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Gli anelli nel sistema solare Non solo Saturno, ma anche Giove e Urano possiedono anelli. Le recenti missioni spaziali hanno dimostrato che questi anelli sono costituiti in realtà da una miriade di sottoanelli tenuti insieme da forze interagenti di James B. Pollack e Jeffrey- N. Cuzzi T'avvicinarsi della sonda spaziale Voy- ager 2 a circa 100000 chilometri i da Saturno, il 25 agosto 1981, contraddistingue il clima di un periodo di esplorazione planetaria nel quale gli anel- li di Saturno ci hanno riservato sorprese forse paragonabili a quelle avute dai pri- mi uomini che li videro quasi quattro se- coli fa. Al momento attuale gli anelli di Saturno sono conosciuti in una serie di dettagli, quali le bande, le razze e le trec- ce. Alcuni dettagli sono tuttora non spie- gati. D'altro lato risulta che non solo Sa- turno è circondato da anelli. Giove pos- siede un anello e Urano ne possiede al- meno nove distinti. Resta ancora da stabi- lire se Nettuno abbia anelli e se gli anelli siano quindi comuni ai pianeti gassosi giganti del sistema solare esterno. Espor- remo qui la struttura e la composizione degli anelli di Giove, Saturno e Urano, con particolare riguardo a quelli di Satur- no. Esporremo poi quanto è noto sui pro- cessi che determinano la formazione degli anelli. Infine prenderemo in considera- zione alcune spiegazioni alternative di come si formano gli anelli. Strane appendici Gli anelli di Saturno furono osservati per la prima volta nel luglio del 1610 da Galileo Galilei. In parte per la povertà delle immagini prodotte dalla sua inven- zione, il telescopio astronomico, in parte per aver egli scoperto i quattro satelliti maggiori di Giove solo pochi mesi prima, Galileo ritenne che le strutture confuse, a forma di orecchie, fossero due satelliti prossimi a Saturno. Presto la sua opinione mutò, in seguito al fatto che le strane ap- pendici non variavano di giorno in giorno la propria posizione rispetto a Saturno; inoltre, nel 1612, le appendici scompar- vero. Oggi sappiamo che in quell'anno gli anelli si erano orientati di taglio verso la Terra, rendendosi quindi quasi totalmen- te invisibili. Per gli astronomi la geometria delle appendici rappresentò un quesito di dif- ficile soluzione. Si suppose che tali ap- pendici fossero manici attaccati a Satur- no, oppure che fossero l'insieme di pa- recchi satelliti in orbita solo intorno alla parte posteriore di Saturno, in modo da non produrre mai ombra sul pianeta. In- fine, nel 1655, Christiaan Huygens pro- spettò l'ipotesi che le appendici fossero il segno visibile di un disco sottile e piatto di materia distaccato dal pianeta e dispo- sto sul suo piano equatoriale. A seconda della posizione di Saturno e di quella del- la Terra nelle loro orbite intorno al Sole il disco varierebbe la propria inclinazione verso la Terra; ne conseguirebbe un'im- magine variante da una linea sottile a un'ampia ellisse. Nei due secoli che seguirono si credette che il disco fosse una lamina continua di materia. Una difficoltà alla conferma di questa ipotesi emerse nel 1675, non ap- pena Jean Dominique Cassini scoprì che la banda scura, ora nota come divisione di Cassini, separa il disco in due anelli con- centrici. Inoltre, verso la fine del diciotte- simo secolo, Pierre Simon de Laplace dimostrò che, se gli anelli fossero stati una vasta e compatta lamina di materia, le forze combinate dovute alla gravità di Saturno e alla rotazione del disco l'avreb- bero lacerata. È fondamentale che ogni particella del disco conservi la propria di- stanza radiale da Saturno perché due for- ze sono in equilibrio. La forza di gravità è centripeta e attira la particella, l'altra è centrifuga e la spinge lontano. La forza centrifuga è conseguenza della velocità di rotazione, quindi il disco ruota. Il pro- blema consiste nel fatto che, nel caso di un disco rigido rotante, le forze sono in equi- librio solamente a una data distanza ra- diale. Laplace quindi avanzò l'ipotesi che gli anelli di Saturno fossero formati da tanti sottoanelli stretti, abbastanza sottili da sopportare il lieve squilibrio di forze lungo la propria larghezza radiale. Il passo finale verso la concezione moderna degli anelli fu compiuto nel 1857, quando James Clerk Maxwell ot- tenne il premio Adams dall'Università di Cambridge per la dimostrazione matema- tica che i sottoanelli sono formati da numerose minuscole masse, in orbite in- dipendenti. Dimostrazioni sperimentali a favore di questa ipotesi vennero da molte parti. Nel 1895, per esempio, gli astro- nomi americani James E. Keeler e Wil- liam W. Campbell dedussero le velocità delle particelle negli anelli in base allo spostamento Doppler, cioè in base alle variazioni di frequenza delle righe dello spettro della luce solare riflessa sulla Ter- ra da tali particelle. Essi scoprirono che la velocità di rotazione degli anelli intorno a Saturno è diversa da quella dell'atmosfe- ra del pianeta. Inoltre le parti interne de- gli anelli ruotano a una velocità superiore a quella delle parti esterne, esattamente in accordo con le leggi della fisica relative a particelle rotanti in orbite indipendenti. Gli anelli di Urano furono scoperti per caso. Alcuni gruppi di astronomi si erano proposti di osservare l'occultazione della stella SAO 158687 da parte di Urano il 10 marzo 1977, con lo scopo di studiare la 27 L'anello «A » di Saturno è stato fotografato dalla sonda spaziale Voyager 2 il 23 agosto 1981. Nell'immagine risultante, in falsi colori, l'anello A è giallastro; l'intervallo più esterno nell'anello è la divisione di Encke. La parte dell'anello all'esterno della divisione di Encke mostra una serie di bande poco luminose, più fitte vicino all'orbita di 1980S27, un satellite scoperto nelle immagini riprese da Voyager 1 e visibile in alto a sinistra come un punto bianco. Si pensa che le bande siano l'effetto di risonanze nell'anello, dovute agli effetti gravitazionali del satellite. Si ritiene inoltre che 1980S27 e un altro satellite, 1980S26, diano forma all'anello F di Saturno, troppo debole per essere qui visibile. I sottoanelli biancastri e bluastri in basso a destra occupano la divisione di Cassini. La loro differente colorazione indica la diversa composizione delle loro particelle.

