventosa.

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Ninfa di efemerottero del genere Paraleptophlebia

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59Odonati. Familiari a tutti sono gli insettiappartenenti agli odonati, le libellule.Sono insetti legati, in genere, alle acqueferme o a debole scorrimento, dovetrascorrono la loro esistenza giovanile,ma numerose specie fanno parte, nellafase adulta del loro ciclo vitale, delpanorama faunistico complessivo dellerive di un fiume, sia nel tratto ritrale che,soprattutto, in quello potamale. L’ordi-ne degli odonati viene suddiviso in duesottordini: gli zigotteri e gli anisotteri. Le ninfe degli zigotteri sono elegantemen-te allungate e fornite, all’estremità caudale, di tre lunghe appendici fogliaceeche formano le tracheobranchie, mentre quelle degli anisotteri sono massicce,per lo più decisamente tozze, e hanno tracheobranchie rettali, quindi invisibilidall’esterno. Se spaventate, espellono con violenza l’acqua contenuta nellaregione rettale, ottenendo così un rapido scatto a reazione in avanti.Caratteristica delle neanidi e delle ninfe di tutti gli odonati è la maschera, unastruttura derivata dalla modificazione del labbro inferiore. Si tratta di un orga-no di cattura prensile, che può essere proiettato rapidamente in avanti e altret-tanto rapidamente retratto, portando alla bocca l’eventuale preda trattenutadalle spine dei palpi labiali. Il nome di questo bizzarro apparato deriva dal fat-to che, quando è retratto, esso copre del tutto le altre appendici boccali, pro-prio come fosse una maschera. Neanidi e ninfe se ne stanno acquattate a lun-go sul fondo, nascoste dal fango o dal detrito, e aspettano la preda all’aggua-to. Le ninfe all’ultimo stadio compiono la muta imaginale dopo essere emersedall’acqua arrampicandosi su pietre e cespugli, in genere durante la notte.Nella fase immediatamente successiva allo sfarfallamento sono pesanti eimpacciate, facilmente predabili, ed è quindi importante che siano protette dalbuio: debbono infatti avere il tempo di asciugare il corpo e le ali prima diavventurarsi nel volo. Gli adulti, come le neanidi, sono grandi cacciatori, ma catturano la preda inse-guendola in volo e sono molto ben attrezzati per questa incombenza. I grandiocchi composti consentono di percepire le coordinate nello spazio di una pre-da in movimento, di calcolarne la traiettoria e quindi di afferrarla con un deci-so, rapidissimo volo. La disposizione delle zampe, dirette in avanti, gracili einadatte al movimento a terra, è funzionale alla presa delle vittime. Ma lo stru-mento più vistoso del comportamento predatorio delle libellule adulte è il tora-ce: al primo segmento (protorace), ridottissimo, seguono i due segmenti cheportano le ali, integrati a formare un’unità funzionale (pterotorace) enorme-mente sviluppata. Lo pterotorace racchiude la potente massa muscolare e il

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Ninfa di Lestes viridis

Maschio di Calopteryx splendens

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complesso meccanismo che consente alle libellule un volo velocissimo. Le ali,membranose, hanno movimenti indipendenti, il primo paio rispetto al secon-do, il che consente manovre aeree estremamente complesse. Le ali possonoessere molto simili tra loro e disposte, in fase di riposo, verticalmente sul cor-po, come è tipico negli zigotteri, oppure, negli anisotteri, le posteriori possonoessere più larghe e, a riposo, le quattro ali vengono tenute aperte “a croce”.Il comportamento generale degli odonati adulti è basato sul volo, che per-mette loro di marcare, esplorandoli sistematicamente, i loro territori riprodut-tivi o di caccia. I maschi detengono postazioni dalle quali controllano lo spa-zio antistante e da cui si lanciano in continui voli sia per catturare prede cheper escludere altri maschi conspecifici dallo spazio aereo di propria compe-tenza, a volte con autentici azzuffamenti in volo. Odonati appartenenti a spe-cie diverse che dovessero attraversare il territorio aereo controllato da unmaschio vengono del tutto ignorati. Se invece entra una femmina conspecifi-ca scatta il complesso rituale di corteggiamento che, con modalità diverse aseconda delle specie, tende a rassicurare la femmina di trovarsi nel territoriodi un conspecifico e a convincerla che il territorio controllato garantisce siadell’efficienza fenotipica, e quindi genetica, del suo padrone sia della tran-quillità necessaria per l’ovideposizione.La fecondazione degli odonati è una faccenda complicata. Il maschio, a con-clusione dei rituali che preludono l’accoppiamento, trattiene la femmina all’al-tezza del collo (anisotteri) o del protorace (zigotteri) mediante i cerci terminali.

La coppia vola quindi in questa posi-zione di “ tandem” e, successivamente,assume una curiosa figura a cuore: lafemmina piega il proprio addome finoa portare il suo poro genitale, che sitrova tra l’ottavo e il nono segmento, atoccare il secondo segmento addomi-nale del maschio, dove si trova il com-plesso apparato copulatore. Durantequesta fase il maschio rimuove even-tuali spermatozoi derivanti da prece-denti rapporti della femmina in mododa garantirsi la paternità genetica dellafutura prole. Finalmente inizia la depo-sizione durante la quale le uova vengo-no rilasciate direttamente in acqua oattaccate a supporti o ancora inseritenei tessuti viventi di piante della riva osommerse. In quest’ultimo caso la

femmina, dotata di ovopositore, è spesso costretta ad immergersi. La funzio-ne di ovideposizione è in genere controllata dal maschio, che vola intorno allafemmina cacciando eventuali altri pretendenti o tenendola ancora agganciataper il collo. Come è stato dimostrato per Lestes virens, il tempo e l’impegno diattenzione verso la femmina che depone è funzione della quantità di altrimaschi conspecifici presenti nei dintorni.Tra la vegetazione che rende ombrose le rive del corso medio dei nostri fiumivolano in estate varie specie di zigotteri, noti al grosso pubblico come donzel-le: si tratta di calopterigidi estremamente comuni come le varie specie diCalopteryx (C. splendens, C. virgo, C. haemorroidalis), oppure di lestidi altret-tanto frequenti del genere Lestes (L. viridis, L. virens, L. sponsa, L. barbarus,

ecc.) o di cenagrionidi (Pyrrhosoma, Coenagrion, Enallagma, Ischnura). Capi-tano spesso anche specie di anisotteri, ad esempio di gonfidi (Onycho-

gomphus forcipatus, Gomphus vulgatissimus). Ma molto più numerose, comes’è detto, sono le specie che popolano il tratto potamale: si tratta di anisottericordulegasteridi, di escnidi (qualche maestosa Anax imperator, o, più spesso,qualche Aeshna cyanea) o di libellulidi come le varie specie di Orthetrum (O.

cancellatum, O. coerulescens, O. brunneum), Crocothemis erythraea, Sympe-

trum meridionale e, naturalmente, gran parte delle specie citate di zigotteri.

Plecotteri. Anche i plecotteri sono insetti arcaici anfibiotici che per almeno unanno (ma in certi casi, come Perla e Dinocras, anche tre anni) conducono vitaacquatica sul fondo dei sistemi reici. Leloro neanidi e ninfe hanno una certasomiglianza con quelle degli efemerot-teri, ma la distinzione è facile. Negli sta-di giovanili dei plecotteri manca l’ap-pendice posteriore mediana (paracer-co). Dall’estremità dell’addome sidipartono quindi due sottili cerci e nontre appendici, come accade di regolanelle efemere. Gli astucci alari, special-mente nelle neanidi prossime allo sfar-fallamento, sono distintamente quattroe subeguali, mentre nelle efemere sem-brano solamente due, poiché quelliposteriori, molto ridotti, sono nascostidagli anteriori. In genere, le ninfeacquatiche delle efemere presentanotracheobranchie dorsali di varia forma,spesso disposte serialmente, a volte

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Ninfa di plecottero del genere LeuctraCoenagrion in accoppiamento

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62 63laminari, a volte a ciuffo. Mentre le ninfe delle efemere sono in prevalenza fitofa-ghe, quelle dei plecotteri possono essere carnivore, raschiatrici, erbivore, detri-tivore, quindi possono giocare ruoli diversi nelle biocenosi. Anche le dimensionisono, in genere, come quelle delle efemere, ma nei plecotteri si possono rag-giungere lunghezze record di 4 centimetri. La maggior parte delle specie è for-temente stenoecia, adattata cioè a condizioni ambientali sostanzialmente stabi-li. Considerate assieme a tutte le altre specie in un indice complessivo di qualitàambientale, la loro presenza ne sposta sempre il valore verso livelli di più altaqualità. Purtroppo, forse proprio a causa di questa stenoecìa varie specie risul-tano estinte o prossime all’estinzione. Capnia nigra, per fare un esempio, spari-ta dal Lungadige di Verona, o Brachyptera bifasciata, i cui adulti, si racconta,erano talmente numerosi da far piegare i cespugli della Val di Sesia, ma cheoggi non fa più parte della fauna del nostro paese. È comunque un problemaeuropeo, diciamo meglio mondiale, e non esclusivo dei plecotteri: dovunqueesistano informazioni sulla precedente situazione delle plecotterocenosi, comesui fiumi dell’Italia centrale della seconda metà del secolo passato, si assisteoggi ad un drammatico impoverimento in specie, molte delle quali sono local-mente estinte. Gli ultimi stadi ninfali dei plecotteri non risalgono in folla allasuperficie dell’acqua, ma si trascinano singolarmente, per lo più di notte o almattino presto, sulla riva o sulle pietre emergenti. La ninfa matura si trasforma ininsetto alato e l’exuvia rimane attaccata al substrato, una pietra, e ciò ha datoorigine al nome inglese di questi insetti: stonefly, cioè mosche delle pietre.Le quattro ali dell’adulto, subeguali, coprono orizzontalmente l’addome avvol-gendolo in parte ai lati; quando si chiudono, lo fanno a ventaglio per cui resta visi-bile un’unica lamina alare dorsale che copre tutte le altre. Il volo dei plecotteri èsgraziato e breve: gli adulti non si allontanano molto dalla riva del fiume, doveavvengono gli accoppiamenti. La loro vita imaginale dura infatti alcune settimane,o anche qualche mese: il sistema digerente non ha subito alcuna involuzione.Dei due grandi gruppi in cui si suddividono i plecotteri, i sistellognati (che, nel-la fase acquatica, hanno costumi carnivori o comunque si alimentano disostanze di origine animale), si limitano, da adulti, ad ingerire liquidi, mentre glieuolognati (con ninfe vegetariane e raschiatrici) mangiano muschi e licheni. Gliadulti possono anche essere atteri, o almeno brachitteri, spesso limitatamenteal sesso maschile. In definitiva, hanno scarse attitudini alla disperione, il checostituisce il punto di partenza per farne anche degli importanti indicatori bio-geografici. In Italia si conta un grande numero di specie endemiche, ad esem-pio nel genere Leuctra. Nonostante le loro preferenze per le acque molto ossi-genate, i plecotteri non sono esclusivi del crenon o del ritron di quota; moltespecie sono presenti anche nel segmento potamale del fiume. Un tempo,anche in una città come Roma si potevano vedere le grandi exuvie di Perla

bipunctata attaccate sotto le arcate dei ponti del Tevere.

Emitteri. Solo una parte relativamente modesta delle decine di migliaia dispecie di emitteri (rincoti) ha costumi acquatici. Gli emitteri sono insetti ete-rometaboli caratterizzati da un particolare apparato boccale di tipo succhia-tore, per cui si alimentano di liquidi interni di piante o animali. Le formeacquatiche rientrano tutte nel sottordine degli eterotteri (le “cimici” ), chehanno le ali del primo paio (emielitre) caratteristicamente ispessite e induritenella metà prossimale, mentre la metà distale rimane membranosa. Le spe-cie acquatiche prediligono acque ferme, ma per lo più sono in grado di inse-diarsi anche in ambienti reici, seppure a lento scorrimento, come le anse difiumi e di torrenti.Tra gli eterotteri a costumi acquatici riconosciamo due diverse modalità di rap-portarsi con il loro ambiente: a seconda della specie, infatti, possono viveresopra oppure sotto la superficie dell’acqua. Si tratta comunque, in prevalenza,di predatori, anche se le specie del primo gruppo dipendono da una risorsa ali-mentare esterna alle biocenosi del fiume. Sono, infatti, insetti che si muovonopattinando sulla superficie dell’acqua, più (gerridi) o meno (idrometridi) veloce-mente, grazie ad una pubescenza di peli idrofugi che ricopre la parte inferioredei tarsi delle zampe medie e posteriori e la regione ventrale del corpo. Si ser-vono della superficie dell’acqua, in un certo senso, come di una trappola: gliorganismi che, volando, finiscono per cadervi vengono da essi raggiunti e con-sumati. Rappresentano bene questo primo gruppo le due specie di Hydrometra

presenti in Italia: sembrano minuscoli insetti stecco neri che scivolano con gra-

Ranatra linearis

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Coleotteri. Anche i coleotteri entrano a far parte delle biocenosi acquatiche, siain fase larvale che adulta. Il primo paio di ali, trasformati in rigide elitre come ètipico di quest’ordine, vanno spesso a formare, negli adulti, una sorta di camerad’aria dorsale che consente lunghe immersioni. Ne sono esempio i ditiscidicome Platambus o Laccophilus, specificamente adattati ad acque correnti. Que-sti insetti ricaricano la camera d’aria sottoelitrale venendo in contatto con lasuperficie dell’acqua mediante l’estremità posteriore dell’addome. In altri casiuna fitta copertura di peli idrofugi localizzati nella regione ventrale cattura unabolla d’aria che viene rinnovata entrando in contatto con la superficie attraversoaltre appendici, come le antenne. Le specie predatrici hanno un corpo di ele-gante forma idrodinamica e un potente terzo paio di zampe e sono nuotatori atti-vissimi. Questo vale per i ditiscidi, che cacciano immergendosi, e per i girinidi,che corrono velocissimi sulla superficie, in cerchio (Gyrinus) o a spirale (Orecto-

chilus), avventandosi su insetti caduti. Molte specie sono invece fitofaghe comei piccoli aliplidi o i driopidi, che si muovono lentamente in acque ferme o lente.Anche gli elmidi sono fitofagi, ma vivono in acque a corrente vivace ben ossige-nate, essendo in grado di sfruttare l’ossigeno disciolto nell’acqua.

Neurotteri. Anche tra i neurotteri si conoscono specie predatrici legate alleacque debolmente correnti. Le ali dei rappresentanti di questo ordine sonomembranose e finemente reticolate e disposte in genere a tetto a coprire il cor-po, quando sono in stato di riposo. I sialidi (l’unica famiglia che rappresentanella nostra fauna l’arcaico gruppo dei megalotteri) hanno larve con appendiciaddominali segmentate, molto simili alle zampe toraciche, e un lungo, caratte-ristico stilo addominale; vivono nel limo, cacciando piccoli artropodi, ma esco-no dall’acqua per impuparsi nel terreno delle rive. La femmina depone le uovaall’asciutto, su una foglia di una pianta emergente dall’acqua: alla schiusa, leminuscole larvette si lasciano cadere e finiscono direttamente nell’acqua. Ariva, nel fango, viene trascorso anche il periodo di pupa. Tra i neurotteri plani-penni ricordiamo i sisiridi, con l’unico genere europeo Sisyra, con larve daicostumi tendenzialmente gregari che vivono a spese di spugne, anche se sem-brano in grado di mangiare, in aggiunta, anche alghe filamentose.

Ditteri. L’ordine dei ditteri (mosche, moscerini e zanzare) comprende insetticaratterizzati dall’avere due sole ali nell’adulto, il secondo paio essendo tra-sformato in bilancieri, estremamente vari per forme, adattamenti, specializza-zioni. Un gran numero di specie, che per lo più rientrano nel sottordine deinematoceri, hanno larve acquatiche e vivono in ambienti reici. Gli adulti dellespecie appartenenti a questo sottordine sono caratterizzati, come dice ilnome, dalle antenne relativamente lunghe formate da una serie di segmentisubeguali. Daremo quindi maggior spazio ai nematoceri che annoverano, fra

zia e lentamente sull’acqua e che, quando hanno catturato una preda, se lavanno a succhiare sulla terraferma, dove si muovono altrettanto bene.Velocissimi sono invece i gerridi, che mostrano una buona specializzazionedelle tre paia di zampe: il primo viene utilizzato per afferrare la preda, il secon-do per spingersi sull’acqua, mentre il terzo funge da timone. Sono gregari, e lisi vede quindi in gruppi numerosi.Il secondo gruppo di eterotteri acquatici riunisce invece molte specie chenuotano attivamente nel corpo idrico, spingendosi in avanti con le zampeposteriori natatorie fornite di un’ampia frangia di lunghe setole, e predanoquindi, con veloci inseguimenti subacquei, altri organismi acquatici. Tra que-sti emitteri vi sono gli attivissimi notonettidi, che respirano grazie alla bollad’aria trattenuta dai peli idrofugi ventrali, e che nuotano con il ventre all’insù.I corixidi vivono soprattutto lungo le rive e si nutrono a spese di alghe anchese, in particolare per quanto riguarda le femmine prima della deposizione del-le uova, non disdegnano prede animali. I naucoridi, che prediligono acqueben ossigenate, anche se sempre nei punti a scorrimento lento, cacciano lar-ve di plecotteri e di efemere. I nepidi, infine, conducono la loro esistenzaacquattati sul fondo, impegnati in lunghi e pazienti agguati. Sono caratteriz-zati da un lungo tubo posteriore, grazie al quale raggiungono la superficie del-l’acqua per respirare ossigeno atmosferico. Nepa cinerea e Ranatra linearis

hanno il primo paio di zampe raptatorie: in Nepa ricordano le chele dei pedi-palpi di uno scorpione.

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Nepa cinerea

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porta a parlare di una seconda famiglia di ditteri, decisamente legata alle acquecorrenti, quella dei simuliidi. Le loro larve, tendenzialmente reofile, hanno aspet-to vermiforme, come è tipico dei ditteri, ma sono caratteristiche perché la regio-ne terminale dell’addome è leggermente rigonfia. Il loro apparato boccale pre-senta due tipici ciuffi di setole ricurve e fornite, a loro volta, di minutissimi peliche, nell’insieme, costituiscono un efficace sistema filtrante. Vivono attaccatealle pietre o alla vegetazione sommersa di corsi d’acqua anche particolarmentevivaci e si agganciano al substrato mediante un complicato disco adesivo fattodi infinitesimi uncini e fili di seta sottili, ma resistenti. Spesso, come nel caso diSimulium argenteostriatum e di Simulium brevifile, formano fitti assembramenti.La fase pupale viene trascorsa in una saccoccia attaccata al substrato, fatta diseta prodotta dalle ghiandole salivari, in attesa della fine della metamorfosi; dalsacco sporgono le vistose tracheobranchie a ciuffo.Allo stadio adulto i simuliidi hanno l’aspetto di minuscoli moscerini i cui maschi,nella breve stagione riproduttiva, volano in sciami lungo le rive dei corsi d’acquada cui sono sfarfallati, richiamando le femmine. Dopo l’accoppiamento quest’ul-time, che sono ematofaghe, vanno in cerca di vertebrati a sangue caldo; torne-ranno successivamente all’acqua per deporvi le uova. I simuliidi delle nostreregioni possono essere vettori di nematodi parassiti, causa di patologie di inte-resse veterinario. Molte specie sono tendenzialmente stenoecie, legate ad acquefredde ben ossigenate, come Simulium galloprovinciale e Simulium monticola.Simulium intermedium, all’opposto, si può addirittura sviluppare anche in acquecloacali, sfruttando l’abbondanza di sostanze organiche in sospensione.Anche il vasto sottordine dei ditteri brachiceri presenta una infinita varietà diadattamenti e include specie che trascorrono la fase larvale nelle acque corren-ti. Gli adulti hanno generalmente antenne brevi di tre articoli, dei quali l’ultimo èil più grande. Anche le larve di molti empididi (ad esempio, tra quelli dei generiHemerodromia e Wiedmannia) vivono in acque correnti, negli stessi ambienti incui troviamo i simuliidi di cui sono predatori. Le larve degli empididi distruggo-no simuliidi sia allo stadio di larva che di pupa, insediandosi in questo casoall’interno delle sacche pupali svuotate. Anche gli adulti sono predatori.

Tricotteri. I tricotteri sono insetti a metamorfosi completa, il cui ciclo larvale sisvolge in acque dolci, per lo più correnti, mentre l’adulto è terrestre. Attraggonol’attenzione anche dell’osservatore meno attento a causa dei curiosi foderi chele larve producono e all’interno del quale nascondono il loro corpo.Queste larve, dall’aspetto grossolanamente simile a bruchi di farfalle, hannograndi ghiandole sericipare tubulari, in qualche caso lunghe quanto il corpo, ilcui prodotto viene emesso da un dotto che sporge tra i palpi labiali. Gli astuccicostruiti grazie alla seta prodotta da queste ghiandole hanno aspetto moltodiverso a seconda delle specie. Le strutture più note sono foderi tubulari, prov-

l’altro, diverse specie ematofaghe allo stadio adulto e, spesso, vettrici di pro-tozoi o nematodi di interesse parassitologico anche per la specie umana.Le larve allungate e sottili dei chironomidi sono molto caratteristiche e si inse-diano, con le varie specie, negli ambienti acquatici più svariati, dalle sorgenti aifondali melmosi ai letamai. Anche il ruolo ecologico che svolgono dal punto divista trofico è estremamente vario: sono genericamente microfaghe, ma alcunespecie, nel gruppo delle ortocladiine, sono minatrici di piante acquatiche o con-ducono vita epizoica su stadi pre imaginali di altri ditteri o di efemerotteri. Ce nesono di predatrici e di filtratici, in grado di costruire reti di saliva che poi ingeri-scono col materiale organico catturato, mentre altri (fra le chironomine, comeChironomus) vivono dentro tubuli costruiti con una secrezione prodotta dalleghiandole salivari. Molte specie vivono in acque correnti o in sorgenti di variotipo. Di norma, le specie più comuni si ritrovano in ambienti a debole scorri-mento, magari con accumuli di materiale organico (ad esempio, specie deigeneri Glyptotendipes, Cryptochironomus, Cladopelma, Polypedilum e Steno-

chironomus). Molte specie, come quelle appartenenti alla sottofamiglia dei tani-podini, guizzano in acque correnti predando ogni sorta di invertebrati, nonescluse altre larve di chironomidi. Altre, come le larve di Orthocladius di sorgen-ti sulfuree, per resistere alla corrente si insediano all’interno del sacco pupale diSimulium bezzi e finiscono per reciderne i filamenti respiratori portando a morteil simuliide e prendendo poi possesso del rifugio ormai svuotato. Questo caso ci

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Larva (in alto) e pupa (in basso) di chironomine: la pupa si è appena liberata dell’ultima exuvia larvaleche porta ancora attaccata al corpo

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di gasteropode. Oltre ai foderi che le larve trascinano sul fondo ne esistono difissi, attaccati al substrato, come negli psicomiidi, detritivori o fitofagi, checostruiscono lunghe gallerie fissate alle pietre. Molte specie di tricotteri usanola seta per fabbricare strutture a sacco che funzionano come reti da pesca,come avviene nei filopotamidi e nei policentropodidi, ed è la corrente stessadel fiume a portare il materiale organico utile per l’alimentazione.Le specie di riacofilidi, infine, sono carnivore e non costruiscono foderi: si aggira-no in caccia libera tra le pietre e si servono dei pigopodi e dei fili di seta per resi-stere alla corrente. Si tratta probabilmente di un uso primitivo di queste strutture.Affidano però la delicata fase della metamorfosi ad un robusto ricettacolo di pie-truzze che viene fissato al substrato. Quasi sempre, in effetti, la fase pupale deitricotteri si svolge all’interno dell’astuccio larvale, che viene fissato al substratoprima che la larva cessi completamente di essere attiva. Nel caso delle specieche non hanno astuccio, all’approssimarsi del passaggio da larva a pupa vienecostruita una camera pupale - di sabbia o di pietruzze, a seconda delle specie -all’interno della quale la larva si chiude in un bozzolo di seta. In primavera la pupafuoriesce dal suo astuccio e raggiunge la superficie, dove sfarfalla l’insetto per-fetto. Questo nuota attivamente, rimanendo asciutto grazie ai peli idrofughi delleali, spingendosi soprattutto con le zampe medie dotate di una frangiatura. Le lar-ve di Potamophylax cingulatus e di alcune specie di Allogamus si raggruppano inaffollamenti molto numerosi e lo sfarfallamento può avvenire in massa.I tricotteri, nella fase adulta, sono molto meno familiari delle larve, pur essendoinsetti di piccola-media taglia e quindi ben visibili. Scialbi e schivi, facilmenteconfusi con le farfalle notturne, hanno caratteristiche antenne lunghe e sottili.La colorazione varia dal giallino al bruno, alcune specie hanno le ali nere. A par-te gli idropsichidi, che sembrano preferire la luce del sole, entrano in attività alcrepuscolo e di notte. La somiglianza con le farfalle notturne indica in effetti lastretta parentela filogenetica tra lepidotteri e tricotteri. Questi ultimi hanno le alidisposte a tetto a coprire l’addome, proprio come molte farfalle notturne quan-do sono posate. Le ali però non sono coperte da squame colorate come neilepidotteri, ma da una fitta peluria (da cui deriva il nome dell’ordine che signifi-ca appunto “ali pelose”). Inoltre, gli adulti non hanno una spiritromba, ma unapparato boccale vestigiale e si nutrono occasionalmente di sostanze vegetali.Dopo l’accoppiamento depongono, sulla riva o direttamente in acqua, masse-relle di uova, attaccandole di solito ad un substrato fisso. Alcune specie diMonocentra o di Drusus ovidepongono in inverno. Durante la fase larvale i tri-cotteri sono in genere specificamente legati ai vari tratti del fiume. Si possonocitare le larve del geride Silo nigricornis, veri e propri crenobionti, cioè formespecificatamente adattate agli ambienti sorgivi. Per il ritral citiamo, sempre atitolo di esempio, varie specie di Rhyacophila, mentre del potamal sono caratte-ristiche, oltre ad altre Rhyacophila, alcune specie di Hydropsyche.

