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GESÙ MAESTROAprile-Maggio-Giugno 2013 - Trimestrale anno 17Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”DIRETTORE: Don Olinto CrespiDIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma

Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996 Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Trullo s.r.l. - www.tipolitografiatrullo.it

Via Ardeatina, 2479 - 00134 Santa Palomba Roma - Tel. 06.6535677

Grafica di copertina: Mario Moscatello sspIn copertina: Cristo Risorto. Mosaico di M. Rupnik

Nuova Cappella del Beato Claudio di Chiampo (VI)

EDITORIALE

Progetto unitario di Famiglia Paolina

“Dare al mondo Gesù Cristo

Via e Verità e Vita” . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Il trono regale di Cristo

è il legno della Croce! . . . . . . . . . . . . . . 5

“Custodire” il Creato . . . . . . . . . . . . . . 8

Il beato Alberione e il Papa . . . . . . . . . 9

Maria, donna umile e gioiosa . . . . . . . . 11

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”

Comunicazione del Delegato

Al centro la misericordia divina . . . . . . 13

Ai Sacerdoti e ai Genitori . . . . . . . . . . . 17

Per me vivere è Cristo . . . . . . . . . . . . . . 19

S O M M A R I O

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”

Lettera del Delegato

Liturgia e stile di vita familiare . . . . . . 22

La fede nella vita quotidiana . . . . . . . . 25

Il “paradosso” evangelico

della preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Il Cantico di lode . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

Benedetto nei secoli il Signore! . . . . . . 31

La lealtà, ossia fedeli a se stessi . . . . . . 33

Il servizio nella vita di comunità . . . . . 36

Bravo papà cercasi! . . . . . . . . . . . . . . . . 39

In Libreria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

Film - CD - Musica . . . . . . . . . . . . . . . . 42

Ricordo dei Defunti . . . . . . . . . . . . . . . 43

Uniti nel suffragio . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

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Editoriale

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I l volume con questo titolo è il frutto di unlungo lavoro di équipe, realizzato dall’appo-

sita “Commissione intercongregazionale di stu-dio sull’identità carismatica e ministeriale dellaFamiglia Paolina”. Vi troviamo qui la ragioned’essere della nostra comune vocazione di figlie figlie spirituali di Don Alberione. Annotano icompilatori di questo lavoro: «La storia dellaFamiglia Paolina è la storia di un progetto uni-tario e insieme composito, rac-cordato sul nucleo cristocen-trico, tratto da Gv 14,6 ed evi-denziato dalla Tametsi futura,enciclica di Leone XIII: GesùCristo Via e Verità e Vita, davivere e da donare al mondo».

L’obiettivo da raggiungereè quello di una doverosa eautentica mentalità di co-munione da consolidare:partendo dalla convinzione diessere Famiglia, bisogna cre-scere insieme per sentirci Fa-miglia; bisogna sentirci, ve-derci e trattarci reciproca-mente come fratelli e sorelle della medesimaFamiglia voluta dallo Spirito; bisogna arriva-re ad essere coscienti che ogni singola Istitu-zione della Famiglia Paolina realizza piena-mente la sua vocazione-missione nella Chiesadi Dio solo attraverso l’integrazione e la com-plementarietà di tutta la Famiglia.

Ma come raggiungere tale unità, tale comu-nione se non dando a tutti e a tutte un’animacomune, una spiritualità comune, un camminodi santità comune? Possiamo ritenere che que-sta ricerca di un nucleo spirituale comune –meglio dire sempre: un’anima comune – fossepure il principale tormento che il Fondatoresentiva nei primi decenni della misteriosa ge-

stazione della Famiglia Paolina. Ma gradata-mente e a tempo opportuno, il suo cuore doci-le e illuminato arriverà ad esprimere quello chenoi oggi, senza dubbio, chiamiamo “il proget-to unitario”.

In questo “progetto unitario” – che possia-mo riassumere in espressioni tanto abituali alnostro Fondatore: La Famiglia Paolina aspiraa vivere integralmente il Vangelo di Gesù Cri-

sto, Via, Verità e Vita, come esecondo san Paolo. In lui sia-mo forgiati per riprodurreGesù Cristo... Una è la nostraspiritualità: vivere in CristoGesù Via, Verità e Vita... Nonè una bella espressione, non èun consiglio: è essere o nonessere paolini! Quindi, viveree dare al mondo Cristo Mae-stro integrale... –ciascuno dinoi, religiosi/religiose, laiciconsacrati, cooperatori/coo-peratrici, può e deve trovarela sua collocazione, la sua ra-gione d’essere e di operare, la

sua missione. Qui il senso della comune voca-zione paolina, e quindi la nobiltà e la gioia del-la nostra vocazione nella Chiesa e nel Mondo,valida per tutti. Vi è forse qualcuno che nonpossa vivere la propria “cristificazione”? Tuttiquindi, impegnati in un’attività, lavorativa oofferenti in una situazione di dolore, tutti atti-vi, tutti fecondi, tutti apostoli, tutti paolini!

La conformazione a Gesù Divino Maestro èquanto qualifica la nostra persona dipaolini/paoline. È il motivo fondamentale percui il Signore ci ha chiamati e donati alla Fami-glia Paolina e, tramite la Famiglia Paolina, allaChiesa e all’umanità. È appunto ciò che costi-tuisce l’identità di ogni “paolino”.

Progetto unitario di Famiglia Paolina

«Dare al mondo Gesù Cristo Via e Verità e Vita»

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Editoriale

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In parole a tutti comprensibili: siamo stati so-gnati da Dio Padre perché, con l’aiuto dello Spiri-to, possiamo essere maggiormente conformi allapersona di Gesù, ed essere, con la vita prima an-cora che con una specifica azione, fermento, salee luce del mondo. Come Paolo, come Alberione:prolungamento di Cristo; anzi: altri Cristo!

Si colloca qui la missione della FamigliaPaolina e di ciascuno dei suoi membri. La mis-sione, l’apostolato, nella loro sostanza, sonomanifestazione o prolungamento del personaleimpegno di “cristificazione” o di “conforma-zione a Cristo Maestro, Via, Verità e Vita”: so-no il modo di vivere e di attuare tale cristifica-zione o conformazione. È la persona di Cristoscoperta, contemplata, assimilata, vissuta cheviene annunciata-comunicata-irradiata con lavita e con l’azione. Per cui, quando tale testi-monianza non fosse praticamente possibile at-traverso una specifica esteriore azione aposto-lica, essa verrebbe ugualmente manifestata conla vita. Ecco perché anche la vita di un cristia-no ammalato o inchiodato su un letto può sem-pre essere grandemente feconda, evangelizza-trice, apostolica.

In linea con l’insegnamento perenne dellaChiesa, il beato don Alberione ci ricorda cheprotagonista della nostra vita spirituale ed apo-stolica è sempre Gesù Cristo, Signore e Maestro.Con uguale convinzione si era espresso anchepapa Giovanni Paolo II quando scriveva: «Non ciseduce certo la prospettiva ingenua che, di fron-te alle grandi sfide del nostro tempo, possa es-serci una formula magica. No, non una formulaci salverà, ma una Persona, e la certezza che es-sa ci infonde: Io sono con voi!» (NMI, n. 29).

Quindi, centro e fulcro di tutto il movimen-to spirituale ed apostolico della Famiglia Paoli-na non potrà che essere la persona del MaestroDivino, che Egli stesso vuole quasi “reincar-narsi-prolungarsi” nel Paolino, nella Paolina,religioso o laico che sia, a vantaggio di tutti.

Esattamente in questa ottica si colloca «ilprogetto unitario di Famiglia Paolina»; proget-to sempre più attuale: vivere personalmente

Gesù Cristo Via e Verità e Vita, per poterlo da-re al mondo.

Quanto sinteticamente esposto lascia, forse,spazio a dubbi sulla validità, attualità ed urgen-za della vocazione e missione della FamigliaPaolina nel mondo contemporaneo? Il Fondato-re ci ripeterebbe: Non voi avete scelto CristoMaestro, ma Cristo Maestro ha scelto voi,...perché Lo viviate e Lo testimoniate… Non te-mete, io sono con voi.

Può essere utile terminare questa sinteticapresentazione del “Progetto unitario di Fami-glia Paolina”: «Dare al mondo Gesù CristoVia, Verità e Vita», riandando esplicitamenteal nostro Fondatore, laddove possiamo trovarela sintesi di questo esaltante ideale:

1. LA FISIONOMIA COMUNE DELLA FAMIGLIA

PAOLINA: «Tutto l’uomo in Gesù Cristo, perun totale amore a Dio: intelligenza, volon-tà, cuore, forze fisiche. Tutto: natura, gra-zia, vocazione, per l’apostolato. Carro checorre poggiato sulle quattro ruote: santità,studio, apostolato, povertà» (AD 100).

2. LA COMUNE SPIRITUALITÀ PAOLINA: «LaFamiglia Paolina aspira a vivere inte-gralmente il Vangelo di Gesù Cristo, Via,Verità e Vita, nello spirito di san Paolo,sotto lo sguardo della Regina Apostolo-rum. In essa non vi sono particolarità, nédevozioni singolari, né soverchie formali-tà; ma si cerca la vita in Cristo-Maestroe nella Chiesa… Segreto di grandezza èmodellarsi su Dio, vivendo in Cristo…»(AD 93-95).

3. LA COMUNE MISSIONE PAOLINA: «Cristo,Via, Verità e Vita, regni nel mondo! La Fa-miglia Paolina ha qui un largo compito eresponsabilità» (AD 63). «Voi siete sale,voi siete luce, voi siete città posta sulmonte» rispetto al mondo. È il pensierodel Divino Maestro...» (AD 87). «Ognunopensi che è trasmettitore di luce, altopar-lante di Gesù, segretario degli evangelisti,di san Paolo, di san Pietro…» (AD 157).

a cura di don Olinto CRESPI

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Magistero della Chiesa

illumina nel cammino. E così og-gi lo abbiamo accolto.

E questa è la prima parolache vorrei dirvi: gioia! Non sia-te mai uomini e donne tristi: uncristiano non può mai esserlo!Non lasciatevi prendere maidallo scoraggiamento! La no-stra non è una gioia che nascedal possedere tante cose, ma na-sce dall’aver incontrato unaPersona: Gesù, che è in mezzo anoi; nasce dal sapere che conLui non siamo mai soli, anchenei momenti difficili, anchequando il cammino della vita siscontra con problemi e ostacoli

che sembranoinsormontabili, ece ne sono tanti!

E in questomomento vieneil nemico, vieneil diavolo, ma-scherato da an-gelo tante volte,e insidiosamenteci dice la sua pa-

rola. Non ascoltatelo! SeguiamoGesù! Noi accompagniamo, se-guiamo Gesù, ma soprattuttosappiamo che Lui ci accompa-

Prima parola: Gioia

La folla dei discepoli lo accompagna in festa, i mantelli so-no stesi davanti a Lui, si parla di prodigi che ha compiu-

to, un grido di lode si leva: «Benedetto colui che viene, il re,nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto deicieli» (Lc 19,38).

Folla, festa, lode, benedizione, pace: è un clima di gioiaquello che si respira. Gesù ha risvegliato nel cuore tantesperanze, soprattutto tra la gente umile, semplice, povera,dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo. Luiha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il vol-to di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpoe l’anima.

Questo è Gesù. Questo è il suo cuore che guarda tutti noi,che guarda le nostre malattie, i nostri peccati. È grandel’amore di Gesù. E così entra in Gerusalemme con questoamore, e guarda tutti noi. Èuna scena bella: piena di luce– la luce dell’amore di Gesù,quello del suo cuore – di gio-ia, di festa.

All’inizio della Messal’abbiamo ripetuta anche noi.Abbiamo agitato le nostre pal-me. Anche noi abbiamo accol-to Gesù; anche noi abbiamoespresso la gioia di accompa-gnarlo, di saperlo vicino, presente in noi e in mezzo a noi, co-me un amico, come un fratello, anche come re, cioè come faroluminoso della nostra vita. Gesù è Dio, ma si è abbassato acamminare con noi. È il nostro amico, il nostro fratello. Qui ci

Il trono regale di Cristoè il legno della Croce!

«Per favore, non lasciatevi rubare la speranza!». Questo invito di Papa Francesco è risuonatonell’Omelia della Messa della Domenica delle Palme, celebrata il 24 marzo 2013 in piazzaSan Pietro, Giornata della Gioventù, dinanzi alla folla dei fedeli, in gran parte giovani prove-nienti da diversi Paesi del mondo.

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Il trono regale di Cristo è il legno della Croce!

la vita umana e contro il creato!E anche – ciascuno di noi lo sa elo conosce – i nostri peccati per-sonali: le mancanze di amore edi rispetto verso Dio, verso ilprossimo e verso l’intera crea-zione. Gesù sulla croce sentetutto il peso del male e con laforza dell’amore di Dio lo vince,lo sconfigge nella sua risurre-zione. Questo è il bene che Gesùfa a tutti noi sul trono della Cro-ce. La croce di Cristo abbrac-ciata con amore non mai portaalla tristezza, ma alla gioia, allagioia di essere salvati e di fareun pochettino quello che ha fat-to Lui quel giorno della suamorte.

Terza parola: Giovani

Da 28 anni la Domenica del-le Palme è la Giornata dellaGioventù! Ecco la terza parola:Giovani! Cari giovani, vi ho vi-sto nella processione, quando

entravate; viimmagino afare festa in-torno a Gesù,agitando i ra-mi d’ulivo; vii m m a g i n omentre gridateil suo nome edesprimete lavostra gioia diessere con

Lui! Voi avete una parte impor-tante nella festa della fede! Voici portate la gioia della fede e

gna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la spe-ranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, perfavore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate ruba-re la speranza! Quella che ci dà Gesù.

Seconda parola: Croce

Perché Gesù entra in Gerusalemme; o forse meglio: comeentra Gesù in Gerusalemme? La folla lo acclama come Re. ELui non si oppone, non la fa tacere (cf Lc 19,39-40). Ma chetipo di Re è Gesù? Guardiamolo: cavalca un puledro, non hauna corte che lo segue, non è circondato da un esercito sim-bolo di forza. Chi lo accoglie è gente umile, semplice, che hail senso di guardare in Gesù qualcosa di più; ha quel sensodella fede, che dice: Questo è il Salvatore. Gesù non entranella Città Santa per ricevere gli onori riservati ai re terreni, achi ha potere, a chi domina; entra per essere flagellato, insul-tato e oltraggiato, come preannuncia Isaia nella prima Lettu-ra (cf Is 50,6); entra per ricevere una corona di spine, un ba-stone, un mantello di porpora, la sua regalità sarà oggetto diderisione; entra per salire il Calvario carico di un legno.

E allora ecco la seconda parola: Croce. Gesù entra a Ge-rusalemme per morire sulla Croce. Ed è proprio qui chesplende il suo essere Re secondo Dio: il suo trono regale è illegno della Croce! Penso a quello che Benedetto XVI dicevaai Cardinali: Voi siete principi, ma di un Re crocifisso. Quel-lo è il trono di Gesù. Gesù prende su di sé... Perché la Croce?Perché Gesù prende su di sé ilmale, la sporcizia, il peccatodel mondo, anche il nostropeccato, di tutti noi, e lo lava,lo lava con il suo sangue, conla misericordia, con l’amoredi Dio.

Guardiamoci intorno: quan-te ferite il male infligge al-l’umanità! Guerre, violenze,conflitti economici che colpi-scono chi è più debole, sete didenaro, che poi nessuno può portare con sé, deve lasciarlo.Mia nonna diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche.Amore al denaro, potere, corruzione, divisioni, crimini contro

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UNA BELLA NOTIZIACon la consegna delle chiavi, il 23 febbraio scorso, i coniugi Giustina e Paolo Negro di

Marene (Cuneo), Responsabili del Gruppo “Santa Famiglia” di Fossano, hanno ricevuto in ge-stione la Casa natale del beato Giacomo Alberione, sita in San Lorenzo di Fossano (Cuneo).

Svolgeranno le mansioni di custodia e manutenzione a titolo di volontariato gratuito, poten-do avvalersi anche dell’opera gratuita di altro personale, preferibilmente appartenente all’ISF.

Siamo lieti che una coppia del nostro Istituto possa svolgere un servizio così prezioso afavore dell’intera Famiglia Paolina e auguriamo a Giustina e Paolo buon lavoro.

Coniugi Negro, via Tetti Botta 3 – 12035 Marene (CN)Tel. casa 0172-742551 – E-mail: [email protected]

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MAGISTERO DELLA CHIESA

spiritualmente nelle vostre co-munità, perché quell’Incontrosia un segno di fede per il mon-do intero. I giovani devono direal mondo: è buono seguire Ge-sù; è buono andare con Gesù; è

buono il messag-gio di Gesù; è buo-no uscire da sestessi, alle perife-rie del mondo edell’esistenza perportare Gesù!

Tre parole: gio-ia, croce, giovani.

Chiediamo l’in-tercessione dellaVergine Maria. Leici insegna la gioiadell’incontro conCristo, l’amorecon cui lo dobbia-mo guardare sottola croce, l’entusia-smo del cuore gio-vane con cui lo

dobbiamo seguire in questa Set-timana Santa e in tutta la nostravita. Così sia.

ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane,sempre: un cuore giovane, anche a settanta, ottant’anni!Cuore giovane!

Con Cristo il cuore non invecchia mai! Però tutti noi losappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e checi accompagna è molto speciale: è un Re che ama fino allacroce e che ci insegna a servire, ad amare.E voi non avete vergogna della sua Croce!Anzi, l’abbracciate, perché avete capitoche è nel dono di sé, nel dono di sé, nel-l’uscire da se stessi, che si ha la vera gioiae che con l’amore di Dio Lui ha vinto ilmale. Voi portate la Croce pellegrina attra-verso tutti i continenti, per le strade delmondo! La portate rispondendo all’invitodi Gesù «Andate e fate discepoli tutti i po-poli» (cf Mt 28,19), che è il tema dellaGiornata della Gioventù di quest’anno. Laportate per dire a tutti che sulla croce Ge-sù ha abbattuto il muro dell’inimicizia, chesepara gli uomini e i popoli, e ha portato lariconciliazione e la pace.

