giornale di strada - libera-mente

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Numero 10 (2) di Ottobre 2011

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Page 1: Giornale di Strada - Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 1

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Page 2: Giornale di Strada - Libera-mente

GIORNALE di STRADA Pagina 2

Sommario

Pagina 3 articolo 1 3

Pagina 4 articolo 2 4

Pagina 5

Pagina 8

Pagina 9

Pagina 1 2

Pagina 1 9

Pagina 20

Pagina 21

Pagina 23

EditorialeQuel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene noninterrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e delrientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prendercorso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costieradall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto incui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lagodove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi erallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi sirompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossaturade’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle focide’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne,sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si pro­lungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dànome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anziviene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: ungran borgo al giorno d’oggi, e che s’incammina a diventar città.Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene noninterrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e delrientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prendercorso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costieradall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto incui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lagodove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi erallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo,già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onored’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabileguarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia allefanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spallea qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavanmai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadinile fatiche della vendemmia.Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene noninterrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e delrientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prendercorso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costieradall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto incui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lagodove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi erallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi sirompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossaturade’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle focide’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne,sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi,

Firma

"Libera-Mente"n. 1 0 - Novembre 2011

Giornale di strada edito daAss. Centro Sociale Papa Giovanni XXI I I

Stampato dalla Cooperativa Sociale"Libera-mente" - [email protected]

di proprietà della Associazione"Centro Sociale Papa Giovanni XXI I I "

Registrazione del Tribunaledi Reggio Emil ia n. 1 057/01

Direttore Responsabile: Matteo IoriIscritto al l 'Elenco Specialedel l 'Ordine dei Giornalisti

dal 02/03/2001

La QUERCIA

Page 3: Giornale di Strada - Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 3

INTERVENTO MATTEO IORI SU DIRITTO CITTADINANZA

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi , a se-conda dello sporgere e del rientrare di quel l i , vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra unpromontorio a destra, e un’ampia costiera dall ’altra parte; e i l ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor piùsensibi le al l ’occhio questa trasformazione, e segni i l punto in cui i l lago cessa, e l ’Adda rincomincia, per ripigl iar poi nomedi lago dove le rive, al lontanandosi di nuovo, lascian l ’acqua distendersi e ral lentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castel lo, eaveva perciò l ’onore d’al loggiare un comandante, e i l vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagno-l i , che insegnavan la modestia al le fanciul le e al le donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle aqualche marito, a qualche padre; e, sul finir del l ’estate, non mancavan mai di spandersi nel le vigne, per diradar l ’uve, eal leggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia.La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti , scende appoggiata a due monti contigui, l ’uno detto di san Marti-no, l ’altro, con voce lombarda, i l Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fi la, che in vero lo fanno somigl iare a una sega:talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano asettentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagl i altri monti di nome piùoscuro e di forma più comune.Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in val loncell i , in erte e in ispia-nate, secondo l’ossatura de’ due monti, e i l lavoro dell ’acque. I l lembo estremo, tagl iato dalle foci de’ torrenti , è quasitutto ghiaia e ciottoloni; i l resto, campi e vigne, sparse di terre, di vi l le, di casali ; in qualche parte boschi, che si pro-lungano su per la montagna. Lecco, la principale di quel le terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dalponte, al la riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giornod’oggi, e che s’incammina a diventar città.Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in val loncell i , in erte e in ispia-nate, secondo l’ossatura de’ due monti, e i l lavoro dell ’acque. I l lembo estremo, tagl iato dalle foci de’ torrenti , è quasitutto ghiaia e ciottoloni; i l resto, campi e vigne, sparse di terre, di vi l le, di casali ; in qualche parte boschi, che si pro-lungano su per la montagna. Lecco, la principale di quel le terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dalponte, al la riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giornod’oggi, e che s’incammina a diventar città.Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi , aseconda dello sporgere e del rientrare di quel l i , vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume,tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall ’altra parte; e i l ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più sensibi le al l ’occhio questa trasformazione, e segni i l punto in cui i l lago cessa, e l ’Adda rincomincia, per ripi-gl iar poi nome di lago dove le rive, al lontanandosi di nuovo, lascian l ’acqua distendersi e ral lentarsi in nuovi golfi e innuovi seni.La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti , scende appoggiata a due monti contigui, l ’uno detto di san Marti-no, l ’altro, con voce lombarda, i l Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fi la, che in vero lo fanno somigl iare a una sega:talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano asettentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagl i altri monti di nome piùoscuro e di forma più comune.Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi , aseconda dello sporgere e del rientrare di quel l i , vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume,tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall ’altra parte; e i l ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più sensibi le al l ’occhio questa trasformazione, e segni i l punto in cui i l lago cessa, e l ’Adda rincomincia, per ripi-gl iar poi nome di lago dove le rive, al lontanandosi di nuovo, lascian l ’acqua distendersi e ral lentarsi in nuovi golfi e innuovi seni.Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in val loncell i , in erte e in ispia-nate, secondo l’ossatura de’ due monti, e i l lavoro dell ’acque. I l lembo estremo, tagl iato dalle foci de’ torrenti , è quasitutto ghiaia e ciottoloni; i l resto, campi e vigne, sparse di terre, di vi l le, di casali ; in qualche parte boschi, che si pro-lungano su per la montagna. Lecco, la principale di quel le terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dalponte, al la riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giornod’oggi, e che s’incammina a diventar città.La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti , scende appoggiata a due monti contigui, l ’uno detto di san Marti-no, l ’altro, con voce lombarda, i l Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fi la, che in vero lo fanno somigl iare a una sega:talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano asettentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagl i altri monti di nome piùoscuro e di forma più comune.

Matteo Iori

Page 4: Giornale di Strada - Libera-mente

GIORNALE di STRADA Pagina 4

PPoottllaacchhsotto l’arco di Qozah.Giunti che fummo all' averuto graspolì ci sedemmo ad aspettar la sera.Giunta la sera immo al bancaloneove fumammo assai 'spettando notte.Giunta che fu la nottecol chilocalicar delle campane tocchenelle averute grotte ci apprestammoal digiuno­ramadamCadevano le bombe esternelocche come raggi di luce in lontananzaDiavle Arnok cominciava:" kuru ispinzu $%$ avrepu amok "(*)Il cielo rabbuiavatersa la luna raggrinziva il mantocome una puttanella fatta vecchiamentre correvo verso il visibiliodi un giorno ormai trascorso in nascondiglio.Passava il tempo e ripassavanoi quieti ad aspettar senz’altro ciboche la vendetta appesa ad un sorriso.Fatta la quarantena lerci e magrici apprestammo al dì tanto aspettatoci fu dato un coniglio che uccidemmogettammo le interiora sopra il focoe mentre il fumo già saliva lestoDiavle Arnok ripeteva il proprio testo" kuru ispinzu $%$ avrepu amok "Mangiammo a lungo come mangia l’uomopoi ci movemmo in fretta verso nord.Criccava il giorno risplendeva il soleci aspettava il lavoro delle mole.Giravam torno torno con le someai mulini di sabbia di Mardukarrotare il futuro è cosa durama la fatica scaccia la paura… ed il futuro piano pian s’affinacome dall’olio cavi la benzina.Baal cadde e poi Mot,cadde Arzak, stessa fine Palotsparve Telipinù e Pan è mortoe la ragione ancor non vien dal torto

dissolto Enkidu uomo dei cavallidissolto Gilgamesh re degli avellifinito Bahamat nelle due torrisepolto il ventre di Fadira chiara

Ordine e disciplina!Ordine e disciplina!urlava Mardukai Nadokai mulini di sabbia di MardukOrdine e disciplina!Ordine e disciplina!alluccavano i cani in lontananzaNoi giravam lestisenz’altro pesoche la maschara trista dell’offeso.

E tuorno tuorno s’aggirava il mondodentro le mole del deserto giornoLesto e mesto desto e prestoDiavle Arnok ripeteva il proprio testo" kuru ispinzu $%$ avrepu amok "

Distillare la rovinatriturare come vermi il tempomangiarlo masticarlodigerirlo e defecarlorimangiarlo in mai finita rota

Ordine e disciplina!Ordine e disciplina!urlava Mardukai Nadokai mulini di sabbia di Marduk

S’affina il tempo, s’assottigliamentre lente le macine del gorgofanno chiaro anche ciò che era stordoraffina il tempo e traspariscecome lucida lama di coltellos’affila, s’infervora, rifioriscee noi concentra et frangisolve et coaguladistilla et filtra:estraevamo il sol dalla materia scuradove il coraggio teme la paura

“kuru ispinzu $%$ avrepu amok”ci ripeteva ancora Diavole Arnok.

Kuru malattia che si muore dal ridere

Ispinzu dono (sardo)

$ dollar

% percent

avrepu controdono (sardo)

Amok crisi di agitazione pantoclastica in corso d’intossicazio-ne da hashish descritta dal la psichiatria marocchina

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GIORNALE di STRADAPagina 5

PPoottllaacchhsotto l’arco di Qozah.Al ambra, hel Andalus Mostar…sogghignava la sabbia nelle moleSarajevo, Valle della Becha, Ishtardigrignavano i denti delle rote:macina il Tempo tritura la Culturadistrui la Tolleranza crea PauraSurge Ugonotto nuovo, surge JadCataro surge sine ullo miedoMacina il Tempo tritura la Culturamangia mastica digerisci defecaRisorgi é tempo per la nuova endura.Ordine e disciplina!Ordine e disciplina!urlava Mardukai Nadokai mulini di sabbia di MardukSette mesi passammo in questo statoGirando e rigirando con le some.Riempiti i sacchi con il tempo nuovoci dirigemmo a dorso di cammellinella pianura detta dei Fratelli.A destra era Najaf citta santadove l’imam Alì Hossein cadde uccisosotto il vile coltello dei sunnitiIn alto Mohammed ci osservavadalla Shura dove i Giusti vanno a starela carovana procedeva lestadiritta verso il luogo della Festache ci aspettava nel fondo della pianacome il cliente attende la puttana.Quattro chili di chiodi sei bulloniotto SRCM collegate al filo del tritolofuron distribuite a quello stuolo.Sotto il volto, sotto la kefia che copria quelloognun tenea tra i denti la lama del coltello.E cominciò la festa tanto attesache l’onta lavò, lavò l’offesa:Falluja Najaf Kerbala Kufaira irata irosa cupatre volte caddi tre volte mi rialzaie quando vidi un uom biondo e turchesecon la divisa delle truppe attesedi corsa l’abbraccia, strappai le corde:

fu un unico fulgor di sangue e merdaE vidi coi miei occhi sbrindellatich’era Mussul a vincere i soldati.

Sorrisi con la bocca che non c’erae il pieno giorno divenne la mia seramentre sentivo in lontananza mestoDiavole Arnok che spirava il proprio testo“kuru ispinzu $%$ avrepu amok”

La Grande Madre guardava da un’alturail congegno vilissimo, l’abiura.Tiamat mosse le ciglia e s’alzò il ventoTiamat stirò le labbra e il cielo venne cupotremò la terra e tutto sembrò muto.Poi aggrottò la frontel’arco di Marduk si tesee guardando come colei che tutto vedepose nel centro del mulin la Fede

Si levò alta la voce della dea:“chi vince la paura crea la spirachi crea la spira forza la potenzachi forza la potenza trascolora.

Tempo!Tempo che vedi il mondo correr trapassatoTempo che nutri l’odio e sei lodatoTempo dello spreco e del diaballoTempo del trattener ciò che va spelloTempo d’avversità discordia e inimiciziaTempo che fai eidolon di macramè delle lor viteTempo! fermati un giro e mutamuta Tempo, trasformati, sii nuovo!

Chi vince la paura crea la spirachi crea la spira forza la potenzachi forza la potenza trascolora.”

E il tempo nuovo traboccò dai sacchinel silenzio di un ballo di cosacchiche come da cornucopia sorser fuoria ridipingere il mondo di colorimentre nere Erinni iratetraversarono il ciel di quell’estate.

Kuru malattia che si muore dal ridere

Ispinzu dono (sardo)

$ dollar

% percent

avrepu controdono (sardo)

Amok crisi di agitazione pantoclastica in corso d’intossicazio-ne da hashish descritta dal la psichiatria marocchina

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GIORNALE di STRADA Pagina 6

EETTRRAANNGGEERRChi sa ascoltarsi può accorgersi d iquante esperienze di estraniamentoattraversiamo ogni giorno. Unostarnuto, un lapsus, i l ricevere una te-lefonata inaspettata, l ’avere una ma-lattia, l ’ incespicare, i l d imenticarsi d iqualcosa di noto, i l meravigl iarsi : po-tenzialmente in ogni momento pos-siamo essere “de territorial izzati” danoi stessi , in maniera blanda o po-tente, con tutte le gradazioni interme-die.Al la base c’è l ’ idea di un l imite, c’è undentro ed un fuori , i l noto e l ’ ignoto. Etra i due pol i opposti c’è una barrierache può essere un muro impenetrabi-le o un crocevia permeabi le. Ancheda come è fatta questa barriera di-pende lo svi luppo di un popolo o diuna personal i tà. Esistono così popol imolto “masturbatori”, chiusi in lorostessi e massimamente osti l i al lo“sconosciuto”, che svi luppano leggirigide e severe punizioni ad ogni attonon contemplato nei loro statuti d iimmobi l i tà. Al contrario altri popol isono più aperti , “scopatori” e non sispaventano al l ’ idea di interscambiopersonale, culturale, rel ig ioso o pol i ti-co. I singol i individui si decl inano nelmondo in diverse forme a secondadel la consistenza di questa barriera:sempre sempl ificando agl i eccessiabbiamo persone totalmente “vocate”al l ’autoconferma che fanno in mododi el iminare subito ogni potenzialeesperienza perturbante; si provi apensare a quel tipo di persone che cisommergono di parole e non dannorespiro o spazio al l ’espressione altruioppure agl i individui rigid i ed integra-l isti in cui nul la deve accadere se noni l previsto: sono persone morte dentroe spesso non lo sanno. Agl i antipoditroviamo la persona “insatura”, che èaperta al l ’ ”altro”, che come dicevaSocrate, “sa di non sapere” e quindisa porsi in una prospettiva di ascolto,d i curiosità e di mutamento.Può apparire banale dirlo, ma lo stra-niero è dentro di noi : i l rig ido si nutredel le “consonanze” e anela al perpe-tuo uguale, mentre i l permeabi leascolta anche le “dissonanze” e cre-sce attraverso lo sconosciuto, idea,persona o esperienza che sia.I nostri sogni ci fanno capire quanto

siamo “poco padroni a casa nostra”:quanta meravigl iosità abbiamo dentrodi noi ce ne accorgiamo anche grazieal mondo onirico, nel bene come nelmale, attraverso sogni magnificioppure incubi orrorificiY E’ un’espe-rienza comune a tutti g l i individui ,quindi è molto “pedagogica” percomprendere questo concetto: dicolpo, senza preavviso, possiamoavere la lucida i l lusione di volare l ibe-ri nel cielo oppure di essere rinchiusiin una bara, tanto per essere semprein due estremi. La persona non ha i ldominio completo di sé, la coscienzane è solo una minima parte ed i sognici indicano di “quanti siamo”, diquante parti è composta una perso-na, di quanta alterità siamo strutturati .I l temperamento, i l carattere e la sto-ria del l ’ individuo direziona i l da farsi d iquesto “vocìo continuo”: potrà cosìsvi lupparsi al l ’ interno del la personauna autarchia in cui tutte le partiavranno uguale peso generando i lcaos del la non scelta; oppure un re-gime tirannico creando soggettimonchi dominati dal la coscienza (inrealtà: dal la paura), gl i “i l lusi perico-losi”; o una democrazia, in cui le di-verse parti vengono di volta in voltaanal izzate e vagl iate a seconda del lasituazione contingente, la personamatura e consapevole.Si pensi anche al l ’esperienza del lalettura o del la visione di un fi lm, viaggida cui possiamo trarre piacere ericchezza spiri tuale, delocal izzazionispesso ricercate con desideriodal l ’ individuo, per alcuni quasi unanecessità atta al lo scopo di de-comprimere una vita monotona che siripete cocciutamente uguale. L’ugua-le, già, che deve imparare a danzarecol diverso, creando situazionisempre nuove ed imprevedibi l i in i-zialmente, ma che poi deve creareal l ’ interno di noi quel lo spazio “co-smopol i ta”, quel la forma mentis che cial larga in una visione più real istica econsona al la complessità del l ’esi-stente. I l grande poeta ArthurRimbaud, i l “rubatore di fuoco”, i l 1 3maggio 1 871 così scriveva in unalettera: “è falso dire io penso, si do-vrebbe dire: mi si pensi”.

