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Fonti energetiche non rinnovabili Impatto ambientale

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Fonti energetiche non rinnovabiliImpatto ambientale

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Inquinamento da petrolio

La presenza dell'industria petrolifera ha significativi impatti sociali e ambientali, da incidenti e da attività di routine come l'esplorazione sismica, perforazioni e scarti inquinanti.

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Inquinamento da petrolio

L'estrazione petrolifera è costosa e spesso danneggia l'ambiente.La ricerca e l'estrazione di petrolio offshore disturbano l'ambiente

marino circostante. L'estrazione può essere preceduta dal dragaggio, che danneggia il fondo marino e le alghe, fondamentali nella catena alimentare marina.

Il greggio e il petrolio raffinato che fuoriescono da navi petroliere incidentate, hanno danneggiato fragili ecosistemi in Alaska, nelle Isole Galapagos, in Spagna e in molti altri posti.

Infine, la combustione, su tutto il pianeta, di enormi quantità di petrolio (centrali elettriche, mezzi di trasporto) risulta essere tra i maggiori responsabili dell'incremento riscontrato delle percentuali di anidride carbonica e di altri gas nell'atmosfera, con fortissima incidenza sul problema dell'effetto serra.

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Inquinamento da petrolioLa raffineria

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Inquinamento da petrolioLa raffineria

Una raffineria di petrolio è certamente un impianto industriale con forte impatto ambientale, sia per l'area che essa normalmente occupa, misurabile in ettari, sia per la grande componente energetica - quasi tutti i processi di raffinazione sono di tipo termico - sia per l'effetto sull'ambiente.

In tempi recenti le tecnologie di raffinazione hanno ridotto di molto gli scarichi liquidi e gassosi; oggi è possibile vivere vicino ad una raffineria senza seri problemi sanitari. Tuttavia, le emissioni, pur ridotte, non sono annullate, e le grandi dimensioni di questi impianti fanno si che queste emissioni, piccole se considerate relativamente, siano comunque importanti in termini assoluti.

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Inquinamento da petrolioLa raffineria

È particolarmente onerosa la dismissione di una raffineria, per la contaminazione dei terreni circostanti con rifiuti e liquami tossici. Si tenga presente che la costruzione di una raffineria costa circa 1-2 miliardi di €.

Una tecnica utilizzata per le bonifiche è l'esorbimento termico, che consiste nel bruciare i residui petroliferi, con notevoli disagi per la popolazione sottoposta all'inalazione di fumi tossici.

La costruzione di nuove raffinerie nei paesi occidentali è stata ferma per quasi vent'anni: ciò è probabilmente dovuto al fatto che le compagnie petrolifere attendevano l'imminente picco del petrolio che avrebbe fatto calare drasticamente il consumo di idrocarburi e rendere gli impianti attuali sovrabbondanti rispetto alle necessità di produzione.

Nel periodo tra il 2004 e il 2006, invece, si è avuto un netto aumento degli investimenti sia in nuovi impianti che nel miglioramento di quelli esistenti.

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Inquinamento da petrolioAgenti inquinanti delle benzine

Per migliorare le proprietà antidetonanti della benzina si è in passato fatto ricorso ad additivi costituiti da composti del piombo il cui impiego, per gli effetti inquinanti, ha portato alla nascita della cosiddetta benzina verde, a basso tenore di piombo. In questa, l'agente antidetonante precedente (piombo tetraetile) è stato sostituito principalmente dal benzene, ma vengono utilizzati anche metil-terziar-butil-etere (MTBE) ed etil-terziar-butil-etere (ETBE).

Una direttiva Ue ha proibito in tutta l'Unione europea la commercializzazione delle benzine contenenti piombo, a partire dal 2000.

L'uso di MTBE è stato recentemente bandito negli Stati Uniti d'America per l'effetto fortemente inquinante per le falde acquifere e in quanto cancerogeno. L'ETBE viene preso ultimamente in maggiore considerazione in quanto parzialmente proveniente da fonte rinnovabile. Esso consiste infatti in un prodotto di reazione tra isobutilene e etanolo, che può esser di origine agricola.