Cari amici, anch’io mi metto in cammi-no con voi, da oggi, sulle orme del beatoGiovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Or-mai siamo vicini alla prossima tappa diquesto grande pellegrinaggio della Croce. Guardo con gioiaal prossimo luglio, a Rio de Janeiro! Vi do appuntamento inquella grande città del Brasile! Preparatevi bene, soprattutto

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“Custodire” il Creato

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Primo discorso di Papa Francesco

Grande gioia ed entusiasmo ha prodotto il di-scorso di Papa Francesco sulla custodia del

creato il giorno d’inizio di pontificato. Il verbo“custodire” si unisce alle altre tre “C”: “cam-minare, costruire, confessare”. Quasi le quattroruote di un carro che corre veloce nel sentierodella Chiesa nella società contemporanea e cheassume una caratteristica particolare quando siparla di ambiente, di natura - per noi cristiani“creato” - e collega il pensiero al Creatore.

La vocazione cristiana è quella di custodiretutte le creature, soprattutto le più deboli, consincerità, rispetto e amore. La responsabilitàverso la creazione riguarda il disegno di Dio chevi è inscritto. Questa custodia comprende anchenoi stessi, così da non “sporcare” la nostra vitacon sentimenti di odio, invidia, superbia. Pren-dersi cura degli altri, infatti, richiede soprattutto“bontà e tenerezza”.

Il pensiero di Papa Francesco è in linea conquello di Benedetto XVI che scriveva agli stu-denti: «Il rispetto per l’essere umano e il rispet-to per la natura sono un tutt’uno, ma entrambipossono crescere ed avere la loro giusta misurase rispettiamo nella creatura umana e nella natu-ra il Creatore e la sua creazione. Su questo, cariragazzi, sono convinto di trovare in voi degli al-leati, dei veri custodi della vita e del creato».

Il primo atto di “custodia” si riferisce allacreatura umana da custodire sin dal suo conce-pimento. Quindi alla custodia educativa che simanifesta nel prendersi cura dei figli a casa edegli alunni a scuola, cercando il loro migliorbene e, da bravi educatori, imparando a «saperguardare tutti ed osservare ciascuno».

Ed ecco la scansione del progetto “ambien-tiamoci a scuola” che si fonda sul decalogo diuna saggia ecologia, dieci regole ispirate all’in-segnamento di san Francesco d’Assisi, capaci diguidare il rapporto uomo-natura e favorire com-portamenti ed atteggiamenti di rispetto, di salva-guardia e di sviluppo:

1. Ricorda, con umiltà, che la Terra, con ogni altraCreatura, ti è stata affidata da Dio affinché tu viva,conosca, condivida, ami, con lode al Signore.

2. Obbedisci alle Leggi del Creato senza piegarle ai tuoiinteressi. Conoscile sempre di più ed applicale rispet-tando le norme eterne dell’etica universale.

3. La Terra, con tutte le Creature, è il tuo unico ambien-te di vita: non ti è dato averne altro. Impégnati, affin-ché i Governanti da te eletti non lo dimentichino mai.

4. Ispira al rispetto del Creato la tua condotta in tutte leoccasioni ed educa in tal senso i tuoi figli.

5. Opera affinché il tuo comportamento e quello dellasocietà sia rispettoso della vita in tutte le sue forme. Iltuo operare abbia cura di ogni specie vivente.

6. Non inquinare l’aria, né l’acqua, né la terra. Esigiche la produzione ed il progresso avvengano secondoprecise linee di sviluppo sostenibile.

7. Custodisci col tuo lavoro umano la Creazione che ti èstata data. Diversifica e ricicla ogni scoria prodotta.

8. Non consumare inutilmente, affinché ogni fratellopossa condividere tutti i beni del Creato.

9. Non delegare ad altri ciò che tu puoi fare; non dimen-ticare mai che l’amore a Dio e l’amore per il prossi-mo sono supremo comandamento.

10. Il decimo punto ti sia suggerito dalla tua coscienza.

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Il beato Alberione e il PapaTra le note caratteristiche del beato Alberio-

ne, quella dell’adesione alle direttive dellaChiesa e del Papa occupa senz’altro uno deiprimi posti. Una adesione da cui scaturisce unrapporto particolare che ha segnato sempre lavita e la missione del Fondatore, ma anche del-la sua Famiglia religiosa.

Per noi credenti, il confronto tra le varie fi-gure dei Papi non ha senso, dal momento chesiamo convinti della presenza dello Spirito diDio che guida la sua Chiesa, e le da sempre lapersona idonea per rispondere alle sfide di ognimomento storico concreto. È fuori dubbio chedi recente la presenza di Papa Francesco a ca-po della Chiesa cattolica occupa un posto par-ticolare nei giornali anche laici di tutto il mon-do. Si potrebbe dire che parlare del Papa inquesto momento è di moda.

Accondiscendiamo a questa “moda” nellacommemorazione del 129 anniversario dellanascita del beato Alberione, evocando i suoirapporti particolari con i diversi Papi della suavita, quasi sempre significativi, caratterizzatidalla grande venerazione reciproca. Nel 1953scrisse don Alberione: “Il Papa è il gran faroacceso da Gesù all’umanità per ogni secolo. Iprimi membri facevano un quarto voto, ‘obbe-dienza al Papa quanto all’apostolato’, messo aservizio del vicario di Gesù Cristo”. Da notareche il quarto voto, per volontà di don Alberio-ne, è stato recuperato e viene emesso da tutti imembri della Società San Paolo.

Da parte sua don Alberione attinse sempreabbondantemente dagli insegnamenti pontificigli stimoli per la spiritualità e l’apostolato pao-lini, ed ebbe la gioia di essere ammesso abba-stanza sovente alle udienze dei Pontefici. Nelsuo “Testamento”, lasciato a tutta la FamigliaPaolina, scrisse: “Sento la gravità, innanzi aDio ed agli uomini, della missione affidatami

dal Signore... Siamo fondati su la Chiesa ed ilVicario di Gesù Cristo e questa convinzioneispira sicurezza, letizia, coraggio”.

Un solo cuore verso i Papi

Leone XIII (1878-1903). Ancora studente,come egli stesso avrebbe scritto nel 1953 neisuoi appunti “autobiografici” (Abundantes di-vitiae gratiae suae), il giovane Alberione neaveva capito le preoccupazioni circa le questio-ni sociali, la libertà religiosa, l’impostazionecristocentrica, l’apertura a nuove forme di apo-stolato. Tutte caratteristiche che hanno segnatofortemente la spiritualità e la missione del ca-risma paolino e le sue varie manifestazioniapostoliche.

Pio X (1903-1914). Nei suddetti appunti silegge: “Pio X appariva e si presentava in unaluce affascinante: il nuovo Gesù Cristo visibiletra le moltitudini”. Mentre su un ritaglio scri-veva: “A Leone XIII ideale costruttore era suc-ceduto il Pontefice della pratica”. Queste os-servazioni testimoniano l’affetto con cui donAlberione si accostava ai Pontefici del periododella sua formazione.

Pio XI (1922-1939). Volendo superare lenumerose difficoltà burocratiche per ottenerel’approvazione della sua fondazione, don Al-berione presentò direttamente al Papa il suoprogetto. Il 1° maggio 1923 scriveva a Pio XI:“La nostra umilissima preghiera è questa: divenire corretti, guidati, approvati; la nostragioia è quella di vivere attaccati a voi, SantoPadre, di obbedirvi in tutto… Ed è stato appun-to questo Papa a sbloccare la situazione apren-do la porta all’approvazione della Società SanPaolo, con la risposta: “Noi vogliamo unaCongregazione religiosa per la buona stampa”.

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Amore alla Chiesa

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Pio XII (1939-1958). Ottenuto il Decretumlaudis della Santa Sede, il 10 maggio 1941,don Alberione scrisse: “Se la Chiesa ci ha ac-colti e approvati, noi avremo uno specialeamore ad essa e al Papa”. E il 12 luglio 1941,insieme con il suo Vicario generale, il beato Ti-moteo Giaccardo, andò a ringraziare il Papa.Dopo l’udienza scri-veva: “Io non so sel’amabilità del DivinMaestro si possa me-glio ricopiare da unuomo, tanto il santoPadre mi parve im-medesimato in GesùCristo”. In occasionedelle nozze d’oro sa-cerdotali di don Al-berione, Pio XII, il 20 giugno 1957, gli mandòuna lettera di riconoscenza per il suo servizioalla Chiesa.

Giovanni XXIII (1958-1963). “È il grandedono del Signore alla Chiesa. È il ponteficevoluto dalla Provvidenza per i tempi e le ne-cessità attuali... A lui, vicario di Cristo, ci in-chiniamo come a colui che egli rappresenta edi cui fa le veci in terra... A lui come Paoliniprotestiamo filiale assecondamento per ognidesiderio”, scrisse il Fondatore. Il 19 ottobre1961 Papa Giovanni XXIII scriveva a don Al-berione una lettera apostolica nella quale ri-cordava il 25° anno del trasferimento da Albaa Roma della Società Biblica Cattolica Inter-nazionale. Il 19 febbraio 1963 ancora PapaGiovanni mandò a don Alberione un suo Bre-ve col quale elevava a Unione Primaria la PiaUnione “Preghiera, sofferenza e carità pertutte le vocazioni”.

Paolo VI (1963-1978). Questo Ponteficeconosceva a fondo lo spirito e l’attività dellaFamiglia Paolina e “venerò” il suo Fondatore.Ma altrettanta fu la venerazione di don Albe-rione per Paolo VI, il Papa del Concilio. Il 10

aprile 1964 don Alberione fu ricevuto in pri-vata udienza da Paolo VI e il 28 giugno 1969,durante il Capitolo Generale Speciale dellaSocietà San Paolo, in una commoventeUdienza particolare concessa alla FamigliaPaolina, gli conferì la croce “Pro Ecclesia etPontifìce”. In quell’occasione Paolo VI ne

tracciò un profilosintetico e stupendo,nel quale, tra l’altrodisse: “Eccolo: umi-le, silenzioso, instan-cabile, sempre vigile,sempre raccolto neisuoi pensieri, checorrono dalla pre-ghiera all’opera,sempre intento a

scrutare i ‘segni dei tempi’, cioè le più genia-li forme di arrivare alle anime… Il nostro donAlberione ha dato alla Chiesa nuovi strumen-ti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigoree ampiezza al suo apostolato, nuova capacitàe nuova coscienza della validità e delle possi-bilità della sua missione nel mondo modernoe con i mezzi moderni”.

Il 26 novembre 1971, infine, Paolo VI vi-sitò don Alberione un’ora prima della suamorte nella Casa generalizia a Roma. Era ilsigillo d’oro dell’intenso, lungo e beneficorapporto tra il successore di Pietro e il beatoAlberione.

Oggi, come ieri, la Società San Paolo e laFamiglia Paolina esercita la sua missione inintima comunione con il Papa, collaborandoe appoggiando, con le sue diverse forme diapostolato, le iniziative e gli orientamenti delsanto Padre a favore della Chiesa, perché “lanostra parrocchia è il mondo”, diceva don Al-berione.

Don José Antonio PEREZ, sspPostulatore Generale della Famiglia Paolina

Il beato Alberione e il Papa

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Nel percorso spirituale del Rosario, basatosulla contemplazione incessante - in com-

pagnia di Maria - del volto di Cristo, l’obietti-vo esigente della conformazione a Lui vieneperseguito attraverso la via della frequentazio-ne «amicale». Essa ci immette in modo natura-le nella vita di Cristo e ci fa come «respirare»i suoi sentimenti.

Per questo processo di conformazione aCristo, nel Rosario, noi ci affidiamo in partico-lare all’azione materna della Vergine Santa.Colei che di Cristo è la genitrice, mentre è es-sa stessa appartenente alla Chiesa quale«membro eccelso e del tutto eccezionale», è altempo stesso la «Madre della Chiesa ». Cometale continuamente «genera» figli al Corpo mi-stico del Figlio. Lo fa mediante I’intercessio-ne, implorando per essi l’effusione inesauribi-le dello Spirito. Ella è I’icona perfetta dellamaternità della Chiesa.

Il Rosario ci trasporta misticamente ac-canto a Maria impegnata a seguire la cresci-ta umana di Cristo nella casa di Nazareth.Ciò le consente di educarci e di plasmarci conla medesima sollecitudine, fino a che Cristonon sia formato, in noi pienamente (cfr. Gal4,19). Questa azione di Maria, totalmentefondata su quella di Cristo e a essa radical-mente subordinata, non impedisce minima-mente l’unione immediata dei credenti conCristo, ma la facilita.

È il luminoso principio espresso dal Conci-lio Vaticano II: «Tutta la nostra perfezione

consiste nell’essere conformi, uniti e consa-crati a Gesù Cristo. Perciò la più perfetta ditutte le devozioni è incontestabilmente quellache ci conforma, unisce e consacra più perfet-tamente a Gesù Cristo. Ora, essendo Maria lacreatura più conforme a Gesù Cristo, ne segueche, tra tutte le devozioni, quella che consacrae conforma di più un’anima a Nostro Signore èla devozione a Maria, sua santa Madre, e chepiù un’anima sarà consacrata a lei, più saràconsacrata a Gesù Cristo».

Mai come nel Rosario la via di Cristo equella di Maria appaiono così profondamentecongiunte. Maria non vive che in Cristo e infunzione di Cristo! (Rosarium Virginis Mariaedi Giovanni Paolo II, n. 15).

Maria svela il suo cuore credente e dice:«L’anima mia loda - magnifica - benedice il Si-gnore e il mio spirito gioisce in Dio mio Salva-tore». La fede autentica si accompagna con lagioia: e più grande è la fede, più grande è lagioia. La gioia, infatti, è il più grande segnodella presenza di Dio in noi: per questo motivol’anima di Maria scoppia di contentezza. Pro-viamo a chiederci: a che cosa è aggrappata lanostra gioia? Su «chi» poggia la nostra conten-tezza? Seguiamo ancora Maria.

E Maria ci dice anche dove è possibile in-contrare Dio. Qual è il recapito dell’incontrocon lui: «Ha guardato I’umiltà... ha guardatola piccolezza della sua serva». L’umiltà è laculla irrinunciabile per poter accogliere Dio.Per questo motivo, Maria ha il cuore pronto

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Maria, donna umile e gioiosa

La preghiera del Rosario

Cristo è il Maestro per eccellenza, il rivelatore e la rivelazione. Non si tratta solo di impara-re le cose che egli ha insegnato, ma di «imparare lui». Ma quale maestra, in questo, più esper-ta di Maria? Se sul versante divino è lo Spirito il maestro interiore che ci porta alla piena ve-rità di Cristo, tra gli esseri umani, nessuno meglio di Maria conosce Cristo, e può introdurcia una conoscenza profonda del suo mistero.

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per la rivelazione di Betlemmee per la grande rivelazione del-la croce (Cfr. Angelo Comastri,Maria la donna più bella delmondo, San Paolo, 2009).

Sulla stessa linea formati-va-spirituale della conforma-zione a Cristo, il beato don Al-berione, fin dagli inizi dellafondazione, ha coniatoun’espressione molto bella eimpegnativa come programmadi vita paolina: «Il processo di perfezione èun processo di cristificazione: “Finché siaformato Cristo in voi”» (Gal 4,19), [Carissi-mi in San Paolo, 11].

Ora, se il Rosario, una pre-ghiera tanto cara quanto bella,“ci fa respirare i sentimenti diCristo e ci conforma a Lui”, ri-chiama noi tutti a una maggioreconsapevolezza nella recita enel nostro modo di rivolgerci aCristo per mezzo di Maria nellaripetizione delle Ave Maria esoprattutto della nostra capacitàdi meditare la preghiera cristo-logica per eccellenza.

Il mese di Maggio è un’occasione di gra-zia per riscoprire il valore profondo del SantoRosario, via sicura alla configurazione a Cri-sto! (a cura di O. C.)

PREGHIERA A MARIA

Maria di tutti i giorni, ti offriamo le nostre giornate ordinare, a te che vedestiscaturire lo Straordinario un giorno della tua vita ordinaria… Tu ci sei accanto, silen-ziosa e attiva, compagna delle nostre gioie e delle nostre debolezze, fino al giorno eall’ora della luce. Maria di tutti i giorni prega per noi.

Maria del Calvario, ti offriamo la sofferenza e la ribellione, le grida e i pianti del-le nostre storie umane. Essi s’innestano sulla Storia del tuo Figlio, la meravigliosastoria d’amore del Padre. Tu sei presente nelle ore di tenebre, in piedi, forte e dolo-rosa nella misericordia. Maria del Calvario, prega per noi.

Maria del Cenacolo, ti offriamo la gioia della nostra fede, le domeniche soleg-giate della Pasqua e celebrate nelle nostre parrocchie. Tu sei con noi, esultante e ma-gnifica, eternamente giovane della giovinezza dello Spirito, per sempre Regina e Ma-dre della Chiesa del tuo Gesù Cristo. Maria del Cenacolo, prega per noi.

Maria del Paradiso, ti offriamo le nostre strade dissestate e i nostri passi esitan-ti, i nostri rifiuti e le nostre ferite di pellegrini sfiniti. Tu se là davanti a noi, NostraSignora del Cammino, agile e graziosa, sempre avvolta dall’amore del Padre, del Fi-glio e dello Spirito Santo. Maria di Dio e Maria del Paradiso, prega per noi. (DaPrier, ’90 - traduzione di Giovanni Ferrero ssp.)

Maria, donna umile e gioiosa

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Al centro la misericordia divina

Un nuovo Pontefice

La Pasqua è il cuore della fede cristiana. Il miste-ro di Cristo crocifisso-risorto è al centro dell’interaesistenza della Chiesa: dell’evangelizzazione e dellacatechesi, della preghiera e delle celebrazioni liturgi-che, della carità e della vita cristiana. La Pasqua 2013è stata tutto questo; anzi molto di più. Veramente ab-biamo avuto modo di contemplare una straordinariamanifestazione dello Spirito per alcuni eventi partico-lari che l’hanno accompagnata: in pratica tutto il tem-po forte della quaresima e il mese di marzo sono sta-ti caratterizzati da avvenimenti eccezionali. Il 28 feb-braio Papa Benedetto lascia la guida della Chiesa: neaveva dato l’annuncio l’11 febbraio; il 13 marzo vie-ne eletto Papa Francesco.