Alter-ix

StranieroLo straniero va e viene da lontano

per uno straniero localeperchè?

Visto male ?Se fa parte poi di ogni nostro mondo,

pure astralegrazie di essere tra di noi

immortale nei tuoi caratterifisionomie scomposte

in ognuno di noisiamo tutti sullo stesso mondoe risaliamo0 la sorgente di vita

lo straniero viveper la sorgente di vita

lo straniero viveper la sorgente

rinasce con noi fino alla luceGYOALASKA

Page 7: Giornale di Strada - Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 7

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GIORNALE di STRADA Pagina 8

LL’’oommbbrraa ddeell lloo ssttrraanniieerrooLa luce dell’ ignoranza

Straniero, estraneo, altro: tutti e tre questi termini sembra-

no rimandare, nel la loro sostanza, a quel senso di al iena-

zione che caratterizza non solo la corrente fi losofica

esistenzial ista, ma anche buona parte dell ’opera poetica

di ogni tempo e luogo, fino a sfociare nel teatro dell ’as-

surdo. Nel famoso romanzo di A. Camus, Meursault spara

e uccide perché è in uno stato di malessere e di stordi-

mento sotto i l sole infuocato nella spiaggia di Algeri, dove

la drammatica, quasi epica, lotta dell 'uomo contro le forze

della natura e del destino, si svolge infondo come una

lotta per trionfare sul sole e concil iarsi armoniosamente,

pacificamente e catarticamente con la tenera indifferenza

del mondo, intervenendo su quella frattura, su quel vuoto

presente tra i l ricordo di essere stato fel ice e la credenza

di potersi sentire fel ice ancora.

Ora, partendo dall ’ ipotesi che possa suonare strano avvi-

cinare il diverso al poeta, per antonomasia straniero in

casa propria e nella propria pelle, potrebbe risultare anco-

ra più complesso quell ’atto di consapevolezza e di vo-

lontà, grazie a cui riconoscere la maschera e il burattino

pirandell iano, dove l’assurdo diviene in ultima analisi la

disarmonia tra spirito e corpo, tra emozione e ragione. Ma

chi è lo straniero? E ancora, rispetto a chi o a che cosa

può essere ritenuto tale?

Quando manca l’armonia di un equil ibrio si sta male e ci si

smarrisce: ciò è fisiologico e universale. I l mondo, non

solo quello interiore, diviene dominato da sensazioni ed

emozioni presenti, più che da sentimenti o pensieri. Divie-

ne diffici le elaborare la propria storia, i l proprio progetto.

La comprensione del proprio daimon e il senso del proprio

essere nel mondo tende ad annebbiarsi e a sfumare,

nel la passività e nella meccanica, inesorabile e inconsa-

pevole scivolata verso l’ indifferenza, la resa, l ’obl io di chi

si sarebbe voluto essere. Prende vita così un nuovo “es-

sere in non divenire”, sempre più privo di plasticità e fidu-

cia, sempre più simile ad un automa, che attende di

spegnersi o al meglio di essere riprogrammato.

Straniero non è chi proviene da un altro paese. Non è un

fatto concreto, bensì uno stato mentale. Straniero è chi si

ritrova estraneo a se stesso, tanto da il ludersi di aver

subito un processo ingiusto di isolamento: insomma è

l’al ieno che si inganna credendo di essere stato alienato.

Ma da chi, se non dal proprio Sé? Questo è l’assurdo

incomprensibi le che a noi mortal i è concesso soltanto

intuire, in pochi momenti i l luminanti. D’altronde, questa è

anche la prova scientifica che dentro ciascuno vive un

doppio, un’ombra, prodotta dalla presenza stessa della

luce, la stessa che anima e irradia.

Ecco l’unica vera concil iazione che ci si possa attendere e

a cui si debba aspirare: luce e ombra finalmente comple-

mentari come vita e morte. Luce e ombra a togl iere di

mezzo il nostro Ego sempre più gonfio e pingue, a ri-

cordarci che Drug’e , in slavo, significa altro, ma anche

compagno, a insegnarci che smettere di negare la propria

ombra può aiutare a non proiettarla sul l ’altro, i l quale

soffre come noi, affronta le sue difficoltà come noi, vede

quello che gli è consentito vedere come noi, fa quello che

ritiene di sapere e poter fare come noi. Cosa chiedersi,

al lora, se non di accettare semplicemente l ’evidenza che

stranieri ci si sente, non si è? Tale potrebbe essere il

punto da cui iniziare a guardare il tema, i l modo di sosti-

tuire la pace alla guerra, la fiducia al terrore, la sospensio-

ne del giudizio al la colpevolizzazione, la via per crescere

e superare la paura infanti le del l ’uomo nero, per sma-

scherare questo sotti le velo d’i l lusione dietro i l groppo dei

pregiudizi, per riconoscere nell ’altro i l nostro compagno.

Danny Ridotto

Page 9: Giornale di Strada - Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 9

SSttrraanniieerrii eettnniiccii ee cchhiimmiiccii dd ii uunnaa ssoocciieettàà iinn ddeeccll iinnoo« La sicurezza del potere

si fonda sull'insicurezza dei cittadini »

L. Sciascia

Scrivere riguardo agli stranieri o al l 'essere straniero inI tal ia, oggi è una cosa diffici l issima. Molti dei giornal istiche ci hanno provato, giornal isti veri, pagati, su testateimportanti , hanno partorito mostri cultural i , fatti di banali-tà, luoghi comuni, al larmismi o buonismi.Ma è anche urgente e appassionante, trattasi di un'argomento vivo, seminale, caldo, che tocca in diversimodi le coscienze di tutti .Nel l 'immaginario comune lo straniero altro non è cheuna persona che si trova sul territorio I tal iano ma è nataal di fuori dei suoi confini. I suoi tratti distintivi sono di-versità puramente etniche: l inguistiche, rel igiose, cultu-ral i , fino ad arrivare a quelle più istintive e di letturaimmediata come il colore della pelle, l 'odore, la cucina,l 'abbigl iamento.Gli stati nazionali hanno istituzionalizzato questo tipo dilettura con le frontiere, le leggi sul la cittadinanza esull 'immigrazione, quelle sul commercio.Non ci vuole un sociologo, né tantomeno uno storico,per capire che il concetto di straniero su base etnica èmutevole e in continua evoluzione: l 'intera storiadel l 'umanità è fatta di migrazioni, conquiste, assimilazio-ni, divisioni.L' I tal ia stessa non esisteva fino a fine 800 e quando ènata aveva al suo interno popolazioni diversissime traloro che sono andate nel tempo amalgamandosi a crea-re un'identità sempre più omogenea.Gli stati più civili d' Europa hanno già superato da

tempo l'antistorico e antiscientifico concetto di razza

intesa come naturale, immutabile e discriminante

insieme di caratteristiche etniche, concedendo ad

ogni essere umano la possibilità di annullare dal

punto di vista istituzionale la propria condizione di

straniero e diventare cittadino a tutti gli effetti, con

gli stessi diritti e gli stessi doveri di una persona

nata all'interno dei confini nazionali.

In I tal ia al contrario siamo ancora molto arretrati : la citta-dinanza è un percorso lungo e spesso impossibi le eparte della popolazione nutre un forte sentimento di osti-l ità e non accettazione nei confronti degl i stranieri, condure resistenze addirittura al la concessione di dirittifondamental i come quello di voto e dunque di partecipa-zione alla vita democratica del paese.Perchè? Siamo più ignoranti? Più stupidi? Così deboliculturalmente da non poter reggere al confronto conmodi di essere e di vivere differenti? Siamo “razzisti?Proviamo ad ampliare i l nostro punto di vista partendodal concetto di “paura del diverso”, del l ' “altro da se”.Quest' istinto ancestrale che accompagna ogni animalesul la terra dagli albori del la vita serve, general izzandoparecchio, a non essere uccisi o divorati a cuor leggero.

Con lo sviluppo della civi ltà si è sviluppato in forme piùsotti l i o più complessee articolate, ma resta uno dei principal i sentimenti a re-golare i rapporti tra uomini o gruppi di uomini.Ecco, sembra che in I tal ia la paura dell ' “altro da se” siaparticolarmente marcata e viscerale e questo stacreando numerose tipologie di “stranieri” tra le qualiquel la etnica è semplicemente la più numerosa.Se ci pensiamo non è solo nella tutela dei diritti dei mi-granti che la nostra legislazione e la nostra società civi lesono carenti e arretrate: lo stesso atteggiamento re-spingente lo riscontriamo nei confronti del le persone conun diverso orientamento sessuale, del la popolazionecarceraria, di chi professa rel igioni diverse dal cristiane-simo, dei consumatori di sostanze psico attive o stupe-facenti o anche, più superficialmente, di quel lesubculture giovanil i faci lmente identificabil i come adesempio “i metal lari”, “i punk”, “i ravers”.Possiamo affermare, senza paura di sbagliare, che l 'I ta-l ia è un paese dove sono tutte le minoranze ad esserepoco tutelate, poco conosciute e spesso temute.

I l problema principale sembra essere il binomio

ignoranza-paura: la mancanza di informazione e diempatia verso l 'altro da se che porta al la xenofobia.

A questo punto viene naturale porsi le seguenti do-mande:

• Come si informano gli I tal iani?• Come si del inea il panorama mediatico nazionale?• Quali sono le modalità che i media uti l izzano quandoparlano di minoranze?

I l progetto Mister.media: “MINORITIES STEREOTYPESON MEDIA”, che trovate all 'indirizzo www.misterme-

dia.org risponde per noi con dati, grafici ed analisi .Leggiamo dalla pagina di presentazione del progetto: "Ilrecenti studi condotti dal Centro di Ascolto evidenziano

come l’informazione radiotelevisiva in Italia sia orientata o

utilizzata per fini elettorali, strettamente politici o per il

consolidamento del consenso costituendo, per i cittadini,

un veicolo di formazione/indottrinamento piuttosto che uno

strumento democratico di informazione e conoscenza. [. . . ]

Mistermedia si prefigge quindi di fornire analisi quantitati-

ve e qualitative sull’informazione, con particolare riferi-

mento alle minoranze intese come “gruppo di popolazione

che, a causa di una non uniformità etnica, religiosa, lingui-

stica, culturale o di genere, viene sottoposto ad un tratta-

mento differenziato e diseguale da parte di una

maggioranza che si reputa universale e detta la norma” e,

più in generale, sullo stato dell’informazione radiotelevisi-

va italiana in ambito politico e sociale.‟

I l centro d'ascolto è un'istituto di control lo sui media nazio-nal i che opera dal 1 981 e che negli ultimi dieci anni hamonitorato 24 ore su 24, 365 giorni al l 'anno le reti RAI ,Mediaset, La7, SkyTG24, MTV, analizzando qualcosacome 240000 trasmissioni d'intrattenimento o approfondi-

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mento e 230000 telegiornal i , con particolare attenzionealle campagne elettoral i .Da quest'enorme mole di dati mistermedia ha estrapo-lato i l rapporto dei mezzi di comunicazione, e dunquedegli I tal iani, con le seguenti tipologie di minoranze:

• credo e fede rel igiosa;• etno cultural i e l inguistiche;• gay, lesbiche, transessuali e altre minoranze sessuali ;• immigrati , rifugiati , richiedenti asi lo, clandestini , profughi;• tossicodipendenti, ex tossicodipendenti, ex detenuti ,

fino a produrre, a lugl io del 2011 , i l primo rapporto Mi-sterMedia sul la rappresentazione delle minoranze suimezzi di comunicazione Ital iani, che vi invito a leggereed approfondire.

Qui basti sapere che ad esempio la politica è il temamaggiormente presente nei TG, pari al 1 8% delle notizie,percentuale che scende al 1 5% tra le notizie che parlanodi minoranze.Al contrario la cronaca nera occupa “solo” l '1 1 ,4 % deltotale del le notizie (percentuale comunque altissima ri-spetto al l 'informazioni degl i altri paesi europei), ma saleal 30% delle notizie riguardanti le minoranze.Se a ciò aggiungiamo che gli immigrati col lezionano il58% di tutte le notizie relative al le minoranze possiamocapire come mai la percezione di rischio e il sentimentodi osti l i tà di parte della popolazione Ital iana nei loroconfronti siano così sproporzionati rispetto al la realepercentuale di episodi criminosi a loro ascrivibi l i .

Un altro dato che fa riflettere: come ricorderete nel 2006termina il secondo governo Berlusconi e i l centrosinistravince le elezioni. Tre reti private nazionali (Mediaset) inI tal ia sono di proprietà di Berlusconi stesso e all 'internodel consigl io di amministrazione RAI erano in quel mo-mento ancora presenti in maggioranza consigl ieri dicentro destra, così come da quell 'area provenivano i di-rettori di due tg su tre. Bene, la percentuale di notizie dicronaca nera che dal 2001 al 2006 (centrodestra) eraoscil lata tra i l 1 0% e il 1 2% circa si porta improvvisa-mente al 1 9% nel 2006, al 23% nel 2007, al 21 % nel2008. Questo, sia chiaro senza nessun aumento dellepercentual i di crimini realmente commessi. Ricorderetegl i stupri di Roma, la fobia Rumeni-Rom- islamici, gl isbarchi di clandestini continuamente in prima pagina. Lasicurezza è da sempre un tema caro alle destre, la po-polazione percepisce paura e insicurezza, i l governo dicentrosinistra perde consensi. Non a caso nel 2009torna Berlusconi al potere e la percentuale di cronacanera torna magicamente al 1 5%, fino ad assestarsial l 'odierno 11 ,9%. Sempre, sia chiaro, senza nessuna di-minuzione dei reati real i .

Concludendo, nel le società contemporanee i dati primari,i fatti su cui ragionare, vengono in gran parte dai media.In I tal ia addirittura i l 70% della popolazione ha comeprincipale canale d'informazione la televisione. E perquanto una persona può essere di buon senso, se ragio-na bene su dati falsi arriva a conclusioni errate.

Ecco, nel nostro paese c'è un'uti l izzo distorto e stru-mentale di quel la formidabile arma che è LA PAURA etutti questi “stranieri”, “altri da noi” si trovano a essere divolta in volta capro espiatorio, strumento di distrazioneda altre tematiche, obiettivo su cui scaricare propagandaelettorale. Questo ha impedito negli anni un dibattito se-rio e propositivo sul la reale situazione delle minoranze, inparticolar modo degli stranieri “etnici”, nel contesto I tal ia-no.Invece di iniziare ad articolare un discorso su cosaintendiamo per integrazione, su quali debbano esserediritti e doveri dei potenzial i “nuovi cittadini”, su quali sia-no il reale fabbisogno e la soglia massima di nuoveentrate nel nostro paese i mezzi di comunicazione dimassa hanno stimolato “la pancia” del le persone, inparticolar modo di quelle culturalmente più deboli , conallarmi, “mostri” e general izzazioni che i governi Berlu-sconi hanno puntualmente assecondato attraverso leggie provvedimenti assurdi e l iberticidi come ad esempio laBossi Fini o la successiva introduzione del reato diclandestinità.Un tale quadro legislativo si è naturalmente rivelatodannoso e controproducente sotto numerosi punti di vi-sta, dal l 'ingolfamento dei tribunali per reati-non-reatisenza vittime ne denuncianti al sovraffolamento disuma-no delle nostre carceri al la costante crescita di sacche diemarginazione e mancanza di prospettive formate datutte quelle persone presenti sul territorio senza nessunapossibi l ità di regolarizzarsi.

