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Focus Bifosfonati Sicoi 2013

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FOCUS  BIFOSFONATI  SICOI   29-­‐1-­‐13  

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Focus sulla gestione preoperatoria del paziente in terapia con bifosfonati

Fumagalli L1, Di Marco A2, Parenti A1, Volpi R3. 1 Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi, Clinica Odontoiatrica (Direttore: Prof. R.L. Weinstein), Reparto di Implantologia e Riabilitazione Orale (Dr. T. Testori) 2 Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi, Clinica Odontoiatrica (Direttore: Prof. R.L. Weinstein), Unità di Chirurgia Orale (Prof. J. Motta) 3 Past President SISBO (Società Italiana Studio Bifosfonati in Odontoiatria) I bifosfonati sono farmaci che hanno avuto una notevole diffusione specialmente negli ultimi anni (1) e vengono comunemente utilizzati per il trattamento dell’osteoporosi, delle neoplasie ossee primarie o secondarie a metastasi e del morbo di Paget. Il loro impiego è consigliato per l’azione inibitoria sulle cellule neoplastiche, per la riduzione nell’incidenza di fratture in pazienti con osteoporosi (2) determinata da un effetto inibitorio sull’attività osteoclastica (3). È stato visto come queste molecole abbiano, a differenza di altri farmaci, un effetto farmacologico molto più prolungato dopo la loro interruzione della somministrazione e determinato dal forte legame con l’idrossiapatite. Anche dopo l’interruzione della somministrazione, si verifica a distanza di tempo, un rilascio di molecole farmacologicamente attive. [1]

Questa caratteristica risulta utile per il paziente poiché il rilascio prolungato protegge nel tempo il paziente da fratture ossee anche dopo l’interruzione della terapia ma ne prolunga anche gli effetti collaterali ed eventi avversi.

Una tra le più importanti complicanze dell’ assunzione di bifosfonati è la recente di comparsa di episodi di osteonecrosi a livello del cavo orale successivi a interventi di chirurgia orale oncologica, estrattiva o implantare. (4-7)

Questo evento si verifica come una incompleta guarigione del sito trattato con esposizione del piano osseo e successiva necrosi.

Tuttavia è possibile notare come non tutti i bifosfonati siano uguali in termini di potenza di azione ed è stata stilata una Tabella che li classifica in base a questo fattore . Tab 1

Molecola Somministrazione Potenza Etidronato

Per os 1

Clodronato Per os, EV 10 Tiludronato Per os 10 Pamidronato EV 100 Neridronato 100 Alendronato Per os 100-1000

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  2  

Climadronato 100-1000 Olpadronato 100-1000 Ibandronato Per os, EV 1000-10000 Risedronato Per os 1000-10000 Zoledronato EV >10000

Tra i bifosfonati si annovera una sottoclasse detta amino-bifosfonati per la presenza di un gruppo amminico lungo la catena molecolare. Questa sottoclasse si caratterizza per una potenza inibitoria superiore.

La via di somministrazione rappresenta un importante fattore da prendere in considerazione nella richiesta anamnestica. Farmaci somministrati per endovena hanno una documentata storia di episodi di osteonecrosi rispetto a farmaci somministrati per os (8). Pazienti in terapia con bifosfonati orali sono meno soggetti a questo tipo di complicanza. Tuttavia considerando la quantità di prescrizioni appare evidente che, nonostante il basso tasso di incidenza di complicanze in pazienti con terapia orale di bifosfonati, l’incidenza assoluta potrebbe essere più elevata.

Dai dati della letteratura, appare evidente come la regione più soggetta a questo tipo di complicanze sia la mandibola rispetto alla maxilla.(5, 8, 9)

Altri fattori di rischio per l’insorgenza dell’osteonecrosi da bifosfonati sembrano essere l’età avanzata , il diabete, l’obesità, il fumo e fattori genetici (10-13) (14) (15) (16) (17)

Il rischio di sviluppare questa complicanza risulta quindi essere correlato a una serie di fattori (18) (Tab 2) :

• Patologia correlata all’assunzione di bifosfonati • Principio attivo • Dosaggio e via di somministrazione • Durata del trattamento (19, 20) • Distretto del cavo orale trattato

Tab 2. Fattori di rischio in grado di sviluppare l’osteonecrosi da bifosfonati.