69visti in genere di aperture alle due estremità. Gli stadi pre imaginali vivono all’in-terno di questi foderi (larve coleofore). Grazie alle forti unghie di un paio diappendici presenti sull’ultimo segmento addominale (pigopodi) la larva si anco-ra fortemente alle pareti del suo fodero. Il capo e il torace con le forti zampesporgono dall’apertura anteriore. L’apertura posteriore è più piccola e tra le dueaperture si viene così a creare una corrente d’acqua continua, che consente unabuona ossigenazione delle tracheobranchie, filiformi o piumose, che sporgonodall’addome molle. Questi foderi possono essere trasparenti, formati dalla solaseta (come nel leptoceride Ceraclea), o ricoperti da minuscoli sassolini, pezzi difoglie o di rametti, e perfino conchiglie e opercoli di gasteropodi.Il nome comune con cui vengono indicati i tricotteri (noti al grosso pubblicoper lo più solo per la fase larvale) è “friganee” (che si richiama al nome scienti-fico di una delle famiglie dell’ordine, i friganeidi), ma forse i nomi volgari piùnoti sono “portasassi” o “portalegna” e si riferiscono evidentemente a quellespecie che scelgono appunto questi materiali per la costruzione degli astucciprotettivi. Per lo più questi ultimi sono a cono allungato, ricoperti di pezzettivegetali variamente ornati, come nei brachicentridi, o disposti a spirale, comenei friganeidi, che vivono in acque a debole scorrimento. Nelle specie chevivono in acque veloci sono formati per lo più da sassolini più pesanti, comenei lepidostomatidi o nei geridi, oppure, come nei limnefilidi, anche da conchi-glie di gasteropodi o bivalvi, o da pezzetti di legno. Negli elicopsichidi l’astuc-cio, fatto di pietruzze, è a forma spirale, e ricorda decisamente una conchiglia

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Larva di tricottero del genere Hydropsyche, nella sua loggetta pupale

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■ Introduzione e inquadramento

ambientale

Il gradiente di umidità nel suolo, a parti-re dal letto fluviale più o meno costan-temente allagato fino ai boschettimesofili e ancor più su, fino alle partiarginali più alte a fascia prativa arida osubsteppica, dà origine in poco spazioa un transetto di ambienti ben caratte-rizzati che ospitano popolamenti diinvertebrati notevolmente diversi. Si aggiungono poi, a diversificare maggior-mente il transetto, la morfologia dell’alveo e la struttura e l’ampiezza della gole-na di espansione, il tipo di suolo ripariale e arginale (limoso-argilloso, sabbioso,ciottoloso-ghiaioso, roccioso) e la tipologia vegetazionale, legnosa ed erbacea.In più, vengono a modificare e a diversificare ulteriormente le situazioni localidi alvei e golene vari elementi, naturali e antropici, di disturbo. Tra i primi, l’e-vento a cadenza occasionale che più incide sui popolamenti di invertebrati èdovuto alle forti piene, a seguito di piogge abbondanti o di rapido scioglimen-to della neve nell’alto bacino imbrifero dei fiumi. In questo caso, sebbene ilfenomeno presenti anche aspetti positivi come il deposito di nuovi strati disedimento limoso, sabbioso o ciottoloso, che poi formano microambienti inte-ressanti per gli invertebrati igro-geofili o lapidicoli, tali eventi sconvolgono, avolte completamente, gli ambienti ripicoli e golenali. Nell’occasione di forti tor-bide, le acque invadono ampi spazi, specialmente lungo i grandi fiumi dellapianura, allagando gli ambienti alluvionali di espansione.In questi periodi di forte instabilità, i popolamenti di invertebrati subisconosconvolgimenti anche gravi. Le specie attere e brachittere, specialmente, pos-sono venire falcidiate per dispersione o annegamento. Oppure, come comu-nemente avviene in occasione di piene improvvise, vengono trascinate insie-me agli abbondanti ammassi galleggianti di detrito vegetale, a mo’ di zattera,per lunghi tratti, a volte fino al mare. Così queste popolazioni, violentementestrappate ai loro ambienti di origine, si ritrovano, relitte e in condizioni precarie,presso le foci dei fiumi, in ambiente salato non tollerato da molte specie che

Gli invertebrati degli ambienti terrestriETTORE CONTARINI

Oberea oculata

Aromia moschata

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73trovano rifugio, nelle locali condizioni di precaria umidità, sotto ai detriti spiag-giati, o si riducono a singoli individui dispersi nel retroduna. Peraltro, solo alcu-ne specie più resistenti e anche buone volatrici, o giunte da ambienti menoremoti, formano a volte effimere colonie locali che possono sopravvivere più omeno a lungo nel tempo. Esiste tutta una casistica di specie raccolte presso ilmare, a volte anche in acqua a molta distanza dalla riva, dopo le forti torbidefluviali: addirittura, coleotteri carabidi di alta montagna aggrappati a tronchid’albero o ditiscidi (coleotteri che vivono nelle acque dolci) nuotanti in mareaperto. Proprio per difendersi da tali pericoli di fluitazione forzata lungo le rivefluviali, certe popolazioni di coleotteri, carabidi specialmente, presentanoconformazione e sviluppo alare diversi a seconda dell’ambiente dove vivono.Ad esempio, la stessa specie se insediata in un bosco lontano dai fiumi, in unsito a elevata stabilità, presenta popolazioni di individui brachitteri (ad ali ridot-te), se infeudata invece nelle boscaglie fluviali soggette ad allagamento mostranella maggioranza degli individui struttura alare ben più sviluppata, cioè in for-ma macrottera, utile adattamento ambientale per sfuggire rapidamente in voloin caso di piene improvvise. Altro fattore di forte disturbo per le comunità bio-tiche che si sviluppano lungo i fiumi è naturalmente l’inquinamento dei corpiidrici, specialmente per accumulo di reflui diversi nei tratti medio-bassi deicorsi fluviali.Per comodità di presentazione, si ritiene opportuno, a questo punto; creareuna suddivisione tipologica degli habitat ripariali in base al tipo di alveo e digolena fluviale e ai loro ambienti. Gli schemi corrispondono a due orizzonti alti-tudinali che tracciano il transetto faunistico delle rive fluviali dalla pianura alpiano submontano inferiore:● fiumi planiziali e di bassa collina (altitudine 0-200 m circa s.l.m.), nella quasitotalità in alveo artificiale, caratterizzati nei larghi greti e, nelle ampie golenepiatte, da depositi limoso-argillosi o sabbiosi su cui crescono, nelle fasce piùprossime al letto fluviale, i tipici saliceti di riva. I pochi boschetti golenali pre-senti al di fuori del saliceto sono in genere formati da elementi alloctoni, comerobinia e ailanto;● fiumi dell’orizzonte collinare/submontano inferiore (altitudine 300-600 mcirca s.l.m.), con greti ancora discretamente ampi ma comunque già profon-damente incassati all’interno dei solchi vallivi. Una delle caratteristiche deglialvei dai 200-300 metri in su è, di norma, la comparsa delle alluvioni ghiaioseo ciottolose recenti, a granulometria varia, e delle alluvioni fossili, ossia i ter-razzi al di sopra del letto fluviale. La vegetazione legnosa si presenta ancoracon densi saliceti di riva, ontaneti, ecc., a ridosso dell’acqua, mentre più amonte, spesso, queste formazioni più igrofile si fondono con gli alberi e arbu-sti tipici delle colline asciutte come carpino nero, roverella, orniello, castagno,rosa, corniolo, ecc.

72 ■ Fiumi planiziali e di bassa collina (circa 0-200 m s.l.m.)

Quasi tutti i fiumi italiani, grandi o piccoli, in seguito alle arginature artificialipresentano oggi un transetto arginale formato da tre subambienti emersi prin-cipali. Queste tre fasce, che decorrono parallelamente al letto del fiume,appaiono nettamente distinte e caratterizzate anche negli aspetti vegetaziona-li, oltre che nei popolamenti di invertebrati che vi si insediano: la fascia del sali-ceto di riva, umida e ombrosa; la piatta e aperta golena di espansione a pian-te erbacee mesofile; la sommità arginale prativa e substeppica. Per ciascunodei principali gruppi sistematici si presentano, di seguito, gli aspetti più rile-vanti del popolamento del saliceto, della golena e delle sommità arginali, nel-l’ordine.

Molluschi Gasteropodi. Come in tutti gli ambienti ombreggiati e umidi, anchenella boscaglia ripariale trovano rifugio chiocciole e limacce. Ai marigini deiboschetti è facile rinvenire alcune elicidi comuni dal nicchio globoso e anellatodi chiaro e scuro, come Cepaea nemoralis, dal disegno variabilissimo, o lo scre-ziato Cornu (=Helix) aspersum che pur più tipico di ambienti ruderali o degrada-ti spesso si spinge anche nella vegetazione ripariale, o l’ancor più grossa ededule Helix lucorum, abbastanza diffusa in Italia, salvo che nel settore alpino.Più tipici di questi ambienti, però, sono altri gasteropodi di minori dimensioni,come la caratteristica Hygromia cinctella, Zonitoides nitidus e Carychium che si

Cornu (= Helix) aspersum e nicchi di Hygromia cinctella

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esempio lungo alcuni tratti delle rive del Sile, del Mincio e dell’Arno che, quandosi scoperchia il loro rifugio molto umido, a volte addirittura intriso d’acqua, salta-no in tutte le direzioni, simili a minuscole cavallette dal corpo translucido.Crostacei a costumi più schiettamente terrestri, spesso capaci, se disturbati,di chiudersi su se stessi a pallina, si tratta degli isopodi o porcellini di terra, dicolor grigio oppure ocraceo, presenti un po’ dovunque dove c’è detrito vege-tale umido, nel legno fradicio, sotto la lettiera di foglie, alla base degli alberi,nelle fessure del terreno. Risultano diffuse nel basso alveo fluviale numerosespecie appartenenti ai generi Porcellio, Armadillidium, Oniscus e altri.

Miriapodi. In genere, i miriapodi non sono abbondanti in questi ambienti,soprattutto i diplopodi o millepiedi, che prediligono quegli accumuli stabili didetrito vegetale che sono caratteristici dei boschi maturi di latifoglie. Lungo ifiumi, tuttavia, è possibile rinvenire qualche Brachydesmus, rappresentantedei polidesmidi, dal corpo piuttosto largo e formato da una ventina di anelli intutto, e qualche Ophyiulus, cilindrico, che rappresenta invece gli julidi.Fra i centopiedi o chilopodi, più veloci e vivaci, tra i detriti vegetali ed ai piedidegli alberi lungo i fiumi si ritrovano spesso rappresentanti dei litobiomorfi(Lithobius borealis e altri congeneri, e nei boschetti ripariali del Nordest ancheil più grosso Eupolybothrus tridentinus, dalle lunghe ed esili zampe), degli sco-lopendromorfi (qualche velocissimo Cryptops) e dei geofilomorfi (spesso Pleu-

rogeophilus mediterraneus a nord, Pachymerium ferrugineum nelle pianurenon lontane dal mare e Stigmatogaster gracilis in buona parte d’Italia).

Ortotteri. La maggior parte degliortotteri ha costumi alimentari fitofagi,ma senza la precisa specializzazionealimentare che è invece frequente inmolti coleotteri e lepidotteri. I duegruppi principali riconoscibli all’inter-no di quest’ordine - gli ensiferi dallelunghe antenne, con femmine provvi-ste di lungo ovopositore, e i celiferidalle antenne più brevi e con femmineprive di ovopositore - sono entrambi

tendenzialmente termofili e, nelle nostre regioni, più ricchi di specie negliambienti aperti a vegetazione erbacea. Negli ambienti fluviali, la loro presen-za nel basso alveo e nel saliceto è quindi assai modesta, mentre nelle goleneasciutte e nelle fasce prative aride arginali sono comuni e diffuse, a volteabbondantissime, specie come Phaneroptera nana, Calliptamus italicus,

Conocephalus conocephalus, Xiphidion discolor (= C. fuscus), Ruspolia niti-

75ritrovano più facilmente nella lettiera. Sulle piante emergenti dall’acqua sonopresenti specie anfibie come il succineide Oxyloma elegans.Nei tratti asciutti dei greti di vari corsi d’acqua, è inoltre tipica la presenza diLucilla (= Helicodiscus) singleyana, una specie introdotta, mentre nei punti piùaridi si possono talvolta osservare anche specie xeriche come Candidula uni-

fasciata, Monacha cartusiana e Trochoidea pyramidata.

Ragni. La presenza dei ragni è spessosottolineata dalla distribuzione delleloro “tele”, di struttura molto variabileda specie a specie.Non tutti i ragni, però, fanno caccia daappostamento fisso; anzi, una parte dispecie di piccola taglia, come i saltici-di, pratica invece la caccia libera. Lafascia del saliceto, fitta e ombrosa,appare quella meno gradita dai ragni,anche se qualche clubionide si serve

spesso delle foglie dei salici come tetto ai propri ricoveri fatti di seta. Attra-versando le golene e le rive alte e asciutte sono invece frequenti molte speciedi medie e piccole dimensioni che dimorano sulle erbe o sul terreno. Nel ter-riccio, sotto gli accumuli di detrito vegetale, in corsa sul suolo scoperto, sullabassa vegetazione erbaceo-cespugliosa, si incontrano comunemente moltiragni appartenenti agli araneidi (generi Araneus, Cyclosa, Tetragnatha, Singa

e Zygiella), ai clubionidi (Cheiracanthium e Clubiona), agli gnafosidi (Gnapho-

sa e Zelotes) e ai licosidi (Alopecosa e Trochosa). Sulla vegetazione bassastanno appostate o vagano alla ricerca di prede specie come Agelena laby-

rinthica (agelenidi), Pisaura mirabilis (pisauridi) e il caratteristico ragnetto ver-de Micrommata virescens (eusparassidi).

Crostacei. Lungo le aste fluviali, i cro-stacei terrestri (o semiterrestri) fanno laloro comparsa quasi esclusivamentenella fascia del saliceto di riva e pressole acque. Al margine dei ristagni d’ac-qua stagionali, sempre al riparo di detritivegetali umidi o di legni depositati sullerive dalle esondazioni fluviali, si possonoincontrare facilmente piccoli crostaceisemiterrestri: si tratta di Orchestia cavi-

mana, anfipodi “salterini” frequenti ad

74

Micrommata virescens

Orchestia cavimana

Calliptamus italicus

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Coleotteri Carabidi. A primavera, spe-cialmente, nella parte più bassa e qua-si priva di vegetazione dell’alveo, suidepositi argillosi in rapido essicamentoal sole lasciati dalle acque di torbida inritiro, si può osservare una riccacoleotterofauna geofila costituita daspecie di piccola taglia appartenenti inprevalenza alla famiglia dei carabidi. Sipuò parlare di una vera e propria asso-ciazione ripicola specializzata, dellaquale gli elementi più caratterizzantiappartengono a generi come Ocydro-

mus, Bembidion, Asaphidion ed Para-

tachys. Convivono nei loro microhabi-tat di elezione anche diversi rappresen-tanti luticoli ed eliofili di altre famiglie,come stafilinidi, anticidi, pselafidi, scid-menidi, curculionidi, ecc.Scavalcando la fascia del saliceto, cheper le sue caratteristiche microambien-tali a vegetazione intricata è poco adat-

ta all’insediamento di una fauna geofila, sulle aperte golene e le praterie argina-li il profilo faunistico muta completamente. Qui i carabidi si presentano, in con-cordanza con ambienti asciutti a xerobrometo o vegetazione substeppica, conentità a costumi spiccatamente termofili. Le distese prative a erbe spontanee,o a fieno seminaturale, o ancora a medicaio, ospitano in prevalenza speciedella sottofamiglia arpalini, a costumi alimentari spiccatamente granivori(spermofagi). Prevalgono tra questi i generi Ophonus, Pseudophonus, Harpa-

lus, Stenolophus, Diachromus, Gynandromorphus, Anisodactylus, insieme acarabidi di altri gruppi come quelli del genere Amara.Un gruppo molto specializzato di carabidi è quello delle cicindele, agili predato-ri diurni dalle enormi mandibole dentate. Negli spazi asciutti arginali, e ancorameglio se a suolo prevalentemente nudo, gli esemplari di Cicindela campestris,la specie più comune, si spostano in volo a rapidi balzi di pochi metri. Più loca-lizzata in colonie sparse, e legata alle erbe molto basse e rade delle golene ten-denzialmente umide, un’altra bella specie di cicindela, Cylindera germanica,seppur buon volatore preferisce di fronte a un pericolo far perdere le sue traccecorrendo a velocità incredibile sul terreno erboso. Anche la congenere Cylinde-

ra arenaria è un elemento potamofilo e la sua presenza, sulle sabbie e sulleargille nude golenali, è nota per pianura e collina in quasi tutte le regioni italiane.

77dula (= C. nitidulus), Tettigonia viridissima, Ephippiger perforatus, Pezotettix

giornai, Sphingonotus caerulans, Omocestus ventralis (= Stenobothrus ven-

tralis) e diverse specie di Chorthippus.Tra le specie citate, molte sono d’aspetto poco appariscente, di forme tozze econ colori spenti che vanno dall’ocraceo al grigio, e di modeste dimensioni.Ma ve n’è qualcuna, fortemente mimetica tra la vegetazione, che si lasciaammirare per l’eleganza di forme. È il caso della verdissima Ruspolia nitidula,un ensifero tettigoniide dal lunghissimo ovopositore.Tra i grillidi, oltre a specie euriecie come il comune grillo campestre o grillocanterino (Gryllus campestris) o il più piccolo e ocraceo Modicogryllus burdi-

galensis, è da segnalare come elemento che vive presso le acque, o comun-que nei greti umidi, la presenza di Pteronemobius concolor (= P. heideni).

Eterotteri. La maggior parte degli eterotteri (le popolari “cimici delle piante”) èlegata alla vegetazione, soprattutto a quella erbacea, ma alcune specie, spe-cialmente fra i ligeidi e i pirrocoridi, trascorrono la loro esistenza al suolo, fra ildetrito vegetale. Di norma si nutrono della linfa delle piante stesse, ma alcunisono zoofagi. Sono in prevalenza eliofili e termofili e anche negli ambienti flu-viali frequentano gli spazi erbosi caldi e asciutti, con una ricca rappresentanzadi specie e spesso anche con abbondanza di individui. Molte specie risultanofedeli o molto fedeli a determinate specie di piante o almeno a certe famiglie

botaniche. Fra i pentatomidi, sulle ombrellifere (Daucus, Pastinaca,Foeniculum) spicca l’onnipresente Graphosoma lineatum, a righe

rosse e nere longitudinali. Sulle crocifere delle parti arginali sabbiosee aride si rinviene Eurydema ventrale (vedi disegno), dal colore ros-so vivace, e in particolare sta sulla ruchetta selvatica (Diplotaxis

spp.). Fra i ligeidi, comuni nelle fasce erbacee asciutte e calde del-le arginature fluviali, sono presenti specie come Tropidothorax leu-

copterus, Lygaeus equestris, Spilostethus pandurus e Nysius thymi.

Omotteri. Più che per le cicale, la cui presenza non è peraltro rara nelle fascealberate prospicienti l’acqua, gli omotteri si segnalano lungo i fiumi per la pre-senza di numerose specie di cicadelle, tutte capaci di compiere salti abba-stanza ampi grazie alle lunghe zampe posteriori (ma non ingrossate, a diffe-renza dalle cavallette). Caratteristica di questi ambienti è Cicadella viridis,inconfondibile per il bel colore verde delle ali anteriori, mentre il corpo è mac-chiato di giallo e di verde, i caratteristici colori con cui si mostrano le giovanininfe della specie, frequenti sulle erbe fresche delle rive. Non si lasciano osser-vare, invece, le ninfe delle “sputacchine” (Philaenus spumarius e altre specie),perché si sviluppano, sulle piante, all’interno di un ammasso di spuma bianca-stra che le protegge dai predatori e dalla disidratazione.

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Cicindela campestris

Cicindela silvicola

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Coleotteri Cerambicidi. I cerambicidi,noti anche sotto il nome di longicorniper le loro antenne lunghissime (spessopiù del corpo; a volte addirittura 2-3volte quest’ultimo), sono rappresentatinell’ambito fluviale da varie specie, inqualche caso esclusive degli arginierbosi asciutti (almeno nella situazioneambientale attuale, dopo la pesanteantropizzazione dei territori circostanti). Alcune grosse specie sono presenti emolto diffuse nel saliceto come xilofagiprimari, che a livello larvale, cioè, infesta-no piante perfettamente vive. Fra que-ste, il massiccio Morimus asper, di colo-re nerastro, i cui maschi più robusti han-no antenne di 7-8 centimetri di lunghez-za. La specie è polifaga, ma risulta pre-valentemente legata al pioppo nero.Meno spesso, sempre su quest’ultimapianta o vagante nei dintorni, si può rin-venire l’affine Lamia textor, che è normal-mente alata, a differenza di Morimus. Esclusiva dei salici più vetusti, con adulti atti-vi nella tarda primavera, è la bellissima Aromia moschata, vistosa ed elegante, cosìchiamata perché al minimo disturbo emette un liquido dal vago ma caratteristicoodore di muschio umido. Il colore verdeazzurro lucente dell’intero corpo, più viola-ceo nelle femmine, associato alle notevoli dimensioni (fino a 5 centimetri, antenneescluse), ne fanno uno dei cerambicidi più appariscenti della fauna europea.Le golene di espansione, se non troppo alterate o coltivate, mostrano una diste-sa di erbe prative a cui sono legati alcuni peculiari cerambicidi. Sul terreno, unodei primi sfarfallamenti primaverili è quello dei Dorcadion, cerambicidi dal corpobreve e tozzo, atteri, di 1-2 centimetri di lunghezza. Le larve, tozze e biancastre,vivono sotto terra nel fitto intrico di radichette della cotica erbosa, nutrendosidelle parti vegetali ipogee. Divenuti dopo un anno adulti, già a marzo della pri-mavera successiva fuoriescono dal terreno nelle ore diurne, nei prati golenali esui pendii arginali caldi e asciutti. Le due specie più comuni e diffuse sono Dor-

cadion arenarium, nella sua subspecie subcarinatum, largamente rinvenibile lun-go tutti i fiumi dell’Italia centro-settentrionale, e D. etruscum (= D. femoratum)molto più diffuso e a volte comunissimo nel centro-sud della penisola.Sui pendii delle sommità arginali ben esposte al sole, a maggio-giugno si rin-vengono frequentemente altri cerambicidi di piccola taglia, la maggior parte

79Coleotteri Scarabeoidei. Per il salice-to di riva, l’unico elemento faunisticoche merita attenzione è Osmoderma

eremita (specie di interesse comunita-rio ai sensi della “Direttiva habitat” ,92/43/CEE). Purtroppo oggi, in tutta laPianura Padana e in centro-Italia, que-sta vistosa e rara specie appare ormaiestremamente relittuale nei pochi trattidi asta fluviale con salici grossi e vec-chi, così come nei filari di salici in altriambienti (vecchi tutori dei coltivi, ecc.).Al margine del saliceto, sugli arbustifioriti (biancospino, sanguinello, sam-buco nero) arrivano nella tarda prima-vera quelle specie euritope che, ben-ché si sviluppino anche nella rosuraumida delle piante del basso alveo,non ne sono in alcun modo elementicaratterizzanti. Si tratta delle soliteCetonia aurata, Protaetia cuprea (giànota come Potosia cuprea), Netocia

morio e le più piccole Tropinota hirta e T. squalida. Al suolo, tra le erbe arginalibasse degli ambienti molto caldi, una specie-guida piuttosto specializzata, afenologia primaverile, è la piccola Hoplia brunnipes, diffusa ma localizzata.Insieme, deambulante sul terreno già a fine inverno, molto frequente è il benpiù euriecio Pentodon bidens punctatum, caratterizzato da un forte nomadi-smo, e i melolontidi crepuscolari che si muovono in volo al tramonto comeAnoxia villosa, Miltotrogus fraxinicola e varie specie di Amphimallon.Gli scarabeoidei - sia quelli fitofagi qui ricordati, sia quelli stercorari e saprofa-gi - fanno la loro apparizione, di solito, con presenze occasionali e localizzate.Ad esempio, nel centro-sud della penisola dove ancora le rive dei grandi corsid’acqua vengono percorse da greggi ovini, o nel centro-nord, dove i fiumisono divenuti delle vie turistiche per le escursioni ippiche, numerosi sono gliscarabei stercorari che si rinvengono nelle deiezioni animali depositate lungole sommità arginali. Sono frequenti in questo ambiente molte specie di afodii-ni, ontofagini e, fra le specie di maggiori dimensioni, anche qualche geotrupi-no, come Geotrupes spiniger al nord e Thorectes intermedius nel centro-suddella penisola. Una nota faunistica particolare è data dalle piccole specie delgenere Psammodius, a costumi di vita detricoli, psammofili o luticoli, che fan-no la loro apparizione soprattutto nei mesi primaverili.

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Osmoderma eremita

Miltotrogus fraxinicola

Morimus asper

Dorcadion arenarium

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Lepidotteri. Alle farfalle ad attività diurna di volo (i ropaloceri, che prendono ilnome dalle antenne a forma di clava ingrossata nella parte distale) appartieneuna bella e interessante specie: Apatura ilia. Si tratta di un vistoso lepidotterodella famiglia dei ninfalidi, le cui ali ferrugineo-screziate sotto opportune inci-denze della luce restituiscono riflessi blu-viola di notevole bellezza (colori fisi-ci). È un’entità particolarmente legata ai fiumi: le sue crisalidi, affusolate e pen-dule rispetto al ramo di sostegno, si metamorfosano spesso proprio sui saliciche sporgono sopra alle acque del letto fluviale. Lo sviluppo avviene sui salicistessi (solo in rari casi sui pioppi e sugli ontani), dove le larve si nutrono dellefoglie della chioma. Negli ultimi anni questa specie sta affermandosi semprepiù lungo il corso planiziale dei fiumi di varie regioni del centro-nord d’Italia e inparticolare nella Pianura Padana.Sempre legato ai saliceti di riva è un lepidottero di notevoli dimensioni a volostrettamente notturno, il nottuide Catocala elocata. Gli adulti stanno, in posi-zione di riposo, con le ali disposte a delta a ricoprire l’addome e appaionocompletamente grigi; ma allorché scattano in volo compare un vistoso giocodi fasce rosse e nere sulla pagina superiore delle ali posteriori.Le golene a erbe mesofile e in parte tendenti agli aspetti xerofili ospitano diffu-samente un altro lepidottero nottuide, di più modeste dimensioni: il plusiinodai colori grigi Macdunnoughia confusa, con abitudini di volo sia notturne chediurne, che anche sotto al pieno sole vola rasentando le erbe con il suo rapi-dissimo andamento tortuoso. La sua larva si sviluppa su varie erbacee prative

81dei quali appartiene alla tribù dei fiteci-ni: diffuse sono Phytoecia virgula e P.

pustulata, mentre una terza specie, P.

vulneris, risulta un’entità molto interes-sante a livello ecologico e biogeografi-co. Nei fiumi padani, le larve di questocerambicide si sviluppano nelle radicidelle salvie selvatiche presenti negliargini, Salvia verbenaca e S. pratensis.

Coleotteri Crisomelidi e Curculioni-

dei. Questi gruppi comprendono mol-tissime specie, tutte fitofaghe. Tra i cri-somelidi, elegante famiglia di specie ditaglia medio-piccola, spesso dai colorivivacissimi e “metallizzati”, nel salicetoe nei suoi dintorni (ecotono bosco-pra-to) è rinvenibile con frequenza Chrysoli-

na herbacea i cui adulti, di un inconfon-dibile verde chiaro lucidissimo, fre-quentano assiduamente le mente sel-vatiche (Mentha aquatica, M. longifolia,

M. spicata) dove si sono sviluppati come larve. Sulle foglie del pioppo nerodimora invece la crisomela del pioppo (Chrysomela populi) le cui larve, che nerodono le foglie, emanano un odore forte, inconfondibile, che serve comerepellente contro i predatori. Sulla vegetazione bassa, erbacea e arbustiva, èfacile osservare altre specie coloratissime come Chrysolina rossia, C. america-

na, C. polita, Chrysomela saliceti e, dove appare il fragmiteto, Chrysolina grami-

nis che si sviluppa proprio sulla cannuccia di valle.Per i curculionidi, una presenza tipica di questo ambiente sono gli adulti diLepyrus palustris, che a primavera si possono vedere mentre deambulano len-tamente sui depositi argillosi ancora umidi nel basso alveo, dopo il ritiro delleacque invernali, o celati sotto i detriti vegetali. La sua larva si sviluppa sulleromici (Rumex spp.) e, giunta a maturità, si impupa nel terreno all’interno di unpiccolo bozzolo terroso. L’adulto neosfarfallato invece, dopo aver vagabondatoal suolo, sale sulla vegetazione cespugliosa o arborea, frequentando assidua-mente i salici ripicoli in fioritura (Salix purpurea e S. apennina specialmente, avolte anche S. fragilis e S. triandra). Merita di essere citato anche Chlorophanus

graminicola, curculionide molto localizzato in modeste colonie che, almeno alcentro-nord d’Italia, sembra legato solamente ai fiumi e proprio al saliceto diriva, dove le larve si sviluppano su salici e, secondariamente, sugli ontani.

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Crisomela del pioppo (Chrysomela populi)

Apatura ilia

Phytoecia vulneris

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■Fiumi del piano alto-collinare/submontano inferiore (circa 300-600 m s.l.m.)

Questo orizzonte altitudinale è caratterizzato, rispetto ai fiumi di pianura e bassacollina, da una maggior naturalità degli alvei e delle sponde. I greti sono general-mente delimitati sui due lati da balzi ripidi ricoperti di fitta vegetazione legnosa. Ilsaliceto-alneto di riva, fondendosi spesso con la vegetazione naturale o subnatu-rale più a monte, mostra aspetti molto varianti secondo le località e le regioni.

Aracnidi. Nella fascia priva di vegeta-zione a diretto contatto con le acquecorrenti, caratteristici delle alluvionighiaiose sono i ragni licosidi del genereArctosa che si spostano continuamentecon incredibile velocità in tutte le dire-zioni, dentro e fuori dagli interstizi fra iciottoli, a volte con densità di 20-30individui per m2. Una delle specie piùcomuni e diffuse è A. cinerea; ma è fre-quente presso le acque anche A. perita.