Sarò pessimista, ma probabilmente perché la maggio-ranza degli I tal iani si riprenda davvero dall 'ottundimentoincattivito in cui è sprofondata e torni ad essere massacritica e cittadinanza attiva non basterà aspettare l 'uscitadi scena del nano magnate col conseguente dissolversi,come puzza di merda aprendo la finestra del bagno, diquel l 'esercito di inetti , macchiette, affaristi e yes men chein quindici anni ha piazzato in ogni posto chiavedell 'informazione e delle istituzioni nazionali .Gl i anticorpi democratici e la coscienza civi le ed etica diuna nazione sono conquiste lunghe e diffici l i , che vannoaccompagnate per anni attraverso buona informazione,strumenti di partecipazione attiva e alfabetizzazione civi-le, valorizzazione dei cittadini, tutto ciò che è mancato inquesti anni in I tal ia.E la tendenza, ad oggi, non è verso un migl ioramento;anzi continua nella direzione di una sempre maggiordisi l lusione a prescindere, del distacco dalle istituzioni,del richiudersi in se stessi ed all 'interno di piccoli gruppiidentitari arroccati in assurde guerre tra poveri, come di-mostra ad esempio i l recente successo di un partitocome la Lega Nord in zone tradizionalmente accoglientie istruite come L'Emil ia Romagna e la Toscana.

Che fare?

In primo luogo concentriamoci su noi stessi, sul le perso-ne e sulle dinamiche che possiamo influenzare. Miriamoa obiettivi al la nostra portata e non lasciamo che la gra-vità del la situazione ci porti al lo sconforto e alla voglia di

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mollare tutto, come un obeso cronico che mangia ognisera al Mc Donald perché tanto non c'è più niente da fa-re.

La domanda da porsi è: come posso io cittadino impara-re a considerare punti di forza le mie e altrui diversità fa-cendo della multicultural ità e della complessità i valorivincenti del futuro che vogliamo costruire?E quali sono i percorsi vincenti a cui posso contribuire eattraverso cui la nostra società può crescere in forza,partecipazione, sol idità democratica tendendo a unasempre maggiore valorizzazione delle minoranze e a unobiettivo di reale ben-essere per tutti?

Vorrei a questo punto concentrarmi su un gruppo di stra-nieri molto particolare, non contraddistinto da alteritàetniche ma chimico-comportamental i : i tossicodipendentida eroina.

« La droga è il nomadismo degli esclusi »

Jacques Attal i , Lignes d'horizon, 1 990

«Oppiaceo. Una porta aperta nella prigionedell'Identità.

Conduce al cortile della prigione »

Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1 911

L'eroina, tecnicamente diaceti lmorfina, è un derivato se-misintetico dell 'oppio. Venne sintetizzata nel 1 874 tramiteaceti lazione dell 'alcaloide morfina (lo stesso chimico, 1 1giorni prima, tramite aceti lazione dell 'acido salici l ico ave-va ottenuto l 'aspirina, tuttora i l farmaco più venduto inassoluto!) e in breve iniziò a venir prescritta e vendutaper numerose sintomatologie, dai dolori mestrual i fino apatologie neurologiche. La si credeva, sbagliando, privadei pesanti effetti col lateral i del la morfina tanto che,leggiamo su wikipedia, “L'eroinomania divenne rapida-

mente una emergenza sanitaria: nel 1905 la città di New

York consumava circa due tonnellate di eroina all'anno.

In Cina, sotto forma di compresse da fumare, iniziò a so-

stituire l'oppio. L'Europa e il vecchio mondo non rimasero

immuni e il consumo si diffuse rapidamente. In Egitto nel

1930 il fenomeno aveva assunto proporzioni drammati-

che: si calcola che su 14 milioni di abitanti vi fossero

500.000 eroinomani. ” Fu vietata in tutto i l mondo, l 'ultimopaese fu i l Portogallo nel 1 962, diventando da subito unodei commerci clandestini più redditizi per contrabbandieri,mafie e organizzazioni criminal i .a disintegrare uno dei movimenti di lotta e cultura più po-tenti e numerosi del la nostra storia, per poi tornare aquintal i dopo il 2002, sfruttando la congiuntura creatasitra i l ritorno alla coltivazione di massa del papavero daoppio in Afganistan dopo la cacciata Americana dei Tali-bam (70-90% della produzione mondiale a seconda dellestime) e l 'ascesa al potere di Giovanardi, che da sottose-gretario aveva appena creato una tabella unica per tuttigl i stupefacenti, parificando le pene per lo spaccio e ilpossesso di sostanze tra loro neanche comparabil i conl 'ovvia conseguenza di un ingente re-investimento dicapital i dal le sostanze meno pericolose ma anche menoredditizie e più voluminose e diffici l i da trasportare comei cannabinoidi a quelle più lucrose: cocaina e appunto

eroina.

Entriamo più nei dettagl i del consumo, dal punto di vistaindividuale e sociale: l 'eroina è una sostanza particola-rissima, la “big mama” di tutte le droghe, e va a toccarecorde molto profonde dell 'emotività e dell 'identità di unapersona.Basti pensare che le sostanze oppiacee naturalmenteprodotte dal nostro organismo, le endorfine, vanno moltooltre la funzione di sedazione arrivando a co-caratte-rizzare le sensazioni dovute a un rapporto d'amore, alsesso, al la soddisfazione per un obiettivo raggiunto,al l 'appagamento.La sua pericolosità rispetto al le sostanze psicoattive staproprio in questo discrimine: l 'eroina non induce unostato di coscienza ulteriore, un'esperienza “altera” ri-spetto al la normalità del proprio sentire da circoscriverein situazioni o ambienti eccezionali . Semplicementeporta al l ivel lo massimo quel ben-essere, quell ' appa-gatezza a cui i l nostro corpo tante volte ci ha natu-ralmente avvicinati .Non è casuale che i più famosi artisti-consumatori rie-scano a creare la maschera perfetta attraverso cuiparlare di eroina con una canzone d'amore. Così comenon è casuale che nel gergo di strada si conosca come“luna di miele” quel periodo iniziale di consumo, chetecnicamente viene definito pre-contemplazione, in cui lapersona gode degli effetti positivi del la sostanza senzaavere percezione o senza rendersi conto di quel l i negati-vi.Va da se che in chi va oltre le prime esperienze e conti-nua nel tempo ad uti l izzare eroina il consumo perde pre-sto i tratti di volontarietà e ludicità, l 'organismo sviluppauna sempre maggiore tol leranza alla sostanza e si trovaad averne un bisogno sempre maggiore e sempre piùcompulsivo. I l consumatore si trasforma in tossico-di-pendente, l 'eroina diventa necessaria per vivere l 'interoarco della giornata, dal sonno al lavoro.

Molti medici definiscono la dipendenza una malattia,portando come argomentazioni a questa tesi “. . . la possi-bilità di definire in maniera adeguata un quadro clinico e

un quadro patogenetico comune [. . . ]e una documenta-

zione scientifica abbastanza ampia sul fatto che esistono

dei correlati neurofisiopatologici di alterazioni in partico-

lari aree celebrali, tipiche delle dipendenze. . . ” (es. Dott.Emanuele Bignamini).Per chi come me non ha formazione medico-scientificaun approccio ol istico a questa realtà risulta molto piùsensato e di ampio respiro[1 ]: se per quanto riguardal 'effetto della sostanza durante la sua emivita nel l 'organi-smo, la crisi d' astinenza e le dinamiche compulsive tipi-che del craving è sicuramente l 'approcciomedico-farmacologico quello più uti le e appropriato, al lostesso modo il percorso di una persona o di un gruppodi persone verso la dipendenza, i l protrarsi di questa nellungo periodo e le esperienze di uscita da essa nonpossono essere interpretate che come percorsi di co-struzione-distruzione identitaria, individuale e sociale,

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nonché di negoziazione costante tra se stessi e la socie-tà circostante in termini di costi-benefici del propriocomportamento.

Nell 'immaginario comune i tossici degl i anni 70 eranoconsiderati , ad esempio, emarginati “per scelta”, unacircoscritta minoranza di persone che in pieno boomeconomico rifiutava i modell i imprenditorial i e lavorativima anche le dinamiche collettive di lotta e protesta deiloro coetanei per per vivere “da stranieri del propriotempo e della propria società”, portatori di tratti fisicidistintivi e di al larme sociale.Dopo quasi cinquant'anni di profondi cambiamenti eco-nomici, social i e scientifico-tecnologici, cosa è cambiato?

Partiamo da un quadro d'insieme di qualche anno fa:dati ONU alla mano, vediamo che nei 1 5 anni dal 1 990al 2005 i consumatori di sostanze stupefacenti sonopassati da 37 mil ioni a 225 mil ioni, dei qual i 200 mil ionisi definiscono saltuari (da una volta al l 'anno a una almese) e i restanti 25 tossicomani. Quell i di eroina sonoaumentati da 2,5 a 1 5,9 mil ioni superando quell i di co-caina (1 3,8 mil ioni)[2]. “Rispetto al censimento fatto nel1990 - scrive i l professor Francesco Bruno - emergonodue tendenze. La prima è che è aumentato di sei volte il

consumo nel mondo di droghe. La seconda è che si è

consolidata la mercificazione delle droghe, il che fa sì

che oggi la droga sia più un vizio che una malattia con

una diminuzione del rapporto tra dipendenti e fruitori che

avvicina l uso delle droghe a quello dell alcol".Ci sono moltepl ici anal isi che da prospettive discipl inaridiverse offrono interessanti letture di questo massiccio einternazionale aumento dell 'uso di sostanze stupefacenti.Sicuramente l 'assimilazione da parte della società dievoluzioni teconologiche come il computer e la roboticao i progressi del la scienza medica hanno contribuito auna massificazione del concetto di corpo-macchina cheha portato a normalizzare l 'idea che si possano uti l izzaresostanze per accellerarsi, ral lentare, espandere le pro-prie “funzionalità” ecc. . . [3]

Senza contare che quest'evoluzione culturale è maturatacontemporaneamente al del inearsi di quel neo liberismoestremo in cui viviamo, fondato sul la central ità del la fi-nanza, del la speculazione e della mercificazione di tuttocio che crea valore compresi i beni immaterial i come lacompetenza, la professionalità, i l tempo, la cultura, isentimenti, i l sacro.È cieco chi non vede la radicale ed esemplare connota-zione sociale insita nel gesto di “acqustare” risposte artifi-cial i anche ai bisogni emozionali più intimi: adeguatezza,distacco, concentrazione, straniamento, sonno, vegliaecc. . . . I l consumatore di sostanze contemporaneo ètutt'altro che uno “straniero”, anzi è una “creatura” moltocoerente ai modell i su cui si fonda questa società e puòessere perfettamente integrato in ogni settore di essa.

È in quest'ultimo decennio, con la crisi economica cheincombe sull 'Europa e sugli USA, che qualcosa sta pro-fondamente cambiando: Riccardo Gatti , medico, psicote-rapeuta e direttore del dipartimento delle dipendenze

della A.S.L. Città di Milano scrive: “Sono almeno 6-7

anni che abbiamo iniziato a parlare di un ritorno

dell'eroina anche se i numeri ancora non sono alti. Ma

c'e' un inevitabile periodo di 'latenza' da quando una

persona inizia a usare eroina, a quando arriva nei nostri

centri per farsi aiutare.[. . . ]

da qualche tempo, e forse la crisi economica ha un ruolo

in questo, viene segnalato in molti Paesi del mondo un

aumento dell'uso di eroina: in Grecia risulta cresciuto del

20%, negli Stati Uniti si vira sempre piu' dall'abuso di

farmaci antidolorifici, sui quali le autorita' si sono allertate

e attuano stretti controlli", verso il buco”[4]

Aggiungiamo a questi dati quel l i , appena pubblicati , del larelazione annuale sul le tossicodipendenze nella città diRoma da cui emerge come la maggior parte dellepersone in cura ai servizi capitol ini uti l izzi prevalente-mente eroina (51%), cocaina (27,8%), alcool (1 2%),cannabis (3,2%), mentre i l 4,3% dichiara di uti l izzare piùdi una sostanza. Delle persone entrate in contatto conl 'agenzia, i l 79% non ha un'occupazione[5]. Cifre etendenze molto simil i si manifestano nella maggior partedelle città d'I tal ia.Da questi numeri possiamo trarre due considerazioniprincipal i :da un lato continua la tendenza allo sdoganamento delconsumo voluttuario e saltuario di sostanze, sempremeno considerato comportamento deviante, emarginanteo a rischio, sempre più gestito come “vizio” quando nonadirittura “status symbol” (caso eclatante i l consumo dicocaina nel jet set televisivo milanese).Dall 'altro, si del inea un gruppo di persone ancora mino-ritario ma sempre più ampio e molto mobile in entrata ein uscita che da questa tipologia di consumo viranoverso vere e proprie tossico-dipendenze che necessitanodel supporto dei servizi sanitari. Di questi la grandissimaparte dei casi consiste in eroinomani e la dipendenzadalla sostanza si accompagna a un marcato disagio la-vorativo e sociale (es. i l 79% a Roma).La relazione fra questi due fattori, la dipendenza e ildisagio sociale, non è mai univoca e varia da persona apersona e a seconda dei contesti , resta i l fatto che in unperiodo in cui la disoccupazione giovanile si assestaattorno al 30 % e in cui più di due terzi del la popolazio-ne non ha fiducia nel futuro e pensa che le cose conti-nueranno a peggiorare ecco che una sostanza comel'Eroina torna prepotentemente in auge.Con la sua carica di sedazione e appagatezza indotteoffre in un primo momento l 'approdo perfetto per chi habisogno di dimenticare la delusione, i l non avere ciò chesi merita, la preoccupazione per i l futuro o l 'idea che ilproprio destino sia in mani altrui e tutt'altro che buone.D'altra parte la percezione di decadenza e tendenza alpeggioramento rende molto più diffici le smettere unavolta che la cosiddetta “luna di miele” con la sostanza èfinita e iniziano a essere predominanti i lati negativi del ladipendenza.

Lo “straniero chimico”contemporaneo, dunque, è una

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persona che si estrania più o meno volontariamentedalle dinamiche della società circostante perdendo spes-so il proprio ruolo al l 'interno di essa e stabil izzando lapropria identità e le proprie routine in relazione a ungruppo di persone che come lui ha come principaleobiettivo acquistare soddisfazione chimica quotidiana.Far girare intorno ai due poli “fatto sto bene, non fattosto male” i l proprio sentire mette al riparo se stessi e lapropria vita emotiva da quell 'insieme di noia, fatica, delu-sioni, preoccupazioni che stanno tornando prepotente-mente in primo piano con la crisi .Non a caso un tratto comune alla stragrande parte deitossicodipendenti di ogni etnia o status sociale è averperso il loro equil ibrio e aver virato sul la dipendenza daeroina dopo un trauma sociale: la perdita del lavoro, uninfortunio, un lutto, ecc. . .

Come uscirne? Nessuno ha la bacchetta magica, ognipersona ha risorse, competenze, punti di forza e debo-lezze, vissuti differenti e differenti risposte dal contestosociale che rendono impossibi le dare ricette salvificheuniversal i .È però interessante ragionare sul concetto di crisi : que-sta parola, scritta in cinese, è composta da un ideo-gramma che rappresenta i l pericolo e un secondo cherappresenta l ' opportunità.E una crisi , individuale o sociale, è proprio questo: unmomento in cui un rapporto di mediazione e di reciprocarelazione fra più soggetti , o fra più fattori nel la vita di unsoggetto, diventa insostenibi le e si rende necessaria unarottura. Questa rottura porta in un primo momento adansia, timore per la perdita di stabil ità e posizioni acqui-site, disordine.Ma gestita con le giuste strategie diventa i l terreno ferti lesu cui costruire un nuovo equil ibrio, più favorevole.Questo vale per una crisi di coppia ma anche, e sono icasi che ci interessano, nel rapporto tra un individuo euno sti le di vita o tra un gruppo di individui e alcunimeccanismi, alcune componenti del la società.Gli stranieri etnici e gl i stranieri chimici sono personeche hanno già perso l 'equil ibrio nel loro rapporto con lasocietà contemporanea, ma che di questa rottura stannovivendo soltanto i lati negativi: emarginazione sociale,povertà, privazione delle l ibertà personali .

