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Anno VI Pubblicazione numero 1 2010 GiustiziaSportiva.it Rivista Giuridica Direzione e Fondatori Enrico Crocetti Bernardi Antonino de Silvestri Enrico Lubrano Paolo Moro Jacopo Tognon Comitato di Redazione Giuseppe Agostini Alessia Bellomo Marco Mazzucato Emanuele Paolucci Michela Pigato Jacopo Tognon Direttore Responsabile Mario Liccardo _____________________________________________________________ Autorizzazione del Tribunale di Padova in data 1 ottobre 2004 al numero 1902 del Registro Stampa - Periodico quadrimestrale – - ISSN 1974-5230 - 1

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Page 1: GiustiziaSportiva · Paolo Moro Jacopo Tognon ... Marco Mazzucato Emanuele Paolucci Michela Pigato Jacopo Tognon ... la formazione dei quadri sportivi applicabile a tutte le Federazioni

Anno VI Pubblicazione numero 1 2010

GiustiziaSportiva.itRivista Giuridica

Direzione e Fondatori

Enrico Crocetti Bernardi Antonino de Silvestri

Enrico LubranoPaolo Moro

Jacopo Tognon

Comitato di Redazione

Giuseppe AgostiniAlessia Bellomo

Marco MazzucatoEmanuele Paolucci

Michela Pigato Jacopo Tognon

Direttore Responsabile

Mario Liccardo

_____________________________________________________________Autorizzazione del Tribunale di Padova in data 1 ottobre 2004

al numero 1902 del Registro Stampa- Periodico quadrimestrale –

- ISSN 1974-5230 -

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INDICE DEL FASCICOLO 1°

PARTE PRIMA

DOTTRINABARBARA AGOSTINIS, L'allenatore sportivo: luci e ombre di una professione

non regolamentata

pag.5

ERNESTO MESTO, L'attività degli agenti di calciatori e la giustizia

sportiva: applicabilità dell'art. 8.15 CGS

pag.16

LINA MUSUMARRA E SALVATORE SCARFONE, Le misure antiviolenza nelle

manifestazioni sportive: l'applicabilità del DASPO ai calciatori

pag.32

DANIELE VIDAL, Il recesso ad nutum del mandato conferito all'agente da

parte del calciatore

pag.37

PARTE SECONDA

NOTE A SENTENZAMARIO VIGNA, Il potere/dovere del CONI di tutelare l'ordinamento sportivo

italiano e l'ammissibilità della prova nella procedura arbitrale TAS - NOTAa Lodo TAS 2009/A/1879 Valverde/CONI.

pag. 45

MARIO TOCCI, Tardivo adempimento del lodo arbitrale economico Riflessioni a

margine della decisione della Commissione Disciplinare Territoriale del CRCalabria della FIGC di cui al C.U. 74 del 10 dicembre 2009

pag.107

ANDREA PETRETTO, La violazione del articolo 2.3 del codice Wada e la valutazione dell'elemento soggettivo nel caso di specie.

pag.115

PARTE TERZA

GIURISPRUDENZA RAGIONATAa cura di Domenico Zinnari

TESSERAMENTO MINORILE: BASTA LA FIRMA DI UN SOLO GENITORE - Corte di Giustizia Federale FIGC Sez. V in C.U. n. 175/CGF del 9 marzo 2010. - Riunione del 5 ottobre 2009 in C.U. n.31/CGF.

pag. 134

LEGITTIMI I RIMBORSI NEI CAMPIONATI REGIONALI PURCHE’ RELATIVI A SPESE EFFETTIVAMENTE SOSTENUTE - Commissione Disciplinare Nazionale FIGC in C.U. n. 23/CD del 29 settembre2009

pag.137

IL PROVVEDIMENTO DI PRECLUSIONE E’ IMPLICITO QUALE EFFETTO EX LEGE NELLE DECISIONI DEGLI ORGANI DI GIUSTIZIA SPORTIVA -Corte di Giustizia Federale FIGC Sez. Consultiva in C.U. n. 231/CGF del 28aprile 2010.

pag.142

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GIURISPRUDENZA RAGIONATAa cura di Lucio Giacomardo

CASSAZIONE CIVILE SEZ. UN. - 21 OTTOBRE 2009 – N° 22231 pag. 152

CASSAZIONE CIVILE - ORDINANZA N° 5973/09 pag. 156

GIUDICE DI PACE – NAPOLI – N° 11745/09 pag. 160

GIUDICE DI PACE – NAPOLI – N° 11748/09 pag. 164

TAR LAZIO - N. 00241/2010 REG.ORD.COLL. - N. 06515/2007 REG.RIC. pag.168

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PARTE PRIMADOTTRINA

SOMMARIO:

BARBARA AGOSTINIS, L'allenatore sportivo: luci e ombre di una professione

non regolamentata

pag.5

ERNESTO MESTO, L'attività degli agenti di calciatori e la giustizia

sportiva: applicabilità dell'art. 8.15 CGS

pag. 16

LINA MUSUMARRA E SALVATORE SCARFONE, Le misure antiviolenza nelle

manifestazioni sportive: l'applicabilità del DASPO ai calciatori

pag.32

DANIELE VIDAL, Il recesso ad nutum del mandato conferito all'agente da

parte del calciatore

pag.37

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

L’ALLENATORE SPORTIVO: LUCI ED OMBRE DI

UNA PROFESSIONE NON REGOLAMENTATA.

di Barbara Agostinis (*)

Sommario:

1. Introduzione.

2. La professione di allenatore: situazione attuale.

3. Segue: prospettive di riforma.

4. La circolazione degli allenatori italiani in ambito europeo.

1. Introduzione

La valorizzazione della funzione educativa e di tutela della salute riconosciute in modo

unanime allo sport (considerato un diritto fondamentale per chiunque1) anche in ambito

comunitario2, richiede che l’esercizio fisico sia svolto sotto la guida ed il controllo di personale

qualificato per non compromettere i molteplici benefici dell’attività motoria.

1 In tal senso, si esprime (all’articolo 1) la Carta Internazionale dell’educazione fisica e dello sport adottata (con risoluzione 1/5.4/2) nel 1978 dalla Conferenza generale dell’UNESCO; lo stesso concetto è peraltro ribadito dalla Carta Olimpica, che, all’art. 4 della versione francese, afferma: « la pratique du sport est un droit de l’homme. Chaque individu doit avoir la possibilité de faire du sport sans discrimination d’aucune sorte et dans l’esprit olympique, qui exige la compréhension mutuelle, l’esprit d’amitié, de solidarité et de fair play».2 La convinzione che lo sport svolga un’importante funzione educativa e sanitaria è stata ripetuta in numerose occasioni. Si pensi, ad esempio, alla Risoluzione dell’Assemblea del Consiglio d’Europa del 26 gennaio 1970 n. 588, alla Carta Internazionale per l’educazione fisica e lo sport approvata dall’UNESCO il 21 novembre 1978, alla Dichiarazione (n. 29) sullo sport allegata al Trattato di Amsterdam del 1997, alla “cd. dichiarazione di Nizza”, la quale, oltre ad affermare la necessità della massima diffusione della pratica sportiva nell’ambito dell’Unione Europea, in virtù degli importanti valori che la stessa è idonea a trasmettere, ha sottolineato l’opportunità di salvaguardarne la specificità. Significativa è altresì la definizione di sport pronunciata dal Consiglio d’Europa e richiamata dal Libro Bianco sullo sport presentato (l’undici luglio 2007) dalla Commissione Europea, secondo cui costituisce sport: “qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata o meno, abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, lo sviluppo delle relazioni sociali o il conseguimento di risultati nel corso di competizioni a tutti i livelli”.

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

Numerosi sono, infatti, i danni, peraltro gravi e spesso irreparabili, che possono derivare dal

compimento di esercizi non corretti, ovvero effettuati sotto la guida di soggetti sprovvisti di una

preparazione specifica.

L’opportunità di rivolgersi ad istruttori competenti è espressa altresì in sede comunitaria.

Indicazioni in tal senso sono contenute, tra l’altro, nella Dichiarazione di Helsinki3 e nella Carta

Internazionale per l’educazione fisica e lo sport; quest’ultima, enuncia (art. 3 n. 4), infatti, che:

“l’insegnamento, l’inquadramento e l’armonizzazione dell’educazione fisica e dello sport devono

essere affidati ad un personale qualificato” e che (art. 3 n. 4.1) “l’insieme del personale che assume

le responsabilità professionali dell’educazione fisica e dello sport deve possedere le qualificazioni e

la formazione appropriate”.

Tali considerazioni, ed in particolare l’esigenza di ridurre il numero delle figure sprovviste di

un’adeguata formazione professionale “nell’ambito dello sport, dei servizi connessi al benessere

della persona, e della gestione degli eventi sportivi”, sono condivise anche nel nostro ordinamento4.

Simili obiettivi rischiano, però, di rimanere inattuati.

Nonostante la necessità di affidare l’insegnamento dell’attività sportiva a personale in

possesso di competenze specifiche costituisca un’opinione ormai indiscussa, la situazione

professionale connessa alle attività motorie si presenta caotica per l’assenza di norme volte a

disciplinare il fenomeno in modo organico sull’intero territorio nazionale.

La regolamentazione della materia, peraltro in continua evoluzione nel corso degli ultimi

anni, è, infatti, affidata al sistema sportivo.

L’unico riferimento normativo è costituito dalla legge 23 marzo 1981 n. 91 “Norme in materia

di rapporti tra società e sportivi professionisti”, che non consente di risolvere il problema relativo

alla formazione dei tecnici perché, oltre ad essere limitata al settore professionistico, interviene a

regolare il rapporto di lavoro successivamente alla stipula del contratto, disinteressandosi della fase

precedente.

3 Ove si legge che : « Les dangers encourus par des jeunes conduits de plus en plus tôt vers le sport de haute compétition, souvent sans formation professionnelle complémentaire, avec des risques pour leur santé physique et mentale et leur reconversion ultérieur ». 4 Così, il documento approvato dalla Conferenza delle Regioni (il 15 novembre 2007), intitolato “Contributo delle Regioni e delle Province autonome per la programmazione e la governance del settore sport”. Il testo integrale del documento può essere consultato nella sezione “conferenze” del sito www.regioni.it.

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

2. La professione di allenatore: situazione attuale.

Il fatto che le Federazioni siano competenti a stabilire i criteri di accesso ai quadri tecnici

determina una situazione confusa e disomogenea. La mancanza di una legge, che obblighi le

società e le associazioni sportive ad impiegare soggetti “qualificati”, comporta che

l’associazionismo sportivo italiano si caratterizza per la presenza di operatori, spesso volontari, non

sempre provvisti delle competenze necessarie. Se, infatti, nello sport “di alto livello” –

professionismo cd. di diritto per le Federazioni che hanno qualificato in tal senso le proprie attività,

e di fatto, per le attività sportive che, pur non avendo ottenuto una simile qualifica, presentano

caratteristiche analoghe - la definizione dei ruoli e delle professionalità richieste è abbastanza

chiara, non altrettanto può dirsi con riguardo allo sport di base, il quale, in assenza di una normativa

specifica, rischia di fondarsi su criteri meramente economici e di risparmio.

Nonostante l’allenatore rappresenti una figura “centrale” nel panorama delle professioni

sportive, in virtù del ruolo fondamentale riconosciutogli sia come istruttore - per la trasmissione

delle nozioni tecniche relative alla singola disciplina - sia come educatore5, soprattutto nei confronti

dei giovani6 - per la diffusione dei valori positivi connessi all’attività sportiva -, il sistema di

formazione federale finalizzato al conseguimento di una simile qualifica si espone a numerose

critiche.

Ciascun ente federale è tenuto a predisporre in modo autonomo il contenuto e i requisiti del

percorso formativo per lo svolgimento dell’attività di allenatore anche in seguito alla realizzazione

(da parte del CONI) del “Piano nazionale di formazione dei quadri sportivi”7, che avrebbe dovuto

superare – nell’intenzione dei suoi redattori - la situazione di disomogeneità e frammentazione

caratterizzante la materia. Tale documento, elaborato sulla base del sistema europeo, mira a

rappresentare (attraverso l’enunciazione di principi comuni) il modello generale di riferimento per

la formazione dei quadri sportivi applicabile a tutte le Federazioni Sportive Nazionali.

5 L’art. 32 dello Statuto del CONI, enuncia che: “I tecnici, inquadrati presso le società e le associazioni sportive riconosciute, o comunque iscritti nei quadri tecnici federali, sono soggetti dell’ordinamento sportivo e devono esercitare con lealtà sportiva le loro attività, osservando i principi, le norme e le consuetudini sportive, tenendo conto in particolare della funzione sociale, educativa e culturale della loro attività”.6 L’idea che i giovani siano i naturali destinatari della diffusione dei valori etici dello sport è stata ribadita anche durante il XVI Convegno del Panathlon International “Etica e sport. Giovani e Dirigenti”, svoltosi ad Anversa nel mese di novembre 2007, che si è concluso con la redazione di una Risoluzione finale (pubblicata su Il Sole 24 Ore sport, dicembre 2007, p. 66), contenente le linee guida per attribuire allo sport una finalità educativa, di sviluppo e di formazione dell’individuo, e rivolta, da un lato, ai dirigenti sportivi, la cui presenza è considerata fondamentale per la trasmissione dei valori etici dello sport e, dall’altro, ai giovani, ritenuti i destinatari principali dei valori positivi dello sport.7 Il documento è consultabile sul sito: www .scuoladellosport.coni.it

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

La descrizione, non particolarmente dettagliata, di ciascuno dei cinque livelli su cui esso è

articolato attribuisce un’ampia discrezionalità agli enti competenti a curare la gestione e la

programmazione dei corsi con riguardo ai requisiti d’accesso, alla durata e ai loro contenuti.

Oltre “all’idoneità morale” (essere cittadino italiano o dell’Unione Europea, non essere stato

radiato da una Federazione sportiva nazionale, da un ente di promozione sportiva o da una

disciplina sportiva associata, non essere sottoposto a provvedimento disciplinare in atto, non avere

riportato nell’ultimo anno - salva riabilitazione - squalifiche o inibizioni sportive superiori ad un

anno o per doping), comune a tutte le Federazioni, il requisito più frequentemente richiesto è di tipo

anagrafico.

La circostanza per cui la partecipazione ai corsi è perlopiù subordinata esclusivamente al

raggiungimento di una certa età, non assicura una comprensione uniforme dei contenuti da parte

degli aspiranti8.

Alcune Federazioni richiedono invero il possesso di un determinato titolo di studio, che però,

poiché consiste spesso nell’avere ultimato il ciclo d’istruzione obbligatoria9, esclude una

formazione culturale omogenea dei partecipanti, considerata l’ampia scelta di percorsi formativi

offerta agli studenti al termine della “scuola dell’obbligo”.

Altre attribuiscono automaticamente la qualifica di allenatore di primo livello ai soggetti in

possesso di particolari qualifiche: laureati in Scienze Motorie o diplomati ISEF10, nonché atleti che

8 La Federazione Italiana Tennis (FIT) ammette al corso per istruttore di primo grado gli aspiranti che abbiano compiuto il ventesimo anno di età. Al corso per istruttore di secondo grado possono invece partecipare gli istruttori di primo grado, che abbiano compiuto il ventunesimo anno di età. La qualifica (permanente) di maestro nazionale, infine, è conseguita dagli istruttori di secondo grado, che abbiano compiuto il ventunesimo anno di età prima dell’inizio del corso. Anche la Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali (FIJLKAM) dispone che possano partecipare al corso per il conseguimento del titolo di maestro gli istruttori, i quali, tra l’altro, abbiano raggiunto almeno il quarantesimo anno di età.9 Così, la Federazione Italiana Nuoto (FIN); la Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica (FIPCF) per il corso di primo livello, funzionale al conseguimento del titolo di allenatore (di pesistica e cultura fisica). Questa Federazione ammette, invece, al corso di II livello per personal trainer (oltre ai tecnici federali di primo livello) i laureati in Scienze Motorie o ai diplomati ISEF. La Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL) richiede, per potere partecipare al corso, volto al rilascio della qualifica di allenatore specialista, il possesso del diploma di maturità (oltre ad un tesseramento regolare e l’avere svolto attività presso una società di atletica leggera da almeno due anni con la qualifica di allenatore). La Federazione Italiana Canottaggio (FIC) ammette al corso di idoneità per il primo livello gli aspiranti maggiorenni, in possesso del diploma di scuola media superiore od equipollente, salvo deroga del Consiglio Federale.10 La FIDAL dispone che il titolo di istruttore possa essere rilasciato direttamente, senza la partecipazione al corso (previa presentazione di domanda al Comitato Regionale di residenza e deliberazione della Giunta Esecutiva): ai diplomati I.S.E.F. ed ai Laureati in Scienze Motorie, agli studenti frequentanti i corsi di Laurea in Scienze Motorie (previa domanda con allegata l’autocertificazione relativa al superamento dell’esame di “Teoria, tecnica e didattica degli sport individuali –atletica leggera”). Tale possibilità è subordinata alla stipula di specifiche convenzioni stipulate tra la FIDAL e l’Università di appartenenza del richiedente e alla verifica della congruità dei programmi di studio. La qualifica di istruttore di primo grado è attribuita dalla FIT, agli studenti iscritti alla Facoltà di Scienze Motorie, che abbiano frequentato il primo anno del corso di tennis previsto dall’istituto di appartenenza, superato l’esame finale e svolto il tirocinio e, infine, abbia superato gli esami nelle materie previste dalla convenzione stipulata fra l’istituto medesimo e la FIT. La qualifica di istruttore di secondo grado è conseguita dagli studenti della Facoltà di Scienze Motorie, che, oltre ad avere maturato i requisiti necessari per ottenere la qualifica di primo grado, abbiano frequentato il secondo anno del corso di tennis previsto dall’istituto di appartenenza, superato l’esame finale e svolto il tirocinio. La Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV) attribuisce la qualifica di allievo agli studenti iscritti alla Facoltà di Scienze Motorie, che abbiano superato

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

hanno ottenuto importanti successi in competizioni di rilievo internazionale. Infine vi è chi11

prevede un sistema agevolato per il conseguimento del titolo di allenatore da parte dei giocatori e

delle giocatrici che abbiano militato per un certo numero di anni nei campionati professionistici o

nel massimo campionato femminile.

Il sistema relativo alla formazione dei tecnici, attualmente in vigore, può essere criticato

altresì sotto altri profili.

L’obiettivo perseguito dal piano nazionale elaborato dal CONI, di assicurare una formazione

continua (basata sul conseguimento dei crediti formativi, necessari per il passaggio da un livello a

quello superiore e per l’aggiornamento) ed omogenea rischia di essere vanificato a causa dell’ampia

discrezionalità attribuita a ciascuna Federazione nel decidere quali esperienze – certificate –

(eventualmente compiute al di fuori delle strutture CONI- FSN e curate da altri enti preposti, ad

esempio Università, enti locali) riconoscere come attività utili al conseguimento dei crediti

formativi12 e quale valore attribuire a ciascuna.

È evidente la necessità di correggere anche una simile “stortura”.

Sarebbe opportuno che il CONI, in qualità di ente competente a certificare le qualifiche

conseguite ai vari livelli e le fasi dei processi di formazione dei quadri sportivi, garantendone la

qualità e la compatibilità con i modelli formativi europei, stabilisse un elenco di attività

riconoscibili da tutte le Federazioni ed il rispettivo valore. Potrebbe essere riconosciuta, ad esempio,

la partecipazione a corsi di aggiornamento tecnico e didattico, differenziando l’attribuzione dei

crediti in base alla tipologia del corso (universitario, federale, o organizzato da altri enti); la

pubblicazione di articoli o saggi su riviste con valore diverso, dipendente dalla diffusione nazionale

o internazionale della stessa; la partecipazione ad attività di allenamento o l’avere svolto attività

l’esame di pallavolo con votazione di 27/30, ai diplomati ISEF e ai laureati in Scienze Motorie.11 In particolare, la Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), stabilisce che i giocatori e le giocatrici, che hanno cessato l’attività, al compimento rispettivamente del trentesimo e ventottesimo anno d’età, o prima per sopravvenuta inidoneità fisica all’attività agonistica possono richiedere l’inquadramento nella qualifica di allenatore di base, se hanno militato per almeno otto anni nei campionati professionistici o nel massimo campionato femminile sono ammessi direttamente a sostenere il relativo esame. Con riguardo alla qualifica di allenatore, coloro i quali hanno militato per almeno otto anni nei campionati professionistici o nel massimo campionato femminile ed hanno conseguito almeno cinquanta presenze a referto gara nella massima rappresentativa nazionale possono frequentare direttamente il secondo anno di corso e, successivamente, sostenere il relativo esame. Infine, gli atleti, che hanno militato per almeno otto anni nei Campionati professionistici o nel massimo Campionato femminile ed hanno partecipato ai Giochi olimpici, ad un Campionato del Mondo o Campionato Europeo (avendo conseguito almeno venticinque presenze a referto gara nella massima rappresentativa nazionale) hanno la possibilità di richiedere l’inquadramento nella qualifica di allenatore nazionale, sono ammessi direttamente a frequentare il corso e a sostenere l’esame conclusivo. 12 I crediti formativi rappresentano lo strumento utilizzato in ambito europeo per la registrazione delle esperienze formative “certificate” dei tecnici e vengono attributi in base al “carico di lavoro” necessario per l’esperienza formativa.

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

agonistica ad alto livello; il conseguimento della laurea o iscrizione a corsi universitari. Sarebbe

altresì auspicabile, al fine di armonizzare il sistema di attribuzione dei crediti, distinguere l’attività

tecnica da quella di ricerca e da quella di formazione ed aggiornamento tecnico-scientifica.

Indicazioni utili si possono evincere dal regolamento predisposto dalla FIDAL, nell’ambito del

quale sono contemplati criteri rigorosi, ma abbastanza “elastici” ed adattabili alle singole esigenze.

Discutibile è, infine, la previsione secondo cui alcune Federazioni13 subordinano il

mantenimento della qualifica di allenatore alla partecipazione a seminari di aggiornamento14. Non

sembra, infatti, potersi condividere il principio che collega la perdita della qualifica alla mancata

frequenza dei corsi di aggiornamento.

L’esigenza di una riforma dell’intero sistema di formazione è confermata dalla presenza di

altre contraddizioni, che rischiano di pregiudicare entrambe le funzioni benefiche dello sport.

Criticabile è, a tal proposito, la disposizione che - in linea con l’indicazione contenuta nel

Piano nazionale di formazione elaborato dal CONI, secondo cui l’articolazione per livelli è fondata

sui compiti effettivamente svolti - consente agli allenatori in possesso delle qualifiche “inferiori”

(secondo livello) di allenare gli allievi più giovani, poiché non considera le esigenze di tali soggetti,

i quali sono pregiudicati più di qualunque altra categoria di sportivi dallo svolgimento non corretto

di attività motoria sotto il profilo tecnico o metodologico.

Una simile previsione sottovaluta la necessità di assicurare una formazione specifica agli

allenatori, chiamati a risolvere problematiche tipicamente “giovanili”, concernenti, tra l’altro, la

trasmissione dei valori etici (quali l’autodisciplina, la sfida dei limiti personali, la solidarietà, la

sana competizione, il rispetto dell’avversario, l’integrazione sociale, la lotta contro ogni forma di

discriminazione, lo spirito di gruppo, la tolleranza e la lealtà) e la lotta contro l’abbandono

giovanile.

Queste ultime obiezioni (unitamente a quelle sollevate riguardo le modalità di svolgimento e

di accesso ai corsi federali) costituiscono un’ulteriore dimostrazione dell’esigenza di una riforma

urgente del sistema.

13 La FIN dispone che il mantenimento della qualifica di istruttore di secondo livello, di quella di allenatore di primo e secondo livello, è subordinato alla partecipazione, ogni quattro anni, di un seminario di aggiornamento. Secondo le disposizioni della FIPAV, invece, la qualifica di allievo allenatore conseguita nell’ambito della Federazione è temporanea e subordinata all’obbligo di frequenza degli aggiornamenti tecnici. La qualifica di allenatore di primo grado e di secondo grado, è permanente, ma subordinata all’obbligo di frequenza degli aggiornamenti tecnici organizzati dal comitato provinciale. La medesima Federazione impone di conseguire la qualifica di istruttore di secondo livello entro tre anni dal superamento dell’esame di primo livello; qualora ciò non si verifichi, è necessario frequentare (entro tre anni) un corso di aggiornamento in grado di prorogare per lo stesso periodo di tempo, la qualifica di primo livello.14 Con riguardo al percorso di formazione continua dei tecnici, il Piano di formazione dei tecnici del CONI enuncia che “molte Federazioni già prevedono aggiornamenti periodici obbligatori, che spesso però sono molto difficili da realizzare e non sempre hanno contenuti adeguati”.

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3. Segue: prospettive di riforma.

In attesa di una legge quadro, volta a disciplinare in modo uniforme sull’intero territorio

nazionale i principi fondamentali in materia di professioni sportive, sarebbe opportuno che il CONI

rivedesse alcuni aspetti del piano di formazione. Potrebbe, ad esempio, stabilire che l’accesso ai

corsi di formazione di primo livello sia subordinato al possesso di un titolo di studio (superiore alla

scuola dell’obbligo), idoneo a garantire una comprensione uniforme dei contenuti da parte di tutti i

frequentanti. Il conseguimento della laurea triennale in Scienze Motorie consentirebbe di

armonizzare il sistema, risolvendo il problema relativo all’insegnamento nei confronti degli atleti

più giovani15, senza trascurare la salvaguardia di entrambe le funzioni sottese allo sport.

L’auspicata riforma permetterebbe altresì di rafforzare la collaborazione fra il mondo

accademico e quello sportivo16, necessaria ad assicurare una preparazione più completa dei tecnici.

Le conoscenze acquisite al termine del corso di laurea triennale consentirebbero alle Federazioni,

consapevoli di rivolgersi ad “una platea omogenea”, di finalizzare i corsi alla trasmissione di

contenuti prevalentemente pratici.

Il Coni ha riconosciuto l’importanza della sinergia fra realtà accademica e sportiva,

demandando la programmazione e l’organizzazione del corso per allenatore di quinto livello17 alle

Università. La mancanza di ulteriori specificazioni attribuisce, però, ampia discrezionalità agli

organizzatori in merito, tra l’altro, all’individuazione della classe di laurea presso cui attivare un

simile corso. Il riferimento più opportuno sembrerebbe, considerati gli obiettivi formativi, la laurea

magistrale in “Scienze dello sport” (LM-68)18, in linea con quanto disposto dalla FIDAL19.

15 I curricula dei corsi di laurea della classe L - 22 devono permettere ai laureati, tra l’altro, di: essere in possesso di conoscenze psicologiche e sociologiche di base per potere interagire con efficacia con praticanti in funzione di età, genere e condizione sociale, sia a livello individuale che di gruppo.16 L’esigenza di una proficua collaborazione fra il mondo sportivo e scolastico era stata espressa anche nelle proposte di legge sulla trasformazione dell’ISEF in Corso di laurea in Scienze Motorie.17 L’accesso al corso per allenatore di quinto livello è consentito anche agli aspiranti allenatori che non hanno partecipato ai livelli precedenti. 18 Uno degli obiettivi formativi consiste nell’attribuire ai laureati: “solide basi concettuali sulle teorie dell'allenamento nei vari contesti di pratica sportiva individuale e di squadra con capacità di adattare i diversi modelli anche in funzione di età, genere e abilità dei praticanti”.

19 Dalla lettura del Regolamento dei tecnici di Atletica leggera si evince infatti che “sulla base di apposite convenzioni con istituti universitari la FIDAL –centro studi- può valutare la possibilità di organizzare corsi per allenatori riservati a laureati e studenti della Laurea specialistica delle attività tecnico-sportive (75/S).

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

La proposta di limitare l’accesso ai corsi federali ai laureati, permetterebbe, inoltre, di

superare le difficoltà relative alla circolazione degli allenatori in ambito europeo20.

In base alla regolamentazione attualmente in vigore, gli allenatori italiani non possono

ottenere il riconoscimento del proprio titolo in un diverso Stato membro, in cui l’esercizio della

professione è subordinato, ad esempio, al possesso di un diploma di Stato.

Si pensi alla Francia21, ove (ai sensi dell’art. L. 212-1 ss. del Code du Sport) 22 “la possibilità

di insegnare, animare, dirigere un’attività fisica o sportiva e di allenare i praticanti, a titolo di

occupazione principale o secondaria, in modo abituale, stagionale o occasionale, è riservata ai

soggetti in possesso di un diploma, di un titolo professionale, o di un certificato di qualificazione,

idoneo ad attestare che il titolare abbia la competenza necessaria a garantire la sicurezza dei

praticanti e dei terzi nello svolgimento dell’attività considerata”23 e in cui l’esercizio abusivo di tali

attività ovvero l’assunzione di un soggetto sprovvisto delle competenze costituiscono un reato24.

20 Le difficoltà connesse al problema della circolazione degli sportivi erano invero emerse anche in passato. La constatazione che l’organizzazione del corso di studi inerenti all’educazione fisica in Italia, diversamente da altri paesi Europei, prevedeva il rilascio del diploma da parte dell’Istituto Superiore di Educazione Fisica anziché di un diploma di laurea e la considerazione che una simile situazione ostacolava il processo d integrazione europea, è alla base della proposta di legge d’iniziativa del deputato Poli Bortone (presentata il 18 aprile 1994) relativa alla “Modifica della durata del corso di studi negli Istituti superiori di educazione fisica”. Nell’ambito del provvedimento si legge che: “la situazione italiana è profondamente diversa rispetto a quella di altri paesi europei, nel cui ordinamento universitario è sempre presente, sia pure con modalità organizzative differenti, la laurea in educazione fisica. Tale difformità crea ostacoli non lievi ai processi di integrazione europea, rendendo assai difficile, allo stato delle cose, sia la libera circolazione dei lavoratori, che la possibilità del riconoscimento reciproco dei titoli di studio relativi alla materia.” L’idea di trasformare il percorso di studi in un corso di laurea è altresì riconducibile alla volontà di evitare che l’Italia si trovi in una “posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi della comunità europea, i quali potrebbero non riconoscere validità al diploma ISEF, se non modificato a corso quadriennale con diploma di laurea”. 21 Sulla ratio sottesa a tale previsione, si veda, F. MANDIN, L’obligation légale du diplôme relatif à l’encadrement contre rémunération des activités physiques ou sportives, in Travail et Protection sociale, n° 7, 2004, Etudes 14, p. 6.22 L’art. L. 363-1 del Code de l’éducation rimanda infatti al titolo I del libro II del Code du Sport per la regolamentazione delle condizioni di insegnamento, d’animazione o di inquadramento delle attività fisiche e sportive. Il testo del Code du sport e del Code de l’éducation è consultabile sul sito : www.legifrance.fr23 L’art. L212-1 del Code du sport dispone che : «Seuls peuvent, contre rémunération, enseigner, animer ou encadrer une activité physique ou sportive ou entraîner ses pratiquants, à titre d'occupation principale ou secondaire, de façon habituelle, saisonnière ou occasionnelle, sous réserve des dispositions du quatrième alinéa du présent article et de l’article L 212-2 du présent code, les titulaires d'un diplôme, titre à finalité professionnelle ou certificat de qualification: 1o Garantissant la compétence de son titulaire en matière de sécurité des pratiquants et des tiers dans l'activité considérée; 2o Et enregistré au répertoire national des certifications professionnelles dans les conditions prévues au II de l'article L. 335-6 du code de l’éducation. Peuvent également exercer contre rémunération les fonctions mentionnées au premier alinéa ci-dessus les personnes en cours de formation pour la préparation à un diplôme, titre à finalité professionnelle ou certificat de qualification conforme aux prescriptions des 1o et 2o ci-dessus, dans les conditions prévues par le règlement de ce diplôme, titre ou certificat».La lista dei titoli menzionati all’art. L. 212-1 è redatta dal Ministro dello sport, ai sensi dell’art. R212-2 del Code du sport, il quale afferma che : «La liste des diplômes, titres à finalité professionnelle ou certificats de qualification remplissant les conditions prévues à l’article L 212-1 est arrêtée par le Ministre chargé des sports. La liste mentionne, pour chacune des options, mentions ou spécialités de chaque diplôme, titre à finalité professionnelle ou certificat de qualification, ses conditions d’exercice». Qualora le attività di cui all’art. L 212-1 sono compiute in un ambito specifico, che impone il rispetto di misure di sicurezza particolari (si veda l’art. R212-7), l’esercizio è subordinato esclusivamente al possesso di un diploma. L’art. L 212-2 precisa infatti che : « Lorsque l'activité mentionnée au premier alinéa de l'article L. 212-1 s'exerce dans un environnement spécifique impliquant le respect de mesures de sécurité particulières, seule la détention d'un diplôme permet son exercice. Ce diplôme, inscrit sur la liste mentionnée au III de l'article L. 212-1, est délivré par l'autorité administrative dans le cadre d'une formation coordonnée par les services du ministre chargé des sports et assurée par des établissements relevant de son contrôle pour les activités considérées. Un décret en Conseil d'Etat fixe la liste des activités mentionnées au premier alinéa et précise, pour cette catégorie d'activités, les conditions et modalités particulières de la validation des acquis de l'expérience ».

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

4. La circolazione degli allenatori italiani in ambito europeo.

La necessità di garantire il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali ottenute in

un altro Stato membro, al fine di consentire la libera circolazione degli sportivi, è condivisa anche

dalle Istituzioni europee25.

La mancanza - in ambito europeo - di disposizioni specifiche, relative alla formazione e alle

condizioni per lo svolgimento delle professioni sportive, ha portato gli interpreti ad interrogarsi

sulla possibile applicazione delle direttive concernenti il riconoscimento reciproco dei titoli di

studio ai “lavoratori” sportivi, in particolare alla categoria degli allenatori, comprensiva di tutti i

tecnici, istruttori o maestri delle varie discipline sportive (qualificati dalle autorità pubbliche e dalle

Federazioni sportive degli Stati membri dell’Unione europea), che svolgono attività a titolo

oneroso, considerata la specificità del fenomeno sportivo.

Si tratta, in particolare della direttiva 89/48/CEE26 e della direttiva 92/51/CEE27, le quali,

suddivise le professioni in cinque livelli di formazione (distinti in tre “macrolivelli”28), stabiliscono

il generale riconoscimento – nell’ambito dell’Unione Europea - dei titoli di studio secondari e post

secondari aventi requisiti minimi comuni.

Nessuna delle direttive, il cui recepimento si è rivelato particolarmente problematico, a causa

delle profonde disparità di disciplina delle professioni sportive nei singoli Stati, pare invero

applicabile.

La direttiva 1989/48, che prevede il riconoscimento reciproco dei diplomi e si riferisce (art. 2

comma 1) “a qualunque cittadino di uno Stato membro che intenda esercitare, come lavoratore

24 L’art. L 212-8 punisce con un anno di carcere e 15 000 Euro di multa il fatto di colui il quale: “esercita a titolo oneroso la professione di professore, istruttore, educatore, allenatore o animatore di attività fisica o sportiva o fa uso di uno dei titoli indicati o di altri simili senza avere la qualifica richiesta dall’articolo L. 212-1 o esercita l’attività in violazione dell’art. L. 212-7 senza avere compiuto i test ai quali l’autorità amministrativa l’ha sottomessa (1° comma); impiega una persona sprovvista delle funzioni richieste per lo svolgimento delle funzioni menzionate all’art. L. 212-1 o impiega un cittadino di uno Stato membro della Comunità Europea o di uno Stato parte dell’accordo sullo spazio economico europeo che esercita la sua attività in violazione dell’art. L 212-7 senza avere compiuto i test ai quali l’Autorità amministrativa l’ha sottoposto”.25 Così si è espresso, ad esempio, il Parlamento Europeo nella Risoluzione del 29 marzo 2007 sul “futuro del calcio professionistico in Europa”. 26 Direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21/12/1988 (GU L 19 del 24/01/1989, p. 16) relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore ed entrata in vigore il 4/01/1991.27 Direttiva 92/51/CEE del Consiglio del 18/06/1992 (GU L 209 del 24/07/1992, p. 25) relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale -che integra la direttiva 89/48/CEE -, entrata in vigore il 18/06/1994. La direttiva 1992/51/CEE è stata adottata al fine di ampliare il sistema generale di riconoscimento dei diplomo di istruzione della durata minima di tre anni (conseguito in un’Università o in un istituto di insegnamento superiore), introdotto dalla direttiva 89/48/CEE, anche alla formazione di durata inferiore o di livelli diversi, estendendo il riconoscimento a professioni molto diverse. 28 Il livello tre (corrispondente al V livello di formazione) equivale al diploma, di cui alla direttiva 89/48, e definisce le formazioni post-secondarie di almeno tre anni; il livello due (corrispondente al IV livello di formazione), equivale al diploma di cui alla direttiva 92/51, ovvero alla formazione post-secondaria inferiore a tre anni; infine il livello uno (corrispondente ai livelli, I, II, III di formazione), indica il certificato definito dalla seconda direttiva, cioè l’insegnamento secondario.

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

autonomo o subordinato, una professione regolamentata in uno Stato membro ospitante”, non

sembra trovare applicazione con riguardo alla professione di allenatore, considerata l’estraneità di

tale figura a quelle regolamentate, ovvero, secondo la direttiva, “subordinate al possesso di un

diploma conseguito al termine di un ciclo di studi post secondari della durata minima di tre anni

….in un’Università o in un istituto dello stesso livello di formazione”.

Il percorso formativo previsto in ambito federale ha, perlopiù, una durata inferiore al triennio

e prescinde dal conseguimento di un titolo di studio di livello secondario.

Alle stesse conclusioni sembra potersi pervenire con riguardo alla direttiva successiva

(1992/51)29, limitata - secondo quanto si evince dal decreto di recepimento (art.2) - alle professioni,

il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in albi, registri o elenchi o al possesso di una formazione

necessariamente tipizzata dal legislatore30, nonché alla partecipazione ad un ciclo di studi

postsecondari31.

L’impossibilità di applicare – per motivi analoghi - anche l’ultima direttiva in materia di

riconoscimento delle qualifiche professionali32, recepita con il decreto legislativo 6 novembre 2007,

n. 20633, costituisce un’ulteriore conferma della necessità di una riforma urgente delle professioni

sportive, in linea con la situazione europea.

29 La direttiva è stata recepita con decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319.30 Oltre alle professioni, il cui esercizio è riservato agli iscritti in albi o elenchi, il decreto di recepimento si riferisce ai rapporti di impiego pubblico o privato, per i quali l’accesso è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di una formazione professionale rispondente ai requisiti di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 1 del decreto; alle attività esercitate con l’impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una formazione professionale rispondente ai requisiti di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo; ed infine alle attività attinenti al settore sanitario, dalle quali è sicuramente esclusa la professione di allenatore. I commi 3 e 4 dell’art. 1 prevedono il riconoscimento dei titoli attestanti il conseguimento di un ciclo di studi postsecondari della durata di almeno un anno, oppure di durata equivalente a tempo parziale, per il quale una delle condizioni di accesso è, di norma, quella di avere portato a termine il ciclo di studi secondari richiesto per accedere all’insegnamento universitario; oppure studi secondari a carattere tecnico o professionale; nonché “i titoli rilasciati in seguito ad una valutazione delle qualifiche personali, delle attitudini o delle conoscenze del richiedente ritenute essenziali per l’esercizio di una professione da un’autorità designata in conformità delle disposizioni legislative, regolamentari, o amministrative di uno Stato membro, senza che sia richiesta la prova di una formazione preliminare”.31 Esclude l’applicazione della direttiva alla professione di allenatore, M. COCCIA, La libera circolazione degli allenatori nell’unione europea, in Rivista di diritto sportivo, 1995, p. 3.32 Direttiva 2005/36/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali 33 Ai sensi dell’art. 4 è definita «professione regolamentata»: 1) l’attività, o l’insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all’accertamento delle specifiche professionalità; 2) i rapporti di lavoro subordinato, se l’accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali; 3) l’attività esercitata con l’impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale; 4) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale è condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso; 5) le professioni esercitate dai membri di un’associazione o di un organismo di cui all’Allegato I.

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L’allenatore sportivo: luci ed ombre…

(*) Avvocato, Docente di “Diritto dello Sport” e di “La regolamentazione giuridica dell’evento sportivo”

presso la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

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L’attività degli agenti di calciatori…

L’ATTIVITÀ DEGLI AGENTI DI CALCIATORI E LA GIUSTIZIA

SPORTIVA: APPLICABILITÀ DELL’ART. 8.15 CGS.

di Ernesto Mesto (*)

Con il Comunicato Ufficiale n. 100/A dell’8 aprile 2010, la Federazione Italiana Giuoco

Calcio (di seguito, FIGC) ha pubblicato il nuovo Regolamento degli Agenti di Calciatori (di

seguito, REAAC 2010).

La nuova disciplina recepisce, tra l’altro, alcune novità già presenti nel FIFA Players’ Agents

Regulations 20081, unitamente ad alcune istanze provenienti dagli stessi Agenti2. IL REAAC 2010,

inoltre, conferma altri due importanti aspetti già delineati nella normativa previgente e frutto di

diverse modifiche ed aggiornamenti negli ultimi anni.

L’art. 24, infatti, aggiorna la clausola compromissoria già prevista confermando che ogni

controversia nascente dall’incarico è devoluta al Tribunale Nazionale dello Sport presso il CONI (di

seguito TNAS), mentre l’art. 25 prevede, in tema di sanzioni disciplinari, l’eventuale deferimento

dell’Agente, da parte della Procura Federale, alla Commissione Disciplinare Nazionale; le decisioni

di tale organo possono essere impugnate dinanzi alla Corte di Giustizia Federale.

In questa sede, si ritiene utile passare brevemente in rassegna il sistema giurisdizionale

previsto sia per quanto concerne le controversie nascenti dal conferimento dell’incarico all’Agente

di calciatori, che per quanto riguarda l’eventuale applicazione a quest’ultimo delle sanzioni previste

dalle norme federali, non mancando di sottolineare particolarità e possibili incongruenze nel quadro

ora prospettato.

1 Cfr., ad esempio, l’art. 16.4 REAAC 2010 che ora prevede la possibilità per l’agente, operante su mandato del calciatore, previo consenso scritto del mandante successivo alla conclusione del contratto calciatore – società, di essere pagato da quest’ultima per conto del calciatore medesimo. Tale possibilità è già prevista dal vigente Regolamento FIFA per gli Agenti di Calciatori all’art. 19.4.2 Art. 14 REAAC 2010. Per il mantenimento della licenza rilasciata dalla FIGC, l’agente dovrà partecipare ogni cinque anni ad un corso d’aggiornamento con verifica finale. Tale disposizione non coincide con la disciplina posta dall’art. 17 del precitato Regolamento FIFA a norma del quale la licenza dura cinque anni dal rilascio e, prima di tale termine, l’agente deve nuovamente sostenere l’esame di abilitazione (The players’ agent shall send a written application to the relevant association to resit the exam).

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L’attività degli agenti di calciatori…

Giurisdizione per le controversie nascenti dall’incarico.

Per gli Agenti iscritti al registro FIGC.

In virtù della clausola compromissoria contemplata dall’art. 24 REAAC 2010, le parti del

contratto di mandato (Agente da un lato, calciatore ovvero società dall’altro), si impegnano a

rimettere qualsiasi controversia riferita al contratto medesimo all’arbitrato del TNAS, subentrato

alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport presso il CONI (di seguito CCA).

In realtà, nel Regolamento vigente fino al 31.01.20073, vi era già un’analoga clausola

compromissoria che, una volta negozialmente accettata, imponeva alle parti di rimettere la lite alla

Camera Arbitrale presso la Commissione Agenti Calciatori – FIGC. Tuttavia, visti i rilievi mossi

alla FIGC dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, AGCM) in seguito

all’indagine conoscitiva IC 27 del 2006, il suddetto arbitrato è stato sostituito dapprima con quello

presso la CCA (art. 23 REAAC 20074) ed attualmente, come già evidenziato, con quello del TNAS.

In questo modo, infatti, si riconosce alle parti la possibilità di comporre la lite davanti ad un organo

terzo, non interno alla FIGC (come, invece, nel caso della Commissione Agenti), comunque

appartenente ad un ente pienamente pubblico quale il CONI.

Allo stato, dunque, nel caso in cui una parte del contratto di mandato lamenti

l’inadempimento dell’altra e voglia attivare la procedura arbitrale prevista dal Regolamento, dovrà

presentare istanza al TNAS, ai sensi dell’art. 9 del Codice dei giudizi dinanzi al TNAS, ed

instaurare in tal modo il contenzioso che sarà definito da un collegio composto da tre arbitri ovvero

da un arbitro unico in caso di accordo delle parti o specifica disposizione in tal senso.

Al fine di garantire l’osservanza del lodo emesso, l’art. 24.2 REAAC 2010 prevede che ai

soggetti inottemperanti vengano applicate le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva (di

seguito, CGS).

Nella prassi, si segnala, da parte degli Agenti, il largo ricorso a questo arbitrato al fine di

ottenere da calciatori o società assistite il pagamento del compenso pattuito5.

3 REAAC 2001, pubblicato con C.U. FIGC n. 81 del 22.11.2001.4 REAAC 2007, pubblicato con C.U. FIGC n. 48 del 28.12.2006.5 Cfr., ad esempio, lodo TNAS del 22.02.2010, Tinti/A.c. Mantova S.r.l.

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L’attività degli agenti di calciatori…

Per gli avvocati abilitati ai sensi dell’art. 5.1 REAAC 2010.

Per tutti gli Agenti in possesso della licenza prevista dal Regolamento ed iscritti al registro

degli Agenti autorizzati dalla FIGC, stipulato il mandato ed accettata la clausola compromissoria ex

art. 24 REAAC 2010, è esclusa la possibilità di adire il giudice ordinario per risolvere la

controversia nascente dall’incarico.

L’articolo 5.1 REACC 2010, però, prevede che calciatori e società possano avvalersi anche di

avvocati privi della specifica licenza FIGC. I calciatori, inoltre, possono addirittura farsi assistere

dai genitori, dai fratelli e dal coniuge.

Ci si è interrogati sull’applicabilità delle norme di giustizia sportiva anche nei confronti di

soggetti, come questi ultimi, privi della licenza FIGC. Per rispondere, occorre fare un passo

indietro.

Gli Agenti di Calciatori autorizzati dalla FICG sono considerati “liberi professionisti senza

alcun vincolo associativo nei confronti della FIGC o di società affiliate” e non sono “considerati ad

alcun titolo tesserati della FIGC6”.

Generalmente, per spiegare l’applicazione nei loro confronti delle norme di diritto sportivo, si

fa riferimento all’attuale art. 1.3 REAAC 2010 secondo il quale gli Agenti, con la domanda e la

successiva accettazione del rilascio della licenza, si obbligano a rispettare il regolamento e le altre

norme dell’ordinamento calcistico, ivi comprese, dunque, quelle concernenti la soluzione delle

controversie e l’irrogazione di sanzioni disciplinari.

Fermandosi a questo dato normativo, si pone dunque il problema di individuare quale sia la

forma di tutela giurisdizionale a cui possono ricorrere quei soggetti che, pur privi della licenza

FIGC, svolgano comunque l’attività ai sensi dell’art. 5 REAAC 2010.

In proposito, occorre nuovamente ritornare alla clausola compromissoria ex art. 24 REAAC

2010. Le parti, infatti, accettano in via negoziale tale clausola sottoscrivendo il contratto di mandato

che ha per oggetto, ai sensi dell’art. 3.2. REAAC 2010, la cura e la promozione dei rapporti tra un

calciatore professionista ed una società di calcio professionistica, in vista della stipula di un

contratto di prestazione sportiva, ovvero tra due società per la conclusione del trasferimento o la

cessione di contratto di un calciatore.

6 Art. 1.2 REAAC 2010.

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L’attività degli agenti di calciatori…

Tale contratto “deve essere redatto esclusivamente sui moduli predisposti dalla Commissione

Agenti7”, pena l’inefficacia sia per l’ordinamento sportivo sia, come rilevato anche dalla

giurisprudenza8, per l’ordinamento statale, ritenendo inidoneo a perseguire un interesse meritevole

di tutela, un contratto che, per inosservanza della forma richiesta dal REAAC, si rivela invalido ed

inefficace nell’ordinamento sportivo.

Pertanto, anche l’avvocato privo di licenza FIGC ma che svolga l’attività professionale

prevista dall’art. 3.2 REAAC 2010 nell’interesse di calciatori e società sportive, dovrà stipulare il

relativo mandato avvalendosi dei modelli federali. Sottoscrivendo tale modello, le parti

sottoscrivono anche l’accettazione della clausola compromissoria prevista dal REAAC. Anche i

soggetti previsti dall’art. 5 REAAC 2010, dunque, dovranno risolvere le controversie nascenti

dall’incarico ricorrendo all’arbitrato sportivo dinanzi al TNAS in quanto, pur non avendo posto in

essere le attività connesse al rilascio della licenza FIGC, nel momento in cui stipulano e poi

depositano, presso gli organi competenti, il contratto di mandato previsto dalle norme federali,

accettano anche l’applicazione nei loro confronti ed al loro rapporto negoziale delle disposizioni

concernenti le prestazioni che dalla conclusione del ridetto contratto scaturiscono.

In tema, occorre notare che anche il FIFA Players’ Agents Regulations prevede all’art. 4 la

possibilità di farsi assistere da un avvocato privo di licenza: è interessante, però, notare come, al

comma 3, si afferma chiaramente che l’attività dei soggetti autorizzati dall’art. 4 non soggiace alla

giurisdizione degli organi FIFA.

Per le persone giuridiche.

Nelle controversie riguardanti il compenso dell’Agente, una delle eccezioni che più spesso

viene sollevata dinanzi agli organi arbitrali concerne il presunto difetto di legitimatio ad causam ora

dell’Agente, ora della persona giuridica che lo stesso rappresenta.

L’art. 4.2 REAAC 2010, infatti, pur specificando che l’attività di Agente può essere svolta

solo da persone fisiche, riconosce a queste la facoltà di attribuire ad una società i diritti economici

derivanti dagli incarichi ottenuti.

Ciò, tuttavia, non comporta il trasferimento della titolarità dei diritti e degli obblighi

contrattuali dalla persona fisica alla persona giuridica. In questo senso, la giurisprudenza sportiva di

7 Art. 16.1 REAAC 2010.8 Tribunale di Udine n. 55/2006. Sul punto, cfr. nota di G. FEBBO, L’attività professionale dell’avvocato in veste di Agente di calciatori: quale tutela giuridica?, in “Filodiritto” (http://www.filodiritto.com).

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L’attività degli agenti di calciatori…

norma rigetta l’eccezione di chi, convenuto in giudizio per il pagamento del compenso

professionale, sostiene il difetto di legittimazione attiva in capo all’Agente e la titolarità del diritto

di credito in capo alla società a cui lo stesso attribuisce i diritti economici di cui sopra.

Questo perché il Regolamento riserva comunque l’esercizio dell’attività alle sole persone

fisiche: l’incarico, infatti, è ricevuto dall’Agente sempre personalmente, quest’ultimo lo sottoscrive

in proprio e non quale legale rappresentante della società. Le eventuali facoltà allo stesso attribuite,

dunque, non alterano l’esclusiva riferibilità al medesimo di tutto quanto derivante dal mandato, ivi

compreso il diritto di adire il TNAS per la tutela dei propri interessi patrimoniali9.

La giustizia sportiva per soggetti non tesserati.

L’art. 30.3 dello Statuto FIGC prescrive che le controversie tra tesserati, società e soggetti che

svolgono attività comunque rilevanti per l’ordinamento federale, o tra questi e FIGC, laddove non

siano previsti ovvero siano esauriti i gradi interni di giustizia federale, siano devolute alla

cognizione arbitrale della CCA (rectius, del TNAS). Tale clausola è espressione dell’autonomia

dell’ordinamento sportivo come indirettamente confermato dalla L. n. 280/2003 il cui art. 3.1, nel

disciplinare le competenze della giustizia sportiva e della giustizia statuale, fa in ogni caso salvo

quanto stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti delle

Federazioni sportive. Anche in giurisprudenza si conferma la legittimità delle clausole

compromissorie inserite nei regolamenti e tese ad assicurare, attraverso gli organi federali ed i

collegi arbitrali, sia la competenza tecnica di chi è chiamato a decidere, sia la rapidità nella

soluzione delle liti insorte10.

Tuttavia, l’autonomia dell’ordinamento sportivo si ricollega comunque all’interesse pubblico

sotteso alla promozione dell’attività sportiva ed orientato al miglioramento degli atleti ed al buon

andamento delle organizzazioni sportive. Con i regolamenti, quindi, la Federazione sportiva esercita

anche compiti a forte carattere pubblicistico.

In quest’ottica, giova precisare che, come già più volte rilevato, le funzioni svolte dagli

Agenti di calciatori, pur scaturendo da un negozio di diritto privato, presentano un’oggettiva

valenza pubblica nell’ambito delle attività governate dalla FIGC.

9 Sul punto, cfr. Camera Arbitrale FIGC – lodo del 10.04.2009.10 Cfr. anche Cass. n. 18919/2005.

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L’attività degli agenti di calciatori…

Pertanto, nel perseguire il fine pubblicistico già evidenziato, i regolamenti federali possono

anche disciplinare, con determinazioni autoritative, situazioni afferenti a soggetti che, anche se

diversi dai tesserati, con il loro operato comunque incidono, direttamente ed in modo rilevante, su

quegli interessi pubblici che l’ordinamento sportivo e la legge promuovono11.

Su tali basi si fonda il potere della FIGC di poter sanzionare l’Agente in tutti quei casi in cui

emerga una sua responsabilità disciplinare.

La soggezione al potere disciplinare della FIGC.

L’art. 25 REAAC 2010 prevede la possibilità di infliggere agli Agenti che dovessero violare le

norme di statuti e regolamenti federali delle sanzioni disciplinari. Tutte le fasi del procedimento

(indagine, deferimento, accertamento dell’infrazione ed applicazione della sanzione) sono attribuite

alla competenza degli organi di giustizia sportiva della FIGC12.

Qualora a seguito delle indagini la Procura Federale dovesse ritenere sussistenti gli estremi

per “rinviar a giudizio” l’Agente, questa lo deferirà alla Commissione Disciplinare Nazionale,

organo competente a decidere in primo grado, con facoltà per l’Agente di impugnarne la decisione

dinanzi alla Corte di Giustizia Federale (di seguito, CGF).

A seguito della riforma degli organi di giustizia sportiva, muta ancora una volta, dunque,

l’assetto degli organismi competenti ad esercitare il potere punitivo per conto della FIGC.

Prima del REAAC 2007, infatti, si prevedeva che l’accertamento delle infrazioni e

l’applicazione delle sanzioni nei confronti degli Agenti fossero di competenza della stessa

Commissione Agenti in sede disciplinare. Per l’acquisizione di dati e l’accertamento

summenzionato, la Commissione poteva anche avvalersi dell’Ufficio Indagini FIGC. Avverso la

decisione della Commissione, l’Agente poteva ricorrere alla Commissione d’Appello Federale13.

Nella primavera del 2006, però, è emerso come tale assetto, in realtà, risultasse talvolta poco

efficace nei confronti degli Agenti di calciatori autori di comportamenti illeciti14.

A ciò, devono aggiungersi i già menzionati rilievi mossi dall’AGCM circa la necessità di

garantire l’effettiva imparzialità dell’organo giudicante ed evitare le distorsioni connesse ad una

11 Cfr. TAR Lazio, n. 147/2009; Cons. Stato, n. 473/1998 e n. 3717/2006; TNAS, lodo del 28.01.2010, Zavaglia/FIGC.12 Ferma la competenza della Commissione Disciplinare FIFA per le infrazioni commesse dall’agente in operazioni svolte all’interno di Federazione diversa da quella presso cui ha conseguito la licenza.13 Cfr. REAAC 2001, art. 18, pubblicato con C.U. FIGC n. 81 del 22.11.2001.14 Cfr. C.U. FIGC n. 46/C riunioni Commissione d’Appello Federale del 12.04.2007.