Altre entità appaiono più localizzate, fino ad elementi come A. stigmosa nota perle rive ghiaioso-sabbiose presso le acque correnti nel Parco del fiume Taro.Fra le specie della famiglia dei tetragnatidi, largamente presenti negli alvei fluvialisono Tetragnatha extensa e T. montana, in particolare là dove fa la sua apparizio-ne qualche forma di vegetazione erbacea. In siti ciottoloso-sabbiosi, la famigliadei licosidi è rappresentata da Pardosa torrentum, mentre una entità congenere,Pardosa nebulosa, è segnalata di habitat fluviali più alberati, come nel medio cor-so del fiume Po. Vistosi sono gli araneidi come Larinioides sclopetarius, che tes-se le sue tele caratteristiche sotto i ponti e altri manufatti fluviali; una specie con-genere, L. cornutus, tipico di questo ambiente, predilige però costruire le sue teletra la rada vegetazione erbacea dei greti sassosi già colonizzati dalle basse pian-te pioniere. Zelotes petrensis (famiglia gnafosidi) appare infeudato in piccolecavità delle rive pietrose più alte e asciutte, essendo elemento più termofilo. Del-la stessa famiglia, ancora presso le acque correnti e spesso sotto sassi quiammassati, fa la sua comparsa anche Aphantaulax seminiger.

Crostacei. I luoghi umidi presso le acque di ogni tipo sono gli ambienti di ele-zione per molti piccoli crostacei terrestri e semiterrestri. Sulle sponde piùvegetate e ombrose, ricche di detrito vegetale, abbondano i crostacei isopodiappartenenti ai generi Androniscus, Chaetophiloscia, Philoscia, Cylisticus, Tra-

chelipus, Porcellionides e Armadillidium (in particolare A. nasatum, A. carnio-

lense, A. arcangelii, A. vulgare).

83(Achillea, Artemisia, Matricaria etc.). Tra le farfalle ad attività strettamente diur-na, sugli argini erbosi asciutti e caldi dominanti come numero di specie e comequantità di individui sono i rappresentanti della famiglia dei licenidi. Comuni ediffuse dal nord al sud della penisola, con popolazioni spesso conviventi che sisviluppano su molte pianticelle erbacee, leguminose in particolare, queste far-falle di modeste dimensioni sono caratteristiche per mostrare, specialmentenelle specie riferibili alla tribù plebeini, uno spiccato dicromismo sessuale inmolte specie: maschi con le ali delicatamente azzurre, femmine di color mar-rone. Ricordiamo Cupido spp., Pseudophilotes baton, Plebejus argus, Lycaei-

des argyrognomon, Aricia agestis, Polyommatus bellargus, P. icarus, P. thersi-

tes. A volte vi si mescolano anche i licenidi “rossi”, ossia quelli del gruppo adali rutilanti come Lycaena phlaeas e L. tityrus. L’altra famiglia diurna dominan-te nelle fasce prative arginali è quella delle pieridi, sia bianche (genere Pieris eaffini) che arancioni (genere Colias). Al primo gruppo appartengono le candidecavolaie, al secondo le comuni Colias alfacariensis (= C. australis) e C. crocea.Lungo i fiumi della padania orientale e del NE veneto/friulano appaiono colonieisolate anche della congenere Colias hyale, elemento del distretto faunisticocentroeuropeo.Lungo le aste fluviali più prossime al mare, dove crescono le piante nutrici(generalmente Oenothera nelle golene sabbiose aride e Lythrum nella fasciaumida alveale), appare infeudata Proserpinus proserpinus, una non comunespecie della famiglia degli sfingidi.

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Colias crocea

Arctosa cinerea

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vissime che non ricoprono l’addome,sono presenti nei greti ciottolosi mol-te altre specie, di medie e piccoledimensioni.Tra le più vistose possiamo citare Phi-

lonthus rubripennis e Gauropterus ful-

gidus; tra i più minuti, inoltre, vannoricordate le numerose specie, tutte dicolore nerastro e dai movimenti lentirispetto alla maggioranza degli stafili-nidi, del genere Stenus, inconfondibilipiccoli abitatori degli ambienti pressole acque di ogni tipo.

Coleotteri Scarabeoidei. Dove le rive ciottolose lasciano il posto a più omeno ampi depositi di sabbie e argille, sulla superficie umida di questi ultimimateriali si può osservare l’intensa attività di minuscoli scarabeoidei psammo-fili come Rhyssemus germanus, Psammodius spp. e Pleurophorus caesus.

Coleotteri Cerambicidi e Buprestidi. Allontanandosi dalle acque fluviali, doveil primo cordone cespuglioso fa da ornamento all’alveo stesso, piccole ulcera-zioni nei rami dei salici di riva arbustivi (specialmente Salix purpurea, S. fragilis eS. apennina) indicano la presenza di un’interessante specie monofaga di ceram-bicide, Oberea oculata, tipica del saliceto umido submontano e montano infe-riore, dalle Alpi alla catena appenninica. Gli adulti si osservano spesso aggrap-pati ai rametti di salice, dove hanno trascorso intirizziti la notte, nelle prime oredella mattina quando il sole non ha ancora investito e scaldato le sponde.Sulle rive ancor più alte e asciutte, fino ai terrazzamenti fossili, se i luoghi nonsono coltivati appaiono macchie e boschetti di pioppi e di salice bianco mesco-lati alla vegetazione legnosa già più mesofila. Qui, nella macchia meno intricatae con la presenza anche di alberi dal massiccio tronco, riappaiono alcuni gros-si cerambicidi già visti per la pianura come Morinus, Lamia, Aromia, e altri comeAegosoma scabricorne e Cerambyx scopolii (vedi disegno). Pioppi e salici adul-

ti danno asilo biologico anche alla saperda maggiore (Saperda car-

charias) e alla saperda minore (S. populnea), la prima che infestai grossi tronchi, del pioppo nero specialmente, e la seconda cheattacca invece i rametti sottili terminali di tutte le salicacee pro-ducendo le caratteristiche galle piriformi nel cui interno la giallalarva si sviluppa nell’arco di un anno.Per i buprestidi, la specie più caratteristica della boscaglia di

riva è la verde-dorata e lucentissima Scintillatrix dives, elemen-

85Coleotteri Carabidi e Stafilinidi.

Specialmente a primavera, benchéparte di questa microfauna rimangaattiva anche nei mesi successiviseguendo il graduale ritiro estivo delleacque correnti, queste piatte bancatedi grossa ghiaia arrotondata e levigataospitano un’associazione dominatada rappresentanti dei carabidi e deglistafilinidi.Secondariamente, in modo particolaredove affiorano specchi di sabbia e altrimateriali fini come i depositi di limi,anche altre famiglie di minuscoli

coleotteri quali anticidi, pselafidi, scidmenidi, ecc., fanno la loro copiosaquanto localizzata comparsa.Particolarmente vistose sono alcune specie di carabidi, esclusivamente ripi-colo-lapidicoli e fortemente igrofili, dalle elitre verdi e dal protorace e testa disolito bronzeo-dorati. Si tratta dei Chlaeniellus, rappresentati innanzitutto datre entità praticamente comuni a tutti i fiumi italici nel loro corso submonta-no prevalente: C. velutinus, C. nitidulus e C. vestitus, alle quali si uniscononell’Italia appenninica soprattutto altre due specie più localizzate e menoabbondanti, ossia Chlaenius festivus e, nell’umidità più lontano dalle acquecorrenti, il congenere C. spoliatus.Anche qui, e forse ancor di più che nei greti dei fiumi di pianura, ricchissimaappare insieme alle specie più grosse appena citate la variegata associazio-ne dei piccoli e piccolissimi carabidi dei generi già ricordati per il corso pla-niziale, ma con una prevalenza rispetto alla pianura di entità più specializza-te e spesso esclusive proprio dei letti di ghiaia.Anche altre presenze possono definirsi specie-guida dei ghiaieti in esame.Ad esempio, alcune Nebria, con N. psammodes, comune in tutta la catenaappenninica; oppure la sua vicariante nei corsi d’acqua alpini N. picicornis,che spesso scende fino all’alta Pianura Padana. O ancora N. jockischi, alpi-no-appenninica, che si spinge a sud fino all’Abruzzo.Una nota caratteristica nella coleotterofauna di questo ambiente a ghiaiaumida è data dalla diffusa presenza di uno stafilinide di circa un centimetrodi lunghezza, bluastro, con il protorace globoso e di colore rosso vivace,che corre velocemente tra i ciottoli fluviali sotto il sole cocente: si tratta diPaederidus ruficollis, prevalentemente appenninico, ma sostituito più anord dall’affine P. rubrothoracicus. Della stessa famiglia di questi caratteri-stici coleotteri molto allungati, quasi d’aspetto larviforme e dalle elitre bre-

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Chlaeniellus velutinus Nebria psammodes

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altrettanto cade qualche animaletto, a causa del substrato incoerente la vitti-ma non riesce a risalirne le pendici. La larva appostata sul fondo, dotata dipotenti mandibole arcuate e convergenti a forcipe, non deve far altro cheaspettare che l’insetto, o altro piccolo invertebrato, le finisca in bocca. Le lar-ve dei formicaleoni si impupano sul fondo dei loro stessi trabocchetti in picco-li bozzoli subsferici. Gli adulti sono attivi generalmente nella tarda estate evolano di notte, spesso attratti dalle luci artificiali.

Lepidotteri. Nell’ambito del saliceto e dell’adiacente vegetazione mista deiterrazzamenti alluvionali, tra i lepidotteri a costumi diurni di volo un elementocaratteristico della macchia soleggiata è l’elegante Limenitis reducta (famiglianinfalidi), dal volo rapido e planato per lunghi tratti. Molto più legate al salice-to/populeto, poiché parecchie entità vi compiono il loro sviluppo larvale, sonole falene a volo crepuscolare o notturno. Innanzitutto, è da segnalare la diffu-sa presenza di varie specie di grossa taglia del genere Catocala. Se per lostesso tipo di ambiente della pianura, il saliceto, è stata citata Catocala elo-

cata, lungo fiumi e torrenti del piano submontano sono presenti alcune altrecongeneri, altrettanto vistose, come C. electa, C. nupta, C. puerpera. Sempretra gli eteroceri, ad attività notturna, su pioppi e salici si sviluppano anchemolti rappresentanti di altre famiglie, come i notodontidi dei generi Phalera,Cerura, Furcula, Notodonta, Pheosia, e alcuni grossi sfingidi dei generi Sme-

rinthus e Laothoe.

87to monofago legato proprio al genere Salix. Altre piccole specie dei generiAnthaxia, Coroebus, Agrilus, appaiono un po’ dovunque nella macchia caldacome parassiti a livello larvale delle specie legnose più varie, spesso con abi-tudini alimentari ad ampia polifagia.

Coleotteri Crisomelidi e Curculionoidei. Tra i primi, un elemento caratteristi-co infeudato sui salici bassi è Pachybrachys hieroglyphicus. Altre specie lega-te al saliceto sono Plagiodera versicolora, Chrysomela saliceti, più altre entitàdelle tribù crisomelini, criptocefalini, alticini, ecc. Per i curculionidei, moltissi-me sono le piccole specie fitofaghe e fillofaghe in particolare che si sviluppanoe conducono attività da adulti nella macchia soleggiata delle rive. Si ricordanoByctiscus populi e B. betulae, Curculio salicivorus, Rhynchaenus salicis.

Neurotteri. Negli spazi sabbiosi alluvionali spesso intercalati alle bancateghiaiose, si sviluppano le larve di alcuni formicaleoni, anche di notevoli dimen-sioni (allo stato adulto, fino a 4-5 centimetri di apertura alare). Uno dei più dif-fusi negli ambiti fluviali collinari e submontani è Myrmeleon formicarius. Ma,specialmente lungo la penisola, sono presenti e a volte comuni anche M.

inconspicuus, Palpares libelluloides e Distoleon tetragrammicus.Singolare è il comportamento predatorio delle loro agguerritissime larve, chestanno nascoste sul fondo di curiosi imbuti da esse stesse scavati nella sab-bia. Quando in tali ingegnose trappole di diametro 5-7 centimetri e profonde

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Myrmeleon formicarius Catocala elocata

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Nei fiumi italiani sono stati identificati 48taxa di pesci, per alcuni dei quali non siha ancora la certezza se si tratti di verespecie, di sottospecie o più semplice-mente di varietà morfologiche (morfoti-pi) o ecologiche (ecotipi) di altre specie.La distribuzione geografica dei pescidulcicoli italiani viene riferita a duediversi distretti ittiogeografici, generatida eventi che si sono verificati a partiredal Messiniano (circa 5 milioni di anni fa)e si sono protratti fino a tempi recenti. Il distretto Padano-Veneto comprende tut-ti i bacini tributari dell’arco settentrionale dell’Adriatico, dal bacino dell’Isonzo inFriuli Venezia Giulia a quello del Vomano in Abruzzo. La formazione di questocomplesso di bacini e la distribuzione dell’ittiofauna attuale, costituita da nume-rose specie in maggioranza endemiche, sono state fortemente influenzate dalleglaciazioni pleistoceniche (distribuite nell’arco temporale da 1 milione a circa30.000 anni fa), in particolare da quella würmiana che consentì l’emersione delbacino del Po fino al bordo della fossa meso-adriatica (all’incirca all’altezza diPescara) mettendo in connessione i fiumi della sponda adriatica italiana conquelli della Slovenia, della Croazia e della Dalmazia. Il distretto Tosco-Laziale, costituito dai bacini del versante tirrenico dal Ser-chio al Tevere, è popolato da una dozzina di taxa indigeni, alcuni dei qualiendemici. Le specie primarie in comune con il distretto Padano-Veneto sonocon ogni probabilità di origine transappenninica, mentre quelle endemichepotrebbero essere specie di origine messiniana o di molto più recente deriva-zione balcanica. La fauna ittica di questo distretto è stata interessata, nel cor-so degli anni, da massicce transfaunazioni di specie provenienti dal distrettoPadano-Veneto. Per quanto riguarda le restanti parti dell’Italia (Liguria, Puglia, Calabria e isole),la notevole povertà di specie indigene ed endemiche impedisce di definirequeste zone come distretti. Alcuni ittiologi ritengono che numerose specie cheoggi si rinvengono in queste regioni potrebbero essere state introdotte in epo-ca romana o medioevale.

89Aspetti faunistici: i pesciFRANCESCO NONNIS MARZANO

Anguilla (Anguilla anguilla)

Il Nera a valle di Narni (Umbria)

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appenninici. Inoltre, anche una semplice ripartizione in zone a salmonidi e aciprinidi, che può essere considerata sufficientemente valida per un fiume alpi-no o appenninico, non trova adeguata applicazione pratica in un fiume di risor-genza subalpina, ad esempio in certi corsi d’acqua del Friuli Venezia Giulia,dove i salmonidi ed i ciprinidi si sovrappongono in uno stesso tratto di fiume,nel quale non è raro trovare anche elementi tipici delle acque estuariali quali ilcefalo, la passera o la spigola.Considerando la difficoltà nel descrivere in modo generalizzato la distribuzio-ne della fauna ittica lungo il corso di un fiume, è possibile riferirsi a una condi-zione tipo, valida almeno per la maggior parte dei fiumi italiani, che è delinea-ta qui di seguito.Zona della trota. È caratterizzata da acque limpide e bene ossigenate, corren-te molto veloce con presenza di rapide, fondo costituito da massi, ciottoli oghiaia grossolana, con scarsa presenza di macrofite e temperature raramentesuperiori a 13-14 °C. Le specie tipiche sono la trota fario e la trota marmorata,entrambe appartenenti al genere Salmo.Zona dei ciprinidi a deposizione litofila. È caratterizzata da acque limpide, sog-gette a torbide di breve durata, con corrente veloce alternata a zone dove l’ac-qua rallenta e la profondità è maggiore, il fondo è coperto da ghiaia fine e sab-bia con moderata presenza di macrofite e la temperatura raramente supera18-19 °C. Le specie tipiche appartengono ai generi Barbus (barbo) e Chondro-

stoma (lasca).

■ I pesci autoctoni

La distribuzione della fauna ittica lungo il corso del fiume è influenzata dalladiversità di condizioni ambientali che si susseguono dalla sorgente alla foce.Pur se dotata di un certo grado di adattabilità a condizioni diverse, ogni sin-gola specie tende a dislocarsi in zone preferenziali del fiume in relazione allavelocità della corrente, alla profondità dell’acqua, alla torbidità, alla presenzadi rifugi, alla temperatura (e, di conseguenza, all’ossigeno disciolto) e allecondizioni di trofia del corso d’acqua.In termini generali, per quanto concerne la fauna ittica dei nostri fiumi, si puòaffermare che in condizioni di oligotrofia (acque meno produttive) dominano isalmonidi, la famiglia rappresentata da specie tipiche di acque fredde e ossi-genate, mentre in condizioni di eutrofia (acque più produttive) dominano iciprinidi, la famiglia che annovera il maggior numero di specie nelle acquedolci italiane.Gli ittiologi hanno proposto una zonazione ittica dei diversi tratti del fiume cheprende in considerazione la presenza di alcune specie caratteristiche. La defi-nizione di zone rispettivamente denominate regione della trota nei tratti mon-tani, regione del temolo nei tratti collinari, regione del barbo nei tratti di altapianura, regione dei ciprinidi in pianura e regione della foce è adatta ai grandibacini idrografici dell’Europa transalpina, ma crea difficoltà quando si tratta didescrivere la zonazione ittica nei corsi d’acqua italiani, in particolare in quelli

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Il letto di un fiume con ghiaia, ciottoli e massi (zona della trota e dei ciprinidi a deposizione litofila)Ambiente fluviale con fondo prevalentemente roccioso ed acque correnti con vairone (Leuciscus muticellus)

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storione, che si riproducono nelle acque dolci dopo aver compiuto una migra-zione potamotoca successiva alla fase di accrescimento e di maturazione ses-suale avvenuta in mare; le specie catadrome che si riproducono in mare dopoavere compiuto una migrazione talassotoca successiva alla fase trofica svoltaper lo più nelle acque interne. Interessante dal punto di vista ecologico è ilcaso dell’anguilla, unico pesce migratore catadromo che interessa le nostreacque: l’intera specie potrebbe essere considerata come un’unica popolazio-ne panmittica, in relazione agli aspetti particolari della biologia riproduttiva cheprevedono una migrazione di tutti gli individui che popolano le acque europeein una stessa area del Mare dei Sargassi. Esiste infine un terzo gruppo di spe-cie eurialine, come il latterino (Atherina boyeri) e il nono (Cyprinodontodon

fasciatus), definite migratrici facoltative o anche specie estuariali o lagunarigrazie alla loro capacità di popolare la parte terminale dell’asta fluviale. Per analizzare in dettaglio la distribuzione delle specie ittiche nei corsi d’ac-qua italiani è quindi necessario considerare separatamente diverse tipologiefluviali.I fiumi più ricchi di acque sono quelli che scendono dall’arco alpino, dal Pie-monte al Friuli Venezia Giulia. In questi bacini si verificano portate minime ininverno e piene in estate, dovute alla fusione dei ghiacci e delle nevi. Nellaparte più alta di questi bacini è oggi insediata la trota (Salmo [trutta] trutta),rappresentata da popolazioni riferibili alla morpha (o semispecie secondoalcuni autori) fario. Si tratta in grande maggioranza di esemplari di ceppi

Zona dei ciprinidi a deposizione fitofila.L’acqua è frequentemente torbida, conbassa velocità della corrente; il fondoè fangoso con abbondanti macrofite,le temperature giungono fino a 25 °C.Le specie tipiche sono la tinca (Tinca

tinca) e la scardola (Scardinius ery-

throphthalmus).Zona delle acque salmastre. È il trattoterminale del fiume, dove si ha rimesco-lamento di acque marine e fluviali. Lespecie tipiche sono i ghiozzi del generePomatoschistus e Knipowitschia.Considerando il complesso delle specieittiche indigene presenti nelle acqueinterne italiane, è possibile raggrup-parle in diverse categorie sulla basedella loro biologia ed ecologia.La maggior parte delle specie sonostenoaline e pertanto restano confina-te nelle acque dolci dove viene svoltol’intero ciclo vitale. Il contingente piùsignificativo è quello dei ciprinidi. Sol-tanto in casi eccezionali, in coinciden-za con consistenti piene dei fiumi,singoli individui di queste specie pos-sono essere rinvenuti negli estuari eteoricamente possono spostarsi daun bacino ad un altro contiguo, transi-tando in acque marine costiere forte-mente dissalate. Nell’ambito di que-sto raggruppamento abbiamo siaspecie buone nuotatrici con ampie

possibilità di movimento, come la lasca, che riesce a compiere rapidi e con-sistenti spostamenti all’interno del bacino, sia specie legate al fondo, contendenze sedentarie e incapaci di spostarsi per tratti consistenti, come latinca o la scardola.Altre specie sono diadrome. Si tratta di pesci eurialini che svolgono migrazioninel corso del loro ciclo vitale, trascorrendo una parte della loro esistenza inacqua dolce ed una parte in mare. Le specie migratrici sono riconducibili adue categorie: le specie anadrome, come la lampreda di mare, la cheppia o lo

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Storione (Acipenser sp.)

Barbo (Barbus plebejus)

Temolo (Thymallus thymallus)

Ghiozzetto (Knipowitschia panizzae)

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atlantici introdotti da oltre cento anni, che hanno probabilmente spinto più avalle le popolazioni originarie di trota padana (Salmo [trutta] marmoratus). Lostatus di questa trota è alquanto dibattuto: alcuni la considerano buona spe-cie, altri semispecie, altri ancora sottospecie. È possibile che la trota padana,ancora presente nei fondi vallivi e nei grandi fiumi dell’alta pianura come l’Ad-da e il Ticino, non si spingesse così in alto come oggi riescono a fare le trotefario introdotte. Questo salmonide è sicuramente tra gli endemiti di maggiorpregio naturalistico del distretto padano-veneto.Alla trota si associano lo scazzone (Cottus gobio), piccolo pesce sedentarioche vive sotto le pietre in acque fredde e ossigenate, e due ciprinidi di picco-la taglia: la sanguinerola (Phoxinus phoxinus) e il vairone (Leuciscus souffia).Le stesse specie sono anche presenti nelle rogge con acqua fredda di risor-genza associate ai tratti planiziali dei fiumi che scorrono lungo il versanteprealpino. Nei fiumi, dove i fondali sono ricoperti da ciottoli, si insediano iltemolo (Thymallus thymallus), il barbo canino (Barbus meridionalis) e, in suc-cessione, la lasca (Chondrostoma genei), il barbo (Barbus plebejus) e il gobio-ne (Gobio gobio). In zone a corrente moderata, sotto ai ciottoli appiattiti siinsedia il ghiozzo padano (Padogobius martensii) e, in zone marginali con fon-do sabbioso, il cobite comune (Cobitis taenia). Sui fondali ghiaiosi dei grandi fiumi sono poi localizzate le zone di riproduzione dialcune specie anadrome: gli enormi storioni ormai estinti da un trentennio, comeil ladano (Huso huso) e lo storione comune (Acipenser sturio), oltre al cobice

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Trota fario (Salmo [trutta] trutta) Trota iridea (Oncorhynchus mykiss)

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Ambienti sicuramente degni di interesse per quanto concerne l’asta principa-le del Po e dei suoi affluenti alpini sono gli ambienti marginali quali stagni,paludi, lanche e morte, caratterizzati da acque poco profonde, tassi di sedi-mentazione pronunciati e abbondante vegetazione acquatica.Questi ambienti, localizzati nelle pianure o nei fondi delle vallate, sono carat-terizzati da forti escursioni termiche e da elevata trofia nelle stagioni calde,con conseguente possibilità di condizioni periodiche di anossia. Troveremoquindi le specie già menzionate per la zona definita dei ciprinidi a deposizio-ne fitofila. Scardola, triotto, tinca e carpa sono le specie più comunementepresenti, a volte associate all’alborella. In queste biocenosi il ruolo del preda-tore dovrebbe essere svolto dal luccio, ma in questi ultimi anni si è osservatoun costante decremento di questa specie, lentamente sostituita da predatorialloctoni quali persico trota, siluro, aspio e lucioperca, meno esigenti in termi-ni di qualità ambientale.Negli affluenti del Po del versante appenninico si hanno portate scarse ininverno e scarsissime in estate, alternate a portate massime in primavera ein autunno. In questi fiumi troviamo una riduzione del numero di specie pro-cedendo progressivamente da Ovest verso Est. Lo scazzone è rappresenta-to da piccole popolazioni isolate nei bacini del Panaro e del Foglia. La san-guinerola compare qua e là nelle polle di risorgenza localizzate negli alvei deifiumi della Pianura Padana, ma non si spinge ad Est oltre l’Enza. Il temolo èassente, a parte il bacino del Trebbia nel quale è stato introdotto. Ugualmen-

(Acipenser naccarii), di taglia inferiore ed endemico del distretto Padano-Veneto,che ancora sopravvive, sia pure con molte difficoltà, nel Po e in alcuni grandi fiu-mi del Veneto e del Friuli. Anche la lampreda di mare (Petromyzon marinus),ormai molto rara, e la cheppia (Alosa fallax) raggiungono le zone superiori delpotamon per riprodursi risalendo dal mare, ostacolate dai numerosi sbarramen-ti oggi presenti negli alvei. L’anguilla (Anguilla anguilla), che risale allo stadio di“cieca” dal mare per svolgere la fase trofica, può spingersi a monte fino alla zonacolonizzata dalle trote.Nel potamon sono ancora presenti molte delle specie precedentementecitate e ad esse si affiancano altre specie che gradualmente le sostituiscono:dapprima il cavedano (Leuciscus cephalus) e quindi, dove le acque sono piùprofonde e la corrente più lenta, il pesce persico (Perca fluviatilis), l’alborella(Alburnus alburnus alborella), il pigo (Rutilus pigus), la savetta (Chondrosto-

ma soetta), la scardola (Scardinius erythrophthalmus), il triotto (Rutilus eryth-

rophthalmus) e, nelle acque più tranquille e ricche di vegetazione sommersa,il luccio (Esox lucius), la tinca (Tinca tinca) e la carpa (Cyprinus carpio). Que-st’ultima è una specie introdotta in Italia in epoca romana e viene ormai con-siderata naturalizzata.Il potamon può essere sfruttato in estate anche da alcune specie eurialinecome i muggini. Nel Po, ad esempio, il muggine calamita (Liza ramada) risa-le regolarmente per oltre 200 km per sfruttare come nutrimento i fanghi ric-chi di materiale organico presenti sui fondali.

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Luccio (Esox lucius) Siluro (Silurus glanis)

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oggi molto diffusi in questo areale, sono il frutto di immissioni operate dal-l’uomo in tempi recenti.Nella parte meridionale d’Italia e in Sicilia le condizioni idrologiche dei bacinisono alquanto variabili. Il popolamento di specie indigene è estremamentepovero e con caratteristiche simili a quelle descritte per la Liguria. Nel ver-sante ionico è presente un solo endemita, l’alborella meridionale (Alburnus

albidus). Caratteristica delle acque della Sicilia orientale e della Sardegna è lapenetrazione anche a notevole distanza dal mare del nono (Aphanius fascia-

tus), un pesciolino che altrove è confinato nelle acque salmastre.In tutto il versante occidentale dell’Italia peninsulare e nelle isole la trota èrappresentata da alcune popolazioni residue della forma mediterranea notacome macrostigma, salmonide in grado di tollerare temperature dell’acquasuperiori ai 20°C. Anche per questa trota, come già ricordato per la trotamarmorata, è controverso se si tratti di specie distinta, di semispecie o disottospecie. In gran parte del loro areale, le trote macrostigma sono statesostituite dalle trote fario immesse ovunque da diversi decenni, o si sonoibridate con esse.È bene precisare che il quadro distributivo delle specie autoctone italiane èoggi in forte contrazione; gli areali appaiono sempre più frammentati e sog-getti a consistenti interventi antropici. Il rapido decremento delle specie indi-gene si contrappone alla contemporanea crescita esponenziale di speciealloctone sempre più efficienti nel sostituire i popolamenti originali.

