gdnovembre13

12
Novembre 2013 G&d Gabiano e dintorni Il periodico dal Nost Munfrà Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande (foto Enzo Gino) (foto Enzo Gino) (foto Enzo Gino) (foto Enzo Gino)

Upload: nost-munfra

Post on 19-Mar-2016

212 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

- Intervista al sindaco di Coniolo - Monferrato patria delle chiese - Arcieri in Monferrato - Agnulot Munfrin - Biodiversità Monferrina

TRANSCRIPT

Novembre 2013

G&d G

abia

no e

din

torn

i Il periodico dal Nost Munfrà

Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande Torre San Quirico nel comune di Odalengo Grande (foto Enzo Gino)(foto Enzo Gino)(foto Enzo Gino)(foto Enzo Gino)

2

Intervistiamo su questo numero novembrino di G&d un sindaco di “lungo corso” come si diceva un tempo, un personaggio con oltre 25 anni di amministrazione alle spalle e che ha avuto modo di col-laborare per anni con un noto esponente politico come Riccardo Triglia di cui è stato vicesindaco per molti anni. Una lunga intervista che nella se-conda parte si collega alle nostre analisi sul territorio scritte nello scorso numero di ottobre G&d, confortandole. Ma prima di passare alla intervista proponiamo un gioco ai nostri let-tori, faremo loro una domanda a cui ciascuno può immaginare di dare una risposta per veder poi che risposta ha saputo dare il sindaco Spinoglio. La domanda è: Se foste sindaco di un paese del Monferrato (notoriamente in crisi di natalità), con meno di 500 abitanti, senza un centro storico, senza una scuo-la, a due passi da una città come

Intervista al Sindaco di Coniolo Casale che grazie a servizi e diver-timenti esercita la sua “attrazione fatale”, riuscireste voi a far cresce-re il vostro comune? Pensateci e poi leggete e vedrete la risposta del sindaco. Giovanni Spinoglio, Casalese, classe 1958 di professio-ne Geometra. Sindaco da due legi-slature, ma prima vicesindaco; con il primo mandato è stato anche nominato Presidente del Consorzio di bacino per la raccolta Rifiuti e in questa veste ha proposto ai sindaci aderenti al Consorzio di cambiare le modalità di raccolta dei rifiuti, passando alla differenziata, cam-biando così le abitudini ai 75.000 abitanti del Monferrato, cosa non certo facile ma che oggi, con oltre il 60% di differenziato sta produ-cendo i suoi benefici effetti. Come sindaco, ci dice che questo sarà l’ultimo mandato che ormai sta volgendo al termine. Così l’intervi-sta diventa l’occasione per una sorta di disamina delle tante cose fatte in questi anni. E di cose ne

Geom. Spinoglio Giovanni Nato a

Casale Monferrato, classe 1958

Un momento della Manifestazione Riso e Rose

3

sono state fatte molte. “Si è cercato di valorizzare le pecu-liarità del territorio sia dal punto di vista culturale che sportivo” per cui tre anni fa il sindaco si è inventato la discesa sul Po in easy-rafting, ritenendo che il grande fiume non fosse sufficientemente valorizzato, “ed il suo panorama meritasse in-vece di esser particolarmente evi-denziato anche ai tanti che non si rendevano conto di quello che ave-vano proprio sotto gli occhi”. “Ma è stato anche realizzato il Mu-seo etnografico che sta avendo un buon successo con parecchie visite, è stato poi realizzato il centro spor-tivo polifunzionale”. Tutto questo evidenzia, grazie anche alla colla-borazione dei colleghi amministra-tori. “A Coniolo, vivono oggi circa 460 abitanti, il suo territorio confi-na con quello di Casale Monferrato, sotto l’aspetto dei collegamenti è facilmente raggiungibile dalle varie autostrade la cui uscita dista a po-chi chilometri dall’abitato. Territo-rialmente Coniolo è diviso in due parti sostanzialmente di uguale estensione, ma orograficamente diverse. Il Po infatti taglia in due il territorio lasciando in sponda de-stra la parte collinare dove sorge l’abitato e in sponda sinistra la pia-nura con una grande e importante zona industriale. Importante non solo per il comune ma punto di riferimento dell’intero territorio Monferrino. Recentemente infatti una delle più grandi industrie che storicamente sono qui insediate e che fa capo alla famiglia Bonzano, da cui pren-de il nome l’azienda che opera nel campo del legno, ha fatto un inve-stimento di circa 40 milioni di € per rinnovare completamente le sue linee di produzione, inventando sostanzialmente un pannello nuovo l’I-pan (Italian panel) per l’edilizia, la cantieristica, la nautica e per il settore del mobile. Con la sua pro-duzione di 160.000 mc di pannelli annui, a pieno regime di produzio-ne l’azienda arriverebbe ad assorbi-re il 75% dei pioppi prodotti in Pie-monte; dimensioni e numeri vera-mente importanti”. Quindi anche sotto il profilo dell’oc-

cupazione il sindaco si dice orgo-glioso di questa presenza che, co-me amministrazione, ha sempre cercato di agevolare favorendo lo sviluppo delle sue attività. “Ma Coniolo non è solo legno, ac-canto a questo settore si è svilup-pata anche una industria delle meccanica di precisione rappresen-tata dalla SandenVendo Europe che è stata recentemente acquista dai Giapponesi, che produce una gran-de varietà di distributori automatici per bevande, snacks e gelati confe-zionati, oltre a sofisticati sistemi di vetrine a temperatura positiva, di diverse capienze e dimensioni”. Tornando all’abitato Spinoglio rac-conta l’impegno della sua ammini-strazione che da 13 anni ha fatto il necessario “per curarlo moltissimo nel suo aspetto, nella sua acco-glienza. Abbiamo immaginato che per poterlo rendere interessante per le famiglie giovani doveva ave-re delle attrattive e delle peculiari-tà. Si è quindi approfittato della manifestazione di Riso e Rose. Sia-mo stati fra le amministrazioni che hanno accolto e sviluppato con maggiore entusiasmo questo pro-getto che era stato portato avanti dal Consorzio MonDo su tutto il territorio, anzi crediamo col passa-re degli anni di esser diventati uno dei fiori all’occhiello della manife-stazione.” E continua: “Iniziando dalle rose e dai fiori, non si è solo fatto una manifestazione che è diventata un momento im-portante nel week-end di maggio con centinaia di espositori di fiori, ma abbiamo indotto negli abitanti del paese l’idea che abbellire il pro-prio giardino con la cura dei fiori, poteva esser una cosa utile per rendere grazioso il comune dove si abita. Così negli ultimi anni abbia-mo visto insediarsi sul nostro terri-torio circa 120-130 persone nuove, su 460 abitanti in tutto! tutti giova-ni con famiglia che hanno abbassa-to notevolmente l’età media dei residenti.” “Abbiamo cercato di mantenere alta l’attenzione alle nuove fami-glie, anche se a Coniolo non ci so-no scuole, ma facendo parte dell’Unione dei comuni con Cami-