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Inquinamento da petrolioDisastri ambientali

Non esiste angolo al mondo che non sia stato colpito dagli effetti dell’estrazione e dell’uso del petrolio. Molti effetti negativi sono ben documentati, come il riscaldamento globale, la distruzione dell’habitat naturale e i conflitti politici per l’approvvigionamento di petrolio. Ma l’economia petrolifera si estende spesso in modo poco evidente in molti altri aspetti della vita del nostro pianeta. Il petrolio, usato per il trasporto, l’industria e l’agricoltura meccanizzata, è la spina dorsale della globalizzazione.

Le istituzioni per il commercio globale, come l’OMC (Organizzazione Mondiale per il Commercio), lavorano in stretta collaborazione con le compagnie petrolifere, mentre spesso gli eserciti procurano il sostegno per proteggere questi interessi. Presentiamo alcuni “effetti collaterali” dell’egemonia del petrolio.

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Alaska

Il versamento di petrolio della Exxon Valdez nel 1989 contaminò oltre 700 miglia di litorale e, come conseguenza, devastò l’ecosistema.

Alcune specie naturali non si sono ancora ristabilite. Dagli anni ‘70, l’estrazione di petrolio greggio dal North Slope in Alaska si è

risolta in una miriade di problemi ambientali, tra cui una media di almeno un versamento di petrolio al giorno, l’emissione di circa 24.000 tonnellate di gas metano (che contribuisce al riscaldamento globale), il frastuono derivante dall’indagine sismica che ha causato migrazioni di balene polari, e la costruzione di strade e industrie minerarie che interrompono il corso dei fiumi, avendo un impatto negativo sui pesci e la natura.

Come le popolazioni indigene di tutto il mondo, i Gwich’in si sono opposti a questa distruzione dei sistemi naturali dai quali dipendono. Oltre a dover sopportare gli effetti delle attuali attività, il North Slope affronta la costante minaccia di una futura espansione, inclusi i tentativi di aprire l’Alaska National Wildlife Refuge alla trivellazione.

Fonte: Alaska Wilderness League, www.alaskawild.org.

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Cancer Alley“Il viale del cancro” è una zona tossica che si estende per 80 miglia lungo il

Mississippi tra New Orleans e Baton Rouge, dove oltre 100 raffinerie petrolifere, stabilimenti petrolchimici e altre industrie inquinano l’aria, la terra e l’acqua. La produzione di PVC, la fabbricazione di vinile e la lavorazione agricola con prodotti petrolchimici sono aspetti dell’industria petrolifera mondiale che vengono spesso ignorati. Come per l’estrazione di petrolio e le industrie navali, sono le minoranze etniche e le comunità a basso reddito che sostengono l’urto dell’inquinamento tossico.

Uno studio ha dimostrato che l’80% dei residenti di Cancer Alley ha problemi respiratori. Ma i residenti – spesso guidati dalle donne più anziane – si stanno organizzando per opporsi al razzismo ambientale. Dai piccoli gruppi rurali che presentano cause contro gli inquinatori, ai programmi di studio universitari, alla prima agenzia governativa su scala statale che ha a che fare con problemi di giustizia ambientale, tutti chiedono che l’industria petrolchimica sia ritenuta responsabile verso le comunità che avvelena.

Fonte: Chatham College, Women’s Environmental Leadership and Legacy.

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EcuadorL’Ecuador copre l’80% dei pagamenti per il debito estero con le entrate del petrolio.

Per tenere alte queste entrate, il governo sta spingendo verso nuove frontiere petrolifere nelle terre indigene, causando la distruzione di ecosistemi e la sofferenza delle comunità che vi abitano.

Le compagnie petrolifere sfruttano le risorse senza pagare le tasse, estraendo petrolio e profitti per gli investitori stranieri e lasciando l’Ecuador inquinato.