99te assenti storioni, persico reale, pigoe la savetta. Il potamon è ridotto abrevi tratti immediatamente prece-denti lo sbocco in Po ed è pratica-mente inesistente nei fiumi di Roma-gna, Marche e Abruzzo che sfocianodirettamente in mare. Di conseguenzamancano o sono numericamente mol-to ridotte le popolazioni caratteristi-che di questa parte del fiume.Nei fiumi del versante ligure, compresii bacini delle Alpi Apuane, le portatemassime, di entità circa equivalenti, siverificano in inverno e in primavera;nel versante tirrenico settentrionale(bacini dell’Arno, dell’Ombrone e delTevere) e in Sardegna si hanno magremolto accentuate in estate e massimidi portata alla fine dell’ inverno e innovembre. In questa parte d’Italia lafauna ittica è povera di specie indige-ne. In particolare, specie di adatta-

mento relativamente recente alle acque dolci, come trota, spinarello (Gaste-

rosteus aculeatus) e cagnetta (Salaria fluviatilis), oltre all’anguilla, costituisco-no per intero il popolamento delle acque interne della Liguria e della Sarde-gna, assieme ad altre specie introdotte in tempi recenti.Nelle foci dei fiumi possono entrare, risalendo anche per tratti variabili dapoche decine di metri a qualche chilometro, specie eurialine come i cefali, inparticolare quelli appartenenti al genere Liza.In Toscana ed in Lazio si aggiungono popolazioni migratrici anadrome di lam-preda di fiume (Lampetra fluviatilis) e di mare (Petromyzon marinus), lampreda diruscello (L. planeri) che è invece stanziale ed insediata anche a notevoli distanzedal mare, cavedano e vairone. Sono presenti, inoltre, alcuni endemiti comecavedano etrusco (Leuciscus lucumonis), rovella (Rutilus rubilio) ed ghiozzo diruscello (Padogobius nigricans). Per quanto riguarda il cavedano etrusco alcuniautori ipotizzano possa trattarsi di un ibrido fra specie diverse di ciprinidi.Di recente, è stato proposto di considerare come specie distinte anche unbarbo (Barbus tyberinus) e una scardola (Scardinius scardafa) descritti nelXX secolo e successivamente considerati sinonimi, rispettivamente, del bar-bo canino e della scardola comune. Gli altri ciprinidi presenti nel distrettoTosco-Laziale (in particolare lasca, barbo e alborella) e il cobite comune,

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Lampreda di mare (Petromyzon marinus)

Cavedano (Leuciscus cephalus)

Cobite comune (Cobitis taenia)

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Francesco Nonnis MarzanoLe specie alloctone

Negli ultimi anni il quadro distributivo del-l’ittiofauna italiana è stato sconvolto dallamassiccia introduzione di specie dallepiù svariate provenienze. Nelle acqueinterne italiane risultano oggi introdotte ein gran parte acclimatate oltre 35 specie.Tra queste, la carpa (Cyprinus carpio) ècertamente quella di più antica introdu-zione, risultando presente in Italia già aitempi dell’Impero Romano.Se si eccettua qualche sporadica intro-duzione ipotizzata per il periodo medie-vale, della quale non si hanno fonti stori-che certe, introduzioni documentatesono iniziate a partire dalla metà del XIXsecolo e si sono protratte fino al 1970,con specie di provenienza transalpinacome lavarello (Coregonus lavaretus) elucioperca (Stizostedion lucioperca) onord-americana come trota iridea(Oncorhynchus mykiss), salmerino di fon-

te (Salvelinus fontinalis), pesce gatto(Ictalurus melas), persico sole (Lepomisgibbosus), persico trota (Micropterus sal-moides) e gambusia (Gambusia hol-brooki). Quest’ultima, introdotta perchépredatrice di larve di zanzare, si è rivelatadel tutto inefficiente nei nostri ambientiacquatici.Le introduzioni del passato erano per lopiù giustificate da interessi alimentari ocommerciali, ma comunque rigidamentecontrollate da centri ittiogenici. Con ilpassare del tempo si sono gradualmentesovrapposti interessi derivati dalla pescaricreativa, oggi divenuti preminenti,anche se per alcune specie restano vali-de le motivazioni di allevamento per sco-pi economici.Con una impressionante progressione,negli ultimi trent’anni sono comparse inItalia ulteriori specie di provenienza per

lo più danubiana e asiatica: dall’Europacentrale e orientale bondella (Coregonusoxyrhynchus), siluro (Silurus glanis), ace-rina (Gymnocephalus cernuus) e misgur-no (Misgurnus anguillicaudatus), oltre aduna nutrita serie di ciprinidi tra i quali ilpiù abbondante in termini di biomassa èsicuramente barbo danubiano (Barbusbarbus); dall’Asia orientale pseudora-sbora (Pseudorasbora parva), rodeo(Rhodeus sericeus), carpa erbivora (Cte-nopharyngodon idellus), carpa testagrossa (Hypophthalmichthys molitrix) ecarpa argento (H. nobilis); dall’Africa tila-pia (Tilapia sp.); dal Nord America pescegatto punteggiato (Ictalurus punctatus),dal Sud America pesce re (Odonthestesbonariensis).Diverse altre specie sono state segnala-te in acque italiane, ma ancora non sihanno prove della loro acclimatazione.

Esistono, per esempio, alcune sporadi-che segnalazioni di piranha (Colossomasp.) in acque toscane. Nei bacini del distretto Padano-Veneto siha oggi una continua evoluzione deipopolamenti e alla comparsa di nuovespecie corrisponde una contrazione del-le popolazioni di specie indigene e, incerti casi, anche di specie alloctone pre-cedentemente diffuse. Per esempio, ilpesce gatto punteggiato ha completa-mente sostituito il pesce gatto erronea-mente definito “nostrano”.Il quadro più drammatico è sicuramentequello del bacino del Po, dove la pre-senza di grossi predatori quali il siluro, illucioperca e l’aspio (Aspius aspius) haportato all’estinzione di numerosi cipri-nidi indigeni, alterando così il delicatoequilibrio dell’intero ecosistema acqua-tico.

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Carpa (Cyprinus carpio) Salmerino di fonte (Salvelinus fontinalis)

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Se consideriamo la sezione trasversaledi un corso d’acqua, percorrendo que-sto ideale transetto dall’asse medianoverso gli argini esterni, potremo incon-trare una serie di situazioni differenti eben caratterizzate: dagli specchi d’ac-qua libera alle nude superfici ghiaiose osabbiose, dagli stagni più eutrofici allepraterie aride o temporaneamenteacquitrinose, dalle macchie arbustivepioniere alle più mature foreste riparie,ciascuno di questi habitat popolato daspecifiche comunità animali. In alcuni casi si tratterà di biotopi distribuiti inmaniera quasi puntiforme e con superfici anche molto limitate, ma spesso avre-mo a che fare con ambienti anche molto estesi, se non in larghezza, certamentealmeno in lunghezza. Quest’ultimo aspetto ha importanti conseguenze anche sulpopolamento faunistico. Innanzitutto, il carattere di elevata continuità osservabi-le in almeno alcune tipologie ambientali riduce la frammentazione, il possibileisolamento ed il conseguente rischio di estinzione di singole popolazioni.Il collegamento pressoché ininterrotto che un fiume stabilisce con altri impor-tanti complessi ambientali può costituire, inoltre, una via preferenziale perfenomeni di colonizzazione o per lo meno di scambio genetico tra popolazio-ni. Basti pensare, ad esempio, all’affermazione in pianura di specie tipicamen-te boschive a partire dalle estese formazioni forestali dei territori montanioppure, all’estremo opposto, la penetrazione all’interno lungo queste vie d’ac-qua di specie caratteristiche dei corpi idrici costieri. Ancora, l’estensione pre-valentemente in lunghezza piuttosto che in larghezza dei principali habitatgolenali rende particolarmente sviluppati gli ecotoni, quelle zone di transizionetra ambienti differenti che, per il cosiddetto “effetto margine”, possono ospita-re comunità particolarmente ricche, soprattutto verso il lato interno dell’astafluviale, dove il passaggio tra gli habitat risulta in genere più graduale; menoverso l’esterno dove l’intervento umano con le opere di arginatura già da seco-li ha bruscamente, e quasi sempre definitivamente, interrotto la naturale suc-cessione ecologica.

103Aspetti faunistici: i vertebrati terrestriGIANCARLO FRACASSO

Lontra (Lutra lutra)

Il fiume mostra una notevole variabilità diambienti anche in spazi ridotti (Trebbia,Emilia Romagna)

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spesso in “cori” , e costituite da uncaratteristico trillo lungo una decina disecondi, ripetuto in lunghe sequenzecon un ritmo di circa quattro strofe alminuto, che però non vanno confusecon le stridulazioni piuttosto simili, mapiù continue e più aspre, del grillotalpa(Gryllotalpa gryllotalpa).Raccolte d’acqua più consistenti, sta-bili ed eutrofizzate ospitano durante illoro intero periodo di attività le imman-cabili “rane verdi”, un complesso di for-me rappresentate dal sistema ibridoge-netico costituito dalla rana esculenta(Pelophylax klepton esculentus) con larana di Lessona (P. lessonae) prevalen-temente nel Nord Italia, da quello checoinvolge la rana di Uzzell (P. kl. hispa-

nicus) e la rana di Berger (P. bergeri) alCentro e al Sud. Queste pozze, soprattutto quando, in seguito a saltuari pro-sciugamenti, sono povere di pesci, che con la loro attività predatoria costitui-scono spesso un fattore limitante per numerose specie di anfibi, vengono utiliz-zate, ma esclusivamente per la riproduzione, da alcuni urodeli, quali il tritonepunteggiato (Lissotriton vulgaris), in gran parte sostituito nell’Italia centro-meri-dionale dall’affine ed endemico tritone italico (L. italicus); quando sono relativa-mente estese e profonde, dal più grande e più vistoso tritone crestato italiano(Triturus carnifex). [Una nota di nomenclatura: seguendo gli orientamenti piùrecenti, attribuiamo qui ai generi Pelophylax e Lissotriton specie di anfibi tradi-zionalmente ascritte, rispettivamente, ai generi Rana e Triton]Le fasce ripariali arbustive e specialmente quelle arboree, con il loro pianobasale ombroso, umido e ricco di rifugi, offrono ai tritoni idonee condizioni divita durante la loro fase terrestre. Le chiome costituiscono invece l’habitat idea-le per la raganella italica (Hyla intermedia), sostituita in Liguria dalla raganellamediterranea (H. meridionalis), in Sardegna e nell’Arcipelago Toscano dallaraganella tirrenica (H. sarda) e nella estrema porzione nord-orientale della peni-sola dalla raganella comune (H. arborea), la specie più diffusa in Europa e nellaquale fino a pochi anni fa venivano inglobate le altre forme presenti in Italia.Sono anuri specializzati per la vita arboricola durante la fase adulta, che tutta-via necessitano per la riproduzione di raccolte d’acqua ben esposte all’azionesolare. Se la colorazione verde brillante rende spesso quasi invisibile questograziosissimo anfibio, è impossibile non notarne le inconfondibili emissioni acu-

■ Anfibi

Quasi invariabilmente vincolati per la riproduzione alla presenza di acqua sta-gnante, gli anfibi evitano in generale il corso fluviale in senso stretto, poiché lavelocità di corrente, anche se ridotta nei tratti inferiori e verso lo sbocco in mare,ma anche l’abbondanza di ittiofauna predatrice, ostacolano sia la deposizionedelle uova, sia la vita degli stadi larvali di questi vertebrati. Tuttavia, entro le gole-ne più ampie si vengono a creare condizioni ambientali sufficienti, ed in certi casianche ottimali, per l’insediamento di popolazioni consistenti di alcune specie.Già gli ampi alvei sabbiosi e poveri di vegetazione, dove i ricorrenti fenomenitransitori di piena e di magra creano pozze spesso poco profonde ed effimere,rappresentano un habitat riproduttivo elettivo per il rospo smeraldino (Bufo

viridis), anuro originariamente tipico delle zone steppiche e che spesso sicomporta da elemento pioniere, quindi particolarmente adattato a colonizzarecorpi d’acqua di nuova formazione e del tutto temporanei, poveri di competi-tori e predatori. Per fronteggiare queste situazioni estreme, esso mette in attoparticolari strategie riproduttive, quali una stagione di ovideposizione partico-larmente lunga per un anfibio (marzo-agosto) ed uno sviluppo larvale relativa-mente breve (anche inferiore a due mesi). Pur presentando una vistosa livrea achiazze verdi e biancastre che lo rende inconfondibile, non si osserva facil-mente, essendo attivo soprattutto nelle ore notturne. Ma durante la stagioneriproduttiva si fa notare per le frequenti emissioni sonore prodotte dai maschi

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Rospo smeraldino (Bufo viridis)

Larva di tritone

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■ Rettili

Per quanto riguarda questa seconda componente dell’erpetofauna, ci si puòragionevolmente aspettare che i fiumi in generale rappresentino un ambienteideale almeno per le tre specie italiane di natrici, dato il loro legame, per quan-to più o meno stretto, con i corpi idrici di varia natura. In realtà, i corsi d’acquaplaniziali costituiscono l’habitat elettivo, anche se non esclusivo, solo per lanatrice tassellata (Natrix tessellata), ampiamente diffusa nell’Italia continentalee peninsulare. Questo colubride, la cui livrea superficialmente simile a quella diuna vipera ne causa troppo spesso l’ingiustificata uccisione, è attivo general-mente tra marzo ed ottobre, nutrendosi quasi esclusivamente di pesci, mentrealtri piccoli vertebrati acquatici entrano a far parte della sua dieta solo in quan-tità secondaria. Strettamente associata da un lato alle basse quote, dall’altroal reticolo idrico superficiale, questa natrice può comunque risalire le vie d’ac-qua lungo le vallate, spingendosi così all’interno dei complessi collinari e mon-tani ma raramente oltrepassando i 600 m di quota, mentre all’estremo oppostopuò penetrare regolarmente anche negli ambienti salmastri di foce e di lagunacostiera; pur frequentando anche le sponde lacustri, mostra tuttavia una spic-cata preferenza per gli ambienti lotici rispetto a quelli lentici.La situazione opposta si osserva invece nella più comune natrice dal collare(N. natrix), diffusa in tutto il territorio nazionale, isole comprese, dal livello delmare fino ad oltre i 2000 m, anche se è nettamente più frequente al di sotto

stiche, con funzione di proclamazione territoriale e di richiamo sessuale, che,coinvolgendo in un crescendo quasi assordante diverse decine d’individui,costituiscono un elemento fondamentale del paesaggio sonoro di un boscoripario, specialmente nelle più umide e calme serate primaverili ed estive.Ugualmente legata per la gran parte della sua fase attiva ai substrati umidi del-le formazioni forestali planiziali, ma in questo caso esclusivamente nella Pianu-ra Padano-Veneta e marginalmente sui rilievi collinari circostanti, la rana diLataste (Rana latastei) si rinviene regolarmente nei boschi ripari, purché vi sianonelle immediate vicinanze raccolte d’acqua stagnante, ricche di materialevegetale sommerso, non troppo grandi né troppo profonde, possibilmentepovere di fauna ittica. Come appartenente al gruppo delle “rane rosse” non èsempre facile distinguerla, se non a distanza molto ravvicinata o solo in mano,dalle congeneri con le quali può coesistere, la rana dalmatina (R. dalmatina) emarginalmente la rana temporaria (R. temporaria). Ma almeno nel breve periododi presenza in acqua, coincidente con le fasi iniziali della riproduzione, la rana diLataste si riconosce per le emissioni sonore assolutamente diagnostiche; quel-le udibili più facilmente, anche a notevole distanza soprattutto quando, nellepiù tiepide ed umide notti di febbraio e marzo, diversi maschi si rispondono conun breve, isolato ma sonoro miagolio che sembra avere poco a che fare con ifamiliari e ripetitivi gracidii della maggior parte degli altri anuri, in particolare colsommesso e scandito crepitio della rana dalmatina o col cupo e pressochéuniforme borbottio della rana temporaria.

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Raganella tirrenica (Hyla sarda) Natrice tassellata (Natrix tessellata)

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dei 1500 m di quota. Decisamente piùeclettica e meno acquatica delle con-generi, soprattutto nel caso degli indi-vidui di maggiori dimensioni, di solitofemmine riproduttive, si può osservareanche lontano dai corpi idrici. Nellegolene fluviali più ampie e diversificatedal punto di vista ambientale, in parti-colare se ricche di pozze più o menoprofonde, l’incontro con questo rettile,relativamente confidente e poco elusi-vo, costituisce tuttavia un evento regolare durante il suo lungo periodo di atti-vità, tra la fine di febbraio e l’inizio di novembre. Ugualmente legata ai corpiidrici, sia stagnanti sia correnti, ma di solito poco profondi, la natrice viperina(N. maura) è però più frequente lungo i corsi d’acqua a carattere torrentizio,poiché la sua distribuzione geografica è limitata nel nostro Paese prevalente-mente alla Sardegna ed al settore nord-occidentale della catena appenninica,mentre la sua presenza nel settore planiziale è del tutto marginale.Tra i numerosi altri ofidi appartenenti alla fauna italiana che è più facileosservare negli ambienti ripari vale la pena ricordare, per la sua quasi ubi-quità ed elevata frequenza, il biacco (Hierophis viridiflavus), diffuso nell’ in-tera penisola e nelle isole dal livello del mare fino ai 2100 m, sebbene raro aldi sopra dei 1500 m. Questa specie terricola trova negli ampi alvei fluviali unhabitat ideale, costituito da superfici aperte, assolate e relativamenteasciutte alternate a tratti con maggiore copertura arboreo-arbustiva ocomunque ricchi di rifugi. Diverso è il caso del saettone comune (Zamenis

longissimus) diffusamente presente nell’ Italia settentrionale e centrale esostituito nel Meridione ed in Sicilia dal saettone occhirossi (Z. lineatus),recentemente separato dal primo come specie a sé stante. Questo serpen-te spiccatamente arboricolo, e quindi tipicamente forestale, è diffuso in Ita-lia soprattutto nei boschi, mesofili o moderatamente igrofili, del piano colli-nare e submontano, ma nei boschi ripari lungo le principali aste fluviali,soprattutto della Pianura Padana, ridotte popolazioni sopravvivono comerelitto di una ben più ampia distribuzione planiziale, precedente alle radica-li trasformazioni operate dall’uomo.Anche tra i sauri incontriamo situazioni che ripropongono, a grandi linee, quel-le appena delineate per alcuni tra i serpenti. Infatti, in assenza di forme esclu-sive degli ambienti fluviali, possiamo da un lato facilmente incontrare in questiecosistemi almeno quelle specie più generaliste ed opportuniste, come lalucertola muraiola (Podarcis muralis) che almeno nelle regioni settentrionali ecentrali è frequente, oltre che negli ambiti variamente urbanizzati, soprattutto

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I greti rappresentano superfici aperte e intensamente soleggiate

Natrice dal collare (Natrix natrix)

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■ Uccelli

È praticamente impossibile elencaretutte le specie di uccelli che è probabi-le osservare lungo un corso fluviale, eche rappresenterebbero quasi la tota-lità dell’avifauna italiana, ad eccezionedelle poche forme strettamente seden-tarie e confinate agli ambiti alpini emontani e di quelle più francamentepelagiche. E ciò è dovuto sia allavarietà di ambienti disponibili entro learee golenali, sia alla notevole mobilitàche costituisce una delle caratteristi-che peculiari di questi vertebrati. Oltre agli spostamenti giornalieri, che perquanto di breve raggio possono portare alcune specie, nidificanti ben al difuori degli ambienti di fiume, anche solo a sorvolarli o a sostarvi, oppure even-tualmente a rifornirsi di cibo o di acqua lungo le sue rive, si deve tener contodell’importante fenomeno delle migrazioni stagionali su lunghe distanze cheperiodicamente, anche se con intensità e regolarità variabili da specie a spe-cie, vistosamente modifica nel tempo, ma globalmente arricchisce in modoconsiderevole, l’avifauna anche di un limitato tratto di un corso d’acqua. Ilnotevole dispendio energetico che ogni volo continuo, esteso anche per alcu-ne centinaia di chilometri, richiede ai migratori, li costringe a sostare a regolariintervalli, per poter recuperare le forze necessarie a percorrere le tappe suc-cessive, ma in una varietà di ambienti ben più ampia che non durante il perio-do riproduttivo. Ci limiteremo quindi ad accennare solo alle poche specie piùstrettamente legate agli ambienti ripari e che quindi ne costituiscono gli ele-menti avifaunistici più caratterizzanti, specialmente durante la nidificazione.Ospiti frequenti degli ampi tratti golenali, almeno nei mesi primaverili ed esti-vi in quanto svernanti per lo più in Africa, sono due piccoli caradriformi, bendistinti, oltre che per aspetto, anche per la scelta dell’habitat riproduttivo. Ilprimo, il piro piro piccolo (Actitis hypoleucos), lo si osserva normalmenteseguire il corso del fiume, dove l’acqua bassa lambisce le rive sabbiose, abrevi e rapidi passettini con una continua oscillazione della parte posterioredel corpo; ancora più distintivo è il volo, effettuato a poca altezza sull’acquae caratterizzato da una serie di battute poco profonde e quasi vibranti, inter-vallate a brevi planate con le ali arcuate verso il basso. Le coppie nidificantistabiliscono il loro territorio nelle ampie golene dei fiumi, preferibilmente neitratti planiziali superiori, dove la velocità della corrente è ancora sensibile, ilsubstrato sabbioso e ciottoloso, la vegetazione erbosa ed arbustiva rada e

nelle zone di margine tra le formazioni arboreo-arbustive e quelle più decisa-mente aperte, con alternanza di superfici soleggiate e substrati relativamentepiù umidi, tutte situazioni ben rappresentate lungo i corsi d’acqua.D’altro canto, specie ugualmente molto diffuse ma non altrettanto adattabilitrovano spesso nelle golene fluviali gli unici habitat ancora idonei, in particola-re nelle zone di pianura sempre più inospitali. È il caso del ramarro occidenta-le (Lacerta bilineata), presente soprattutto negli ambienti planiziali e collinaridell’intero territorio continentale, peninsulare e della Sicilia, che nell’estremaporzione nord-orientale d’Italia (Carso triestino e Prealpi Giulie) coabita e inparte si ibrida con il ramarro orientale (L. viridis), taxon col quale fino a pochianni fa era aggregato. Gli ampi alvei fluviali, almeno parzialmente coperti daformazioni arbustive e boschive a fianco di superfici assolate e scarsamentevegetate, costituiscono un habitat ottimale per questo sauro tipicamente eco-tonale che sta progressivamente scomparendo dagli ecosistemi agrari semprepiù banalizzati e ormai predominanti nelle pianure italiane. Gli estesi greti di alcuni corsi d’acqua padano-veneti, dove superfici erboseinterrompono a mosaico letti sabbiosi e scarsamente vegetati, costituisconogli estremi e circoscritti avamposti settentrionali, all’interno del territorio conti-nentale italiano, dell’areale della lucertola campestre (Podarcis sicula), larga-mente diffusa e molto comune entro un ampio spettro ambientale in Sicilia enelle regioni peninsulari, ma che è stata in grado di spingersi lungo le costesabbiose dell’Adriatico fino al Friuli.

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Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos)

Ramarro occidentale (Lacerta bilineata)

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distribuita a mosaico. Durante la for-mazione delle coppie il maschio siesibisce in voli nuziali a zig-zag sulpelo dell’acqua o sollevandosi al disopra dei cespugli, lanciando in conti-nuazione le strofe di canto, costituiteda una rapida serie cadenzata di noteacute e trillanti. Nidifica a terra, quasisempre poco lontano dall’acqua masu terreno completamente asciutto espesso sotto la copertura di un arbu-sto. Presente nei siti riproduttivisoprattutto tra aprile ed agosto, que-sto limicolo sverna regolarmente, macon un numero molto limitato di individui, anche in Italia, quasi esclusiva-mente in aree costiere.L’altro limicolo tipico degli ambienti fluviali è il corriere piccolo (Charadrius

dubius), il cui piumaggio, nel complesso sobrio quanto nella specie preceden-te, è apparentemente ravvivato da contrastanti disegni bianco-neri sul capo esul petto, che in realtà contribuiscono a renderlo pressoché invisibile quando èposato nel suo habitat preferito, le vaste distese di ghiaia: qui, sul fondo varie-gato, si confonde perfettamente, quando procede con brevi corse seguite dabrusche e prolungate soste. Tuttavia, non tende tanto a sfruttare le sue dotimimetiche nei confronti dell’uomo che si avvicini al suo territorio, ma fa di tut-to per distrarre l’attenzione dell’intruso dalle uova o dai pulcini eventualmentenascosti nei paraggi, volando in ampi cerchi e continuamente ripetendo il suobreve e lamentoso verso di allarme. Solo nelle situazioni di estremo pericoloper la nidiata ricorre alla pantomima nota come “simulazione di ferita”, con laquale, ostentando una fittizia incapacità al volo, concentra su di sé l’attenzio-ne del possibile predatore.Le pareti sabbiose alte e verticali, che la naturale azione del fiume crea qua elà nel suo scorrere attraverso le pianure alluvionali, offrono l’ideale sito di nidi-ficazione per il topino (Riparia riparia), il più gregario degli irundinidi europei,in grado di formare colonie che possono contare diverse centinaia di coppie.Già a distanza è facile individuare questi siti per il frenetico via vai degli adul-ti, che accompagnano i loro voli con un continuo e aspro cicaleccio, masoprattutto per l’aspetto fittamente bucherellato di lunghi tratti di argine. Sitratta delle aperture, molto ravvicinate, dei nidi: tunnel di circa 4 cm di diame-tro, scavati con le zampe dai maschi, che si spingono in leggera salita all’in-terno della sponda per una lunghezza di una settantina di centimetri, fino aduna cameretta poco più ampia, foderata di materiale vegetale, nella quale

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Corriere piccolo (Charadrius dubius)

Sito di nidificazione del topino (Riparia riparia)

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vivaci colori, che però rivela immedia-tamente, anche se per pochi istanti,nella loro inconfondibile brillantezzaquando sfreccia sull’acqua di uncanale col suo volo basso e rettilineo.La fitta vegetazione arbustiva che cre-sce rigogliosa lungo i corsi d’acquadella media e bassa pianura costitui-sce l’habitat elettivo dell’usignolo difiume (Cettia cetti), che lungo questevie naturali ha colonizzato nell’ultimomezzo secolo la Pianura Padano-Veneta, favorito dal progressivo miti-garsi delle stagioni invernali, ai rigoridelle quali è particolarmente sensibile.Nascosto quasi sempre nel folto, rivelaimmediatamente la sua presenza inquasi ogni stagione dell’anno con unacaratteristica strofa di canto, breve maesplosiva e, a differenza dalla maggior parte degli altri uccelli canori, emessadal maschio con una curiosa ed imprevedibile saltuarietà mentre si spostaquasi invisibile entro il suo territorio da un posatoio all’altro. Negli ambienti piùfavorevoli e più densamente popolati si comporta da specie poligama: unmaschio dominante può accoppiarsi in successione anche con cinque femmi-ne diverse, alle quali lascia per intero il compito di occuparsi della cova e del-l’allevamento dei nidiacei. Un’altra peculiarità di questa specie è il colore delleuova, un sorprendente rosso mattone uniforme e brillante, caso unico tra ipasseriformi italiani.Spesso poligamo è anche il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus) cheperò si differenzia nettamente dal precedente per habitat e comportamento.Questo silvide relativamente grande, che trascorre l’inverno in Africa a suddel Sahara, stabilisce i suoi territori riproduttivi esclusivamente in ampi lettidi cannuccia palustre che bordano gli stagni golenali o le rive dei tratti infe-riori dei corsi d’acqua planiziali. Tra aprile ed agosto il maschio si fa imme-diatamente riconoscere mentre, posato ben in vista sulla cima di una canna,lancia per ore le lunghe strofe di canto, non particolarmente melodioso e lacui qualità sonora ricorda piuttosto quella di un anfibio. Il nido, ancorato adalcuni steli di cannuccia, piuttosto voluminoso e non sempre ben nascostotra la vegetazione, ospita con relativa frequenza l’uovo del cuculo (Cuculus

canorus), parassita di numerose specie che vivono lungo i corsi d’acqua dipianura.