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Gli anellinel sistema solare

Non solo Saturno, ma anche Giove e Urano possiedono anelli. Le recentimissioni spaziali hanno dimostrato che questi anelli sono costituiti inrealtà da una miriade di sottoanelli tenuti insieme da forze interagenti

di James B. Pollack e Jeffrey- N. Cuzzi

T'avvicinarsi della sonda spaziale Voy-ager 2 a circa 100000 chilometrii

da Saturno, il 25 agosto 1981,contraddistingue il clima di un periodo diesplorazione planetaria nel quale gli anel-li di Saturno ci hanno riservato sorpreseforse paragonabili a quelle avute dai pri-mi uomini che li videro quasi quattro se-coli fa. Al momento attuale gli anelli diSaturno sono conosciuti in una serie didettagli, quali le bande, le razze e le trec-ce. Alcuni dettagli sono tuttora non spie-gati. D'altro lato risulta che non solo Sa-turno è circondato da anelli. Giove pos-siede un anello e Urano ne possiede al-meno nove distinti. Resta ancora da stabi-lire se Nettuno abbia anelli e se gli anellisiano quindi comuni ai pianeti gassosigiganti del sistema solare esterno. Espor-remo qui la struttura e la composizionedegli anelli di Giove, Saturno e Urano,con particolare riguardo a quelli di Satur-no. Esporremo poi quanto è noto sui pro-cessi che determinano la formazione deglianelli. Infine prenderemo in considera-zione alcune spiegazioni alternative dicome si formano gli anelli.

Strane appendici

Gli anelli di Saturno furono osservatiper la prima volta nel luglio del 1610 daGalileo Galilei. In parte per la povertàdelle immagini prodotte dalla sua inven-zione, il telescopio astronomico, in parteper aver egli scoperto i quattro satellitimaggiori di Giove solo pochi mesi prima,Galileo ritenne che le strutture confuse, a

forma di orecchie, fossero due satellitiprossimi a Saturno. Presto la sua opinionemutò, in seguito al fatto che le strane ap-pendici non variavano di giorno in giornola propria posizione rispetto a Saturno;inoltre, nel 1612, le appendici scompar-vero. Oggi sappiamo che in quell'anno glianelli si erano orientati di taglio verso laTerra, rendendosi quindi quasi totalmen-te invisibili.

Per gli astronomi la geometria delleappendici rappresentò un quesito di dif-ficile soluzione. Si suppose che tali ap-pendici fossero manici attaccati a Satur-no, oppure che fossero l'insieme di pa-recchi satelliti in orbita solo intorno allaparte posteriore di Saturno, in modo danon produrre mai ombra sul pianeta. In-fine, nel 1655, Christiaan Huygens pro-spettò l'ipotesi che le appendici fossero ilsegno visibile di un disco sottile e piattodi materia distaccato dal pianeta e dispo-sto sul suo piano equatoriale. A secondadella posizione di Saturno e di quella del-la Terra nelle loro orbite intorno al Soleil disco varierebbe la propria inclinazioneverso la Terra; ne conseguirebbe un'im-magine variante da una linea sottile aun'ampia ellisse.

Nei due secoli che seguirono si credetteche il disco fosse una lamina continua dimateria. Una difficoltà alla conferma diquesta ipotesi emerse nel 1675, non ap-pena Jean Dominique Cassini scoprì chela banda scura, ora nota come divisione diCassini, separa il disco in due anelli con-centrici. Inoltre, verso la fine del diciotte-simo secolo, Pierre Simon de Laplace

dimostrò che, se gli anelli fossero stati unavasta e compatta lamina di materia, leforze combinate dovute alla gravità diSaturno e alla rotazione del disco l'avreb-bero lacerata. È fondamentale che ogniparticella del disco conservi la propria di-stanza radiale da Saturno perché due for-ze sono in equilibrio. La forza di gravità ècentripeta e attira la particella, l'altra ècentrifuga e la spinge lontano. La forzacentrifuga è conseguenza della velocità dirotazione, quindi il disco ruota. Il pro-blema consiste nel fatto che, nel caso di undisco rigido rotante, le forze sono in equi-librio solamente a una data distanza ra-diale. Laplace quindi avanzò l'ipotesi chegli anelli di Saturno fossero formati datanti sottoanelli stretti, abbastanza sottilida sopportare il lieve squilibrio di forzelungo la propria larghezza radiale.

Il passo finale verso la concezionemoderna degli anelli fu compiuto nel1857, quando James Clerk Maxwell ot-tenne il premio Adams dall'Università diCambridge per la dimostrazione matema-tica che i sottoanelli sono formati danumerose minuscole masse, in orbite in-dipendenti. Dimostrazioni sperimentali afavore di questa ipotesi vennero da molteparti. Nel 1895, per esempio, gli astro-nomi americani James E. Keeler e Wil-liam W. Campbell dedussero le velocitàdelle particelle negli anelli in base allospostamento Doppler, cioè in base allevariazioni di frequenza delle righe dellospettro della luce solare riflessa sulla Ter-ra da tali particelle. Essi scoprirono che lavelocità di rotazione degli anelli intorno aSaturno è diversa da quella dell'atmosfe-ra del pianeta. Inoltre le parti interne de-gli anelli ruotano a una velocità superiorea quella delle parti esterne, esattamentein accordo con le leggi della fisica relativea particelle rotanti in orbite indipendenti.

Gli anelli di Urano furono scoperti percaso. Alcuni gruppi di astronomi si eranoproposti di osservare l'occultazione dellastella SAO 158687 da parte di Urano il10 marzo 1977, con lo scopo di studiare la

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L'anello «A » di Saturno è stato fotografato dalla sonda spaziale Voyager 2 il 23 agosto 1981.Nell'immagine risultante, in falsi colori, l'anello A è giallastro; l'intervallo più esterno nell'anello èla divisione di Encke. La parte dell'anello all'esterno della divisione di Encke mostra una serie dibande poco luminose, più fitte vicino all'orbita di 1980S27, un satellite scoperto nelle immaginiriprese da Voyager 1 e visibile in alto a sinistra come un punto bianco. Si pensa che le bande sianol'effetto di risonanze nell'anello, dovute agli effetti gravitazionali del satellite. Si ritiene inoltreche 1980S27 e un altro satellite, 1980S26, diano forma all'anello F di Saturno, troppo deboleper essere qui visibile. I sottoanelli biancastri e bluastri in basso a destra occupano la divisionedi Cassini. La loro differente colorazione indica la diversa composizione delle loro particelle.

