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GIAMBLICO

I MISTERI

(De Mysteriis Aegyptiorum, Chaldaeorum et Assyriorum)

Secondo la versione latina

di

MARSILJO FICINO

Sebastiani

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Traduzione di A. BOFFINO in molti luoghi emendata e confrontata con l'edizione de Tournes, Lione, 1552

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INTRODUZIONE

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Contro il Cristianesimo sorse in Grecia, nel II e III

secolo, un movimento che tentò di riportare alla luce le

più antiche teorie pagane, valendosi, per la sua difesa dalla

rinascente scuola aristotelica, della filosofia mitico-religio­

sa di Pitagora e di Platone. Platino fu il capo di questa

scuola ed il suo discopolo Porfirio ricavò dalla dottrina di

lui le "Enneadi". Dissentendo dall'interpretazione di Porfi­

rio, che ha un carattere precipuamente speculativo, Giam­blico si riallacciò alla tradizione religiosa, riprendendo i

più antichi culti mistici della scuola pitagorica e dando ai

suoi scritti un carattere esoterico. In lui si trovano mesco­

late le tracce della prima religione egiziana e mediterranea

con quella greca, e la vita dei culti misterici ha in lui

l'unico, forse, aperto testimone che ci ha lasciato l'antica

Grecia. Per questo la lettura di Giamblico può interessare

anche gli studiosi di filosofia, che possono qui intuire fino

a che punto Platone è filosofo e dove, invece, accetta la

tradizione religiosa, interpretando/a speculativamente; e

quale influenza ebbe la religione egiziana sulle scuole

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presocratiche e sulla stessa religùme greca, c/1e noi cono­

sciamo troppo poco nel suo carattere mistico, quasi sola­

mente nel suo aspetto estetico.

Per tutte queste ragioni, Marsi/io Ficino, noto umani­

sta e traduttore di Platone e profondo studioso di culti

esoterici e di magia, si riallacciò a questa tradizione di

cultura religiosa, cercando di trasporta in quella cristiana,

e tradusse i "Misteri" di Giamblico, dei quali non rimane

più l 'originale greco.

E' incerto a quale periodo della sua vita risalga que­

sta versione; è probabile che sia contemporanea a quella

degli "Inni di Proc/o" e di quelli che si dicono di Orfeo.

Infatti tutte queste opere sono raccolte in U/1 solo volu­

me, edito da Aldo Manuzio nel 1516 (cioè quando il

Ficino era morto da 17 anni). Da questo volume abbiamo

tratto i "Misteri", dandone una versione in italiano il pitì

fedele possibile, essendo assai pericoloso, talvolta, trasfor­

mare in termini correnti certe parole specifiche di alcune

tradizioni religiose. Non esistendo più l'originale greco, era

impossibile, nel corso della lettura del testo latino, stabili­

re fino a che punto essa era fedele al pensiero di Giambli­

co, e dol'e, im•ece, il Ficino esprimel'a la sua opinione:

una l'olta sola, w1 brano è seguito, fra parentesi, dalla

firma di Marsi/io: e questo brano è stato stampato in

corsil'o. Quando, in altri punti si trol'a Giamblico come

soggetto in terza persona, n011 si è avuto modo di control­

lare se così fosse anche nel testo greco. In ogni modo è

certo che eJ•entuali ampliame��ti o interpretazioni di Marsi­

fio Ficino, non possono che a1•er chiarito ed approfondito

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il pensiero di Giamblico, re11de11dolo sempre nel modo più

aderente, dato elle e11trambi llanno seguito la medesima

tradizio11e platonica e religiosa, elle faceva rivi�·ere un

interesse l'ila/e, ma ben colltrollato, razionalmente, per la

magia e l 'astrologia, i11 tese 11el senso puro, e quasi scien­

tifico, direi, della parola.

A.B.

Milano, 20 giugno 1946.

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N O T A

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Desidero qui dare l'esatta interpretazione di alcuni vocaboli che ho trovato più volte nel corso della traduzio­ne e che ho quasi sempre tradotto alla lettera, perché il significato più aderente al pensiero dell 'autore richiedeva una troppo lunga perifrasi.

Ratio: che ho quasi sempre tradotto con "ragione", si­gnifica principio, causa prima, ragione attiva di tutte le cose o di qualche ordine di cose.

Animalia: in italiano è stato reso con "essere animati", composti di anima e corpo, non col solito significato che si suole dare al termine .

Generatio: tradotto con "generazione", è l 'atto della pro­creazione, ed esprime la forza della natura materiale che trascina l'uomo in basso, allontanandolo da quanto è divino.

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Generabilia: (le cose generate) sono tutte le creature nate umanamente quindi comprese nell'ambito delle forze naturali ed in balia di esse.

L'espressione "in patria" (che è rimasta tale e quale in italiano), a proposito delle anime, ce le indica allo stato puro, cioè prima dell'unione col corpo o dopo la morte di questo.

Circuitus: (circuito) significa l'ambito in cui ogni ordine celeste o mondano ha il suo proprio luogo di infl uenza e di azione.

Artificioso: non ha il significato solito di "artefatto", ma di qualche cosa che è stata compiuta con l'arte, intesa questa nella definizione platonica di imitazione della natura.

Quando, infine, si trova il verbo in seconda persona singolare e dei "tu" rivolti ad un ipotetico interlocutore, bisogna sempre pensare che questo sia Porfirio, al quale Giamblico si rivolge continuamente , per chiarire o confu­tare alcuni punti della sua interpretazione della religione.

A. BOFFINO

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DELLA CONOSCENZA DELLE COSE DIVINE

Gli scrittori egizi, poiché pensavano che ogni cosa fosse stata inventata da Mercurio, gli dedicavano i loro libri. Infatti Mercurio è il dio della sapienza e della parola. Pitagora, Platone, Democrito, Eudosso e molti altri si accostarono ai sacerdoti egizi. I loro dogmi si trovano presso gli Assiri, gli Egizi e sulle colonne dedicate a Mercurio. Pitagora e Platone si iniziarono alla filosofia studiando sulle colonne di Mercurio, in Egitto; le colonne di Mercurio infatti, sono piene di sapienza. Prima di qualsiasi uso della ragione, è naturalmente insita negli uomini l'intuizione degli dei. Di qui nacque quel senti­mento ancora migliore dell'intuizione degli dei, dal quale sorge la naturale ricerca di quanto è buono, la facoltà logica e critica . Essenziale, nell'intuizione degli dei, è la credenza dell'immortalità dell'anima; ma il fatto di cui godiamo nella religione non è questa conoscenza. Infatti in essa sussiste un 'alterità, mentre il contatto col divino è

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semplice ed essenziale. Non possiamo raggiungere una fu­sione completa, se non con un mezzo di assoluta unicità e con quell'unità della mente che supera le facoltà dell'ani­ma e della mente stessa. L'unità stessa degli dei assorbe per l'eternità le singole anime con una frequenza così aderente ed efficace , da sembrare una continuità. L'intel­letto divino concede all'anima la vita, perché capisca la sua essenza. Per cui la vita dell'anima consiste nel proces­so di conoscenza, naturalmente del dio da cui dipende. Quindi vivere e conoscere le cose divine con perpetua attività, sono una stessa cosa. Da questo derivano le facol­tà discorrenti dell'anima. Dopo gli dei poniamo i demoni, gli eroi, le anime pu re: i quali tre ordini sono immediata­mente seguenti agli dei. Noi non possiamo venire a contat­to con i semidei (demoni, eroi, anime pure) usando i mezzi normali dell'umana ragione. Ma è necessario assur­gere ad un 'intelligenza essenziale ed eterna. Come sempre agli dei si giunge per una tendenza innata, così ai semidei si giunge quando l'anima ha deposto quella forma varia di conoscenza che riguarda la potenza razionale formata dal­l'intelletto e da quell'intelligenza che chiamiamo intelletto passivo. Infatti la prima forma di conoscenza risiede nel­l'intelletto agen te . Quando è avvenuta la conoscenza per immedesimazione segue la possibilità di giungere alle cose più sottili , eterne ed immobil i , con una conoscenza eterna immobile e semplice. Quella con la quale conosciamo sostanze distinte, è di altra specie di quella con la quale conosciamo altre cose. La conoscenza del Divino nacque sempre- nell'anima per semplice intuito o contatto . Alcuni

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pensano che potrebbero giungere a distinzioni attraverso il metodo dei contrari, cioè attraverso le cose materiali, mobili , locali, passibili , ecc. Ma le cose separate sono immobili. Così si conosce ciò che è e ciò che non è veramente ; lo si acquista poi con la potenza razionale , con l'adeguare la conoscenza a ciò che è naturalmente insito nell'animo per mezzo dell'intelletto e con un certo eserci­zio, non tanto di confronto e di congettura, quanto con un'attività attenta di separazione e di purificazione. Vi era anche un metodo di distinzione nel considerare gli dei e le cose divine, tem porali ed eterne. Ma queste non sono temporali , quindi sono eterne. Ma questo metodo, per la sua varietà, non si accorda alle cose immobili.

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DELLE PROPRIETA' DI CIASCUNO DEI SUPERIORI

Se poi è possibile un accordo fra le sostanze separa­te e le sostanze separabili, non si tratta mai di un genere indeterminato in sè e di un altro chiaramente diffe­renziato. Infatti le sostanze sono specie complete ovun­que, in un modo di essere determinato e completo. Se le sostanze separabili, tanto quanto le semplici, n on differi­scono fra di loro per caratteristiche speciali, essendo dello stesso genere, allora non vi è distinzione fra individui della stessa specie. Infatti è quale la si vuole, quasi un solo genere od una specie esistente per se stessa. Gli individui, poi , differiscono fra se stessi e per ordine di gradi, e perché variamente sono in rapporti col primo grado. Le Intelligenze non sono uguali fra di loro, ma differiscono per genere o per qualche particolarità: infatti sono sempli­cissime e disposte nei vari gradi di perfezione, alcune nei primi, altre nei seguenti, a seconda della diversità o somi­glianza della loro struttura con quella del primo grado. Le

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differenze delle cose devono essere risolte, attraverso atti­vità e sensazioni, in distinzione di potere e queste in distinzione di essenze; nè qui bisogna fermarsi nei seguenti gradi, ma continuare verso i più alti . Nè la nostra anima si deve fermare alle sostanze superiori ; infatti in essa niente vi è di passivo, ma tutto è azione efficace. Il principio di vita dell'anima, per cui essa si muove, non ha distinzioni fra motore e cosa mossa, fra muovere ed essere mosso , ma è un'azione essenziale che progredisce nel tempo.

Composte anche le forme che sono nel soggetto, si accordano gli accidenti con cui convengono delle forme immateriali. C'iò che è nelle forme separabili , è l'essere con una sua certa essenziale caratteristica e con delle eguaglianze causali. E qui non si trova niente di accidente o di conseguente. Il moto e le azioni sono differenziati dalla differenza delle nature c non avviene il contrario. Se dicessimo che uno è il genere delle cose separate, confon­deremmo il concetto di teologia. Le sostanze separabili non sono com prese in un certo genere soltanto, nel quale si distinguono per differenze, ma per se stesse, dall'ordine dei grad i. Giacché sono in rapporto col primo a seconda dei vari gradi di perfezione . Perciò armonizzano meglio fra di loro quelle sostanze che sono in modo assai simile. vicine al primo o all'ultimo grado. Il van taggio è duplice,

in quanto al di sopra dell'essenza e secondo l'essenza. L'essenza è proprietà di tutti gli dei. Lo stesso bene, però, è al di sopra dell'essenza e lo si dice causa del bene cioè principio del bene essenziale; di qui seguono i gradi a seconda dell'essenza, e così si distinguono i gradi

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degli dei . Le ultime anime razionali non possiedono il bene essenziale come gli dei , ma la partecipazione al bene secondo la bellezza intellettuale, ma questa è una qualità immobile.

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L'ORDINE DEGLI ESSERI SUPERIORI

Le nostre anime sono comprese nei generi diversi. Gli eroi sono maggiori degli uomini, ma molto più grandi sono i demoni. I l primo degli dei è lo stesso bene, e gli dei lo seguono ; da ultimo vi sono le singole anime razio­nal i , fra questi estremi due medi, e cioè gli eroi vicino alle anime e i demoni vicino agli dei, come fra il fuoco e la terra c'è l'aria e l 'acqua. Sebbene gli eroi ci superino per potenza, virtù, bellezza e grandezza , tuttavia hanno un 'a­nima ed una vita assai simile alla nostra. I demoni sono superiori agli eroi, ministri degli dei, come i lavoratori manuali lo sono degli architetti nel mondo. Ciò che vi è di ineffabile e di occulto negli dei, i demoni lo esprimono e lo rendono manifesto. I demoni e gli eroi accordano le doti universali , semplici ed immobili degli dei con quelle degli esseri inferiori, e conciliano tutte le cose fra di loro e sono di volta in volta autori e dell'armonico consenso e della partecipazione al sentire di tutti . Sono messaggeri a

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noi delle cose divine e trasmettono le nostre agli dei, inoltre dispongono a gradi i doni degli dei e le preghiere delle anime. I diversi generi degli dei differiscono fra di loro per tre qualità: cioè per quanto riguarda le essenze, le virtù e le azioni. La proprietà degli dei è l'unità, la permanenza in se stessi, l'altissima provvidenza, causa im­mobile di ogni movimento, pur non avendo niente in comune con quelli ai quali provvede e questa proprietà agisce su di essi a seconda dell'essenza , delle virtù, dell'azione. La proprietà dell'anima è la tendenza alla commozione ed al moto, ed il congiungimento con gli dei ed il ricevere dagli altri qualcosa che è poi integrato con un'azione vitale e l'armonizzare ovunque e con tutte le cose, parte con quelle che rimangono e parte con quelle che passano e nell'adattare ogni cosa in sè e per se stessi. Ma questa proprietà, in essi agisce secondo essenza, virtù ed azione. Le proprietà dei demoni sono di possedere in sè le doti degli dei, per quanto in grado inferiore degli dei stessi, ma come idea e pensiero e di trattenere le tendenze più cattive delle anime, almeno fino a quando queste si rafforzano e si riuniscono, pur mantenendo la loro in­dividualità; si muovono anche, ma stabilmente. Gli eroi, al contrario, pur sotto l'influenza della moltitudine, del flui­re del tempo, delle interferenze, hanno unità, identità, essenzialità, superiorità. I demoni e gli eroi sono vicini agli estremi, quelli agli dei , questi alle anime. La differenza principale fra demoni ed eroi sta nel fatto che gli eroi tendono molto di più alle cose particolari e mobili che i demoni. I due gradi medi, cioè i demoni e gli eroi, sono

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caratterizzati dalle proprietà degli estremi, cioè degli dei e delle anime, ma nei demoni c'è più di divino, negli eroi più di umano.

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COM E SI DISTINGUONO FRA DI LORO LE AZIONI DEGLI ESSERI SUPERIORI

Gli dei occupano il grado più alto degli esisten ti, le anime il più basso. Gli dei possono ogni cosa, uniti nel movimento, le anime al contrario, non possono tutto, nè resistono al movimento, nè sono unite. Gli dei compiono e curano ogni caso senza )asciarsene influenzare . Le anime agiscono lasciandosi continuamente sviare ed influenzare ; gli dei sono la causa prima, le anime dipendono continua­mente dalla loro volontà; gli dei, con una rapidissima forza, raggiungono i loro intimi fini ed insieme i loro principi; le anime passano da questi a quelli e dall'im­perfetto al perfetto. Gli dei non possono essere delimitati da nessuna misura, tranne che la forma; le anime sono limitate e superate dalla natura, dall'abitudine e dai desi­deri. E sono contaminate dal desiderio e dalla vicinanza del male e perciò con traggono delle qualità fisse.

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DELL'INTELLETTO E DELL'ANIMA

L'intelletto è l'artefice di ogni cosa ed è sempre negli dei presente in tutta la sua efficacia in un'azione unica, immanente a se stessa ; l'anima fa parte di un intelletto più differenziato e multiforme , adatto a gover­nare la vita e naturalmente provvedere in modo vario alle cose viventi , essendo in relazione con altre immagini. Come gli dei per cause superiori hanno armonia e bellez­za, così le anime, per entrambe le cause, hanno l'armonia e la bellezza dell'intelletto. Ugualmente gli dei hanno una potenza illimitata ; l'anima, invece, ha un limite alla sua potenza ed agisce con essa in varie cose ; i demoni e gli eroi, come gradi medi fra gli dei e le anime, possiedono le proprietà sia delle anime che degli dei , in proporzione dei loro estremi e di quanto compete loro stessi, come già abbiamo esposto parlando degli esseri superiori. Se, per­ciò, vuoi conoscere il genere degli dei, pensa alle proprietà della più alta anima razionale ed attribuiscile, al grado di

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perfezione, agli dei. Se ti piace ricostruire la specie dei demoni, prendi da entrambi gli ordini estremi, ponendo più qualità divine; se, infine, la specie degli eroi, ancora prendi da entrambi, ma specialmente dalle anime. Bene intuisce Porfirio quando distingue gli esseri superiori sepa­randoli per tendenze ai corpi; cioè gli dei tendono per abitudine ai corpi eterei, i demoni agli aerei, le anime ai terreni; perché, come è manifesto, non si devono distin­guere le cause prime per mezzo degli effetti posteriori. Le sostanze incorporee non sono nei corpi, ma li governano dal di fuori e danno loro qualcosa, non prendono, per cui nè mutano insieme con essi, nè si disperdono nella loro dispersione. Infatti non sono l'abito dei corpi o le loro forme materiali, ma hanno una loro propria sostanza sepa­rabile, anzi già separata, che vive prima del corpo. Le sostanze separate, e separabili, non si incarnano a caso, perché hanno eletto un certo destino od un certo luogo, o perché si scambiano le sorti o vicenda, ma a seconda della vita e della specie che l'anima ha realizzato prima di entrare nel corpo, si sceglie un corpo organico, una natura a sè conseguente, che si uniforma alla vita più perfetta dell'anima stessa; e l'anima razionale viene in un corpo già vivo, ma imperfettamente vivo. Gli dei generano natural­mente in se stessi tutta la loro opera, già distinta prima di venire alla luce. Presso quelle menti che hanno la ragione del principio universale, le sostanze inferiori vengono rico­ndotte alle superiori, le corporee alle corporee, le artefatte a quelle artefatte, e con un moto circolare si dirigono verso le sostanze che le devono contenere, per cui i

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circuiti celesti ritornano ai circuiti delle anime celesti, le anime ai circuiti dei mondi, ossia delle sfere e delle stelle, e dirigendosi esse al loro proprio intelletto, sono assorbite profondamente da esso ed in esso sono generate per la prima volta. L'intelletto particolare entra a far parte del­l'universale e quello ugualmente delle sostanze superiori; ed essendo sempre ognuna tramutata nelle seguenti e le inferiori ricondotte alle piene e superiori, come ai proto­tipi esemplari, certamente, poi, ogni cosa proviene dalle sostanze superiori, e negli inferiori è presente un 'uguale essenza e specie e, naturalmente le cose che seguono, sono prodotte in un primo tempo colle migliori. Perciò da queste dipende l'ordine e la misura delle seguenti e non al contrario; infatti non si può dedurre da questi le proprietà di quelli, poiché non si può distinguere un 'essenza incor­porea da una corporea con la quale niente ha di comune. I principii divini, infondono alle loro opere non solo l'essenza, ma anche le complete differenziazioni e l'ordine formale. L'essenza che è presente nei corpi non eircoscrit­ta a luoghi particolari, non si distingue nei luoghi corporei e, pur non limitandosi agli individuali limiti dei soggetti, è contenuta particolarmente in ogni minima parte del mon­do. La natura incorporea è immediatamente presente o­vunque voglia, senza che alcuno la possa trattenere.

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OGNI COSA DIVINA ED INCORPOREA E' OVUNQUE

Molto maggiormente niente può impedire che la divinità sia ovunque, senza alcun limite. Ugualmente le nostre cose non possono divenire e formarsi se una certa virtù attiva e la partecipazione delle specie non le diffon­de ovunque. Infine se le sostanze divine non fossero ovunque, mancherebbe ogni valore del sacrificio, che con­siste in una certa comunione degli dei con gli uomini. Per questo gli dei possono accogliere in sè tutto, perché nien­te li può contenere. Le sostanze terrene, poiché sono fatte e vivono per dono degli dei, ogni

. volta che ritornano più

complete a quelle divine, entrano subito a far parte degli dei, esistendo qui anche prima di riprendere una propria natura terrena. Inoltre, poiché in qualsiasi dio la potenza è infinita, e la natura individuale illimitata, giustamente esse non possono essere contenute in luoghi determinati. Ugualmente non ci sarebbe una vera unione fra gli dei

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della provvidenza universale, se tutti non fossero ugual­mente presenti ovunque. Si dice anche che alcuni sono dei dell'aria, altri dell'acqua, non perché siano solamente qui, ma perché qui regnano specialmente. I sacerdoti invocano gli dei terreni e quelli sotterranei, che certamente sono chiamati così, non perché siano qui solamente, (sono infatti tutti ovunque) ma perché ciascuno ha più potenza in certi luoghi. Infatti anche l'anima di qualsiasi stella è ovunque, per quanto ivi abbia maggiore influenza. Una certa immagine degli dei è ripresa nelle statue.

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DELLA PROVVIDENZA E COME GLI DEI SIANO OVUNQUE

Quando si dice che gli dei hanno scelto per sè delle parti del mondo, delle città, dei templi, delle statue, bisogna intendere che la loro potenza ed essenza, che ha ovunque vigore in se stessa, si manifesta particolarmente in questo o quel luogo; e come un lume che si alimenta in se stesso senza mescolarsi e dividersi, illumina d'intorno le cose diverse da sè, così sono gli dei. C'ome la luce del sole tutta uguale e continua è ovunque, nè può essere divisa in parti, nè essere rinchiusa in qualche parte nè essere separa­ta dalla propria sorgente, nè essere mescolata con l'aria, pure è presente. Che anzi, come pur non perdendo niente della sua luce, tuttavia lascia le cose riscaldate dal calore, così la luce di alcuni dei è presente quasi a tutto il mondo, nella sua pienezza individuale, e tuttavia può comunicare particolarmente la sua forza alle parti special­mente simili a sè. Nondimeno, tuttavia, in un certo qual

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modo, riempie ogni cosa, per la sua potenza perfetta e per la sua forza generatrice certamente immensa. In questo modo compie ogni cosa ed unisce con gli estremi, com­prendendo in sè tutte le parti medie, e riflettendo così sè a se stessa, completamente, in un tutto unico. La quale proprietà è imitata dal mondo nel moto circolare, in una certa connessione delle parti, e nella conciliazione che trasferisce a vicenda gli elementi negli elementi e che trasporta le virtù dei superiori agli inferiori. Colui che sostiene questa presenza degli dei ovunque direttamente unita, deve sempre essere reverente e sentire nelle cose comuni gli dei causa del mondo, cioè presenti in ogni luogo, (come dissi) separatamente. Se infatti non vi fosse alcuna comunione fra il mondo e gli dei, per quanto riguarda l'essenza, la forza e l'azione e nessuna interferen­za fra le cose consorti e quindi nessuna coestensione e distribuzione a seconda del luogo, non si potrebbe, deter­minando quanto riguarda ciascuna cosa, pensarla per gene­re e specie, quindi non potrebbe sussistere una mutua comprensione e mescolanza. Le cose, infatti, completa­mente differenti fra di loro, non ammettono alcuna reci­proca contribuzione o mescolanza o comprensione. Quan­do si parla di distribuzione degli dei nelle diverse zone del mondo, bisogna intendere che ogni zona è particolarmente suscettibile a certi doni degli dei, a seconda delle sue proprietà. E tenendo conto di questo, l'arte delle cose sacre usa invocazioni particolari che si adattano a questa distribuzione ed alle proprietà dei numi. Ma qualsiasi parte del mondo riceve qualche cosa da qualsiasi dio,

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infatti ciascuno degli dei è presente totalmente in ciascuna parte del mondo. Ma ogni parte riceve diversamente; l'Ete­re riceve spontaneamente le cose eteree, l'Aria le aeree. Inoltre i doni degli dei sono attratti naturalmente da certe materie e da certe invocazioni.

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PERCHE' OGNI COSA DIVINA NON E' SOGGETTA A PASSIONI

numi a noi superiori non hanno niente in sè di passionale e questa loro, per così dire, impassibilità, non l'hanno per virtù acquisita, ma per natura; e neanche l'anima, infatti, che è l'ultimo dei generi divini, ha qualco­sa di passionale; l'anima, intendo, purificata dal corpo, non tocca dalle perturbazioni delle voluttà di questa, quando cioè ritorna alla sua natura. Essendole infatti insita una vita soprannaturale, non consunta da alcun dolore, ed essendo al di fuori del corpo, per la sua natura divisa da quella del corpo, ed al di fuori dell'armonia che discende nel corpo dall'anima principale, non sente nean­che il bisogno delle passioni che accompagnano i sensi. Infatti non è contenuta nel corpo, nè è costretta a perce­pire i corpi con mezzi materiali. Ed essendo quindi un 'es­senza incorporea, individuale, uniforme ed uguale a se stessa, per niente comunicante col corpo, non ammette

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affatto la possibilità di divisione, di alterazione, di qual­siasi mutamento.

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SI PARLA DELL'ANIMA SEPARATA DAL CORPO

Ed anche l'anima stessa, mentre vive nel corpo, non soffre alcuna passione, ma trasmette essa al corpo le facoltà razionali che possiede. Le specie, infatti, sono semplici, uniformi, non soggette a qualsiasi turbamento e sono fine a se stesse. Le passioni degli esseri animati, di qualunque genere esse siano, non sono nell'anima, qualun­que essa sia, ma nel corpo che, sotto l'influsso dell'anima, possiede una sua qualità, per la quale sente ed agisce. Nell'anima non vi è alcuna passione, nè distruggitrice nè perturbante. E questa impassibilità, l'anima l'acquista, non solo per elezione, ma la possiede per la sua natura stessa, del tutto superiore a quella dei corpi. l demoni e gli eroi sono impassibili e sempitemi. Infatti seguono sempre gli dei nel conservare l'ordine del mondo: infatti dove c'è la passione, non si conserva un ordine perpetuo. Porfirio pensava che i demoni rettori del mondo fossero in qual­che modo sensibili a quelle cose che vengono usate nei

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sacrifici a loro dedicati. Giamblico nega questo, perché

dove c'è ordine perpetuo, non vi è la passione, che un'es­senza eternamente incorporea non può ricevere. Capita, è vero, qualche volta, che i demoni più bassi e cattivi e privi di autogoverno, siano presi da passioni effettive, non sola­mente nell'anima, ma nel corpo costituito così per la presenza dell'anima.

Come la natura opera cose manifeste per occulte ragioni, così il sacerdote adopera cose manifeste per sim­boleggiare le occulte. Il sacerdote opera spesso molte cose, nelle quali infonde qualcosa di simile e vicino al divino; per la quale affinità trascina a sè qualche cosa di ispirazione

divina. Frattanto compie anche molte cose con le quali purifica l'anima e allontana da noi i mali.

I demoni che sono più forti di noi, non ricevono

alcun naturale beneficio da noi; infatti, o non �e hanno bisogno, o provvedono abbondantemente a se stessi. Infat­

ti non sono mai soggetti ad alcun mutamento da parte delle cose materiali. Sono insiti in noi i principi di alcuni turbamenti, che, se sono soffocati troppo violentemente in principio ed improvvisamente, poi erompono più forti come le fiamme coperte od il riso represso, e sono quindi

da correggere con maggiore indulgenza. Eraclito consiglia come mezzo di purificazione i

sacrifici che purgano l'anima dai mali contratti in questo

nascere. Porfirio avanza l'ipotesi che non solo i demoni, ma anche gli dei, possano essere toccati da qualche passio­ne, perché si lasciano commuovere da queste invocazioni. La volontà di bene nel dio e negli dei, che sono bontà, è

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assai grande ; perciò più libera della nostra è la vita loro

elettiva verso il bene. Così gli dei si muovono per il ·bene degli uomini, non perché sono invocati, ma spingoito noi spontaneamente al bene, ed a noi, spontaneamente volti nell'invocare, mostrano od elargiscono qualcosa.

Alcuni uomini pensano di essere liberi nella preghie­

ra. Saranno dunque gli dei più liberi nel dare. Gli dei per la loro libera volontà di bene e per la loro azione perenne e perfetta, beneficano tutti, e prima quelli che sono spon­taneamente volti alla preghiera. L'anima, giungendo attra­verso la preghiera alla contemplazione delle cose divine, muta la vita precedentemente soggetta alle passioni in una vita purificata dalle passioni, mentre subisce l'azione e la vita degli dei.

Come, infatti, potrebbero le nostre preghiere toccare gli dei in modo passionale, quando invece, essi stessi rendono libere dalle passioni le anime prima ad esse sog­gette? Le preghiere rendono l'animo adatto all'influsso degli dei che spontaneamente e facilmente giunge per la divina amicizia che congiunge tutte le cose.

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DELL'IRA DEGLI DEI

Quando ci allontaniamo dalla benefica cura degli dei, quasi dalla luce del sole, immediatamente cadiamo nelle tenebre, e si dice che il dio è irato con noi. Placare dunque, l'ira degli dei, significa tornare a loro suppliche­voli. Questo placare il dio, non gli porta alcuna passione, ma libera l'animo dalle precedenti passioni. Gli dei e i demoni divini, se adorati supplichevolmente e fatti ogget­to di culto, allontanano molti mali che altrimenti sarebbe­ro naturalmente sopraggiunti.

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DELLA NECESSITA' E LIBERTA" DEGLI DEI

E' necessario che gli dei si comportino così come sono, non per una necessità che giunge dall'esterno, ma

per la loro naturale, ottima necessità, che è del tutto

volontaria, poiché non potrebbero mai, per un desiderio

prestabilito, comportarsi in altro modo. Porfirio e molti filosofi dicono che gli dei sono

intelletti puri; i demoni invece, sono anche intelletti, ma partecipano di alcuni intelletti animali; ma Giamblico oh­bietta che così non è rettamente esposta la proprietà dei

demoni; infatti se anche le anime fossero intelletti animali e partecipassero a questo intelletto, non sarebbe rettamen­

te definita neanche la proprietà degli dei; infatti gli dei

sono a capo degli intelletti puri.