San Benedetto e San Francesco, in epoche lontane ediverse e con stili differenti, avevano riformato la Chie-sa riproponendo il Vangelo sine glossa, in modo essen-ziale, fraterno, umile. La loro ardente fede li aveva av-vicinati al Cristo crocifisso-risorto e quindi ai fratelli,ad ogni uomo, a cominciare dai più poveri, dando vitaad un nuovo umanesimo. La coerente, umile e forte te-stimonianza del Papa emerito Benedetto e del nuovoPapa Francesco stanno scuotendo la Chiesa invitando-la ad un profondo rinnovamento conciliare ed evange-lico, incentrato sulla fede pasquale: “avvolti, coinvoltie stravolti dall’amore di Cristo” (2Cor 5, 14), tutti sia-mo chiamati ad amare i fratelli fino al dono totale del-la vita. Fede e carità. Papa Benedetto e Papa Francescosono uomini di Dio e promotori di vera fraternità, uo-

mini di fede e di preghiera ma anche dicarità, di umiltà, di povertà, di vicinan-za agli ultimi.

Benedetto è statoun grande Papa

Da sacerdoti illuminati, con pro-fondo spirito di discernimento, sen-z’altro non ci lasciamo influenzare dacerte reazioni emotive popolari che ve-dono in questo nuovo papa tutto il be-ne immaginabile (e anche di più), ma-nifestando contemporaneamente inge-nerose critiche per l’operato dei papiche lo hanno preceduto. Riconosciamoinvece al Papa Benedetto grandi meri-ti per quanto di bene ha operato e perle stimolanti novità che stanno avve-nendo nella Chiesa.

Non solo a motivo della sua profon-da dottrina biblico-paolina e illumina-ta teologia che ha saputo proporre effi-cacemente svolgendo il suo magistero,ma anche per la sua profetica decisio-ne di ritirarsi nel silenzio, nella pre-ghiera e nello studio contemplativo;scelta guidata dallo Spirito, anche se eforse per questo, sorprendente e rivo-luzionaria. Papa Benedetto stesso loaveva preannunciato: “I passi dellaChiesa non potranno mai vagare nel-l’incertezza, perché sorretti dalla lucedello Spirito Santo…”; “Il futuro dellaChiesa è ben saldo nelle mani di Dio e

ISTITUTO“GESÙ SACERDOTE”

Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

Comunicazione del Delegato

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perciò non abbiamo nulla da temere: il vento dello Spi-rito è sempre più forte dei venti del male…”. Abbiamocontemplato la straordinaria maturità interiore con cuiil Papa emerito ha vissuto la consapevolezza del limiteumano, della diminuzione delle forze naturali: espe-rienza viva cristiana del pellegrinaggio terreno, da af-frontare con realismo, dignità e coraggio, abbandonan-dosi con fiducia al Signore.

“Non abbiate paura della tenerezza”

Nel suo primo Angelus Papa Francesco ha afferma-to: “Un po’ di misericordia cambia il mondo, lo rendemeno freddo e più giusto. Lui non si stanca mai di per-donarci”. Nell’omelia d’inizio del ministero petrino, il19 marzo, ha invitato tutti a “prendersi cura gli uni de-gli altri con amore e tenerezza”. La Pasqua 2013 aprela “porta della fede” sulla strada dell’amore e della mi-sericordia. Questo puntare sull’amore misericordioso,iniziato dal beato Giovanni Paolo II con la grande en-ciclica Dives in misericordia (1980), è stato ripreso daPapa Benedetto con le encicliche Deus caritas est(2006) e Caritas in veritate (2009). Con l’impulso diPapa Francesco, forse diventerà la linea maestra dellaChiesa nel terzo millennio.

La misericordia assoluta e gratuita di Dio, mentre ciguarisce e ci riempie di gioia vera, ci provoca alla con-versione più profonda facendoci diventare, a nostravolta, strumenti e segni della stessa misericordia che èil cuore del Mistero pasquale. Ebbe a dire il Card. Ber-goglio il 27 aprile 2001, chiedendo di non essere de-nunciato al Sant’Uffizio, che “il luogo privilegiato del-l’incontro con Gesù è la carezza della Sua misericor-dia sull’uomo peccatore”. La vita cristiana è la rispostacommossa davanti ad una misericordia sorprendente,imprevedibile, “esagerata” secondo i criteri umani: Luiconosce i miei tradimenti e continua a volermi bene,mi chiama di nuovo e spera in me. “Per questo la con-cezione cristiana della morale è una rivoluzione: non èun cadere mai, ma un alzarsi sempre”.

Il Vangelo di Luca che in quest’Anno della fede staguidando la Chiesa – anche questo non è un caso – ci do-

na le due parole più cariche di infinitamisericordia e di speranza assoluta. Ge-sù in croce ha detto (o meglio continuaancora a ripetere in cielo come nostroavvocato): “Padre, perdona loro, per-ché non sanno quello che fanno” (Lc23,34). E poi, rivolto al ladrone, che glichiedeva solo di ricordarsi di lui, assi-curava: “In verità io ti dico: oggi conme sarai in paradiso” (Lc 23,43).Quell’anonimo ladro portato in paradi-so subito, sulle spalle del Buon Pastore,è la pecora smarrita che rappresental’intera umanità sbandata, per ricupera-re la quale Gesù è venuto, si è lasciatocrocifiggere, è disceso agli inferi, ed èsalito in cielo risorto, portando con séogni uomo che a Lui si affida.

I sacerdoti: “unti” per ungere,“profumati” per profumare

Quale frutto di bene e di grazia de-vono portare nei nostri cuori e per lanostra vita questi grandi avvenimentinella Chiesa? Sappiamo che la veritàdella fede si misura sulla bellezza del-la vita nuova, evangelica, libera e libe-rante che essa suscita. Non basta limi-tarsi ad apprezzamenti verbali sulla fi-gura di questo Papa o di altri granditestimoni di fede e santità, ma dobbia-mo desiderare profondamente e atti-varci, sostenuti dallo Spirito Santo,per raggiungere un rinnovamento del-la nostra mente, dei nostri cuori e ditutta la nostra vita.

La narrazione del volto di Dio è de-legata ai credenti (soprattutto ai presbi-teri, ai consacrati), chiamati a null’altrose non alla santità, a essere un riflessodella vita di Cristo. Una vita che è sta-

Al centro la misericordia divina

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

ta anche bella, buona e felice e che ha trovato, e così l’-ha anche indicato, il suo senso radicale nell’amore. cioèdonazione di sé fino alla croce. “Non è dal modo in cuiun prete mi parla di Dio che io vedo se ha abitato nelfuoco dell’amore divino, ma dal modo in cui mi parlacon saggezza delle cose terrestri, rapportandosi affabil-mente ed umilmente con i fratelli” (Simone Weil).

Stiamo inequivocabilmente sperimentando che lagente è fortemente attratta e stimolata al bene dallo sti-le di Papa Francesco: sobrietà, umiltà, semplicità dicuore, tanta affabilità,grande spirito di fedee di preghiera; d’altraparte è stato lo stile diCristo e dei santi, perquesto hanno sempreattirato le folle recan-do benedizione e pacenella loro vita.

Siamo perciò for-temente invitati a con-vertirci, a rinnovarcicoltivando questo stile di vita e ad invocare lo Spirito perriuscire a fare scelte secondo la sapienza del Vangelo.Ritroviamo qui l’impostazione del nostro progetto for-mativo, spirituale e pastorale di questi anni, alla luce del-l’esperienza di san Paolo:

• “vigilare attentamente su se stessi” (coltivan-do e manifestando correttezza e magnanimitànelle relazioni…);

• “vigilare sul gregge affidatoci” (svolgendo ilministero pastorale con i sentimenti di Cristomite ed umile di cuore);

• “rimanere nella Parola e nell’amore di Cri-sto” (“Ed ora vi affido a Dio e alla Grazia del-la Parola che ha il potere di edificare”: At20,18ss).

Vogliamo permettere allo Spirito Santo, celebrandoadeguatamente la Pentecoste, di portare uno scompi-

glio positivo nella nostra vita, intensi-ficando uno stile di vita apostolica piùautorevole e coerente, sull’esempio diPapa Francesco e secondo lo zelo apo-stolico di san Paolo. Sotto la protezio-ne di Maria, madre dei credenti, che hasaputo custodire e lasciarsi trafiggeredalla Parola di Dio: per questo è diven-tata discepola della sapienza e Reginadegli Apostoli.

Un simileamore evan-gelico insie-me alla dedi-zione pasto-rale non invi-tano tanto afare, a dona-re cose, mapiuttosto adonarsi, do-nare la pro-

pria vita, mettersi a servizio degli altri.Servire è una dimensione dell’interaesistenza, non un frammento del no-stro tempo e del nostro agire. Servire èun modo di essere e di esistere, uno sti-le che nasce dal profondo di se stessi.Esso non si improvvisa: richiede un vi-tale incontro con Cristo che fa evitareil rischio di una generosità immediata,confusa, irrispettosa, che inventa for-me di servizio che piacciono a chi ser-ve, ma del tutto inutili per chi si vuolservire.

Incontro formativo dei sacerdoti IGS

Dal 3 al 5 aprile si è svolto, presso lanostra Casa di Circonvallazione Appia,a Roma, l’ormai tradizionale incontro

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Al centro la misericordia divina

formativo per sacerdoti IGS. Hanno partecipato in 8.Come è avvenuto anche negli incontri precedenti, a mo-tivo degli stimolanti relatori (don Fabrizio Pieri igs, donGiuseppe Forlai igs e don Antonio José Perez, Postula-tore generale della SSP) e per l’impostazione che preve-deva ampi spazi di condivisione e momenti di fraternità,l’esperienza è risultata positiva e arricchente. Sono statii partecipanti stessi ad evidenziarlo, manifestando vivagratitudine al termine dell’esperienza. Mi auguro che laloro testimonianza faccia crescere, nel cuore di altrimembri IGS, il desiderio e la disponibilità a partecipareai prossimi incontri, perché veramente contribuiscono aravvivare il dono ricevuto del carisma paolino e soprat-tutto a svolgere il ministero pastorale diocesano conmaggiore carica interiore e zelo apostolico.

La spiritualità paolina se ben inte-riorizzata, trasforma e configura inmeglio e secondo Cristo la nostra vitadi presbiteri; ci aiuta a raggiungere unapersonalità apostolica autorevole, coe-rente, dinamica e ci rende capaci dicollaborare con gli altri (preti e laici),investendo tutte le proprie energie nel-l’annunciare il Vangelo a tutti con imezzi più efficaci e nel celebrare consempre maggiore decoro i “misteri disalvezza” di Cristo.

Don Emilio CICCONI, Del. [email protected]

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Dalle catechesi di don Lamera

Ai Sacerdoti e ai Genitori

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Ci vogliono oggi dei Sacerdoti santi

Il mondo non cambierà per i genitori, ma se sirinnoveranno i Sacerdoti. Perché il mondo è

talmente sepolto dello spirito del diavolo che civogliono solo dei Santi. Dei bravi uomini noncambiano niente. Ci vogliono dei Sacerdoti co-me il santo Curato d’Ars, come sant’Ignazio,come don Alberione. Santi come don Orione,come san Pio X, papa. E bisogna ottenere que-sta grazia.

È venuta da me una mamma, la signora chesta a preparare pranzo, che ha già quattro figlie una signorina di 24 anni in procinto di spo-sarsi, mi hanno chiesto una benedizione. Allamamma con quattro figli ho detto: «Hai chie-sto al Signore che te ne dia uno prete, santoprete?». Si è messa a pian-gere. Sì, il primo di 23 an-ni si sta preparando a di-ventare Sacerdote. Va be-ne! Purché sia santo, chesia santo!

Chi cambia il mondosono i Sacerdoti santi. C’èpoco da fare. Anche i bri-ganti. Ma lo cambiano peril diavolo. Quanto odio,quanti massacri! Noi do-vremmo provare vergogna; fuori d’Italia lagente, le nazioni dicono: «Ma che cosa sta suc-cedendo in Italia?». Non vedete che tutti i gior-ni vanno in galera anche delle personalità per-ché han rubato, perché hanno falsato. PoveraItalia! Certo ci sono anche i buoni in Italia. Mache vergogna!

Cosa ci vuole? Lo Spirito Santo, comin-ciando dai preti. Altrimenti i preti restano co-me gli Apostoli prima di ricevere lo SpiritoSanto. Tutta brava gente, ma non avrebbero

cambiato nemmanco una gallina! Non avreb-bero interessato nessuno. Non si sarebbero maipresentati a predicare, mai!

Dio si fa uomo

La Chiesa non cambierà se non cambiano iSacerdoti… la fede è nei Sacramenti, c’è pocoda fare. La fede ha vitalità nei Sacramenti. Maio mi domando: Quanti preti oggi celebrano lafesta dell’Annunciazione? Molti non lo sannoneppure e celebrano la feria. Ma allora cosavogliamo chiedere a Dio?

Oggi è il mistero nascosto da secoli in Dio,rivelato dopo millenni e millenni di storia:Dio si fa uomo. Questo è il più grande avve-

nimento: Dio si fa uomo per salvare l’umani-tà. Ma se noi non sottolineiamo queste veritànel giorno della solennità dell’Annunciazio-ne, ma come vogliamo crescere nella fede?Togliendo questa solennità o non celebrando-la, si ignora tutto, tutto della redenzione. Nonc’è più niente.

È la vostra festa, la vostra solennità… So-lennità, quindi sopra tutto, anche la domenica.Perché la domenica è festa, la solennità è soprala domenica.

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Voi dovete riflettere su queste cose e capirecome, dimenticando un giorno così importan-te, è chiaro che si perde la fede. Il più grandemistero, principio di tutti i misteri, non dicepiù niente. Ecco, allora vedete che bisogna fa-re un giorno di ritiro per riflettere e meditare suquesta solennità. Altrimenti si corre, si correma non si conclude niente.

Benediciamo il Signore, benedite il Signo-re anche di questo giorno di ritiro. È la vostrafesta, dovevate incontrarvi. Che grazia! E vive-te insieme il dono di Dio della vostra vocazio-ne, per essere sempre più illuminati nel miste-ro di questa vocazione data a voi con la Ma-donna, Madre di Gesù Sacerdote (Trieste,24/03/1990).

Ai Genitori: coscienzadella propria missione

Molte volte voi protestate contro gli “inse-gnanti”; non dimenticate, però, che voi sietegli unici, veri “maestri”, dei vostri figli. Comeattendete a questa missione nella quale nessu-no può sostituirvi perché è una missione cheparte dal sacramento del Matrimonio e quindiriunisce in sé capacità umane naturali e doni digrazia che sgorgano come da sorgente viva dalSacramento ricevuto?

La famiglia è l’unica scuola che mentre in-segna fa vivere, anzi, sull’esempio di GesùMaestro, insegna facendo vivere.

Una mamma, prima ancora di spiegare albambino cosa significhi il segno della croce,glielo fa fare; prima ancora di parlare della Re-denzione, della Madonna, Regina del cielo, fainviare al suo bambino un bacio a Gesù in cro-ce e alla Madonnina appesa alle pareti di casa.

Formidabile missione dei genitori, chiama-ti da Dio stesso ad essere “maestri” dei proprifigli. Gli altri sono solo “insegnanti” e “pro-fessori”.

Se i genitori credono soltanto alla vita natu-rale, alle realtà e ai beni di questo mondo, que-sto insegneranno ai loro figli. Se un padre è tut-to per lo sport e la mamma tutta per la danzaclassica, è ovvio che questi sono i valori che fis-seranno nella mente e nel cuore dei loro figli.

La famiglia evangelizzaciò che crede

Se i genitori credono alla vita eterna, allagrazia, ai Sacramenti, alla Chiesa, al Papa, aiSacerdoti, evangelizzeranno e trasmetterannotali valori non solo ai loro figli, ma anche alle al-tre famiglie, perché la nota singolare della fami-glia-scuola è proprio questa: ha come alunni ob-bligati i propri figli e, prima ancora, i coniugiperché la moglie evangelizza il marito e vicever-sa. Quando una sposa non crede, allontana ilmarito dalla Chiesa e dal Vangelo. Una fami-glia, la cui mamma è atea e il papà miscredente,è ovvio che non può trasmettere ai figli se nonciò che costituisce il proprio credo di vita.

Non per nulla Giovanni Paolo II ha detto:«L’avvenire dell’evangelizzazione nel mondodipende dalla famiglia». La Chiesa arriva acontattare i fanciulli solo dopo i 5-6 anni, men-tre i genitori esercitano il loro magistero sui fi-gli prima ancora che nascano, quando ancorala mamma li porta in grembo.

Cari genitori, a che cosa credete? All’amo-re, al benessere materiale, al denaro, al postonella società? Questo insegnerete ai vostri fi-gli. Credete anche alla vita eterna, al valoredella persona umana, all’amicizia con Dio, al-la grazia che ci fa figli di Dio, alla Parola delSignore? Questo trasmetterete ai vostri figli!

Non dimenticate, poi, che i genitori sonoquei maestri che i figli portano in cuore per tut-ta la vita, ricordando le grandi lezioni ricevuteda loro più con l’esempio che con la parola(Circolare, Sett.-Ott. 1983, p. 29).

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Ai Sacerdoti e ai Genitori

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Per me vivere è Cristo (Fil 1,21)

Desideriamo entrare nell’esperienza cristo-centrica di Paolo, che si rivela essere fon-

damentalmente un’esperienza della presenzadel Cristo Crocifisso e Risorto in Paolo. L’Apo-stolo non ha avuto infatti rapporti con il Gesùstorico e, quindi, l’esperienza di Gesù per Pao-lo, è soprattutto un’esperienza eucaristica diCristo e del Suo Corpo mistico, che è la Chiesa.