no, Pontestura e Solonghello ci si è potuti avvalere delle strutture sco-lastiche presenti a Pontestura gra-zie a un flessibile servizio di scuola-bus”. Ma Coniolo ha uno svantaggio ri-spetto a tutti gli altri comuni Mon-ferrini: non dispone di un centro storico. Che fare?: “Ci si è detto che sarebbe stato interessante rac-contare la storia di questo paese che non esiste più; da qui l’idea di realizzare un museo etnografico all’interno del quale si può capire com’era Coniolo 100 anni fa nel suo paese storico, poi, attraverso una serie di racconti che incuriosi-scono il visitatore, si ha modo di capire la storia assolutamente uni-ca e particolare del paese, che crol-lò per effetto di escavazioni non controllate da parte di un imprendi-tore non rispettoso delle regole e del territorio”. “Con questa iniziativa abbiamo creato una sorta di pensiero e di idea da trasmettere ai visitatori sulla necessità di mantenere sem-pre alta l’attenzione verso la natu-ra, l’ambiente, il territorio ed il ri-spetto alle regole che sono indi-spensabili per una vita civile ed una economia sostenibile”. “Il territorio è stato valorizzato sfruttando anche la sua posizione strategica creando un Belvedere vicino alla chiesa, che ha la partico-larità di affacciarsi sulla pianura Padana verso nord, quindi sul ver-cellese principalmente, ma in realtà grazie alla ampia visuale dell’arco alpino che va oltre i 180° sono visi-bili le montagne dal massiccio della Cristalliera a ovest fino ad arrivare addirittura verso il Trentino, visibile quando le giornate sono nitide. Il belvedere è stato corredato di un

Riccardo Triglia

Senatore dal 1979 al 1994, presidente dell’Associazione nazionale dei comuni ita-liani dal 1982 al 1992, Sindaco di Coniolo (AL) dal 1982 al 2004, Presidente dell’As-sociazione Comuni del Monferrato, presi-dente dell’International Union of Local Au-tothorities (Iula) dal 1991 al 1995. Ha rico-perto numerosi incarichi del suo lungo per-corso: nella Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, come Membro dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, e come Sottosegretario di Stato per le finanze.

4

no pensato che l’agricoltura poteva esser lasciata come seconda attivi-tà, assumendo come attività princi-pale quella dell’operaio all’interno di queste industrie. Tutto ha fun-zionato bene sin tanto che le indu-strie hanno lavorato, garantendo la possibilità di una occupazione. In questi ultimi anni queste industrie, prima quella del cemento e ultima-mente anche quella della meccani-ca hanno trovato soluzioni diverse. I cementifici dagli anni ’60 in poi per la nuova normativa sulla sicu-rezza del lavoro in miniera, hanno ritenuto non più conveniente sca-vare sotto le nostre colline e sono andati altrove, dove si poteva estrarre la materia prima con cave a cielo aperto e l’industria meccani-ca non ha retto la competizione con le industrie meccaniche di altre parti del mondo”. “Così le persone che lavoravano in queste industrie e che avevano relegato l’attività agricola come secondo lavoro si sono trovate spiazzate non avendo sviluppato adeguatamente negli anni il settore agricolo”. Che fare quindi da ades-so in poi? “Dovranno essere svi-luppate attività caratterizzate da bassa presenza di mano d’opera. La globalizzazione alla quale stiamo assistendo e che era ineluttabile, ci mette in competizione con altri ter-ritori del mondo che producono le stesse cose che noi facciamo ad un decimo del co-sto. Quindi vo-lendo continuare con attività fon-date sulla inten-sa presenza di m a n o d o p e r a , saremmo per-denti. Ritengo che una econo-mia locale vin-cente debba orientarsi verso attività legate al territorio: attività agro-industriali e agro-alimentari, attività che sap-piano valorizzare quelli che sono i prodotti di que-

sto territorio che tra l’altro sono prodotti d’eccellenza”. “Se torniamo quindi all’esempio citato della nostra industria che ha fatto un grande investimento sul pannello di legno, diventa impor-tante capire che a monte di questa industria dovrebbero svilupparsi una serie di attività agricole legate alla coltivazione del pioppo che con produzioni a km0 diventino conve-nienti sia per il produttore locale, che per ridurre i costi del trasporto e il relativo inquinamento. A monte dell’industria quindi si dovrebbe sviluppare un settore agro-forestale che coinvolga produttori, associa-zioni di categoria, istituzioni con tutti coloro che hanno interessi nel settore”. Non solo: “bisognerebbe trovare anche una soluzione per valorizzare a valle la possibilità di produrre prodotti finiti sul luogo, utilizzando questi semilavorati co-me l’I-pan. In tal senso sarebbero opportune una serie di iniziative di comunicazione, anche utilizzando le strutture scolastiche presenti nel territorio ed a Casale, che favori-scano la creazione di una filiera sostanzialmente nuova che potreb-be creare un indotto assai interes-sante”. “Nel settore agro-alimentare biso-gna guardare agli esempi validi che già ci sono sul territorio; penso alle industrie che già trasformano in maniera conveniente ciò che viene

diorama che consente all’osservato-re di capire dove si trova rispetto alle località più importanti visibili”. Inoltre sempre con l’intento di valo-rizzazione il territorio aoltre al già citato l’easy rafting che unendo colline e fiume, affianca i percorsi che vengono utilizzati dai cicloturi-sti, siamo stati fra gli animatori dell’associazione - Il Cemento - che vuole evidenziare le radici sto-riche e industriali del territorio. E’ stato così realizzato un museo all’a-perto attraverso un percorso che va dal Comune di Coniolo a quello di Ozzano lungo il quale si possono visitare tutte quelle che sono le preesistenze dell’epoca, oggi ar-cheologia industriale, costituite dal-le infrastrutture e dalle miniere pre-senti sulle nostre colline che furono realizzate per estrarre la Marna per il cemento”.

