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PROCURA REGIONALE PER IL MOLISE
GIUDIZIO DI PARIFICAZIONE
DEL RENDICONTO GENERALE
DELLA REGIONE MOLISE
2015
Requisitoria del Procuratore RegionaleCarlo Alberto Manfredi Selvaggi
UDIENZA DEL 22 LUGLIO 2016 – PRESIDENTE CRISTINA ZUCCHERETTI
Corte dei ContiProcura Regionale
per il Molise
Requisitoria del Procuratore Regionale
Carlo Alberto Manfredi Selvaggi
Giudizio di parificazione del rendiconto generale della
Regione Molise per l’esercizio finanziario 2015
Udienza pubblica del 22 luglio 2016
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REQUISITORIA DEL PROCURATORE REGIONALE
rappresentante il Pubblico Ministero presso gli Uffici della Corte dei
Conti per il Molise, nel giudizio di parificazione del rendiconto
generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2015, ai sensi
degli artt.: 100, comma 2 e 103, comma 2 Cost.; 1, comma 5, del d.l. n.
174/2012, convertito in l. n. 213/2012; 40 e 72 del r.d. n. 1214/1934; 4 e
26 del r.d. n. 1038/1933; 190 c.p.c.
INDICE
1. Introduzione pag. 2
2. Considerazioni pag. 4
2.1. I principali dati del rendiconto pag. 4
2.2. L’impugnazione di leggi regionali dinanzi alla Corte
costituzionale pag. 9
2.3. Le partecipazioni societarie della Regione Molise pag. 14
2.4. Il disavanzo sanitario pag. 18
3. Conclusioni pag. 20
2
1. Introduzione
Ha oggi luogo il giudizio di parificazione del rendiconto generale
della Regione Molise per l’esercizio 2015, ai sensi dell’art. 1, comma 5,
del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla l. 7
dicembre 2012, n. 213.
Il procedimento, come è stato già ricordato in occasione dei
precedenti giudizi di parifica, segue le forme della giurisdizione
contenziosa.
Ciò è previsto dall’art. 40 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214
(richiamato, per le Regioni, dall'art. 1 del d.l. n. 174 cit.), secondo il
quale la Corte dei conti decide sulla parificazione «con le formalità della
sua giurisdizione contenziosa».
La norma, come rilevato dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, ha consentito al «diritto vivente della giurisprudenza
costituzionale» di affermare la natura giurisdizionale della funzione di
parificazione (sul punto, Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2014, n. 23072).
La Corte Costituzionale, di recente, ha affermato che anche nella
parifica del rendiconto regionale ricorrono integralmente tutte le
condizioni per le quali è possibile sollevare questione di legittimità
costituzionale in via incidentale nell'ambito dell'attività di controllo di
legittimità della Corte dei conti, ossia l’applicazione di norme di legge
e l’esito del procedimento vincolato al parametro normativo (Corte
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cost., 23 luglio 2015, n. 181).
Il Pubblico Ministero partecipa al giudizio di parifica, secondo la
definizione data dal Procuratore Generale, quale «osservatore dei
fenomeni di scostamento delle gestioni dai parametri di regolarità». In questa
sede non si procederà, pertanto, alla ricognizione delle attività svolte
da questa Procura Regionale ai fini dell’esercizio dell’azione di
responsabilità amministrativa.
L’odierno giudizio è stato preceduto da una fase istruttoria, al
quale la Procura, in osservanza delle direttive impartite dal
Procuratore Generale, ha preso parte attiva presenziando agli incontri
a tal fine fissati dalla Sezione di controllo e interloquendo con i
rappresentanti dell’Amministrazione regionale.
La Sezione di controllo, dal canto suo, ha comunicato
tempestivamente a questa Procura le informazioni e i dati emersi
dall’istruttoria, in un costante dialogo improntato alla massima
collaborazione tra gli Uffici.
A conclusione dell’istruttoria, la Sezione ha fissato l’odierna
udienza, disponendo la trasmissione all’Amministrazione e a questo
Pubblico Ministero della Relazione di accompagnamento al giudizio di
parificazione.
