gestione dell’innovazione e dei progetti - unibg.it · gestione dell’innovazione e dei progetti...

24
GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1

Upload: vuongtram

Post on 24-Feb-2019

230 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI

1-1

Page 2: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Premessa Scopo del corso è fornire un supporto conoscitivo dei modi in cui i processi innovativi agiscono nella realtà sociale e dell’impresa, dato il breve tempo a disposizione e la dimensione degli argomenti che si dovranno affrontare, il corso si manterrà necessariamente ad un livello di presentazione delle problematiche e dei metodi, in modo descrittivo, escludendo approfondimenti teorici o matematici.

1. Innovazione e la tecnologia nell’economia e nella società

Innovazione e tecnologia – Il quadro concettuale1 Per comprendere il complesso della materia è opportuno partire da alcune definizioni di base quali:

Innovazione; Tecnica; Tecnologia; Innovazione Tecnologica

Possiamo definire l’innovazione come: la reazione dell’azienda ai mutamenti dell’ambiente esterno, per creare o mantenere un vantaggio competitivo. Il concetto di innovazione è abbastanza datato; introdotto negli anni ‘30 dall’economista Schumpeter2 è ripreso solo negli anni cinquanta. L’innovazione riguarda qualsiasi attività funzionale e processo organizzativo dell’azienda. Secondo il Manuale di Frascati3 l’innovazione comprende tutte le fasi di natura scientifica, tecnica, commerciale e finanziaria necessarie per:

• lo sviluppo e l’introduzione con successo sul mercato di nuovi e migliorati prodotti; • l’uso commerciale di processi o attrezzature nuove o migliorate; • l’introduzione di nuovi approcci nei servizi.

L’economista Schumpeter ne distingue cinque tipologie:

• introduzione di un nuovo prodotto; • introduzione di un nuovo metodo di produzione; • apertura di un nuovo mercato; • conquista di una nuova fonte di approvvigionamento di materie prime o beni intermedi; • riorganizzazione di un ente economica.

Prima di affrontare un caso particolare di innovazione: “L’innovazione tecnologica” che comprende i primi due tipi di innovazione e che sarà una parte importante del nostro corso, è opportuno procedere alle due successive definizioni Con la dizione tecnica si intende un insieme di azioni e regole procedurali per ottenere un risultato.

1 Vedi Riccardo Galli: “Le parole dell’innovazione” Roma 1995 2 Joseph A. Schumpeter, The Theory of Economic Development, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1934. 3 Oecd, Frascati Manual. The Measurement of Scientific and Technical Activities. Proposed Standard Practice [or Surveys of Research and Experimental Development, Parigi, Oecd, 1981.

1-2

Page 3: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

La tecnologia è un insieme strutturato di conoscenze e tecniche utilizzabili a un fine pratico, come la produzione o l’utilizzazione di un bene a servizio; cioè è costituita da un insieme di azioni e regole che portano a un risultato prevedibile in determinate circostanze. Per estensione, tecnologia è anche l’oggetto fisico in cui sono incorporate tali conoscenze. Ad esempio, la funzione di illuminazione può essere realizzata con diverse tecnologie: la candela, la lampada a gas, le lampade a incandescenza o a fluorescenza ecc. A questo punto è opportuno ricordare che la scienza mira a conquistare conoscenze strutturate e sistematiche sulle leggi della natura, indipendentemente dalle possibili utilizzazioni applicative di tali conoscenze. Non dobbiamo confondere la tecnologia con la ricerca scientifica. Si definisce ricerca l’attività di chi opera nella scienza, e sviluppo sperimentale l’attività di chi utilizza le conoscenze per realizzare una tecnologia. La conoscenza tecnica ha natura operativa e pratica, mentre quella scientifica ha natura speculativa. Le conoscenze che compongono una tecnologia possono avere o base empirica, cioè derivare dall’esperienza quotidiana o dalla tradizione orale, o base scientifica, cioè derivare dalla conoscenza strutturata e sistematica delle leggi di natura. È solo dal secolo passato (XX° secolo) che la scienza ha generalmente anticipato la tecnologia ed oggi la tecnologia è strettamente legata alla scienza, ma nei secoli precedenti le applicazioni tecnologiche hanno generalmente origine empirica. È evidente questo per le più importanti invenzioni dell’uomo quali: la ruota, il fuoco e gli strumenti per il suo uso, i mulini ed i magli, ecc; molte applicazioni tecnologiche, che sono state fondamentali per lo sviluppo industriale (es la macchina a vapore, la lampadina), sono state realizzate prima che la scienza ne individuasse le regole.Uno dei primi esempi di tecnologia a base scientifica è la pila di Volta La tecnologia può essere semplice o complessa cioè composta da più sottoinsiemi, ognuno di esso con varie tecnologie. A titolo esemplificativo prendiamo in considerazione un sistema complesso costituito da più sottosistemi, a loro volta costituiti da più componenti, realizzati con più materiali, che quindi coinvolgono più tecnologie. È il caso di un locomotore, costituito da più apparati (carrello, cassa, convertitori, alimentazione, motore, controlli ecc.), ognuno dei quali è ottenuto da più componenti, realizzati con diversi materiali. Una tecnologia di sistema finalizzata ad una determinata funzione d’uso (come un locomotore per trasporto a lunga distanza) comprende le conoscenze necessarie: per configurare gli opportuni collegamenti tra i diversi apparati di sottosistemi; per definire i requisiti degli apparati stessi; per il processo di fabbricazione. Analogamente la tecnologia di un apparato comprende le conoscenze necessarie per configurare gli opportuni collegamenti tra i suoi componenti, per definire i requisiti di tali componenti e per la fab-bricazione. Analoghe considerazioni valgono per i materiali nei riguardi dei componenti, e per le materie prime nei riguardi dei materiali. Le soluzioni tecnologiche adottate per soddisfare i bisogni umani evolvono continuamente nel tempo con l’introduzione da parte degli operatori di innovazioni tecnologiche. L’innovazione tecnologica può essere considerata come la trasformazione di un’idea in un nuovo/migliorato prodotto o processo o servizio attraverso la tecnologia. Essa perciò riguarda sia nuovi prodotti e processi sia rilevanti cambiamenti nella natura tecnica di prodotti e processi. Un’innovazione è realizzata se è stata introdotta sul mercato (innovazione di prodotto) o impiegata in un processo produttivo (innovazione di processo). Si distingue dall’invenzione, cui manca la connotazione della realizzazione concreta e dell’introduzione sul mercato.

1-3

Page 4: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

La distinzione tra innovazione di prodotto e innovazione di processo è relativa all’ente cui ci si riferisce. Ad esempio, un nuovo tipo di trattore agricolo è un’innovazione di prodotto per l’industria meccanica che lo ha sviluppato, mentre è un’innovazione di processo per l’agricoltore che lo impiega. Con riguardo alla rilevanza del cambiamento tecnico si può distinguere tra innovazioni radicali e incrementali. L’innovazione radicale di prodotto è data da un prodotto in cui l’uso, le prestazioni, le caratteristiche, gli attributi, l’uso di materiali e componenti differiscono significativamente rispetto a quelli precedenti. Queste innovazioni possono coinvolgere tecnologie radicalmente nuove o essere basate sulla combinazione di tecnologie preesistenti per nuove applicazioni. Esempi di innovazioni radicali basate su tecnologie nuove sono il primo microprocessore o il registratore di videocassette, mentre il “mangianastri” portatile risulta dalla combinazione delle tecniche delle cassette audio e del mini-auricolare. In entrambi i casi il prodotto non esisteva prima. L’innovazione incrementale di un prodotto si ha quando le prestazioni sono sensibilmente migliorate. Essa può assumere due forme: un prodotto semplice può essere migliorato in termini di prestazioni superiori o costo inferiore; un prodotto complesso consistente in un insieme integrato di sottosistemi può essere migliorato tramite modifiche parziali di uno di questi. Un esempio del primo tipo è dato dallo sviluppo, per motivazioni ambientali, di pile a secco (zinco-carbone e alcaline) senza mercurio, uno del secondo tipo è l’introduzione della marmitta catalitica negli autoveicoli. L’innovazione di processo può, a sua volta, essere radicale o incrementale, a seconda che coinvolga metodi di produzione sostanzialmente nuovi oppure migliorati. Tali metodi possono coinvolgere modifiche nelle attrezzature e/o nell’organizzazione della produzione. Essi mirano o a produrre prodotti nuovi o migliorati, che non potrebbero essere ottenuti con processi convenzionali, o a produrre beni esistenti con minor costo o minore impatto ambientale. Il processo a membrana per la produzione soda-cloro, che ha sostituito il processo al mercurio, è un esempio di innovazione radicale di processo. Nuovi modelli di frigoriferi a ridotto consumo energetico sono esempi di innovazioni incrementali del processo di conservazione degli alimenti, ottenuti con modifiche non sostanziali di materiali (es. isolanti) e componenti (motori).

Il pensiero manageriale sulla innovazione tecnologica

Il pensiero manageriale sulle attività di ricerca e sviluppo (R&S)e sui processi di innovazione nasce negli anni sessanta sulla scia del diffondersi nelle industrie e nei governi della consapevolezza della criticità della tecnologia per il successo nella competizione economica. Naturalmente industrie e governi avevano da tempo ben presente la potenza dell’arma tecnologica, ma la seconda guerra mondiale aveva evidenziato e consacrato il legame scienza-tecnica-competizione: il lancio di grandi programmi scientifici ad hoc aveva portato a strumenti rivelatisi essenziali (dal radar ai missili alla bomba atomica), mentre importanti prodotti e processi industriali per uso civile erano derivati, come ricaduta, dalla ricerca militare (dalla gomma sintetica alle centrali elettronucleari).

Dopo la guerra, profonde mutazioni avvengono nelle attività e nelle strutture di R&S: i centri di ricerca in-dustriale tendono ad una crescente autonomia organizzativa e funzionale, uscendo dallo stato di laboratori di fabbrica, e si costituiscono in tutti i settori industriali e non più solo in quelli di avanguardia, come la chi-mica, l’elettrotecnica e l’aeronautica, dove già erano diffusi prima della guerra; i governi dotano di crescenti risorse le strutture di ricerca generale e costituiscono grandi organismi con finalità dedicate ad argomenti specifici, in particolare nei settori dello spazio, della difesa, del nucleare, della salute.