vengono covate le uova ed allevati i pulcini. Le massicce opere di regimazio-ne a cui sono stati sottoposti i fiumi padani hanno reso questo spettacolosempre più raro. Tuttavia, il topino ha saputo almeno in parte far fronte a que-ste drastiche trasformazioni, adattandosi a nidificare entro le cave di sabbia eghiaia, la cui attività però compromette spesso il successo riproduttivo diintere colonie. Questa specie va anche ricordata per aver rappresentato unodei primi casi documentati di vistosa diminuzione nelle popolazioni di passe-riformi nidificanti in Europa occidentale e migratori transahariani, correlataagli eventi catastrofici che possono interessare le zone di svernamento afri-cane. Nel caso del topino si trattava delle prolungate siccità ricorrenti nellafascia nord-tropicale del Sahel. Tanto dimesso è il piumaggio bianco e bruniccio del topino, quanto sgargian-te, con le sue tonalità dominanti del blu e del turchese, è quello del martinpescatore (Alcedo atthis) che col primo però condivide in parte le modalitàriproduttive, nidificando anch’esso in gallerie scavate nelle sponde dei corsid’acqua, ma in questo caso col lungo e potente becco. A differenza dellaspecie precedente, il martin pescatore è un uccello solitario e fortemente ter-ritoriale, che per costruire il nido si accontenta di scarpate terrose alte anchepochi decimetri, purché verticali e prive, almeno in parte, di vegetazione. È unpredatore specializzato nella cattura di piccoli pesci sui quali si lancia a per-pendicolo da un posatoio sovrastante l’acqua, dove sosta in immobile attesaper lunghi intervalli di tempo. Passa così spesso inosservato nonostante i

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Martin pescatore (Alcedo atthis)

Cannareccione (Acrocephalus arundinaceus)

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Giancarlo FracassoLa cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris)

Tra maggio e luglio le sponde erbose deicorsi d’acqua della Pianura Padano-Veneta sono ravvivate dall’ inconfondi-bile canto della cannaiola verdognolache qui nidifica.Percorrendo gli argini fluviali è facileosservare i maschi di questa specieche, dalla cima di un piccolo arbusto odi uno stelo erbaceo sufficientementerobusto, lanciano a gola spiegata inter-minabili strofe.A questa “ vistosità” acustica si con-trappone però un piumaggio assoluta-mente insignificante, bruno oliva disopra e bianchiccio di sotto, per cuiquesta specie è facilmente confondibi-le con altri piccoli passeriformi appar-tenenti alla stessa famiglia (silviidi) esoprattutto con i rappresentanti delgenere Hippolais o con i suoi stessicongeneri.Particolarmente impegnativa è la distin-zione dalla cannaiola comune (Acro-cephalus scirpaceus), ancor più diffusa

in Italia ma legata ad ambienti più fran-camente palustri. Anche disponendo diun esemplare in mano, l’identificazionemolto spesso si basa sulla combinazio-ne di una serie di complesse misuremorfometriche e talvolta, come nelcaso degli immaturi, può risultare persi-no impossibile. Ma quando i maschiemettono il loro canto territoriale rivela-no immediatamente la propria identitàspecifica. Mentre le strofe della can-naiola comune consistono di una lungae monotona serie di note, piuttostoaspre e stridenti, che si susseguonorapidamente e con poca variabilità,quelle della congenere spiccano inveceper sonorità e varietà.Ad un ascolto molto più attento que-st’ultimo aspetto risulterà però del tut-to apparente, poiché la cannaiola ver-dognola è una straordinaria imitatrice,a tal punto che le sue strofe, del tuttoprive di elementi veramente originali especifici, sono costituite solo dalle

copie praticamente perfette di un grannumero di note, anche se di solito mol-to brevi e tra loro mescolate, delle vociemesse da moltissmi altri uccelli, nonsolo europei ma anche africani.In effetti questa specie, anche se com-pie in Europa (e nell’Asia occidentale)una parte fondamentale del suo cicloannuale e cioè la riproduzione, vi si trat-tiene di norma solo circa due mesi,mentre il resto del tempo si può bendire lo trascorra in viaggio, per lo piùattraversando in lunghezza quasi tutto ilcontinente africano.Entrambe queste cannaiole sono, infat-ti, migratrici a lungo raggio e svernanoquasi esclusivamente in Africa a sud delSahara, ma se le popolazioni di A. scir-paceus dell’Europa centro-occidentalesi dirigono a fine estate verso sud-ovestattraversando la Penisola Iberica, quelledi A. palustris seguono una via decisa-mente orientale, percorrendo la Peniso-la Balcanica, l’Anatolia ed il VicinoOriente e penetrando in Africa tra ago-sto ed ottobre attraverso il Sinai ed ilMar Rosso.Successivamente la migrazione rallen-ta, protraendosi per diversi mesi lungoun corridoio relativamente ristretto, contappe più o meno lunghe e condiziona-te soprattutto dalla stagionalità delleprecipitazioni, attraverso Etiopia eKenia, per concludersi, addirittura ingennaio, nel sud-est del continente finoall’estrema Provincia del Capo (SudAfrica). Il viaggio di ritorno inizia in mar-zo-aprile, svolgendosi più rapidamentee, più o meno, lungo un analogo per-corso rispetto alla migrazione post-riproduttiva, ma l’arrivo in Europa vieneosservato di solito solo tra la fine diaprile e maggio avanzato. Alla conoscenza dettagliata del lunghis-simo percorso migratorio della cannaio-la verdognola ha contribuito anche lostudio del suo comportamento vocaleed in particolare delle straordinarie

capacità imitative. Il maschio di questaspecie acquisisce il proprio repertoriocanoro attraverso un processo diapprendimento che dura solo pochimesi, dalla nascita fino all’abbandonodei territori di svernamento africani, perpoi conservarlo immutato per il restodella sua esistenza.Le lunghe strofe emesse da ciascunindividuo consistono di centinaia dimotivi costruiti utilizzando le note di cir-ca 80 specie diverse.Complessivamente nel vasto repertoriocanoro di questa cannaiola sono statefinora identificate le imitazioni di alme-no 212 specie diverse di uccelli, ma levoci copiate dai “modelli” africanisuperano quelle di fonte europea (113specie contro 99), e spesso si riferisco-no a specie con una distribuzione geo-grafica relativamente circoscritta, rive-lando così dove questa cannaiola hasostato nei suoi spostamenti transcon-tinentali.

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Nido di cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris) Cannaiola verdognola

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Giancarlo FracassoIl cuculo (Cuculus canorus)

Pur frequentando una gamma moltoampia di ambienti, dal livello del marefino ai limiti della vegetazione arborea,è proprio lungo i maggiori corsi d’ac-qua, dotati almeno di un minimo dicondizioni naturali, che il cuculo è pre-sente in densità particolarmente eleva-te. Qui, infatti, può trovare soddisfattein spazi relativamente ristretti due esi-genze fondamentali: cibo e possibilitàriproduttive.La dieta del cuculo è basata principal-mente su larve di lepidotteri, in partico-lare su quelle ricoperte di peli urticanti eche vivono in aggregazioni coloniali,che sono più frequenti nelle formazioniboschive e in quelle erbacee di margi-ne, tipologie vegetali di solito ben rap-presentate lungo le aste fluviali.Per riprodursi il cuculo ha invece biso-gno di altri uccelli nei cui nidi deporrà leuova ed ai quali lascerà l’incombenza diallevare i giovani a scapito dei propri.Sebbene in Europa l’uovo del cuculo

sia stato rinvenuto nel nido di oltre cen-to specie di passeriformi, solo in unatrentina di queste ciò accade con rego-larità.Proprio lungo un fiume, dove possonocoesistere fianco a fianco ambienti estre-mamente diversificati, questo “parassita”può disporre di un numero particolar-mente elevato di potenziali ospiti. Cosìnegli alvei più aperti verranno colpiti inidi della ballerina bianca (Motacilla alba)e della cutrettola gialla (M. flava), lungo lesponde con alte erbe la cannaiola verdo-gnola (Acrocephalus palustris) e la ster-pazzola (Sylvia communis), nei cannetidegli stagni golenali la cannaiola comu-ne (A. scirpaceus) ed il cannareccione(A. arundinaceus), nelle rade macchiearbustive di greto l’averla piccola (Laniuscollurio) e la bigia padovana (Sylvia niso-ria), infine nei boschi ripari l’usignolo(Luscinia megarhynchos), il pettirosso(Erithacus rubecula) e lo scricciolo (Tro-glodytes troglodytes).

Il particolare comportamento riprodutti-vo del cuculo si riflette anche nel suocomplesso sistema sociale, con territoridifesi indipendentemente da entrambi isessi ma limitati alle zone di riproduzio-ne, quasi sempre ben distinte e spessoanche molto lontane da quelle di ali-mentazione. In queste aree riproduttivesono presenti i territori di alcune femmi-ne tra le quali si stabilisce una gerarchiaattraverso la quale la femmina domi-nante monopolizza quasi tutti i nididisponibili di una determinata specieospite.Anche tra i maschi esiste forte competi-zione, ma in questo caso nei confrontidell’altro sesso, così i loro territori pos-sono sovrapporsi a quelli di più femmi-ne dominanti con le quali ciascunmaschio cercherà di assicurarsi il mag-gior numero di accoppiamenti. Ma èsoprattutto nei rapporti con la specieospite che il cuculo mostra una serie dicomportamenti sorprendenti, che sisono plasmati nel tempo in risposta aitentativi di difesa delle vittime, in unacontinua “corsa agli armamenti” di tipocoevolutivo. Innanzitutto ciascuna fem-mina tende a parassitare sempre i nididi una particolare specie-ospite e leuova deposte assomigliano nel colore enei disegni proprio a quelle delle vittimeprescelte; si formano così gruppi - dettigentes - di femmine specializzate emolto probabilmente legate genetica-mente per via materna, come confer-merebbero recenti analisi del DNA.Le uova del cuculo mostrano ulterioriadattamenti “offensivi” : le dimensionisono infatti decisamente piccole rispet-to a quelle della femmina che le ha pro-dotte, risultando più simili a quelle del-l’ospite, anche se di solito ancora leg-germente superiori; inoltre, il guscio èparticolarmente compatto, offrendo cosìuna maggior resistenza ai rischi di rottu-ra che può incontrare sia nel corso delladeposizione, spesso piuttosto rocam-

bolesca, sia di fronte alle azioni di elimi-nazione da parte dell’ospite.Nel corso della stagione riproduttiva lefemmine dominanti di cuculo depongo-no fino ad una ventina di uova, ma unasola per nido, prelevando contempora-neamente un uovo o due dell’ospite.Anche in questa fase il parassita mettein campo sofisticati meccanismi diattacco: la femmina depone a giornialterni, per cui ciascun uovo subisceuna sorta di pre-incubazione nell’ovi-dotto materno, e l’introduzione nel nidodell’ospite avviene quando la covata diquest’ultimo non è stata ancora com-pletata, per cui l’ incubazione non èancora iniziata.L’uovo estraneo schiuderà quindi inanticipo rispetto ai fratellastri ed a quelpunto il destino della covata dell’ospitesarà segnato: il piccolo cuculo rapida-mente espellerà il contenuto del nido eassumerà su di sé tutte le cure dei geni-tori adottivi.

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Cuculo (Cuculus canorus)

Cuculo nel nido

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■ Mammiferi

Nell’ambito di questa classe di verte-brati la specie che probabilmente pre-senta il legame più stretto con le astefluviali è la lontra (Lutra lutra), anche sequesto carnivoro semiacquatico eopportunista può popolare, nel suovasto areale paleartico, tanto le spondelacustri quanto le paludi e le costemarine. A maggior ragione ciò si osser-va in Italia, dove attualmente sopravvi-ve quasi esclusivamente lungo i corsimedio-bassi di alcuni fiumi appenninicidell’Italia meridionale, soprattutto delCilento, della Basilicata e della Cala-bria. Indicatrice di qualità biologica especie-bandiera degli habitat acquaticiincontaminati, tanto da essere statascelta come emblema della Convenzione di Berna del 1979 per la conservazio-ne della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, la lontra effettivamen-te preferisce ecosistemi ripari notevolmente diversificati, che offrano da un latoabbondanza di prede in tutte le stagioni (pesci soprattutto ed in particolareciprinidi di taglia piccola o medio-grande, ma anche anfibi, crostacei, piccolimammiferi ed uccelli), dall’altro spazi molto tranquilli sia per il riposo diurno(cavità del terreno o di ceppaie, anfratti, letti di elofite ecc.), sia per mettere almondo ed allevare i piccoli. Nidifica in tane prossime all’acqua, spesso condoppia entrata, una subacquea ed una terrestre, e protette verso l’entroterra dadensa vegetazione.Nonostante una taglia di tutto rispetto, con una lunghezza media nell’adultodi oltre un metro ed un peso di quasi 10 chilogrammi, è difficile poterla osser-vare a causa del comportamento elusivo e dell’attività prevalentemente cre-puscolare o notturna, caratteristiche almeno rinforzate da secoli di persecu-zione da parte dell’uomo.Sono invece vari tipi di tracce a rivelarne spesso la presenza, all’occhio - maanche all’olfatto - esperto: le impronte che sul terreno molle rivelano sia lamembrana palmata che riunisce le cinque dita, sia le brevi unghie; gli escre-menti riconoscibili per l’odore, persistente per settimane e non sgradevole,paragonato ad una miscela di miele e pesce; le lunghe piste usate tradizio-nalmente negli spostamenti tra l’acqua e la terraferma, con andamento leg-germente sinuoso e fondo erboso non perfettamente appiattito, poiché nor-

I boschi ripari, specialmente quelli chebordano i bracci fluviali a più debolecorrente, le lanche morte o gli stagnigolenali, sono spesso abitati dal pen-dolino (Remiz pendulinus), minuscolopasseriforme dalla caratteristicamascherina nera che ne nasconde gliocchi. Una certa affinità con le cince èconfermata sia dall’abilità con cui samuoversi acrobaticamente tra le fron-de esterne delle chiome arboree, ser-vendosi delle forti zampe, oppure,soprattutto d’inverno, lungo gli steliverticali delle cannucce di palude, allaricerca di piccoli insetti e secondaria-mente anche semi, sia dal comporta-mento sociale, territoriale durante lanidificazione ma gregario durante lemigrazioni ed in inverno. Ben diverse

sono però le modalità riproduttive. Innanzitutto non nidifica in cavità come lecince, ma costruisce un particolarissimo nido a fiasco, con una entrata tubo-lare su un lato, fatto per lo più di lanugine vegetale, o anche animale, edappeso all’estremità di un ramo flessibile di salice o pioppo che pende quasisempre al di sopra dell’acqua. Ma ancora più originali sono i suoi rapporti dicoppia, spesso di brevissima durata, poiché entrambi i partner possonoessere successivamente poligami.Le selve fluviali, con la loro costante ed ampia disponibilità di fasce margi-nali e soprattutto quando sono ben sviluppate in altezza, offrono quellecondizioni di relativa umidità e luminosità particolarmente idonee al rigogo-lo (Oriolus oriolus), specie arboricola delle dimensioni di un merlo, ma nonfacilmente visibile mentre è posato tra gli alti rami delle chiome arboree. Seciò non sorprende nel caso delle femmine e degli immaturi, dal mimeticopiumaggio verdastro e striato, sembra poco verosimile nel caso dei maschiadulti che sfoggiano una delle livree più vistose dell’ intera avifauna italiana,con il corpo interamente colorato di giallo brillante e le ali nere. Almeno traaprile ed agosto questa specie migratrice - sverna in Africa a sud del Saha-ra - si fa comunque facilmente individuare per l’ inconfondibile canto com-posto da brevi note liquide e flautate che ben si adattano al suo aspetto edalle sue lontane origini tropicali, trattandosi dell’unico rappresentante euro-peo di un genere che conta oltre due dozzine di specie molto simili ma abi-tanti le foresti equatoriali dell’Africa e dell’Asia.

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Pendolino (Remiz pendulinus) Impronte di lontra (Lutra lutra)

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gli habitat ripariali, è la puzzola (Muste-

la putorius). Essa è teoricamente diffu-sa nell’intera Penisola, ma il suo preci-so status in Italia è conosciuto in modomolto approssimativo, anche se appa-re decisamente rarefatta in molteregioni, soprattutto del Settentrione. Sitratta di una specie solitaria ad attivitàprevalentemente notturna e con regi-me alimentare strettamente carnivoro,ma lo spettro delle prede è moltovario, riflettendo soprattutto le dispo-nibilità locali e stagionali, risolvendositalvolta in una strettissima specializza-zione, di volta in volta orientata, adesempio, sui micromammiferi, o sulepri o conigli, oppure quasi esclusiva-mente sugli anuri.Tra i numerosi roditori che popolanole sponde dei corsi d’acqua italianialcune specie meritano di essere ricordate, se non altro per la relativa facilitàcon la quale possono essere osservate e riconosciute. La prima appartienealla sottofamiglia delle arvicoline, un gruppo di micromammiferi dalle abitu-dini in genere decisamente fossorie, trascorrendo la maggior parte del ciclovitale in gallerie scavate appena sotto la superficie del suolo in ambienti pra-tivi o forestali, per cui risultano poco visibili e spesso anche non facilmentedistinguibili fra loro a vista. L’arvicola terrestre o d’acqua (Arvicola terrestris

italicus) si differenzia per le dimensioni piuttosto cospicue, simili piuttosto aquelle del ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus) col quale può condivide-re l’habitat ma da questo sempre ben distinta per le forme tondeggianti, ilmuso non appuntito, le orecchie poco sporgenti, la pelliccia più folta e lacoda relativamente corta. La posizione sistematica delle diverse popolazionipresenti nella Penisola Italiana (è assente, infatti, dalle isole maggiori) non èancora completamente chiarita, ma sono note almeno due forme, separatesoprattutto per comportamento e preferenze ambientali: la prima acquaticae parzialmente diurna, la seconda (arvicola terrestre di Scherman) diffusa inEuropa centrale ma almeno anche sulle Alpi Carniche, praticola, notturna efossoria. La forma più diffusa preferisce corsi d’acqua perenne, non inquina-ta e non troppo profonda, situati soprattutto alle basse quote e ricchi divegetazione erbacea igrofila (carici, giunchi, cannucce, ecc.) di cui si nutresoprattutto tra la primavera e l’autunno, mentre d’inverno si ciba anche di

malmente l’animale procede con il ventre e la coda leggermente sollevati dalsuolo; gli scivoli, utilizzati come via di accesso rapido all’acqua su sponderipide ed erbose o come campo di gioco per i giovani; le aree di toelettatura,dove gli animali strofinandosi sull’erba, si sbarazzano dei resti del cibo cheimbrattano la pelliccia. Gli avanzi delle prede sono invece meno diagnostici,oltre che rari, in quanto la lontra tende a consumarle per intero.Tuttavia, anche l’osservazione, spesso del tutto fugace, dell’animale che nuo-ta può creare equivoci con altri mammiferi acquatici, per altro non autoctoni: ilvisone americano (Mustela vison), mustelide non ancora completamenteaffrancato dalla cattività, e soprattutto la nutria (Myocastor coypus), grossoroditore ormai naturalizzato ed ampiamente diffuso nel territorio italiano, aiquali si può aggiungere anche il topo muschiato (Ondatra zibethicus), per oracircoscritto ad alcune zone del Friuli Venezia Giulia. Quando nuota, il visone siriconosce, oltre che per le dimensioni decisamente inferiori, per il fatto di tene-re bene in vista sopra l’acqua praticamente tutta la superficie dorsale, dalcapo alla coda; la nutria mantiene emersa la testa e la gran parte del dorso,mentre la lontra, oltre al capo, lascia appena intravedere al di sopra del pelodell’acqua l’estremità posteriore del dorso e la coda.Un altro mustelide che, per quanto spiccatamente terrestre e comunque adat-tabile ad un’ampia gamma di condizioni ambientali, dagli ambiti rurali a quellimarcatamente forestali e dal livello del mare fino alle vallate alpine, mostra unaspiccata predilezione per gli ambienti umidi in generale, ed in particolare per

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Nutria (Myocastor coypus)

Arvicola terrestre o d’acqua (Arvicolaterrestris italicus)

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senza disporre dell’esemplare inmano o almeno posato a brevissimadistanza. Questa situazione è ulterior-mente complicata dal fatto che, trat-tandosi di animali molto mobili edalmeno in parte anche migratori suconsiderevoli distanze, è possibileincontrare un grande numero di lororappresentanti percorrendo un trattodi fiume di sera, tra la primavera el’autunno. Tuttavia, una gamma piùlimitata di specie trova proprio lungogli ambienti ripari adeguati ambienti dicaccia e rifugi invernali e riproduttivi,così da renderne almeno più probabile l’incontro e, entro certi limiti, il rico-noscimento.Le ampie superfici d’acqua non troppo corrente che caratterizzano le astefluviali sono il caratteristico ambiente di caccia del vespertilio di Daubenton(Myotis daubentoni), che cattura le prede, spesso anche con l’aiuto dellezampe posteriori, volando per lunghi tratti rettilinei vicinissimo alla superficiee di solito lontano dalle rive. Ugualmente dipendente dall’acqua per l’alimen-tazione è il vespertilio di Capaccini (M. capaccinii), il cui volo di caccia vieneeffettuato a maggior altezza dalla superficie e con più frequenti cambi di dire-zione ad ali tese; a differenza del precedente, che almeno per riprodursi utiliz-za le cavità degli alberi, questa è una specie strettamente cavernicola.Legato all’acqua per la caccia ma anche agli ambienti boschivi per l’alimen-tazione e la riproduzione è il vespertilio di Natterer (M. nattereri), anch’essocavernicolo per lo svernamento. Pure il vespertilio smarginato (M. emargina-

tus), che sverna e si riproduce negli edifici o in grotta, può trovare negliambienti ripari condizioni ideali per la caccia, che svolge di solito all’interno oai margini delle formazioni arboreo-arbustive, come pure sull’acqua.I boschi ripariali più maturi offrono contemporaneamente ambienti di alimen-tazione e ideali rifugi (cavità) ai pipistrelli più spiccatamente forestali, come lanottola comune (Nyctalus noctula) e la nottola di Leisler (N. leisleri), specieentrambe relativamente grandi, dal volo potente e piuttosto alto dal suolo, nelprimo caso tendenzialmente rettilineo, nel secondo decisamente più irregola-re. Specie tipicamente silvicola è anche il pipistrello di Nathusius (Pipistrellus

nathusii) che, come le due nottole, migra regolarmente su lunghe distanze(anche attorno ai 2000 km) con prevalente direzione NE-SW tra l’Europa set-tentrionale e le regioni a clima invernale più favorevole, come quelle atlanti-che e mediterranee, Italia compresa.

radici, semi e cortecce; forma coloniee costruisce sulle sponde complessisistemi di gallerie, con aperture siasopra sia sotto l’acqua e diversecamere destinate all’accumulo delleriserve alimentari o alla riproduzione. Inconfondibile per la vistosa strianerastra che corre lungo la lineamediana delle parti superiori del cor-po, altrimenti fulvicce, il topo selvaticoa dorso striato (Apodemus agrarius), adifferenza dei congeneri e degli altrirappresentanti della famiglia dei muri-di (se escludiamo il ratto delle chiavi-

che), si lascia osservare frequentemente in pieno giorno, rivelandosi anchepoco timoroso nei confronti dell’uomo. Presente solo nell’Italia settentrionale(Friuli, Veneto e Lombardia occidentale), che costituisce il limite sud-occiden-tale del vasto areale che dall’Europa centrale si estende fino alla Cina ed allaCorea, pare aver colonizzato il nostro Paese solo in tempi relativamenterecenti, non essendone mai stata trovata traccia nei numerosi depositi fossilirisalenti al Pleistocene. Pur potendosi incontrare anche in terreni agrari e suisubstrati relativamente aridi dei settori collinari, questo roditore sembracomunque preferire habitat umidi e diversificati dal punto di vista vegetazio-nale, che nella Pianura Padano-Veneta, forse anche a causa delle trasforma-zioni ambientali, coincidono spesso con le sponde dei fiumi, come nella Valledel Ticino, o del reticolo idrico minore. Tra gli insettivori, anche se diversi taxa possono frequentare gli ambienti ripa-ri, effettivamente mostrano un marcato legame con il mezzo liquido solo ledue specie di toporagni appartenenti al genere Neomys, il toporagno d’acqua(N. fodiens) ed il toporagno acquatico di Miller (N. anomalus). Almeno nell’Ita-lia settentrionale, il primo sembra frequentare soprattutto i torrenti montani,mentre il secondo risulta associato preferenzialmente ai corsi d’acqua ocomunque agli ambienti umidi di fondovalle e di pianura. Riconoscibili, alme-no a livello generico, per il vistoso aspetto bicolore, con le parti superiori neree contrastanti con quelle inferiori di tinta bianco-argentea, sono entrambi abi-li nuotatori, in grado di immergersi sott’acqua per catturare le prede, rappre-sentate da svariati invertebrati acquatici, ma anche da animali relativamentegrandi, come pesci ed anfibi, che vengono uccisi anche grazie alle sostanzevelenose contenute nella saliva.Per l’osservatore casuale è quasi sempre impossibile distinguere a livellospecifico tra i 30 taxa appartenenti all’ordine dei chirotteri presenti in Italia,

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Toporagno d’acqua (Neomys fodiens) Nottola comune (Nyctalus noctula)

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Le più disparate forme di controllo(arginature, sbarramenti, canalizzazio-ni, diversioni di bacino, spostamenti dialveo, ecc.) esercitate dall’uomo suifiumi nel corso dei secoli, da un latoproteggendo colture e nuclei abitatividalle inondazioni, dall’altro strappandonuove terre alle paludi create dallenaturali divagazioni fluviali, si sono poirivolte al diretto sfruttamento dellerisorse fornite dai corsi d’acqua,innanzitutto per l’approvvigionamentoidrico delle crescenti popolazioni, maanche per irrigare le campagne, perricavare energia, per gli usi industriali,per facilitare il trasporto di uomini ecose, per ottenere materiali inerti eprodotti della pesca.Ma questo ininterrotto processo dialienazione non poteva non trovare, intempi più recenti, la sua quasi inevitabile conclusione con l’aggiungersi, allafunzione già riservata ai fiumi, di pozzo senza fondo da cui continuamenteemungere beni sempre più preziosi, anche di quella di collettore dei più dispa-rati, e non raramente dei più dannosi, residui derivanti dagli insediamenti edalle attività umane.Sono così sempre più a rischio, e in molti casi sono già andate perdute, alcu-ne funzioni essenziali dei fiumi e delle loro golene, quali il contenimento del-l’acqua e il rallentamento del deflusso, il trasporto dei sedimenti, la capacità diautodepurazione e di contenimento di sostanze potenzialmente dannose, laricarica delle falde. I fiumi rappresentano quindi un elemento particolarmentesensibile del paesaggio in quanto, pur interessando una porzione molto ridot-ta di territorio, riflettono la qualità della sua intera gestione.Nel tempo sono stati proposti modelli diversi per spiegare l’ecologia fluvialenella sua complessità e i vari meccanismi che farebbero del fiume un efficien-

127Aspetti di conservazione e gestioneFRANCESCO BRACCO · GIANCARLO FRACASSO · ALESSANDRO MINELLI ·FRANCESCO NONNIS MARZANO · MARIACRISTINA VILLANI

Lanca di Bernate (Ticino, Lombardia)

Canalizzazione a scopo idroelettrico(Marmore, Umbria)

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■ Legislazione comunitaria e nazio-

nale

Anche a livello normativo è stata rece-pita l’esigenza di controllare e tutelarela risorsa idrica, a livello sia comunitario(Direttiva “Acque” 60/2000/CE, recepi-ta nel nostro paese con D.L. 152/00)sia nazionale e regionale. Specie eambienti dell’ecosistema fluviale, inol-tre, sono oggetto di protezione nell’otti-ca della salvaguardia della biodiversità.Un ruolo di primo piano è svolto dallaDirettiva Uccelli (79/409/CEE) e dallaDirettiva Habitat (92/43/CEE), con lesuccessive modifiche ed integrazioni,che hanno portato all’identificazione diuna rete ecologica europea (Rete Natu-ra 2000) comprendente un insieme disiti, denominati Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Siti di Importanza Comuni-taria (SIC), particolarmente significativi in termini di ricchezza floro-faunistica,nei quali non possono essere messi in atto interventi che compromettano laconservazione delle emergenze naturalistiche. In Italia molti corridoi della reteNatura 2000 sono costituiti da corsi d’acqua o tratti fluviali nei quali l’alterazionedegli ecotoni ripariali e delle zone adiacenti non sia ancora giunta a compromet-terne l’integrità o la funzionalità. Un insieme di habitat legati alle acque correnti,identificati in funzione della componente vegetazionale, è vincolato dalle diretti-ve e considerato meritevole di tutela, in tutte le regione biogeografiche che inte-ressano il nostro territorio. Fra questi, ad esempio, gli arbusteti a Myricaria ger-

manica o a Salix eleagnos dei fiumi alpini, i fiumi a flusso intermittente dellaregione mediterranea con i loro agrostideti, le cenosi acquatiche delle acquefluenti, i bidenteti delle bassure umide, le cenosi nemorali a salice bianco.Sono tipicamente associate all’ambiente fluviale e ripario numerose specie diinteresse comunitario, ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE). Si possonoricordare i molluschi unionidi Microcondylea compressa, Unio elongatulus eMargaritifera auricularia, il crostaceo Austropotamobius pallipes, gli odonatiOphiogomphus cecilia, Cordulegaster trinacriae e Oxygastra curtisi, il coleotteroOsmoderma eremita; fra i vertebrati numerosi sono i pesci e i ciclostomi (comelamprede, storioni, coregoni, alcune trote e molti altri), i rettili e gli anfibi. Fra imammiferi va ricordata soprattutto la lontra, la cui presenza in Italia è oggi limi-tata a Basilicata, Campania meridionale e a ridotti lembi di Calabria e Puglia.

te sistema naturale di depurazione, grazie al concorso di processi chimico-fisi-ci e biologici e all’intervento di numerosi gruppi tassonomici, sia animali siavegetali, che sostengono catene alimentari diverse che si integrano con effettisinergici.Il concetto di river continuum, che interpreta un fiume come una catena diecosistemi che si susseguono sfumando uno nell’altro dalla sorgente alla foce,sottolinea la dipendenza della funzionalità delle comunità biologiche dallecaratteristiche geomorfologiche e idrauliche del sistema e la necessità di esa-minare un fiume nel suo complesso (si veda la fig. di pag. 12 e quanto propo-sto nel volume di questa collana dedicato ai Torrenti montani).Il modello della “spiralizzazione dei nutrienti” accoppia i processi di entrata inciclo dei nutrienti, cioè di metabolizzazione e trasformazione chimica deinutrienti, e il loro trasporto a valle, che interessa anche le zone ripariali. L’effi-cienza nei processi autodepurativi è condizionata quindi dall’integrità dell’eco-sistema fluviale in tutte le sue dimensioni: longitudinale (dalla sorgente allafoce), verticale (dal pelo libero dell’acqua alle falde), laterale (dal centro dell’al-veo alla riva), temporale e territoriale, relativa cioè non al semplice corridoiofluviale, ma all’intero bacino. Lo stato di conservazione dei fiumi è quindiinfluenzato dal tipo di coltivazioni, dall’esistenza di insediamenti produttivi ourbani e dalla qualità dei relativi servizi di raccolta e trattamento delle acquereflue. Questo effetto è tanto più netto quanto più viene a mancare, intorno alfiume, la fascia di ambienti di transizione che gli sono naturalmente legati.