Come negli scorsi giudizi di parifica, si trarrà spunto anche dai
contenuti di tale documento per formulare alcune osservazioni sulla
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complessiva gestione finanziaria della Regione.
2. Considerazioni
2.1. I principali dati del rendiconto
L’esercizio finanziario 2015 è stato caratterizzato dall’applicazione,
per la prima volta, delle norme contenute nel d. lgs. 23 giugno 2011, n.
118, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili delle Regioni e
degli enti locali, come modificato e integrato dal d. lgs. 10 agosto 2014,
n. 126.
Tra i nuovi principi viene in particolare rilievo quello della
competenza finanziaria, secondo il quale tutte le obbligazioni
giuridicamente perfezionate, attive e passive, che danno luogo a
entrate e spese per l’ente, devono essere registrate nelle scritture
contabili quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione
all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza.
L’attuazione del principio ha imposto alle Amministrazioni, tra
l’altro, il riaccertamento straordinario dei residui, con la cancellazione
dei residui attivi e passivi cui non corrispondevano obbligazioni
perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015 e la relativa
reimputazione agli esercizi in cui le obbligazioni sarebbero divenute
esigibili.
Queste operazioni hanno inciso, com’è intuibile, sull’entità e sulla
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composizione dei valori riportati nel rendiconto dell’esercizio, nei
termini puntualmente evidenziati nella prima parte della Relazione di
accompagnamento della Sezione di controllo.
Le principali risultanze del rendiconto possono essere così
riepilogate.
Le entrate di competenza accertate sono pari a complessivi €
1.083.592.490,26, con una differenza negativa di € 584.026.076,72
rispetto allo stanziamento definitivo di previsione, pari a €
1.667.618.566,98. Delle somme accertate sono stati riscossi €
940.402.860,22.
Rispetto all’esercizio 2014, si rilevano una diminuzione degli
accertamenti del 14,28% e un aumento delle riscossioni del 5,39%.
Una prima notazione concerne le entrate derivanti dal c.d. tributo
A.C.I., che, nell’esercizio di riferimento, sono state previste per €
4.200.000,00, ma accertate e riscosse per soli € 18.120,04, ossia nella
misura dello 0,43%. Si deve rammentare, al riguardo, che il mancato
esercizio, nei termini di legge, delle operazioni finalizzate
all’acquisizione delle entrate tributarie comporta, là dove ne sia
conseguita la prescrizione del credito o la maturazione di una
decadenza, la responsabilità del personale inadempiente per il
corrispondente danno erariale.
I residui totali riaccertati, da riportare nell’esercizio 2016,
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corrispondono a circa € 985 milioni, con una diminuzione di quasi €
500 milioni rispetto all’annualità precedente.
Passando alle spese, dall’esame di quelle in conto capitale emerge
che sono stati assunti impegni per € 168.066.540, a fronte di uno
stanziamento di competenza di € 962.858.620. I pagamenti ammontano
a € 137.760.610. Mentre gli impegni sono diminuiti, rispetto al 2014, del
48,31%, i pagamenti sono aumentati del 2,27%.
Con riguardo, invece, alla spesa corrente, gli impegni sono risultati
pari a € 845.289.860, inferiori rispetto all’esercizio precedente, a fronte
di uno stanziamento di € 1.008.040.900. Sono stati effettuati pagamenti
per € 762.777.330, in aumento rispetto al 2014.
I residui passivi totali, da riportare nell’esercizio 2016, risultano
complessivamente pari a € 334.850.750, con una diminuzione di oltre €
400 milioni rispetto all’annualità precedente. Si registra, a tal proposito,
un notevole divario tra i residui finali al 31 dicembre 2014 – circa € 776
milioni – e i residui iniziali al 1° gennaio 2015 – circa € 376 milioni –,
conseguenza del riaccertamento straordinario del quale già si è detto.