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DELLA DIFFERENZA DEGLI DEI DAI DEMONI PRESSO I GRECI E LORO DEVOTISSIMI

Secondo l'usanza religiosa, gli dei non sono definiti

a seconda della natura dell'intelletto stesso, ma a seconda dell'unità, della bontà, dell'intelligibilità dell'oggetto. Por­firio dice che gli intelletti puri e separati non hanno abitudine alle cose sensibili, nè odono le preghiere. Il culto principale è da esplicare in sostanze separate, poiché in questo culto le anime sono spinte alle cose più alte e ad esse si congiungono; comprendono e conoscono ogni

nostra vicenda in un solo punto supremo, c comprendono in se stessi l'effetto delle orazioni religiose; nè si staccano da sè, ma stando in se stesse, incontrano spontaneamente l'intenzione degli aranti. Quindi conviene supplicare molto umilmente. Il riconoscere, infatti, la nostra nullità, quan­do ci avviciniamo agli dei, fa in modo che noi preghiamo più interamente e ci volgiamo completamente verso di loro c, per l'assidua consuetudine, diventiamo loro simili.

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Si riuniscono le preghiere mandate da un impulso divino, nelle quali è insita una forza divina; questo contro Porfi­

rio, che dice di rendere agli dei un culto mondano, perché

gli dei lo sentano. In questo modo le preghiere divine falsificano la purezza che loro conviene del tutto. Giam­blico pensa che convenga usare di quell'intimo sentimento che è insito alle preghiere che sono date specialmente da

ispirazione divina. Gli intelletti puri, infatti, comprendono le cose sensibili, senza usare dei sensi.

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DI NUOVO DELLE PREGHIERE

Porfirio dice che nelle preghiere si usa qualcosa di materiale e perciò esse sono utili soltanto per quegli dei che hanno anche una vita animale. Giamblico risponde che in questo qualcosa di materiale stanno nascoste delle qualità trascendenti, e la specie e le misure incorporee e divine per le quali queste preghiere, sia pure in parte materiali, sono adatte agli dei. E certamente, qualunque cosa si agiti in qualche modo in armonia con gli dei e

simile ad essi, subito gli dei sono presenti e concedono e mostrano i loro doni ed esaudiscono le preghiere. Una qualunque piccola armonia delle nostre cose con quelle

degli dei ci basta perché noi possiamo ottenere dell'altro da loro. Essi infatti sono sempre prontissimi per la loro

naturale bontà e mirabile potenza. Infatti una causa po­

tentissima agisce nella materia, anche se questa è mossa in modo debole. Porfirio distingue i demoni dagli dei per

questo: che questi sono incorporei, quelli, invece, corpo-

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rei. Giamblico afferma che per questo solo non si possono distinguere le loro sostanze e proprietà .

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DELLA DIFFERENZA FRA GLI DEI

l DEMONI ED l CELESTI

Gli dei celesti possono essere detti incorporei, per­ché nessun impedimento che riguarda il corpo ostacola la loro grande attività e la felicità della loro vita . Ma poiché gli dei tendono a questa stessa unità, i corpi tendono spontaneamente alla stessa cosa, e non contengono essi l'anima, ma ne sono contenuti in modo meraviglioso. Un corpo celeste è assai simile alle cose incorporee per la sua natura semplice, non divisa, costante e per la sua azione in un unico senso, cioè il movimento in circolo , la vita nata da se stessa, la luce. Nel cielo non c'è unione di anima e di corpo in una terza natura, ma piuttosto esso tende alla natura dell'anima ed è quasi visibile una certa sua anima, essendo il cielo stesso luce senza materia e senza dimensione. Abbiamo infatti l'impressione di una sua dimensione, per la sua ampia presenza . Donde il cielo è l'anima del cielo che si adatta ai nostri occhi ed alle

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cose caduche e quel cerchio è il circuito dell'anima ; ed il

nume è il suo intelletto. C'ome nel più basso dei corpi la forma diventa materiale, cosf nel più alto la materia

diventa forma ed è un corpo fatto di anima non un'anima corporale, se pure in cielo c'è materia. C'ome la sommità dell'aria è infuocata, così il fuoco celeste è animato. Quell'anima diventa intellettuale e ne esce un intelletto

formato al bene. I celesti animati possono dirsi incorporei. Tutti i celesti sono buoni e tendono, benefici, solo al bene stesso e questo fanno con un 'eterna tendenza. Si scoprirono delle inestimabili virtù insite talvolta negli ani­

mati celesti, talvolta nei loro corpi, talvolta discendenti attraverso ogni cosa, senza impedimento lìno alle cose più basse, comunicate tanto agli individui che alle specie; ed ovunque immutabili nella materia mutevole reggevano le generazioni con un prestabilito ordine perpetuo. sempre benefiche. Perciò il fluire del cielo nella materia piena di cose discordi produce in noi la sensazione di qualcosa di

dissonante. Le cose temporali capiscono le eterne entro i limiti del tempo. Le corporali capiscono quelle incorporee nei limiti del corporeo. Le materiali comprendono quelle immateriali e le forze del cielo, in modo mutevole e disordinato. Le cose che sono nel mondo divino non hanno immagine, per quanto in cielo siano raffigurate, così le celesti non sono cattive, per quanto quasi si possa pensarle come fossero tali. Tutte le forze buone dci celesti discendono di qui, e mutano in questa mescolanza di

contrarii; perciò quella influenza che nuoce in terra, non è altro che quella che dal cielo era giunta fin qui.

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In primo luogo ciò che è dato, è altro, mentre permane in chi dà, altro mentre ne è al di fuori, anche se rimanga se stesso. Inoltre è in grado minore. In secondo luogo quando queste influenze sono accolte in un sogget­to più vile, diventano meno pregevoli. In terzo luogo, a causa della natura diversa di chi le accoglie, sono assimila­te in modo diverso. In quarto luogo, essendo le qualità differenti fra di loro, alcune sono egualmente prese dal medesimo soggetto. In quinto luogo, essendo il soggetto passivo, si adatta ad esso. In sesto luogo, da tutte le qualità assorbite dal soggetto, risulta qualcosa di diverso, in fondo. I celesti immateriali emanano degli influssi. Satumo ha una certa forza di tensione. Marte l'ha motri­ce. Quella, in verità, cadendo, è di frequente nociva, quando è assorbita da una materia più fredda; questa quando da una più calda. Egualmente quella nuoce quan· do è raccolta e costretta come se raggelasse; questa quan­do è assorbita da una bollente; ciò avviene nella composi­zione della materia, cioè quando quella non è abbastanza calda e perciò più densa; questa infatti, è di per sè, più calda e sottile. La luce ed il calore del sole, per quanto sembrino giungere debolmente, tuttavia sono necessari alla vita; similmente tutti gli influssi dei celesti giungono in modo salutare, per quanto soggetti a cambiare per la differenza della materia accogliente o perché la debolezza di questa non può facilmente tollerare la forza dei supe· riori. Tutti i moti convergono, universalmente, e dalle esatte parti dell'universo, per quanto fra le parti più piccole, in questo moto, capiti che qualcuna di esse nuoc-

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eia all'altra, o che alcuna di esse non sostenga facilmente il moto dell'universo. Come in una danza corale, dove,

mentre i singoli danzano armoniosamente e si raggruppano con gesti fra di loro, pure, in tutta la danza, delle mani e dei piedi vengono premuti ed urtati. E se entra qualcosa di debole, va in rovina.

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DELLA SOMIGLIANZA DEI CORPI CELESTI ALLE SPECIE INCORPOREE

Gli dei celesti, avendo il loro principio nel mondo intellegibile, mentre contemplano le idee di se stessi, muo­vono i cieli in questo stesso atto di intelligenza e di volontà assai efficace, in perpetuo. Perciò governano senza fatica, ciò che appare in modo evidente dall'ordine sempre costante. Perciò le tendenze separate degli dei sono con­giunte più che i corpi. Il governo dei cieli non può distrarre gli dei dalla contemplazione dell'intelligenza, per­

ché essi governano con più potenza e facilità, quanto più profonda è la loro contemplazione; e questa proviene da quella; la qual cosa accadrebbe anche alle nostre anime, se contemplassero la loro causa, e di dove viene la facoltà di vivere.

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CONFERMA DEI SUPERIORI

La mente divina procrea le anime degli dei celesti con le sue idee e con esse trattiene continuamente a sè congiunti i corpi celesti ed entrambi tra di loro. Gli dei del mondo, che sono detti specie intellettuali, sono uniti fra di loro, sia per­ché tutti contemplano una medesima idea, nella quale sono le specie intellegibili, sia perché questa idea si sviluppa in qualsiasi dio del mondo, completamente. Non sono osta­colati dallo spazio o da soggetti diversi, ché anzi tutte le essenze incorporee sono ovunque, a vicenda, una nell'al­

tra. Gli dei del mondo, si fondono uno nell'altro, e nelle

loro idee, sia perché vengono da una unità e tendono ad

essa, sia perché questa divina unità, ovunque preminente, li unisce, sia perché si incontrano e si mutano e si raccol­

gono vicendevolmente. L'unità avventizia dei composti naturali dipende dai superiori ed è vinta dalla moltitudine.

Nelle forme separabili l'unità vince la moltitudine, e que­

sto avviene anche negli dei, perché il loro essere ha una

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certa unità, dico certa, perché il primo princ1p1o è la

stessa unità semplicemente . Essendo dunque la unità il carattere che tanto prevale in modo intrinseco negli dei, giustamente dai primi si riversa abbondantemente sui se­guenti. Così questi esistono in funzione dell'unità di quelli e per questa unità comune a quasi tutti, tutti sono uno solo per un certo loro essere in atto, come i corpi si fondono in uno solo per una certa potenza materiale. Gli dei celesti sono profond amente uniti agli dei invisibili, sia perché le anime celesti sono al di fuori del corpo, sia perché gli dei superiori ed ugualmente le idee hanno un 'unità infinita, poiché tutti sono ovunque e per questa unità si congiungono fra di loro ed agli dei seguenti. Potendosi gli dei definire per la loro unità, la loro comune unità si estende a tutti e per essa sono uno solo per un'unica azione verso un solo oggetto e principio e fine, e tutti assieme nel medesimo punto e momento.

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DELLA PROVVIDENZA, DEGLI DEI E DEI DEMONI

La provvidenza degli dei è universale, quella dei demoni particolare. Il primo dio dà ogni cosa a tutto, gli dei seguenti elargiscono qualcosa a tutti. I demoni e le anime solo ad alcuni e solo qualcosa. In cielo vi sono gli dei invisibili e quelli visibili, vi sono anche i demoni; gli

dei visibili, in cielo, esistono nella stessa unione con gli dei occulti. I demoni, poi, sono di gran lunga diversi da

quelli come dai puri contemplanti, essendo essi stessi

occupati e molto propensi all'azione. Perciò sono assai lontani dagli dei visibili, egualmente l'essenza di entrambi

gli dei e la loro potenza e provvidenza è universale e tende ovunque; la natura e la provvidenza dei demoni, invece, è particolare riguardo a certe cose ed a certi territori. Egualmente gli dei sono tanto padroni dei loro corpi ed i corpi così obbedienti ad essi che si potrebbero dire separati dal corpo. I demoni, invece, sono più sen­sibili a ragioni contrarie e legati ai corpi. Così gli dei sono

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gli architetti, i demoni, invece, ministri; i demoni sono occulti ai sensi e gli dei anche alla ragione umana: che se per caso gli dei apparissero intorno alla terra, sarebbero anche più belli dei demoni dell'aria. Infatti il cambia· mento di luogo o di influenza, non muta la natura divina. Infine gli dei sono liberi di creare dalle potenze fluenti, i demoni, invece, in nessun modo. Il che confuta ciò che Porfirio aveva addotto dalla storia, cioè che avvenivano molte cose nei riguardi degli dci, quasi essi fossero passi­bili di sensazioni. Perché la legge dei misteri comanda di

essere liberi dalle passioni nei sacrifici, la quale legge certamente fu data per ispirazione divina, anche dal primo

padre del mondo, dal quale furono dati anche tutti i simboli che nei sacrifici stanno a significare qualcosa di

occultissimo. Infine le cose che avvengono secondo il rito nei sacrifici hanno una causa divina così lontana da qual­siasi passione, che neanche la ragione può raggiungerla. Il volgo non può comprendere la ragione delle cerimonie istituite per ispirazione divina. Tuttavia cerca di dar loro

un significato; e traendo così dalle proprie passioni, attri­buisce le passioni agli dei. Il volgo usa espressioni di

venerazione verso i potenti. cd usa dci medesimi doni verso gli dei. Ora agisce così nei riguardi degli uomini. sia spinto dalle sue passioni, sia da quelle del più potente. E pensa, poi, che esistono negli dei passioni simili a quelle degli uomini potenti ed a causa di eguali passioni nei sudditi, che gli dei le mostrino in egual modo agli ado­ranti.

Ora, in verità, le cerimonie istituite per ispirazione

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divina, non sono spinte da alcuna passione, ma piuttosto

da ammirazione e venerazione e costantemente da intelli­genza e da una assai simile gioia.

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IN CHE DIFFERISCONO I DEMONI GLI EROI, LE ANIME

Vi sono negli dei forze generatrici, attive, che sono anche vivificanti, che sono contenute in grado maggiore nei primi. Le prime sono diffuse più largamente che le

seconde. Le seconde nascono per opera delle prime, i demoni sorgono dopo una lunga evoluzione di queste, quando già derivano da un molteplice frazionamento; gli

eroi nascono dalle seconde, cioè da quelle vivificanti, prima che vengano ad esaurirsi. Infatti al loro esaurirsi nascono le anime e l'attività dei demoni riguarda le nature del mondo, fino a definire le singole, ed a compierle ed a legare le anime ai corpi. L'azione dei demoni è più ampia di quella degli eroi; quelli operano di più nell'universo, questi piuttosto nelle anime.

Non diciamo che le anime si fonnino per opera dei demoni e degli eroi, ma accolgono parecchio da essi, ed aggiungono molto, poi, da sè; nasce così la loro attività

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per un fine divino, non perché non tendano più in là a cose divine, ma perché le anime sono assorbite dalle ultime influenze divine. Così l'anima può usare tante varie

forme di vita, che per la sua facilità di adattamento, può abitare qualsiasi parte del mondo. E può unirsi a chi vuole

e di nuovo tornare in se stessa, e congiungersi tanto agli dei che agli inferiori, e per quanto inferiore,si spinge fino alla ragione degli dei, ed anche se spesso si congiunge agli dei per mezzo dei demoni e degli eroi, tuttavia può congiungersi agli dei con una certa sua non completa

differenza da essi. L'anima talvolta si congiunge alle cose

divine per altre armonie della sua essenza e delle sue azioni, che sono quelle per le quali i demoni si congiun­gono ai superiori. Anche se nell'anima non ferve un teno­re di vita abbastanza simile, tuttavia spesso supera i demo­ni, illuminata dalla benefica volontà degli dei, e giunge ad una vita più angelica che animale. L'anima, per quanto sembri mostrare in sè ogni principio di ragione e di specie, tuttavia è sempre determinata secondo qualcosa di unico, cioè di un'unica specie. E frattanto coordina se stessa e le sue cause alle precedenti e si muove da se stessa.

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QUANDO NUMI DIVERSI POSSANO APPARIRE ED AGIRE IN MODO DIVERSO

Tutti gli esseri superiori, se invocati, vengono al

cospetto degli uomini, ma ciascuno sotto forme diverse, e li soccorrono. Anche le anime determinano l'aspetto delle stelle in certi nuovi modi. La visione degli dei appare uniforme, semplicissima, quella degli arcangeli assai meno uniforme e semplice. Quella degli angeli anche meno, quella dei demoni già varia, quella dei principati più varia ancora, ma quella degli eroi, per il mirabile ordine della varietà, è quasi simile a quella dei principati, essendo assai varia la visione dei principati, ma assai ordinata. Essa è uniforme in tutte le anime particolari. Essendo infatti gli esseri superiori diversi per natura ed azioni, e poiché appaiono ai singoli in modo particolare, giustamente ap­paiono ciascuno diversamente ed in modo diverso. Gli dei compaiono in modo abbastanza benefico, gli arcangeli orribili ed insieme mansueti. Più miti gli angeli. I demoni

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temibili; gli eroi meno venerabili; i principati stupendi; i principi nocivi e malefici; le anime simili agli eroi, per quanto inferiori. Le immagini degli dei appaiono comple­

tamente immutabili per grandezza, forma, figura, azione; quelle degli arcangeli e degli angeli gradatamente più mu­tevoli, ma vicine agli dei; quelle dei demoni appaiono non altrimenti diverse da questi, che per grandezza e forma,

ma queste è possibile riconoscerle simili; quelle dei princi­pati immutabili; quelle degli eroi quasi come quelle dei

demoni; quelle dei principi variano in modo multiforme; quelle delle anime sono assai più mutevoli di quelle dei

demoni. Gli dei appaiono in una certa stabilità ed ordine. Gli arcangeli con questi medesimi caratteri, ma aggiungo­

no ad essi un'azione attiva. Gli angeli hanno uguale stabili­tà ed hanno oltre l'ordine un moto ordinato e moderato; i demoni con certi turbamenti che escono dall'ordine; i

principati con stabilità e costanza in se stessi. Gli eroi con movimento, ma permanenza in se stessi; i principi con tumultuosi movimenti, -le anime quasi come gli eroi, ma con minore stabilità ed ordine. La bellezza degli dei appa­re inestimabile, incomparabile, ammirevole, e sopra ogni cosa dilettevole; quella degli arcangeli e degli angeli simile, ma gradatamente disuguale. Gli spiriti dei demoni e degli eroi hanno, al loro apparire, bellezza, in determinate spe­cie, ma quelli secondo ragione di essenza, questi secondo

azione di forza; la bellezza dei principati è grandissima e nativa; quella dei principi fitta, adornata, elaborata. La bellezza delle anime consiste certamente in ragioni deter­minate; ma più divise che la forma negli eroi, comprese

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tuttavia sotto una sola specie. Le azioni e gli effetti degli dei sono più veloci della possibilità dell'intelligenza di capirli; ma contemporaneamente sono stabili fino in fon­do; la celerità degli arcangeli è mista, in un certo qual modo, ad azioni efficaci; quella degli angeli è mista col movimento, e non ha abbastanza potenza da compiere azioni nello spazio di tempo che queste sono dette; le azioni dei demoni appaiono più celeri di quanto lo siano in effetto ed in verità; gli eroi compiono azioni in modo meraviglioso, tuttavia agiscono in modo più tardo dei demoni; i principati vengono dall'azione con l'autorità ed il comando; l'azione dei principi ha certamente moltissima forza d'espressione, ma manca di effetto; le azioni delle anime sono più mobili, ma più deboli di quelle degli eroi.

La grandezza degli dei che appaiono sembra occu­pare tutto il cielo. E si pensa che neanche la terra possa sostenere la loro grandezza che avanza. All'apparire degli arcangeli alcune parti del mondo si muovono e la loro luce avanza divisa in sè. Essi, in verità, offrono grandezza di luce e di figura per la potenza del loro dominio; la forma e la luce degli angeli è minore, è più divisa; la grandezza dei demoni è ancora più divisa e minore; quella degli eroi è di nuovo più piccola per quanto sia assai più appariscente. l principati sono assai grandi e vasti; i princi­pi appaiono gonfi, superbi ed insolenti; le immagini delle anime sono disuguali e minori di quelle degli eroi. Infine qualsivoglia di esse supera per l'ampiezza della sua poten­za e la larghezza del suo imperio, la grandezza della forma e della luce. Le immagini degli dei ci appaiono lucentis-

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sime, fulgenti in sommo grado e meravigliosamente irrag­gianti splendore e più splendidi di quanto siano in verità ; quelle · degli arcangeli sono vere e perfette; le effigi degli angeli appartengono alla medesima specie, tranne che mancano della pienezza della comprensione e delle distin­zioni della conoscenza. Quella dei demoni sono assai esili e quasi caduche; più esili quelle degli eroi; appariscenti sono quelle dei principati; quelle dei principi oscure, ma imperiose ; delle anime ombrose. Le immagini degli dei lampeggiano del più grande splendore possibile. Anche quelle degli arcangeli sono assai fulgide; inoltre sono splendenti quelle degli angeli; i demoni appaiono come un torbido fuoco; gli eroi hanno una luce mista a molte altre cose; i principati, invece, più pura; i principi, poi, appaio­no confusi per le loro dissomiglianze e contrasti; le anime danno un fuoco pieno e diviso per le molte mescolanze delle generazioni. Le immagini degli dei appaiono come un fuoco unico, ineffabile, che riempie l'universo profon­do del mondo; anche il fuoco degli arcangeli non è diviso, ed ha intorno, davanti e dietro un'enorme moltitudine ; il fuoco degli angeli è diviso, ma in idee assolute; quello dei demoni è anche più diviso, ma circoscritto entro limiti più angusti e quindi più facile ad esprimersi, e presso quelli che videro gli esseri superiori, più disprezzabile; il fuoco degli eroi ha le qualità dei suoi consimili, ma non in eguale misura; il fuoco dei principati è particolarmente lucente ; quello dei principi ha qualcosa di opaco; quello delle anime è assai diviso e multiforme e mescolato a molte nature del mondo. Il fuoco degli dei è completa-

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mente stabile nel suo aspetto ; quello degli arcangeli parte­cipa alla stabilità di questo; quello degli angeli si muove

entro certi limiti stabili. Quello dei demoni instabile, quel­

lo degli eroi più veloce, quello dei principati diventa quieto, ma quello dei principi tumultuoso; il fuoco delle anime si trasforma in molti movimenti. Gli dei purificano

le anime in modo perfetto. Gli arcangeli le chiamano di nuovo, gli angeli le sciolgono soltanto dai vincoli della materia. I demoni le traggono alla natura; gli eroi le guidano nella cura delle opere semplici. I principati presie­dono le imprese mondane; i principi, invece, lo studio di quelle materiali. Le anime, quando appaiono tendono e trascinano alla generazione. Ciò che di puro e di fermo è nell'immagine che ci appare, va attribuito ai generi supe­riori. Infatti ciò che in esso vi è di più fulgido e fermo in se stesso, va attribuito agli dei ; ciò che splende, ed anche permane in se stesso, ma quasi in altro modo, agli arcan­geli; ciò che permane muovendosi, agli angeli ; egualmente quanto è mobile, vagante, e pieno di nature diverse, ovun­que va attribuito ai generi inferiori. I demoni hanno in sè

mescolati i vapori del mondo e si muovono instabilmente al di sopra o al di fuori del moto del mondo; le composi­

zioni generatrici degli spiriti sono mescola te agli eroi, ed intorno ad esse si muovono anch'esse. l principati riman­gono al medesimo posto, mostrando ciò che hanno di umano; i principi sono pieni di linfe ma teriali. Le anime sono piene di macchie superficiali e di spiriti altrui, ed

ogni volta che appaiono a questi, ciascun genere di essi si mostra. Gli dei distruggono rapidamente la materia; gli

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arcangeli a poco a poco; gli angeli sciolgono da essa e richiamano a cose sublimi, i demoni l'adornano diligente­mente; gli eroi l'adattano nelle giuste misure ovunque, curandole coraggiosamente e diligentemente; i principati l'assistono dall'alto, e solo a questa condizione si mostra­no; i principi appaiono completamente pieni di materia; le anime pure, poi, vengono distinte dalla materia; le impure, invece, si mostrano a noi ancora involute nella materia. Inoltre altre ci mostrano altre cose. Gli dei, con la loro presenza, danno salute al corpo, virtù all'anima, sincerità

alla mente, richiamano tutti i nostri principi impropri, sciolgono ciò che in noi vi è di freddo e mortale, ci danno calore, ci rendono ad una vita più efficace e fanrio in modo che ogni cosa si adatti all'anima ed alla mente secondo le loro misure e capacità ed effondono luce con un'armonia intellegibile; poiché non hanno corpo si mo­strano come un corpo agli occhi stessi dell'anima per

mezzo degli occhi del corpo. Gli arcangeli agiscono in modo analogo; ma non con sufficiente completezza e costanza ed al di fuori delle nostre proporzioni; gli angeli distribuiscono i beni più particolari, partitamente e rag­

giungono un effetto che manca del loro intimo vigore; i demoni gravano i corpi con la loro presenza e li affliggono

di malattie; altre volte li puniscono e trascinano le anime alla natura, non le separano dai sensi loro affini, e tratten­gono in luogo inferiore quelle che tendono al fuoco cele­

ste e divino, e non sciolgono dai vincoli del fato; gli eroi hanno altre influenze simili a quelle dei demoni, ma hanno di particolare questo, che ci incitano ad opere

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generose e grandi; i principati, apparendo, elargiscono beni mondani, e forniscono tutte le cose necessarie a questa vita. I principi danno beni materiali e terreni, le anime quando appaiono, se sono pure e comprese nell'ordine angelico, richiamano in alto; danno salute all'anima, e sacra speranza, ed i sacri doni che si devono sperare; le anime impure trascinano alla generazione, deludendo la speranza, portandone via i frutti e guardando l'animo lo riempiono di passioni che lo legano al corpo.

Ciascuno mostra, apparendo, l'ordine che ha; gli dei si mostrano tali, circondati dagli angeli; gli arcangeli prece­dono gli angeli, o stanno loro davanti o al centro di essi o facendosi da loro seguire, o fra una turba di angeli stipati loro intorno in folla; gli angeli avanzano in un coro adatto al loro ordine. I demoni buoni mostrano le opere benefi­che che compiono ; i demoni vendicatori fanno vedere le specie di supplizi; gli altri demoni in qualche modo male­fici, appaiono circondati di fiere apportatrici di morte e voraci; i principati appaiono mostrando alcune regioni del mondo; i principi portano al cospetto una disposizione mancante di ordine materiale e variante col loro variare; tutte le anime, non definite da nessuna specie particolare, mostrano del fuoco genericamente, intorno a tutto il mondo, nel quale le anime del mondo sono caratterizzate da una natura non divisa ed unica nè determinata da alcuna specie; l'anima purificata mostra una figura infuo­cata, del fuoco brillante di luce ed insieme stabile, ed essa segue col suo duce supremo, godendo della buona volontà e rendendo così manifesto, nelle sue opere, l'ordine che

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raggiunge; l 'anima, invece, che scivola in basso, appare traendo con sè i simboli dei suoi legami e delle pene e si mostra gravata dalla composizione materiale dei suoi vin­coli, ancorata dai turbamenti della materia soggetta all'im­perio dei demoni che favoriscono la generazione. Ciascu­no, quando appare, mostra le regioni e le sorti cui il destino l'ha legato; gli spiriti aerei il fuoco e l'aria; quelli terreni, il fuoco terreno e scuro; gli esseri celesti, invece, mostrano un fuoco splendido; ed i loro ordini sono distri­buiti in questi tre termini. Gli dei mostrano in se stessi i principi di ogni ordine, quando appaiono. Gli angeli dimo­strano di dipendere dagli arcangeli; i demoni e gli eroi rendono manifesta la loro opera al servizio dei superiori, per quanto ciascuno dei due ordini in modo diverso; i principati e i principi manifestano il loro imperio. Quelli dimostrano di occupare gli ultimi ordini dei superiori intorno al mondo, questi riguardano le anime, per cui d'accordo fra di loro, i primi mostrano i primi luoghi, i secondi i secondi, i terzi i terzi, e gli altri seguono nello stesso ordine.

Gli dei splendono di una luce talmente pura, che gli occhi del corpo non la possono cogliere e perciò ne sono colpiti come pesci portati da un'acqua torbida e grassa ad un'aria purissima; e coloro che guardano il fuoco divino, non potendone respirare la sottigliezza, mancano di poten­za, appena sembra loro di vedere e ricadono al di qua della visione. Anche gli arcangeli emettono uno splendore più sottile e più puro delle nostre possibilità di sostenerlo, tuttavia non così impossibile come quello degli dei. Gli

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angeli, apparendo si mescolano all'aria in modo tollerabile, così che i sacerdoti possono percepirli. All'apparire dei

demoni l'aria non cambia per niente, nè l'aria che è loro intorno è più sottile che il più inetto dei sacerdoti non la possa sopportare; prima dei principati appare un cerchio ruotante di molte visioni, difficile a tollerarsi ed in torno ad essi c'è un involucro sensibile ; intorno ai principi, invece ve n 'è uno terreno, n è la sottigliezza della loro aria è soprasensibile o come quella degli esseri supremi ; all'ap­parire delle anime l'aria diventa visibile adattandosi ad

esse, ed assume i loro contorni prendendone la forma. Le anime invocanti riportano, dall'intervento degli dei, l'in­fluenza della perfezione dell'azione e dell'amore divino ed un'incredibile letizia ; da quello degli arcangeli una con­templazione intellettuale quanto mai pura ed un'immuta­bile potenza : da quello degli angeli la sapienza razionale e la virtù volta ai sommi gradi; da quello dei demoni il desiderio della generazione ; da quello degli eroi tali altre virtù e la sapienza di governare le cose civili ; da quello dei principati e dei principi gli istinti sensibili o materiali insiti alla natura dell'animo ed il compimento delle opere del destino ; da quello delle anime i desideri, l'istinto della

generazione e la tendenza alla cura dei corpi. L'apparizio­ne degli dei rafforza potentemente la verità, la potenza e la forza e procura largamente il bene; quella degli arcangeli

analogamente, ma in modo più particolare e la conoscenza e la sapienza non assoluta, ma per questo o per quello od

a qualche patto; quella degli angeli anche più detenninata, quella dei demoni non è benefica per l'anima, ma per il

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corpo, per quanto concede l 'ordine delle cose sensibili; i doni degli eroi sono mondani o terreni; quelli dei princi­pati sono mondani; tutti quelli dei principi servono a migliorare la vita; inferiori, cioè in maggior copia materia­

li, sono quelli delle anime, che portano quasi un familiare soccorso alla vita umana.