La mia idea è che sempre più persone si stianoavviando al punto di rottura e che sia giunto i l momento

di riprendere, con urgenza e decisione, in mano i nostridestini in modo collettivo.Ricreiamo percorsi di lotta, di sogno e di riconquista co-mune di tempo e di spazi in questo primo mondo go-vernato da un sistema fol le, suicida e allo sbando;capiamo quali sono i nostri punti di luce e mettiamoli adisposizione di tutti ;scremiamo la quotidianità e la nostra identità da modell ifasul l i e costruiti ad arte per vendere merci, per usarcicome massa non critica, per deviare le nostre energie ela nostra rabbia verso guerre tra poveri e arroccamentiidentitari funzionali solo al potere.Non posso pagare viaggi in Messico, in Africa o in Indiaa tutti e questo mi dispiace perchè assorbire la vital ità especchiarsi in società al cui interno la relazione e il le-game comunitario sono un solido vissuto quotidiano po-trebbe essere un primo passo per capire che da soli nonsi va da nessuna parte.Quello che sogno, e che forse finalmente sta maturando,è una massa sempre più ampia di persone che, spinti dapovertà, mancanza di prospettive, sfruttamento edemarginazione inizi a prendere coscienza del proprio es-sere, del proprio ruolo e del proprio nemico, per fare inmodo che l'uscita da questa crisi non abbia portato adun equil ibrio più favorevole al sistema finanziario e algrande capitale transnazionale ma a noi, che siamo il99% della popolazione e che non riusciamo più a soste-nere, emotivamente e socialmente, di essere consideratie trattati come merce di scambio, forza lavoro, costo so-ciale.

Concludendo, i l titolo di questo articolo rappresenta unalettura del presente che dobbiamo superare, prendendoatto che quell i che per superficial ità o mancanza di co-noscienza consideriamo “stranieri”, qualsiasi sia la loroapparente diversità discriminante, sono in realtà personeche, per i più svariati motivi, hanno già rotto con un si-stema globale canceroso e allo sbando ma non sonoancora riusciti ad andare oltre, a reiniziare un percorsocostruttivo di riappropriazione identitaria e sociale. Nonsono “altro da noi”, sono solo più avanti, grazie a unrapporto più vivo col male della società, oltre un punto dirottura a cui, purtroppo o per fortuna, dovremo arrivaretutti .

REDZ0T1K

1 L'olismo (dal greco όλος, cioè "la totalità") è una posizione filosofica basata sull'idea che le proprietà di un sistemanon possano essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti. Relativamente a ciò che può essere

chiamato "olistico", per definizione, la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore/differente della somma

delle prestazioni delle parti prese singolarmente. Un tipico esempio di struttura olistica è l'organismo biologico,

perché un essere vivente, in quanto tale, va considerato sempre come un'unità-totalità non esprimibile con

l'insieme delle parti che lo costituiscono2 http: //www.metropolisweb. it/Notizie/Cronaca/droga_1 5_anni_consumatori_mondo_aumentati_sei_volte.aspx3 Lo stesso metadone, uti l izzato nel trattamento sostitutivo al l 'eroina viene chiamato nel gergo di strada “metano”,come il carburante più a basso costo ma dalle minori prestazioni oggi in commercio.

4 http: //droghe.aduc. it/notizia/aumentano+consumatori+eroina+causa+della+crisi_1 241 92.php5 http: //droghe.aduc. it/notizia/rapporto+tossicodipendenze+della+capitale_1 24230.php

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GIORNALE di STRADAPagina 1 5

IIll ggrreeggggee ddii ppeeccoorree nneerreeQuesta è una storia che è accaduta in un piccolo paese, “Pecorolandia”, Così chia­mato perché nel paese vivevano solo pastori e pecore. Questo paesino disperso nellemontagne di un imprecisato luogo nel mondo, assomigliava ad un dipinto di unpittore tanto era bello e perfetto... tutto era al suo posto, nel posto giusto... lemontagne in su, i pascoli appena sotto...e ancora più giù le case, con i tetti a puntae rossi,così che il paese dall’alto delle montagne sembrava una grande scatola dipastelli per colorare tutti di color rosso.Nel paese succedeva che tutti giorni i pastori partivano, di mattina presto, appena

il sole era abbastanza sveglio da dargli il buon giorno e portavano le loro pecore su nei pascoli, appenasotto alle montagne. Nei pascoli stavano sempre tutti insieme, i pastori andavano d’accordo, la pensavanotutti allo stesso modo e non c’era proprio bisogno di litigare: dividevano i pascoli per far mangiare le loropecore , dividevano sempre il loro pranzo, dividevano sogni e nuove idee per far produrre sempre più lanaalle loro pecore. Tutto andava bene, infatti, loro producevano la migliore, la più bianca di tutte le lane delmondo. La lana di Pecorolandia era famosa per il suo pregiato color bianco, probabilmente perchè i pa­stori avevano tutte le pecore di un colore bianco che più bianco non si può.Un giorno nel paese arrivo un nuovo pastore, veniva da molto lontano e conoscendo la fama di pecoro­landia, immaginava che li avrebbe potuto produrre tantissima lana con il suo gregge di pecore, e riuscirefinalmente ed avere una casa un lavoro ed un pò di felicità.Il nuovo pastore incontro gli abitanti e chiese a loro il permesso di vivere li con le sue pecore.La prima risposta fu “sì” da tutti:” ingrandirci un po’ ci servirà” dicevano, ma poi sgomento!!!! videro lesue pecore e scoprirono che lui, aveva solo pecore nere. Si arrabbiarono molto,e lo cacciarono dal paesedicendo …”vattene, noi non vogliamo pecore nere, rovinerebbero la nostra lana e poi noi stiamo bene tranoi che siamo “tutti uguali”………………….. tu sei diverso, sei un tipo strano. “Lo straniero” così cominciaronoa chiamarlo nel villaggio perché secondo loro era proprio strano.Lo straniero si allontano dal paese è andò a ripararsi in una grotta là sui monti sopra ai pascoli.Rimasesolo con le sue pecore nere. Là nella grotta faceva freddo e lui aveva fame, le provviste non erano infinite enon sapeva più cosa fare. Ma la speranza è l’ultima a morire, gli diceva sempre una sua amica, la vecchiapandora, così quella mattina mentre guardava due delle sue pecore, e nel sottofondo il paese che sembravauna scatola di pastelli gli venne un’idea …. Quelle pecore erano tutte uguali e lui non le riconosceva mai,così dentro di se pensò: “se io divento uguale a loro mi accetteranno di sicuro perchè non potranno ricono­scere la mia diversità”. Il piano cominciò, si travestì da pecorolandiese(abitante di pecorolandia), coloròtutte le sue pecore di bianco e andò al paese; mentre camminava cercava di pensare proprio come uno diloro; quando arrivo al paese si presentò con un falso nome e tutti lo accolsero molto bene, nessuno lo avevariconosciuto. Così, fingendo di essere un altro venne accettato dai pecorolandiesi.Col passare del tempo il pastore straniero si sentiva ugualmente solo anche se gli altri gli volevano bene,

perchè lui sapeva che era tutto finto: non volevano bene a lui ma ad un personaggio inventato.Una serapensava “è molto triste che questi pastori vogliano bene solo a quelli che sono uguali a loro e gli altri non livogliano nemmeno tra i piedi ,è stupido questo comportamento diceva tra se e se: “da uno che sa delle altrecose, cioè uno straniero posso imparare molto invece da uno che sa le loro stesse cose e pensa nello stessomodo non imparano niente di nuovo, possono e rimarranno sempre uguali, che noia”.Cominciò cosi ad insegnare nuovi lavori, nuove storie, nuove idee ai pastori, restando però travestito dapecrolandiese così loro si fidavano,ed imparavano molte nuove cose.Passo molto tempo e lo straniero divenne una persona stimata da tutti, ma lui non stava bene, sentivasempre di tradire la sua vera cultura, quello che veramente era.Un giorno si svegliò di buon mattino, era inspiegabilmente felice: sorrise guardò fuori il sole splendeva eilluminava tutto il paese. Si fermò a pensare e cominciò a sorridere poi a ridere da solo, poi rideva propriocon gusto, la risata gli donò una grande forza e voglia di cambiare, si tolse e buttò via i suoi travestimenti,corse fuori a gridare che lui era diverso, era uno straniero e voleva restare diverso perché la diversitàarricchisce tutti.Nel paese rimasero molto stupiti, si guardarono tutti in faccia,e insieme gli risposero “sarai diverso,ma vabene, tanto ora sembri cosi simile a noi”. Lo straniero li guardo disse “ Siete sicuri , che non siete voi adessere più simili a me”.A me non importa chi è più simile a chi, m’ importa crescere ed imparare a stare insieme e a insegnarsicose diverse l’un l’altro. A voi cosa importa?

Luk

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GGiioorrnnaallee ddii ssttrraaddaa.. .. .. vvii ttaa ddii ssttrraaddaa

Nella molta – troppa – letteratura che si fa intorno al problema delle tossicodipendenze, compare, tra tanti, i l

personaggio del “tossico all’ultimo stadio”. Qui si intervistano soggetti che vivono intorno a noi, a Reggio e

provincia, che nell’ immaginario dovrebbero corrispondere appunto a quel particolare tipo di tossicodi-

pendente: soggetti che hanno perso tutto, la casa, il lavoro, le relazioni parentali, che non sono in grado di

provvedere ai propri bisogni elementari, senza un futuro e “alla disperata ricerca della dose quotidiana. Se ave-

te voglia di mettere in discussione questi stereotipi, la lettura delle interviste vi proporrà dimensioni molto di-

verse da quelle attese. ”. I protagonisti – i soggetti intervistati - sono in sintesi persone che vivono in strada, i

senza fissa dimora, i senza tetto, i barboni, gli homeless, chiamateli come volete: anche a Reggio esistono

persone che vivono in queste condizioni, ed hanno qualcosa da raccontare e da dire.

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GGiioorrnnaallee ddii ssttrraaddaa.. .. .. vvii ttaa ddii ssttrraaddaa

Nella molta – troppa – letteratura che si fa intorno al problema delle tossicodipendenze, compare, tra tanti, i l

personaggio del “tossico all’ultimo stadio”. Qui si intervistano soggetti che vivono intorno a noi, a Reggio e

provincia, che nell’ immaginario dovrebbero corrispondere appunto a quel particolare tipo di tossicodi-

pendente: soggetti che hanno perso tutto, la casa, il lavoro, le relazioni parentali, che non sono in grado di

provvedere ai propri bisogni elementari, senza un futuro e “alla disperata ricerca della dose quotidiana. Se ave-

te voglia di mettere in discussione questi stereotipi, la lettura delle interviste vi proporrà dimensioni molto di-

verse da quelle attese. ”. I protagonisti – i soggetti intervistati - sono in sintesi persone che vivono in strada, i

senza fissa dimora, i senza tetto, i barboni, gli homeless, chiamateli come volete: anche a Reggio esistono

persone che vivono in queste condizioni, ed hanno qualcosa da raccontare e da dire.

MARCELLO E CATERINA

L’intervista si svolge all’interno del laboratorio di via Paradisi, definito “Laboratorio di Strada”: è un progetto non

convenzionato con il Comune né con alcun altro servizio pubblico, quindi a completo carico della Cooperativa Sociale

Libera-Mente e della Papa Giovanni XXIII. Si rivolge principalmente a utenti, anche in condizioni di tossicodi- pendenza

attiva, in stato di marginalità sociale grave e s’inserisce a pieno titolo nel novero degli interventi finalizzati alla riduzione

del danno sociale.

Gli enti promotori e gestori credono nell’importanza di servizi ad alta accessibilità che rispondano ai bisogni primari e

che, utilizzando lo strumento della prossimità relazionale, creino le condizioni per consentire a chi lo desidera, indi-

pendentemente dal suo rapporto con la sostanza, di poter beneficiare di luoghi favorenti l’inclusione sociale. Il lavoro,

sempre più difficile da trovare o da tenere, non è solo uno strumento di riconoscimento della dignità della persona, ma

nel nostro caso può senz’altro favorire l’aggancio terapeutico e ridurre la marginalità sociale. Il laboratorio, situato in via

Paradisi, è stato inaugurato il 18/05/2009: al suo interno vengono svolte attività di piccolo assemblaggio.

Marcello, da quanto tempo vivi fuori da una casa?

Due anni e qualcosaYYY..due inverni e due estati .

Sempre in macchina?

Subito avevo una Passat famil iare (da subito in macchi-na) poi sono stato in una casa con Caterina che era ba-dante di un anziano finito poi in ricovero e lei non è statapiù pagata così lei rimasta l i ad abitare per tre mesiY poiho preso una Panda e da allora ci abitiamo.

Descrivimi per favore la tua giornata tipo.

Non è una giornata piena - i l mattino si lavora: svegliaal le cinque e trenta o alle sei, dormi due ore mentreCaterina dorme di più con sedile giù mentre io ho il canee la tartaruga dietro, più bagagli vari e non posso tirargiù i l sedile, solo i l sedile passeggero può essere tiratogiù. Questo in un parcheggio di XXX [un comune alla pe-riferia di Reggio, NdR] dove viene tol lerata la nostra pre-senza.Non riesco più dormire sdraiato - ho preso la forma delsedile – non riesco più a stare coricato per via del mal dischiena e devo dormire sedutoY poi accendo la macchi-na e vengo al lavoro vengo presto per trovareparcheggio e control lare la macchina che è la mia casa edevo sempre control larla. [1 ]

Al le 11 e 30 vado in Vil letta Svizzera[2] – a mezzogiornoc’è una mensa - dove resto per alcuni minuti prima diprendere da mangiare per me e Caterina. Prendo un pa-sto e lo divido con Caterina, è un pasto diviso in due otre con il cane a seconda dell ’operatore: qualcuno mi dàporzioni abbondanti, altri un po’ meno.Non mi danno il latte perchè non posso essere lì la

mattina, perché per spostarmi dovrei usare la macchinama la benzina sempre limitata o manca. Vorrei i buonispesa per non dover più andare lì . Posso usare un gara-ge dove potrei cucinare qualcosa. Non posso dormirciperché chiamano i vigi l i ma lì ho tutte le mie cose da dueanni.A 1 4 anni ho cominciato a lavorare fino a mil itare poi la-vorato per due anni di seguito quindi lavori saltuari masempre in regola. Ora a 50 anni diventa tutto più diffici le.Resto in Vil letta a fare quattro chiacchiere per qualcheminuto poi vado al parco “Campo di Marte” per i l cane eper leggere e per stare in un posto l iberamente oppurevado direttamente a XXX nel parcheggio dove fermo lamacchina per dormire, dove nessuno mi rompe la scato-le perche mi conosconoYAltrove, come a Reggio, vengono 1 00 volte a dare fasti-dio le varie pattugl ie di Carabinieri , Pol izia, Digos, eccYOgni volta che vedono una macchina parcheggiata chiedo-no tutti i documenti con anche il rischio delsequestro della macchina o dellapatente. Sono loro con la divisa adettare le regole.Sto lì dal le due, due e mezza -primo pomeriggio -fino almattino, a volte mi spostoper prendere l 'acqua aldistributore gratuito o ivestiti nei distributori ca-ritas. Ultimamente stoleggendo come in bi-bl ioteca. Leggo di tutto.

““AA mmee

bbaasstteerreebbbbee

aanncchhee ssoolloo aavveerree

uunn bbuuccoo ddoovvee

ffeerrmmaarrmmii ee rriillaassssaarrmmii

aa ffiinnee ggiioorrnnaattaa..

UUnn ppoossttoo ffiissssoo

ddoovvee ssttaarree aall ssiiccuurroo..

DDii nnoottttee nnoonn ssii ddoorrmmee

ppeerrcchhééddeevviisseemmpprree ssttaarree

ccoonn ggllii oocccchhii aappeerrttii””

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GIORNALE di STRADAPagina 1 8

Se ho qualche soldo in tasca ci facciamo dei panini ma avolte devo scegliere tra mangiare o la benzina per fareavanti indietro e a volte devo scegliere la benzina altri-menti non vado a lavorare.I l contributo è circa sui 300 euro [3] . . . siamo in due più gl ianimali e la macchina. A volte t rovo qualche pic-colo la-voretto fuori, ma lasciamo perdere.In garage ho tanta roba e a volte viene un tipo deimercatini e gl i dò in blocco alcune mie cose: fanno imercatini del l 'antiquaria-to/usato e a volte riesco a la-sciargl i qualcosa per 5 euro (tabacco, mangiarequalcosa). Dove ho il garage il marocchino so-pra di me ha chiamato i Carabinieri più voltee quindi non posso dormirci.Vivere così ultimamente mi sta stres-sando. Sono nervoso. Per un nonnullami scaldo subito

Lo leghi al tipo di vita?