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L’attività degli agenti di calciatori…

giustizia troppo autoreferenziale caratterizzata da un’eccessiva commistione tra controllori e

controllati. Infine, l’attuale assetto sembra corrispondere meglio allo schema previsto dall’art. 30

dello Statuto FIGC che rimette l’intero sistema della giustizia disciplinare sportiva al CGS,

escludendo competenze aggiuntive e/o derogatorie in capo ad altri organismi non menzionati dal

ridetto Codice.

Con il REAAC 200715, pertanto, la Federazione per la prima volta attribuiva non più alla

Commissione Agenti ma alla titolarità degli “organi di giustizia della FIGC” la competenza in

merito a tutte le fasi del procedimento disciplinare.

Trattasi di una innovazione di particolare importanza e sulla quale, a seguito dei famigerati

fatti del 2006, la giustizia federale si è dovuta soffermare in diversi casi.

Nel 2006, infatti, a seguito del c.d. scandalo di Calciopoli, l’Ufficio Indagini FIGC, sulla base

del REAAC 2001 all’epoca vigente, veniva delegato dalla Commissione Agenti all’accertamento di

eventuali infrazioni commesse da Agenti riconducibili al c.d. gruppo GEA. L’attività istruttoria,

iniziata nella stagione 2005/2006, si concludeva “a distanza di due anni, con la redazione, in data

06.02.2009, dell’atto di deferimento16”. In proposito, le difese degli incolpati hanno sempre eccepito

la violazione dei termini d’indagine previsti dall’attuale art. 32.11 CGS (allora art. 27.8 CGS),

sostenendo che l’attività investigativa, iniziata nel 2005/2006, avrebbe dovuto chiudersi, proprio per

effetto del vecchio art. 27.8 CGS, ai sensi del quale “le indagini relative a fatti denunciati nel corso

di una stagione sportiva debbono concludersi prima dell’inizio della stagione sportiva successiva”,

prima dell’inizio della stagione sportiva 2006/2007.

La Corte di Giustizia Federale (subentrata, a seguito della riforma, nel ruolo della

Commissione d’Appello Federale) ha invece rigettato tali eccezioni sostenendo che il procedimento

ex REAAC 2001, applicabile ratione temporis, affidava la titolarità dell’azione disciplinare e

l’esercizio dei poteri d’indagine connessi alla Commissione Agenti “non qualificabile come

ordinario Organo di Giustizia Sportiva”.

Il sistema previsto dal REAAC 2001, infatti, può definirsi come “derogatorio17” rispetto alla

disciplina generale prevista dal CGS per gli Organi di Giustizia Sportiva ed improntato al principio

15 Cfr. art. 18 REAAC 2007.16 Cfr. C.U. FIGC n. 189/CGF (Sezioni Unite) del 20.05.2009. Tale passo della Corte, comunque, solleva - in via incidentale - alcune perplessità posto che lo stesso organo di giustizia sportiva, in tutti quei casi in cui è stata eccepita l’improcedibilità per violazione dei termini ex attuale art. 32.11 CGS, ha sovente sostenuto, più correttamente, che “l’atto di deferimento non rappresenta in pari tempo l’atto di chiusura delle indagini, posto che il primo postula – ma non coincide con – la conclusione dell’attività inquirente” (cfr., ex multis, C.U. FIGC n. 299/CGF del 09.10.2009).17 Cfr. TNAS, lodo del 28.01.2010,Zavaglia/FIGC.

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L’attività degli agenti di calciatori…

di specialità, trovando la sua giustificazione nella natura molto particolare dell’attività degli Agenti

(“attività negoziale ausiliaria che conduce alla stipulazione di contratti tra atleti e società

sportive”) espletabile, tra l’altro, anche da soggetti estranei all’ordinamento sportivo e comunque

assoggettati al potere normativo ed autoritativo della Federazione.

Accertato il carattere di specialità caratterizzante il procedimento de quo, è dunque esclusa

l’applicabilità dell’art. 27.8 CGS del 2006, in quanto norma dedicata all’attività istruttoria di

titolarità di uno specifico Organo di Giustizia Sportiva, l’Ufficio Indagini, non confondibile né

equiparabile alla Commissione Agenti, attese le profonde differenze di struttura e di finalità.

Solo con l’art. 18 del REAAC 2007, quindi, la titolarità delle indagini in questione viene per

la prima volta attribuita alla Procura Federale e l’eventuale giudizio disciplinare affidato in via

immediata alla cognizione di un organo di giustizia sportiva, la Commissione d’Appello Federale,

con un procedimento che rappresenta il primo ed unico grado in ambito federale, riconoscendo

all’Agente sanzionato solamente il diritto di ricorrere alla CCA presso il CONI.

Con l’attuale assetto, invece, si torna al doppio grado di giudizio e con la possibilità, esauriti i

gradi interni di giustizia federale, di ricorrere all’arbitrato del TNAS.

La competenza di quest’ultimo Tribunale, tuttavia, è contenuta nei limiti dettati dall’art. 3 del

Codice TNAS: per quello che interessa le sanzioni disciplinari, non possono essere devoluti alla

cognizione del TNAS i procedimenti definiti con sanzioni pecuniarie di importo inferiore ai

diecimila euro ovvero con sospensioni di durata inferiore a centoventi giorni continuativi.

Di ciò ne ha dato conferma recentemente lo stesso Tribunale laddove, in un ricorso avverso la

sanzione della sospensione di un mese e dell’ammenda di euro cinquemila, la formazione arbitrale

adita ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza attorea ribadendo i limiti esterni della competenza

del TNAS, ex art. 3 del relativo Codice, pienamente vigenti per tutti i tipi di controversie ed

indipendentemente dalla circostanza che, nella fattispecie, il REAAC 2007 prevedeva un solo grado

di giustizia endofederale per gli Agenti, considerato che il TNAS non potrebbe in ogni caso essere

considerato come giudizio d’appello avverso le decisioni della CGF bensì, conformemente a quanto

previsto dallo Statuto del CONI, come rimedio generale che l’ordinamento sportivo offre una volta

esauriti i gradi interni degli organi di giustizia federale18.

In tali casi di incompetenza del TNAS, l’unica via percorribile per impugnare la decisione

resta, in linea teorica e con le specificazioni del caso, quella della giustizia amministrativa atteso

che, come più volte confermato dalla giurisprudenza, le pronunce degli organi di giustizia sportiva

18 TNAS, Lodo del 21.12.2009, Antonelli/FIGC.

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L’attività degli agenti di calciatori…

(ivi compresi i lodi CCA – TNAS), hanno il carattere sostanziale di provvedimento amministrativo

con la conseguenza che nei confronti delle suddette decisioni, anche laddove emesse con le forme e

le garanzie del giudizio arbitrale, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, non vigendo

la limitazione dei mezzi di impugnazione previsti dall'art. 829 c.p.c 19 . Naturalmente, perché il

giudice amministrativo possa conoscere del procedimento relativo all’irrogazione di sanzioni

disciplinari sportive, attesa la riserva ex art. 2 L. n. 280/2003 a favore della giustizia sportiva, è

necessario che l’applicazione della sanzione disciplinare incida anche su situazioni rilevanti per

l’ordinamento generale della Repubblica20.

In un altro caso, in cui erano state irrogate congiuntamente una sospensione inferiore ai limiti

di competenza del TNAS ed un’ammenda, invece, superiore all’importo di euro diecimila, il TNAS,

a fronte dell’eccezione di incompetenza sollevata dalla FIGC resistente, ha specificato che, anche se

irrogate congiuntamente, sospensione ed ammenda rappresentano due distinte sanzioni e

l’ammissibilità dell’istanza d’arbitrato deve, dunque, valutarsi con riferimento a ciascuna di esse:

ciò premesso, il TNAS, nella fattispecie, riteneva ammissibile la domanda con riferimento

unicamente alla sanzione pecuniaria21.

Poteri disciplinari e Agenti con licenza rilasciata da Federazione estera.

Nell’esercizio dei poteri disciplinari da parte degli Organi di Giustizia Sportiva della FIGC,

un caso interessante è quello dell’eventuale potestà a sanzionare quegli Agenti in possesso di una

licenza valida ma non rilasciata ai sensi del REAAC emanato dalla FIGC bensì da un’altra

Federazione.

Come già evidenziato, in questi casi l’art. 25.3 prevede la competenza della Commissione

Disciplinare FIFA nei confronti di un Agente coinvolto in operazioni all’interno di una Federazione

diversa da quella che ha emesso la sua licenza. Il successivo comma 7, inoltre, prevede che, in tutti i

casi di incertezza o di controversia sulla competenza, la decisione è rimessa alla Commissione

Disciplinare FIFA, deputata ad individuare l’organo competente ad applicare le sanzioni. Tale

impostazione si coordina con la disciplina internazionale del FIFA Players’ Agents Regulations

19 TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. n. 5492/2008, Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 3856/2005.20 Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 5782/2008, TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. n. 9547/2008, TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. n. 5645/2007, TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. n. 2987/2004.21 TNAS, Lodo del 15.12.2009, Pasqualin/FIGC.

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L’attività degli agenti di calciatori…

2008 il cui art. 32.1 prevede, nelle controversie interne ad una Federazione, la competenza della

“relevant association” nell’imposizione della sanzione22.

Nella pratica, la CGF ha interpretato la locuzione relevant association nel senso che il

legislatore FIFA abbia inteso far riferimento alla Federazione che rilascia la licenza all’Agente

poiché è a questa che l’Agente deve ritenersi affiliato ed è alla giurisdizione domestica della stessa

che l’incolpato deve ritenersi sottoposto, indipendentemente dal luogo in cui è stata prestata

l’attività e dalla Federazione a cui appartengono i tesserati coinvolti in tale attività23.

Tuttavia, laddove l’operazione dell’Agente in possesso di licenza rilasciata da Federazione

estera, abbia coinvolto soggetti tesserati presso una Federazione diversa dalla licenziataria, a parere

della CGF neppure quest’ultima potrebbe ritenersi fornita della necessaria potestas iudicandi e che

l’unico organo competente a giudicare l’eventuale violazione di norme disciplinari sarebbe la

Commissione Disciplinare FIFA “ai sensi dell’art. 32.2” del FIFA Players’Agents Regulations24.

Potestà disciplinare e persone giuridiche.

Come già sottolineato nel capitolo dedicato alle controversie legate al compenso, l’art. 4.2

REAAC 2010 consente all’Agente di attribuire ad una società i diritti economici derivanti dagli

incarichi. Sul piano disciplinare, però, non si può sfuggire all’applicazione di eventuali sanzioni

invocando la responsabilità della società costituita anziché quella personale dell’Agente che la

rappresenta.

Il precitato articolo, infatti, precisa che in ogni caso l’attività di Agente può essere effettuata

solo da persone fisiche ed è sempre la persona fisica che riceve l’incarico dal calciatore ovvero dalla

società di calcio: in nessun caso questi ultimi potranno conferire mandato ad un soggetto che non

sia una persona fisica.

Così, ad esempio, si è affermata25 la responsabilità personale dell’Agente per la condotta

tenuta, a dire di quest’ultimo, dalla sua società di consulenza sportiva che aveva inviato a società

22 “In domestic transactions, the relevant association is responsible for imposing sanctions. This responsibility, however, does not preclude the competence of the FIFA Disciplinary Committee to impose sanctions on a players’ agent involved in a domestic transfer within an association other than the one that issued his players’ agent licence”.23 C.U. FIGC n. 162/CGF del 06.04.2008.24 Tale disposizione, tuttavia, postula una “international transaction” configurata come alternativa rispetto alla “domestic transaction” del precedente comma 1. I piani, dunque, non appaiono interscambiabili e, laddove si reputi sussistente una domestic transaction, intesa come operazione che si esaurisce all’interno di una Federazione, pur coinvolgendo agenti licenziati altrove, sembra opportuno richiamare la competenza FIFA rimanendo comunque nell’alveo dell’art. 32.1 del FIFA Players’ Agents Regulations 2008.25 Cfr. C.U. FIGC n. 137/CGF del 02.03.2008.

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L’attività degli agenti di calciatori…

dilettantistiche lettere con proposte di assistenza per la campagna trasferimenti estiva, in spregio di

quanto prescritto dall’art. 100.3 delle Norme Organizzative Interne della FIGC26.

Tuttavia, il fatto che un Agente attribuisca i diritti economici derivanti dagli incarichi ad una

società e che svolga attraverso questa la sua attività non è completamente irrilevante per

l’ordinamento calcistico.

Nulla vieta, infatti, che tali società, nel pieno rispetto delle condizioni poste dall’art. 4.2

REAAC 2010, possano essere costituite da più Agenti soci27 e che la rappresentanza della stessa

possa essere attribuita a più di un Agente socio28.

Orbene, siccome l’incarico è ricevuto dall’Agente sempre personalmente, in linea di principio

nulla vieterebbe a due Agenti soci, ai quali è affidata disgiuntamente la rappresentanza della società,

di stipulare, in occasione di un trasferimento, l’uno il mandato c.d. “blu” per assistere il calciatore e

l’altro il c.d. “mandato rosso” per curare gli interessi economici della società acquirente. Due

distinti mandati, dunque, che tuttavia attribuiscono i diritti economici derivanti dall’operazione alla

stessa società partecipata dagli Agenti coinvolti.

In questi casi, è evidente che la presenza della società di Agenti non è indifferente per

l’ordinamento federale e che l’indagine non può arrestarsi all’incarico ricevuto dalle persone

fisiche, dovendo di necessità comprendere se le stesse, attraverso la società, non pongano piuttosto

in essere una situazione affetta da un conflitto di interessi vietato dal REAAC 2010 all’art. 16.8 in

base al quale “gli Agenti hanno l’obbligo di evitare qualsiasi conflitto di interessi nel corso della

loro attività.

Un Agente di calciatori in ogni trattativa può rappresentare solo gli interessi di una parte. In

particolare”, ed è qui la novità in materia introdotta dal REAAC 2010, “ad un Agente è vietato

avere un mandato, un accordo di cooperazione o comunque interessi condivisi con una delle parti o

con uno degli Agenti delle altre parti coinvolti nel trasferimento”.

Ai sensi della nuova norma, dunque, la situazione sopra delineata non dovrebbe più verificarsi

ed in ogni caso, anche sotto la vigenza del precedente Regolamento, la giustizia sportiva ha sempre

sanzionato i conflitti di interesse derivanti dalla rappresentanza simultanea di parti contrapposte

nella stessa operazione.

26 “Il trasferimento di calciatori deve essere curato esclusivamente dai dirigenti in carica o dai collaboratori specificamente autorizzati dalla società interessata”.27 Art. 4.2 lett. d) “il numero degli agenti soci non sia superiore a cinque”.28 Art. 4.2. lett. i) “la rappresentanza legale sia attribuita ad un Agente socio”.

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L’attività degli agenti di calciatori…

In questo senso, la CGF ha avuto modo di sottolineare che, laddove due Agenti tra loro soci

agiscano rappresentando l’uno il calciatore e l’altro il club che lo tessera, attribuendo entrambi i

diritti economici dei rispettivi mandati alla loro società, la condotta posta in essere configura un

illecito disciplinare integrando una violazione del divieto di agire in conflitto di interessi.

In tali fattispecie, infatti, i proventi derivanti dai due mandati ricevuti, confluirebbero nella

stessa società che andrebbe poi a ridistribuirli agli stessi Agenti in proporzione alle rispettive

partecipazioni. Si pensi al caso di Tizio e Caio, Agenti tra loro soci della Alfa Srl, che ricevono il

primo (Tizio) mandato di assistenza dal calciatore X ed il secondo (Caio) incarico dal club Z per il

tesseramento di X; sia Tizio che Caio, nei rispettivi mandati, attribuiscono i diritti economici

correlati alla Alfa Srl. E’ chiaro che ciascuno dei due Agenti si avvantaggia sia direttamente

dell’incarico da lui ricevuto, sia indirettamente della somma che riceverà la sua società Alfa per

effetto dell’incarico sottoscritto dall’altro Agente suo socio: in sostanza, ciascuno trae guadagno da

un doppio mandato per curare interessi di parti che, però, sono tra loro contrapposte (calciatore e

club)29.

Potestà disciplinare e soggetti sospesi e/o non inclusi nel registro degli Agenti FIGC.

Si è spesso discusso, a fronte delle eccezioni sollevate nei vari procedimenti, della sussistenza

o meno della giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva nel caso di illeciti commessi da Agenti

con licenza sospesa ai sensi dell’art. 29.6 REAAC 2010. Questi ultimi, secondo alcune

interpretazioni, vista la sospensione, non potrebbero subire i provvedimenti della giustizia della

FIGC.

Sul tema, la giurisprudenza federale è costante nel confermare che la sospensione della

licenza non comporta un affievolimento del potere giurisdizionale degli Organi di Giustizia

Sportiva. Le norme che regolano quest’ultima, infatti, sono applicabili a tutti quei soggetti che

assumono un particolare status nel contesto federale. Per gli Agenti tale status si acquisisce con

l’accettazione del rilascio della licenza e l’autorizzazione della FIGC. L’eventuale sospensione, a

giudizio della CGF, pone solo in temporanea quiescenza tale status, ma non ne determina la perdita

che può aversi solo in caso di riconsegna definitiva della licenza e rinuncia alla relativa qualifica.

Ne consegue che, permanendo lo status, permane l’assoggettamento alle norme federali e quindi

anche a quelle concernenti la Giustizia Sportiva.

29 C.U. FIGC n. 162/CGF del 06.04.2008; TNAS, lodo del 21.10.2009, D’Amico e Pasqualin/FIGC; TNAS, lodo del 28.01.2010, Moggi/FIGC.

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L’attività degli agenti di calciatori…

Sarebbe altrimenti facile, soprattutto per gli avvocati muniti di licenza FIGC, eludere i precetti

federali e sfuggire al giudizio degli organi FIGC autosospendendosi come Agenti e continuando,

invece, ad operare quali soggetti autorizzati ex art. 5 REAAC 2010.

Inoltre, deve ritenersi che anche l’avvocato privo di licenza debba considerarsi sottoposto alla

giurisdizione FIGC laddove svolga l’attività di Agente ricevendo incarico di assistenza da un club o

da un calciatore.

Ciò che conta, come già detto, è la sussistenza di uno status tale da comportare l’obbligo, da

parte del soggetto, di osservare e di sottostare alle norme federali, ivi comprese quelle di Giustizia

Sportiva. Per acquisire tale status non è necessario ottenere la licenza di Agente di calciatori,

essendo sufficiente che si tratti di soggetto che, ai sensi dell’art. 30 dello Statuto FIGC, svolga

“attività comunque rilevante per l’ordinamento federale”.

È chiaro che l’attività di Agente di calciatori esercitata di fatto dall’avvocato non è irrilevante

per l’ordinamento federale: occorre difatti considerare che il professionista può esercitare tale

attività in quanto sia autorizzato dalla FIGC30; lo stesso, inoltre deve utilizzare, nella conclusione

del contratto di mandato, il modello federale previsto; si noti, infine, che il suo diritto alla

controprestazione nasce proprio dalle norme del Regolamento Agenti. Tale soggetto non potrebbe,

pertanto, allo stesso tempo, fondare la propria legittimazione ad agire invocando le norme federali

e, dall’altro lato, svincolarsi dal potere regolamentare dalle stesse previsto.

Le sanzioni disciplinari, dunque, sono applicabili nei confronti di tutti quei soggetti che

assumono, nell’ordinamento federale, un determinato status e tale status deriva dal semplice fatto di

operare nell’ambito individuato dall’art. 30 dello Statuto FIGC31.

Alla luce di quanto esposto, è giusto il caso di rilevare che la giurisdizione FIGC sussiste, a

fortiori, in tutti quei casi in cui la sospensione della licenza non sia frutto di una richiesta

dell’Agente ma sia determinata da un provvedimento disciplinare32.

30 Cfr., ancora, art. 5.1 REAAC 2010. La necessità dell’autorizzazione federale per esercitare tale attività deve ritenersi una limitazione legittima alla luce dei principi di specialità ed autonomia dell’ordinamento sportivo che consentono alle Federazioni, enti dotati di carattere pubblicistico, un intervento normativo su relazioni strettamente inerenti e comunque accessorie alla prestazione sportiva (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 3717/2006).31 Sul punto, cfr. C.U. FIGC n. 115/CGF del 19.01.2010, C.U. FIGC n. 299/CGF del 09.10.2009, C.U. FIGC n. 162/CGF del 06.04.2008, TNAS, lodo del 21.10.2009, D’Amico e Pasqualin/FIGC.32 Cfr. TNAS, lodo del 15.12.2009, Pasqualin/FIGC.

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L’attività degli agenti di calciatori…

L’art. 8.15 CGS è applicabile agli Agenti di calciatori? I casi Zavaglia e Pasqualin: due

diverse interpretazioni della CGF.

È stato già evidenziato come, per espressa previsione dell’art. 1.2 REAAC 2010, gli Agenti di

calciatori non possono essere considerati tesserati con la FIGC. Allo stesso modo, però, è stato più

volte rilevato che a questi, in virtù dell’esercizio di un’attività comunque rilevante per

l’ordinamento calcistico, si applicano le norme federali, ivi comprese quelle del CGS in materia di

responsabilità disciplinare.

Orbene, l’art. 8.15 CGS sanziona le società e i tesserati qualora questi omettano di pagare,

entro trenta giorni, le somme poste a loro carico dagli organi di Giustizia Sportiva. Può accadere,

infatti, per quanto concerne la tematica qui trattata, che tra calciatore (o società) ed Agente sorga

una disputa intorno al compenso dovuto a quest’ultimo. Come già illustrato, tale controversia,

prima conosciuta dalla Camera Arbitrale presso la Commissione Agenti, è ora devoluta al TNAS.

Tale giudizio può concludersi con l’accertamento della sussistenza del diritto di credito dell’Agente

e la conseguente condanna del calciatore (o della società) al pagamento di quanto dovuto. In questi

casi, laddove il condannato ometta di eseguire tale pagamento entro trenta giorni, oltre a rimanere

obbligato all’adempimento, viene sanzionato dagli Organi di Giustizia Sportiva per violazione del

precitato art. 8.15 CGS.

Spesso, quindi, sono i calciatori inadempienti ad essere sanzionati. In alcuni casi, però, può

accadere il contrario: più correttamente, può accadere che l’Agente, risultato soccombente

nell’arbitrato, venga condannato alla rifusione delle spese di lite sopportate dal calciatore e/o al

pagamento delle spese arbitrali.

Cosa succede se l’Agente non ottempera entro i trenta giorni? Incorre anche lui nelle sanzioni

previste dall’art. 8.15 CGS?

La domanda trae spunto da una querelle che ha visto l’Avv. Pasqualin contrapposto alla FIGC

e che, al momento, si è conclusa, dopo un percorso durato sette anni, con il lodo emesso dal TNAS

il 15.12.2009.

Nucleo della vicenda è il mancato pagamento nei termini, da parte dell’Agente, delle spese di

lite e di quelle arbitrali alle quali lo stesso era stato condannato in virtù del rigetto, da parte del

Collegio, della domanda formulata per ottenere il pagamento del compenso da un calciatore. Dopo

varie vicissitudini, il 13.07.2009 la Procura Federale deferiva l’Agente alla CGF contestandogli la

violazione dell’art. 8.15 CGS e dunque il mancato pagamento nei trenta giorni delle somme poste a

carico dell’incolpato dal Collegio Arbitrale originariamente adito.

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L’attività degli agenti di calciatori…

La CGF, con decisione pubblicata sul C.U. FIGC n. 17/CGF del 04.08.2009, riteneva

sussistente “l’infrazione disciplinare contestata, per cui, il Pasqualin deve essere condannato33”.

Diversa, però, risulta la lettura della norma fornita dalla Corte in un’altra decisione, adottata

con C.U. FIGC n. 31/CGF del 05.10.2009, appena due mesi dopo la vicenda Pasqualin e da un

Collegio per larghi tratti coincidente con quello che aveva giudicato quest’ultimo.

Anche in questo caso ad essere deferito dalla Procura Federale era un Agente, il sig. Zavaglia,

al quale veniva contestato l’omesso pagamento nei termini delle somme indicate in un precedente

lodo del Collegio Arbitrale presso la Commissione Agenti. La Procura, pertanto, contestava

all’incolpato la violazione dell’art. 8.15 CGS.

La Corte, tuttavia, in questo caso sosteneva che naturali destinatari dell’art. 8.15 CGS fossero

solamente le società sportive ed i tesserati. Non potendo qualificare l’Agente di calciatori come

tesserato, doveva concludersi per la non contestabilità, nei confronti di questo, della sanzione

prevista dal ridetto art. 8.15 CGS.

È evidente la difformità di interpretazione assunta nei due casi. L’Avv. Pasqualin ha anche

impugnato la decisione della CGF dinanzi al TNAS ma non sembra vi sia stata, sul punto in

questione, specifica domanda di riesame.

Certo, non può negarsi che la lettera dell’art. 8.15 CGS sia abbastanza chiara nel fare

riferimento alle somme poste a carico di società e tesserati.

Tuttavia, un’interpretazione troppo letterale della norma in esame, finirebbe con il

configurare un vulnus nel sistema di ottemperanza alle decisioni degli organi di giustizia sportiva:

non vi sarebbe alcuna garanzia circa l’adempimento dell’Agente nei confronti della controparte e/o

degli arbitri, né alcun idoneo deterrente che induca il medesimo ad evitare condotte dilatorie.

L’esecuzione della decisione, insomma, resterebbe pregiudicata con pesanti conseguenze sulla

certezza dei rapporti giuridici e patrimoniali e con l’onere di rivolgersi all’esterno dell’ordinamento

sportivo per ottenere quanto dovuto.

A parere di chi scrive, l’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici e

dell’esecuzione delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, induce a propendere per una lettura

estensiva della norma affermandone l’applicabilità anche agli Agenti di calciatori.

Occorre assicurare, infatti, che anche questi ultimi adempiano tempestivamente al pagamento

di quanto posto a loro carico. L’Agente, d’altronde, con la domanda di arbitrato, sceglie di

instaurare una controversia per l’accertamento dei suoi diritti e, come tutti, accetta in via preventiva

33 Cfr. C.U. FIGC n. 115/CGF del 19.01.2010.

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L’attività degli agenti di calciatori…

l’alea del giudizio. In caso di soccombenza, dunque, non si vede per quale principio giuridico

quest’ultimo potrebbe impunemente sottrarsi all’ottemperanza di quanto posto a suo carico dal lodo,

laddove, nel caso a soccombere fosse il calciatore o la società, questi rimarrebbero esposti, in caso

di inerzia, alle sanzioni previste dal CGS. Come già sopra evidenziato, se l’Agente è comunque un

soggetto rilevante per l’ordinamento calcistico e come tale destinatario degli obblighi derivanti da

tutte le norme federali, anche quelle che non lo contemplano espressamente, il medesimo non può

per certi versi usufruirne e, per altri, invece, sottrarsi alla loro applicazione.

In attesa che gli organi competenti chiariscano il contrasto giurisprudenziale, sembra

opportuno richiamare il principio per cui l’Agente, pur non tesserato, è titolare di uno status del

tutto assimilabile a quello dei tesserati.

Tale lettura, tra l’altro, è in ogni caso confermata dalla normativa specifica prevista dal

REAAC. In proposito, occorre osservare che già nel REAAC 2007, l’art. 17 sanzionava l’Agente

inottemperante alle decisioni degli organi di giustizia sportiva e dei collegi arbitrali. Nel caso

Zavaglia, però, la Procura Federale aveva deferito l’Agente unicamente per la violazione dell’art.

8.15 CGS.

Il nuovo art. 26 del REAAC 2010 conferma le sanzioni per l’Agente inottemperante, pur

senza riprendere i termini specificamente previsti dall’art. 8.15 CGS. A ciò provvede il nuovo art.

24.2 che, come già prima evidenziato, in tema di clausola compromissoria, prevede che gli Agenti

inottemperanti ai lodi del TNAS siano sanzionati secondo le norme del CGS e, dunque, anche ai

sensi dell’art. 8.15 CGS.

Sembra, dunque, codificata una interpretazione più ampia dei destinatari del precetto previsto

dall’art. 8.15 CGS; ciò per garantire che tutti i protagonisti dell’ordinamento calcistico agiscano

secondo quei principi di lealtà, correttezza e probità sui quali si fonda l’ordinamento sportivo,

dimostrando di accettare anche eventuali esiti sfavorevoli che ogni disputa, sportiva o giuridica,

contiene in sé.

(*) Avvocato del foro di Bari

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Le misure antiviolenza nelle…

LE MISURE ANTIVIOLENZA NELLE

MANIFESTAZIONI SPORTIVE: L’APPLICABILITA’

DEL DASPO AI CALCIATORI

di Lina Musumarra (*) e Salvatore Scarfone (**)

Sommario:

1. Premessa

2. Analisi della casistica giurisprudenziale

1. Premessa

Il cd. DASPO, ovvero il provvedimento con il quale il Questore può disporre il divieto di

accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificatamente indicate, nonché a

quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle

manifestazioni stesse, è disciplinato dall’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel

settore del giuoco e delle scommesse clandestine e tutela della correttezza nello svolgimento di

manifestazioni sportive).

Il primo comma, modificato, da ultimo, dalla L. n. 41/2007 (Misure urgenti per la prevenzione

e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche) ne prevede

l’applicazione nei confronti di persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza

non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per determinate tipologie di reati espressamente

indicate (ad es., porto di armi improprie, uso di caschi protettivi o altri mezzi tali da rendere

difficoltosa l’identificazione in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancio di materiale pericoloso,

scavalcamento ed invasione di campo, possesso di artifizi pirotecnici, ecc.), ovvero per aver preso

parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni

sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.

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Le misure antiviolenza nelle…

Il comma 1-bis estende l’applicazione del divieto anche nei confronti di soggetti minori dei

diciotto anni che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. Inoltre, il secondo comma

prevede che alle persone alle quali è notificato il DASPO il questore può prescrivere di comparire

personalmente una o più volte negli orari indicati, nell’ufficio o comando di polizia competente in

relazione al luogo di residenza dell’obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della

giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto.

In seguito a recenti e ripetuti episodi di violenza che hanno avuto come protagonisti non

soltanto i tifosi ma gli stessi giocatori, sia professionisti che dilettanti, e, in alcuni casi, i dirigenti

sportivi, si è posto il problema se l’ambito applicativo di tale misura di prevenzione potesse essere

esteso anche alle condotte di soggetti tesserati ad una federazione sportiva, per i quali, come è noto,

esistono già i provvedimenti di competenza degli organi della giustizia sportiva.

Dall’analisi che segue non vi è dubbio che l’orientamento dei Questori, già da alcuni anni, è

quello di applicare la misura preventiva del DASPO anche nei confronti di tutti i soggetti

dell’ordinamento sportivo, non ipotizzandosi, in tal senso, una rinuncia di giurisdizione da parte

dello Stato in favore dell’ordinamento sportivo, data la diversità tra tutela dell’ordine pubblico e

repressione di condotte contrarie alla regolamentazione sportiva. Occorre, però, evidenziare che il

divieto di accesso agli impianti sportivi determina conseguenze diverse a seconda che si versi in

ambito professionistico o dilettantistico.

2. Analisi della casistica giurisprudenziale

Il primo calciatore professionista a subire il DASPO è stato Stefano Morello: l’episodio risale

alla stagione 2007/2008, quando l’atleta vestiva la maglia del Gallipoli e in occasione della gara

contro il Potenza è stato coinvolto in scontri avvenuti in campo (giocava, peraltro, contro la sua ex

squadra). In quell’occasione il giudice sportivo non ha adottato alcun provvedimento nei confronti

del calciatore, infliggendo esclusivamente la sanzione della squalifica del campo del Potenza (cfr.

AA.VV., La gestione della sicurezza negli impianti sportivi, a cura di L. Musumarra, Experta

edizioni, Collana Lex, 2009, p. 24).

E’ intervenuto, invece, il Questore della Provincia di Potenza con decreto del 27 agosto 2008,

con il quale vietava al calciatore di accedere per anni due a tutti gli impianti sportivi del territorio

nazionale, durante lo svolgimento degli incontri di calcio cui partecipano le rappresentative

Nazionali e delle gare valevoli per i campionati di calcio di serie A, B, C1, C2, Interregionale, per i

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Le misure antiviolenza nelle…

campionati regionali della Puglia e per le competizioni ufficiali, anche di coppe, organizzate dalla

FIGC, dalla LND e dal Comitato Regionale Puglia, nonché ai luoghi interessati alla sosta, al

transito e al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime, con

salvaguardia al lavoro relativamente all’attività agonistica svolta dal medesimo.

Il TAR Puglia – Lecce, adito dal calciatore per l’annullamento del decreto, previa sospensione

dell’esecuzione, con ordinanza del 22 ottobre 2008, n. 956 ha respinto l’istanza cautelare, rilevando

che il divieto di accesso agli stadi non incide sulla attività di giocatore professionista del ricorrente

(Lega Pro, I Divisione, girone B), ma che lo status di giocatore professionista crea un obbligo in più

quanto ad evitare situazioni che possono portare negli stadi a problemi di ordine pubblico.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 26 maggio 2009, n. 2618 ha invece accolto l’istanza

cautelare in primo grado, rilevando che il ricorso appare, allo stato, sorretto da sufficiente fumus

boni iuris con riferimento al difetto di proporzionalità del divieto di accedere per due anni a tutti gli

impianti sportivi.

Recentemente, un altro calciatore professionista risulta colpito da DASPO: si tratta del

portiere dell’Olbia, Giuseppe Giglio, al quale il Questore di Sassari, con decreto del 5 febbraio

2010, ha vietato per un anno di assistere a manifestazioni sportive, a causa dell’aggressione nei

confronti del portiere avversario, avvenuta davanti agli spogliatoi, nell’intervallo del derby Alghero-

Olbia del 10 gennaio, per il quale il giocatore non era stato convocato, ma era con la squadra.

Anche in questo caso, trattandosi di un calciatore professionista, nel provvedimento del

Questore di Sassari si rileva che il divieto di accesso agli impianti sportivi non incide sulla attività

lavorativa del calciatore, il quale potrà accedere agli impianti sportivi se convocato per incontri di

campionato, di Coppa Italia, e tornei anche amichevoli.

Per quanto concerne i calciatori dilettanti, si segnala una prima pronuncia della Corte di

Cassazione (sent. 5 settembre 2007, n. 33864), con la quale è stata annullata, con rinvio, l’ordinanza

del Gip del Tribunale di S.M. Capua Vetere di mancata convalida del DASPO adottato dal Questore

di Caserta con decreto del 6 giugno 2006 nei confronti, rispettivamente, di un calciatore e di un

dirigente di una società sportiva dilettantistica, ai quali, a causa di una rissa insorta fra i calciatori

delle due squadre sul campo di gioco e poi proseguita negli spogliatoi, veniva vietato per la durata

di 18 mesi l’accesso ai luoghi in cui si svolgono attività sportive, prescrivendo, altresì, l’obbligo di

presentarsi presso il comando dei Carabinieri (territorialmente competente) in concomitanza con gli

incontri di calcio disputati dalla stessa società sportiva.

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Le misure antiviolenza nelle…

Il Gip, nel provvedimento, dopo aver rilevato, preliminarmente, la carenza di elementi

probatori sulla presunta rissa alla quale il calciatore e il dirigente avrebbero dato origine, affermava

che i provvedimenti previsti dall’art. 6 della L. n. 401/1989 non si applicano alle condotte poste in

essere nei campi da gioco o nelle immediate vicinanze da tesserati di federazioni sportive, per i

quali esistono possibilità di sanzioni specifiche da parte dei competenti organi federali.

Ma la Cassazione, nell’accogliere il ricorso del Pm, respinge la tesi del Gip, ritenendola errata

nella sua formulazione così ampia, poiché si pone quale applicazione inammissibile al fenomeno

delle turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive del principio generale per il quale lo

svolgimento di attività sportive può divenire causa di giustificazione (generica o specifica) per

condotte astrattamente costituenti reato.

Tale principio, però, - prosegue la Corte – è valido solo per condotte che abbiano l’effetto di

offendere, come oggetto giuridico, l’integrità fisica o morale dei soggetti coinvolti nell’attività

sportiva e la causa di giustificazione copre soltanto quell’attività che si possa ritenere connessa

strettamente, specie sotto il profilo dell’elemento soggettivo alle finalità del gioco. Una condotta

non rispettosa delle regole del gioco ma comunque finalisticamente inserita nel contesto di

un’attività sportiva ed intimamente connessa alla pratica dello sport è ben diverso da quella tenuta

in ipotesi in cui la gara agonistica costituisca soltanto l’occasione dell’azione violenta.

Pertanto, le misure adottabili ai sensi dell’art. 6 della legge n. 401/1989, con riferimento a

turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive, si applicano nei confronti di tutti i soggetti

indicati nel I comma dello stesso art. 6, anche se trattasi di tesserati di federazioni sportive ed

indipendentemente da ogni altro provvedimento di competenza degli organi della disciplina

sportiva, rilevando, altresì, che il decreto del Questore di Caserta è stato emesso a tutela dell’ordine

pubblico, posto in pericolo dalle condotte dei tesserati, la cui materialità è del tutto avulsa

dall’esplicazione di attività agonistica e trae dal contesto sportivo mera occasione all’origine del

comportamento illecito.

Il Gip del Tribunale di S.M. Capua Vetere, decidendo in sede di rinvio, ribadiva, però, la non

convalida del provvedimento in esame, rilevando che il controllo di legalità del giudice deve

riguardare l’esistenza di tutti i presupposti legittimanti l’adozione dell’atto da parte dell’autorità

amministrativa, compresi quelli imposti dalla circostanza che con esso si dispone una misura di

prevenzione. Nel caso di specie, non appariva, quindi, sussistere il presupposto della pericolosità, né

la manifesta episodicità della condotta consentiva una valutazione prognostica di pericolo, di

turbamento del regolare svolgimento di altre gare sportive.

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Le misure antiviolenza nelle…

La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente con sentenza del 18 febbraio 2009, n. 7094,

rigettando, però, questa volta, il ricorso del Pm, per il quale, nella fattispecie in parola, non sarebbe

richiesto un siffatto giudizio per il soggetto colpito da DASPO, ma sarebbe sufficiente la sola

partecipazione ad un episodio di violenza.

Secondo i giudici di legittimità per tale divieto, seppur applicabile ai tesserati di federazioni

sportive, deve essere necessariamente formulato un giudizio prognostico circa la pericolosità del

soggetto colpito, da intendersi quale pericolosità sociale del tutto particolare perché riguarda

persone che, spesso, hanno una normale vita di relazione estranea ai circuiti criminali; ma ciò non

esclude le finalità di prevenzione anche se dirette a contrastare un limitato settore delle attività

criminali o comunque pericolose per l’ordine pubblico (nel caso dell’art. 6 della L. n. 401/1989,

condotte idonee a turbare l’ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive).

(*) Avvocato. Docente di Diritto dello Sport, Università Luiss Guido Carli, Roma, Facoltà di

Giurisprudenza

(**) Avvocato. Fiduciario AIC – Associazione Italiana Calciatori.

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Il recesso ad nutum…

IL RECESSO AD NUTUM DAL MANDATO

CONFERITO ALL’AGENTE DA PARTE DEL

CALCIATORE

di Daniel Vidal (*)

Sommario:

1. Premessa

2. Il regolamento Figc per l’attività degli Agenti del 2007

3. L’articolo 17

4. Il comma 4: il recesso ad nutum

5. Le conseguenze per l’agente

6. Un caso pratico: il lodo TNAS n. del 20 luglio 2009: Pasqualin-Zapata

1. Premessa

La figura dell’Agente di calciatori non ha una buona fama. E’ agli agenti, che ancora

nell’immaginario comune vengono chiamati procuratori, che si attribuiscono le peggiori

nefandezze, i comportamenti più scorretti e le colpe di gran parte dell’attuale sfascio del calcio

italiano.

Eppure, questa particolare figura professionale continua a fungere da riferimento e a rivestire

grande importanza, non solo nelle convulse e concitate fasi dei periodi di calciomercato, ma anche e

soprattutto durante la stagione e durante l’intera vita professionale dei calciatori.

All’inizio non esisteva un professionista che si mettesse a disposizione dei calciatori per

aiutarli nell’instaurazione dei rapporti sportivi con le proprie società.

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Il recesso ad nutum…

L’aumento a dismisura dell’interesse pubblico e un mercato sempre più ampio, ha portato alla

necessità per i calciatori di servirsi di persone capaci e preparate per la gestione dei rapporti di

lavoro professionale sportivo sia nei confronti delle società/datrici di lavoro, sia nei confronti delle

aziende/sponsorizzatrici.

La Federazione Italiana ha precorso i tempi e, fra le prime, ha elaborato una disciplina per

l’esercizio dell’attività di procuratori prima e di agenti oggi.

Si è così giunti ad un primo regolamento a fine anni novanta, cui è seguito un regolamento

della Fifa nel 2001, e ad un successiva revisione di quello nazionale nel 2004.

Oggi la situazione regolamentare è la seguente: in ambito internazionale vige il regolamento

FIFA emesso nel 2008 e in ambito nazionale è vigente il regolamento FIGC del 2007.

Questo ultimo è in fase di completa rivisitazione perché la sua disciplina va armonizzata con

quella del regolamento FIFA: il testo nuovo è già stato approvato dal Consiglio Federale, ma

attende di essere pubblicato.

2. Il regolamento Figc per l’attività degli Agenti del 2007

La breve introduzione storica in premessa è necessaria per capire a pieno l’argomento di

questa analisi che viene svolta nel ristretto ambito di un solo articolo del regolamento Figc 2007 e

di una sua particolare previsione, contenuta nel comma 4 dell’articolo 17: il recesso ad nutum dal

rapporto di mandato.

Il regolamento Figc 2007 è infatti stato emesso subito dopo che la bufera Calciopoli ha

investito il calcio nazionale e, soprattutto, subito dopo il caso Gea1 ed è, in qualche misura, figlio di

quella situazione di forte tensione.

Sull’onda di una volontà, più popolare che delle istituzioni, di “pulizia” e “moralizzazione”

dell’ambiente, la Federazione ha prodotto un regolamento molto garantista per i calciatori e molto

restrittivo per gli agenti, in netta controtendenza con il testo precedente.

1 La GEA era una società costituita da un gruppo di agenti, molti dei quali dal nome illustre e dalle parentele molto addentro i gangli del calcio italiano. E’ stata accusata di aver costituito un vero e proprio cartello eliminando di fatto la libera concorrenza fra agenti. La società è stata da più parti accusata di condizionare le scelte del mercato di molte società, attraverso la contemporanea assistenza prestata calciatori e allenatori. Si è giunti ad un processo che si è concluso con condanne molto più miti delle richieste dell’accusa; ma la società è stata sciolta, è finita in liquidazione e ne è stato disperso il capitale di rapporti professionali con moltissimi calciatori. La vicenda ha avuto anche una coda disciplinare con diverse squalifiche comminate ai maggiori rappresentanti.

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Il recesso ad nutum…

Questo, sul piano del diritto, presenta un’interessante profilo di discussione: nel testo del

regolamento previgente, la parte debole del rapporto procuratore/calciatore era ritenuta quella

dell’agente che, infatti, vi trovava una forte tutela per i casi di rottura del rapporto di mandato.

Questo atteggiamento può trovare una sua logica spiegazione nei fatti: se un calciatore, che

aveva un rapporto con un procuratore, decideva di passare ad altro procuratore doveva avere dei

validi motivi di diritto e non già di sola convenienza economica e professionale.

Il mandato veniva conferito per un periodo di due anni ma era tacitamente rinnovato in

assenza di recesso alla scadenza, comunicato in forma scritta con preavviso entro un termine

prestabilito.

Le conseguenze per il calciatore che lasciava il suo procuratore erano piuttosto pesanti perché

prevedevano che il calciatore fosse tenuto a corrispondere al procuratore receduto quanto dovutogli

sino alla scadenza del contratto sottoscritto in vigenza di rapporto di mandato, anche per gli anni

successivi al recesso operato.

Oltre a varie penalità predeterminate nella loro entità.

Anche questo, a ben vedere, risponde ad una ineccepibile logica regolamentare: il diritto del

procuratore al compenso concordato, e normalmente stabilito in percentuale sul valore economico

del contratto del calciatore, matura nel momento della sottoscrizione del contratto di prestazione

sportiva e il versamento frazionato nelle annualità di durata contrattuale attiene solo ad una

successiva scelta di versamento.

Quindi, le uniche strade che il calciatore poteva percorrere per liberarsi senza penalità erano la

risoluzione consensuale o il recesso per giusta causa che doveva essere accertata arbitralmente da

apposita commissione federale, attivata su istanza di parte entro termini perentori.

Il regolamento del 2007 invece, individua nel calciatore la parte debole del rapporto e, di

conseguenza, introduce alcune norme a tutela dello stesso.

Cambia la qualificazione terminologica: “agente” e non più “procuratore” che odorava di

violazione della normativa nazionale in ambito di collocamento.

L’agente può prestare la propria opera professionale sia in favore dei calciatori che delle

società; rimane però il divieto di assistere allenatori.2

2 ART. 15 n. 5 Regolamento Agenti Figc 2007 “È vietato agli Agenti rappresentare gli interessi di uno o più allenatori di calcio.” In ambito internazionale invece, l’assistenza agli allenatori non è espressamente vietata dal regolamento Fifa per l’attività di agenti.

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Il recesso ad nutum…

L’agente deve rispondere a determinati requisiti personali e professionali; è chiamato a

rispettare tutta una serie di previsioni in ambito di svolgimento dell’incarico, di doveri di

comportamento, di rispetto in particolare dei divieti e delle incompatibilità tassativamente indicate e

in generale delle norme regolamentari e del codice deontologico di comportamento.

Il mandato ha sempre durata biennale ma non è più tacitamente rinnovabile e spira alla sua

scadenza in mancanza di un espresso rinnovo in forma scritta.

Sono rimaste le previsione di chiusura del rapporto con risoluzione consensuale o con recesso

per giusta causa, sempre da accertare in sede arbitrale entro termini perentori, ma ad esse si è

aggiunto un nuovo genus: il recesso ad nutum.

3. L’articolo 17

L’articolo 17 del Regolamento Figc agenti 2007 stabilisce le sanzioni a carico dell’agente che

contravvenga ai propri doveri; abusi dei propri poteri; non rispetti le norme federali, statutarie e

regolamentari della Figc, delle Confederazioni e della Fifa; non rispetti il regolamento agenti; non

ottemperi alle decisioni della Commissione Agenti o alle decisioni degli organi di giustizia sportiva

Figc o degli organi arbitrali.3

L’articolo specifica quali siano le condotte punibili e prevede diverse sanzioni dalla semplice

censura o deplorazione fino alla più grave della revoca della licenza.

Il successivo articolo 18 stabilisce le modalità operative con le quali vengono irrogate le

sanzioni a carico degli agenti.

3 ART. 17 Regolamento Agenti Figc 2007“1. L’Agente che contravviene ai propri doveri o abusa dei propri poteri, ovvero non osserva le norme federali, statutarie e

regolamentari della FIGC, delle Confederazioni e della FIFA, nonché del presente regolamento, ovvero non ottempera alle decisioni della Commissione Agenti, degli organi di giustizia sportiva della FIGC e degli organi arbitrali, a seconda della gravità dei fatti e tenuto conto di eventuali recidive, è soggetto alle seguenti sanzioni, irrogabili anche congiuntamente:

a) censura o deplorazione;b) sanzione pecuniaria;c) sospensione della Licenza;d) revoca della Licenza .2. I comportamenti degli Agenti in violazione dei divieti di cui all’art 12, comma 5, all’art. 14, comma 1, e all’art. 15,

commi 1 e 7, comportano, in ogni caso, l’applicazione di una sanzione pecuniaria non inferiore a Euro 15.000,00 (quindicimila) e la sospensione della Licenza per un periodo non inferiore a due anni.

3. All’Agente è in ogni caso sospesa la Licenza al venir meno dei requisiti per l’iscrizione ed all’insorgere di situazioni di incompatibilità.

4. I calciatori o le società rappresentati da un Agente cui sia stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione hanno la facoltà di recedere ad nutum dal loro rapporto contrattuale con l’Agente.”

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Il recesso ad nutum…

4. Il comma 4: il recesso ad nutum

Un particolare rilievo però lo assume il comma 4 dell’articolo 17 che introduce di fatto una

facoltà in capo al calciatore, esercitabile unilateralmente in presenza delle condizioni previste: il

recesso ad nutum.

Il recesso ad nutum è notoriamente una figura del diritto civilistico che trova applicazione in

ambito societario, lavoristico e contrattuale in genere e che “non richiede alcuna giustificazione,

ma è rimesso alla insindacabile decisione del suo autore. Si tratta di negozio unilaterale recettizio,

che per produrre effetto deve essere portato a conoscenza del destinatario (art. 1334 c.c.)”4.

La norma infatti non prevede affatto un’ipotesi di “giusta causa”, diversamente prevista

nell’ambito dell’articolo 11 dello stesso Regolamento, passibile come tale di valutazione ed

accertamento, entro i rigorosi e perentori termini ivi indicati, ma prevede invero l’altra, autonoma e

ben distinta figura giuridica del recesso ad nutum a cui il calciatore è facoltizzato in presenza della

sanzione disciplinare della sospensione dall’albo dell’agente.

Non ci si può nascondere la portata dirompente della norma: la sanzione della sospensione è

quella che più frequentemente viene pronunciata nei confronti degli agenti che quindi, nel caso i

calciatori loro assistiti volessero liberarsi dal rapporto di mandato senza neppure dover riconoscere

nulla, possono farlo proprio sulla base della disciplina del comma 4.

E non è possibile interpretare in modo diverso il Regolamento: se infatti il legislatore federale

avesse voluto che il recesso ad nutum di cui dall’articolo 17 n. 4, rientrasse tra le previsioni della

giusta causa, lo avrebbe espressamente indicato nell’art. 11.

Il dettato del legislatore federale è forte, chiaro e non equivocabile, tanto da trovare un

apposito spazio nell’architettura della normativa federale e la manifestazione di volontà di recesso

non è subordinata ad alcun procedura particolare: tale previsione è posta infatti in un articolo a

parte, che non ne sottopone l’esercizio ad alcuna verifica arbitrale, ma radica in capo al calciatore, a

fronte della sola presenza della sanzione della sospensione dell’agente, il diritto potestativo

(appunto ad nutum) di recedere senz’altro dal contratto di mandato.

4 “Il Diritto - Enciclopedia Giuridica de Il Sole 24 ore – a cura di prof. avv. S. Patti – volume 9 pag. 176

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Il recesso ad nutum…

5. Le conseguenze per l’agente

Le conseguenze per l’agente sono, ovviamente, nefaste: si vede infatti recedere dal rapporto,

spesso faticosamente instaurato al termine di estenuanti trattative e lunghi corteggiamenti, perdendo

non solo un cliente, ma anche una potenziale fonte di reddito, se si considera che ogni provento

dell’agente è conseguenza diretta del contratto che il calciatore sottoscrive con la società sportiva e

degli eventuali contratti di sfruttamento dell’immagine con ditte terze.

Non solo: l’agente non può in alcun modo opporsi sul piano strettamente legale perché il

recesso ad nutum, in quanto esercizio di un mero diritto potestativo non dà luogo ad alcun

responsabilità in capo al calciatore recedente.

6. Un caso pratico: il lodo TNAS n. del 20 luglio 2009 (Pasqualin-Zapata)

Una prima, e per ora isolata, applicazione del recesso ad nutum da parte di un calciatore nei

confronti di un agente si è avuta nell’estate del 2007, quando il calciatore Cristian Eduardo Valencia

Zapata, in forza all’Udinese Calcio, recede dal mandato conferito all’agente Claudio Pasqualin,

sospeso.

I fatti:

in data 21 febbraio 2006, il calciatore Zapata conferisce all’agente Pasqualin il mandato

sottoscrivendo il prestampato modulo federale;

sul Comunicato Ufficiale n. 8/F (decisioni della Commissione Agenti di Calciatori) del 21

maggio 2007, la Federazione Italiana Giuoco Calcio pubblica il nominativo dell’agente Claudio

Pasqualin nell’elenco degli Agenti sottoposti alla sanzione della sospensione dall’albo;

in data 9 luglio 2007, il calciatore Zapata recede, ai sensi dell’art. 17 del Regolamento, dal

contratto di mandato, inviando raccomandata all’agente e alla Commissione Agenti Figc.

La reazione dell’agente è stata, come prevedibile, forte.

Pasqualin ha dapprima agito in ambito civile, chiedendo ed ottenendo dal Tribunale di

Vicenza un decreto ingiuntivo che gli riconosceva un importo comprendente non solo i compensi

per il periodo di mandato svolto (che no potevano essere in discussione per il principio della loro

maturazione al momento della sottoscrizione di un contratto di prestazione sportiva in costanza di

rapporto di mandato, come più sopra già evidenziato) ma anche tutte le penalità indicate nel modulo

prestampato federale di conferimento di incarico.

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Il recesso ad nutum…

Il decreto ingiuntivo è stato ovviamente annullato per l’assoluto difetto di giurisdizione in

capo al giudice ordinario: il mandato conferito e disciplinato in ambito federale prevede infatti una

clausola compromissoria che conferisce la devoluzione di ogni controversia alla competenza di

organi arbitrali interni alla federazione.

La competenza è stata dapprima dei collegi arbitrali della Lega, poi della Camera di

conciliazione ed oggi è ad appannaggio del Tribunale Nazionale Arbitrale per lo Sport presso il

Coni.5 A quel punto l’agente non ha fatto ricorso al Tribunale Nazionale Arbitrale per lo Sport.

Il collegio arbitrale, definitivamente pronunciandosi sul ricorso dell’agente, nel lodo emesso il

20 luglio 2009, ha condiviso la tesi della difesa del calciatore, ritenendo legittimo il recesso da

questi operato ai sensi dell’articolo 17 n. 4.

Il collegio ha riconosciuto all’agente il solo diritto ai compensi maturati durante il periodo di

costanza del rapporto di mandato, cassando ogni richiesta di penale invocata a carico del calciatore.6

Nel suo profilo di ragionamento, il collegio ha accostato la fattispecie dell’agente sospeso, che

non può legittimamente svolgere alcuna attività in ambito federale, a quella dell’avvocato

sanzionato da sospensione che, analogamente, non può validamente operare in favore dell’assistito

il quale può certamente recedere dal mandato conferitogli, essendo la giusta causa in re ipsa.

(*) Avvocato del libero foro iscritto all’Albo degli Avvocati di Udine

5 E’ questa una delle previsioni regolamentari più dibattute nel confronto sul nuovo testo del regolamento federale agenti fra Figc e Fifa: il TNAS è infatti esterno alla federazione e la Fifa invece prediligeun primo grado di giudizio interno alla federazione calcistica nazionale.6 ESTRATTO DEL LODO TANS 20 LUGLIO 2009 (N. 353 PASQUALIN/ZAPATA): “….5) Sotto altro profilo, in ordine alla legittimità del recesso dal contratto di mandato esercitato dallo Zapata con lettera del 09.07.2007, il Collegio osserva che: a) l’avv. Pasqualin, con provvedimento pubblicato con C.U. della FIGC n. 8/F del 21.05.2007, è stato sospeso dall’attività di Agente di Calciatore; b) in data 01.02.2007 è entrato in vigore il “nuovo” Regolamento Agenti della FIGC che, secondo le disposizioni transitorie e finali inserite all’art. 24, n.1, “sostituisce integralmente le disposizioni del precedente regolamento della FIGC sugli Agenti”; c) sotto il profilo intertemporale, l’articolo 24 del nuovo Regolamento Agenti prevede un’unica deroga – relativa alla competenza arbitrale – all’immediata applicabilità del nuovo Regolamento ai rapporti tra agenti e assistiti (calciatori o società sportive); d) l’atto di recesso dello Zapata, avvenuto il 09.07.2007, impone di vagliare il recesso in questione alla luce delle norme del “nuovo” Regolamento Agenti.

L’art. 17, n. 4, del nuovo Regolamento Agenti prevede invero che “i calciatori o le società rappresentati da un Agente cui sia stata inflitta la sanzione

disciplinare della sospensione hanno la facoltà di recedere ad nutum dal loro rapporto contrattuale con l’Agente”. Alla luce della norma, che non tollera dubbi interpretativi, risulta affatto legittimo il recesso esercitato dal sig. Zapata nei confronti dell’Avv. Pasqualin.