Ascoltiamo quello che lui scrive ai Corinti:

«Io, infatti, ho ricevuto dal Signo-re quello che a mia volta vi ho tra-smesso: il Signore Gesù, nella nottein cui veniva tradito, prese del panee, dopo aver reso grazie, lo spezzò edisse: “Questo è il mio corpo, che èper voi; fate questo in memoria dime”. Allo stesso modo, dopo aver ce-nato, prese anche il calice, dicendo:“Questo calice è la nuova alleanzanel mio sangue; fate questo, ognivolta che ne bevete, in memoria dime”. Ogni volta infatti che mangiatequesto pane e bevete al calice, voiannunciate la morte del Signore, fin-ché egli venga» (1 Cor 11,23-26).

Vogliamo chiedere a Paolo che ci sia mae-stro, attraverso la sua esperienza di incontrocon il Cristo, e ci aiuti come vivere ed incarna-re personalmente ed esistenzialmente il verticedel suo cammino di preghiera contemplativa,che lo porta a proclamare: “Ho incontrato lui,mi sono nutrito di lui”, quindi, “Per me vivereè Cristo e morire un guadagno” (Fil 1,21), “So-no stato crocifisso con Cristo, non sono più ioche vivo ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Credo che non si possa fare a meno di me-ditare questi testi per poter intuire qualche ele-

mento di tutta la tensione cristologica della vi-ta di Paolo, come conquistato e sedotto da unGesù che sì, incontra in visione sulla via di Da-masco e gli “rivela” la sua chiamata, ma con ilquale, soprattutto, non ha vissuto la prossimitàamicale dei tre anni dei suoi amici e “colleghi”apostoli.

Allora pensiamo a quanto sia importante evitale per Paolo attingere al mistero della pre-senza di Cristo per sentire tangibilmente esperimentare nel banchetto eucaristico e nellacontemplazione del Corpo e Sangue del Si-

Spiritualità paolina

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gnore, quanto questo Signore lo ami, lo desi-deri, e quanto sia importante per lui: “Paolo”– sembra dirgli Gesù – “non ho amore piùgrande di questo: dare tutto me stesso per te”(cf Gv 15,13).

Paolo è qui, e solamente qui, introdotto nel-la stessa intimità con il Gesù storico e terrenoche i Dodici hanno goduto, sperimentato econtemplato. E’qui che può farel’esperienza unicaed irripetibile diGiovanni, l’apo-stolo che pone ilcapo sul petto, sulcuore del suoamico e maestro(cf Gv 13,25), chesente tutta l’inten-sità della sua “or-dinazione episco-pale”, che nasceanche per lui daquella notte delGiovedì santo nelcenacolo: “Pren-dete e mangia-te…”; “Prendete ebevete…”. Ed èancora qui chepuò rivivere quo-tidianamente edefficacemente l’incontro la sera di Pasqua diGesù con i suoi apostoli, sempre nel cenacolo:“Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete ipeccati saranno rimessi e a chi non li rimettereresteranno non rimessi” (Gv 20,22-23).

Tutto questo può essere il sottofondo vitalee la vera matrice contemplativa del raccontopaolino dell’istituzione dell’Eucarestia che tro-viamo nel nostro testo, che ora vogliamo vede-re più da vicino.

“Io ho ricevuto”. Paolo vuole entrare con

forza nel mistero di croce, di sangue, di auto-donazione di Gesù: lo sente come un ‘dono-impegno’ ricevuto direttamente dal Signore.C’è chiaramente dietro questa affermazione-realtà tutta la forza della spiritualità dell’alle-anza che Paolo incarna con gioia nella sua vitacome risposta al sacrificio di alleanza che ilsuo Signore fa nel suo sangue. Paolo riceve co-

scientemente dalsuo Signore ilcompimento ditutto il camminoredentivo del“sangue versatoin sacrificio”.

Si parte dalsangue degli ani-mali del sacrificiodi Abram in Gen15, dove è presen-te JHWH che faliberamente alle-anza con Abram,mentre lui è nel“tardemàh”, unsonno di quietecontemplativa; alsangue del sacri-ficio di alleanzacon cui Mosèasperge il popoloin Es 24; fino a

questo nuovo sangue versato una volta per tut-te per stipulare e portare a compimento un’al-leanza eterna nel sangue del Cristo, Agnello diDio e Figlio di Dio, che chiede, però, di essereriattualizzata e reincarnata in ogni oggi.

Paolo si sente, così, il ricevente “attualizza-tore” di tutta questa potenza redentiva: “Nonsono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.Paolo è chiamato a vivere tutto questo dentroun clima di gioia sofferta e sudata, come è sta-ta quella notte per il suo Signore.

Per me vivere è Cristo

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Sangue effuso per la salvezza dei fratelli,certo, ma sangue che deve uscire dalle suevene, come nel Getsemani è stato per Gesù,per giungere – come il Figlio di Dio – a direinginocchiandosi e pregando: “Padre, se vuoiallontana da me questo calice! Tuttavia nonsia fatta la mia, ma la tua volontà” e in predaall’angoscia pregare più intensamente.

Unito a Cristo sofferente

Come sul Calvario, dove quel sangue devefuoriuscire tutto dalle piaghe, dai fori provoca-ti dalla corona di spine, dalle ferite lacero-con-tuse causate da quegli infernali strumenti, cheerano i “flagelli romani” – ben diversi dai “39colpi” ebrei, che Paolo aveva ricevuto ben cin-que volte (cf 2 Cor 11,24) – fino alla fuoriusci-ta di “sangue ed acqua” perché “Tutto è com-piuto” (cf Gv 19,30.34).

Ecco la logica dell’inserimento nella seque-la del Cristo eucaristico, che Paolo vuole tra-smetterci (cf 1 Cor 15,2), che – però – va an-cora più approfondita rivisitando insieme alPaolo, che sono io, alcune frasi di Gesù, chetroviamo nel vangelo di Giovanni al capitolo 6– e che ci aiutano a comprendere sicuramenteancora di più per la nostra vita – il significatodi Fil 1,21 e di Gal 2,20. I versetti di Giovannisono il 56 e 57: “Chi mangia la mia carne ebeve il mio sangue dimora in me ed io in lui.Come il Padre che ha la vita, ha mandato meed io vivo per il Padre, così anche colui chemangia di me vivrà per me”. A cui fanno eco:“Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sonoio là sarà anche il servo. Se uno mi serve il Pa-dre mio lo onorerà” (Gv 12,26).

Ecco ancora più evidente il significato del-le espressioni paoline. Paolo vive nella sua car-ne queste parole. La sua esperienza fondante ilsuo essere apostolo è solamente qui, è nell’im-medesimazione di tutto il suo essere con il mi-

stero del Cristo eucaristico, morto e risorto chelui vive la sua vita, la sua fede, il suo ministe-ro. Niente ha più a cuore, a partire dalla comu-nione al sacrificio redentore di Cristo, se nonfare della sua vita quel “sacrificio vivente, san-to e gradito a Dio”, che è la “liturgia eucaristi-ca della sua vita”, in cui lui, insieme al suo Si-gnore, è “vittima, sacrificio ed altare”.

A ciascuno di noi, ora, tentare di incarna-re e di fare nostra questa esperienza paolina,sintesi di ogni cammino di vera sequela, cheè autentica immersione vitale nella vita dona-ta di un Gesù, che ancora ha bisogno dei no-stri “si” per portare a compimento “ciò chemanca nel proprio corpo ai patimenti di Cri-sto a favore del suo corpo, che è la Chiesa”(cf Col 1,24).

E’ la lezione dell’Eucarestia vissuta comebanchetto dell’Agàpe, come celebrazione vita-le e continua di quell’amore-donazione, checaratterizza tutto l’essere di Paolo, e che èquell’ amore seducente che crocifigge Paoloalla croce risorta di Gesù, trovando in questal’unico senso e l’unico scopo del suo vivere edel suo essere.

“Per me vivere è Cristo e morire un guada-gno” (Fil 1,21).

“Per lui ho lasciato perdere tutte queste co-se e le considero come spazzatura, al fine diguadagnare Cristo e di essere trovato in lui[…]. E questo perché io possa conoscere lui, lapotenza della sua resurrezione, la partecipa-zione alle sue sofferenze, diventandogli confor-me nella morte, con la speranza di giungere al-la risurrezione dei morti […]. Solo mi sforzo dicorrere per conquistarlo perché anch’io sonostato conquistato da Gesù Cristo” (Fil 3,8-9a.10-11a.12b).

Allora, così davvero il Cristo solo, secondodon Alberione, “Vive, pensa, opera, ama, vuo-le, prega, soffre, muore, risuscita in me” (Do-nec formetur Christus in vobis, 64).

Don Fabrizio PIERI igs

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SPIRITUALITÀ PAOLINA

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La coerenza e l’identità tra quanto cele-briamo e quanto viviamo nella vita quo-tidiana

Gesù ha modellato sulla Parola di Dio lasua giornata di impegni, di preghiera nel-

la Sinagoga, e la sua predicazione e i rapporticon il prossimo: “uscito dalla Sinagoga” entranello spazio e nel tempo “umani” per ripro-porre, attraverso i segni e i gesti della sua bon-tà, quanto ha letto, proclamato e celebrato nelculto della Sinagoga (cf Mc 1,35-39).

Con il suo “stile di vita” lafamiglia, sull’esempio diCristo Maestro, può corri-spondere al compito ealla missione che essaè chiamata ad assu-mere in rapporto allacomunità cristiana.

Nella cura vi-cendevole degli af-fetti, negli atteggia-menti assunti; nellescelte anche ordina-te alla gestione fami-liare, nella fatica di dare

corpo ai valori, nel tentativo di intessere rela-zioni di amicizia e di aiuto vicendevole con al-tre famiglie, nell’intento di essere significativisul territorio, la famiglia, chiesa domestica nel-la forma quotidiana della vita, testimonia ilVangelo di Gesù e mostra che è possibile oggimettersi alla sua sequela.

Ci sembra opportuno e stimolante, quindi,indicare alcuni aspetti della celebrazione dellaParola e dell’Eucaristia come ispirazione efonte dello stile di vita familiare, presentando i“luoghi” e i momenti dove la famiglia può por-tare, con il suo stile proprio, un contributo con-creto alla costruzione della Chiesa.

Le dinamiche liturgiche come sorgentedello stile di vita familiare

Il mistero della Chiesa si manifesta dovedue o tre sono riuniti nel nome del Signore: siala comunità cristiana che la famiglia sono

Lettera del Delegato

Liturgia e stiledi vita familiare

ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

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Chiesa e concorrono entrambe a “fare” Chiesa.Lo stile che rende affini comunità cristiana

e famiglia può essere colto nelle dinamicheproprie della celebrazione della Parola e del-l’Eucaristia, vero centro di ogni comunità. Ta-li dinamiche mostrano come lo stile di vita del-la famiglia e quello di una comunità cristianasi richiamino a vicenda e possano testimoniareinsieme l’unico mistero della Chiesa. Le ripor-tiamo mettendoci nell’ottica di come possanoessere vissute in famiglia (cf P. Boffi - G.Grandis, Stile di vita della famiglia cri-stiana, Cantagalli 2009, pp. 227ss).

* Accogliere perdonando: iriti di accoglienza e diperdono. – In famiglial’accoglienza dell’altro èvolergli bene sempre,soprattutto quando si èesposto nella sua fragilitàfino a sbagliare. L’altro vaaccompagnato, sostenuto eaiutato a superare quel ma-le da cui è stato ferito.Accogliere le personecon amore significacredere nel valoredi ogni persona,porre la miseri-cordia al cuoredella famigliae di tutte lerelazioni chesi intessono tragenitori e figli.

* Ascoltare corrispondendo: la liturgiadella Parola. – Ascoltarsi in famiglia èuscire da se stessi, coinvolgersi nella cre-scita dell’altro, fargli spazio per stare ecostruire insieme. L’ascolto vicendevole ècorrispondersi, è favorire la responsabili-tà dell’altro. È lasciarsi cambiare dall’al-tro, volendo la sua libertà. È costruire lacasa ascoltando insieme la Parola di Dio,per aiutarsi vicendevolmente a risponder-gli. È tenere in famiglia e con i figli unostile dialogico, di condivisione e di con-

fronto. È anche il modo in cui parla Ge-sù: la sua Parola accolta risveglia in

noi nuove capacità di rispetto, di li-bertà, di forte partecipazione e ap-partenenza.

* Offrire benedicendo: lapresentazione del pane edel vino. – La presenta-zione delle offerte dice iltratto più “familiare” del-l’Eucaristia: ognuno portae offre quello che può eche è. L’“offertorio” rap-

presenta l’ordinarietàdella vita familiare,

gioia e dolori, co-struita con l’apportodi tutti. Nel mette-re a disposizionequello che si è eche si ha, ci si ar-ricchisce.

LITURGIA E STILE DI VITA FAMILIARE

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Questa viva dinamica della reciprocitàsgorga dall’offrirsi all’altra persona gratuita-mente. Nell’Eucaristia si porta pane e vino e siriceve il corpo e il sangue di Cristo. La benedi-zione sta in questa grande ricchezza di donointerscambiato e nella valorizzazione dellequalità delle persone, dei figli e delle loro po-tenzialità interiori.

* Raccontare ringraziando: la Preghieraeucaristica. – In famiglia raccontare è conse-gnare la storia personale al-l’altro, ma anche “fare me-moria” delle tappe più im-portanti della vita di coppiae di famiglia; è dirsi, nel-l’intimità della casa, del-l’incontro con Dio, narraree narrarsi l’esperienza del-l’intervento di Dio nella vi-ta, come fa Gesù nell’ulti-ma Cena, che fa diventare“racconto” i suoi sentimen-ti, timori, gesti e parole. Èla storia divina e umana chediventa “memoriale”, an-nuncio di Pasqua: racconta-re di sé per ricordare, ringraziare e gioire conle persone con cui si condividono i cammini difede e di crescita.

* Condividere donandosi: i riti di Comu-nione. – Condividere, in famiglia, è “dividerecon” l’altro anche la vita, è mettere insieme lediversità, ma anche i talenti per il bene dell’al-tro, donare le povertà perché possano diventa-re ricchezza, “spezzare il pane” della vita efarne dono agli altri. Gesù ha spezzato il panee ha versato il vino: due gesti che rivelano ilsenso pieno della condivisione che si fa comu-nione. Quanto più siamo in comunione conDio, tanto più sentiamo che il nostro stare in-sieme ha un valore enorme che va al di là dei

sentimenti e che sa superare anche la disconti-nuità delle nostre scelte ed errori, creando unclima di relazioni interpersonali sempre più si-gnificative.

Lo stile di vita di Gesù, vissuto nella pienaadesione al Padre, ci fa scoprire un grande se-greto: «Gesù è uomo di azione perché uomo dipreghiera». C’è infatti un rapporto ineludibiletra preghiera e azione salvifica, tra preghiera evita di ogni giorno.

Pertanto, come Gesù che esce dalla Sinago-ga ed entra nel mondo e nel tempo dell’uomo,così il cristiano, ogni famiglia, che esce dallaCelebrazione domenicale o dalla preghiera diogni giorno, deve saper riproporre nelle azionie nelle parole quanto ha celebrato nel culto,quanto ha detto a Dio nel segreto della preghie-ra: non può distinguere tra “tempo di Dio” e“tempo dedicato all’uomo”, tra “casa di Dio e“casa dell’uomo”, tra “sacro” e “profano”.

Da qui si delinea sempre più e meglio la no-stra identità di cristiani e di discepoli di CristoMaestro, Via Verità e Vita, fino alla piena con-figurazione a Lui.

Don Olinto CRESPI, Del. [email protected]

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Lettera del Delegato

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La fede nella vita quotidianaLLaa ffeeddee nnoonn èè uunn aabbiittoo ddaa iinnddoossssaarree iinn ddeetteerrmmiinnaattee ooccccaassiioonnii,, mmaa èè uunnaa lluuccee ee uunnaaffoorrzzaa cchhee ppeerrmmeeaa ttuuttttaa llaa vviittaa,, ttrraassffoorrmmaa iill nnoossttrroo mmooddoo ddii eesssseerree..

1. Nella vita matrimoniale la fede porta ad assumere una concezione cristiana del matrimonioe della famiglia, a considerare il proprio amore come segno e strumento dell’amore di Dio, equindi a vedere nell’amore di Dio la sorgente, il fondamento e il modello dell’amore umano.

2. Essere genitori, alla luce della fede, significa essere rappresentanti della paternità e della ma-ternità di Dio; vuol dire prendersi cura dei figli, accompagnarli nella loro crescita, guidarlicon la parola e soprattutto con l’esempio.

3. Assieme ai genitori, gli insegnanti hanno il compito di educare.Ogni discepolo è una persona da formare: una libertà da orien-tare, una ricchezza di potenzialità da sviluppare, di attitudini dascoprire, di “talenti” da far fruttificare. La fede cristiana ci fascoprire la grandezza della persona umana, l’originalità di ogniindividuo, la sua dignità di “figlio di Dio”.

4. La fede vissuta nel mondo del lavoro oggi è particolarmente im-pegnativa. Vi sono grandi mutamenti epocali. In una società do-ve il denaro conta più del lavoro, dove il lavoro è attraversatodalla precarietà, l’impegno nuovo dei cristiani è quello di riaffer-mare la centralità della persona e del lavoro, praticando la giu-stizia con la propria competenza, testimoniando la carità con lapropria solidarietà, vivendo il lavoro come spazio di fraternità.

5. La fede porta i giovani a coltivare la «speranza che non delude»(Rm 5,5), a coltivare l’amore contro ogni egoismo, a coltivare ideali alti e nobili, in alterna-tiva al dilagante materialismo. La fede li porta a costruire un futuro secondo il disegno diDio.

6. Alle donne la fede fa scoprire e vivere il “genio femminile”, che le porta a incarnare il sensodell’accoglienza, della delicatezza, della dedizione, della propria dignità; le induce a immet-tere dinamiche di amore in questa società arida.