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Allevamento nell’area golenale del Po (Emilia Romagna)

Il Tevere alla confluenza con il Farfa (Lazio)

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greti, ma riducendo drasticamente lospazio a disposizione di tutte le altrefitocenosi. Ne soffrono particolarmentela vegetazione acquatica e palustre, lecomunità vegetali erbacee xerofile deigreti sollevati e tutta la serie dei con-sorzi legnosi ripariali arbustivi e arborei.La tendenza alla canalizzazione del fiu-me, se può trovare una comprensibilespiegazione nella messa in sicurezzadel territorio circostante, tende però arendere estreme alcune tendenzenegative che si sommano alla semplifi-cazione morfologica. Le difese spon-dali permettono infatti lo sfruttamentoagricolo capillare del territorio golena-le. Questo implica da un lato la rigoro-sa razionalizzazione della superficiecoltivata, con l’eliminazione dellediscontinuità morfologiche residue (avvallamenti, terrazzamenti minori), dall’al-tro causa la completa sostituzione con colture della copertura vegetale natu-rale o paranaturale. Per questo è ormai assai frequente che le coltivazioni arri-vino sino all’alveo e il fiume sia ridotto a canale tra pioppi o mais.Questa situazione incide in modo indesiderabile sul bilancio trofico dei corsid’acqua: le acque dilavanti provenienti dalle estensioni coltivate circostanti fini-scono direttamente nel corso fluviale in quanto, tra l’alveo attivo e le colture,non esiste più alcuna fascia con vegetazione sviluppata. La semplificazionedella morfologia fluviale condiziona negativamente il ruolo chiave svolto dallavegetazione acquatica e ripariale non solo nella prevenzione dei processi erosi-vi e nell’aumento dei tempi di corrivazione, quindi nel controllo delle piene, maanche nella funzione di filtro-tampone che essa svolge, cioè nella capacità diritenzione meccanica e nel bioaccumulo di nutrienti e inquinanti. La riduzione ditale effetto, conseguente all’eliminazione del complesso della vegetazione ripa-riale, finisce con il favorire l’aumento del carico trofico delle acque fluviali. Anche gli usi idroelettrici e irrigui condizionano in modo pesante le portatedei fiumi, soprattutto durante la stagione estiva. Di ciò soffrono in misuranon grave le vegetazioni di greto, comunque adattate alla variazione ciclicadi disponibilità idrica, mentre sia la vegetazione acquatica e palustre siaquella forestale igrofila si vedono sottratte, nel momento più critico, risorseidriche fondamentali, per il venir meno delle acque superficiali e per l’abbas-samento della falda.

■ Problemi per la flora e la vegetazione

Osservando le grandi valli e le pianure, si rileva come il fiume costituisca spes-so una discontinuità nel paesaggio, per la presenza del relativo solco e perchéintorno ad esso compaiono tipi di vegetazione (forestale, arbustiva, erbacea)altrimenti inesistenti nella zona. Questa immagine della fascia fluviale caratte-rizzata da elevata biodiversità vegetale ha però subito, anche in anni recenti,un notevole ridimensionamento a causa di più processi convergenti il cui risul-tato è comunque quello di sottrarre spazio alle forme liberamente modellatedalla morfogenesi fluviale e alla vegetazione che su di esse si insedia.È generalizzata la tendenza a razionalizzare i corsi fluviali imbrigliandoli all’in-terno di arginature e vincolandone le sponde con opere di difesa che ne fis-sano la morfologia. Viene così imposta alle rive una brusca pendenza e ven-gono eliminati i molti ambienti di transizione che fanno parte integrante delpaesaggio fluviale. La fascia dove l’alveo del fiume può divagare, in accordocon i meccanismi di erosione e sedimentazione che gli sono propri, è stataprogressivamente ristretta. Nel fiume regimentato e canalizzato sparisce cosìparte dei greti, ma spariscono soprattutto greti sollevati e terrazzi intermedi espesso anche i sistemi di depressioni più o meno collegate all’alveo attivo eciclicamente allagate.Questa semplificazione morfologica riduce nettamente la biodiversità vegetale,permettendo, in grado variabile, la sopravvivenza delle comunità pioniere dei

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Bosco ripario a San Rossore (Arno, Toscana)

Costruzione di un canale di derivazione

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133■ I pesci

I pesci delle acque interne rappresen-tano oggi il gruppo di vertebrati mag-giormente a rischio in Europa: in Ger-mania il 72% delle specie è conside-rato minacciato, mentre su scala mon-diale è stata accertata l’estinzione di29 specie dal 1600 ad oggi.La situazione italiana è sicuramente traquelle più complesse a livello europeo.Passando in rassegna le diverse cate-gorie della lista rossa IUCN, gli allegatidella Direttiva Habitat dell’UnioneEuropea e le singole leggi regionaliemanate per la conservazione e latutela degli habitat e della fauna, ben47 dei 48 taxa indigeni italiani sonoconsiderati a rischio di estinzione oseriamente minacciati; il solo cavedano sarebbe, al momento, esente darischi. Le comunità ittiche delle acque interne italiane, in modo particolarequelle dei corsi d’acqua del bacino idrografico del Po, hanno subito profondemodificazioni in conseguenza del forte sviluppo agroindustriale del dopoguer-ra, delle numerose attività antropiche ad esso connesse, dell’aumentata den-sità della popolazione, delle alterazioni degli alvei, delle captazioni idriche perscopi irrigui, idroelettrici o per potabilizzazione, ma il colpo di grazia è statoinferto durante l’ultimo decennio dalla massiccia introduzione di specie alloc-tone. Al momento attuale questo aspetto sembra essere quello meno facil-mente risolvibile, in considerazione del perpetuarsi delle immissioni, dellescarse conoscenze scientifiche sull’ecologia di alcune delle specie immessee, soprattutto, della scarsa volontà di affrontare la problematica da parte deglienti amministrativi preposti a gestione e controllo.Per tutti questi motivi, negli ultimi anni negli ambienti fluviali italiani si sonoosservati un rapido decremento del quadro distributivo delle specie autoctonee la contemporanea crescita esponenziale di specie, di provenienza per lo piùdanubiana, che hanno rapidamente colonizzato svariate nicchie ecologichedei corsi d’acqua planiziali. Oggi le specie alloctone censite sono circa 40, mail loro numero è in costante aumento. Alcune di queste hanno un quadro distri-butivo per lo più limitato, ma la maggior parte di esse è caratterizzata dapopolazioni acclimatate e con biomasse considerevoli. Si pensi, per esempio,al problema del siluro e al forte impatto predatorio di questa specie sulle

Esotismo vegetale

L’introduzione volontaria o accidentaledi specie esotiche, chiamate anchealloctone o aliene, cioè specie che ven-gono diffuse dall’uomo fuori del loroareale, è un processo antico. Fu impor-tante in passato in senso positivo perl’alimentazione umana: gran parte deivegetali utilizzati come cibo anche inEuropa ha origini asiatiche o america-ne. Tuttavia, il risvolto negativo è l’ag-gressività che alcune esotiche manife-stano, entrando in competizione con leautoctone e realizzando invasioni dimassa alle quali fa seguito il loroingresso nelle cenosi spontanee. È ilcaso dei densi popolamenti monofiticidi amaranto a spiga verde (Amaranthuschlorostachys) sulle golene del Po, chehanno ridotto drasticamente le altrevegetazioni annuali dei greti, o dellevegetazioni dominate da verga d’oromaggiore (Solidago gigantea) o vergad’oro canadese (S. canadensis) lungol’Adige e il Po, degli arbusteti a indacobastardo (Amorpha fruticosa) su gole-ne e argini fluviali.Meno invasive, ma molto frequenti,sono enagra comune (Oenothera bien-nis) e buddleja (Buddleja davidii), colo-nizzatrici dei greti scoperti del Brenta edel Piave, e molte altre.La comprensione dei meccanismi cheintervengono a facilitare i processi diinvasione è tuttora incompleta, ma cer-

tamente i fiumi sembrano essere unambiente elettivo per le esotiche. Unostudio recente riporta per il fiume Po,nel suo medio corso, un elenco di 66specie alloctone, che costituisconoquasi il 20% della florula presente. Unaserie di fattori concorre a rendere il fiu-me particolarmente adatto alle speciealloctone: l’ampia disponibilità di acquae nutrienti, risorse necessarie alla lorosopravvivenza; la facilità di dispersionedi frutti, semi o propaguli realizzata dalmezzo acquatico, che opera un tra-sporto anche su lunghe distanze, ren-dendo possibile la colonizzazione suvasta scala; l’intervento antropico, par-ticolarmente pesante sia in alveo chesulle rive, che altera gli ambienti origi-nari, creando contesti semplificati aiquali le esotiche si adattano meglio epiù velocemente.L’impatto delle esotiche è riconosciutocome una delle principali cause diestinzione delle specie. L’IUCN (Inter-national Union for the Conservation ofNature and Natural Resources), asso-ciazione internazionale non governati-va che si occupa del monitoraggio edello studio delle specie a rischio, haistituito un apposito gruppo di espertidi specie esotiche, col compito diapprofondire la conoscenza della pro-blematica, di codificare le principalidefinizioni e di far luce sui meccanismiche rendono una esotica invasiva omeno. Nel 2004 la Svizzera ha redattola lista nera, comprendente le neofiteche causano danni in ambiti diversi, la“watch list” che elenca quelle poten-zialmente dannose e una chiave dico-tomica che permette di inserire unanuova esotica in una delle due liste.Anche l’Italia ha concluso nel 2007 unprogetto di ricerca in tal senso, predi-sponendo a livello nazionale e di ognisingola regione il catalogo delle specieesotiche, dei relativi impatti e deglihabitat occupati.

Mariacristina Villani · Francesco Bracco

Buddleja (Buddleja davidii)

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Persico reale (Perca fluviatilis)

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■ I vertebrati terrestri

Le principali compromissioni che sipossono rilevare lungo i fiumi riguarda-no quell’intreccio di variabilità e di con-tinuità ambientale osservabile nelledue direzioni principali, quella trasver-sale e quella longitudinale, in cui si svi-luppa l’asta fluviale e che ne caratteriz-za fondamentalmente l’ecologia. Nelprimo caso, le arginature, che imbri-gliano ormai la maggior parte dei fiumi che scorrono in ambito planiziale, iso-lano quasi completamente l’ecosistema ripario dal territorio circostante edimpediscono la completa realizzazione dei diversi stadi delle naturali succes-sioni ecologiche. Però anche all’interno delle stesse aree golenali, tra l’asseidrico in senso stretto e le sponde asciutte, le operazioni di regimazione, risa-gomatura e canalizzazione cancellano quel mosaico di habitat, più o menovegetati e più o meno umidi, che sono fonte di elevatissima diversità biologica.Tra gli uccelli, alcune specie decisamente rare o seriamente minacciate,soprattutto nella Pianura Padano-Veneta, a causa della riduzione degli habi-tat adatti, trovano entro le più estese golene condizioni ancora idonee asostenere discrete popolazioni nidificanti. Ad esempio, gli ampi greti scarsa-mente inerbiti possono ospitare l’occhione (Burhinus oedicnemus), il succia-capre (Caprimulgus europaeus) e la calandrella (Calandrella brachydactyla),mentre le macchie cespugliate danno rifugio all’averla piccola (Lanius collu-

rio) ed alla bigia padovana (Sylvia nisoria).I diffusi interventi di rettificazione banalizzano ulteriormente il corso d’acqua,eliminando ad esempio i meandri, in corrispondenza dei quali l’azione dell’ac-qua, rispettivamente di erosione e deposito sui lati opposti dell’ansa, creahabitat favorevoli ad alcuni uccelli più tipicamente fluviali: nel primo caso,pareti verticali libere da vegetazione adatte allo scavo dei nidi del martinpescatore (Alcedo atthis) e del topino (Riparia riparia), nel secondo letti di sab-bie e ghiaie scarsamente inerbiti adatti alla nidificazione a terra del corrierepiccolo (Charadrius dubius) e del piro piro piccolo (Actitis hypoleucos). Ma ancora più gravi sono i danni inferti alle comunità animali da quegli inter-venti, come la costruzione di briglie o le operazioni di eradicazione anche tota-le della vegetazione spondale e golenale, che vengono ad interrompere perampi tratti la continuità degli habitat in senso longitudinale. Vengono infatticoinvolte, in questo modo, non solo le biocenosi presenti entro gli argini, chepossono venire ovviamente del tutto cancellate ma, indirettamente, anchecomunità insediate in habitat esterni alle aste fluviali, spesso ridotti a piccole

popolazioni di ciprinidi. Il depauperamento delle risorse ittiche e, in alcuni casi,la scomparsa di intere popolazioni hanno comportato la necessità di sviluppa-re azioni di ripopolamento. Tale pratica, anche se meritoria dal punto di vistaformale, è stata spesso condotta utilizzando esemplari assolutamente non ingrado di mantenere la biodiversità caratteristica del bacino e la variabilitàgenetica presente nella specie.L’impiego di riproduttori o di novellame non autoctono reperiti in commercio,come nel caso dei numerosi ceppi di salmonidi nord-Europei ancor oggi utiliz-zati per i ripopolamenti e per le pratiche di inseminazione artificiale, ha portatoalla comparsa di genotipi non indigeni che possono competere con quelli sel-vatici o addirittura sostituirli, comportando quella che gli zoologi definisconointrogressione, cioè l’acquisizione di caratteristiche genetiche originariamentenon presenti nella popolazione. Anche le pratiche ittiogeniche basate sull’utilizzo di esemplari prelevati daicorsi d’acqua locali, anche se più rispondenti alle esigenze di tutela e conser-vazione delle popolazioni naturali, non sono sempre condotte in modo corret-to. Infatti, la scelta dei riproduttori è spesso limitata ad un numero esiguo diesemplari, selezionati sulla base di scelte soggettive, e quindi non in grado disalvaguardare la diversità genetica della popolazione. Le pratiche di riprodu-zione artificiale e i ripopolamenti con materiale prodotto in incubatoio, se noncorrettamente gestite, possono creare situazioni di deriva genetica, con per-dità di variabilità conseguente all’ immissione di esemplari geneticamente

molto simili in quanto ottenuti da unesiguo numero di riproduttori. Gli altilivelli di consanguineità possono quin-di condurre la popolazione verso feno-meni di depressione da inincrocio, chetende a manifestarsi con diminuzionedella sopravvivenza, maggiore predi-sposizione a patologie, scarso accre-scimento degli individui, taglia ridottadegli adulti e, soprattutto, scarsopotenziale riproduttivo degli esemplarisessualmente maturi.Non va poi dimenticato che le “acquedi trasporto” del novellame di impor-tazione possono portare anche allaimmissione di fauna minore aliena,anche se recenti normative tendono alimitare la diffusione accidentale dispecie alloctone.

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All’attività di pesca è legata l’immissione dispecie alloctone

Occhione (Burhinus oedicnemus)

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isole in una matrice ambientale sem-pre più uniforme e banalizzata.Può essere utile interpretare questesituazioni in termini di metapopolazio-ne, frammentazione degli habitat e retiecologiche, concetti che recentementehanno fatto la loro comparsa sia nelleformulazioni teoriche della biologia del-la conservazione, sia nelle sue applica-zioni più strettamente gestionali. Spe-cie come quelle legate agli ambientiboschivi oppure a quelli palustri, anchese relativamente diffuse su ampia sca-la, sono in realtà spesso presenti sulterritorio, soprattutto se fortemente degradato dal punto di vista ambientalecome lo è quello planiziale, in un arcipelago di popolazioni frammentate, sem-pre più esigue e maggiormente distanziate tra loro. Esse risultano, così, parti-colarmente esposte ai rischi di estinzione locale, fenomeno che però può esse-re contrastato, in una dinamica di metapopolazione, dall’apporto di nuovi indi-vidui provenienti da altre popolazioni locali che, al contrario, presentino unbilancio riproduttivo significativamente in attivo. Per garantire la sopravvivenzadi queste specie in un determinata area geografica è perciò necessario chel’assetto dell’intero territorio venga opportunamente pianificato secondo unalogica di rete di superfici che, per quanto diversamente gestite e più o menointensamente soggette all’intervento antropico, siano tra loro in qualche modocollegate, consentendo comunque questi scambi vitali. In quest’ottica, un ruo-lo importante è svolto dai corridoi faunistici, cioè da quelle porzioni di territorioche facilitano gli spostamenti degli individui di una specie tra le sue diverse sot-topopolazioni. I corsi d’acqua sono i candidati ideali a svolgere questa funzioneecologica, purché non vedano eccessivamente compromessa proprio la conti-nuità dei diversi habitat (acquatici, boschivi, ecc.) che vi si accompagnano. Il ruolo positivo svolto dalle fasce di vegetazione arboreo-arbustiva, che inquesti ultimi tempi appare in aumento lungo le sponde fluviali, invertendoalmeno in parte quel processo di disboscamento diffuso che a partire dalsecondo dopoguerra ha coinvolto soprattutto la Pianura Padano-Veneta, vie-ne confermato dall’espansione in ambito planiziale di non poche specie carat-teristiche di ambienti boscati. Questo fenomeno appare evidente soprattuttotra gli uccelli, facilitati in questo dalle notevoli capacità dispersive; ad esem-pio, lo sparviere (Accipiter nisus), il colombaccio (Columba palumbus), l’alloc-co (Strix aluco), il picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), il codibugnolo(Aegithalos caudatus), la cinciarella (Cyanistes caeruleus) e la ghiandaia (Gar-

136 137

Codibugnolo (Aegithalos caudatus) al nido

Sparviere (Accipiter nisus)

Page 71: fiumi e boschi ripari

■ Problemi e prospettive

Le difficoltà nel gestire un ecosistema complesso come l’ambiente-fiume sonoil risultato di una visione spesso unilaterale delle problematiche legate ai corsid’acqua, di volta in volta considerati in maniera esclusiva come fonte di rischioda minimizzare a tutti i costi, oppure fornitori di risorse il cui sfruttamento vamassimizzato, o ancora, nel peggiore dei casi, semplici collettori di scarti oresidui delle più svariate attività umane. In generale, però, predomina ancoral’approccio meramente idraulico, rafforzato oggi dalla crescente consapevo-lezza del progressivo assottigliarsi del patrimonio idrico e delle sue fonti diapprovvigionamento. Sarebbe invece auspicabile il passaggio da questa visio-ne del fiume come semplice condotta di un liquido di cui va semplicementecontrollata la portata, ad un approccio geomorfologico globale che si occupidell’evoluzione spazio-temporale dell’intero bacino idrografico. Così, la dimi-nuzione tanto della velocità di deflusso, e quindi dell’energia dell’acqua cor-rente, quanto dell’entità dei picchi di piena, potrebbe essere ottenuta, più cheattraverso le opere di regimazione forzata, restituendo al fiume spazi sufficien-ti per ricostruirsi i meandri e gli ampi alvei in cui divagare e regolando le pienetramite esondazioni diffuse e controllate. Si tratta di una politica gestionaleinnovativa che, avvalendosi dei principi già adottati da numerosi altri Paesi, sipuò sintetizzare nell’espressione “riqualificazione fluviale”.Questo approccio multilaterale e multidisciplinare mira a soddisfare in modo

139rulus glandarius) stanno riconquistan-do ampi settori di territori padani neiquali erano scomparsi o si erano forte-mente rarefatti. Ugualmente, alcunimammiferi, quali il capriolo (Capreolus

capreolus), lo scoiattolo (Sciurus vulga-

ris) ed anche la martora (Martes mar-

tes), vengono osservati sempre più fre-quentemente in pianura; pure la recen-tissima espansione dell’istrice (Hystrix

cristata) a nord della catena appennini-ca potrebbe essere stata agevolata dainaturali corridoi rappresentati daiboschi e dalle boscaglie ripariali.Peraltro, situazioni favorevoli alla fau-na si possono osservare anche laddo-ve gli interventi antropici diretti, fina-lizzati tanto alla regimazione dei corsiquanto allo sfruttamento delle risorse

ivi presenti, non sono stati troppo radicali o prolungati nel tempo, così dapermettere al fiume di rimodellare fisicamente il proprio letto e di garantire lariaffermazione di complesse comunità vegetali ed animali più o meno prossi-me alle condizioni originarie. Tuttavia, questa riconquistata naturalità delpaesaggio fluviale, per quanto parziale e limitata, viene spesso percepita,paradossalmente, come segno di abbandono, e a maggior ragione in quan-to insediata su suolo pubblico, giustificando quasi lo svolgimento di attivitàche, anche quando non del tutto illegali ma per lo meno incontrollate, pos-sono risultare dannose o del tutto incompatibili con la tutela della flora e del-la fauna. Ad esempio, manifestazioni popolari, circolazione veicolare fuori-strada, pastorizia, insediamenti temporanei possono svolgere una pesanteazione di disturbo sull’avifauna, soprattutto su quella acquatica in sostamigratoria, oppure possono compromettere il successo riproduttivo di spe-cie particolarmente esposte a questo tipo di pressione, come quelle chenidificano a terra (piro piro piccolo, corriere piccolo, occhione e succiacapre)o nei bassi cespugli (averla piccola, bigia padovana, ecc.). Anche la tenden-za alla trasformazione degli ecosistemi ripariali in una sorta di “parco” per unpiù facile e sicuro utilizzo da parte della popolazione, se comprensibile e giu-stificabile all’interno di un centro abitato o nelle sue immediate vicinanze, siscontra con la scarsa attenzione rivolta dagli enti coinvolti alle dinamichenaturali di tali siti, manifestandosi nella sua forma più vistosa con l’introdu-zione di specie vegetali e animali del tutto estranee al contesto territoriale.

.

138

Estrazione di ghiaia nell’area golenale del Po

Ghiandaia (Garrulus glandarius)

Page 72: fiumi e boschi ripari

utilizzare con estrema cautela le aree più prossime alle sponde ed agli argini(costruire all’interno delle zone golenali è una attività quantomeno improvvida!).Lo sfruttamento dei fiumi ha anche fatto sì che una parte significativa delle loroacque venisse ingabbiata dalle oltre mille dighe italiane, utilizzata dalle indu-strie, deviata in canali e così via. Il risultato finale è che, in periodi di siccità,alcuni alvei sono più simili a deserti che a letti fluviali. Questo fa sì che la faunapresente, soprattutto i pesci che non possono accontentarsi di piccole pozze,mostri chiari segni di sofferenza ed è per questo che si è fatta largo l’idea diprevedere un “deflusso minimo vitale” che garantisca un livello idrico minimo incaso di siccità, a parziale discapito delle attività di sfruttamento antropico.Si oppone a questi cambiamenti di tipo prevalentemente culturale anche la pre-senza di una pletora di enti coinvolti nel governo dei fiumi, sia pubblici sia priva-ti (Genio Civile, Consorzi di Bonifica, Autorità di Bacino, Comunità Montane,amministrazioni locali con i rispettivi Piani Territoriali, categorie imprenditoriali,associazioni culturali, ecc.), le cui diverse competenze o interessi, oltre a riflet-tersi in inadempienze e ritardi, o in interventi scoordinati, sfociano spesso in unaelevata conflittualità tra i soggetti coinvolti, in un confronto tra sicurezza idrauli-ca, richieste di spazi edificabili o di materiali ed istanze di tutela ambientale o,più semplicemente, di un maggiore rispetto paesaggistico. A ciò va aggiunta lacronica mancanza di pianificazione che non fa che esacerbare la gravità di que-sto stato di cose, costringendo a perseverare in una politica gestionale basataspesso su interventi di assoluta urgenza, se non di inderogabile emergenza.

141sostenibile, mediante interventi strutturali e programmati, le molteplici richie-ste di carattere sociale ed economico, integrando le istanze volte al manteni-mento o al ripristino della funzionalità ecologica, della naturalità, della biodi-versità e del valore paesaggistico e ricreativo dei corsi d’acqua; le esigenzeidrauliche, che mirano a garantire la difesa del territorio, a regolare il trasportosolido, a razionalizzare lo sfruttamento delle risorse; e le normative ammini-strativo-istituzionali disposte a disciplinare la destinazione degli usi del suolo,predisporre provvedimenti economico-finanziari, pianificare il territorio, coor-dinare le diverse iniziative gestionali.Le cronache italiane sono drammaticamente caratterizzate da eventi disastrosi,conseguenza di fenomeni meteorologici anche non particolarmente intensi.Alluvioni, esondazioni, movimenti franosi non si contano in un “Bel Paese” che,purtroppo, mostra una certa predisposizione a questi fenomeni. Se una certapercentuale di questi eventi drammatici può esser ascritta alle caratteristichegeologiche del nostro territorio, è pur vero che l’intervento umano ha giocatoun importante ruolo di amplificazione. È vero che i fiumi appenninici e molti diquelli alpini hanno caratteristiche “giovanili” e mostrano una forte erosione inatto, ma l’unica soluzione è la bonifica dei bacini, il ripristino, ove possibile, del-le condizioni originarie, evitando di “ imbottigliare” i corsi d’acqua in alvei ridotti(e troppo spesso interessati da infrastrutture), insomma controllando e nonmodificando la loro naturale tendenza. I fiumi esondano per loro natura: è cosìche si sono formate le nostre preziose pianure; dobbiamo quindi imparare ad

140

Attività agricola nell’area golenale del Tevere (Lazio)Il Po a Torino

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143Proposte didatticheMARGHERITA SOLARI

I fiumi interessano spesso le aree urbane e sono quindi habitat facilmente accessibili

■ Le libellule

● Obiettivi: conoscere le principalicaratteristiche dell’ordine degli odona-ti, comprendere le differenze nello svi-luppo di insetti olometaboli ed emime-taboli; acquisire competenze nel rico-noscimento di alcune specie di odona-ti tipici degli ambienti ripari; svilupparecapacità di osservazione e confronto;maturare la passione per il riconosci-mento degli insetti.● Livello: ragazzi della ScuolaSecondaria di secondo grado (14-18anni).● Attrezzatura: materiale bibliografico, manuali di riconoscimento degli inset-ti, insettario per l’osservazione di esemplari preparati, abbigliamento adattoall’escursione, attrezzatura per la cattura degli insetti adulti o delle ninfe (retinoentomologico e retino da pesca a maglie sottili), acquario adattato all’alleva-mento, macchina fotografica.● Collaborazioni richieste: guida naturalistica o esperto entomologo.