C hiediamo al sindaco Spi-noglio quali prospettive vede o immagina possano esserci per il nostro territo-

rio? Ci dice: “In anni di amministra-tore ho avuto modo di fare molte riflessioni in merito, non solo come amministratore ma anche come tecnico del territorio visto che svol-go l’attività di geometra. Mi son chiesto come mai da diversi anni è in atto nel territorio una crisi che ultimamente è diventata di caratte-re nazionale. L’idea che mi son fat-to è che da noi si è acuita, rispetto ad altri territori, probabilmente per-ché noi siamo sostanzialmente finiti in una crisi di identità…” che così ci spiega: “fino alla fine dell’ottocento il nostro Monferrato come altri ter-ritori del Piemonte: astigiano, albe-se, e simili, erano sorretti da una vocazione prettamente agricola. L’opportunità creata dalla presenza della Marna nel sottosuolo delle nostre colline, ha cominciato a far nascere delle industrie del cemen-to, tant’è che Casale Monferrato, a noi vicina, è diventata la capitale del cemento e lo è stata per parec-chi anni. Accanto a questa industria è nata poi una industria meccanica con relativo indotto”. “E’ successo quindi che la maggior parte degli abitanti delle nostre colline negli anni ’30, ’40, ’50 han-

5

coltivato sulle nostre colline. Il rife-rimento è alle distillerie assai im-portanti e soprattutto già attive da tempo ed alle piccole aziende, an-che familiari, che hanno iniziato a trasformare i prodotti della terra per dargli un valore aggiunto at-traverso lavorazione, confeziona-mento, etichettatura, valorizzando così anche l’immagine e il territorio di produzione, per esser inviati in tutte le parti del mondo”. Ancora: “Esiste poi un altro filone nel cam-po della valorizzazione agro-alimentare in cui è presente una azienda che occupa più di 150 ad-detti di Borgo San Martino che ora si è spostata a Casale: non fa altro che selezionare, confezionare pro-durre cibi più o meno pronti, per poterli mandare nei supermercati di tutta Italia”. Ma non basta: “Sono attività che devono camminare di pari passo con quello che è lo svi-luppo turistico del nostro territorio. Se si mandando in giro per il mon-do dei prodotti di ottima qualità dobbiamo anche comunicare: - guardate che questi prodotti sono prodotti nel Monferrato e quindi vi invitiamo non solo a consumarli a casa vostra, ma anche a venire a visitare i luoghi di coltivazione e produzione, così capirete dove e come questi prodotti vengono colti-vati e confezionati –. Si può così rinforzare un altro indotto che è quello del turismo che non sarà mai quello di massa, per capirci simile a quello delle riviere marine, ma sarà sicuramente un turismo di nicchia, di persone che vanno alla ricerca di territori incontaminati, con prodotti di qualità, ambienti particolarmente curati e possibil-mente a costi contenuti”. “Così le persone che visitano i nostri paesi anche per pochi giorni possono godere di quelle che sono le offerte le attrazioni di carattere sportivo, culturale, enogastronomico e ma-gari quando tornano a casa si por-tano la confezione di vino o di mar-mellate o altro ancora”. “E’ l’unica direzione possibile fin tanto che i sistemi di produzione mondiali or-ganizzati sui bassi costi della mano-dopera non cambieranno, ma ci vorrà probabilmente molto tempo”.

Il sindaco è però ottimista perché, guardando la storia dei Piemontesi e dei Monferrini ricorda che sino dalla fine dell’800, cita gli esempi presenti all’expo mondiale che si tenne a Torino nel 1911, sa che “toccando le leve giuste presenti nei geni delle nostre genti si riu-scirà a trovare il filone della fanta-sie e dell’inventiva che serve spes-so solo per aprire gli occhi e farci vedere le cose che stanno davanti a noi ma che non siamo più abitua-ti a vedere”. Infine una critica “Uno dei limiti del nostro territorio è la mancanza di una regia: la provincia è sempre stata un tavolo un po’ lontano, dove il Monferrato Casalese vale sì e no il 20% di tutto il territorio e pur avendo un ruolo, non è mai stato incisivo. Casale ha pagato lo scotto di essere stata, storicamen-te fino all’Unità, la seconda città del Piemonte e poi, nel momento in cui si è deciso che l’interesse militare non era più preminente, Casale pur importante come città industriale, dal punto di vista politi-co ha continuato a perdere valore. Fino a qualche anno fa, in assenza dei problemi indotti dalla crisi ge-nerale, Casale da sola era il punto di riferimento del territorio: perché c’era il tribunale, la Diocesi, perché aveva questo retaggio storico che portava tutti verso il mercato di Casale a fare gli affari e quindi la città riusciva anche a costituire questo momento aggregativo dal punto di vista politico. Oggi la città ha dei problemi che rendono diffi-cile assumere il ruolo di guida per il territorio. Questo ruolo va co-munque in qualche modo svolto ed è quindi assolutamente indispensa-bile che ci sia un tavolo di regia di queste comunità. Non solo dei comuni ma delle stesse Unioni dei Co-muni che si sono formate alla luce della nuova nor-mativa. Paradossalmente se andranno, come sem-bra, a scomparire le pro-vince, bisogna capire se questo non sia una condi-zione da prendere al volo, proprio perché un tavolo di

regia di un territorio più piccolo rispetto alla provincia, potrebbe paradossalmente far riprendere quota ai nostri territori per diventa-re soggetto di riferimento e di con-fronto rispetto alla Regione; un Comune da solo o anche una Unio-ne da sola non avrebbero molta voce in capitolo”. Dopo questa panoramica ad ampio raggio sulle questioni sociali chie-diamo quale sarà il futuro del sin-daco Spinoglio alla scadenza del secondo e ultimo mandato ammini-strativo. Ci risponde che “è stato estremamente contento di aver avuto l’opportunità di fare una esperienza notevolissima e certa-mente per lui di grande arricchi-mento, facendo l’amministratore tutti questi anni ed anche dedican-dosi alle questioni ambientali per 5 anni come presidente del Consor-zio per la raccolta dei rifiuti. Le cose utili sono state seminate, grazie anche all’aiuto dei collabora-tori; si è divertito ed anche stanca-to parecchio distogliendo tempo alla famiglia che adesso lo recla-ma”. Ma ci confessa che “In verità sono impegnato su parecchi altri settori, anche nella sua categoria professionale essendo rappresen-tante dei geometri del Piemonte in una commissione legislativa a Ro-ma che dovrebbe disegnare il fu-turo della categoria e che richiede notevole impegno”. L’impegno continua quindi anche se per altre strade. In verità chi è abituato a dedicare tempo nelle attività sociali, sa benissimo che quell’impegno diventa una specie di vizio che difficilmente si perde. Anche noi di G&d, nel nostro picco-lo, questo vizio ce lo portiamo die-tro da una vita, ma ci piace così…