7. Quando i politici e gli economisti accolgono la fede, scoprono che il degrado attuale, alla ra-dice, è determinato dalla carenza di fede. Tutto è concatenato: senza la fede, l’etica mancadi un saldo fondamento; senza l’etica, la politica perde la sua anima; senza una buona poli-tica, l’economia assoggetta gli uomini e li lascia in balìa della legge del mercato; senza unailluminata economia, la finanza prevarica e genera gravi crisi e disastri sociali.

8. L’ambiente mediatico, nel quale siamo immersi e viviamo, è uno sconfinato oceano nel qualel’uomo può “navigare”, ma solo la fede può offrire una “bussola” per non perdersi. La fede puòorientare a vivere in modo autentico, attraverso i media, la dimensione “relazionale”, il dialo-go, la reciprocità, l’interattività, la comunicazione, e anche la comunicazione della fede.

9. La casalinga si trova nel crocevia della nostra storia, nel punto di confluenza di tutte le pro-blematiche sociali. Più forti sono queste spinte, e più forte deve essere la sua fede, che siesprime in tutti i gesti quotidiani nella sua casa e che le consente di vivere la sua vita comeuna missione, spesso sconosciuta o sottovalutata dagli altri, ma preziosa agli occhi di Dio.

10. Con gli occhi della fede, scopriamo che nei poveri, nei malati, nei terremotati e nei sofferentiè presente Cristo. Questa fede ci spinge alla solidarietà, alla vicinanza spirituale e alla lotta con-tro ogni forma di male (Mons. Giuseppe Greco, “La Domenica”, n. 58/1° novembre 2012).

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Luca, nel suo Vangelo, pone in un altro con-testo il dono della preghiera per eccellenza:

il “Padre nostro”. Mentre in Matteo Gesù ciconsegna la preghiera durante il discorso chetenne sulla collina che digrada verso il mar diTiberiade (lago di Genesaret); collina denomi-nata “Monte delle beatitudini”; in Luca, invece,Gesù ce la dona dopo una prolungata preghiera.

Scrive Luca: «Gesù si trovava in un luogo apregare; quando ebbe finito, uno dei suoi di-scepoli gli disse: “Signore, insegnaci a prega-re, come anche Giovanni ha insegnato ai suoidiscepoli”. Ed egli disse loro: “Quando prega-te, dite…» (Lc 11,2).

La vecchia traduzione iniziava così: «Ungiorno Gesù...». Non ci è detto quale giornoera, e meno che meno il mese, neppure l’anno.Il che parrebbe una svista abbastanza grave!Invece agli evangelisti non interessano le de-terminazioni cronologiche; sanno di non rac-contare semplicemente dei “fatti storici” da in-capsulare negli archivi dei palazzi, chiusi inbuste polverose e lasciati solo al “ricordo” spo-radico degli storici.

Gli evangelisti raccontano eventi, e cometali non hanno tempo, ma hanno il “tuo” tem-po, se oggi accogli con responsabilità non soloil ricordo ma la memoria di questo fatto e diquelle parole.

Il fatto evangelico è raccontato partendo daun episodio storico della vita di Gesù per dirti“oggi”, in questo momento – e anche domani,se domani lo riascolti nuovamente – ciò cheserve a te, alla famiglia e alla comunità, nellaquale, per volere di Dio, la parola viene procla-mata. Per questo la proclamazione della parolavuole sempre un contesto di preghiera, stabili-to – come è quello, ad esempio, di un ritiro odi un corso di esercizi spirituali – o creato lìper lì, per entrare nell’intimità con Dio che ciparla attraverso la sua parola. Ebbene, che co-sa racconta Luca?

Notte luminosa di preghiera

Gesù si era ritirato a pregare, in un luogoappartato, lontano da tutti, per entrare in pro-fonda intimità con il Padre. Quanto tempo pre-gò? Luca non lo dice; però, nello scorrere ilsuo vangelo, sovente l’evangelista ama scopri-re Gesù in preghiera (cf Lc 3,21-22; 5,16;6,12-14; 9,18-22.28-36; 22,39ss). Per Gesù lapreghiera è il respiro della sua vita e la forzaper la sua missione, non semplicemente unapia pratica, un dovere da evadere.

Ebbene, in quel frangente pregò a lungo,forse tutta la notte. Finita la preghiera, non an-

Anno della fede

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Il “paradosso”evangelico della preghiera

L’annuncio e l’inizio del pontificato di Papa Francesco sono stati una scuola di preghie-ra. Nella cosiddetta “cappella delle lacrime” ha pregato a lungo dopo il consenso dato al-l’elezione canonica; poi, apparso alla Loggia della Basilica San Pietro ha fatto pregareper il suo predecessore, Benedetto XVI; infine quell’inchinarsi profondamente per prega-re per i suoi fedeli e chiedere umilmente preghiere per il suo servizio. Il silenzio, forse maicome in questa circostanza, è stato una fragorosa preghiera di popolo.

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dò a mangiare o a riposare, ma ritornò in mez-zo ai suoi discepoli. Ecco un’altra notizia dicronaca molto importante!

Perché è importante questo particolare?Perché uno dei discepoli si accostò a Gesù e glirivolse una domanda essenziale, fondamentale:«Signore, insegnaci a pregare, come ancheGiovanni...». Tutti i grandi maestri insegnano apregare ai propri discepoli; ci sono sempre sta-te scuole di preghiera che fanno riferimento auno o all’altro dei grandi maestri.

Difatti, perché il discepolo fa questa do-manda? La risposta pare già data dal discepolostesso: «...come anche Giovanni ha insegnatoai suoi discepoli». Invece, molto facilmente ildiscepolo rimase incantato da quello che vide:il volto di Gesùreso luminosodalla preghiera;quella lunga inti-mità con il Padreaveva trasforma-to l’aspetto diGesù.

Una supposi-zione? È faciledimostrare chepuò essere vera.Tutti e tre i Sinot-tici riportanol’episodio della Trasfigurazione sul monte Ta-bor (Mt 17,1-9; Mc 9,2-10; Lc 9,28-36). SoloLuca non usa il termine “trasfigurazione”, checi fa immediatamente pensare a qualcosa distraordinario, possibile solo a Dio; e Gesù eraDio. Luca dice semplicemente che il suo volto«cambiò d’aspetto» e che questo cambiamentoavvenne «mentre pregava» (9,29). Ho potutocostatare la verità di questa trasformazione:dopo un ritiro predicato ai giovani, una ragaz-za, Marina, mi voleva comunicare la gioia diquella giornata di intimità con il Signore. Lavidi talmente raggiante che le dissi: «Figlia

mia, non dire niente. Il tuo volto parla più del-le parole che cerchi di dire».

Ebbene, contemplando il volto radioso diGesù, al discepolo venne spontanea la doman-da, perché entra nel cuore un forte desiderio difare la stessa esperienza.

Il paradosso della preghiera

Come risponde Gesù a questa esigenza?Istituendo una scuola di preghiera, come igrandi maestri? Nulla di tutto questo! Dicesemplicemente: «Quando pregate, dite...». Civien da obiettare: non ci hai ancora detto il“come” pregare, “in che tempo” pregare, “do-

ve” pregare e su-bito ci chiedi dipregare.

Questa è ladivina rivoluzio-ne portata da Ge-sù.

I maestri diquesto mondogiustamente pri-ma insegnano lecose, così da es-sere capaci difarle. Non si può

pensare di essere capaci di usare il computersenza aver prima imparato! Per questo pen-siamo che anche per pregare, occorra impara-re a pregare. Lo richiede il principio dell’ef-ficienza: tu sei capace di svolgere un’attivitàse prima l’hai appresa. E la preghiera è benun’attività; anzi, al dire di Claudel, «è l’atti-vità al massimo grado». Se non impariamo,non saremo mai capaci di pregare. Così pen-siamo noi, e di certo anche il discepolo lapensava così.

Invece Gesù non insegna a pregare. Dicesemplicemente: «Prega!». «Ma come si fa? –

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IL “PARADOSSO” EVANGELICO DELLA PREGHIERA

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obiettiamo. – Come metterci, dove andare, checosa dire? Ci vogliono tempi lunghi». Ma Ge-sù ribadisce: Errore. Impossibile aprirel’origine dati.«Prega così...».

Allora, vale la pena notare che

* il principio dell’efficienza esige: Se vuoipregare, devi imparare a pregare.

* Gesù ci dice: Se vuoi imparare a pregare,prega.

A noi sembra il principio dell’impreviden-za; invece è il principio dell’amore: non siaspetta ad amare quando si è capaci. Si ama ebasta! D’altra parte, insegnano forse papà emamma al proprio bambino a camminare? Se igenitori lo dovessero fare, dovrebbero sotto-mettersi a lezioni “a non finire”, perché i mo-vimenti del corpo e soprattutto delle gambe so-no così variati da richiedere un numero elevatodi lezioni. Invece, papà si mette da una parte emamma dall’altra, stendono ambedue le brac-cia; e il bambino vi precipita dapprima con in-certezza, ma con una sicurezza sempre mag-giore quanto più volte le braccia dei genitori loaccolgono e lo mangiano di baci.

Così è per la preghiera: non si insegna, siprega, e basta!

Disprezzo delle scuole di preghiera? Asso-lutamente no! Ma se aspettiamo a pregare do-po aver imparato a pregare, non pregheremomai. Anzi, non ci decideremmo neppure di an-dare a una scuola di preghiera. Chi ci va, lo faperché in qualche modo ha già sperimentato ilvalore della preghiera.

Le scuole di preghiera hanno la loro importan-za. Ma ricordiamo sempre che il maestro umano,per quanto santo, ci insegnerà sempre e solo “co-me” pregare; solo Gesù ci guida “a” pregare. Sedimentichiamo questo, la scuola di preghiera o ilgruppo del rinnovamento, in cui ci si può trovaretanto bene, diventano unicamente un’evasione,una fuga; e non daranno alcun frutto.

È un grosso guaio quando una persona sitrova bene nel gruppo di preghiera o con ilmaestro e non riesce a convivere in famiglia oad accogliere le persone con le quali deve con-dividere la giornata. La situazione rivela chenon è Gesù il maestro di preghiera e la comu-nità non è più il luogo dove Gesù insegna a tra-sferire la preghiera nella vita quotidiana.

Don Venanzio FLORIANO ssp

Anno della fede

GIUBILEI DELLA FAMIGLIA PAOLINA

IMPORTANTE

Tutti coloro che ricordano il 25° anniversario di consacrazione (1988-2013)

nell’Istituto “Santa Famiglia” e i Giubilei di Ordinazione sacerdotale IGS (25°, 50°, 60°)

sono invitati a partecipare alla solenne

Concelebrazione per festeggiare i Giubilei di Famiglia Paolina,

che si terrà il 29 giugno prossimo nella Cripta del Santuario Regina degli

Apostoli in Roma. Le persone o coppie, che desiderano partecipare,

comunichino alla Segreteria la loro adesione e saranno informate

circa lo svolgimento della giornata.

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La Liturgia delle Ore

La Chiesa degli Apostoli, nello Spirito Santo,segue Gesù nell’esperienza della preghiera:

“Erano assidui nella preghiera” (At 2,42) e fre-quentavano il tempio per pregare (At 2,46-47).Infatti Pietro e Giovanni salivano al tempio perla preghiera dell’ora nona (At 3,1) e quando Pie-tro viene arrestato, la comunità fa salire un’in-cessante preghiera a Dio per lui (At 12,5) e, unavolta liberato, lui torna a pregare con loro.

Nel primo catechismo cristiano, scritto an-cor prima del Vangelo di Matteo, in Siria, tro-viamo l’invito a pregare, con la preghieradel Signore – il Padre nostro – tre volteal giorno: mattina, mezzogiorno e sera(Didachè, insegnamento degli Apostoli,VIII, 2).

Paolo raccomanda di pregare conSalmi, inni e cantici ispirati (Ef5,19; Col 3,16). Lui stesso – dinotte, nella prigione di Filippi –canta insieme a Sila, inni al Si-gnore (At 16,25).

Arriviamo (con un salto dimolti secoli) al Concilio Vatica-no II (1962-1965) che al capitoloVI del documento sulla Liturgia, laCostituzione conciliare “Sacrosanctum Conci-lium” (=SC), ripropone la preghiera dei Salmicome azione di Cristo Sacerdote che si associal’umanità nell’elevare il divino canto della lo-de e lo continua per mezzo della sua Chiesa(SC 83) perché sia voce della Sposa che parlaallo Sposo, anzi, preghiera che Cristo unito alsuo Corpo eleva al Padre (SC 84).

Dal Signore Gesù giunge fino a noi nellaChiesa, guidata dallo Spirito Santo, la Preghie-ra Oraria, non tanto come devozione privata oparticolare (es.: l’Ora di guardia; il Rosario; laveglia dell’agonia del Signore….), ma comepreghiera che “fascia” la giornata della Chiesa

e di ciascuno in essa, unendoci a Cristo Sacer-dote nel fare della nostra vita un inno di lode alPadre, datore di ogni bene.

Preghiera comune del popolo di Dio

Di conseguenza Paolo VI presenta la Litur-gia delle Ore come “preghiera pubblica e co-mune del popolo di Dio”. Il Concilio aveva giàraccomandato: “I pastori abbiano cura che le

Ore principali, specialmente i Vespri, sianocelebrate in Chiesa con la partecipazionecomunitaria” (SC 100).

Nell’edizione della Liturgia delleOre in 4 volumi, all’inizio del I volume

trovate riportati i documenti con cuiPaolo VI, dopo il Concilio, ci ha

affidato la Preghiera Oraria del-la Chiesa, rinnovata secondo leindicazioni conciliari (SC 89;91). Egli ha scritto una Costitu-zione Apostolica per promulga-

re la Liturgia delle Ore. Essa co-mincia: “Il cantico di Lode che nel-

le sedi celesti risuona eternamente, eche il Signore Gesù Sommo Sacerdote intro-dusse in questa terra d’esilio, la Chiesa lo haarricchito e conservato con costanza e fedeltà”.Dalle prime parole latine, viene chiamata:“Laudis Canticum”.

A questo breve, ma fondamentale docu-mento pontificio segue la presentazione (Prae-notanda) della teologia, liturgia, elementi,struttura e norme della Celebrazione Oraria.

Il 1° capitolo, “Importanza della Liturgiadelle Ore nella vita della Chiesa”, è di caratteredottrinale. Presenta la preghiera di Cristo conti-nuata nella Chiesa, in determinati momenti (leOre) comuni, così da essere “Celebrazione”.

Il Cantico di lode

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FESTA DELLE FAMIGLIETra le iniziative primaverili dai nostri Gruppi segnaliamo quella dai Responsabili di Lugo-

Ravenna, Marco e Valeria Flisi, che, in collaborazione con altre coppie a livello

parrocchiale e poi diocesano, hanno programmato un denso pomeriggio e serata in onore

della B. Vergine del Piratello per sabato 11 maggio ad Imola (Bologna) presso la

cattedrale. Oltre alla preghiera mariana ci saranno incontri, relazioni e testimonianze con il

vescovo Mons. Ghirelli, Antonio Socci, Pr Tiberiu Sirbu (di rito greco-cattolico), Ania

Goledzinowska, Chiara Amirante e don Davide Banzato della Comunità “Nuovi Orizzonti”.

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Il 2° capitolo ci presenta il significato, l’im-portanza e la struttura delle Ore e gli elementiche le compongono. Noi fin qui ci siamo sof-fermati sui Salmi, ma ci sono anche le letturebibliche, gli inni, le antifone, le preghiere… Diquesto si occupa il 3° capitolo. Il 4° riguarda le

Celebrazioni nel corso dell’anno partendo daquelle del Signore, che sono di primaria impor-tanza (Domeniche, Triduo pasquale, Tempo diPasqua, Natale, oltre che solennità), continuacon quelle di Maria e dei Santi, poi passa aspiegare l’uso del Calendario liturgico (diversoda quelli che troviamo nelle nostre case) e co-me scegliere gli “schemi di preghiera” (uffici).Nel 5° capitolo sono presentate le norme per la

celebrazione comunitaria ed il canto. In ap-pendice troviamo la Tavola dei giorni liturgici,per essere aiutati a sapere quali giorni e qualifeste sono qualificati più importanti o meno.

Chi ha l’edizione in volume unico, appro-vata e fatta preparare dalla CEI, intitolata: “La

preghiera del mattino e del-la sera”, ha trovato nel cofa-netto di cartone un fascico-letto con la copertina di co-lore marrone, che accompa-gna il volume della preghie-ra. Spero che non lo abbiatesmarrito, perché esso con-tiene i documenti di cui ab-biamo parlato e che vannoconosciuti.

Non basta, quindi, averlicitati e aver fatto un som-mario dei titoletti che scan-discono la loro composizio-ne, adesso è necessario an-

darli a prendere, cominciare a leggerli e cosìcominciare a capire il valore della preghieraoraria della Chiesa che abbiamo in mano.

È una preghiera che non si recita, neppure èsufficiente dirla, bisogna celebrarla unendoci alSignore Gesù, sacerdote e sposo, come sua Chie-sa (anche quando preghiamo da soli), sua sposae suo popolo sacerdotale (Ef 5,29-32; 1Pt 2,5).

P. Nino FAZIO

Il Cantico di lode

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Note di Liturgia

“Benedetto nei secoli il Signore!”La presentazione dei doni

Con il cosiddetto “Offertorio” ha inizio laseconda parte della Celebrazione eucari-

stica. Dall’ascolto della Parola di Dio si pas-sa alla consacrazione e partecipazione al ban-chetto eucaristico attraverso la santa Comu-nione.

Innanzitutto il sacerdote presenta i donidel pane e del vino a Dio alzando prima la pa-tena e poi il calice. Si tratta di un gesto elo-quente per tutti: le nostre offerte terrene, sim-boli di tutta la nostra vita, sono elevate almondo celeste.

Il sacerdote pronun-cia delle formule di be-nedizione che si ispiranoalla liturgia ebraica pri-ma sul pane e poi sul vi-no: «Benedetto sei tu,Signore Dio dell’univer-so: dalla tua bontà ab-biamo ricevuto questopane/vino, frutto dellaterra/vite e del lavorodell’uomo; lo presentia-mo a te perché diventiper noi cibo/bevanda di vita eterna».