Dalla accertata legittimità del recesso esercitato dallo Zapata, discende il conseguente rigetto della domanda proposta da Pasqualin sul diritto di

quest’ultimo di percepire una indennità, che trova presupposto proprio sulla illegittimità dell’esercizio del recesso anticipato.”

DOTTRINA43

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PARTE SECONDANOTE A SENTENZA

SOMMARIO:

MARIO VIGNA, Il potere/dovere del CONI di tutelare l'ordinamento sportivo

italiano e l'ammissibilità della prova nella procedura arbitrale TAS - NOTAa Lodo TAS 2009/A/1879 Valverde/CONI.

pag. 45

MARIO TOCCI, Tardivo adempimento del lodo arbitrale economico Riflessioni a

margine della decisione della Commissione Disciplinare Territoriale del CRCalabria della FIGC di cui al C.U. 74 del 10 dicembre 2009

pag.107

ANDREA PETRETTO, La violazione del articolo 2.3 del codice Wada e la valutazione dell'elemento soggettivo nel caso di specie.

pag. 115

44

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La punibilità di soggetti non tesserati...

TAS 2009/A/1879 – Alejandro Valverde Belmonte c.

Comitato Olimpico Nazionale Italiano

SENTENCE ARBITRALE

rendue par le

TRIBUNAL ARBITRAL DU SPORT siégeant dans la composition suivante:

Président:

Me Romano Subiotto QC, Solicitor-Advocate, Bruxelles, Belgique et

Londres, Royaume-Uni

Arbitres:

Me Ruggero Stincardini, Avvocato, Perugia, Italie

M. Ulrich Haas, Professeur, Zurich, Suisse

Greffier ad hoc:

Me Pierantonio D’Elia, Avvocato, Rome, Italie et Bruxelles, Belgique

dans la procédure arbitrale d’appel

entre

M. ALEJANDRO VALVERDE BELMONTE, Murcie, Espagne Représenté par Me José

Rodríguez, Madrid, Espagne et Me Federico Cecconi, Milan, Italie

-Appelant

contre

COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO (CONI), Rome, Italie

Représenté par M. Ettore Torri, Procureur Général

-Premier Intimé

AGENCE MONDIALE ANTIDOPAGE (AMA), Lausanne, Suisse

Représentée par Me Stephen Drymer et Me Emmanuelle Demers, Montréal, Canada

-Deuxième Intimée

NOTE A SENTENZA45

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La punibilità di soggetti non tesserati...

UNION CYCLISTE INTERNATIONALE (UCI), Aigle, Suisse

Représentée par Me Philippe Verbiest, Louvain, Belgique et Me Pablo Jimenez de

Parga, Madrid, Espagne

I. LES PARTIES

1.1. Alejandro Valverde Belmonte (l’ « Athlète » ou l’ « Appelant ») est un coureur

cycliste professionnel de nationalité espagnole, titulaire d’une licence délivrée par la fédération de

cyclisme espagnole, la Real Federación Española de Ciclismo (la « RFEC »).

2.2. Le Comitato Olimpico Nazionale Italiano (le «CONI») rassemble les fédérations

sportives nationales italiennes. Il est chargé de réglementer et d’encadrer l’organisation des activités

sportives en Italie. En particulier, le CONI adopte des mesures de prévention et de répression à

l’égard de la prise de substances altérant les prestations physiques des athlètes durant leur activité

sportive. L’Ufficio di Procura Antidoping du CONI (l’ « UPA-CONI ») est l’organisme chargé

d’enquêter sur les violations des normes antidopage italiennes (les « NSA »), adoptées par le CONI

conformément au Code Mondial Antidopage (le « CMA») de l’Agence Mondiale Antidopage (l’ «

AMA »). Le Tribunale Nazionale Antidoping (le « TNA ») est l’instance suprême du CONI en

matière de dopage.

3.3. L’Union Cycliste Internationale (l’«UCI») est l’association des Fédérations

Nationales de cyclisme. Elle entend être une association de droit privé suisse et a pour missions la

direction, le développement, la réglementation, le contrôle et la discipline du cyclisme dans toutes

ses formes, et ce au niveau international (art. 2, paragraphe a, du Statut de l’UCI). Afin de lutter

contre le dopage dans le cyclisme, l’UCI a adopté un Règlement du contrôle antidopage (le «

Règlement UCI »).

4.4. L’AMA est une fondation de droit privé suisse, chargée de la promotion, la

coordination et la supervision de la lutte contre le dopage. Dans le cadre de ses activités, l’AMA a

adopté le CMA, fournissant un encadrement des pratiques et règlements antidopage des

organisations sportives et des autorités publiques.

5.

I. FAITS

A. PROCEDURES EN ESPAGNE

1.5. La présente affaire trouve son origine dans l’enquête connue sous le nom d’ «

Opération Puerto » qui a débuté en 2004 en Espagne dans le cadre d’une investigation coordonnée

NOTE A SENTENZA46

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La punibilità di soggetti non tesserati...

entre le Juzgado de Instrucción n. 31 de Madrid (le « Juge d’Instruction n. 31 ») et la Garde Civile

espagnole. Cette procédure pénale avait pour objet des pratiques de dopage par les docteurs et

autres responsables pouvant constituer des « délits contre la santé publique » tels que définis à

l’Article 361 du Code Pénal espagnol. En effet, comme signalé infra, le dopage par un athlète ne

constituait pas un délit par l’athlète en Espagne au moment des faits incriminés.

6. La Garde Civile a effectué des écoutes téléphoniques ainsi que plusieurs

perquisitions, à l’issue desquelles plusieurs personnes furent arrêtées, notamment le Dr Eufemiano

Fuentes, coordinateur présumé d’un réseau clandestin de dopage à échelle internationale.

2.7. Lors de son arrestation le 23 mai 2006, le Dr Fuentes portait une carte de l’hôtel

Silken au dos de laquelle se trouvait une liste de pseudonymes ainsi que le nom « Valverde ».

3.8. Dans le cadre de l’enquête, la Garde Civile a saisi une grande quantité de documents,

de machines, de produits dopants (hormones, stéroïdes, etc.) ainsi que des poches de sang et de

plasma. La plupart des quelques 200 poches de sang saisies comportaient chacune un numéro de

code devant permettre l’identification de l’athlète propriétaire du sang. Ainsi que cela a été

confirmé par le Dr. Fuentes, les poches de sang identifiées par des codes étaient destinées à être re-

injectées aux athlètes correspondants.

4.9. Le 30 mai 2006, la RFEC se porta partie civile dans le cadre de la procédure

d’enquête conduite par le Juge d’Instruction n. 31. Par la suite, l’UCI et l’AMA se portèrent

également parties civiles dans la même procédure.

5.10. La Garde Civile a rédigé un rapport (« Rapport n. 116 ») daté du 27 juin 2006,

décrivant l’organisation et le fonctionnement du réseau de dopage du Dr Fuentes et faisant

référence, lors de la description des sacs retrouvés, à une poche de plasma pourtant la mention « 18

VALV. (PITI) » (la « Poche n. 18 » ; voir documents n. 114 et 116 repris dans le Rapport n. 116, p.

3).

6.11. Le Rapport n. 116 contenait également une liste d’athlètes soupçonnés d’être

impliqués dans l’Opération Puerto. Le nom de l’Athlète ne figurait pas dans cette liste.

7.12. Suite à une requête du Procureur Public, le Juge d’Instruction n. 31 a ordonné le 29

juin 2006 qu’une copie conforme du Rapport n. 116 soit transmise au Consejo Superior de Deportes

(« CSD »), de sorte que ce dernier puisse prendre les mesures administratives et disciplinaires

appropriées.

NOTE A SENTENZA47

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La punibilità di soggetti non tesserati...

8.13. Le même jour, le CSD a envoyé une copie du Rapport n. 116 à la RFEC avec

instruction d’en transmettre une copie à l’UCI. A son tour, la RFEC a transmis une copie du Rapport

n. 116 à l’UCI ainsi que la quasi-totalité des annexes.

14. Suite à une décision du Juge d’Instruction n. 31, la Garde Civile a envoyé le 31

juillet 2006 une partie des poches saisies dans le contexte de l’enquête (et jusque-là conservées à

Madrid sous la responsabilité de la Garde Civile) au Laboratoire de l’Instituto Municipal

d’Investigación Medica (IMIM-Hospital del Mar) de Barcelone (le « Laboratoire de Barcelone »),

pour qu’elles y soient stockées et analysées. Le jour suivant, le 1 août 2006, le Laboratoire de

Barcelone reçut 99 poches de plasma, y compris la Poche n. 18, et procéda à leur analyse. Comme

indiqué ci-après, les analyses du Laboratoire de Barcelone ont révélé que 9 poches de plasma, y

compris la

Poche n. 18, contenait de l’erythropoïétine recombinante (« EPO »), substance interdite par la

législation antidopage.

9.15. Le Juge d’Instruction n. 31 a rendu une ordonnance datée du 3 octobre 2006,

interdisant l’usage des éléments issus des procédures pénales dans des procédures administratives

(l’« Ordonnance du 3 octobre 2006 »). En particulier, l’Ordonnance interdit l’utilisation des pièces

issues des procédures pénales relatives à certaines personnes pour entamer des procédures

administratives, en raison de l’impossibilité de déterminer la qualité et le degré de l’implication des

personnes soupçonnées à un stade préliminaire de la procédure pénale.

10.16. Le 10 octobre 2006, le Juge d’Instruction n. 31 a adopté une autre ordonnance visant

à clarifier le contenu de l’Ordonnance du 3 octobre 2006 (l’« Ordonnance du 10 octobre 2006 »).

11.17. Les pourvois déposés par le Procureur Public et la RFEC à l’encontre des

Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006 (c’est-à-dire le recurso de reforma déposé devant le Juge

d’Instruction n. 31 ainsi que le recurso de apelacion déposé devant la Cour d’appel de Madrid) ont

été rejetés.1

12.18. Entre-temps, le Juge d’Instruction n. 31 a fait droit le 9 octobre 2006 à la demande de

l’UPA-CONI (Exhorto n. 713/2006) et a autorisé le prélèvement des échantillons de la poche de

sang n. 2 qui était considérée comme appartenant au cycliste Ivan Basso. A l’issue de la procédure

italienne, Ivan Basso a été condamné à 2 ans de suspension après avoir avoué – après qu’il allait

être confronté à un test ADN des échantillons de la poche de sang n. 2 avec son propre sang -qu’il

avait eu du sang prélevé dans le but d’une autotransfusion pour des fins de dopage et que le

NOTE A SENTENZA48

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La punibilità di soggetti non tesserati...

pseudonyme « Birillo » dans les documents du Dr. Fuentes se referait à lui, correspondant au nom

de son chien.

13.19. Le 16 octobre 2006, le Juge d’Instruction n. 31 a fait droit à la commission rogatoire

des autorités allemandes et a autorisé le prélèvement des échantillons de la poche de sang portant la

mention « Jan, No. 1 » qui était considérée comme appartenant au cycliste Jan Ullrich. Ces

échantillons permirent d’établir une correspondance avec l’ADN de Jan Ullrich, qui, en l’absence

d’une législation en Allemagne qui pénalise la prise de substance dopante par un athlète, a fait

l’objet d’une plainte pour escroquerie.

14.20. Le Juge d’Instruction a également fait droit à la requête d’informations du CONI

quant au cycliste Michele Scarponi, en transmettant un rapport de la Garde Civile daté du 13 avril

2007. A l’issue la procédure italienne, dans laquelle il a admis avoir eu du

15.

Le 20 novembre 2006, le Juge d’Instruction n. 31 a rejeté le recurso de reforma et clarifié

cette ordonnance le 28 novembre 2006.

sang prélevé dans le but d’une autotransfusion dopante, Michele Scarponi a été condamné

pour violation des normes italiennes antidopage.2

1.21. Le 8 mars 2007, le Juge d’Instruction n. 31 a rendu une première ordonnance de

clôture de la procédure pénale concernant l’Opération Puerto motivée par la circonstance que le

dopage ne constituait pas encore un délit au moment des faits incriminés.

2.22. L’UCI, l’AMA et la RFEC ont fait appel de cette ordonnance de clôture devant la

Cour d’Appel de Madrid, laquelle a ordonné la réouverture du dossier pénal le 11 février 2008. Le

Juge d’Instruction n. 31 a classé à nouveau l’affaire le 26 septembre 2008 mais, suite aux pourvois

des parties, la Cour d’Appel de Madrid a ordonné à nouveau la réouverture du dossier le 12 janvier

2009.

3.23. En tenant compte des développements de la procédure italienne (voir infra), la RFEC

a demandé qu’un accès aux preuves du dossier relatif à l’Opération Puerto lui soit accordé, mais le

Juge d’Instruction n. 31 a rejeté la requête dans une décision du 15 avril 2009. Suite à un pourvoi

déposé par l’AMA, cette décision a été confirmée par la Cour d’Appel de Madrid par jugement en

date du 26 novembre 2009.

4.24. Enfin, sur les procédures disciplinaires sportives en Espagne à l’encontre de

l’Athlète, l’UCI a invité la RFEC, le 29 août 2007, à ouvrir une procédure disciplinaire pour

enquêter à ce sujet, mais le Comité Nacional de Competición y Disciplina Deportiva a décidé de ne

NOTE A SENTENZA49

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pas ouvrir de procédure à l’encontre de M. Valverde, en classant le dossier (voir lettre de la RFEC

datée du 7 septembre 2007).

5.25. L’AMA et l’UCI ont déposé un recours contre cette décision devant le TAS

respectivement dans les affaires CAS 2007/A/1396 WADA v. RFEC & Alejandro Valverde et CAS

2007/A/1402 UCI v. RFEC & Alejandro Valverde, qui sont encore pendantes à ce jour. Dans le

cadre de ces affaires, l’UCI et l’AMA ont demandé au TAS de bien vouloir reconnaître la

responsabilité de l’Athlète pour violation de l’Article 15 du Règlement UCI et de lui imposer une

suspension de deux ans valable à l’échelle mondiale.

6.

B. PROCEDURES EN ITALIE

26. Après avoir enquêté sur l’Opération Puerto et avoir reçu le Rapport n. 116 du Juge

d’Instruction n. 31 le 1 mars 2007,3 l’UPA-CONI a communiqué le 24 avril 2007 la

2

Dans le cadre de l’Opération Puerto, le cycliste Jörg Jaksche a également admis aux autorités

allemandes d’avoir eu du sang prélevé dans le but d’une autotransfusion pour des fins de dopage.

Jörg Jaksche a en outre admis que le pseudonyme « Bella » se référait à lui, Bella étant le nom de

son chien.

3

Le Juge d’Instruction n. 31 répondait à la requête de l’UPA-CONI datée du 14 septembre

2006, qui demandait la documentation du cas en spécifiant « aux besoins de la justice sportive ».

réouverture du dossier relatif à l’Opération Puerto à la Procura della Repubblica presso il

Tribunale di Roma (le « Parquet de Rome ») concernant certains athlètes affiliés à la Federazione

Ciclistica Italiana (« FCI »).

1.27. Dans le cadre de cette enquête (dénommée « Opération Puerto-bis »), et suite aux

requêtes du Parquet de Rome, l’UPA-CONI lui a envoyé à plusieurs reprises les copies des actes de

procédure. Le 9 janvier 2008, l’UPA-CONI a indiqué au Parquet de Rome que des éléments de

preuves apparaissaient également à l’encontre d’autres sujets, non affiliés à la FCI mais participant

à des compétitions sportives en Italie. Dans la liste des personnes soupçonnées figurait le nom de

l’Athlète.

2.28. Le 21 juillet 2008, lors du passage du Tour de France en Italie (à Chiusa di Pesio), le

CONI a effectué des contrôles antidopage sur plusieurs cyclistes, y compris l’Athlète. L’Athlète a

consenti au prélèvement sanguin et les échantillons ont été envoyés au Laboratoire Antidopage de

NOTE A SENTENZA50

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La punibilità di soggetti non tesserati...

Rome par courrier du même jour, comme indiqué dans le formulaire pour la chaîne de garde.

L’Athlète a signé le formulaire standard du prélèvement d’échantillon du CONI lorsqu’il a consenti

au prélèvement sanguin. Le formulaire comprenait l’avertissement selon lequel l’Athlète pourrait

être sanctionné pour « violation de la charte de l’organisation ». Le logo du CONI est le caractère

visuel le plus saillant sur le formulaire de prélèvement d’échantillon et il est évident à la lecture du

document que l’organisation mentionnée par le formulaire est le CONI. Le formulaire n’indique

aucune limite ou restriction sur ce que le CONI est autorisé à faire avec l’échantillon aux fins de

contrôle antidopage, bien qu’il spécifie que « toute information relative au contrôle antidopage, y

compris mais sans s’y limiter, les résultats de laboratoires et les sanctions éventuelles, doit être

partagée avec l’organisme compétent, conformément aux Règles Antidopage. »

3.29. Le 6 novembre 2008, à la suite de certains échanges d’information avec le Parquet de

Rome, l’UPA-CONI a envoyé une lettre au Juge d’Instruction n. 31 lui demandant, sur le fondement

de la commission rogatoire déjà établie pour l’athlète Basso (Exhorto n. 713/2006), un échantillon

de sang contenu dans la Poche n. 18.

4.30. Le 7 novembre 2008, en marge de la lettre du 6 novembre 2008, le Parquet de Rome

a fait parvenir à l’UPA-CONI son « nulla-osta » ou autorisation tout en se réservant la procédure de

prélèvement des échantillons de sang.

5.31. Le même jour le Parquet de Rome a chargé la police judiciaire (en particulier, le Cap.

Angelo Lano et le M.A. Renzo Ferrante) de s’occuper des opérations liées au prélèvement des

échantillons au Laboratoire de Barcelone en autorisant aussi la nomination comme auxiliaires de

police judiciaire du Dr. Marco Arpino (dirigeant du Bureau Antidopage du CONI) et de la Dr.

Tiziana Sansolini (médecin expert en hématologie et Doping Control Officer du CONI).

1.32. Le 10 novembre 2008, l’UPA-CONI a envoyé au Juge d’Instruction n. 31 la

communication du Parquet de Rome du 7 novembre 2008 en clarifiant dans la lettre

2.d’accompagnement qu’il s’agissait d’une décision de l’Autorité judiciaire pénale italienne.

6.33. Le 27 novembre 2008, le Magistrat de Liaison Italie-Espagne, M. D’Agostino, a

informé l’UPA-CONI et le Parquet de Rome que le Juge d’Instruction n. 31 avait reçu la requête

concernant le prélèvement d’échantillons de la Poche n. 18 et, considérant qu’il s’agissait d’une

nouvelle commission rogatoire, le Juge d’Instruction n. 31 l’avait envoyée au Ministère Public

espagnol pour avis. M. D’Agostino a également précisé que cet avis n’avait pas encore été rendu.

NOTE A SENTENZA51

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La punibilità di soggetti non tesserati...

7.34. Le 16 décembre 2008, suite à une décision du Parquet de Rome, la police effectua le

séquestre des échantillons prélevés lors du passage en Italie du Tour de France et conservés auprès

du Laboratoire Antidopage de Rome.

8.35. Le 22 janvier 2009, à travers le Magistrat de Liaison Italie-Espagne, l’UPA-CONI a

reçu une copie de l’Exhorto n. 447/08 (c’est-à-dire la Commission rogatoire n. 447/08) par laquelle

le Juge d’Instruction n. 31 acceptait la requête provenant du Parquet de Rome (« comisión rogatoria

procedente de la Fiscalia de Roma ») et ordonnait au Directeur du Laboratoire de Barcelone de

prester sa collaboration pour le prélèvement des échantillons de la Poche n. 18.

9.36. Le 30 janvier 2009, les membres de la police judiciaire nommés par le Parquet de

Rome (Cap. Angelo Lano et M.A. Renzo Ferrante) et les auxiliaires de police judiciaire (Dr. Tiziana

Sansolini et M. Marco Arpino) ont prélevés des échantillons de la Poche n. 18 et ont reçu un

certificat de remise de matériel de la part du Laboratoire de Barcelone, relatif à la chaîne de garde à

partir de la réception des sacs de la Garde Civile jusqu’au prélèvement des échantillons.4

10.37. Le 2 février 2009, suite à une décision du Parquet de Rome (en date du 29 janvier

2009), le Service de Police Scientifique – Section de Génétique Médico-Légale a procédé à

l’analyse ADN des échantillons prélevés à Barcelone et a confronté les résultats avec ceux de

l’analyse ADN de trois des échantillons (anonymes, mais identifiés par un code) prélevés lors du

Tour de France.

11.38. L’analyse a permis d’établir une correspondance positive entre l’ADN du plasma de

la Poche n. 18 et l’ADN d’un des trois échantillons du Tour de France (portant le code A-278350).

En particulier, l’analyse a permis d’établir une correspondance de 16 marqueurs génétiques entre les

deux échantillons, un nombre élevé et supérieur à celui considéré comme suffisant pour des fins

d’identification dans le cadre des

12.

4

Le 3 février 2009 l’UPA-CONI a reçu un rapport de service de M. Marco Arpino, en sa

qualité d’auxiliaire de police judiciaire chargé du prélèvement des échantillons, avec en annexe : (i)

un modèle de la chaîne de garde ; (ii) un certificat de remise de matériel en date de 30 janvier 2009 ;

et (iii) les originaux des procès-verbaux de nomination des auxiliaires de police judiciaire, M.

Marco Arpino et Dr. Tiziana Sansolini.

procédures pénales au sein de différent pays (voir déclarations du Dr. Caglia et du Dr. Castella

lors de l’audience du 13 janvier 2010).

NOTE A SENTENZA52

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La punibilità di soggetti non tesserati...

1.39. Dans la note en date du 10 février 2009, la Gendarmerie pour la Tutelle de la Santé –

Service Analyse a informé le Parquet de Rome de la correspondance positive et a demandé au

CONI de fournir la documentation nécessaire pour l’identification du sujet dont l’échantillon portait

le numéro A-278350.

2.40. Cette demande a permis d’établir que l’échantillon A-278350 prélevé lors du Tour de

France, dont l’ADN correspondait à celui de la Poche n. 18, appartenait à l’Athlète.

3.41. Au terme de cette vérification et sur seule base du résultat de l’analyse établissant

que l’ADN de l’échantillon de la Poche n. 18 correspondait à celui de l’Athlète, l’UPA-CONI a

convoqué l’Athlète le 16 février 2009. Suite aux demandes de l’Athlète, l’audience a été reportée au

19 février 2009.

4.42. Le 18 février 2009, suite à un mémoire déposé par l’Athlète, le Juge d’Instruction n.

31 a adopté une nouvelle ordonnance qui révoquait celle faisant droit à la commission rogatoire («

Ordonnance de Révocation »). En particulier, le Juge d’Instruction n. 31 a conclu que (i) le CONI

n’est pas une autorité judiciaire et, partant, ses décisions ne sont pas susceptibles de faire l’objet

d’un recours devant les tribunaux ordinaires ; (ii) selon l’Article 3 de la Convention d’entraide

judiciaire du 29 mai 2000 (la « Convention de 2000 ») l’ordre public agit comme limite à la

coopération internationale; (iii) l’utilisation de preuves telles que les poches de sang dans d’autres

procédures concernant un délit différent est nulle; (iv) la procédure de coopération judiciaire établie

par le CONI est donc nulle. Suite à l’appel interjeté par le CONI, le 18 janvier 2010 la Cour

d’Appel de Madrid a confirmé la validité de l’Ordonnance de Révocation (la « Décision sur

l’Ordonnance de Révocation »).

5.43. Le 18 février 2009, l’UPA-CONI a reçu par le biais de l’UCI le Rapport détaillé des

analyses du Laboratoire de Barcelone en date du 15 novembre 2006, relevant que 9 poches de

plasma, y compris la Poche n. 18, contenaient de l’EPO recombinante, substance interdite par la

législation antidopage (le « Rapport du Laboratoire de Barcelone »).

6.44. Le 19 février 2009, l’Athlète a comparu devant l’UPA-CONI. A cette occasion,

l’Athlète a contesté la compétence du CONI et a défendu la légitimité de sa conduite.

7.45. Le même jour, les Brigades de la Police Scientifique Italiennes (Nucleo

Antisofisticazione ou « NAS ») ont informé l’Athlète en personne de sa mise en examen («

informazione di garanzia ») dans la procédure pénale introduite par le Parquet de Rome.

13.

NOTE A SENTENZA53

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La punibilità di soggetti non tesserati...

46. Dans le cadre de la procédure devant le TNA, ce dernier a décidé qu’« au vu de

l’Article 7.1 du Document Technique d’application du Programme Antidopage de l’AMA, approuvé

par le Conseil National du CONI le 30 juin 2005, de l’Article 17.8

de la délibération n. 615 du Comité Nation du CONI en date du 22 décembre 2005, des

Article 9, 10 e 11 du Règlement UCI, de l’Article 2.2 du CMA, [d’imposer à Valverde], comme

mesure de précaution, une sanction d’inhibition pour une période de deux ans, lui interdisant de

revêtir des fonctions dans le CONI, les Fédérations Sportives Nationales et les Disciplines Sportives

Associées ou de participer ou prendre part à toutes compétitions organisées par celles-ci sur le

territoire national »(la « Décision »).

47. En particulier, tel qu’indiqué dans les motifs de la Décision, le TNA a décidé que:

-En Italie, le dopage est un délit aux termes du droit pénal et du droit sportif et les procédures

pénale et sportive sont initiées et gérées de manière indépendante par les organes compétents. Les

enquêteurs collaborent et échangent des informations sur les preuves récoltées dans les procédures

respectives ;

-Les contestations de M. Valverde quant à l’utilisation de preuves prétendument issues d’une

procédure illégale sont sans fondement ;

-En premier lieu, le document portant la liste des codes, y compris celui se référant à « Valv.

(PITI) », est une pièce jointe au Rapport n. 116, que l’UCI a reçu et transmis à la Fédération

Italienne de Cyclisme et à l’UPA-CONI ;

-Les Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006 du Juge d’Instruction n. 31, qui ne portent pas

d’interdiction absolue d’utiliser les documents, doivent être considérées au regard de (i) la

précédente autorisation qui autorisait le prélèvement des échantillons de la poche contenant le sang

d’un cycliste italien (Ivan Basso) et de (ii) l’utilisation de cette preuve à l’encontre de l’athlète, qui

n’a pas été contestée par le Juge d’Instruction n. 31. De plus, les décisions du Juge d’Instruction n.

31 n’ont aucun effet dans l’ordre juridique sportif italien car les documents ont été acquis

légalement par l’UCI et transmis aux autorités italiennes ;

-En deuxième lieu, l’acquisition et l’utilisation de la Poche n. 18 sont valides et l’Ordonnance

de Révocation n’est pas conforme au droit pour plusieurs raisons. La requête de coopération

provenait d’une autorité judiciaire (le Parquet de Rome), et non pas du CONI ou d’un autre organe

non judiciaire. Les échantillons ont étés prélevés au Laboratoire de Barcelone par des policiers et

auxiliaires de police judiciaire. Cette procédure a été explicitement autorisée par le Juge

d’Instruction n. 31 le 22 janvier 2009, qui a fait référence à la commission rogatoire du Parquet de

NOTE A SENTENZA54

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La punibilità di soggetti non tesserati...

Rome. Enfin, l’Ordonnance de Révocation, qui a été adoptée en violation des garanties

procédurales, est nulle ;

-En troisième lieu, un ancien collègue de M. Valverde (M. Jesus Manzano) avait témoigné que

l’Athlète se livrait à des pratiques de dopage ;

-L’échantillon du sang de l’Athlète prélevé lors du Tour de France avait été analysé par la

police italienne, qui avait établi la correspondance avec l’ADN de la Poche n. 18. L’échantillon de

sang peut être conservé jusqu’à 8 ans selon le Standard International AMA 2008 des Laboratoires

Antidopage ;

-Au regard de la correspondance entre l’ADN de la Poche n. 18 et celui de l’échantillon

prélevé à l’Athlète lors du Tour de France, l’utilisation ou la tentative d’utilisation d’une substance

ou d’une méthode interdite est établie;

-Les contestations de M. Valverde quant à l’absence -au moment de la violation -d’une

législation italienne sanctionnant les violations antidopage commises par des athlètes étrangers ne

sont pas fondées. En effet, la violation a eu lieu entre le mois de mai 2004 et le 23 mai 2006, quand

la Garde Civile a saisi les poches de sang et de plasma. A l’époque, les règles antidopage italiennes

prévoyaient l’imposition de « mesure de précaution » à l’encontre de personnes non-affiliées, y

compris des athlètes étrangers. Ces mesures incluent déjà la sanction de l’« inhibition ». Les normes

successives (Article

2.11 du Regolamento du 23 décembre 2008) ont seulement rendu ce principe encore plus

explicite ;

-D’après l’Athlète, les Articles 9, 10 et 11 du Règlement UCI seraient applicables et, donc,

l’UCI aurait compétence pour juger l’affaire et non pas le CONI. Or, c’est bien le CONI qui a

découvert la violation et qui a, selon le Règlement UCI, compétence pour connaître de l’affaire aux

termes du Règlement UCI ;

-Par rapport au prétendu manque de lien de connexité avec l’Italie, l’Athlète a participé à des

courses en Italie et peut probablement y participer encore dans le futur. Ce fait peut être considéré

comme un lien suffisant pour l’adoption de la sanction de l’ « inhibition » ;

- Dans ses allégations, l’Athlète n’a fourni aucune défense valable sur le fond qui serait

relative à la violation des règles antidopage.

NOTE A SENTENZA55

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La punibilità di soggetti non tesserati...

II. RESUME DE LA PROCEDURE DEVANT LE TAS

1.48. Ce résumé ne mentionne que les principales étapes procédurales et les arguments

clefs des parties. La Formation arbitrale a toutefois naturellement tenu compte de toutes les

soumissions des parties, y compris de celles auxquelles il n’est pas fait expressément référence.

2.49. L’Athlète a interjeté appel contre la Décision du CONI dans une déclaration d’appel

datée du 17 juin 2009 et a déposé son Mémoire d’Appel le 16 juillet 2009.

50. Selon l’Athlète:

• L’UCI, et non pas le CONI, serait compétent pour juger de l’affaire selon les Articles 9 et 10

du Règlement UCI. De plus, il n’y aurait pas de lien de

connexité entre la compétence du CONI et la violation présumée des règles antidopage ;

• La procédure du CONI porterait atteinte aux droits de la défense de l’Athlète (tels que le

principe de l’égalité de traitement, le droit d’être informé de la mise en accusation; le droit de ne

pas apporter des éléments contre soi-même; le droit d’interroger des témoins; etc.) et violerait

plusieurs conventions internationales ainsi que le CMA ;

• Suite aux Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006, les preuves issues de la procédure pénale

espagnole ne pourraient pas être utilisées ;

• A titre subsidiaire, les preuves utilisées par le CONI ne seraient pas valables ou suffisantes

pour sanctionner l’Athlète. En particulier, (i) certains documents du dossier (comme le document n.

114, le calendrier du Dr. Fuentes et l’analyse du Laboratoire de Barcelone) ne seraient pas

authentifiés par l’autorité judiciaire ou policière compétente ; (ii) l’analyse du Laboratoire de

Barcelone révélant de l’EPO dans la Poche n. 18 ne serait pas valable car la chaîne de garde des

poches saisies par la Garde Civile n’aurait pas été respectée et le Laboratoire de Barcelone ne serait

pas agréé pour le dépistage d’EPO dans le sang ; (iii) le CONI ne serait compétent pour réaliser des

contrôles antidopage durant le Tour de France ; (iv) les échantillons prélevés auraient du être

détruits et l’analyse de l’ADN aurait du se faire avec le consentement exprès de l’Athlète ; (v)

l’analyse de l’ADN réalisée par la police dans l’investigation pénale ne pourrait pas être utilisée

dans une procédure sportive ; (vi) afin de connaître la véritable implication d’une personne dans

l’opération Puerto, il faudrait pouvoir consulter l’ensemble du dossier pénal afin d’avoir

connaissance tant des éventuelles preuves à charge qu’à décharge ; (vii) les déclarations de M.

Manzano seraient contradictoires et démenties par celles d’un autre coureur de la même équipe.

Enfin, parmi les centaines de documents du dossier, il n’existe aucune preuve de paiement, analyse

de sang, plan de traitement médical susceptible d’établir un lien entre l’Athlète et le Dr. Fuentes. Le

NOTE A SENTENZA56

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La punibilità di soggetti non tesserati...

CONI n’aurait ainsi nullement prouvé ni l’utilisation, ni la tentative d’utilisation, d’une substance

interdite.

Au vu de ce qui précède, l’Athlète a demandé à la Formation arbitrale, à titre principal,

d’annuler la décision recourue et de déclarer le CONI incompétent et, subsidiairement, d’annuler la

décision recourue et de le déclarer innocent, sous suites de frais et dépens.

51. Le 4 septembre 2009 le CONI a déposé son Mémoire en Réponse, formulant une

demande d’appel en cause de l’AMA et de l’UCI. Dans le mémoire, le CONI a notamment fait

valoir que :

• Le CONI aurait compétence pour imposer des mesures préventives à l’encontre d’athlètes

non affiliés, notamment au regard de son pouvoir/devoir de sauvegarde du système sportif italien ;

• Les NSA seraient applicables aussi sur la base des Articles 9, 10 et 11 du Règlement UCI,

qui prévoient l’application des dispositions antidopage de l’organisme antidopage ayant découvert

le comportement illicite (c’est-à-dire le CONI) ;

• Les contestations de l’Athlète sur la violation des droits de la défense seraient dénuées de

fondement et, en outre, les droits prétendument lésés en première instance pourront être garantis

lors de présente procédure, qui peut se conclure sur une décision « de novo » à l’égard de l’Athlète ;

• Les éléments de preuve utilisés seraient recevables : (i) plusieurs documents issus du dossier

criminel espagnol seraient accessibles au public et le CONI en aurait reçu une copie de la part de

l’autorité compétente (l’authenticité de la copie aurait été reconnue par un officier de la Garde

Civile) ; (ii) le CONI se serait limité à utiliser les résultats des analyses et n’aurait donc pas eu accès

direct aux échantillons de sang ; et (iii) les analyses faisant partie du dossier criminel italien

pourraient être utilisées en application de la loi antidopage italienne qui prévoit une coopération

étroite entre l’autorité judiciaire et le CONI.

Au vu de ce qui précède, le CONI conclut, sous suite de frais et dépens, au rejet de l’appel et à

la confirmation de la sanction d’inhibition émise par le TNA.

1.52. Une Formation arbitrale composée de Me Romano Subiotto QC (Président), de Me

José Pinto (Arbitre désigné par l’Appellant) et du Professeur Ulrich Haas (Arbitre désigné par le

CONI) a été constituée le 3 août 2009.

2.53. Le 12 octobre 2009 et après avoir dûment consulté l’AMA, l’UCI et l’Athlète, la

Formation a rendu une décision préliminaire sur appel en cause, enjoignant l’AMA et l’UCI à la

présente procédure en qualité de co-intimés.

NOTE A SENTENZA57

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La punibilità di soggetti non tesserati...

3.54. Le 19 octobre 2009, compte tenu de la participation de l’AMA et de l’UCI, les

membres de la Formation ont été invités à signer un nouveau formulaire d’acceptation et

d’indépendance.

4.55. Le 27 octobre 2009, Me José Pintò – arbitre nommé par l’Athlète – a renoncé à sa

fonction en raison de son indisponibilité. Après que Me Quentin Byrne-Sutton eut décliné sa

nomination, l’Athlète a nommé Me Ruggero Stincardini. Ce dernier a accepté sa nomination.

5.56. Le 29 octobre 2009, l’Athlète a déposé une demande de récusation du Prof. Ulrich

Haas, rejetée le 23 novembre 2009 par le Bureau du Conseil International de l’Arbitrage en matière

de sport.

57. Le 27 novembre 2009 l’AMA et l’UCI ont déposé leurs mémoires, selon lesquelles :

• Le CONI serait compétent pour juger des athlètes inscrits à l’étranger ;

• Les contestations de M. Valverde quant à l’admissibilité des preuves seraient dénuées de

fondement : les formalités relatives à la commission rogatoire auraient été respectées et

l’Ordonnance de Révocation serait erronée et – de toute manière – rendue ultra vires, car les

échantillons avaient déjà quitté le territoire espagnol au moment où elle a été rendue ; par

conséquent, les échantillons de la Poche n. 18 auraient étés valablement obtenus par les autorités

italiennes ; les échantillons de sang prélevés lors du Tour de France pourraient être utilisés car, pour

établir une violation antidopage, l’Article 3.2 du CMA fait référence à tout « moyen sûr » de

preuve, telles que les analyses ADN ; en tout cas, le TAS ne serait pas lié par les ordonnances des

autorités judiciaires espagnoles ;

• Les autres éléments du dossier constitueraient des éléments de preuve sûrs au soutien de la

violation des normes antidopage (tels que, par exemple, les admissions du Dr. Fuentes, les

documents issus du dossier criminel espagnol, la carte de visite retrouvée sur le Dr. Fuentes lors de

son arrestation, le calendrier de traitements sanguin, le document n. 87 portant une liste des

coureurs, les déclarations de M. Manzano et la conduite même de M. Valverde) ;

• Le droit de la défense de l’Athlète n’auraient pas étés lésés et, de toute manière, la procédure

devant le TAS serait « de novo », et d’éventuelles violations des droits d’être entendu de l’Athlète

par l’autorité de première instance seraient ainsi en tout état de cause rectifiées par la présente

procédure. Quant aux autres violations alléguées, elles seraient dénuées de fondement ;

• Le TAS devrait ainsi rejeter l’appel de l’Athlète, confirmer la Décision ou son dispositif,

dire pour droit que l’Athlète a commis les violations visées aux Articles 2.1, 2.2, 15.1 et 15.2 du

CMA et, par conséquent, le suspendre pour une période de deux ans à l’échelle mondiale, le

NOTE A SENTENZA58

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La punibilità di soggetti non tesserati...

disqualifier de tous ses résultats sportifs à compter du 4 mai 2004, et le condamner au paiement des

frais de la procédure et d’indemnités de dépens.

58. Invité à déposer une éventuelle réponse aux conclusions de l’AMA et de l’UCI allant

au-delà d’une demande de confirmation de la Décision, l’Athlète a déposé, le 23 décembre 2009, un

mémoire par lequel il a remarqué que :

• L’UCI aurait compétence à traiter l’affaire et le principe de juridiction mondiale que le

CONI souhaite appliquer déboucherait sur la reconnaissance d’une multitude de diverses autorités

compétences ;

• L’UCI et l’AMA n’auraient pas fait appel des décisions adoptées par d’autres autorités

antidopage nationales concernant le classement sans suite des dossiers relatifs à certains athlètes

impliqués dans l’Opération Puerto, ce qui constituerait une violation du principe d’égalité;

• L’UCI agirait de façon contraire à ses précédentes déclarations (c’est-à-dire, la précédente

reconnaissance de l’impossibilité d’utiliser les preuves de l’Opération Puerto et les échantillons

sanguins des cyclistes dans le but de procéder à des comparaisons d’ADN) ;

• Le CONI n’aurait jamais engagé de procédure disciplinaire à l’encontre d’un autre cycliste

non affilié à la fédération italienne ;

• Les intimés auraient apporté uniquement une partie des preuves issues de l’Opération

Puerto, privant ainsi M. Valverde de ses moyens de défense ;

• Le TAS ne serait pas compétent pour statuer sur les requêtes de l’UCI et de l’AMA visant à

déclarer M. Valverde responsable d’une violation du Règlement UCI et le suspendre au niveau

mondial ;

• Au vu des requêtes de l’UCI et de l’AMA, il y aurait litispendance entre la présente et les

affaires susmentionnés concernant le refus de la RFEC d’ouvrir une investigation à l’encontre de M.

Valverde (TAS 2007/A/1396 et 1402).

Au vu de ce qui précède, l’Athlète a donc demandé à la présente Formation de suspendre la

présente procédure arbitrale pour cause de litispendance, de se déclarer incompétent pour statuer sur

les nouvelles prétentions de l’UCI et de l’AMA, de le déclarer innocent, de décréter certaines

mesures probatoires et, pendant la suspension de la procédure, de décréter la suspension

conservatoire de l’exécution de la sanction imposée par le CONI.

1.59. Le 31 décembre 2009, la Formation a rendu une ordonnance rejetant la requête de

suspension de la présente procédure, compte tenu de la différente portée de la présente procédure et

des affaires TAS 2007/A/1396 et TAS 2007/A/1402.

NOTE A SENTENZA59

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La punibilità di soggetti non tesserati...

2.60. Le 8 janvier 2010 l’UCI a déposé des documents requis par Monsieur Valverde et

mis à la disposition des parties le 11 janvier 2010.

3.61. Les 12, 13, 14 janvier 2010 les parties ont assisté à l’audience de jugement et ont été

entendues, ainsi que les experts et témoins.

4.62. Lors de l’audience, la Formation a rendu une décision préliminaire sur les requêtes

déposées par l’UCI et l’AMA de suspendre l’Athlète au niveau mondial pour une période de deux

ans. La Formation a considéré que le TAS ne pouvait pas entrer en matière étant donné que ces

requêtes sortaient du cadre de la présente procédure d’arbitrage.

5.63. Etant donné les contestations de l’Athlète concernant la correspondance de son ADN

avec celui du plasma de la Poche n. 18, et sans préjudice à la fiabilité reconnue des tests ADN, la

Formation a invité les parties à s’accorder sur un moyen de procéder à un nouveau test ADN et a

fixé un délai supplémentaire de 2 semaines pour communiquer une telle procédure à la Formation.

Les parties n’ayant trouvé aucun d’accord, la Formation statue sur la base du dossier.

6.64. A la requête de la Formation lors de l’audience, l’AMA, le CONI et l’Athlète ont

déposé le 25, respectivement le 28, janvier 2010 leurs observations sur les règles en matière de

coopération judiciaire entre l’Italie et l’Espagne et, en particulier, sur l’applicabilité de la

Convention bilatérale d’entraide judiciaire du 22 mai 1973.

7.65. Le 22 février et 3 mars 2010, le CONI, l’Athlète, l’UCI et l’AMA ont présenté leurs

observations concernant la Décision sur l’Ordonnance de Révocation, ainsi que des rapports

d’experts. Sans se prononcer sur l’admissibilité des observations et des rapports, qui pourraient

sortir en dehors du débat strictement lié à la Décision sur l’Ordonnance de Révocation, la Formation

les a analysés attentivement, et considère qu’elles n’apportent rien de nouveau au débat, et qu’en

tout état de cause, la Formation répond dans cette sentence aux thèses soutenues dans ces

observations et ces rapports. Il en est par ailleurs de même de l’échange de correspondance entre les

parties relativement aux déclarations de M. Manzano.

NOTE A SENTENZA60

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III. DROIT

A. COMPETENCE DU TAS ET RECEVABILITE DE L’APPEL

66. La compétence du TAS résulte de l’Article R47 du Code TAS et des préambules «

vi.iv » et « ix » des NSA ainsi que de l’Article 1 de l’Appendice G et de l’Article 3 de

l’Appendice H aux NSA dans la version approuvée le décembre 2008 en vigueur au moment de la

publication de la Décision, et applicable en vertu du principe de tempus

5

regit actum.

1.67. En tout état de cause, les parties au présent arbitrage ont signé l’ordonnance de

procédure du 5 janvier 2010. Or, selon l’Article 1 de cette ordonnance, la compétence du TAS est

confirmée par la signature de ce document par les parties.

2.68. La Formation déclare en conséquence que le TAS est compétent pour décider du

présent litige.

3.69. L’appel de l’Athlète a été interjeté dans les conditions de formes et délais énoncés

par les Articles R48 et R51 du Code TAS, ce qui n’a pas été contesté par les intimés. Par

conséquent, la Formation, se prononçant à l’unanimité, estime que l’appel de l’Athlète est

recevable.

Voir Cass., sez. un., 20.12.2006 n. 27172 (voir infra sur l’application du droit italien au fond à

titre subsidiaire).

B. POUVOIR D’EXAMEN

1.70. Le pouvoir d’examen de la Formation dans la présente procédure arbitrale d’appel

est régi par les dispositions des Articles R47 et suivants du Code TAS. En particulier, l’Article R57

confère au TAS un pouvoir d’appréciation de plein droit des éléments de fait et de droit dans le

cadre de l’instruction.

2.71. La Formation arbitrale a également pris bonne note des arguments de l’Athlète quant

aux violations des droits de la défense qui auraient entaché la procédure devant le CONI. Or, en

raison du plein pouvoir d’examen conféré aux formations arbitrales du TAS, l’appel au TAS permet

de « considérer comme purgés les vices de procédure

6

ayant éventuellement affecté les instances précédentes ».

NOTE A SENTENZA61

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1.72. Néanmoins, le TAS a le pouvoir de juger sur le différend tel que défini par la

décision soumise à l’appel et sa juridiction, fondée sur la clause compromissoire contenue dans les

normes des fédérations nationales, est limitée par la portée objective et subjective de la décision

appelée.7 En particulier, en raison de la compétence territoriale du CONI et du TNA, la Décision

fait état d’une violation des règles antidopage italiennes et impose la sanction prévue en cas de

violation par un sujet non affilié, qui ne peut qu’être limitée au territoire italien.8

2.73. En raison de ces limitations, comme déjà manifesté oralement le 12 janvier 2010 lors

de l’audience, la présente Formation, se prononçant à l’unanimité, estime de ne pas pouvoir se

prononcer sur les conclusions présentées par l’UCI et l’AMA visant à déclarer M. Valverde

responsable d’une violation du Règlement UCI ou du CMA, à le suspendre au niveau mondial et à

déclarer l’annulation et la disqualification des résultats qu’il a obtenus depuis le 4 mai 2004. .

3.

6

TAS 2004/A/549 G.Deferr & RFEG c/FIG, para. 31, voir également CAS 2003/O/486

Fulham FC c. Olympique Lyonnais, para. 50, CAS 2006/A/1153 WADA v. Assis & FPF, para. 53,

CAS 2008/A/1594 Sheykhov v. FILA para. 109, TAS 2008/A/1582 FIFA c. URBSFA & Michaël

Wiggers, para. 54.

7

cf., ex multis, TAS 2007/A/1426 Giuseppe Gibilisco c. CONI e TAS 2007/A/1433 Di Luca c.

CONI.

8

La Formation observe que la Décision ne fait pas état d’une violation directe du CMA, même

s’il le cite. Pour ce qui est du Règlement UCI, la Décision se limite à rappeler les Articles 9, 10, et

11, qui servent à déterminer quelle autorité a compétence dans un cas spécifique.

C. LOI APPLICABLE

1. Sur le fond

1.74. L’arbitrage sportif est régi par le Code du TAS, et plus spécifiquement par ses

Articles R27 à R37 et R47 et suivants.

2.75. Selon l’Article R58 du Code du TAS, une Formation statue selon les règlements

applicables et selon les règles de droit choisies par les parties, ou à défaut de choix, selon le droit du

pays dans lequel la fédération, association ou autre organisme sportif ayant rendu la décision

NOTE A SENTENZA62

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La punibilità di soggetti non tesserati...

attaquée a son domicile ou selon les règles de droit dont l’application est jugée appropriée par la

Formation. Dans ce dernier cas, la décision de la Formation doit être motivée.

3.76. La Formation relève que l’AMA, soutenue par l’UCI, considère que, en sus des

NSA, le CMA ainsi que le Règlement de l’UCI sont également applicables dans les circonstances

présentes. Pour les raisons énoncées au paragraphe suivant, la Formation rejette les conclusions de

l’AMA et déclare applicable en l’espèce le Règlement du CONI.

4.77. Les conclusions de l’AMA font référence à l’Article R57 du Code du TAS, selon

lequel la Formation « revoit les faits et le droit avec plein pouvoir d’examen ». En effet les

Tribunaux du TAS ont conclu à plusieurs reprises que l’Article R57 les habilitait à juger les procès

de novo. Selon l’AMA, le droit de juger de novo signifie que la Formation a le droit de se référer à

toute règle antidopage qu’il considère applicable. Toutefois, les conclusions de l’AMA ne prennent

pas en compte la jurisprudence qu’elle cite elle-même au soutien de ses propres arguments. Selon

cette jurisprudence, la compétence du TAS à juger de novo doit être « fondée sur les règlements de

la fédération intéressée », limite à laquelle souscrit ce Tribunal.9 En tant qu’instance arbitrale

privée, la compétence du TAS se trouve limitée par la compétence de la procédure arbitrale sur

laquelle est fondé l’appel. Le TAS n’a pas la compétence pour prendre des mesures relatives à la

compétence de sa propre initiative, y compris en soumettant les athlètes à des règles de droit sportif

différentes de celles auxquelles ils étaient soumis en première instance. Une formation du TAS n’est

autorisée à appliquer des règles différentes que dans des circonstances exceptionnelles selon

l’Article R58 – ces circonstances exceptionnelles se présentant quand les parties ne peuvent se

mettre d’accord sur les règles applicables et que, selon le TAS, d’autres règles sont « appropriées »

en l’espèce.10 Dans le cas présent,

5.

9

Voir CAS 2008/A/1700 Deutsche Reiterliche Versinigung e. V. v. FEI & Christian Ahlmann et

CAS 2008/A/1710 Christian Ahlmann v. FEI, décision du 30 avril 2009, para.

66.

10

Le Tribunal pourrait exercer son pouvoir discrétionnaire aux termes de l’Article R58 du Code

du TAS si, par exemple, d’autres règles avaient un lien de connexité plus important avec les faits de

l’espèce. Ce n’est pas le cas ici.

NOTE A SENTENZA63

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La punibilità di soggetti non tesserati...

l’AMA ne prétend pas que les NSA du CONI soient inappropriées. Elle se contente de

soutenir que les NSA devraient s’appliquer au même titre que le CMA et le Règlement de l’UCI. En

l’absence d’une telle prétention, les règles que ce Tribunal estime applicables sont les règles

appliquées en première instance, c’est-à-dire les NSA du CONI. En conclusion le Règlement de

l’UCI et le CMA ne sont applicables que dans les limites où les NSA y font référence.

1.78. Ceci étant établi, il s’agit d’identifier quelle version des NSA est applicable dans le

cas d’espèce et, en particulier, quelle est la version en vigueur au moment de la violation.

2.79. Le principe selon lequel nul ne peut être poursuivi pour une infraction qui n’était pas

définie comme telle au moment des faits représente un principe général, reconnu par l’art. 7 de la

Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales du 4 novembre 1950

ainsi que par la jurisprudence du TAS (voir TAS 2000/A/274, Susin c. FINA e TAS 2007/A/1433 Di

Luca c. CONI). Ce principe trouve à s’appliquer pour les normes de fond, qui comprennent

notamment les normes en matière de sanctions (cf., ex multis, Cass., sez. III, 15.12.1995, e Cass.,

sez. I, 04-07-1994 ; voir infra sur l’application du droit italien au fond à titre subsidiaire).

3.80. Les règles entrées en vigueur après les faits peuvent être appliquées rétroactivement

si elles sont plus favorables à l’Athlète selon le principe de la lex mitior, reconnu également par la

jurisprudence du TAS (voir TAS 2001/A/318, V. c. FCI).

4.81. Dans le cas d’espèce, il convient donc d’appliquer les NSA dans la version en

vigueur le 23 mai 2006, c’est-à-dire au moment de la saisie des poches de sang par la Garde Civil.

5.82. En effet, la violation (ou la tentative de violation) a, par hypothèse, duré jusqu’à la

saisie des poches de sang par la Garde Civile, saisie qui a interrompu la possession par le Dr.

Fuentes et donc la possible utilisation de celles-ci à des fins de dopage.

6.83. Comme indiqué infra, dans la version en vigueur en mai 2006, les NSA prévoyaient

la possibilité d’imposer des « mesures conservatoires » à l’encontre des personnes non affiliées.

Etant donné que les versions successives des NSA (y compris la version actuellement en vigueur)

imposent une sanction plus importante, incluant même la possibilité d’imposer une sanction

monétaire (voir Article 2.11 des NSA dans la version approuvée le 28 juillet 2009 et actuellement en

vigueur), le principe de la rétroactivité in mitius ne trouve pas à s’appliquer dans le cas d’espèce.

7.84. Afin d’éviter toute confusion, il est ici précisé que toute référence au CMA dans la

présente sentence doit être considérée comme une référence aux normes NSA correspondantes, qui

seules trouvent à s’appliquer directement.

1.85. Le droit italien est également applicable à titre supplétif.

NOTE A SENTENZA64

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La punibilità di soggetti non tesserati...

2.2. Sur la procédure

8.86. Sur le plan procédural, la Formation applique les dispositions de la Loi fédérale

suisse sur le droit international privé (« LDIP ») sur l’arbitrage international et le Code du TAS qui

a été choisi par les parties conforment à l’Article 182 alinéa 1 LDIP. Finalement, la Formation est

aussi liée par les dispositions procédurales qui font parties de l’ordre public international.

1.

D. COMPETENCE DU CONI

87. L’Athlète a contesté la compétence du CONI de pouvoir appliquer une sanction pour

violation des normes antidopage à l’encontre d’un athlète affilié à une fédération étrangère et qui

aurait commis une violation en dehors du territoire italien.

88. Dans la version en vigueur en mai 2006, les NSA prévoient l’application de mesures

conservatoires à l’encontre des sujets non affiliés. En particulier, l’Article 7.1, alinéa 2, du «

Documento Tecnico attuativo del Programma Antidoping WADA », approuvé le 30 juin 2005,

prévoyait que « l’UPA peut aussi demander, à l’encontre d’individus non affiliés ayant commis une

quelconque violation du Règlement, des mesures préventives, également dans le but d’empêcher

des récidives » (« l’UPA è altresì legittimata a richiedere, qualora soggetti non tesserati abbiano

posto in essere un qualunque comportamento vietato dal Regolamento, provvedimenti cautelativi,

anche al fine di impedire reiterazioni »). De plus, selon l’Article 17.8 du délibéré n. 615 de la

Giunta Nazionale du CONI du 22 décembre 2005, « si, dans le courant d’une enquête, la

responsabilité d’un individu non affilié est établie, l’UPA prend toute mesure nécessaire pour

entamer des procédures préventives devant les organes de justices des Fédérations et Disciplines

sportives nationales ou devant le [TNA] afin que ceux-ci adoptent des décisions d’inhibition

d’exercer des fonctions ou offices au sein du CONI, des Fédérations ou Disciplines sportives

nationales ou d’être présent lors des manifestations ou évènements sportifs organisés par eux » («

[s]e nel corso di un’indagine si afferma la responsabilità di un soggetto non tesserato, l’UPA adotta

tutte le misure necessarie per avviare procedimenti cautelativi dinanzi agli organi di giustizia delle

F.S.N o D.S.A. interessate ovvero dinanzi al GUI affinché assumano provvedimenti di inibizione a

rivestire cariche o incarichi in seno al CONI, alle

F.S.N. o alle D.S.A. stesse ovvero a presenziare allo svolgimento delle manifestazioni od

eventi sportivi organizzati sotto la loro egida »).

1.89. Comme il a déjà été souligné par le TAS (voir TAS 2008/A/1478, Coletta c. CONI),

l’expression « sujet non affilié » contenue dans ces règles doit raisonnablement faire référence aux

NOTE A SENTENZA65

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La punibilità di soggetti non tesserati...

individus qui ne sont pas affiliés aux fédérations italiennes (destinataires des règles générales),

c’est-à-dire aux individus qui (i) soit ne sont affiliés à aucune fédération, (ii) soit, comme dans le

cas d’espèce, sont affiliés à des fédérations étrangères.

1.90. En effet, ces normes se justifient et doivent être interprétées dans le contexte du

système juridique sportif italien, selon lequel le CONI est l’organe chargé d’adopter

2.des mesures d’ordre préventif mais également répressif à l’encontre du dopage. Par

conséquent, ces normes ont pour but d’empêcher les individus ayant commis des violations, y

compris ceux qui sont affiliés à des fédérations étrangères, de participer à des activités sportives en

Italie et d’en fausser les résultats, et ce au détriment d’une compétition sportive juste et de la santé

des athlètes.

2.91. La présente interprétation des règles se justifie aussi à la lumière du CMA, que les

NSA incorporent pour le territoire italien. Selon le CMA, la définition d’ « Athlète » inclut «

n’importe quel individu qui, en ce qui concerne les contrôles antidopage, participe à une activité

sportive au niveau international […] ou au niveau national », sans prévoir d’exceptions par rapports

à des individus affiliés à une fédération différente de celle en charge d’appliquer le Code dans le cas

d’espèce.