D

,1979J39-1979J1

C

B

‘09°CASCP

'2;fie0,,,->gtX°9

7_7_7

2 -

A

AMALTHEA

-1979J2

4 -

5 -

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_/-1980S28—1980S27-N-1980S26

1980S11980S3

GIOVE SATURNO URANO

1 sistemi di anelli intorno a Giove, Saturno e Urano sono tracciati in scale in cui il raggio di ciascunpianeta Naie 1 unità. Giove (a sinistra) possiede un anello luminoso che è molto debole e quasitrasparente. Un disco di particelle ancora meno luminoso si estende dall'anello verso l'interno,forse fin dentro l'atmosfera del pianeta. Un alone di particelle (non indicato) dà al sistema unospessore verticale di circa 20 000 chilometri. Il sistema fu scoperto da una sonda spaziale. Saturno(al centro) possiede sette anelli. Gli anelli .4 e B sono separati dalla divisione di Cassini; l'anello Acomprende la divisione di Encke. Soltanto gli anelli principali (A, B e C) sono visibili per mezzo ditelescopi situati sulla Terra; gli altri, eccetto l'anello E, sono stati scoperti da sonde. Urano(a destra) possiede non meno di nove anelli. Qui la loro larghezza è stata ingrandita. Questi sonostati rilevati da terra e sono indicati con numeri o lettere greche. La denominazione di satellitinei sistemi di anelli è riportata alla destra di ogni riquadro; le orbite sono raffigurate conlinee tratteggiate. Le dimensioni relative di Giove, Saturno e Urano sono mostrate qui sopra.

struttura dell'atmosfera del pianeta. Leosservazioni che ottennero i risultati mi-gliori furono quelle effettuate da James L.Elliot e dai suoi collaboratori a bordo delKuiper Airborne Observatory, un veicoloequipaggiato con un telescopio da 91 cen-timetri. Il suo gruppo (e alcuni altri) sco-prirono che la luminosità della stella di-minuiva non solo quando passava dietroUrano, ma anche in un certo numero diposizioni prossime al pianeta, anche benal di fuori della sua atmosfera. Le rapidevariazioni di luminosità definivano unaserie di distanze da un lato di Urano gros-so modo simmetrica a quella dalla parteopposta del pianeta. La simmetria fu at-tribuita alla presenza di anelli quasi circo-lari, molto stretti e abbastanza opachi.Ulteriori osservazioni hanno rilevato si-nora la presenza di nove anelli, tutti gia-centi entro un raggio planetario dal limitesuperiore dell'atmosfera di Urano.

Gli anelli di Giove sono stati scopertida sonde spaziali. Il primo indizio dellaloro presenza si ebbe quando Pioneer 10passò vicino a Giove nel 1974. Questopianeta possiede un campo magnetico cheintrappola le particelle cariche in regionidello spazio circostante. Tali regioni in-torno a Giove corrispondono alle fasce diVan Allen della Terra. Pioneer 10 regi-strò una diminuzione del numero di parti-celle ad alta energia nelle fasce intorno aGiove fra 50 000 e 55 000 chilometri al disopra dell'atmosfera del pianeta. MarioH. Acuna e Norman F. Ness del GoddardSpace Flight Center della National Aero-nautics and Space Administration sugge-rirono l'ipotesi che detta diminuzionepotesse essere attribuita al parziale assor-bimento delle particelle da un satellitevicino o da un sistema di anelli. Fu prova-to che quest'ultima ipotesi corrispondevaal caso in esame. Il debole anello di Giove

fu fotografato nel 1979 da Voyager 1 eVoyager 2. Le traiettorie dei veicoli spa-ziali furono deviate verso Saturno dalcampo gravitazionale di Giove. Essi giun-sero in prossimità di Saturno nel novem-bre del 1980 e nell'agosto del 1981.

Le caratteristiche degli anelli

Gli anelli di Saturno, Urano e Giovepresentano un certo numero di caratteri-stiche comuni. Innanzitutto essi sonoformati da miriadi di particelle su orbiteindipendenti. In secondo luogo essi sonomolto più vicini al pianeta di quanto nonlo siano i satelliti maggiori; infatti la mas-sa di ogni sistema di anelli dista dalla su-perficie del pianeta meno di un raggio delpianeta stesso. Inoltre gli anelli giaccionosul piano equatoriale del pianeta: in real-tà quasi tutta la materia che forma glianelli è contenuta in una sottile regione suquel piano. Infine i sistemi di anelli diGiove e di Saturno hanno un certo nume-ro di minuscoli satellitini prossimi o all'in-terno degli anelli. Si suppone che similisatellitini si trovino anche negli anelli diUrano. Eppure ogni sistema di anelli pre-senta proprie caratteristiche peculiari. Ilsistema di Saturno presenta sette sezioniprincipali. Alcune di queste sono separatedalle sezioni vicine da intervalli anularipiù o meno vuoti; i confini delle altre sonocaratterizzati da variazioni di concentra-zione di particelle nell'anello. Le sezionisono contraddistinte da lettere: la succes-sione alfabetica non è legata alle distanzeda Saturno, ma all'ordine in cui tali sezio-ni sono state scoperte o ipotizzate.

Il corpo principale del sistema di anellidi Saturno include gli anelli A e B, lumi-nosi e relativamente opachi. Essi sonoseparati dalla divisione di Cassini larga5000 chilometri, che appare piuttosto tra-

sparente, ma non vuota. Il corpo principa-le del sistema di anelli di Saturno includeanche l'anello C, più debole, meno opaco,situato entro il bordo interno dell'anelloB. L'anello C ha un grado di opacità para-gonabile a quello della divisione di Cassi-ni. L'anello D, ancora più debole, è situa-to all'interno dell'anello C. Infine, tredebolissimi anelli (E, F e G) sono situatiall'esterno dell'anello A. Presi insieme,gli anelli principali di Saturno (A, B e C)misurano circa 275 000 chilometri didiametro, corrispondenti a circa tre quartidella distanza tra la Luna e la Terra. Inconfronto lo spessore degli anelli di Sa-turno è trascurabile. Un limite superioredi circa un chilometro è stato attribuitoalla loro estensione in senso verticale. Inconfronto alla loro ampiezza gli anellisono migliaia di volte più sottili di unalama da rasoio.

Informazioni sulla composizione delleparticelle degli anelli di Saturno si posso-no ottenere dal modo in cui gli anelli stessiriflettono o assorbono luce di differentelunghezza d'onda. Per esempio, gli anelliA, B e C riflettono scarsamente la luce delSole in certe lunghezze d'onda dell'infra-rosso vicino. Questa proprietà, caratteri-stica del ghiaccio d'acqua, lascia supporreche il principale componente della super-ficie delle particelle che formano questianelli sia ghiaccio. Quest'ultimo, però, èdi colore bianco, ossia riflette più o menouniformemente tutte le lunghezze d'ondavisibili. Le particelle degli anelli A, B e Criflettono invece meno la luce blu dellarossa. Forse sono presenti in piccolequantità altre sostanze. Come causa delcolore rossastro, si è pensato a polverecontenente ossido di ferro. E stato ancheipotizzato che a generare il colore rossa-stro siano i composti prodotti dalla radia-zione ultravioletta del Sole. Alcuni com-posti incolori contenenti zolfo, se sotto-posti a radiazione ultravioletta, si tra-sformano in polisolfuri, che hanno la pro-prietà di assorbire selettivamente la ra-diazione blu. Dai dati trasmessi dai Voya-ger è stato rilevato, con sorpresa, che leparticelle degli anelli A e B presentanocolore simile, ma sono più brillanti e piùrosse di quelle dell'anello C e della divi-sione di Cassini.