1-4

Page 5: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

La grande dimensione raggiunta dalle spese di ricerca con il diffondersi delle relative organizzazioni deter-mina come conseguenza l’avvio di studi economici e manageriali sulla nuova funzione aziendale, che si af-fianca a quelle tradizionali (produzione, vendite, finanza, amministrazione, personale ecc.), e sul suo pro-dotto-obiettivo, l’innovazione tecnologica. In effetti, i precedenti sono molto scarsi: dopo i lavori sull’innovazione di grandi economisti come Kuznets e Schumpeter negli anni venti e trenta, gli studi ripren-dono soltanto negli anni cinquanta con alcune indagini empiriche sulla diffusione delle innovazioni e i suoi determinanti e con le prime analisi della ricerca industriale (prevalentemente negli Stati Uniti e in Gran Bre-tagna).

Queste problematiche si affermano come soggetti di studio soltanto negli anni sessanta, con alcune tappe si-gnificative.

All’inizio degli anni sessanta Jim Webb, direttore della Nasa, avvia un programma di ricerche manageriali di base presso le università americane per avere un supporto teorico nella gestione dell’ente, caratterizzato da missioni di particolare complessità. Si costituiscono così i primi gruppi universitari di studio delle strutture di ricerca: traggono origine di qui i gruppi operanti presso la North Western University e il Mit. Quest’ultimo vara nel 1963, alla Sloan School of Management, il Program of Research on Technology-Based lnnovation, che è rimasto attivo per 25 anni e ha rappre-sentato continuativamente un importante punto di riferimento per le industrie americane. Nel 1989 è stato costituito presso il Mit I’International Center for Research on the Management of Technology (lcrmot), ampliando gli scopi e la dimensione del Program.

Sempre negli anni sessanta si verificano due significativi avvenimenti in Gran Bretagna: nel 1966 viene fondata la Science Policy Research Unit (Spru) Università del Sussex, diretta da Christopher Freeman, che sposta gradualmente l’enfasi dalle politiche scientifiche e tecnologiche nazionali agli studi sull’innovazione (che sfoceranno poi nel grande progetto Sappho), divenendo uno dei princi-pali centri di riferimento mondiale su questo tema; nell’ambito della Manchester Business School si costituisce la R&D Studies Unit con Alan Pearson. A livello internazionale, in ambito Ocse (Orga-nizzazione per la Cooperazione Economica e Sociale con sede a Parigi), si costituisce il Directorate far and Technology, allora sotto la guida di Alexander King, che assunse, e mantiene tuttora un ruolo centrale per l’elaborazione del pensiero sulle politiche scientifiche e tecnologiche e sulle relazioni tra tecnologia,economia e società, dedicando particolare rilievo al ruolo della ricerca industriale per lo sviluppo.

Nel 1966 viene fondata a Parigi la Eirma (European lndustrial Research Management Association), che riunisce i manager della ricerca di oltre 150 industrie europee e opera in modo simile all’analoga istituzione americana, l’lndustrial Research Institute, fondata nel 1938 sotto gli auspici del National Research Council. La Eirma, che ha avuto una funzione importante nel diffondere la cultura manage-riale tra gli uomini di ricerca europei, opera tramite gruppi di lavoro che rendono conto delle scelte operative sui diversi temi di rilevanza manageriale attuate dalle industrie che partecipano alla asso-ciazione. La fase pionieristica della research on research, come si usava dire allora, si conclude in-torno al 1970 con l’avvio di riviste scientifiche specializzate nel management della ricerca e da allora i temi relativi all’innovazione e alla tecnologia trovano crescente spazio nelle riviste di management generale. L’arretratezza della cultura manageriale italiana si riflette nel ritardo con cui si viene for-mando, nell’industria e nell’accademia, la coscienza dell’esistenza di problematiche relative al management della ricerca e dell’innovazione.

Tra i fatti più rilevanti dell’epoca è da ricordare il grande convegno “La ricerca industriale per l’Italia di domani” tenutosi a Milano nel giugno 1967, promosso da Luigi Morandi, allora presidente della Fast, che ha coinvolto l’intero establishment nazionale della ricerca, sotto la spinta del dibattito sul gap tecnologico suscitato dal libro “Le défi americani” di Jean-Jacques Servan-Schreiber. Si trattò di uno sforzo eccezionale di analisi e prospettiva della problematica della ricerca industriale, rimasto probabilmente ineguagliato a livello nazionale. Da questi studi derivò l’avvio nel 1972 del Fondo Ricerca Applicata, il primo strumento per la promozione della ricerca industriale in Italia.

Alla fine degli anni sessanta, l’attenzione della management science è ancora centrata principalmente sui problemi di organizzazione e funzionamento interno della ricerca: ciò è emblematicamente espresso da Eric Ritchie nell’editoriale del primo numero di R&D Management, dove egli individua i punti caldi del settore:

1-5

Page 6: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

• pianificazione e controllo della ricerca; • valutazione, selezione e gestione dei progetti di ricerca; • diffusione delle conoscenze; • organizzazione dei gruppi di ricerca.

Anche negli anni settanta la concentrazione di interesse rimase inizialmente sui temi di specifica rilevanza gestionale interna all’area funzionale della R&S, per poi spostarsi, solo gradualmente nel tempo, verso pro-blematiche più ampie, relative ai rapporti con le altre funzioni aziendali e con l’ambiente esterno dell’impresa.

La focalizzazione dell’attenzione sul management della ricerca derivava dall’obiettiva necessità di definire un quadro concettuale per la gestione di questa nuova area funzionale. Ma rifletteva anche la concezione, allora dominante, del processo innovativo schematizzabile con il cosiddetto “modello pipeline”.

Secondo questo schema esso è rappresentabile come un processo sequenziale in serie, come una staffetta, in cui la prima tratta è corsa dalla ricerca, e il testimone passa via via da una funzione all’altra, dalla ricerca allo sviluppo alla produzione alle vendite.

La concezione sequenziale del processo innovativo centrato sulla ricerca come primo e unico motore è stata causa delle molte difficoltà di cui essa ha sofferto tradizionalmente all’interno delle imprese: il rischio di isolamento dal contesto aziendale, i conflitti con le altre aree funzionali, le discrasie tra strategie di business e strategie di ricerca, la confusione tra gestione tecnologia e gestione della ricerca.

Gli anni settanta hanno segnato la fine del ciclo di crescita quantitativa, che aveva dominato il sistema per un quarto di secolo dopo la fine della seconda guerra mondiale, e la transizione verso nuovi assetti economici, sociali e politici. Lo stato di continua turbolenza del sistema ha creato difficili sfide per le organizzazioni, pubbliche e private, rigidamente gerarchiche che avevano dominato il passato, le quali hanno dovuto ricer-care nuove strategie di adattamento delle proprie strutture. A tali mutamenti ha contribuito in modo determi-nante l’emergere di nuove tecnologie dominanti, incentrate sull’informazione, di nuovi modi di generare e gestire la tecnologia, il che non poteva non influenzare le relative problematiche manageriali.

1-6

Page 7: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Tecnologia e sviluppo economico L’evoluzione della tecnologia è la leva principale che oggi genera lo sviluppo economico. Essa non si limita a modificare il sistema produttivo dell’organizzazione e della struttura delle imprese, della gestione della bu-rocrazia, ma incide direttamente sulla struttura sociale, sulle attese e sull’ambiente. Senza andare troppo lontano possiamo pensare, dal punto di vista della sociologia, a degli esempi a noi vi-cini:

• il villaggio “Crespi” che è la trasposizione urbanistica della società vista secondo lo schema dell’industria dell’inizio novecento;

• la realtà di Sesto San Giovanni, che è l’evoluzione urbanistica per adattarsi, inizialmente, alle stesse necessità e successivamente alla massiccia terziarizzazione dell’area di Milano;

• l’evoluzione della Città di Bergamo, fino agli anni ’60, unico punto di riferimento e sede di attività industriali; successivamente l’area urbana si è allargata ad una ventina di comuni; le attività indu-striali sono state espulse e il centro della Città Bassa, realizzato all’inizio del secolo, ha perso quasi tutta la sua importanza, senza che il territorio di riferimento trovasse una sostituzione alternativa; ora sembra che i punti di riferimento siano diventate le gallerie dei vari centri commerciali.

Anche sotto l’aspetto del sistema di vita possiamo rilevare facilmente alcune sostanziali evoluzioni in cui la tecnologia ha stravolto abitudini tradizionali.

• L’ introduzione della televisione ha diffuso a livello capillare lingua e stili di vita a tutti i livelli. La mia diretta esperienza mi dice che fino alla fine degli anni 50’ in un paese a pochi chilometri da Bergamo la popolazione viveva tutti i giorni con vestiti “semplici”: grembiuli a colori per le ragazze, scuri per le donne sposate e vestiti di recupero o tute per gli uomini, zoccoli per tutti. Solo alla do-menica, si metteva il vestito della “festa” per andare alla messa. Si parlava solo il dialetto. Solo qual-che anno dopo, queste abitudini erano in via di estinzione e, la popolazione, se parlava con estranei, cercava di usare l’italiano.

• La disponibilità dell’auto ha permesso lo sviluppo rapido di un sistema di vacanze in località diverse da quelle abitate.

• La diffusione del telefono ha permesso in poco tempo il collegamento sistematico con persone lon-tane, allargando lo spazio della famiglia.