3.92. M. Valverde est un athlète soumis à la réglementation antidopage italienne (dans la

mesure où il a participé à des compétitions sportives en Italie), y compris aux normes qui prévoient

des sanctions (limitées au territoire italien) pour des individus qui ne sont affiliés à aucune

fédération italienne.

4.93. Comme cela a été souligné par le TAS dans l’affaire Coletta, une interprétation

différente aurait pour conséquence aberrante de soustraire les athlètes affiliés à des fédérations

étrangères à la compétence du CONI en matière de dopage, compétence qui est d’ailleurs limitée au

territoire italien.

5.94. Quant à la prétendue absence d’un lien de connexité entre la violation présumée et le

CONI, cette Formation rappelle que, sur le plan de l’interprétation littérale, les normes concernées

ne prévoient pas de limitations quant au lieu où la violation aurait été commise. Au contraire, le

législateur italien a entendu donner un champ d’application très vaste à la norme, en prévoyant la

possibilité d’imposer des mesures conservatoires pour « n’importe quel comportement prohibé »,

dans l’esprit de pouvoir empêcher toute conduite ou récidive contraire aux normes antidopage.

6.95. D’ailleurs, comme cela a déjà été souligné, l’Athlète a participé dans le passé et

pourrait très probablement participer dans le futur à des compétitions se déroulant sur le territoire

NOTE A SENTENZA66

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La punibilità di soggetti non tesserati...

italien, ce qui justifie l’intérêt du CONI à adopter la mesure restrictive dont il est question. De plus,

sur la base des informations disponibles, l’Athlète faisait l’objet d’une investigation pénale en Italie

au moment où l’UPA-CONI a adopté l’acte formel d’accusation (atto di deferimento) à l’encontre

de l’Athlète le 1 avril 2009. En effet, les deux procédures d’investigation – pénale et sportive -se

déroulaient en parallèle, ce qui était également le cas au moment où le TNA a adopté la Décision.

La procédure pénale est encore ouverte à ce jour.

7.96. Sur la base de ce qui précède, la Formation reconnaît que le CONI est compétent

dans le cas d’espèce.

8.

E. L’ADMISSIBILITE DES PREUVES

97. L’Athlète a contesté l’admissibilité des preuves tant devant le TNA que dans la

présente procédure en se fondant en particulier sur les points suivants :

• Les analyses ayant permis d’établir une correspondance entre l’ADN du plasma de la Poche

n. 18 et celui des échantillons prélevés lors du Tour de France ne seraient pas utilisables. D’une

part, les échantillons provenant de la Poche n. 18 ne seraient pas utilisables en application de

l’Ordonnance de Révocation, qui serait une décision valide et définitive. D’autre part, l’utilisation

des échantillons prélevés lors du Tour de France afin de procéder à l’analyse ADN serait contraire

aux droits fondamentaux de M. Valverde, qui n’en aurait pas été informé et n’aurait pas donné son

consentement ;

• Les documents issus du dossier criminel de l’Opération Puerto ne seraient pas validés par les

autorités compétentes et ne pourraient pas être utilisés en application des Ordonnances du 3 et 10

octobre 2006, qui en prohibent l’usage dans les procédures autres que la procédure pénale

espagnole. De toute manière, le code « Valv. (Piti) » ne se référerait pas à l’Athlète, ce qui est

démontré par le fait que son chien ne s’appellerait pas Piti et que l’Athlète n’aurait pas reçu de re-

injections de sang le 7 avril 2005 ;

• Les déclarations de M. Manzano seraient contradictoires et auraient fait l’objet d’une

enquête de la part de la justice espagnole, qui aurait décidé de classer le dossier ;

• La carte de visite retrouvée sur le Dr. Fuentes ne constituerait pas preuve d’un lien avec

l’Athlète.

98. Les intimés ont contesté ces arguments en faisant valoir que :

• Les analyses de l’ADN des échantillons représenteraient un moyen de preuve valable.

L’Ordonnance de Révocation serait erronée et, en tout cas, ne pourrait pas produire d’effets en

NOTE A SENTENZA67

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La punibilità di soggetti non tesserati...

dehors du territoire espagnol. Les analyses d’ADN auraient été ordonnées par le Parquet de Rome et

seraient donc valables. La chaîne de garde de tous les échantillons aurait été respectée ;

• Les documents du dossier criminel ont été transmis par le même Juge d’Instruction n. 31 à

l’UCI et au CONI et seraient désormais connus du grand public. D’ailleurs, d’autres Formations du

TAS auraient déjà déclaré que les Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006 ne lient pas le TAS.

1. Les règles régissant l’admissibilité de la preuve devant le TAS

2.99. La question de l’admissibilité d’une preuve est de nature procédurale et est donc

soumise aux règles de procédure applicables devant cette Formation.11 Par conséquent, la

Formation n’est pas liée par les règles régissant l’admissibilité et le choix de la preuve applicables

devant les cours étatiques du siège du tribunal arbitral.12

100. La procédure arbitrale est régie en premier lieu par les Articles 176 ss LDIP. Ces

règles donnent un cadre procédural à l’arbitrage. A l’intérieur de ce cadre, il appartient aux parties –

en premier lieu – de prévoir des règles plus détaillées.13 Les parties exercent l’autonomie

procédurale qui leur est accordée – comme dans le cas présent – par l’adoption d’un règlement

d’arbitrage institutionnel. La plupart de ces règlements institutionnels ne remplissent toutefois

qu’une partie du cadre et laissent un certain nombre de questions ouvertes. Il incombe alors aux

arbitres d’y répondre, et de combler toute lacune.

101. Selon l’Article 184 alinéa 1 LDIP « le tribunal arbitral procède lui-même à

l’administration des preuves ». Cette disposition donne aux arbitres le pouvoir de statuer sur

l’admissibilité d’une preuve soumise par une des parties.14 Le pouvoir de la Formation de statuer

sur l’admissibilité de la preuve est repris dans le Code TAS (cf. l’Article R44.2). Il découle de

l’Article 184 alinéa 1 LDIP (ainsi que des articles du Code TAS) que la Formation dispose ainsi

d’un certain pouvoir d’appréciation pour déterminer la recevabilité ou l’irrecevabilité de la

preuve.15

102. Le pouvoir discrétionnaire de la Formation de combler toute lacune est – en

l’absence de règles expresses dans les Articles 176 ss LDIP et le Code TAS – limité que par l’ordre

public procédural et les droits procéduraux des parties.16 Selon la jurisprudence du Tribunal

Fédéral l’ordre public procédural n’est pas facilement violé. Selon le Tribunal Fédéral, l’ordre

public procédural n’est violé que « lorsque des principes fondamentaux et généralement reconnus

ont été violés, ce qui conduit à une contradiction insupportable avec le sentiment de justice, de telle

sorte que la

17

NOTE A SENTENZA68

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La punibilità di soggetti non tesserati...

décision apparaît incompatible avec les valeurs reconnues dans un Etat de droit ».

11

Voir Poudret/Besson, Comparative Law of International Arbitration, 2ème ed. 2007, no 643.

12

Voir Poudret/Besson, Comparative Law of International Arbitration, 2ème ed. 2007, no 643.

13

Voir Rigozzi, Arbitrage International, 2006, no. 464.

14

Voir Rigozzi, Arbitrage International, 2006, no. 478

15

Voir Poudret/Besson, Comparative Law of International Arbitration, 2ème ed. 2007, no 645.

16

Voir Rigozzi, Arbitrage International, 2006, no. 464.

17

TF Bull ASA 2001, 566, 570.

2. Les échantillons de la Poche n. 18

103. Selon l’Athlète, les analyses des échantillons de la Poche n. 18 ne sauraient être

recevables comme moyen de preuve en raison des vices relatifs à la procédure d’entraide judiciaire.

104. En particulier, sur la procédure d’entraide judiciaire, la commission rogatoire serait

nulle car contraire non seulement aux normes de procédure applicables en matière d’entraide

judiciaire, mais aussi aux normes en matière de protection de la vie privée, qui empêchent le

traitement et la diffusion de données tels que le profil génétique.

105. Comme il le sera expliqué infra, la Formation considère comme non fondés les

arguments de l’Athlète, mais, à titre préliminaire, estime pertinent d’identifier au préalable les

règles relatives à la coopération judiciaire applicables au cas d’espèce afin d’évaluer le cas échéant

la validité des procédures de coopération mises en oeuvre.

a. Les règles relatives à la coopération judiciaire

106. La coopération judiciaire en matière pénale entre l’Italie et l’Espagne est régie, à titre

principal, par la Convention européenne d’entraide judiciaire en matière pénale du 20 avril 1959 (la

« Convention de 1959 »). La Convention de 1959 est entrée en vigueur pour l’Espagne le 16

novembre 1982, date à partir de laquelle cette convention s’applique donc aux rapports entre

l’Espagne et les autres Etats parties à la Convention, y compris l’Italie.18

NOTE A SENTENZA69

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La punibilità di soggetti non tesserati...

107. L’Article 26, premier alinéa, de la Convention de 1959 prévoit que « la présente

convention abroge, en ce qui concerne les territoires auxquels elle s’applique, celles des

dispositions des traités, conventions ou accords bilatéraux qui, entre deux Parties contractantes,

régissent l’entraide judiciaire en matière pénale ». Par conséquent, la Convention bilatérale Italie-

Espagne du 22 mai 1973, entrée en vigueur le 1 décembre 1977, a été implicitement abrogée par la

Convention de 1959, qui est entrée en vigueur ultérieurement.

108. La Formation souligne enfin que la Convention relative à l’entraide judiciaire en

matière pénale entre les États membres de l’Union européenne du 29 mai 2000 ne pouvait pas

s’appliquer à la coopération entre l’Italie et l’Espagne, étant donné qu’elle n’a pas encore été

ratifiée par l’Italie.19

18

La Convention est entrée en vigueur pour l’Italie 12 juin 1962. Voir l’état des ratifications

http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ChercheSig.asp?NT=030&CM=8&DF=10/02/201

0&CL=FRE.

19

Voir http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st13/st13598.en09.pdf.

109. La législation applicable à l’entraide judiciaire entre l’Italie et l’Espagne étant

identifiée, il est possible d’examiner les contestations de l’Athlète quant à (aa) la commission

rogatoire et à (bb) l’Ordonnance de Révocation.

i.La commission rogatoire

110. Selon l’Athlète, conformément à la Convention de 1959 la coopération judiciaire

l’entraide est réservée à aux autorités judiciaires, à l’exclusion de tout autre organe. Au moment de

sa ratification, l’Espagne a indiqué que les autorités considérées comme des autorités judiciaires au

sens de la convention sont : (i) les juges et tribunaux de droit commun; (ii) les membres du

Ministère Public; et (iii) les autorités judiciaires militaires. Etant donné que la commission rogatoire

proviendrait d’un organe non juridictionnel, tel que l’UPA-CONI, la requête ne bénéficierait pas de

l’entraide judiciaire et serait illégitime. Toutefois, même si le Parquet de Rome a géré les phases

successives de la coopération, son « nulla-osta » du 7 novembre 2008 serait ultérieur à la requête

initiale qui provenait de l’UPA-CONI. En effet, le Parquet de Rome aurait ouvert l’enquête pénale à

l’encontre de M. Valverde en février 2009, ce qui témoignerait du fait qu’il ne pouvait pas

demander de commission rogatoire en novembre 2008 et que l’UPA-CONI en serait le véritable

auteur. En tout état de cause, la commission rogatoire serait incomplète, étant donné qu’elle ne

NOTE A SENTENZA70

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La punibilità di soggetti non tesserati...

contiendrait pas les éléments requis par l’Article 13 de la Convention de 1959, tel que l’inculpation,

l’identité de la personne en cause et un exposé sommaire des faits.20

111. La Formation, se prononçant à l’unanimité, estime que, même si l’UPA-CONI avait

pris l’initiative de demander les échantillons de la Poche n. 18 dans le contexte de la précédente

commission rogatoire, le « nulla-osta » du Parquet de Rome rend la commission rogatoire valable.

En effet, par décision rendue en marge de la communication de l’UPA-CONI, le Parquet de Rome

s’est associé à cette requête, corrigeant ainsi les éventuels vices de procédure ou manque de

légitimation de l’UPA-CONI. De plus, même si la commission rogatoire faisait initialement

référence à une précédente procédure d’entraide judiciaire (Exhorto n. 713/2006), le Juge

d’Instruction n. 31 a ouvert une nouvelle procédure et a demandé l’avis du Ministère Public

espagnol sur la base d’un dossier complet, comprenant également la communication du Parquet de

Rome. L’Exhorto n. 447/08 relatif à la Poche n. 18 a donc été sollicité et adopté de façon légitime.

112. Quant à la prétendue absence des conditions prévues par la Convention de 1959, l’on

remarque que la commission rogatoire de qua spécifiait l’autorité requérante (le Parquet de Rome),

l’objet et le motif de la demande ainsi que le délit qui faisait

L’Article 13 de la Convention de 1959 dispose que: « 1 Les demandes d’entraide devront

contenir les indications suivantes: a) l’autorité dont émane la demande; b) l’objet et le motif de la

demande; c) dans la mesure du possible, l’identité et la nationalité de la personne en cause, et d) le

nom et l’adresse du destinataire s’il y a lieu. 2.Les commissions rogatoires prévues aux Articles 3, 4

et 5 mentionneront en outre l’inculpation et contiendront un exposé sommaire des faits. »

l’objet de l’investigation (les échantillons de la Poche n. 18 étaient requis dans le contexte

d’une procédure ayant pour objet le délit prévu par les lois n. 401/89 et n. 376/2000). Quant à

l’identité de la personne en cause, selon l’Article 2 de la Convention de 1959, celle-ci doit être

indiquée uniquement « dans la mesure du possible », ce qui exclut l’illégitimité automatique de la

commission rogatoire en cas d’absence de référence à la personne en cause. De plus, dans le cas

d’espèce la requête concernait le prélèvement d’échantillon d’une poche de sang dont le propriétaire

était inconnu, justifiant l’absence de toute référence à l’Athlète.

113. D’ailleurs, la Convention de 1959 ne prévoit aucune sanction de nullité pour des

demandes incomplètes et, à l’Article 2, la liste des circonstances pouvant justifier un refus

d’entraide judiciaire n’inclut pas l’absence d’éléments dans la demande.21 Dans un esprit de

coopération entre les autorités, plutôt que de refuser de coopérer, celles-ci devraient être libres de

demander les informations complémentaires qu’elles estiment nécessaires.

NOTE A SENTENZA71

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La punibilità di soggetti non tesserati...

114. Dans le cas d’espèce, aucune objection ou requête d’informations complémentaires

n’a été soulevée quant au contenu de la commission rogatoire.

115. La régularité de la procédure est par ailleurs confirmée par l’absence de contestations

de la part du Ministère Public espagnol, qui a émis un avis positif, ainsi que par le juge en charge

des relations entre l’Italie et l’Espagne, qui a supervisé les correspondances et a informé le Parquet

de Rome de l’évolution de la procédure (voir communication du juge, M. D’Agostino, en date du

28 novembre 2008).

116. En outre, il ne peut être contesté que le Parquet de Rome a entrepris valablement

toutes les démarches nécessaires pour le prélèvement des échantillons, telles que la nomination des

membres de la police judiciaire et la nomination des auxiliaires de police judiciaire pour le

prélèvement des échantillons. Ces démarches ont été entreprises dans le cadre d’une investigation

pénale au cours de l’année 2008 (comme indiqué par le numéro de dossier : n. 5599/08) et qui a

débouché, le 19 février 2009, dans l’information qui a été faite à l’Athlète de sa mise en examen.

117. Il est donc établi que la requête ainsi que le prélèvement des échantillons de la Poche

n. 18 se sont déroulés dans le cadre d’une investigation conduite par le Parquet de Rome et

non pas par l’UPA-CONI.

L’Article 2 prévoit que : « L’entraide judiciaire pourra être refusée : a) si la demande se

rapporte à des infractions considérées par la partie requise soit comme des infractions politiques,

soit comme des infractions connexes à des infractions politiques, soit comme des infractions

fiscales; b) si la partie requise estime que l’exécution de la demande est de nature à porter atteinte à

la souveraineté, à la sécurité, à l’ordre public ou à d’autres intérêts essentiels de son pays ».

ii. Ordonnance de Révocation

118. Selon l’Athlète, l’Ordonnance de Révocation interdirait à la présente Formation

d’utiliser les résultats des analyses des échantillons provenant de la Poche n. 18 comme moyens de

preuve.

119. Cette affirmation est dénuée de tout fondement dans la mesure où: (i) l’Ordonnance

de Révocation ne peut pas lier la Formation dans l’appréciation des preuves ; et (ii) l’Ordonnance

de Révocation est mal-fondée et a été prise en violation des garanties procédurales.

(A) La portée de l’Ordonnance de Révocation

120. Un principe fondamental de droit international est celui de la territorialité des actes :

les actes étatiques, y compris les jugements, ne peuvent produire d’effets juridiques que dans le

territoire du pays auquel appartient l’autorité qui les a émis, à moins qu’une disposition d’un traité

NOTE A SENTENZA72

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La punibilità di soggetti non tesserati...

prévoit la possibilité de les reconnaître et de les faire exécuter dans un autre pays. En d’autres

termes, « [a]s an act of government [a judgment’s] effects are limited to the territory of the

sovereign whose court rendered the judgement, unless some other state is bound by treaty to give

the judgment effect in its territory, or unless some other state is willing, for reasons of its own, to

give the

22

judgment effect ».

121. L’Ordonnance de Révocation a été prise uniquement le 18 février 2009, c’est-à-dire

après que les échantillons aient été prélevés de la Poche n. 18, aient quitté le territoire espagnol et

aient été analysés par le laboratoire de police italien en date du 2 février 2009.

122. Par conséquent, il faut vérifier si l’Ordonnance de Révocation pouvait produire des

effets juridiques en dehors de l’Espagne en vertu de la Convention de 1959 ou d’autres conventions

concernant la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière pénale. A ce propos :

• Même si l’Etat requis peut refuser de coopérer dans certains cas spécifiquement identifiés

(art. 2), la Convention de 1959 ne prévoit pas la possibilité de révoquer (les effets d’) une procédure

qui est déjà complétée et n’indique pas non plus les effets juridiques des décisions rendues dans le

cadre de la procédure d’entraide judiciaire et adressées aux autorités requérantes. Etant donné qu’il

existe une obligation de coopération découlant de la Convention de 1959, une fois qu’un juge

compétent a autorisé la procédure d’entraide et que l’autre partie a agi sur la base de cette

autorisation, le juge compétent ne peut retirer son autorisation en l’absence de dispositions

22

Hilton v. Guyot, 159 U.S. 113, 163 (1895). Voir aussi BORN, International Civil Litigation in

United States Courts, Kluwer, 1996, « in most circumstances, the judgment of a national court has

no independent authority outside the forum’s territory » (p. 935).

conventionnelles sur ce sujet ou de consentement du pays requérant. Par conséquent, une fois

que la coopération est complétée (avec le prélèvement des échantillons), le Juge d’Instruction n’a

pas de fondement juridique pour révoquer son autorisation.

• Quant aux dispositions concernant la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière

pénale,23 l’Ordonnance de Révocation tombe en dehors du champ d’application des ces

conventions, qui ne concernent que les décisions prononçant une condamnation à l’encontre d’une

personne physique.

NOTE A SENTENZA73

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La punibilità di soggetti non tesserati...

• En tout état de cause, la question des éventuels effets juridiques découlant de la

reconnaissance des décisions ne se pose pas, étant donné que personne n’a demandé la

reconnaissance de l’Ordonnance de Révocation ou de la Décision sur l’Ordonnance de Révocation

en dehors de l’Espagne.

123. Mis à part l’absence d’effets juridiques, il est possible de rappeler que, selon une

jurisprudence constante du TAS, la Formation n’est pas liée par les décisions d’un autre organe

juridictionnel en tant que forum indépendant. En effet, au regard de ses pleins pouvoirs de révision

des faits et du droit, « the Panel is not bound by decisions

24

taken by any other jurisdictional body ». De plus, spécifiquement sur l’admissibilité des

preuves, la Formation « [is] not bound by the rules of evidence and may inform [itself] in such a

manner as the arbitrators think fit ».25

124. En outre, la sentence du TAS dans le cas Caruso, qui se prononça sur les effets des

Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006, a affirmé que la Formation « is not bound by the orders of a

Spanish judge […] Secondly, it is completely unclear what the consequences are of any – alleged –

failure to comply with the judicial order” (para. 9.3). De plus, « [t]he "full power” granted the

deciding Panel under the CAS Code precludes any notion that the Panel must abide by restrictions

on evidence which may or may not have been adduced in previous proceedings before a national or

international disciplinary tribunal.» Enfin, dans une ordonnance délivrée le 22 décembre 2009 dans

les affaires CAS 2007/A/1396 WADA v. RFEC & Alejandro Valverde et CAS 2007/A/1402 UCI v.

RFEC & Alejandro Valverde, la Formation a

23

Voir Décision-cadre 2008/909/JAI du Conseil de l’Union Européenne du 27 novembre 2008

concernant l’application du principe de reconnaissance mutuelle aux jugements en matière pénale

prononçant des peines ou des mesures privatives de liberté aux fins de leur exécution dans l’Union

européenne (Journal officiel n° L 327 du 05/12/2008 p. 27). Cette décisioncadre énonce les règles

selon lesquelles des jugements prononçant des peines ou des mesures privatives de liberté rendus

dans un État membre sont reconnus et exécutés dans un autre État membre. En tout état de cause, ce

texte n’a pas été transposé en Italie ou en Espagne.

24

Voir TAS 2001/A/354, Irish Hockey Association (IHA)/Lithuanian Hockey Federation (LHF)

and International Hockey Federation (FIH), et TAS 2001/A/355, Lithuanian Hockey Federation

NOTE A SENTENZA74

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La punibilità di soggetti non tesserati...

(LHF)/International Hockey Federation (FIH), para. 6 ; et CAS 2002/A/399, P. / Fédération

Internationale de Natation (FINA), para. 13.

25

Voir TAS 2008/A/1574, Nicholas D’Arcy v. Australian Olympic Committee, para. 23.

pris une position similaire, toujours à propos des Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006, en

affirmant que « this Panel does not regard the Serrano-Orders prohibitive for the production and use

of the Operation Puerto documents in this arbitration » (para. 47).

125. Par conséquent, également en vertu de la jurisprudence constante du TAS, la

Formation, se prononçant à l’unanimité, estime que son pouvoir discrétionnaire quant à la

(non-)admissibilité des preuves n’est limitée ni par l’Ordonnance de Révocation, ni par la Décision

sur l’Ordonnance de Révocation.

(B) L’Ordonnance de Révocation est erronée

126. L’Ordonnance de Révocation est par ailleurs fondée sur des interprétations des faits

et du droit incorrectes.

127. En premier lieu, l’Ordonnance de Révocation considère que l’UPA-CONI a participé

seul à la procédure de coopération et ne mentionne pas le rôle du Parquet de Rome. La décision

d’annulation de la commission rogatoire est donc prise sur la base du fait que l’UPA-CONI n’est

pas un organe judiciaire auquel les conventions sur la coopération judiciaire s’appliquent.

Contrairement à l’ordonnance qui avait initialement autorisé la collaboration (faisant référence à la

« Fiscalia de Roma », le Parquet de Rome), l’Ordonnance de Révocation a confondu l’UPA-CONI

et le Parquet de Rome. Or, comme évoqué supra, le Parquet de Rome s’est bien associé à la requête

initiale de l’UPA-CONI et s’est chargé de toutes les procédures relatives au prélèvement des

échantillons dans le cadre de la procédure pénale. D’ailleurs, cette confusion est d’autant plus

surprenante car l’UPA-CONI avait envoyé le « nullaosta » du Parquet de Rome avec une lettre

d’accompagnement expliquant qu’il s’agissait d’une décision de l’Autorité judiciaire pénale

italienne.

128. En deuxième lieu, l’Ordonnance de Révocation fonde également son raisonnement

juridique sur la Convention de 2000 qui, comme cela a été vu supra, n’est pas applicable à une

requête d’entraide judiciaire entre l’Italie et l’Espagne.

129. En troisième lieu, l’Ordonnance de Révocation viole aussi des garanties procédurales

minimales : le Juge d’Instruction n. 31 a adopté cet acte en ne consultant ni l’autre partie à la

coopération (le Parquet de Rome ou même l’UPA-CONI), en violation du principe de collaboration

NOTE A SENTENZA75

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La punibilità di soggetti non tesserati...

qui inspire la Convention, ni le Ministère Public qui avait participé à la procédure de coopération et

avait rendu un avis positif.

130. En quatrième lieu, l’Ordonnance de Révocation se fonde sur le fait qu’en droit

espagnol les moyens de preuve dans une procédure pénale pendante ne peuvent être utilisés dans

une procédure différente concernant des violations autres que celles qui font l’objet de la procédure

pénale. A cet égard, la Formation observe que l’échantillon de la Poche n. 18 a été utilisé par les

instances pénales italiennes afin de procéder à un test ADN pour comparer cet échantillon avec trois

échantillons anonymes prélevés lors du Tour de France 2008. Le CONI n’a fait qu’utiliser le résultat

de ce test ADN entrepris par les instances pénales italiennes, qui a établi une correspondance de 16

marqueurs génétiques entre l’échantillon prélevé sur M. Valverde lors du Tour de France 2008 et

l’échantillon de la Poche n. 18, pour le considérer comme une preuve suffisante d’une violation des

NSA. En tout état de cause, et à titre surabondant, comme il est expliqué ci-après, l’art. 2, alinéa 3

de la loi italienne n. 401/1989 admet que les preuves dans une procédure pénale pendante en Italie

puissent être utilisées à n’importe quel moment dans une procédure sportive, en raison de

l’indépendance de ces procédures.

131. La Formation considère que la Décision sur l’Ordonnance de Révocation de la Cour

d’Appel de Madrid n’apporte aucun élément nouveau, dans la mesure où celle-ci repose son

jugement sur l’observation, que la Formation considère être erronée, que la lettre rogatoire

proviendrait du CONI et non du Parquet de Rome, et sur le principe de droit espagnol de

l’interdiction d’utiliser des preuves provenant d’une procédure pénale pendante dans une autre

procédure. Or, pour les raisons déjà évoquées, la Formation considère que ce principe n’est pas

pertinent dans le cas d’espèce. Enfin, la Formation rappelle le principe de territorialité des actes

nationaux qui empêche, sauf dispositions contraires, que les jugements produisent des effets

juridiques en dehors du territoire national.

iii. Subsidiairement : L’admissibilité des preuves acquises de façon illégitime

132. Même si – contrairement à ce qui vient d’être dit auparavant – les règles relatives à la

coopération judiciaire avaient été violées ou si l’Ordonnance de Révocation pouvait avoir pour effet

de priver de validité l’acquisition des échantillons de la Poche n. 18, la Formation estime qu’elle

serait libre d’apprécier les analyses de la Poche n. 18.

(A) La situation relative aux procédures devant les tribunaux civils étatiques

133. Les conséquences juridiques des preuves obtenues de façon illégitime sont bien

établies par la jurisprudence et la doctrine suisses pour les procédures se déroulant devant les

NOTE A SENTENZA76

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La punibilità di soggetti non tesserati...

tribunaux civils étatiques. En principe, on distingue entre une preuve irrégulière et la preuve illicite.

En substance, est une preuve irrégulière celle qui a été recueillie en violation d’une règle de

procédure dans le cadre de l’enquête (par exemple, un témoin fait un témoignage sans avoir été

instruit sur son droit de refuser de témoigner). Est, en revanche, illicite la preuve qui a été recueillie

en violation d’une autre règle de droit. Dans le cas présent, nous serions, par hypothèse, face à ce

dernier cas de figure.

134. L’ordre juridique interne suisse n’établit pas de principe général selon lequel des

preuves illicites seraient généralement inadmissibles dans une procédure devant les cours civils

étatiques. Au contraire, le Tribunal Fédéral, dans une jurisprudence constante, est d’avis que

l’admissibilité ou la non-admissibilité d’une preuve illicite est le résultat d’une mise en balance de

différents aspects et intérêts juridiques.26 Sont pertinents, par exemple, la nature de la violation,

l’intérêt à la manifestation de la vérité, la difficulté de preuve pour la partie concernée, le

comportement de la victime, les intérêts légitimes des parties et la possibilité d’acquérir les

(mêmes) preuves de façon légitime.27 La doctrine suisse prédominante suit cette jurisprudence du

Tribunal Fédéral.28 L’approche adoptée par le Tribunal Fédéral et la doctrine dominante a, par

ailleurs, été codifiée dans le nouveau CPC suisse (Article 152 alinéa 2), qui entrera en vigueur le

1er janvier 2011.

(B) Pertinence de ces principes pour l’arbitrage international

135. Les principes qui viennent d’être décrits ne constituent qu’une faible source

d’inspiration pour la pratique des tribunaux arbitraux. Certes, l’appréciation par un tribunal arbitral

d’une preuve illicite pourrait (légalement) faire l’objet d’une enquête devant un tribunal étatique

afin de déterminer si elle pourrait constituer une violation de l’ordre public. C’est toutefois ici que

s’arrêtent les points communs. En particulier, l’interdiction de se fonder sur une preuve illicite dans

une procédure étatique ne lie pas en soi un tribunal arbitral. Selon le droit de l’arbitrage

international un tribunal arbitral n’est pas lié par les règles applicables à l’administration de la

preuve devant les tribunaux civils étatiques du siège du tribunal arbitral.29 Comme l’on a vu supra,

le pouvoir discrétionnaire de l’arbitre de décider sur l’admissibilité de la preuve n’est limité que par

l’ordre public procédural. L’utilisation de preuves illicites ne relève par ailleurs pas

automatiquement de l’ordre public suisse, car ce dernier est seulement atteint en présence d’une

contradiction insupportable avec le sentiment de justice, de telle sorte que la décision apparaît

incompatible avec les valeurs reconnues dans un Etat de droit.

NOTE A SENTENZA77

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La punibilità di soggetti non tesserati...

136. La Formation considère, à l’unanimité, que les (présumées) violations des règles

relatives à la coopération judiciaire ne sont pas de nature d’ordre public et ne font donc pas obstacle

à la possibilité pour la Formation d’apprécier le résultat des analyses de la Poche n. 18. La

Formation parvient à ces conclusions après avoir mis en balance les différents intérêts juridiques

concernés. En particulier, la Formation rejette l’idée que les violations alléguées par l’Athlète

constitueraient, même si elles

26

Voir, TF 18.12.1997 – 5C.187/1997 ; 17.2.1999 – 5P.308/1999 et TF 17.12.2009 –

8C_239/2008.

27

Voir, Frank/Sträuli/Messmer, Kommentar zur zürcherischen Zivilprozessordnung, 3. ed. 1997,

vor § 133 ff no.6 ; Vogel/Spühler, Grundriss des Zivilprozessrechts, 9. ed. 2008, 10. Kap. No. 101.

28

Voir, Spühler ZZZ, 2002/2, p. 148 ; Staehelin, Der Beweis im schweizerischen

Zivilprozessrecht, in : Der Beweis im Zivil-und Strafprozess der Bundesrepublik Deutschland,

Österreichs und der Schweiz, Mittelbarer oder unmittelbarer Beweis im Strafprozess, 1996 ; Rüedi,

Materiellrechtswidrig beschaffte Beweismittel im Zivilprozess, 2009, p. 35 ss.

29

Voir, Poudret/Besson, Comparative Law of International Arbitration, 2007, no. 644 : « The

arbitral tribunal is not bound to follow the rules applicable to the taking of evidence before the

courts of the seat ».

étaient avérées, une atteinte insupportable au sentiment de justice et ce, notamment au vu du

comportement du CONI qui n’a – en aucun cas -violé des dispositions relatives à la coopération

judiciaire, mais – au contraire -a obtenu les analyses de la Poche n. 18 en toute conformité avec les

dispositions de la loi italienne n. 401 du 13 décembre 1989. En effet, selon l’art. 2, alinéa 3 de la loi

n. 401/1989, les organismes disciplinaires sportifs peuvent demander une copie des actes de la

procédure pénale, même si l’enquête est encore en cours.

b. Les règles relatives à la protection de la personnalité

137. L’Athlète fait valoir que les règles relatives à la protection de sa personnalité seraient

atteintes si les analyses de la Poche n. 18 étaient admises dans la présente procédure, car les normes

en matière de protection de la vie privée empêcheraient le traitement et la diffusion de données

telles que le profil génétique. Le profil génétique d’une personne est protégé – entre autre – par

NOTE A SENTENZA78

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La punibilità di soggetti non tesserati...

l’Article 28 du Code Civil Suisse (CSS). Il est incontesté que les règles relatives à la protection de

la personnalité, en particulier l’Article 28 CCS font partir de l’ordre public et que cet article peut

imposer des limites au droit de l’administration des preuves. Il est également incontesté que la

personnalité individuelle ne jouit pas d’une protection absolue. Selon l’Article 28 alinéa 2 CCS,

n’est pas considéré comme illicite une atteinte à la personnalité qui est justifiée par le consentement

de la victime, par un intérêt prépondérant privé ou public ou par la loi.

138. La Formation, se prononçant à l’unanimité, estime que l’admission du résultat des

analyses de la Poche n. 18 dans la présente procédure ne saurait être qualifiée d’atteinte illicite à la

personnalité de l’Athlète. En premier lieu, un consentement préalable de l’Athlète pour analyser

l’échantillon était impossible à obtenir car la correspondance du contenu de la Poche n. 18 avec

l’Athlète était inconnue à l’époque. En plus, la Formation considère qu’un consentement préalable

n’était pas nécessaire, car l’analyse dans le cadre de la procédure pénale était justifiée par la loi

italienne. La Poche n. 18 a été analysée par les autorités pénales italiennes, qui l’ont obtenue sur la

base des règles relatives à la coopération judiciaire avec les autorités espagnoles. L’analyse a été

ordonnée par le Parquet de Rome dans le cadre d’une investigation pénale. Le CONI, pour sa part a

obtenu le résultat des analyses de la Poche n. 18 en toute conformité avec les règles de la loi

italienne n. 401 du 13 décembre 1989.

139. Finalement, la Formation considère qu’une quelconque atteinte à la personnalité de

l’Athlète serait aussi justifiée par un intérêt prépondérant. Peut constituer un intérêt prépondérant,

tant un intérêt de nature privé que public.30 Le Tribunal Fédéral a décidé – par exemple -que

l’intérêt d’une compagnie d’assurance à détecter une escroquerie à l’assurance (grâce aux

observations d’un détective privé) est digne de protection et peut justifier l’atteinte à la personnalité

de l’assuré.31 Dans le cas d’espèce la Formation considère qu’une lutte efficace contre le dopage

constitue en

30

Aebi-Müller, in Handkommentar zum Schweizer Privatrecht, 2007, Art. 28 no. 32; Meili, in

Basler Kommentar zum ZGB, 3ème ed., Art. 28 no. 46.

31

ATF 129 V 323 E 3.3.3.

tout état de cause non seulement un intérêt privé de l’association mais aussi un intérêt public.

Cela est également mis en évidence par des Conventions, dont la Suisse est état contractant.32

L’intérêt de lutter contre le dopage est – selon l’opinion unanime de la Formation – dans le cas

NOTE A SENTENZA79

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La punibilità di soggetti non tesserati...

d’espèce prépondérant à celui de l’athlète à ne pas voir les analyses effectuées dans le cadre d’une

enquête pénale transmise à une autorité sportive compétente.

3. Les échantillons prélevés lors du Tour de France

140. L’Athlète conteste le droit du CONI d’utiliser le sang prélevé le 21 juillet 2008 lors

du Tour de France à des fins de test ADN. L’Athlète a deux objections principales concernant

l’utilisation de son échantillon sanguin. Premièrement, le sang prélevé lors du Tour de France 2008

ne pourrait être utilisé que pour déterminer si l’Athlète a commis une infraction liée au dopage lors

de cette compétition, à l’exclusion de toute autre utilisation. Deuxièmement, la conservation de

l’échantillon sanguin de l’Athlète prélevé lors du Tour de France de 2008 serait une violation de la

protection de la vie privée garantie par le droit italien ainsi que par la CEDH. Selon l’Athlète, cela

prouverait que cet échantillon n’est pas recevable en tant qu’élément de preuve dans cette

procédure.

141. La Formation rejette la première objection de l’Athlète. A l’occasion du Tour de

France 2008, l’Athlète a signé un formulaire standard concernant le prélèvement d’échantillons par

le CONI. Il a déjà été relevé que ce formulaire n’imposait aucune restriction sur l’utilisation que le

CONI pouvait faire de cet échantillon après le prélèvement. En revanche, le formulaire mentionnait

que l’échantillon serait soumis aux règles antidopage applicables (en l’espèce, celles du CONI). Les

NSA applicables restreignent l’utilisation par celui-ci des échantillons biologiques prélevés sur les

athlètes, interdisant au CONI d’utiliser les échantillons biologiques à des fins autres que la

recherche de substances interdites ou l’existence de méthodes interdites (voir Article 6 des NSA

dans leur version approuvée le 23 janvier 2008 et applicable à l’époque des faits, faisant référence à

l’art. 6.2. du CMA de 2003). Etant donné que l’échantillon prélevé lors du Tour de France 2008 a

servi à comparer l’ADN de l’Athlète avec l’ADN contenu dans la Poche n. 18, et ce afin de

confirmer le recours à une méthode interdite, l’utilisation de l’échantillon prélevé lors du Tour de

France 2008 ne s’écartait pas des utilisations autorisées par les NSA, de sorte que cette objection de

l’Athlète doit être rejetée.

142. La Formation doit également rejeter la seconde objection de l’Athlète. Le délai de

prescription prévu par l’art. 5.2.2.6 du Standard International pour les laboratoires en vigueur aux

moments des faits est de huit ans. Aucune disposition n’impose la destruction des échantillons après

leur utilisation et avant l’expiration du délai de prescription. Plus généralement, les lignes

directrices de l’AMA concernant la gestion des résultats n’excluent pas la possibilité de procéder à

de nouveaux tests sur les échantillons au cours du délai de prescription de huit ans (Article 2.4). Il

NOTE A SENTENZA80

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La punibilità di soggetti non tesserati...

est constant que la lutte contre le dopage sportif serait perturbée par la reconnaissance du droit des

athlètes de faire détruire leurs échantillons après un test négatif – la destruction

Convention contre le dopage du Conseil de l’Europe no. 135, Convention internationale

contre le dopage dans le sport de l’UNESCO.

empêcherait en effet (i) l’établissement de profils biologiques satisfaisants et (ii) la détection

de substances de dopage nouvelles et innovantes et de méthodes inconnues des autorités de lutte

antidopage à l’époque du test.

143. En tout état de cause, l’échantillon de sang a été utilisé par les autorités pénales

italiennes, et non par le CONI. En effet, l’analyse ADN a été effectuée par le Service de la Police

Scientifique – Section de Génétique Médico-Légale, à la demande du Parquet de Rome. Or,

l’investigation de la part des autorités pénales italiennes ne saurait être limitée par une quelconque

restriction établie par une autorité sportive sur l’utilisation de moyens de preuve, tels que

l’échantillon de sang prélevé le 21 juillet 2008 lors du Tour de France (Articles 192 et 193 du code

de procédure pénale). Le CONI n’a fait qu’utiliser le résultat de cette analyse, établissant

l’appartenance du contenu de la Poche n. 18 à l’Athlète, conformément à l’art. 2, alinéa 3 de la loi

n. 401/1989, selon lequel les organismes disciplinaires sportifs peuvent utiliser tous les actes de la

procédure pénale, même si celle-ci est encore en cours.

144. Quant à la prétendue violation des normes sur la protection de la vie privée découlant

de l’absence de consentement lors de l’analyse, l’art. 53 du Code italien sur la protection de donnés

personnelles (d. lgs. 30 juin 2003, n. 196) prévoit que le traitement des données privées par la police

lors d’une investigation pénale ne requiert pas le consentement de l’intéressé.33

145. Or, étant donné que l’analyse a été ordonnée par le Parquet de Rome dans le cadre

d’une investigation pénale, le traitement des échantillons prélevés lors du Tour de France sans le

consentement explicite de l’Athlète ne peut constituer une violation des normes applicables en

matière de protection de la vie privée.

146. Ce Tribunal ne se prononce pas sur l’applicabilité de l’Article 8 de la Convention

Européenne des Droits de l’Homme (« CEDH »), qui contient le droit au respect de la vie privée.

Toutefois, à supposer que cet article soit applicable, le Tribunal n’hésiterait pas à conclure que la

conservation par le CONI des échantillons biologiques de l’Athlète après le test initial et pour une

durée de huit ans est justifiée par la nécessité de protéger la santé et la morale, comme cela est

prévu à l’art. 8, alinéa 2, de la CEDH.

NOTE A SENTENZA81

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La punibilità di soggetti non tesserati...

147. Par conséquent, l’échantillon sanguin prélevé lors du Tour de France de 2008 est un

élément de preuve recevable aux fins de la procédure.

4. Les documents issus de la procédure pénale espagnole

148. L’Athlète a fait valoir que les documents issus de la procédure pénale espagnole ne

pourraient pas être utilisés dans le cadre de la procédure sportive italienne, conformément aux

Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006. Comme il a été expliqué supra quant à l’Ordonnance de

Révocation, les Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006 ne lient pas la présente Formation en relation

avec ces moyens de preuve.

Voir aussi la décision de l’Autorité italienne sur la protection de la vie privée du 5 novembre

2003 n. 1053828.

F. L’APPRECIATION DES PREUVES

149. Selon l’Athlète, les preuves présentées n’ont pas de force probatoire. En particulier

l’Athlète se prévaut des faits suivants :

• Les analyses des échantillons de la Poche n. 18 ne sauraient être pertinentes en raison de la

conservation de la chaîne de garde ;

• le CONI n’aurait pas établi le maintien d’une chaîne de garde de l’échantillon sanguin du

Tour de France 2008 et cela prouverait que l’intégrité de l’échantillon ne peut être garantie ;

• Les analyses du Laboratoire de Barcelone qui ont révélé la présence d’EPO dans la Poche n.

18 ne seraient pas valables, car le Laboratoire n’est pas agréé pour traiter le dépistage d’EPO dans

le sang et l’Athlète n’aurait pas pu demander de contre-analyse ;

• Les déclarations de M. Manzano seraient contradictoires et auraient fait l’objet d’une

enquête de la part de la justice espagnole, qui aurait décidé de classer le dossier ;

• La carte de visite retrouvée sur le Dr. Fuentes ne constituerait pas une preuve d’un lien avec

l’Athlète.

150. Les intimés ont contesté ces arguments en faisant valoir que :

• Les analyses du Laboratoire de Barcelone démontreraient la présence d’EPO dans la Poche

n. 18 et une contre-analyse ne serait pas requise dans un contexte tel que le cas d’espèce ;

• Les déclarations de M. Manzano seraient fiables et auraient été confirmées par les

développements ultérieurs de l’Opération Puerto ;

• La carte de visite démontrerait que l’Athlète avait eu des contacts avec le Dr. Fuentes.

NOTE A SENTENZA82

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La punibilità di soggetti non tesserati...

151. Selon l’Article 184 alinéa 1 LDIP, la Formation arbitrale n’a pas seulement le

pouvoir de statuer sur l’admissibilité des preuves mais également sur leur pertinence.34

1. La chaîne de garde entre la saisie des poches par la Garde Civile espagnole et la

livraison des poches au Laboratoire de Barcelone

152. Alors que l’Athlète a reconnu à l’audience ne pas avoir de réserve sur la chaîne de

garde entre le Laboratoire de Barcelone et le laboratoire de Rome, il a néanmoins contesté la

régularité de la chaîne de garde pour la période précédente, celle comprise

Voir Rigozzi, Arbitrage International, 2006, no. 478.

entre la saisie des poches par la Garde Civile espagnole et la livraison des poches au

Laboratoire de Barcelone. En particulier, l’Athlète a contesté les modalités d’envoi des poches, qui

seraient arrivées en nombre inférieur au Laboratoire de Barcelone (qui aurait reçu que 99 poches au

lieu des 100 envoyées par la Garde Civile) et seulement le jour après la réception des poches par le

courrier privé, ce qui ne permettrait pas d’exclure la possibilité qu’elles aient été manipulées.

153. Or, cette Formation estime que les contestations à cet égard sont mal-fondées : la

Garde Civile a agi sous la direction stricte du juge en charge de l’enquête et a envoyé 99 poches de

plasma au Laboratoire de Barcelone par courrier privé en prenant les garanties nécessaires à leur

conservation, et le Laboratoire de Barcelone n’a soulevé aucune objection quant à la conservation

correcte des échantillons. De plus, comme expliqué ci-après, l’envoi d’échantillons par courrier

privé est expressément admis par les lignes directrices de l’AMA sur la gestion des échantillons de

sang, qui n’imposent pas un temps maximal pour le transport des échantillons (mais recommandent

simplement un temps de 24 heures pour la livraison au laboratoire, voir paragraphe

5.13.10 des lignes directrices actuellement en vigueur). Enfin, la différence entre le nombre de

poches lors de la réception au Laboratoire de Barcelone et lors de l’envoi s’explique par le fait

qu’un sac avait été compté deux fois lors de l’envoi.

154. Par conséquent, la Formation estime que la chaîne de garde des poches saisies par la

Garde Civile et, en particulier, de la Poche n. 18 est également valide pour la période allant de la

saisie par la Garde Civile jusqu’au Laboratoire de Barcelone.

155. Par ailleurs, pour ce qui est des tests ADN, qui recherchent une empreinte génétique,

spécifique à chaque individu, la Formation observe, comme l’ont d’ailleurs confirmé les experts,

Dr. Caglia et Dr. Castella lors de l’audience, que les conditions de la chaîne de garde (par opposition

à la continuité de la chaîne elle-même) ne sont pas aussi importantes que pour déceler la présence

de substances interdites dans le sang. Ceci est confirmé par le fait que les tests ADN sont souvent

NOTE A SENTENZA83

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La punibilità di soggetti non tesserati...

utilisés en matière pénale pour résoudre des crimes, et plus récemment, en matière archéologique,

par exemple, afin de déterminer la généalogie de certains pharaons, où les preuves ADN sont

préservées dans des conditions bien plus précaires. De plus, la chaîne de garde n’a, en l’espèce,

évidemment pas modifié le profil génétique de la Poche n. 18, puisque l’analyse effectuée par le

Service de la Police Scientifique – Section de Génétique Médico-Légale a permis d’établir une

correspondance de 16 marqueurs génétiques entre la Poche n. 18 et l’échantillon prélevé sur

l’Athlète lors du Tour de France 2008.

2. Les échantillons prélevés lors du Tour de France

156. L’Athlète conteste la force probatoire de l’analyse du sang prélevé le 21 juillet 2008

lors du Tour de France. L’Athlète fait valoir que le CONI n’aurait pas établi le maintien d’une

chaîne de garde de l’échantillon sanguin du Tour de France 2008 alors que cela était nécessaire afin

de convaincre le Tribunal que l’échantillon n’avait pas été contaminé notamment lors de

l’administration des tests de contrôle antidopage en 2008. Selon l’Athlète, cela prouverait que

l’intégrité de l’échantillon ne peut être garantie.

157. La Formation rejette cette objection à l’unanimité. Malgré les efforts de l’Athlète,

aucune preuve crédible n’a été apportée permettant de faire naître un doute crédible quant à la

préservation d’une chaîne de garde de l’échantillon sanguin prélevé lors du Tour de France 2008.

En particulier, l’échantillon a été envoyé au laboratoire antidopage de Rome en respectant les

procédures d’emballage et d’identification applicables (voir les « Guidelines for blood sample

collection » dans la version de juin 2008).35 Le laboratoire n’a soulevé aucune objection quant à la

conservation des échantillons (comme il était tenu de le faire en cas d’irrégularité). Le fait que les

échantillons aient été confiés à une entreprise de transport est spécifiquement admis par les lignes

directrices susmentionnées et ne peut donc pas être critiqué (selon le paragraphe 5.14.3 « [s]amples

may be taken directly to the Laboratory by the DCO, or handed over to a third party for

transportation. This third party must document the chain of custody of the samples. If an approved

courier company is used to transport the samples, the DCO shall record the waybill number »). De

plus, même si d’autres échantillons peuvent avoir subi des dommages lors du transport, ceci ne peut

avoir aucune influence sur la conservation des échantillons prélevés lors du Tour de France de 2008,

qui sont arrivés scellés et intègres au laboratoire antidopage de Rome.

3. La crédibilité de l’analyse ADN

158. L’Athlète cherche également à mettre en doute la crédibilité de l’analyse ADN

opérée par le laboratoire médico-légal. Cette affirmation n’est cependant soutenue par aucune

NOTE A SENTENZA84

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La punibilità di soggetti non tesserati...

preuve crédible et constitue par conséquent une simple spéculation.36 En effet, la défense de

l’Athlète n’a pas apporté d’élément permettant de douter de la fiabilité des résultats de l’analyse de

l’ADN. En particulier, les déclarations de la Dr. Caglia et du Dr. Castella lors de l’audience ont

confirmé le traitement et l’analyse corrects des échantillons, en clarifiant que le traitement manuel

(plutôt que mécanique) des échantillons n’a pas de conséquences sur la fiabilité des résultats et que

les conditions de conservation n’affectent pas les résultats des tests ADN.

4. La correspondance du profil ADN

159. En février 2009, le Service de Police Scientifique – Section Génétique Médico-

Légale a confirmé la correspondance entre l’ADN contenu dans la Poche n. 18 et l’un des trois

échantillons anonymes mais différents prélevés sur des athlètes au cours du Tour

35

Selon le document indiquant la chaîne de garde, l’échantillon a été prélevé à 23:00 le 21

juillet 2008. Il a quitté l’hôtel à 23:40, pour être transporté à Bra, où il est arrivé à 00:15, le 22

juillet 2008, et a été confié au courier privé pour l’acheminement vers Rome à 00.45, le 22 juillet

2008.

36

Voir CAS 2006/A/1067 IRB c. Keyter.

de France le 21 juillet 2008. Peu après, le CONI a confirmé que l’échantillon correspondant et

identifié par le laboratoire de police appartenait à l’Athlète.

160. En plus de son objection à la recevabilité des éléments de preuve physiques sous-

jacents, l’Athlète conteste la recevabilité des résultats de l’analyse ADN en tant qu’éléments de

preuve. L’Athlète affirme que cela constituerait une violation de ses droits en tant que sportif, étant

donné qu’il n’a pas été autorisé à demander l’analyse d’un échantillon B.

161. La Formation rejette cet argument. L’analyse d’un échantillon B est requise en cas de

violation supposée des normes en matière d’utilisation d’une substance interdite et non pas pour

celles concernant l’usage, ou la tentative d’usage, d’une méthode interdite, comme dans le cas

d’espèce. Cette conclusion est justifiée aussi par la fiabilité du test ADN et s’appuie sur les NSA

applicables, qui font référence au CMA, distinguant -d’une part -la violation pour présence d’une

substance interdite (éventuellement confirmée par l’analyse de l’échantillon B) et -d’autre part -la

violation pour usage d’une méthode interdite, qui ne prévoit pas nécessairement la présence d’une

substance interdite dans le sang de l’athlète. D’ailleurs, cette distinction est reproduite encore plus

NOTE A SENTENZA85

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La punibilità di soggetti non tesserati...

clairement dans la version du CMA actuellement en vigueur (entrée en vigueur le 1er janvier

2009).37

162. Se prononçant à l’unanimité, la Formation accepte donc la conclusion de l’analyse ADN

selon laquelle le sang contenu dans la Poche n. 18 correspond à l’échantillon sanguin fourni par

l’Athlète lors du Tour de France de 2008. D’autres Formations du TAS ont déjà reconnu qu’ « étant

donné qu’un profil génétique n’appartient qu’à un

38

individu, il ne peut être falsifié ». Cet élément de preuve est admissible et de grande qualité, il

démontre que l’Athlète a commis certains agissements dont le fait de laisser le Dr. Fuentes accéder

à son sang. L’Athlète n’a fourni aucune autre raison alternative et légitime quant à la possession de

son sang par le Dr. Fuentes.

163. Enfin, la Formation tient à rappeler que le CONI ne s’est référé qu’aux résultats de

l’analyse ADN entreprise par les autorités pénales italiennes à la demande du Parquet de Rome, que

le CONI a reçus sur base de la loi italienne en matière d’échanges d’informations entre autorités

judiciaires et sportives.

37

Voir, en particulier, l’Article 2.1.2 : “La violation d’une règle antidopage en vertu de l’article

2.1 est établie dans les cas suivants : présence d’une substance interdite ou de ses métabolites

ou marqueurs dans l’échantillon A du sportif lorsque le sportif renonce à l’analyse de l’échantillon

B et que l’échantillon B n’est pas analysé; ou, lorsque l’échantillon B est analysé, confirmation, par

l’analyse de l’échantillon B, de la présence de la substance interdite ou de ses métabolites ou

marqueurs décelés dans l’échantillon A du sportif.”

38

Affaires jointes CAS 2008/A/1718-1724 IAAF c. All Russia Athletic Federation & Others,

décision du 18 novembre 2009, para. 179.

5. Remarques finales sur la preuve d’une violation des règles relatives au dopage par le

recours ou à la tentative de recours à une méthode interdite

164. A la lumière des éléments de preuve examinés ci-dessus, la Formation parvient à la

conclusion que le CONI a établi au-delà de ce qui est exigé la recevabilité des preuves relatives au

recours ou à la tentative de recours de l’Athlète à une méthode interdite.

165. L’identification d’un plasma correspondant à l’ADN de l’Athlète suffit à prouver la

tentative de recours à une méthode interdite. Comme cela a été expliqué à l’audience, le plasma

NOTE A SENTENZA86

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La punibilità di soggetti non tesserati...

peut être utilisé pour influer sur les niveaux d’hématocrites, ce qui constitue une technique de

dopage sanguin. Il est donc possible d’en conclure que le plasma était destiné à être utilisé pour des

pratiques de dopage sanguin. Il ressort de l’audience que la quantité de plasma trouvée dans la

poche est incompatible avec l’hypothèse d’une extraction ou collecte involontaire provenant

d’échantillons plus petits. Dès lors, la Formation peut en déduire que l’Athlète a donné son accord à

cette extraction, en vue de sa réinjection à des fins de dopage. Le Dr. Fuentes et d’autres athlètes ont

admis avoir utilisé des techniques de dopage sanguin par le biais de réinjections de sang et de

plasma.

166. De plus, l’Athlète n’a proposé aucune justification pour expliquer pourquoi son sang

avait été retrouvé dans le laboratoire du Dr Fuentes.

167. En tout état de cause, dans les circonstances de l’espèce, le simple prélèvement de

sang pour usage non-thérapeutique est interdit et constitue une violation des NSA du CONI (qui

transpose les règles contenues dans le CMA), au moins sur le fondement de la prohibition des

tentatives d’usage d’une méthode interdite.

168. La Formation conclut que le résultat du test ADN suffit à prouver de manière

satisfaisante que M. Valverde a -à tout le moins -essayé de se livrer à des pratiques de dopage

interdites. Les considérations qui suivent sur le faisceau d’indices graves, précis et concordants

quant à la participation du M. Valverde au réseau du dopage clandestin du Dr. Fuentes confirment

ces conclusions et attestent que M. Valverde a commis une violation aux règles antidopage.

6. Présence de l’EPO

169. Au début de la procédure engagée contre l’Athlète pour recours à une méthode

interdite, l’UPA-CONI a appris que la Poche n. 18, qui a été identifiée comme provenant de

l’Athlète, a également été testée positive à la présence d’EPO en 2006. Sur la base de cette

information, l’UPA-CONI a ensuite mis en accusation l’Athlète pour usage de substance interdite,

ce que le TNA a confirmé dans sa Décision.

170. L’appel de l’Athlète se fonde sur l’allégation selon laquelle le Laboratoire de

Barcelone ayant examiné la Poche n. 18 n’était pas agréé pour effectuer cette analyse. De plus,

l’EPO en question aurait été retrouvé dans le contenu d’une poche contenant du plasma, et

l’ingestion d’EPO par le biais d’une transfusion de plasma ne permettrait pas d’améliorer les

performances. L’Athlète fait également référence à son casier vierge de toute infraction de dopage

et conteste l’impossibilité de faire réaliser une analyse de l’échantillon B du plasma.