Porfirio narrò che l'opinione comune diceva che gli dei, gli angeli, ed i demoni e tutti i superiori, quando compaiono, ostentano la loro potenza e si gloriano mera­vigliosamente e si formano un'immagine a l oro somiglian­za. Giamblico confuta entrambe le asserzioni. Il Dio, l'an­gelo e il demone buono insegnano agli uomini quando compaiono, che cosa e quale sia in verità la loro essenza parlando sempre secondo e non oltre la verità. I nfatti come la luce segue naturalmente ed assiduamente il sole, così la verità segue dio ed i suoi seguaci, specialmente quando sono perfetti, completi e non manchino di niente e non possano chiedere di più di quanto essi siano. Quan­do nell'adempimento delle facoltà teurgiche, cioè divine e sacerdotali, si è in colpa, allora appaiono non gli dei buoni che si desiderano, ma quelli malefici e cattivi sotto l'aspetto dei benefici; infatti gli spiriti maligni spesso si

trasformano secondo l'immagine dei buoni e vengono glo­riandosi e mostrandosi di più di quanto essi siano. Così da un primo inizio falsato, seguono una quantità di menzo­gne perverse. E' necessario che i sacerdoti esaminino le apparizioni degli spiriti secondo la regola di tutto l'ordine, e ricordino che l'arrogante vanagloria non è propria degli spiriti veri e buoni e badino di non allontanarsi dal rito

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dei sacrifici. E se nell'incertezza dell'apparizione soprag­giunge improvvisamente qualcosa di eccessivo, non è nor­male che da questo fatto dipenda la normale natura e condizione degli dei. Non è lecito, per alcuni motivi incidenti, mutare temerariamente giudizio su ciò che in molti secoli di operosa fatica è stato comprovato nei sacrifici. Anche se i falsi spiriti mentiscono, tuttavia quelli buoni sono veridici e legittimi nella loro luce. Poiché in ogni genere le principali verità nascono dall'intimo di ciascuno ed ognuno prima le dimostra a sè per dirle agli altri, così gli esseri superiori, mostrando a tutti la verità, per ciò che riguarda l'essenza, la vita, il moto, dapprima dicono le loro verità e manifestano ai contemplanti spe­cialmente la loro stessa essenza. Perciò mostrano secondo il rito ai sacerdoti il fuoco da contemplare come loro immagine e forma.

Infatti non è proprio del calore produrre freddo, o della luce oscurare od occultare o di alcuna cosa che agisce secondo la vera essenza, fare qualcosa di contrario. Un fantasma, cioè un'immagine mandata da qualcuno, senza avere la natura di quello, solo al modo dell'imma­gine di uno specchio, attrae vanamente l'animo di cJ1i guarda e lo inganna, mentre simula di essere qualcosa di cui non ha per niente la natura. Esiste infatti, una causa di falsità, perché in nessun modo si accorda con alcuna vera essenza e perciò neanche con quella degli dei; ma questi ed i loro seguaci mostrano delle loro immagini ; non sottili e vane, ma naturali e vere, non vane come quelle dello specchio, come già dissi e perché infatti mandereb-

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bero quelle per mostrare la loro essenza e potenza? Infatti quelle mancano completamente di questa na­

tura, e di utilità per coloro che contemplano. Quale utilità viene, infatti, dalla menzogna e dall'inganno? Infatti non mandano fantasmi per questo, perché la loro natura non è tale da m andarne ; poiché infatti un 'essenza ferma e consi­stente in se stessa e quindi causa agli altri di essenza e verità, non manda in alcun modo un'imitazione di sè falsa ed ingannevole, che sia insieme qualcosa della cui natura non ha niente in comune. Perciò nè gli dei, nè i loro seguaci trafondono la loro natura in altre immagini, nè producono queste cose in altro modo da sè; ma illustrano e dimostrano all'anima le loro vere forme in veri modi. Per la sua caratteristica questo fatto è simile a quello famoso che in patria una mente tranquilla vede l'essenza divina, non attraverso un'immagine da essa creata e perciò inferiore, ma attraverso la sua stessa essenza, come colui che vede la luce per la luce e nella luce. Non come chi vede il calore al posto della luce od un corpo nello specchio. Le sostanze separate non hanno fra di loro alcun genere in comune. Egualmente gli dei, gli angeli ed i demoni buoni non appaiono in modo fantastico, ma piut­tosto in modo proprio e vero. Gli spiriti cattivi, invece, ci appaiono in modo fantastico e fallace e non è possibile , dall'aspetto col quale si presentano a noi, dedurre il modo con cui possono formare l'anima al bene.

Porfirio dice che la conoscenza delle cose divine è sacra, l'ignoranza, invece, è profana. Giamblico approva questo perché, governando gli dei le cose esistenti per

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mezzo dell'intelligenza, giustamente noi siamo graditi agli dei usando l 'intelligenza, e ciò è lodevole; ma antepone l'operazione religiosa all'intelligenza, come se questa sola sia efficace ad acquistare all'anima una meravigliosa unità con il dio. Tanto è il valore dei sacrifici fatti a dio secondo il rito, che anche se tu ignori questo, ma sei pienamente osservante, non hanno minore efficacia. Infat­ti non è l'intelligenza che congiunge i sacrificanti al dio, come altrimenti i filosofi hanno inteso l'unione divina.

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DELLA VIRTU' DEI SACRAMENTI

La reverente osservanza dei precetti e delle opere divine, che superano qualsiasi intelligenza e la migliore potenza dei simboli e dei sacramenti nota ai soli numi, ci procura l'unione con gli dei. Quando compiamo dei sacri· fici non adempiamo al sacramento coll'intelligenza, altri· menti la loro azione sarebbe intellettiva e provocata da noi, esseri non intelligenti, cui queste cose apportano la loro influenza; e la potenza degli dei, cui queste cose si riferiscono, concede da se stessa immagini proprie, senza esservi incitata dalle nostre intelligenze. Infatti le cause universali non sopo mosse da effetti particolari, cosicché le cose divine non possono essere principalmente mosse ad operare dalle nostre intelligenze, ma è necessario che l'in· telligenza ed un'ottima predisposizione e la purezza si prepongano come accompagnatrici delle cause. Quelli che specialmente provocano la volontà divina, quelli stessi sono sacramenti divini, e cosi le cose divine sono provoca-

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te da se stesse e non accolgono l'incitamento dell'azione da nessun suddito.

Non pensare, dunque, che tutta l'autorità per la riuscita efficace dei sacramenti sia in noi, nè nella verità della nostra intelligenza sia assolta la loro vera opera o che queste cose siano falsate dai nostri mutevoli sensi. Infatti, anche se conoscessimo quali effetti seguano pro­priamente ciascun genere, non raggiungeremmo così im­mediatamente la loro stessa verità nell'operare. Dal sapere, infatti, non avviene mai un'efficace unione alle cose divine e

· ciò, almeno, non avviene onninamente. Perciò la divina

purezza non si compie attraverso una retta conoscenza, co­me la purezza del corpo, attraverso la salute, ma questa pu­rezza si unifica e si purifica al disopra della conoscenza, cioè per una potenza superiore alla conoscenza. Infatti niente in noi di umano conduce qualcosa al fine delle azioni divine . Trai le conclusioni dalla sentenza di Giamblico sugli Egizi e gli Assiri per cui, come nell'agricoltura, nella medicina, anche nell'arte delle immagini l'uomo adatta opportunamente la materia con umano sforzo ; invero una causa superiore ed universale ha una forma anche nel sacrificio, quando vengono usati simboli e riti cioè imma­gini e sacramenti, il sacerdote usa alcune cose materiali, con l'ordine delle quali costituisce una certa bellezza. Il dio imprime una forza efficace ai sacramenti.

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CHE COSA SIA E DONDE VENGA IL V A TICINIO

Il vaticinio non avviene nè per arte nè per natura,

nè per ragioni o moti naturali sensibili, nè per alcun 'altra ragione; ma sempre si manifesta a noi dalla divinità e

tutta la potenza che possiede è da riferirsi agli dei e tutta la sua autorità consiste in essi e di qui proviene e si

compie per opera divina attraverso dei simboli; la vera conoscenza ha quindi visioni divine e contemplazioni altis­

sime. Tutte le altre cose sono sottomesse come strumenti; il dono del presagio è mandato dalla divinità; qualunque

cosa riguarda l'anima o il corpo appartiene alla natura del tutto o a nature varie; le circostanze e tali altre cose sono usate al posto della materia; non è lecito interpretare un

vaticinio senza una causa; nè è lecito trarre alcun vaticinio da alcune cose che rimangono involute. Ma questo deve

risalire sempre agli dei che contengono in sè i termini di tutta la scienza delle cose; si può conoscere un vaticinio,

distribuito in tutto il mondo e riguardo tutte le nature

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divise nel mondo, così che la causa del vaticinio è chiara e

comune e possiede in se stessa ogni cosa che mostra a coloro che ne vengono a conoscenza, mostrando in parti­colare la verità, che è necessaria nel vaticinio, ed in primo luogo mantenendo l'essenza delle cose che devono avveni­re; dalla quale cosa necessariamente segue il necessario compiersi del presagio. Porfirio dice che, quando dormia­

mo, talvolta presentiamo le cose future, senza accorgerci per niente dello stato presente, anche se non siamo per niente eccitati da uno stato di estasi. Sono propenso a pensare che si presagisca allora non tanto per influsso

esterno e divino, quanto per la natura stessa dell'anima e della mente. Giamblico dice che i sogni che provengono da cause umane, sia per la nostra natura, sia per le influenze varie ed i pensieri e le azioni, arrivano alla verità piuttosto raramente e troppo oscuramente, e troppo spes­so per qualche caso.

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DEI SOGNI

I sogni talvolta sono eccitati in noi da intelligenza e conoscenza innata o dalle immagini e dalle cure divine che talvolta giungono alle verità; ma in gran parte ingannano e queste cose nascono da umani princip i e giungono ai dormienti nel bel mezzo del sonno. Invece i sogni manda­tici dagli dei non giungono così, ma vengono o tra la veglia ed il sonno o tra il sonno e la veglia o nella veglia stessa. Allora si odono brevi voci che ammoniscono all'a­zione e talvolta uno spirito incorporeo e non sensibile si fonde con quello di chi giace. E questo spirito non si vede ma lo si percepisce con un certo altro senso o coscienza che sta nella sensibilità, ed avanzando con un certo impe­to e diffondendosi ovunque, senza che lo si possa toccare, allontana in modo meraviglioso le passioni dell'anima e del corpo; talvolta splende di una luce sincera e quieta; sotto l'effetto di esso la vista si oscura e si apre l'anima.

Ma gli altri sensi intanto sono completamente svegli

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e presentano dove gli dei si mostrano nella loro luce e percepiscono quello che essi dicono e fanno con continua coscienza; e tutto questo è visto in modo più perfetto quando anche lo sguardo percepisce e l 'intelletto è raffor­zato, si colgono gli avvenimenti e gli spettatori ne sono commossi. Tali particolarità che descrivemmo non sono umane; toccano quando il nostro sonno è dovuto a pesan­tezza di capo o ad abbassamento ed oscuramento della vista o si è a metà tra la veglia ed il sonno, o per un improvviso risveglio o nella veglia stessa. Tutte queste cose sono adatte a richiamare gli dei e sono mandate dalla divinità e precedono quegli altri fenomeni come se fossero parte dell'apparizione stessa. l sogni che derivano da cause umane hanno due difetti. Infatti giungono ai dormienti nel sonno più profondo e noi allora non siamo distinta­mente e pienamente coscienti di quanto ci capita e del nostro stato. Quando, invece i sogni ci sono mandati dalla divinità, non dormiamo completamente, ma seguiamo e ci rendiamo conto più chiaramente di quanto siamo soliti da svegli.

Perciò nei sogni di questo genere, specialmente, c'è un vero vaticinio. L'anima ha una duplice vita ; una insie­me con il corpo, l'altra separabile dal corpo. Quando siamo svegli usiamo di più della vita che è comune con il corpo, tranne quando, talvolta, ci separiamo profonda­�ente da esso o perché intuiamo qualche cosa o perché pensiamo con concetti puri; ma nel sonno possiamo stac­carcene del tutto come da vincoli nascosti nell'animo ed usare di una vita separata da quella animale.

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Quando l'animo dei dormienti si scioglie dal corpo, allora quella specie di vita che permane separabile secondo se stessa, sia intellettuale, sia anche divina, si sviluppa profondamente in noi e si conduce secondo la sua natura. Poiché l'intelletto contempla gli enti puri e l'anima ab­braccia in sé la ragione della vita, giustamente prevede le cose future secondo la causa che le determina, ordinate nelle precedenti loro cause. Si è parlato dei presagi di un'anima che ritorna in sè da uno stato simile al sonno; in sè, ho detto, cioè nelle regioni prime ed intellettuali , m;� sempre sotto una forma propria alla vita presente, cioè sotto la forma della particolare azione di questa, e della vita; ma se poi sviluppa la forma universale della ragione e del pensiero secondo la quale visse talvolta, allora avrà dei presagi riguardanti più la condizione universale delle cose mondane, sotto la quale potrà vedere anche le cose parti· colari. Se attraverso una forma universale di questo genere congiunge la sua mente e quella degli dei stessi , vedrà clùaramente ciò che appartiene ad un mondo superiore; e così , attraverso queste cose capisce in modo più assoluto le cause principali ; ed in questo stato non solo il pensiero sarà perfetto, ma anche l'immaginazione avrà immagini sincere delle cose corporee e divine. Poiché, in verità, nelle anime vi sono dei principi generatori che fanno parte della sua potenza talvolta effettiva, talvolta cogitativa; e questi principi dipendono da quelli che ci sono negli dei; perciò l'anima ad essi congiunta suscita in sè questi princi­pi in atto ed amplia al massimo le sue cognizioni sotto la guida della divina provvidenza , attraverso la quale giudica

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le cose passate e le future e tutte quelle temporali e le

loro azioni e passioni ed i rimedi alle passioni e le cure per le malattie ed i vizi dell'anima e l'ordine delle leggi e le arti necessarie al genere degli uomini ; così nel tempio di Esculapio sono accolti i sogni coi quali si curano i malati e questa arte medica è paragonata ai sogni divini.

L'esercito di Alessandro, che stava per morire di

malattia, scampò il pericolo con dei rimedi dati nel sonno dal dio Dioniso. Il re Lisandro aveva assediato la città di Afito e tolse l'assedio per l'ordine, avuto nel sonno dal

dio Ammone. Molti simili esempi avvengono al di sopra della possibilità della ragione umana.

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DELL'I SPIRAZIONE DIVINA CHE E' NELLA VEGLIA

Porfirio parlò di due tipi di estasi divine, una che comunemente si dice avvenire nel sonno, l 'altra nella ve­glia, quando si presagisce ispirati ed eccitati, ma vigilanti e con l'uso dei sensi, pur non essendo pienamente in pos­sesso della ragione umana. Giamblico dice che gli animi presagiscono veramente e sono ispirati quando sembrano dormire e non dormono, quando sembrano vegliare, ma

non sono propriamente svegli, nè usano normalmente dei mezzi umani. Gli animi divinamente ispirati ed eccitati sottomettono completamente la loro vita al dio ispiratore. Perciò si sottomettono come veicolo o strumento e depongono il modo precedente di vivere o mutano la propria vita in quella divina o conducono la propria fino al dio. Perciò non usano dei sensi, nè sono così svegli da avere i sensi vigilanti, nè essi stessi presagiscono o sono mossi da un impeto umano o da un mondano costume, nè

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si accorgono del loro stato, nè hanno alcuna conoscenza od azione propria, ma agiscono completamente sotto la forma dell'ispirazione divina.

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MOLTI MIRACOLI SONO COMPIUTI DAI PROFETI

Poiché gli ispirati da forza divina non vivono, anche

la vita animale si ritira da loro; infatti molti , pur vicino al fuoco non bruciano, non se ne accorgono , nè sentono punture, tagli od altri tormenti ; che poi agiscano al di fuori dei limiti umani, si dimostra dal fatto che si com­portano in modo del tutto insolito e passano intatti attra­verso il fuoco, ed i fulmini li attraversano meravigliosa­mente ed il sacerdote è intoccabile da essi ; da queste cose appare chiaramente che essi non vivono una vita umana od animale nei sensi, o spinta da impeti, ma divina, quasi che la loro anima si allontani ed il dio sia là, al posto dell'anima ed agisca come un'anima più eccellente. Varie sono le specie dell'ispirazione divina, sia per la varietà degli dei che l 'ispirano, ciascuno in modo diverso, sia che a seconda della differenza del manifestarsi delle ispira­zioni, tali ne sono i modi. Infatti o il dio stesso ci occupa, o noi ci conduciamo a lui o siamo completamente guidati

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da lui, o fusi in una comune azione col dio; ed egualmen­te diventiamo partecipi delle ultime, o medie o superiori potenze divine. Così, talvolta vi è solamente la semplice presenza del dio, talaltra oltre la presenza vi è anche comunione; talvolta oltre questa avviene un'unione nella quale non solamente l'anima è padrona dell'ispirazione, ma anche il corpo diventa in qualche modo partecipe ad essa o può divenirlo casualmente anche un comune anima­le; e contiamo, a seconda della differenza di questi, i simboli, gli effetti e l'opera degli ispirati . A seconda della detta differenza di coloro che ispirano o dell'ispirazione,

alcuni si agitano in tutto il corpo, ed in alcune membra, altri, al contrario, stanno quieti. Così o danzano o canta­no o si muovono ritmicamente o stanno tranquilli ; inoltre o sembra che il loro corpo cresca in altezza o in ampiezza o che sia portato in alto o al contrario egualmente emet­tono grida o eguali o continue, od ineguali ed interrotte dal silenzio. E talvolta alzano il tono, talvolta lo abbas­sano.

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L'ISPIRATO NON HA MAI AZIONE PROPRIA;

ED IL DIO STA AL POSTO DELLA SUA ANIMA

Il massimo dell'ispirazione divina, invero, è segno che colui che ha in sè il nume avverte e vede lo spirito che discende e quanto è grande e quale, e da esso è

misticamente educato e governato. Chi, poi, vede il nume, prima di vederlo, scorge una certa specie di fuoco. Questo

è visto anche dai presenti al giungere ed al dipartirsi del dio. Da questo simbolo gli espertissimi in queste cose capiscono molto chiaramente quale sia la potenza del dio,

a quale ordine appartenga, riguardo a che cosa dica la verità, che cosa compia; ma coloro che si introducono nascostamente in uno spettacolo di questo genere, come se fossero nelle tenebre, si spaventano e si nascondono. Nè capiscono ciò che avviene, se non poche cose, cioè

pochi simboli, nel corpo stesso dell'ispirato. Quando infat­

ti la potenza del fuoco divino, con una certa specie della luce, e con l'ineffabile influenza eterna, incombe sull'ispi-

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rato, e lo invade completamente e lo domina fino in fondo e lo abbraccia tutto intorno, così che questo non

può compiere alcuna azione propria, quale mai senso o percezione, o coscienza propria può essere presente nell'a­nimo che assorbe il fuoco divino? O quale umana emo­

zione o passione, o pervertita fantasia lo può tentare? Porfirio definisce l'ispirazione divina un sommovimento

della mente insieme con l'ispirazione demoniaca. Giambli­co dice che in un animo ispirato da dio, nè la mente, nè il pensiero umano possono reggere se effettivamente sono tenuti da un dio. Infatti l'ispirazione non è demoniaca,

ma divina, nè si può definirla come un'uscita dalle facoltà mentali od un'alienazione; queste cose, infatti, significano una caduta in peggio ; ma piuttosto bisogna parlare di un ritorno, di una restituzione al meglio. Infatti l'ispirazione non è altro che il fatto per cui tutto l'animo è occupato e tenuto dal dio. Di qui poi, segue l'estasi, cioè la catarsi, o una certa follia come conseguenza del giungere dell'ispi­razione. Platone, nel Fedro dice che gli antichi chiamava­no il vaticinio, mania; cioè furore, perché solo quelli presi da un divino furore danno vaticini veri; più tardi aggiun­gendo una "z" fu chiamato "manzia". Egualmente i sacer­doti, le sibille ed i profeti fino a quando sono in sentore presagiscono poche cose ed oscure, o nessuna; quando invece sono rapiti da un dio vero, hanno vaticini esatti, dai quali si possono sapere i pericoli imminenti per co­mando divino, a molti popoli, ed il popolo è così ammo­nito a placare con sacrifici la nemesi divina; egualmente dice che il presagio artefatto si può chiamare giudizio in

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congetture e non ha alcuna importanza se è paragonato con la divina ispirazione e col vaticinio. Giamblico dice che l'afflato divino ed il vaticinio non sono nella mente, ma nell'anima, sia come una qualità in un soggetto o un'azione in un agente; e tutta l'azione è compiuta dal dio stesso e da lui dipende. Un atto, dico, compiuto dal dio nella mente o nell'anima semplicemente come strumenti privi di qualsiasi movimento proprio e così pronti al vero presagio. E se qual­che emozione del corpo o dell'anima o qualcosa di simile si interferisca, o avvenga prima o sia vista mescolarsi, nè il vaticinio è vero, nè è giusta ispirazione divina, quella nella quale si mescola qualcosa di umano. Vi erano tre opinioni diverse riguardo l'afflato ed il vaticinio divino; la prima ne riferiva la causa all'anima, la seconda al corpo, la terza al­l'unione di entrambi. La prima lo pone in quello stato nel quale tutta l'anima si ritira nella sua parte divina, o nella mente, sia quando la sua azione diventa più veemente, sia più ampia o quando il pensiero si fa più acuto e velocissimo, o quando la mente è più ardente. La seconda pone la causa di esso nel corpo, quando ha una certa complessione, cioè malinconica, o temperata; o quando ha qualche qualità es­senziale, o speciale, od un certo spirito. La terza dice che la causa di esso sta in una certa proporzione, nella quale l'ani­ma ed il corpo sono particolarmente compatti. Giamblico dice che questo fatto non è proprio, nè dell'anima, nè del corpo, nè della loro unione ed in essi neanche sta la causa del vaticinio. Infatti quell'afflato fatidico agisce o nel dire a

nel fare in un modo al di sopra di qualsiasi nostra consue­tudine umana. Infatti non può un uomo o qualcosa di urna-

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no giungere, al di là dei suoi confini fino ai confini divini. Nè le cose più grandi possono essere provocate dalle più vili ; infatti la causa di tutto questo è solamente la divi­

nità. Quando, dagli dei scendono in noi luce e spirito, questi sono da riferirsi ad essi ; è presente in noi un do­minio ed una potenza assoluta che comprende ogni cosa che è in noi, ed allontana da noi ogni coscienza e movi­mento proprf, e fa discorsi per mezzo dell'ispirato fuori di sè. Certo per mezzo dell'uomo, ma non con la cognizione stessa dell'uomo si fa anzi udire la potenza per bocca di un uomo furente, posto fuori di sè. In verità quanto è in noi serve al nume e cede alla sola azione dominante divi­na. Porfirio dice che la musica comunica passioni all'ani­mo o lo calma e così gli altri suoni ; a seconda degli animi, cambia effetto. Così la complessione e le affezioni del corpo mutano, e muovono all'eccitamento o lo calmano. Giamblico concede che sia così, ma nega che queste siano le cause dell'ispirazione divina. Poiché sono umane, in par­te naturali, in parte artificiali, tuttavia non hanno niente in sè di divino. La qual cosa può dare adito al sospetto che Porfirio affermi che alcuni possano venire ispirati quando odono le tibie o i cembali o i timpani, altri poi rispondono quando odono altre melodie. Ai vari ordini degli dei rispondono varie specie di moti stabiliti; da que­

ste fluiscono varie melodie, che armonizzano similmente ai loro movimenti e che secondo l'ordine degli dei, danno

principio ai movimenti; questi, essendo ovunque, danno i loro movimenti alle loro melodie, particolarmente presenti alle armonie colle quali più armonizzano; ed essendo i nostri

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spiriti influenzati da esse, invadono l'uomo e lo riempiono della loro potenza ed essenza, e la causa di questo eccita­mento non è tanto la passione dell'uomo eccitato dalla musica, quanto la stessa tendenza del dio per la musica, alla quale il dio è naturalmente presente. Le manifestazio­ni che cadono sotto la vista sono troppo immaginarie e piuttosto rappresentano cose riguardanti l'intelletto. Quel­le che vengono ai sensi inferiori all 'udito, sono troppo materiali , quelle che giungono all'udito sono medie e si accordano con l'anima e con lo spirito ed insinuandosi col

loro movimento, emozione, e determinazione, influenzano l'anima e poi il corpo per cui tutto l 'uomo a seconda delle proprietà delle melodie, diventa il ricettacolo di questo nume, o di quello, e coloro che sono ispirati in altro modo si comportano in modo diverso, nel moto o nella quiete e con altre abitudini, a seconda della diversità dei numi dai quali sono ispirati più particolarmente, che dalla differenza della musica. Infatti cessa ormai questa influenza del buono, quando il dio agisce. L'anima nel mondo delle idee, ha già udito l'armonia divina, della quale si ricorda, quando ode le melodie che hanno im­pronta divina; e ricordando, ne è fortemente impressio­

nata, se è del numero delle anime che hanno contemplato in patria specialmente l'idea stessa dell'annonia. Essendo quindi abituata all'influenza del dio è già ispirata da una certa singolare presenza del dio; per cui compie cose mirabili; la causa dunque di questo genere d'ispirazione, e miracolo, non è la passione portata dai suoni, non la natura dell'anima mossa dall'annonia, ma la somiglianza

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col dio e la sua presenza. Molto meno è da dirsi sul fatto che l'ispirazione consiste in questo, che per opera della musica e della stessa influenza del dio, alcune superficia­lità dell'anima ed alcune concretezze del corpo vengono purificate . La possibilità del vaticinio, non proviene da una certa complessione del corpo; infatti i doni degli dei non variano a seconda delle varietà corporee. Il dono divino è assolutamente libero ed è dato al di sopra delle forze naturali per un'azione propria del dio, e nè l'acqua, nè l'aria, nè qualcos'altro di corporeo favorisce il vatici­nio, ma solo le cose sacre, che avvengono riguardo queste cose ; e specialmente la purificazione della mente con la purificazione del mezzo, e l'intenzione eccitano la forza divina e sempre prontissima. Quando l'animo ispirato par­la ed agisce al di sopra e contro l'uso naturale, la causa di una tale ispirazione non è naturale, ma dal nostro corpo o dalla qualità del luogo o dalla disposizione delle stelle al nascere dell'uomo o dal suo agire, ma soprattutto per la presenza del dio, avvengono queste cose. Per cui le varie specie delle ispirazioni non seguono in noi le varietà naturali, ma le specie differenti, sia degli dei che li ispira­no, sia dei modi coi quali siamo partecipi della presenza divina. Che anzi, il fatto che gli uomini ispirati dal dio o stiano tranquilli o si agitino o chiedano monti o deserti o si trattengono in se stessi, non proviene in noi dalle differenze delle cause naturali dei luoghi o delle musiche che poco prima abbiamo udito o si odono, ma dalle varie proprietà degli dei per l'ispirazione dei quali siamo gover­nati e dai vari modi dell'ispirazione. Porfirio cita, fra i

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molti, tre tipi di oracoli: uno colofonio, che produceva il vaticinio quando si aveva bevuto dell'acqua; un altro delfi­co che avviene quando l'ispirato vaticina alla bocca del­l'antro; un terzo branchidico, quando l'ispirato profetizza per avere assorbito vapore acqueo. C iascun modo varia a seconda della natura, dell'effetto, dell'opera. Perciò anche gli spiriti che, dipendendo dagli dei svegliano gli uomini e li eccitano, in questa stessa opera eccedono da ogni natu­rale ed umano moto: e questa stessa loro azione, per nessuna condizione è simile alle consuete azioni note degli uomini.

C'era in Colofone un luogo sotterraneo nel quale era una fonte. Il sacerdote sacrificava in notti stabilite e poi beveva l'acqua. Infine vaticinava qui, divenuto invisibile ai presenti; può sembrare a qualcuno che lo spirito divino passasse nel sacerdote attraverso l'acqua; e tuttavia non è così; infatti, l'influsso divino non a seconda della distanza e della separazione si trova in quelle cose cui si fa parte­cipe, ma le comprende dal di fuori e le purifica fino in fondo e riempie l'acqua di una certa virtù che porta al vaticinio, cioè purificatrice; perciò quando il sacerdote beve, è purificato; uno spirito luminoso è insito in noi che si adatta al dio con quella catarsi e predisposizione per le quali possiamo accogliere il dio stesso. Ma vi è anche un'altra presenza del dio, oltre la virtù infusa nell'acqua, quella di cui nessun dio manca: di purificazione prima, sopra, intorno e dentro, in modo che il ricevente possa essere facilmente preso per questa sua elevata affinità. Infatti il dio è presente su·bito ed usa dei profeti come

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strumento; questi frattanto, non sono in sentore, nè si accorgono di quanto dicono, ma ignorano dove si trovino, per cui, anche dopo il responso, si ritrovano a stento; che anzi, dopo aver bevuto l'acqua si astengono dal cibo per un giorno ed una notte e si danno a pratiche religiose

inaccessibili al volgo; per cui, per il loro allontanamento da qualsiasi attività umana, si rendopo sinceri ed adatti ad accogliere il dio. Di qui si deduce che l'uomo si può preparare a ricevere il dio in due modi: uno, con l'acqua purificatrice fatta tale dal dio, che purifica Io spirito, un

altro con la sobrietà, la solitudine, la separazione della

mente dal corpo, il pensiero continuamente rivolto al dio. La Sibilla di Delfo accoglieva il dio in due modi; o per mezzo di uno spirito tenue di fuoco che erompeva talvol­

ta alla bocca di un certo antro, o sedendo in esso su un seggio di bronzo che aveva tre o quattro piedi, dedicato al dio e qui si esponeva allo spirito divino, di qui era illuminata dal raggio del fuoco divino. E talvolta un gran­

de fuoco, volando fuori dall'antro , la circondava tutta e la riempiva di divino splendore. Talvolta, quando sta sul

seggio consacrato al dio, per il quale si rende pronta ad

accogliere il dio, è presa continuamente dall'ispirazione

divina ; così la Sibilla, per queste cause diviene tutta del dio. Per cui il dio è immediatamente presente . Ma frattan­to esiste separatamente, come un altro ente oltre il fuoco

e lo spirito ispiratore e la sede e tutto l'apparato di quel luogo, sia artificioso che naturale. Una qualsiasi donna profetessa dei Branchidi o siede su un 'asse o tiene in mano una verga data dal dio e tocca coi piedi o col lembo

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della veste l'acqua o beve il vapore di una certa acqua, ed in questi modi si riempie di splendore divino. E posse­dendo il dio, vaticina.