Benedire deriva da “bene-dicere” che signi-fica “dire bene”. L’uomo vuole dire bene diDio che lo colma, che lo ha benedetto con tut-ta la creazione.

Il Messale romano aggiunge la menzionedel “lavoro dell’uomo”. Si insiste così sulla in-dispensabile collaborazione dell’uomo con ilCreatore per la valorizzazione della terra.

La liturgia è quell’atto comune tra Dio eil suo popolo per celebrare l’alleanza comu-ne. Alla benedizione pronunciata dal sacer-

dote, i fedeli sono invitati a rispondere conuna loro benedizione: “Benedetto nei secoliil Signore!”.

Il Prefazio e il “Santo”

Insieme alla preghiera eucaristica il Prefa-zio è rivolto sempre al Padre. Esso vuole cele-brare appunto il Padre con due movimenti vi-cini fra loro ma differenti. Questi sono: 1) la lode: il Padre è esaltato e magnificato

“perché è lui”, in se stesso, nei suoi titoli enelle sue opere. È preghiera dunque disinte-

ressata dove tutto si ri-converte al Padre; i fe-deli sono quasi solo vo-ce e per amore celebra-no il Padre loro;2) l’azione di grazie:non si tratta semplice-mente di “ringraziare”.La Scrittura non ha nep-pure un termine per dire“grazie”, in quanto diregrazie è rito di “conge-do” per un beneficio rice-

vuto. Per la Bibbia “rendere grazie” è cele-brare il Signore per le sue opere di bontà, far-le conoscere e così entrare in comunione per-manente con lui. L’azione di grazie si fondasempre sui fatti della nostra storia concreta.Nel prefazio il Padre appare come il Signo-

re della storia: tutto viene da lui, dipende dalui, torna a lui.

L’inno “Santo, santo, santo” (cf Is 6,3) è ilgrido di gioia e di lode ininterrotto che i Sera-fini tributano in eterno alla divina Maestà chetroneggia nei cieli.

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Cosa significa quel grido? Il “tre volte san-to” è Dio: tutto santo per definizione. Santo nonè solo chi non fa peccato, chi vive la carità e la

diffonde, ma è colui che “santifica”, rende si-mili a sé, “consacra” alla sua persona tutti gliuomini che lo accettino. Santità divina è bontàinfinita che si comunica e si espande a tutti gliuomini; è comunione attraverso lo Spirito san-to che unisce eternamente al Padre e al Figlio.

Così il “Santo, santo, santo” è il formidabi-le canto di lode che con amore riconosce al Pa-dre – e in lui al Figlio e allo Spirito – la santi-tà divina unica, la “fonte di ogni santità”, an-che la nostra.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

PER CRESCERE«Al risveglio, benedite la vostra giornata, poiché essa trabocca già di un’abbondan-

za di beni, cui la vostra benedizione permetterà di manifestarsi. Incrociando le perso-ne per strada, sull’autobus, nel vostro posto di lavoro, benedite tutti. La pace della vo-stra benedizione sarà la compagna del loro cammino, e li circonderà come una luceprofumata.

Benedite coloro che incontrate nella loro salute, nel loro lavoro, nella loro gioia,nella loro relazione con se stessi e con gli altri. Benediteli in tutti i modi che potete con-cepire, poiché tali benedizioni non solo seminano semi di guarigione, ma un giorno ger-moglieranno come altrettanti fiori di gioia negli spazi aridi della vostra vita.

Quando passeggiate, benedite il vostro paese o la vostra città, coloro che la gover-nano e i suoi insegnanti, le sue infermiere e i suoi spazzini, i suoi preti e le sue prosti-tute. Nell’istante stesso in cui qualcuno esprime la pur minima aggressività, collera omancanza di bontà nei vostri riguardi, rispondete con una benedizione silenziosa. Be-neditelo totalmente, sinceramente, gioiosamente, poiché tali benedizioni sono comeuno scudo che vi protegge dai misfatti dovuti all’ignoranza, e devia la freccia che vi èstata lanciata.

Benedire significa desiderare e volere incondizionatamente, totalmente e senza ri-serva alcuna il bene illimitato per gli altri e per gli avvenimenti della vita, attingendoalle fonti più profonde e più intime del nostro essere. Ciò significa onorare e conside-rare con meravigliato stupore ciò che è sempre un dono del Creatore, quali che siano leapparenze” (P. Pradervand, L’arte sottile del benedire, Punto d’incontro, 2012)

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Benedetto nei secoli il Signore!

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Un mondo di ladri

«Domenica andiamo a giocare a pallonenel parco», aveva assicurato il papà al

figlioletto un giovedì sera. Quando arrivò ladomenica il piccolo non stava più nella pelleper l’ansia di andare finalmente a giocare conil suo papà. Ma questi se ne era dimenticato ealtre cose presero il sopravvento quella dome-nica, per cui il bambino rimase molto amareg-giato e arrabbiato.

La lealtà è una virtù spontanea e innata innoi che ci appartiene sin da piccoli; anzi dabambini siamo più esigenti e rigorosi perché sirispetti quanto pattuito: è implicata infatti lastima e una positiva considerazione nei nostriconfronti. Con il crescere dell’età perdiamo lalimpidezza originaria e diventiamo più inclinial compromesso, alla distrazione, al tradimen-to. Se ci guardiamo attorno vediamo che nonesiste più lealtà nei diversi settori del nostro vi-vere e relazionarci per cui, di conseguenza, nesentiamo davvero un gran bisogno.

Leale è colui che è fedele alla parola data,onesto, corretto. Forse in questo mondo i lealisono pochissimi, mentre coloro che fanno i“furbi” sono la maggioranza. Troppe personesono sleali per aggirare i propri errori. Gli epi-sodi di slealtà si moltiplicano: la falsa testimo-nianza, ad es., è in primo piano. Molta genteper coprire una brutta verità si affida alle bugieusando un atteggiamento scorretto nei con-fronti degli altri.

Un ulteriore esempio di slealtà lo troviamonegli evasori fiscali. Loro evadono le tasse, nonpagandole, e così danneggiano tutti noi. Oppu-re nel mondo dello sport ogni tanto rispunta ilcalcio scommesse, dove un gruppo di personecoinvolge i calciatori per falsare le partite. An-

cora una volta la slealtà batte la lealtà. Unacanzone di Venditti recita: «In questo mondodi ladri…»; si potrebbe modificarla così: «Inquesto mondo di sleali, c’è solo un gruppo dileali che non si arrendono mai…».

Coerenza tra ideali e vita

La lealtà è un valore, una qualità moraleumana che una persona sceglie nel proprio per-corso di vita. Essa rende credibili, coerenti, af-fidabili ed autorevoli. Rinunciando ad essa ci sipuò solo illudere degli effimeri vantaggi cheimmediatamente può procurare l’essere sleale.

“Lealtà” deriva dal latino legalitas, che in-dica una componente del carattere, per cui unapersona sceglie di obbedire a particolari valoridi correttezza e sincerità anche in situazionidifficili, mantenendo le promesse iniziali ecomportandosi seguendo un proprio codice. Inaltri termini, per lealtà si intende il grado dicoerenza tra un comportamento nella praticae gli ideali a cui si attiene teoricamente unapersona.

È leale:• una persona che non ha mai bisogno di es-

sere forzata o obbligata a dire la verità,• chi non finge di amare una persona che

odia, ma cerca di amarla veramente,• colui che non finge di accettare per vero

ciò che all’altro appare falso, non simulacomprensione verso chi non la merita.

Non si può essere leali verso l’altro, se pri-ma non ci si è abituati, per lunga e costante di-sciplina, all’onestà e fedeltà nei confronti di sestessi. Essere onesti con se stessi vuol dire es-sere capaci di riconoscere onestamente i motidel proprio animo, indipendentemente dall’uso

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

La lealtà, ossia fedeli a se stessi

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che poi, mediante l’esercizio della volontà, sideciderà di farne.

La lealtà è una merce rara, oggi. Significafedeltà, onestà, sincerità e affidabilità. È l’in-grediente indispensabile di ogni amicizia e diogni relazione umana. “Puoi contare su dime”, è una frase impagabile.

Lo sguardo fa la differenza

Lealtà e fedeltà costituiscono un binomioinscindibile, sempre presente negli interventipremurosi di Dio, “il fede-le” (2Ts 3,3), verso l’uomo.Da Dio abbiamo da impara-re come essere fedeli a noistessi e quindi agli altri. In-vece vediamo che l’acquastagnante dell’infedeltà hala sua sorgente inquinatanella slealtà, che è alimenta-ta dall’insincerità delle lab-bra e dalla doppiezza delcuore.

Sono soprattutto gli oc-chi a smascherare la slealtàdi una persona. Solitamentechi è sleale non riesce a so-stenere lo sguardo di chi hadi fronte e così si trova co-stretto ad abbassare losguardo, talvolta osandosciogliere l’imbarazzo conun abbraccio o addiritturacon un bacio. Emblematico,al riguardo, è l’incontro diGiuda con Gesù nel Getsè-mani: «Appena giunto, gli si avvicinò e disse:“Rabbì” e lo baciò» (Mc 14,45). Giuda bacia ilSignore per indicare il Maestro a quanti sonovenuti con lui per arrestarlo; in realtà, il tradi-tore si trova costretto a baciare il Signore per-

ché i suoi occhi altezzosi, oscurati dalla super-bia del cuore, non possono sostenere la lumi-nosità del volto di Gesù.

Come i disturbi del campo visivo dipendo-no dal nervo ottico, così l’occhio, se non è tra-sparente, rende tenebrosi la mente e il cuore.Non c’è niente di più sleale, cioè impuro, di unbacio non introdotto e commentato dalla limpi-dezza degli occhi. Non c’è nulla di più falso diun abbraccio non annunciato e custodito dalladelicatezza dello sguardo. Non c’è niente dipiù infedele di un cuore infido che copre conastuzia i propri sentimenti e vela il pensiero

con parole più untuose del burro. Non c’è nul-la di più ipocrita di un gesto di pietà che nonsia ispirato da uno sguardo sereno perché beni-gno, limpido cioè luminoso, libero e dunquegioioso.

La lealtà, ossia fedeli a se stessi

La lealtà è un debito, e il più sacro, verso noi stessi, anche prima che versogli altri (Pirandello)

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Nella relazione di coppia queste dinamichesono all’ordine del giorno, impregnano il vis-suto quotidiano e gli conferiscono colori e sfu-mature assai diversificate. «Se la lampada del-la lealtà è a intermittenza, l’amore presto si ful-mina» (Ravasi).

Chi trova un amico trova un tesoro

L’ambito, in cui è più probabile trovare la le-altà, è l’amicizia quando vogliamo bene ad unapersona in modo disinteressato, senza giudizi,pretese e la scopriamo pronta ad ascoltarci, a ca-pirci e ad essere sempre e comunque dalla no-stra parte. L’amicizia così guarisce e rigeneracome alcune ricerche hanno dimostrato: la con-fidenza settimanale con un’amica può guariredalla depressione almeno quanto una terapia co-gnitiva. «I veri amici vedono i tuoi errori e ti av-vertono; i falsi amici li vedono e li fanno notareagli altri» (Ravasi). La lealtà rende possibile cheun amico sia davvero un tesoro.

Il nostro bisogno di lealtà – sostiene Fioruc-ci nel volume La forza della gentilezza – ha ori-gini lontane, addirittura prenatali. Essa ha a chefare con i genitori, in particolare con nostra ma-dre. Lei ha avuto un rapporto unico e irrepetibi-le: ci ha accolto e per qualche mese ci ha conte-nuto dentro di sé. Poi ci ha nutrito, protetto ededucato. È stata la prima persona a volerci bene.Nel suo rapporto con noi c’è stata, o avrebbe do-vuto esserci, la lealtà allo stato puro, intesa co-me supporto duraturo nel tempo, non legato aqualche vantaggio o nostro pregio. Belli o brut-ti, sani o malati, intelligenti o stupidi che fossi-mo, nostra madre ci ha voluto bene o quantome-no noi ci aspettavamo che ce ne volesse e ave-vamo un bisogno vitale che ciò avvenisse. È unbisogno già inserito nei nostri circuiti. Siamoprogrammati per ricevere e dare lealtà.

Nell’amicizia come nell’educazione dei fi-gli, nell’amore di coppia come nel mondo del

lavoro, nella vita sociale come nei rapporti in-terpersonali la lealtà conferisce alle relazioniquell’elemento fondamentale di base che favo-risce il benessere integrale della persona.

Una favola di Esopo

Il lupo, dopo avere abbondantemente man-giato, si inoltrò nella foresta per fare due passi.Fu così che incontrò una mansueta pecorella laquale, terrorizzata dal temibile animale noto-riamente suo nemico, non riuscì neppure amuoversi, paralizzata dallo spavento. Il lupo,più per istinto che per altre ragioni, afferrò lapreda tenendola stretta. Ma solo dopo averlacatturata si rese conto di essere talmente sazioda non avere più alcun appetito. Occorreva tro-vare una valida giustificazione per poter libera-re quella pecora senza fare brutta figura.

– Ho deciso – disse quindi il lupo, – di la-sciarti andare, a condizione che tu sappiaespormi tre desideri con intelligenza.

La pecorella sconcertata, dopo aver pensatoun istante, rispose:

– Beh, anzitutto avrei voluto non averti maiincontrato. Seconda cosa, se proprio ciò dove-va avvenire, avrei voluto trovarti cieco. Ma vi-sto che nessuno di questi due desideri è statoesaudito, adesso vorrei che tu e tutta la tua raz-za siate maledetti e facciate una brutta fine,perché mi avete reso la vita impossibile e ave-te mangiato centinaia di mie compagne chenon vi avevano fatto alcun male!

Inaspettatamente il lupo, invece di adirarsicome prevedibile, dichiarò:

– Apprezzo la tua sincerità. Hai avuto mol-to coraggio di dirmi ciò che realmente pensaviper questo ti lascerò libera! – Così dicendo li-berò la pecorella e, con un cenno di saluto, lainvitò ad allontanarsi.

Don Roberto ROVERAN ssp

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ELEMENTI DI FORMAZIONE: LE PICCOLE VIRTÙ UMANE

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Nella “Lettera ai cercatori di Dio” si afferma:«Una delle vie per vivere la memoria di Ge-

sù e sentirsi membra del suo corpo, che è laChiesa, consiste nel fare a nostra volta quelloche lui ha fatto: servire e amare… Il servizio nelconfronto dei fratelli si è dall’inizio concretizza-to in un compito molto importante: la cura delcorpo di Cristo, che è la Chiesa, la comunità deicristiani». L’immagine del Buon Pastore evoca,a questo proposito, varie piste di cammino perun responsabile di un gruppo/comunità e perogni serio educatore alla fede.

Il bel pastore

Il termine greco che viene tradotto con “buo-no” è kalòs; questo aggettivo, in realtà, esprimeil concetto di bello, eccellente, ammirabile.Quando è unito a nomi di uomini indica personecompetenti, di animo nobile, moralmente buoni,che sanno confortare e confermare il prossimo.

Gesù ripete più volte che lui è il pastore,quello bello, perché porta in sé tutta la bellezza ela grazia di Dio. Dunque, non è solo buono e mi-sericordioso, ma bello. La bontà è certamente laqualità migliore, perché incoraggia, consola, rin-cuora, approfondisce relazioni. La bontà aiuta,però non può fare innamorare. Ciò che sconvol-ge la mente e che attira più di qualsiasi forza almondo è la bellezza.

Gesù, il Signore, si presenta come la bellezzafatta pastore, con tutto ciò che questo comporta difedeltà, protezione, guida, affidabilità, salvezza.Ecco perché sin dai primi secoli l’immagine del

pastore divenne determinante per la comunità cri-stiana. Gesù è la bellezza che si fa aiuto, soste-gno, cura, misericordia, perdono. Egli non temedi passare neppure attraverso dolore, croce e mar-tirio: anzi, proprio così sa attirare a sé tutti coloroche hanno occhi per vedere e un cuore ancora ca-pace di emozioni e sentimenti (Gv 19,37).

Molte persone oggi hanno un rapporto tristecon la fede. Chi intende evangelizzare deve per-ciò concentrarsi sulla bellezza del Vangelo, suciò che può donare più che sulle condizioni chegli altri dovrebbero possedere. L’annuncio vafatto mettendo in risalto, con i segni e le parole,la vita buona, bella e completa che propone ilBel Pastore, secondo quanto ha detto BenedettoXVI una volta eletto Papa, nella sua prima ome-lia del 2005: «Chi fa entrare Cristo, non perdenulla, nulla – assolutamente nulla – di ciò cherende la vita libera, bella e grande. No! Soltantoin quest’amicizia si spalancano le porte della vi-ta. Soltanto in quest’amicizia si dischiudono re-almente le grandi potenzialità della condizioneumana. Soltanto in quest’amicizia noi sperimen-tiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così io vidico: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglienulla e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il cen-tuplo». In queste parole riecheggiano le promes-se del Salmo 23, meravigliose nella loro essen-ziale bellezza: «Il Signore è il mio pastore. Supascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquillemi conduce… Davanti a me tu prepari una men-sa… Felicità e grazia mi saranno compagne tut-ti i giorni della mia vita».

È, questo, un saper mostrare che il dono di

Animazione dei Gruppi

Il servizio nella vita di comunitàSia nell’Antico che nel Nuovo Testamento la designazione di Dio come Pastore esprime, inun linguaggio toccante e significativo, l’intenso amore di Dio per il suo popolo. La prospet-tiva del buon Pastore, di cui celebriamo la Giornata mondiale delle Vocazioni (la 4a di Pa-squa), può ispirare un rinnovamento pastorale nell’esercizio dei vari ministeri nella Chiesa.

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Dio raggiunge le persone dentro la loro esisten-za concreta, riguarda le loro storie, raggiunge illoro bisogno di vita e, in questo senso, le loro do-mande.