Beh io devo pensare a Caterina quandova a trovare il figl io – affidato dai servizi aduna famigl ia nel la bassa - devo comprare bi-gl ietto treno per viaggio o un regalino. Non è miofigl io eppure ci devo pensare io. Lui mangia tutti i giorni edorme in un letto ma noi no. . . però è suo figl io.A me basterebbe anche solo avere un buco dovefermarmi e ri lassarmi a fine giornata. Un posto fisso dovestare al sicuro. Di notte non si dorme perché devisempre stare con gli occhi aperti . A volte arrivano ma-rocchini ma io mi so difendere. Alla notte io sono semprein paranoia. Problema di trovare il posto, del le forzadell 'ordine e delle persone che passano di l i . Capitaspesso. . . Io scendo giù e l i faccio scappare. . . L'ultimavolta un indiano è venuto a vedere dentro la macchina. . .cercava di fotografare col telefonino, avendo visto unacoppia, chissà cosa pensavaY.. ma io scendo giù e loammazzo. . .Anche se avessi una roulotte. . . non sarei tranquil loperchè è facile da aprire. Entrano spaccano rubano. . . ècome stare in macchina. [4]

E per l’igiene come fate?

Lavarsi con le salviette umide, a volte a casa di amici perfare la doccia. . . la Vil letta non fa entrare la mia ragazzaperché non è tossicodipendente quindi io per correttezzala faccio quando la può fare anche lei.Quando sei in strada non ti puoi fidare di nessuno. . .nemmeno delle persone a cui cerchi di venire incontro.Nessuno ci sta aiutando. A XXX tutti sanno che siamolìY anche il sindaco. Chi ci vede ci schifa. . . diamo fasti-

dio e nessuno ci aiuta. Zero aiuti da gente o Co-mune. Siamo gli unici a XXX messi così e

i l sindaco potrebbe. . . se ci capitassequalcosa dopo sarebbero tutti prontiad intervenire, a domandarsiperchéY come a Bologna dove unbimbo è morto di freddo.E' successo che i Vigi l i siano pas-sati e dicono che è colpa mia che

mi hanno offerto una casa e nonl'ho voluta ma non è mica vero. I lsindaco conosce la Caterinaperché è stato suo insegnate ma laignora quando la vede. I l sindaco lasaluta ma non le chiede come va.Appena in strada. . . due anni fa. . . volevo chiedereinformazioni al l ’Ufficio Sociale e appena entrato l ’assi-stente sociale dice non chiedere niente che non possia-mo. . . ma io non volevo nulla, solo chiedere informazioni.

Tutti i giorni come puoi non essere incazzato. . . ioalmeno prendo il metadone e ogni tanto bevo

per stordirmi e passare il giorno ma laCaterina mi chiedo come faccia. . . a voltemi scarico con lei. . . so che non è giu-stoYse non ci fosse lei mi sarei ri-messo a spacciare forse. . . l 'ho fatto inpassato.Ho una figl ia di 21 anni. . . La madre leha parlato male di me e ora non ci

capiamo. I l garage me lo ha dato in affittola mia ex moglie. Mio padre qualche soldo me

lo darebbe ma io non ho il coraggio di andare da lui achiedergl ielo perché ho 50 anni.

Caterina, da quanto tempo vivi fuori da una casa e

come vivi la situazione?

Un anno che vivo in macchina con lui. . . Un anno amaggio dentro la Panda. Lui si sveglia sempre prima, iomeno male riesco a dormire. Ormai sono abituata al laluceQuando mi sveglio i l mattino penso che non è il massimopreferirei una casa, una stanza. Per l 'igiene non è ilmassimo io sono abituata a essere pulita e trovarmisporca faccio fatica. . . non potermi lavare tutti i giorni.Fino al 201 0 io stavo con un anziano assieme a mio fi-gl io poi con Marcello perché non avevo più casa. Se po-tessi mi laverei tutti i giorni. Quando va bene riesco alavarmi da amici altrimenti con sal-viettine umidificate.Per i l mangiare a volte stiamo due tre giorni senzamangiare.

Su 24 ore, al giorno, quanto stai in macchina?

Abbastanza. . . più di metà giornata. . . scendo solo per i l“lavoro” e per portare fuori i l cane.Sogno di real izzare una casa con Marcello e avere miofigl io ma è diffici le. Mi manca una casa. Io ho semprevissuto in casa. Questa situazione mi spiazza. Mispiazza alla grande. Io sono molto sensibi le e quando li-tighiamo io piango e a lui dà fastidio ma per me è unoscaricarmi. Basta un niente che io me la prendo.I l problema di mio figl io è che non so neanche se lo ve-diamo. Senza casa non posso neanche incontrarloperché bisogna vedere tutta una serie di fattori con giu-dice e assistente sociale, come casa e lavoro.

Potendo, cosa chiederesti?

Chiedere ai servizi? Una casa e vedere mio figl io. [5]

““AAnncchhee ssee aavveessssii

uunnaa rroouulloottttee.. .. ..

nnoonn ssaarreeii ttrraannqquuiilllloo

ppeerrcchhèè èè ffaacciillee

ddaa aapprriirree..

EEnnttrraannoo ssppaaccccaannoo

rruubbaannoo.. .. .. ””

““ttuuttttii ssaannnnoo

cchhee ssiiaammoo llìì,,

aanncchhee iill

ssiinnddaaccoo.. ””

““aa vvoollttee

ssttiiaammoo

dduuee oo ttrree

ggiioorrnnii

sseennzzaa

mmaannggiiaarree””

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GIORNALE di STRADA Pagina 1 9

Siete stati fuori la notte rosa?

No. . . sugl i scatoloni a dormire

Vi ho intravisto.. Lo zaino più grande di teF..eravate

di spalleFF.ho dedotto che tu eri davanti allo zaino e

non ti si vedeva.

E' pesante. . . Tra coperta, computer. . . È che c'è anchel'altro di AlessandroAllora, da quanto tempo vivi in strada?

Quest'ultimo periodo sono due mesi. . . ma in realtà sono1 5 anni. In pratica sono 20 anni tra 3 di carcere e struttureY.-YYin strada sono stata 1 5 anniAdesso che sono con Alessandro sono due mesi primaero in una struttura, posto protetto, lontano da lui poi cisiamo riavvicinati ed ora mi sentirei male se io rimanessil i nel la struttura e lui sui cartoni a dormire.

Una scelta sentimentale. Assurdo ma bello.

E’ proprio così, anche ieri è venuto i l compagno di miamamma a dirmi che io potrei andare da loro a casa ma luinoY io poi penso che potrei poi vedere lui , io arrivoprofumata e lavata e riposata mentre lui rimanein strada e non mi sentirei a mio agio con luicosì. Ho accettato la cosa (lo stare per stra-da) con la speranza che tra pensione diinval idità e borsa lavoro qualcosa possasaltare fuori . . .Tra anni passati con uso di sostanze eY."mestiere" . . . nel la legalità mi viene piùdiffici le stare perché senza soldi e sostanzeche aiutano la realtà è più dura e pesanteperché tutto è più reale e più faticosoY ma resistoperché nutro la speranza che le strutture o qualcuno ve-dendomi star bene, che non uso più sostanze o commettoreati, mi diano una mano, in più. . . credo di meritarla e diportare avanti degl i impegni che prima non avrei maiportato avanti perche non ero messa bene con la testa.Costruisco una normalità che vorrei fosse riconosciuta. Hofatto tanto per tornare ad essere un essere umano. Unadonna. Speri di essere ascoltata (non dico premiata) mache mi venga riconosciuta la mia dignità di persona ri-spetto a quello che ero prima.Mi comporto bene, senza sostanze. Un piccolo lavoretto,basterebbe un posto dove fermarsi perchè poi mangiare olavarsi le soluzioni si trovano. Uno spazio che vorrei poterchiamare casa.

Descrivimi la tua giornata tipo.

Quando si lavora qui [frequenza laboratorio con borsa la-voro NdR] c'è già un programma diverso per la giornata.Durante la settimana sveglia al le 6 perche dove si dormeè diffici le. Siamo in una scala antincendio di un palazzo adormire lontano dal centro e alcune persone lo sanno chesiamo qui. E' un palazzo di uffici e chi l i apre lo sa che sia-mo qui. Sanno che teniamo pulito e non ci danno fastidio,ci lasciano stare, quando arriva qualcuno siamo già usciti .

Al le sei e mezza siamo già in piedi perche poi arrivano leguardie, le coop di pul izia. Al le 6 e 30 il primo autobus chepassa, senza bigl ietto e si viene a lavorare. Io ho l 'abbo-namento come invalida solo che mi scade a lugl io. Ales-sandro ha già preso un paio di multe però. Si va in un barche tre volte su cinque non ci fa pagare il caffè perchè sache anche quando non hai i soldi poi gl iel i porti quando nehai la possibi l ità. Non ce ne approfittiamoY così poisappiamo che possiamo tornarci.Lettura di giornale al bar per aspettare l 'orario di lavoro.Alle 1 2 e 30 finisce il lavoro e con 2 euro mangiamo tragnocco e panino. . . i buoni al imentari ci salvano la vitaperchè 3 buoni da 20 euro ci aiutano e gli zaini pesano dipiù per via delle scatolette che compriamo. Poi bisognamangiare per strada, a volte i l pol lo al lo spiedo quando vadi lusso.Durante i l giorno si bivacca tra compagnie, parchi ecc. . .fino al l 'orario del l 'ultimo autobus perchè carichi non riu-sciamo ad andare a piedi. A volte lo perdiamo per 5 minutio per una stupidata e ci dobbiamo arrangiare andando a

dormire da altre parti . A volte al la Esse Lunga maanche lì ora non si può più. Sempre in giro congli zaini pesanti per via del mangiare, maglio-ni. . . saranno 40 chil i l 'uno

E la salute?

Sarà per via dei pensieri che abbiamo masiamo sempre in mezzo a delle persona checi chiedono consigl io su varie cose, maYperòY quando poi siamo senza niente la gente

non ci da niente. Noi però i consigl i l i d iamo gratis.Ho una invalidità riconosciuta e devo mangiare rego-

larmente per assumere la terapia salva vita che devo se-guire e a volte Alessandro rinuncia a mangiare qualcosaperchè io non potrei sopportare altrimenti la terapia.Per lavarsi c'è la Vil letta Svizzera una o due volte al mesealtrimenti al bar dove andiamo c'è i l bagno per handi-cappati YY.poi con salviette umidificate ci si aiuta. I l ba-rista è tol lerante.Come donna per me questa vita è molto più faticosa ora.Prima sopportavo di più, avevo bisogno di meno. Ora èmolto più faticoso. La gente è meno tol lerante e le perso-ne giudicano con gli sguardi e i commenti. Ultimamente èpiovuto e anche i cartoni dove dormiamo erano bagnatiYSiamo dovuti andare due notti in albergo, avevamoappena presa la pensione ma ci costa la metà dellapensione. Quando posso ci vado ma ci serve anche labiancheria.Poi con il resto della pensione vivacchiamo. Quando sia-mo in gruppo la gente ti paga da bere ma non ti chiede sehai mangiato. . . magari con gli stessi soldi preferireimangiarci invece che bere.A fine serata bisogna cercare i cartoni da appoggiare interra da usare per isolarci dal freddo e dallo sporco. Unlenzuolo nostro e una coperta che ci portiamo dietro.

ELENA

Intervista svolta presso il Laboratorio di Strada di Via Paradisi da un operatore del Centro Sociale Papa Giovanni XXIII.

““ffaacccciiaammoo

ccoollaazziioonnee

iinn uunn bbaarr cchhee

ttrree vvoollttee ssuu cciinnqquuee

nnoonn ccii ffaa ppaaggaarree

ppeerrcchhèè ssaa

cchhee gglliieellii

rriippoorrttii””

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GIORNALE di STRADAPagina 20

Buongiorno

Buongiorno

Lei come si chiama?

NinaTu hai vissuto in strada?

Si ho vissuto in strada con ilmio moroso per tanti mesi.

Quanti mesi?

Di preciso non lo ricordo, sono stati lunghi ed intensi.

E adesso dove abiti?

Adesso sono ritornata a casa con mia madre, le cose nonvanno molto bene, preferivo stare in strada sinceramenteperò la strada era diventata molto pericolosa, sia dalpunto di vista della droga sia dal punto di vista del modo

di vivere, dove trovare un posto per dormire, dove rifu-giarsi dove avere qualcosa che ti può proteggere.

E questa protezione a casa la trovi?

No, a casa non la trovo, la trovo con M. perché M. mi daprotezione, anche quando ero in strada anche se erava-mo in posti pericolosi ero sempre al sicuro perché sapevodi aver lui al mio fianco.

Cosa sarebbe meglio per te, secondo te? Questa si-

tuazione del vivere con i tuoi o vivere in strada?

La situazione più bella sarebbe trovare un lavoro che almomento è diffici l issimo, anche se lavoro solo io o lavorasolo lui almeno possiamo permetterci di mettere via i soldie prendere un appartamento, di iniziare una vita normale,senza la droga, senza la strada, pensando ad un futuro

Quando fa freddo ci si veste più pesante. Giriamo ancoracon la giacca a vento nello zaino perchè se la notte fafreddo ci dobbiamo coprire. A volte usiamo gli scatolonicome sponde, per ripararci lateralmente dal ventoAdesso per fortuna arriva i l caldo ma quando fa freddo. . .La mia schiena mi dà da fare ma ho imparato comecamminare e vado avanti ad antidolorifici . Ogni tanto unamico ci ospita e ci fa fare la doccia. A volte ci paga damangiare al ristorante cinese dove si spende poco. Alme-no una volta o due al mese ci ospita. A volte anche perdue tre giorni di fi la.Quei due tre giorni per noi sono una festa. Lui cucina io milavo poi si apparecchia e ci si dà da fare. Non siamo li perpretendere e non andiamo mai a suonare a casa loro.Quando sono li mi sento ancora più sfigata degli altriperchè poi mi pesa ancora di più tutto i l resto e fai i para-goni tra chi ha e non ha. O anche a chi ha case e le lascial i a marcire o le politiche di alcune associazioni.

Sembri provata ...

Io in 37 anni non ho mai avuto una casa tranne un piccoloperiodo con Alessandro. Una brutta esperienza in cuiabbiamo perso soldi e le cose lasciate l i . Non possiamonemmeno intervenire con avvocato.Mia madre aiuterebbe me, ma non Alessandro, ma io vo-gl io stare con lui. Mia madre ha rabbia verso di me e lascelta che ho fatto. Da la colpa agli altri del le mie scelte evedendomi uscir fuori dal mio passato non comprende lamia scelta attuale.

Stando in giro come va con le forze dell'ordine?

E' un problema perchè veniamo fermati di continuo. Alcunivigi l i , pol iziotti e carabinieri sono comprensivi. Arrivanoperchè chiamati da qualcuno dato che ogni tanto qualcuno

dà in escandescenza (sta parlando del parco Cervi, ex-campo Tocci) perchè poi siamo in tanti ma sonocomprensivi e ci chiedono di stare calmi. Alcuni ci chiedo-no solo di spostarci. . . adesso non possiamo più nemmenometterci a sedere dove eravamo soliti mangiare(sopra unmuretto di campo Tocci)Y. ora ci hanno buttato soprasoda caustica e sale per non farci più sedere. Noi pul iamosempre tutto. Ma poi passano altri che lasciano uno schifo.

Di notte dormite?