Osservazioni a mezzo radar fornisconoulteriori informazioni. Nel 1973 RichardM. Goldstein e Gregory Morris del JetPropulsion Laboratory del California In-stitute of Technology sondarono gli anellidi Saturno con onde radar di cui rilevaronogli echi per mezzo di un'antenna di 64metri della rete di rilevamento, situata aGoldstone, in California. L'alto potere ri-flettente degli anelli A e B evidenziò che lamaggior parte delle particelle in quei dueanelli sono paragonabili come dimensionialla lunghezza d'onda radar di alcuni cen-timetri impiegata dagli osservatori. Se fos-sero state più piccole della lunghezzad'onda sarebbero state trasparenti alleonde radar. Se fossero state molto piùgrandi della lunghezza d'onda, l'emissionedi radiazioni termiche a quelle lunghezzed'onda sarebbe stata significativa. Il bassolivello di queste radiazioni limita la loro

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La diffusione della radiazione elettromagnetica da parte delle particelle costituenti un anellopermette di dedurre le dimensioni delle particelle presenti in abbondanza nell'anello stesso. Inparticolare, se una particella misura circa un decimo della lunghezza d'onda della radiazioneincidente, essa diffonde la radiazione quasi uniformemente in tutte le direzioni (a). Se è di pocopiù piccola della lunghezza d'onda, tende a diffondere la radiazione in avanti (b). Se è piùgrande, diffonde la radiazione in avanti quasi per intero (c). La lunghezza delle frecce rappresen-ta la quantità relativa di energia diffusa ai vari angoli. Osservando le particelle nelle razze del-l'anello B di Saturno, che diffondono la luce del Sole per lo più in avanti, si deduce che le razzesono una concentrazione locale, temporanea, di particelle che misurano circa un micrometro.

Le razze e le bande negli anelli di Saturno sono state fotografate per la prima volta da Voyager I.Le razze si formano in modo sporadico nell'anello B; sono cunei disposti più o meno radialmente.Ciascuna razza appare luminosa nelle immagini della faccia degli anelli illuminata dal Sole, ripresequando la sonda e il Sole si trovano da parti opposte rispetto a Saturno, in modo che la luce solaresi riflette in avanti, dalle particelle dell'anello alla sonda (fotografia in alto). Al contrario le razzeappaiono scure quando la sonda e il Sole si trovano dalla stessa parte rispetto a Saturno, e, quindi,la luce del Sole viene riflessa indietro (fotografia in basso). In ambedue le immagini risultaevidente la suddivisione degli anelli in sottoanelli. L'ampia banda scura è la divisione di Cassini.

dimensione a non più di qualche metro.I dati trasmessi dal Voyager hanno con-

fermato ed esteso le precedenti scoperte.In un esperimento sono state inviate dallasonda spaziale verso la Terra onde radioattraverso gli anelli e fu misurata la quan-tità di energia diffusa dalle particelle deglianelli a vari angoli di deviazione rispettoall'originale percorso delle onde. Conl'aumentare delle dimensioni delle parti-celle rispetto alla lunghezza d'onda, lafigura di diffusione diviene sempre piùconcentrata entro piccoli angoli di devia-zione in avanti. Dall'analisi dei dati delVoyager, G. Leonard Tyler e AhmedEssam A. Marouf, della Stanford Univer-sity, trassero l'indicazione che le particel-le di maggiori dimensioni negli anelliA, Be C hanno un diametro di circa 10 metri,mentre le più numerose sono di circa 10centimetri, con differenze da zona a zonanella distribuzione delle dimensioni.

Come mediante la misurazione delladiffusione di onde radar è possibile rileva-re particelle dell'ordine di grandezza diuna lunghezza d'onda radar, così, me-diante la diffusione di luce solare, è possi-bile rilevare particelle della dimensionedella lunghezza d'onda della luce visibile.In particolare il forte illuminamento diuna parte di un anello, quando è vistosotto piccoli angoli di diffusione in avanti,implica l'esistenza di numerose particelledi dimensioni dell'ordine di un microme-tro nella parte stessa dell'anello. Tale os-servazione può essere realizzata soloquando Saturno si trova fra il Sole e l'os-servatore. È ovvio che simili osservazionipossono essere effettuate solo da veicolispaziali e non dalla Terra, dove tale con-dizione non si verifica mai. Gli studi suidati del Voyager evidenziano pertantoche le particelle di dimensioni intorno almicrometro costituiscono una grossa quo-ta delle particelle presenti nell'anello F,una quota significativa in molte parti del-l'anello B e una quota meno rilevantenella parte esterna dell'anello A. D'altrocanto, l'anello C e la divisione di Cassininon recano traccia di tali particelle di pic-cole dimensioni.

Strutture negli anelli di Saturno

Prima del passaggio della sonda spazia-le Voyager nei pressi di Saturno ben pocoera noto delle strutture degli anelli delpianeta. La divisione di Cassini era certoconosciuta, come pure la divisione diEncke, una banda più stretta nella parteesterna dell'anello A. Le fotografie adalto potere risolutivo degli anelli, eseguitedal Voyager, riservarono un certo nume-ro di sorprese. Sono apparse strette re-gioni anulari di differente luminosità eopacità, numerose quanto i solchi di undisco fonografico. Sono state inoltre tro-vate strutture particolari che non hannoandamento circolare. Ne sono esempi icunei disposti radialmente, come razze diuna ruota, nell'anello B e i nodi, le treccee gli attorcigliamenti dell'anello F.

Il maggior numero di strutture partico-lari è presente nell'anello B, che esprimeanche la maggiore densità di particelle rin-

venuta negli anelli. Variazioni di opacitànell'anello B si hanno a piccole distanzeradiali comprese tra 10 e 50 chilometri,mentre l'anello stesso ha una larghezzacomplessiva di 25 000 chilometri. La partecentrale, più opaca, dell'anello B è quellain cui sono presenti le ram. Generalmen-te, ogni razza può essere osservata perbuona parte delle dieci ore occorrenti auna particella dell'anello B a compiereun'intera rivoluzione orbitale. Nel frat-tempo nuove ra77e sorgono sporadica-mente in nuove parti dell'anello. Rispettoalle regioni circostanti, le razze appaionobrillanti in luce diffusa in avanti e scure inluce diffusa all'indietro. Da ciò si deducel'abbondanza nelle razze di particelle didimensioni dell'ordine del micrometro.