L’obbligo di concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica,
come definito dalla l. 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il
2015), che ha abrogato le previgenti norme in materia di Patto di
stabilità interno, risulta rispettato.
L’ammontare complessivo dell’indebitamento al termine
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dell’esercizio è pari a € 360.331.524, di cui € 359.192.913 a carico della
Regione ed € 1.138.611 a carico dello Stato.
Non risulta osservato, a questo riguardo, il limite quantitativo
stabilito dall’art. 62, comma 6, del d. lgs. n. 118/2011, secondo il quale
le Regioni possono autorizzare nuovo debito solo se l’importo
complessivo delle annualità di ammortamento dei mutui e delle altre
forme di debito in estinzione nell’esercizio, al netto dei contributi
erariali e dei debiti espressamente esclusi dalla legge, non supera il 20
per cento dell’ammontare complessivo delle entrate del titolo «Entrate
correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa», al netto dei
tributi destinati al finanziamento della sanità e a condizione che gli
oneri futuri di ammortamento trovino copertura nel bilancio di
previsione regionale.
Secondo quanto illustrato dalla Regione nel corso dell’istruttoria, il
superamento del limite sarebbe giustificato dalla riduzione degli
accertamenti delle entrate tributarie rispetto agli stanziamenti del
bilancio di previsione, e alla riduzione del contributo statale per i
mutui dei trasporti, ai sensi della l. 18 giugno 1998, n. 194.
Detto superamento, in ogni caso, non è privo di conseguenze, in
quanto comporta, ai sensi del comma 7 dell’art. 62 cit., il divieto, per la
Regione, di assumere nuovo debito fino a quando il limite in questione
non sarà rispettato. Anche per questa ragione, si condivide l’invito
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della Sezione a un attento monitoraggio della sostenibilità del debito
regionale.
La spesa per il personale della Regione sostenuta nell’anno è stata
pari a € 25.676.608, e dunque inferiore, rispetto a quella del 2014, del
16,36%. La flessione ha interessato, in particolare, il personale con
qualifica dirigenziale, ed è dovuta, oltre che alla contrazione del
numero dei dirigenti, anche alla riduzione, ai sensi dell’art. 15 della l. r.
22 dicembre 2014, n. 25, delle risorse destinate al finanziamento del
fondo per il trattamento accessorio di tale categoria di personale.
Con riferimento alla spesa sanitaria, sulla quale si tornerà in seguito,
i dati di interesse corrispondono a quelli della Macro-Funzione
Obiettivo n. 7, denominata «Politiche per la salute», secondo i quali gli
impegni complessivi ammontano a € 694.326.343, mentre i pagamenti
sono pari a € 686.365.265. Questi dati non coincidono con quelli del
rendiconto armonizzato redatto a fini conoscitivi: le ragioni del
mancato allineamento sono state chiarite dall’Amministrazione in fase
istruttoria.
L’equilibrio generale di bilancio, ai sensi dell’art. 40 del d. lgs. n.
118/2011, appare formalmente rispettato, dal momento che i totali
generali definitivamente assestati delle spese e delle entrate presentano
differenza pari a zero.
Il risultato di amministrazione al 31 dicembre 2015 evidenzia un
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saldo positivo di € 496.420.756. Tuttavia, detratti gli accantonamenti e i
vincoli imposti dalla nuova contabilità armonizzata, e al netto della
costituzione del Fondo residui perenti e del Fondo per anticipazioni di
liquidità, la parte disponibile presenza un saldo negativo, ossia un
disavanzo, di € 309.070.216.
2.2. L’impugnazione di leggi regionali dinanzi alla Corte
costituzionale
Come già fatto nei precedenti giudizi di parifica, la Procura ritiene
opportuno soffermarsi brevemente sui ricorsi proposti alla Corte
Costituzionale, da parte del Governo, per la declaratoria, in via
principale ex art. 127 Cost., delle norme contenute in alcune leggi
regionali di spesa emanate di recente.
Con ricorso del 6 luglio 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.