Infatti, per tutte queste cose, si adatta al dio che accoglie dal di fuori . Q uesto fatto non proviene da nessu­na virtù corporea od animale o dei luoghi e degli strumen­ti perché il vaticinio si verifichi, ma dalla presenza del dio che viene dal di fuori e ciò appare da questo, che la stessa

sacerdotessa, prima di dare gli oracoli, compie molti sacri·

fici secondo il rito, ed osserva le regole sacre; si lava, si astiene dal cibo per tre giorni , abita da sola in un recesso, e già comincia ad essere illuminata ed a godere meraviglio­

samente. Da questi fatti è chiaro che il dio è chiamato dall'esterno, perché venga, e che viene dal di fuori; e

prima che la sacerdotessa giunga al luogo dell'acqua , per essere ispirata, e mentre in questo stesso luogo un certo spirito emana dall'acqua della fonte, appare chiaramente che il dio è qualcos'altro, oltre queste cose, separato da esse : ed è la causa del luogo, di tale fonte e di tutto il

vaticinio. La virtù che ci ispira al vaticinio è assolutamen· te al di fuori del luogo e del tempo; altrimenti non si potrebbe esprimere contemporaneamente in tutti i luoghi ed in tutti i tempi. Se fosse inseparabilmente legata alla natura dei luoghi e della materia o procedesse secondo un movimento determinato dal numero, non potrebbe cono· scere le cose che sono sempre ed ovunque, nè sempre ed ovunque in modo esatto. E pur essendo necessariamente legata a questi fatti, i più adatti che pur sono compresi nello spazio e nel tempo, ovunque siano delle acque, ivi è

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presente ad esse, che mutano col tempo ed è ovunque contemporaneamente presente, ed insieme comprende la

verità di tutte, a causa della sua essenza quasi separata che supera qualsiasi cosa. La forza divina è l'origine del vatici­nio ed è ovunque e sempre tutta. Questa forza non è propria del corpo o dell'animo aggiunto al corpo, ma dei

liberi angeli e del dio, che sono ovunque; o piuttosto questa forza è ovunque sia alcuno degli angeli, che sono ovunque.

Essa stessa è separata da ogni cosa corporea e pre­sente a tutte. Non è compresa in nessun luogo, nè è aggiunta al corpo o all'anima che appartiene a qualche specie particolare; ma questa facoltà fatidica degli dei è separata da qualsiasi cosa e pure tutta insieme presente ovunque e subito si fa partecipe di quanto può accoglier­la, ed illumina dal di fuori e riempie ogni cosa e scorre attraverso tutti gli elementi nè lascia indietro niente di animale, o la natura alla quale si imprime per una sua propria potenza, dandole qualcosa di sè e può riempire di sè tutto dando potenza al presagio, perché è egualmente sciolta da qualsiasi cosa. Porfirio oltre i vaticini pubblica­mente celebrati, ricorda qualcuno di essi di carattere pri­vato, cioè di quelli che sono professati con certe immagini che attraggono lo spirito al vaticinio, che Giamblico non riconosce; infatti, quando trascurano tutta la religione ed

il culto, confidando solo nelle immagini non possono vedere la presenza effettiva di qualsiasi dio o nume benefi­co, per il quale sogliono essere dati i vaticini veri; ma in questo sbagliano, ché per le immagini uguali agli dei e per

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le intenzioni dell'animo, riportano un'apparizione immagi­naria, leggera ed oscura di certi esseri superiori; e poiché trascurano frattanto le regole sante del rito, vengono sotto la potestà dei demoni malefici che mentiscono, ingannano e quel poco dell'apparizione e degli indizi che era divino, lo pervertono e lo confondono. Ma coloro che godono della vera presenza degli dei, ricevono una profezia vera ed immutabile che non può essere turbata dagli spiriti cattivi. Come al venire del sole le tenebre non possono sostenere la sua presenza, ma fuggono immediatamente, non impedendo per niente il sole , così, ovunque, al ri­splendere della potenza divina, che riempie ogni cosa di bene, qualsiasi perturbazione che suole essere provocata dagli spiriti maligni, non può resistere, ma si disperde subito. Alla presenza degli dei del bene gli spiriti del male svaniscono, nè hanno potenza di muoversi e di oscurare lo splendore divino. Raggiunge, invece, quelli che trascurano completamente la contemplazione e la riverenza religiosa; si fidano solo delle immagini, nelle quali sperano di inclu­dere la sostanza stessa di qualche dio, per"la presenza del quale profetizzerebbero. Porfirio approvava la loro fiducia. Egli narra , oltre che di questi, anche di altri, nei quali, in qualche modo si eccitava la fantasia ; quando usano certe cose per cui pur essendo coscienti nelle altre facoltà della mente, sono, nei sacrifici, fuori di sè con la fantasia. Quando cioè, cadono nelle tenebre, sia per aver bevuto certe bevande o per aver usato canti od altri eccitamenti. Allora in stato di follia , immaginano cose occulte e futu­re, vedendole, alcuni nell'acqua, altri sulle pareti, altri

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sotto l'aria chiara cioè serena, altri nel sole, altri nelle stelle. Questa illuminazione divina, viene propriamente nella fantasia e se vediamo qualche cosa al di fuori, avviene in modo eccezionale, per la visione che segue la fantasia. Gli dei solamente con la loro presenza, senza alcun mezzo intermedio, muovono quante volte lo ·voglio­no l'animo preparato o infondendo una certa luce di sè nell'etereo veicolo dell'anima, per la quale le immaginazio­ni si muovono nella fantasia come essi stessi vogliono; e dovunque la divinità non è mai preclusa. Quando usano dei mezzi di cui già si è parlato, adatti al vaticinio, l'attenzione dell'animo ed il pensiero sono coscienti di quanto avviene, quando la luce divina non attinga propria­

mente a queste cose, cioè alle potenze razionali, ma frattanto l'immaginazione infuria impazzita, perché è stata eccitata dall'esterno con mezzi superiori all'umana natura . Talvolta l'uomo che deve divinare rimane nelle tenebre. In lui, infatti, niente si oppone alla luce che deve venire. Talvolta, invece, gli dei lo mantengono sensibile alla luce,

quando lo preparano al paragone più grande della luce divina ed allora ciò è sensibile alla luce del sole o .della luna o della notte serena, o dell'acqua resa trasparente dal calore, o ad una parete preparata ai caratteri sacri; qui, infatti, a causa della solidità della materia, ciò che è accolto una volta per opera divina, vi rimane più a lungo. Si possono anche preparare delle cose adatte a richiamare gli dei ed offrire bevande al divinaturo e certi apparecchia­menti, e delle cantilene, degli incantamenti convenienti a

preparare l'avvento del dio ed a richiamarne la presenza,

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cioè l'apparizione degli dei, perché la loro luce, ovunque nascosta, appaia al senso, ma sempre per volontà degli dei, sia che giunga dall'etere, sia che giunga dall'aria o dal sole o dalla luna o da qualsiasi altra sfera celeste. Quando piace agli dei, che danno liberamente e sono i principali autori di tutto e muovono l'immaginazione e con essa talvolta la sensibilità riguardo ad oggetti particolarmente adattati e talvolta essa con i sensi, le immagini magiche fatte di materia solida, conservano a lungo la loro virtù.

Gli esseri superiori danno doni a coloro che vi sono preparati, non solo naturalmente, ma anche per l'intelletto e la volontà degli dei stessi. Gli dei danno le dimostrazioni degli eventi fu turi nelle viscere degli animali, nel volo degli uccelli, nei nuovi prodigi delle stelle e da questi fatti la sagacia umana arguisce gli eventi in proporzione della portata dei segni; dalla caduta degli uccelli deduce la caduta di un uomo, dalla mancanza di membra nelle

viscere, la mancanza o la malattia di esse nell'uomo. Gli dei imprimono i segni del futuro nelle cose, co1 ministero

della natura universale e delle nature varie, con l'opera dei demoni asserviti agli dei e dominanti gli elementi e gli animali e similmente ogni cosa che agisce per volontà degli dei. Ed inoltre manifestano in modo simbolico la volontà del dio e gli eventi futuri, come dice Eraclito. E contemporaneamente rappresentano il modo di operare. Come, infatti con le immagini rendono più fermamente le cose e fanno prevedere gli eventi, così, sia con i nuovi presagi, sia con alcuni altri simboli, vanno a fondo di ogni causa ed acuiscono la nostra sagacia. Le viscere nei presagi

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sono mutate contro natura, in animali, dalla loro anima , e dal demone che loro presiede e dal moto dell'aere, e da

quello del cielo ; oltre la natura se secondo la volontà degli dei per ammonire gli uomini; che ciò avviene per disposi· zione divina appare dal fatto che spesso non si trovano

negli animali alcune membra importanti, necessarie alla vita, che vengono asportate repentinamente, in modo del tutto miracoloso, mentre era indispensabile che, poco pri· ma, non mancassero. Quando danno i presagi, gli uccelli si staccano miracolosamente dalla loro anima, sotto la presi­denza di un demone, e secondo il moto dell'aria e del

cielo, dal quale discende la virtù che si spande in tutto I 'aere, e lo muove secondo la sentenza degli dei, perché si compiano i simboli. Affermo che la sentenza è segnata e decretata fin dall'inizio degli dei, così che gli uccelli spesso si precipitano a terra, o vi cozzano contro o si uccidono in altri modi quando danno dei presagi; e questo non lo fanno spontaneamente, ma spintivi dalla divinità. Anche certe irradiazioni delle stelle sono provocate dalla divinità, talvolta esse appaiono assai facilmente per indi· care eventi futuri, accendendosi la sommità del cielo al cenno degli dei celesti, la qual cosa è facilissima da con­dursi e formarsi, specialmente da parte degli dei e nei riguardi del fuoco . Discendono, frattanto, in questa aria alcuni influssi dei corpi celesti che servono a creare ed a muovere le stelle in qualche modo simili nella luce, nella virtù e nel moto, ai celesti. Le cose animate del mondo sono unite fra di loro come se le membra si sopportassero a vicenda ed a vicenda si muovessero, anche se siano

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assolutamente lontano fra di loro, come se fossero vicine, come le membra di uno stesso animale . E questa unione e connessione, porta gli dei ad esibire i simboli agli uomini, in primo luogo nel cielo, in secondo nell'aria. Gli dei danno i simboli agli uomini non immediatamente, ma con strumenti medii, cioè i demoni, le anime, le nature e tutte le cose che da queste dipendono, ma partendo da un solo principio, e poi diffondendo il moto che poi da essi discende ovunque essi stessi vogliono. E perciò senza l'abi­tudine a ordinarsi alle cose caduche reggono in tal modo le singole cose e sia nell'opera che nella provvidenza , così nel mostrare i simboli, il loro intelletto non si piega verso le cose nostre, ma rimanendo in se stesso, attrae verso di sè tutti i simboli ed il vaticin io. Ed ha coscienza che queste cose provengono dalla sua azione. Tutti i profeti hanno fiducia di ottenere il vaticinio dagli dei e dai demoni, perché non possono vedere le cose future , se non coloro che sono le cause ed i padroni del futuro. E per mezzo loro anche gli altri possono vedere. Porfirio si mostra meravigliato del fatto che gli dei siano così servi­zievoli agli uomini, che alcuni vati profetizzino ispirandosi anche con della farina. Giamblico risponde che gli dei non si offrono per servilismo, ma per eccesso di potenza e di bontà ed essendo la causa che contiene in sè tutte le cose, mentre permangono in se stessi , tranne che per una certa inclinazione verso i loro sudditi, ad essi elargiscono doni e simboli a seconda del grado della loro preparazione ; come il sole dà alle cose trasparenti ed agli occhi la luce e questa dà il calore. Poiché vediamo che gli uomini curano

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le cose loro sogge tte con una certa tendenza alle opere , e distraendosi in cose diverse e distraendosi da se stessi, e lavorando, così pure pensiamo facciano gli dei ; essi, al contrario, sono sempre volti a se stessi ed alla loro sola forma che è causa delle cose interiori e con essa agiscono, muovono e reggono tutte le cose, non distratti in fatti diversi, ma facendo vibrare con un solo principio ed un semplice cenno, ogni cosa il cui movimento dipende poi da una successione continua, nè essi stessi si volgono ai sudditi , ma, rimanendo fermi rendono ogni cosa piena­mente simile a sè. Il dio usa diverse forme di vaticinio, non perché egli stesso muti, ma per un suo cenno indivi· duale, ed in una forma semplice li suggerisce tutti ed in tempi diversi ne suggerisce diversi, non essendo egli stesso mutevole in tempi successivi , ma nell'eternità; con un medesimo slancio della mente e della volontà ispira tutti, per quanto questi fatti si esplichino in tempi vari, e non è nè trattenuto nè distratto dai presagi, ma abbracciando nella sola sua forma tutti i singoli, da essa si esprime rimanendo fermo in se stesso, mentre compie ogni cosa con un solo atto di volontà. Tanta è l 'esuberanza della provvidenza nel mostrarci i presagi, che anche nelle pie­truzze , nelle verghe, nei legni, nelle pietre, nel frumento, nella farina, offre indizi di cose future, quando mirabil­mente sembra prestare un'anima alle cose inanimate, moto a quelle immobili, intelligenza a quelle che mancano di ragione, quasi queste cose sembrino conoscere dove ci portano le cose future. E come spesso il dio parla manife­stando sapienza attrave rso degli uomini stupidi, è chiaro

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che qui non parla l'uomo, ma il dio, così mostra gli avvenimenti futuri, usando cose vilissime pur rimanendo sommamente al di sopra di esse, ed istruendo il nostro intelletto con qualsiasi cosa. Il dio, attraverso cose infime, mancanti di qualsiasi cognizione, rende manifeste alcune cose superiori alla conoscenza stessa, quando dimostra di essere di gran lunga su periore alla natura. Esso, mentre offre simboli diversi, non è trattenuto in essi , nè si distrae con quelli, ma stando in una forma individuale, com­prende di qui ogni simbolo e di qui con un unico e semplice cenno compie ogni cosa ed offre a noi gli argo­menti delle cose passate, presenti e future.

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NON VI E' NEI SACRIFICI UN'OPERA DI QUALCHE EFFICACIA

SE NON NELLA POTENZA E NELLA PRESENZA DI QUALCHE NUM E

Nella religione non può avvenire alcuna opera di qualche mirabile efficacia, se non è qui presente qualcuno dei superiori ad assistere ad essa ed a valorizzarla. Gli dei compiono opere assolute ; medie, gli angeli, di terzo ordine i demoni. La natura umana non può cogliere la ragione e la parola divina senza gli dei perché non ha virtù di compiere opere divine senza di essi. Essa infatti è insuffi­ciente e cieca fino in fondo, senza aver alcun rimedio alla sua nullità, se non quando coglie una certa parte di luce divina discendente dall'alto senza la quale niente in noi avviene di divino. Così si ingannano coloro che pensano che dalle cose inanimate sorga un'anima e dalle irrazionali una ragione, come coloro che vorrebbero trarre cose divi­ne da altre che non lo sono, senza l 'opera propria degli

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dei come nei vaticini, e nei miracoli e simili, e nelle apparizioni e nelle espiazioni.

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I NUM I INVOCATI CI ASSISTONO NON COSTRETTI . MA PER LORO VOLONTA'

E' manifesto che l'efficacia dei riti si compie per la presenza degli dei, degli angeli e dei demoni. Porti­rio avanza l'ipotesi che i numi siano attratti a questo da una necessità proveniente dalle invocazioni . Giam­blico nega che questa necessità provenga agli dei da­gli uomini o dal mondo poiché essi, essendo immate­riali, n on accolgono da nessuna parte nessun ordine. Infat­ti l'invocazione e l'operazione sacra muove i sacerdoti ad assimilare i numi con una certa familiarità, che non è violenza, concessa ai sacerdoti affinché si trasportino negli dci stessi; il dio e tutto il coro dei numi è congiunto al dio al di sopra di qualsiasi necessità proveniente dal di fuori. Il vaticinio si compie quando il sacerdote opera i sacrifici; ed in questo frattempo nessuna passione tocca il sacerdote od il profetizzante quando è ispirato da fonte divina e molto meno ne sono toccati i numi che scendono

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solamente in animi purificati da qualsiasi passione. Nè si deve dire che l'animo fatidico è uno strumento medio ed efficace delle cose divine e che il sacerdote invocante è quasi la causa efficace delle cose divine. Solo il dio è tutto, può tutto, riempie tutto di se stesso ; la natura umana non ha alcuna efficacia in queste cose. E' infatti un gioco, per la divinità. Deridiamo coloro che dicono che talvolta il dio può essere presente a qualche cosa con la potenza della figura celeste nella natività. Infatti non è lecito che esseri non generati, cause universali, si diano a qualcuno per la natività e nel periodo di essa, per cause esteriori. Certuni, non volendo onerare il dio di pratiche di culto e non ammettendo nessun modo di aiuto e di provvidenza, tranne quella che proviene dal lavoro umano, hanno negato che gli dei agiscano e provvedano; simil­mente hanno negato che gli dei intervengano nei vaticini e nei miracoli, quelli che non hanno visto il modo eccellen­te con il quale gli dei sono presenti senza alcuna fatica e mutamento di se stessi; il modo, poi, di tutte queste cose è proprio degli dei e loro solamente noto.

Porfirio dice che le opere divine, quali sono i vati­cini ed i miracoli sono talvolta passioni eccitate da piccole scintille dell'anima e che l'anima può immaginare queste cose e dirle e farle per sua virtù. Giamblico dice che l'opera divina non avviene fortuitamente, perché è ordina­ta e compiuta da un uomo di gran lunga inferiore ad essa. Importa, infatti , che l'opera divina avvenga per ispirazione divina; infatti tutte le opere simili alla divinità, sono provocate non dalla divina, ma dalla umana natura.

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LE OPERE M I RACOLOSE E LE PROFEZIE NON AVVENGONO PER QUALCHE VIRTU'

DELLE STELLE, DEL CORPO O DELL'ANIMA, MA PER LA PURA E LIBERA VOLONTA' DEL DIO

L'anima umana è compresa in una sola specie e troppo è adombrata da un corpo caduco. Perciò non ha nessuna potenza sulle opere divine. Se talvolta ci sembra di poter compiere qualcosa del genere, Io facciamo solo per l'illuminazione divina che influisce su di noi e per essa ci sembra di essere partecipi dell'adozione divina; se le opere divine fossero compiute dalla natura stessa dell'ani­ma e per virtù propria l'anima fosse partecipe di virtù e prudenza, anche qualsiasi anima farebbe tali cose. Ora, in verità, non è vero che l'anima compia tali cose e quell'ani­ma che anche sembra perfetta, è imperfetta di fronte alle cose divine. Quindi non l'anima, ma la divinità è causa delle opere divine. Altrimenti non avremmo la necessità della religione, ma senza il culto divino saremmo partecipi

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delle cose divine, se queste cose fossero in potestà dell'a­nima. Infine se l'anima conducesse le opere divine per sua propria potenza, ogni anima le compirebbe ed avrebbe virtù, e la perfezione propria dell'anima, cioè la scienza, l'arte e la prudenza ; costumi che si acquistano, invece, con la virtù. Ora dunque non fanno queste cose sponta­neamente, ma piuttosto eccitate da altri. Porfirio aveva proposto tre ipotesi riguardo le opere divine. La prima diceva che l'anima è la causa strumentale di queste. La seconda che talvolta l'anima ne è la causa principale; la terza che l'anima poteva così essere la causa collaterale, come se tutto provenisse ugualmente da essa e dallo spirito divino. La terza specie, poi diventa di sostanza e sussistenza. Giamblico dice che quando una cosa si forma da più altre, queste molteplici altre sono fra loro collegate e mutevoli, per ciò stesso che sono unite ; per cui quattro elementi si possono fondere in un quinto ; e molteplici tipi di anime si fondono in uno: quella vegetale, quella sensi­tiva, quella motiva in noi si riuniscono in quella intellet­tuale, ed in essa si compongono ; così , sia da esse tutte risulta l'armonia vitale del corpo, sia le anime in patria aspirano ad una sola idea di tutte le anime. Ma la divinità, come da tutti è simboleggiata non si riunisce in uno solo. In terzo luogo, poiché l'anima specialmente è già scivola­ta dal suo stato , e perché la divinità, di gran lunga diversa, non cade mai in mescolanza. E giacché è immutabile, non si muta in qualcosa d'altro, comune a due cose.

Prima si era detto che da certe piccole scintille, si suscitano nell'anima delle specie divine; sia pure, ma que-

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ste non si trasformerebbero in specie semplicemente divi­ne se fossero corporee e naturali; ora, infine, quando si dice che l'anima si unisce alla divinità in una terza unità, l'anima si adegua al dio e si concede che il dio si muti per essere accolto dall'anima, come l'anima si muta ed assorbe qualcosa dal dio. Ciò che invece è assurdo, specialmente perché è dedotto di qui, è che gli dei, più potenti degli elementi , sono confusi con i loro effetti in una forma divenuta temporale, e, mentre sono sempiterni, sono fatti contenere in cose temporali, quando si dice che dall'anima e dal dio o dagli dei reciprocamente , può risultare un'u­nione temporale. Chiediamo dunque se oltre l 'incontro armonico risulta qualcos'altro o no; se non risulta, allora non avviene una vera unione, nè una vera unità come l'arte non dipende dall'artificio; se risulta qualcosa, questa cade eternamente dal suo stato e diventa qualcosa di temporale. Se infatti non mutano, non risulta una terza cosa, quindi è veramente assurdo ciò stesso che quanto avviene per una generazione nel tempo possa essere sempi­terno; nè tuttavia è possibile che sia temporale, perché gli esseri eterni non servono quelli temporali. Non è possibile che sia corruttibile, perché è provocato da esseri eterni ; e tuttavia in una nuova generazione sembra essere corrutti­

bile. Quindi quella opinione è assurda. Porfirio dice che l'anima talvolta ha la potestà di generare e di immaginare gli eventi delle cose future per la sua essenza demoniaca, se è eccitata in un certo modo. Generare, dico, perché riduce ad un'unità nuova alcune materie che hanno in sè forze di quel genere, specialmente materie raccolte fra

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quelle che danno la vita. Giamblico dice che i demoni nè sono generati nè si corrompono. Nega, infatti , che i demo· ni siano generati dalle forze corporee dell'anima, essendo superiori alle forze delranima, essendo superiori ai corpi dell'anima. Nega anche che le azioni di un'anima partico­lare e chiusa in un corpo, possano produrre delle essenze sussistenti a sè, al di fuori dell'anima. Nega che le forze dei corpi siano direttamente aggiunte alla materia; e che siano sciolte da essi nel generare i demoni. Inoltre chiede quale mai potenza può sciogliere le forze materiali della materia ed incanalarle in un'unità per genera�e un demo­ne, quando sembra che questa potenza sia demoniaca ed esista così anche prima che il demone si generato. Non può l'anima essere generata da cose che mancano del vaticinio, specialmente se è fatidica. Un essere potente non può essere generato da uno più vile. Non può nessuna essenza e sostanza essere costituita da influenze dell'anima e dalle forze corporee che non sono nè essenze nè sostan­ze. Ugualmente nessuna di queste cose che nascono per generazione, ha qualcosa di più di quanto le è tramandato principalmente dalla causa generatrice. Poiché, dunque, nè il corpo, nè l'anima possono di per sè profetizzare , l'ani­ma non può con un movimento ed un corpo in sua facoltà generare un demone che profetizzi.

Potrebbe forse dire qualcuno che i demoni non sono generati da noi, ma che essi presiedono con ordine alle cause che danno la vita, così che quando le materie delle forze animanti affidate a questo demone, usano di esse opportunamente, il demone è quasi portato ad essere

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partecipe di questa azione. Giamblico dice che i demoni, fino a quando sono passibili di queste cose , non possono vaticinare . In verità, infatti , il vaticinio non può essere sottomesso ad una natura soggetta a qualsiasi di queste cose, affinché possa, in qualsiasi luogo o tempo avvenga , prevedere ugualmente e semplicemente .

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DEI SOGNI DIVINI ED UMANI

Porfirio dice che i presagi dei sogni in parte proven­gono da noi , in parte dal di fuori. Giamblico dice che essi provengono solo dall'esterno; poiché spesso ci studiamo e cerchiamo di provocare dei presagi, e tuttavia esso non ci è dato e spesso non è dato a chi lo chiede. Che se l'effetto dei sogni stesse nella nostra natura e nell 'arbitrio umano esso ci potrebbe giungere da noi previsto. Invece è mandato dagli dei secondo il loro arbitrio, cioè quando e come vogliono, per una certa loro benevolenza, mostrarci il futuro. La stessa cosa dice l 'inno orfico. Porfirio dice che la causa del vaticinio è una certa passione dell'animo. Giamblico si oppone a ciò, dicendo che la passione è per sua natura instabile, disordinata e perturbatrice. Il vatici­nio, invece, deve essere stabile ed ordinato. Perciò non può conciliarsi con la passione.

Ugualmente , quando l'anima è prudente e costante

ed agisce secondo le sue forze più prestanti, cioè intellet·

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tuali e razionali, non prevede gli avvenimenti futuri. In che modo infatti potrebbe conseguire ciò, quando è sog­getta ad emozioni disordinate e perturbatrici? Infatti la passione non ha niente che porti alla contemplazione dell'essere e della verità, ma vi porta impedimento. Inoltre se le stesse cose del mondo fossero costituite da passioni, la passione le toccherebbe per una certa somiglianza . Poi­ché invero sono costituite di ragioni e di specie e per esse agiscono , certamente qualsiasi previsione è spoglia di ogni passione. Inoltre la passione sente solamente con la pre­senza. E quando segua anche una profezia, non è da attribuirsi alla passione. Porfirio dice che la profezia è una passione particolare della fantasia, nata o da nostre elucu­brazioni o dall'istinto della nostra natura corporea o sorta in analoghe circostanze, perché anche ai frenetici è dato di profetizzare . Per questo si adoperano i simboli, perché in istato di profezia anche l'immaginazione agisce con veemenza ; frattanto i sensi sono occupati e costre tti . Così anche le inalazioni di vapore sono usate, sembra , per accendere la fantasia. Così le invocazioni, per eccitare la medesima influenza. Ugualmente non tutti, ma i giovani, che sono più semplici, sono più adatti a ciò. Giamblico dice che l'insensibilità dei sensi è un segno che l'apparizio­ne non ha niente di umano. I vapori sono usati per favorire la comunione col dio, non per influenzare l'anima del veggente. Le invocazioni non eccitano in noi pensieri o passioni corporee. Infatti per noi sconosciute , note solo al dio che è invocato; solo i più semplici sono esposti al dio che viene dal di fuori. Ciò che Porfirio dice, cioè che

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il vaticinio è una passione della fantasia tale quale capita a temperamenti malinconici e spesso privi di virtù fatidiche, si appoggia sul fatto che il vaticinio inviato per dono divino e la follia eccitata dal dio sono paragonati, in meglio, con l'eccitazione che proviene dalle malattie o dall'ubriachezza che cade più vilmente nel furore ; la follia dell'animo provocata dalle nostre passioni piomba l 'animo in uno stato umano, ma quella provocata dal dio innalza l'uomo al di sopra della sua umanità e lo congiunge al dio. Quella rende incostanti ed immerge piuttosto nella materia, questa rende costanti e partecipi dell'ordine e scioglie dalla materia. In nessun modo è possibile dire che l'ispirazione divina è in qualche cosa simile con quella provocata dall'ubriachezza o dall'ira. Infatti queste sono distanti dal dio più di quanto si possa pensare ; tanto, almeno, quanto dista la pazzia dall'eccitazione divina e non ha con essa niente di simile e comune. L'alienazione è generata da cause corporee, una depravazione dell'a nimo che proviene dalla debolezza. La salute dell ':mima , invece, che proviene dal dio, partecipa della pien ezza della sua potenza. Quella, quando esercita nell'animo la sua influen­za, lo rende pe rverso e turbolento: questa, invece , mentre lo libera dalla sua vita e dalla sua intelligenza, lo mette nella possibilità di usare di una superiore. Infine, quanto distano le cose divine dalle infime della natura, tanto sono

lontane le loro azioni e gli effetti di quelle naturali. In­fatti la follia divina non ha niente di simile con quella che sorge pe r cause umane .