Ogni parte di una razza ruota intorno aSaturno alla stessa velocità delle particel-le dell'anello che si trovano alla stessadistanza radiale. Le parti più interne han-no una velocità maggiore, perciò una raz-za si inclina sempre di più col tempo. Puòcapitare che scompaia. La stretta parteterminale di ogni razza cuneiforme sem-bra quasi coincidere con la distanza daSaturno alla quale il periodo di una parti-cella orbitante coincide con il periodo dirotazione di Saturno. Il campo magneticodi Saturno è agganciato al pianeta e quin-di ruota con esso. Di conseguenza le forzeelettromagnetiche possono essere par-zialmente responsabili della presenza del-le razze. A questo proposito può essereimportante il fatto che intense scaricheelettrostatiche a larga banda siano staterilevate durante l'esperimento di radioa-stronomia planetaria condotto da Voya-ger 1. Sembra che tali scariche provenga-no da sorgenti nell'anello B, vicino alleregioni di intensa attività delle razze.

Rispetto all'anello B, l'anello A è privodi tratti caratteristici e uniformementeluminoso. Esso mostra, tuttavia, una va-rietà di stretti e distinti lineamenti nelleregioni più esterne. Innanzitutto la scurae relativamente vuota divisione di Encke,che ha una larghezza di circa 350 chilome-tri, contiene due o tre stretti sottoanelliirregolari, composti di minuscole particel-le. Le immagini realizzate da Voyager 2mettono in evidenza, nei sottoanelli, deicappi che ricordano quelli rilevati daVoyager 1 nell'anello F. Quattro stranebande con struttura irregolare e ondulataracchiudono la divisione di Encke. A unamaggiore distanza da Saturno, il bordoesterno dell'anello A evidenzia moltebande strette, larghe circa 20 chilometri,in cui abbondano piccole particelle. Laspaziatura fra le bande decresce verso l'e-sterno. Il bordo esterno dell'anello A ètutto frastagliato. Anche qui c'è abbon-danza di piccole particelle.

L'anello Ce la divisione di Cassini han-no molte somiglianze strutturali, oltre alfatto di essere poco rossi, al loro grado ditrasparenza simile e alla comune scarsitàdi particelle piccole. Ambedue mostranobande discrete, regolarmente spaziate, diuniforme luminosità. Entrambe inoltrecontengono una varietà di stretti interval-li a bordo netto, completamente vuoti,con una larghezza radiale che varia da 50

a 350 chilometri. Inoltre, alcuni di questiintervalli contengono sottoanelli a bordonetto, ancora più stretti, che sono comple-tamente opachi. Molti di tali sottoanellisono eccentrici (cioè non circolari) e nonuniformi in larghezza. Le immagini per-venute da Voyager 2 mostrano che i sot-toanelli opachi spesso differiscono nelcolore dal materiale circostante dell'anel-lo. Essi sono più somiglianti alla materiadegli anelli A e B.

Gli anelli di Urano e di Giove

Gli anelli di Urano sono sotto moltiaspetti il complemento degli anelli di Sa-turno. Gli anelli principali di Saturno(A, B e C) sono ampi e inframmezzati dastretti intervalli. Gli anelli di Urano sonostretti (ciascuno misura radialmente daalcuni chilometri a 100 chilometri) e sonoseparati da larghe regioni vuote. Si è avutaconferma che gli anelli di Urano sononove. Ognuno è stato denominato con unnumero o una lettera greca. La tecnicadell'occultazione stellare utilizzata perstudiare gli anelli consente, per la minusco-la dimensione apparente della stella occul-tata, di ottenere una elevata risoluzionespaziale. Ciononostante molti anelli diUrano restano indistinti. Tali anelli hannoun'estensione in senso radiale inferiore ai

cinque chilometri. (La tecnica dell'occul-tazione stellare, come è stata applicata nel-lo studio degli anelli di Saturno da Voyager2, consente di rilevare strutture dell'ordinedi grandezza di alcune centinaia di metri.)Gli anelli più stretti di Urano (y, 6 e n)sono approssimativamente circolari e giac-ciono in uno stesso piano. Al contrario, glianelli a, 13 e 4, un po' più lunghi, sonoleggermente ellittici e inclinati rispetto alpiano comune. L'anello E è il più largo e ilpiù ellittico dei nove. La sua larghezza ra-diale varia linearmente con la distanza daUrano; essa è di 20 chilometri nel puntopiù vicino al pianeta e di 100 chilometri nelpunto più lontano. Sappiamo oggi cheanche alcuni degli stretti sottoanelli eccen-trici negli anelli di Saturno presentano unaanaloga variazione di larghezza.

L'indebolimento della luminosità dellestelle al loro passaggio dietro gli anelli diUrano indica che gli anelli hanno un'opaci-tà paragonabile a quella delle parti piùopache (e quindi più luminose) degli anellidi Saturno. L'anello E è particolarmenteopaco. Curiosamente esso è molto piùopaco ai bordi. Le forze gravitazionaligenerate dalla forma di Urano, schiacciataai poli, sono la causa del continuo cam-biamento dell'orientamento degli anelliellittici, e incluso. L'anello ellittico compieuna rotazione intorno al pianeta in circa

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Le fotografie fatte da Voyager I al suo passaggio presso Saturno nel novembre 1980 rivelaronotrecce nell'anello F, ma in quelle fatte da Voyager 2 nove mesi più tardi esse erano scomparse.L'anello stesso è a circa 80 000 chilometri (1,3 raggi di Saturno) dalla superficie del pianeta e a4000 chilometri dal bordo esterno dell'anello A. Nel novembre 1980 (inali()) esso era costituitoda tre filamenti, ciascuno largo 30 chilometri circa. I due filamenti esterni mostrano cappi, catenee nodi e sembra che si intreccino o per lo meno si intersechino. I campi gravitazionali dei satelliti1980S26 e 1980S27 possono spiegare questa struttura distorta. Nell'agosto 1981 (in basso)l'anello F aveva mutato sostanzialmente la propria struttura. Un filamento non attorcigliato co-stituiva la caratteristica dominante, mentre gli erano associati tre filamenti di minore luminosità.

Distorsioni negli anelli di Saturno risultano evidenti confrontando le immagini ottenute daVoyager2 ora dall'una ora dall'altra parte degli anelli. In ciascuna immagine l'anelloB è la regioneluminosa a sinistra; la regione scura a destra è la divisione di Cassini. Si nota che il bordo esternodell'anello B non è circolare e si ha la conferma della presenza di un sottoanello eccentrico lumi-noso al di là del bordo dell'anello B (il sottoanello è stato scoperto da Voyager 1). Le particelleprossime al bordo esterno dell'anelloB ruotano due volte intorno a Saturno, nel tempo impiegatodal satellite Mimas a percorrere un'orbita. La risonanza che ne deriva amplifica molto l'effettogravitazionale di Mimas, provocando deformazioni nell'anello B, e provoca soprattutto rigonfia-menti ai lati opposti dell'anello. Al contrario, il sottoanello eccentrico ha un unico rigonfiamentoche può essere il risultato del campo gravitazionale di un piccolo satellite non ancora individuato.