39 del 30 settembre 2015, il Governo ha impugnato la legge regionale
del Molise n. 8 del 4 maggio 2015, pubblicata sul Bollettino ufficiale
della Regione Molise n. 11 del 4 maggio 2015, recante «Disposizioni
collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e
spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali», in relazione ai
suoi artt. 32, comma 3, 43 comma 3, 44, comma 1, lett. b) e 44, comma 6,
lett. h)».
Più in particolare, l'art. 32, comma 3 prevede che la titolarità del
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Servizio «Centrale unica di committenza», in fase di prima
applicazione, possa essere conferita anche a personale esterno
all'Amministrazione regionale, in deroga alle disposizioni di cui all'art.
19, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, in materia di
conferimento degli incarichi dirigenziali a tempo determinato. Secondo
il Governo, la norma confliggerebbe con l'art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato
l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato.
L'art. 43, comma 3 della legge regionale prevede, invece, che a
seguito della soppressione dell'Autorità di Bacino dei fiumi Trigno,
Biferno e minori, Saccione e Fortore, la Regione Molise subentri nei
relativi rapporti giuridici attivi e passivi, compresi quelli relativi al
personale appartenente al ruolo regionale. Il Governo ha evidenziato,
in proposito, che l'eventuale trasferimento nei ruoli della Regione
potrebbe valere solo nei confronti di personale assunto mediante
concorso pubblico, e non, genericamente, per quello cui si applica il
Contratto collettivo nazionale di lavoro Regioni - autonomie locali;
ciò, infatti, potrebbe dare luogo a un inquadramento riservato in favore
di personale assunto senza concorso pubblico, in contrasto con l'art. 97
Cost. e in violazione dei principi stabiliti dal decreto legislativo n.
165/2001.
Di specifico interesse è poi il rilievo che attiene all’art. 44, comma 1,
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lett. b), secondo il quale alcune figure di dirigenza generale - Direttore
di Dipartimento, Direttore generale della Salute, Segretario generale
del Consiglio regionale, Capo del Servizio di Gabinetto del Presidente
della Giunta regionale e degli Affari istituzionali, Capo del Servizio di
Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale e degli Affari
istituzionali - non sono ricomprese nelle dotazioni organiche della
Regione. Nel ricorso si è osservato che una siffatta previsione, oltre a
compromettere la corretta quantificazione delle risorse da destinare al
finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei
dirigenti e ad avere effetti negativi in ordine al rispetto della normativa
vigente in materia di contenimento e controllo della spesa complessiva
di personale, non specifica la modalità di conferimento dei relativi
incarichi dirigenziali ai fini del rispetto delle percentuali indicate
dall'art. 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165/2001. Ciò sarebbe in
contrasto con il principio di buon andamento dell’attività
amministrativa, ai sensi dell’art. 97 Cost., e con la già ricordata
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento
civile.
Lede tale competenza, secondo il Governo, anche l'art. 44, comma 6,
lett. h) della legge regionale, che innova le disposizioni in materia di
trattamenti economici complessivi dei dirigenti apicali degli enti
dipendenti dalla Regione, delle società direttamente o indirettamente
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da essa partecipate, delle fondazioni e degli altri organismi dipendenti.
In tal caso, l’incostituzionalità della norma discenderebbe dal fatto che
le previsioni indicano in maniera dettagliata la costituzione dei
trattamenti economici complessivi dei dirigenti apicali dei suddetti
enti, ossia una materia riconducibile all’ordinamento civile e quindi
alla potestà legislativa statale.
Il ricorso non è stato ancora discusso. L’esito del giudizio di
legittimità costituzionale appare, in ogni caso, meritevole di particolare
attenzione, non solo per l’incidenza delle norme impugnate
sull’organizzazione della Regione e dei soggetti da essa dipendenti, ma
anche, in considerazione dell’oggetto delle disposizioni, sotto il profilo
dell’andamento e del controllo della spesa per il personale.