Si, l i è tranquil lo. Addirittura tempo addietro le guardie sa-pevano che passavi di l i ti portavano o le sigarette o addi-rittura una volta un sacco a pelo. Io sono fortunata perchèdove andavo a dormire rispettavo sempre gli orari e nondavo fastidio, così la gente sa che non creo problemi.Qualcuno è più genti le di altri . A volte anche solo gl i autistidegl i autobus si impuntano perché non abbiamo il bigl iettoe ci fanno scendere. . . quando è l'ultima corsa comefacciamo?I l sabato e la domenica è più brutta perche bisognariempire tutta la giornata dalle 6 e 30 del mattino al le 8 e30 della sera poi ti alzi presto e tutto è chiuso e non c'ènessuno in giro.La domenica di sol ito andiamo in Caritas dove mangianotutti e si mangia bene. Anche li c'è i l problema degli zainima passiamo più inosservati. Spesso abbiamo più solida-rietà dagli stranieri che dagli altri che conosciamo cheogni tanto ci danno due euro o qualche sigaretta.Si vive in un altro mondo, quello di chi ha e di chi non ha.Non ci sono vie di mezzo. Qualche anno fa c'era una viadi mezzo, la disponibi l ità del le persone generose ,perchése andavi in un forno a chiedere da mangiare era più fa-ci le trovarlo. Ora siamo molti , tra stranieri e noi. Primac'era più sol idarietà, ora ti negano tutto più facilmente.

““IInn ssttrraaddaa

èè ttuuttttoo mmoollttoo

ffrreeee,, mmoollttoo lliibbeerroo,,

ppuuooii ffaarree

qquueelllloo cchhee vvuuooii””

SABRINA

(introduzione: contesto, tipo di attività svolta dalla PG23, qui anche evoluzione caso)

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GIORNALE di STRADA Pagina 21

più bello, pensando ai figl i , pensando anche ad avere unapiccola macchinina che ci possa portare in giro.

Che differenza c’è tra stare a casa con tua mamma e

vivere in strada, proprio a livello d’organizzazione, di

gestione delle cose?

In strada è tutto molto free, molto l ibero, puoi fare quelloche vuoi, hai la l ibertà estrema di fare tutto qualsiasi cosa.In casa mia, soprattutto, ci sono molte più ristrettezze, piùregole, la strada è un posto che non ha regole,l ’unica regola è la tua, la tua legge vale sul lastrada.

Però a livello più concreto, cibo,

dormire?

DormireY trovi un posto quatto quattodove ti capita, o se conosci qualchecasa abbandonata ti ci infi l i dentro.CiboY noi andavamo a mangiare alVil l ino Svizzero essendo allora tossico-dipendenti avevamo questo posto questorifugio dove potevamo stare anche du-rante la giornata per passare il tempo, pergiocare, scherzare, per divertirci con cono-scenti e amici.

Ti va di dirmi più o meno com’è organizzata una

giornata quando vivi in strada?

Quando noi eravamo in strada ci svegliavamo la mattinapresto, andavamo a prendere il metadone, passavamo lagiornata in Vil letta, mangiavamo, giocavamo, scherzava-mo. Poi magari al pomeriggio andavamo a chiedere l ’ele-mosina in stazione, se avevamo abbastanza soldi ciprendevamo da mangiare, prendevamo magari anche unapall ina d’eroina da dividere in due, poi ci rifugiavamo alcamper di Up[6] che ci dava sostegno morale e anche fisi-co, perché ci faceva stare bene, ridere e scherzare, e cidava anche il sostentamento con qualche borsina di cibo.

Se tu potessi chiedere qualcosa alla città di Reggio,

secondo te cosa dovrebbe fare per le persone che vi-

vono in strada e le coppie che vivono in strada, che

hanno problemi di abitazione e sostentamento?

Di non puntare troppo il dito e metterl i in un angolo, di es-sere più vicino a loro di tentare di costruire qualcosa, nonsolo per gl i extracomunitari, ma anche per noi che abbia-mo forse più bisogno di altre persone di essere aiutati .Perché se uno è in strada vuol dire che tutti gl i hannosbattuto le porte in faccia, e almeno la nostra città non cidovrebbe sbattere le porte in faccia, ci dovrebbe aiutarealmeno con una pronta accoglienza, qualcosa che possaessere una via diversa dalla strada, la strada non è un belposto.

Tu pensi di aver scelto di vivere in strada o pensi di

essere stata costretta dai casi della vita?

Io sono stata un po’ costretta dai casi del la vita e un po’ l ’hofatto per amore, però in tutti i casi non mi pento assoluta-mente di essere stata in strada e non me ne vergognonemmeno.

E adesso come sei organizzata?

Sto a casa di mia madre, esco quasi tutti i giorni perandare a prendere le medicine o il metadone, stocercando lavoro ma il lavoro è diffici l issimo da trovare.Ultimamente, ogni tanto vado a trovare il mio moroso incomunità

E prima che entrasse in comunità?

Eravamo 24 ore su 24 insieme, inseparabil i come gliuccell ini .

Vuoi dire qualcosa a ruota libera, come ti

sei trovata, come stai adesso, se ti mette

in imbarazzo questa intervista..

Sono molto tranquil la perché non mipento del mio passato, non mi pento diessere stata in strada, non ho nessuntipo di problema a dirlo. Magari può es-sere d’aiuto per altri ragazzi che sono indifficoltà in strada, di non avere paura diessere lì e di continuare a combattere cheprima o poi si trova un posto dove poter

stare.

Vuoi lasciarci con un tuo pensiero, un modo

dire, qualcosa che ti rappresenti?

Io dico sempre che quando uno piange deve piangere atesta alta, e se non piangi tu piange il cielo al posto tuo,ma quando piangi puoi piangere a testa alta che nessunose ne accorge mentre cammini, mai avere paura di esserequello che sei.

Quindi essere se stessi?

Sempre e comunque. Se sei goffo, se sei free, se seiritardato su qualsiasi cosa non avere paura perché lacosa più bella è essere se stessi.

Secondo te è difficile essere se stessi?

E’ diffici le, la paura delle persone è di non essereaccettate, pensare oddio sono diverso chissà cosa gli altripensano di me. Invece il bel lo del la gente è che nonsiamo tutti uguali , ci si scontra ma ci si viene ancheincontro. Se le persone fossero tutte uguali saremmo tuttiomologati al lo stesso modo e sarebbe una noia mortaleIo penso che sia molto diffici le essere se stessi, vuol diretirare fuori anche lati oscuri, le proprie debolezzeYE’ per questo che la gente ha paura e mostra una ma-schera

Che ti fa accettare tu dici?

Si per farti accettare, certe volte la metto anch’io questamaschera per delle mie paure che ho, però sto cercando dicombatterle e vedere se riesco a combattere questo mostrodi paure che ho.Secondo me è la cosa che ti fa star bene, affrontare le tuepaure, la paura va vissuta e va fatta uscire, per poterlasuperare devi mostrarti come sei.Altrimenti non riesci a superarla, una volta superata sei acavallo e riesci a governarti e comandarti nel migl ior modopossibi le.

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GIORNALE di STRADAPagina 22

Ci vuoi dire come ti chiami e quanti anni hai?

Lui : Mi chiamo Pin e ho ventuno anni.

Vuoi cominciare a ruota libera a parlarci di te? Vivi in

strada?

Lui : Si, sono quattro anni definitivi , però sono partito a vi-vere in strada che ero minorenne, dai quindici, sedici anniin poi.

Vuoi raccontare com’è vivere in strada e qual è la tua

esperienza, come ci si organizza, se sono cambiate

delle cose?

Lui : Innanzitutto dico che la strada è cambiata, è di-ventata più severa, più rischiosa, la gente non si fida più,ha paura. Io penso che la strada è un posto dove non sigioca. Quando avevo diciotto anni mio padre mi habuttato fuori casa ed ho cominciato a sopravvivereandando a rubare ma il problema che c’era anche la dro-ga di mezzo, quindi rubavo la notte, la mattina presto misvegliavo ed andavo a comprare l ’eroina, dopo mi facevola notte e cosi via. Dopo ho provato un’esperienza in co-munità, ho conosciuto S. e abbiamo passato mesi in stra-da.

E come era vivere in strada in coppia?

Lui : In coppia è diverso, se consideri veramente la perso-na a cui vuoi bene, ti dai forza a vicenda. Uno incoraggial ’altro e l ’altro incoraggia l ’uno. E’ dura, la strada adesso èdura.

E com’è invece di trovare un posto singolo dover tro-

vare una sorta di “letto” matrimoniale?

Lui : I l posto da dormire si trova sempre, la difficoltà è ilmangiare, i soldi, i posti , anche i Carabinieri e la Poliziache ti chiedono sempre di spostarti . I cittadini avendopaura si lamentano, o chiamano i Carabinieri o i Vigi l i e tichiedono di andare via perché la gente non vuole chequell i che vivono in strada, non vuole che disturbino e nonaccettano questa cosa.

Secondo voi come dovrebbe reagire il cittadino, inve-

ce di chiamare i Carabinieri, secondo voi come mai

hanno paura?

Lui : Hanno paura per la criminal ità, la gente deve capireche chi vive per strada non lo fa per dispetto, lo fa perchéha dei problemi. I l giovane o l’anziano o il signore che vivein strada, la gente deve capire che questi tre “punti”stanno combattendo per vivere, per trovare un luogo, tuttoi l giorno combattono. Sempre il pensiero in testa, dovevado se piove, non pioveY

Se dovessi chiedere qualcosa alla città, come vorresti

che fosse organizzata?

Lui : Non puoi chiedere perché, se uno viene da fuori città,magari perché la Polizia si è stufata di vederlo dormire inquella città, gl i fa i l fogl io di via, va a dormire da Bologna aReggio, io provo ad andare al dormitorio e non posso es-sere accettato perché non ho la residenza, un lavoro; mivoglio iscrivere agli uffici di col locamento non posso

perché devo avere la residenza, per mangiare devo averela residenza, per lavarmi devo avere la residenza, comepuoi sopravvivere, dopo è normale che qualcuno dicequello l i va a rubare, è normale, non fate niente per noi.

Se dovessi chiedere io: vorrei che ci fosse questo e

questoF

Lui : Al la gente non puoi chiedere niente, dove parte tuttoè il sistema, i l sistema è la legge. Se la legge dice lasciatestare i ragazzi che stanno per strada, la gente non ci cagapiù, non chiama più i vigi l i , perché parte tutto dalla legge.Se il presidente dicesse, farebbe una nuova legge sui ra-gazzi di strada cambierebbe la cosa, un letto per tutti ,mangiare per tutti , cambierebbe, ci sarebbe meno crimi-nal ità.Lei : quando uno cerca di fare colletta, di fare l ’elemosina,la gente non ti crede perché pensa che o li prendi in giro ol i usi per la droga, non si mette nei panni e dice, questoqua ha veramente bisogno di mangiare e ti da quei due,tre, cinque euro. A noi è capitato che una ragazza ci hadato 20 euro e noi siamo andati realmente a mangiare,non abbiamo comprato droga perché erano due o tregiorni che non mangiavamo e grazie a lei siamo andatiavanti due giorni. E’ raro trovare persone così genti l i ,guarda caso è stata una ragazza extracomunitaria nonun’ital iana, una ragazza che ha capito i l nostro problema,ci ha visti sporchi e affamati.

Forse perché ha provato anche lei queste cose

Lei : Può essere, può essere che al suo paese ce ne sianomolti , quindi capisce la realtà e la gravità del la situazione.Lui : Una cosa furba sarebbe una pensione per i ragazzi distrada.

Nel senso una pensione tipo una paghetta o un posto

dove andare a dormire?

Lui : Una pensione tipo una casa albergo, un posto dovepuoi andare a mangiare e dormire, quando uno ha unacasa appoggio, può trovare lavoro e da li riparte tutto i l si-stema. Uno dopo lì ce la fa, si alza e va a lavorare.Ma se uno vive in strada, dorme sui cartoni sotto un albe-ro, come faccio io, che magari al le 3 di notte la pioggia tisveglia e non dormi più, ti devi spostare, dopo fai fatica adaddormentarti . Al le 6, al le 7 devi alzarti per andare a lavo-rare non ce la fai, sei stanco, sei stufo, non ce la potreimai fare. Già dormi male sul la terra, hai la schiena apezzi, in più ti devi alzare per andare a lavorare, torni edormi su un cartone, non ce la puoi fare. Se invece c’èquesta casa appoggio sarebbe perfetto, ci sarebbe menocriminal ità, meno furti , meno scippi, la migl ior cosa.

Ma voi quanto tempo avete vissuto in strada insieme?

Lei : Non ricordo quanti mesi, come ho detto prima sonostati lunghi e intensi

Avete voglia di dirmi qualcosa su com’era?

Lui : Era triste, malinconica

MIRKO E SABRINA

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GIORNALE di STRADA Pagina 23

Ci sono stati dei momenti di felicità?

Lei : Momenti di fel icità ci sono stati perché eravamo l’unocon l’altro, perché ci amavamo e stavamo bene insieme,ma non bene nel contesto della strada.

A lei ho chiesto un motto personale su come affronta

le cose, per te?

Lui : La strada è un posto dove non si giocaLei : C’è modo e modo di stare in strada, tanti modi di vi-verla, è un circolo vizioso, tanti modi ma alla fine èsempre quella.Lui : La strada ha tante facce, ti prende in un modo achi in un altro, non è mai uguale. Per vivere in strada ilmigl iore modo è avere una casa appoggio, che la gentenon si preoccupa per i trenta euro dell ’albergo. Non èvero che la gente ruba solo per i soldi, anzi ci sonotante famigl ie che i genitori fanno le rapine perché nonriescono a dare da mangiare al proprio figl io, lo fareianche io. La legge è uguale per tutti , la strada è un po-sto dove non si gioca. La legge pensa che chi sta perstrada è per la droga, loro vedono i drogati non riesco-no a vedere le difficoltà, che uno i genitori a diciottoanni lo hanno cacciato di casa, loro pensano che se cidanno una casa noi la sfruttiamo in droga ma questonon è assolutamente vero. L’unico aiuto che possiamochiedere è la legge, i l presidente dovrebbe fare delle

case d’appoggio per tutti i ragazzi, del mondo dell ’ I tal ia,internazionale. Si devono sviluppare. La crisi parteanche da questo, perché tanti ragazzi stanno finendo instrada, se tu metti mezza Ital ia in strada, non ce la fapiù, non riesce a rialzarsi più l ’ I tal ia. Se invece quell iche sono in strada li metti in una casa d’appoggio, simettono a lavorare, vedrai che la crisi non c’è più, sonoconvinto.

Volete dire un’ultima cosa insieme? vi sentivate una

coppia speciale quando stavate in strada?

Lui : Noi ci sentiamo una coppia come gli altri . Perchécome noi che ci amiamo ce ne sono altri nel mondo,che vivono in strada che hanno avuto problemi. . . Noicombattiamo per andare avanti, non ci lasciamo andare,ci facciamo forza e sono pronto a dirlo ad altre coppie,fatevi forza, combattete, non lasciatevi andare giù, tro-vatevi un posto anche a costo di fare una rivolta, unarivoluzione, io sarei i l primo e lei la seconda, o lei laprima e io i l secondo, insieme.

Ditemi una parola per concludere, insieme senza

concordare

Lei : Ti amoLui : Ti amo, però stavo dicendo un’altra cosa ma Y(l’ intervista si interrompe)

Conclusioni

Non ci sono conclusioni da trarre, giudizi da dare: le interviste dicono molto, ed ognuno di noi, se si mette in posi-zione d’ascolto, può trarne emozioni, pensieri, riflessioni: ve ne proporremo alcuni, senza pretendere di essereesaustivi e tantomeno definitivi . Personalmente penso che la prima cosa che emerge sia i l bisogno di ascolto: que-ste persone hanno molto da dire e chiedono di non essere rinchiuse in stereotipi e in giudizi a priori , ma di essereascoltate, innanzitutto, nel le loro sofferenze, nel le loro idee e nei loro sentimenti.