A questi esempi potremmo aggiungerne molti altri conosciuti per esperienza diretta. Dal punto di vista dell’evoluzione storica, in letteratura troviamo spesso elencate le seguenti invenzioni, come punti di svolta della storia dell’uomo. Bussola - la diffusione della bussola ha reso più facili e sicuri i trasporti per mare. Questo ha generato la ripresa economica dopo la lunga crisi del periodo degli anni bui del medioevo. Stampa con caratteri mobili - ha facilitato la diffusione della cultura e ha modificato la struttura sociale dei detentori della conoscenza. Il Telaio meccanico - ha aperto la via alla meccanizzazione del lavoro. L’aumento della produttività per-metterà :

• Diffusione del reddito in tutti i livelli sociali • Aumento dei consumi • Aumento del tempo libero, con conseguente sviluppo delle attività connesse (spazi culturali,

sport , ecc) Nuovi mezzi di trasporto – ha generato maggiore mobilità delle merci e delle persone, con un conseguente allargamento dei mercati, decentramenti produttivi, e sviluppo del turismo a livello di massa.

1-7

Page 8: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Introduzione della radio e TV – ha aumentato il livello della diffusione della conoscenza e omogeneizza-zione culturale. Diffusione degli elettrodomestici – ha dato la possibilità alla donna di svolgere ruoli lavorativi e ha gene-rato una drastica riduzione di domestici a tempo pieno. Sistemi di comunicazione L’ introduzione e la diffusione dei sistemi di comunicazione, sempre più facili da usare ed efficienti, ha portato alla globalizzazione, alla modifica delle strutture del lavoro (telelavoro), alla velocità di diffusione delle informazioni e delle risposte agli stimoli esterni.

Investimenti, progresso tecnologico e sviluppo economico “Lo sviluppo — secondo l’espressione di Roy Harrod — è l’obiettivo fondamentale dell’attività economica e costituisce lo scopo della politica economica nel suo complesso”. Un ritmo di crescita più elevato permette di risolvere più facilmente e più in fretta la maggior parte dei problemi economici, rende generalmente possi-bile per la popolazione di un Paese godere di livelli di vita più elevati e di migliori servizi sociali, o conce-dere più aiuti ad altri Paesi. Bisogna notare tuttavia che il trapasso da un ritmo di crescita più lento ad uno più rapido può rendere necessaria una diminuzione temporanea del tasso d’aumento dei consumi. Cerchiamo di identificare alcuni elementi della teoria dello sviluppo economico (economic growth). In un’economia sviluppata la crescita della capacità produttiva è inevitabile. Il patrimonio di conoscenze tecnologiche è infatti destinato a continui aumenti, dovuti all’attività di ricerca e alle nuove invenzioni, e ciò permetterà di produrre con un numero sempre inferiore di lavoratori, con meno capitale o con una quantità inferiore di qualche altro fattore di produzione. Il prodotto globale di una economia sviluppata sarà quindi in grado di aumentare di anno in anno anche in presenza di una dotazione fissa di fattori di produzione. È probabile inoltre che un’economia sviluppata aumenti il capitale a sua disposizione, effettuando conti-nuamente degli investimenti netti. Nelle economie sviluppate la dotazione di capitale aumenta quasi sempre più rapidamente della popolazione, così che il capitale per lavoratore in genere aumenta, e ciò deve per forza accrescere la produzione potenziale. Gli incrementi di capitale e di conoscenze tecnologiche aumenteranno, di fatto o quanto meno potenzial-mente, la capacità produttiva dell’economia. Anche la produzione (al pieno della capacità produttiva) sarà quindi in grado di crescere, a condizione che la domanda per i beni prodotti aumenti continuamente. Se fossero mantenuti per un secolo tassi di crescita considerati oggi come assolutamente modesti, si avreb-bero degli effetti addirittura stupefacenti. Un incremento del 2% all’anno nella produzione per lavoratore si-gnificherebbe un aumento complessivo del 624% nell’arco di un secolo, mentre il 4% porterebbe ad un au-mento complessivo del 4.912%. Come fece notare Keynes, applicando i principi dell’interesse composto ad aumenti nelle conoscenze e nel capitale si possono ottenere risultati strabilianti4. Per quanto riguarda la determinazione del tasso di crescita di un’economia, esistono due approcci teorici elementari che si rifanno semplicemente all’aumento del capitale o delle conoscenze tecnologiche. Spieghe-remo per primo quello che attribuisce la crescita solamente agli investimenti e alla quantità di capitale.

4 J. M. Keynes, Prospettive economiche per i nostri nipoti, in “Esortazioni e profezie”, Milano, Il Saggiatore, 1968, pp. 273-283.

1-8

Page 9: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Investimenti e sviluppo economico Tramite il processo d’investimento, in un’economia viene installato ogni anno del capitale nuovo che ne aumenta la capacità produttiva. Se non ci fosse investimento, ogni cosa prodotta verrebbe consumata, il ca-pitale gradualmente deperirebbe e la produzione diminuirebbe di anno in anno. Per impedire che la produ-zione diminuisca è necessario un certo ammontare di investimenti, che possono essere definiti gli investi-menti necessari per coprire il “ deprezzamento del capitale”, o semplicemente “ammortamento”. Gli inve-stimenti che eccedono l’ammortamento costituiscono l’investimento netto, così che l’investimento totale, o lordo, è uguale ad ammortamento più investimento netto. Gli investimenti, intesi come ammortamenti, vanno a sostituire quanto degli immobilizzi effettuati prece-dentemente è divenuto obsoleto o fuori uso. Gli investimenti netti invece producono nuove immobilizzazioni e quindi nuova capacità produttiva.5 Ogni investimento netto fa aumentare la produzione netta, dato che l’ammortamento serve a mantenere la produzione netta costante e quindi ogni investimento effettuato in aggiunta all’ammortamento deve necessariamente, se fatto bene, far aumentare la produzione netta. Nell’anno seguente la produzione risulta più elevata rispetto al PNN (Prodotto Nazionale Netto) iniziale e questo è il tasso di crescita dell’economia. Ricordiamo l’equazione di bilancio delle spesa del PIL (Prodotto Interno Lordo)

PIL = Cn + A + S

In cui Cn = consumi interni + saldo del commercio estero+delta stock A = ammortamenti S = investimenti netti

In un’economia che opera in regime di piena occupazione, il capitale per addetto aumenta continuamente e un eventuale aumento della quota di PNN, dedicata agli investimenti, acce-lererebbe il ritmo con cui si sviluppa l’economia.

Se S fosse uguale al 12% del PNN, e la produttività del nuovocapitale fosse pari a 25%, il tasso di crescita del PNN sarebbe ugualea 12*25% ossia al 3% all’anno. Ciò significa che:

• se il PNN era originariamente 100, • 12 delle 100 unità prodotte nel primo anno costituiscono

l’investimento netto e possono essere aggiunte allo stock dicapitale dell’economia.

• Il capitale introdotto produrrà 3 unità addizionali cioè 103unità

Si può rilevare che il tasso di crescita resterebbe pari al 3%fintantoché l’investimento netto rimane pari al 12% e la produttivitàpari al 25% .

5 Spesso è difficoltoso, nella pratica, individuare dal punto di vista economico, e non meramente finanziario, la quota reale degli ammortamenti. Infatti se una fabbrica dispone di 5 macchine identiche, che vanno fuori uso una all’anno, l’ammortamento sarebbe acquistare una macchina identica a quella andata fuori uso. Normalmente la macchina andata fuori uso però non la si sostituisce con una macchina identica, ma con una più ‘moderna’ che fa altre cose o le fa meglio. Inoltre se si sostituisse la macchina con una identica , questa avrebbe una produttività comparata al sistema concorrenziale, minore della precedente e quindi nella realtà si farebbe un parziale ammortamento. In genere negli investimenti “sostitutivi” si tende ad effettuare gli investimenti, recuperando produttività in modo maggiore della media della struttura concorrenziale e quindi è presente , seppure in quantità minima, anche una quota di investimento netto.

1-9

Page 10: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

La teoria della “produttività decrescente”, implica che, se non cambia il quadro di riferimento, occupazione, conoscenze tecnologiche, domanda, ecc., l’aggiunta continua di capitale porta ad una riduzione della sua produttività e quindi una diminuzione del tasso di crescita conseguibile dedicando agli investimenti una data quota del PNN.

Supponiamo infatti che una macchina costi 3.000 e richieda unoperaio per farla funzionare fornendo 1000 di prodotto lordo ognianno. Possiamo ipotizzare due casi.

• Se esiste un operaio che oggi non produce questo può farfunzionare la macchina e l’aumento del prodotto lordosarebbe pari a 1000, cioè tutto il prodotto lordo generatodalla nuova macchina.

• Se non sono disponibili operai, l’operaio necessario per farfunzionare la nuova macchina dovrebbe essere sottratto a unaltro lavoro, in cui egli produceva, con una macchina piùvecchia, ad esempio per un valore di 800 all’anno. In questocaso il prodotto lordo annuale aumenterebbe solo delladifferenza cioè di 1000- 800 =200.

Se un’economia non opera in regime di piena occupazione, non c’è alcuna ragione per cui il capitale debba operare con rendimenti decrescenti. In tale economia il raddoppio degli investimenti netti provocherebbe più probabilmente il raddoppio del tasso di crescita. È anche evidente che, in presenza di risorse disoccupate, una data quantità di investimenti lordi aumenterebbe il prodotto lordo più di quanto non accadrebbe in una situazione di piena occupazione. Identici investimenti hanno riflessi diversi sull’incremento del prodotto lordo a secondo della disponibilità di altri fattori produttivi. Paradossalmente da questo ragionamento appare che le economie più arretrate sono quelle che pos-sono trarre il massimo vantaggio dagli investimenti innovativi, in quanto non devono eliminare capi-tale obsoleto. Il limite delle economie più arretrate è la capacità di raggiungere la massima produttività dell’investimento in tecnologie più evolute, poiché spesso nella realtà non esistono le risorse umane e strut-turali per ottimizzare tale investimento6. Se il nuovo capitale installato nelle due economie fosse di tipo diverso, quello con un rapporto capi-tale/prodotto più elevato verrebbe probabilmente usato nell’economia che opera in regime di piena occupa-zione (a causa della scarsità di manodopera e della tendenza a far aumentare l’intensità di capitale che essa provoca) e anche questo contribuirebbe ulteriormente a far ridurre la produttività del capitale. Ciò fornisce un’idea delle difficoltà a collegare quantitativamente gli investimenti netti all’incremento della ricchezza nazionale.