NOTE A SENTENZA87

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La punibilità di soggetti non tesserati...

171. A cet égard, au vu des conclusions finales de cette sentence et du dispositif de la

Décision, la Formation, se prononçant à l’unanimité, estime qu’il n’est pas nécessaire de poursuivre

l’examen de cette question, dans la mesure où cela n’affecterait pas la sanction infligée à l’Athlète.

172. Toutefois, la Formation souligne que la présence d’EPO dans la Poche n. 18 est un

indice qui renforce la conclusion, déjà établie de manière autonome, que cette poche était destinée à

être utilisée à des fins de dopage. A cet égard, la Formation souligne que l’Athlète n’a pas apporté

d’élément permettant de douter de la fiabilité de l’analyse effectuée par le Laboratoire de

Barcelone. En effet, il ressort de l’audience qu’à l’époque de l’analyse par le Laboratoire de

Barcelone, les procédures d’analyse (« Technical Document ») en vigueur concernaient

exclusivement le dépistage de l’EPO dans les urines, et non dans le sang (voir « WADA Technical

Document TD2004EPO »). Le fait que d’autres standards aient été développés par la suite pour

l’analyse d’échantillons de sang ne peut pas avoir d’influence sur la fiabilité d’un test préalable,39

d’autant plus que – comme cela a été expliqué par les experts lors de l’audience – le test de

dépistage de l’EPO ne donne pas lieu à de faux positifs (c’est-à-dire des résultats positifs à tort),

ceci indépendamment des circonstances d’analyse et de conservation.

7. Autres moyens de preuves

a. Les documents issus de la procédure pénale espagnole : le Rapport n. 116, ses

annexes et la carte de visite retrouvée sur le Dr. Fuentes

173. L’Athlète a fait valoir que les documents issus de la procédure pénale espagnole ne

seraient pas suffisants pour établir un lien entre M. Valverde et le Dr. Fuentes.

174. Quant aux contestations ponctuelles relatives aux documents, on observe ce qui suit :

• Le Rapport n. 116 : L’Athlète a contesté la provenance et l’authenticité de ce document. Or,

comme il résulte du dossier, le Rapport n. 116 a été obtenu légitimement par le CONI de la part de

l’UCI (qui elle-même l’avait reçu de la RFEC) et du Juge d’Instruction n. 31, qui l’a transmis au

CONI après avoir adopté les Ordonnances du 3 et 10 octobre 2006. D’ailleurs, comme il a été

démontré par les intimés, l’information et les documents sont connus du grand public. En effet, des

extraits du Rapport n. 116 sont consultables sur Internet. Les contestations relatives à l’absence

d’authentification des documents par l’autorité judiciaire ou policière compétente sont mal-fondées,

car

Voir, p. ex. CAS 2009/A/1912 Claudia Pechstein v. International Skating Union.

l’authenticité des documents a été reconnue par un officier de la Garde Civile qui en était

l’auteur.

NOTE A SENTENZA88

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La punibilità di soggetti non tesserati...

• L’alias « Valv. (Piti) » et le numéro « 18 »: Comme déjà mentionné supra, dans le Rapport n.

116, l’alias « Valv. (Piti) » et du numéro « 18 » sont présents dans les tableaux se référant au

contenu d’un des congélateurs utilisés pour stocker les poches de sang (documents n. 114 et 116 du

Rapport n. 116). De plus, on trouve un « R » pour l’athlète n. 18 sur le calendrier de l’année 2005

(au jour du 7 avril 2005) utilisé par le Dr. Fuentes faisant partie du dossier pénal. Le symbole « R »

-dans le système chiffré du Dr. Fuentes indiquerait l’administration d’une ré-injection.

La défense de l’Athlète a contesté l’association entre ces codes chiffrés et M. Valverde :

l’article paru dans la revue « AS » le 23 juin 2006 (« Un día con Valverde ») indiquant que Valverde

possédait un chien nommé « Piti » ne serait pas fiable car il aurait été écrit après le déclenchement

du scandale Opération Puerto, quand le nom de l’Athlète était déjà paru dans la presse. Comme

confirmé par l’Athlète lors de son audition personnelle, M. Valverde n’aurait jamais été le

propriétaire d’un chien nommé « Piti » et ne serait pas l’athlète identifié sous le numéro « 18 ».

Ceci serait confirmé par le fait qu’au jour marqué dans le calendrier du Dr. Fuentes avec un «

R » pour l’athlète n. 18 (7 avril 2005), Valverde a participé à la course « Vuelta Ciclistica Al Pais

Vasco », où il s’est soumis à un contrôle antidopage dont le résultat a été négatif. De plus, le

calendrier du Dr Fuentes ne serait pas fiable car il n’y aurait pas de symbole « E » pour l’athlète n.

18 indiquant une extraction de sang qui aurait dû nécessairement précéder la réinjection d’environ

un mois. M. Arrieta, un cycliste qui partageait la chambre d’hôtel avec M. Valverde lors de la

compétition « Vuelta Ciclistica Al Pais Vasco », aurait confirmé que M. Valverde ne s’était pas

soumis à une réinjection le 7 avril 2005 et que, comme cela est habituel chez les cyclistes,

M. Valverde laissait toujours la porte de sa chambre d’hôtel ouverte, ce qui serait

incompatible avec le projet de dissimuler des pratiques de dopage clandestin.

Enfin, les documents du dossier de l’Opération Puerto démontreraient que l’athlète n. 18 ne

serait pas M. Valverde, mais M. Angelo Vicioso.

Ces contestations ne sont pas suffisantes : M. Enrique Iglesias, auteur de l’article de la revue «

AS » indiquant que M. Valverde avait une chienne qu’il appelait « Piti », a confirmé ce fait lors de

son audition devant la Formation. Toute question relative à la période d’écriture de l’article est donc

hors de propos, d’autant plus que, comme l’a déclaré M. Iglesias, l’article a été publié avant que la

présence de l’alias « Piti » dans le dossier de l’Opération Puerto ne soit connue du grand public. De

plus, d’autres articles versés au dossier confirment que M. Valverde a été propriétaire d’un chien

nommé « Piti » : dans une interview datée du 16 décembre 2006, M. Valverde confirme posséder un

NOTE A SENTENZA89

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La punibilità di soggetti non tesserati...

chien appelé « Piti » qu’il avait acheté en 2005 (voir pièce 40 – UCI) et, également, dans un article

daté du 1 juin 2007 (voir pièce 6 – CONI),

M. Valverde admet posséder un chien nommé « Piti ». Enfin, M. Manzano a également

confirmé que M. Valverde était propriétaire d’un chien nommé « Piti » en 2002-2003 (c’est-à-dire

bien avant la publication des articles ou le déclenchement de l’enquête « Opération Puerto ») et

qu’il y faisait souvent référence dans les conversations avec les autres coureurs et avec sa femme.

Quant à la ré-injection, il résulte du dossier, et M. Manzano l’a confirmé lors de l’audience,

que le Dr. Fuentes allait rendre visite aux athlètes lors des compétitions (pour des injections de

substances interdites aussi bien que pour des réinjections) et que les réinjections étaient pratiquées

lors des compétitions. Donc, le fait que M. Valverde participait à une compétition le 7 avril 2005

renforce, plutôt qu’il n’exclut, la possibilité que le Dr. Fuentes lui ait réinjecté du sang à des fins de

dopage à cette date. A ce propos, le résultat négatif du contrôle n’exclut pas nécessairement

l’existence d’une réinjection, qui a comme caractéristique de ne pas être détectable, surtout lors

d’un contrôle urinaire. Quant à l’absence d’un symbole indiquant l’extraction du sang, M. Manzano

a déclaré que le symbole « R » ne devait pas toujours suivre le symbole « E » car le plan de

traitement était modifié fréquemment. Donc, le symbole « E » pouvait être absent dans les versions

successives du planning et, comme l’a rappelé M. Batista de la Garde Civile lors de l’audience, du

sang (ou du plasma) congelé peut être réinjecté longtemps après avoir été prélevé. De plus, compte

tenu du temps relativement bref nécessaire pour pratiquer une réinjection et du fait que M. Arrieta

n’a pas été en compagnie de M. Valverde sans interruption pendant toute la journée, les déclarations

de M. Arrieta ne suffisent pas à exclure la possibilité qu’une réinjection ait eu lieu le 7 avril 2005.

Enfin, la pratique de laisser la porte d’hôtel ouverte n’est pas nécessairement incompatible avec des

pratiques de dopage, surtout si – comme cela apparaît des déclarations de M. Manzano – ces

pratiques de dopage sembleraient être généralisées dans ce milieu.

Quant à la prétendue identification de M. Vicioso comme l’athlète n. 18 dans le code du Dr

Fuentes, comme cela a été souligné lors de l’audience, les documents du dossier de l’Opération

Puerto précisent que M. Vicioso était bien l’athlète identifié avec le n. 16, et non pas le n. 18 (qui ne

serait que le numéro du classeur du dossier contenant les documents qui mentionnent M. Vicioso).

• Carte de visite : l’Athlète a contesté que le nom « Valverde » figurant au dos d’une carte de

visite retrouvée sur le Dr. Fuentes lors de son arrestation puisse faire référence à M. Valverde et que,

en tout état de cause, le simple fait de retrouver une carte de visite ne permettrait pas d’associer

automatiquement une personne aux activités de dopage du Dr. Fuentes (par exemple, le Dr Fuentes

NOTE A SENTENZA90

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La punibilità di soggetti non tesserati...

était aussi en possession de la carte de visite d’autres personnes, ne faisant clairement pas partie du

réseau de dopage du Dr Fuentes).

La Formation estime que le fait d’avoir retrouvé cette carte de visite a pour effet, en sus des

indices surabondants et autres moyens de preuve, de laisser raisonnablement penser que c’est bien

l’Athlète qui est mentionné sur la liste au dos de la carte. D’ailleurs, le nom « Valverde » figure

dans une liste de pseudonymes annotés à la main, ce qui est tout à fait différent d’une carte de visite

échangée, par exemple, lors d’un rendez-vous.

175. En conclusion, la Formation, se prononçant à l’unanimité, estime que les documents

de l’Opération Puerto fournissent -à titre surabondant par rapport à l’analyse ADN un faisceau

d’indices graves, précis et concordants attestant que M. Valverde s’est livré à des pratiques de

dopage avec l’aide du Dr. Fuentes.

176. En particulier, il ressort des documents de l’Opération Puerto que, comme c’était le

cas d’autres athlètes (par exemple, Jörg Jaksche), l’alias « Piti » faisait référence à l’animal

domestique de M. Valverde, comme laisse aussi penser l’abréviation « Valv. » qui l’accompagne. M.

Valverde est donc l’athlète identifié avec le numéro 18 dans les documents du Dr. Fuentes, y

compris dans le calendrier mentionnant une réinjection pour le 7 avril 2005. Compte tenu de ces

circonstances, il est également raisonnable de conclure que le nom « Valverde » au dos de la carte

de visite retrouvée sur le Dr Fuentes faisait référence à l’Athlète.

b. Déclarations de M. Jesus Manzano

177. Enfin, la Formation ne peut ignorer les déclarations de M. Manzano, ancien membre

de l’équipe à laquelle M. Valverde appartenait (Kelme), qui a affirmé que M. Valverde se livrait à

des pratiques de dopage.

178. En particulier, M. Manzano a déclaré que chaque coureur de l’équipe Kelme (y

inclus

M. Valverde) recevait un programme de traitement médical dopant selon son propre calendrier

sportif, qui comportait l’usage de substances dopantes telles que l’EPO et la testostérone. Les

injections étaient faites directement par le Dr Fuentes pendant les compétitions (dans les chambres

d’hôtel ou les athlètes logeaient), ou bien les athlètes (dont M. Valverde) recevaient des seringues

pré-remplies pour effectuer les injections à domicile pendant l’entraînement. Selon M. Manzano, M.

Valverde aurait reçu des injections de substances dopantes (telle que l’EPO) à plusieurs occasions

(par exemple, lorsque les coureurs étaient en entraînement à Alicante). De plus, a l’occasion de la

Vuelta d’Espagne de 2003, les coureurs (dont M. Valverde) auraient aussi reçu des « patch » de

NOTE A SENTENZA91

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La punibilità di soggetti non tesserati...

testostérone qu’ils devaient porter pour une période de temps déterminée (2 heures) afin d’éviter un

test positif lors des contrôles antidopage.

179. Quant aux extractions de sang à des fins de réinjection, M. Manzano a déclaré qu’en

général deux poches d’un demi-litre de sang étaient extraites avant les compétitions principales afin

de réinjecter le sang à mi-compétition ou quand le taux d’hématocrite baissait de manière trop

importante. Le plasma était aussi réinjecté même si la procédure de traitement était plus complexe

et coûteuse. En particulier, il a déclaré qu’une extraction de sang avait eu lieu à la clinique du Dr.

Merino (un des membres du réseau de dopage du Dr. Fuentes) avec M. Valverde et les autres

membres de l’équipe qui étaient censés participer à la Vuelta d’Espagne de 2003.

180. De plus, M. Manzano a indiqué que les athlètes, y inclus M. Valverde, « devaient »

se soumettre aux pratiques de dopage et que « c’était une situation de dopage généralisée, donc si

on ne faisait pas ça on nous mettait dehors ».

181. La présente Formation n’a pas de raison de douter de la véracité des propos tenus par

M. Manzano, qui sont corroborées par les déclarations et aveux du Dr. Fuentes et par les

autres affaires liées à l’Opération Puerto, qui ont donné lieu à sanction, auxquelles la Formation a

fait allusion dans cette sentence , et de M. Iglesias, qui a déclaré comme M. Manzano -que l’Athlète

possédait un chien qu’il appelait « Piti ».

8. Conclusion sur la violation des normes antidopage

182. Au vu de ce qui précède, la Formation conclut que l’Athlète est coupable d’une

violation des NSA applicables qui interdisent l’usage ou de la tentative d’usage d’une méthode

interdite et prévoient que « l’UPA peut aussi demander, à l’encontre d’individus non affiliés ayant

commis une quelconque violation du Règlement, des mesures préventives, également dans le but

d’empêcher des récidives » et que « si, dans le courant d’une enquête, la responsabilité d’un

individu non affilié est établie, l’UPA prend toute mesure nécessaire pour entamer des procédures

préventives devant les organes de justices des Fédérations et Disciplines sportives nationales ou

devant le [TNA] afin que ceux-ci adoptent des décisions d’inhibition d’exercer des fonctions ou

offices au sein du CONI, des Fédérations ou Disciplines sportives nationales ou d’être présent lors

des manifestations ou évènements sportifs organisés

40

par eux ».

183. L’Athlète n’ayant présenté aucune défense quant à l’absence de négligence ou de

faute (ou de négligence ou faute significatives), qui aurait pu annuler ou réduire la sanction

NOTE A SENTENZA92

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La punibilità di soggetti non tesserati...

applicable, la Formation n’a pas à prendre position quant à la réalisation des conditions énoncées à

cet égard.

G. VIOLATION DU PRINCIPE D’EGALITE DE TRAITEMENT

184. L’Athlète a aussi contesté la violation du principe d’égalité de traitement dans la

mesure où le CONI n’aurait pas poursuivi et condamné d’autres athlètes prétendument responsables

de violations antidopage dans le cadre de l’Opération

Voir l’Article 7.1, alinéa 2, du « Documento Tecnico attuativo del Programma Antidoping

WADA », approuvé le 30 juin 2005, et l’Article 17.8 du délibéré n. 615 de la Giunta Nazionale du

CONI du 22 décembre 2005.

Puerto. De plus, l’UCI et l’AMA n’auraient pas appelé d’autres décisions de clôture de

dossiers adoptées par d’autres fédérations nationales même en présence d’éléments clairs prouvant

des violations des normes antidopage.

185. A cet égard, la Formation ne peut que relever que le CONI déclare avoir entamé des

procédures dont l’issue n’est pas encore publique, et qu’en tout état de cause, chaque cas doit être

jugé à la lumière de ses propres circonstances. De plus, dans le cas d’espèce, la Formation n’a pas

décelé de violations évidentes du principe d’égalité de traitement, qui lui-même ne peut être

interprété comme imposant une obligation de poursuivre toute voie d’enquête concevable.

H. SANCTION

186. La Formation n’a pas à examiner la durée ou l’étendu de la sanction infligée à M.

Valverde, dès lors que celui-ci ne la conteste pas spécifiquement. Cela étant, comme il s’agit d’un

jugement de novo, il appartient à la Formation de considérer les sanctions adéquates, en se fondant

notamment sur le fait que l’Athlète a commis une violation des règles du CONI.

187. L’Athlète n’a pas soulevé de défense au fond pour combattre les chefs d’accusation à

son encontre. Conformément aux NSA du CONI, la peine applicable aux athlètes non affiliés dans

les circonstances de l’espèce est l’interdiction d’occuper toute fonction que ce soit au sein du CONI

ou des Fédérations Associées et de participer à toute compétition en Italie pour une durée de deux

ans.

188. La Formation considère que cette durée, qui n’a pas été contestée par l’Athlète, est

proportionnée, correspondant d’ailleurs à celle qui aurait été imposée à des athlètes affiliés.

I.FRAIS ET DEPENS

189. […]

NOTE A SENTENZA93

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La punibilità di soggetti non tesserati...

PAR CES MOTIFS

Le Tribunal Arbitral du Sport statuant à l’unanimité

-Déclare recevable l’appel déposé par Alejandro Valverde Belmonte contre la décision N°

42/2009 rendue le 11 mai 2009 par le Tribunale Nazionale Antidoping du CONI ;

-Confirme, selon les motifs de la présente sentence, la décision N° 42/2009 rendue le 11 mai

2009 par le TNA condamnant Alejandro Valverde Belmonte à l’interdiction d’exercer de fonctions

ou offices au sein du CONI, des Fédérations ou Disciplines sportives nationales italiennes et à

participer aux manifestations ou évènements sportifs organisés par ceux-ci sur le territoire italien

pour une période de deux ans à compter du 11 mai 2009 ;

-[…]

-Rejette toute autre demande ou conclusion des parties.

Lausanne, le 16 mars 2010.

NOTE A SENTENZA94

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Il potere/dovere del CONI di tutelare l'ordinamento sportivo italiano e l'ammissibilità della prova

nella procedura arbitrale TAS – NOTA a Lodo TAS 2009/A/1879 Valverde/CONI.

di Mario Vigna (*)

Con il lodo in esame il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (di seguito “TAS”) ha

statuito come il ciclista Alejandro Valverde Belmonte fosse stato giustamente sanzionato dal CONI

con la misura dell’inibizione, ai sensi di quanto previsto dalle Norme Sportive Antidoping dell’ente

sportivo italiano. In particolare, è stato riconosciuto il potere/dovere del CONI di tutelare, anche in

via cautelare, l’ordinamento sportivo nazionale da soggetti che abbiano posto in essere violazioni

della normativa antidoping.

Dati gli aspetti transnazionali legati alla costituzione e formazione della prova, il TAS si è

anche occupato di enucleare nel dettaglio alcuni principi legati all’assunzione dei mezzi di prova

nell’ambito del proprio procedimento arbitrale sportivo, con particolare riferimento alla tutela dei

diritti della personalità del soggetto incolpato.

Sommario:

1. Il caso di specie.

2. La competenza del CONI e la tutela inibitoria sui “non tesserati” per l’ordinamento

sportivo italiano.

3. L’ammissibilità delle prove nel giudizio arbitrale TAS.

4. La tutela dei dati personali e della privacy come limite alla legittimità della prova.

5. Conclusioni.

1. Il caso di specie.

Inizialmente, la decisione in esame riepiloga gli elementi essenziali dell’Operación Puerto,

l’indagine spagnola concretizzatasi nelle operazioni investigative della Guardia Civil tra il febbraio

e il maggio 2006. L’analisi del Collegio TAS si rivolge poi all’attività svolta dalle autorità

giudiziarie italiane e dalla Procura Antidoping del CONI. A tal proposito, va ricordato come

l’indagine spagnola non fosse relativa al doping sportivo1, quanto piuttosto al reato di delitto contro

1 La Ley Orgánica 7/2006, de protección de la salud y de lucha contra el dopaje en el deporte è del 21 novembre 2006, successiva all’indagine.

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la salute pubblica perpetrato, tra gli altri, dal medico Eufemiano Fuentes, dall’ematologo José Luis

Merino Batres e dal direttore sportivo Manolo Saiz.

Negli studi di Fuentes gli inquirenti sequestrarono oltre 200 sacche tra plasma e sangue

congelato, ormoni della crescita, steroidi, macchinari per il congelamento e per l’effettuazione delle

trasfusioni, nonché una lunga serie di documenti.

Dagli elementi istruttori dell’inchiesta spagnola, risultò quindi come Fuentes e Saiz fossero a

capo di un’organizzazione in particolare dedicata alla gestione di autoemotrasfusioni, alla vendita di

sostanze dopanti, quali Epo, e alla pianificazione del loro utilizzo. La polizia sequestrò anche

numerosi elenchi cifrati di presunti clienti dell’organizzazione. Dalla decrittazione degli elenchi si è

arrivato al coinvolgimento di numerosi ciclisti professionisti. Una delle sacche di plasma

sequestrate nello studio di Fuentes, la n. 18 – Valv.Piti (misto del nome di Valverde con quello del

suo cane Piti), venne da subito collegata a Valverde sulla base dell’usuale crittografia utilizzata da

Fuentes per denominare le sacche. Il Laboratori d’Anàlisi, Unitat de Farmacologia IMIM di

Barcellona, il cui direttore era stato nominato custode giudiziario delle sacche, rivelò peraltro come

tale sacca contenesse anche la sostanza vietata EPO.

In una serie di pronunce, risalenti sin dall’ottobre 2006, il Giudice spagnolo2 titolare del

procedimento ha sempre sostenuto che il materiale istruttorio dell’Operación Puerto non potesse

essere utilizzato in “procedimenti di natura amministrativa”, impedendo così alle autorità sportive

di prendere parte, come interessati, al procedimento spagnolo3. Come conseguenza di tale reiterato

diniego, le autorità sportive si sono trovate impossibilitate dall’ottenere le prove derivanti dal

dossier Puerto ai fini disciplinari antidoping. In particolare, il CONI, dopo aver sanzionato propri

tesserati per il coinvolgimento nell’Operación Puerto, mirava ad inibire l’accesso al sistema

sportivo italiano anche a anche soggetti “esterni” non tesserati.

Ciononostante, l’esistenza della legge 376/2000 sulla “Disciplina della tutela sanitaria delle

attività sportive e della lotta contro il doping”4 ha spinto anche le autorità giudiziarie italiane ad

attivarsi per l’ottenimento delle prove agli atti del procedimento spagnolo. In tali casi – ed in

particolare per il caso che qui interessa –, il Giudice spagnolo ha reso accessibile il materiale

istruttorio tramite commissione rogatoria. Una volta che l’autorità giudiziaria italiana è entrata in

possesso del suddetto materiale, la Procura Antidoping italiana ha utilizzato l’art. 2 comma 3 della

legge 401/1989, il quale prevede espressamente che “gli organi di disciplina sportiva, ai fini

esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento

2 Il Juzgado de Instrucción número 31 di Madrid.3 Peraltro, va ricordato come tale approccio del giudice spagnolo fosse stato in passato alquanto ondivago. Ad esempio, nel caso disciplinare dell’atleta italiano Michele Scarponi, fu l’autorità giudiziaria spagnola a fornire alla Procura Antidoping del CONI il materiale istruttorio. Sul punto si veda TAS 2007/A/1368 UCI c. M. Scarponi & FCI, par. 15.4 Il testo completo della legge è disponibile al link http://www.camera.it/parlam/leggi/00376l.htm

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penale ai sensi dell’art. 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di

pubblicazione di cui all’art. 114 dello stesso codice”, al fine di ottenere legittimamente ciò che il

giudice spagnolo gli aveva sempre negato.

In sostanza, le questioni giuridiche del caso Valverde ruotano precisamente intorno a questi

tre temi fondamentali: (i) il potere/dovere del CONI di procedere in via inibitoria contro soggetti

non tesserati, (ii) la relazione tra le autorità penali italiane e il materiale istruttorio del dossier

Puerto e (ii) il rapporto di collaborazione tra l’autorità giudiziaria penale e l’autorità disciplinare

sportiva in forza della 401/1989. Per comprendere tali interconnessioni, occorre svolgere una breve

disamina su come il materiale istruttorio a carico del Valverde sia pervenuto agli atti del

procedimento sportivo italiano.

Nel novembre 2008, la Procura della Repubblica di Roma e la Procura Antidoping del CONI

inviavano una richiesta congiunta per ottenere i campioni della sacca n. 18 Valv.Piti. La Procura

della Repubblica nominava anche degli ufficiali di polizia giudiziaria destinati a tali operazioni di

prelievo presso il laboratorio di Barcellona. Nel gennaio 2009, il giudice spagnolo dava il suo

assenso ad una commissione rogatoria per permettere alle autorità italiane di prendere delle aliquote

di plasma dalla sacca. Una volta giunte in Italia, le aliquote di plasma della sacca n. 18 Valv.Piti

venivano comparate con un campione ematico del Valverde, prelevato in occasione di un controllo

antidoping del Tour de France 20085. Il rapporto del laboratorio forense ha dimostrato chiaramente

come il plasma della sacca n. 18 Valv.Piti appartenesse al ciclista6. A questo punto, la Procura

Antidoping del CONI acquisiva il suddetto rapporto, ai sensi del sopramenzionato art. 2, comma 3

della legge 13/12/1989, n. 401, e procedeva disciplinarmente contro Valverde. Al termine del

procedimento nazionale, il Tribunale Nazionale Antidoping del CONI (TNA) sanzionava l’atleta

con l’inibizione per due anni “a rivestire cariche o incarichi in seno al C.O.N.I., alle Federazioni

Sportive Nazionali e alle Discipline Sportive Associate ovvero a partecipare e presenziare allo

svolgimento di manifestazioni od eventi sportivi organizzati sotto la loro egida sul territorio

nazionale.”

Con il lodo in esame, a seguito dell’appello presentato dal Valverde avverso la decisione del

TNA, il TAS ha confermato la correttezza della decisione emessa del giudice sportivo italiano.

5 Si tratta della tappa del 21 luglio 2008 con arrivo sul suolo italiano, a Prato Nevoso. Su richiesta dell’Agence Française de Lutte contre le Dopage (AFLD) fu il CONI ad occuparsi di tali operazioni di prelievo antidoping.6 L’analisi dimostrò infatti un match di ben 16 markers genetici, addirittura oltre il livello necessario per le identificazioni ai fini di procedimenti penali.

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2. La competenza del CONI e la tutela inibitoria sui “non tesserati” per l’ordinamento

sportivo italiano.

Una delle prime argomentazioni difensive del Valverde si è imperniata sulla supposta

carenza di giurisdizione del CONI a sanzionare l’atleta. La posizione del CONI è stata

diametralmente opposta, in quanto le regole antidoping in vigore al momento in cui la Guardia Civil

spagnola sequestrò le sacche (i.e. 2006) già prevedevano il potere del CONI di instaurare

procedimenti contro soggetti “non tesserati” a tutela del proprio ordinamento sportivo. In merito, va

rimarcato come il TAS avesse precedentemente riconosciuto che quando le norme sportive

antidoping del CONI parlano di soggetti non tesserati “Tale espressione è ragionevolmente riferita

alla categoria dei soggetti non tesserati per le federazioni italiane, ovvero sia soggetti non tesserati

tout court sia…soggetti tesserati per federazioni straniere”7. In virtù di codesta giurisprudenza, il

Collegio TAS ha rigettato le eccezioni d’incompetenza presentate dal Valverde, ribadendo come,

nell’ambito dell’ordinamento sportivo italiano, il CONI abbia il pieno diritto di imporre la sanzione

dell’inibizione ad atleti stranieri, così impedendo loro di partecipare a competizioni sotto l’egida del

CONI stesso. Con una reductio ad absurdum, il Collegio ha altresì esposto come il sottrarre gli

atleti tesserati per federazioni straniere alla competenza del CONI sul suolo italiano, porterebbe

all’inconcepibile risultato di privare di sovranità territoriale un’organizzazione antidoping

nazionale, ovvero l’organismo sportivo deputato a salvaguardare dal doping l’ordinamento sportivo

di un paese.

Invero, tale impostazione è in linea con la stessa legge istitutiva del CONI: nell’art. 2 del

D.Lgs. 23 luglio 1999 n. 242 si legge infatti che il CONI cura “nell’ambito dell’ordinamento

sportivo, […] l’adozione di misure di prevenzione e repressione dell’uso di sostanze che alterano le

naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive”8; inoltre, all’art. 3, comma 3 dello

Statuto del CONI, approvato con DM 23 Giugno 2004, si legge che il “CONI previene e reprime

l’uso di sostanze o metodi che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività

agonistico-sportive”9. È quindi pacifico che il CONI abbia un vero e proprio potere/dovere di

salvaguardia, da attuare attraverso l’azione della propria Procura Antidoping.

Tale potere/dovere è altresì in totale sintonia con l’etica sportiva sancita nei Principi della

Giustizia Sportiva del CONI stesso, i quali, all’art. 1 (Scopi della giustizia sportiva), prescrivono

espressamente che gli statuti e i regolamenti federali “devono assicurare la corretta organizzazione

e gestione delle attività sportive, il rispetto del ‘fair play’, la decisa opposizione ad ogni forma di

‘illecito sportivo’, all’uso di sostanze e metodi vietati, alla violenza sia fisica che verbale, alla

7 Si veda paragrafo 23 del Lodo CAS 2008/A/1478 Gianluca Coletta v. CONI.8 Il testo completo è disponibile al link http://www.coni.it/index.php?id=2999 Il testo completo è disponibile al link http://www.coni.it/fileadmin/_temp_/coni/pdf/Statut2008.pdf

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commercializzazione e alla corruzione”10. Il succitato riferimento legislativo alle “misure di

prevenzione” è chiarissimo nell’indicare che il CONI è obbligato, non solo legittimato, a prevenire

(oltre che reprimere) il doping, e dunque a tenere al di fuori dal proprio ordinamento, e cioè da tutte

le attività sportive che si svolgono in Italia, individui per i quali ci siano prove dell’uso o tentato uso

di sostanze e/o metodi proibiti. In tale ottica, risulta legittima la giurisdizione della giustizia sportiva

italiana nei confronti di soggetti non tesserati, così come riconosciuto dal TAS in precedenti casi

disciplinari11.

In poche parole, con il lodo in esame il TAS ha definitivamente riconosciuto piena

legittimità alla tutela inibitoria del CONI, affermando come un’Organizzazione Nazionale

antidoping ben possa attuare provvedimenti a tutela del proprio ordinamento verso soggetti che non

meritino di rivestire incarichi istituzionali all’interno dell’ordinamento sportivo nazionale, né

tantomeno di prendere parte a competizioni sportive organizzate nel territorio dello stato. Non

sarebbe infatti coerente ed eticamente concepibile ammettere in competizioni sul proprio territorio o

far partecipare ad attività che presuppongano una prerogativa federale nazionale, dei soggetti che si

siano resi colpevoli di palesi violazioni della normativa antidoping.

Pertanto, un tesseramento per altro organismo sportivo, non limita né può costituire una

barriera all’operato del CONI nel cercare di mantenere soggetti coinvolti in fatti di doping al di

fuori del proprio sistema sportivo nazionale. In merito, il citato lodo TAS nel caso Coletta statuisce

che “essendo il CONI l’organo incaricato di adottare le misure di prevenzione e repressione del

doping nell’ambito dell’ordinamento sportivo italiano, l’obiettivo del citato art. 3.7 [l’allora

vigente norma sull’inibizione] è appunto quello di consentire al CONI di impedire ai soggetti

responsabili di violazioni alla normativa antidoping, inclusi quelli non tesserati per una

federazione italiana, di svolgere incarichi all’interno di tale ordinamento o di partecipare ad eventi

organizzati in Italia”12.

Da ultimo, il Collegio TAS supporta la propria interpretazione con quanto statuito dal

Codice WADA, secondo il quale la definizione di Atleta include tutti gli individui che partecipino

ad una attività sportiva a livello nazionale o internazionale, senza prevedere alcuna eccezione per il

rapporto tra un soggetto tesserato per una federazione differente rispetto a quella che poi

effettivamente si occupa del procedimento disciplinare13.

10 Il testo completo è disponibile al link http://www.coni.it/fileadmin/circolari/principi_giustizia_sportiva.pdf11 Sul punto si veda CAS 2008/A/1684 Stevic v/ CONI par. 9.1.12 Ibid, nota 8.13 La versione del Codice WADA 2003 (applicabile ai fatti) definisce “Athlete: For purposes of Doping Control, any Person who participates in sport at the international level (as defined by each International Federation) or national level (as defined by each National Anti-Doping Organisation) and any additional Person who participates in sport at a lower level if designated by the Person's National Anti-Doping Organisation. For purposes of anti-doping information and education, any Person who participates in sport under the authority of any Signatory, government, or other sports organisation accepting the Code.”

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3. L’ammissibilità delle prove nel giudizio arbitrale TAS.

Come detto, nel febbraio 2009 il giudice spagnolo emetteva un’ordinanza mirata a vietare

l’utilizzo delle prove del dossier Puerto in procedimenti differenti da quello spagnolo.

Apparentemente, tale ordinanza avrebbe dovuto impedire alla Procura Antidoping del CONI e alla

Procura della Repubblica di Roma di utilizzare il materiale istruttorio. Tuttavia, nell’ordinanza il

giudice spagnolo si rivolgeva al solo CONI, specificando come tale ente non avesse alcuna

legittimazione a richiedere ed utilizzare il materiale istruttorio ottenuto tramite commissione

rogatoria, in considerazione del fatto che il CONI non è un soggetto parte dell’ordinamento

giudiziario italiano. La difesa di Valverde ha ovviamente posto al centro delle proprie

argomentazioni tale ordinanza, contestando quindi l’ammissibilità del materiale istruttorio utilizzato

nel processo sportivo.

Il Collegio TAS ha rigettato l’eccezione di ammissibilità. In primo luogo, gli arbitri hanno

argomentato come siffatta ordinanza del giudice spagnolo dovesse essere, in ogni caso, considerata

alla luce del principio di territorialità, cardine fondamentale del diritto internazionale, il quale

prevede chiaramente come “gli effetti di un atto statuale (come un provvedimento giurisdizionale)

sono limitati alla sovranità territoriale del tribunale che ha emesso la decisione, salvo che un altro

stato vi sia vincolato tramite un trattato che dia a quel provvedimento effetti nel proprio territorio o

salvo che lo stato voglia, per proprie ragioni, dare efficacia interna a quel provvedimento” 14.

In tale ottica, l’ordinanza del giudice spagnolo risulterebbe essere in violazione del principio

di non ingerenza, principio affermato da numerose decisioni emesse da corti supreme nazionali e

internazionali15.

In altre parole, il provvedimento di un giudice nazionale di uno stato (i.e. ordinanza del

giudice spagnolo) non può autonomamente incidere sull’azione degli organi giudiziari di un altro

stato. Peraltro, quando l’ordinanza è stata emessa, le prove di cui il giudice spagnolo negava, con un

sostanziale revirement rispetto all’autorizzazione concessa in gennaio, l’utilizzabilità erano ormai

agli atti del procedimento penale italiano.

14 Il testo originale recita “an act of government (a judgement) effects are limited to the territory of the sovereign whose court rendered the judgement, unless some other state is bound by treaty to give the judgment effect in its territory, or unless some other state is willing, for reason of its own, to give the judgment effect” Hilton v. Guyot, 159 U.S. 113, 163 (1895). Si veda anche BORN, International Civil Litigation in United States Courts, Kluwer, 1996 ove si legge come “nella maggior parte dei casi, il provvedimento di un tribunale nazionale non ha efficacia indipendente al di fuori del territorio nazionale del tribunale stesso” (“in most circumstances, the judgement of a National court has no independent authority outside the forum’s territory” (p. 935).15 Si veda Schooner Exchange v. Mc Faddon & Others U.s. Chief justice Marshall, The Schooner Exchange v. Mc Faddon & Others, 1812, 7 Cranch’s Reports, p. 136 ss., dove il giudice afferma “the jurisdiction of a nation within its own territory is necessarily exclusive and absolute, susceptible of no limitation not imposed by itself” e anche P.C.I.J., Lotus case, Ser. A n. 10 (1927), p. 18, ove è sancito “jurisdiction cannot be exercised by a State outside its territory except by virtue of a permissive rule derived from an International custom or from a Convention.”

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Ciò implicava chiaramente che il giudice spagnolo non potesse più statuire alcunché sugli

elementi istruttori e tantomeno imporre agli organi giudiziari italiani di non utilizzarli. Tale

argomentazione sarebbe stata sufficiente per respingere l’eccezione presentata dall’atleta, ma il

Collegio TAS coglie l’occasione per fare un passo ulteriore a tutela della propria autonomia

decisionale come corte arbitrale di diritto svizzero.

Infatti, dopo aver peraltro sottolineato la palese erroneità giuridica intrinseca dell’ordinanza,

il Collegio illustra chiaramente come, per costante giurisprudenza, il TAS non debba ritenersi

vincolato da decisioni prese da altri organi giurisdizionali16. Tale principio, con particolare

riferimento alle regole sull’ammissibilità della prova, consente ad un Collegio TAS di non essere

strettamente legato alle regole di procedura in materia di prove e di formare il proprio

convincimento nel modo ritenuto più idoneo dal Collegio Arbitrale stesso17. Peraltro, tale

interpretazione è in scia con quanto già affermato nel caso disciplinare del ciclista Caruso, altresì

coinvolto nell’affaire Puerto, procedimento nel quale il TAS aveva statuito come il Collegio “non

fosse vincolato dalle ordinanze del giudice spagnolo” e di come fossero “assolutamente ignote le

conseguenze di una supposta mancata osservanza dell’ordinanza”18.

Da ciò, il TAS afferma il proprio pieno potere circa l’ammissibilità o meno delle prove nel

corso del proprio procedimento arbitrale, un potere che non può essere compresso da provvedimenti

emessi da altri organi giudicanti nazionali o internazionali.

Tale impostazione riflette un costante approccio del TAS al tema dell’ammissibilità della

prova, orientamento che in materia di doping è peraltro basato sul concetto di “any reliable means”

sancito dall’articolo 3.2 del Codice WADA, il quale prevede espressamente, in materia di prove e

metodi per accertare fatti e presunzioni, che “I fatti correlati alle violazioni del regolamento

antidoping possono essere accertati con qualsiasi mezzo attendibile”19.

Da ultimo, per replicare ad eventuali eccezioni sull’illiceità dei mezzi di acquisizione della

prova, il TAS espone come anche qualora fosse acclarata l’illegittimità della prova, il Collegio

sarebbe comunque libero di valutare autonomamente la prova stessa. Infatti, le conseguenze

giuridiche derivanti da prove ottenute illegittimamente sono un tema affrontato sia dalla

giurisprudenza nazionale degli stati che dalla dottrina.

Di norma, si distingue tra prova “irregolare” e prova “illegittima”, ove la prima deriva dalla

violazione di una regola di procedura (es. un testimone che rende la propria deposizione senza che

sia stato preventivamente informato del proprio diritto di astenersi dal testimoniare), e la seconda

16 Sul punto, si veda il par. 123 e la relativa nota 24 del lodo qui esaminato.17 Sul punto si veda la nota 25 del lodo.18 Il testo originale recita “it is completely unclear what the consequences are of any – alleged – failure to comply with the judicial order”, CAS 2008/A/1528-1546 UCI & CONI v/ Mr Giampaolo Caruso & Italian Cycling Federation (FCI), par. 9.319 Il testo originale recita “Facts related to anti-doping rule violations may be established by any reliable means”.

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dalla violazione di un altro tipo di norma di diritto. Ad opinione del Valverde, nel caso di specie,

l’ordinanza del giudice spagnolo, per supposta contrarietà alle norme sulle commissioni rogatorie

Italia/Spagna20, renderebbe illegittima la prova.

Il TAS osserva che l’ordinamento giuridico svizzero, cui il TAS deve rifarsi in quanto

associazione di diritto elvetico, non prevede il principio generale secondo il quale le prove

illegittime siano automaticamente inammissibili nel corso di un procedimento civile nazionale.

Al contrario, per costante giurisprudenza del Tribunale Federale svizzero, l’ammissibilità o

la non ammissibilità di una prova illegittima deve valutarsi ponderando gli interessi giuridici in

gioco e una serie di aspetti differenti21. In tale ottica, occorre valutare elementi quali la natura

dell’illegittimità, l’interesse all’acquisizione della verità dei fatti, la difficoltà di fornire la prova per

la parte interessata, il comportamento delle parti, gli interessi in gioco e la possibilità o meno di

acquisire le medesime prove in modo legittimo22. In un’analisi di diritto comparato, si nota che tale

orientamento giurisprudenziale svizzero non si discosta da quanto ad esempio sancito dal TAR del

Lazio con riferimento all’ammissibilità della prova nel processo sportivo.

Infatti, in merito alle prove-intercettazioni nel caso disciplinare Moggi, il TAR esprimeva

chiaramente come “l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche non può spiegare effetti oltre

gli ambiti processuali penali e, pertanto, non può impedire l’apprezzamento delle stesse in sede

disciplinare”23.

Ovviamente il Collegio TAS pone anche la questione in termini di contrarietà all’ordine

pubblico. Infatti, nel caso in cui il TAS ammettesse una prova illegittima, potrebbe sempre

obbiettarsi che tale prova è contraria all’ordine pubblico.

Il TAS argomenta come il potere discrezionale dell’arbitro di decidere sull’ammissibilità

della prova può essere limitato esclusivamente dal cosiddetto ordine pubblico procedurale, ovvero

dal verificare come le fasi c.d. procedimentali della formazione della prova della quale si tratta non

siano in palese violazione di principi cardine come il “sentiment de justice” o con i valori e i

principi riconosciuti di uno stato di diritto.

20 In merito all’assistenza giudiziaria in materia penale, l’art. 696 del codice di procedura penale stabilisce “[…] le rogatorie internazionali […] sono disciplinate dalle norme della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959 e dalle altre norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale”. Pertanto, alla cooperazione Italia/Spagna si applica, ferma restando la possibilità di altre forme di cooperazione per mutuo consenso, la Convenzione Europea sull’assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (la “Convenzione di Strasburgo del 1959), ratificata dall’Italia il 23 agosto 1961 e dalla Spagna il 18 agosto 1982, entrata in vigore nell’ambito delle relazioni bilaterali Italia/Spagna il 16 novembre 1982, così come attestato dal Consiglio d’Europa. Si veda il link

http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ChercheSig.asp?NT=030&CM=8&DF=26/01/2010&CL=FRE21 Si veda il par. 134 e la relativa nota 26 del lodo.22 Si veda POUDRET/BESSON, Comparative Law of International Arbitration, 2007, no. 644, ove si legge “Il tribunale arbitrale non è vincolato a seguire le regole sull’ammissibilità e assunzione della prova vigenti nelle corti nazionali della sede dell’arbitrato (“The arbitral tribunal is not bound to follow the rules applicable to the taking of evidence before the courts of the seat”), nota 29 del lodo.23 T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 21 giugno 2007 n. 5645; sul punto, anche T.A.R. Bari, I Sez., 19 aprile 2001 n. 1199.

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Nel caso in esame, il TAS ha ritenuto che gli eventuali vizi procedurali della commissione

rogatoria Spagna/Italia per l’ottenimento delle prove non fossero assolutamente legati all’ordine

pubblico e che, ponderando gli interessi giuridici in gioco, il Collegio Arbitrale avesse il pieno

diritto di ammettere e valutare le prove.

In materia di dati personali, nel corso del giudizio Valverde ha altresì contestato che un

campione biologico prelevato in-competition non fosse stato distrutto dopo le analisi ai fini

antidoping, con conseguente illegittimità dell’utilizzo per il test del DNA.

Il Collegio TAS ha invece sposato la tesi sostenuta da CONI, WADA e UCI, secondo la

quale quando un atleta fornisce un proprio campione biologico lo fa, in senso ampio, al fine di

consentire alle autorità sportive di verificare se vi siano state o meno delle violazioni della

normativa antidoping.

Infatti, il verbale di prelievo che gli atleti firmano all’atto del controllo prevede

espressamente come tale operazione di prelievo sia svolta a scoprire qualsiasi violazione della

normativa e non c’è alcuna preclusione all’utilizzo che l’autorità sportiva può fare con il campione

biologico in ordine al raggiungimento di tale scopo.

Il fatto che tale campione, dopo il normale screening di analisi, sia stato anche impiegato per

un matching del DNA atto a dimostrare proprio la violazione delle regole antidoping, peraltro

tramite l’azione dell’autorità penale, ha reso tale utilizzo del tutto legittimo. Peraltro, in tema di

conservazione dei campioni, l’articolo 5.2.2.6 dei WADA International Standard 2008 per i

laboratori antidoping, in vigore all’epoca del prelievo utilizzato per il matching del DNA, già

prevedeva il periodo di conservazione tra un minimo di tre mesi ad un massimo di otto anni.

La ratio di tale previsione è assolutamente lineare in quanto otto anni è il periodo di

prescrizione dell’illecito antidoping24. Sul punto, può notarsi che detta norma sulla conservazione

dei campioni è posta anche a garanzia del diritto di difesa dell’atleta, il quale può chiedere

l’effettuazione delle controanalisi sui campioni anche qualora la comunicazione del riscontro

analitico di positività gli venga comunicato con ritardo25.

Inoltre, è ovvio come conservare i campioni fino al termine di prescrizione di otto anni sia

utile proprio perché possono emergere nuove metodologie di test scientifici ai quali sottoporre i

campioni stessi, ad esempio per individuare sostanze in un primo tempo sfuggite ai controlli.

24 L’articolo 17 del Codice WADA recita “No action may be commenced against an Athlete or other Person for an anti-doping rule violation contained in the Code unless such action is commenced within eight (8) years from the date the violation is asserted to have occurred.”.25 Sul punto si vedano i casi riuniti CAS 2006/A/1149 e CAS 2007/A/1211 World Anti-Doping Agency (WADA) vs Federación Mexicana de Fútbol (FMF) and Mr José Salvador Carmona Alvarez.

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In merito, basti pensare agli scorsi Giochi Olimpici di Pechino 2008 e ai numerosi test ad

hoc effettuati nei mesi successivi su campioni, già analizzati, per poter verificare la presenza, ad

esempio, dell’EPO-CERA26.

In buona sostanza, riconoscere l’immediato diritto dell’atleta alla distruzione del campione

biologico dopo un test negativo, pregiudicherebbe significantemente la lotta dell’antidoping, il

quale sovente, per differenza di mezzi economici, è scientificamente arretrato rispetto alle nuove

frontiere del doping. Peraltro, si noti che tale facoltà delle organizzazioni antidoping di effettuare

più di uno screening sui campioni biologici prelevati, già assodata nella prassi, è stata formalizzata

con l’articolo 6.5 (Esecuzione di nuove analisi sui campioni biologici) del Codice WADA 2009.

4. La tutela dei dati personali e della privacy come limite alla legittimità della prova.

Valverde ha altresì sostenuto come il test del DNA avesse violato i propri diritti della

personalità e il proprio diritto alla privacy. Il Collegio TAS ha ritenuto tale contestazione priva di

pregio per un duplice ordine di ragioni27. Per quanto attiene la procedura TAS, ai sensi della lex fori,

il profilo genetico di un individuo rientra nei beni giuridici tutelati dall’articolo 28 del Codice Civile

Svizzero, il quale dispone “chi è illecitamente leso nella sua personalità può, a sua tutela, chiedere

l’intervento del giudice contro chiunque partecipi all’offesa. La lesione è illecita quando non è

giustificata dal consenso della persona lesa, da un interesse preponderante pubblico o privato,

oppure dalla legge”28.

Con una pronuncia unanime, il Collegio TAS ha ritenuto come l’ammettere il Rapporto

analitico del DNA emesso dalla Polizia forense non rappresentasse un’illegittima lesione alla

personalità del Valverde, peraltro non essendo possibile chiedere all’atleta alcun consenso per il

plasma della sacca n. 18 Valv.Piti, plasma che all’epoca era di appartenenza ignota.

Inoltre, il Collegio TAS ha ritenuto la lotta al doping un interesse preponderante anche con

rilievi di natura pubblicistica, come del resto attestato dalla Convenzione contro il doping del

Consiglio d’Europa n. 135 e dalla Convenzione Internazionale contro il doping nello sport

dell’Unesco, convenzioni di cui la Svizzera è parte29.

In tale prospettiva, il Collegio TAS ha quindi affermato come l’interesse relativo alla lotta

al doping fosse, nel caso di specie, assolutamente preponderante rispetto a quello di un atleta che

26 Ad esempio, può ricordarsi il caso del ciclista Davide Rebellin, vincitore a Pechino della medaglia d'Argento nella prova su strada di Ciclismo e poi trovato positivo con test antidoping di nuova generazione. 27 Nel febbraio 2009, i NAS inviati dalla Procura della Repubblica di Roma notificarono al Valverde l’Informazione di Garanzia relativa al procedimento d’indagine a suo carico. 28 Il testo completo è disponibile al link http://www.admin.ch/ch/i/rs/210/a28.html.29Rispettivamente disponibili ai link http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/135.htm e http://www.unesco.it/_filesDOCUMENTAZIONI/convenzione_doping.pdf.

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stava contestando delle analisi effettuate, peraltro, nell’ambito di un’investigazione penale. Su tale

ultimo aspetto, il Collegio TAS ha posto un particolare accento in quanto la legge italiana non

richiede, ai fini dell’effettuazione di un test DNA, il consenso del soggetto sottoposto ad indagine

penale30.

5. Conclusioni.

Con la presente decisione, il TAS sviluppa quanto già argomentato in passato circa

l’autonomia dispositiva delle Organizzazioni Antidoping Nazionali in materia di normativa

antidoping. Infatti, se da un lato il Codice WADA rappresenta le fondamenta essenziali ed

inderogabili cui tutte le Organizzazioni Antidoping Nazionali devono poggiarsi, questo non

significa che quest’ultime non possano edificare su tali fondamenta (o a lato delle stesse) dei propri

ed autonomi istituti normativi.

In tale ottica, il TAS ribadisce come il potere/dovere del CONI di preservare l’ordinamento

sportivo italiano dalla piaga del doping trovi nella tutela inibitoria il proprio legittimo strumento di

difesa.

D’altra parte, il lodo in esame porta sicuramente nuova linfa alle argomentazioni di chi

sostiene l’autonomia del processo arbitrale sportivo rispetto a quello ordinario. Infatti, il lodo TAS

in esame supporta inequivocabilmente la tesi secondo la quale il processo sportivo e le prove ivi

acquisite siano totalmente svincolati dalle preclusioni derivanti dagli eventuali processi nazionali in

corso e dalla stretta osservanza delle regole statuali sull’acquisizione delle prove.

Invero, al processo disciplinare sportivo andrebbero applicate unicamente le regole

dell’ordinamento sportivo, con la conseguenza che in assenza di norme specifiche,

dell’ordinamento sportivo stesso, che regolamentino o limitino l’acquisizione dei mezzi di prova, i

mezzi di prova dovrebbero essere considerati sempre legittimi e utilizzabili ai fini del libero

convincimento del giudice, anche nell’ipotesi in cui gli stessi mezzi di prova siano invalidi ed

inutilizzabili in un processo penale, cosa che peraltro – è bene precisare – non si verifica affatto nel

caso qui esaminato.

Alla luce di tale impostazione, ciò che maggiormente rileverebbe nel procedimento sportivo

antidoping, anche in virtù dell’ampio margine concesso dall’articolo 3.2 del Codice WADA in

materia di prove e metodi per accertare fatti e presunzioni, non è tanto l’ammissibilità delle prove

raccolte, quanto piuttosto l’attendibilità delle stesse.

30 Si veda l’art. 53 del D.Lgs. 196 del 30 giugno 2003, disponibile al link:http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/03196dl.htm

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In tale ottica, la legittimità o meno delle prove in un processo penale o la loro utilizzabilità

al di fuori di tale processo sono problematiche secondarie rispetto al maggior interesse del Collegio

di arrivare ad un convincimento il più possibile supportato dalla verità dei fatti.

In conclusione, è indubbio che con questa pronuncia, con la quale si sfugge all’ingerenza di

un giudice nazionale, il TAS abbia dato una prova di forza e autonomia, dando seguito ad una delle

ragioni per le quali è divenuto tribunale mondiale di ultima istanza in materia di doping, ovvero

cercare di evitare come decisioni “scioviniste” prese da organi giudicanti nazionali possano

prevalere sul principio cardine della parità di trattamento.

Peraltro, è indubbio che l’autarchia che il TAS si auto-riconosce nel presente lodo, topos

che spesso contraddistingue la dialettica tra giurisdizione sportiva e giurisdizione statuale, potrà

essere in futuro oggetto di nuovi sviluppi e valutazioni, specie in casi dove il procedimento sportivo

e quello ordinario saranno inevitabilmente oggetto di sovrapposizioni ed interconnessioni.

(*) Avvocato, associato dello Studio Coccia – De Angelis & Associati, procuratore Antidoping

del CONI.

106

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Tardivo adempimento del lodo…

Commissione Disciplinare Territoriale del CR

Calabria della FIGC di cui al C.U. 74

del 10 dicembre 2009

La Commissione Disciplinare Territoriale

del Comitato Regionale Calabria della Federazione Italiana Giuoco Calcio,

riunitasi a Catanzaro il 9 dicembre 2009,

ha adottato le seguenti decisioni:

Collegio composto dai Sigg.ri:

- Avv. Fabio MIGLIACCIO PRESIDENTE;

- Avv. Paolo MORICA COMPONENTE;

- Avv. Anna PIANE COMPONENTE;

con l’assistenza alla segreteria del Dott. Domenico Antonio Crispino;

in rappresentanza della Procura Federale: il Sostituto Procuratore Avv. Gianfranco Marcello.

PROCEDIMENTO DISCIPLINARE n. 11

a carico di :

R. Francesco, Presidente pro tempore della società U.S. Scalea 1912, della violazione degli

artt. 94 ter, comma 13 delle N.O.I.F. e 8 comma 15 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in

relazione all’art. 30, comma 1, dello Statuto FIGC;la Società U.S. SCALEA 1912 a titolo di

responsabilità diretta, ai sensi dell’art.4, comma 1 del C.G.S., in conseguenza delle violazioni

ascritte al proprio Presidente.

IL DEFERIMENTO

Il Vice Procuratore Federale

NOTE A SENTENZA107

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Tardivo adempimento del lodo…

Premesso che:

• il Collegio Arbitrale presso la Lega Nazionale Dilettanti, nella seduta del 18-4-2009 (C.U. n.

5), accoglieva parzialmente il ricorso presentato dall’allenatore Carmine M. e disponeva,

conseguentemente, che la Soc. U.S. Scalea 1912 provvedesse al pagamento della somma di €

250,00, quale saldo dell’accordo economico a suo tempo intervenuto con il predetto allenatore

Carmine M.;

• la detta decisione veniva pubblicata sul C.U. della Lega Nazionale Dilettanti del 24-4-2009

n.152;

• a sua volta, il Comitato Regionale Calabria, con raccomandata A.R. 5-5-2009 (pervenuta al

destinatario in data 7-5-2009), comunicava alla Soc. U.S. Scalea 1912 la decisione di cui sopra,

avvertendo, al contempo, la predetta Società che, trascorsi 30 giorni dal ricevimento della detta

informativa ed in mancanza del pagamento di quanto dovuto, si sarebbe provveduto ad informare

gli Organi all’uopo competenti;

• la Società U.S. Scalea 1912 provvedeva a versare al Comitato Regionale Calabria la somma

prevista dal summenzionato lodo, solamente in data 15-7-2009;

• pertanto, il versamento in questione è stato effettuato ben oltre il previsto termine di 30

giorni, sia dalla pubblicazione del lodo sul C.U. della L.N.D. del 24-4-2009 n. 152, che dalla

comunicazione del C.R. Calabria del 5-5-09, ricevuta in data 7-5-09;

• considerato che tali fatti comportano la violazione degli artt. 94 ter, comma 13, delle NOIF e

8, comma 15, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all’art. 30, comma 1, dello

Statuto FIGC.