Tra il 1971 e il 1991, la Texaco ha estratto più di 1,5 miliardi di barili di petrolio dal Rio delle Amazzoni ecuadoriano. Per risparmiare milioni di dollari, la Texaco ha semplicemente scaricato i rifiuti tossici delle sue attività nei fiumi fino ad allora incontaminati, nei ruscelli e nei terreni paludosi, ignorando le norme industriali.

Le attività petrolifere della Texaco hanno devastato uno dei posti più fragili dal punto di visto biologico sulla terra; 2,5 milioni di acri di foresta pluviale sono andati perduti. Adesso gli attivisti ecuadoriani si sono uniti alle persone colpite dalle attività della Chevron-Texaco in Nigeria e a Richmond, in California, in una campagna internazionale per chiedere che la compagnia ripulisca la zona e paghi i danni.

Fonte: Amazon Watch, Project Underground

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Colombia

Nel 1996, la British Petroleum (BP) ha pagato 60 milioni di dollari americani al Ministero della Difesa della Colombia. In cambio, l’esercito era d’accordo nel fornire soldati per monitorare la costruzione di un oleodotto che avrebbe accelerato il trasferimento del petrolio greggio (e enormi profitti) sulla costa. La BP fornì l’addestramento per i soldati attraverso una società privata di “sicurezza” inglese chiamata Defense Systems Limited.

Secondo un rapporto commissionato dal governo colombiano, la BP ha collaborato anche con i soldati locali in rapimenti, torture e omicidi. La BP ha raccolto foto e video di popolazioni locali che protestano contro le attività legate al petrolio, da consegnare poi alle forze armate colombiane, che quindi arrestavano o rapivano i dimostranti.

La “Guerra alla Droga” del governo americano ha anche facilitato la ricerca e l’estrazione di petrolio in Colombia. La nebulizzazione aerea di vaste aeree con sostanze chimiche defolianti altamente tossiche, loro stesse prodotto dell’industria petrolchimica, distrugge i raccolti di cocaina, ma libera anche ampie aree per la ricerca del petrolio. Gli abitanti si stanno opponendo a questa distruzione. Gli indigeni U’wa recentemente hanno conseguito diversi successi nella lotta non violenta che hanno condotto per 10 anni al fine di proteggere la loro terra dalla gigante multinazionale Shell Oil.

Fonte: Project Underground

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Spagna

Il 19 novembre 2002, la petroliera Prestige si spaccò in due e affondò al largo della costa spagnola. La nave trasportava 77.000 tonnellate di carburante.

Gli ecologisti temono che la Prestige sia una bomba ad orologeria ambientale a riposo ormai da 27 anni a circa 130 miglia dalla costa spagnola e a 2 miglia sotto la superficie del mare.

Il disastro non solo minaccia la natura e la salute pubblica, ma devasta anche i pescatori locali. E’ improbabile che le compagnie petrolifere se ne assumano la responsabilità.

Fonte: Earthjustice, Project Underground.

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NigeriaDagli anni ‘60, le trivellazioni nel delta del Niger hanno causato centinaia di versamenti di

petrolio all’anno, come anche grosse eruzioni di gas provenienti dalle attività di estrazione. Migliaia di Ogoni e altre popolazioni indigene del delta del Niger sono stati massacrati dall’esercito e dalla polizia nigeriana dopo aver protestato contro la distruzione causata dalle estrazioni petrolifere.

Le compagnie petrolifere come la Shell e la ChevronTexaco sono strettamente collegate col brutale regime del governo. Le compagnie pagano al governo una certa somma per ottenere i diritti di trivellazione, in cambio forniscono all’esercito armi, addestramento e braccia.

Ciononostante, la resistenza è forte. Nel 2002, migliaia di donne delle comunità dello Itsekiri, Ilaje e Ijaw si unirono per chiedere giustizia economica e ambientale. Occuparono le strutture della ChevronTexaco e chiesero di porre fine all’inquinamento, di ottenere il risarcimento economico dei danni, il sostegno per lo sviluppo economico del loro paese e posti di lavoro per i propri figli. Le donne incontrarono una violenta repressione, ma riuscirono a ritardare le attività della ChervronTexaco, arrivando a negoziazioni e concessioni da parte della compagnia.