FASE PRELIMINARE (DA PARTE DELL’INSEGNANTE)

1. Scelta di un ambiente ripario adatto all’escursione, di facile accesso, nontroppo antropizzato, in cui sia possibile l’avvistamento di libellule. Preparazio-ne del materiale bibliografico.

LAVORO IN CLASSE

2. Studio approfondito sulla classe degli insetti: morfologia, abitudini di vita,diffusione, adattamenti particolari, fasi dello sviluppo, cenni di sistematica(vedi pagg. 58-61).3. Ricerca bibliografica, nel gruppo classe, sulle caratteristiche che contrad-distinguono l’ordine degli odonati. Interessanti in particolare, per quantoriguarda l’aspetto, la colorazione, la forma del capo con antenne brevi e occhi

Onychogomphus forcipatus

Page 74: fiumi e boschi ripari

composti molto sviluppati (con vastocampo visivo), l’apparato boccalerobusto, le ali grandi trasparenti emembranose, l’addome sottile e allun-gato. Per quanto concerne le abitudinidi vita, ricordare la perizia nel volo,tale da consentire manovre repentine,la grande abilità nella caccia, che con-sente al vorace predatore di nutrirsi diinsetti, la tendenza alla territorialità,per cui il maschio non tollera la vici-nanza di altri maschi della stessa spe-cie; caratteristiche inoltre le parate dicorteggiamento dei maschi, le fasidell’accoppiamento (a formare la cosiddetta “catena d’accoppiamento” pri-ma, con il maschio davanti e la femmina dietro, e la “ruota d’accoppiamento”poi, in cui i due insetti formano una sorta di cerchio), ed infine la deposizionedelle uova sui vegetali o in acqua, con varie modalità. Per quanto riguarda losviluppo, è interessante soffermarsi sulle caratteristiche delle ninfe: voracipredatrici di piccoli artropodi, oligocheti e girini che vengono catturati con unapparato boccale, la maschera, unico nel suo genere. Durante la vita giovani-le si compiono numerose mute: la muta finale della ninfa darà poi origineall’insetto adulto.4. Osservazioni al microscopio, a basso ingrandimento, di esemplari di colle-zione di libellule adulte; studio della sistematica, soffermandosi sulle famiglietipiche degli ambienti ripari in cui si svolgerà l’escursione (corso medio o trat-to potamale).5. Costruzione di un acquario per l’allevamento delle libellule: procurare uncontenitore, anche piccolo e di plastica, disporre sul fondo melma, terriccio eresti vegetali prelevati da uno stagno, inserire qualche piccola pianta palustre(Carex, Juncus, Myriophyllum), riempire di acqua; ricoprire l’acquario con unarete di tulle, sostenuta da un telaio di legno (vedi scheda di pag. 144).

ESCURSIONE

6. Escursione nel tratto di fiume prescelto, suddivisione della classe in picco-li gruppi che osservano vari tratti delle rive. Riprese fotografiche dell’ambien-te. Raccolta di esemplari con il retino, osservazione (possibilmente ponendol’esemplare in una scatola di plastica forata di piccole dimensioni) e rilasciodegli esemplari.7. Raccolta sul fondale degli stadi preimaginali: le pescate con il retino dapesca (o anche con un semplice colino) vanno effettuate ai bordi, ove l’acqua

145Le ninfe degli odonati

Gli odonati, più conosciuti come libel-lule, sono insetti a metamorfosi incom-pleta i cui stadi pre imaginali conduco-no vita acquatica fino alla trasforma-zione in insetto adulto e atto al volo.Gli adulti, grazie i grandi occhi ed alformidabile apparato muscolare diret-tamente connesso alle ali, sono preda-tori a carico di diverse altre specie diinsetti. Anche allo stadio giovanileesse si nutrono di invertebrati acquati-ci che catturano con movimenti fulmi-nei utilizzando un particolare organoripiegato sotto il capo: la maschera. Laninfa, una volta raggiunta la maturità,esce dall’acqua andando a fissarsi suuno stelo dove attende completamen-te inerme lo svolgersi della meta-morfosi. La cuticola si fende sul dorsolasciando così uscire l’insetto adulto.Durante questa fase le libellule hannoun aspetto “diafano” e non sono ingrado di volare, tanto che qualunqueevento inatteso che si verifichi in que-sta fase, come l’attacco da parte diformiche e la semplice caduta inacqua, risulta inesorabilmente letaleper l’individuo.L’allevamento delle libellule si può rea-lizzare facilmente in condizioni con-trollate mediante l’utilizzo di un sem-

plice acquario in vetro di dimensionicontenute (30x20x30 cm). Occorreinnanzitutto procedere alla ricostruzio-ne dell’habitat naturale dell’ insetto.Questo si realizza semplicemente conl’aiuto di un secchio raschiando il fon-dale di uno stagno per raccogliere unpo’ di materiale dal fondo (fango,detriti, piante, ecc.). Questo materialeva versato nell’acquario lasciandoliberi circa i due terzi per l’acqua. Lepiante acquatiche che serviranno dasfondo vanno opportunamente siste-mate e fatte fuoriuscire dal pelo del-l’acqua per permettere alle ninfe matu-re di uscire e fissarsi.Una volta preparato l’acquario nonresta che raccogliere alcune ninfe diodonati pescando con un colino nelleacque superficiali dello stagno. Le nin-fe così raccolte vanno liberate nell’ac-quario dove si nutriranno a carico degliinvertebrati già introdotti con il fango.I grossi anisotteri come Anax o Aeshnapredano volentieri anche i piccoli giriniche quindi potremo introdurre nell’ac-quario come prede.Una volta che le ninfe si approssimanoalla maturità si può coprire l’acquariocon un telo leggero di tulle per impedi-re che gli adulti volino via.

Ivo Pecile

Ninfa di Gomphus

144

Aeshna mixta

Ninfa di Sympetrum nascosta nel fango

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è ricca di vegetazione, oppure nella melma di fondo dei tratti di fiume più len-ti; sul fondo del retino si possono trovare vari animali, da selezionare con l’aiu-to di pinzette; le ninfe di odonati raccolte si possono collocare temporanea-mente in contenitori di vetro con acqua, separando le specie di maggiori eminori dimensioni, fino alla messa a dimora nell’acquario della scuola (vedischeda di pag. 144); si ponga particolare attenzione ad evitare la raccolta del-le specie protette (vedi a pag. 129).

PROSECUZIONE DEL LAVORO IN CLASSE

8. La presenza del materiale raccolto in uno stagno permette lo sviluppo dialtri organismi, soprattutto larve di altri insetti, che costituiscono il nutrimentodelle libellule. Sarebbe opportuno comunque fornire del cibo (insetti, mollu-schi acquatici, girini, ecc.). La metamorfosi avviene generalmente durante lanotte o all’alba: se non è possibile l’osservazione diretta, si può predisporreuna macchina fotografica programmando i tempi di scatto. In generale, masoprattutto durante la metamorfosi, l’osservazione degli insetti va condottaevitando sovraffollamento e confusione. Gli esemplari adulti vanno rilasciatiin libertà, dopo le osservazioni, nel medesimo luogo e ambiente dal qualeprovenivano le ninfe.9. Dibattito in classe sulle capacità acquisite dai ragazzi e considerazioni con-clusive sulla soddisfazione che il riconoscimento degli ordini e delle famiglie diinsetti possono regalare ad un attento osservatore.

146 147■ Marionette ambientaliste

● Obiettivi: comprendere le principali caratteristiche dell’ambiente fluviale;comprendere le relazioni ecologiche che legano i vari elementi di una rete tro-fica e acquisire il concetto di habitat; acquisire capacità espressive e di dram-matizzazione.● Livello: ragazzi della Scuola Primaria (secondo ciclo: 8-10 anni). ● Attrezzatura: materiale bibliografico, materiale multimediale, materiale dicancelleria per la costruzione delle scene, animali di peluche o marionette.● Collaborazioni richieste: insegnante con esperienza nel teatro.

FASE PRELIMINARE

1. Introduzione in classe sull’ecologia: concetti di popolazione, comunità,catene alimentari, rapporti di predazione, competizione, commensalismo eparassitismo; concetti di nicchia ecologica e di habitat; la trattazione delletematiche potrà avvalersi dei testi in uso ai ragazzi o di supporti bibliograficispecifici; è opportuno comunque esemplificare una catena alimentare in variambienti come il bosco, il prato, lo stagno e il fiume.2. Studio dell’ambiente del fiume: l’alveo, le zone riparali, le barre fluviali, ecc.3. Suddivisione della classe in gruppi e predisposizione di schede sugli ani-mali maggiormente rappresentativi per la trattazione delle problematiche digestione e conservazione degli ambienti fluviali: lontra, pendolino, martinpescatore, topino, arvicola, trota, ed eventualmente qualche vegetale tipicodella fascia riparia, come veronica d’acqua o salici.4. Esame, attraverso il dibattito in classe, degli interventi dell’uomo sui fiumiche alterano la morfologia fluviale e compromettono i delicati equilibri naturalidegli ecosistemi: arginature, sbarramenti, canalizzazioni, eccessivo prelievo diacqua, immissione di reflui non adeguatamente trattati, ecc. Dibattito sullasituazione del fiume maggiormente conosciuto dai ragazzi dalla loro eventualeesperienza diretta.

DRAMMATIZZAZIONE

5. Stesura in gruppo di una trama a sfondo ecologico, nella quale i vari perso-naggi siano chiamati ad esprimere, davanti ad un’autorità competente, le loroesigenze ecologiche e le loro difficoltà a sopravvivere in un ambiente alterato(ad esempio, le arginature non consentono al martin pescatore di nidificare, ladistruzione della vegetazione spondale a vantaggio di monocolture non con-sente al pendolino di costruire il nido, l’eccessivo prelievo di acqua dai fiumipone problemi ai pesci, ecc.). Prevedere nella trama un momento di confrontotra le esigenze degli organismi animali e vegetali e le opportunità di sviluppo edi difesa del territorio da parte dell’uomo.L’alveo del Taro (Emilia Romagna)

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6. Costruzione delle scenografie:teloni e grandi massi nel caso si optiper una rappresentazione teatrale incui i ragazzi interpretano i vari animali,sfondi colorati a tempera con maggioridettagli per le marionette; in quest’ulti-mo caso è possibile reperire in com-mercio le marionette di molti animali,mentre di altri sarà opportuno costruir-le con materiali poveri. È altresì possi-bile adeguare allo scopo animali distoffa o di peluche facilmente reperibiliin commercio.7. Rappresentazione finale da partedei ragazzi, eventualmente in presenzadi genitori o di altri alunni della scuola.8. Dibattito conclusivo non solo sul-l’esperienza, ma anche sulla gestionedel territorio e sulle modalità di con-

servazione di ambienti di fondamentale importanza quali quelli fluviali.

■ Studio geomorfologico e ambientale di un fiume

● Obiettivi: comprendere le principali caratteristiche di un corso d’acqua,promuovendo atteggiamenti consapevoli di rispetto dell’ambiente; acquisirecompetenze nello studio cartografico, nella costruzione di profili e nell’anali-si ambientale; sviluppare capacità di osservazione e confronto dei dati; svi-luppare la conoscenza attraverso la ricerca e la verifica delle nozioni teori-che.● Livello: ragazzi della Scuola Secondaria di primo e secondo grado (12-15anni). ● Attrezzatura: materiale bibliografico, abbigliamento adatto all’escursione(stivali), macchina fotografica, materiale ed attrezzatura per la stesura del pro-filo (cordella metrica ed eventualmente asta graduata), carte geografiche (allascala 1:100.000 o anche minore), termometro e strumenti per la misurazionedella portata.● Collaborazioni richieste: guida naturalistica.

FASE PRELIMINARE IN CLASSE

1. Scelta da parte dell’insegnante di due tratti particolarmente significativi delfiume da studiare (ad esempio, un tratto superiore, montano, e un tratto plani-

148 149

Alveo espanso e solcato da canali divisi da isole allungate nel senso della corrente (braided)

ziario) rilevati dalla stessa classe oppure da classi differenti (anche di altri isti-tuti con cui instaurare una collaborazione).2. Introduzione del lavoro in classe: presentazione del progetto, dibattito sulrapporto dei ragazzi con il fiume, vaglio delle loro conoscenze pregresse e del-la loro esperienza diretta.3. Studio sulle caratteristiche del fiume tipico dell’ambiente temperato: con-cetti di portata e regime, processi di erosione, trasporto e deposito, forma del-l’alveo nei vari tratti (alpino, prealpino, collinare, dell’alta e della bassa pianura,terminale); forme dell’ambiente fluviale: valli fluviali, meandri, terrazzi; processidi erosione normale e profilo d’equilibrio di un fiume; azione dell’uomo: argina-ture, sbarramenti, canalizzazioni, prelievo di acqua e di ghiaia, immissione direflui. Forme della vegetazione nelle varie fasce longitudinali.4. Esame della carta regionale e delle carte a più piccola scala. Stesura delprofilo longitudinale del fiume: costruzione della linea spezzata dalla sorgentealla foce, calcolo del dislivello massimo e della pendenza media percentuale;scelta della scala adeguata a rappresentare i dislivelli e le distanze su un grafi-co di dimensioni adeguate (es. formato A3, carta millimetrata); stesura del gra-fico.5. Esame, sulla carta geologica, dei litotipi prevalenti affioranti nel bacino dialimentazione.6. Elaborazione di schede di rilevamento per la costruzione del profilo trasver-sale; suddivisione della classe in gruppi e assegnazione di un tratto di fiume in

Tratti di alveo in forra possono svilupparsianche in pianura (Natisone, Friuli)

Page 77: fiumi e boschi ripari

151cui elaborare il profilo (ogni 30-50 metri: il significato della suddivisione nonconsiste tanto nel prendere profili diversi quanto nel coinvolgere operativa-mente tutti i ragazzi).7. Elaborazione di schede per l’osservazione dell’ambiente. Osservazioni generali: larghezza approssimativa e andamento dell’alveo (ret-tilineo, a meandri, ad un solo ramo o ramificato, con rami abbandonati), pro-filo (ampio e poco profondo, ampio e profondo, stretto e poco profondo,stretto e profondo), profondità media nel tratto mediano, presenza di canali,banchine golenali, arginature naturali o artificiali. Tipo di fondale (ciottoli,ghiaie, sabbie grosse, sabbie sottili, limo, argilla). Presenza di terrazzamenti.Caratteristiche dell’acqua: temperatura, velocità, limpidezza. Presenza di evi-denti fenomeni di erosione (ad esempio sugli argini), o di accumulo (ad esem-pio, materiale organico).Osservazioni sulla vegetazione: presenza di un bosco ripario (assente, sponta-neo, artificiale); presenza di colture golenali (monocolture, vigneti, prati falcia-bili). Presenza di fasce longitudinali di vegetazione, parallele al corso dell’ac-qua: letto fluviale con piante nelle acque correnti (più o meno lente) riunite inzolle, con fusti sommersi ed eventuali infiorescenze al di sopra della superficiedell’acqua (ranuncoli, castagna d’acqua, erba ranina); alveo sgombro nelle fasidi magra con specie erbacee annuali, ruderali e tendenzialmente nitrofile;alveo sommerso per periodi meno lunghi, con specie cespitose e stolonifere,fortemente radicanti, capaci di rigenerare dai depositi dopo i periodi di som-

mersione; fascia vegetazione legnosa basso arbustiva (salici a portamentoarbustivo, olivello spinoso), fascia di piante legnose arboree (con pioppo edontano nero).Eventuali osservazioni sulla fauna: impronte o tracce di animali, presenza diinvertebrati acquatici, ecc. Osservazione dei ciottoli del fiume e individuazione dei litotipi prevalenti.Elenco delle opere e manufatti antropici visibili: briglie, dighe, ponti, cantieri diescavazione, strade, discariche, case, rettifiche di anse fluviali, sbancamentidelle sponde, arginature a massicciata o cementate.

ESCURSIONE

8. Scegliendo la stagione adeguata, in cui il livello dell’acqua sia medio, com-piere l’escursione per la costruzione del profilo e le osservazioni sull’ambiente.L’escursione può essere ripetuta a distanza di sei mesi o un anno per la verifi-ca di eventuali cambiamenti.9. Compiere le misure per costruire il profilo dell’alveo: con cordella metrica,inclinometro e asta, prendere le misure della profondità ogni 50 cm circa;eventualmente elaborare anche il profilo delle sponde.10. Misurare la portata utilizzando uno strumento adeguato (ad es. mulinello);in alternativa compiere una misura empirica, misurando la velocità dell’acquanella porzione mediana del corso d’acqua e moltiplicando tale valore per lasezione.11. Misurare la limpidezza dell’acqua con disco di Secchi collegato ad unacordicella: adagiare il disco sul fondale o a metà della profondità e valutarese si vede più o meno nitidamente (limpidezza ottima, buona, scarsa, nulla).Misura della temperatura. Eventuali misure di parametri chimici mediante ikit per l’analisi delle acque facilmente reperibili in commercio (pH, fosfati,nitrati, durezza).12. Compiere le osservazioni sull’ambiente e la vegetazione compilando leschede redatte in classe.

CONCLUSIONE DEL LAVORO IN CLASSE

13. Stesura di una relazione a gruppi sul lavoro sul campo, con sintesi dei risul-tati ottenuti e le considerazioni personali.14. Dibattito nel gruppo classe sulla complessità dell’ambiente studiato, sullaprecarietà degli equilibri che lo regolano, che si riflette sulla mobilità delle for-me e sui cicli vitali degli organismi che vi abitano.15. Considerazioni sulle condizioni di naturalità o di degrado dell’ambiente flu-viale osservato, sulle necessità di conservazione, sulla sinergia da parte deivari enti coinvolti nella gestione finalizzata alla tutela dell’ambiente e degli eco-sistemi ripariali.

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Vegetazione delle isolette fluviali

Page 78: fiumi e boschi ripari

153152Glossario

> Anadromo: pesce che compie la fase di accre-scimento in mare e migra nelle acque interne ascopo riproduttivo.> Catabolita: prodotto residuo del metabolismoenergetico degli organismi.> Crenal: zona di sorgente di un fiume.> Crenon: biocenosi insediata nel crenal.> Deposizione fitofila: deposizione di gameti sufondali molli e ricchi di vegetazione acquatica.> Deposizione litofila: deposizione di gameti sufondali di ciottoli con scarsa vegetazione acquatica.> Ecotono: fascia di transizione fra due ecosistemi.> Eliofilo: che si sviluppa con successo in ambien-ti caratterizzati da elevata intensità luminosa.> Elofita: pianta erbacea perenne i cui organi ipo-gei (radici, stoloni, rizomi) crescono in suoli som-mersi o inzuppati, mentre i fusti e le foglie si svilup-pano in ambiente atmosferico.> Eurialino: organismo acquatico in grado di tolle-rare ampie escursioni di salinità.> Euriecio: che vive in molti tipi d’ambiente.> Fenologia: disciplina che studia i tempi stagiona-li di apparizione o di attività delle specie in natura.> Fototropismo: attrazione verso sorgenti luminose.> Idrofita: pianta che sviluppa i suoi organi vege-tativi nei fondali sommersi, in acqua o alla suasuperficie.> Idrotermofila: pianta o comunità vegetale che sisviluppa tipicamente nelle acque della fascia piùcalda della zona temperata.> Indeiscente: frutto la cui parete è priva di mec-canismi (pori, fessure, opercolo, dentelli, ecc.)capaci di provocarne l’apertura a maturità, garan-tendo così la fuoriuscita dei semi.> Introgressione: introduzione di materiale geneti-co in una popolazione da parte di un’altra popola-zione o eventalmente specie o sottospecie diversa.> Klepton: forma ibrida di prima generazione; sicomporta da parassita genetico, capace cioè di uti-lizzare parte del patrimonio genetico di una delledue specie nel riprodursi accoppiandosi con l’altra.> Lentico: riferito a corpo idrico caratterizzato dadeflusso nullo o trascurabile.> Lotico: opposto di “ lentico” (v.).> Luticolo: che mostra una prevalente tendenza avivere sulle argille e sui limi umidi.> Mesofilo: che si sviluppa con successo in con-dizioni di media disponibilità di acqua nel suolo.> Monofitico: tipo di copertura vegetale formatada un’unica entità vegetale.> Neofita: pianta presente in un territorio in conse-guenza di fenomeni di introduzione volontaria oinvolontaria operata dall’uomo (alloctona o esotica).> Panmittico: carattere di una popolazione i cuiindividui si accoppiano in modo casuale.> Pedotrofico: nido utilizzato per allevare e nutrirele larve della specie.> Perigonio: involucro fiorale formato da pezzi(tepali) tutti di aspetto simile.

> Pleustofita: pianta acquatica le cui radici pesca-no in acqua e non prendono contatto con il fondale.> Polifagia: attitudine a nutrirsi di molte cosediverse; ad esempio, di molte specie di piante.> Potamal: zona di pianura del fiume con correntelenta, sedimento fine che rende omogeneo il fondoe torbida l’acqua con basso tenore di ossigenodisciolto.> Potamofilo: legato ai fiumi.> Potamon: biocenosi insediata nel potamal.> Potamotoco: pesce che compie una migrazioneriproduttiva verso le acque dolci.> Propagulo: struttura riproduttiva alla quale ivegetali possono affidare la propria moltiplicazione.> Psammofilo: che predilige vivere, anche se inmodo non obbligato, nelle sabbie.> Quiescenza: caratteristica del seme per cuiquesto tende a ritardare la propria germinazioneper periodi più o meno lunghi rispetto al momentoin cui viene liberato dalla pianta madre.> Radice avventizia: radice che si sviluppa dalfusto principale o dai rami e la cui origine non èlegata alla radichetta primaria presente nel seme.> Reico: riferito alle acque in movimento.> Ritral: zona intermedia del fiume; per la pendenza,la corrente è turbolenta, il sedimento grossolano el’acqua limpida con alto livello di ossigeno disciolto.> Ritron: biocenosi insediata nel ritral.> Saprofago: che si nutre di sostanze organiche indecomposizione, vegetali (detriti, lettiera, ecc.) oanimali (carogne o altro).> Scandente: pianta erbacea con portamentoprostrato ma che si solleva rispetto al suolo soste-nendosi su altre piante alle quali può attaccarsimediante organi speciali.> Spadice: infiorescenza con molti piccoli fioriinseriti su un asse centrale allungato, carnoso eingrossato; tutto il complesso è a sua volta circon-dato da un’ampia brattea detta spata.> Spata: v. spadice.> Spermofago: che si ciba di semi.> Stenoalino: organismo acquatico che non tolle-ra ampie variazioni di salinità.> Stenomediterraneo: organismo distribuitoesclusivamente sulle coste del Mediterraneo inaree con clima caratterizzato da un periodo seccoestivo molto pronunciato.> Talassotoca: migrazione di specie ittiche inambiente marino.> Tomento: pelosità alla superficie degli organivegetali, costituita da peli fitti, corti, molli e più omeno intrecciati tra loro.> Transfaunazione: immissione, operata dall’uo-mo, di esemplari appartenenti alla stessa speciema provenienti da bacini idrografici differenti.> Trofia: nutrienti disponibili nell’ambiente.> Verticillo: disposizione formata da tre o più organivegetali (rami, foglie) che si inseriscono, come raggidi una ruota, allo stesso punto (nodo) del fusto.