6300 ore. Durante quel tempo una parti-cella nell'anello compie circa 750 orbiteintorno a Urano. Due fattori influenzanodunque le caratteristiche dell'anello e. In-nanzitutto il suo orientamento cambia;inoltre le particelle dell'anello situate a dif-ferenti distanze radiali da Urano orbitanointorno al pianeta a velocità diverse, inaccordo con le leggi fisiche dei moti orbita-li. Nondimeno l'anello e mantiene la pro-pria integrità; persistono cioè la sua eccen-tricità, la sua larghezza variabile e la con-centrazione delle particelle verso i bordi.

Di che cosa sono composti gli anelli diUrano? A causa della loro modesta lar-ghezza essi sono difficili da osservare dal-la Terra. Ciononostante, osservazionirecenti evidenziano che le particelle del-l'anello sono molto scure, quindi il lorocomponente principale non è il ghiaccio.È molto verosimile che le particelle del-l'anello orbitanti intorno a Urano sianosilicati ricchi di composti che assorbono laluce del Sole. Alcuni ossidi di ferro ecomposti complessi di carbonio posseg-gono tali caratteristiche. Purtroppo nullaè noto sulla dimensione delle particelle.

Gli anelli di Giove sono costituiti da treparti principali: un anello luminoso, undisco diffuso e un alone. L'anello lumino-so ha una larghezza di circa 6000 chilome-tri. Il suo bordo esterno, nettamente defi-nito, si trova a circa 58 000 chilometri(pari a 0,8 raggi planetari) al di sopradella superficie di Giove. Nella parteesterna dell'anello una stretta banda dicirca 600 chilometri possiede una lumino-sità superiore di circa il 10 per cento aquella del resto. Inoltre l'opacità dell'a-nello «luminoso» è tanto bassa che solo lo0,001 per cento della luce solare che loattraversa è intercettato dalle sue parti-

celle. Il disco diffuso è molte volte piùdebole. Esso si estende verso il pianetadal bordo interno dell'anello luminoso. Inrealtà, non si esclude che possa anche ar-rivare fino all'atmosfera di Giove. Visti ditaglio, l'anello luminoso e il disco presen-tano uno spessore che non supera i 30chilometri. E notevole, comunque, il fattoche l'alone abbia uno spessore di circa20 000 chilometri. L'alone è dunque mol-to più spesso del disco diffuso. Il suo bor-do esterno giunge un po' oltre il bordoesterno dell'anello luminoso.

Studiando come l'anello luminoso bril-la sotto piccoli angoli di diffusione, è statoscoperto che esso contiene particelle lacui dimensione caratteristica è di parecchimicrometri. Tali particelle sono del tuttoinefficaci nell'assorbire protoni ed elet-troni di alta energia. Da ciò si deduce chetali particelle non possono essere la causadella diminuzione del flusso di particelledi alta energia riscontrata nell'anello lu-minoso da Pioneer 10. Vi devono ancheessere particelle di almeno un centimetrodi diametro. Le particelle dell'anello sonorossastre, come molti asteroidi e satellitidel sistema solare esterno.

Collisioni negli anelli

L'architettura di un sistema di anellidipende dall'interazione di molte forze.Fra queste figurano le forze gravitaziona-li, dovute ai satelliti esterni agli anelli e aisatellitini in essi incorporati; le forze elet-tromagnetiche, dovute al campo magne-tico in rotazione del pianeta; inoltre ledeboli forze esercitate dal mezzo gassosodiluito entro il quale ruotano gli anelli.

Tutte le particelle in un sistema di anellisono animate da un comune moto orbita-

le intorno al pianeta: esse si muovononello stesso senso di rotazione del piane-ta. I moti verticali e radiali, sovrapposti almoto orbitale di ogni particella, non sonosottoposti a tale limitazione. Particellevicine, muovendosi casualmente in que-ste direzioni l'una rispetto all'altra, pro-vocano quindi collisioni. Quando le velo-cità relative casuali sono elevate, comepotrebbero essere se gli anelli fossero unadensa nube di particelle, le collisioni sonoviolente; anche se le collisioni sono moltorare, una grande quantità di energia delleparticelle dovuta al moto relativo si tra-sforma e le riscalda deformandone lastruttura. La conseguente perdita dienergia causa la diminuzione rapida diqueste velocità casuali. La diminuzionedella componente verticale delle velocitàporta a un appiattimento del sistema dianelli. La diminuzione della componenteradiale porta a orbite quasi circolari. Inbreve, un anello grosso diventa molto pre-sto un disco sottile e pressoché circolare.

Anche quando le particelle dell'anellohanno perduto quasi completamente illoro moto casuale, le collisioni continua-no. La ragione è la seguente: la forza digravità esercitata dal pianeta sulle parti-celle di un anello diminuisce con l'aumen-tare della distanza dal pianeta, cosicché leparticelle più lontane dell'anello impie-gano un tempo maggiore a compiereun'orbita intorno al pianeta. Quindi, laparticella di un anello che percorre un'or-bita di poco interna a quella di un'altraparticella raggiunge quest'ultima e le duecollidono se la loro distanza radiale è infe-riore al diametro di una particella.

È verosimile che la velocità di collisio-ne sia inferiore a un centimetro per se-condo. Tuttavia ciò può trasformare unaparte del moto circolare orbitale dellaparticella in un moto verticale casuale.Collisioni successive eviteranno grossiincrementi di velocità verticale delle par-ticelle e quindi si raggiungerà una situa-zione stazionaria che determinerà lo spes-sore dell'anello. Se le particelle hannouna vasta gamma di dimensioni, quellepiù piccole acquisteranno velocità verti-cale soprattutto per l'attrazione gravita-zionale esercitata su di esse da particellepiù grosse che le sfiorano. Perderanno laloro velocità verticale principalmente percollisione con altre particelle di piccoledimensioni. In queste condizioni le parti-celle piccole raggiungeranno un'esten-sione verticale di molte volte superiorealla dimensione delle particelle abbon-danti più grosse. Nel caso degli anelli A eB di Saturno le particelle piccole dovreb-bero occupare uno spessore verticalecompreso tra 10 e 100 metri. Le misura-zioni eseguite dalle sonde Voyager rive-lano che gli anelli principali di Saturnohanno uno spessore non superiore ad al-cune centinaia di metri. Le misurazionidanno, per lo spessore osservato, valoricompatibili con lo spessore previsto.