Fonte: Project Underground

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Afghanistan

Nel nord dell’Afghanistan, sulle coste orientali del mar Caspio, si trovano alcuni dei più ricchi giacimenti naturali di gas e petrolio del mondo.

Nel 1996, un consorzio guidato dall’Unocal avviò delle negoziazioni col governo Talebano per costruire un gasdotto naturale attraverso il paese, ma non riuscirono a raggiungere un accordo.

Abbastanza convenienti per le compagnie petrolifere statunitensi, gli attacchi USA sull’Afghanistan nel 2002 che hanno portato a un cambiamento nella direzione del paese. Il nuovo presidente afgano, Hamid Karzai, un ex consulente dell’Unopal, da allora fa pressioni per ciò che lui chiama il “gasdotto per la pace”.

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Iraq

Questa nazione di 24 milioni di abitanti è seconda al mondo per le sue riserve petrolifere. Chiunque controlli l’accesso alle riserve irachene non solo guadagna enormi profitti, ma possiede anche la chiave per il mondo politico.

L’attuale guerra in Iraq, considerata da molti come una lotta per controllare le vaste riserve petrolifere, costerà ai contribuenti americani un minimo di 75 miliardi di dollari per l’indefinita lunghezza della guerra e della successiva lunga “presenza militare”.

Mentre l’intera infrastruttura civile irachena viene ricostruita, il petrolio – una volta regolato dal governo iracheno – sarà aperto alla proprietà di multinazionali straniere. Il governo statunitense e i leader corporativi stanno già compilando dei piani per realizzare degli utili sulla ricostruzione dell’Iraq, compresa l’idea di lasciare le attività di ricostruzione alle multinazionali “logistiche”, come la Halliburton, la più grande società di servizi petroliferi e di gas del mondo, un tempo diretta dal vicepresidente Dick Cheney.

Fonte: Project Underground

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Kuwait

Sito dell’ultima guerra di Bush contro l’Iraq, questa minuscola nazione ci offre una vaga idea degli orrori ambientali della guerra. Chiazze di petrolio, incendi incontrollati, inquinamento tossico dell’aria e distruzione degli habitat naturali sono il risultato del sabotaggio iracheno e dei bombardamenti americani.

L’inquinamento derivante dalle centinaia di incendi di pozzi petroliferi superava le emissioni giornaliere di tutte le strutture industriali e gli stabilimenti energetici americani messi insieme. Non si è riusciti a estinguere completamente questi incendi prima di otto mesi dalla fine della guerra.

Le bombe FAE (bombe “a vuoto”) – armi convenzionali di distruzione di massa usate nella Guerra del Golfo e in Afghanistan – bruciano grosse quantità di combustibile quando esplodono sui loro bersagli.

Anche le forze armate consumano enormi quantità di carburante nelle loro normali attività – 100.000 galloni al giorno per una singola portaerei. Proprio il petrolio per il quale si combatte alimenta la macchina da guerra, e viene usato anch’esso come arma.

Fonte: Project Underground

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La trivellazione al largo delle coste della California

Le attività di trivellazione al largo della costa producono un flusso continuo di inquinamento; l’industria è stata segnata da versamenti sfrenati ed emanazioni tossiche.

Piombo, cromo e mercurio, insieme a potenti agenti cancerogeni come il toluene, il benzene e lo xilene, circolano nell’oceano. Le attività di trivellazione distruggono anche strati di macrocistidi, scogliere e zone paludose costiere.

Durante gli anni ‘80 e ‘90, le comunità costiere vinsero molte lotte a livello locale per la regolamentazione e la restrizione delle trivellazioni. Nel 1994, la California vietò un nuovo sfruttamento del petrolio al largo della costa. Ma nel 1999, un’agenzia federale rinnovò i contratti di trivellazione a 36 siti precedentemente non trivellati lungo la costa. I funzionari statali e i gruppi ambientalisti la citarono in giudizio e il tribunale decise che il prolungamento della durata dell’affitto era illegale.