Il progresso tecnico e il tasso di crescita naturale La formulazione studiata da Harrod7 attribuisce quasi completamente lo sviluppo al progresso tecnico e all’aumento di popolazione. In questo paragrafo e nel prossimo si assume che la domanda si mantenga ad un livello appena sufficiente a permettere la piena occupazione del lavoro, che l’offerta di mezzi di finanziamento sia infinitamente elastica al saggio d’interesse prevalente (vale a dire che ogni imprenditore possa ottenere in prestito qualunque somma desideri al saggio d’interesse corrente, purché possa fornire una garanzia adeguata), e che le op-portunità di investire in modo redditizio vengano sempre sfruttate fino al limite.

6 Oltre alla preparazione delle risorse umane destinate in modo diretto alla produzione, occorre considerare gli altri fattori quali: l’assistenza e i servizi necessari al buon funzionamento, le infrastrutture di comunicazione, ecc 7 Cfr. R. F. Harrod, Towards a Dynamic Economics, London, Macmillan, 1948, pp. 20-24.

1-10

Page 11: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

I presupposti così definiti implicano che gli imprenditori, facendosi concorrenza fra loro, spingerebbero gli investimenti fino al punto in cui il tasso di profitto che essi si aspettano superi il saggio d’interesse di un margine sufficiente a coprirne i rischi. Il tasso di profitto atteso dunque sarebbe sempre superiore al saggio d’interesse di un ammontare pari al margine per il rischio giudicato necessario dagli imprenditori. È più facile cogliere l’importanza del progresso tecnico e dell’aumento di popolazione se si parte dalla considerazione di una situazione dove entrambi sono assenti. Cioè che esista una forza lavoro che si mantiene ad un livello costante e che non vengano fatte aggiunte alle conoscenze tecnologiche. Anche in questo caso è possibile che esistano modi di impiegare il capitale per aumentare il prodotto netto. È infatti sufficiente che esista un margine “finanziario”; cioè che il prodotto netto sia superiore al tasso di inte-resse e al rischio dell’investimento, ma, una volta realizzati tutti i progetti d’investimento che rispondono a questa caratteristica, l’investimento netto si ridurrebbe a zero.

Se il saggio di interesse era inizialmente del5%, per esempio, e il margine per il rischiopari al 3%, cosi che gli imprenditori giudicanonecessario potersi attendere un tasso di profittoalmeno pari all’8 % dal capitale investito,varrebbe la pena di impiegare il capitale solo inquegli usi da cui ci si aspetta che il valoredella produzione netta venga aumentato piùdell’8 % ,che retribuirebbe solo il rischio e ilcapitale in termini di interesse e non gliammortamenti.

Supponiamo ora che, mantenendo costanti tutti gli altri fattori (il saggio d’interesse e conoscenze tecnologi-che), la forza lavoro aumenti dell’l % ogni anno. Se lavoro e capitale fossero gli unici fattori di produzione risulterebbe economicamente vantaggioso ampliare ogni tipo di investimento che, impiegando quell’l% in più di forza lavoro, aumenterebbe il prodotto netto di un x% ogni anno. Se ci fosse la possibilità di sfruttare economie di scala, il prodotto netto aumenterebbe più della produttività del capitale, mentre nel caso in cui fossero necessari altri fattori di produzione oltre al lavoro e al capitale, e l’offerta di alcuni di tali fattori fosse limitata, potrebbe non essere economicamente vantaggioso espandere la produzione, a causa dell’insorgere di rendimenti decrescenti. Supponiamo ora che la quantità di forza lavoro sia costante, che sia costante anche il saggio d’interesse, ma che le conoscenze tecnologiche aumentino ogni anno. Si potrebbe definire il progresso delle conoscenze tecnologiche come “nuove conoscenze che permetterebbero di ottenere i prodotti attuali a costi inferiori8, o di sviluppare nuovi prodotti”. Gli imprenditori che si avvantaggiassero delle nuove conoscenze guadagne-rebbero profitti più elevati dei loro concorrenti, fino a che tutti i produttori del bene in questione usassero lo stesso metodo di produzione. L’investimento in macchinari che contengono la nuova tecnologia viene di solito definito innovazione tec-nologica incorporata. Quando i nuovi macchinari entrassero in funzione, grazie agli effetti della concorrenza, il prezzo del prodotto comincerebbe a diminuire e i profitti si assotiglerebbero. Gli imprenditori che non usassero i macchinari di nuovo tipo diminuirebbero la loro competitività, dato il livello dei loro costi di produzione, con l’andare del tempo si raggiungerebbe un punto in cui converrebbe loro smantellare i vecchi impianti e sostituirli con macchinari che incorporano le nuove conoscenze oppure sarebbero costretti a la-sciare il mercato. A causa di tale sfasamento negli investimenti, un miglioramento delle conoscenze tecnolo-giche, che richieda l’uso di impianti nuovi, dovrebbe normalmente offrire opportunità d’investimento eco-nomicamente vantaggiose per periodi di più anni.

8 Nuove conoscenze potrebbero rendere possibile un abbassamento dei costi, e costituire davvero un progresso, ad un dato saggio d’interesse, mentre potrebbero non rendere possibile produrre a costi inferiori, se il saggio d’interesse fosse diverso; in corrispondenza a quest’ultimo saggio le nuove conoscenze non costituirebbero perciò un progresso. Qui abbiamo evitato questo problema assumendo un saggio d’interesse costante.

1-11

Page 12: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Altri miglioramenti delle conoscenze tecnologiche potrebbero richiedere semplicemente un diverso uso dei fattori di produzione esistenti, in modo tale da rendere possibili delle riduzioni dei costi senza la necessità di effettuare investimenti, anche se nella realtà aziendale qualunque modifica comporta un costo monetario. I progressi tecnologici di questo tipo vengono di solito indicati come “progresso tecnico non incorporato”. Ad un certo tasso di interesse è possibile un certo ammontare di investimenti, che sfruttino l’innovazione tecnologica e siano contemporaneamente redditizi. L’aumento della forza lavoro e il progresso nelle cono-scenze tecnologiche sono tutti fattori che permettono di aumentare la produzione e contribuiscono tutti in-sieme a determinare il tasso di crescita della produzione. Se trascuriamo gli effetti di cambiamenti nel saggio d’interesse, il tasso di crescita dipenderebbe solamente dall’aumento della forza lavoro e dal progresso delle conoscenze tecnologiche; abbiamo il “tasso naturale di crescita9, così definito da Roy Harrod, cioè quello che “l’aumento di popolazione e i miglioramenti tecnologici permettono”.

Il tasso di crescita naturale completo Fino ad ora abbiamo ipotizzato che il tasso di progresso tecnico, che determina (insieme al tasso d’incremento della forza lavoro) il tasso di crescita naturale, non dipenda assolutamente dal tasso d’investimento e dal tasso di aumento della produzione. L’investimento era necessario semplicemente per approfittare del progresso tecnico quale si veniva manifestando, ma non influenzava in sé e per sé il tasso di progresso tecnico. Quando la quota del reddito destinata ad investimenti netti è elevata10; lo sviluppo di metodi di produzione innovativi risulta più redditizio e più fattibile; allora si può avanzare l’ipotesi che c’è una qualche connes-sione tra la quota di prodotto nazionale dedicata agli investimenti e il tasso di progresso tecnico11. In questo caso sarebbe però più verosimile che dipendesse dall’investimento lordo piuttosto che da quello netto, perché è logico che il livello di attivazione delle imprese di beni di investimento non differenzia l’investimento tra sostitutivo di uno già esistente (ammortamento) o di uno ex novo (investimento netto). Una certa quantità di progresso tecnico si svilupperebbe anche nel caso in cui gli investimenti lordi (in beni capitali) fossero nulli, grazie ai fattori che influiscono sul progresso tecnico ma che sono indipendenti dal processo di investimento delle attività produttive, come le attività di ricerca che hanno luogo nell’ambito delle università e degli istituti di ricerca statali, nei dipartimenti di ricerca delle aziende private che non ven-gono chiusi nei periodi di depressione, o come i miglioramenti scoperti spontaneamente dagli operai e dalle direzioni aziendali.

9 R. F. Harrod, Towards a Dynamic Economics, cit., p. 87. 10 Se il tasso di investimento è elevato è possibile vendere una quantità maggiore di macchine di nuovo tipo, cosa che permette di sfruttare più economie di scala nella loro produzione e quindi di abbassarne il costo, incoraggiando così gli utenti di macchinari ad acquistare macchinari che precedentemente erano caratterizzati da una produttività del capitale meno elevata. Lo sviluppo di macchinari più avanzati risulterebbe in tal caso più redditizio anche per i produttori del macchinario stesso. Un’elevata produzione di macchine potrebbe anche accelerare l’eliminazione delle debolezze nella progettazione e nelle caratteristiche di funzionamento. Tutte queste osservazioni sono state fatte da Kaldor. 11 Cfr. N. Kaldor, Un modello di sviluppo economico, in Saggi sulla stabilità economica e lo sviluppo, Torino, Einaudi, 1965, pp. 280-327; Capital Accumulation and Economic Growth, in The Theory of Capital, a cura di F. A. Lutz e D.C. Hague, London, Macmillan, 1961; e Un nuovo modello di sviluppo economico (in collaborazione con J. Mirrlees), in Problemi di macroeconomia (a cura di M. G. Mueller), 3 you., Milano, Etas Kompass, 1969, vol. IL I, pp. 98-129.

1-12

Page 13: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Agli imprenditori conviene approfittare completamente delle possibilità di espansione offerte dal progresso tecnico anche in condizioni di concorrenza imperfetta, perché in generale il progresso tecnico permette di ri-durre i costi di produzione dei livelli di produzione esistenti 12, ma potrebbe non essere sempre redditizio per loro sfruttare appieno le possibilità di sviluppo derivanti da potenziali economie di scala, perché ciò li obbligherebbe ad aumentane i livelli di produzione. Il tasso di crescita naturale completo può essere definito come quello che comprende anche quello legato all’aumento della produttività per le dimensioni degli investimenti, oltre ai fattori previsti per il tasso di cre-scita naturale.