Andamento demografico di Coniolo

6

Monferrato patria delle chiese

Probabilmente il Monferrato è il territorio più ricco di chiese del Piemonte e forse d’Italia (che si-gnificherebbe poi del mondo). Lo abbiamo scoperto viaggiando su un altro territorio diverso da quello costituito dalla terra con ciò che sopra o sotto di essa si trova; un territorio virtuale che più che un terreno sembra un oceano, infatti si suol dire che in esso non si viag-gia ma si naviga. Stiamo parlando del solito World Wide Web da cui l’acronimo www che sta davanti ad ogni sito virtuale della rete internet caratterizzandolo rispetto a tutti gli altri siti “reali”, per capirci quelli dove si cercano i tartufi o si co-struiscano le case. www che tradotto assume un si-gnificato un po’ inquietante: Gran-de ragnatela mondiale. Ebbene mentre come minuscoli ragnetti, comodamente seduti sul divano di casa si navigava nella grande ragnatela, abbiamo trovato un sito dell’associazione casalese

artestoria, proprio bello, lo citiamo: www.artestoria.net In esso vi è una raccolta completa di tutte le chiese e chiesette nei vari paesi del Nostro Monferrato. Così scopriamo che a Gabiano abbiamo ben 12 edifici sacri più o meno grandi, altrettanti a Cami-no, 11 in quel di Cerrina, 4 a Serra-lunga di Crea, Odalengo Grande ben 15, solo (si fa per dire) 4 a Oda-lengo Piccolo. E sono solo alcuni esempi. Abbiamo così deciso di scri-vere per qualche edizione del nostro giornale di queste

vere e proprie opere d’arte con secoli di storia, talvolta sconosciute persino agli abitanti del comune dove sorgono. Partiremo da un Comune di cui abbiamo scritto poco sui numeri passati del nostro mensile: Odalen-go Grande che a dispetto del nome è uno dei tanti piccoli comuni (527 abitanti) dal Nost Munfrà. Cominciamo dalla parrocchia che assume il nome di S. Quirico, la quale dalla diocesi di Vercelli passò alla diocesi di Casale nel 1474. La funzione di parrocchiale è attribuita a quattro chiese, corrispondenti alle quattro ex parrocchie. S. Vittore: ad Odalengo Grande, non lontano dal castello è una di queste. La chiesa primitiva si trovava verosi-milmente presso l’attuale cimitero (dove è tuttora presente una cap-pella dedicata a S. Vittore); fu elen-cata negli estimi della diocesi di Vercelli, pieve di Gabiano, senza titolo nel 1299 e col titolo di S. Vit-tore dal 1348. Nei primi anni del sec. XVIII la parrocchiale, definita antichissima, era addossata al ca-stello, sul lato sud-occidentale. L’attuale edificio venne costruito nello stesso sito per volontà del marchese Luigi Gozzani, previa de-molizione nell’inverno 1784-85 della chiesa antica che era pericolante; il 14 aprile del 1785 fu benedetta la prima pietra. La struttura architet-tonica fu conclusa l’anno successi-vo; gli arredi interni vennero com-pletati nel 1789. Si è ipotizzato l’in-tervento del Magnocavalli per ana-logie con la facciata della parroc-chiale di S. Germano (a sua volta però difficilmente riconducibile al Magnocavalli stesso), o un progetto del vicentino Ottavio Bertotti Sca-mozzi, che negli stessi anni stava ristrutturando il palazzo casalese di Giacomo e Luigi Gozzani, per le insistite formule decorative derivate dalle architetture del veneto Palla-dio (imitato oltreoceano da i co-struttori della Casa Bianca sede del presidente degli USA). Un altare fu

Campanile della chiesa comune di Odalengo Grande

Odalengo Grande uno dei comuni più ricchi di architetture sacre delle nostre colline

7

dedicato a S. Defendente, compa-trono dal 1728. Un fulmine dan-neggiò il tetto nel 1955. La costru-zione, divenuta pericolante per cedimento del terreno con apertura di grandi crepe nel coro, è stata rinforzata nelle fondazioni e re-staurata all’interno negli anni 2003-05; gli intonaci sono stati ripristi-nati da Carlo Genevro. La bianca e imponente facciata anticipa la fred-dezza dell’architettura neoclassica ed è decorata con stucchi molto ricercati riprendendo motivi del palladio tramite l’uso dell’ordine gigante di quattro colonne corinzie. Al centro del fastigio triangolare vi è lo stemma dei Gozzani; lungo la trabeazione (travatura) si legge l’iscrizione: «Marchio Aloysius Go-zani anno MDCCLXXXVI». La pianta dell’edificio è a croce greca, con presbiterio all’incirca quadrato ed abside semicircolare; il transetto è formato da due absidi velate da un colonnato corinzio (coretti); sulla crociera si eleva una grande cupola a base circolare. La primitiva chiesa di S. Grato era verosimilmente situata in corri-spondenza dell’incrocio stradale che precede l’abitato, dove è ricor-data da una bella croce marmorea con testa di Cristo scolpita, colloca-ta nel 1949. Nel 1734 la zona era infestata dai malandrini che aveva-no il covo nella piccola torre della vecchia e diroccata chiesa di S. Grato, tanto che le autorità riten-nero necessaria la sua demolizione. La prima pietra dell’attuale chiesa fu posata nel 1736, l’edificio fu benedetto nel 1739. In facciata è incassata una lapide a ricordo del primo pievano di Vallestura morto nel 1784 («DOM | hic iacet | pri-mus | Vallisturie | pleb(anus) … | obiit anno | 1784 | 14 8»). Anche il campanile è elegante. Nel 1987 furono rubati quattro angioletti lignei dai due confessionali, una statua della Madonna ed un qua-dro con S. Giovanni Battista, en-trambi del sec. XVIII; sotto la tela rubata tornò alla luce, entro una nicchia dimenticata, un’altra statua lignea della Madonna, meno pre-giata, anch’essa del sec. XVIII. S. Antonio Abate: a Sant’Antonio