• ritenuto che tale condotta debba essere attribuita al sig. R. Francesco, all’epoca dei fatti

Presidente della società sportiva U.S. Scalea 1912;

• considerato, infine che, per i fatti sopra illustrati, la Società U.S. Scalea 1912 risponde, ex

art.4, comma 1, del C.G.S., direttamente dell’operato del proprio Presidente.

• vista la proposta del sostituto procuratore avv. Maurizio Goria;

• visto l’art. 32, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva;

HA DEFERITO

a questa Commissione Disciplinare Territoriale, con nota prot.1255/51/pf09-10/GT7dl del 15

settembre 2009:

NOTE A SENTENZA108

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Tardivo adempimento del lodo…

1) Il sig. R. Francesco, Presidente pro tempore della società U.S. Scalea 1912;

2) la Società U.S. SCALEA 1912;

per rispondere:

1) Il sig. R. Francesco, Presidente della Società U.S. Scalea 1912, della violazione degli artt.

94 ter, comma 13 delle NOIF e 8 comma 15 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione

all’art. 30, comma 1, dello Statuto FIGC, per non aver provveduto al pagamento di € 250 a favore

dell’allenatore sig. M. Carmine, in base a quanto stabilito dal Collegio Arbitrale presso la L.N.D.

nel lodo in data 18-4-2009 (C.U. n.5), nel termine di 30 giorni, come previsto dalla normativa

sopraccitata;

2) La Società U.S. SCALEA 1912, a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art.4, comma

1 del C.G.S., in conseguenza delle violazioni ascritte al proprio Presidente.

IL DIBATTIMENTO

Nella riunione del 9 dicembre 2009 sono comparsi davanti a questa Commissione Territoriale

il Sostituto Procuratore Federale Avv. Gianfranco Marcello nonché il sig. Gianfranco FEDERICO,

in rappresentanza della società.

LE RICHIESTE DELLA PROCURA FEDERALE

Il Sostituto Procuratore Federale ha illustrato i motivi del deferimento ed ha formulato le

seguenti richieste:

• Mesi UNO (1) di inibizione per R. Francesco, Presidente della Società U.S. Scalea 1912;

• Un (1) punto di penalizzazione per la Società U.S. Scalea 1912 da scontarsi nel campionato

in corso;

LE RICHIESTE DELLA DIFESA

La difesa ha rappresentato che il pagamento non è avvenuto nei termini per il rifiuto

dell’allenatore signor M. Carmine di rilasciare quietanza liberatoria per cui chiede che non venga

irrogata la sanzione della penalizzazione.

NOTE A SENTENZA109

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Tardivo adempimento del lodo…

I MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene la Commissione Disciplinare Territoriale che gli elementi raccolti, acclarati da

oggettive prove documentali, addebitabili ai deferiti, integrino gli estremi dell’illecito contestato per

come riferito nella parte motiva del deferimento sopra riportata.

In particolare i fatti integrano le violazioni contestate sia per R. Francesco, Presidente della

Società U.S. Scalea 1912 che per la Società Scalea 1912.

P.Q.M.

La Commissione Territoriale Disciplinare irroga:

• al Signor R. Francesco, Presidente della Società U.S. Scalea 1912, inibizione di mesi UNO

(1), e quindi fino all’ 7 MARZO 2010 (già inibito fino al 7.02.2010);

• alla Società U.S. SCALEA 1912 la penalizzazione di UNO (1) punto da scontarsi nella

corrente stagione sportiva 2009/2010.

NOTE A SENTENZA110

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Tardivo adempimento del lodo…

TARDIVO ADEMPIMENTO DEL LODO ARBITRALE ECONOMICO

RIFLESSIONI A MARGINE DELLA DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE TERRITORIALE DEL CR CALABRIA DELLA FIGC DI CUI AL C.U. 74 DEL 10

DICEMBRE 2009

di Mario Tocci (*)

Desta decisamente meraviglia la decisione assunta dalla Commissione Disciplinare

Territoriale del Comitato Regionale Calabria della Federazione Italiana Giuoco Calcio ed ora in

commento.

In particolare, con la decisione de qua, l’organo di giustizia sportiva di prime cure ha accolto

il deferimento interposto dal Procuratore Federale della FIGC e per l’effetto condannato la società

U. S. SCALEA 1912, partecipante al campionato di Eccellenza, alla sanzione della penalizzazione

di un punto nella classifica del girone dell’attuale campionato disputato ex articoli 94 ter comma

tredicesimo delle Norme Organizzative Interne Federali e 8 comma quindicesimo del Codice di

Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio nonché il presidente pro tempore della

medesima in virtù di asserita responsabilità diretta, alla sanzione dell’inibizione allo svolgimento di

funzioni federali per un mese ex articolo 4 comma primo del Codice di Giustizia Sportiva della

Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Ha ipotizzato l’Ufficio di Procura della Federazione Italiana Giuoco Calcio che ad opera di U.

S. SCALEA 1912 fosse stata posta in essere la condotta, integrativa dell’illecito di cui agli articoli

94 ter comma tredicesimo delle Norme Organizzative Interne Federali e 8 comma quindicesimo del

Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio, di mancato tempestivo

pagamento delle spettanze economiche, pari ad Euro 250,00 (duecentocinquanta/00), riconosciute

ad un ex allenatore iuxta lodo pronunciato dal Collegio Arbitrale presso la Lega Nazionale

Dilettanti addì 18 aprile 2009 e pubblicato nel comunicato ufficiale 152/2009 (precisamente

NOTE A SENTENZA111

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Tardivo adempimento del lodo…

rimontante al 24 aprile 2009) indi comunicato all’odierna ricorrente attraverso raccomandata

postale inviata addì 05 maggio 2009 ma recapitata addì 07 maggio 2009.

È emerso nel corso del giudizio di primo grado che il presidente di U. S. SCALEA 1912

avesse provveduto soltanto in data 13 luglio 2009 a bonificare la testé descritta somma spettante

all’avente diritto a favore del Comitato Regionale Calabria della Federazione Italiana Giuoco

Calcio, nella vana attesa che lo stesso rilasciasse la mai fornita quietanza liberatoria.

Due sono le tesi avanzabili onde sostenere l’erroneità della decisione in rassegna: una prima,

concernente l’insussistenza del presunto illecito di causa, ed una seconda, afferente la sussistenza

attenuata del presunto illecito di causa.

Secondo la prima tesi, la decisione applicata dall’organo giurisdizionale che ha pronunciato la

sentenza gravata è stata errata per insussistenza dell’illecito ritenuto sotteso e si sarebbe prestata alla

riforma mediante annullamento.

Difatti l’illecito di cui agli articoli 94 ter comma tredicesimo delle Norme Organizzative

Interne Federali e 8 comma quindicesimo del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione

Italiana Giuoco Calcio si verifica soltanto nell’ipotesi in cui le spettanze economiche

arbitrativamente riconosciute a favore di personale tecnico vengano del tutto omesse e non

corrisposte.

La corresponsione intempestiva, ossia oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione del

lodo decisivo, non ricade nell’alveo delle fattispecie regolate dagli articoli 94 ter comma

tredicesimo delle Norme Organizzative Interne Federali e 8 comma quindicesimo del Codice di

Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Allorché, come nel caso di specie, la magistratura federale inquirente avvii la propria indagine

a corresponsione avvenuta, altre e differenti sono le fattispecie di illecito di cui può essere sospetta

ed eventuale la verificazione.

Ciò in quanto i termini ex articoli 94 ter comma tredicesimo delle Norme Organizzative

Interne Federali e 8 comma quindicesimo del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione

Italiana Giuoco Calcio non sono perentori.

A conferma si richiama all’attenzione il parere espresso dalla Corte Federale (C.U. n. 2/CF del

02 agosto 2002) che definisce come perentori esclusivamente i termini che nelle forme federali

NOTE A SENTENZA112

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Tardivo adempimento del lodo…

siano indicati con il riferimento “entro e non oltre”: di guisa che, ravvisandosi nelle norme in

rassegna il solo riferimento “entro”, il termine stesso non può essere qualificato come “perentorio”.

Ma v’è di più.

In qualsiasi procedimento amministrativo il termine perentorio deve essere espressamente

qualificato come tale (Consiglio di Stato, 5794/2007; Tar Friuli Venezia Giulia 708/2001).

Le disposizioni sul procedimento amministrativo possono trovare applicazione ai

procedimenti sportivi, atteso che, per effetto delle disposizioni del Decreto Legislativo 242/1999, le

Leghe sono organizzazioni rappresentative delle società affiliate alle varie Federazioni Sportive

Nazionali, di cui costituiscono organi (Cass. Civ., ss. uu., 154/1999), le quali sono a propria volta

organi con personalità di diritto privato del CONI, soggetto di diritto pubblico (Tar Lazio, Roma,

9429/2003).

Secondo l’altra tesi, la decisione applicata dall’organo giurisdizionale che ha pronunciato la

sentenza gravata è stata errata per sussistenza dell’illecito ritenuto sotteso in modo attenuato e si

sarebbe prestata alla riforma mediante irrogazione di sanzioni più lievi.

Difatti l’articolo 8 comma quindicesimo del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione

Italiana Giuoco Calcio prevede per l’illecito della vicenda contenziosa varie sanzioni diverse da

quelle inflitte in primo grado, precisamente disciplinate dalle lettere a) e b) e c) e g) del comma

primo dell’articolo 18 in riferimento alle società e dalle lettere a) e b) e c) e d) e f) e g) e h) del

comma primo dell’articolo 19 in riferimento ai presidenti delle società.

La sola sanzione inflitta in primo grado è prevista meramente dal disposto 94 ter comma

tredicesimo delle Norme Organizzative Interne Federali della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Tuttavia, tra le disposizioni delle Norme Organizzative Interne Federali della Federazione

Italiana Giuoco Calcio e quelle del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco

Calcio vi è, iuxta disposto dell’articolo 2 comma primo del Codice medesimo, una gerarchia che

pone le prime al di sopra delle seconde.

Sicché all’illecito di causa era pacifico che potessero essere applicate tutte le sanzioni previste

dal disposto dell’articolo 8 comma quindicesimo del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione

Italiana Giuoco Calcio.

Orbene, l’applicazione di sanzioni più lievi può giustificarsi alla luce del comportamento di

buona fede di U. S. SCALEA 1912, che – come in narrativa precisato – ha pagato quanto di

spettanza dell’ex allenatore avente diritto (dunque adempiendo comunque la relativa obbligazione)

seppure in ritardo per l’attesa di una mai formalizzata quietanza liberatoria di costui.

NOTE A SENTENZA113

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Tardivo adempimento del lodo…

L’ammissibilità della circostanza scriminante della buona fede nell’illecito sportivo è stata

acclarata dalla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport del Coni nel lodo arbitrale 08

febbraio 2005 pronunciato nella controversia tra Salerno Corse S.r.l. ed ACI nonché dalla

Commissione Disciplinare Nazionale della Lega Professionisti Serie C nella sentenza di cui al

comunicato 271/C del 12 maggio 2004.

(*) Avvocato in Cosenza, Dottorando di Ricerca in “Impresa, Stato e Mercato” nell’Università Statale degli

Studi della Calabria

NOTE A SENTENZA114

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La violazione dell’articolo2.3….

CAS 2009/A/1892 WADA v. CONI, Ronaldo Sylvester Slay

& Guillermo Jose Diaz GonzalezARBITRAL AWARD

rendered by the

COURT OF ARBITRATION FOR SPORT

sitting in the following composition:

President: Mr. Hans Nater, attorney-at-law, Zurich, Switzerland

Arbitrators: Mr. Michele Bernasconi, attorney-at-law, Zurich, Switzerland

Prof. Jacopo Tognon, attorney-at-law, Padova/Italy

in the arbitration between

World Anti-Doping Agency (WADA), Montreal, Canada

Represented by Mr. François Kaiser, attorney-at-law, Lausanne, Switzerland

– Appellant or WADA–

v.

Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), (if necessary: Tribunale Nazionale

Antidoping) Roma, Italy

– First Respondent or CONI –

Ronaldo Sylvester Slay

– Second Respondent or the Athlete –

Guillermo José Diaz Gonzalez

both Represented by Mr. Enrico Cassi, attorney-at-law, Ragusa, Italy

– Third Respondent or the Athlete –

NOTE A SENTENZA115

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La violazione dell’articolo2.3….

A. The Parties

1The World Anti-Doping Agency ("WADA" or the "Appellant") is a Swiss private law

foundation. Its seat is in Lausanne, Switzerland, and its headquarters are in Montreal, Canada.

WADA was created in 1999 to promote, coordinate and monitor the fight against doping in sport.

2Comitato Olimpico Nazionale Italiano ("CONI" or the "First Respondent") is the Italian

national Olympic committee, which represents all national sports associations in Italy.

3Mr. Ronaldo Sylvester Slay, the Second Respondent, is a professional basketball player.

4Mr. Guillermo José Diaz Gonzales, the Third Respondent, is a professional basketball

player.

B. Undisputed Facts

5On 15 November 2008, on the occasion of a Serie A Championship basketball game

between the Eldo Juve Caserta and the Tercas Teramo teams at Teramo, Italy, the Second

Respondent and the Third Respondent were selected to undertake a doping control. Both Athletes

were playing for the Eldo Juve Caserta team, which is affiliated with the Italian Basketball

Federation.

6Mr. Gianluigi Consalvi ("Mr. Consalvi"), an official of the Italian Basketball Federation,

went to the changing room of the Eldo Juve Caserta team to summon the Athletes to the doping

control station. The Athletes went to the doping control station. They were accompanied by Dr.

Mario Pasqualino Stranges ("Dr. Stranges"), the physician of their team. They arrived at the doping

control station at 23:00. Two players of the Tercas Teramo team, who had also been selected for

sample collection as well as their representative, were already present.

7Dr. Siriano Cordoni ("Dr. Cordoni"), the Doping Control Officer ("DCO"), asked the

Athletes who among them was ready for the sample collection. The Second Respondent provided

his urine sample, but the quantity provided was insufficient for the purposes of doping control.

Consequently, the partial sample provided was sealed.

8Both Athletes then declared that they were not ready for the sample collection and expressed

their intent to take a shower. There was a shower room adjacent to the doping control station. At

23:09 the Athletes left the doping control station.

9Dr. Stranges stayed at the doping control station. He was notified by Dr. Cordoni that the

behaviour of the Second and Third Respondent was incorrect and would be reported in the sample

collection procedure minutes.

NOTE A SENTENZA116

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La violazione dell’articolo2.3….

10 Neither Dr. Cordoni nor Mr. Gianluigi Consalvi followed the Athletes when they left the

doping control station. Visual contact was lost between 23:09 and 23:32.

11 Dr. Stranges returned to the changing room of the Eldo Juve Caserta team. At 23:32, Dr.

Stranges and the two Athletes returned to the doping control station. When they returned, they were

no longer in their game outfits, but were dressed in their team tracksuits. Then, their samples were

collected normally.

12 Individual collection reports were filled in for the Athletes. These reports mention the fact

that the Athletes left the doping control station without authorisation between 23:09 and 23:32. Both

reports were signed by Dr. Cordoni, Mr. Gianluigi Consalvi, Dr. Stranges and the Athlete

concerned.

13 The CONI Anti-Doping Prosecutor ("the Prosecutor") investigated the case and on 21 April

2009 referred the Second and the Third Respondent to the CONI National Anti-Doping Tribunal.

14 On 8 May 2009, the CONI National Anti-Doping Tribunal imposed a sanction of 1 month's

ineligibility on both the Second and the Third Respondent.

C. Proceedings before the Court of Arbitration for Sport

15 On 24 June 2009, the Appellant filed its statement of appeal, together with four exhibits

numbered 1 to 4.

16 On 10 July 2009, the Appellant filed its appeal brief, together with sixteen exhibits

numbered 5 to 20, requesting the CAS to rule that:

1. The Appeal of WADA is admissible.

2. The decision of the TNA in the matter of Mr Ronald Sylvester Slay and Mr Guillermo Jose

Diaz Gonzalez is set aside.

3. Mr Ronald Sylvester Slay is sanctioned with a period of ineligibility of two years starting on

the date on which the CAS enters into force. Any period of ineligibility (whether imposed or

voluntarily accepted by Mr Ronald Sylvester Slay) before the entry into force of the CAS award

shall be credited against the total period of ineligibility to be served.

4. Mr Guillermo Jose Diaz Gonzalez is sanctioned with a period of ineligibility of two years

starting on the date on which the CAS enters into force. Any period of ineligibility (whether

imposed or voluntarily accepted by Mr Guillermo Jose Diaz Gonzalez) before the entry into

force of the CAS award shall be credited against the total period of ineligibility to be served.

5. WADA is granted an Award for costs.

NOTE A SENTENZA117

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La violazione dell’articolo2.3….

17 On 14 August 2009, the Second Respondent and the Third Respondent filed their answer,

together with twelve exhibits numbered 1 to 12. They requested the CAS to rule that:

"Per tutte le ragioni e le eccezioni esposte, I sigg.ri Ronald Sylvester Slay e Guillermo Josè

Diaz Gonzales, per il tramite del sottoscritto difensore, chiedono che l'Onorevole Tribunale

Arbitrale dello Sport adito, per le causali dedotte con la presente memoria o con qualsivoglia

diversa motivazione, rigetti l'atto di appello della Wada ed ogni avversa richiesta ivi dedotta; per

l'effetto confermi la decisione del T.N.A. del Coni a torto impugnata, dando atto che i due atleti

hanno già interamente scontato la sanzione a suo tempo applicata. Solo in via di estremo subordine

e per mero scrupolo di difesa, nella ipotesi in cui codesto Tribunale Arbitrale non dovesse

condividere le nostre difese, siano quantomeno riconosciute ai due atleti tutte le attenuanti del caso

e comminata la sanzione più lieve. Sempre con vittoria di spese e compensi di difesa."

18 CONI has not filed any answer.

19 On 22 October 2009, a hearing was held at the Court of Arbitration for Sport in Lausanne,

Switzerland.

20 At the hearing, WADA was represented by the attorneys Mr. Edgar Philippin and Mr. Yvan

Henzer. CONI was not represented at the hearing. The Second and the Third Respondent were

represented by Mr. Enrico Cassi and Ms. Fulvia Orecchio. Ms. Giovanella D'Andrea acted as

interpreter. The Panel heard oral arguments from the representatives of each of the parties and heard

the testimonies of the Second and the Third Respondent. Oral evidence was given by Ms. Anne

Marie Litt and by telephone, by Mr. Gianluigi Consalvi, Dr. Siriano Cordoni, Dr. Mario Pasqualino

Stranges, Mr. Pierfrancesco Betti and Mr. Fabrizio Frates. Each of the witnesses was invited by the

President of the Panel to tell the truth subject to the consequences provided by the law. Each witness

was examined and cross-examined by the parties and questioned by the Panel. After the parties'

final arguments and upon request by the President, the parties confirmed that they had a fair chance

to present their case. Thereafter, the Panel closed the hearing and announced that its award would be

rendered in due course.

D. The Parties' Submissions

1. The Appellant's Submissions

21 This is a non exhaustive summary of the written and oral submissions made on behalf of

WADA:

22 By its appeal WADA challenged the interpretation of the CONI Anti-Doping Rules by the

CONI National Anti-Doping Tribunal and submitted that Article 2.11 should apply in addition to the

NOTE A SENTENZA118

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La violazione dell’articolo2.3….

"ordinary rules" and consequently the Second and Third Respondent should have been sanctioned

under Article 2.3 of the CONI Anti-Doping Rules 2008, which is a mandatory provision and

provides that "Refusing or failing without compelling justification, to submit to Sample collection

after notification as authorized in applicable anti-doping rules or otherwise evading Sample

collection" constitutes an anti-doping rule violation. WADA submitted that a violation by "refusing

or failing to submit to Sample collection" may be based on either intentional or negligent conduct of

the Athlete. Whereas WADA does not consider the Athletes' behaviour as a refusal or failure to

submit to sample collection, WADA is of the view that the Athletes did otherwise evade sample

collection.

23 Furthermore, WADA submitted that according to Article 6.2 of the Istruzioni operative

della Commissione Anti-Doping of the CONI, "the Athletes must appear as soon as possible in the

anti-doping test station […] and must be in constant sight of, and directly observed by the personnel

assigned to the collection, from the moment of notification until the specimen is produced." and that

pursuant to Section 5.4.1 (e) of WADA's International Standard for Testing, it is the athlete's

responsibility to "remain within sight of the DCO/Chaperone until the completion of the sample

Collection procedure." WADA refers to CAS 2008/A/1557 (WADA v. Mannini and Possanzini, 1st

award, Nr. 59 to 63).

24 WADA refused the Athletes' statements that the doping control station was not sufficiently

spacious, not appropriately heated and that there wasn’t hot water in the showers. WADA further

contends that these statements – if they were correct – would constitute "compelling justification".

25 WADA further submitted that under Article 2.12 of the CONI Anti-Doping Rules, Article

2.11 of these rules applies in addition to the ordinary rules, i.e. to Article 2.3 of the CONI Anti-

Doping Rules.

26 Based on these grounds, WADA argued that the ordinary two-year period of ineligibility

provided for by Article 10.4.1. of the WADA Code ("WADC") should apply to the Second and

Third Respondent. In any case, the period of ineligibility shall not be less than one year.

2. The Respondents' Submissions

27 The Second and the Third Respondent submitted that they did not commit any fault

because they cannot be said to have refused or failed without compelling justification to submit to

sample collection or to have otherwise evaded sample collection. They refer to CAS/2008/A/1551,

Cherubin/Coni/Wada and to CAS/2008/A/1557, 2nd award, WADA/Possanini-Mannini/FIGC).

NOTE A SENTENZA119

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La violazione dell’articolo2.3….

28 Both Athletes further submitted that "otherwise evading sample collection" according to

Article 2.3 of the CONI Anti-Doping Rules required an intentional doing, which was not the case as

with regard to their behaviour and their intentions.

29 According to the Respondents, they were not sufficiently informed about the procedural

rules of sample taking.

30 Moreover, the Athletes submitted that it was not compelling that Article 2.11 of the CONI

Anti-Doping Rules apply in addition to Article 2.3 of these rules.

E. Issues of Fact

31 Before the Panel a dispute of fact arose as to what happened at the doping control station

after the basketball game of 15 November 2008 between the Eldo Juve Caserta team and the Tercas

Teramo team.

32 The Appellant asserted that the Athletes left the doping control station to take a shower,

although Dr. Cordoni and Mr. Consalvi had previously urged them in an understandable manner not

to leave the doping control station. The Appellant stressed that the Athletes had no difficulty in

understanding Dr. Cordoni when he asked them in Italian whether they wanted him to pour the

sample in the official container to be sealed and sent to the laboratory.

The Appellant also submitted that Dr. Cordoni had told the Athletes that a shower room was

adjacent to the doping control station and had offered the Athletes to take a shower there.

33 The Second and Third Respondent maintained that they did not understand any Italian and

that neither Dr. Cordoni nor Mr. Consalvi spoke English. Further, both Athletes described the

doping control station as a small and cold room, with a shower with only cold water.

At the hearing, the Second Respondent stated that it was too cold in the doping control station

to take a shower. He further said that he had asked whether he may take a shower in the changing

room, but that he did not receive an answer. Instead, the officials exchanged a few words among

themselves. The Second Respondent submitted that no one had told him that he was not allowed to

leave the doping control station. The Third Respondent essentially stated the same as the Second

Respondent. Both Athletes reiterated that they had believed they were allowed to leave the doping

control station and then come back.

34 In his testimony, Dr. Stranges confirmed the Athletes' description of the doping control

station. He testified that one of the Teramo players had told him that the water in the shower

adjacent to the doping control station was cold. He said that there was water on the floor and that he

had the impression that it was dangerous to take a shower there.

NOTE A SENTENZA120

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La violazione dell’articolo2.3….

Mr. Pierfrancesco Betti, the sporting director of the Juve Caserta team, testified that, when the

game was over, he waited outside the doping control station. He stated that the door of the doping

control station was open and that the doping control station was a small and cold place. In contrast,

Dr. Cordoni and Mr. Consalvi testified that the room was warm and spacious enough and that there

was hot water in the shower.

35 Dr. Cordoni testified that the Athletes left the doping control station despite his and Mr.

Consalvi's warning. According to Mr. Consalvi's testimony to the Panel, when the Athletes had

manifested their intention to leave the doping control station for taking a shower, Dr. Cordoni

invited Dr. Stranges to tell the Athletes that they could take a shower in the doping control station

and that someone should get their clothes. Mr. Consalvi further stated that the Athletes then decided

to go to the changing room and that he and Mr. Cordoni immediately warned Dr. Stranges that this

was forbidden. Mr. Consalvi's and Dr. Cordoni's statements partially corresponded to what Dr.

Stranges had told the Prosecutor. Before the Prosecutor, Dr. Stranges stated that, when the Athletes

were asked whether they could leave, Dr. Cordoni "ha simplicemente risposto no". Dr. Stranges,

however, when examined as a witness before the Panel, testified that it was a misunderstanding, as

one of the officials must have told them that they could go and take a shower. Dr. Stranges testified

that he got the impression that the Athletes had been permitted to leave the doping control station.

He told the Panel that only after the Athletes had left the room did the officials indicate to him that

the Athletes were not allowed to take a shower in the changing room. He testified that he then went

to call them back.

36 It remained unclear at what point in time Dr. Cordoni and Mr. Consalvi asked Dr. Stranges

to prevent the Athletes from leaving the doping control station. When examined by the Prosecutor,

Mr. Consalvi stated that he told Dr. Stranges that the Athletes were not allowed to leave the room at

a point in time when the Athletes had already left. Mr. Consalvi was unclear in this regard in his

testimony to the Panel. There he stated that he confirmed to Dr. Stranges that the Athletes were not

allowed to leave the doping control station before they had left.

37 Dr. Cordoni testified that he did not speak English. Dr. Cordoni further testified to have

told Dr. Stranges to act as a translator on behalf of the Athletes. Dr. Stranges, however, in his

testimony to the Panel, testified that he did not speak nor understand English and that Dr. Cordoni

did not ask the Athletes whether they needed an interpreter. Dr. Cordoni further stated that Mr.

Consalvi tried to make clear to the Athletes that they were not allowed to leave the doping control

station. According to Dr. Cordoni, Mr. Consalvi addressed the Athletes in English. In his testimony

NOTE A SENTENZA121

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La violazione dell’articolo2.3….

to the Panel, Mr. Consalvi stated that he speaks little English. He further stated that he and Dr.

Cordoni addressed the Athletes in English. However, as already stated above, Dr. Cordoni said that

he does not speak English.

38 The Athletes' admission that they were taking a shower in the changing room after having

left the doping control station was supported by Dr. Stranges' testimony, according to which, at

some point in time, he went to the changing room and instructed the Athletes to return to the doping

control station as soon as they had finished to take the shower. He then stayed with the Athletes

until they had finished. Dr. Stranges further stated that the door of the changing room was open all

the time. Mr. Consalvi testified that he did not follow the Athletes when they left the room because

he had to supervise another athlete who was submitting to sample collection.

39 Both Athletes testified that they were not familiar with the anti-doping rules and, in

particular, not with the procedural rules. Dr. Cordoni and Mr. Consalvi disagreed and testified that it

was generally recognised that the players must remain under the visual control of the officials

during the doping control. In contrast, Mr. Fabrizio Frates, the coach of the Juve Caserta team

testified that the Athletes were informed on the forbidden substances but not on the procedure of

sample collection. He testified that he assumed that the Athletes were aware of the gravity of the

sanction of any anti-doping offences. In her oral testimony to the Panel, Ms. Anne Marie Litt,

secretary to the Associazione Italiana Giocatori di Basket (the "GIBA"), confirmed the testimonies

of the Athletes and Mr. Frates. She stated that she had been working with the GIBA for 25 years and

with the Union of Basketball Players (the "UBA") for ten years. She testified that the national

federation had never circulated any information about the procedural rules concerning sample

collection among the basketball players in Italy.

Dr. Stranges testified that he could not remember that Dr. Cordoni had informed him or the

Athletes on the procedure. But he clearly stated that Dr. Cordoni did not explain their rights and

obligations to the Athletes on the relevant evening. Mr. Betti, in his testimony to the Panel,

confirmed that the basketball players were not familiar with the procedural rules regarding sample

collection.

II. Procedural Issues

A. Jurisdiction of the CAS

40 According to Article R47 of the Code, an appeal against the decision of a federation,

association or sports-related body may be filed with the CAS insofar as the statutes or regulations of

NOTE A SENTENZA122

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La violazione dell’articolo2.3….

this body so provide and insofar as the Appellant has exhausted the legal remedies available to him

prior to the appeal, in accordance with the statutes or regulations of this sports-related body.

41 Under Article R47 of the Code, the CAS has jurisdiction in the present case if the rules

governing CONI and the Italian Basketball Federation so provide and if WADA has exhausted the

legal remedies available to it.

42 The Panel is of the view that the conditions of Article R47 of the Code are met.

43 Pursuant to Article 13.2.3 of the WADC, which is incorporated into the CONI Anti-Doping

Rules by reference in Article 1.4 of its Appendix G, WADA has the right to appeal to CAS against

the final decision taken at the national level. According to Article 3.22 of Appendix H to the CONI

Anti-Doping Rules all the decisions adopted by the Tribunale Nazionale Antidoping can be

appealed by the interested parties.

44 Based on these grounds, the Panel considers that CAS has jurisdiction. This is also

confirmed by the fact that the Appellant and the Second and the Third Respondent have signed the

Order of Procedure on 1 October 2009 and recognised CAS jurisdiction.

B. Applicable Law

45 Article R58 of the Code provides that the Panel shall decide the dispute according to the

applicable regulations and the rules of law chosen by the parties or, in the absence of such a choice,

according to the law of the country in which the federation, association or sports-related body which

has issued the challenged decision is domiciled or according to the rules of law, the application of

which the Panel deems appropriate. In the latter case, the Panel shall give reasons for its decision.

46 In the case at hand, both parties have invoked the CONI Anti-Doping Rules. Consequently,

such regulations shall apply. Additionally, these rules are applicable for the following reasons: On

15 November 2008, both Athletes were licensed players of the basketball team Eldo Juve Caserta,

which is affiliated to the Italian Basketball Federation. The regulations of this federation are

applicable.

47 Article 37.2 of the Judiciary Regulations of the Italian Basketball Federation refers to the

Anti-Doping Regulations of the CONI. Accordingly, the CONI Anti-Doping Rules are applicable.

48 The CONI Anti-Doping Rules in force on 15 November 2008 were the CONI Anti-Doping

Rules 2008. Those rules basically incorporate the WADC mandatory provisions and the WADA

International Standards.

49 The WADC 2009 has been applicable since 1 January 2009. However, the already pending

case at hand is governed by the substantive anti-doping rules in force at the time the anti-doping

NOTE A SENTENZA123

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La violazione dell’articolo2.3….

rule violation occurred, unless the principle of lex mitior requires the application of the WADC

2009.

50 The relevant anti-doping rule is Article 2.3 of the CONI Anti-Doping Rules, which reads as

follows:

"Refusing or failing without compelling justification, to submit to Sample collection after

notification as authorized in applicable anti-doping rules or otherwise evading Sample collection."

III. In Law

51 Given the parties' submissions and prayers for relief, the main issue raised is whether the

conditions to find a violation of Article 2.3 of the CONI Anti-Doping Rules are met. On the basis of

the evidence presented to the Panel, the Panel finds what follows.

52 WADA has not succeeded in establishing to the comfortable satisfaction of the Panel when

and in what form the Athletes were made aware that they were told let alone directed not to leave

the anti-doping station in a manner which enabled them to understand that they would be in breach

of their duties if they did so. Although both Mr. Consalvi and Dr. Cordoni testified that they urged

the Athletes not to leave the doping control station, they did not clearly state that they spoke directly

to the Athletes in a manner which enabled the Athletes to understand. Mr. Consalvi testified that,

after the Athletes had shown their intention to leave the doping control station, Dr. Cordoni had

invited Dr. Stranges to tell them that they could take a shower in the doping control station and that

someone should bring their clothes. Mr. Consalvi further testified that the Athletes then decided to

go to the changing room and that he and Mr. Cordoni immediately warned Dr. Stranges that this

was forbidden. Dr. Cordoni testified that Mr. Consalvi had tried to make clear to the Athletes that

they were not allowed to leave the doping control station. According to Dr. Cordoni, Mr. Consalvi

addressed the Athletes in English. However, in his testimony to the Panel, Mr. Consalvi testified

that he speaks only little English. Further, it has to be noted that whereas Mr. Consalvi testified that

he and Dr. Cordoni addressed the Athletes in English, Dr. Cordoni testified that he does not speak

English. The Panel takes the view that the evidence submitted is not sufficient to establish that the

Athletes were told in an unequivocal and understandable manner not to leave the doping control

station to take a shower in their changing room.

53 For the above factual reasons, in the particular circumstances of this case, no liability

under Article 2.3. of the CONI Anti-Doping Rules has been established.

54 Even if it had been established that the Athletes left the doping control station despite an

unequivocal refusal of permission to do so, the Panels' findings would not be different. It is

NOTE A SENTENZA124

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La violazione dell’articolo2.3….

undisputed that Dr. Stranges went after the Athletes and instructed them to return to the doping

station. It is further undisputed that the Athletes followed this instruction at 23:32 and submitted

themselves to sample collection. The samples of both Athletes were tested, and the test results were

negative. Neither party contended that the Athletes were doing something other than taking a

shower in an open, accessible and monitorable changing room during their absence from the doping

control station. It is further undisputed that the Second Respondent started to submit himself to

sample collection before he left the doping control station to take a shower, although the quantity of

urine provided was insufficient. For these factual reasons, the Panel is not satisfied that even if it

were established that the Athletes left the doping control station despite an unequivocal instruction

not to do so, the behaviour of the Athletes would constitute a "refusal" or a "failure" or an

"otherwise evading" under Article 2.3 of the CONI Anti-Doping Rules.

55 Based on this conclusion, the Panel needs not discuss the question of whether or not

Article 2.11 of the CONI Anti-Doping Rules applies in addition to Article 2.3 of these rules.

56 On all these grounds, the Panel concludes that the Appellant's prayers for relief are to be

rejected and the Appeal is to be dismissed and the appealed decision confirmed.

57 Against the above background, all other prayers or requests are dismissed.

A. Costs

58 The costs of disciplinary cases of an international nature ruled in appeal are governed by

Article R65 of the Code. According to Article R65.1 subject to Article R65.2 and R65.4, the

proceedings shall be free. The fees and costs of the arbitrators, calculated in accordance with the

CAS fee scale, together with the costs of the CAS are borne by the CAS.

59 There was a request for costs on the part of the Appellant. Article R65.3 of the Code

provides that the Panel shall decide which party shall bear the costs of the parties, witnesses, experts

and interpreters, or in what proportion the parties shall share them, taking into account the outcome

of the proceedings as well as the conduct and financial resources of the parties.

60 In light of the result of these proceedings, the Appellant shall bear the costs of arbitration

and shall pay to the Second and Third Respondent a contribution of total CHF 6'000.– towards their

legal fees.

ON THESE GROUNDS

NOTE A SENTENZA125

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La violazione dell’articolo2.3….

The Court of Arbitration for Sport rules that:

1. The appeal filed by the Appellant on 24 June 2009 is dismissed.

2. The decision issued by the CONI National Anti-Doping Tribunal on 8 May 2009 is upheld

and is not to be set aside.

3. The Appellant is ordered to pay to the Second and Third Respondent a total sum of CHF

6'000.– as a contribution to their legal fees.

4. All further or other prayers for relief are dismissed.

NOTE A SENTENZA126

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La violazione dell’articolo2.3….

LA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 2.3 DEL CODICE WADA E LA VALUTAZIONE

DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO NEL CASO DI SPECIE

NOTA A LODO ARBITRALE CAS 2009/A/1892 WADA VS. CONI, RONALDO SYLVESTER SLAY & GUILLERMO JOSE DIAZ GONZALEZ – DICEMBRE 2009

di Andrea Petretto (*)

I – Il caso

In occasione della partita di pallacanestro del campionato italiano di serie A tra le squadre

Eldo Juve Caserta e Tercas Teramo, disputatasi in data 15 novembre 2008, gli atleti Ronaldo

Sylvester Slay e Guillermo Josè Diaz Gonzales, entrambi professionisti, venivano selezionati al fine

di essere sottoposti al test antidoping.

L’ufficiale incaricato dalla Federazione Italiana Pallacanestro provvedeva, dunque, a recarsi

negli spogliatoi della Eldo Juve Caserta al fine di notificare la convocazione ai suddetti atleti

affinché si recassero nella stanza adibita a tale controllo.

Gli atleti, senza opporre alcun rifiuto, venivano accompagnati dal medico della squadra di

appartenenza nella suddetta stazione di controllo dove erano già presenti altri due atleti della

squadra avversaria.

Il Doping Control Officer (D.C.O.), provvedeva, quindi, alla richiesta di procedere al

raccoglimento del campione di urina da analizzare.

Il secondo resistente si accingeva, quindi, ad effettuare tale campione e a consegnare lo stesso

al D.C.O., che, però, non lo riteneva sufficiente.

Non riuscendo nell’intento chiesero di poter effettuare una doccia.

Il contatto visivo, a seguito di detta richiesta, veniva, però, perso per circa 20 minuti quando i

due atleti facevano ritorno nelle loro divise di squadra al fine di provvedere ad effettuare il suddetto

prelievo e consegnare così i loro campioni.

NOTE A SENTENZA127

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La violazione dell’articolo2.3….

Nei reports consegnati e sottoscritti dagli stessi atleti, dal D.C.O. e dall’ufficiale F.I.P.,

comunque, veniva fatta menzione, che i due atleti lasciavano la stanza senza alcuna autorizzazione.

A seguito delle investigazioni effettuate dal procuratore incaricato, in data 21 aprile 2009,

entrambi gli atleti venivano deferiti al Tribunale Antidoping del C.O.N.I. che, in data 8 maggio

2009, ha deciso per la sospensione di un mese di entrambi gli atleti.

Il 24 giugno 2009 la W.A.D.A., dunque, impugnava detta decisione del Tribunale Nazionale

Antidoping del C.O.N.I., richiedendo alla Corte di Arbitrato per lo Sport (C.A.S.) di riformare la

medesima e per l’effetto condannare i due atleti ad una sospensione pari a due anni, o, in via

subordinata, di un anno.

A seguito dell’esame di quanto sottoposto alla suddetta Corte arbitrale, la medesima statuiva

la conferma della decisione del Tribunale Nazionale Antidoping del C.O.N.I. e, per l’effetto,

respingeva quanto richiesto dall’appellante W.A.D.A..

II – L’art. 2.3 del Codice W.A.D.A. e la perdita del contatto visivo tra l’atleta

L’appello formulato dalla W.A.D.A. è incentrato sulla violazione dell’art. 2.3 del

Regolamento Antidoping del C.O.N.I., secondo cui rappresenta violazione delle norme antidoping

la “mancata presentazione o rifiuto, senza giustificato motivo, di sottoporsi al prelievo dei campioni

biologici previa notifica, in conformità con la normativa antidoping applicabile, o comunque

sottrarsi in altro modo al prelievo dei campioni biologici”.1

Ebbene, nel caso in esame, il comportamento tenuto dagli atleti non è stato interpretato come

idoneo a costituire un rifiuto, ovvero un atteggiamento volto a sottrarsi dall’effettuazione del

controllo.

Il Collegio arbitrale giudicante, infatti, non ha ritenuto di ravvisare alcuna responsabilità

secondo quanto statuito dall’art. 2.3 del Regolamento Antidoping del C.O.N.I. sostenendo, invero,

che pur ammettendo quanto delineato dall’Appellante W.A.D.A. la decisione del Collegio C.A.S.

non sarebbe stata differente.

1 Il Commento all’art. 2.3 (Codice WADA 2003) recita: “Failure or refusal to submit to Sample collection after notification was prohibited in almost all pre-Code anti-doping rules. This Article expands the typical pre-Code rule to include ‘otherwise evading Sample collection’ as prohibited conduct. Thus, for example, it would be an anti-doping rule violation if it were established that an Athlete was hiding from a Doping Control official to evade notification or Testing. A violation of ‘refusing or failing to submit to Sample collection’ may be based on either intentional or negligent conduct of the Athlete, while ‘evading’ Sample collection contemplates intentional conduct by the Athlete.”

NOTE A SENTENZA128

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La violazione dell’articolo2.3….

Gli atleti, difatti, si sono comunque sottoposti ai test del caso (il secondo resistente, peraltro,

aveva già effettuato un campione seppur insufficiente) essendosi resi colpevoli del fatto di essersi

allontanati dalla stazione in cui si svolgeva il controllo antidoping al fine di farsi una doccia altrove,

anche se in luogo aperto accessibile e monitorabile, senza conoscere le conseguenze e ignorando

quanto in parte veniva loro riferito seppur non in modo perentorio o inequivocabile.

L’art. 2.3 è stato in precedenza analizzato e fonte di discussione arbitrale (cfr. Lodo CAS

2008/A/1557 WADA vs CONI-FIGC-Mannini, Possanzini2), ma il lodo qui in esame nel suo

sviluppo ha compiuto un passo in avanti approfondendo l’analisi, e delineando meglio l’ambito di

applicazione, del presente articolo al centro della medesima decisione.

Il Collegio, nella decisione in commento, correla precisamente la normativa richiamata, e

ritenuta violata da parte Appellante, alla fattispecie.

A differenza, dunque, di quanto in precedenza tratta in maniera approfondita il perché non sia

da ritenersi violata la norma qui in considerazione, non soffermandosi solo sulla problematica del

(perso) controllo visivo, ma interrogandosi ulteriormente al fine di comprendere come mai, in che

modo, perché, lo stesso controllo sia stato evaso o non sia stato eseguito correttamente.

Nell’analisi che il Collegio fa, invero, mette in luce come non vi sia un semplice e chiaro

intento dei giocatori di sottrarsi a detti controlli, bensì si siano verificate una serie di concause, o

comunque di fatti discordanti e non attualmente provati, che non permettono di inserire la

fattispecie di comportamento nella violazione dell’art. 2.3.

Il Collegio, in realtà, prende in debita considerazione, ad esempio, la mancanza di una

inequivocabile comunicazione che faccia comprendere il comportamento vietato agli atleti da parte

del D.C.O. e dell’ufficiale F.I.P., a cui aggiunge la rilevata e rilevante generale mancanza di una

necessaria quanto completa formazione ed informazione degli atleti stessi delle procedure di

prelievo.

È, proprio in questo, che si ritiene innovatrice e indicatrice la presente decisione.

L’attuale lodo, infatti, evidenzia quanto emerso anche da una testimonianza ritenuta

autorevole (cfr. testimonianza resa della Segretaria della GIBA) secondo cui vi sia una conoscenza

piuttosto diffusa delle sostanze e dei metodi dopanti, ma non parimenti approfondita, invece, quella

delle metodologie di prelievo e di attuazione dei controlli.

2 CAS/2008/A/1557/WADA vs. CONI-FIGG-Daniele Mannini e Davide Possanzini 27.7.2009 (cfr. http://www.tas-cas.org)

NOTE A SENTENZA129

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La violazione dell’articolo2.3….

È emerso, proprio, come gli atleti non fossero totalmente consapevoli delle conseguenze

derivanti dal loro comportamento e che alcuna comunicazione volta al fine di fare comprendere ciò

agli stessi non fosse chiaramente data.

A questo punto, inoltre, è d’uopo una precisazione, ossia come nell’ipotesi di applicazione

dell’art. 2.3 la perdita del contatto visivo dovrebbe precludere l’effettuazione del test essendo lo

stesso oramai svilito da un vizio insanabile che ne pregiudica l’attendibilità.

La ratio del controllo visivo risiede, infatti, nella possibilità che l’atleta possa assumere, nel

lasso di tempo tra avviso e controllo, delle sostanze coprenti o comunque alterare il normale

svolgimento del controllo stesso, inficiandone così la validità e l’efficacia.

È, dunque, alla luce di questa interpretazione l’importanza della presente decisione in

commento che analizza anche il comportamento del D.C.O. e dell’ufficiale della F.I.P. ritenendolo

non del tutto esente da censure, anzi, da rivedere a seguito di una certa approssimazione proprio

nell’attuazione delle procedure medesime e nello svolgimento delle operazioni di controllo.

Una volta perso il contatto visivo, il D.C.O., infatti, diversamente da quanto poi è accaduto,

avrebbe dovuto considerare il test come “rifiutato” e non procedere all’effettuazione delle

operazioni di prelievo.

Nel caso di specie, invece, il prelievo dei campioni biologici è stato eseguito, nonostante la

perdita del contatto visivo e il lasso di tempo di circa 20 minuti tra perdita del contatto visivo e il

prelievo stesso.

A tal riguardo, dunque, il Collegio chiaramente fa proprio un orientamento precedentemente

adottato laddove evidenzia la necessità di concedere agli atleti mezzi e strumenti idonei per avere la

dovuta cognizione e comprensione delle procedure antidoping.

Nell’episodio da cui poi è scaturito il presente lodo, infatti, gli atleti coinvolti testimoniavano

proprio questo, ossia di non essere familiari con le regole antidoping e in particolare con le relative

procedure, circostanza confermata sia dall’allenatore sia dalla Segretaria dell’associazione Italiana

Giocatori di Basket-GIBA.

Avvalorando detto precedente orientamento si intende, dunque, incoraggiare ulteriormente

l’indirizzo allo stesso sotteso secondo cui la possibilità per gli atleti di essere informati è

presupposto fondamentale del sistema disciplinare sportivo e secondo cui le federazioni

internazionali e nazionali devono essere incentivate a predisporre ed implementare procedure e

meccanismi che consentano agli atleti di poter a loro volta rendersi diligenti e responsabili nella

conoscenza della normativa antidoping anche al fine di colmare una generica approssimazione

NOTE A SENTENZA130

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La violazione dell’articolo2.3….

attualmente presente nel sistema dei controlli (si veda il comportamento adottato dal D.C.O. che ha

comunque permesso l’esecuzione dei test nonostante vi fosse stata la perdita del contatto visivo,

portando, dunque, a qualificare implicitamente la condotta come “mero ritardo” piuttosto che

“rifiuto”).

Il Collegio C.A.S., però, nel caso de quo non sembra compiere un ulteriore passo che si

sarebbe ritenuto necessario e aspettato in ordine alla ormai nota genericità dell’art. 2.3, che non

distingue alcunché in merito alle differenti tipologie di controlli e alle relative procedure applicabili

per ognuno di essi.

Diviene quindi possibile, come nel caso di specie, che il 2.3 non trovi applicazione nei casi in

cui l’atleta si discosti dal normale iter dei vari controlli antidoping in “buona fede” e per “ignoranza

scusabile”, stati soggettivi che non possono ricondursi ad un rifiuto.

III – Conclusioni

Appare, dunque, evidente come proprio di fronte anche della suddetta genericità non trovi

applicazione l’art. 2.3 inducendo il Collegio C.A.S. a confermare la decisione di sospensione di

trenta giorni del Tribunale Nazionale Antidoping del C.O.N.I. precedentemente scontata.

Vi è, però, un nuovo elemento da considerare.

Nel caso in esame, infatti, il Collegio giudicante ha effettivamente valutato le circostanze di

fatto che fanno ritenere scusabili e non rientranti nella fattispecie dell’art. 2.3 la condotta degli atleti

essendo imperniata sia su una sottesa “buona fede” sia su una “ignoranza scusabile” degli stessi

circa i controlli e le procedure.

Ha, dunque, mantenuto e considerato rilevanti gli stati soggettivi fattualmente equiparati e,

perciò, atti ad escludere l’applicazione della norma a cui si è affiancato una mancanza della precisa

applicazione della norma stessa e della conseguente procedura da parte degli addetti.

Rimane, però, la ravvisata necessità di una formulazione più dettagliata dell’art. 2.3, che

ancora oggi, non distinguendo in termini di gravosità la sanzione, a seconda se la mancata

sottoposizione al controllo sia frutto di un’intenzione esplicita dell’atleta o di una negligenza dello

stesso, rimane in parte “incompiuta”.

La norma, infatti, non esemplifica delle ipotesi colpose che possano fungere da parametro in

relazione alle varie tipologie di controlli e alle conseguenti diverse procedure antidoping in modo

NOTE A SENTENZA131

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La violazione dell’articolo2.3….

così da definire ulteriormente il modus operandi della stessa disposizione, che, forse volutamente,

rimane in parte generica e indeterminata.

Infatti, qualora l’atleta non osservi correttamente la procedura antidoping, occorrerà verificare

in concreto se tale condotta possa rappresentare un rifiuto di sottoporsi al test o se sia piuttosto

frutto di una mancata o addirittura erronea apprensione della normativa antidoping per causa a lui

non imputabile.

Ebbene il presente lodo accogliendo detta necessità di valutazione in concreto caso per caso

rinnova precedenti impostazioni secondo cui le intenzioni soggettive degli atleti erano irrilevanti

conseguentemente all’effettiva e semplice perdita del contatto visivo che si traduceva

automaticamente in rifiuto.

Con la presente decisione, sembra invece affermarsi l’assoluta valenza dell’elemento

soggettivo della condotta, tale da escludere l’applicazione della norma nell’ipotesi in cui non si

rinvenga una reale intenzione dell’atleta di non sottoporsi al controllo.

In conclusione, dunque, seppure l’attuale formulazione della principale norma qui in esame

permette alla stessa di abbracciare diverse fattispecie, è, però, importate quanto statuito dal presente

lodo lì dove chiaramente e specificamente, attenendosi scrupolosamente al caso di specie, ritiene di

non rilevare alcuna responsabilità in capo agli atleti secondo quanto contenuto nell’art. 2.3,

fornendo, comunque, in parte un parametro in più per una valutazione migliore delle condotte degli

atleti e, dall’altra parte, affermando nuovamente l’importanza della assoluta valenza dell’elemento

soggettivo della condotta tale da escludere l’applicazione della norma stessa nell’ipotesi in cui non

si rinvenga una reale intenzione dell’atleta di non volersi sottoporre al controllo.

(*) Dott. Andrea Petretto, praticante ,assistente Università degli Studi del Foro Italico, Roma

NOTE A SENTENZA132

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PARTE TERZAGIURISPRUDENZA RAGIONATAa cura di Domenico Zinnari e Lucio Giacomardo

SOMMARIO:

TESSERAMENTO MINORILE: BASTA LA FIRMA DI UN SOLO GENITORE - Corte di Giustizia Federale FIGC Sez. V in C.U. n. 175/CGF del 9 marzo 2010. - Riunione del 5 ottobre 2009 in C.U. n.31/CGF.

pag. 134

LEGITTIMI I RIMBORSI NEI CAMPIONATI REGIONALI PURCHE’ RELATIVI A SPESE EFFETTIVAMENTE SOSTENUTE - Commissione Disciplinare Nazionale FIGC in C.U. n. 23/CD del 29 settembre2009

pag.137

IL PROVVEDIMENTO DI PRECLUSIONE E’ IMPLICITO QUALE EFFETTO EX LEGE NELLE DECISIONI DEGLI ORGANI DI GIUSTIZIA SPORTIVA -Corte di Giustizia Federale FIGC Sez. Consultiva in C.U. n. 231/CGF del 28aprile 2010.

pag.142

CASSAZIONE CIVILE SEZ. UN. - 21 OTTOBRE 2009 – N° 22231 pag. 152

CASSAZIONE CIVILE - ORDINANZA N° 5973/09 pag. 156

GIUDICE DI PACE – NAPOLI – N° 11745/09 pag. 160

GIUDICE DI PACE – NAPOLI – N° 11748/09 pag. 164

TAR LAZIO - N. 00241/2010 REG.ORD.COLL. - N. 06515/2007 REG.RIC. pag. 168

133

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Tesseramento minorile...

TESSERAMENTO MINORILE: BASTA LA FIRMA DI

UN SOLO GENITORECorte di Giustizia Federale FIGC Sez. V in C.U. n. 175/CGF del 9 marzo 2010.

Riunione del 5 ottobre 2009 in C.U. n.31/CGF.

RECLAMO F.C. MONTEPONI IGLESIAS AVVERSO LA DECLARATORIA DI

NULLITÀ DEL TESSERAMENTO IN PROPRIO FAVORE DEL CALCIATORE TODDE

FABIANO NATO IL 18.11.1988 (Delibera della Commissione Tesseramenti – Com. Uff. n. 15/

D del 7.12.2007)

Il 10.10.2007, Fabiano Todde, nato a Iglesias il 18.11.1988, adiva la Commissione

Tesseramenti per chiedere l’annullamento del proprio tesseramento, in favore della F.C. Monteponi

Iglesias. Il calciatore lamentava che la richiesta di tesseramento, in data 30.9.2005, era stata

validamente sottoscritta esclusivamente dalla madre, in quanto la firma del padre era apocrifa. La

Commissione Tesseramenti, con deliberazione pubblicata nel Com. Uff. n. 15/D del 7.12.2007,

accoglieva il reclamo.

Il Giudice, verificata l’apocrifia della firma riferita al padre, stabiliva che, in applicazione

dell’ art. 39 comma 2 delle Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. (N.O.I.F.), per la validità del

tesseramento di minori, fosse necessaria la firma di entrambi i genitori, esercenti la potestà

genitoriale. Il 14.12.2007, la F.C. Monteponi Iglesias proponeva ricorso davanti alla Corte di

Giustizia Federale. La società affermava che la richiesta di tesseramento fosse stata validamente

sottoscritta da entrambi i genitori. Fabiano Todde presentava le proprie controdeduzioni in data

22.12.2007. Oltre a richiamare le valutazioni effettuate dalla Commissioni Tesseramenti, il

calciatore precisava, ad ulteriore dimostrazione della propria tesi, che il padre si trovava all’estero,

per lavoro, nel periodo in esame.

La Corte di Giustizia Federale, con ordinanza pubblicata nel Com. Uff. n. 89/CGF del

30.1.2009, a seguito di riunione tenuta il giorno precedente, decideva di rimettere gli atti della causa

alla Procura Federale, per accertare l’apocrifia delle firme. L’1.9.2009, la Procura Federale

comunicava alla Corte l’esito delle indagini. Delle due firme, soltanto quella della madre non era

apocrifa. La Corte di Giustizia, in data 5.10.2009, si riuniva per la decisione.

GIURISPRUDENZA134

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Tesseramento minorile...

La Corte è chiamata a giudicare sulla validità della richiesta di tesseramento di un calciatore

minorenne, sottoscritta esclusivamente da uno dei due genitori esercenti la potestà genitoriale. Le

indagini, rimesse alla Procura Federale, permettono, infatti, di dimostrare che la richiesta di

tesseramento di Fabiano Todde, allora minorenne, venne firmata validamente soltanto dalla madre.

La firma del padre, al contrario, risulta apocrifa.

L’ art. 39 comma 2 N.O.I.F. stabilisce che “la richiesta di tesseramento è redatta su moduli

…., debitamente sottoscritta dal calciatore, e, nel caso di minori, anche dall’esercente la potestà

genitoriale, nonché dal legale rappresentante la società.”. La norma non dispone espressamente la

sottoscrizione di ciascun titolare della potestà genitoriale. Bisogna, allora, verificare se la richiesta

di tesseramento costituisca atto che entrambi i genitori devono congiuntamente porre in essere.

Il quesito trova risposta nella natura degli atti del minorenne. Il codice civile (art. 320)

distingue tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Atti di ordinaria amministrazione

sono quelli che non possiedono un rilevante valore economico, sia in assoluto sia in relazione alla

composizione del patrimonio, e comportano un margine di rischio moderato per il patrimonio

medesimo, garantendone la conservazione del valore (cfr. Cass., sez. III, 15 maggio 2003, n. 7546).

Atti di straordinaria amministrazione sono quelli che non possiedono dette caratteristiche.

Atti, quindi, di disposizione che, soprattutto per il valore economico, determinano un elevato rischio

per la consistenza del patrimonio. Ai sensi dell’art. 320, con elencazione non tassativa, rientrano in

questo gruppo gli atti di alienazione di beni, costituzione di ipoteche, dazione di pegni, accettazione

o rinunzia di eredità, scioglimento di comunioni, contrattazione di mutui o locazioni ultranovennali,

nonché la promozione, la transazione e la compromissione in arbitri di giudizi relativi a tali atti. La

classificazione compiuta dal legislatore si traduce in un differente regime normativo. Il primo

comma dell’art. 320 sancisce: “I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via

esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i

beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si

acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun

genitore”. Ciascun genitore, quindi, ha il potere di compiere autonomamente gli atti di ordinaria

amministrazione. Nelle restanti ipotesi, ovvero per gli atti di straordinaria amministrazione, i

genitori devono agire congiuntamente.