Quando infatti pensi quella, separala completamente

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da tutti i difetti e gli accidenti di questa. Che anzi, quando mediti una sobrietà ed una vigilanza sacra di origine divina, non volerle paragonare alla sobrietà degli uomini. Ed in entrambi i casi, se hai delle immaginazioni divine, allontana dall'animo qualunque cosa che sia in qualche modo simile a qualche immaginazione che sia suscitata da sentimenti o cause umane. Così non giudicare quell'ambiguo stato d'animo umano, che sta fra la sobrie­tà e la pazzia simile allo stato d'animo sacro, che con un solo intuito contempla il dio, nè credere che le chiarissime visioni degli dei siano simili alle immaginazioni suscitate da un'anima venefica. Infatti ciò che immaginiamo quan­do siamo incantati non ha niente di veritiero nell'azione e nell'essenza, tranne che le immaginazioni. Infatti il fine di queste pratiche magiche non è di fare semplicemente qualche cosa, ma di eccitare l'apparizione di visioni imma· ginarie. Non si deve pensare che il vate divino si imbatta nella verità per caso, come sogliono talvolta i pazzi, e neppure per qualche passione naturale, come anche gli animali sogliono sentire spesso da parti o da forze che cominciano a svolgere qualcosa di venturo nel mondo e che fanno ciò, in certo modo, in cielo prima che in terra. Essi, con questa sensibilità, talora presentono i futuri terremoti della terra o le tempeste, specialmente

gli animali che hanno molta sensibilità e le presentono con acutezza. I nfatti il presagio che giunge per caso o da qualche passione, raramente avviene in modo ordinato e continuativo, è invece piuttosto oscuro. Il vaticinio divino, invece, vede l'ordine dell'universo, con ragione continuata,

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ferma e connessa. Se in noi c'è qualche facoltà innata adatta a prevedere il futuro non è una facoltà profetica; infatti questa facoltà non è sempre, ma solo talvolta veridica e non in tutti, ma solo in alcuni ; la profezia invece è sempre ed in tutti veridica. Inoltre la previsione fatta ad arte prende auspici del futuro da segni non del tutto fedeli , perché non sempre hanno l'evento congiunto a sè, ma la divina previsione vede i fatti e gli effetti delle loro cause con intuizione ferma presente e continuata, connettendo tutti i fattori mutevoli e temporali fra di loro , anticipando le cose future, come le presenti. Qualcu­no dice che si può profetizzare il futuro da quattro doni congiunti: cioè da una certa natura dell'uomo e da una certa arte adibita a ciò e da una connessione vicendevole delle cose loro comuni, come se fossero le parti di un medesimo essere animato e da quella disposizione dei corpi per la quale ogni cosa offre all'altra degli indizi; ma in verità, quando gli indizi si percepiscono manifestamente per questi fatti concomitanti, anche questa percezione ha qualcosa di simile al vaticinio, e l'universo ha ovunque le impronte del vaticinio, ma non ovunque esse sono chiare. Tuttavia, come l'immagine dello stesso bene tra tutti pre­ferisce il dio, così in tutti è qualche immagine del vatici­nio. E la specie del vaticinio che è unica, divina, pura, è da distinguersi dalle immagini cadute in basso perché generate, e di gran lunga dai vaneggiamenti dei deliran ti ; questi infatti sono fal laci. Il vaticinio è da limitarsi ad un'unica ragion e, ad un unico ordine, ed a una sola specie divina ed a una sola verità intellegibile e immutabile; al

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contrario ogni percezione mutevole è da scartarsi come indefinita e per niente conve niente agli dei ed alle cose divine; quando è compiuta da noi qualche opera per noi naturale, certamente sono per noi all'inizio di aiuto le azioni fecondatrici e preparatrici della natura che è causa delle opere di questo genere. Infatti nessuna azione prepa· ratrice o fecondatrice può essere data dalla natura comune ed umana per quel vaticinio che è superiore alla consuetu· dine ed alla natura umana. La natura infatti manca di intelligenza e non è la principale autrice di quelle cose che avvengono specialmente fino a quando essa è potente in noi ; ma il vaticinio è più che intellettuale e raggiunge le cause degli eventi con un unico e subitaneo impulso abbraccia l'ordine dell'universo e questa opera che è pro· pria del dio che agisce in noi che siamo allora privi di una nostra azione. Il presagio , se talvolta accade in noi per istinto naturale, se è compiuto ad arte, può usufruire di una certa preparazione della nostra natura e di una certa attitudine ; ma questo presagio è assai angusto ed oscuro, ed assorbe troppo o troppo poco, mentre il vaticinio divino è amplissimo, certo, unico, stabile, cioè possiede tutte le qualità in sommo grado. Perciò non può essere provocato in noi dalla natura. Porfirio congetturava che una certa predisposizione della nostra natura, sia corporale che animale, possa portare specialmente al vaticinio dal fatto che coloro che chiamavano un uomo al vaticinio, portavano con sè certe pietruzze ed erbe e le legavano in nodi sacri che poi scioglievano di nuovo; mutavano anche i propositi in quelli che avevano accolto tali cose da

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questi fatti e rendevano migliori certe situazioni da cattive che erano. Ma Giamblico ritorce le osservazioni e· gli effetti di questo genere nella congettura che l'ispirazione del vaticinio venga dall'esterno o dall'alto. Tali fatti con­sentanei ad alcuni numi, quando noi li usiamo per acco­gliere la loro ispirazione, ci adattano ad essa. Porfirio dice che non è da disprezzarsi quell'arte che da certi vapori del fuoco, sotto l'influsso favorevole delle stelle, fa apparire nell'aria le immagini degli dei stessi che hanno una certa simile efficacia. Giamblico dice che questi idoli dipendono dai sacerdoti che hanno visto le vere essenze degli dei e che niente si può trovare in questo fatto di buono e di eccellente, perché si sviluppa dalla materia e dalle fo rme di essa e dalle forze delle forme di questo genere ed insieme dall'arte umana. Infatti ciò che è compiuto dal­l'uomo è peggiore dell'uomo stesso e ciò che avviene in questo modo, come un'immagine ed un'ombra apparente più che esistente, mentre appare, quasi svan isce ; e ciò non avviene per un'arte pratica che costruisce le vere essenze, ma piuttosto per una imitatrice che rende le immagini delle essenze. Similmente il dio artefice del mondo non costruisce ogni cosa con i moti celesti, con una materia particolare e con potenze così divise, ma con le intelligen­ze e le volontà e le specie immateriali, e con l'anima eterna e supermondana e mondana insieme, compie i mondi. Colui che crea delle immagini di questo genere, si dice che le compie per mezzo delle stelle, tuttavia in questo modo non agisce per virtù delle stelle stesse, come per caso sembra ; infatti innumerevoli sono le forze negli

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dei celesti e di tutte la più trascurabile è la potenza naturale. Nella stessa potenza innata degli dei celesti vi sono delle ragioni femminili, cioè generatrici di forme, ed altre immobili che precedono quelle fecondatrici, cioè coordinatrici delle forme; e l'autorità di entrambe le ragio­ni precede la generazione dell'universo e dopo di queste vi sono nei corpi celesti delle qualità, delle forze e dei movimen ti dai quali , sotto ]'.influsso delle ragioni, dipen­dono gli influssi dominanti su tutto l'ordinamento delle cose mondane ; e l'ultima potenza dei celesti, come dissi, conduce alla generazione degli esseri terreni. Molte arti, come la medicina, la ginnastica, l'agricoltura e quante altre sembrano comunicare nel loro operare con l'operare della natura, usano qualità e forze giunte negli inferiori per l'influsso celeste e così anche nell'immagine si conser­va dagli influssi celesti , una certa parte genitrice, per quanto esigua e debole. Infatti non usa gli stessi moti degli dei celesti nè delle forze che sono loro insite o di quelle altre forze che naturalmente si effondono intorno ai moti celesti, ma si occupa di altre forze particolari che dalla natura di quelli defluirono in basso, scivolando nel­l'infimo luogo del mondo. Infatti accolgono la trasposi­zione continua di quelle potenze che sono insite alle cose particolari. Quando qualcuno di questo genere fabbrica immagini da molte materie e sotto gli influssi celesti, allora, da una parte, la varietà delle azioni celesti , dall'al­tra la fu sione delle potenze materiali, produce qualcosa d'altro , ma questa azione degenera di gran lunga, non solo dall'opera divina, ma anche dalla forza produttiva naturale.

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Infatti la natura compie la propria opera sempre su uno stesso tenore e con un'azione semplice . Questa costru· zione di fantasmi è un'artificiosa mescolanza dell'ultimo deflusso dei celesti e di quelle forze che si muovono nella natura celeste, verso le altre più basse, e poi svaniscono. L'uomo, poiché è migliore, ed è procreato da esseri mi· gliori , non deve occuparsi di fabbricare fantasmi che non sono animati, ma gonfi solamente di qualche apparenza di vita. E non sono regolati da un'armonia intima e vera, ma esterna e fallace e di breve durata, nè hanno niente di vero e d i legittimo, perché sono costruiti solamente dal­l'umano artificio. Solo ciò che è semplice ed uniforme nella loro azione e composizione, prevale in essi. Perciò mancano di molte cose, perché sono composti di qualità di gran lunga diverse e contrarie e non hanno alcuna po­tenza perfetta. Poiché si tratta di un deflusso di questo genere , la moltitudine di esso è presa da molti e si me­scola in qualcosa di avventizio, di esiguo e malfermo e questi fantasmi non hanno alcuna stabilità e svaniscono assai più presto di quelli che appaiono negli specchi. Quando, infatti, si accosta il braciere dal quale esalano i vapori, subito si compongono, e quando il fumo ed il vapore si effondono nell'aria, immediatamente si dissol­vono. La costruzione di immagini di questo genere di prodigi è del tutto indegna di un contemplatore della ve­rità. Chi macchina queste cose e pur riconoscendo la loro viltà se ne diletta tuttavia, diventa propenso ad essa; se poi le ritiene degne di culto, come divine, si fa reo del peccato, di un'azione e parole nefande e nessuna luce illu-

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mina la sua anima occupata dai tenebrosi fantasmi degli idoli . Porfirio dice che i costruttori di idoli nella loro costruzione dicono di osservare il corso dei celesti, per il quale muoversi dei celesti e con esso o con quanto si muove in armonia con essi, provengono i vaticini veri o falsi ; così quelli che in questo modo si compiono, o sono veramente signi ficativi ed effettivi, o, al contrario, sono privi di significato ed efficacia. Per quanto gli idoli siano costituiti di materie elette, ed osservando il corso delle stelle, tuttavia questi non hanno niente in sè di divino. Infatti le materie che qui si muovono per influsso celeste, sono le ultime generatrici, e ricevono le ultime influenze celesti. l quali fantasmi sono tanto facilmente mutevoli , che al minimo cenno o diventano inerti, o a l contrario fatidici , cioè significativi ed effettivi ; certamente la loro duttilità passiva tanto facile e mutevole, e veloce, dimo­stra chiaramente che essi non hanno alcuna potenza divina e nessuna potenza hanno sulle materie che sono gli ele­menti dei demon i , perché noi stessi siamo formati, nel corpo, come i demoni. Non si deve pensare che dall'unio­ne degli elementi con fluisca una moltitudine o una com­posizione avente la forza propria dei demon i ; infatti il demone stesso semplicemente od uniformemente , stando in se stesso, riunisce in uno solo diversi elementi e da questi genera dei composti ed elargisce spontaneamente quanto serve alla conservazione , quindi non si possono chiamare idoli i demoni. Infatti altro è l'autore degli idoli ; e altro è il gran duce dei demoni : la stessa sostanza dei demoni è diversa dai fantasmi degli idoli , cosa che anche

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tu, Porfirio, ammetti, come pure che nessun dio o demone può essere trascinato in basso.

Perciò questa costruzione di idoli, quando non su­bisca l'influenza di alcun dio o demone, non apporta nè alcun vaticinio, nè alcuna opera sacra.

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l M I STERI DEI CALDEI RIGUARDANTI IL SACERDOZIO, IL DIO,

l DEMONI BUONI E CATTIVI

Porfirio riprende l'opinione di coloro che dicono che tutti i vaticini sono infusi in noi dai demoni cattivi. La loro natura è subdola, multiforme, versatile e simulano gli dei ed i demoni sublimi e le anime dei defunti; e venendo incontro a noi con questo atteggiamento inganne­vole, ci danno presagi. Porfirio. anche se non lo approva . ricorda quest'opinione, riprendendola anche dagli Egizi . Giamblico condanna anche questo che è mescolare le cose sacre alle profane e da ciò narra i misteri che l'Egizio aveva udito dai profeti dei Caldei. Gli dei danno beni veri ai buoni purificati dai sacrifici e venerandoli in essi, allontanano con la loro opera la cattiveria e la passio­ne da essi e con il loro splendore fanno fuggire gli spiriti tenebrosi. Infatti gli spiriti del male al giungere della luce degli dei, fuggono come le tenebre di fronte al sole, nè

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possono ulteriormente turbare il pio sacrificante libero da

ogni cattiveria, perversità, passione. Coloro, infatti che so­no perniciosi e perciò entrano in modo insolito e contro il rito nell'ordine dei sacrifici, questi per la non fermezza della loro azione e per difetto di potenza, non possono seguire gli dei. Ma si infiltrano a causa di certe impurezze ed allora sono allontanati dagli dei, ed accolti dai demoni cattivi, presso i quali si riempiono della loro pessima influenza e ne escono profani e cattivi ed ugualmente dissoluti e corrotti, dissimili nella loro volontà agli dei ed assai simili in ogni cosa ai demoni cattivi, coi quali si incontrano continuamente. Questi dunque, pieni di passio­ne e di cattiveria, per questa somiglianza attraggono a sè gli spiriti cattivi, occupandosi specialmente dei quali li incitano continuamente ad ogni iniquità mentre si aiutano e si danno forza l'un l'altro per questo; come un circolo unisce il principio con la fine, rendendo uguale in questo modo il divenire, così fanno anche i Caldei. Quando i profani agiscono contro il rito, rendono vani i sacrifici ed il loro evento. Infatti venerano degli dei al posto di altri, e gli spiriti del male si insinuano al posto di quelli del bene. Non si debbono perciò ricordare questi errori quan­do si parla di culti legittimi e considerare secondo la legge quanto si riferisce a costoro. Come il sacrilegio è contrario al culto divino, così , coloro che hanno contatti coi demo­ni cattivi che provocano l'intemperanza e sono fallaci, sono contrari ai sacerdoti legittimi che al con trario sono spogli di qualsiasi spirito iniquo, di qualsiasi cattiveria o passione, e che godono invece della presenza degli dei del

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bene e sono riempiti dall'alto, dal fuoco divino . A questi, infatti , gli spiriti del male non portano alcun impedimento per il bene dell'anima; nè li tocca il fumo della superbia nè la molle adulazione , nè sono ingannati dagli idoli del fumo, nè sono turbati da alcuna violenza. Ma tutti questi mali, alla presenza di un dio buono, si disperdono imme­diatamente come ad un colpo di fulmine e svaniscono. Solo in tale modo si ha un vero vaticinio, con il quale niente si può mescolare da nessun'altra parte ed al quale solo si deve andare, secondo il rito, con quella santità di cui abbiamo parlato. Solo a questi patti, lo si ottiene; nel vaticinio la verità è indiscutibile, e l'anima possiede una virtù assoluta; con queste due qualità il sacerdote ascende al fuoco intellegibile . E questo deve essere il fine da porre ad ogni presagio o sacrificio ; bisogna temere quindi, o Porfirio, quando si parla di profezia divina, l'opinione che tu stimasti degna di essere ricordata, di coloro che pensa­no che ogni presagio sia da attribuirsi ad un demone del male.

Questi infatti, brancolando nelle tenebre, fin dall'ini­zio, non possono discernere il vero dal falso, nelle cause prime . per cui queste cose avvengono.

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LE INVOCAZIONI ED I COMANDI DEGLI UOMINI VERSO GLI SPIRITI

Porfirio ha dei dubbi, perché talvolta invochiamo gli spiriti supplichevolmente, come a noi superiori, talaltra quasi li costringiamo, comandando loro come ad inferiori. Giamblico così distingue. Gli dei e tutti gli esseri superiori alla nostra natura, per la pienezza della loro bontà e per la loro volontà di bene e per una certa benevolenza, donano cose convenienti alle anime degne. Scelgono gli uomini religiosi come loro creature ed alunni e discepoli, ed hanno pietà dei sofferenti ; vi sono inoltre dei generi medi di dei che come degli efori presiedono alla scelta ed al giudizio; stabiliscono che cosa sia lecito fare , che cosa declinare invece, aiutano le imprese giuste; intral­ciano quelle ingiuste e spesso ritorcono contro gli ingiusti quelle soperchierie che tentavano di imporre ad altri, di modo che essi stessi le sopportino. Vi è inoltre un altro genere di spiriti a noi circostanti, che non è distinto dagli

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aJtri nè preso in considerazione e che ha ottenuto in sorte una sola potenza numerica per la distribuzione stessa delle singole parti dell'universo. Per cui ciascun spirito è addet­to ad un solo compito; come, infatti, la spada divide solamente, nè compie, alcun'altra cosa, così degli spiriti distribuiti sul mondo per sopperire alle necessità partico­lari della natura, uno divide solamente , un altro lega le cose che avvengono e sono generate; infatti alcuni spiriti occulti, che hanno avuto in sorte ciascuno una potenza propria, compiono ciascuno ciò cui sono ordinati. Se infatti qualcuno accogliendo quelle cose che per un ordine distribuito, ritornano al tutto, deflette al di fuori della sua orbita, e compie qualcosa quasi abbandonando la retta via ciò stesso che avviene segue in modo che nessun danno giunga a colui che ha male agito ; ma ritorniamo alla questione. Per rispondere alla questione, i comandi e le imposizioni violente sono. dirette agli spiriti che non usano di una ragione propria, nè possiedono un principio di giudizio e di distinzione. Quando infatti il nostro pensiero ha facoltà di giudizio e di discernimento, per la quale condizione le cose possiedono se stesse nella vita, abbrac­cia in sè molte potenze della vita e suole comandare agli spiriti , che non usano di ragione e che non sono determi­nati ad una sola azione. Li invoca, infatti , come superiori ; poiché cerca di trarre quelle cose che tendono a portarsi al tutto dal mondo universo che li contiene fino a quanto si riferisce a particolari individuali. Comanda loro, quindi, come a degli esseri inferiori, perché la nostra natura intel­lettuale è pi� forte di quella che manca di intelletto,

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anche se quella ha un'azione più vasta nel mondo. Nel sacerdote , quindi, esistono due aspetti, come due vesti; una umana; l'altra divina che assume dai sacramenti nei quali sta nascosta una forza divina che eleva l'anima fino alla divinità e la congiunge al dio. Perciò sovrapponendo all'animo l'aspetto divino e valendosene, può, sotto la protezione divina, comandare agli spiriti come superiori; tuttavia, l'uomo suole pregare invocandoli come superiori, fino a quando invoca le potenze dell'universo. Ma così con più verità risolviamo la questione ; una certa comunio­ne di consenziente benevolenza ed una complessione di indissolubile unità , compie operazione sacra, perché abbia un effetto divino e superi qualsiasi forma di azione uma­na. Perciò dobbiamo trasporre tutto da questo a quel punto. Infatti il sacerdote non invoca la misura, come se ne fosse privo, nè affida quanto è da compiere a qualcosa

di separato, come avviene fra gli uomini. Al contrario, una certa e uguale azione comune al fuoco divino, per sua spon­tanea volontà è già pronta e da sé presente, e con una sua propria influenza risplende ed agisce, nel medesimo modo contemporaneamente , in tutte le cose ; poi queste, la tra­mandano ad altre che ne possono accogliere una parte. Infatti l'opera divina che si esplica nei sacrifici, non si compie per un contrasto fra questo e quello come avviene per le cose generate , non è richiamato dalla diversità di chi chiama e muove, nè si trasforma nel movimento come è solito delle cose umane, ma si compie per una fonda­mentale identità, unione, consenso ; e tolto qualsiasi con­trasto, agisce proprio in funzione di ciò ; e quanto è

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compiuto in virtù di questo fatto, è comune ovu11que e semplice. Porfirio chiede perché mai gli dei comandino ai loro fedeli di essere giusti, ed invece talvolta, pregati di colpire qualcuno, lo facciano. Giamblico risponde che non colpiscono. ma danno le giuste pene; e se talvolta queste sono ingiuste, non sono opera degli dei; ma dei demoni cattivi. Gli dei non vedono solamente una parte limitata di questa vita, ma tutta, e non questa sola, ma la univer­sale vita dell'anima di età in età, perciò a seconda dei meriti ottenuti in una vita precedente, spesso puniscono nelle seguenti , sia pregati di punire , che non pregati. Frattanto noi che non vediamo niente altro che il presen­te, pensiamo che ci tocchino delle avversità che non ci meritiamo, mentre spesso paghiamo in questa vita quanto abbiamo compiuto in un'altra, e quello che facciamo adesso, lo avremo ricambiato un 'altra volta. Inoltre a noi sono nascosti molti peccati che agli dei sono manifesti. Così noi chiamiamo giustizia il compiere ciascuno il suo dovere, secondo le presenti leggi della patria. Gli dei invece le definiscono vedendole in un modo assai più ampio, cioè in tutto l'ordine dell'universo e specialmente considerando quell'intenzione che conduce le anime agli dei , e quindi danno un giudizio. E vi è tanta diffe renza fra il giudizio divino ed il nostro, per una stessa cosa, che non possiamo giungere fino ad esso. Infatti gli dei giudica­no in modo diverso quanto è giusto per una sola anima e quanto alla comunità di tutte le anime . Se infatti l'unione di una medesima natura esistente fra le anime sia viventi nel corpo, sia poste al di fuori di esso, provoca una certa

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complessione di enti simili, e comuni per tutta la vita e l'ordine del mondo, è necessario richiedere un giudizio da tutte, cioè dall'ordine universale e lo si deve ricercare dal vincolo di affinità delle anime fra di loro , specialmente quando la grandezza dei delitti commessi da un'anima supera il supplizio conseguente ai peccati . Gli dei, dunque, non pregati mai, non danno supplizi se non giusti. Infatti, avendo essi una essenza secondo il bene , non possono essere causa di male e di ingiustizia.

In verità se qualcuno per caso riuscisse , con preghie­re agli dei, a fare in modo che qualcuno fosse ingiusta­mente colpito da avversità, saremmo costretti a cercare cause diverse dagli dei e dai buoni numi; e se per caso non le trovassimo, tuttavia non dovremmo sospettare per questo, qualcosa di indegno della divina natura, nei riguar­di degli dei ; e questo per una conoscenza certa che è innata alle nostre intelligenze per benevolenza degli dei . Nella quale senza dubbio, credono tutti i Greci ed i barbari. Inoltre, poiché le specie dei mali sono diverse, e discordi, le cause di essi da ricercarsi sono diverse. Se è vero quanto dicevamo degli idoli e dei demoni cattivi, di qui ha giustamente origine la molteplice causa dei mali. Essi simulano la presenza degli dei e dei demoni buoni . Perciò comandano al loro fedele di essere giusto, per sembrare buoni come gli dei ; perché sono di natura catti­vi, pregati di compiere il male, lo fanno liberamente e ci inducono ad azioni ingiuste. Questi sono quelli che men­tiscono negli oracoli ed ingannano e consigliano cose turpi e le compiono. Gli dei , invece , ed i demoni buoni, nè

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ingannano mai, nè portano a compiere iniquità ; inoltre la natura dei demoni cattivi è incostante con se stessa, insta­bile . diffidente e cerca di convincere a cose diverse ; la natura degli esseri superiori , invece, è sempre coerente a se stessa e conserva sempre lo stesso tono di azione. Le parti materiali del mondo non sono prive di virtù, ma quanto sono più grandi e più belle, e più compiute dei nostri corpi, tanto maggiori forze ed azioni possiedono. Per cui ciascuna di esse ha forze particolarmente differenti e produce azioni diverse. Così, per una certa abitudine, possono compiere molte più cose. Che anzi, da tutte le parti del mondo discende nelle particelle una certa azione multiforme; e discende assai facilmente a causa dell'affi­nità delle potenze, fino a quando le potenze seguenti corrispondono a quelle antecedenti. Inoltre chi riceve si predispone all'azione della forza ; giungono infatti alle ne­cessità del corpo, scendendo dal tutto in certe particelle, come cattive e perniciose, per quanto fossero benefiche nel tutto, e consone all'armonia dell'universo, tuttavia sono nocive a certe parti, sia perché non possono soste­nere azioni universali, sia per l'interferenza di qualche azione inferiore o per la naturale impotenza delle cose più basse, sia perché le parti non sono commisurate alle parti. Poi, oltre che il corpo del mondo, può anche molto la natura stessa del mondo. Infatti la concordia delle somi­glianze ed il contrasto delle differenze non producono poche cose ; che anzi, l 'unione di molti in uno solo, tutto animale e le potenze vigenti nel mondo, quante e quali siano, agiscono in modo diverso, a seconda che nel tutto

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o nelle parti, a causa della debolezza stessa distribuita e divisa fin nelle ultime parti. L'amicizia del tutto e l'amore e lo sforzo di purificazione e simili cose sono azioni del tutto, passioni nelle parti. Ugualmente quelle che nell'in­telletto divino sono specie e ragioni pure , nella natura dell'universo subiscono quella certa povertà della materia e la diversificazione dei singoli ; perciò quanto è unito nel tutto contrasta nelle parti ; frattanto alcune particelle si corrompono ed affinché ogni cosa costituita secondo na­tura si conservi , si consumano, e questo avviene anche ad alcune parti che si deformano, perché ogni cosa che nasce da ciò è così priva di passioni. Quando un mago cattivo con le sue invocazioni attira qualche calamità su qualcu­no, usando per questo delle potenze naturali e corporee, la legge tradizionale dell'universo agisce per un 'azione di questo genere senza scelta e cattiveria ; quan tunque nel frattempo il malefico, usandola, pieghi questa legge ad azio­ni contrari e cattive, ma la stessa legge e la sua azione. scendendo dall'alto, si muove per una certa particolare sensibilità e somiglianza ai contrasti delle passioni. II male­fico, poi, per sua scelta, trae al di là del giusto quanto è destinato al male; e la legge stessa, poi , agisce secondo una sola armonia nel mondo, affinché anche le cose più distanti cooperino fra di loro; se qualcuno poi, avendo appreso ciò, tenta di trasporre le parti e le sorti del tutto da una parte all'altra ledendole in questo modo, l 'universo non è causa di un danno di questo genere, ma lo è l'abuso umano, che trasgredisce l'ordine dell'universo. Non sono quindi gli dei a mandarci dei mali, ma la natura ed i corpi

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dipendenti dalla volontà divina. Ed anche questi non era· no stati mandati in basso come influssi cattivi , ma come buoni e salutari al mondo ; ma subiscono una me scolanza di cose cattive, così che vengono accolti in modo assoluta· mente contrario a quello con cui erano stati dati.

Dopo questo chiedi perché gli dei, per la loro natura non esaudiscono le preghiere di chi non è casto ; eppure essi, talvolta, invocati, aiutano gli amori illeciti e non si vergognano di incitare i loro fedeli a tu rpe libidine. Per cause occulte possiamo essere incitati ad un 'unione non legittima, naturalmente legittima, per caso, nelle leggi umane, cioè nelle leggi del mondo, quando da ciò deve nascere qualcuno necessario agli uomini. Infatti l'istinto d'amore nel mondo tende all'amicizia ed all'annonia; nelle parti, invece, diventa più violento, perché queste concor· dana troppo facilmente fra di loro e col tutto quando sono da esso prese. Infine quanto scende dal cielo di buono , qui spesso è mutato in male. Il mondo animale è uno ; ed in esso le parti per quanto distanti fra di loro di luogo, tuttavia sono portate una verso l'altra per la loro unica natura. Inoltre la stessa forza conciliatrice del mon· do, che è causa comune della mescolanza di tutti, trae le varie parti ad incontrarsi per sua natura ; può, in questo modo, l'attrazione ed il desiderio di essere aumentato ad arte fuori di qualsiasi ordine. Questa stessa forza conci· liante, infusa in ciascuna cosa è buona e dovunque è causa di vicinanza, di comunione e di annonia, e di scambievole amore e di unione al mondo; tutte cose che awengono per comando di chi le tiene ; nelle parti , invece, a causa

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della distanza fra di loro e dal tutto e perché la natura qui è debole e povera, produce un mutuo incontro di passioni. Per cui il desiderio ingenito è più violento e grande.

L'arte, impadronendosi così di questa forza di unio­ne ovunque dispersa nella natura, la intensifica e la racco­glie e ne fa derivare un'unica cosa. E così il desiderio naturalmente moderato di un'unione necessaria, è reso sfrenato da questi artifizi; infatti essa muove la materia che porta particolarmente al desiderio di generare e me­scola in una le forze naturali differenti fra di loro e regge la loro mescolanza a suo arbitrio e produce le unioni generatrici ; inoltre, poiché anche nelle erbe e nelle pietre vi sono forze dissolvitrici e di nuovo generatrici, ed essen­do queste di molto più grandi nelle cose e nature più elevate, si può essere spinti al desiderio di un'unione generatrice dall'uso di queste cose e l'amore può essere acceso e tratto ad agire così per queste cose, senza alcun artifizio. Abbiamo per certo che i demoni cattivi hanno molta potenza nella generazione, nelle cose terrene ed umane. Per ciò non deve sembrare per niente strano che l'ardore per una unione illecita sia frequentemente acceso in noi da essi; possono portare forza a ciò alcune anime, sia ancora viventi nel corpo ed aventi una mirabile forza di attrazione, sia sciolte dal corpo, ma ancora in uno spirito torbido, umido, ed ancora involute, per questo erranti intorno ai luoghi che favoriscono la generazione quindi propensi a commettere tali cose.

Nessuno perciò può dire che gli dei ed i demoni

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loro seguaci siano causa di amore ed unioni illegittime, ma lo sono i naturali istinti corrottisi in noi o l'arte magica od i demoni cattivi o le anime non ancora pure .