Basso rischio Alto rischio Patologia primaria benigna (osteoporosi) Patologia primaria maligna (neoplasia) Molecola a bassa potenza Molecola ad alta potenza (aminobifosfonati) Somministrazione per os Somministrazione EV Trattamento breve durata Trattamento lunga durata (> 2-3 anni) (19) Maxilla Mandibola

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In implantologia una recente analisi sulla sopravvivenza implantare nei pazienti in terapia con bifosfonati ha messo in luce come non esista una controindicazione all’inserimento di impianti in questa categoria di pazienti (assunzione per os) (21). Risulta invece controindicato nei pazienti in terapia con farmaci somministrati per via endovenosa.

L’operatore deve considerare che l’effetto di questo tipo di terapie non si esplica solamente attraverso una riduzione del turnover osseo, ma anche a livello vascolare con un’azione anti-angiogenetica (22, 23) e a livello epiteliale (24-26).

In relazione a queste considerazione in ambito implantologico potrebbe evidenziarsi il suggerimento clinico di:

• Assicurare una chiusura per prima intenzione della ferita chirurgica per evitare esposizioni iatrogene del substrato osseo

• Ridurre il ricorso a grandi interventi di rigenerazione ossea privilegiando il posizionamento di impianti in osso nativo.

Nel campo della prevenzione della complicanza sono state condotte numerose ricerce per poter ricercare fattori ematochimici che possano essere considerati predittivi per lo sviluppo di osteonecrosi da bifosfonati. Il dosaggio serico del telopetpide c-terminale (CTX) è stato visto essere messo in relazione alla probabilità di insorgenza della complicanza (27) (20, 28). Tuttavia altre ricerche non hanno riscontato una variazione specifica del peptide (29-31)

DIAGNOSI DELLA BRONJ

Dal momento che nemmeno una definizione universalmente accettata di osteonecrosi dei mascellari è stata individuata, nel 2009 l’AAOMS (American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons) in una consensus conference coniò la definizione più utilizzata e dei criteri clinici per identificare e stadiare i pazienti sofferenti. Una standardizzazione dei criteri diagnostici torna utile anche per facilitare i futuri studi clinici ed epidemiologici.

Un paziente è sofferente di BRONJ se soddisfa tutti i tre seguenti criteri: 1. Corrente o pregresso trattamento con bisfosfonati; 2. Fenestrazione ossea necrotica che perduri più di otto settimane nella

regione maxillofaciale; 3. Nessuna storia di terapia radiante dei mascellari.

ARONJ

Il termine ARONJ (AntiResorptive agent induced OsteoNecrosis of the Jaw) è stato coniato dal panel dell’ADA (American Dental Association) nel novembre 2011. Questo termine nasce dall’esigenza di ampliare la definizione di osteonecrosi dei mascellari includendo oltre che quelle indotte dai bisfosfonati anche quelle provocate da altri agenti antiosteolitici sviluppatisi in seguito. In particolare nel 2010 venne approvato dall’FDA il Denosumab (anticorpo umano monoclonale) come agente antiosteolitico per il trattamento, prima, dell’osteoporosi post-menopausa, ed in seguito per quella paraneoplastica. Questo farmaco pare essere correlato anch’esso ad insorgenza di osteonecrosi dei mascellari in

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maniera similare ai bisfosfonati. Allo stesso modo altri farmaci (inibitori della catepsina K) parrebbero associati. L’ADA suggerisce che tutte le osteonecrosi indotte da farmaci inibitori il riassorbimento osseo vengano raggruppate sotto la definizione di ARONJ a meno che non sia necessario rivolgersi ad una particolare classe di molecole per cui si userà una specifica denominazione (per es. BRONJ) (32).

PROTOCOLLI CHIRURGICI E TERAPEUTICI

Di seguito si riassumono i principali e più recenti protocolli terapeutici attualmente adottati selezionati tra le più autorevoli cliniche universitarie.

Protocolli Terapeutici Adottati

Drug Holyday

Chirurgia in unica seduta

Terapia Prechirurgica

Terapia Post

chirurgica Clorexidina Altre Bronj/Pz

Università di Milano (33) No No

Amoxicillina cps 1 gr (1cp/8ore da 3 gg pre-intervento)

Uguale per 17 gg

Si 0,20% 3 gg preop.