della Serra, frazione sul Bricco (dial. Sant’Antòni). Fu costruita agli inizi del sec. XVIII (o nel 1819) come chiesa parrocchiale in sostitu-zione dell’altra, sita nei pressi del cimitero. S. Sebastiano: a Cicengo (dial. Sisèng. Ocesingum (?), 1070. Fu eretta a parrocchia attorno al 1632-52. Nel campanile è murata un’epigrafe di terracotta che ricorda l’amplia-mento della chiesa realizzato nel 1667 col concorso della popolazio-ne; la costruzione era completata nel 1670. In seguito l’edificio fu ulteriormente ampliato da una a tre navate. Nella notte del 15/12/1998 furono rubati una ventina di candelieri, alcuni ex voto e ante di un mobile della sacrestia. S. Vittore: nei pressi del cimitero di Odalengo Grande. Fu verosimil-mente la prima parrocchiale di Odalengo Grande, il cui abitato si spostò a sud-est nell’attuale posi-zione in un secondo tempo. Fu elencata nelle decime della diocesi di Vercelli, pieve di Gabiano, senza titolo nel 1299, col titolo di S. Vitto-re nel 1348. L’attuale costruzione risale al sec. XVIII. Serve solo per le funzioni dei Santi; è in buono stato. S. Quirico: a lato della strada della Valcerrina, tra Vallestura e Pozzo. Cappella in stile eclettico, costruita alla fine del sec. XIX (o nel 1926) a fianco del campanile, detto Torre di S. Quirico (dial. San Quìlic) (vedi foto di copertina), che è l’unico resto dell’antica chiesa, censita nella pieve di Castrum Tur-ris col solo titolo nel 1299 e dal 1348 con la specificazione «de Val-le sturia», esistente ancora nel 1637. Qui sorgeva l’Odalengo di-strutto o della valle (Odolengum destructum o de rocatum, Odolen-gum de Valle). Nel 1877 il campa-nile era isolato e in pericolo di tota-le rovina. Nel 1911 venne elencato tra gli edifici monumentali naziona-li. Restauri negli anni '50 del Nove-cento. Nel 1985 alla base del cam-panile furono effettuati scavi di sondaggio, bloccati dalla Soprinten-denza. Nel 1995 venne rifatto il tetto. Al 2003 risale l'impianto di illuminazione. La chiesetta venne

restaurata nel 2006, anno in cui si provvide anche una nuova Via Cru-cis. Il campanile ha base rettango-lare (lati di m 3 e 4.05) ed è diviso in quattro piani da cornici. Lesene angolari sono presenti ai primi due piani, mentre mancano ai livelli superiori, dove si nota una rastre-mazione del fusto. Il primo piano è costruito in conci di pietra da can-toni grigia, nella parte inferiore non squadrati e disposti in filari di varie altezze, mentre superiormente so-no di taglio più regolare; i piani successivi sono realizzati in matto-ni. Alla base del fianco meridionale è stata tamponata un'apertura di accesso al campanile. Il limite tra il primo ed il secondo livello è segna-to da una cornice ad archetti pensi-li: semplici sui lati settentrionale e orientale, intrecciati sul lato occi-dentale, mentre il lato meridionale, che aderiva alla chiesa, ne è sprov-visto. Su ogni lato del secondo e del terzo piano si apre una mono-fora; il quarto piano presenta inve-ce quattro bifore con colonnina centrale e capitello a stampella in pietra. Al culmine c'è un'altra corni-ce ad archetti pensili, sovrastata da una fascia a billettes. Il campanile è stato recentemente datato alla fine del primo quarto del sec. XII. S. Grato: in regione Scarfenga (dial. Scarféng), difficilmente rag-giungibile su una collinetta. S. Martino: chiesetta isolata e ab-bandonata nella valle, sita circa a 500 m ad ovest di Odalengo Gran-de. Per motivi di spazio ci fermia-mo qui nelle descrizione (che sul sito citato sono molto più accurate) indicando solo i nomi dei restanti edifici di culto: Madonna delle Gra-zie (detta anche Madonna di Mon-cucco); S. Antonio Abate: (chiesa vecchia); S. Rocco: nella frazione Vallarolo di Sant’Antonio (dial. Va-larö’), SS. Trinità: nella frazione Riovalle di Sant’Antonio (dial. Ri dla và). S. Secondo: presso il cimitero di Cicengo, antica chiesa fondata attorno al Mille. Madonna Assunta: in frazione Pozzo (dial. Pus), retta col contributo degli abitanti della frazione. S. Liberata: in frazione Casaleggio (dial. Cažalècc)

8

Arcieri in Monferrato

La nostra lettrice di Villamiroglio ci ha inviato un articolo interessante su un’arte, oggi rinata in veste sportiva, ma che nei secoli passati era assai diffusa fra i nostri avi per la caccia della selvaggina, allora come oggi abbondante sulle nostre colline, ma applicata anche in am-bito militare: il tiro con l’arco. Come già considerato in diversi articoli di G&d, lo splendido territo-rio collinare del Monferrato, con la sua stretta simbiosi con la natura, ha notevoli potenzialità solo in par-te sfruttate o comprese. Spesso infatti la bellezza singolare di questi territori collinari e boschivi, talvolta impervi, sempre più abbandonati dalle generazioni lontane dall’agri-coltura e dalla cultura della coltiva-zione e conservazione, ormai in gran parte impraticabili o scono-sciuti, è considerata un handicap. I boschi sono forse lontani dal costu-me idealizzato di vita “moderna”, lontani da quelle visioni figlie del consumismo che ci ha suggestiona-

to negli ultimi de-cenni, che al di là delle chiacchiere tendono a focaliz-zare obbiettivi di tornaconto, a di-spetto di ogni al-tra valutazione. Ma a volte i bo-schi sanno dimo-strare che le loro peculiarità, talvol-ta così apparente-mente incompren-sibili, possono invece risultare una risorsa. È quello che è successo ad alcuni terreni di proprie-tà del Comune di Villamiroglio, che sono stati dati in uso alla compa-gnia 01CELT - Arcieri del Monfer-rato, associazione