La voce personale

Una delle sottolineature più importanti deldiscorso del pastore è la conoscenza reciprocatra il pastore e ciascuna pecora: «Egli chiama lesue pecore, ciascuna per nome, e le conducefuori… e le pecore lo seguono perché conosco-no la sua voce» (Gv 10,3-4).

Gesù pastore non si comporta come i merce-nari: considera le pecore come “sue”, non nelsenso di possesso ma di appartenenza (propriocome Madre Teresa di Calcutta parlerà della“sua” gente e Martin Luther King del “suo” po-polo). «Per il vero pastore gli uomini sono esse-ri liberi in vista della verità edell’amore; il pastore si rive-la il loro proprietario proprioper il fatto di conoscerli e diamarli, di volerli nella libertàdella verità» (BenedettoXVI, Gesù di Nazaret, parteseconda).

Incontrare gli individuialla maniera di Gesù è possi-bile soltanto chiamando cia-scuno per nome, facendoemergere in ognuno la parte più intima e le do-mande più vere.

Una dedizione assoluta

Il pastore non ha orari né giorni di festa. Peril pastore non c’è notte né giorno, lui è sempreaccanto al proprio gregge. Coraggioso contro iladri, combatte orsi e lupi. Le pecore sono la suavera ricchezza. Senza gregge non c’è pastore.Ma è vero anche il contrario: senza un pastoreche vigili, attento e premuroso, non c’è gregge.

Un buon pastore non pasce se stesso, non usail proprio ministero per i propri comodi. Deveavere la stessa passione per le persone che haavuto Cristo, che era assediato dalle folle e sen-za una pietra su cui posare il capo.

È interessante notare come nella Bibbia - daEzechiele all’Apocalisse - accanto all’immaginedel pastore, venga posta quella dell’agnello.Scorgendo Gesù, il Battista dice: «Ecco l’agnel-lo di Dio, ecco colui che toglie il peccato delmondo» (1,29). Esclamazione che ripetiamo inogni celebrazione eucaristica, prima della Co-munione, perché essa rimanda all’offerta dellavita. Chi segue Cristo, non deve agire diversa-mente da lui.

La vigilanza e la custodia

Il discorso di Gesù sul pastore inizia in modosorprendente con un’altraimmagine: «In verità, in ve-rità vi dico: Io sono la portadelle pecore» (Gv 10,7). An-che per la migliore guida diuna comunità Gesù è la por-ta di accesso al Padre. Chigiunge alle pecore attraversoGesù non le considera comesua proprietà. Esse seguono,come lui, Cristo. La scena diPietro sul lago è significati-

va. Cristo gli chiede per tre volte: «Mi ami tu?».Poi gli dà il compito di pascere le pecore e lo in-vita: «Seguimi». Anche colui che, come mini-stero, ha il compito di responsabile di una comu-nità, deve seguire l’unico pastore Gesù.

Il pastore è poi come la porta dell’ovile: cu-stodisce e vigila sul proprio gregge, avvisandosui pericoli e, nella notte buia, mettendolo alsicuro.

Questa vigilanza non va contro uno stileaccogliente e ospitale verso tutti. Il Vangelonon è tale se non è racconto che incrocia i rac-

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IL SERVIZIO NELLA VITA DI COMUNITÀ

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conti umani. In un contesto di non evidenza enecessità della fede, è oggi importante anchel’uso del linguaggio apologetico (inteso nelsenso buono), cioè la capacità di dare ragionedella speranza donata dalla fede, di presenta-re un cristianesimo plausibile, possibile e de-siderabile per tutti. È oggi anche importanterispondere circa la ragionevolezza di alcuni“no” della Chiesa sui “valori non negoziabi-li”, spiegando come essi siano in realtà dei“sì” alla vita.

Il primo modo di amare la vita è di aiutarlaa non farsi male. Chi guida una comunità o ungruppo, quando serve, è dunque un educatore“energico”. La radice da cui nasce il rimprove-ro è l’amore. Educare non vuol dire approvaresempre, accontentare sempre. Anzi, l’autenticocammino educativo è spesso conflittuale, avolte con rotture…

Un buon pastore è qualcuno che ha il corag-gio di indicare, alla luce della fede, il cammi-no da seguire. Sa dire la verità con amore. Unbuon pastore è un amico della vita. Deve apri-re agli altri le fonti della vita eterna.

Un ovile accoglientee le tante altre pecore

«Le farò uscire dai popoli e le radunerò datutte le regioni… Io stesso condurrò le mie peco-re al pascolo e io le farò riposare» (Ez 34,13.15).

La Chiesa tutta e la propria comunità vannopresentate come “casa accogliente”. Siamo tut-ti “padri” e “madri”. La comunità è il soggettodella pastorale e del nostro servizio.

È dunque importante assicurare a tutti i fede-li un ovile ospitale, bello e accogliente (dalla li-turgia, alle riunioni, agli incontri occasionali).

Devono pure esistere adeguate strutture per laliturgia, gli incontri, le feste. Il problema non so-no le strutture, ma il fatto che esse siano semprein funzione di un maggiore coinvolgimento performare una vera unità nella fraternità.

In Ezechiele Dio come pastore è presentatocome Colui che va in cerca della pecora smarri-ta: «Andrò in cerca della pecora perduta e ricon-durrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella fe-rita e curerò quella malata, avrò cura della gras-sa e della forte; le pascerò con giustizia» (34,16).

La missione del pastore Gesù mira a riunire ifigli dispersi: «Ho altre pecore che non proven-gono da questo recinto: anche quelle io devo gui-dare. Ascolteranno la mia voce e diventerannoun solo gregge, un solo pastore» (Gv 10,16).

Per molte persone la vita cristiana non è unavita buona. Molti sono segnati da un rapportonegativo con la fede. Essa sarebbe nemica del-l’uomo, della sua libertà, della sua realizzazione.Un’educazione segnata da visioni moralistiche,da ritualismi, da posizioni dogmatiche senzarapporto con la ragione, li tiene lontani dalla fe-de o li porta a viverla in maniera sofferta. Il cri-stianesimo spesso non è percepito come social-mente umanizzante. Allora non è neanche desi-derabile. È compito fondamentale del bel pasto-re mostrare il volto di un Dio desiderabile. Ogniaspetto del Vangelo è una parola buona per la vi-ta. Riconciliare con la Chiesa e con il vangelomolti dei nostri contemporanei, aiutarli a rico-minciare a credere, passa per la capacità di pro-porre un annuncio a favore dell’uomo.

Un buon pastore è colui che non resta pri-gioniero di coloro che lo circondano sempre,ma va alla ricerca di quanti hanno deviato onon sono mai venuti; è colui che, senza di-sprezzare nessuno, dà più tempo e un’attenzio-ne speciale a chi è più in difficoltà, a chi nonriesce a stare al passo con gli altri. Aiutare lepersone a fare comunione, a comportarsi comemembri dello stesso ovile è la meta autentica diogni guida nella Chiesa. L’invito missionariodel Risorto è esattamente questo (Mt 28,19). ÈLui il vero Pastore «che ci segue tra le spine ei deserti della vita. Portati da Lui, arriviamo acasa» (Benedetto XVI).

Prof. Fausto NEGRI

Animazione dei Gruppi

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Bravo papàcercasi!

Un decalogo per il Papà

1. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la loro ma-dre. Un papà può proteggere la mamma dandole il “cambio”, il tem-po di riprendersi, di riposare e di ritrovare un po’ di spazio per sé.

2. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa “voisiete il primo interesse della mia vita”.

3. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi, la figura del pa-dre ha un’enorme importanza come appoggio e guida del figlio. Inprimo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a sce-gliere determinate condotte in accordo con principi di correttezzae di civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di bene-volenza.

4. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia siaspettano protezione dal papà, un papà protegge anche imponen-do delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tan-to “no”, che è il modo migliore per comunicare: “Io ho cura di te”.

5. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore conla stima, il rispetto, l’ascolto, l’accettazione. Ha la vera tenerezza chidice: “Qualunque cosa capiti, io sono qui per te!”. Di qui nasce neifigli quell’atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un pa-pà è sempre pronto ad aiutare i figli a compensare i punti deboli.

6. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l’isola accoglienteper i “naufraghi della giornata”. E’ fare di qualche momento parti-colare, la cena per esempio, un punto d’incontro per la famiglia,dove si possa conversare in un clima sereno.

7. Un papà è il miglior passaporto per il mondo “di fuori”. Il puntosul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio del-la realtà, l’attitudine ad affrontare il mondo in cui si vive. Il papà èla persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, piùattesa, più sentita dal figlio.

9. Un padre è sempre il padre, anche se vive lontano. Ogni figlio hail diritto di avere il “suo” papà. Essere trascurati, dimenticati o ab-bandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una grande vocazio-ne, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche di-cono che i bambini si fanno l’immagine di Dio sul modello del lo-ro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro.Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma qua-si normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loroun’impronta indelebile (Bruno Ferrero, Una casa piena di grazia.Nove decaloghi per una famiglia benedetta, Elledici, 2006).

Un decalogo per il Papà,proposto da un bambino

A cura di don Antonio Mazzi

1. Non viziarmi. So benissimo che nondovrei avere tutto quello che chiedo.Voglio solo metterti alla prova.

2. Non essere incoerente: questo misconcerta e mi costringe a fare ognisforzo per farla franca ogni volta cheposso.

3. Non fare promesse: potresti non es-sere in grado di mantenerle. Questofarebbe diminuire la mia fiducia inte.

4. Non correggermi davanti alla gen-te. Ti presterò molta più attenzionese parlerai tranquillamente con me aquattr’occhi.

5. Non brontolare continuamente: selo fai dovrò difendermi facendo fin-ta di essere sordo.

6. Non badare troppo alle mie piccoleindisposizioni. Potrei imparare a go-dere di cattiva salute se questo atti-ra la tua attenzione.

7. Non preoccuparti per il poco tempoche passiamo insieme. È come lopassiamo che conta.

8. Non permettere che i miei umorisuscitino la tua ansia perché alloradiventerei ancora più pauroso. Indi-cami il coraggio.

9. Non dimenticare che non possocrescere bene senza molta com-prensione ed incoraggiamento... manon ho bisogno di dirtelo, vero?

10. Ricordati, io imparo di più da unesempio che da un rimprovero.

La miglior combinazione di genitori consiste in unpadre che sia dolce sotto l’apparente fermezza e in

una madre che sia ferma sotto l’apparente dolcezza.

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In Libreria

Confessare i peccatie confessare il Signore

di Cesare Giraudo – San Paolo

Padre Cesare Giraudo approfondi-sce la parte del Credo che fa men-zione della “remissione dei pecca-ti”, affronta quindi il sacramentodella Confessione. Attraverso il ri-corso alle preghiere con le quali nel-

le Chiese Orientali,nonché nella tradi-zione antica dellastessa Chiesa d’Occi-dente, si celebra il sa-cramento, si scopre

la ricchezza che vi è in questo sacra-mento. Ma questo è possibile nellamisura in cui si rinunci a riferire iltermine «confessione» esclusiva-mente ai peccati; è necessario infat-ti riferirlo in primo luogo a Dio,giacché, confessando le nostre infe-deltà, noi confessiamo il Signoresempre fedele.

Cos’è un amorelungo lungo?

di Cristina Petit – San Paolo

I bambini riconoscono che l’affet-to fra fratelli è differente da quellofra genitore e figlio, che l’amore

fra mamma e papà èdiverso da quello franonni e nipoti e cosìvia. Hanno in testa ilconcetto di coppia etrarranno giovamen-to e assumeranno si-

curezza dalla possibilità di vederemanifestato tale affetto. È piacevole per un bambino sapereche i genitori si salutano con un ba-cio e che si abbracciano per dirsiche si vogliono bene. Osservando,

imparano anche che ci si ama nono-stante la presenza di discussioni oliti, che quando uno dice qualcosadi spiacevole, l’altro ne resta turba-to ma che si può sempre riparare,che ci si ama con le parole, con i ge-sti e con il modo di comportarsi e dirispettarsi, nonostante i difetti pro-pri e dell’altro.

Dov’è andato il nonno?di Cristina Petit – San Paolo

La morte è un tema molto delicato.Non è necessario affrontarlo a prio-ri con i bambini, a meno che non cene sia l’occasione. In quel caso èmolto importante non cercare di na-

scondere la verità aipiccoli che finirebbe-ro con l’interrogarsisul perché lo statod’animo dei propriadulti di riferimentoè così cambiato e po-

trebbe finire col restare confusi eaddirittura sentirsene responsabili. Al di là della religiosità della fami-glia, certamente per un bambinopuò essere d’aiuto l’idea di poterrievocare almeno con la memoria econ il pensiero l’immagine dellapersona scomparsa. La malattia, lavecchiaia, la morte necessitano dispiegazioni delicate e chiare. La possibilità di condividere la sof-ferenza della mancanza, senza am-plificarne la portata ma, anzi, aiu-tando il piccolo a tollerarla e, solopian piano, a superarla, fornendo unesempio di equilibrio e chiarezza disentimenti, è il primo passo per po-ter superare al meglio questi dolori.Per un bambino l’entità di un “trau-ma” è proporzionale al modo in cuiil genitore glielo filtra, non certoedulcorandolo, ma piuttosto chia-

rendone la causa e gli effetti con po-che, semplici e chiare parole.

I fiorettidi Giovanni Paolo II

di Janusz Poniewierski – San Paolo

Una raccolta di aneddoti di KarolWojtyla laico, sacerdote, vescovo epapa. Testimonianze di coloro chelo hanno incontrato o che gli sono

vissuti accanto cheraccontano ai lettorila sua figura umanae la sua anima di pa-store nella Chiesa.La figura indimen-ticabile di Giovan-

ni Paolo II tratteggiata da aned-doti e testimonianze.

Il mondo rovesciatoI consigli evangelici nella vita quotidiana

di Giuseppe Forlai - San Paolo

Un itinerario per comprendere lavicenda storica di Gesù, povero,casto e obbediente.Nei consigli evangelici di povertà,castità e obbedienza è celata unagioia singolare che mi raggiungeogni giorno con soavità e senzafrastuono. Sono convinto che la ri-

forma della Chiesa,di cui oggi tutti sen-tiamo un impellentebisogno, passi primadi tutto attraversouna fede in Gesù ca-pace di spingersi

verso quella santità che i consiglievangelici veicolano.Siamo troppo poco poveri: dicia-mo di non volere privilegi ma poili cerchiamo; siamo troppo poco

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In Libreria

casti: ci scandalizziamo della de-cadenza dei costumi, ma poi le-ghiamo le persone ai nostri carismio alle nostre idee; siamo troppopoco obbedienti: predichiamo ilvangelo, ma non siamo disposti aconvertire a esso le nostre struttu-re. Senza santità i nostri program-mi appaiono fugaci “cembali chetintinnano”. Eppure Gesù al giova-ne ricco non ha chiesto di “orga-nizzarsi”, ma di vivere come Lui!

Papa FrancescoLa vita e le sfide

di Saverio Gaeta – San Paolo

In pochi minuti, attraverso gesti signi-ficativi e parole semplici, papa Fran-cesco ha conquistato il mondo interodal balcone di Piazza San Pietro. Jorge Mario Bergoglio è il primopapa sudamericano: figlio di immi-grati italiani di umili origini, gesui-ta, vescovo di Buenos Aires in Ar-gentina. Noto per la sua vita sem-plice, per il suo carattere schietto esocievole, per la sua attenzione alle

questioni sociali, hascelto un nome chesuona come un pro-gramma per il suopontificato. Ora lachiesa e il mondo in-tero guardano a que-

sto uomo “venuto dalla fine delmondo” con speranza e curiosità. La biografia di Saverio Gaeta è iltesto aggiornato e affidabile chetutti aspettavano. Giornalista diFamiglia Cristiana, esperto dichiesa e papato, Gaeta ripercorrecon un linguaggio semplice e coin-volgente le tappe della vita di Ber-goglio fino al momento dell’an-nuncio “Habemus Papam” e ai pri-mi, fortissimi gesti simbolici.

Il volume presenta inoltre una sin-tesi delle principali sfide che il Pa-pa si troverà ad affrontare: dagliscandali, alla riforma della Curia,alla questione morale, alla nuovaevangelizzazione.

Prima insieme…poi all’altare

di Vittorio Fortini – San Paolo

È un corso di preparazione percoppie conviventi che chiedono ilmatrimonio.Sono sempre più numerose le cop-pie che scelgono di convivere;

quando poi alcune diloro cercano il matri-monio religioso,pongono seri proble-mi a quanti hanno ilcompito di guidare icorsi prematrimonia-

li. Anche a loro però va annunciatoil Vangelo come vera scuola d’amo-re, ma lo possono capire e ascoltaresolo se si parte dal loro mondo e dalloro vissuto, con animo sereno e li-bero da pregiudizi. Questo percorsodi catechesi non vuole dunque col-pevolizzare, ma aiutare a compren-dere che Dio, già dall’inizio del lo-ro amore, li chiama a entrare inquella benedizione che è la sua stes-sa vita, riservata a chi, avendo co-nosciuto l’amore, vuole a sua voltaamare come ama Dio.

Gesù di NazaretDrop out di tutti i tempiMaurizio de Sanctis - Paoline

Si tratta di una viaggio alla ricercadi Gesù: questo personaggio cheda duemila anni continua ad affa-scinare e suscitare ribellione...

Nato a Betlemme in una stalla, èpresto rinnegato dai suoi e scomu-nicato dalla sinagoga perché si di-chiara “Figlio di Dio”. Non ha tet-to, ne mensa, né letto. Sfama duevolte cinquemila persone e lo ac-

cusano di essere unbeone e un mangio-ne.In solitudine spessoprega Dio come Pa-dre; non si vergognadi piangere. Odiato e

perseguitato, muore sulla croce,osando dire: «Do la mia vita spon-taneamente». Poi risorge a vitanuova.La ricerca dell’Autore si basa sullaparola di Dio, sulla riflessione teo-logica della Chiesa e sull’attualiz-zazione del tempo presente.