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DONDE I SACRIFIZI A BBIANO FORZA E CHE COSA PORTINO

Si chiede per quale ragione i sacrifizi piacciano agli dei, giovino agli uomini e che cosa producano nel mondo. Porfirio dice che non solo i profeti, ma anche gli inter­preti del volere divino, cioè tutti i sacerdoti che danno un vaticinio accolto da altri, devono tenersi lontani da cose animali, affinché gli dei non vengano contaminati dai va­pori che ne sono emanati; a questo parere è contraria l'opinione comune per la quale sembra che gli dei siano particolarmente placati e richiamati come da un'esca, dalle emanazioni degli animali. Giamblico condanna entrambi i pareri, sia che gli dei siano richiamati o toccati o conta­minati dalle esalazioni della carne. L'anima del mondo ed i celesti non prendono alcuna passione da quanto è pre­sente ai loro corpi, nè sono distratti da altre intelligenze. Le anime particolari, invece sono passibili di entrambe le cose ; sarebbe in errore, infatti, colui che attribuisse simili

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difetti alle anime superiori ; infatti la condizione degli universali e dei particolari e dei principf e degli effetti non è uguale. Il prendere nutrimento dai corpi una volta congiunti all'anima, senza dubbio porta a noi peso ed im­purità ed all'anima l'inclinazione ad indulgere ed a soc­combere alle voluttà e creano nell'anima molti altri morbi; ma il vapore che esala dagli animali ed il fumo prodotto secondo i sacri riti, non nuoce agli dei, alle cause monda­ne e universali . Infatti essa non contiene nè ordina gli dei a se stessa, ma è contenuta da essi e si adatta ugualmente all'universo degli dei . Così può essere costretta dal coman­do di quelli agli dei e misurarsi armoniosamente ad essi ; per questo i religiosi si astengono dagli animali ; gli dei tut­tavia non possono essere inquinati dai vapori degli anima­li; infatti la potenza degli dei prima che qualcosa di mate­riale la tocchi, la disperde senza venirne a contatto e non solo allontana e distrugge tutte le cose corporali che le ap­partengono senza avvicinarle e prima che esse si avvicini­no, ma anche gli stessi corpi celesti non accolgono in sè niente di materiale. E non assorbono niente di estraneo, nè perdono niente di proprio, che anzi, i vapori terrestri, saliti a stento per cinque stadf, rifluiscono indietro e non penetrano in nessun corpo materiale e mutevole, nè si alimentano da esso; poiché questo non ha in sè nessuna possibilità di mutamento, nè qualcosa di contrario a se stesso, nè è portato a cambiarsi da alcuni mezzi o verso un mezzo qualunque, sia che debba mantenersi tale od evolversi ; infatti i corpi al di qua della luna, essendo composti di potenze e di moti contrari ed essendo mute-

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voli fino in fondo e completamente ed essendo portati verso gli dei non hanno niente in comune col cielo, nè la natura n è la potenza n è l 'azione : perciò neanche il vapore che emana da essi tocca alcunché d'altro ; il cielo è com­pletamente separato da essi, ed essendo ingeniti non accol­gono alcun cambio mutuo con le cose generate. Come potrebbe infatti la natura degli dei essere contaminata da vapori di questo genere che sono materiali, quando pos­sono allontanarli, per cos ì dire con un solo impulso? Tali cose non sono nocive agli dei, ma a noi ; infatti quanto è individuale e materiale e legato a noi, ha qualcosa di comune verso le cose simili nella passione, o nell'azione, ma verso le essenze celesti e divine di un altro genere di essenza, fornite di nature e di forze diverse e quasi ecce­denti, possono agire in qualche modo, ma non comuni­care.

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QUALE LA RAGIONE E L'UTILITA' DEI SACRIFICI

Porfirio pensa che si offrano sacrifici agli dei per venerarli con doni di questo genere , come spesso siamo soliti fare con i più grandi di noi ed anche per entrare in grazia della divinità, per ricevere da essa dei beni , perché ricambia con bene . Giamblico dice che una causa di que­sto genere è presa dalle consuetudini comuni fra gli uomi­ni, ma che non conviene alla natura degli dei che supera in gran lunga gli umani costumi . Tali ragionamenti dimo­strano l'efficacia dei sacrifici , non fin o in fondo la loro più profonda ragione . L'efficacia, dico, senza la quale non possiamo libera rei dalla peste , dalla fame, dalla povertà, non possiamo invocare le piogge opportune e neanche, anzi, quella purificazione per la quale raggiungiamo la perfezione degli animi e da questa la liberazione dalle limitazioni della nascita. Cos ì qualcuna delle tue spiega­zioni non approverà queste cause, come se tu assegnassi

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una degna causa al posto dei suoi effetti . E se per caso approvassi, accoglieresti certamente in secondo luogo quel­le cause conseguenti ed adattate ad una funzione secon­daria; quelle che sono le prime e più antiche cause di

opere di questo genere ; desideriamo infatti dimostrare la

ragione per la quale i sacrifici hanno efficacia a compiere

qualcosa e come siano collegati agli dei che sono di essi le

principali cause ed i principali principi. Potrebbe dire qualcuno che, poiché il mondo animale è unico ed ha una

vita simile ovunque ed una certa comunione di forze

simili ed una distanza dalle dissimili, c'è certamente un'at­

titudine della forza agente a commuoversi verso chi soffre

cose simili o adattate nel medesimo modo, poiché si muove secondo un unico moto di compassione anche fra cose assai distanti , come se queste fossero vicinissime.

Infatti, poiché a queste cose è assegnata un'uguale comu­nione di vita, questi dice il vero e di qui segue necessa­

riamente la ragione dei sacrifici. Tuttavia è dimostrato così il vero modo dei sacrifici . Poiché la stessa essenza

degli dei non è posta nè nella natura nè nelle necessità

naturali, l'unica condizione per essere eccitati da passioni

naturali, ed invece si muove per tutta la natura per poten­

ze estese ; ma essa è determinata al di fuori di tutto

questo e solamente secondo se stessa, non avendo niente in comune, nè nell'essenza , nè nella potenza, nè nell 'azio­ne o nella passione ; alcuni infatti danno un significato troppo elevato all'armonia delle cose inferiori con le su­periori. Perciò per dare più efficacia ai sacrifici, si vuole

che il numero sessanta coincida col Coccodrillo o col

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Sole; o che alcune condizioni fisiche od alcune forze siano comuni nel Cane e nel Cinocefalo con la Luna ; o che alcune specie di cose materiali, come negli animali sacri i colori, l a forma della figura o qualche membro, come il cuore del gallo, convengano a taluni dei superiori. Ed anche altre simili cose naturali, usate nei sacrifici, sono causa di mirabili effetti. Da questo attribuire le cause a qualcosa di superiore, non si risale ad una causa divina che è del tutto soprannaturale e non è mossa da moti naturali, ma ad una certa naturale potenza della materia, estesa anche ai corpi, che è provocata da cose materiali ed è spenta in modo naturale, nel tempo stesso che rimane nell'ambito della na­tura. Se poi qualcosa di simile serve nel sacrificio, questo qualcosa è provocato da cause precedenti od è un coeffi­ciente senza il quale l'operazione non riuscirebbe. Può an­che rendersi garante chi parla dei meravigliosi effetti dei sacrifici; come dire che da una causa di amicizia e di acco­modamento e di abitudine comune, gli artefici precedono l'opera, i genitori i figli. Quando infatti !asciandoci prece­dere e guidare da questo comune principio consideriamo qualche animale o comunque qualsiasi essere animato nato dalla terra, che conservi esattamente e sinceramente la vo­lontà ed il proposito del suo fattore , allora siamo portati a credere che la causa che l'ha prodotto è mescolata ad esso in modo perfetto, anche quando le cause siano molte e presenti manifestamente, senza l'interposizione dei medi; come i demoni, vi sono altre cause superiori a queste ; e come le cause divine procedono secondo un ordine e ad esse sta a capo una causa più antica di tutte ; certamente, nel

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compiere un sacrificio, esse si muovono tutte secondo il loro ordine. Secondo questo ordine, nel quale ciascuna ha il suo posto, u nite da un certo legame, si accomodano e, per così dire, si adattano familiarmente al sacrificio. Se poi il sacrificio non è perfettamente compiuto, risale solamente a qualche grado, ma non va più in là ; per cui molti pensano che i sacrifici siano compiuti dai demoni buoni, molti altri dalle ultime potenze degli dei ; altri ancora dalle potenze mondane e terrene dei demoni e degli dei ; e spiegano in verità una parte dei sacrifici , ignorano, tuttavia, tutta la loro potenza, ed il bene che emanano fino a tutto quanto è divino; noi, tuttavia, ammettiamo ogni cosa e compren­diamo anche i moti naturali che , come in un solo animale si agitano a vicenda , a seconda dell'attitudine , della sim­patia, della repulsione e li accettiamo, ma semplicemente come soggetti e conseguenti che servono all 'efficacia della causa che appare nei sacrifici. Noi ammettiamo i demoni e le potenze divine intorno alla terra ed al mondo, come i più vicini ed i ministri del nostro ordine ; e pensiamo che essi siano causa potentissima per l 'efficacia di un sacri­ficio ; essendo assai profonda la loro forza di azione. Poiché quelle somme potenze di azione abbracciano in sè tutte le cause secondo un ordine, per questo pensiamo che insieme ad esse si muovano, insieme con le somme cause, anche quelle seguenti in ordine d'azione ; allora una comune utilità proviene da tutte a tutta la generazione. E talvolta ad esse è maggiore o minore la circoscrizione , a seconda delle città, dei popoli, delle genti di ogni genere. Tuttavia i beni toccano alle singole cose ed ai singoli

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uomini, abbondantemente per benefica volontà degli dei che elargiscono non spinti di alcuna passione nel distri­buire, ma giudicano con mente impassibile quanto è da darsi a seconda delle proprietà, familiarità, relazioni . Tal­volta a causa di una vera amicizia che contiene ogni cosa e produce dei legami per una certa ineffabile comunione, queste cose sono più vere e partecipano dell'essenza e della potenza degli dei, maggiormente di quanto tu pensi lo possano fare in un sacrificio le emanazioni degli ani­mali. Se i demoni si involvono in qualche corpo che alcuni pensano debba essere nutrito da sacrifici, quello è certamente immutabile , impassibile, chiaro e certamente conveniente alla cosa, cos ì che nessuna influenza esce da esso e non è necessario influire su di esso. E se per caso fosse necessario, perché mai lo sarebbe nei sacrifici , quan­do il mondo e l'aria sono piene di esalazioni della terra ed ovunque ne sono circonfusi? In verità se i corpi dei demoni effondessero qualche cosa, i sacrifici non la resti­tuirebbero in equa proporzione, nè conserverebbero la giusta misura fra l'eccesso ed il difetto naturale ai demoni, ed una simile proporzione ; infine, quando il fattore del mondo ha dato a tutti gli animali terrestri e marini nutri­mento abbondante e preparato, perché mai i superiori dovrebbero essere legati all'uomo per il loro nutrimento? E poiché per tutti gli altri viventi sono stati stabiliti alimenti quotidiani, anche le loro opere sono copiosamen­te alimentate. Perché avrebbe stabilito che i soli demoni usassero un alimento proveniente da noi ? Infatti se noi per caso ci dimenticassimo di nutrirli, dovrebbero consu-

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marsi e perire tutti i corpi degli esseri superiori. I noltre se noi nutrissimo i demoni, li genereremmo, anche, e sarem­mo loro superiori.

I nvece la cosa avviene in modo del tutto contrario. I nfatti sono loro che ci nutrono; i superiori nutrono gli inferiori, così i celesti fanno con i terrestri. L'anima è resa perfetta ed alimentata dall'intelletto e così sempre la sua natura ; l 'offerta dei sacrifici consuma la sua materia nel fuoco che la assimila a sè e la rende non simile alla materia, ma la trasforma in fuoco divino, celeste , im­materiale ed in nessun modo piega gli dei alla materia ed alla generazione . Se infatti occorresse che l'esalazione dei vapori provenisse dai sacrifici, occorrerebbe anche che il nutrimento materiale rimanesse integra materia. Così, in­fatti un più abbondante influsso andrebbe a coloro che l 'accolgono e la materia non si brucerebbe e consume­rebbe tutta ed il fuoco non la renderebbe completamente pura ed immateriale ; il che significa proprio il contrario di quanto dicevi tu. Gli dei infatti sono liberi da qualsiasi passione e quando piace loro purificare la materia e con­sumarla nel fuoco , ci rendono liberi dalle passioni e qua­lunque cosa è in noi , la rendono simile agli dei , come il fuoco rende tutti i corpi duri ed opachi in sottili e lu­centi. Così noi siamo elevati nei sacrifici e portati dalla purificazione del fuoco al fuoco degli dei, come il fuoco eleva al fuoco e riduce le cose pesanti e dure alle divine e celesti. Non esiste alcunché di corporale, nè fra la materia, nè fra gli elementi, nè in alcun corpo a noi noto , che giunga fino ai demoni. Il nutrimento dei demoni non può

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quindi provenire da un'essenza fatta di elementi, che è quanto mai aliena da essi; ma gli dei col loro fuoco fulmineo dividono la materia e separano dalla materia quanto è immateriale per essenza, ma legato alla materia, e rendono impassibile quanto è ·soggetto alla passione, ed il nostro fuoco, imitando il fuoco divino, distrugge nei sacrifici quanto trova di materiale e purifica quanto è stato separato e lo scioglie dai vincoli della materia e lo rende adatto alla comunione con gli dei per la purezza della sua natura. Ed in questo modo ci scioglie dai vincoli della nascita e ci rende simili agli dei e ci rende adatti all'amicizia degli dei, ed innalza la nostra natura materiale ad una immateriale ; questa condizione dei sacrifici, co­mune anche ai vaticini, fa indagare, come penso , coloro che hanno una certa potenza d'ingegno, su quanto è proprio di ciascun sacrificio, dalla norma comune . Tutta­via, indulgenti verso i più tardi di ingegno, aggiungeremo in mezzo, per questi, alcune considerazioni più chiare ed il principio di tutto quanto è ottimo per queste cose, perché rende manifesto il nesso dei sacrifici, annesso con­seguentemente all'ordine degli dei . Abbiamo detto che alcuni dei sono materiali ed altri immateriali . Materiali sono quelli che comprendono in sè la materia e l'adorna­no. Immateriali, poi , completamente, quelli che sono del tutto segregati dalla materia; secondo l'arte sacerdotale bisogna incominciare i sacrifici con gli dei materiali ; infat­ti non altrimenti è possibile l'ascesa agli dei immateriali ; questi hanno certi legami con l a materia, fino a quando la governano e presiedono ad essa; essi, anche, dominano

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quanto avviene nella materia, così , quindi, le divisioni, le percussioni che si ripercuotono, i mutamenti, le nascite ,.. le morti, e tutti i corpi materiali. Se dunque qualcuno vuole loro attribuire le rituali pratiche di culto , non fa meravi­glia che a seconda delle loro natura e dell'ambito del leno dominio, usino di cose materiali per un culto che dico materiale ; così , infatti, nei riguardi di loro, tutti noi siamo completamente indotti ad una familiarità loro propria ed usiamo nel culto per loro di una congrua unione ; i corpi privati di vita e le stragi degli animali per la distruzione dei corpi ed il cambiamento della forma e la corruzione e la continuazione della materia precedente, si adatta agli dei materiali , non per la loro stessa natura, ma a causa della materia cui stanno a capo. Infatti anche se sono assai lontanamente separati da essa, le sono presenti ; e se governano la materia con una potenza immateriale, pure le sono sempre presenti. Poiché le cose governate sono indipendenti da chi le governa. Similmente le cose ornate da chi le orna. Che anzi, quanto è dato si adatta facil­mente alle proporzioni di chi lo usa, come se fosse un suo strumento. Per cui è inutile usare della materia nei sa­crifici agli dei immaterial i ; ma è consono farlo con tutti quelli materiali . Il valore della cosa sta nel considerare queste cose al di sopra del doppio aspetto della nostra vita. I n certi stati d'animo noi siamo del tutto trasposti al di fuori del corpo e ci eleviamo con la mente e ci in­nalziamo ad altezze sublimi con tutti gli dei immaterial i ; talvolta, invece, siamo legati a l corpo terreno ed alle emanazioni corporee, quasi compresi nella materia. Si-

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milmente duplice è il modo del culto divino : uno è sem­plice, incorporeo, e mondo di qualsiasi atto generativo, ed è di competenza degli esseri animati incorrotti ; l'altro, invece , è pieno di materie corporee e per la sua azione materiale , conviene piuttosto agli animali non ancora puri e non ancora purificati da tutte le azioni generatrici; quindi due sono le specie dei sacrifici; ed i sacrifici più puri sono propri degli uomini purificati fino in fondo; la qual cosa raramente, capita in uno solo, oppure, in po­chissimi, come dice Eraclito; i sacrifici materiali, invece, e tutto quanto è passibile di mutamento, è di competenza di esseri animati ancora oppressi dal corpo. A popoli non ancora purgati della loro sorte natale e dall'unione cor­porea, non si possono dare sacrifici se non di questo gene­re, ed in questo caso si è lontani ugualmente dai beni materiali che da quelli immateriali . Quelli, infatti, non li possono accogliere, e questi non possono offrire niente di adatto. Si aggiunge il fatto che ciascuno deve seguire la propria essenza, non secondo quanto non è, ma secondo quanto è veramente. Per cui non bisogna prevaricare la misura e la natura propria di colui che compie atti di culto.

Penso che si deve scegliere un complesso combinato fra gli uomini che compiono atti di culto e le potenze cui questi vengono tributati ; e ciascuno se la sceglie a seconda del metodo di culto. Infatti un complesso di questo ge­nere, temperato in modo immateriale, si trae fino all'im­materialità, fino a quando essa è congiunta alle potenze puramen te incorporee, e queste ad essa. Da un complesso

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di questo genere, adattato in modo incorporeo a dei corpi, proviene un culto simile alle potenze che presie­dono i corpi. Spesso per un necessario uso del corpo compiamo qualche pratica di culto verso gli dei che ci governano, cioè i demoni buon i ; e precisamente, quando tentiamo di pulire il corpo da certe piccole macchie o da antiche impurità, o di l iberarci da malattie per acquistare salute, o di allontanare la gravezza ed il torpore, per avere agilità ed energia, o quando cerchiamo di procurare qual­che altro benessere al corpo. Allora tratteremo secondo il rito il nostro corpo in modo non intellettuale e incorpo­reo. Infatti non è nato in modo da essere curato con questi metodi, ma quando raggiunge qualcosa che ha profondi legami con se stesso, allora è giusto che il corpo sia curato e purificato con altri corpi. Vi sarà, dunque, necessariamente, un rito corporeo del sacrificio, che espelle dal corpo quanto è superfluo e supplisce neces­sariamente a quanto manca e, ovunque tutto questo è disseminato, Io riduce ad un ordine ed a una giusta pro­porzione. Sacrifichiamo spesso , pregando gli dei, alcune cose che servono alla vita umana, cioè che sono necessarie al nutrimento o riguardano quanto è nell'ambito dei piaceri del corpo. Che cosa, allora, toccherà a noi dagli stessi dei che sono assolutamente lontani da qualsiasi atto di generazione umana che ci dia modo di fuggire la pe­nuria o la sterilità o ci conduca altre cose necessarie alla vita? Niente affatto. Coloro, infatti che si sono liberati da qualsiasi cosa, non hanno a che fare con tali cose. Se poi qualcuno d icesse che qua:i famosi dei immateriali com-

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prendono in sè tutti gli dei materiali ed abbracciano, essendo causa prima, anche i loro doni, direbbe che una certa quantità di doni divini, discende da qui più in basso. In verità non si pllò concedere a nessuno di dire che gli dei , compiendo simili cose, conducono una vita umana e compiono azioni umane.

Infatti la distribuzione delle cose che sono qui è divina e particolare e si compie con una certa tendenza a determinate cose e non è del tutto separata dai corpi, quindi non può ammettere che chi la presiede sia del tutto puro ed incorru ttibile. Infatti per sacrifici di questo genere è adatto un metodo che abbia dai legami con quanto è corporeo e generativo e non uno che sia com­pletamente separato dal corpo e dalla materia.

Chi è puro supera di gran lunga tali cose e non ha proporzioni con ciò.

Chi invece usa dei corpi e delle forze di questi è assai adatto a tutte le cose di questo genere, poiché può forn irsi largamente di ciò che serve alla vita ed evitare quanto incombe su di noi, sventandolo, ed operare così un giusto adattamento al genere umano. La maggior parte degli uomini si sottomette alla natura universale che è governata dalle forze naturali e tende più in basso alle opere della natura e completa l'opera del destino ed accoglie l'ordine delle opere del fato ed agisce nelle cose naturali con metodo del tutto pratico. Pochissimi sono quelli, che fidando nella potenza di una mente sopran­naturale, si allontanano dalla natura e rendono il loro intelletto separato e puro, per poter evadere superiori alle

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potenze naturali. Alcuni invece si tengono a metà fra il puro intelletto e la natura e di questi, alcuni seguono ad intervalli una o l 'altra cosa, altri conducono una vita mc­scolata dell'uno e dell'altro modo. Alcuni si liberano da quanto vi è di peggiore e si librano verso cose migliori . Quelli che si lasciano governare dalla natura universale ed essi stessi conducono una vita emancipata dalla loro na­tura e godono delle potenze della natura, eserciteranno un culto conveniente alla natura ed adatto ai corpi ed ai moti della natura, scegliendo, per questo, i luoghi, le qualità, la materia dell'aria, le forze della materia, i corpi, le qualità dei corpi e gli atteggiamenti ed i movimenti adatti ed i loro mutamenti che avvengono nelle nascite e simili cose, sia nelle altre parti del culto divino, sia nel rito del sa­crificio . Coloro che vivono nella sola mente, sciolti dai vincoli della natura costruiranno una forma di culto intel­lettuale e libera dal corpo in qualsiasi parte della religione. Quelli che scelgono una vita media fra l'intelletto e la natura seguiranno una religione media ed a seconda delle differenze della vita media, prenderanno modi differenti d i c u l ti , attuabili con l'aiuto dei medi. Infatti o adopreranno alternativamente i due metodi, o passeranno dall'uno all'altro o arriveranno a cose assai cattive per conseguirne altre, poiché pensano di non poter giungere altrimenti alle cose migliori e più alte. Nella classe delle essenze e delle potestà divine, alcune hanno a sè soggetta un'anima ed una natura che li alimenta nelle loro opere finché vogliono, altre sono separate profondamente dal­l'anima e dalla natura, e non intendo solamente dall'anima

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umana e generatrice, ma anche da quella divina e dalla sua natura.

Altre infine stanno a metà e conciliano un 'unione fra gli estremi, sia secondo un solo ed indissolubile vin­colo, sia secondo il parere dilagante dei più , sia secondo l'opinione non impraticabile dei più pochi, sia secondo il consenso accomunato di entrambi.

Quando veneriamo gli dei che dominano l'anima e la sua natura, non è strano offrire loro forze naturali e consacrare a dei di questo genere i corpi che sono retti dalla natura; tutte le opere della natura, infatti, obbedi­scono ad essi e contribuiscono in qualche modo all'opera dispensatrice degli dei. Ma quando desideriamo venerare gli dei più puri riuniti nella loro unità, dobbiamo venerarli con onori del tutto sciolti dalla materia. Infatti dobbiamo loro tributare doni del tutto intellettuali, una vita separata dal corpo, una virtù perfetta, una sapienza provata, che è quanto li riguarda. Agli dei medi, governati dai beni medi, si adattano, come abbiamo detto, medie pratiche di culto. Partendo da un altro principio, cioè dalla distribuzione nel mondo degli dei mondani, fatta una comune scelta dei quattro elementi a seconda delle misure loro, partendo ordinatamente dalla circonferenza verso il centro, avremo ugualmente facile accesso alla verità dei sacrifici. Se infatti noi siamo nel mondo e come parti siamo contenuti in esso e siamo da esso generati, e ci alimentiamo delle sue forze, e siamo composti dei suoi quattro elementi, ed abbiamo una certa parte di vita e di natura, perché l'ab­biamo da esso ottenuta, non dobbiamo dimenticare nel

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culto divino il mondo e gli ordini del mondo. Poniamo dunque che in una qualsiasi parte del mondo esista un certo corpo, e, come abbiamo visto, esistano in esso delle forze corporee che sono secondo l'ordine distribuite nei corpi, ugualmente una legge sacra distribuita secondo il rito, degli alimenti corporei per quanto è corporeo, incor­porei per quanto è incorporeo, rendendo a ciascuno quan­to è suo proprio. Nondimeno se qualche religioso segue un nume supermondano ed in verità questo accade assai raramente , non fa meraviglia che questo, posto in una so­litudine al di fuori dei corpi, e della materia, segua tale culto con una potenza sopramondana, unito agli dei so­pramondani. M a quanto riguarda uno solo per il fine del sacerdozio, per la legge comune non si libera da tutte le cose e dal dover usare dei primi e medi gradi del culto religioso; infatti, i sacerdoti compiono sempre un culto corporeo. Qualsiasi esperto nelle pratiche sacerdotali, dirà che occorre che il culto degli dei non sia parziale cd

imperfetto, ma conveniente ed integro. Poiché, infatti, prima che gli dei siano presenti, e discendano in terra, si muovono tutte le potenze che stanno in ordine gerarchico prima di loro e li precedono come loro nunzi ed accom­pagnatori, per cui non fa meraviglia che chi non dà a tutti quanto spetta a ciascuno, e non venera ciascuno con l'onore che gli è dovuto, non giunge neanche ad ottenere la presenza degli dei . Colui invece che si rende propizi tutti i numi, offrendo a ciascuno doni graditi ed assai simili all'essenza di ognuno, non rimane deluso nella sua aspettativa e giunge con piena, integra presenza al coro

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divino. Stando così le cose non bisogna che il rito religio­so sia semplice e composto di poche cose, ma multiforme, che risulti dalle armonie particolari e costituito, come ab­biamo detto, da tutti i culti mondani. Se infatti fosse sem­plice e legato ad un solo ordine di cose, qualcosa nelle fu n­zioni sacerdotali, verrebbe a noi semplicemente , così che basterebbe osservare il modo del sacrificio. M a non è noto a nessuno quanta moltitudine di forze soglia essere su­scitata, se non ai sacerdoti , nella stessa opera già esperti. Solo essi conoscono la perfetta pienezza del culto e quan­to sia facile non ottenere lo scopo dei sacrifici, per avere omesse solo poche pratiche di culto. Come se una corda si rompe in uno strumento, questo ha subito una sua dis­sonanza , così, per avere omesso un solo nume, e se il rito non è stato osservato, la stessa religione comune non rag­giunge Io scopo desiderato e per questa sola deficienza, l'opera sacra non raggiunge la sua struttura e la sua inte­grità.

Quando le potenze divine stanno per scendere mani­festamente ai sensi, giunge a noi un danno manifesto, se abbiamo tralasciato di onorare qualcuno degli dei. Simil­mente quando giungono apertamente in un'operazione sacra, se tralasci di onorare qualcuno a seconda del suo grado e della sua dignità. Chi infatti toglie a qualcuno di. essi il dovuto onore, confonde tutta l'opera della reli­gione, poiché scompiglia l'unica e completa procedura ; nè, come qualcuno potrebbe pensare, è la parte che riguarda l'accoglimento del dio che è imperfetta, ma è tutta la struttura che cade . A che infatti? Forse che l'altezza della

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santità non ritorna sempre ad un principio sommo, ugua­le, unico , alla moltitudine di tutti i numi ed in esso non onora insieme tutte le essenze e le dominazioni?

Senza dubbio; in verità una perfezione di questo ge­nere viene assai tardi ed a pochissimi e bisogna pensare che abbia in noi un'ottima influenza, se tocca a tali per­sone alla fine della vita. E la presente disquisizione non dà leggi ad un uomo che è giunto a questo: costui, infatti è superiore a qualsiasi legge , ma per coloro che mancano di qualche legge , avvalora con la sua presenza queste leggi sacre; infatti la moltitudine dei numi è quasi un mondo che ha molti ordini confluenti in un ordine solo. Simil­mente i sacrifici devono avere un numero ed un ordine unico. Così che i singoli atti rispondono secondo il rito ai singoli numi.

Così tutte l e cose che sono intorno a noi ed in noi molteplici, devono rispondere non da una qualche parte, ma da tutte, armonicamente, alle divine cause della nostra vita, e così risalire ai supremi governatori di essa. Perciò l 'osservanza della religione agisce in modo vario in noi e intorno a noi. Infatti o completa quasi allargando o taglia o purifica, o ordina quanto è privo di ordine, o allontana moltissimo dall'errore mortale. Ed infine concilia ogni co­sa all'amicizia con tutti gli esseri superiori. E poiché, da una parte le cause divine, dall'altra l'umana predisposizione confluiscono in un unico scopo, allora la religione completa compie tutto; e dai sacrifici provengono immensi beni.

E certamente l'esuberanza di potere nelle somme cause dell'universo ha questo, che , come supera gli infe-

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non m tutte le cose, così anche in questo è superiore, cioè nella stessa ampiezza della sua presenza , affinché le cause di tutto, e specialmente di tutti , siano sempre pre­senti a tutti , così che la medesima potenza della causa di ciascuno, sia ovunque interamente e sempre presente , al di fuori di qualsiasi impedimento. Solo in questo modo le potenze prima di tutto si uniscono alle ultime . Ed i principi immateriali sono presenti in quelli materiali . Nes­suno si meravigli , quindi , se chiamiamo una materia pura e divina; infatti anche la materia che è stata fatta dali 'ar­tefice e padre di ogni cosa, può acquistare per suo merito una certa perfezione adatta ad accogliere gli dei . Che anzi , niente impedisce che i superiori diffondano la loro luce fino agli inferiori . Infatti non permettono che la natura resti priva dell 'azione dei superiori. Per questo, tutto quanto della materia è perfetto e puro e foggiato ad immagine del dio, non è inadatto ad accogliere il dio. Infatti poiché è necessario che le cose terrene non siano del tutto prive dell'influenza divina , anche la terra ha ricevuto in sorte una predisposizione sufficiente a ricevere gli dei . Considerate queste cose con la sapienza delle cose sacre e trovando cos ì con profonda diligenza a seconda dell'armonia, quanto è adatto ad accogliere ciascuno degli dei , si possono comporre in un unico ordine le pietre, le erbe, gli animali , gli aromi , ed altre cose simili , con quanto è sacro, perfetto e deiforme. E di tutte queste cose fa un luogo di reazione puro ed integro . E non è lecito rinnegare tutta la materia, ma solo quella che è priva di influsso divino. E per gli dei, è necessario cogliere

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la materia loro propria, che cioè sia adatta e possa bene sopportare gli edifici degli dei, i fondamenti dei monu­menti, le opere dei sacrifici. Infatti nessun possesso e nes­suna parte di quanto è divino, può toccare in sorte ai luo­ghi terreni ed agli uomini che li abitano se prima non è stato gettato tale fondamento. Bisogna credere alle arcane rivela­zioni le quali dicono che la materia è stata creata dagli dei per essere uno splendido spettacolo; essa , poi , è legata ai suoi fattori. Per questo il sacrificio materiale attrae gli dei, perché si manifestano e li chiama perché si lascino accoglie­re, e quando sono presenti, li prende e li mostra in modo perfetto. Il medesimo fatto si può capire tenendo conto della distrib).lzione degli dei nei sacri luoghi, e dal governo che essi esercitano in ogni singola cosa, ciascuna a seconda dei diversi ordini, sia maggiori che minori, e dei destini che ha ottenuto in sorte . E' noto che ad alcuni dei che ammi­nistrano certi luoghi è assai adatto il sacrificio di quanto nasce in essi e che piacciono agli dei che governano le cose da loro governate e quanto le riguarda; infatti le proprie opere sono sempre gradite a chi le ha compiute e a quelli innanzi tutto, che hanno creato qualcosa, particolarmente accetta avere questa cosa indietro, sia quindi certi animali, che certe piante, che altre cose che sono state elargite dagli dei, ed hanno ottenuto in parte la loro cura, ci conciliano ad un 'unione individuale con gli esseri superiori . Perciò alcune di queste cose che mantengono una continua familiarità con gli dei per il fatto che rimangono integre fino a quando sono conservate e coltivate, aumentano e conservano la forza di comunione fra gli uomini e gli dei.