Per le collisioni, le particelle vicine tra-sformano una parte del loro moto circola-re orbitale anche in moto radiale. Glianelli, quindi, si espandono radialmente.Un anello isolato, senza limitazioni, si

estenderà fino a quando le sue particellesi saranno allontanate a tal punto da nonpermettere ulteriori collisioni. Può darsiche l'anello luminoso di Giove abbia rag-giunto questo stadio finale. La larghezza ela bassissima opacità di questo anellosono forse dovute alla dispersione dellesue particelle maggiori causata dalle col-lisioni verificatesi nel corso della vitadel sistema solare.

Gli anelli di Saturno e Urano mostranoperò contorni bruschi e netti che limitanoregioni densamente affollate di particelle.Altri processi devono quindi contrastarela rapida diffusione dovuta alle frequenticollisioni. Una funzione importante, inquesti processi, può essere svolta dai sa-tellitini situati all'interno degli anelli o aessi adiacenti. I campi gravitazionali disatelliti più grandi e più lontani possonobloccare alcuni satellitini locali in orbitefisse e prevenire un loro spostamentodovuto alle interazioni gravitazionali conle particelle circostanti dell'anello.

Il moto di corpi in orbita intorno a unpianeta più massiccio è dominato essen-zialmente dal campo gravitazionale delpianeta. In certi casi, però, l'attrazione gra-vitazionale fra due corpi orbitanti relativa-,mente piccoli può essere amplificata inmisura tale da consentire un'apprezzabilevariazione di moto. Tale amplificazione èconosciuta come risonanza. Bisogna consi-derare che se il periodo orbitale di un satel-lite è un multiplo esatto o una frazione diquello di un altro satellite, l'effetto gravita-zionale netto di ciascun satellite sull'altro èin sostanza una spinta o un'attrazione ap-plicata ripetutamente nello stesso punto delmoto ciclico. L'effetto risulta dunque am-plificato. In alcuni casi la risonanza tienelegate coppie di satelliti in orbite i cui perio-di stanno tra loro come due numeri interipiccoli. Tali moti in rapporto fisso tra lorosono ben noti nei sistemi di satelliti di Giovee Saturno, dove coinvolgono almeno quat-tro coppie di satelliti principali così comeprobabilmente varie coppie di satelliti direcente scoperta.

La risonanza e gli anelli

Una situazione molto diversa si ha nelcaso di fenomeni di risonanza in un discodi particelle. In prossimità della distanzaradiale dal pianeta in cui le particelle deldisco avrebbero un periodo orbitale pro-porzionale a quello di uno dei satelliti delpianeta, l'amplificazione dell'effetto gra-vitazionale del pianeta provoca sul lungoperiodo l'allontanamento delle orbite del-le particelle dalla forma circolare. Così èprobabile che le particelle siano indotte acollidere con quelle adiacenti meno per-turbate e vengano allontanate dalla ban-da che si trova alla distanza radiale dirisonanza. Tali bande hanno tipicamenteuna larghezza di alcune decine di chilo-metri e se ne hanno esempi negli anelli diSaturno tra cui le decine di stretti interval-li nella parte esterna dell'anello A chesembra siano il risultato di risonanze cau-sate dai satelliti di recente scoperta de-nominati 1980S1, 1980S3, 1980S26 e1980S27. La predominanza di particelle

piccole vicino agli intervalli dimostra, conogni probabilità, le violente collisioniprovocate localmente da ogni risonanza.

Va ricordato anche un altro effetto del-le risonanze che sono distanti da un picco-lo satellite. Nel 1978 Peter M. Goldreichdel Cal Tech e Scott D. Tremaine, at-tualmente all'Institute for Advanced Stu-dy di Princeton, avanzarono l'ipotesi cheonde a spirale di fluttuazione nella densi-tà della materia dell'anello fossero pre-senti negli anelli di Saturno. In preceden-za era stata avanzata l'ipotesi che ondeanaloghe fossero responsabili della con-formazione con bracci a spirale di galassiecome la Via Lattea. Dalle immagini ripre-se da Voyager 1 sembra che onde di densi-tà a spirale siano debolmente visibili nelladivisione di Cassini; la loro configurazio-ne strettamente avvolta ricorda la molladi un orologio. Si ritiene che le onde vi

insorgano per risonanza e può darsi cheesse trasferiscano gli effetti delle risonan-ze a grandi distanze; sarebbero le ondequindi ad avere un ruolo fondamentalenel trasporto di materiale all'interno deldisco formato dagli anelli di Saturno.

Le risonanze create in un disco da unsatellite sono più vicine le une alle altreman mano che ci si avvicina all'orbita delsatellite. A una certa distanza critica laspaziatura in senso radiale fra risonanzesuccessive diventa uguale alla larghezzapropria di ogni risonanza. All'interno diquesta distanza critica le risonanze si so-vrappongono. Come risultato si ha unazona continua di trasferimento di materiadell'anello, che la allontana dall'orbitadel satellite. La larghezza della zona e ilgrado di evacuazione di materia dipendo-no dalla massa del satellite e dalla densitàdella materia circostante dell'anello.

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Differenti gradi di trasparenza e quindi di densità di particelle negli anelli di Saturno risultanoevidenti in una immagine ripresa da Voyager 1. Essa mostra la faccia non illuminata degli anelli,quando incrociano il disco luminoso del pianeta. Il disco brilla attraverso la maggior partedell'anello C (in basso) e anche attraverso la divisione di Cassini, benché ambedue includanosottoanelli di capacità maggiore. Al contrario, gran parte dell'anello B (al centro) è quasi opaca.

La funzione di sorveglianza dei confini entro cui si muovono le particel-le, dovuta alle forze gravitazionali di satellitini all'interno di un sistemadi anelli, spiega il perché di certe suddivisioni in bande degli anelli diSaturno. Il disegno in alto mostra un satellitino e (a titolo d'esempio)due particelle, in orbita intorno al pianeta. In accordo con le leggifisiche, la particella interna si muove più rapidamente del piccolosatellite e questo, a sua volta, più rapidamente della particella esterna(frecce in nero). Avviene che il satellitino venga superato dalla particel-la interna nello stesso momento in cui questa supera a sua volta laparticella esterna (frecce in colore). Ciascuna particella è attratta per

gravitazione dal satellitino; ne consegue che, per il moto orbitale intor-no al pianeta, ciascuna particella, subito dopo essersi trovata faccia afaccia con esso, si troverà più vicina di prima al satellitino. Il disegno inbasso mostra il risultato. La pura attrazione gravitazionale esercitatasulla particella esterna è orientata nella direzione del moto orbitaledella particella stessa, e, quindi, questa raggiunge un'orbita più alta.Quella esercitata sulla particella interna è invece orientata in sensocontrario alla direzione del moto orbitale e la particella scende suun'orbita più bassa. Alla fine il satellitino ha spazzato intorno alla suatraiettoria una banda tanto più larga quanto maggiore è la sua massa.