Ma l’industria e i loro alleati governativi non hanno rinunciato e la lotta per la trivellazione al largo continua sia a livello rurale che legislativo.

Fonte: Environment California

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Filippine

Nelle Filippine, la popolazione sta cercando modi creativi ed efficaci per proteggere la propria salute dagli inquinatori petroliferi. A Manila, i residenti che vivono vicino a una struttura per l’immagazzinamento del petrolio di una multinazionale hanno formato una “brigata del secchio”. Utilizzando secchi da 5 galloni, essi raccolgono campioni d’aria per documentarne l’inquinamento.

Nelle ex basi militari statunitensi, gli abitanti si sono alleati con la Coalizione filippino-americana per le Soluzioni Ambientali per spingere le forze armate americane a ripulire le ex basi che sono contaminate dai prodotti petrolchimici e altre tossine.

Anche nelle Filippine, come in altri paesi del mondo, la popolazione si sta organizzando per vietare l’incenerimento di prodotti plastici e altri rifiuti. Bruciare la plastica e altri prodotti petroliferi produce inquinanti persistenti come la diossina che ha impatti molto gravi sulla salute delle persone.

La GAIA (Global Alliance for Incinerator Alternatives), un’organizzazione con membri provenienti da 60 paesi del mondo, è stata estremamente attiva nelle Filippine, le quali diventano quest’anno il primo paese ad attuare un divieto su scala nazionale per l’incenerimento dei rifiuti.

Fonte: Filipino American Coalition for Environmental Solutions.

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Kyoto Oilwatch Declaration

La produzione di combustibili fossili ha conseguenze distruttive in ogni sua fase, dall’estrazione all’inquinamento atmosferico. Se vogliamo proteggere la salute pubblica, mantenere la diversità biologica e culturale e stabilizzare il clima globale, dobbiamo liberarci dell’abitudine a utilizzare i combustibili fossili.

Durante le negoziazioni di Kyoto, una coalizione di più di 200 tra le più importanti organizzazioni provenienti da 52 paesi hanno redatto la Oilwatch Declaration, la quale impone un’immediata moratoria su tutte le nuove ricerche di combustibili fossili (vedi http:/www.ran.org/oilreport/kyoto.html).

Fonte: Rainforest Action Network

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Siberia

Nel Khant-Mansy Autonomous District della Siberia occidentale, ogni anno si verificano 1.000 versamenti di petrolio, secondo il Comitato Ecologico Regionale.

Molte famiglie indigene hanno perso l’accesso a pascoli adeguati per accudire le renne, un fondamento del loro benessere economico e culturale.

La situazione in Siberia fa parte della “violazione sistematica da parte dell’industria petrolifera del diritto delle popolazioni indigene a creare il proprio percorso di sviluppo sui propri termini culturali”.

Fonte: Project Underground

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Effetti nocivi della combustione del carbone

La combustione del carbone, come quella di ogni altro composto del carbonio, produce anidride carbonica (CO2), oltre a quantità variabili di anidride solforosa, a seconda del luogo dal quale è stato estratto. L'anidride solforosa reagisce con l'acqua, formando acido solforoso. Se l'anidride solforosa viene rilasciata nell'atmosfera, reagisce con il vapore acqueo ed eventualmente torna sulla terra in forma di pioggia acida.

Le emissioni della combustione di carbone in centrali elettriche rappresentano la più grande fonte artificiale di anidride carbonica, che secondo la maggior parte degli studiosi del clima è causa primaria del riscaldamento globale. Oltre a questo, nelle emissioni degli impianti sono presenti molti altri inquinanti.

Inoltre, queste emissioni sono le principali responsabili delle piogge acide di alcune nazioni. Le centrali elettriche moderne utilizzano varie tecniche per limitare la nocività dei loro scarichi e per aumentare l'efficienza della combustione, anche se queste tecniche non sono utilizzate in molti paesi, visto che gravano sul costo degli impianti.