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Tali sono alcuni animali presso gli Egizi ed ovunque è sacro l'uomo; alcuni di essi, uccisi e bruciati, rendono più chiara questa familiarità, perché rendono in modo più assoluto la fusione nel principio dei primi elementi e nelle cause divine , e quindi più sacre al rito. Infatti, quanto più la proprietà e la familiarità del rito si compie , tanto mi­gliori beni discendono su di noi. N� queste cose sono state inventate dagli uomini, nè si sono imposte per auto­rità agli umani costumi, ma il dio stesso, chiamato secon­do il rito alle cose sacre , è l'autore di leggi di questo genere , ed attorno a lui si raccolgono gli dei e molti angeli e per iniziativa sua, ciascun nume ha ottenuto in sorte fra qualsiasi gente della terra, o la prefettura o il governo di una provincia. Per questo ogni tempio è dedicato al pro­prio nume. Perciò dei sacrifici , che tributiamo agli dei , qualche dio è spettatore e governatore. Quello che of­friamo agli angeli , un angelo , quello che offriamo ai de­moni, un demone, e negli altri avviene nel medesimo modo a seconda del genere proprio a ciascuno e della parte di governo che ha ottenuto in sorte. Poiché, dunque, compiamo i sacrifici sacri, sotto la sorveglianza e l'in iziativa degli dei, dobbiamo temere le leggi della divina santità, ed i sacrifici legittimi ed inoltre sperare in essi, perché sacrifichiamo sotto il dominio degli dei e dei numi. E nello stesso tempo porre la massima attenzione, di non offrire niente di indegno o di estraneo agli dei . Infine raccomandiamo specialmente questo, di osservare atten­tamente tutto quanto è in noi e fuori di noi e nel mondo in corrispondenza con la distribuzione degli dei, dei demo-

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ni e degli angeli. I n questo caso offriamo a ciascuno un sacrificio adatto. Il voto, e l'adorazione e la preghiera compiono ogni operazione dei sacrifici , ed in primo luogo, portano ad una religione completa ed ispirano un'indisso­lubile comunione delle anime con gli dei . Di essa vi sono tre specie : la prima riunisce ed offre a noi il contatto e la coscienza della divinità; la seconda ottiene un'unione con­senziente al divino e ci procura i doni elargiti dagli dei ed anche prima di parlare , capiamo quanto compie tutta la nostra opera ; la terza effettua un'ineffabile unione e pone tutta l'au torità negli dei ed in essi pone e colloca perfet­tamente tutta la nostra anima ed in verità in questi tre termini, coi quali si misura ogni cosa divina, e ci ispira la tendenza all'armonia con gli dei e ci apporta una triplice utilità degli dei stessi . Una riguarda la chiarificazione della coscienza, l'altra la comune esecuzione delle opere, l'altra la perfetta completezza che viene dal fuoco divino. Così anche l'adorazione, ed il suo valore, talvolta precede gli stessi sacrifici, tal altra si inserisce a metà del sacrificio, talaltra ancora, compie la fine del sacrificio. Ma nessuna opera sacra ha mai il suo effetto senza le suppliche del­l'adorazione.

L'adorazione, poi , usata di frequente, nutre e com­pie l'intelletto , rende l'anima più ampia ad accogliere quanto è divino e rende manifesto agli uomini quanto è divino, l'abitua a sostenere lo splendore della luce divina, a poco a poco rende efficiente le nostre possibilità di comunione divina, fino a che ci conduce al sommo grado di queste qualità, e diminuisce lentamente il modo umano

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del nostro pensiero e lo sostituisce con uno divino, e crea una persuasione , una comunione ed un'amicizia perpetua, lontano da qualsiasi intromissione ; aumenta inoltre l 'amo­re divino e quanto vi è di divino nell'anima, lo accende e lo eleva e monda l 'animo di quello che è contrario ed avverso a ciò; ed allo spirito eterno e splendidO' che è insito nell'animo, esclude quanto porta all'atto della gene­razione ; che anzi, dà speranza e fede di luce ; infine (esponendo la cosa per sommi capi) la virtù dell ' adora­zione rende gli uomini che pregano spesso, familiari inter­locutori degli dei e loro discepoli .

Essendo tale l'adorazione, e d avendo tale connessio­ne coi sacrifici, è chiaro che il fine dei sacrifici è partecipe all'influsso dell'opera, ogni volta che questa si adatta alle influenze degli dei. Cos ì anche il valore di questo è tanto, quanto giunge di bene al genere umano dalle cause e dalle opere ; e di qui appare di nuovo la virtù dell'adorazione che redime, perfeziona, completa, e per quale ragione essa sia efficace e provocatrice dell 'unione, e come abbia un comune vincolo cogli dei, ed in qual modo l 'adorazione ed il sacrificio si confermino a vicenda, si diano a vicenda potenza, e provochino i mirabili effetti della religione ; di qui appare che la disci plina sacerdotale ed il suo operare hanno nelle loro parti un 'armonia non minore che nelle singole membra ; infatti nessun animale può svincolare qualche parte di sè , e la sua opera dal tutto.

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DEI SAC RIFICI DEGLI ANIMALI

Porfirio si chiede perché nella legge dei sacrifici sia prescritto che colui che si dispone a contemplare le cose divine, non deve in quel periodo toccare un corpo morto, quando, invece , le in vocazioni e le preghiere giungono più facilmente agli dei con sacrifici di animali mort i .

Giamblico risolve così la questione ; gli oracoli consi­gliano colui che deve contemplare le cose divine a non toccare nessun corpo morto, se non è consacrato . Permet­tono, però, se è consacrato, di toccarl o. Inoltre vietano di toccare dei corpi umani dai quali ormai l 'anima si è allontanata, sia pure con lo sguardo. Infatti qualsiasi orma, od immagine o apparenza della vi ta divina, si estin­gue in un corpo, col sopraggiungere della morte. Nessuna religione vieta di toccare i corpi morti degli altri animali. Poiché non ci si guarda da questo neanche nella comune vita divina. Inoltre quando noi tendiamo a dei immate­riali , è opportuno che noi non tocchiamo tale corpo;

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quando invece , ci sforziamo di giungere agli dei materiali , è u tile toccarlo di frequente. Infatti siamo soliti chiamare gli dei che hanno cura di questi animali e quelli che li gove rnano più da vicino, quasi con una stretta relazione. Cos ì i corpi privi di vita portano delle impurità agli uomini legati alla materia, cioè come il non vivente al vivente e l'impuro al puro, ed il privo d'abito a chi ce

l'ha, ed il morto a chi ha la possibilità di morire , per una certa tendenza comune in queste cose ; ma al demone incorporeo ed intoccabile da questa passione , tali corpi non nuocciono per niente. Infatti esso è di gran lunga superiore a quanto è caduco.

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DEI V A TICINI OTTENUTI PER M EZZO DEGLI ANIMALI

Quando il vaticinio si compie per mezzo dei corpi di animali sacri , come l'asturo, non bisogna pensare che gli dei siano direttamente presenti in essi, come se , perché sono le provvidenze universali , dovessero curarsi anche in modo individuale , particolare , materiale, proporzionale dei singoli animali . Ma i demoni che sono divisi più partico­larmente e ciascuno è distribuito ad una singola specie di animali, hanno avuto in sorte la cura più vicina ed il governo degli animali ; infatti hanno ottenuto in sorte questo potere , non del tutto sufficiente a se stesso, senza la materia ; perciò sogliano servirsi armonicamente di stru­menti di tal genere. Per questo, per ottenere dai demoni un vaticinio attraverso gli animali, dobbiamo ottenere loro una sede tale , per la quale possano mostrarsi agli uomini, ed usare di noi . Questa sede è necessario che sia incorpo­rea, affinché i demoni incorporei siano per essa presenti in

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noi. Vi sarà dunque quest'anima sciolta dal corpo di tali animali . Poiché infatti essa è separata dal corpo, si unisce con i demoni e si unisce anche con noi , per un certo lega­me con la vita. Infatti come termine medio al demone che la presiede, serve a suggerire il presagio all'uomo ed a manifestare i consigli del demone, e ci concilia col de­mone stesso . Quest'anima che usufruisce del vaticinio non solo lo ode ed accoglie, ma anche da se stessa giunge ad eseguire quanto riguarda l'opera di quello. Essa infatti si muove e coopera col demone ed insieme provvede per una certa compaziente necessità a quello. Ma un vaticinio di questo genere è di gran lunga differente da quello vero e divino e riguarda cose brevi e di scarsa importanza. Queste cose sono poste in una natura separata e sono conti­nuamente ricondotte alla generazione e mostrano che i loro movimenti provengono da altre potenze ed apportano continuamente delle passioni e che essa è naturalmente esposta a subire le passioni e per questa comunicazione di influenze giunge un vaticinio di tal genere. In fatti una profezia perfetta non può avvenire per mezzo della pas­sione. Perché ciò che è immutabile di fronte a quanto è immondo, è puro e suole seguire specialmente il futuro. Quanto, invece ha continui, tenebrosi contatti con la ma­teria e le passioni, sorge dall 'ignoranza ; per cui pensiamo che questo artificioso modo di ottenere dei presagi non è degno del nome legittimo di vaticinio, nè è da usare se­riamente, nè si deve credere a chi lo usa, come ad un ve­ritiero .

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IN QUAL MODO l SUPPLICANTI POSSONO M INACCIARE l DEMONI

Narra Porfirio che i sacerdoti sono soliti usare con­tro gli dei di violente minacce , come : "se voi farete o non farete questo, io spezzerò i cieli, o divulgherò i segreti di lside o svelerò l'arcano nascosto nell 'abisso , o fermerò la baride, (cioè la nave sacra degli Egizi) o disperderò le membra di Osiride Tifone" od altre simil i . Giamblico è del parere che i supplicanti non sogliono lanciare minacce di questo genere, come opina Porfirio, al Sole , alla Luna od agli altri celesti , ma che esista nel mondo un certo genere di potenze assai divise ed indistinte e di poca importanza che accoglie dal di fuori domande ed implora­zioni e le esaudisce, ma non per un'intelligenza propria. Infatti non distingue il vero dal falso, ed il possibile dall'impossibile . Questo genere , provocato da minacce e quasi irritato da esse, si stupisce e si agita naturalmente di fronte a frasi assai violente, ed è trascinato a compiere

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altre cose per la sua incosciente ed instabile fantasia. Inoltre il sacerdote spesso, non per umana virtù , ma per la divina potenza dei sacramenti superiori, comanda e minac­cia gli dei del mondo. Egli infat ti , che ha ottenuto l'ordi­ne degli dei superiori , perciò usa dei mandati superiori alla propria natura e di minacce, non per fare quello di cui minaccia, ma per dimostrare quanta potenza ha ottenuto dalla sua unione con gli dei che gli dà la conoscenza ed il possesso di quegli ineffa bili simboli o segni che chiamano sacramen ti. Cos ì i demoni che custodiscono le regioni e le provincie del mondo, distribuiti nelle varie sue parti , han­no tanta cura delle parti loro affidate, che non potrebbero tollerare neanche una parola contraria ali 'ordine ed alla disposizione di quello, custodendo con immutabile perse­veranza quanto è umano. E fecero loro questo ordine immutabile, perché l 'ordine degli dei rimanga immutabile in essi. Partecipando al quale, sia i demoni dell'aria, che quelli distribuiti sulla terra, hanno questo, che non posso­no udire n è essere piegati dalle minacce ; perciò gli dei custodiscono diligentemente i misteri ineffabili ed arcani. E tanto più grande è la loro diligenza , in quanto capisco­no che l 'ordine e la disposizione dell'universo è contenuta in quei misteri . Poiché in queste parole sono spiegati allegoricamente gli dei e l 'ordine del mondo ; per questa causa le parti del mondo rimangono in ordine , perché la potenza di Osiride permane nel suo sincero beneficio ed intatta e non è mai sconvolta da un tumulto contrario o da un errore .

Rimane al di sopra la stessa vita di tutti pura sem-

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pre ed incorrotta, fino a quando le facoltà vivificanti e belle che sono nascoste in lside , si fermano qui e da esse il mondo prende moto, nè esse discendono in questo corpo manifesto agli occhi ; ed ogni cosa rimane immobile e continua con la sempitema successione delle nascite e poiché il corso del Sole non può mai fermarsi, continuano al di sopra completamente integri, poiché le cose che sono nell'abisso, cioè nascoste nel profondo, non si manifestano mai ed in esse ogni cosa ha salute, ed anche l'universo, affinché in esso quanto è occulto si conservi tale e riman­ga, ed anche la segretissima essenza degli dei non subisca mai una sorte contraria, e non si mescoli agli opposti e questo, come ho detto, avviene anche per i demoni intor­no alla terra che non sopportano di essere altrimenti sviati dali 'udire una voce e di essere profanati da parole ; perciò nei riguardi di demoni di tal genere , l'uso di parole non ha nessuna potenza. Di questi , poi, nessuno, in nessun luogo può essere minacciato. Nè per loro sono state tro­vate queste minacce ; per questo i sacerdoti Caldei, presso i quali è stato giudicato e deciso il puro discorso da fare agli dei, non si usano mai delle minacce. Gli Egizi , poi, che mescolano i discorsi ai demoni con i divini sacramen­ti , talvolta si danno a minacce di questo genere .

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ESPOSIZIONE DEI SIMBOLI DELLA TEOLOGIA EGIZIA

Gli Egizi , imitando la natura dell 'universo e la costi­tuzione degli dei, mostrano essi stessi le immagini mistiche e recondite nel comporre alcuni simboli ; come la natura infatti esprill}e significati occulti in forme apparenti, quasi in simboli, anche gli dei manifestano la verità delle idee attraverso immagini manifeste. Infatti , vedendo che tutto quanto è superiore si diletta della similitudine degli infe­

riori e desiderando inoltre di essere ricolmati dalla bontà dei superiori, per quanto li imitino nei limiti delle loro forze, giustamente anch'essi offrono un conveniente modo di agire nei riguardi dei superiori e secondo delle loro forze, quando gli occulti misteri si rivelano nei simboli manifesti, per interpretare i quali parlano ed ascoltano. Quando infatti nei sacrifici , nominando il fango lo rappresentano, bisogna intendere il corpo nel mondo e la materia e la virtù generatrice ad esso connessa, e quasi ugualmente

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agitata e fluente e la causa principale, quasi preposta al punto d i inizio degli elementi e delle loro virtù. Ed essendo ciò in questo modo, il dio stesso della generazio­ne e di tutte le forze di tutta la natura, che sono insite agli elementi , cioè a dire la loro causa che , superando ogni cosa, è immateriale, indivisibile, immobile ed ingenita e causa di se stessa e tutta se stessa, e supera di gran lunga tutte queste cose , e le conduce tutte a sè, tutte abbrac­ciandole e, dal fatto che le comprende tutte ed a tutte dona del suo, si stacca com pletamente da esse.

E poiché supera ogni cosa, risplende come separato da ogni cosa mondana, solo con se stesso, alzandosi in modo sublime . Conferma anche questo il simbolo che segue, dove è rappresentato un dio che siede sul loto, pianta acquatica, dove è significato il fatto che il dio col suo dominio sopravanza il fango e non lo tocca governan­dolo, ma compie un ministero del tutto intellettuale e celeste . Infatti tutti i frutti e le foglie del loto sono rotonde e questo significa l 'azione circolare della mente che si mantiene sempre nelle medesime misure . Il dio infatti , al di sopra di questa azione, è fermo in se stesso superando, santo e venerabile, il gove rno di queste cose e quasi riposando in se stesso, la qual cosa è rappresentata nell'atto dello star seduto : inoltre, quando rappresentano il dio come pilota di una nave, vogliono far intendere come egli sia il pilota del mondo ; e come il pilota è separato dalla nave e dal timone e governa la nave con un solo e facile movimen to, cos ì fa il dio stesso al di sopra del mondo, cioè mostrando le cause prime dei movi-

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menti, dai primi principi della natura . E poiché tutte le parti del cielo e gli animali celesti e tutto il moto dell'uni­verso ed il tempo stesso, secondo il quale il mondo si muove, ed ogni cosa è contenuta nel tutto, accoglie le forze che discendono dal sole ed altre mescolate con esse ed altre ancora che superano questa mescolanza , c'è anche un modo simbolico di superare questo fatto, descrivendo il sole con parole e figure in forma di animali celesti e mutevole nella sua forma, di ora in ora. E questo dimo­stra poi la sua esistenza immutabile e tutta uguale per tutto il mondo. Ma poiché le cose che accolgono le sue forze, sono disposte in modo diverso intorno all'indivi­sibile esistenza del dio , e ciascuna accoglie le multiformi potenze del sole a seconda della differenza della propria natura e dei propri movimenti, per questo la tradizione simbolica vuole arrivare all'unità del dio attraverso la moltitudine dei suoi doni e giungere all'unica potenza del dio attraverso le potenze multiformi . Per cui , pur definen­do il dio unico e fermo in se stesso, asserisce che l 'avvi­cendarsi delle forme ed il loro trasfigurarsi , dipende da coloro che le accolgono, per la qual cosa si dice che esso muta di ora in ora a seconda dei diversi animali , come se i cambiamenti intorno al dio variassero a seconda dei di­versi modi con cui il dio è accolto e dall'uso che si fa delle preghiere a lui . Gli Egizi giungono a supplicare gli dei con tale simbolico e mistico culto, non solo nelle vere e proprie visioni degli dei , ma anche nelle preghiere di minore importanza, che hanno un significato di questo genere .

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DEI NOMI DIVINI

Porfirio chiede perché i sacerdoti usino dei nomi che non significano niente. Giamblico risponde che tutti i nomi di questo genere significano qualcosa presso gli dei e per quanto di alcuni i significati siano ignoti, di altri invece sono noti , poiché ne abbiamo avuto l 'i nterpre­tazione dagli dei . Tuttavia il modo di significarli è del tutto ineffabile e non secondo l 'immaginazione umana, ma secondo l 'intelletto che in noi è divino o piuttosto in un modo più semplice ed utile, secondo l'intelletto unito agli dei. Bisogna togliere perciò dai nomi divini ogni pensiero e discorso razionale e la connessione naturale della radice di esso con le cose poste nella natura e poiché il carattere simbolico della similitudine divina è intellet­tuale e divino, cos ì questo stesso fatto dobbiamo supporre ed accogliere in ogni cosa; e per il fatto che ·è così, è specialmente venerabile ; od è tanto più elevato , perché non entra nella nostra conoscenza ; ed in questi nomi

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divini abbiamo accolto per influsso divino la risoluzione delle cose divine, in essi abbiamo com presa tutta la cono­scenza dell'essenza, della potenza e dell'ordine divino col nome stesso e conserviamo nell'animo un'immagine misti­ca ineffabile e completa degli dei ed attraverso queste cose eleviamo l'anima agli dei, ed una volta elevata, la uniamo ad essi, a seconda delle nostre forze . Inoltre si chiede , perché , fra i nomi divini, preferiamo quelli stranie­ri agli altri : perché gli dei approvano la lingua dei popoli sacri, cioè gli Egizi e gli Assiri , come specialmente adatta alle cose sacre ; e perché pensiamo che le antiche voci e modi di parlare si devono usare come legati alla dizione e preghiera agli dei : perché questo più antico modo di parlare, fu il primo ad essere in vigore ; e perché i primi nomi furono accolti per ispirazione divina e poi mescolati nella lingua comune con uso familiare , adattati da un significato consentaneo ad essa, così ce li tramandarono da conservare in perpetuo.

Noi quindi dobbiamo conservare la stessa regola della tradizione secondo il rito. Se, infatti, qualcosa con­viene agli dei , questo è eterno immutabile, ed oltre ogni cosa legato ad essi. A proposito di questo, Porfirio dice che quando si sente nella voce di un nome divino l 'esi­stenza di un significato, la conoscenza in esso si rivela, qualunque sia la dizione. Giamblico risponde che anche interpretando in questo modo la cosa non è cos ì , come si pensa ; infatti se i nomi fossero stati posti per un patto convenuto fra gli uomini, non importerebbe niente cam­biarli con altri. Se invece furono adattati alla natura delle

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cose che specialmente sono in armonia con questo fatto, essi sono assai graditi agli dei; da ciò appare chiaramente che la lingua delle genti sacre è superiore a qualsiasi altra razionale. I nfatti non conserva il medesimo valore dei nomi interpretati in altra lingua; ma vi sono alcune voci proprie a singole genti, che non possono in alcun modo essere tradotte in altra lingua; si aggiunge a ciò il fatto che, se possiamo interpretare le proprietà dei significati da un'altra lingua, tuttavia i nomi mutati non conservano la medesima potenza ; inoltre i nomi stranieri hanno molta enfasi ed efficacia di intuizione e significato , e concisa brevità, pochissima ambiguità, e varietà e moltitudine di termini; per tutte queste cose sono sommamente adatte agli dei. Lascia quindi i sospetti lontani dalla verità per cui pensi che la lingua egizia ti porti al fatto che dove c'è un termine egizio, o l'uso della lingua egiziana, lì vi sia la possibilità di un'invocazione. Piuttosto pensa che, poiché gli Egizi per primi fra tutti ottennero in sorte la presenza e la partecipazione degli dei, perciò gli dei sono partico­larmente favorevoli al supplice che invoca secondo il rito egizio e non si può dire che questi riti stranieri siano oscuri e che i nomi divini siano stregonerie da prestigiatori o maghi, perché solo per il fatto che sono particolarmente aderenti agli dei, ci congiungono ad essi ed hanno forze quasi eguali agli dei e sono fantastici suoni senza i quali nessuna opera ottiene il suo effetto nei sacrifici. Ma neanche queste modalità esteriori si compiono per mezzo delle nostre passioni attribuite dall'opinione comune al divino. Infatti non partendo da ciò che noi stessi soppor-

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tiarno, ma da quanto è proprio degli dei, diamo a questi termini un'interpretazione secondo la natura divina. Così non giungiamo a conoscenze contrarie alla divinità. Al contrario, quando una cosa si mantiene vera, è aderente alla sua natura, e come i primi che ci tramandarono le leggi della santità del culto religioso hanno raggiunto in questo modo la verità, così noi dobbiamo perseverare in esse ; infatti se c'è qualcosa che piace particolarmente al dio nelle sacre leggi e nei riti, è proprio la continuità che è al dio particolarmente adatta. E' importante, quindi, che i riti dell'adorazione, siano sempre conservati intatti, senza togliere od aggiungere niente, come era nei tempi antichi, perché tutti i nomi e le preghiere non siano diminuite nel loro valore; invero quasi certamente a ciò è d ovuto il fatto che ad un tratto tutto, e nomi e preghiere, siano affievoliti , poiché a causa della stessa prevaricazione e smania di innovare sempre sono stati mutati e non finiscono mai di essere mutati. I greci, infatti, sono per natura desiderosi di novità ; e si lasciano trasportare facil­mente come una nave priva di timone, senza avere alcuna costanza e non conservano quanto accolsero da altri. Ma lasciano presto da parte questa o quest'altra cosa e soglio­no trasformare tutto per l a loro incostanza e per seguire lo sviluppo di nuove invenzioni; gli stranieri, invece, come sono tradizionalisti e fermi nelle loro usanze, così conser­vano sempre lo stesso modo di parlare e per questa loro fermezza sono assai amici degli dei ; ed offrono loro pre­ghiere gradite che non è lecito cambiare per nessuna ra­gione.

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L'OPINIONE DEGLI EGIZI A RIGUARDO DEL DIO E DEGLI DEI

Inoltre Porfirio chiede quale per gli Egizi , sia la causa prima. Se l'intelletto o qualcosa al di sopra di esso. E se è qualcosa di unico o se è mescolato con qualcosa d'altro o con altri . E se sia incorporeo o piuttosto corpo­reo. Inoltre se sia la medesima cosa con il fattore del mondo, o superiore ad esso, o se tutte le cose sono confluite da una sola fonte o da molte, e se il primo fondamento di tutto sia la materia informe o certi corpi ; e se questa materia fu generata o se è qualcosa di inge­nito. A queste cose Giamblico risponde cos ì : Io ti dirò in primo luogo che i sacri ed antichi scrittori degli Egizi ebbero varie opinioni a questo riguardo, ed i sapienti dei secoli passati non hanno parlato tutti nel medesimo modo di questo. Infatti , essendo molte le essenze dell 'universo ed assai differenti fra di loro, giustamente di esse furono tramandati diversi principi, con ordini diversi , a seconda

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dei vari sacerdoti, i principi, tuttavia sono tutti universali, come narra Seleuco.

Mercurio stesso ce li diede in ventimila volumi, o come corregge Meneteo, in trentarnila volumi. E in seimila cinquecento venticinque di essi dimostrò perfettamente ogni cosa. Alcuni degli antichi, poi, introdussero qua e là alcuni principi propri di particolari essenze. Occorre quin· di esporre brevemente la verità riguardo tutte queste cose, e per primo, quanto chiedesti per primo. Il primo dio, prima di essere , e solo, è padre del primo dio che generò rimanendo nella sua solitaria unità e questo è al di sopra della comprensione dell'intelletto; è un esempio di questo il dire : padre di se stesso, figlio di se stesso , padre di un dio buono.

Egli quindi è il più grande ed il primo, è fonte di tutti, e radice di tutte quelle cose che per prime sono conosciute e conoscono, naturalmente delle idee.

Da questo uno il dio, che bastava a se stesso, esplicò se stesso. Per questo si dice che, bastando a se stesso , è padre e signore di sè . Questo è il principio, il dio degli dei ; l'unità dall'uno al di sopra dell'essenza e principio dell'essenza. Da lui infatti proviene la essenza, perché è chiamato padre dell'essenza. Egli infatti, è l'ente gene­ratore dei principi intellegibili e questi sono gli inizi an­tichissimi di tutte le cose che Mercurio prepone agli dei dell'aria, dell'empireo e del cielo, componendo cento libri su quelli dell'empireo, altrettanti su quelli dell'aria, mille sui celesti. Secondo un altro ordine prepone agli dei celesti come duce il dio Emef, che dice essere un intellet-

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to per se stesso intelligente; che converte a sè le varie intelligenze ; a questo antepone un unico indivisi bile che chiama primo esemplare o espressione o effigie, il cui nome è Icton. In lui è il primo intelligente ed il primo intellegibile , che si adora solamente col silenzio; oltre a questo, poi , nella creazione delle cose sensibili, appaiono altri duci .

Infatti l'artefice dell 'intelletto che è il signore della verità e della sapienza trasforma in luce l'occulta potenza delle nascoste ragioni , col progredire delle generazioni , è chiamato in lingua egizia Amun. Giacché, poi, compie ogni cosa senza menzogna, con arte insieme con verità, è chiamato Fta ; i Greci chiamano questo dio Vulcano, con­siderandolo solamente artefice. Il dio che distribuisce il bene è chiamato Osiride ed inoltre ha altre denominazioni per potenze di fferenti.

Vi è anche presso gli Egizi un'altra gerarchia di dei al di sopra degli elementi legati alla generazi one , e le virtù di questi dei sono quattro maschili e quattro femminili ; ed attribuiscono questa gerarchia al sole . Così c'è un'altra gerarchia al di sopra di tutta la natura generatrice, che è attribuita alla Luna . Puoi dispo"e queste in un ordine cui

anche Proclo è consenziente. Il primo è questo uno al di

sopra dell 'esistenza e dell 'intellegibilità. Il secondo è l 'ente

unico, nella sua unità, ed in esso l 'unità è preposta all 'es­

sere; può essere chiamato l 'intelletto intellegibile, padre di

se stesso. Il terzo è l 'intelletto intellegibile ed intellettuale

insieme ed è l 'intelletto unito, l 'espressione prima, Icton.

Il quarto è l 'intelletto intellettuale già esplicato, duce

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degli dei celesti, Emef Il quinto è l 'intelletto creatore,

duce delle attività mondane ed è formato dagli dei celesti,

empirei ed aerei; questo, forse, è l 'intelletto anima del

mondo che chiamano Amun, Fta, Vulcano, Osiride ( l ).

Secondo Giamblico vi sono alcuni che dividono il cielo in due parti, in quattro, in dodici, o in trentasei , o nel doppio di trentasei, o in altri modi, mettendo a capo di queste divisioni più o meno potenze. Ma di nuovo antepongono a tutti questi un solo duce e cos ì il trattato degli Egizi che riguarda i principi, progredendo dall'alto verso il basso, discende dall'uno ad una moltitudine, che è governata cioè da un dio della natura indefinita per quan­to sia compresa strettamente in un confine definito. La causa quindi di tutto, è un 'eccelsa unità.

Dio produsse la materia con la materialità derivata dall'essenzialità ed assumendone questo aspetto vitale , l 'ar­tefice compose le sfere semplici ed insensibili ed in ultimo l'adoperò per produrre i corpi generabili e corruttibili. Distinte queste cose , si risolvono facilmente i dubbi che dici di aver concepito nella lettura dei libri egizi. Le opere quindi che girano sotto il nome di Mercurio, contengono le opinioni mercurial i , anche se spesso parlano con lo stile dei filosofi greci.