Bibliografia

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Page 79: fiumi e boschi ripari

154 155Indice delle specie

Accipiter nisus - 137Acer negundo - 39Acer obtusatum - 19Acerina - 101Acero americano - 39Acero d’Ungheria - 19Achillea - 82Achnatherum calamagrostis - 19Acipenser - 93Acipenser naccarii - 96Acipenser sturio - 95Acrocephalus arundinaceus -115, 118Acrocephalus palustris - 116,117, 118Acrocephalus scirpaceus - 116,117, 118Actitis hypoleucos - 111, 135Aegithalos caudatus - 136, 137Aegosoma scabricorne - 85Aeshna - 144Aeshna cyanea - 61Aeshna mixta - 145Agelena labyrinthica - 74Agrilus - 86Agrostis stolonifera - 35Ailanto - 72Alborella - 96, 97, 98Alborella meridionale - 99Alburnus alburnus alborella - 96Alburnus albidus - 99Alcedo atthis - 114, 135Allocco - 137Allogamus - 69Alloro - 45Alnus cordata - 19, 45Alnus glutinosa – 35, 45Alnus incana - 41Alopecosa - 74Alosa fallax - 96Amara - 77Amaranthus chlorostachys - 132Amaranto a spiga verde - 132Amorpha fruticosa - 132Amphimallon - 78Anax - 144Anax imperator - 61Ancylus fluviatilis - 52Androniscus - 83Anguilla - 88, 93, 96, 98Anguilla anguilla - 88, 96Anisodactylus - 77Anodonta - 53Anoxia villosa - 78Anthaxia - 86Anthemis arvensis - 19Apatura ilia - 81Aphanius fasciatus - 99Aphantaulax seminiger - 83

Apios americana - 39Apium nodiflorum - 21Apodemus agrarius - 124Araneus - 74Arctosa - 83Arctosa cinerea - 83Arctosa perita - 83Arctosa stigmosa - 83Argyroneta aquatica - 55Aricia agestis - 82Armadillidium - 75, 83Armadillidium arcangelii - 83Armadillidium carniolense - 83Armadillidium nasatum - 83Armadillidium vulgare - 83Aromia - 85Aromia moschata - 71, 79Artemisia - 82Artemisia absinthium - 47Artemisia verlotiorum - 49Artemisia vulgaris - 47Arundo donax - 19Arvicola - 147Arvicola terrestre di Scherman -123Arvicola terrestre o d’acqua -123Arvicola terrestris italicus - 123Asaphidion - 77Asellus - 55Asperella - 18Aspio - 97, 101Aspius aspius - 101Assenzio - 47Assenzio dei Verlot - 18, 19, 49Assenzio selvatico - 18, 47Asterionella - 28Austropotamobius pallipes - 54,129Averla piccola - 118, 135, 138Baetis - 56, 57Ballerina bianca - 118Balsamina - 39Balsamina coltivata - 39Balsamina di Balfour - 39Balsamina ghiandolosa - 39Balsamina minore - 39Barbo - 90, 92, 91, 95, 98Barbo canino - 95, 98Barbo danubiano - 101Barbus - 91Barbus barbus - 101Barbus meridionalis - 95Barbus plebejus - 92, 95Barbus tyberinus - 98Batrachium - 20Batrachospermum - 29Batrachospermum moniliforme -28

Beccabunga - 31Bembidion - 77Berula erecta - 20, 21Betonica dei boschi - 43Biacco - 109Biancospino - 42, 45, 78Bidens - 37Bidens tripartita - 35Bigia padovana - 118, 135, 138Bondella - 101Borracina - 46Brachydesmus - 75Brachypodium ramosum - 42Brachypodium sylvaticum - 45Brachyptera trifasciata - 62 Brasca - 22, 23Brasca a foglie di poligono - 18,23Brasca a foglie strette - 23Brasca arrotondata - 25Brasca comune - 27Brasca delle lagune - 23Brasca increspata - 25Brasca nodosa - 21Brasca trasparente - 22Brionia comune - 38Bryonia dioica - 38Buddleja - 39, 132Buddleja davidii - 132Bufo viridis - 104Burhinus oedicnemus - 135Byctiscus betulae - 86Byctiscus populi - 86Cagnetta - 98Calandrella - 135Calandrella brachydactyla - 135Calliptamus italicus - 75Callitriche - 21Callitriche obtusangula - 21Calopteryx - 61Calopteryx haemorroidalis - 61Calopteryx splendens - 58, 61Calopteryx virgo - 61Calystegia sepium - 49Camedrio alpino - 47Camomilla bastarda - 19Campanula fragilis - 19Campanula napoletana - 19Canapetta a foglie strette - 46Candidula unifasciata - 74Canna del Po - 42Canna domestica - 19Cannaiola - 117Cannaiola comune - 116, 118Cannaiola verdognola - 116,117, 118Cannareccione - 115, 118Cannella argentea - 19Cannuccia - 49, 115, 123

Cannuccia di palude - 18, 19,31, 115, 120Cannuccia di valle - 80Capnia nigra - 62Cappel di prete - 44Cappellini comuni - 18, 35, 48Capreolus capreolus - 138Caprimulgus europaeus - 135Capriolo - 138Carex - 145Carex acutiformis - 31Carex elata - 31Carex paniculata - 31Carex pendula - 43Carex pseudocyperus - 31Carex remota - 44Carex sylvatica - 45Carice - 37, 44, 123Carice ascellare - 44Carice falso cipero - 31Carice maggiore - 43, 44Carice palustre - 31Carice pannocchiata - 31Carice silvestre - 45Carice spondicola - 31Carice tagliente - 31Carpa - 96, 97, 100Carpa argento - 101Carpa erbivora - 101Carpa testa grossa - 101Carpino bianco - 33, 45Carpino nero - 72Carpinus betulus - 45Carychium - 73Castagna d’acqua - 18, 27, 151Castagno - 72Catocala - 87Catocala dilecta - 87Catocala elocata - 81, 87Catocala nupta - 87Catocala promissa - 87Catocala puerpera - 87Catocala sponsa - 87Cavalletta - 76Cavedano - 96, 98, 133Cavedano etrusco - 98Cavolaia - 82Cefalo - 91, 98Centopiedi - 75Cepaea nemoralis - 73Ceraclea - 68Cerambyx scopolii - 85Ceratofillo comune - 26Ceratophyllum demersum - 26Cerro - 19Cerura - 87Cetonia aurata - 78Cettia cetti - 115Chaenorhinum minus - 46Chaetophiloscia - 83Chamaesiphon - 29Chara - 29Charadrius dubius - 112, 113, 135Cheiracanthium - 74Cheppia - 92, 96Chironomus - 50, 66

Chlaeniellius nitidulus - 84Chlaeniellius vestitus - 84Chlaenius - 84Chlaenius festivus - 84Chlaenius spoliatus - 84Chlaenius velutinus - 84Chlorella - 29Chlorophanus graminicola - 80Chondrostoma - 91Chondrostoma genei - 95Chondrostoma soetta - 96Chorthippus - 76Chrysolina americana - 80Chrysolina graminis - 80Chrysolina herbacea - 80Chrysolina polita - 80Chrysolina rossia - 80Chrysomela populi - 80Chrysomela saliceti - 80, 86Cicadella - 76Cicadella viridis - 76Cicale - 76Cicindela - 77Cicindela campestris - 77Cicindela silvicola - 77Cicloma - 47Cimice - 63Cimice delle piante - 76Cincia - 120Cinciarella - 137Cladopelma - 66Cladophora - 28, 29Cladophora glomerata - 28, 29Cloeon dipterum - 56Clubiona - 74Cobice - 95Cobite comune - 95, 98Cobitis taenia - 95, 98Cocconeis - 29Codibugnolo - 136, 137Coenagrion - 60, 61Colias - 82Colias alfacariensis (= C.australis) - 82Colias crocea - 82Colias hyale - 82Colombaccio - 137Colossoma - 101Coltellaccio - 31Columba palumbus - 137Coniglio - 123Conocephalus conocephalus - 75Conocephalus fuscus - 75Conocephalus nitidulus - 75, 76Cordulegaster trinacriae - 129Coregone - 129Coregonus lavaretus - 100Coregonus oxyrhynchus - 101Corniolo - 72Cornu (=Helix) aspersum - 73Cornus sanguinea - 44Coroebus - 86Corriere piccolo - 112, 113, 135,138Cottus gobio - 95Craspedacusta sowerbyi - 52

Crataegus monogyna - 42Crescione - 19Crescione austriaco - 35Crescione d’acqua - 31Crisomela del pioppo - 80Crocothemis erythraea - 61Cryptochironomus - 66Cryptops - 75Ctenopharyngodon idellus - 101Cuculo - 115, 118, 119Cuculus canorus - 115, 118Cupido - 82Curculio salicivorus - 86Cutrettola gialla - 118Cyanistes caeruleus - 137Cycloloma atriplicifolium - 47Cyclosa - 74Cylindera arenaria - 77Cylindera germanica - 77Cylisticus - 83Cyperus - 47Cyprinus carpio - 96, 100Daucus - 76Dendrocoelum - 54Dendrocopos major - 137Diachromus - 77Diatoma - 28, 29Digitaria sanguinalis - 47Dina - 54Dinocras - 61Diplotaxis - 76Distoleon tetragrammicus - 86Dittrichia viscosa - 18Donzella - 61Dorcadion - 79Dorcadion arenarium - 79Dorcadion arenariumsubcarinatum - 79Dorcadion etruscum (= D.femoratum) - 79Dorycnium rectum - 42Drusus - 69Dryas octopetala - 47Dugesia - 54Dulcamara - 38Echinochloa crus-galli - 47Echinogammarus - 55Echium vulgare - 46Edera - 38, 43, 44Elicriso d’Italia - 19Elodea canadensis - 25Enagra comune - 46, 132Enallagma - 61Enula cepittoni - 18Ephippiger perforatus - 76Ephydatia - 52Epilobio di Dodonaeus - 46Epilobium dodonaei - 46Eragrostis pilosa - 47Erba pesce - 26Erba ranina - 151Erianthus ravennae - 42Erica multiflora - 19Erithacus rubecula - 118Erpobdella - 54Esox lucius - 96

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157156 Euglena - 29Euonymus europaeus - 44Eupolybothrus tridentinus - 75Eurydema ventrale - 76Farfaraccio maggiore - 19Farnia - 32, 33, 45Fienarola palustre - 37Finocchio acquatico sardo - 45Foeniculum - 76Fontinalis antipyretica - 22Forbicina - 18, 19, 37Forbicina comune - 35Formica - 144Formicaleone - 86, 87Frangola comune - 35Frangula alnus - 35Frassino maggiore - 32, 43Frassino meridionale - 19, 43,44, 45Fraxinus excelsior - 43Fraxinus ornus - 19Fraxinus oxycarpa - 43Friganea - 68Furcula - 87Galeopsis angustifolia - 46Gamberaja - 21Gamberaja ottusa - 21, 27Gamberetto palemonide - 55Gambero di fiume - 54Gambero rosso americano - 54Gambusia - 100Gambusia holbrooki - 100Gammarus - 55Garrulus glandarius - 137, 138Gasterosteus aculeatus - 98Gauropterus fulgidus - 85Geotrupes spiniger - 78Ghiandaia - 137, 138Ghiozzetto - 92Ghiozzo - 92Ghiozzo di ruscello - 98Ghiozzo padano - 95Giavone - 47Ginepro - 19Girasole - 49Giunco - 123Glicine tuberoso - 39Glyceria - 31Glyceria maxima - 31Glyptotendipes - 66Gnaphosa - 74Gobio gobio - 95Gobione - 95Gomphonema - 29Gomphus - 144Gomphus vulgatissimus - 61Gramignone - 31Gramignone maggiore - 31Granchio di fiume - 55Graphosoma lineatum - 76Grillo campestre - 76Grillo canterino - 76Grillotalpa - 105Gryllotalpa gryllotalpa - 105Gryllus campestris - 76Gymnocephalus cernuus - 101

Gynandromorphus - 77Gyrinus - 65Haemopis - 54Harpalus - 77Hedera helix - 38Helianthus tuberosus - 49Helichrysum italicum - 19Helix lucorum - 73Hemerodromia - 67Hierophis viridiflavus - 109Hildebrandia - 28Hildebrandia rivularis - 28Hippolais - 116Hippophae rhamnoides - 39, 41Hoplia brunnipes - 78Humulus lupulus - 38Huso huso - 95Hydra - 52Hydrometra - 63Hydropsyche - 69Hygromia cinctella - 73Hyla arborea - 105Hyla intermedia - 105Hyla meridionalis - 105Hyla sarda - 105, 106Hypophthalmichthys molitrix -101Hypophthalmichthys nobilis -101Hystrix cristata - 138Ictalurus melas - 100Ictalurus punctatus - 101Impatiens - 39Impatiens balfourii - 39Impatiens balsamina - 39Impatiens glandulifera - 39Impatiens parviflora - 39Imperatoria di Tommasini - 19Indaco bastardo - 39, 132Ischnura - 61Istrice - 138Juncus - 145Knipowitschia - 92Knipowitschia panizzae - 92Laccophilus - 65Lacerta bilineata - 110Lacerta viridis - 110Ladano - 95Lagarosiphon major - 25Lamia - 85Lamia textor - 79Lampetra fluviatilis - 98Lampetra planeri - 98Lampreda - 129Lampreda di fiume - 98Lampreda di mare - 92, 96, 98,99Lampreda di ruscello - 98Lanius collurio - 118, 135Laothoe - 87Larinioides cornutus - 83Larinioides sclopetarius - 83Lasca - 91, 92, 95, 98Latterino - 93Laurus nobilis - 45Lavarello - 100

Leccio - 19Leersia oryzoides - 18Lemanea - 28Lemna minor - 26Lenticchia d’acqua comune - 26Lenticchia d’acqua maggiore - 26Lentisco - 19Lepomis gibbosus - 100Lepre - 123Lepyrus palustris - 80Lestes - 61Lestes barbarus - 61Lestes sponsa - 61Lestes virens - 61Lestes viridis - 59, 61Leuciscus cephalus - 96, 98Leuciscus lucumonis - 98Leuciscus souffia - 90Leuctra - 62Libellula - 59, 143, 145, 146, 144Licenide rosso - 82Ligustro - 42, 45Ligustrum vulgare - 42Limenitis reducta - 87Linajola alpina - 47Linajola comune - 46Linaria alpina - 47Lissotriton italicus - 105Lissotriton vulgaris - 105Lithobius borealis - 75Liza - 98Liza ramada - 96Loglietto - 19Lolium multiflorum - 19Longicorno - 79Lontra - 102, 121, 122, 129, 147Luccio - 96, 97Lucertola campestre - 110Lucertola muraiola - 109Lucilla (= Helicodiscus)singleyana - 74Lucioperca - 97, 100, 101Lumbriculus variegatus - 54Luppolo - 38Luscinia megarhynchos - 118Lutra lutra - 102, 121Lycaeides argyrognomon - 82Lycaena phlaeas - 82Lycaena tityrus - 82Lygaeus equestris - 76Lyngbya - 29Lythrum - 82Lythrum salicaria - 43Macdunnoughia confusa - 81Mais - 131Margaritifera auricularia - 129Martes martes - 138Martin pescatore - 114, 135, 147Martora - 138Matricaria - 82Mazzasorda maggiore - 18, 19,31Mazzasorda minore - 19Melosira - 28Mentha aquatica - 80Mentha longifolia - 80

Mentha spicata - 80Meridion - 28Microcondylea compressa - 129Micrommata virescens - 74Micropterus salmoides - 100Millefoglio d’acqua ascellare - 25Millefoglio d’acqua comune -22, 23, 26Miltotrogus fraxinicola - 78Mirto - 19Misgurno - 101Misgurnus anguillicaudatus - 101Modicogryllus burdigalensis - 76Molinia arundinacea - 19Molinia maggiore - 19Monacha cartusiana - 74Monocentra - 69Morimus - 79, 85Morimus asper - 79Mosca - 65Mosca delle pietre - 62Moscerino - 65Motacilla alba - 118Motacilla flava - 118Muggine - 96Muggine calamita - 96Muschio ricciuto - 19Mustela putorius - 123Mustela vison - 122Myocastor coypus - 122Myotis capaccinii - 125Myotis daubentoni - 125Myotis emarginatus - 125Myotis nattereri - 125Myricaria germanica - 129Myriophyllum - 145Myriophyllum spicatum - 22, 23Myriophyllum verticillatum - 25Myrmeleon formicarius - 86Myrmeleon inconspicuus - 86Myrtus communis - 19Nannufaro - 25Nappola italiana - 18, 35, 47Nasturtium officinale - 31Natrice - 107Natrice dal collare - 107, 109Natrice tassellata - 107Natrice viperina - 109Natrix maura - 109Natrix natrix - 107, 109Natrix tessellata - 107Navicula - 28, 29Nebria - 84Nebria jockischi - 84Nebria picicornis - 84Nebria psammodes - 84, 85Neomys - 124Neomys anomalus - 124Neomys fodiens - 124Nepa - 64Nepa cinerea - 64Nerium oleander - 45Netocia morio - 78Nitzschia - 29Nono - 93, 99Nostoc verrucosum - 28

Notodonta - 87Nottola - 125Nottola comune - 125Nottola di Leisler - 125Nuphar luteum - 25Nutria - 122Nyctalus leisleri - 125Nyctalus noctula - 125Nysius thymi - 76Oberea oculata - 70, 85Occhione - 135, 138Ocydromus - 77Odonthestes bonariensis - 101Oedogonium - 29Oenanthe crocata - 45Oenothera - 82Oenothera biennis - 46, 132Oleandro - 45Oligoneuriella rhenana - 56Olivello spinoso - 19, 39, 41, 151Olmo - 32Olmo comune - 44, 45Olmo minore - 45Omocestus ventralis (=Stenobothrus ventralis) - 76Oncorhynchus mykiss - 95, 100Ondatra zibethicus - 122Oniscus - 75Ononide bacaja - 19Ononis natrix - 19Ontano - 19, 80, 81Ontano bianco - 41Ontano napoletano - 19, 45Ontano nero - 35, 45, 151Onychogomphus forcipatus -61, 143Ophiogomphus cecilia - 129Ophonus - 77Ophyiulus - 75Orchestes salicis - 86Orchestia cavimana - 74Orectochilus - 65Oriolus oriolus - 120Orniello - 19, 72Orthetrum - 61Orthetrum brunneum - 61Orthetrum cancellatum - 61Orthetrum coerulescens - 61Orthocladius - 66Ortica - 37, 47, 49Oscillatoria - 28, 29Osmoderma eremita - 78, 129Oxygastra curtisi - 129Oxyloma elegans - 74Pachybrachys hieroglyphicus - 86Pachymerium ferrugineum - 75Padogobius martensii - 95Padogobius nigricans - 98Paederidus rubrothoracicus - 84Paederidus ruficollis - 84Palaemonetes antennarius - 54,55Palèo delle garighe - 42Palèo silvestre - 45Palpares libelluloides - 86Panicella pelosa - 47

Panico acquatico - 48Paratachys - 77Pardosa nebulosa - 83Pardosa torrentum - 83Paspalum paspaloides - 48Passera - 91Pastinaca - 76Pelophylax bergeri - 105Pelophylax klepton esculentus -105Pelophylax klepton hispanicus -105Pelophylax lessonae - 105Pendolino - 120, 147Pentodon bidens punctatum - 78Pepe d’acqua - 37, 47Perca fluviatilis - 96, 133Perla - 61Perla bipunctata - 62Perlodes microcephalus - 61Persico reale - 98, 133Persico sole - 100Persico trota - 97, 100Pervinca maggiore - 43Pesce gatto - 100, 101Pesce gatto punteggiato - 101Pesce persico - 96Pesce re - 101Peste d’acqua - 25Peste d’acqua arcuata - 25Peste d’acqua comune - 25Petasites hybridus - 19Petromyzon marinus - 96, 98, 99Pettirosso - 118Peucedanum verticillare - 19Pezotettix giornai - 76Phalera - 87Phaneroptera nana - 75Pheosia - 87Philaenus spumarius - 76Philonthus rubripennis - 85Philoscia - 83Phormidium autumnale - 28, 29Phormidium incrustatum - 28Phoxinus phoxinus - 95Phragmites australis - 31Phytoecia pustulata - 80Phytoecia virgula - 80Phytoecia vulneris - 80Picchio rosso maggiore - 137Pieris - 82Pigo - 96, 98Pioppo - 32, 35, 39, 43, 45, 81,85, 87, 120, 131, 151Pioppo bianco - 42, 44Pioppo gatterino - 42, 43Pioppo nero - 39, 42, 43, 45, 79,80, 85Pipistrello - 125Pipistrello di Nathusius - 125Pipistrellus nathusii - 125Piranha - 101Piro piro piccolo - 111, 135, 138Pisaura mirabilis - 74Pistacia lentiscus - 19Plagiodera versicolora - 86

Page 81: fiumi e boschi ripari

159158 Planaria - 54Platambus - 65Plebejus argus - 82Pleurogeophilus mediterraneus -75Pleurophorus caesus - 85Poa palustris - 37Podarcis muralis - 109Podarcis sicula - 110Poligono - 18, 19, 37Poligono mite - 37Poligono nodoso - 47Polygonum - 37Polygonum hydropiper - 37Polygonum lapathifolium - 47Polygonum mite - 37Polyommatus bellargus - 82Polyommatus icarus - 82Polyommatus thersites - 82Polypedilum - 66Pomatoschistus - 92Populus alba - 42Populus canescens - 42Populus nigra - 39Porcellino di terra - 75Porcellio - 75Porcellionides - 83Portalegna - 68Portasassi - 68Potamogeton - 22Potamogeton crispus - 25Potamogeton lucens - 22Potamogeton natans - 27Potamogeton nodosus - 21Potamogeton pectinatus - 23Potamogeton perfoliatus - 25Potamogeton polygonifolius - 23Potamon fluviatile - 55Potamophylax cingulatus - 69Potamopyrgus antipodarum - 53Potosia cuprea - 78Proasellus - 55Procambarus clarkii - 54Proserpinus proserpinus - 82Protaetia cuprea - 78Psammodius - 78, 85Pseudophilotes baton - 82Pseudophonus - 77Pseudorasbora - 101Pseudorasbora parva - 101Pteronemobius concolor (= P.heideni) - 76Pungitopo - 45Puzzola - 123Pyrrhosoma - 61Quercia - 38, 44Quercus cerris - 19Quercus ilex - 19Quercus robur - 45Radix auricularia - 53Radix peregra - 53Raganella comune - 105Raganella italica - 105Raganella mediterranea - 105Raganella tirrenica - 105, 106Ragnetto verde - 74

Ragno licoside - 83Ragno palombaro - 55Ramarro occidentale - 110Ramarro orientale - 110Rana dalmatina - 106Rana dalmatina - 106Rana di Berger - 105Rana di Lataste - 106Rana di Lessona - 105Rana di Uzzell - 105Rana esculenta - 105Rana latastei - 106Rana rossa - 106Rana temporaria - 106Rana temporaria - 106Ranatra linearis - 63, 64Rane verde - 105Ranuncolo - 21, 151Ranuncolo a foglie capillari - 18,21Ranuncolo acquatico - 20, 22Ranuncolo fluitante - 21Ranuncolo lanuto - 44Ranuncolo pennello - 21Ranunculus - 20Ranunculus fluitans - 21Ranunculus lanuginosus - 44Ranunculus penicillatus - 21Ranunculus trichophyllus - 21Ratto delle chiaviche - 123, 124Rattus norvegicus - 123Remiz pendulinus - 120Rhodeus sericeus - 101Rhyacophila - 69Rhynchostegium riparioides - 22Rhyssemus germanus - 85Riccia fluitans - 19Rigogolo - 120Riparia riparia - 113, 135Robbia selvatica - 42, 43, 45Robinia - 39, 72Robinia pseudacacia - 39Rodeo - 101Romice - 80Romice sanguigno - 44Rorippa austriaca - 35Rosa - 72Rosa di S. Giovanni - 43, 45Rosa sempervirens - 43Rospo smeraldino - 104Rovella - 98Roverella - 72Rovo comune 45Rubia peregrina - 42Rubus ulmifolius - 45Ruchetta selvatica - 76Rumex - 80Rumex sanguineus - 44Ruscus aculeatus - 45Ruspolia nitidula - 75, 76Rutilus erythrophthalmus - 96Rutilus pigus - 96Rutilus rubilio - 98Saettone comune - 109Saettone occhirossi - 109Sagittaria a foglie nastriformi - 21

Sagittaria comune - 21Sagittaria sagittifolia f.vallisnerifolia- 21Salaria fluviatilis - 98Salcerella - 43Salice - 32, 33, 34, 35, 36, 37,38, 39, 41, 42, 44, 74, 78, 79,80, 81, 85, 86, 87, 120, 147, 151Salice a foglie amplessicauli - 42Salice bianco - 18, 19, 34, 35,37, 41, 43, 45, 49, 85, 129Salice cenerino - 35Salice da ceste - 35, 37Salice di Arrigoni - 45Salice di Gallura - 45Salice pedicellato - 41, 45Salice ripaiolo - 19, 34, 41Salice rosso - 18, 19, 34, 35, 39,41Salicone - 33, 34Salix - 33, 36, 86Salix alba - 34, 35, 36, 37, 85Salix alba var. vitellina - 37Salix amplexicaulis - 42Salix apennina - 80, 85Salix arrigonii - 45Salix atrocinerea - 45Salix caprea - 33, 34Salix cinerea - 35Salix eleagnos - 34, 36, 129Salix fragilis - 80, 85Salix pedicellata - 36, 41Salix purpurea - 34, 80, 85Salix purpurea ssp. eburnea - 41Salix purpurea ssp. lambertiana -41Salix triandra - 35, 36, 80Salmerino di fonte - 100, 101Salmo - 91Salmo [trutta] macrostigma - 99Salmo [trutta] marmoratus - 95Salmo [trutta] trutta - 93, 94Salsapariglia - 43, 44, 45Salvelinus fontinalis - 100, 101Salvia - 19Salvia officinalis - 19Salvia pratensis - 80Salvia selvatica - 80Salvia verbenaca - 80Salvinia natans - 26Sambuco nero - 38, 42, 43, 78Sambucus nigra - 38Sanguinella comune - 47Sanguinello - 44, 78Sanguinerola - 95, 97Sanguisuga - 54Saperda carcharias - 85Saperda maggiore - 85Saperda minore - 85Saperda populnea - 85Saponaria - 19, 47Saponaria officinalis - 47Savetta - 96, 98Scagliola palustre - 18, 37, 48Scapania undulata - 22Scarabeo stercorario - 78

Scardinius erythrophthalmus -92, 96Scardinius scardafa - 98Scardola - 92, 96, 97, 98Scardola comune - 98Scazzone - 95, 97Scintillatrix dives - 86Sciurus vulgaris - 138Scoiattolo - 138Scricciolo - 118Scrofularia comune - 46Scrophularia canina - 46Scytonema myochorus - 28Sedanina d’acqua - 20, 21Sedano d’acqua - 19, 21, 31Sedum - 46Sicio - 38Sicyos angulatus - 38, 42Silene rigonfia - 46Silene vulgaris - 46Silo nigricornis - 69Siluro - 97, 101, 133Silurus glanis - 97, 101Simulium bezzii - 66Simulium brevifile - 67Simulium galloprovinciale - 67Simulium intermedium - 67Simulium monticola - 67Simulium rupicolum - 67Singa - 74Sisyra - 65Smerinthus - 87Smilax aspera - 43Solanum dulcamara - 38Solidago - 49Solidago canadensis - 132Solidago gigantea - 49, 132Sparganium - 31Sparviere - 137Sphingonotus caerulans - 76Spigola - 91Spilostethus pandurus - 76Spinarello - 98Spirodela polyrhiza - 26Spongilla - 52Spugna d’acqua dolce - 52Sputacchina - 76Stachys sylvatica - 43Stenochironomus - 66Stenolophus - 77Stenus - 85Sterpazzola - 118Stigeoclonium - 29Stigeoclonium tenue - 29Stigmatogaster gracilis - 75Stizostedion lucioperca - 100Storione - 93, 95, 98, 129Storione comune - 95Strix aluco - 137Stylodrilus - 54Succiacapre - 135, 138Sylvia communis - 118Sylvia nisoria - 118, 135Sympetrum - 144Sympetrum meridionale - 61Synedra - 28

Synurella - 55Tamarix africana - 42Tamarix gallica - 45Tamerice alpina - 39, 41Tamerice comune - 45Tamerice germanica - 39Tamerice maggiore - 18, 42, 43Temolo - 90, 92, 95, 97Tetragnatha - 74Tetragnatha extensa - 83Tetragnatha montana - 83Tettigonia viridissima - 76Theodoxus danubialis - 53Theodoxus fluviatilis - 53Theodoxus meridionalis - 53Thorectes intermedius - 78Thymallus thymallus - 92, 95Tilapia - 101Tilapia - 101Tinca - 92, 96, 97Tinca tinca - 92, 96Topinambur - 18, 49Topino - 113, 114, 135, 147Topo muschiato - 122Topo selvatico a dorso striato -124Toporagno - 124Toporagno acquatico di Miller -124Toporagno d’acqua - 124Trachelipus - 83Trapa natans - 27Trifoglino palustre - 42Triotto - 96, 97Tritone - 105Tritone crestato italiano - 105Tritone italico - 105Tritone punteggiato - 105Triturus carnifex - 105Trochoidea pyramidata - 74Trochosa - 74Troglodytes troglodytes - 118Tropidothorax leucopterus - 76Tropinota hirta - 78Tropinota squalida - 78Trota - 90, 91, 93, 95, 96, 98, 99,129, 147Trota fario - 91, 93, 94, 95, 99Trota iridea - 95, 100Trota marmorata - 91, 99Trota padana - 95Tubifex - 54Tubifex tubifex - 51Typha latifolia - 31Typhoides arundinacea - 37Ulothrix - 28Unio - 53Unio elongatulus - 129Urtica dioica - 38Usignolo - 118Usignolo di fiume - 115Vairone - 90, 95, 98Vallisneria - 23, 30Vallisneria spiralis - 23, 30Vaucheria geminata - 28Verga d’oro - 49

Verga d’oro canadese - 132Verga d’oro maggiore - 18, 49,132Veronica acquatica - 21, 31, 147Veronica anagallis-aquatica - 21Veronica beccabunga - 31Vespertilio di Capaccini - 125Vespertilio di Daubenton - 125Vespertilio di Natterer - 125Vespertilio smarginato - 125Vilucchio bianco - 19, 49Vinca major - 43Viola reichenbachiana - 45Viola silvestre - 45Vipera - 107Viperina azzurra - 46Visone - 122Visone americano - 122Vite - 44Vitis vinifera ssp. sylvestris - 44Wiedmannia - 67Xanthium italicum - 35Xiphidion discolor - 75Zamenis lineatus - 109Zamenis longissimus - 109Zanzara - 65, 100Zelotes - 74Zelotes petrensis - 83Zigolo - 47Zigolo annuale - 18Zonitoides nitidus - 73Zygiella - 74

Page 82: fiumi e boschi ripari

Si ringrazia, per la cortese collaborazioneGilberto Gandolfi, Università degli Studi diParmaUn ringraziamento, inoltre, a Marco Bodon,Maria Manuela Giovannelli, Luca Lapini,Carlo Morandini, Martina UssaiI transetti fluviali (pagg. 18 e 19) si basano sullepubblicazioni di: Sburlino & Marchiori, 1987;Bracco, Sartori & Terzo, 1984; Landi, Angiolini& De Dominicis, 2002; Biondi & Baldoni, 1993;Baldoni & Biondi, 1993; Maiorca & Spampinato,1999

La responsabilità di quanto riportato nel testo,nonché di eventuali errori ed omissioni, rimaneesclusivamente degli autori.

Il volume è stato realizzato con i fondi delMinistero dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio e del Mare

Finito di stamparenel mese di giugno 2008presso la Graphic linea print factory - Udine

Printed in Italy