Difficoltà di finanziamento, inefficienza di gestione e sviluppo economico Nell’analisi fatta precedentemente si è ipotizzato che l’offerta dei mezzi di finanziamento sia infinitamente elastica al saggio d’interesse esistente, e che i singoli imprenditori possano non sfruttare tutte le possibilità di investire con profitto che si presentano loro. Si è assunto che vengano effettuati tutti gli investimenti in grado di far conseguire profitti, purché questi siano superiori ai costi d’interesse relativi all’ottenimento dei finanziamenti aumentati del margine per il rischio. In un’economia reale tutto ciò normalmente non accade per diversi motivi. Esamineremo ora due fattori di-stortivi: l’inelasticità nell’offerta dei mezzi di finanziamento e l’inefficienza imprenditoriale. Nella realtà le decisioni delle banche e dei governi, che con le politiche monetarie restringono o a espandono il credito, modificano la disponibilità dei finanziamenti e, differenziano il tasso di interesse per le diverse imprese, rendono l’offerta di mezzi di finanziamento non infinitamente elastica. Questo comporta che al-cune imprese non dispongano di mezzi finanziari per cogliere le opportunità d’investimento redditizie; ciò comporterà una minore crescita dell’economia. Questo ovviamente non tiene conto delle valutazioni positive che possono esserci in politiche monetarie che creino dei vantaggi esterni alle imprese, attraverso una di-versa ridistribuzione del reddito. Altri motivi capaci d’impedire alle aziende di investire in modo opportuno possono essere costituiti dalla dif-ficoltà di realizzare l’investimento nei tempi previsti (il tempo che intercorre tra il momento in cui si verifica la nuova opportunità e quello in cui l’investimento diventa produttivo) e dalla mancanza di conoscenza da parte dell’imprenditore della nuova opportunità. Tutti questi fattori portano ad un prolungamento della vita effettiva del capitale. Anche le attese su tassi di interessi futuri possono provocare una distorsione. Per esempio se si prevede che i tassi di interesse si alzino potrebbero sentirsi stimolate a posporre nel tempo la sostituzione del capitale esi-stente, a causa dell’aumento dei costi di produzione con il capitale nuovo, mentre i costi di produzione col capitale esistente resterebbero pressoché invariati. L’effetto di tutti questi fattori consiste dunque nell’abbassare il rapporto prodotto del capitale nuovo/prodotto totale e nel prolungare la vita del capitale esistente. In tutti questi casi gli imprenditori più abili e dotati di migliori capacità di valutazione conquisteranno alla fine i mercati, ma questo non impedisce che in ogni particolare momento esistano molti imprenditori che (per una ragione o per l’altra) non approfittino completamente di tutte le occasioni redditizie di investire che si presentano.

12 Alcuni tipi di progresso tecnico potrebbero essere in grado di ridurre i costi solo in corrispondenza di livelli di produzione più elevati di quelli esistenti, ma in questa discussione tale possibilità viene trascurata.

1-13

Page 14: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Se la vita del capitale si prolunga oltre il tempo ottimale, secondo quanto affermato precedentemente, questo ha un’ulteriore conseguenza: gli imprenditori inefficienti o conservatori sono generalmente restii ad intro-durre metodi di produzione più complessi così che la produttività del capitale nuovo risulterebbe inferiore a quella possibile. Se in un’economia la vita del capitale è superiore alla sua durata più redditizia, la proporzione di lavoratori equipaggiati con capitale vecchio deve essere maggiore, e siccome la produttività del lavoro con il capitale obsoleto è inferiore a quella con il capitale nuovo, la produttività media del lavoro risulta inferiore. Quindi se due economie si rassomigliano in tutto eccetto che nella durata della vita del loro capitale, quella dove la vita del capitale è più lunga sarà caratterizzata da una produttività media del lavoro inferiore e di conseguenza da un livello di produzione più basso. Questo non è detto che si traduca in un tasso di crescita inferiore. Se la vita del capitale è 50 anni in una eco-nomia e 10 in un’altra, esse avrebbero il medesimo tasso di crescita se il tasso di progresso tecnico e il tasso di incremento della popolazione fossero identici in entrambe, e la produttività del capitale nuovo fosse co-stante (vedi allegato 1). Se l’economia, in cui la durata del capitale è più lunga, cominciasse ad investire in capitale nuovo più rapi-damente, la vita del suo capitale si accorcerebbe (perché verrebbe sostituito più presto) e il suo tasso di cre-scita sarebbe superiore a quello naturale. Fino a quando la vita del suo capitale si accorcerà, il tasso di svi-luppo sarà superiore a quello naturale, ma quando il fenomeno si fermerà il tasso di crescita ritornerà ad essere quello naturale.. Quando si riduce Ia vita del capitale si deve aumentare la porzione di prodotto interno da dedicare agli inve-stimenti lordi, e questo significa ridurre la porzione dedicata al consumo. L’aumento dei consumi risulta dunque inferiore a quello della produzione, discusso nel paragrafo precedente. Precedentemente abbiamo affermato che il tasso di progresso tecnico potrebbe risultare più elevato quando viene dedicata agli investimenti una quota maggiore di prodotto nazionale; se questo avviene è irreale pen-sare che le economie con ammortamenti più veloci abbiano lo stesso coefficiente di progresso tecnico, anche se la globalizzazione dei mercati porta a ritenere che tale coefficiente sia dello stesso livello per tutti i mer-cati, ma le inefficienze del sistema strutturale delle diverse economie portano a risultati diversi. Vale anche l’argomento inverso. Se si assistesse ad un allungamento della vita del capitale, dovuto ad un aumento dell’inefficienza di gestione o a maggiori difficoltà nell’ottenere finanziamenti, l’economia aumen-terebbe il tempo di durata del capitale e il suo tasso di sviluppo risulterebbe anormalmente basso, mentre ha luogo il processo di allungamento della vita del capitale. Quando il fenomeno di allungamento della vita del capitale si interrompesse, l’economia tornerebbe al tasso di crescita naturale; probabilmente il prolungamento della vita del capitale provocherebbe una riduzione nel tasso di progresso tecnico e quindi ci sarebbe una riduzione permanente del tasso di crescita. Concludendo, in un’economia, che opera in regime di piena occupazione, il tasso di crescita dipende dal progresso tecnologico e dall’incremento demografico, per cui ogni politica capace di far aumentare il tasso di progresso tecnico aumenterebbe il tasso di crescita. Un aumento del tasso di progresso tecnico accentua il tasso di crescita dell’economia. Se l’aumento di pro-gresso tecnico prendesse la forma di un incremento annuale più rapido della produttività del capitale nuovo rispetto a quello vecchio, diventerebbe conveniente sostituire il capitale più frequentemente (perché i costi di produzione con capitale nuovo diminuirebbero più rapidamente rispetto a quelli con il capitale vecchio) e l’economia manterrebbe un tasso di crescita sempre più elevato del tasso naturale. L’effetto di un progresso tecnico più rapido potrebbe dunque essere duplice, provocando sia un aumento della produttività del capitale, sia una maggior velocità di ricambio del capitale e, negli anni immediatamente seguenti, in presenza di un aumento del tasso di progresso tecnico (innovazione radicale e pervasiva del sistema economico), si potrebbe assistere ad un tasso di crescita particolarmente rapido.

1-14

Page 15: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Per approfittare delle occasioni di sviluppo è quindi spesso necessario investire una porzione maggiore di prodotto nazionale; l’investimento di per sé, però, crea occasioni di sviluppo solo entro i limiti in cui è in grado di stimolare l’aumento del progresso tecnico, ed è poco probabile che questa sua funzione risulti abba-stanza forte da superare l’effetto dei rendimenti decrescenti. C’è dunque un limite alla porzione di prodotto nazionale di un’economia che può essere investita in modo redditizio in corrispondenza ad ogni dato saggio d’interesse. Per conseguire il massimo tasso di crescita, quando esistono condizioni di piena occupazione, è necessario creare quante più occasioni di sviluppo è possibile, tramite il progresso tecnico, e assicurarsi che ci sia una massa di investimenti sufficiente a sfruttarle. In un’economia che soffre di un notevole livello di disoccupazione e di sottoccupazione le possibilità di svi-luppo offerte dal progresso tecnico sono pressoché illimitate, e non c’è motivo di credere che un aumento nella quota di prodotto nazionale investito non aumenti il tasso di crescita almeno nella stessa proporzione. In tali condizioni il problema di conseguire il tasso di crescita più elevato possibile consiste soprattutto nell’aumentare il più possibile la quota di prodotto nazionale dedicata agli investimenti.

I cicli economici e l’evoluzione della tecnologia

I tipi di cicli economici Innanzi tutto cerchiamo di capire cosa si intende per “ciclo economico”, dando per scontato il concetto di ci-clo. Abbiamo due approcci possibili:

• L’analisi statistica mostra che, con opportune operazioni e aggiustamento statistico, si può indivi-duare una interpolante tra i punti rilevati della evoluzione economica;

• L’analisi dei fenomeni, che hanno influenza sull’evoluzione dell’economia, mostra per essi una fluttuazione ciclica.

Per ciclo economico si intende una sequenza ove a periodi di prosperità o espansione si alternano periodi di ristagno o recessione. Essa è dunque un susseguirsi di fasi che, partendo da un punto di svolta inferiore (o minimo del ciclo), procede con una fase di espansione, culminante in un punto di svolta superiore (o massimo del ciclo) al quale segue poi una fase di recessione, al cui termine c'è un nuovo punto di svolta inferiore, da cui inizia un nuovo ciclo (fig. 1.1). Il susseguirsi delle fluttuazioni o oscillazioni del sistema economico costituisce dunque il ciclo economico, la cui caratteristica è la ricorrenza, ma non la periodicità: una “regolarità irregolare” come l'ha definita J.A. Schumpeter. Il ciclo economico, secondo la definizione di W.C. Mitchell “consiste in espansioni che avvengono quasi contemporaneamente in molte attività economiche, seguite da recessioni e contrazioni egualmente generali, e da riprese che confluiscono poi nella fase di espansione del ciclo successivo” [Mitchell 1927]. Nella trattazione precedente abbiamo individuato una serie di fattori, legati ad investimenti e sviluppo della tecnologia, che influenzano lo sviluppo economico. A questi devono essere aggiunti altri fattori, quali:

• La stagionalità del consumo o dell’offerta

1-15

Page 16: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Figura 1.1 - esempio di forma di un ciclo economico

• La formazione di bolle distorsive che si “gonfiano” e poi si “sgonfiano” in funzione delle previsioni attese e del reale verificarsi dei fenomeni (andamento della domanda, dei tassi di interesse, dei cambi, ecc); ad esempio l’andamento delle scorte e l’andamento degli investimenti sulla base delle attese dell’evoluzione del quadro economico.