Ve ne sono , infatti , alcuni tradotti dalla lingua egi­ziana in quella greca da persone non inesperte di filosofia. Desidererei , però, che , come si occupano delle cause pri-

(l) La parte in corsivo è un 'aggiunta di Marsilio ed è pre­ceduta, nel testo, dal nome di Marsilio:

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me delle cose del mondo, studiassero di esse anche i più alti principi . E come trattano da duci potenti i pianeti e lo zodiaco, i decani, gli oroscopi e le stelle, riferissero anche le particolari distribuzioni dei principi . I noltre i dogmi dei libri salamini, contengono una brevissima parte delle distribuzioni rivelate da Mercurio; così le parti che trattano dell'apparire delle stelle o delle tenebre, del­l'aumentare e del decrescere della luna, hanno solamente, in fondo, la spiegazione data in proposito dagli Egizi. Inoltre gli Egizi pensano che non tutte le cose sono natu­rali, ma distinguono la vita intellettuale da quella animale della natura. E questo, non solamente nel mondo, ma an­che negli uomini, avendo posto prima di tutto l'intelletto e la ragione come esistenti per se stessi. Così pensano che siano fatte tutte le cose ed asseriscono che vi è un primo e principale padre ed artefice di tutto quanto si continua poi attraverso la generazione. Conoscono poi una potenza vitale che è in cielo ed al disopra del cielo. Così collocano l'intelletto puro al di sopra del mondo come unico ed indivisibile in tutto il mondo ed un altro distribuito in tutti i circoli. E queste cose sogliano meditare non solo nella preghiera e nel nudo ragionamento, ma insegnano che esse portano la nostra natura a cose più alte, comuni e superiori al fato , fino al dio artefice del mondo. Nè in­segnano fin dove la materia trascini con sè , nè altre cose oltre l 'osservare il tempo opportuno ; insegnano il conse­guimento delle opere rituali e insieme lo realizzano ; e questa via ce l'ha indicata anche Mercurio. E l'interpretò il profeta Bitide al re Ammone, poiché l'aveva trovata

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all'entrata del tempio nella città di Sain, scolpita in sacre lettere egiziane ed offr ì anche a noi il nome del dio che si muove per l 'universo ; riguardo a queste cose vi sono anche molti ordini. Per la qual cosa non mi sembra giusto ricondurre tutto quanto ci è dato dagli Egizi a cause naturali. Vi sono infatti presso di loro molte cose in molteplici essenze ; vi sono anche le potenze supermon­dane che essi venerano con molta santità, secondo i prin­cipi religiosi .

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DEL L I BERO A R BITRIO E COME CI POSSIAMO LIBERARE DAL DESTINO

Dopo di ciò Porfirio dice che molti Egizi fanno dipendere il nostro arbitrio dal moto delle stelle. Giambli­co risponde secondo le sentenze di Mercurio in questo modo : l'uomo ha due anime, come insegnano le sentenze di Mercurio ; una proviene dal primo intellegibile ed è partecipe della potenza di quell 'artefice ; un 'altra invece , è concessa a noi dal circuito dei celesti . In essa penetra l'anima che vede le cose divine. L'anima, dunque scendendo dai mondi in noi, segue i circuiti dei mondi. Essa venendo dall'intellegibile , presente in modo intellegibile, ma supera il circuito generativo; e per essa ci possiamo liberare dal destino e saliamo fino agli dei . Ed abbiamo la religione che tende a ciò che è eterno; infatti non si deve pensare, come tu dubiti , che tutte le cose siano legate ad indisso­lubili vincoli di necessità, che si chiamano fato ; infatti l 'anima ha un principio in sè proprio, per il quale si porta

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all'intellegibile e dal quale discende fino alle cose genera­te ; giunge fino allo stesso ente divino. Infatti noi non applichiamo il fato agli dei che veneriamo come coloro che si liberano dal fato , nei templi , nei sacrifici, nelle statue . Gli dei, infatti, liberano dal destino. Le nature, invece che discendono ultime da essi e che sono legate alla generazione ed al corpo del mondo, seguono il de­stino. Giustamente , quindi tributiamo tutta la nostra vene­razione agli dei , affinché essi , che soli dominano la neces­sità con la persuasione dell'intelletto, ci liberino dai mali imminenti del destino. Non tutto, in natura , infatti , è legato al fato, ma vi è un altro principio dell'anima più potente della natura e della generazione, per il quale possiamo unirei agli dei e supe rare l 'ordine del mondo e partecipare alla vita eterna ed all'azione degli dei super­celesti ; per mezzo di esso noi stessi possiamo scioglierei dai vincoli del destino. Quando infatti le qualità migliori che sono in noi agiscono e l'anima è richiamata a quanto c'è di meglio in lei , allora essa viene separata da quanto vince nella generazione e si allontana dalle sue qualità più basse . E muta una vita con un'altra ; ed essa stessa si inserisce in un altro ordine , lasciando completamente quello di prima. Come dunque? E' proprio possibile libe­rarsi dal fato per mezzo degli dei che ci stanno intorno? E nello stesso tempo pensarli come i duci e gli autori dei fati, come coloro che legano la vita ai vincoli insolubili del destino? In verità niente proibisce che così avvenga. Poiché infatti gli dei comprendono in sè molte essenze e potenze, che cosa può loro proibire di immeqere in

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altre inestimabili differenze e contrarietà? Questo è lecito dire ; in ciascuno degli dei , anche di quelli visibili , ci sono i principi dell'intelletto e de li 'essenza, per mezzo dei quali le anime ottengono la liberazione della generazione del mondo e la libertà. Se poi qualcuno non ammette questa soluzione dei due ordini di dei , cioè quello mondano e quello supermondano, tuttavia la cosa si può risolvere tenendo conto anche solo dell'ordine superrnondano. Que­sto è dichiarato chiaramente nel trattato degli dei : quali infatti siano gli dei che riconducono specialmente a cose superiori e come ci richiamino da esse e con quali potenze ed in che modo liberino dal destino ed a quali condizioni renda particolannente l 'operazione dei sacrifici e quale è l'ordine della natura del mondo ed in quale modo l 'azione intellettuale compiuta viene dominata da questo ordine ; per la qual cosa il fatto stesso che tu citasti dai versi di Omero , che gli dei sono pieghevoli, ci sembra un sacri­legio ; infatti le sante opere della religione sono definite da leggi sincere ed intellettuali e liberano da quanto è peggio­re con un ordine ed una potenza maggiori e noi non otteniamo una sorte migliore fino a quando non ci libe­riamo da ciò che è male, per cui non ci tocca niente che sia al di fuorj della regola prestabilita all'inizio, così che gli dei siano piegati a cagione del sacrificio e dell'atto cultuale e dall'atto di minor conto; ma il dio lasciò andare le anime alla loro prima dipartita, a questa condizione, che tornassero a lui di nuovo. E non sono in contraddizione fra di loro, la dipartita ed il ritorno delle anime. Infatti , come nell'uni­verso intellettuale l'essenza è una cosa sola con la genera-

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zione e tutto questo si connette giustamen te, cos ì anche nella disposizione delle anime la cura della loro genera­zione consente anche una liberazione da essa.

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DEL DEMONE DI CIASCUNO

Dopo di ciò, Porfirio chiedeva molte cose sul de­mone di ciascuno. Giamblico, a questo, rispondeva cos ì : duplice è l a teoria sul demone proprio a ciascuno ; una lo vuole sacro, quasi divino; l'altra artificioso. Quella non fa alcuna indagine sulla nascita di ciascuno ; questa l 'esamina con diligenza. Quella rende culto e cura al demone in modo universale, al disopra della natura ; questa in modo particolare, secondo natura. Stando cos ì le cose, mi sem­bra assurdo che tu abbia trasposto un culto così perfetto su un piano semplicemente umano ed in esso tu abbia agitato le tue questioni. Perciò quando tu cerchi solamen­te una via naturale e cos ì rendi culto al demone, mi sembra che tu abbia preso parte assai esigua della vita. Infatti coloro che ricercano ed operano intorno alla natu­ra in modo artificioso, sono soliti invocare il demone per mezzo di decani che lo facciano per loro e perciò di immagini dispensatrici dell 'influsso celeste, cioè delle stel-

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le, del sole, della luna e dei poli e di tutti gli elementi del mondo. Tu, scegliendo non giustamente una piccola parte di tutto questo, cioè il significato dell'immagine della nascita, agiti la questione solo in questo punto ; ed in questo modo il significato stesso cede al demone dell 'im­magine . E così indaghi secondo quale vita e potenza ed influsso, quello influisca su di noi ; e cos ì ti fermi sulla questione della nascita, sul fatto che il demone esista o no, e se si può trovare il significato dell'immagine o se non si può . Ed asserisci che è beato colui che, avendo trovato l'immagine della sua nascita, può così sfuggire alla sua sorte . Cos ì vedi il tuo demone ; a me sembra che queste cose contrastino fra di loro e manchino di verità. Se infatti il demone è legato a noi per l 'immagine della nostra nascita, e da questo noi Io conosciamo, in qual modo potremmo sfuggire al fato, con la conoscenza di un demone a noi assegnato dal fato? E come possiamo allontanare le necessità imposteci dal fato per mezzo del demone, come tu affermi, quando tutte queste cose sono state a noi destinate, insieme col demone, dal fato?

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DEI GIUDIZI DEGLI ASTROLOGHI E DEL DEMONE

Porfirio dice che se qualcuno riuscisse a conoscere l 'immagine della propria nascita , ed il significato di essa, troverebbe il suo demone e per mezzo di esso si potrebbe liberare dal destino della nascita, ma aggiunge che è im­possibile conoscere quella e trovare questo e che le regole dell'astrologia e dell'astronomia, sono incomprensibili ed incerte , come asserisce anche Cheremone. Giamblico dice che il demone non può essere conosciuto nè è concesso da quell'immagine nè dal suo influsso. Altrimenti non ci libererebbe dal fato della nascita, ma questo è possibile per mezzo di un principio primo e più alto, cioè degli dei superiori, quando per la prima volta l 'anima si volse a cose sensibil i , prima della concezione; quindi noi po�siamo sfuggire al fato , non tanto per mezzo del demone, quanto attraverso il culto degli dei superiori. Infatti le supposi­zioni di Porfirio sono in contrasto non solamente con se

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stesse, ma anche con l a verità. Poiché il demone non è assegnato a ciascuno a seconda dell 'ipunagine della propria nascita, ma bisogna risalire assai più indietro. Se di qui si conoscesse il demone non sarebbe felice colui che riuscisse a conoscere il demone della sua nascita. E chi potrebbe sceglierlo come guida per sfuggire al destino? Se pensi

che esso ci sia stato assegnato per farci giungere alla cono­scenza di queste cose, dimentichi completamente le princi­pali questioni sull'essenza e dell'ordine dei demoni, e tocchi le ultime da cui sono discese. Dici inoltre che innumerevoli sono le regole dell'astrologia e le ipotesi sulla genesi. Donde ·appare che di queste cose non si può avere conoscenza. Io quindi penso che si possa ottenere una verità certissima nei riguardi delle stelle col vaticinio divino. Noi non manchia­ma di un gran numero di regole nè di predicazioni artificio­se ed inoltre aggiungo che non è del tutto impossibile che tu mostri molta sapienza per quanto riguarda la scienza mate­matica, perché essa porta ad opinioni diverse , e ciò che dice C'heremone può contraddirlo qualunque altro. Ma in questo modo, a causa delle opinioni contrastanti in qualsiasi scienza od arte, potremo dire che la scienza non ha nessun valore ; ma certamente, ovunque, non solo le falsità sono in contrasto fra di loro, ma lo sono anche con la verità ed ovunque si può giungere alla verità, scartando quanto è falso . Porfirio dice che non si possono compren­dere le regole dell 'astronomia o dell 'astrologia e che in esse vi sono molte contraddizioni e che possono essere oggetto di critica da molti . Risponde Giamblico che il vaticinio divino può rivelare la natura e l 'influsso degli

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astri, senza alcun artificio. L'astronomia e le altre arti concesse dagli dei da gran tempo, si sono confuse con le opinioni umane e conservano ben poco di divino e di vero. Nell'astronomia vi è qualcosa di vero per quanto ben poco che appare dal reciproco influsso delle stelle, che appaiono in cielo secondo determinate misure, cos ì che si può prevedere un'eclissi di sole o di luna o l 'aspetto dei pianeti. Le regole delle misure, delle distanze e dei movi­menti delle comete e simili, a lungo osservate, presso i Caldei e presso di noi, testimoniano che l'astronomia è una scienza vera. Porfirio dice che il significato della figura od i significati, se sono molti, non possono essere compresi dagli studi degli astronomi e degli astrologì1i , ma che bisogna indagare sul demone di ciascuno. Giamblico dice che gli astrologhi danno delle regole, alcuni ne danno cinque , altri meno, altri di più, per trovare e distinguere i significati delle figure. Non dice che vi siano delle regole e che si possano trovare e distinguere ma cos ì si pensa ed è tramandato da quelli contro le ipotesi di Porfirio. Che cosa proibisce che il significato dell'immagine ed il de­mone, che cos ì difficilmente si possono trovare per mezzo dell'astrologia, possano invece essere facilmente capiti con il vaticinio divino ed i sacrifici? Nè si deve pensare che il demone sia tutto nel significato dell'immagine. Vi sono infatti , di esso , molti e più antichi principi . E non con arti umane , ma divine , ciascuno può trovare il proprio demone. Infatti a ciascuno è assegnato il proprio demone, non secondo la particolare disposizione del cielo e degli elementi, ma secondo tutta la disposizione del mondo che

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è in vigore quando l'anima discende e che ad essa adatta il demone come sicuro esecutore della vita che l'anima ha scel to ; ed il demone la concilia al corpo ed ha cura della vita affidata al corpo ; governa la vita, propria dell 'anima e ci mostra continuamente i principi del pensiero, cos ì che noi sviluppiamo quei ragionamenti che esso ci ha portato in mente ; e si cura di noi , fino a quando, resi perfetti per le cose sacre, cambiamo il demone con il dio. Allora il demone, che cede il posto al dio, o lascia la sua opera o ci conduce ad esso ; una sorte propria è assegnata all'anima di ciascuno, quando discende da tutto il mondo nel corpo e gli dà vita e la stessa sorte è condotta e compiuta dal demone. E' quindi impossibile giudicare da certi eventi , perché non possiamo capire il concorso di tutte le cause se non giungiamo a ciò per ispirazione divina.

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DONDE VENGA CIASCUN DEMONE, CHE COSA FACCIA, E SE E' UNO SOLO

Il demone proprio a ciascuno non è assegnato da una certa parte del cielo o degli elementi , ma da tutto il mondo e dalla vita in esso multiforme e dai corpi multi­formi, attraverso i quali l'anima, scende per la nascita, passa, ed è cos ì definita e distinta la sorte a noi propria, distribuita a seconda del raggio di influenza proprio a ciascuna. Questo demone era quindi nel mondo delle idee, prima che le anime scendessero alla nascita . Ed una volta che l 'anima l'ha accolto come guida, esso è presente per svilupparne la vita ; esso, come dissi, lega l 'anima che discende al corpo, e cura poi tutto l 'essere animato. Dirige la vita propria dell'anima ; e quando ragioniamo, ci offre i principi del ragionamento e noi sviluppiamo quanto esso stesso ci porta alla mente e ci governa finché, purificati dalle opere sacre, sostituiamo la guida del demone con quella di un dio; dopo di ciò il demone viene a mancare

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come se sparisse alla presenza di quello o ci conducesse a lui . Chiede di poi se è vero che più demoni assistono ogni uomo, governando di esso, chi una cosa, chi l 'altra. Abbia­mo risposto a ciò che il demone non è presente solamente a qualche parte di noi, ma alla nostra completa totalità, e ci guida in tutti i modi, come ci fu assegnato da tutti gli ordini completi che sono nel mondo. Tu congetturavi che molti demoni ci assistessero a seconda del numero delle nostre parti . Ed inoltre che nello stesso corpo vi fossero diversi demoni che curassero, uno la sal ute , l 'altro la bellezza, l'altro l'abitudine a queste cose . Uno solo, inve­ce , cura tutte queste cose nel corpo. Così tu pensavi che un demone governasse il corpo, un altro l'anima, un altro la mente . C'è inoltre la congettura, che ci sembra tale da essere accettata, che il corpo, l 'anima e l'intelletto, siano governati da uno stesso demone. Non voler quindi fare delle distinzioni, come se uno fosse il demone del corpo, un altro quello dell'anima, un altro quello dell 'intelletto ; è infatti assurdo pensare che uno sia l 'essere animato e molti i demoni che hanno potere su di lui . Infatti coloro che governano sono in numero minore dei sudditi . Ed è anche più assurdo che molti demoni , parti di uno stesso potere . non siano fusi in uno solo, ma siano disgiunti fra

di loro. Aggiungi poi i contrasti fra di loro perché fra i demoni dominanti, alcuni possono essere buoni, altri cattivi. Tuttavia, gli spiriti cattivi non ottengono mai in sorte un governo, nè hanno pari autorità, nè sono distribuiti in numero uguale a quello dei buoni . Dopo di questo avanzi l'ipotesi che il demone proprio di ciascuno

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sia una certa parte dell'anima, cioè l 'intelletto, ed è cioè felice, quell'uomo che ha un intelletto sapiente ; ma se fosse così non vi sarebbe più una classe di esseri più potenti dell'uomo, preposta all'uomo. Ma fra le parti divise dell'anima, la superi ore sarebbe dominata dalle infe­riori . Quando invece esse sono tutte collegate, e nessuna come assoluta domina le altre sottomesse .

Dopo di ciò dici che il culto reso al demone dovreb­be essere compiuto come se esso fosse più di uno ; come a due demoni od a tre ; non è lecito a noi dividere le cause che ci presiedono a ricondurre il potere ad uno solo, come se un'unica unità dominasse in tutti . Infatti colui che divide il potere a seconda del corpo e divide pure le varie attività di esso, questi riconduce questo potere ad una parte assai angusta di esso. Per cui non è lecito considerare cos ì diviso il culto religioso all'influenza dei demoni, perché l'operazione stessa sulla quale si fonda , è facilmente attaccabile per la sua debolezza. Infatti uno è il nostro custode a seconda del demone proprio a cia­scuno. Ed ugualmente non si può pensare ad un demone comune, uguale per tutti gli uomini, cioè anche comune a se stesso ; a ciascuno è chiara la contraddizione di questa ipotesi. Infatti la divisione secondo ciascuna specie e la diversità della materia, non ammette un'identità a sè , delle cose incorporee .

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L'INVOCAZIONE DEL DEMONE

Chiedi inoltre perché siamo soliti chiamare il de­mone con un'invocazione uguale per tutti , perché, cioè, l'invocazione dei demoni si compie per la potenza di un dio unico che dal principio assegnò a ciascuno il suo demone e che mt:Jstra nei sacrifici quello che è proprio a ciascuno, secondo la sua volontà. Ma sempre, nell'ordine delle operazioni sacre , i numi inferiori sogliono essere chiamati per l'intervento di quelli superiori . Perciò uno fra i demoni, loro duce , ottiene in sorte il potere di quanto riguarda le nascite e manda a ciascuno il proprio demone . Dopo che dunque , a ciascuno è presente il suo demone, allora gli dice qual è il culto a lui adatto e gli rende manifesto qual è il suo nome ed il modo proprio delle sue invocazioni ; e questo è l'ordinamento dei demoni . Un altro ordinamen

.to è dato ai supplici . Del quale , un modo

risale alle cause più antiche , un altro sveglia in essi la tendenza a ci.ò che li porta in comune ad un medesimo

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punto . Non voler dunque pensare che le invocazioni divi­ne siano simili a quelle umane e non voler paragonare quelle ineffabili a quelle comuni , e non mettere in con­fronto quelle che superano ogni termine e modo indeter­minato con le umane potenze ed ordinamenti, cioè quan­to è indefinito con quanto è definito.

Ciò che, infatti, è presso di noi, non ha niente in comune con tutto il genere e con ciò che secondo l'ordine universale supera noi e tutta l'essenza e la natura nostra. Infatti gli uomini compiono errori grandissimi, quando nell'umana debolezza si suole ragionare sulla potenza dei demoni con argomenti di debole e limitata virtù, e par­lando di cose grandi e di enorme valore.

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DELLA FELICITA'

Hai inoltre il sospetto che qualche altra via alla felicità, oltre al culto divino , sia nascosta e chiedi insi­stemente quale essa sia. Ma se negli dei è contenuta l 'essenza di tutti i beni e la perfezione e la prima potenza ed il primo principio del bene è con loro, giustamente solo noi sacerdoti e quelli che ugualmente si sono dati agli esseri superiori e secondo la legge hanno conseguito l 'u­nione con loro, perseguiamo con diligenza il principio e la fine di tutti i beni ; in questo stato c'è la contemplazione della verità ed il compimento della scienza intellettuale. Ed insieme con la conoscenza degli dei viene anche la facoltà d'indagare in noi stessi e di conoscerci . Vanamente pensi che un religioso faccia conto delle opinioni e dei favori mondani . Poiché è impossibile che un animo dedito agli dei ascolti le lodi umane .

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LA RELIGIONE E' VERA

Ma tu dubiti di quanto viene di conseguenza : cwe che il religioso sbagli quando dici che l'anima s'immagina grandi cose, basandosi su ciò che è contingente . Perché mai nelle cose esistenti potrebbe essere l 'inizio dell 'ingan­no? Forse che la potenza fantastica in noi non è quella che crea degli idoli e li trasforma, ma quando la vita intellettuale è perfettamente attiva non sorge alcuna fan­tasia? Forse che la verità non è una cosa sola con gli dei per la loro comune essenza? E non è molto di più quella che è fondata sull'armonia delle cose intellegibili? Invano questi sospetti vengono divulgati da te e da altri . Che anzi, quando tu e gli altri calunniate i religiosi come prestigiatori vani e ciarlieri siete assai lontani dalla verità ; infatti , come nelle altre arti, anche nella religione , vi sono coloro che parlano in modo falso. Questo modo di parlare più di ogni altra cosa porta lontano dalla religione . Il male, infatti. è più contrario al bene che il non bene.

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DEL PRESAGIO NATURALE ARTIFICIOSO E DIVINO

Se in noi vi è qualche attitudine naturale a presagire il futuro, come negli animali è il presentimento dei terre­moti, delle tempeste , dei fre ddi naturali, non mi sembra che un presagio di questo genere abbia niente di venera­bile. Infatti un presagio di questo genere è la naturale conseguenza di un 'acuta sensibilità e di una partecipazione ai movimenti delle forze naturali e non sale ad un ragiona­mento razionale od all'osservazi one di alcuni effetti delle costellazioni precedenti , ma è l 'effetto di una causa fisica. I medici sono soliti prevedere la febbre quando fa freddo e sembra che questa conoscenza del futuro sia importante ; infatti si basa su fatti umani, visibili e corporei . Ma solo i l vaticinio concesso dagli dei c i mostra veramente la vita divina e possiede la facoltà di prevedere il futuro e la divina intelligenza . E ci rende divini e ci porta il giusto bene. Felicissima è l'intelligenza degli dei ed è abbondan-

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tamente colma di ogni bene ; tu ti chiedi allora perché i profeti ispirati dal dio prevedono il futuro e tuttavia non sono felici . Infatti possono prevedere e tuttavia non sanno usare del futuro ; ma bisogna dire, invece , che qualsiasi profezia ispirata dalla divinità è buona e tivolta al bene e partecipe di ordine e giustizia. Ed è in noi assai utile, perché gli dei , insieme col presagio , ci suggeriscono le pos­sibilità di evitare ed allontanare le disgrazie imminen ti. E quando importa mettere alla prova le virtù di qualcuno, ed a ciò è necessaria l 'ignoranza del futuro, essi stessi lo nascondono, perché l'animo si migliori . Quando invece questo non è necessario e le anime possono presentire , per ritornare salve a cose più alte, allora concedono all'essenza delle anime la profezia.

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LA VIA DELLA FELICI T A'

Chiedevi poi qual è la via della felicità ed in che cosa sia la felicità . Ascolta dunque questo. L'uomo che contem­pla in se stesso il suo intelletto è in qualche modo congiun­to alla contemplazione degli dei . Quindi entra in un'altra anima adattata c quasi contemperata alla forma della specie umana: ed in questa è ancora legata ai vincoli del fato e della necessità. Bisogna quindi considerare in quale modo si possono spezzare questi vincoli. E non vi è alcuna altra soluzione , tranne che la conoscenza degli dei . L'idea della felicità, infatti , è lo stesso conoscere il bene. Come l 'idea del male è la stessa dimenticanza del bene c l 'inganno pro­vocato dal male , mentre la conoscenza di quello armonizza con quanto è divino; la dimenticanza e l'inganno di esso è inseparabile da quanto è caduco. Cos ì quella misura secon­do il rito le essenze degli intellegibili per le sacre vie delle santità. Questa, invece, cadendo dai principi ne viene respin­ta e si espone ad essere commisurata con un 'idea corporale .

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Quella è la conoscenza di chi l'ha generata ; questa è l'allon­tanamento e la dimenticanza del dio padre santissimo, che basta a se stesso e che è lontanissi mo. Quella conserva la vita richiamandola al padre ; questa conduce l 'uomo, che è padrone della genitura, a ciò che non resta mai e che è soggetto ad un continuo fluire. La prima ti sia dunque la via alla felicità intellettuale , poiché ha la pienezza dell'unione dell'anima col dio. La sacra e divina felicità è chiamata dalla tradizione la porta per giungere al dio fattore di tutto, luo­go e sede del bene . E possiede come prima potenza la san­tità casta e sobria dell'anima, assai più utile della sobria castità del corpo ; inoltre ci dà la tendenza al pensiero e la stessa parte cipazione e visione del bene ; ed allontana i con­trasti . In terzo luogo ci indica l'unione con gli dei che elar­giscono ogni bene . Inoltre , singolarmente e propriamente unisce l'anima, sia alle parti del mondo, che alle potenze divine diffuse nelle parti del mondo e ne mostra l 'armonia con esso e la pone del tutto al di fuori della materia e la congiunge all'unica ed eterna causa dell'universo, cioè alla potenza di creazione che si genera da sè, da sè si muove e che sostiene ed eleva ogni cosa, essendo intellettuale, e che adorna ugualmente tutte le cose . E riporta continuamente alla verità intellegibile, sempre compiendosi da sè e com­piendo gli altri e purificandoli, adatta ciascuno alle forze del dio creatore , gradatamente, a seconda delle forze dei sin­

goli , in modo che in quest'opera di azione, di intelletto e di creazione , l'animo purificato c sacro si forma in modo per­fetto. Ed in fine pone l'anima nella completezza del dio creatore.

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LA CONCLUSIONE DELLA RELIGIONE E DELLA FELICITA' PRESSO GLI EGIZI

E questo è il fine dell'elevazione religiosa e sacra presso gli Egizi , i quali pensano che il vero bene divino sia questo dio al di sopra dell'intelletto ed il vero bene uma­no l'unione ad esso, come spiegò il profeta Bitide, inter­pretando i libri di Mercurio. Infatti questa parte non è stata tralasciata dagli egizi , come tu pensi , ma è stata a noi tramandata secondo il rito, come si deve fare con le cose sacre . Ed i loro sacerdoti non chiedono all'intelli­genza divina la soluzione di cose di poca importanza, ma di quanto riguarda la purificazionc e la liberazione e la salute dell'anima, e non meditano cose difficili , inutili agli uomini, ma ciò che è più utile all'anima di tutti , ed i sacerdoti non si lasciano ingannare da qualche tranello o per il falso influsso di qualche demone e non eccedono mai nella natura cattiva ed i ngannatrice dei demoni, ma salgono sempre a quella intellegibile e divina .

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Trattate queste cose, scongiuro gli dei che insegnino a me ed a te il vero modo di custodire e di seguire le intelligenze e che questo non ci manchi mai in nessun tempo e che ci mostrino la verità per la sempiterna eter­nità P,egli eterni . E che ci facciano partecipi delle intelli­genze più perfette intomo agli dei , nei quali è posto il fine beatissimo di tutti i beni e l'amicizia e la concordia scambievoli fra noi ed ogni autorità ed ogni sostegno.

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I N D I C E

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Introduzione .

Nota .

Della conoscenza delle cose divine

Delle proprietà di ciascuno dei superiori .

L 'Ordine degli esseri superiori .

Come si distinguono fra di loro le azioni degli esseri

superiori .

Dell'intelletto e dell'anima .

Ogni cosa divina ed incorporea è ovunque

Della provvidenza e come gli dei siano ovunque

Perché ogni cosa divina non è soggetta a passioni

Si parla dell'anima separata dal corpo

Dell'ira degli dei .

Della necessità c libertà degli dci .

Della differenza degli dci dai demoni presso i greci

loro devotissimi .

Di nuovo delle preghiere

Della differenza fra gli dci, i demoni ed i celesti

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Della somiglianza dei corpi celesti alle specie incor-

poree .

Conferma dei superiori .

Della provvidenza, degli dei e dei demoni

In che differiscono i demoni, gli eroi, le anime .

Quando numi diversi possano apparire ed agire in

modo diverso

Della virtù dei sacramenti

Che cosa sia e donde venga il vaticinio

Dei sogni .

Dell'ispirazione divina che è nella veglia .

Molti miracoli sono compiuti dai profeti

L 'ispira t o non ha mai azione propria ; ed il dio sta al

posto della sua anima .

Non vi è nei sacrifici un 'opera di qualche efficacia se

non nella potenza c nella presenza di qualche

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nume . 98 numi invocati ci assistono non costretti. Ma per

loro volontà . l 00 Le opere miracolose e le profezie non avvengono per

qualche virtù delle stelle, del corpo o dell'anima,

ma per la pura e libera volontà del dio .

Dei sogni divini ed umani .

l misteri dei caldei riguardanti il sacerdozio, il dio, i

demoni buoni e cattivi .

Le invocazioni ed i comandi degli uomini verso gli

spiriti .

Donde i sacr'ifici abbiano forza e che cosa portino .

Quale la ragione e l'utilità dei sacrifici

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Dei sacrifici degli animali

Dei vaticini ottenuti per mezzo degli animali

In qual modo i supplicanti possono minacciare i de-

moni

Esposizione dei simboli della teologia egiziana .

Dei nomi divini .

L'opinione degli egizi a riguardo del dio e degli dei

Del libero arbitrio e come ci possiamo liberare dal

destino

Del demone di ciascuno

Dei giudizi degli astrologhi e del demone

Donde venga ciascun demone, che cosa faccia, e se è uno solo

L'invocazione del demone .

Della felicità .

La religione è vera

Del presagio naturale, artificioso e divino

La via della felicità .

La conclusione della religione e della felicità presso

gli egizi

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