sportiva che si occupa della pratica e della promozione del tiro con l'ar-co, per la realizzazione di un campo di allenamento. I terreni concessi in uso alla 01CELT a Villamiroglio so-no ubicati sulle pendici di Monte Croce, nei pressi del Cimitero e del-la Chiesa di S. Michele, e compren-dono un pioppeto e i terreni limitro-fi caratterizzati da un solido impian-to boschivo a sviluppo naturale, ora trasformati in un campo di allena-mento per il tiro con l’arco recente-mente dotato di ben 18 nuove piaz-zole, che potrebbero anche aumen-tare in futuro, e un pratical adatto anche ai principianti. La compagnia ha sede a Casale Monferrato, ma si prodiga in attività promozionali e ricreative in un terri-torio piuttosto vasto che abbraccia tutto il casalese fino al territorio alessandrino e dal vercellese fino al torinese. Affiliata alla FIARC (Federazione Italiana Arcieri di Campagna) la 01CELT pratica una tipologia di tiro con l'arco detta "di campagna". Questa tipologia di tiro istintivo af-fonda le sue radici nel tiro venato-rio e mira a ricercare un contatto con la natura e alla pratica ance-strale di questa "filosofia", secondo la quale l'arciere, oltre a dover rag-giungere una grande concentrazio-ne durante l'esecuzione del tiro, riesce a proiettare all'esterno le proprie emozioni in modo che que-ste guidino la freccia verso il bersa-glio. Nato come allenamento nei periodi in cui la caccia era chiusa, e che si è evoluto nel tempo fino a diventare una vera e propria disci-plina sportiva, ad oggi questo sport è un'occasione per vivere all'aria aperta, riavvicinarsi alla natura, riscoprire gesti, antiche tradizioni ed emozioni che l'uomo ha sempre vissuto fin dai suoi albori. I bersagli utilizzati in questo sport sono sagome tridimensionali di ani-mali in materiale sintetico che ven-gono disposte in ambienti boschivi a formare percorsi nella natura do-

Alle altre numerose opportunità di svago e sport all’aria aperta si aggiunge anche il Tiro con l’arco, una storica arte un tempo molto popolare nelle nostre terre

“Caccia” con l’arco alle sagome di animali

9

ve bersagli in movimento, bersagli a tempo o in branco, morfologia del terreno e giochi di luce nella boscaglia sono gli elementi di sfida continua che fanno del tiro di cam-pagna un’attività sportiva unica nel suo genere. Gli archi utilizzati invece si dividono in due tipologie: tradizionali e tec-nologici. Tra gli archi tradizionali i più diffusi sono il longbow, il classi-co arco lungo inglese, e il ricurvo, un arco sviluppato nel ‘900 sulla base degli antichi archi a doppia curvatura. A questi vanno aggiunte le moderne riproduzioni degli archi antichi, come quelli usati da Roma-ni, Turchi, Magiari, Unni, Sciiti o Mongoli. Un posto a sé stante tra gli archi tradizionali è occupato dagli archi storici, costruiti esclusi-vamente con materiali naturali. Gli archi tecnologici invece sono rap-presentati dai compound, archi che tramite un sistema di carrucole di tipo eccentrico permettono di accu-mulare una maggiore quantità di energia e di ridurre lo sforzo nel momento in cui l’arco è teso, ed è anche l’unica tipologia di arco a cui sono permessi sistemi di mira. Nel nuovo campo di tiro di Villami-roglio, e lungo i sentieri di Monte Croce, sono state già disputate due gare valevoli per il Campionato Re-gionale Piemonte-Liguria FIARC, che hanno visto impegnati numero-si arcieri, anche di altre regioni. L'ultima gara si è svolta domenica 29 settembre, nonostante le forti piogge che nel mezzogiorno hanno reso più difficoltosi i tiri e la percor-renza del percorso. Soddisfatti i partecipanti e gli organizzatori, lo

staff della 01CELT si è prodigato con molto impegno per preparare la gara di quest’anno, tracciando un percorso con ventotto piazzole di tiro per le quali sono state sistema-te ben 40 sagome di svariati ani-mali, dalle piccole chiocciole ai fa-giani, tassi, caprioli, daini, cinghiali, fino ai maestosi orsi e cervi, ad una distanza di tiro variabile dai tredici ai quaranta metri, e già si pensa all'edizione 2014. A dispetto dei capricci del meteo, la gara si è svol-ta senza intoppi, e al termine sono stati premiati i primi tre classificati di ogni categoria e tutti i concor-renti più giovani, i "cuccioli" e gli “scout”. Il tiro con l’arco di campagna infatti è uno sport per tutti, e si può ini-ziare a praticare a tutte le età, sia da bambini che da adulti, ed è un'attività ideale da praticare in famiglia, e per chi desideri riavvici-narsi alla natura e ad una vita sa-na. Chi volesse immergersi nel mondo dei boschi e provare questo sport, gli Arcieri del Monferrato di-spongono di istruttori preparati e professionali che svolgono corsi da ottobre a maggio in palestra, per apprendere correttamente la tecni-ca di tiro e il perfezionamento della postura, e con lezioni al campo, dove si inizia a prendere dimesti-chezza con le insidie del bosco. Al termine dei corsi gli allievi possono ottenere l'abilitazione al tiro con l'arco, copertura assicurativa e l’uso delle strutture della compagnia, dove saranno seguiti sia dagli istruttori che dagli arcieri più esper-ti nel campo di Villamiroglio, acces-sibile durante tutto l'anno e facil-

mente raggiungibile con ampio parcheg-gio disposizione, dove vi ritroverete in un attimo immersi un bellissimo scena-rio di bosco a due passi dal centro dal paese! Per maggiori informazioni scopri-te il mondo della 0 1 C E L T s u www.01 cel t. i t . Buone Frecce!

VIF

Gabiano e dintorni

Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpoforo 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazio-ne Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita; Per informazioni e pubblicità; cell. 335-7782879; e-mail: [email protected] www.gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu

Bagna cauda & businate

La serata del 9 novembre u.s. presso la locanda del Borgo a Mincengo durante la serata Bagna Cauda, Piero Luigi Raiteri di Ca-stelletto Monferrato, al centro nel-la foto e Mario Lombardo di San Salvatore a destra hanno recitato ai numerosi partecipanti le Businà da loro scritte, riscontrando gran-de successo fra i presenti.

Conosci e fai conoscere

il tuo territorio. Fai avere una copia cartacea di G&d ai tuoi amici, conoscenti e vicini di casa o invia loro il link del sito: (www.gabianoedintorni.net)

Invitali a diventare amici su Fa-cebook al profilo:

Gabianoe Dintorni

Mostra Tamburello

Grande successo della ormai nota mostra sul Tamburello nel Monfer-rato realizzata da Piergiuseppe Bollo, Riccardo Bonando ed Enzo Gino che è stata esposta presso il Castello di Murisengo durante la fiera del tartufo che si è svolta fra il 10 e il 17 novembre u.s.