Se noi analizziamo la ciclicità dell’evoluzione dell’economia nel tempo, secondo i dettami dell’analisi stati-stica, incontriamo una sequenza di ciclicità legate alla somma dei fattori che influenzano l’evoluzione. Secondo la terminologia proposta da J.A. Schumpeter, i cicli si distinguono per la loro durata in tre tipi:

• cicli brevi, aventi una lunghezza non superiore ai quaranta mesi considerati di tipo “congiunturale”; • cicli medi, determinati da fattori non congiunturali, ma non strutturali . A secondo dei fattori domi-

nanti può avere un andamento da 7 a 11 anni; • cicli lunghi (cicli Kondratieff), legati alle evoluzioni strutturali di fondo. La durata è attorno a parec-

chi decenni (circa 50 anni). Il ciclo breve non interessa direttamente l’innovazione e le strategie, interessa essenzialmente l’azione di marketing dell’azienda, mentre l’azione strategica si sviluppa ponendo l’attenzione sul ciclo medio e su quello lungo. Precedentemente abbiamo visto come le aspettative di evoluzione dei tassi di interesse e della domanda pos-sano influenzare gli investimenti. Il ciclo medio, tra gli altri fattori, subisce l’influenza proprio della deci-sione di investire. Quando le condizioni sono favorevoli agli investimenti, un certo numero di aziende decide di effettuare investimenti; questo provoca due eventi: da una parte una maggiore dinamicità dell’economia per l’aumentata domanda globale, dall’altra si può pensare che, essendo la durata degli investimenti relati-vamente simile in tutti i settori economici, si possa verificare la necessità di sostituire gli impianti in periodi relativamente concentrati. I cicli più significativi ai fini dell’innovazione tecnologica sono i cosiddetti ‘cicli lunghi’, rilevati da Bradel , messi in evidenza da Kondrat’ev e studiati in particolare da Schumpeter e Freedman, che ha introdotto il concetto di paradigma tecno-economico.

1-16

Page 17: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Figura 1.2 Sovrapposizione teorico delle “onde lunghe” all’andamento dell’economia

Secondo il modello di Schumpeter, i profitti realizzati dagli innovatori costituiscono lo stimolo decisivo per lo sviluppo e sono un segnale per tutti gli imitatori. Questi ultimi determinano un effetto valanga e provo-cano una serie di innovazioni secondarie e di miglioramenti con il procedere dell'innovazione. Non tutti gli imitatori realizzeranno dei profitti, che dopo un periodo di rapido sviluppo saranno sempre più soggetti alla concorrenza. È questo un aspetto fondamentale dell'analisi di Schumpeter. Ad un certo punto di espansione della capacità lo sviluppo inizia a rallentare. La saturazione del mercato e i limiti di qualsiasi progresso tec-nologico, così come l'aumento della concorrenza, possono portare ad una diminuzione dei profitti e, con essa, dello stimolo per ulteriori investimenti. L'impatto dei miglioramenti tecnici tende a diminuire gradualmente, secondo la legge di Wolff. Un tale processo di maturazione si compie di solito nell'arco di diversi decenni, raramente di pochi anni. Man mano che i vecchi prodotti maturano e diventano meno redditizi, parte la ri-cerca di nuove tecnologie con un potenziale di produttività e profitto maggiore. Ciò che Schumpeter mette in rilievo non sono tanto i nuovi prodotti o processi, né i miglioramenti tecnolo-gici apportati a prodotti e servizi già esistenti, quanto piuttosto le nuove tecnologie. Gli studi riguardanti i singoli prodotti e servizi sono senza dubbio importanti per l'analisi e la previsione di innovazioni specifiche nell'ampio spettro delle nuove tecnologie. Ma l'approccio di Schumpeter appare più importante quando si considerano gruppi di innovazioni collegate, che possono interessare una gamma molto ampia di prodotti e processi, e perfino l'intera economia. L'interesse qui si sposta sugli aspetti complementari ed esterni dei nu-clei di famiglie di innovazioni tecniche e sociali. Nell'analisi di Schumpeter queste rivoluzioni tecnologiche successive sono alla base dei "cicli di Kondrat'ev", le onde lunghe dello sviluppo economico.

1-17

Page 18: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Cambiamento del "paradigma tecno-economico" (Rivoluzione tecnologica)

e che noi consideriamo i cicli lunghi di Schumpeter come una successione di "mo-elli tecno-economici".

mplica dei profondi cambia-enti sociali e istituzionali, e la sostituzione dei settori trainanti dell'economia.

n tale cambiamento di modello plica una combinazione unica di elementi tecnici ed economici favorevoli.

n senso manageriale in vista di un iglioramento dei profitti; ciò vale più o meno per ogni tipo di industria.

ri produttivi particolare, descrivibile come "fattore chiave" del mo-ello, risponde alle seguenti condizioni.

mbiare le regole decisionali e le procedure di tecnici e managers (Perez, 1985; Freeman e Soete, 1986).

n aumento prolun-gato dell'offerta. Questa è una condizione necessaria per incoraggiare gli investimenti.

Si tratta delle "tempeste di distruzione creativa", che sono al centro della teoria delle onde lunghe di Schum-peter. Sono esempi di trasformazioni cosi radicali l'avvento dell'elettricità e della forza motrice del vapore. Un cambiamento di questo tipo dà origine a diversi gruppi di innovazioni radicali e incrementali; può anche racchiudere molti nuovi sistemi tecnologici. Caratteristica fondamentale di questo quarto tipo di cambia-mento tecnico è l'effetto pervasivo su tutta l'economia: esso non riguarda cioè soltanto la nascita di una nuova gamma di prodotti, ma deve anche coinvolgere, direttamente o indirettamente, quasi tutti gli altri rami dell'economia. Diciamo "modello tecno-economico" e non "tecnologico" perché i cambiamenti implicati vanno oltre le tecnologie del prodotto o processo specifico, interessando in tutto il sistema la struttura dei co-sti, nonché la produzione e la distribuzione. Quando questo tipo di cambiamento arriva ad esercitare un'in-fluenza predominante su tecnici, progettisti e managers rimane come "regime tecnologico" per diversi de-cenni. È dunque evidentd Esamineremo ora le caratteristiche principali dei modelli "tecno-economici" e i loro schemi di diffusione at-traverso le onde lunghe dello sviluppo economico. Cercheremo di dimostrare che un nuovo modello tecno-economico si sviluppa all'inizio all'interno di quello che lo precede, facendo emergere i propri elementi di superiorità nella fase recessiva del ciclo di Kondrat'ev che lo precede. Si stabilisce però come regime tecno-logico dominante soltanto dopo un momento di riassestamento strutturale, che im Il nostro concetto di "modello tecno-economico" è più ampio di quello di "gruppi" di innovazioni o di "si-stemi tecnologici". Per modello tecno-economico intendiamo una combinazione di innovazioni, collegate tra loro, riguardanti i prodotti, i processi, le tecniche, l'organizzazione e il management, implicanti un grosso salto di produttività potenziale per tutti o quasi tutti gli ambiti economici, e l'apertura di una serie insolita-mente ampia di possibilità di investimenti e profitti completamente nuove. Uim Una caratteristica fondamentale della diffusione, in un nuovo modello tecno-economico, è chiaramente la sua capacità di estendersi dalle industrie o aree di applicazione originarie ad una gamma molto più ampia di in-dustrie e servizi, fino ad abbracciare l'intera economia. Per cambiamento "di modello" intendiamo esatta-mente una trasformazione radicale della meccanica prevalente e del buom Il principio organizzativo di ogni modello successivo e la giustificazione dell'espressione "modello tecno-economico" devono essere rinvenuti non solo in una nuova gamma di prodotti e sistemi, ma soprattutto nella dinamica della struttura del costo di tutti i possibili fattori produttivi fino alla produzione. In ciascun nuovo modello, un fattore o un insieme di fattod

Costi relativi bassi e in rapida diminuzione. I piccoli cambiamenti sul costo relativo dei fattori produttivi non hanno effetti rilevanti sul comportamento di tecnici, progettisti e decisori. Soltanto i cambiamenti più importanti e duraturi hanno il potere di ca

Disponibilità apparentemente illimitata dell'offerta per periodi lunghi. Si possono certamente verificare

occasionalmente dei periodi in cui l'offerta è limitata, nei momenti in cui la domanda per il nuovo fattore chiave cresce rapidamente, ma deve essere chiaro che non ci sono grossi ostacoli ad u

1-18

Page 19: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

• Possibilità di uso o incorporazione nel sistema economico dei nuovi fattori produttivi chiave in molti prodotti e processi, o direttamente o (più comunemente) attraverso un insieme di innovazioni tra loro collegate, che riducono i costi e cambiano la qualità delle attrezzature, dei fattori riguardanti il lavoro e di altri fattori del sistema.