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Effetti nocivi della combustione del carbone

Il carbone contiene tracce di arsenico e mercurio, che sono pericolosi se rilasciati nell'ambiente.

Il carbone contiene anche tracce di uranio e altri isotopi radioattivi naturali, che rilasciati nell'ambiente possono comportare una contaminazione radioattiva.

Sebbene queste sostanze siano presenti solo in tracce, bruciando grandi volumi di carbone ne vengono rilasciate quantità significative.

Una centrale a carbone, durante il suo funzionamento, se il minerale è contaminato può emettere nell'aria più radioattività di quella che emette una centrale nucleare di pari potenza ma fortunatamente da quando si è osservato il fenomeno la presenza di parti estranee viene controllata.

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Effetti nocivi della combustione del carbone

Il carbone minerale, qualunque sia la sua qualità (litantrace, antracite, lignite, torba) e per quanto vagliato e polverizzato, essendo residuo fossilizzato di materiali lignei e vegetali, contiene sempre, oltre allo zolfo, anche se in differenti dosi, maggiori quantità rispetto ai derivati del petrolio di metalli pesanti (quali nichel, cadmio, piombo, mercurio, cromo e arsenico) e di alogeni, in particolare fluoro, cloro e loro composti.

L'acido solforico e gli altri acidi forti, come quelli cloridrico (HCl), fluoridrico(HF) e nitrico (HNO3) non sono, peraltro, gli unici prodotti indesiderati della combustione che, se perfetta, dovrebbe generare solo acqua sotto forma di vapore e anidride carbonica (o biossido di carbonio – CO2). È infatti ben noto che un'ossidazione incompleta (e a maggior ragione lo sarebbe con un combustibile allo stato solido anziché liquido o gassoso) produce anche ossidi di azoto (NOx) e monossido di carbonio (CO).

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Pericolosità delle miniere

L'estrazione del carbone, storicamente, è stata un'attività estremamente pericolosa.

La legislazione in materia di sicurezza sul lavoro è stata ovunque a lungo assai carente in campo minerario.

Fu proprio nelle miniere di carbone che avvennero i più gravi incidenti minerari negli Stati Uniti d'America (Monongah, West Virginia, 6 dicembre 1907, 362 vittime) e in Europa (Courrières, Francia, 10 marzo 1907, 1099 morti).

I rischi nelle miniere a cielo aperto sono principalmente l'insufficienza nelle pendenze, i crolli sotterranei dei tetti della miniera e le esplosioni di gas. La maggior parte di questi rischi possono essere ampiamente ridotti nelle miniere moderne e i molteplici incidenti fatali sono adesso rari nel mondo sviluppato.

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Pericolosità delle miniere

I miglioramenti nei metodi estrattivi (per esempio estrazioni lungo il muro), drenaggio del gas, lampade di sicurezza e l'aerazione hanno ridotto molti di questi rischi. Nei paesi meno sviluppati, comunque, muoiono ancora migliaia di minatori all’anno.

La Cina particolarmente è il leader mondiale nelle morti collegate all'estrazione del carbone, con stime ufficiali di circa 5.000-6000 morti nel 2004. La Cina è inoltre il leader mondiale nella produzione di carbone e nel suo consumo.

Le malattie croniche ai polmoni, come la pneumoconiosi sono comuni ai minatori, causando un'aspettativa di vita ridotta per gli occupati.

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Kingston – Tennessee (USA)

La centrale a carbone di Kingston – Tennessee (USA), ha provocato un disastro ambientale a fine dicembre 2008.

A causa delle forti piogge, una diga di contenimento ha ceduto e oltre 4 millioni di m³ di fanghi tossici (è un misto di cenere e acqua che in inglese è detto sludge o slurry) sono fuoriusciti contaminando oltre 120 ettari di terreno e provocando danni più o meno rilevanti ad una quarantina di abitazioni.

4 milioni di m³ equivalgono al contenuto di 2000 piscine olimpioniche (50x25x1,6) e sono 100 volte la perdita di greggio della Exxon Valdez; si tratta di un volume superiore alle macerie di Ground Zero.