Non va, inoltre, trascurato che la decisione potrà assumere il ruolo
di precedente utile a orientare la futura legislazione regionale di spesa.
Sempre con riguardo ai giudizi di legittimità costituzionale
instaurati nel 2015, si ricorda che in occasione dello scorso giudizio di
parifica era stata segnalata l’impugnazione, da parte del Governo,
dell’art. 6 della l. r. 22 dicembre 2014, n. 25, di assestamento del
bilancio di previsione regionale per il 2014. Il ricorso è stato respinto
dalla Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 107 del 12 maggio
2016, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale della norma con riferimento agli artt. 81, comma 3 e 117,
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comma 3, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 15 del d. lgs. n.
76/2000.
Infine, a dimostrazione della vivacità e dell’attualità del contenzioso
tra Stato e Regioni relativo alla legittimità costituzionale delle leggi
regionali, specialmente in materia finanziaria, si rappresenta che, nella
seduta del 30 giugno 2016, il Consiglio dei Ministri ha deliberato
l’impugnazione delle seguenti leggi regionali del Molise:
- n. 4 del 4 maggio 2016, «Disposizioni collegate alla manovra di Bilancio
2016-2018 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di
leggi regionali», in quanto una norma riguardante il conferimento di
funzioni amministrative regionali in materia di ambiente, di
energia, e di inquinamento atmosferico violerebbe gli articoli 118
primo comma, e 117, secondo comma, lett. p) e s), della
Costituzione, riguardanti rispettivamente la «legislazione elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
Metropolitane», e la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali»;
- n. 5 del 4 maggio 2016, «Legge di stabilità regionale 2016», in quanto
una norma riguardante il trasporto di persone mediante servizi
pubblici non di linea limiterebbe la concorrenza, in contrasto con i
principi nazionali e comunitari in materia, in violazione dell'articolo
117, secondo comma, lett. e), della Costituzione;
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- n. 6 del 4 maggio 2016, «Bilancio regionale di previsione per l’esercizio
finanziario 2016 – Bilancio pluriennale 2016 - 2018», in quanto una
norma in materia di bilancio si porrebbe in contrasto con la
disciplina riguardante l'armonizzazione dei bilanci pubblici, in
violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione, che ne riserva la competenza esclusiva allo Stato,
nonché, conseguentemente, dell'articolo 81, terzo comma della
Costituzione; altre norme non presenterebbero la necessaria
copertura finanziaria per l'intero triennio, in violazione dell'articolo
81, quarto comma, della Costituzione.
2.3. Le partecipazioni societarie della Regione Molise
Negli scorsi giudizi di parifica, questa Procura si è soffermata sullo
stato della partecipazione della Regione alle organizzazioni di diritto
privato, e in particolare a quelle aventi forma di società, sul
presupposto che la qualità di socio comporta, per l’Ente, l’assunzione
di precisi obblighi di carattere patrimoniale, sub specie di sopportazione
delle perdite della gestione aziendale e di erogazione di finanziamenti
a favore degli organismi partecipati.
In quelle occasioni, la Procura ha preso in considerazione le
iniziative adottate dalla Regione, titolare di numerose partecipazioni
societarie, al fine di pervenire alla dismissione di quelle non necessarie
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per le sue funzioni istituzionali, in attuazione, dapprima, dell’art. 3,
commi 27 ss., della l. 24 dicembre 2007, n. 244, e, in seguito, dell’art. 1,
commi 611 ss., della l. 23 dicembre 2014, n. 190.
E’ noto che quest’ultima disciplina ha previsto, in particolare,
l’avvio, da parte di ciascuna Amministrazione, di un processo di
razionalizzazione delle partecipazioni, in modo da conseguire la
riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015. Gli enti devono
elaborare, a tal fine, un piano operativo, con la fissazione di modalità e
tempi di attuazione, e l'individuazione in dettaglio dei risparmi da
conseguire. E’ stato osservato, in giurisprudenza, che il riferimento ai
risparmi conferma indirettamente la legittimità delle dismissioni basate
su esigenze di cassa, tenendo conto che il concretizzarsi di una voce di
entrata riduce la necessità di indebitamento complessivo per finanziare
altri investimenti (T.A.R. Brescia, Sez. I, 13 ottobre 2015, n. 1305).