Tutto ciò premesso, la richiesta di tesseramento di un calciatore minorenne deve essere

considerata come atto di ordinaria amministrazione.

GIURISPRUDENZA135

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Tesseramento minorile...

La Corte sostiene che la richiesta di tesseramento non presenta le caratteristiche necessarie

per una differente qualificazione.

Si tratta di atto che, inserendosi nella vita quotidiana di una persona, possiede una rilevanza

economica tale da cagionare un limitato rischio per la consistenza del patrimonio. Del resto, da un

paragone tra questa fattispecie e i casi tipizzati dal codice civile, emerge che gli atti di straordinaria,

visto il valore economico, pongono un pericolo ben maggiore per il patrimonio del minore. Ne

deriva come conseguenza che la richiesta di trasferimento costituisce atto che ciascun genitore ha il

potere di porre in essere autonomamente. E’ sufficiente la sottoscrizione di uno dei due genitori,

esercenti la potestà genitoriale, per la validità del contratto. Nel caso di specie, il tesseramento deve

essere considerato pienamente valido. La firma del padre del calciatore non era necessaria per la

validità della richiesta di tesseramento, debitamente sottoscritta dalla madre. L’apocrifia della firma,

quindi, non inficia la legittimità del contratto.

Ad ulteriore sostegno del giudizio, è possibile richiamare l’art. 317 del codice civile. La

norma, sotto la rubrica “Impedimento di uno dei genitori”, sancisce: “Nel caso di lontananza, di

incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l’esercizio della potestà,

questa è esercitata in modo esclusivo dall’altro”. Al fine di garantire l’esercizio della potestà

genitoriale, il legislatore stabilisce che ciascun genitore può agire esclusivamente, nel caso di

impedimento dell’altro. Per impedimento si intende una circostanza di carattere oggettivo, quale la

lontananza o l’incapacità, che non renda possibile l’esercizio della potestà genitoriale.

Nel nostro caso, il padre del calciatore, come dallo stesso affermato, si trovava all’estero per

lavoro, al momento della sottoscrizione della richiesta di tesseramento. In applicazione dell’ art.

317, la madre del giocatore diveniva automaticamente titolare del potere di agire in modo esclusivo.

Il padre, impedito dalla permanenza all’estero, non aveva oggettivamente possibilità di esercitare la

potestà genitoriale.

La richiesta di tesseramento, quindi, veniva validamente sottoscritta dalla madre, legittimata

ad agire in via autonoma. Alla luce del ragionamento, la Corte di Giustizia Federale considera il

tesseramento del calciatore Fabiano Todde, in favore della F.C. Monteponi Iglesias, conforma alla

disciplina vigente. Per questi motivi la C.G.F. in accoglimento del reclamo come sopra proposto dal

F.C. Monteponi Iglesias di Iglesias (Carbonia-Iglesias) annulla la delibera impugnata e per l’effetto

ripristina il tesseramento del calciatore Todde Fabiano in favore della F.C. Monteponi Iglesias.

Dispone restituirsi la tassa reclamo.

GIURISPRUDENZA136

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

LEGITTIMI I RIMBORSI NEI CAMPIONATI

REGIONALI PURCHE’ RELATIVI A SPESE

EFFETTIVAMENTE SOSTENUTE

Commissione Disciplinare Nazionale FIGC in C.U. n. 23/CD del 29 settembre 2009

APPELLO DELLA PROCURA FEDERALE AVVERSO LA DELIBERA DI

ASSOLUZIONE DELLA SOC. ACD CALCIO THIENE, DEL DIRIGENTE

BRUNO SPINELLA E DEL CALCIATORE GERMANO VISENTIN, EMESSA A

SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO

(delibera CD Territoriale presso il CR Veneto CU n. 81 del 12.6.2009).

Il Ricorso.

La Procura Federale con atto del 19/3/2009 deferiva al giudizio della Commissione Disciplinare

Territoriale del Comitato Regionale Veneto i seguenti soggetti:

Il Sig. Bruno SPINELLA (all’epoca dei fatti Presidente Società ACD Gan Tiene Villaverla Srl, ora

divenuta A.C.D. Calcio Thiene Srl), per rispondere della violazione di cui all’art.1, comma 1 e art.

8, comma 8 del Codice di Giustizia Sportiva in relazione all’art. 94, comma 1 lett. a), delle NOIF

per violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, in quanto in qualità di Presidente della

Società A.C.D. Gan Thiene Villaverla Srl (ora A.C.D. Calcio Thiene Srl), sottoscriveva in data

30.11.2006 un accordo economico privato con il calciatore Visentin Germano, per la corresponsione

di una somma complessiva di € 6.000,00 - quale rimborso spese per la stagione agonistica

2006/2007, violando le norme regolamentari e le disposizioni federali in materia di pattuizioni

economiche con calciatori dilettanti militanti nel Campionato Regionale di Eccellenza;

● il Calciatore Germano VISENTIN (già tesserato Gan Thiene Villaverla – attualmente

vincolato La Marenese), per rispondere della violazione di cui all’art. 1, comma 1 e art. 8, comma 8

del CGS, in relazione all’art. 94, comma 1, lettera a), delle NOIF, per violazione dei principi di

lealtà, correttezza e probità, in quanto nella qualità di calciatore tesserato nella stagione agonistica

GIURISPRUDENZA137

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

2006/2007 per la Società ACD Gan Thiene Vuillaverla Srl (ora ACD Calcio Thiene Srl), militante

nel Campionato Regionale di Eccellenza, sottoscriveva in data 30/11/2006 un accordo economico

privato con la predetta Società, per la corresponsione di una somma complessiva di € 6.000,00,

quale rimborso spese per la stagione agonistica 2006/2007, in violazione delle norme regolamentari

e le disposizioni federali in materia di pattuizioni economiche con calciatori dilettanti militanti nei

Campionati Regionali, e per aver successivamente indebitamente intentato azione presso la

Commissione Vertenze Economiche della F.I.G.C. per il riconoscimento di tali corrispettivi;

● la Società G.S. A.C.D. Calcio THIENE Srl (già A.C.D. Gan Thiene Villaverla Srl), a titolo

di responsabilità diretta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 4, comma 1 del CGS, conseguente

agli addebiti ascritti al Presidente, in relazione alla violazione dell’art. 1, comma 1, e art. 8, comma

8 del CGS. Nel deferimento (scaturito dalla trasmissione da parte del Presidente della Commissione

Vertenze Economiche degli atti relativi al reclamo presentato dal calciatore Visentin Germano

nel confronti della Società A.C.D. Calcio Thiene Srl, afferente il riconoscimento di pretesi

corrispettivi derivanti da un accordo privato stipulato con la predetta Società in data 30.11.2006)

veniva evidenziato che la scrittura privata del 30.11.2006 sottoscritta dal Presidente della Società

A.C.D. Gan Thiene Villaverla Srl e dal calciatore Visentin Germano, a mezzo della quale le parti

avevano convenuto il riconoscimento in favore del calciatore di una somma complessiva di €

6.000,00 quale rimborso spese per la stagione agonistica 2006/2007 relativa al Campionato

Regionale di Eccellenza – e non depositata presso il medesimo Comitato Regionale Veneto

costituiva violazione di cui agli articoli 1, comma 1ed 8, comma 8, del CGS, in relazione all'art. 94,

comma 1 lett. a), delle NolF. La Commissione Disciplinare Territoriale, ritenuto che “…la scrittura

privata sottoscritta dal calciatore Visentin e dalla Società, in allora denominata A.C.D. Gan Thiene

Villaverla Srl, non può essere qualificata quale accordo di carattere economico, dal momento che

essa non prevede l’erogazione di alcun corrispettivo per l’attività sportiva prestata dal calciatore, ma

un semplice rimborso spese, del tutto compatibile con gli oneri verosimilmente sostenuti dal

calciatore Visentin Germano per i trasferimenti dalla sua residenza agli impianti sportivi della

Società A.C. Gan Thiene Villaverla (divenuta. Calcio Thiene Srl).

In questo quadro di riferimento, la convenzione sottoscritta in data 30/11/2006 dai soggetti

indicati in epigrafe appare del tutto lecita e legittima…” dichiarava assolti Visentin Germano, la

Società A.C.D. Calcio Thiene Srl ed il Sig. Bruno Spinella dagli addebiti loro ascritti.

Il Procuratore Federale proponeva ricorso avverso tale decisione deducendo l’erronea

valutazione operata dalla Commissione Disciplinare in merito alla natura della scrittura privata de

GIURISPRUDENZA138

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

qua, atteso che quest’ultima, oltre ad non essere mai stata depositata presso il Comitato Regionale

Veneto ed a creare una situazione di disparità di trattamento economico tra calciatori dilettanti ed

allenatori dilettanti, costituiva una simulazione di accordo economico non depositato presso il

Comitato Regionale, accordo peraltro relativo ad un Campionato Regionale di Eccellenza e non ad

un Campionato Nazionale. Pertanto, il Procuratore Federale concludeva come in atti, reiterando le

medesime richieste di condanna già formulate in sede di deferimento.

Nei termini assegnati, gli incolpati non hanno fatto pervenire alcuna memoria difensiva. In

data 24.09.2009 – e quindi tardivamente – il calciatore Germano Visentin, a mezzo del proprio

procuratore, faceva pervenire a mezzo telefax una memoria difensiva. Alla riunione odierna è

comparso il Rappresentante della Procura Federale il quale ha chiesto la dichiarazione di

responsabilità dei deferiti e l’irrogazione della sanzione dell’inibizione per anni 2 (due) per il Sig.

Spinella Bruno, della squalifica per anni 1 (uno) per il calciatore Visentin Germano e di punti 2

(due) di penalizzazione da scontare nella Stagione Sportiva 2009-2010 e dell’ammenda di €

5.000,00 per la Società A.C.D. Calcio

Thiene Srl.

Per gli incolpati nessuno è comparso.

I motivi della decisione.

La Commissione, esaminati gli atti, sentite le parti, non ritiene meritevole di accoglimento ilc

ricorso presentato dalla Procura Federale. A tal proposito, va rilevato che l’art. 94 lett. a) delle

NOIF vieta “…accordi che prevedano compensi, premi ed indennità in contrasto con le norme

regolamentari, con le pattuizioni contrattuali e con ogni altra disposizione federale…”.

Al contempo, si osserva che, mentre l’art. 94 ter delle NOIF prevede la possibilità per i

calciatori partecipanti ai Campionati Nazionali della Lega Dilettanti di stipulare accordi economici

con la determinazione in favore dei calciatori di indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spese e

voci premiali, l’art. 39, comma II°, del Regolamento della LND, prevede che “…sono vietati e nulli

ad ogni effetto e comportano il deferimento agli organi di Giustizia Sportiva gli accordi e le

convenzioni scritte e verbali di carattere economico tra Società e calciatori non professionisti e

giovanili dilettanti…”, mentre l’art. 29, comma III° delle NOIF dispone che “…esclusivamente ai

calciatori tesserati per Società partecipanti ai Campionati Nazionali della LND possono essere

erogati rimborsi forfettari di spesa, indennità di trasferta e voci premiali, ovvero somme annuali

GIURISPRUDENZA139

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

secondo il disposto dell’art. 94 ter, nel rispetto della legislazione fiscale vigente ed avuto riguardo a

quanto previsto dal CIO e dalla FIFA…”.

Conseguentemente, in forza di quanto sopra, i calciatori partecipanti ai Campionati Nazionali

della Lega Dilettanti, previ accordi economici da depositarsi presso i Comitati Regionali ed entro

determinati limiti, possono percepire somme dalla Società per cui sono tesserati, oltre che a titolo di

rimborsi forfettari di spesa, anche a titolo di indennità di trasferta e voci premiali.

La possibilità di stipulare i predetti accordi economici che prevedano l’erogazione in favore

dei calciatori delle indennità di trasferta e delle voci premiali non è invece normativamente prevista

per i calciatori dilettanti partecipanti a Campionati Regionali e/o Provinciali, e la ratio di tale

mancata previsione deve ricercarsi nel fatto che si mira a tutelare e preservare giustamente il

carattere ludico di tali competizioni, carattere che sarebbe del tutto inconciliabile con eventuali

corrispettivi erogati ai calciatori per remunerare la loro attività sportiva prestata.

Ciò posto, risulta ora necessario soffermarsi sulla diversa natura dei rimborsi forfettari di

spesa onde verificare se la loro eventuale erogazione sia conciliabile con il carattere ludico dei citati

Campionati Regionali e Provinciali.

Orbene, secondo le suddette norme ed a parere di Codesta Commissione, per accordo di

carattere economico – ed in quanto tale vietato per i Campionati Regionali e Provinciali - si deve

intendere qualunque convenzione diretta ad ricompensare economicamente il calciatore per

l’attività sportiva svolta in favore della Società così da snaturare il principio ludico che caratterizza

l’esercizio dell’attività sportiva dei calciatori dilettanti.

Al contrario, il rimborso spese forfettario erogato dalla Società al calciatore nei limiti previsti

dalla normativa fiscale – e purché le somme erogate siano tali da costituire effettivamente un

indennizzo proporzionato alle reali spese sostenute di volta in volta e non un velato corrispettivo -

non costituisce una locupletazione economica per il calciatore, bensì solamente un ristoro delle

spese sostenute dal calciatore per l’esercizio dell’attività sportiva, spese che quindi possono essere

poste a carico della Società.

Pertanto, ogni convenzione stipulata tra calciatore e Società dilettantistica iscritta ai

Campionati Regionali e Provinciali che abbia ad oggetto rimborsi forfettari di spese nei limiti

previsti dalla normativa fiscale – e purché tali somme siano di importi tali da costituire

effettivamente un indennizzo delle spese sostenute e non un velato corrispettivo per l’attività

sportiva prestata - è legittima in quanto questi sono diretti al ristoro delle spese sostenute dal

calciatore, senza perciò comportare alcun arricchimento per il calciatore stesso.

GIURISPRUDENZA140

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

Nel caso di specie, il calciatore Visentin ha stipulato con la Società una convenzione che

prevedeva in favore del medesimo calciatore un rimborso spese forfettario prevedente il pagamento

di € 2.000,00 alla fine del mese di dicembre 2006, di ulteriori € 2.000,00 alla fine del mese di marzo

2007 ed di ulteriori € 2.000,00 alla fine del Campionato di Eccellenza.

Orbene, in virtù di quanto sopra esposto, tale convenzione riferita al rimborso spese

forfettario deve ritenersi pienamente legittima, ai sensi dell’art. 39 del Regolamento della LND e

dell’art. 94 lett. A) delle NOIF, in quanto non diretta ad erogare un corrispettivo economico al

calciatore per l’attività sportiva prestata in favore della Società, anche in considerazione della

quantificazione economica operata che sembra essere appunto congrua con le finalità di

indennizzare esclusivamente il calciatore per le spese sostenute negli spostamenti, spese che, in

relazione alla frequenza degli spostamenti chilometrici del calciatore, risultano essere contenute

entro i limiti delle Tabelle ACI depositate nel precedente grado di giudizio.

Il Dispositivo.

Per tali motivi, la Commissione respinge il ricorso.

GIURISPRUDENZA141

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

IL PROVVEDIMENTO DI PRECLUSIONE E’

IMPLICITO , QUALE EFFETTO EX LEGE NELLE

DECISIONI DEGLI ORGANI DI GIUSTIZIA SPORTIVA

Corte di Giustizia Federale FIGC Sez. Consultiva in C.U. n. 231/CGF del 28 aprile 2010.

Riunione del 13 aprile 2010 .

RICHIESTA DEL PRESIDENTE FEDERALE DI PARERE

INTERPRETATIVO DELL’ART. 19, COMMA 3, C.G.S.. AI SENSI

DELL’ART. 31, COMMA 1 LETT. D) C.G.S.

Oggetto

Richiesta di parere interpretativo inviata il 31 marzo 2010 dal Presidente Federale ai sensi

dell’art. 31, comma 1, lett. D) C.G.S., in ordine all’art. 19, comma 3 C.G.S.: L’art. 14, comma 2, del

Codice di Giustizia Sportiva, vigente fino al 30 giugno 2007 (allegato 1), prevedeva che qualora

l’organo di giustizia avesse valutato di particolare gravità l’infrazione, irrogando nei confronti dei

tesserati la sanzione nella durata massima di 5 anni, avrebbe potuto proporre al Presidente Federale

la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.

Il successivo codice di giustizia sportiva, emanato il 21 giugno 2007 dovendo adeguarsi

all’art.18 dei principi fondamentali degli statuti federali del C.O.N.I. (all.2), che prevede la netta

separazione tra gli organi di gestione sportiva e gli organi di giustizia sportiva, ha modificato la

precedente disposizione, attribuendo a questi ultimi il potere di disporre la preclusione alla

permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. ( cfr. art. 19, comma 3, C.G.S.).

Vi sono state alcune decisioni assunte dagli organi di giustizia sportiva prima dell’entrata in

vigore del nuovo codice, con le quali i medesimi organi hanno proposto al Presidente Federale di

adottare il provvedimento di preclusione.

Gli organi federali che si sono susseguiti nel tempo, anche in periodo commissariale, non

hanno assunto decisioni su dette proposte che pertanto sono rimaste ancora pendenti.

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

È vero peraltro che, alla luce del nuovo codice di giustizia sportiva, il Presidente federale è

privato di tale potere e l’esercizio dello stesso seppure riferito a proposte preclusive intervenute

prima dell’entrata in vigore del nuovo codice, apparirebbe in contrasto con lo stesso codice ma

soprattutto con i principi fondamentali degli Statuti del C.O.N.I. che escludono interferenze

nell’attività disciplinare da parte degli organi gestionali.

Alla luce di quanto sopra esposto e delle disposizioni susseguitesi nel tempo, in assenza oggi

di una norma transitoria regolatrice della materia, si chiede di conoscere quale organo debba

valutare e decidere le proposte di preclusione non ancora definite e formulate prima dell’entrata in

vigore del nuovo Codice di Giustizia Sportiva.

La Corte di Giustizia Federale, vista la richiesta di parere indicata in oggetto;

Considerato:

1. La disposizione dell’art. 14, comma 2, C.G.S. in vigore sino al 30 giugno 2007 stabiliva

che: “le sanzioni previste alle lettere e) ed h) non possono superare la durata di cinque anni. Qualora

l’organo di giustizia sportiva valuti di particolare gravità l’infrazione, per la quale irroga una di tali

sanzioni nella durata massima, può formulare, con la stessa delibera, motivata proposta al

Presidente federale perché venga dichiarata, nei confronti del dirigente, socio di associazione o

tesserato, la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.”.

Il nuovo codice, entrato in vigore il 1.7.2007, all’art. 19, comma 3, stabilisce che: “la sanzione

prevista dalla lettera h) non può superare la durata di cinque anni. Gli Organi della giustizia sportiva

che applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di

particolare gravità possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o

categoria della F.I.G.C.”.

Come si evince dalla richiesta di parere, in vigenza della precedente normativa, vi sono state

alcune decisioni assunte dagli organi di giustizia sportiva con le quali è stato proposto al Presidente

federale di adottare il provvedimento di preclusione e che risultano tutt’ora inevase.

2. In merito alla sorte di tali situazioni, sorte che costituisce oggetto del quesito proposto, la

prima questione da esaminare è se il mancato esercizio del potere da parte del Presidente prima

della modifica normativa abbia determinato l’estinzione dello stesso con la formazione – implicita –

di una sorta di silenzio-diniego.

A riguardo si premette in via generale che mancava nel Codice una disciplina temporale

dell’istituto, cosicché il termine – che ovviamente non poteva non esserci – doveva farsi coincidere

con il venir meno della posizione giuridica cui il potere si riferiva e cioè lo stato di sospensione dai

GIURISPRUDENZA143

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

ranghi della Federazione. E in questo senso, del resto, si è sviluppata la prassi nell’assetto

normativo previgente.

Ne consegue che solo con la cessazione della sanzione e il conseguente rientro nei ranghi

della Federazione il potere poteva ritenersi estinto.

Dunque, in mancanza del decorso del termine quinquennale, il potere in questione al

momento della sopravvenienza normativa era ancora esistente.

3. Occorre ora verificare quale sia stata l’incidenza di detta sopravvenienza normativa.

Si potrebbe ipotizzare che la nuova disciplina abbia comportato sic et simpliciter l’estinzione

del potere. Tale soluzione, peraltro, sarebbe anzitutto profondamente iniqua poiché si risolverebbe

in una sorta di sanatoria priva di qualsivoglia giustificazione sostanziale.

Sul piano formale, poi, nella nuova disciplina non vi è alcun elemento che sostenga tale

assunto. Difatti, in presenza della prassi menzionata e dei principi ad essa sottesi, sarebbe stata

necessaria una esplicita affermazione normativa della estinzione del potere presidenziale non

esercitato (magari con la fissazione di un termine ulteriore ad hoc). E ciò anche in considerazione

del fatto che le pendenze in questione, per la maggior parte, riguardano le vicende del 2006, con la

vasta eco che hanno suscitato, e che quindi non potevano non essere tenute presenti dal

“legislatore”.

4. Neanche è ipotizzabile che il potere permanga in capo al Presidente, come giustamente si

rileva nella formulazione della richiesta di parere. La modifica infatti, risponde ad una logica di

separazione ed autonomia della funzione giustiziale cui devono ispirarsi gli statuti federali del

CONI e che non può non essere condivisa: la permanenza di questo potere, del tutto discrezionale e

non suscettibile di controllo, in capo ad un organo di amministrazione, costituirebbe una evidente

anomalia del sistema.

Depone poi in tal senso una disposizione transitoria del nuovo codice – l’articolo 55 – sulla

quale torneremo tra breve e che, pur nella sua equivocità rende evidente che comunque la disciplina

dell’istituto in questione contenuta nel previgente articolo 14 deve ritenersi superata.

5. Proprio da queste ultime considerazioni occorre prendere le mosse per la soluzione della

questione. Il riconoscimento della natura squisitamente giustiziale della radiazione la sua

sottrazione a qualsiasi intervento discrezionale amministrativo ne fa una naturale competenza delle

corti federali. Il senso e la portata della affermazione vanno però precisate.

GIURISPRUDENZA144

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

6. Fermo dunque che il potere in questione ha come suo attuale centro di imputazione le Corti

Federali, appare tecnicamente non perseguibile la strada di un esercizio rinnovato dello stesso, ad

integrazione e sostituzione delle pronunzie già adottate. Tale soluzione incontra innanzitutto un

impedimento strettamente processuale: gli organi giustiziali - al pari di ogni altro organismo di

uguale natura – non possono attivarsi autonomamente ma solo su domanda di parte, e in ipotesi

tassative. Non si vede, dunque, come potrebbe essere riaperto d’ufficio un giudizio già concluso né

da chi potrebbe partire una eventuale iniziativa.

Inoltre questo ipotetico ulteriore grado di “giurisdizione” non avrebbe alcuno spazio

decisionale sul piano formale e sarebbe palesemente incongruo su quello sostanziale.

Sotto quest’ultimo aspetto, è evidente che la valutazione della “particolare gravità” non

potrebbe che essere il frutto di una cognizione integrale della vicenda: occorrerebbe dunque il

riesame di tutto il materiale probatorio e una sua valutazione ex novo.

Sotto il primo aspetto occorre tener conto del giudicato formatosi sulla decisione a suo tempo

adottata.

Non c’è dubbio che debba riguardare l’affermazione della responsabilità e con essa anche

l’entità della sanzione fissata al suo limite massimo.

Ma tale vincolo in realtà non può non riguardare anche la valutazione della gravità

dell’infrazione, vincolo che, almeno nella maggior parte dei casi, è stato poi consacrato in sede di

Camera Arbitrale. Una pronunzia ulteriore, dunque, non potrebbe che prendere atto di tutto ciò e

conseguentemente non potrebbe che limitarsi a convertire la proposta in “preclusione”. Difatti,

malgrado le formule apparentemente potestative usate (“possono formulare motivata proposta”

ovvero “possono disporre…la preclusione”) non si vede quale valutazione ulteriore possa frapporsi

fra l’accertamento della “particolare gravità” e gli effetti in questione.

7. Sulla base delle considerazioni sin qui sviluppate, ritiene la Sezione di dover concludere

che se l’accertamento della particolare gravità vi è già stato, e con tutte le garanzie di

contraddittorio richieste da un “giusto processo”; se su tale accertamento si è formato il giudicato,

l’effetto che ne consegue – sia esso la proposta del vecchio Codice ovvero la “preclusione” del

nuovo – discende automaticamente dalla norma.

Insomma, al mutare della previsione normativa deve corrispondere una modifica dell’effetto

collegato all’avvenuta dichiarazione di “particolare gravità dell’infrazione” e quindi prodursi una

conversione ex lege della originaria proposta in una diretta irrogazione della preclusione.

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Legittimi i rimborsi nei campionati...

8. Come si è accennato, tale interpretazione, che permette di non lasciare privi di questa

sanzione più severa comportamenti qualificati a suo tempo come gravemente scorretti, sembra

trovare una conferma letterale in una norma del nuovo Codice.

Si allude alla disposizione transitoria dell’art. 55 C.G.S. secondo cui: “1. Fino al momento

della modifica della normativa federale in vigore, i rinvii agli articoli 13 e 14 del Codice di giustizia

sportiva contenuti nella stessa normativa si intendono riferiti, per quanto di ragione,

rispettivamente, alle corrispondenti disposizioni contenute nei nuovi articoli 18 e 19 del presente

Codice”; La disposizione non è particolarmente perspicua, ma ad essa non sembra potersi attribuire

altro significato se non quello che, per i procedimenti ancora pendenti, la pronunzia a suo tempo

adottata – e che evidentemente rinviava all’articolo 14 – trova la sua disciplina non più in questo

articolo abrogato, bensì nel sopravvenuto articolo 19, e che è alla stregua di quest’ultimo che vanno

individuati i suoi effetti.

9. Tutto ciò premesso, rispondendo alla richiesta di parere del Presidente federale, si ritiene

che il provvedimento di preclusione debba ritenersi implicito, quale effetto ex lege, nelle decisioni

con cui gli organi della giustizia sportiva, dopo aver irrogato la sanzione della sospensione nella

misura massima, si sono pronunciati nel senso della “particolare gravità delle infrazioni”.

Ove si condividano le conclusioni del presente parere, agli organi federali competenti non

rimane che prendere atto dell’avvenuto prodursi dell’effetto in questione, provvedendo alle

necessarie comunicazioni.

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Brevi note di Giurisprudenza

BREVI NOTE DI GIURISPRUDENZA

di Domenico Zinnari (*)

Di seguito vengono riportati i testi relativi a recenti decisioni nonché un parere interpretativo

della Corte di Giustizia Federale FIGC e della Commissione Disciplinare Nazionale aventi per

oggetto questioni particolarmente “spinose”.

La prima (ricorso F.C. Monteponi Iglesias) verte sull’annoso problema circa la qualificazione

dell’atto di tesseramento degli atleti minorenni.

La Commissione Tesseramenti in primo grado, previa declaratoria circa l’apocrifia della firma

del padre apposta sul modulo di richiesta tesseramento, accoglieva il reclamo proposto dall’atleta,

divenuto maggiorenne, essendola richiesta sottoscritta validamente solo dalla madre.

Il giudice di prime cure, evidentemente, a riguardo faceva proprio il costante orientamento

degli organi di giustizia endoassociativi circa la qualificazione del tesseramento quale atto di

straordinaria amministrazione ex art. 320 c.c.

A fronte della non cristallina formulazione letterale dell’art. 39 NOIF deponeva per tale

interpretazione non solo la pur non vincolante Circolare del Segretario Federale del 7 novembre

1988 (ove :“il vincolo che grava sul calciatore rappresenta pur sempre una limitazione di libertà,

come tale certamente ascrivibile alla straordinaria amministrazione, e la constatazione che quel

vincolo impinge anche nei più ampi concetti di affidamento, educazione e disciplina del figlio,

certamente estranei alla natura patrimoniale dell’ordinaria amministrazione, impone all’uopo l’

obbligatorietà della sottoscrizione di entrambi i genitori), ma anche la nota pronuncia dell’allora

Corte Federale (in C.U. n. 1/CF del 13 luglio 2004) che, in sede di interpretazione autentica art.39

NOIF, aveva osservato come “ai fini della validità della richiesta di tesseramento alla F.I.G.C. di un

calciatore minore di età è necessario, in relazione al combinato disposto dell’art. 39 delle N.O.I.F. e

dell’art. 320 c.c., che la predetta richiesta sia sottoscritta da entrambi i genitori esercenti

congiuntamente la potestà genitoriale”.

Ferma la peculiarità del caso, il padre dell’atleta si trovava all’estero all’atto della

sottoscrizione poi risultata a lui non riferibile e da qui il richiamo della Corte alla disciplina di cui

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Brevi note di Giurisprudenza

all’art.317 del c.c., la decisione, che qualifica il tesseramento del minore quale atto di ordinaria

amministrazione, si pone in evidente contrasto con le consolidata giurisprudenza associativa.

Riecheggiano, all’evidenza, le diverse posizioni in tema manifestate dalla dottrina (per tutti A.

De Silvestri, Tesseramento minorile tra potestà genitoriale e diritti del minor, in Giustizia

Sportiva.it, 2005, n.1, pag.61 seg.; per la qualificazione del tesseramento quale atto di straordinaria

amministrazione P. Moro, Vincolo sportivo e diritti fondamentali del minore, in Moro P., De

Silvestri A., Crocetti Bernardi E., Lombardi P., Vincolo sportivo e diritti Fondamentali, Ed. Euro 92,

Pordenone, 2002; L. Santoro, Il tesseramento minorile, in Rivista della Facoltà di Scienze motorie

dell’Università degli Studi di Palermo, vol. I, fasc. 2, pag. 51 seg. 2008).

La seconda decisione della Commissione Disciplinare Nazionale (ricorso Procura Federale)

attiene alla vexata quaestio dei “rapporti economici” in ambito non professionistico. Come noto in

seno all’ordinamento FIGC l’art. 94 ter delle NOIF, esclusa come per tutti i calciatori non

professionisti ogni forma di lavoro subordinato od autonomo, consente la sottoscrizione su apposito

modulo di accordi economici annuali relativi alle loro prestazioni sportive concernenti la

determinazione della indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di spese e le voci premiali”. L’art. 39

del Regolamento LND prevede, inoltre, che: “sono vietati e nulli ad ogni effetto, e comportano la

segnalazione delle parti contraenti alla Procura Federale per i provvedimenti di competenza, gli

accordi e le convenzioni scritte e verbali di carattere economico fra società e calciatori/calciatrici

non professionisti e giovani dilettanti, nonché quelli che siano, comunque, in contrasto con le

disposizioni federali e quelle delle presenti norme”. Rinviandosi alla lettura del testo normativo per

quanto attiene l’analitica disciplina afferente le prescrizioni formali, i “tetti” massimi pattuibili, la

speciale disciplina riguardante i calciatori tesserati per Società di Calcio a 5 che disputino

Campionati Nazionali, e quella riguardante la risoluzione delle controversie (art.21 bis

Regolamento della LND), preme evidenziare come il Legislatore Federale abbia inteso porre a

presidio del rispetto della normativa de qua un “imponente” apparato sanzionatorio (art. 8.8 CGS).

Nel caso di specie la Procura Federale aveva deferito innanzi la competente Commissione

Disciplinare Territoriale per violazione del citato art. 8.8 CGS il legale rappresentante, nonché la

società stessa partecipante al campionato di Eccellenza Regionale a titolo di responsabilità diretta,

ed un calciatore “rei” di aver sottoscritto un accordo teso a riconoscere all’atleta la somma di

euro6.000,00 quale rimborso spese per lo svolgimento dell’attività.

Il giudice di prime cure aveva prosciolto i deferiti sulla scorta dell’assorbente considerazione

in virtù della quale “la scrittura privata sottoscritta dal calciatore Visentin e dalla Società, in allora

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Brevi note di Giurisprudenza

denominata A.C.D. Gan Thiene Villaverla Srl, non può essere qualificata quale accordo di carattere

economico, dal momento che essa non prevede l’erogazione di alcun corrispettivo per l’attività

sportiva prestata dal calciatore, ma un semplice rimborso spese, del tutto compatibile con gli oneri

verosimilmente sostenuti dal calciatore Visentin Germano per i trasferimenti dalla sua residenza agli

impianti sportivi della Società A.C. Gan Thiene Villaverla”.

La Commissione Disciplinare Nazionale ha sostanzialmente confermato la decisione oggetto

di impugnativa da parte della Procura Federale evidenziando come “ogni convenzione stipulata tra

calciatore e società dilettantistica iscritta ai Campionati Regionali e Provinciali che abbia ad oggetto

rimborsi forfettari di spese nei limiti previsti dalla normativa fiscale – e purché tali somme siano di

importi tali da costituire effettivamente un indennizzo delle spese sostenute e non un velato

corrispettivo per l’attività sportiva prestata - è legittima in quanto questi sono diretti al ristoro delle

spese sostenute dal calciatore, senza perciò comportare alcun arricchimento per il calciatore stesso”.

La pronuncia è particolarmente significativa poiché “di fatto” parrebbe porre in essere una

“parziale liberalizzazione” anche nell’ambito dei campionati regionali e provinciali della dazione di

somme di denaro in favore dei calciatori purchè la stessa si configuri quali mero rimborso di spesa e

non abbia natura corrispettiva nell’ambito di un rapporto sinallagmatico.

L’evidente discrasia tra realtà fattuale e qualificazione giuridica del fenomeno sportivo

dilettantistico ha da tempo opportunamente indotto le Federazioni sportive ad operare una profonda

e radicale modificazione delle normative regolamentari inerenti gli accordi economici tra tesserati e

sodalizi sportivi che, pur con qualche contraddizione, ha superato le originarie preclusioni derivanti

dall’ ormai non più attuale “filosofia dell’olimpismo”.

Non può, infatti, non evidenziarsi come, a fronte del superamento della visione “pura” del

dilettantismo, la normativa FIGC, malgrado un esplicito obbligo di conformazione a riguardo, pare

porsi in evidente difformità rispetto ai disposti internazionali in materia. Basterebbe osservare che

già a livello definitorio circa la distinzione tra atleti professionisti e non professionisti tra la

definizione di cui all’art. 2 del Regolamento FIFA sullo Status ed il combinato disposto degli

articoli 29 e 94 ter NOIF sussista una differenza in termini qualitativi essendo, nel primo caso, la

definizione tipicamente ricondotta allo svolgimento dell’attività senza corrispettivo, mentre nel

secondo si ammetta esplicitamente corresponsione di voci premiali, compensi, rimborsi forfetari

per definizione del tutto svincolati da rendicontazione circa l’effettivo sostenimento (sul punto sia

consentito un rinvio a D. Zinnari, Atleti dilettanti, sportivi non professionisti?, in Giustizia

Sportiva.it, 2007, n. 1 , pag. 23 seg.).

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Brevi note di Giurisprudenza

In tal senso la riconosciuta possibilità di pattuizione di accordi economici, nei limiti previsti,

esclusivamente nel massimo campionato non professionistico, non solo non pare in linea con la

normativa di rango internazionale, ma del pari non risponde alla realtà fattuale caratterizzata dal

proliferare di “scritture private” non riconosciute e non tutelate in ambito endofederale anche negli

ulteriori campionati dilettantistici.

La Commissione Disciplinare nella pronuncia di seguito pubblicata, con sano pragmatismo e

con argomentazioni già tra le righe fatte proprie dalla Corte di Giustizia Federale ( sul punto si

veda la decisione pubblicata in C.U. n.7/CGF del 30 luglio 2007 ricorso U.S. Orsa Corte Franca

meglio nota come “sentenza Hubner”), distinguendo tra compensi di natura corrispettiva e

semplici rimborsi spese pare aprire la via ad una non rinviabile rivisitazione normativa, tra l’altro

invocata a più riprese dall’Associazione Italiana Calciatori, tesa a riconoscere la “legittimità” delle

dazioni non locupletive anche nell’ambito del dilettantismo non apicale (per ampi approfondimenti

si vedano per tutti A. De Silvestri, Il lavoro nello sport dilettantistico, in Giustizia Sportiva.it, 2006,

n. 1, pag. 22; L. Musumarra, Il rapporto di lavoro sportivo, in M. Coccia, A De Silvestri, O.

Forlenza, L.Fumagalli, L.Musumarra, L. Selli, Diritto dello Sport, Le Monnier, 2008; E. Indraccolo,

Rapporti e tutele nel dilettantismo sportivo, ESI,2008).

L’ultima documento è costituito dal parere interpretativo reso dalla sezione consultiva della

Corte di Giustizia Federale in ordine alla delicata problematica circa la competenza a valutare e

decidere le proposte di preclusione non ancora definite e formulate prima dell’entrata in vigore del

nuovo Codice di Giustizia Sportiva ( 1 luglio 2007).

La questione a lungo sopita è ritornata di grande attualità in considerazione

dell’approssimarsi del “fine pena” in capo a taluni dei maggiori “protagonisti” della nota vicenda

Calciopoli. Il Codice di Giustizia previgente prevedeva che qualora l’organo di giustizia avesse

valutato di particolare gravità l’infrazione, irrogando nei confronti dei tesserati la sanzione nella

durata massima di 5 anni, avrebbe potuto proporre al Presidente Federale la preclusione alla

permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, mentre, di contro, il nuovo Codice,

improntato al principio di non interferenza tra funzioni giurisdizionali e funzioni politico-

amministrative, prevede che siano direttamente gli organi di giustizia ad irrogare l’ulteriore

sanzione della preclusione.

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Brevi note di Giurisprudenza

L’omesso esercizio delle prerogative presidenziali sotto la vigenza del vecchio codice ed in

relazione a pronunce divenute ormai definitive, pone l’evidente problema interpretativo di diritto

intertemporale risolto nei termini di cui al parere.

Non si dubita che la vicenda avrà un inevitabile sviluppo innanzi gli organi di giustizia

statuali.

(*) Avvocato del foro di Lecce

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Cassazione civile 21/10/2009

Cassazione civile , sez. un., 21 ottobre 2009 , n. 22231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli I11.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente

Dott. ELEFANTE Antonio - Presidente di sezione

Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione

Dott. D’ALONZO Michele - Consigliere

Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere

Dott. MERONE Antonio - Consigliere

Dott. PICONE Pasquale - Consigliere

Dott. GOLDONI Umberto - rei. Consigliere

Dott. RORDORF Renato - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19929-2008 proposto da:

PALLACANESTRO REGGIANA S.R.L. ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE

13, presso lo studio dell'avvocato VALENSISE CAROLINA, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati BASSI ALFREDO, GRUPPIONI SANDRA,

giusta delega in calce al ricorso,

-ricorrente-

contro

LEGA SOCIETÀ1 DI PALLACANESTRO SERIE A ((OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA

MARINA 1, presso lo studio dell'avvocato LONGO LUCIO FILIPPO, rappresentata e difesa

dagli avvocati MARCINKIEWICZ ANDREA, MATASSA LIVIO,

giusta delega in calce al contro ricorso;

- controricorrente –

GIURISPRUDENZA152

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Cassazione civile 21/10/2009

e contro

Z. M . ;

- intimato -

per regolamento preventivo di giurisdizione avverso il giudizio pendente n. 14938/07 del

Tribunale di Bologna,-

udito l'avvocato Donatella GEROMEL, per delega dell'avvocato Carolina Valenzise;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/09/2009 dal

Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale dott. Antonio Martene, il quale

chiede che le Sezioni unite della Corte di cassazione, in camera di consiglio, dichiarino la

giurisdizione del giudice ordinario, con le conseguenze di legge. La Corte :

e

FattoDiritto

che il regolamento preventivo di giurisdizione è stato richiesto con riferimento ad una

controversia instaurata dalla Pallacanestro Reggiana srl nei confronti della Lega società di

pallacanestro serie A (ex art. 2049 e.e.) e di Z.M. per chiederne la condanna al risarcimento dei

danni conseguiti all'illegittimo comportamento dello Z. quale dipendente della Lega, che ha

condotto alla retrocessione in Legadue della squadra della società ricorrente. La Lega, costituendosi

nel giudizio di prime cure, ha eccepito la carenza di giurisdizione del G.O. in favore del G.A. ai

sensi del D.L. n. 220 del 2003, art. 3 convertito con modificazioni nella L. n. 280 del 2003; in

considerazione anche della avvenuta fissazione dell'udienza per la precisazione delle conclusioni la

Pallacanestro Reggiana ha chiesto il regolamento preventivo di giurisdizione; la Lega resiste con

controricorso, lo Z. non ha svolto attività difensiva, e sia la Lega che la società hanno presentato

memoria.

In sede di controricorso, la Lega ha eccepito l'inammissibilità del regolamento preventivo,

siccome relativo ad una controversia tra privati e ne ha comunque sostenuto l'infondatezza,

assumendo che il danno lamentato -la retrocessione della squadra in Legadue - sarebbe conseguenza

diretta dei provvedimenti adottati dalla Federazione italiana di pallacanestro, cosa questa che

comporterebbe l'applicazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, prevista

dall'art. 3 citato.

L'eccezione non ha pregio: la giurisprudenza di questa Corte e la stessa evoluzione

legislativa (v. L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59), sono ormai orientate nel senso di un allargamento

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Cassazione civile 21/10/2009

dell'ambito di applicazione del regolamento preventivo di giurisdizione e si è infatti affermato che

la questione della natura della situazione soggettiva concretamente lesa e della correlata idoneità di

essa a connaturare il pregiudizio come danno risarcibile, si presta ad essere considerata sotto

l'aspetto della giurisdizione solo qualora a conoscere di quella situazione soggettiva sia chiamato un

giudice speciale dotato di giurisdizione esclusiva e ciò tanto in ipotesi di controversie tra privati,

quanto di controversie che vedano contrapposto al privato la P.A. (v. Cass. 2.32.1998, n 12201; S.U.

10.8.99, n 589; 2.12.2008, n 28536; 13.6.2008, n 15916).

Sulla base di tali principi, il regolamento di giurisdizione risulta pertanto pienamente

ammissibile, dovendosi determinare, in ragione dell'eccezione dell'odierna controricorrente, se la

giurisdizione spetti al giudice ordinario o al giudice amministrativo, quale giudice speciale con

giurisdizione esclusiva.

Venendo al merito, attesi il dettato e la portata del citato art. 3, va rilevato che

contrariamente a quanto sostenuto dalla Lega, il comportamento illecito che si assume causativo del

danno di cui si chiede il risarcimento ed a cui deve farsi riferimento per accertare il petitum

sostanziale rilevante ai fini della decisione sulla giurisdizione, non può essere individuato in atti o

decisioni degli Organi della Federazione Pallacanestro, che non è infatti neppure stata evocata in

giudizio, ma nel comportamento dello Z., che in forza dell'incarico ricoperto ed in palese violazione

delle norme federali, ha causato il fattore determinante del provvedimento di retrocessione, non

consentendo alla Pallacanestro Reggiana di inoltrare tempestivo reclamo in ordine alla posizione

(irregolare, ma avallata appunto dallo stesso Z.) di un tesserato che ha preso parte nella squadra

avversaria alla partita persa dalla squadra della odierna ricorrente, che se accolto, avrebbe

consentito alla stessa di non retrocedere; va evidenziato che non viene in questa sede in alcun modo

contestata la legittimità del provvedimento di retrocessione.

Trattasi quindi di un comportamento in contrasto con le norme federali tenuto da un singolo,

che non impinge in atti emanati dalla Federazione o dal CONI. Considerato anche che la Lega viene

chiamata a rispondere di tale danno in applicazione dell'ari. 2049 e.e., devesi concludere nel senso

che non si è in presenza di una controversia che ha ad oggetto atti della Federazione ma il

comportamento di un singolo, che non può essere ritenuto compreso nella giurisdizione esclusiva

del giudice amministrativo stante l'inapplicabilità, nella specie, dell'ari. 3 citalo, che suona:

"Ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società,

associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle federazioni

sportive ... è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo".

GIURISPRUDENZA154

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Cassazione civile 21/10/2009

Va pertanto dichiarata la giurisdizione dell'AGO, in ragione della già evidenziata circostanza

secondo cui nella specie la controversia non concerne atti del CONI o della Federazione

pallacanestro; le spese seguono la soccombenza relativamente alla Lega, che ha sollevato la

questione di giurisdizione in sede di merito, ed ha resistilo al presente ricorso, mentre vanno

compensate nei confronli dello Z. che non si è opposto in alcun modo alle tesi della ricorrente e

vengono liquidate come da disposilivo.

P.Q.M.

la Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e condanna la Lega di pallacanestro

Serie A al pagamento delle spese, che liquida in 5.200,00 Euro, di cui 5.000,00 Euro per onorari,

oltre agli accessori di legge. Compensa le spese nei confronti dello Z.. Così deciso in Roma, il 22

settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2009

GIURISPRUDENZA155

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Ordinanza 5973/09

Ordinanza n°5973/09

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VINCENZO CARBONE - Primo Presidente

Dott. SERGIO MATTONE - Presidente di Sezione

Dott. ENRICO PAPA - Presidente di Sezione

Dott. GUIDO VIDIRI - Presidente di Sezione -

Dott. MICHELE D’ALONZO - Consigliere -

Dott. GIOVANNI SETTIMJ - Consigliere -

Dott. ANTONIO SEGRETO - Consigliere -

- Consigliere -

RENATO

Dott. ALFONSO AMATUCCI - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 7098-2007 proposto da:

FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ SPORTIVA CALCIO NAPOLI (03486600632)

(fallimento n. 955/2004), in persona del curatore pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ZARA 16, presso le studio degli avvocati DE CILLA MICHELE, NAPOLITANO

SALVATORE, rappresentato e difeso dall'avvocato CONTIERI ALFREDO,

per delega a margine del ricorso;

contro

TORINO FOOTBALL CLUB S.P.A. (09012680014;, in persona del Presidente pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CARDELLI 4, presso lo studio legale

D'URSO -MUNARI - GATTI, rappresentata e difesa dagli avvocati MUNARI ALESSANDRO,

PINTUS LORENZO, SCIOLTI ROSSELLA, per delega a margine del controricorso;

GIURISPRUDENZA156

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Ordinanza 5973/09

FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO (01357871001), in persona del

Commissario Straordinario pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 9, presso lo

studio dell'avvocato GALLAVOTTI MARIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato

MEDUGNO LUIGI, per delega a margine del controricorso;

- controricorrenti -

nonché contro

PESCARA CALCIO S.P.A., VICENZA CALCIO S.P.A., CIVILE CAMPO TORINO

S.R.L., NAPOLI SOCCER S.P.A.;

- intimati -

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 8839/2005 del T.A.R.

di ROMA;

uditi gli avvocati Alfredo CONTIERI, Adriano AURELI per delega dell'avvocato

Alessandro Munari;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/03/2009 del Consigliere

Dott. RENATO RORSORF;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale dott. Antonio MARTONE, il

quale chiede le Sezioni unite della Corte di cassazione, in camera di consiglio, dichiarino la

giurisdizione del giudice amministrativo, con le conseguenze di legge.

Ordinanza

Premesso, in fatto, che:

- è pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio un ricorso col quale

il curatore del fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli, oltre a chiedere l'annullamento di

diverse deliberazioni mediante le quali la Federazione Italiana Gioco Calcio (in prosieguo FIGC) ha

formato l'elenco delle squadre partecipanti ai campionati di calcio di serie A, B e C nell'annata

2005-2006, ha proposto domanda di risarcimento dei danni subiti dalla società fallita;

- i danni lamentati dal ricorrente, dei quali è stato chiesto il risarcimento, sono quelli

derivanti dalla mancata ammissione alla serie superiore della Napoli Soccer s.p.a., essendo da ciò

dipeso il mancato avveramento di una condizione alla quale, nell'ambito degli accordi intercorsi per

la cessione alla stessa Napoli soccer dell'azienda sportiva prima facente capo alla Società Sportiva

Calcio Napoli, era stato subordinato il pagamento a favore di quest'ultima della somma di £.

15.000.000;

GIURISPRUDENZA157

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Ordinanza 5973/09

- lo stesso curatore ha successivamente proposto ricorso per regolamento di giurisdizione

chiedendo alle sezioni unite di questa corte di affermare che la domanda di risarcimento dei danni

sopra menzionata rientra nell'ambito della giurisdizione ordinaria, in quanto si tratta di danni

subiti da un soggetto terzo rispetto ai destinatari dei provvedimenti emessi dalla FIGC;

- la FIGC e la Torino Football Club s.p.a hanno resistito con separati controricorsi, mentre

gli altri intimati non hanno svolto difese in questa sede;

- il Procuratore generale ha chiesto che venga riconosciuta la giurisdizione del giudice

amministrativo;

- tutte le parti costituite hanno depositato memorie.

Considerato, in diritto, che:

- l'annullamento degli atti posti in essere dalla FIGC rientra nell'ambito della giurisdizione

esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell'art. 3 del d.l. n. 220/03 (convertito con

modificazioni in L. n. 280/03) , e ciò indipendentemente dall'essere o meno il ricorrente associato

alla federazione (fermo ovviamente restando che ogni eventuale questione di legittimazione a

proporre il ricorso è estranea al tema della giurisdizione);

- l'attribuzione al giudice amministrativo della tutela risarcitoria conseguente all'esercizio

illegittimo della funzione pubblica esplicatosi nell’emanato provvedimento è necessariamente

destinata a trovare sfogo nel medesimo alveo giurisdizionale in cui si colloca la tutela in forma

specifica a carattere demolitorio;

- discende da ciò la sussistenza, nel caso in esame, della giurisdizione del giudice

amministrativo, chiamato a conoscere del risarcimento del danno consequenziale

all'emanazione di atti amministrativi asseritamente illegittimi ed invalidi;

- sotto tale profilo non rileva, infatti, la riconduzione o meno del ricorrente tra i soggetti nei

cui confronti è destinata ad esplicarsi l'attività dell'ente pubblico autore di tali atti, né appare

pertinente il richiamo alla giurisprudenza di questa corte in materia di giurisdizione nelle cause di

risarcimento dei danni promosse da investitori nei confronti delle autorità pubbliche di

vigilanza sui mercati finanziari, perché in quel caso – a differenza di quello qui in esame - la tutela

risarcitoria non si configura come consequenziale rispetto all'emanazione di provvedimenti

illegittimi (ricadenti in un'area di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo);

- il rigetto della tesi propugnata dal fallimento ricorrente comporta la condanna di detto

fallimento al pagamento, in favore delle controparti costituite, delle spese del regolamento,

GIURISPRUDENZA158

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Ordinanza 5973/09

liquidate, per ciascuna di esse, in euro 7,000,00 (settemila) per onorari e 200,00 (duecento) per

esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

P.Q.M.

La corte, pronunciando a sezioni unite sul ricorso, dichiara che nella vertenza in esame la

giurisdizione compete al giudice amministrativo e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di

ciascuna delle controricorrenti, delle spese del regolamento, liquidate in euro "7.000,00

(settemila) per onorari e 200,00 (duecento) per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di

legge.

Roma, 3 marzo 2009.

GIURISPRUDENZA159

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Giudice di Pace di Napoli

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI NAPOLI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace di Napoli – IX sez. civ. – dott.ssa Fabiola Cristofano ha

pronunciato, la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al n. 11745/09 R.G., avente ad oggetto: risarcimento danni, vertente

TRA

Papa Antonio, rapp.to e difeso dall’Avv. Luigi Giordano ed elett.te dom.to presso il suo

studio in Caivano (Napoli) alla Via Paolo VI, n. 16, giusta procura in calce all’atto di citazione.

attore

E

F.I.G.C. – Federazione Italiana Gioco Calcio -, in persona del Presidente e legale

rappresentante p.t., dott. Giancarlo Abete, rapp.ta e difesa dall’Avv. Giancarlo Gentile e dall’Avv.

Lucio Giacomardo e con il secondo elett.te do.ta in Napoli alla Via Santa Teresa degli Scalzi 8,

giusta procura in calce alla copia dell’atto di citazione notificato.

Convenuta in riconvenzionale

NONCHE’

Giudice Sportivo di Primo Grado c/o Lega Calcio Professionisti, in persona del legale

rappresentante p.t., Dott. Giampaolo Tosel, rapp.to e difeso dall’Avv. Federica Tosel del Foro di

Bologna ed elett.te dom.to in Napoli alla Via S. Lucia 90 prsso lo studio dell’Avv. Alfredo Guarino

giusta procura a margine della comparsa di costituzione

Convenuto

E

Lega Nazionale Professionisti, associazione privata affiliata alla Federazione Italiana Gioco

Calcio, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., Dott. Antonio Matarrese, rapp.ta e

difesa dall’Avv. Ruggero Stincardini der Foro di Perugina ed elett.te dom.ta in Napoli alal Via

GIURISPRUDENZA160

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Giudice di Pace di Napoli

Francesco Lo Monaco presso lo studio dell’Avv. Mario Girardi giusta procura in calce alla

comparsa di costituzione

convenuta

Conclusioni: le parti concludevano come da verbali di causa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In primis, va precisato che la presente sentenza è stata redatta senza l’esposizione dello

svolgimento del processo secondo le indicazioni dettate dall’art. 132 c.p.c., così come modificato

dalla L. n. 69/2009 ed applicabile ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della predetta

legge (4/7/2009).

Va accolta l’eccezione, sollevata dalle convenute, di difetto di giurisdizione dell’Autorità

Giudiziaria Ordinaria, in quanto, nel caso di specie, si è in presenza di interessi legittimi pretesivi

del privato, che ricadono, per loro intrinseca natura, nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Ed invero, l’attore formula domanda di accertamento della “responsabilità del Giudice

Sportivo di primo grado della Lega Calcio di serie A e B nell’aver adottato con il provvedimento

disciplinare comunicato con il n. 54 dell’8 settembre circa la prima giornata di calcio di serie A una

sanzione nei confronti della SSC Napoli che si è ripercossa indirettamente sull’istante abbonato al

settore curva B della predetta società, con il divieto per lo stesso di assistere a tre gare per cui egli

aveva regolarmente pagato un abbonamento” e domanda di risarcimento dei danni morali ed

esistenziali patiti dall’attore e dei danni lesivi dell’immagine e della reputazione subiti dagli

abbonati di curva del Napoli.

Peraltro, in termini si sono già espresse le S.U. della Suprema Corte di Cassazione

pronunciando il principio di diritto secondo il quale: “la domanda di risarcimento danni scaturenti

da provvedimenti asseritamene illegittimi adottati dalla Federazione Italiana Gioco Calcio è

devoluta alla Giurisdizione Esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 3 del D.L. n.

220/03, indipendentemente dall’essere il ricorrente associato o meno ad essa, in quanto

l’attribuzione al giudice amministrativo della tutela risarcitoria conseguente all’illegittimo esercizio

della funzione pubblica, costituisce una modalità di tutela per equivalente, necessariamente

destinata a trovare sede nel medesimo alveo giurisdizionale in cui si colloca la tutela in forma

specifica a carattere demolitorio. (Ord. Cass. Sez. Unite, n. 5973 del 12.03.2009).

Ancora, sul punto, le medesime S.U. della Suprema Corte hanno precisato che la

giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interessi pretesivi conseguente

ad atti adottati da un ente pubblico non economico spetta al giudice amministrativo alla stregua di

GIURISPRUDENZA161

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Giudice di Pace di Napoli

quanto disposto dall’art. 35 comma 1, D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come modificato dall’art. 7, L.

21 luglio 2000 n. 205 – a norma del quale, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione

esclusiva, il giudice amministrativo dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il

risarcimento del danno ingiusto – e dell’art. 7, L. TAR. L. 6 dicembre 1971 n. 1034, come

modificato dall’art. 7 della citata L. n. 205 del 2000 – a norma del quale il tribunale amministrativo

regionale, nell’ambito della giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale

risarcimento del danno – avendo il legislatore con tali disposizioni, coerenti con la piena dignità di

giudice riconosciuta al Consiglio di Stato dalla Costituzione e in attuazione dell’art. 24, Cost.,

inteso concentrare presso il medesimo giudice, sia nell’ambito delle materie devolute alla

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia nell’ambito della giurisdizione generale di

legittimità di tale giudice, anche la decisione sulla domanda di risarcimento del danno che il privato

proponga congiuntamente o alternativamente a quella di annullamento dell’atto amministrativo che

affermi illegittimo (Cass. Civ., Sez. Unite, Ord. 09/03/2005, n. 5078).