La Fede è…?di G. Sacino e A. Zuccalà - Elledici

Il libro è nato dal desiderio di alcu-ni giovani, liceali, universitari eneolaureati accomunati da un biso-

gno: avere rispostesemplici e chiare al-le obiezioni più co-muni sulla fede chespesso sorgono nelmondo dei giovani.Le domande sono

state sintetizzate e raggruppate perargomento da un giovane medico,mentre le risposte sono date dal sa-cerdote P. Sacino, che attinge allasua ricca esperienza di insegnanteed educatore a contatto con il mon-do giovanile. Il linguaggio è volu-tamente scorrevole: sono evitatitermini “tecnici”, mentre si fa lar-go uso di episodi ed esperienze divita quotidiana, e di ampie citazio-ni della Parola di Dio.

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Film

CD - Musica

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Il pranzo di BabetteRegia di Gabriel Axel

Anno 1987; durata: 100’

È il film preferito da Papa Fran-cesco. Racconta la storia di Babet-te, una governante accolta comeprofuga da due sorelle anziane, co-sì dedita al suo lavoro da dare ilmeglio (il tutto) di sé fino a trasfor-mare le relazioni. Mentre suda tra i fornelli, Babettenon viene meno alla sua graziaabituale nei modi e nel sorriso. An-

che indaffarata, è serena, sorriden-te, canticchia tra sé e sirallegra del risultato. Ilsuo banchetto finale èper tutti: gli ultimi sonotrattati come i principi,così il vecchio cocchie-re, che ha trovato rifugioin cucina. I commensalisi siedono a tavola so-spettosi e pieni di reci-proci rancori. Dopo ilpasto sono trasformati: i loro voltisono sereni e si scambiano il per-

dono. Gli sguardi si incontranosenza amarezza, le ma-ni si intrecciano, ci si ri-concilia con il propriopassato. La comunitàritrova attorno allamensa la comunione el’armonia.Il film è un gioiello per-ché dimostra come an-che il servizio più umi-le della cucina può tra-

sformare le relazioni familiari esociali.

Camminodi riconciliazione

Riflessioni sul Salmo 50di Carlo Maria Martini - Paoline

I 4 cd, contenuti in un elegante co-fanetto, raccolgono le riflessioni diCarlo Maria Martini sul Salmo 50,registrate durante le sue meditazio-ni di «Scuola della Parola», nelDuomo di Milano, nell’anno pa-storale 1983-84.Il suo modo di spiegare la Bibbia,frutto non solo di una profonda cul-tura biblica, ma anche della suaesperienza personale, rivela una

straordinaria capacità comunicativae un rapporto vivo con laParola, da cui nascono ledomande che pone e checiascuno può riconosce-re come proprie.Sono riflessioni attente eprofonde, sempre attuali,da ascoltare dalla vivavoce di questa importantefigura della Chiesa, il cuicontributo di cultura, fede e umani-tà resta un prezioso punto di riferi-mento non solo per il mondo catto-lico, ma per tutta la società civile.Particolarmente indicata per il pe-riodo quaresimale, ma apprezzabile

in ogni momento dell’anno e consi-gliabile anche per un re-galo, Cammino di ricon-ciliazione è un’opera chevalorizza il percorso diapprofondimento biblicoe umano di Carlo MariaMartini, e rappresentaanche un omaggio allasua memoria.Contenuti dei 4 cd: Pie-

tà di me o Dio - Riconosco la miacolpa - Sei giusto quando parli -Crea in me un cuore puro - Quelloche è male ai tuoi occhi - Rendimila gioia - Allora gradirai - Inse-gnerò agli erranti.

Quasi amiciRegia di O. Nakache e E. Toledano

Anno 2011; durata: 111’

Il film si ispira ad una storia vera.Philippe è un ricco parigino para-plegico a seguito di un incidente diparapendio. Assume come badanteDriss, un senegalese che ha avutoproblemi con la giustizia. Ben pre-sto però, nonostante la grande di-versità di origine, di cultura e dicarattere, si accorgeranno cheognuno dei due può fare un granbene all’altro.

Il film propone una limpida solu-zione al problema dell’infermitàgrave: trattare l’infermoper quello che è, unapersona umana con desi-deri e volontà, con cuichiacchierare, ridere escherzare.Nonostante le loro enor-mi diversità, ognuno deidue ha bisogno dell’al-tro. La vitalità contagio-sa di Driss fa bene a Philippe ilquale, soprattutto nello stato in cuisi trova, tenderebbe a rinunciare e

a riflettere troppo sulle decisionida prendere (sarà Driss a combina-

re un incontro con unaragazza, con cui Philippeda tempo mantiene unrapporto epistolare).Driss, dal canto suo, ap-prende molto dal suoamico-paziente: da trop-po tempo abituato a vi-vere di espedienti, sco-pre, prendendosi cura di

lui, cosa vuol dire impegnarsi afondo e con dedizione a compitifondamentali e, a volte, sgradevoli.

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Ricordo dei Defunti

APRILEDE ANGELIS Armando 02/04/1996 Allumiere (RM)RUIU Matteo 04/04/2005 SassariSUPERCHI Assunta 05/04/2007 Allumiere (RM)TOMASSINI Maria 05/04/2006 Fano (PU)POLISANO Filomena 06/04/2012 Delia (CL)ANTONI Otello 08/04/1997 Monfalcone (GO)FERRACUTI Angelo 08/04/1998 Allumiere (RM)ZUCCONI Gualtiero 09/04/2003 Allumiere (RM)GIULIETTI Pietro 12/04/2003 Lucrezia (PU)SCORZELLI Raffaele 12/04/1983 SalernoDORAZI Valentino 13/04/2008 Monteciccardo (PU)BERNINI Piero 15/04/1989 RomaBALLARDIN Bertilla 17/04/2011 Thiene (VI)GIAMPIETRO Vincenzo 19/04/2009 BrindisiPATRUNO Giuseppe 19/04/2002 Spinazzola (BA)ROCCHI Vito 19/04/1997 Bancali (SS)MELOTTO Francesco 20/04/1991 Legnano (VR)CREMA Lina 21/04/2010 Luzzara (RE)RENZONI Filippina 21/04/1982 Fano (PU)MENCARINI Renato 23/04/1988 Lucrezia (PU)VERBO Felice 25/04/1994 Allumiere (RM)COCCI Luigi 27/04/2011 Lucrezia (PU)D’APRILE Salvatore 27/04/2005 Salice Salentino (LE)DEPLANO Pietro 27/04/1991 RomaLEBANI Federico 29/04/2010 TriesteURSINI Giuseppe 29/04/2006 Grottaferrata (RM)VIVIANI Maria 30/04/2012 Trieste

MAGGIOLOSITO Angela 01/05/1994 Noicattaro (BA)NISIO Angela 01/05/2002 Giovinazzo (BA)BELLAVISTA Aurelio 02/05/2004 Bagheria (PA)PENNESI Colomba 02/05/1997 Allumiere (RM)VILLANI Benito 03/05/2010 Orosei (NU)PENDINELLI Luigia 05/05/2008 Veglie (LE)ACCOSSU Francesco 07/05/2007 Pabillonis (CA)ATZORI Assunta 07/05/2010 Nurachi (OR)MIRAGLIA Michele 07/05/2004 Camerano (AN)NUCCIO Domenico 09/05/1995 PalermoONESTO Maria 09/05/1995 Cagliari

Anniversario

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DEL BUONO Arturo 12/05/1985 RomaPATERA Giovanni 14/05/2000 Veglie (LE)ARZU Rina 15/05/1991 NuoroMARI Loreto 16/05/1995 RomaGIOVE Giovanni 17/05/2004 Sannicandro (BA)GUERRESCHI Piergiorgio 18/05/1996 S. Pietro In C. (VR)BARBONE Gino 20/05/2012 Gravina (BA)UGENTI Teresa 21/05/1984 Grumo Appula (BA)CALAMITA Francesco 22/05/2011 Palo del Colle (BA)MONALDI Pietro 22/05/1998 Allumiere (RM)CAFORIO Maria 24/05/2006 Salice Salentino (LE)IANNELLI Salvatore 25/05/2004 RomaCORONA Giuseppe 26/05/2001 San Vero Milis (OR)DAINOTTO Illuminato 27/05/2001 AgrigentoPIGIONA Antonio 27/05/1985 TriestePAOLONI Rosanna 28/05/2007 Dossobuono (VR)COCCI Anna Maria 30/05/2009 Lucrezia (PU)ORRÙ Raimondo 31/05/2003 San Gavino (CA)

GIUGNOCAVALLUZZI Gabriele 01/06/2005 Palo Del Colle (BA)BRUNO Gabriella 04/06/2011 Bra (CN)D’AGOSTINO Rosa 05/06/2008 Veglie (LE)ROBERTI Emilia 06/06/2009 Montefalcone (CB)BIANCHINI Maria 07/06/1983 BolognaD’EUGENIO Concetta 07/06/2012 S. Benedetto del Tronto (AP)SERRA Rosa 08/06/1982 Talana (NU)CAPOCCIA Cosima 09/06/2002 Veglie (LE)SUPERCHI Antonio 10/06/1985 Allumiere (RM)CEPPA Teresa 16/06/2006 TriestePORCARI Luigi 16/06/1985 Rocca Priora (RM)BUTERA Gaetano 17/06/2007 Serradifalco (CL)COCCHIERI Adele 08/06/2008 RiminiTALLEVI Alberto 19/06/1990 Lucrezia (PU)CAPPELLA Amelia 20/06/1984 Palata (CB)POZZATO Matteo 20/06/2009 VeronaINBRUNNONE Vincenzo 22/06/2002 PalermoDI TOMMASO Leda 25/06/2009 Lucrezia (PU)ARCIONE Concetta 26/06/2009 SalernoCARAMAZZA Carmelo 26/06/2006 Canicattì (AG)OMICCIOLI Luigi 27/06/1978 Saltara (PU)GENOVA Luigi 29/06/2010 Delia (CL)STRACCIATI Vera 29/06/1991 RomaPRATO Vitina 30/06/2002 Salice Salentino (LE)

Ricordo dei Defunti

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TARLAO MARIA in BACCI* 14-01-1931 – † 15-03-2013

del Gruppo di Trieste

Entrata nell’Istituto nel luglio del 1995 con il marito Paolo, è stata fedelissima agli incontrimensili, agli Esercizi e ai Pellegrinaggi a Lourdes. A tale proposito spesso entrambi si univano agruppi Diocesani Mariani e dell’UNITALSI per recarsi in pellegrinaggio a Lourdes.

Fedelissima è sempre stata impegnata nella propria parrocchia e presente nelle varie attivitàcon tanto spirito di semplicità e servizio.

Ha vissuto il periodo della malattia con consapevolezza accettando quanto stava vivendo, of-frendo per la Chiesa, l’Istituto. La sua ricorrente espressione era: “Gesù ha sofferto tanto per noied io unisco la mia croce alla Sua per il bene della Chiesa, per il Papa e i sacerdoti”. Lo ha ricor-dato anche il parroco don Roberto Pasetti nell’Omelia durante la messa d’esequie. La vita dellanostra amica Maria ha avuto momenti di difficoltà e contrarietà, ma ciò non le ha tolto la sua se-renità, che l’ha rafforzata con la fede e testimoniata con il suo atteggiamento.

Non può mancare un cenno speciale ne riguardi di Paolo suo fedelissimo sposo che le è statovicino per quasi 55 anni di matrimonio, con la delicatezza di un amore vero e sincero fino all’ul-timo. Di conforto nell’aiuto e nell’assistenza anche la presenza costante della loro unica figliaGianna. Da parte nostra e di tutto il Gruppo, un ringraziamento al Signore per averla avuta connoi godendo di tanti momenti di condivisione e di festa (Stefano e Gigliola - Trieste).

USAI PIETRINO* 21-03-1926 – † 05-04-2013

del Gruppo di Cagliari

La notizia della morte di don Pietrino, Diacono Permanente della parrocchia di san Pio X, hacolto tutti di sorpresa, ma la tristezza per la sua scomparsa è accompagnata dalla fiducia e dallasperanza perché lui era preparato all’incontro definitivo con Dio. Un ultimo segno lo ha datoquando, sentendo vicina l’ora della morte, ha baciato il Crocifisso e ha raccomandato alla mogliee alle figlie di accompagnarlo pregando per lui.

Pietrino svolgeva tanti ruoli: padre di famiglia, marito e sposo della moglie Laura, che venera-va con tanto amore, nonno affettuoso e premuroso con i nipoti e, come Diacono, in parrocchia eradiventato un punto di riferimento per tante persone. Era di carattere affabile e amabile con tutti,accogliente e gioviale, soprattutto con i giovani sacerdoti e i seminaristi, i quali rimanevano mol-to legati a lui. Alle persone che gli confidavano difficoltà e sofferenze, egli trasmetteva fiducia esperanza con delle espressioni che suscitavano il sorriso. A chi gli parlava di alcune sofferenze infamiglia o dei sacrifici, diceva che questi sono i “cioccolatini quaresimali” che Dio ci manda.

Pietrino nella sua vita ha lavorato molto con impegni di grandi responsabilità. Dava sempre ilmassimo. Questa sua generosità si spiega considerando che era una persona profondamente spi-rituale, capace di leggere i fatti della vita sempre alla luce della fede. Era un uomo di preghiera,

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

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legato alla spiritualità dell’Apostolato della Preghiera, alla spiritualità della Famiglia Paolina co-me membro dell’Istituto “Santa Famiglia”. Era molto affezionato al sacerdote paolino Don Ste-fano Lamera. La famiglia Usai è stata la prima coppia, in Sardegna, ad aderire all’Istituto dellaSanta Famiglia.

Ordinato Diacono il 29 dicembre 1991 dall’arcivescovo Mons. Alberti ha svolto il suo mini-stero con zelo, dedizione e tanta generosità. Era una presenza che riempiva la vita parrocchiale etutti potevano contare sulle sue preghiere. Perciò, viene spontaneo ringraziare il Signore per aver-ci donato una persona come don Pietrino.

Ha amato la Chiesa e i parrocchiani, con la stessa intensità con cui ha amato la propria fami-glia. E per questo tutti lo amavano e lo stimavano grandemente. Alle esequie del 6 aprile, nellachiesa di san Pio X, l’Arcivescovo Mons. Arrigo Miglio ha presieduto la celebrazione alla pre-senza di numerosi sacerdoti e diaconi. Tantissime persone hanno partecipato al rito in un climadi commozione, e nello stesso tempo di serenità, perché hanno conosciuto in don Pietrino un au-tentico cristiano che è passato in questo mondo “facendo del bene” e che si è mostrato servo buo-no e fedele del suo Signore. Abbiamo affidato Pietrino alla protezione della Beata Vergine Ma-ria della quale era devotissimo e che ogni giorno invocava nelle sue preghiere dicendo: “Pregaper noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte” (Sac. Giovanni Ligas).

CADEDDU ANNA in ACCOSSU* 11/11/1932 – † 26/01/2013

del Gruppo di Oristano-San Gavino

Anna era entrata nell’ISF insieme al marito Francesco durante il primo Pellegrinaggio a Lour-des nel 1979. Erano sempre presenti insieme alle Ore di adorazione che facevano in una casa peranziani. Dopo la morte del marito la casa di Anna era diventata un luogo di preghiera.

Insieme al marito non mancava mai ai Ritiri né agli Esercizi spirituali. Hanno svolto il com-pito di Responsabili del Gruppo di Oristano-San Gavino per parecchi anni, lei sempre serena erispettosa di tutti.

Quando la malattia e la sofferenza hanno bussato alla sua porta, ha accettato dalle mani delSignore prima la morte del suo amato Francesco, poi la propria malattia.

Ora è tornata alla casa del Padre per riunirsi al suo sposo e al figlio Ignazio. Alle sorelle chele sono sempre state accanto vanno le nostre più sentite condoglianze insieme al ricordo nella pre-ghiera (I fratelli del Gruppo di Oristano-San Gavino).

Mentre siamo in attesa dei loro necrologi, ricordiamo gli altri defunti di questo periodo:

Furlani Vittorio - 21/02/2013 di Bellocchi di Fano (PU)

Fiorentini Enrico - 12/03/2013 di Rocca Priora (RM)

Sanna Giovanni - 25/03/2013 di Cabras (OR)

Simbula Elisabetta - 13/04/2013 di Cabras (OR)

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

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ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “Santa Famiglia”

per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S. Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000

intestato a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n. 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”

IBAN: IT34K0832703201000000034764

IL VALORE DELLA SANTA MESSA

«La Chiesa, che è il Corpo di Cristo, partecipa all’offerta del suo Signore. Il sacrificio

di Cristo presente sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere

uniti alla sua offerta» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1368).

«Niente è più grande dell’Eucaristia!... Quando noi vogliamo liberare dal Purgatorio

una persona cara e invocare la benedizione sulle nostre famiglie, offriamo a Dio il santo

Sacrificio del suo Figlio diletto, con tutti i meriti della sua passione e della sua morte. Egli,

Dio Padre, non potrà non ascoltarci…» (Santo Curato d’Ars).

OPERA SANTE MESSE PERPETUE

Si tratta di 2400 Messe che ogni anno vengono celebrate dai Sacerdoti Paolini per tutti gli

iscritti vivi e defunti. Tale Opera è stata voluta da don Giacomo Alberione come segno di

riconoscenza verso tutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

Norme per l’iscrizione1. Ogni iscrizione si riferisce a una singola persona, sia viva che defunta.

2. Per ogni iscritto si rilascia una pagellina-ricordo con il nome e la data d’iscrizione.

3. Gli iscritti godono del beneficio di sei Sante Messe che ogni giorno vengono cele-

brate esclusivamente per loro.

4. L’offerta per ogni iscrizione è di Euro 20,00 ed ha valore perpetuo.

Nota bene

• Celebrazione di Sante Messe secondo le intenzioni dell’offerente: € 10,00.

• Celebrazione di un Corso di Messe Gregoriane l’offerta è di € 350,00.

Inoltrare le prenotazioni delle intenzioni di Messe all’Istituto “Santa Famiglia”

Circonvallazione Appia 162 – 00179 ROMA – ccp n. 95135000.

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