La combinazione di queste caratteristiche si ritrova oggi nella microelettronica; si ritrovava fino a poco tempo fa nel petrolio, che ha sostenuto il boom del dopoguerra (la quarta "fase di espansione" di Kondrat'ev). Prima di allora, anche se con maggiori incertezze, il ruolo di fattore produttivo chiave venne ricoperto dal-l'acciaio a basso prezzo nel "terzo ciclo" di Kondrat'ev, dal carbone e dai trasporti a vapore a basso costo du-rante il boom vittoriano del XIX secolo, e dal lavoro industriale e dal cotone a basso costo durante la Rivolu-zione industriale della fine del 1700. Naturalmente, ciascuno di questi fattori produttivi, identificati come "fattori chiave", esisteva già molto tempo prima dello sviluppo del nuovo modello. Da un punto di vista puramente tecnico, l'esplosione di inno-vazioni implicate in una rivoluzione tecnologica avrebbe potuto avvenire anche prima e in modo più gra-duale. La valutazione del “rischio” e dei costi delle nuove tecnologie inizialmente ne frena l’applicazione, ma quando tali tecnologie si affermano, il rischio diventa di essere esclusi dal mercato per costi troppo elevati e qualità insufficiente a quella richiesta. Il nuovo fattore chiave non appare isolato, ma piuttosto al centro di un sistema in rapida crescita di innova-zioni tecniche, sociali e manageriali, alcune delle quali legate alla produzione del fattore chiave stesso, altre al suo utilizzo. L’ approccio di Freedamn sottolinea la risposta del sistema ai più grandi cambiamenti del prezzo dei nuovi fattori produttivi e le nuove tecnologie, che si servono del proprio potenziale per ridurre i costi sia del lavoro che del capitale, come risultato delle nuove combinazioni di fattori e delle innovazioni organizzativo - mana-geriali. Questi grossi cambiamenti sono il risultato di una ricerca attiva e prolungata in risposta ai limiti per-cepiti. Quando la nuova tecnologia è ampiamente adottata, il cambiamento in genere è irreversibile. Diffusione dei nuovi modelli tecno-economici e del cambiamento istituzionale Un nuovo modello tecno-economico emerge come nuovo "tipo ideale" di organizzazione produttiva solo gradualmente, per trarre i maggiori vantaggi dai fattori produttivi chiave che stanno diventando sempre più evidenti nella struttura relativa dei costi. Il nuovo modello svela la propria capacità di aumentare la produtti-vità e apre possibilità di investimento senza precedenti. Per queste ragioni provoca un cambiamento radicale nel "buon senso" tecnico e manageriale e tende a diffondersi il più rapidamente possibile, sostituendo lo schema di investimento del vecchio modello. La costellazione completa - una volta cristallizzata - va ben oltre il fattore/i chiave e il cambiamento tecnico stesso. Essa provoca una ristrutturazione dell'intero sistema produttivo. Tra le altre cose, un nuovo modello implica: un nuovo tipo di organizzazione nell'impresa e negli impianti; la richiesta di nuove competenze della manodopera, riguardanti sia la qualità che la quantità del lavoro e de-terminanti nuovi schemi di distribuzione del reddito; un nuovo mix di prodotti; gli investimenti si concentreranno su quei prodotti che fanno maggior uso del fattore chiave a basso prezzo e che rappresenteranno una parte crescente del Pil; nuovi orientamenti nelle innovazioni radicali e incrementali, aventi lo scopo di contrapporre ad elementi re-lativamente costosi un uso più intensivo del nuovo fattore/i chiave; un nuovo schema di collocamento degli investimenti nazionali ed esteri, da costruire man mano che il cam-biamento della struttura relativa dei costi trasforma i vantaggi comparati; una serie di investimenti infrastrutturali destinati a fornire effetti esterni appropriati nel sistema e a facilitare ovunque l'uso dei nuovi prodotti e processi;

1-19

Page 20: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

una tendenza per le grosse imprese a concentrarsi, attraverso lo sviluppo e la diversificazione, in quei rami dell'economia nei quali è prodotto e usato più frequentemente il fattore chiave; in questo modo settori diversi saranno i motori dello sviluppo in ogni successiva fase di espansione; la tendenza, valida anche per le piccole nuove imprese innovatrici, a entrare a far parte dei nuovi comparti in espansione dell'economia e, in alcuni casi, a creare settori produttivi completamente nuovi. Il periodo di transizione - la fase congiunturale dell'onda lunga - è caratterizzato da un profondo cambia-mento della struttura istituzionale e sociale che richiede una trasformazione altrettanto profonda. L'inizio della fase depressiva è caratterizzata da un crescente squilibrio tra il sottosistema tecno-economico e la vec-chia struttura socio-istituzionale e da una spinta sempre più forte a modificare il comportamento sociale e le istituzioni. Tutto ciò è il risultato di un processo di ricerche politiche, esperimenti e adattamenti; una volta che questi sono giunti a compimento, attraverso una serie di cambiamenti sociali e politici, viene ad essere favorita la fase ascendente dell'onda lunga. Questo processo appare molto diverso nei vari contesti politici e culturali nazionali e ha una notevole influenza sugli scherni della leadership tecnologica internazionale e sui modelli internazionali di diffusione.

L’evoluzione degli ultimi paradigmii tecno-economici Nell’allegato n° 2 troviamo gli schemi riassuntivi dei paradigmi tecno-economici dalla fine del 1700. Ora analizziamo velocemente il ciclo Fordista o “dell’industria pesante” o “del petrolio”, che impegna tutto il periodo a cavallo della II° guerra mondiale e si conclude negli anni ’80. Si basa sulla disponibilità di ener-gia “facile”, generata dal petrolio: più trasportabile, più facile da gestire nel suo utilizzo; conseguenza del petrolio e suoi derivati, in grande quantità e basso prezzo si afferma lo sviluppo del sistema dei trasporti le-gato al motore a scoppio. L’energia elettrica può essere facilmente prodotta dai derivati del petrolio. La di-sponibilità di petrolio e primi derivati dà impulso alla Petrolchimica e ai polimeri, derivati fondamentali, che saranno i “nuovi materiali” del periodo, sostituendo in moltissime applicazioni, legno, ferro, vetro, prodotti della ceramica e della pietra. I polimeri sviluppano inoltre nuovi prodotti e nuove applicazioni e rendono i prodotti durevoli meno costosi e più affidabili. La II° guerra mondiale concentra l’attenzione della ricerca, per scopi militari, su alcuni settori che nell’immediato dopoguerra permetteranno di sostenere con il loro aumento di produttività il boom economico degli anni cinquanta e precisamente: i prodotti elettronici e delle telecomunicazioni (radar, radio e TV), il nucleare e il calcolo elettronico. Lo stimolo della conquista dello spazio porta la ricerca alla miniaturizzazione dei componenti ed alla ricerca di nuovi materiali. A livello di impianti, l'organizzazione "ideale" era la catena di montaggio, che permetteva un flusso continuo di produzione di quantità enormi di pezzi identici. L'impresa "ideale" era la "multinazionale", con una com-plessa struttura gerarchica manageriale e amministrativa, comprendente un settore interno di R&S, operante in mercati oligopolistici, nei quali era determinante il ruolo della pubblicità e del marketing. Queste imprese richiedevano un gran numero di operai e impiegati con competenze di livello medio; si venne così a creare uno schema caratteristico dell'occupazione e distribuzione del reddito. L’organizzazione delle aziende quindi si appesantisce, privilegiando le economie di scala e l’allargamento della base produttiva. L’argomento sarà trattato nel prossimo capitolo. Questo modello, cosi come i cambiamenti sociali e le modifiche del sistema finanziario per favorire lo svi-luppo del sistema di vendita rateale e di altri tipi di credito, facilitava un'espansione massiccia del mercato dei beni di consumo durevoli. Il ciclo Fordista si esaurisce quando non riesce a far crescere più la produttività; nascono i dubbi sulla dispo-nibilità infinita di petrolio, il mercato dei prodotti si satura, iniziano le contestazioni sociali e si inizia a met-tere il dito sulla incompatibilità ambientale delle produzioni di base del paradigma. Si ricorda che l’aumento della produttività era basato essenzialmente sullo sfruttamento delle economie di scala. Questo porta ad im-pianti sempre più grandi, ma contemporaneamente appaiono i rischi legati a tali dimensioni e la mancanza di flessibilità nella gestione.

1-20

Page 21: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Alcuni elementi, già presenti negli ultimi decenni, in particolare lo sviluppo dell’elettronica iniziata con il transistor e le esigenze di miniaturizzazione e di qualità innescate dalla ricerca per l’esplorazione dello spa-zio, aprono la strada al V° ciclo tecnologico. EVOLUZIONE DELLE CARATTERISTICHE DELLE

TECNOLOGIE APPROCCIO EMPIRICO → SCIENTIFICO

CONTENUTO SOFTWARE BASSO → ALTO

CONTENUTO HARDWARE ALTO → BASSO

RISORSE NATURALI RARE → ABBONDANTI

COSTI INVESTIMENTO BASSO → ALTO

COSTI ESERCIZIO ALTO → BASSO

SPETTRO APPLICAZIONI RISTRETTO → AMPIO

COMPATIBILITÀ AMBIENTALE BASSO → ALTO

Nella tabella è riportata la sintesi dell’evoluzione della tecnologia. L’approccio diventa essenzialmente scientifico, i nuovi prodotti o i nuovi processi nascono dallo sviluppo degli studi e delle teorie scientifiche. Il “peso” ambientale e di consumo energetico diminuisce drasticamente e le tecnologie diventano più leggere, con più attenzione alla qualità che non alla quantità di prodotto ottenibile. La quota del capitale nella strut-tura produttiva aumenta, ma le tecnologie più affidabili fanno diminuire i costi di esercizio. Ogni nuova tecnologia presenta ampie possibilità di applicazioni e molteplici settori, mentre l’impatto ambientale risulta inferiore alle precedenti.

MUTAMENTI STRUTTURALI

RISORSE CICLO FORDISTA CICLO POSTFORDISTA Tecnologia dominante HARD SOFT

Intensità LAVORO CAPITALE Differenziazione BASSA ALTA

Assetto organizzativo GERARCHIA, PIRAMIDE INTERATTIVO, PIATTO Modello d’impresa CASTELLO RETE

Impatto ambientale HARD SOFT Intensità d’uso delle risorse ALTA BASSA

Previsione DETERMINISTICA PROBABILISTICA Metodi previsione ESTRAPOLAZIONE TECHNOLOGY ASSESSMENT, SCE-

NARI

La conseguenza di queste nuove tendenze della tecnologia è che il sistema economico trova nuovi punti di equilibrio, modificando i rapporti precedenti tra i fattori. Le nuove esigenze modificano la struttura organizzativa delle aziende. La necessità di una grande flessibilità trasforma le strutture piramidali in strutture poco gerarchiche e più interattive, le relazioni con il mondo esterno si fanno più complesse.