Come ha rilevato la Sezione di controllo nella propria Relazione, la
Regione Molise ha dato seguito alle prescrizioni della legge con
notevole ritardo. Soltanto con la deliberazione n. 497 del 23 settembre
2015, infatti, la Giunta Regionale ha approvato un atto di «ricognizione e
piano operativo di razionalizzazione degli organismi partecipati», quando il
termine previsto a tal fine era quello del 31 marzo 2015. Il piano,
peraltro, non risulta ancora approvato dal Consiglio Regionale,
competente, in base allo Statuto, a deliberare con legge in merito alla
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«partecipazione ad associazioni, società ed enti pubblici». Né
l’Amministrazione ha inviato alla Sezione di controllo, nel termine
previsto del 31 marzo 2016, la relazione sui risultati della
razionalizzazione.
Sotto il profilo dei contenuti e delle modalità di redazione del piano,
non si può non condividere il rilievo, formulato nella Relazione, che la
Giunta ha preso in considerazione unicamente le partecipazioni dirette,
e non anche quelle indirette. Si ricorda, a tal proposito, che l’art. 1,
comma 611, della l. n. 190/2014 impone l’avvio di un «processo di
razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o
indirettamente possedute».
Nelle intenzioni della Regione, esplicitate nel corso dell’istruttoria,
sia le difficoltà operative che non hanno consentito la tempestiva
applicazione delle norme poste dalla legge di stabilità 2015, sia
l’assenza attuale di un piano di razionalizzazione delle partecipazioni
indirette, potrebbero trovare soluzione nell’art. 13 della l. r. 4 maggio
2016, n. 4, il quale, richiamando espressamente la citata d.G.R. n.
497/2015, obbliga le società partecipate dall’Amministrazione a
predisporre un piano di razionalizzazione delle proprie partecipazioni,
e attribuisce alla Giunta Regionale il potere di porre in essere «tutti i
provvedimenti utili all’attuazione del piano stesso, anche provvedendo ad un
aggiornamento periodico del piano di riassetto strategico delle società a
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partecipazione regionale qualora sia richiesto dalla normativa nazionale
medio tempore intervenuta in materia».
Quest’ultimo richiamo allo ius condendum sembra riferito al nuovo
Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, che il
Governo è stato delegato a emanare dalla l. 7 agosto 2015, n. 124 e che,
dopo l’esame del relativo schema da parte delle competenti
Commissioni parlamentari, è attualmente in fase di approvazione da
parte del Consiglio dei Ministri.
Tra le ulteriori criticità meritevoli di segnalazione, in ambito
regionale, vi è quella relativa alla mancata approvazione dei bilanci
delle società partecipate da allegare alla proposta di legge di
approvazione del rendiconto. La Regione dovrebbe sollecitare ed
ottenere l’approvazione di tali documenti, eventualmente ricorrendo
all’esercizio dei propri poteri di socio, entro il medesimo stabilito per
l’approvazione del rendiconto regionale.
Si condividono, infine, le perplessità avanzate nella Relazione in
ordine alla decisione della Giunta Regionale di destinare, con la
deliberazione n. 733 del 29 dicembre 2015, un finanziamento a una
società, la Sviluppo Montagna Molisana S.p.A., della quale la Giunta
stessa aveva previsto la dismissione entro il 31 dicembre 2015.
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2.4. Il disavanzo sanitario
Come costantemente ribadito nei precedenti giudizi di parifica, la
Regione Molise è sottoposta, sin dal 2007, al Piano di rientro dal
disavanzo sanitario, il cui rispetto è soggetto al monitoraggio da parte
del Tavolo di verifica degli adempimenti e del Comitato permanente
per la verifica dei livelli essenziali di assistenza.