La cognizione esclusiva del Giudice Amministrativo non va disconosciuta neanche alla luce

della sentenza della Corte Costituzionale, n. 204 del 2004 che nel dichiarare l’incostituzionalità

dell’art. 34, 1° comma, D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall’art. 7, lett. B), L. 21 luglio

2000 n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice

amministrativo le controversie aventi per oggetto “gli atti, i provvedimenti e i comportamenti”

anziché “gli atti e i provvedimenti” delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse

equiparati, ha devoluto al giudice ordinario la cognizione delle liti relative a diritti soggettivi

provocate da condotte materiali dell’amministrazione (liti riservate, invece, al giudice

amministrativo prima della parziale dichiarazione di incostituzionalità).

Ed invero, oggetto del giudizio, non sono “atti” della pubblica amministrazione lesivi dei

diritti soggettivi del privato, in violazione del “neminem laedere”, ma “comportamenti rilevanti sul

piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” che,

ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 220/03, appartiene alla competenza del Tribunale Amministrativo

Regionale del Lazio.

Ed invero a norma dell’art. 3 del decreto legge 19 agosto 2003, n. 220: “La competenza di

primo grado spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di misure cautelari, al tribunale

amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente

comma sono rilevabili d’ufficio”.

GIURISPRUDENZA162

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Giudice di Pace di Napoli

Alla luce di tanto, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. a conoscere

della domanda così come formulata.

La natura della controversia inducono il giudicante a compensare integralmente tra le parti le

spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace, definitivamente pronunciando sulla domanda, così provvede:

a)dichiara il proprio difetto di giurisdizione per essere la controversia di competenza del

Tribunale Regionale Amministrativo.

b)Assegna alle parti il termine di cui all’art. 50 c.p.c. per la riassunzione del presente

giudizio innanzi al T.A.R. del Lazio;

c)Compensa le spese tra le parti.

GIURISPRUDENZA163

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Giudice di Pace di Napoli

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI NAPOLI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace di Napoli 7^ sez.civ.

dott. Roberto Martorelli

all'udienza del 08.07.09 ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al RGN 11748/09,

TRA

DE BIASE Gianluigi,rapp.e dif.dall’avv.Luigi Giordano presso cui elett.dom.in Caivano(NA)

alla via Paolo VI n.16 per procura in atti attore.

CONTRO

FEDERAZIONE ITALIANA GIOCO CALCIO in persona del legale rapp.te pro tempore,

rapp.to e difeso dall'avv.Giancarlo Gentile e dall’Avv. Lucio Giacomardo presso cui elett.domicilia

in Napoli alla via S.Teresa degli Scalzi,8 per procura in atti-convenuta;

ILGIUDICE SPORTIVO DI PRIMO GRADO e/o LEGA CALCIO PROFESSIONISTI rapp.e

dif.dall’avv.Federica Tosel del Foro di Bologna elett.dom.in Napoli alla via S.Lucia 90 presso

l'avv.Alfredo Guarino,per procura in atti -convenuta;

NONCHE'

LEGA CALCIO PROFESSIONISTI in persona del legale rapp.te pro tempore, rapp.to e

difeso dall'avv.Ruggero Stincardini del Foro di Perugia,elett.dom.in Napoli alla via F.Lo Monaco,3

presso l'avv.Mario Girardi,per procura in atti - convenuta-.

OGGETTO risarcimento danni.

Conclusioni : come da verbale di udienza dell’08.07.09.

GIURISPRUDENZA164

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Giudice di Pace di Napoli

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

con atto di citazione ritualmente notificato in data 11.11.08, l'attore conveniva dinanzi a

questo Ufficio la F.I.G.C., il Giudice Sportivo di 1° grado c/o la Lega Calcio Professionisti e la

Lega Calcio Professionisti,ad oggetto di sentire così provvedere: accertare la responsabilità del

giudice sportivo nell'aver adottato il provvedimento dell’08.09.08 n. 54” una sanzione nei

confronti della SSC Napoli che si è ripercossa indirettamente all’istante nella qualità di abbonato

del settore curva A della predetta società, con divieto per lo stesso di assistere a tre gare per le quali

aveva regolarmente pagato l'abbonamento; condannare lo stesso, in solido con la FIGC e la Lega

Calcio Professionisti, al pagamento di Euro 35,52 come sommatoria di tre tagliandi per le partite a

cui non ha potuto assistere; condannare i convenuti al pagamento di Euro 300,00, a titolo di danni

morali e esistenziali patiti e al pagamento di Euro 500,00 per i danni lesivi dell'immagine e della

reputazione degli abbonati, con vittoria delle spese di giudizio.

L’attore assume di essere abbonato della SSC Napoli per assistere alla disputa di n. 19 partite

di calcio casalinghe e di aver pagato il prezzo di Euro 225,00; che a seguito degli incidenti del

31.08.08, in occasione dell'incontro di calcio Roma-Napoli, disputato allo stadio Olimpico, il

Giudice Sportivo irrogava alla SSC Napoli la sanzione di Euro 10.000,00 e chiusura delle curve A e

B dello stadio S.Paolo, determinando il danno patrimoniale, morale e esistenziale nei confronti dello

stesso.

Si costituiva la FIGC che impugnava la domanda attorea e ne chiedeva il rigetto, perché

infondata in fatto e diritto con vittoria delle spese di giudizio. Eccepiva il difetto di giurisdizione del

g.o. a favore del g.a.; il difetto di competenza del GdP di Napoli a favore di quello di Roma o di

Milano; il difetto di legittimazione attiva dell'istante. Spiegava la domanda riconvenzionale per le

ragioni di cui alla premessa per l'importo di euro 50.000,00 o di quella ritenuta di giustizia.

Si costituiva, altresì, il Giudice Sportivo pt che impugnava la domanda e ne chiedeva il rigetto

perché infondata in fatto e diritto, con vittoria delle spese di giudizio. Eccepiva il difetto di

giurisdizione del g.o. ex art. 1 L. 280/03; il difetto di competenza di GdP di Napoli a favore di

quello di Roma o Milano; il difetto di legittimazione attiva dell'attore e quella passiva di esso

comparente; instava per la riunione del presente giudizio ad altro pendente presso lo stesso Ufficio -

9^ sez. dott. Cristofano. Si costituiva, anche, la Lega Nazionale Professionisti che impugnava la

domanda attorea e ne chiedeva il rigetto perché inammissibile e/o infondata, per insussistenza dei

presupposti di legge e di prova, con vittoria delle spese di giudizio.

GIURISPRUDENZA165

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Giudice di Pace di Napoli

Eccepiva il difetto di giurisdizione del g.o. a favore di quello amministrativo. Instava per la

riunione del presente giudizio a quello pendente davanti a al GdP dr. Cristofano della sez. civ. 9^ di

questo Ufficio.

Acquisita la documentazione in atti, all'udienza dell’08.07.09, ritenuta esaurita la fase

istruttoria, il G.d.P. invitava le parti costituite a rassegnare le conclusioni, trattenendo la causa per

l'odierna decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il GdP osserva che :

la richiesta di riunione del presente giudizio ad altro pendente presso questo Ufficio non è

meritevole di accoglimento stante l'avanzata fase istruttoria di questo rispetto all’altro,

asseritamente, pendente presso altro GdP;

L’eccezione sollevata dalle parti convenute sul difetto di giurisdizione del G.O. a favore del

G.A. è fondata e va accolta.

Sul punto, appare scolastico l'applicazione del dettato normativo di cui all’art. 1, 2 e 3 d.l.

220/2003, così come convertito nella L. 280/03. Infatti per limitare possibili conflitti tra

l'ordinamento sportivo e quello statale, la legge citata mentre ha provveduto a riconoscere

formalmente l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione di quello

internazionale facente capo al CIO, si è fatta carico di meglio definire le materie riservate

all'autonoma disciplina degli organismi sportivi che sono attualmente il CONI e le Federazioni

Sportive nazionali, secondo quanto disposto dal D.Lg.vo 242/1999, recante disposizioni per il

riordino del Coni. L’art. 3 d.l.cit. esplica in maniera assolutamente esauriente che “esauriti i gradi

della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del G.O. sui rapporti patrimoniali tra

associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI e delle Federazioni

sportive... è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, indicando la

competenza esclusiva nel T.A.R. del Lazio con sede in Roma”. Appare di palmare evidenza che il

danno, asseritamente patito dall'attore è conseguente ad atti amministrativi prodromici, che

necessitano in primis della declaratoria di illegittimità per l'annullamento degli stessi che può essere

statuita solo dal giudice amministrativo in via esclusiva.

GIURISPRUDENZA166

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Giudice di Pace di Napoli

Al giudice amministrativo, per effetto della nuova formulazione dell'art.7 Legge 1034/71

(cfr.L. 205/2000), è riservata, altresì, la potestà “accessoria” di cognizione anche di tutte le

questioni relative all'eventuale risarcimento del danno anche attraverso la reintegrazione in forma

specifica, ed agli altri diritti patrimoniali conseguenziali alla dichiarata illegittimità degli atti

amministrativi, come nel caso di specie.

Ciò esime dall'esame di tutte le altre questioni procedurali e di merito così come

rilevate dalla disamina dei rispettivi libelli difensivi.

Le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti in causa sussistendo i

giusti motivi ex art. 92 c.p.c.

P.Q.M.

Il G.d.P., definitivamente pronunciando così provvede:

Dichiara il difetto di giurisdizione del G.O. a favore di quello

amministrativo.

Compensa le spese di giudizio.

Napoli, 22.07.2009

GIURISPRUDENZA167

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

N. 00241/2010 REG.ORD.COLL.

N. 06515/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANAIl Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso n. 6515/07, proposto dal sig. Andrea Cirelli, rappresentato e difeso dagli avv.ti

Alessandro Gracis, Giorgio De Arcangelis e Carlo Abbate e con questi elettivamente domiciliato in

Roma, via F.P. dè Calboli n. 1, presso lo studio dell’avv. Carlo Abbate,

contro

la Federazione Italiana Pallacanestro, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, presso il cui studio

in Roma, viale delle Milizie n. 106, è elettivamente domiciliata,

il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), in persona del legale rappresentate pro

tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti, presso il cui studio in Roma, via

Giuseppe Pisanelli n.2, è elettivamente domiciliato, nonché

la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., in persona del legale

rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, nonché,

nei confronti di

Pallacanestro Treviso Benetton, in persona del legale rappresentate pro tempore, non

costituita in giudizio, per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della sanzione

dell’inibizione dallo svolgimento di ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata

definitivamente con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del

C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007, anch’essa impugnata; dell’atto di deferimento della procura

Federale del 5 marzo 2007, nella parte in cui il ricorrente è stato deferito alla Commissione

Giudicante Nazionale; della decisione della Commissione Giudicante Nazionale n. 81, giusta

Comunicato Ufficiale n. 650 del 21 marzo 2007, nella parte in cui è stata affermata la responsabilità

del ricorrente per la tentata frode sportiva a lui contestata ed è stata irrogata la sanzione

GIURISPRUDENZA168

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

dell’inibizione da qualsiasi attività federale e sociale per la durata di due anni; della decisione della

Corte Federale n. 44 di cui al Comunicato Ufficiale n. 672 del 27 marzo 2007 nella parte in cui è

stata confermata la responsabilità per frode sportiva consumata ex art. 43, primo comma, lett. c), e

per l’effetto determinata la sanzione dell’inibizione da ogni attività federale e sociale a carico del

ricorrente per tre anni e quattro mesi a decorrere dal 21 marzo 2007; di ogni altro atto comunque

presupposto, connesso e conseguenziale e, in particolare: in parte qua dell’art. 43, secondo comma,

del Regolamento di Giustizia, nonché di tutte le norme statutarie e regolamentari nella parte in cui

prevedono l’adozione di provvedimenti disciplinari, sino alla radiazione, a carico dei tesserati che

abbiano violato il cd. vincolo di giustizia; di tutte le norme statutarie e regolamentari che

attribuiscono natura di lodo arbitrale irrituale anziché di provvedimento amministrativo di secondo

grado alle decisioni assunte dalla camera di Conciliazione e, in particolare, dell’art. 43, secondo e

terzo comma, dello Statuto della F.I.P. nella parte in cui dispone che “gli affiliati, i tesserati ed i

soggetti ad essi equiparati sono tenuti ad adire gli Organi di Giustizia dell’ordinamento sportivo

nelle materie di cui all’art. 2 D.L. n. 220 del 2003. Nelle materie predette è possibile, ai sensi

dell’art. 12, ottavo comma, dello Statuto del C.O.N.I., il ricorso all’arbitrato irrituale.

L’inosservanza della presente disposizione … comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari

sino alla radiazione, nei modi e termini indicati”; dell’art. 6 del Regolamento di Giustizia della

F.I.P., nella parte in cui prevede che “gli affiliati, i tesserati ed i soggetti ad essi equiparati sono

tenuti ad adire gli Organi di Giustizia dell’ordinamento sportivo nelle materie di cui all’art. 2 D.L.

n. 220 del 2003.

L’inosservanza della presente disposizione comporta l’adozione di provvedimenti

disciplinari, sino alla radiazione”; nonché dell’art. 12 dello Statuto del C.O.N.I. e dell’art. 8 del

Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Pallacanestro;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.);

Visto l’atto di motivi aggiunti, notificato il 16 ottobre 2007 e depositato il successivo 23

ottobre;

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

GIURISPRUDENZA169

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

Relatore alla pubblica udienza del 28 gennaio 2010 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì

i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue,

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 9 luglio 2007 e depositato il successivo 18 luglio 2007 il

sig. Andrea Cirelli impugna, tra gli altri, la sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di ogni

attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata definitivamente con la decisione della

Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007.

Espone, in fatto, di essere titolare di tessera della Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.)

con la qualifica di dirigente e di aver ricoperto, sino al 24 febbraio 2007, la carica di Team Manager

della Pallacanestro Treviso Benetton.

In data 5 marzo 2007 è stato deferito dal Procuratore federale della F.I.P. alla Commissione

Giudicante Nazionale perché “avvalendosi del concorso di persona non soggetta alla giurisdizione

federale ed al fine di favorire la Pallacanestro Treviso Benetton, violava gli artt. 2, comma 1, 39 e

43 del regolamento di Giustizia, richiedendo ed ottenendo dagli Uffici della lega Basket Serie A di

inserire nel fascicolo del tesseramento del giocatore Gino Cuccarolo un atto di risoluzione

contrattuale recante data anteriore a quella dell’effettiva presentazione, con ciò alterando o tentando

di alterare l’elenco degli atleti professionisti tesserati ed iscritti a referto per la società trevigiana,

che in tal modo avrebbe avuto la possibilità di utilizzare e di iscrivere a referto altro atleta

professionista”.

A causa dei predetti fatti è stato licenziato dalla Pallacanestro Treviso Benetton. In data 21

marzo 2007 la Commissione Giudicante Nazionale gli ha irrogato la sanzione dell’inibizione da

qualsiasi attività federale e sociale per la durata di due anni, considerato quanto previsto dall’art. 43,

secondo comma, del Regolamento di Giustizia per le fattispecie a livello di tentativo. Avverso detto

provvedimento è stato presentato ricorso in appello, oltre che dallo stesso sig. Cirelli, anche dalla

F.I.P., quest’ultima lamentando l’esiguità della pena comminata.

La Corte Federale, in parziale accoglimento dell’appello della Procura Federale, ha

condannato il ricorrente alla sanzione dell’inibizione da ogni attività federale e sociale per tre anni e

quattro mesi a decorrere dal 21 marzo 2007. L’istanza di conciliazione, proposta dal ricorrente, non

ha sortito alcun risultato.

Il Collegio arbitrale, al quale il sig. Cirelli si era rivolto, ha rigettato l’istanza confermando

la sanzione dell’inibizione per tre anni e quattro mesi.

GIURISPRUDENZA170

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

2. Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente è insorto deducendo:

a) Illegittimità, per violazione artt. 24, 97, 103, 113 Cost., dello Statuto e del Regolamento di

Giustizia della F.I.P..

Il diritto di difesa del tesserato è limitato, essendo prevista l’obbligatorietà del ricorso agli

Organi di giustizia sportiva pena l’adozione di provvedimenti sanzionatori. Illegittima è anche la

qualificazione del giudizio ex art. 12, ottavo comma, dello Statuto del C.O.N.I. come arbitrato

irritale e la relativa decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato come lodo arbitrale

irrituale, anziché come provvedimento amministrativo, limitandone l’impugnabilità dinanzi al

giudice amministrativo.

b) Illegittimità della sanzione e dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa

applicazione dell’art. 43, primo comma, lett. c), R.D. della F.I.P. – Eccesso di potere per errore e

travisamento nei presupposti di fatto e di diritto – Carenza ed insufficiente istruttoria – Illogicità e

contraddittorietà manifesta, nonché manifesta irragionevolezza della sanzione irrogata – In via

subordinata, illegittimità dell’art. 42 del R.G. nell’interpretazione ed applicazione resa dagli organi

di Giustizia Federale e della Camera di conciliazione ed arbitrato del C.O.N.I. per violazione dei

principi vigenti dell’ordinamento statale e, in particolare, per violazione degli artt. 49 e 115 c.p..

Illegittimamente la Corte Federale prima ed il Collegio arbitrale poi hanno considerato la

frode sportiva un’ipotesi di illecito disciplinare a consumazione anticipata, nel senso che non

sarebbe necessario che la frode si consumi, essendo sufficiente il compimento di un atto finalizzato

ad un obiettivo illecito. In ogni caso la condotta attribuita al ricorrente non ha avuto rilevanza per

l’ordinamento perché non è stata esternalizzata. Infine, e a tutto voler concedere, detta condotta

avrebbe potuto essere qualificata come contraria ai doveri di lealtà e correttezza di cui all’art. 2 del

Regolamento di Giustizia ed essere, quindi, sanzionata ai sensi e per gli effetti dell’art. 39 dello

stesso Regolamento.

3) Illegittimità della sanzione e dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa

applicazione dell’art. 43, primo comma, lett. c), e secondo comma R.G. della F.I.P.; violazione

dell’art. 73 R.G. della F.I.P. – Eccesso di potere per errore e travisamento nei presupposti di fatto e

di diritto – Per carenza ed insufficienza di istruttoria – Per illogicità e contraddittorietà manifesta

nonché per manifesta irragionevolezza della sanzione applicata –

In via subordinata, si eccepisce l’illegittimità dell’art. 43, secondo comma, R.G.

nell’interpretazione ed applicazione resa dagli Organi di Giustizia Federale e dalla camera di

GIURISPRUDENZA171

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

Conciliazione ed Arbitrato del C.O.N.I. per violazione dei principi vigenti nell’ordinamento statale

ed in particolare per violazione dell’art. 56 c.p..

La sanzione irrogata appare ancora più illegittima in quanto applicativa della pena prevista

per la fattispecie consumata e non della pena ridotta per la fattispecie tentata.

3. Con atto di motivi aggiunti, notificato il 16 ottobre 2007 e depositato il successivo 23

ottobre, il ricorrente deduce ulteriori profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati con l’atto

introduttivo del giudizio, rilevati a seguito delle intercettazioni telefoniche operate dai Nas di

Bologna relativamente al “caso Lorbek”, dalle quali sarebbero emersi numerosi contatti tra i

funzionari della Camera di Conciliazione e i rappresentanti del C.O.N.I. durante i lavori del lodo.

Il ricorrente deduce, in particolare:

a) Violazione art. 12, ottavo comma, dello Statuto del C.O.N.I. – violazione degli artt. 1, 14

e 27 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.

A seguito delle indagini disposte dalla Procura di Bologna sul “caso Lorbek” è stato

accertato che durante i lavori della Camera arbitrale vi sono stati contatti con i rappresentanti dei

vertici delle istituzioni sportive e gli arbitri della Camera.

b) Violazione artt. 1, quarto comma, 19, 20, 27 del Regolamento della Camera di

Conciliazione e Arbitrato per lo Sport - Violazione delle regole e dei principi generali che

presiedono alla formazione del lodo arbitrale.

Dalle predette intercettazioni telefoniche è emerso che il Presidente della Camera arbitrale

ha affidato la redazione del lodo a persone estranee al Collegio arbitrale, che non avevano

partecipato al procedimento e alle relative udienze.

4. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro, che ha preliminarmente

eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza

del ricorso.

5. Si è costituito in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), che ha

preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito e la propria carenza di

legittimazione passiva mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.

6. La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. non si è costituita in

giudizio.

7. La Pallacanestro Treviso Benetton non si è costituita in giudizio.

GIURISPRUDENZA172

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

8. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno

ribadito le rispettive tesi difensive.

9. In data 12 novembre 2009 il ricorrente ha depositato copia della sentenza n. 2208 del 28

gennaio 2009 del Tribunale di Bologna, sezione per le indagini preliminari, che lo ha assolto dal

reato di frode sportiva perché il fatto non sussiste.

10. Alla Camera di consiglio del 6 agosto 2007, sull’accordo delle parti, l’esame dell’istanza

di sospensione cautelare è stato abbinato al merito.

11. All’udienza del 28 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è impugnata la sanzione dell’inibizione dallo svolgimento di

ogni attività endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata in via definitiva al sig. Cirelli con la

decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18

maggio 2007.

Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata sia

dalla Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) che dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano

(C.O.N.I.) sul rilievo che le sanzioni sportive sarebbero impugnabili, ai sensi dell’art. 2, primo

comma, lett. b), e secondo comma, D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito in L. 17 ottobre 2003 n.

280, solo dinanzi agli organi della Giustizia sportiva.

Rileva il Collegio che più volte questo Tribunale ha affermato la propria giurisdizione in

occasione dell’impugnazione di sanzioni sportive diverse da quelle c.d. tecniche (per esse

dovendosi intendere quelle preordinate ad assicurare la regolarità della gara e la corrispondenza del

suo risultato ai valori sportivi espressi in campo), inflitte a dirigenti sportivi, ad arbitri o a società

calcistiche. Ciò nella considerazione che, ai sensi del cit. D.L. n. 220 del 2003, il criterio secondo il

quale i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di

autonomia - con conseguente sottrazione al sindacato del giudice statale degli atti a contenuto

tecnico sportivo - trova una deroga nel caso di rilevanza per l'ordinamento giuridico della

Repubblica di situazioni giuridiche soggettive, qualificabili in termini di diritti soggettivi e/o di

interessi legittimi, connesse con l'ordinamento sportivo; in tale ipotesi, le relative controversie sono

attribuite alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, ove abbiano per oggetto i rapporti

patrimoniali tra Società, Associazioni ed atleti, mentre ogni altra controversia avente ad oggetto atti

del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive nazionali è devoluta alla giurisdizione esclusiva del

giudice amministrativo.

GIURISPRUDENZA173

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

In altri termini, la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si

discute dell'applicazione delle regole sportive, mentre quella statale è chiamata a risolvere le

controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di

diritti soggettivi o interessi legittimi ai quali è l’ordinamento statale che appresta tutela (Cons.Stato,

VI Sez., 9 luglio 2004 n. 5025).

Con precipuo riferimento al principio, introdotto dal cit. art. 2, primo comma, lett. b), che

riserva al giudice sportivo la definizione delle questioni aventi ad oggetto “i comportamenti

rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari

sportive”, questa Sezione ha già più volte chiarito che detta disposizione, letta unitamente all’art. 1,

secondo comma, dello stesso decreto legge, non appare operante nel caso in cui la sanzione non

esaurisce la sua incidenza nell’ambito strettamente sportivo, non ha cioè rilevanza esclusivamente

tecnica, ma rifluisce nell’ordinamento generale dello Stato (T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 22 agosto

2006 n. 7331; 18 aprile 2005 n. 2801 e 14 dicembre 2005 n. 13616).

In applicazione di detto principio ha quindi affermato (Sentt. 21 giugno 2007 n. 5645; 8

giugno 2007 n. 5280) la giurisdizione del giudice amministrativo nei ricorsi proposti da dirigenti, da

società sportive e da arbitri avverso le sanzioni inflitte con la decisione della Corte Federale della

F.I.G.C. per illecito sportivo per fatti connessi alla vicenda della c.d. “calciopoli”, insorta nella

stagione calcistica 2005/2006, mentre ha dichiarato (Sentt. 5 novembre 2007 nn. 10894 e 10911) il

difetto assoluto di giurisdizione dello stesso giudice nella controversia promossa da un arbitro per la

mancata sua iscrizione alla Commissione Arbitri Nazionale della serie A e B, fondandosi il

provvedimento impugnato su un giudizio basato esclusivamente sulla rilevata mancanza delle

necessarie qualità tecniche da parte del soggetto in questione ed essendo, dunque, privo di qualsiasi

effetto all’esterno dell’ordinamento sportivo.

La conclusione alla quale questa Sezione era giunta era stata dettata anche dalla necessità di

dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2 D.L. n. 220 del 2003.

Costituisce, infatti, principio ricorrente nella giurisprudenza del giudice delle leggi che,

dinanzi ad un dubbio interpretativo di una norma o ad un’aporia del sistema, prima di dubitare della

legittimità costituzionale della norma stessa occorre verificare la possibilità di darne

un’interpretazione secondo Costituzione (Corte cost. 22 ottobre 1996 n. 356). Ha chiarito la Corte

costituzionale (30 novembre 2007 n. 403) che il giudice (specie in assenza di un consolidato

orientamento giurisprudenziale) ha il dovere di adottare, tra più possibili interpretazioni di una

stessa disposizione, quella idonea a fugare ogni dubbio di legittimità costituzionale, sollevando la

GIURISPRUDENZA174

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

questione dinanzi al giudice delle leggi solo quando la lettera della norma sia tale da precludere

ogni possibilità ermeneutica idonea a offrirne una lettura conforme a Costituzione. Ha infine

aggiunto la Corte costituzionale che, in linea di principio, le leggi non si dichiarano

costituzionalmente illegittime perché è possibile dare di esse interpretazioni incostituzionali, ma

perché è impossibile dare delle stesse interpretazioni costituzionali.

Ora, nel caso all’esame della Sezione, si era ritenuto che non mancassero argomenti e

precedenti giurisprudenziali a dimostrazione che il Legislatore del 2003 avesse voluto solo garantire

il previo esperimento, nella materia della disciplina sportiva, di tutti i rimedi interni, senza peraltro

elidere la possibilità, per le parti del rapporto, di adire il giudice dello Stato se la sanzione

comminata non esaurisce la sua rilevanza all’interno del solo ordinamento sportivo.

Peraltro, da ultimo la parabola argomentativa della Sezione non è stata condivisa dal giudice

di appello (Cons. Stato, VI Sez., 25 novembre 2008 n. 5782). Quest’ultimo, premesso che di

frequente accade che i provvedimenti sanzionatori inflitti ad atleti, associazioni e società sportive,

adottati nell’ambito dell’ordinamento sportivo, incidano, almeno indirettamente, per i gravi effetti

anche economici che comportano, su situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento

sportivo, ma rilevanti per l’ordinamento generale, si è posto il problema se, verificandosi tale

evenienza, debba prevalere il valore dell’autonomia dell’ordinamento sportivo o quello del diritto di

azione o di difesa in giudizio.

Ha precisato che a favore della prima soluzione sembrerebbe deporre il testo letterale

dell’art. 2 D.L. n. 220 del 2003 che riserva alla giustizia sportiva, senza alcuna ulteriore distinzione

in ragione degli effetti che dall’intervento sanzionatorio discendono, “i comportamenti rilevanti sul

piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”. A

favore della seconda lettura sarebbe invece invocabile la parte finale dell’art. 1 dello stesso D.L. n.

220 che, nell’affermare il principio dell’autonomia sportiva, fa espressamente "salvi i casi di

rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse

con l'ordinamento sportivo".

Il giudice di appello ha dichiarato di aderire alla prima opzione ermeneutica, ritenendola più

aderente alla formulazione letterale degli artt. 2 e 3 D.L. n. 220 del 2003.

Ha chiarito che tali norme demandano in via esclusiva alla giustizia sportiva tutti i

“comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative

sanzioni disciplinari sportive”.

GIURISPRUDENZA175

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

Il legislatore, dunque, da un lato non farebbe alcuna distinzione in ordine alle conseguenze

morali e patrimoniali che da quelle sanzioni possono derivare e, dall’altro, allorché emanò il D.L. n.

220 del 2003, non poteva ignorare che l’applicazione del regolamento sportivo – sia da parte

dell’arbitro nella singola gara, sia da parte del giudice sportivo di primo o di ultimo grado – e

l’irrogazione delle più gravi sanzioni disciplinari quasi sempre producono conseguenze morali e

patrimoniali indirette di rilevantissima entità. Tuttavia a tali conseguenze non ha attribuito alcun

rilievo ai fini della verifica di sussistenza della giurisdizione statuale che, infatti, ha riconosciuto

solo nei casi diversi da quelli, espressamente indicati, di cui all’art. 2, primo comma, del decreto

legge citato.

Lo stesso giudice di appello ha però riconosciuto che, così inteso, l’art. 2 D.L. n. 220 del

2003 dà luogo ad alcune perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della riserva a favore

della “giustizia sportiva”.

In effetti anche questa Sezione, prima ancora del Consiglio di Stato, aveva manifestato

analoghe perplessità in ordine al disposto dell’art. 2 D.L. n. 220 del 2003, ma aveva ritenuto di

poterle superare con specifico, puntuale riferimento all’insegnamento del giudice delle leggi, le cui

regole fanno parte del bagaglio culturale e professionale di ogni operatore del diritto, e cioè che

prima di attivare il procedimento per l’annullamento di una legge per contrasto con principi

costituzionali il giudice remittente ha l’obbligo di verificare se il suo testo consente, sul piano

interpretativo, anche una lettura dello stesso che renda le prescrizioni in esso contenute compatibili

con il dettato costituzionale.

Ed è questa, in effetti, la strada che la Sezione ha sempre percorso in materia di sanzioni

disciplinari non tecniche, assumendo come criterio di individuazione della giurisdizione gli effetti

che da esse discendono, cioè a seconda che detti effetti si esauriscano all’interno dell’ordinamento

sportivo o si proiettino anche all’esterno di esso, con danni non solo patrimoniali ma anche morali

per il soggetto che ne è destinatario. Così argomentando la Sezione aveva motivatamente recepito e

fatte proprie anche le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria e dalla dottrina più

qualificata.

Il giudice comunitario (Corte di giustizia 18 luglio 2006 C-519/04 P), partendo dalla

premessa che le sanzioni sportive, specie se interdittive dell’attività, sono suscettibili in concreto di

ledere le libertà economiche degli atleti e di coloro che operano negli organismi sportivi, ha

concluso nel senso che la circostanza che sia indiscussa una regola eminentemente sportiva non può

precludere in via automatica l’accertamento da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria della

GIURISPRUDENZA176

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

violazione della libertà e dei diritti garantiti dal Trattato e del contesto nel quale si colloca il fatto o

il comportamento sanzionato.

Dello stesso avviso si è detta la dottrina interessata al problema, la quale ha concluso nel

senso che la norma disciplinare dell’ordinamento sportivo non ha sempre una mera rilevanza

interna, ma è suscettibile di incidere su posizioni soggettive riconosciute e tutelate sia

dall’ordinamento statale che da quello comunitario atteso che, diversamente opinando, l’autonomia

e la riserva di giurisdizione del giudice sportivo si tradurrebbero in una ingiustificata riduzione del

diritto ad una effettiva e completa tutela giurisdizionale.

A fronte del recente arresto del giudice di appello la Sezione ritiene di dover far proprie le

conclusioni alle quali questo è pervenuto e di sollevare la questione di costituzionalità affinchè il

giudice delle leggi decida se l’art. 2, primo comma, lett. b), D.L. n. 220 del 2003 deve essere

eliminato dall’ordinamento perché contrastante con i principi fondamentali che la Carta

costituzionale detta a tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei cittadini e preclusiva, in questo

caso, della possibilità di far ricorso finale al giudice statale ove la pronuncia del giudice sportivo sia

ritenuta errata o comunque non satisfattiva.

Appare infatti dubbia la legittimità costituzionale dell’art. 2, primo comma, lett. b), e in

parte qua del secondo comma, D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n.

280, per violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost., nella parte in cui riserva al giudice sportivo la

competenza a decidere in via definitiva le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, non

tecniche (id est non dirette ad assicurare la regolarità della gara ma che, ancorché occasionate da

una gara, riguardano gli ordinari rapporti di correttezza fra associati e organi sportivi), inflitte a

atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo,

anche se i loro effetti vanno oltre i confini assegnati dalla legge a detto ordinamento, ma incidono

su diritti e interessi la cui tutela è affidata al giudice statale.

La questione è certamente rilevante nella presente controversia, atteso che presupposto per

poter esaminare i motivi dedotti dal sig. Cirelli avverso gli atti impugnati è che il giudice adito sia

competente a decidere.

Il Collegio ritiene peraltro che la questione, oltre che rilevante, sia anche non

manifestamente infondata, ove sia ritenuto corretto e assorbente il rilievo esclusivo assegnato dal

Consiglio di Stato al testo letterale del cit. art. 2 e invece additivo il tentativo di questa Sezione di

offrirne una lettura congiunta con il disposto del precedente art. 1, nella parte in cui detta il generale

criterio di riparto della giurisdizione fra giudice sportivo e giudice statale.

GIURISPRUDENZA177

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

In questo caso risulta in primo luogo violato l’art. 24 Cost. che, definendo la difesa come un

diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, garantisce a tutti la possibilità di agire in

giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e affida tale compito al giudice statale.

Risultano altresì violati gli artt. 103 e 113 Cost., che consentono sempre l’impugnativa di

atti e provvedimenti amministrativi dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, senza che si

possa, al contrario, dubitare della natura degli atti adottati dal C.O.N.I. e dalle Federazioni sportive

e, dunque, della loro riconducibilità all’art. 103 Cost., atteso che l’art. 3 dello stesso D.L. n. 220 del

2003 riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione dei ricorsi

proposti avverso detti atti, salvi i casi previsti dal precedente art. 2, primo comma, lett. a) e b).

L’art. 2, primo comma, lett. b), e in parte qua secondo comma, viola dunque gli artt. 24, 103

e 113 Cost., dal cui combinato disposto si evince che a nessuno può essere negata la tutela della

propria sfera giuridica dinanzi ad un giudice statale, ordinario o amministrativo che sia. L’innanzi

richiamata norma riserva invece agli organi della giustizia sportiva – e, dunque, ad organi la cui

composizione è affidata ad una sola delle parti in causa – la competenza a risolvere, in via

definitiva, le controversie insorte tra l’ordinamento sportivo e i suoi affiliati ove oggetto delle stesse

siano l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie

dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto

svolgimento delle attività sportive e i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, con

l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

Né può ritenersi che la deroga al principio costituzionale del diritto ad ottenere la tutela della

propria posizione giuridica di diritto soggettivo o di interesse legittimo dinanzi ad un giudice statale

possa essere giustificata – e quindi ammessa – in considerazione della necessità, dettata dalla

peculiarità degli interessi in gioco, di avere una “giustizia rapida”, che l’ordinamento giudiziario

statale potrebbe non consentire.

E’ agevole in primo luogo rilevare che lo stesso legislatore del 2003, attento a questa

esigenza, ha esteso al contenzioso c.d. sportivo la disciplina celere dettata per alcune materie di

particolare rilevanza economico-sociale (appalti, delibere delle Autorità indipendenti) dall’art. 23

bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034, che consente, dunque, di definire in tempi rapidi le controversie che

vedono coinvolti le Federazioni sportive ed i propri associati. Aggiungasi che se il legislatore non

avesse ritenuto sufficiente il rimedio processuale già sperimentato (ad es. per il contenzioso in

materia di appalti pubblici, nella quale è veramente pressante la necessità di chiudere in tempi

strettissimi le controversie instaurate), avrebbe potuto dettare una nuova regola processuale per

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

rendere ancora più celere il rito, con l’unico limite del rispetto del diritto di difesa, diritto che, ad

avviso di questo Collegio, finisce per essere irrimediabilmente leso proprio dalla preclusione del

ricorso al giudice statale e, dunque, dal rimedio che sarebbe stato introdotto per assicurare una

tutela rapida delle ragioni del soggetto inciso dalle decisioni degli organi dell’ordinamento sportivo.

Va peraltro chiarito, al fine di sgomberare il campo da possibili equivoci e di delineare nei

suoi esatti confini la questione sottoposta al giudice delle leggi, che i dubbi di costituzionalità della

norma, espressi dalla Sezione, non attengono alla previsione della c.d. pregiudiziale sportiva,

essendo essa corretta e logica conseguenza della riconosciuta autonomia dell’ordinamento sportivo,

ma alla generale preclusione (ultronea rispetto ad essa) ad adire il giudice statale una volta esauriti i

gradi della giustizia sportiva.

Gli stessi problemi non si pongono neppure per l’ipotesi in cui la materia del contendere è la

sanzione c.d. tecnica comminata durante o in conseguenza di una competizione sportiva (ad es.

l’ammonizione o l’espulsione di un giocatore). E’ agevole, infatti, osservare che in tali casi manca il

presupposto per poter invocare l’art. 24 Cost., e cioè la tutela di posizioni giuridiche di diritto

soggettivo o di interesse legittimo.

Alle regole tecniche che vengono in gioco non può essere attribuita natura di norme di

relazione dalle quali derivino diritti soggettivi e contrapposti obblighi in capo ai soggetti coinvolti

nell’esercizio dell’attività sportiva.

Ma non sono configurabili neanche posizioni di interesse legittimo, che presupporrebbero la

possibilità di qualificare le decisioni assunte dai giudici di gara come provvedimenti amministrativi.

In altri termini, e per concludere sul punto, la violazione di regole di gara, aventi dunque connotato

prettamente ed esclusivamente tecnico, che la dottrina più qualificata fa rientrare nell’ambito

“dell’irrilevante giuridico”, dà luogo all’applicazione di sanzioni anch’esse tecniche, indifferenti per

l’ordinamento statale, la cui giustiziabilità può essere correttamente riservata agli organi di giustizia

sportiva.

In effetti a questa conclusione era già giunto il giudice della giurisdizione (Cass. civ., S.U.,

26 ottobre 1989 n. 4399) il quale, nell’individuare i criteri che consentono di stabilire quali

questioni possono essere sottoposte alla cognizione del giudice statale, aveva chiarito che rientrano

in modo diretto nella categoria delle norme organizzatorie, riservate come tali al giudice sportivo, le

regole che l'ordinamento federale ha emanato o emana per l’ordinata acquisizione dei “risultati delle

competizioni agonistiche”, non potendo ogni e qualunque provvedimento attuativo di esse essere

qualificato come provvedimento amministrativo.

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

Ha aggiunto – con affermazioni che, sebbene svolte con riferimento ad un tessuto

normativo antecedente alla novella del 2003, sono sicuramente applicabili anche ad essa – che

“l'ordinamento generale ha, bensì, interesse all'inserimento dell'organizzazione sportiva nell'ambito

della realtà sociale di modo che, se pur con formale riconoscimento, consente (per non mortificare

un’insopprimibile vocazione autonomistica) che l'intera struttura assuma forma e sostanza di

ordinamento separato, tuttavia impone (quando giudica inopportuna una completa abdicazione sui

capisaldi programmatici) che le norme fondamentali di esso si armonizzino con quelle proprie,

oppure assicura (quando è in gioco il primato della giurisdizione) la tutela delle posizioni giuridiche

gravitanti nell'orbita dell'ordinamento predetto.

Tutto questo, però, non significa che l'ingerenza sia tale da coprire ogni aspetto dell'attività

normativa dell'ordinamento separato, posto che esistono norme interne (denominate extragiuridiche

dalla dottrina che ne ha individuato l'essenza), che pur dotate di rilevanza nell'ambito

dell'ordinamento che le ha espresse, sono insuscettibili di inquadramento giuridico nell'ambito

dell'ordinamento generale.

Tali sono, indiscutibilmente, le norme meramente tecniche; e fra esse sicuramente rientrano

quelle che l'ordinamento sportivo ha elaborato ed elabora ai fini dell'acquisizione dei risultati delle

competizioni agonistiche”.

Dalle considerazioni appena svolte emerge evidente che l’unico modo per superare i dubbi

di costituzionalità dell’art. 2 D.L. 19 agosto 2003 n. 220 sarebbe sostenere che anche le sanzioni

disciplinari, inflitte non in violazione di regole tecniche di gioco, hanno carattere meramente interno

ed esauriscono la loro efficacia all’interno dell’ordinamento sportivo.

Ma a questa conclusione il Collegio ritiene di non poter pervenire, atteso che tali sanzioni

non si esauriscono in ambito sportivo ma, essendo dirette a modificare in modo sostanziale,

ancorché non sempre totalmente irreversibile, lo status dell'affiliato, ridondano pure in danno della

sua sfera giuridica nell'ambito dell’ordinamento statale.

E non è certo l’incontestata autonomia di cui gode l’ordinamento sportivo (riconosciuta e

favorita ex art. 1 D.L. n. 220 del 2003), rispetto a quello statale, a contrastare tale affermazione.

Autonomia sta, infatti, a significare inibizione per un ordinamento giuridico di interferire con le

proprie regole e i propri strumenti attuativi in un ambito normativamente riservato ad altro

ordinamento coesistente (nella specie, quello sportivo), ma a condizione che gli atti e le pronunce in

detto ambito intervenuti in esso esauriscano i propri effetti.

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

Tale situazione non ricorre affatto allorché la materia del contendere è costituita innanzi tutto

da valutazioni e apprezzamenti personali che, a prescindere dalla qualifica professionale rivestita

dal soggetto destinatario degli stessi e dal settore nel quale egli ha svolto la sua attività, investono

con immediatezza diritti fondamentali dello stesso in quanto uomo e cittadino, con conseguenze

lesive della sua onorabilità e negativi, intuitivi riflessi nei rapporti sociali.

Verificandosi questa ipotesi, che è poi quella che ricorre nel caso all’esame del Collegio –

atteso che il danno asseritamente ingiusto, sofferto dal ricorrente è, più che nelle misure interdittive

comminate, nel giudizio negativo sulle sue qualità morali, che esse inequivocabilmente

sottintendono – è davvero difficile negare il diritto all’odierno ricorrente ad accedere a colui che di

dette vicende è incontestabilmente il giudice naturale.

Per le ragioni sopra esposte il Collegio solleva, ritenendola rilevante e non manifestamente

infondata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost., la questione di legittimità costituzionale

dell’art. 2, primo comma, lett. b), e, in parte qua, secondo comma, D.L. 19 agosto 2003 n. 220,

convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la

competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari “non tecniche”, ma

con effetti che vanno oltre l’ambito sportivo, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società

sportive, sottraendole allo scrutinio del giudice amministrativo, ancorché a giudizio di quest’ultimo

sia palese la loro incidenza su diritti e interessi legittimi che dall’ordinamento generale egli è

chiamato a tutelare.

Il giudizio deve pertanto essere sospeso, e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale.

Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese resta riservata alla

decisione definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III Ter,

pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, visti gli artt.134 Cost., 1 della legge

costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 L. 11 marzo 1953 n. 87 solleva, ritenendola rilevante e non

manifestamente infondata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost., la questione di legittimità

costituzionale dell’art. 2, primo comma, lett. b) e, in parte qua, secondo comma, D.L. 19 agosto

2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, nella parte in cui riserva al solo giudice

sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da

quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato

del giudice amministrativo.

GIURISPRUDENZA181

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TAR Lazio 2010 ordinamento sportivo – ordinanza 241

Dispone la sospensione del presente giudizio.

Ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Ordina che a cura della segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti

in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti delle Camere

dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle

spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2010 con l'intervento

dei Magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Donatella Scala, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

GIURISPRUDENZA182

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Brevi note di Giurisprudenza

BREVI NOTE DI GIURISPRUDENZA

di Lucio Giacomardo (*)

A circa sette anni dalla sua approvazione, la Legge 17 Ottobre 2003 n.280, relativa alla

conversione, con modificazioni, del D.L. 19 Agosto 2003 n.220 recante “Disposizioni urgenti in

materia di giustizia sportiva”, vedrà l’intervento, da molti auspicato, della Corte Costituzionale.

Con l’ordinanza del TAR Lazio n. 241 dell’11 Febbraio 2010 (in allegato), infatti, viene

rimessa alla Consulta la questione di legittimità dell’ art. 2, primo comma, lett. b), D.L. n. 220 del

2003. In particolare, i Giudici amministrativi si chiedono se detta norma debba essere eliminata

dall’ordinamento “…perché contrastante con i principi fondamentali che la Carta costituzionale

detta a tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei cittadini e preclusiva, in questo caso, della

possibilità di far ricorso finale al giudice statale ove la pronuncia del giudice sportivo sia ritenuta

errata o comunque non satisfattiva.”.

Nella stessa Ordinanza, inoltre, il Tar Lazio chiarisce che “Appare infatti dubbia la legittimità

costituzionale dell’art. 2, primo comma, lett. b), e in parte qua del secondo comma, D.L. 19 agosto

2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, per violazione degli artt. 24, 103 e 113

Cost., nella parte in cui riserva al giudice sportivo la competenza a decidere in via definitiva le

controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, non tecniche (id est non dirette ad assicurare

la regolarità della gara ma che, ancorché occasionate da una gara, riguardano gli ordinari

rapporti di correttezza fra associati e organi sportivi), inflitte a atleti, tesserati, associazioni e

società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo, anche se i loro effetti vanno

oltre i confini assegnati dalla legge a detto ordinamento, ma incidono su diritti e interessi la cui

tutela è affidata al giudice statale.”

E, sempre sul punto della legittimità costituzionale dell’art. 2 si aggiunge che detta norma

violerebbe gli artt. 24, 103 e 113 Cost., “dal cui combinato disposto si evince che a nessuno può

essere negata la tutela della propria sfera giuridica dinanzi ad un giudice statale, ordinario o

amministrativo che sia.

L’innanzi richiamata norma riserva invece agli organi della giustizia sportiva – e, dunque, ad

organi la cui composizione è affidata ad una sola delle parti in causa – la competenza a risolvere,

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Brevi note di Giurisprudenza

in via definitiva, le controversie insorte tra l’ordinamento sportivo e i suoi affiliati ove oggetto delle

stesse siano l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie

dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto

svolgimento delle attività sportive e i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, con

l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.”.

La questione più ampia, in realtà, appare sintetizzata dal TAR Lazio in un breve passo della

motivazione dell’ordinanza di rimessione, laddove si afferma, a proposito dell’autonomia di cui

gode l’ordinamento sportivo (autonomia espressamente riconosciuta e favorita dal legislatore) che

“Autonomia sta, infatti, a significare inibizione per un ordinamento giuridico di interferire con le

proprie regole e i propri strumenti attuativi in un ambito normativamente riservato ad altro

ordinamento coesistente (nella specie, quello sportivo), ma a condizione che gli atti e le pronunce

in detto ambito intervenuti in esso esauriscano i propri effetti. Tale situazione non ricorre affatto

allorché la materia del contendere è costituita innanzi tutto da valutazioni e apprezzamenti

personali che, a prescindere dalla qualifica professionale rivestita dal soggetto destinatario degli

stessi e dal settore nel quale egli ha svolto la sua attività, investono con immediatezza diritti

fondamentali dello stesso in quanto uomo e cittadino, con conseguenze lesive della sua onorabilità

e negativi, intuitivi riflessi nei rapporti sociali. “.

Sul punto, allora, in attesa che la Corte Costituzionale fornisca certezze, appare forse utile

ricordare che proprio sul concetto di “autonomia” nel campo del diritto notevole è stato il contributo

della dottrina. Come ha ricordato non molto tempo fa il Prof. Raffaele Caprioli, ordinario di

Istituzioni di Diritto Privato ma, soprattutto, titolare di una delle prime cattedre in Italia di “Diritto

Sportivo “La parola “autonomia” ha, nel diritto, vari significati”. .In particolare, aggiungeva, per

Santi Romano il termine autonomia “indica, soggettivamente, la potestà di darti un ordinamento

giuridico e, oggettivamente, il carattere proprio di un ordinamento giuridico che individui o enti si

costituiscono da sé, in contrapposto al carattere degli ordinamenti che per essi sono costituiti da

altri” (cfr. Santi Romano, voce “Autonomia” nei “Frammenti di un Dizionario giuridico”, 1945 in

particolare p. 14).

A ben vedere, se si ha riguardo all’etimologia della parola, alla nascita del concetto e

all’iniziale affermarsi del fenomeno dell’autonomia nell’esperienza storica, si avverte che l’atto di

autonomia e la regola autonoma si pongano in una data comunità come assolutamente indipendenti

e liberi da ogni vincolo che possa derivare da una entità inferiore. Nel Medio Evo, tra la fine del XII

secolo e l’inizio del XIII, come ha evidenziato lo stesso Prof. Caprioli, il diritto comune coesistette

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Brevi note di Giurisprudenza

con il diritto particolare delle autonomie – consuetudini e statuti – al quale si riconobbe una

giuridicità minore.

Può dunque affermarsi che, se deve trarsi qualche insegnamento dall’ esperienza storica, più

diritti possono coesistere nello stesso luogo e nello stesso tempo nell’ambito di un più vasto

ordinamento. Che continua ad esistere e ad avere prerogative proprie, pur riconoscendo ampi spazi

di competenza agli ordinamenti particolari.

Proprio di recente, del resto, la Risoluzione del Parlamento Europeo dell’8 maggio 2008 sul

“Libro Bianco sullo Sport”, pur affermando l’esigenza del rispetto del Diritto Comunitario, esorta la

Commissione ad esercitare le proprie competenze, in relazione all’art. 149 del Trattato CE, come

modificato dal Trattato di Lisbona “ conformemente al principio di sussidiarietà, rispettando

l’autonomia delle organizzazioni sportive e dei relativi organi direttivi e tenendo debitamente conto

della specificità dello sport”.

E’ lecito allora chiedersi, ancora una volta, quali rapporti possano e, soprattutto, debbano

esserci tra lo Stato, l’ordinamento statale e lo sport e quello che lo stesso legislatore definisce

“ordinamento sportivo”.

Per descrivere in maniera sintetica tali rapporti, per quel che riguarda il nostro Paese, potrebbe

risultare sufficiente sottolineare come, nello spazio temporale di circa mezzo secolo, si è passati

dall’affermare che “le norme del diritto sportivo non hanno nulla a che vedere con il diritto

comune” (cfr. Zauli Essenza del diritto sportivo in Riv. Dir. Sport., 1962, pag. 229 e ss.) al

riconoscimento per il CONI, da parte del legislatore statale, del ruolo di “garante dell’unicità

dell’ordinamento sportivo nazionale” (cfr. art. 7 della Legge 27 Luglio 2004 n.186 di conversione

del D.L. 28 Maggio 2004 n.136).

Ma l’esempio decisamente più efficace, sempre sul punto specifico dei rapporti tra Stato e

sport, è forse dato dalla Legge in materia di frode sportiva. Secondo l’art. 2 della Legge 13

dicembre 1989 n. 401, infatti, “ L’esercizio dell’azione penale per il delitto previsto dall’articolo 1

e la sentenza che definisce il relativo giudizio non influiscono in alcun modo sull’omologazione

delle gare né in ogni altro provvedimento di competenza degli organi sportivi” (1° comma) e,

analogamente, “ l’inizio del procedimento per i delitti previsti dall’articolo 1 non preclude il

normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo” (2°

comma).

Sembrerebbe potersi affermare, insomma, se l’espressione non rischi di apparire irriverente,

che la forma migliore di riconoscimento dell’autonomia risiede nella formula “a ognuno il suo”.

GIURISPRUDENZA185

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Brevi note di Giurisprudenza

Del resto, e sempre nella rispettosa attesa che la Corte Costituzionale chiarisca

definitivamente i termini della questione, appare allora forse utile ricordare che una soluzione il

legislatore, almeno inizialmente, l’aveva trovata.

Nella originaria formulazione del Decreto Legge, infatti, veniva chiarito che i rapporti tra

l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati “in base al principio

dell’autonomia”, con la ulteriore specificazione che sono fatti salvi i “casi di effettiva rilevanza per

l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con

l’ordinamento sportivo”.

Nel testo della Legge di conversione, quel riferimento alla “effettiva” rilevanza è poi stato

soppresso.

E se risultasse proprio questo il criterio ispiratore della Consulta ?

Di analogo interesse risultano le decisioni della Corte di Cassazione e di alcuni Giudici di

Pace di Napoli in tema di giurisdizione. (v. allegato)

Ai sensi dell’art. 3 della Legge 280 del 2003, viene infatti espressamente chiarito che, ferma

restando la giurisdizione del giudice ordinario in materia di rapporti patrimoniali tra società,

associazioni e atleti, “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle Federazioni

Sportive, non riservata agli organi di giustizia sportiva ai sensi del precedente articolo 2, è

devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

Ciò nonostante, sempre più di frequente si assiste ad azioni di soggetti che, a vario titolo, pur

contestando la legittimità di atti o decisioni di organi delle Federazioni Sportive, intendono sottrarsi

alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.

In particolare, come accaduto nelle decisioni della Suprema Corte e dei Giudici di Pace di

Napoli, si vorrebbe contestare la indicata giurisdizione esclusiva sul presupposto che i soggetti che

hanno proposto l’azione non risultano tesserati o affiliati alle Federazioni Sportive.

Sul punto, allora, con una interpretazione perfettamente conforme alla lettera della Legge, i

Giudici di legittimità hanno chiarito che “l'annullamento degli atti posti in essere dalla FIGC

rientra nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell'art. 3

del d.l. n. 220/03 (convertito con modificazioni in L. n. 280/03) , e ciò indipendentemente

dall'essere o meno il ricorrente associato alla federazione” precisando altresì che “l'attribuzione al

giudice amministrativo della tutela risarcitoria conseguente all'esercizio illegittimo della

funzione pubblica esplicatosi nell’emanato provvedimento è necessariamente destinata a trovare

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Brevi note di Giurisprudenza

sfogo nel medesimo alveo giurisdizionale in cui si colloca la tutela in forma specifica a

carattere demolitorio”(cfr. Cassaz. Sez. Unite Ordinanza del 12.03.2009 n°5973).

Analogamente, molto opportunamente il Giudice di Pace di Napoli, nell’ambito di una

controversia relativa ad una richiesta di risarcimento danni formulata da un tifoso che si riteneva

danneggiato da una decisione del Giudice Sportivo della squalifica del campo, ha osservato, in

termini ancor più generali, che, conformemente a quanto chiarito dalla Suprema Corte a Sezioni

Unite “la giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interessi pretesivi

conseguente ad atti adottati da un ente pubblico non economico spetta al giudice amministrativo

alla stregua di quanto disposto dall’art. 35 comma 1, D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come modificato

dall’art. 7, L. 21 luglio 2000 n. 205 – a norma del quale, nelle controversie devolute alla sua

giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo dispone, anche attraverso la reintegrazione in

forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto – e dell’art. 7, L. TAR. L. 6 dicembre 1971 n.

1034, come modificato dall’art. 7 della citata L. n. 205 del 2000 – a norma del quale il tribunale

amministrativo regionale, nell’ambito della giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni

relative all’eventuale risarcimento del danno – avendo il legislatore con tali disposizioni, coerenti

con la piena dignità di giudice riconosciuta al Consiglio di Stato dalla Costituzione e in attuazione

dell’art. 24, Cost., inteso concentrare presso il medesimo giudice, sia nell’ambito delle materie

devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia nell’ambito della giurisdizione

generale di legittimità di tale giudice, anche la decisione sulla domanda di risarcimento del danno

che il privato proponga congiuntamente o alternativamente a quella di annullamento dell’atto

amministrativo che affermi illegittimo (Cass. Civ., Sez. Unite, Ord. 09/03/2005, n. 5078)” (cfr.

Giudice di Pace di Napoli, Dott.ssa Cristofano, sentenza allegata).

Tali condivisibili motivazioni risulteranno chiare e sufficienti per tutti ?

(*) Avvocato - Cultore di Istituzioni di Diritto Privato Università degli Studi di Napoli

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