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Kingston – Tennessee (USA)

La Tennesse Valley Authority, da cui dipende la centrale, hanno sostenuto per alcuni giorni che questi fanghi non erano tossici.

Il New York Times ha però voluto vederci più chiaro, scoprendo che i prodotti generati ogni anno dalla centrale contengono:

20 t di arsenico, 22 t di piombo, 41 t di cromo, 64 t di manganese, e ben 635 t di bario,metalli che possono causare cancro, danni al fegato,

complicazioni neurologiche e diverse altre malattie.

Page 29: Fonti energetiche non rinnovabili Impatto ambientale

India - regione del Punjabi

Gli operatori sanitari nelle città della regione del Punjabi di Bathinda e Faridkot hanno constatato un forte aumento del numero di difetti congeniti, anomalie fisiche e mentali, e tumori. Sospettavano che i bambini venissero lentamente avvelenati.

Ma fu solo quando arrivò uno scienziato, in visita organizzata per raccogliere campioni da analizzare presso un laboratorio tedesco, che la vera natura della situazione è diventata chiara. I risultati sono stati inequivocabili. I bambini presentavano livelli di massa di uranio nei loro corpi, in un caso più di 60 volte rispetto al limite massimo di sicurezza. Causa di questo disastro l’esposizione ai radionuclidi presenti nelle scorie di una centrale elettrica a carbone presente nella zona che, evidentemente, utilizzava carbone ricco di uranio.

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Inquinamento da metano

Il metano è un gas serra presente in atmosfera in concentrazioni molto inferiori a quelle della CO2 ma con un potenziale di riscaldamento globale ben 23 volte superiore.

La sua concentrazione in atmosfera è aumentata da 700 ppb (parti per miliardo) nel periodo 1000-1750 a 1.750 ppb nel 2000, con un incremento del 150%. Il metano è responsabile del 20% dell'incremento dell'effetto serra.

Il metano è il risultato della decomposizione di alcune sostanze organiche in assenza di ossigeno. È quindi classificato anche come biogas.

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Inquinamento da metano

Le principali fonti di emissione di metano nell'atmosfera sono:

decomposizione di rifiuti solidi urbani nelle discariche fonti naturali (paludi): 23% estrazione da combustibili fossili: 20% processo di digestione degli animali (bestiame): 17% batteri trovati nelle risaie: 12% riscaldamento o digestione anaerobica delle biomasse.

Dal 60% all'80% delle emissioni mondiali è di origine umana. Esse derivano principalmente da miniere di carbone, discariche, attività petrolifere e gasdotti e agricoltura.

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Inquinamento radioattivo

L'inquinamento radioattivo può avere diverse origini : industriale : gli impianti nucleari sono autorizzati a rigettare

nell'ambiente delle materie radioattive in quantità stabilita dalle autorità competenti. Estrazione dell'uranio, riprocessamento e stoccaggio delle scorie radioattive ed il decommissioning (disattivazione - smantellamento – isolamento) delle centrali in disuso, generano anche loro un inquinamento radioattivo.

militare: esperimenti delle bombe atomiche ma anche relitti di carri armati abbandonati nel deserto dopo esser stati distrutti con granate ad uranio impoverito.

accidentale: malfunzionamenti e incidenti di impianti nucleari (il più famoso rimane quello di Cernobyl), fuoriuscita delle scorie da una discarica, rischio d'incidente durante il trasporto delle scorie radioattive.

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Gestione dei rifiuti radioattivi

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Gestione dei rifiuti radioattivi

Il combustibile nucleare esaurito di un reattore “medio” da 1GW elettrici produce ogni anno circa 30T di metalli pesanti, che variano a seconda dell’arricchimento del combustibile.

Riguardo alle quantità prodotte a livello mondiale, si calcola che attualmente nel mondo ci siano più di 250.000 T di rifiuti altamente radioattivi in attesa di essere sistemati in siti di stoccaggio.