Seduta igiene

professionale (2-3 sett.

prechirurgia)

23 pz., 31 exo, 0 BRONJ, 1 guarigione

ritardata risolta a 2 mesi Si 1% gel 3

volte/dìX15gg

Università di Verona

(34)

Si,1 mese pre-

interv.

+

1 mese post- interv.

Se dolorabilità >5

Amoxicillina e acido Clavulanico

cps 1 gr (1cp/8oreX3gg

poi 1cp/12oreX4gg)

Uguale per una

settimana

No n.d. 60 pz.,185 exo, 4

BRONJ a 3 mesi, 1 BRONJ a 6 mesi

Metronidazolo cps (500 mg

1cp/8oreX3gg poi 1cp/12oreX4gg)

Uguale per una

settimana

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  5  

Università di Torino (35) No Si

Amoxicillina + Acido Clavulanico

cps 1 gr (1cp/8oreX1g)

Uguale per 5 gg n.d.

Seduta igiene

professionale (1 sett.

prechirurgia)

PRGF + Membrane Fibriniche Autogene

176 pz., 542 exo (91 con PRGF, 85

g.cont.), 5 BRONJ (dal g.cont. ritrattati con PRGF guariti)

Evitare

Anestesie Intraligament

ose e Intrapapillari

Università di Milano-

Bicocca (27)

se Tp>3 anni, 6

mesi DH (se fattori di rischio)

Si

Amoxicillina e Acido Clavulanico

cps 1 gr (1cp/12oreX2sett)

Uguale per una

settimana

Si (0,20% Preoperatoria)

Valutazione sCTX

32 pz. (12 in tp con BP per o.s.), 15 atti

chirurgici, 0 BRONJ, 9 guarigioni ritardate a 30-

45 gg, 6 a 45-90 gg.

Metronidazolo cps (250

mg/dìX2sett)

Omoprazolo cps (20 mg/dì)

Protocollo SISBO(36) NO Si

Amoxicillina (2gr) + Metronidazolo (1gr) /giorno da 4gg prima della chirurgia

Uguale fino a 10gg dopo chirurgia

Clorexidina in gel da

applicare sulla zona

interessata = 1 mese

- Sciacqui con acqua calda bicarbonato sodico= 1 mese - Vit E in gel da applicare sulla zona interessata = 1 mese - Vit E 1000 UI /die, vit D 5000 UI/ die - Suture riassorbibili - Controlli ogni 15gg x 2 mesi con lavaggi di soluzione fisiologica - Interruzione di alcool e fumo

GESTIONE PRATICA DEL PAZIENTE E TERAPIA FARMACOLOGICA PREVENTIVA.

Poichè a tutt’oggi non esiste una terapia del tutto predicibile e risolutiva, l’atteggiamento più corretto è quello volto a prevenire l’insorgenza di Bronj.