10

Agnulot munfrin

Gli agnolotti piemontesi o più sem-plicemente agnolotti sono una spe-cialità di pasta ripiena tradizionale del Piemonte, e in particolare, della zona del Monferrato, nelle province di Alessandria e Asti, ma diffusa in tutta la regione. Esistono molte varianti degli agnolotti, tra cui gli agnolotti pavesi, che si differenzia-no per il ripieno a base di stufato. L'origine del nome è incerta: la tradizione popolare identifica in un cuoco monferrino di nome Angioli-no, detto Angelot, la formulazione della ricetta, la cui prima pubblica-zione scritta risalirebbe al 1801 sul libro la Cuoca del Buongusto pub-blicato a Torino. In seguito la specialità di Angelot sarebbe diventata l'attuale Agno-lotto. Un'altra teoria più moderna fa derivare il nome dal dialetto pie-montese “anulòt” che nient'altro era che un ferro adoperato per tagliarli a forma di anello, che a detta di alcuni era appunto la for-ma primitiva che assunse questa pasta. La forma tradizionale è qua-drata, con il ripieno racchiuso da due sfoglie di pasta all'uovo. La caratteristica principale dell'agno-lotto piemontese rispetto alle altre specialità di pasta ripiena del resto d'Italia è l'utilizzo di carne di arro-sto per il ripieno. Caratteristici della zona delle Langhe e del Monferrato sono gli agnolotti del plin o agno-lotti al plin, di piccole dimensioni e forma perlopiù rettangolare (il ter-mine deriva appunto dal 'plin', ov-vero il pizzicotto che viene dato per chiuderlo). Sia gli agnolotti pie-montesi che gli agnolotti del plin

sono inseriti nell'elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani, stilato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e quindi tutelati secondo un discipli-nare della Regione Piemonte. Pur potendo essere cucinati in diversi modi, sono quattro le ricette tradi-zionali: - con sugo di carne arrosto - con burro, salvia e formaggio Grana - con ragù di carne alla piemontese - in brodo di carne. La ricetta classica non prevede la creazione di agnolotti piemontesi di magro: nel raro caso vengano pro-dotti, sono comunque denominati ravioli: conosciuti quelli del Cana-vese e della Valle d'Aosta. L'agnolotto è un piatto classico della cucina popolare piemontese: è infatti consuetudine utilizzare per il ripieno gli avanzi di arrosto dei giorni precedenti, triturati e mesco-lati fra loro, insieme a verdure e altri ingredienti. Considerando que-sta origine risulta improprio parlare di una ricetta tradizionale per il ripieno, in quanto questo variava in relazione agli avanzi a disposizio-ne; il fatto che questa sia da consi-derare l'origine più genuina dell'a-gnolotto è attestata dall'utilizzo del sugo di arrosto per il condimento: questa ricetta infatti prevede di riutilizzare non solo la carne avan-zata, ma anche l'intigolo dell'arro-sto, coerentemente con la tradizio-ne contadina che prevede di evita-re ogni spreco.

Proponiamo una ricetta

Come prima scritto, non è l’unica possibile, anzi le varianti possono esser davvero molte. Quantità per 8 persone: Per il ripie-no: 300 gr di spalla di vitello, 150 gr di carne di coniglio, 200 gr di capocollo di maiale (c’è chi prevede anche una parte di salsiccia), 70 gr di verza, ¼ di cipolla, uno spicchio d'aglio, mezza carota, un gambo di sedano, un rametto di rosmarino, ½ bicchiere di vino bianco secco, 3 decilitri di brodo, 2 uova, 35 gr di grana grattugiato, olio, burro, sale, Pepe, noce moscata. Per la pasta: 400 gr di farina, 4 uova intere, un cucchiaio di olio d'oliva. Preparazione: Mondate tutte le ver-dure crude, lavatele e tagliatele a pezzi. Scaldate 3 cucchiai di olio di oliva ed un pezzetto di burro in un tegame, aggiungete le carni, fate-le rosolare da una parte poi unite le verdure e gli aromi e fate dorare le carni da ogni parte. A questo punto irrorate con il vino bianco, fate eva-porare, salate, pepate, coperchiate e cuocete finché le carni saranno tenere versando di tanto in tanto poco brodo. A cottura ultimata sco-late un po' di sugo e tenetelo da parte (servirà per condire gli agno-lotti). Aggiungete la verza cotta in acqua e strizzata, rimestate, spe-gnete e lasciate intiepidire per qualche minuto dopodiché passa-te il tutto nel tritacarne. Mettete il ripieno degli agnolotti in una capa-ce ciotola, aggiungete le uova inte-re, il grana, regolate di sale e di pepe, grattugiate poca noce mo-scata ed amalgamate bene il tutto. Non resta che stendere la sfoglia di pasta (comodo usare il Raviolamp), mettere piccole porzioni del citato ripieno opportunamente distanziati fra loro, coprire il tutto con un’altra sfoglia di pasta (se volete evitare che qualcuno si apra durante la successiva cottura si può spennella-re una delle sfoglie con albume d’uovo che è un’ottima “colla” ali-mentare) premete la pasta attorno alla farcia e con l’aiuto di una rotel-la dentellata tagliate ciascun agno-lotto. Non resta che bollire, scolare e condire con uno dei sughi citati.

A sinistra agnolotti pronti, sopra in preparazione sulla pasta sfoglia su un Raviolamp.

11

Biodiversità monferrina

Anche fra i non umani, esistono specie che si sono insediate recen-temente sulle nostre colline o sono state introdotte artificialmente dall’uomo.

Una sorta di immigrazione naturale o artificiale che ha accresciuto la biodiversità talvolta creando anche qualche danno. Chi non conosce i fagiani che spesso ci attraversano la strada mentre stiamo passando. E’ una specie alloctona oggetto di frequenti ripopolamenti artificiali a scopo venatorio, in particolare nel periodo che ne precede l'apertura; caratteristico è il suo richiamo, co-stituito da una stridente nota dop-pia, "kok - kok", spesso seguita da un breve battito d'ali. E' l'uccello galliforme di dimensioni maggiori presente nelle nostre zo-ne: il maschio può arrivare fino a 1,5 kg e la femmina intorno ai 900 grammi. Questa specie presenta una spiccata diversità fra i sessi. Il maschio è vivacemente colorato (vedi foto) mentre la femmina ha colori smorti sul marrone screziato. E' praticamente impossibile confon-dere il fagiano con qualsiasi altro

uccello. E' una specie molto versa-tile quanto ad adattabilità, si è am-bientato molto bene nella campa-gna coltivata, trovando buone con-dizioni di vita nelle distese di gra-

noturco. Vive anche nel bosco, sempre però in vicinanza dei coltivi, dove può tro-vare in ogni periodo dell'anno abbondan-za di cibo. Alla base della sua dieta vi sono i semi di diver-se piante, soprattut-to di gramigne selva-tiche e cereali colti-vati, ma anche i frut-ti del bosco. Gli in-setti e altri piccoli invertebrati vengono consumati in gran numero durante la crescita dei giovani. A volte può predare nidi e i piccoli mam-miferi. Durante i me-si freddi si formano