Nel 2015, secondo i dati Aiea, saranno prodotte 400.000 T, mentre intorno al 2050 l’accumulo ammonterà a 1.000.000 T.

Il problema dello stoccaggio di questi materiali pone due problematiche:

1. l’individuazione di siti geologicamente stabili adatti allo smaltimento

2. I costi elevatissimi richiesti (dell’ordine delle decine se non centinaia di miliardi di dollari)

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Inquinamento radioattivoStima delle vittime

Da 50 anni, l'attività umana ha portato una contaminazione radioattiva sull'insieme del pianeta. È principalmente dovuta alle ricadute degli esperimenti atomici e dei disastri nucleari. Secondo il CERI (Comitato Europeo sul Rischio radioattivo) 61 milioni di morti possono essere imputati a questa contaminazione. Sarebbe responsabile di gran parte dei cancri « inspiegati », il cui numero non ha smesso di aumentare fin dagli anni '60. Molto inferiori le stime del CIPR (Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica).

Numero di vittime dovute all'esposizione alla radioattività artificiale

Estimazioni secondo CIPR CERI

Totale morti di cancri 1,2 milioni 61 milioni

Totale cancri non mortali 2,3 milioni 123 milioni

Mortalità infantileNon presa in

conto 1,6 milioni

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50 anni di disastri nucleari

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50 anni di disastri nucleari

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50 anni di disastri nucleari

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Le energie fossili ricevono dai Governi sussidi più alti delle rinnovabili

Nel 2007 l’UNFCCC, la Conferenza Onu che si occupa dei cambiamenti climatici, ha calcolato che ogni anno carbone, gas e petrolio ottengono in tutto il mondo sussidi pubblici per un totale di 200 miliardi di dollari, pari al 64% della spesa pubblica globale destinata all’energia.

Le rinnovabili invece. sempre a livello globale, ricevono appena 10 miliardi di dollari, pari al 3,2% della spesa pubblica per l’energia.

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Le energie fossili ricevono dai Governi sussidi più alti delle rinnovabili

Fra il 2002 e il 2008 il Governo federale USA ha foraggiato i combustibili fossili – il cui uso provoca l’emissione nell’atmosfera dell’anidride carbonica, il principale gas dell’effetto serra – con la bellezza di 72 miliardi di dollari.

Alle rinnovabili sono andati solo 29 miliardi di dollari, di cui 16,8 destinati alla produzione di biocarburante ricavato dal mais, che svuota le pentole per nutrire i serbatoi delle auto e che – se si tiene conto dell’intero ciclo produttivo – provoca emissioni di anidride carbonica analoghe a quelle dei combustibili fossili.

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Le energie fossili ricevono dai Governi sussidi più alti delle rinnovabili

Fra il 2000 e il 2007 lo Stato italiano ha sostenuto almeno quattro progetti per l’estrazione di petrolio, spendendo a favore delle compagnie petrolifere una cifra pari a 1,77 miliardi di dollari.

Altri soldi pubblici sono andati al nucleare. Per lo smantellamento delle centrali nucleari chiuse in seguito al referendum degli Anni 80, sono stati prelevati dalle tasche dei contribuenti, attraverso le bollette dell’energia elettrica, 2,5 miliardi di euro nel periodo 1987-2006. Ma è stato calcolato che per chiudere la faccenda serviranno altri 3,5 miliardi nei prossimi vent’anni.

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Le energie fossili ricevono dai Governi sussidi più alti delle rinnovabili

E le rinnovabili? Nel 2006, sempre in Italia, hanno ricevuto 5,2 miliardi di euro. Purtroppo, quasi l’80% riguarda i finanziamenti pubblici agli inceneritori (prelevati anch’essi dalle tasche dei contribuenti attraverso la bolletta dell’elettricità).

La legislazione italiana ha bizzarramente assimilato gli inceneritori alle fonti rinnovabili di energia.

Nel solo 2006, gli inceneritori hanno ricevuto 4 miliardi dei nostri euro.

Le vere energie rinnovabili - solare, eolica – hanno ricevuto appena 1,2 miliardi di euro.