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Pur in assenza di un’evidenza definitiva, può essere utile, qualora le condizioni sistemiche lo consentano, una drug-holiday (DH) nei 3 mesi precedenti e in quelli successivi soprattutto nei pazienti in terapia da più di 3 anni in associazione alla terapia steroidea. (37) Allo stato delle conoscenze attuali è chiaro come la prevenzione di sovrainfezioni degli alveoli post-estrattivi sia di primaria importanza. Nell’ottica di una riduzione drastica della carica batterica del cavo orale, come ampiamente discusso in letteratura è utile far precedere all’atto chirurgico una seduta di igiene orale professionale full-mouth in cui si forniscano anche indicazioni preoperatorie al paziente in tema di profilassi e di abbattimento della carica batterica. (5, 38) Allo stesso modo la prescrizione di clorexidina sia come collutorio che come gel topico post-operatorio ha un indiscutibile ruolo nell’abbattimento della carica batterica del cavo orale, come testimoniato dalla letteratura medica sia odontoiatrica che generale (39, 40) Il ruolo di particolari microrganismi nella patogenesi della BRONJ è tuttora argomento di discussione, in particolar modo hanno destato grande interesse gli actinomiceti (Actnomyces spp.). Essi sono frequenti colonizzatori del cavo orale presenti in placca dentale, tartaro solchi gengivali e tasche parodontali (41). Il potenziale patogenetico di questi batteri è ben conosciuto ed essi sono frequentemente associati ad infezioni ostemelitiche di capo e collo. Inoltre un significativo numero di specie di actinomiceti (ricordiamo: batteri Gram+ aerobi/anaerobi facoltativi/anaerobi obbligati) è stato isolato da diversi autori in numerosi casi di BRONJ (42-45) . Tuttavia se l’infezione actinomicetica sia primaria o secondaria è ancora da chiarire del tutto a causa della sua prevalenza nel cavo orale. Per questi motivi l’utilizzo di metronidazolo ed amoxicillina potrebbe essere una associazione farmacologica valida così come per la prevenzione e cura, di altre infezioni batteriche anaerobiche putative responsabili dell’osteonecrosi. L’atto chirurgico in sé deve rispettare le regole della minor traumaticità ed invasività possibile, chiaramente con l’obbligo di debridment della zona post estrattiva ed il managing delle strutture ossee (setti inter-radicolari e creste alveolari). Tutti quegli accorgimenti per non inficiare la guarigione successiva della ferita chirurgica dovranno essere adottati come ad esempio evitare anestesie intraligamentose o intrapapillari, che porterebbero ad una ischemia locale come suggerito dalla scuola di Torino, delicato curettage dell’alveolo post-estrattivo e dei tessuti duri, lavaggi post-estrattivi con soluzione fisiologica o clorexidina (46). Le resezioni ossee possono essere condotte con l’utilizzo di manipoli laser Er:YAG, ciò al fine di ottenere tagli precisi e minimamente invasivi riducendo al minimo sia l’insulto termico ai tessuti adiacenti che biostimolando la zona come testimoniato specialmente da ricerche della scuola di Parma sul trattamento delle BRONJ conclamate. La lunghezza d’onda del laser Er:YAG ha grandi potenzialità sul tessuto osseo offrendo una capacità di taglio ottima che non carbonizza, non coagula, non danneggia i tessuti molli e fornisce una superficie ablata favorevole alla colonizzazione cellulare successivamente durante la guarigione (47). In alternativa gli strumenti rotanti a bassa velocità (ca. 40.000 rpm), meglio se multilama, sono valide alternative se in possesso di buona capacità di taglio ed usati sotto abbondante irrigazione (con soluzione fisiologica) come da normali protocolli per la chirurgia ossea. La chirurgia non deve necessariamente essere flapless, anzi la chiusura per prima intenzione, qualora possibile, è da ricercarsi. A tale proposito molto interessante risulta essere l’utilizzo di membrane piastriniche autologhe (realizzate secondo le metodiche tradizionali già ben descritte in letteratura: prelievo fresco di 15 ml di sangue, aggiunta di anticoagulante, centrifugazione, separazione del PRGF e formazione della membrana piastrinica autologa grazie all’aggiunta di cloruro di calcio) sia in termini di miglioramento del comfort postoperatorio che per la sutura e chiusura dell’alveolo. I fattori di crescita

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contenuti nel PRGF risultano essere inibiti abitualmente dai bisfosfonati e sono una fonte addizionale che promuovono l’angiogenesi e la guarigione sia ossea che mucosa Nel periodo postoperatorio è anche indicata la biostimolazione laser -assistita (LLLT, Low Level Laser Therapy), con laser Nd:YAG per esempio a bassa intensità, seguendo il protocollo dell’università di Parma come per la chirurgia ossea: lughezza d’onda 1064 μm, 1,25 W di potenza, 15 Hz di frequenza, fibre da 320 μm, non a contatto, per un minuto, ripetuta 5 volte 46; oppure Fototerapia laser-assistita (LPT, Laser PhotoTherapy) con laser a diodo (InGaAIP, Indio-Gallio-Fosfuri d’Alluminio), a 660 μm, 40 mW focalizzato a contatto con l’osso esposto ed i tessuti attorno (37); anche se vi sono molti diversi protocolli di biostimolazione documentati in letteratura. La guarigione poi va attentamente seguita con follow-up ben scadenzati e per lungo periodo, consigliabili ad una settimana, 15 giorni, 1 mese, 6 mesi ed un anno. In caso di esposizioni prolungate alle visite di controllo è consigliabile effettuare lavaggi dell’alveolo con clorexidina al 12-20% o soluzione fisiologica o iodopovidone al 10%. Se l’esposizione perdurasse oltre i 6 mesi, e non recedesse con al massimo 3 cicli di copertura antibiotica completi si dovrà prendere in considerazione il managing di BRONJ conclamata, con le terapie più opportune. Il follow-up ovviamente è per la valutazione in particolare dell’alveolo post-estrattivo, ma anche del cavo orale in generale, in quanto c’è da ricordare sempre che la categoria di pazienti che stiamo trattando deve essere seguita con protocolli di prevenzione molto rigorosi per evitare di dover subire altre estrazioni, che in ogni caso risulterebbero delle manovre con dei rischi ancora non del tutto quantificabili né prevedibili sulla base dei farmaci che assumono e delle condizioni associate. In conclusione valutando le diverse scuole e protocolli applicati sia su pazienti in terapia con bisfosfonati per o.s. che per i.v. con fattori di rischio concomitanti statisticamente rilevanti abbiamo evidenziato che il protocollo operativo più comunemente adottato nei pazienti candidati alla chirurgia orale risulta essere il seguente:

• Seduta professionale di igiene la settimana precedente la chirurgia • Terapia antibiotica profilattica con Amoxicillina ed Acido Clavulanico cps 1 gr. una

compressa ogni 12 ore dal giorno precedente e Metronidazolo cps da 250 mg una al giorno dal giorno precedente

• Risciacqui con clorexidina coll. 0,12% dal giorno precedente • Anestesia loco-regionale o tronculare evitando anestesie intraligamentose o intrapapillari • Esecuzione dell’intervento estrattivo con il minor numero di sedute applicando tutte le

tecniche che riducano al minimo i danni tissutali o ritardino la guarigione • In fase di sutura deve essere ricercata la chiusura per prima intenzione • Terapia farmacologica post-chirurgica identica alla profilattica fino alla rimozione della

sutura, rivalutazione e prolungamento fino ad un massimo di 3 cicli completi consecutivi • Altrettanto utili per la gestione del discomfort postoperatorio e per l’ottenimento della

guarigione si sono dimostrati l’applicazione di PRGF, membrane piastriniche in fase di sutura, biostimolazione ossea e mucosa in fase di ostetotomia e chiusura

• Eventuali sedute di biostimolazione laser-assistita sono di beneficio qualora la guarigione fosse ritardata

Protocollo Terapeutico

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Drug Holyday

Chirurgia in unica seduta

Terapia Prechirurgica

Terapia  Postchirurgica   Clorexidina Altri

accorgimenti

No Si

• Amoxicillina e Acido

Clavulanico cps 1 gr (1gr/12ore

dal giorno precedente)

• Metronidazolo cps (250 mg/dì

dal giorno precedente)

Uguale per fino alla rimozione della

sutura ripetibile fino a 3 cicli consecutivi

Si (0,12% Preoperatoria)

Si (0,12% Postoperatoria per 15 gg. Si gel orale 1%

ABT professionale (1 sett. prechirurgia)

Evitare Anestesie Intraligamentose e

Intrapapillari

PRGF + Membrane Fibriniche Autologhe

LLLT (Low-Level-Laser-Therapy)

Chirurgia ossea con Nd:Yag Laser

 

   

 

 

Suggerimenti  clinici  nel  paziente  in  terapia  con  bifosfonati    Eseguire  una  terapia  farmacologica  preoperatoria  e  postoperatoria    Evitare  anestesie  di  tipo  intralegamentoso  o  intrapapillare    Privilegiare  il  posizionamento  di  impianti  in  osso  nativo        Assicurare  una  chiusura  per  prima  intenzione    Follow-­‐up  frequenti  durante  le  fasi  iniziali  di  guarigione      

 

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Tab1:  scala  di  potenza  dei  bifosfonati  e  preferenziale  via  di  somministrazione.  In  rosso  sono  evidenziati  gli  aminobifosfonati,  legati  ad  una  potenza  farmacologica  più  elevata.    

 

Tab   2:   classificazione   del   grado   di   rischio   per   lo   sviluppo   di   osteonecrosi   nel   paziente   in  terapia  da  bifosfonati