1-21

Page 22: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

Il paradigma della tecnologia dell'informazione Oggi il basso costo della microelettronica, destinato a diminuire ancora, con i nuovi collegati sviluppi nei settori dei calcolatori e delle telecomunicazioni, spinge ad abbandonare la strada (ora costosa) della produ-zione di massa ad alto contenuto di energia e di materiali. L 'organizzazione produttiva "ideale", ad elevato contenuto di informazione, unisce oggi il design, il management, la produzione e il marketing in un sistema integrato che va ben oltre i primi concetti di auto-mazione e meccanizzazione e che può essere definito “sistemico”. Le imprese, organizzatesi su questa nuova base, possono produrre in modo flessibile una gamma di prodotti e servizi sempre diversa. Lo sviluppo tende sempre più ad essere guidato dai settori dell'elettronica e dell'informazione, grazie ai vantaggi determinati da un'infrastruttura globale di telecomunicazioni, che alla fine farà enormemente diminuire i costi di trasmis-sione di elevate quantità di informazioni in tutto il mondo e renderà accessibile l’informazione in modo istantaneo in tutto il globo. Cambiano le competenze legate al nuovo modello tecno-economico: si passa dalla concentrazione su com-petenze di medio livello e lavori di supervisione a qualifiche sempre più o elevate o basse, e da una specia-lizzazione molto ristretta ad un insieme di competenze di base più generali, riguardanti la gestione delle in-formazioni. La diversità e la flessibilità prendono il posto dell'omogeneità e dei sistemi specializzati. Non meno radicale è la trasformazione delle attrezzature e degli impianti. I calcolatori vengono sempre più spesso integrati o messi in rete con i macchinari, come nelle macchine utensili a controllo numerico, nella robotica e negli strumenti di controllo. I metodi di progettazione, con l'ausilio del calcolatore, diventano più sofisticati e precisi, permettendo, ad esempio, la visualizzazione tridimensionale e il “movimento” del pro-dotto progettato. Le funzioni amministrative attraverso i sistemi interattivi e intercomunicanti dell’ elaborazione dati si sem-plificano e si velocizzano. Negli anni ’80 e ’90 appaiono evidenti i grossi problemi strutturali che questo cambiamento di modello comporta. Tra essi è la grande scarsità di competenze di alto livello richieste, specialmente nei Paesi ad alta disoccupazione. Parallelamente si verifica un persistente surplus di capacità produttiva nelle industrie ad alta intensità energetica, come quelle siderurgiche, petrolifere e petrolchimiche. Ne consegue la ricerca di nuove soluzioni sociali e politiche, come l'orario di lavoro flessibile o ridotto, si-stemi di formazione e conversione professionale, politiche regionali di stimolo e incentivazione alle tecnolo-gie dell' informazione (invece dell' approccio tradizionale degli incentivi fiscali alle industrie ad alta intensità di capitale per produzioni di massa), nuovi sistemi finanziari, decentralizzazione del management e del go-verno e accesso alle banche dati a tutti i livelli. L'analisi dei cambiamenti riguardanti la produttività del lavoro e del capitale negli ultimi vent'anni fa emer-gere il seguente quadro. 1. I settori con i più alti tassi di sviluppo della produttività del lavoro sono le industrie elettroniche, soprat-tutto quelle dei calcolatori e dei relativi componenti. Sono queste le industrie che fanno il maggior uso della loro stessa tecnologia per la progettazione, la produzione, il controllo delle scorte, il marketing ed il management. Sono anche gli unici settori industriali in cui la produttività del capitale è in aumento. Sono i settori che hanno dimostrato i vantaggi delle nuove tecnologie e possono essere descritti come i "rami" por-tanti e i "motori" del nuovo modello. 2. Nei settori, in cui la microelettronica è più profondamente penetrata nella tecnologia dei prodotti e dei processi, si è riscontrato un notevole aumento della produttività del lavoro e, molto recentemente, anche del capitale. Questo, per esempio, vale per le industrie della strumentazione scientifica, delle telecomunicazioni e degli orologi. Questi settori sono in pratica entrati a far parte dell'industria elettronica.

1-22

Page 23: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

3. Nei settori in cui, negli ultimi dieci anni, la microelettronica è stata usata sempre più frequentemente, ma in cui predominano ancora le vecchie tecnologie, il quadro è molto differenziato. Alcune imprese hanno ot-tenuto aumenti di produttività molto alti, altre si trovano in una situazione di stasi, altre registrano un de-clino. Citiamo tra queste le industrie della stampa, dei macchinari e dell'abbigliamento. In molti casi la tec-nologia dell'informazione è stata introdotta soltanto in una funzione aziendale o per un'attività particolare, ma non come parte di un sistema integrato. Per esempio, sono state usate una o più macchine utensili a con-trollo numerico, robot o word-processor. Queste sono ancora piccole "isole" di automazione e non sistemi integrati di produzione o di ufficio, che non assicurano il raggiungimento del potenziale di incremento della produttività. Ci può anche essere un declino temporaneo della produttività, per la mancanza delle compe-tenze necessarie alla progettazione, al software, all'ingegneria di produzione, alla manutenzione, in generale al management. Il problema dell'adattamento sociale e istituzionale è estremamente importante, e la flessibi-lità cambia nei diversi Paesi, cosi come nelle diverse imprese. Tra i Paesi dell'OCSE, Giappone e Svezia, in particolare, sembrano registrare progressi nell'area "meccatronica", ma gli Stati Uniti, che hanno avuto note-voli guadagni di produttività nel settore della microelettronica, anche se in misura inferiore al Giappone, non sono riusciti nell'area della meccatronica, con la parziale eccezione dell'industria per la difesa. 4. I settori che producono beni di consumo standardizzati in impianti relativamente grandi hanno usato molto la tecnologia dell'informazione nei loro sistemi di controllo dei processi e in numerose applicazioni gestio-nali. Sono stati sicuramente tra i primi ad usare i computer per questi scopi. Questo vale, per esempio, per le industrie petrolchimiche, petrolifere, siderurgiche e del cemento. Ciò le ha aiutate a migliorare molto l'uso dell'energia e dei materiali, ma i guadagni sulla produttività del lavoro sono spesso stati inferiori rispetto a quelli degli anni '50 e '60, mentre la produttività del capitale è in genere fortemente in declino. Per comprendere questo fenomeno è essenziale rendersi conto che queste sono tra le industrie più pesante-mente colpite dal passaggio da un modello tecnologico di produzione di massa basato sull'energia e sui mate-riali a un modello basato sull'informazione. Negli anni '50 e '60, con il boom dei beni di consumo durevoli e degli autoveicoli, queste industrie conseguivano grossi guadagni nella produttività del lavoro grazie a eco-nomie di scala favorevoli ai grossi impianti. Con il cambiamento del modello tecnologico, il rallentamento dell'economia mondiale e l'aumento del prezzo dell'energia degli anni '70, esse si sono trovate di fronte a problemi di capacità installata superiore alla domanda, e quindi a costi unitari elevati, dovuti ad una sottouti-lizzazione degli impianti. 5. I settori dei servizi completamente basati sulla tecnologia dell'informazione - i servizi di software, le ban-che dati, i servizi di informazione computerizzati, i servizi di progettazione e cosi via - sono quelli in più ra-pido sviluppo e, nei principali Paesi industrializzati, rappresentano le attività più proficue per le singole im-prese. Essi costituiscono però una piccola parte dei servizi e dell'occupazione totale, anche se il loro poten-ziale di sviluppo è enorme. Le statistiche sono assai carenti in queste aree, ma evidenze empiriche indicano elevati tassi di crescita della produttività. 6. Alcuni altri settori di servizi sono stati toccati considerevolmente dalla tecnologia dell'informazione, come il settore bancario, quello assicurativo e quello distributivo. In questi settori, anche se la diffusione delle nuove tecnologie è molto disuguale, a seconda dei Paesi e delle imprese, la produttività del lavoro sta au-mentando notevolmente. Questo fenomeno è piuttosto importante, perché finora il settore dei servizi non era in grado di raggiungere i risultati ottenuti in quello manifatturiero. La tecnologia dell'informazione offre oggi la possibilità di ottenere questi risultati. Tuttavia i progressi tecnologici dipendono in gran parte dai cambia-menti istituzionali e strutturali. 7. Nella maggior parte del settore terziario la tecnologia dell'informazione è presente in misura ancora limi-tata: queste aree sono caratterizzate da aumenti di produttività irrilevanti. Ciò può essere attribuito alla man-canza di tecnologia dell'informazione, non certamente al suo impatto.

1-23

Page 24: GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI - unibg.it · GESTIONE DELL’INNOVAZIONE E DEI PROGETTI APPUNTI PER LE LEZIONI DEL PROF. GIOVANNI GELMINI 1-1. ... 1 Vedi Riccardo Galli:

8. Da ultimo, in molte economie industrializzate ci sono settori che hanno mostrato aumenti della produtti-vità del lavoro negli ultimi dieci anni, dovuti però più alla ristrutturazione delle attività che all'impatto diretto della nuova tecnologia. Ne sono esempi le industrie tessili e alimentari e anche alcuni dei settori discussi al punto 4, grazie alla chiusura di alcuni impianti e alla razionalizzazione produttiva. Poiché in ogni industria c'è sempre una "coda" di impianti poco produttivi, con la loro eliminazione si può ottenere un aumento signi-ficativo nella produttività media del lavoro, anche senza cambiamenti tecnici negli impianti più recenti, che possono lavorare al massimo della capacità. Prima di concludere, un’ultima osservazione. Anche se non esistono rilevazioni certe, è diffusa l’opinione che la durata dei cicli lunghi si stia accorciando. Tale tendenza può trovare un motivo nell’aumentata velo-cità dello scambio delle conoscenze, che riduce i tempi di diffusione delle nuove tecnologie e dall’aumentata velocità di sviluppo della tecnologia e che, a sua volta, riduce la vita delle tecnologie in uso.

1-24