Due notazioni quasi tecniche: la prima riguarda la dipendenza da sostanze legali ed i l legal i , senz’altro concausaimportante della genesi del la attuale condizione degli intervistati , non è per nul la centrale nella loro attuale condi-zione esistenziale, che non ruota attorno al consumo. Infatti una cosa è la gravità cl inica della dipendenza, l ’altra èla difficoltà del la condizione di vita. Può esserci col legamento tra le due componenti, ma anche non esserci: infatti ,togl iendo la droga, queste situazioni cambierebbero di poco.La seconda riguarda l’assetto delle leggi che regolano la residenza: se non si abita più in un posto e non si se-gnala un altro indirizzo (verificabile dai vigi l i urbani) al quale corrisponda un’abitazione (letto, bagno, cucina. . ), pri-ma o poi, per irreperibi l ità o per cancellazione in corrispondenza di un censimento, i l soggetto viene cancellatodall ’elenco dei residenti . Essere un “Senza Fissa Dimora” significa precipitare in una condizione dove i diritti ele-mentari di cittadinanza diventano diffici lmente esigibi l i : i l soggetto non ha un tesserino sanitario e quindi usufruiscesolo delle prestazioni di urgenza, non ha il medico di base, non può accedere a tutte le altre normali prestazioni(salvo quelle per specifiche gravi patologie a ri l ievo sociale), non può iscriversi al l ’Ufficio del lavoro per i l col loca-mento, non può disporre di prestazioni assistenzial i , non può rinnovare documenti esi trova in crisi nei rapporti conle autorità di Pubblica Sicurezza, non può ottenere benefici in caso di problemi legali (come gli arresti domici l iari).L’esito è che il SFD è solo ad affrontare la vita, e non dispone di quegli aiuti grandi o piccoli che sono garantiti aicittadini “normali”: è spinto ai margini del consorzio civi le. Una soluzione ci sarebbe, quella di indicare un luogo(anche una panchina) dove il soggetto è reperibi le abitualmente, almeno in certi orari e lì ottenere la residenza,procedura che va a buon fine solo se si dispone di un avvocato che supporti la richiesta. Non è questo i l luogo,ma personalmente penso che sarebbe necessaria una riedizione attual izzata del domici l io di soccorso, che re-sponsabil izzava per un certo tempo l’ultimo comune di residenza.

Tornando agli intervistati , emerge come prima impressione come queste persone non abbiamo perso la capacità dicogl iere la qualità del rapporto con l’altro e di provare affetti sinceri, e di sacrificare molto a questi affetti . Rimane

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costante la ricerca di dignità personale, di coerenza con i propri principi, e la capacità di sognare, anche se inmodo ingenuo, un qualcosa di migl iore per sé e per i l mondo che li circonda.La descrizione della enorme fatica che questo tipo di vita impone è vivissima, come la voglia di superarla, ma vienecolto anche il pericolo che deriva dalla sensazione di l ibertà che la vita di strada può dare. E’ una sensazione allalunga pericolosa: i l soggetto in qualche modo perde la capacità di accettare regole e condizionamenti, con l ’effettodi una “desocial izzazione” rispetto al l ’ambiente sociale comunemente condiviso, e la social izzazione ad un mondoaltro. I l ritorno ad una vita “normale” diventa via via più diffici le: al la lunga la vita di strada sembra essere unacondizione esistenziale che dà dipendenza.

Da notare l ’ intol leranza (se non l’aggressività) che si esprime tra soggetti in difficoltà, dove il soggetto che vive incondizioni migl iori (avendo conseguito una certa sicurezza e qualità del la condizione di vita) diventa i l primo anta-gonista di chi si trova in un gradino più basso (per rifiuto – rimozione di una condizione che potrebbe essergl iappartenuta in passato o che potrebbe toccargl i in futuro). I l persecutore è il marocchino che ha l’appartamento vi-cino al garage in cui vorrebbero dormire, o l ’ indiano che fotografa di notte: la competizione tra gl i ultimi, tra chioccupa un gradino appena più alto e chi sta sotto è da sempre aspra Questo in generale, ma non necessariamentesempre: è proprio una ragazza immigrata, o immigrati che pranzano alla Caritas, ad aiutare altri ragazzi in condi-zioni simil i : qui si apre invece la faccia della sol idarietà tra pari.

I l tema della tranquil l i tà è centrale per chi vive in queste condizioni. Rimanda purtroppo a testimonianze di giovaniimmigrati provenienti da zone di guerra o semplicemente turbolenti sul piano sociale: io volevo solo un po’ ditranquil l i tà. La condizione di continuo stress per l ’ incertezza non del domani ma del tra due ore, l ’ intol leranza cuispesso sono esposti, la difficoltà continua nel rapporto con le forze dell ’ordine, espone il soggetto a tensione conti-nua e al rischio di reazioni eccessive, con conseguente ulteriore marginal izzazione o di interventi del l ’autorità.

Come finiranno queste storie, ovvero quali sono le possibi l i evoluzioni? Diffici lmente questi soggetti potranno usciredalla loro condizione senza aiuti . Può essere a volte la famigl ia che ricompone le relazioni ed offre, come si è visto,la possibi l ità di ritorno in casa. Può essere un improbabile intervento assistenziale, come il Comune di residenza(bisogne averla conservata)che fornisce una casa, può essere il rientro nel circuito terapeutico SerT – Comunità,con i servizi impegnati prima nel trattamento della patologia nel reinserimento sociale poi (oggi sempre più diffici le),a volte la scelta ha aspetti di forzatura, quando il rapporto con le sostanze non è così centrale nella vita delsoggetto, e potrebbe essere risolto altrimenti se esistesse un luogo ove il trattamento fosse possibi le. La soluzionepiù facile è i l carcere: i l soggetto, per esasperazione reagisce a qualcuno o peggio ad un agente, oppure per ne-cessità compie un reato (disse uno di questi ad un processo per furto di auto: signor giudice, io la macchina non lavolevo rubare, ci sono solo entrato perché quella notte sapesse che freddo facevaY) e la carcerazione, evitata daqualsiasi cittadino “normale”, qui, senza casa, senza lavoro, scatta inevitabilmente. E da lì l ’unica via di uscita è lacomunità terapeutica.

1 I l soggetto è intervistato al l ’ interno del centro di via Paradisi a Reggio di primo mattino, e dà per scontata la cono-scenza del centro e del fatto che al mattino, più o meno regolarmente, si trovi in questi local i

2 E’ nota come “Vil letta Svizzera” la sede del Servizio Tossicodipendenze di Reggio, ora trasferita in via Bocconi,dove erano accolti i soggetti attivi e in grave difficoltà e dove venivano somministrati pasti , data la possibi l ità di cu-rare l ’ igiene personale, ricevere materiale preventivo, essere indirizzati ai servizi per una presa in carico, ecc.Caterina non godendo dello “status” di tossicodipendente, non ha diritto a questi servizi.

3 I l soggetto percepisce un contributo definito “borsa – lavoro” legato alla frequenza di un luogo di lavoro, nel caso illaboratorio di via Paradisi

4 I l tema della tranquil l i tà è ricorrente per chi vive in queste condizioni. La condizione di continuo stress espone ilsoggetto al rischio di reazioni eccessive, con conseguente ulteriore marginal izzazione o di interventi del l ’autorità.

5 La perdita di un domici l io effettivo, cui consegue inevitabilmente la perdita del la residenza, precipita i l soggetto inuna condizione drammatica e diffici lmente superabile, sul la quale si tornerà in chiusura. Giustamente Caterina, neisuoi sogni, associa la casa con la possibi l ità di avere relazioni con il figl io, contando, un po’ ingenuamente, di riu-scire a procurarsi un lavoro.

6 descrivere UP e il camper

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Jo Falloprotetto

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Un mese dopo mi trovo all'Haziland di Canova elì è sita una pizzeria con dietro un pianobar dis­messo (non funzionante). Dunque sono andato lìa chiedere qualche lavoro, occupazione, cosequalsiasi, da pulire i cessi al pulire la sala, allecamere, insomma per farla breve assoluta dispo­nibilità. Il gestore è zeneise (genovese), si chiamaMario e ha due fratelli: Franco, che non c'entraniente con il locale e Raffaele (Raf) che fa il bari­sta e io, appena l'ho visto, l'ho marcato come unpo' tardo. Io ho raccontato tutto quello che erasuccesso a Genova, anche se qualcosa Mario sa­peva già. Meglio così. Subito era dubbioso, poipiano piano, dopo i primi giorni che ci andavo,così... quasi gratis, mi ha dato alcuni compiti pre­cisi: allora, pulizia dei bagni, riordino del localeal termine della serata e apertura nel pomeriggio,alle diciassette. Ecco quanto dovevo fare e lui midava quel che poteva.Mario: “Cromo, sono in difficoltà, però non lasciouna persona nella merda. Qualche venti mila lirearriva, falli durare e vedrai che ci sistemeremo”.Passato questo mese, Mario è contento, sono pre­ciso, pulito e vado bene. Ho terminato tranquilla­mente l'astinenza e da mia zia sto bene.E' finito anche agosto. La crisi sta diventandonon contrastabile. Io penso che a Natale non ciarriviamo. Boh. Mario è carico, ma in cuor suopenso che abbia chiaro che il cancello rimarràchiuso. Per quanto mi riguarda sto pensandoparecchio alla roba e forse avrei già concluso sesapessi dove andare a Reggio. La mia fortuna èche non ho indirizzi o posti dove andare a colposicuro.Va bé, parliamo un po' di donne. E' martedi,Vincenzo, un amico d'infanzia va a CastelnuovoMonti dalla morosa. Si va a casa di lei e il miocompito è fare compagnia ad un'amica lasciatadal fidanzato. Arriviamo. Palazzi grigi, brutti, e ciapre la donna di Vincenzo. Mio Dio, unosgorbioallucinante, fatico a trattenermi ma ci rie­sco. Veoce mi presentano Alessandra, la miacompagna per stasera e sgommano in camera ascopare. Che schifo! Ma Vincenzo come cazzo fai?E' qualcosa che non ho mai visto: obrobrio allostato puro.

Ci piazziamo sul divano, cerco argomenti datrattare ma non è semplice neanche per lei. Ah!Se potessi infilerei la porta senza pensarci unattimo. Poi sento la sua voce:“Ti annoi, vero?”“Mah! A dir la verità non ti conosco, non so comecominciare, è per questo che sono bloccato.”“Io sono in un brutto momento, ho bisogno diavere un amico che mi aiuti, perchè quel bastardomi ha mollato così come una roba vecchia”.Alle è bionda, non alta, di viso sei e seno un po'cadente. Ecco, fisicamente è così.Sentiamo una porta, gli amanti hanno finito. Iltempo era out. Mi accostai e piano le dissi chepoteva venirmi a cercare quando voleva. Le de­scrissi dov'era Canova e poi la vbaciai leggerasulla bocca. Terminata questa parentesi erosempre con la vena che pulsava.Mi serviva qualcuno che sapesse dove andare.Cazzo. Possibile che quassù nessuno sa un cazzodi piazze, droga e compagnia cantante?Ora è una sera qualsiasi. Ci facciamo tre pizze io,Mario e Raf, poi Mario ci vuole parlare:“Allora ragazzi. Ho pensato ad una mossa pertentare di risollevare pizzeria e il locale che c'è lìdietro. Voglio sistemare un po', far portare via laspazzatura da Francone (contadino di Canova) epoi ripristinare un minimo il piano bar e vorreiche tu (guardando me) ti occupassi della gestio­ne, almeno in prova, per qualche settimana. Cosadite?”“Mario, io ti parlo come fossi mio fratello, ok?” ­gli faccio io.“Certo! Di pure!”“Allora, siamo dentro un fallimento conclamato,non fai una pizza da non so quanto, e vorrestiaddirittura infilarci un altro locale?! Boh, ma cisei o ci fai? E che cazzo, scusa, ma questo è so­gnare, porca vacca. Come pretendi qualcosa?Questo locale ha perso tutto: nome, clientela,eccetera. Mi dispiace parlarti così, però questaper me è la verità”.Mario immobile, gli occhi nel vuoto, non sa cosadire. Mentre mi passa Reporter mi fa:“Leggi almeno questo annuncio in cui chiedo dueo tre ragazze”.

CCrroonnaacchhee ddii CCrroommooRomanzo autobiografico a puntate

­ seconda parte ­

CCoommee eerraavvaammooppaarrttee sseeccoonnddaa

EEvvoolluuzziioonnee ssttoorriiccaa ddeell ll ee ddrroogghhee ee ddeell lloorroo mmeerrccaattoo.. UUnn vviiaagggg iioo aattttrraavveerrssoo ii ll tteemmppoo ddaa

rriippeerrccoorrrreerree aassssiieemmee ppeerr ccaappii rree ccoommee ssii ssoonnoo mmooddii ffii ccaattee llee aabbii ttuudd iinn ii ee ll ee ccoonnssuueettuudd iinn ii ddeell ll ee

ppooppoollaazziioonn ii rriigguuaarrddoo aa qquueessttoo ffeennoommeennoo..

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GIORNALE di STRADAPagina 27

CCoommee eerraavvaammooppaarrttee sseeccoonnddaa

EEvvoolluuzziioonnee ssttoorriiccaa ddeell ll ee ddrroogghhee ee ddeell lloorroo mmeerrccaattoo.. UUnn vviiaagggg iioo aattttrraavveerrssoo ii ll tteemmppoo ddaa

rriippeerrccoorrrreerree aassssiieemmee ppeerr ccaappii rree ccoommee ssii ssoonnoo mmooddii ffii ccaattee llee aabbii ttuudd iinn ii ee ll ee ccoonnssuueettuudd iinn ii ddeell ll ee

ppooppoollaazziioonn ii rriigguuaarrddoo aa qquueessttoo ffeennoommeennoo..

Come già detto nel precedente articolo con l 'avvento deglianni 70 ci fu una vera e propria rivoluzione negli usi e co-stumi.Nei primi anni settanta a dettare le regole nel trafficodell 'eroina era la mafia corsa, con base a Marsigl ia.Negli States questa sostanza era già diventata un flagel lo(come lo era già stata negli anni 20 e 30 in numerosi paesieuropei) e le forze di pol izia, al larmate, diedero il via adun'operazione congiunta con le forze francesi, denominata"French Connection", che portò al totale smantel lamentodella rete di raffinerie clandestine a Marsigl ia ed il restodella mafia corsa fu decimato da lotte e vendette interne.La malavita italo-americana decise allora di impossessarsidel traffico di oppio proveniente dalla Turchia impiantando iprimi laboratori di raffinazione dell 'eroina in Sici l ia, che ave-va geograficamente anche una posizione favorevole. Nelperiodo della cosiddetta "Mafia connection" venneimpiantata una fitta rete di trafficanti tra I tal ia, Francia eStati Uniti . Finita la raffinazione in Sici l ia, sol itamente l 'eroi-na veniva smistata a Cuba da dove poi riusciva ad entrarenegli Stati Uniti .Nel frattempo i servizi segreti francesi durante la "Primaguerra d'Indocina" degli anni 50 avevano favorito lo svi-luppo delle coltivazioni di oppio nel cosiddetto "Triangolod'Oro" per finanziare le operazioni segrete dei guerrigl ieriHmong e dando protezione ai pirati che operavano sul fiu-me Mekong. Negli anni 60, poi, la CIA per favorire le forzedel generale Chiang Kai-Shek che combattevano i comuni-sti favorì ulteriormente il contrabbando dell 'eroina traBirmania e Thailandia appoggiandosi al la compagnia aereaAirAmerica, spesso usata come copertura per le operazionipiù sporche e segrete.(ulteriori approfondimenti sul le pagine di Wikipedia relativeal Triangolo d’Oro e alla prima guerra d’indocina, ndr)Al termine della guerra quindi negl i Stati Uniti ci fu una verae propria saturazione del mercato, dovuta al l 'afflusso dieroina sia dalla Turchia che dal Triangolo d'oro. Conse-guentemente bisognava trovare un nuovo canale di venditae l 'Europa, finora lasciata da parte, divenne così i l nuovomercato.Va detto che Mafia e Cosa Nostra come organizzazioni cri-minal i , non furono mai direttamente interessate nel trafficodi droga preferendo avvalersi dei cosiddetti “sindacati” de-diti a furti ed estorsioni. In realtà erano i singoli capi mafiosie le loro famigl ie ad interessarsi a questo affare a puro titolopersonale, come una vera e propria attività commerciale,per poter mantenere il loro sti le di vita. Questo gl i permisedi prendere accordi tra Stati Uniti e I tal ia e di affidarsi a chi-mici marsigl iesi di ormai provata esperienza nella raffina-zione della morfina-base a Palermo.Se questa era la situazione del mercato dell ’eroina, ben di-verse erano le rotte che interessavano i traffici di cocaina.In quegli anni anche la 'Ndrangheta comincia ad interes-