E’ noto che, nell’aprile 2014, il Presidente del Consiglio dei Ministri
ha attivato, nei confronti del Commissario ad acta per l’attuazione del
Piano, la procedura di diffida prevista dall’art. 2, comma 84, della l. n.
191/2009. Ove il Presidente - Commissario non adempia in tutto o in
parte gli obblighi, anche temporali, derivanti dal Piano di rientro,
indipendentemente dalle ragioni dell'inadempimento, il Consiglio dei
ministri, in attuazione dell'art. 120 Cost., adotta tutti gli atti necessari;
la disposizione autorizza, inoltre, il Governo a nominare – in
sostituzione del Presidente della Regione – uno o più commissari ad
acta per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel Piano e non
realizzati.
Con la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 18 giugno 2015,
inoltre, la Regione è stata diffidata a presentare istanza di accesso
all’anticipazione di liquidità di cui all’art. 3, comma 3, del d. l. n.
35/2013, convertito con l. n. 64/2013, in applicazione del quale, con
Decreto direttoriale del 20 febbraio 2014, era stata assegnata alla
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Regione stessa la somma di € 257,339 milioni.
Il Tavolo e il Comitato, nella riunione del 24 novembre 2015, hanno
poi rideterminato in € 38,742 milioni il disavanzo sanitario non coperto
per il 2014, a seguito del conferimento delle aliquote fiscali per il 2015
destinate alla relativa copertura.
Per effetto del decreto del Commissario straordinario del Governo
n. 1 dell’8 febbraio 2016, la Regione ha beneficiato di un primo accesso
alla menzionata anticipazione di liquidità. Nella riunione del 16
febbraio 2016, il Tavolo tecnico ha verificato positivamente la copertura
della rata di ammortamento dell’anticipazione di liquidità per
l’importo di € 6.271.901 annui a decorrere dal 2017 e per trent’anni.
Tuttavia, in considerazione del fatto che la predetta rata non consente
l’accesso al complessivo importo di € 257,339 milioni, come stabilito
con la delibera del Consiglio dei Ministri del 18 maggio 2015, l’organo
di verifica ha ritenuto che il mandato del Presidente della Giunta
Regionale, Commissario per l’adozione degli atti necessari ai fini
dell’accesso alle anticipazioni di liquidità, fosse stato eseguito solo
parzialmente.
Da ultimo, nella riunione del 21 aprile 2016, Tavolo e Comitato
hanno accertato un disavanzo, al quarto trimestre 2015, di € 45,321
milioni, pari al 7,5% del finanziamento annuale assegnato alla Regione.
Dopo il conferimento delle aliquote fiscali preordinate dal Piano di
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rientro alla copertura del disavanzo sanitario, relative all’anno
d’imposta 2016 e pari a € 18,192 milioni (al netto di 2 milioni di euro
destinati dallo stesso Piano di rientro al pagamento della rata
dell’anticipazione di liquidità), il disavanzo è risultato pari a € 27,129
milioni.
La copertura del disavanzo, così determinato, è stata possibile
grazie al contributo di solidarietà interregionale di cui alla seduta della
Conferenza Stato – Regioni del 23 dicembre 2015, pari, per l’anno 2015,
a € 30 milioni, in accompagnamento al Piano di risanamento del
Servizio Sanitario Regionale – Piano Operativo Straordinario 2015-
2018. Per l’effetto, il risultato di gestione 2015 è stato determinato in €
2,871 milioni.
Gli organi di verifica hanno, nondimeno, richiamato l’attenzione
della struttura commissariale sulla circostanza che il Servizio sanitario
della Regione Molise continua a produrre rilevanti deficit di gestione, e
che le sanzioni previste in caso di disavanzo non sono state applicate
solo per via del cennato contributo di solidarietà interregionale.
3. Conclusioni
In considerazione di quanto sopra, chiedo che la Sezione di
Controllo della Corte dei conti per il Molise voglia emettere la
pronuncia di parificazione del Rendiconto generale della Regione