gruppi separati di maschi e di fem-mine. Tale caratteristico comporta-mento può essere interpretato co-me un preludio alla formazione dei territori che avviene sul finire dell'inverno. I ma-schi territoriali, i più vecchi, già alla fine di gennaio o all'inizio di feb-braio cominciano a definire delle aree che vengono difese contro i membri della stes-sa specie e si con-quistano un certo numero di femmi-ne, variabile in base alla disponi-bilità. I maschi più giovani sono al-lontanati oppure tollerati, sul terri-torio, ma viene

loro impedita l'attività riproduttiva. Gli accoppiamenti avvengono nei mesi di marzo e, alla metà di apri-le, inizia la deposizione delle uova. Nidifica a terra negli incolti, nei campi coltivati e nei prati e, di pre-ferenza nelle siepi e nei cespugli al margine dei boschi. La femmina si occupa della costruzione del nido, della cova delle uova e dell'alleva-mento della prole. Le uova deposte sono in numero variabile da 10 a 20 e si schiudono dopo 23-25 gior-ni. Il Saettone o Colubro di Escu-

lapio. E' il serpente per antonoma-sia, rappresentato nel simbolo delle farmacie, un tempo considerato sacro dai Romani. Raggiunge e supera 1,5 metri di lunghezza. L'a-dulto è facilmente riconoscibile per la colorazione da beige a verde oliva, abbastanza uni forme (talvolta sono caratteristiche minu-te macchioline bianche, più rara-mente si osservano strie longitudi-nali poco definite); il giovane ha corpo brunastro con macchie scure disposte più o meno regolarmente, lati della testa con due caratteristi-che macchie giallastre e una stria scura dietro agli occhi. I saettoni dell'Italia centro-meridionale sono

Il Saettone o Colubro di Esclulapio

stati recentemente riconosciuti come una specie separata da altre varietà europee. E’ specie amante delle aree con ricca vegetazione, non è facile da osservare in attività; almeno in estate sembra attiva molto presto al mattino, anche con temperature piuttosto basse. E' specie ovipara. Si nutre principalmente di vertebrati a sangue caldo (piccoli mammiferi e uccelli). In Basso Monferrato si rinviene principalmente negli incolti erbacei con ricca vegeta-zione arbustiva e margine di boschi e arbusteti. E' specie innocua, protetta dalla Direttiva Habitat (All. D). Codibugnolo (Aegithalos cau-datus) (foto sotto a sinistra) E' un piccolo uccello arrotonda-to con coda lunga (13 - 15 cm di cui 7 - 9 solo per la coda). Testa bianca con banda nera che dal piccolissimo becco rag-giunge ai lati della testa la nuca; dorso bruno rosato; ali nere con se-condarie e terziarie bordate di bian-co; parti inferiori bianche e verso la coda più rosate; coda lunga e stret-ta, nera bordata di bianco. E' un uc-cello irrefrenabile sempre in movi-mento sui rami degli alberi, ed an-che abbastanza acrobatico come le Cince. In Italia è diffuso ovunque. In Basso Monferrato è comune, nidifi-cante e svernante. Ama i boschi di latifoglie non troppo densi, con sot-tobosco folto e arbusti ma frequenta anche i giardini e i parchi dei centri abitati. E’ una specie protetta. Prataiolo (Agaricus campestris). E’ un fungo diffuso nei nostri prati, noto a tanti anche perché commesti-bile. Ha cappello convesso appiana-to, carnoso, di grandezza variabile.

Anche il colore è variabile dal bianco, giallognolo, rossiccio, al bruniccio. Cuticola liscia, sericea o pelosa, dis-sociata in squamette. Lamelle libere, fitte, dapprima rosa, poi scure ed infine nerastre. Gambo carnoso cilindrico od atte-nuato verso la base, di colore bian-co, fibrilloso e con squamette sotto l'anello. Anello supero, sottile, sem-

plice, stretto. Carne bianca, debol-mente rosa al taglio alla sommità del gambo, odore gradevole. Buon com-mestibile. E' la specie "typus" del genere Agaricus che, agli albori della micologia, comprendeva tutti i fun-ghi a lamelle. Ghiro (Myoxus glis). E questo signo-rino qui (vedi fotto in basso a de-stra) chi lo ri-conosce? Non è un topo né uno scoiattolo, ma un Ghiro che come vedete popola volentieri i nostri sottotetti, spesso in maniera molto rumorosa. E’ lungo da 13-18 cm, esclusa la coda e può pesare da 70 a 180 gr. Le orecchie sono picco-le e prive di ciuffi di pelo. La tinta del dorso è grigia, mentre le parti inferiori sono biancastre. Gli occhi sono piuttosto grandi, sono circon-dati da un anello di pelo scuro ricor-

dante una mascherina. La coda è folta e pelosa. Vive nei boschi e nelle coltivazioni arboree dove può arreca-re danni. E' un animale di abitudini notturne e la sua presenza può esse-re avvertita per fruscii e raspamenti che provengono dalle cime più alte degli alberi. In estate trascorre le ore di luce all'interno di un nido di foglie secche, che si trova per lo più in un

tronco concavo. Normalmente vive solitario, ma in inverno si possono trovare molti animali raggruppati nello stesso nido. E' un roditore, ghiotto di semi, bacche, noci, nocciole, ghian-de, castagne; è però anche ghiotto di uova, nidiacei e in-setti. All'epoca degli amori, che inizia un mese dopo il ri-sveglio, possono accendersi tra i maschi aspri combatti-menti. L'accoppiamento avvie-ne in maggio-giugno e i picco-

li, in numero 4-5, nascono un mese più tardi. Si può avere una seconda gravidanza nella stessa estate: si possono infatti trovare dei piccoli nel nido a settembre. Il letargo può du-rare fino ad aprile e durante questo periodo l'animale può perdere circa la metà del suo peso. Il ghiro è preda di piccoli carnivori, come la faina e la donnola e di rapa-ci, come il gufo e l'allocco. Vive in due nidi differenti durante l'anno: in estate il suo nido è localiz-zato generalmente in un tronco ca-vo, in cavità presenti nelle costruzio-ni, è costituito di foglie e erba secca, mentre d'inverno il nido si trova in un buco scavato nel terreno, sotto la radice degli alberi o in tronchi abbat-tuti o, a volte, nei sottotetti delle case.