sarsi al mercato della droga ma preferisce intrattenererapporti con i sudamericani ed arriverà ad avere il monopo-l io del traffico di cocaina in europa.Agli occhi dei narcos colombiani, «la 'Ndrangheta è l 'orga-nizzazione più affidabile, perché quasi impermeabile al fe-nomeno del pentitismo» (Nicola Gratteri, giudice dellaDirezione Antimafia di Reggio Calabria).Dal punto di vista degli utenti-consumatori assistiamo aduna vera e propria rivoluzione di mercato. Da un primoconsumo di droga relegato agli ambienti più facoltosi, labase di uti l izzatori si espande grazie ad una vera e propriaoperazione di marketing che porta ad un iniziale abbassa-mento dei prezzi, per conquistare una nuova base di“cl ienti” avvalendosi anche della diffusione di local i e disco-teche prevalentemente frequentate dai giovani. Sono anniin cui la droga viene vissuta come una esperienza di aggre-gazione ed è usata per facil itare le relazioni social i o anchesolo per distaccarsi dai tanti problemi che sembranoaffl iggere la società del tempo ed il mondo intero senzaperò purtroppo conoscere le conseguenze a cui l ’abuso diqueste sostanze è destinato a protare inevitabilmente conse. Erano purtroppo anni turbolenti che ben presto sfocie-ranno negli anni del terrorismo e delle stragi di stato, anni incui si viveva ancora l ’ incubo della guerra e dell ’olocaustonucleare, del le lotte di classe e del proletariato.Erano gli anni in cui ci si incontrava tutti in qualche parco opiazza e non è un caso infatti se negli anni successivi con iltermine “piazza” verrà indicato i l luogo di spaccio. Ci si co-nosceva tutti , sin da bambini a volte, e quindi si sapevasempre dove rimediare la “roba” buona e chi evitare pernon prendere “pacchi”, e proprio al l ’ interno delle compa-gnie di amici che le droghe troveranno terreno ferti le, vuoiper spirito di emulazione ma anche e soprattutto per lascarsa informazione sul l ’argomento.A sentire raccontare queste esperienze dai “vecchi” si notasempre una sorta di rimpianto per quegli anni spensieratied in cui i l mercato (o la “piazza”) era qualcosa vissuta traamici che erano spesso pronti anche a darsi una mano l’unl ’altro e dividere quel che avevano. Una sorta di camerati-smo dettato anche dalla voglia di fare ed accumulare nuoveesperienze.Questo sistema andò avanti ancora per diversi anni e più omeno rimase stabile fino al la fine degli anni 70 quando acausa delle lotte politiche intestine degli anni di piomboalcune politiche dovettero essere riviste, ma di questoparleremo nel prossimo numero, dove tratteremo il de-cennio 80-90, l ’ impatto dell ’HIV e gli infiniti dibattiti pol iticifino ad arrivare all ’avvento dei telefonini, la morte delle“piazze” e l ’ intervento della manovalanza straniera nellospaccio, per cui, nel la speranza di non avervi annoiato amorte (o al punto di andarvi a “fare” una dose) vi ringrazioper l ’attenzione e vi rimando alla prossima uscita.

Fred Sbornia

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GIORNALE di STRADA Pagina 28

Abbiamo pubblicato stralci di frasi e di pensieri significativi

dell’interviste, nel prossimo numero dedicheremo un arti-

colo completo alle interviste.

L.T.

1 Vengo qui al parco perché incontro i miei amici quel l iche hanno a mia stessa lunghezza d’onda però è peri-coloso qui si beve e si fuma e io sto cercando di faresenza.

2 Mi Piace stare qui in mezzo ai miei amici.

MARIO FARSETTA

1 Sono in strada e qui incontro le persone che conosco imiei amici. Non vado in altri posti pubblici tipo bar o lo-cal i dove non siamo accettati .

2 Ci passa il tempo.

L.T

Non mi piace

IL PERBENISMO DELLA GENTE CHE CI CONSID RASOLO PERCHE’ BEVIAMO, ANCHE SE TENIAMOTUTTO IN ORDINE.

NON MI PIACCIANO GLI SGURADI DELLA GENTE

MI PIACE STARE QUI CON I MIEI AMICI STO BENE

MARIO FARSETTA

NON MI PIACE

LA GENTE CHE C’E QUI E COMPLETAMENTE FUORIDAALA NOSTRA VITA,CI GIUDICA ANCHE CON ARTI-COLI DI GIORNALE BRUTTI ,CHE NOI NON CI MERI-TIAMO

MI PIACE PERCHE’ SI RIESCI A STARE SEDUTI SENZA

CHE NESSUNO TI CACCI

MARIO FARSETTA

METTERE DEI TENDONI DOVE RIPARARCI DALLAPIOGGIA DIVISI DA QUESTE PERSONE CHE CI ODIA-NO.

QUESTO E’ UN POSTO DI MARE E IO NON MI POSSOPERMETTERE DI GIUDICARE CHE DEVE STARE QUIE CHI NO

LE PERSONE PERO’ SI DEVONO SAPER COMPORTA-RE,

PIU’ VIGILANZA PER LE PERSONE NON ITALIANE.

L.T

LO STRANIERO E QUELLO CHE NON SI INTEGRA E SIATTEGGIA COME NEMICO

MARIO FARSETTA

E come se io fossi straniero visto che non mi vogliono

alcuni qui trovano carta bianca perché al loro paese nonpossono fare niente

M.F

VENGO AL PARCO PERCHE LA MAGGIOR PARTE DE-GLI AMICI VENGONO QUI E NONSTANTE TUTTOSONO BRAVE PEREONE E SE C’è QUALCOSA CHENON è ANDATA BENE CHIEDO SCUSA.

PIACE: MI PIACE FARE DEI BEI DISCORSI E C’èGENTE CHE MI CAPISCE E POSSO DARE E RICEVE-RE CONSIGLI .

NON MI PIACE TROVARE SIRINGHE E SPORCIZIANEL PARCO, NOI LA MATTINA VENIAMO PRETOALCUNI PULISCONO IL PARCO METTENDOPCI LENOSTRE MANI.

COSA CAMBIARESTI : SE UNO HA VOGLIA DI BERE INCOMPAGNIA LO LASCEREI FARE NON FACCIAMOMALE A NESSUNO. CAMBIEREI LA SPORCIZIA E NONLASCIARE IN GIRO LA ROBA.

DIRITTO DI STARE QUI ; IL DIRITTO è UNA COSAGRANDE TUTTI HANNO DIRITTO DI STARE QUI DI-

LLIIBBEERRII PPEENNSSIIEERRIIAbbiamo fatto alcune domande ai ragazzi che frequentano il parco Alcide Cervi (exTocci), primi destinatari dell’ordinanza dell’amministrazione di divieto di consumo dibevande alcoliche.

A tutti abbiamo posto le stesse domande, qui sottoelencate:1 come mai venite qui al parco ?2 cosa vi piace e cosa non vi piace del parco ?3 cosa cambiereste di che cosa avreste bisogno ?4 credete che ci sia qualcuno che non abbia i l di-ritto di stare qui ?

5 chi è lo straniero ?

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GIORNALE di STRADAPagina 29

GNITOSAMENTE PERO’

AL PARCO PUBBLICO.

Lo straniero : lo straniero potrei essere anche io potrebbe essere chiunque però chiunque deve sapere come ci sicomporta e basta.

a l ivel lo culturale cosa si fa qui ?

MARIO FARSETTA

Questo parco è Intitolato ad un vecchio partigiano che era contro al fascismo, era per la l ibertà al lora cosa vogliono ?

Le persone che non vanno bene vengono scartate non va bene Y.

Facciamo un ghetto

Bisogna cercare di emarginizzare un po’ meno e punture meno il dito

Non va bene ,Tutto i l modo di vivere della città, senza casa senza lavoro e tutto un organizzazione, se la persona nongli dai niente non potr mai tisi fuori dal la merda.

Se mi danno da lavorare ci vado a lavorare, non voglio mica che mi regaano ai soldi.

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Epica partita quella del campo TocciVenerdì 21 ottobre al parco Alcide Cervi (ex parco Tocci) si è giocata una partita di calcio fra educatori del la pg23 lepersone che frequentano il parco, luogo al centro di polemiche con i cittadini per i diversi modi di frequentare il parco.

Reggio Emilia. Venerdì 21 Ottobre 2011 , ore 1 4.30 circa.Giornata soleggiata tipicamente autunnale, cielo terso equalche nuvola sparuta, bassa umidità e temperatura dicirca 1 8 gradi. Al centrale del Parco Cervi, negl i ambientireggiani meglio noto come Campo Tocci, al la spicciolata,gruppi di spettatori e atleti si riuniscono in attesa delgrande evento sportivo in programma nel pomeriggio.Le squadre, dopo le foto di rito ed i saluti ad un foltopubblico in stato di grazia e di euforia, si riuniscono peraccordarsi sul le regole basilari del gioco, al lorchè lacompetizione si disputa, come noto, in assenza di arbitri .L'inizio del la gara è previsto per le ore 1 5.30.Da sinistra verso destra del campo la squadra verde-bianca schiera: Essadic, Mohammed, Carmine, Andrea,Francesco, Diego, Noureddin. Dall 'altro lato attacca lasquadra gial la composta da: Rashid, Roman, Emanuele,Luca, Simone, Enrico, Yasser e Marco.La gara, maschia, ma estremamente pulita e corretta sisvolge con un andamento altalenante caratterizzato dafrequenti e repentini cambi di fronte. Gara inizialmenteequil ibrata, nel la parte centrale registra una netta preva-lenza Verde- bianca, trainata dalla classe cristal l ina delcapitano marocchino Mohammed, mentre nella secondaparte una insistita e corale risposta consente ai Gial l i diagguantare il risultato. Gara accesa durante tutte le fasi digioco, a tratti ben giocata, pubblico divertito e comparteci-pe dello show. Finisce 1 3- 1 2 in favore dei gial l i dopo 2tempi di circa 30 minuti più recupero. Squadre salutate daprolungati applausi al la fine delle osti l i tà da parte di unpubblico festante composto da circa una trentina di perso-ne. Bambini e famigl ie in tribuna.

Verdi- BianchiEssadic: 7. Si prodiga per tutto l 'arco della gara sia in manovrad'attacco che di difesa. I l fisico da poco più che ventenne gliconsente una lucidità di gioco preziosa per tutta la squadra. Leincertezza in fase di control lo sono supplite da impegno e co-stanza. Indispensabile.

Mohammed: 9. Preciso, fantasioso, estroso, concreto e corretto.Diverte i l pubblico con finte ripetute sugli avversari e si diverte.La sua gara è di una qualità superiore alla media e consente allasua squadra un domino totale degli avversari. Quando scende lamusica cambia. Quando è in campo, i l maestro di calcio sale incattedra. Pedagogico.

Carmine: 6,5. Da lungo tempo lontano dai campi per problemiprevalentemente motivazionali . Ciononostante evita atteggia-menti snobistici e si presenta in campo con una mise sportivache poco si intona con sua la barba da metal laro. Legnoso in ri-partenza e in difficoltà sul senso d’equil ibrio, stupisce per alcuneazioni di interdizione difensiva sfiorando il gol in almeno dueoccasioni. Esce sofferente tra gl i applausi dopo una coll isionefortuita con un avversario. Prostrato

Andrea: 6,5. Un rapper in prestito al mondo del calcio. Asso-calciatori precisa: “Siamo a posto, grazie.” Lontano dalla formafisica, farraginoso e incerto nel dimostrare la comprensione dellebasilari regole calcistiche, mostra qualche colpo di buon dinami-smo sfiorando nel finale di gara addirittura un gol pesante. Spre-ca per inesperienza. Nella seconda parte della gara dimostrabuon senso tattico. Scacchista.

Francesco: 7,5. Distribuisce palloni come se piovesse, concretoe preciso. I l ragioniere dei bianco- verdi dimostra di avere unpassato di accanito frequentatore di campi di calcio, almeno finoai 1 4 anni. I fondamental i ci sono, la ruggine anche. A suo agiocon la maglia bianca e verde diverte i l pubblico con le sue geo-metrie tattiche. Ostico.

Diego: 8. Dopo Mohammed è sicuramente colui che conenergia crea occasioni, gol e grattacapi agl i avversari. Anche inlui sono rintracciabil i segni indelebil i di un passato sui campi dicalcio. A differenza di Francesco può contare su un fisico pre-stante e soprattutto senza l’antiestetica “buzzetta”. E’ sicura-mente uno dei protagonisti del la gara: atletico, dinamico sia indifesa che in attacco, prol ifico sotto rete. Solido.

Noureddin:7. Per lungo tempo a bordo campo come consulentetecnico della squadra, abbandona ogni vel leitarismo da mister escende in campo. Si schiera a metà campo tentando di puntel la-re una difesa in evidente difficoltà. Buono il control lo pal la e leimpostazioni del la manovra offensiva, non basta come rinforzodifensivo per contenere gli arrembanti avversari. Esperto.

Biola: 7,5. Dopo una prima fase di tentennamento, decide diabbandonare la sua “compagna” danese a bordo campo e diindossare i pantaloncini. Generoso e dinamico, lotta su tutti ipal loni creando scompigl io tattico in entrambe le squadre forseanche a causa di una maglietta color bianco rossa. Dopoqualche azione esce per infortunio, ripescato nell ’aiuola di bordocampo soccorso dalle ottime assistenti . Indomito.

GialliRachid: 8,5. Perno fondamentale della squadra. Sprona inmodo energico e rispettoso i compagni, impostando la manovrad’attacco e rientrando prontamente in difesa quando necessario.Sicuramente reduce di un passato di giocatore assiduo per lestrade e campi di calcio marocchini, sfodera tenacia e sensotattico necessari per la rimonta finale della squadra. Soloqualche sbavatura in fase di conclusione. Metronomo.

Roman: 7. Complice la sua stazza tipica dell ’uomo dell ’Est, altoe robusto, tiene basso il baricentro della manovra della squadra,smista palloni e supporta i l compagno di reparto Rachid. Effica-ce in fase difensiva, un po’ meno in fase d’attacco dove sbagliaqualche pallone di troppo. Sempre pronto a dare il cambio aicompagni in debito d’ossigeno, tiene corta la squadra con le suepoderose falcate. Gigantesco

Emanuele: 8,5. Dinamico, intenso, a tratti vibrante. I l CavalloPazzo dei Gial l i . Sembra un veterano del campetto, corre su tuttii pal loni, segna e crea scompigl io risultando diffici lmente marca-bile. Sarà l ’uomo determinante per la rimonta dei Gial l i . Semprepresente nelle fasi di attacco, dona foga e furore agonistico al lagara. I l pubblico apprezza e lo incita applaudendo. Pecca solo diegoismo in alcune azioni offensive. Pazzesco.

Simone: 7. Parte bene sia in fase offensiva che difensiva. Se-gna, colpisce un palo, si propone ai compagni e smista palloni,ma col passare dei minuti i l suo apporto al la squadra si attenuafino a raggiungere l ’ inconsistenza. Subisce le incursioni del l ’otti-mo Mohammed che non riesce mai ad interdire in modocompleto, ma solo a ral lentare. Chiede il cambio più pernecessità che per altruismo. Rientra sul finale riossige-nato e un po’ più lucido. Altalenante.

Luca: 8. Diffici lmente descrivibi le. Goffo, sgraziato e completa-mente scoordinato, risulta paradossalmente estremamentefantasioso ed efficace. E’ i l caso sportivo della giornata. Con lapalla ai piedi dimostra di non aver nessuna dimestichezza con la

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giochi

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"Libera-Mente" n. 9 - Maggio 2011Giornale di strada edito da Ass. Centro Sociale Papa Giovanni XXI I I

Stampato dalla Cooperativa Sociale "Libera-mente" - [email protected]: Associazione "Centro Sociale Papa Giovanni XXI I I "

Registrazione del Tribunale di Reggio Emil ia n. 1 057/01Direttore Responsabile: Matteo Iori - Iscritto al l 'Elenco Speciale del l 'Ordine dei Giornalisti dal 02/03/2001

PROGETTI IMMAGINALI

Progetto:

RINNOVAME

NTO DELLA CLA

SSE POLITI

CA

Progetto:

REDISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE

Progetto: MENSA CARITAS IN PIAZZA SAN PIETRO