Maggiore è la massa del satellite, maggio-re è la larghezza della zona, ma più è altala densità di particelle nell'anello, piùspesso accade che le collisioni fra particel-le rimandino alcune di queste all'internodella zona. Jack Lissauer e Frank H. Shu,dell'Università della California a Berke-ley e M. Hénon, dell'Osservatorio di Niz-za, hanno dimostrato che se negli anelli di

Saturno erano inglobati piccoli satelliti didiametro compreso fra alcuni chilometri ealcune decine di chilometri, i satellitiniavrebbero potuto essere la causa di granparte della struttura fine degli anelli. Daquanto si sa finora le immagini riprese daVoyager I e Voyager 2 non hanno peròindividuato la presenza di piccoli satellitineanche nelle posizioni più verosimili.

Se il satellite è adiacente a un anello, puòaversi anche un altro fenomeno: le riso-nanze sovrapposte che circondano l'orbitadel satellite sono in grado di impedire l'e-spandersi dell'anello e di dargli un contor-no netto. Il bordo esterno dell'anello A diSaturno è probabilmente mantenuto inquesto stato dai satelliti 1890S26 e1980S27. L'anello a sua volta respinge i

satelliti. È il caso di 1980S26, molto pros-simo alla distanza radiale da Saturno allaquale verrebbe intrappolato con il satellitemolto più massiccio Mimas o Tethys. Talerisonanza «ancorerebbe» la sua distanzaradiale in modo da consentirgli di conti-nuare a modellare il bordo esterno dell'a-nello A. C'è un'unica difficoltà: in base aprecise misurazioni, sembra che 1980S26si trovi a una distanza leggermente diversada quella di ancoraggio.

Infine, due satelliti le cui orbite sianoprossime possono impedire la diffusioneradiale di uno stretto anello tra esse com-preso. Per esempio, 1980S26 e 1980S27,le cui orbite sono separate radialmente disoli 2000 chilometri circa, possono agireda «guardiani» per confinare lo strettoanello F a più filamenti nello spazio com-preso fra le due orbite. Quando uno oentrambi i satelliti passano vicino a undato filamento dell'anello, lo strappo gra-vitazionale può provocare distorsioni,come quelle che si osservano nelle imma-gini dell'anello riprese da Voyager I. Nonè chiaro, tuttavia, perché l'anello F debbaessere formato da una molteplicità distretti filamenti, e non da un filamento piùgrosso, e perché uno dei filamenti rilevatida Voyager 1 non sia attorcigliato. Dalleimmagini riprese da Voyager 2 risulta chel'anello F non mostra la presenza di trecceo di altre distorsioni e sembra che la quan-tità dei filamenti sia mutata.

Il fatto che i satellitini che fungono da«guardiani» generino sottoanelli lisci(come gli stretti sottoanelli eccentrici del-l'anello C di Saturno e nella divisione diCassini e probabilmente nell'anello E diUrano) o sottoanelli attorcigliati (comequelli dell'anello F di Saturno e quellidella divisione di Encke, il cui attorci-gliamento fu rilevato grazie alle immaginiriprese da Voyager 2), può dipendere dalgrado di capacità dei sottoanelli oppure,ed è la stessa cosa, dalla densità delleparticelle. In un sottoanello piuttosto tra-sparente le collisioni fra particelle sonopiuttosto rare e, per questo motivo, gli«echi» delle perturbazioni passate posso-no persistere. In un sottoanello pressochéopaco la maggiore frequenza delle colli-sioni può smorzare le perturbazioni.

Una piena comprensione della fisica del-le interazioni fra anelli e satellitini non èancora a portata di mano. Per esempio,Stanley F. Dermott e Thomas Gold dellaCornell University hanno presentato un'i-potesi secondo la quale un sottoanellostretto ed eccentrico, con bordi netti, èmantenuto tale da un singolo piccolo satel-lite nascosto al suo interno e non da unacoppia di satelliti o di satellitini. Il fatto dinon aver trovato finora satellitini inglobatinegli anelli principali di Saturno significaperò che si deve esplorare in altre direzioniper spiegare la fine struttura i adiale in re-gioni quali l'anello B. Un'ipotesi prospettache le particelle dell'anello possano ri-spondere ai momentanei aumenti e dimi-nuzioni della loro densità con successiviaumenti e diminuzioni. Supponiamo che ladensità delle particelle aumenti in un certopunto. Le collisioni fra particelle diventa-no più numerose e dal momento che una

parte dell'energia delle collisioni è perdutanel riscaldamento e nella deformazionedelle particelle, l'energia del moto casualediminuisce. Nonostante che le successivecollisioni, a velocità più basse, provochinola perdita di una quantità minore di ener-gia, il processo di collisione e di coalescen-za continua. Si propone l'ipotesi che il ri-sultato possa essere una variazione radialedi opacità dell'anello.

Altre forze negli anelli

Le particelle piccole, negli anelli, pos-sono essere soggette a forze diverse dallagravità. Le forze elettromagnetiche sonoun importante esempio. Gli anelli di Gio-ve, di Saturno e, forse, di Urano sonoimmersi in un plasma a bassa densità, cioèin un gas rarefatto composto di elettronicarichi negativamente e di ioni carichipositivamente. Gli elettroni posseggonouna massa inferiore a quella degli ioni,quindi si muovono più rapidamente e, ini-zialmente, collidono con le particelle del-l'anello più frequentemente degli ioni.Accade così che le particelle assumanocarica negativa in seguito all'assorbimen-to di elettroni. A questo punto la lorocarica respinge altre particelle di caricanegativa. Ancor più importante è che leparticelle stesse dell'anello vengano ora

accelerate da una forza elettromagneticaquando attraversano il campo magneticodel pianeta. Se le particelle sono più pic-cole di 0,1 micrometri circa, la forza elet-tromagnetica è superiore all'attrazionegravitazionale del pianeta e quindi de-termina il loro moto.

Molti aspetti della struttura dei sistemidi anelli potrebbero così essere spiegati.Nel caso di Giove, per esempio, l'asse delcampo magnetico è inclinato di circa diecigradi rispetto all'asse di rotazione delpianeta. In tali condizioni le forze elet-tromagnetiche possono impartire alleparticelle piccole una distribuzione verti-cale molto maggiore di quella delle parti-celle più grandi. L'estensione verticaledell'alone del sistema di anelli di Giove èparagonabile all'estensione che ci si po-trebbe aspettare per particelle di dimen-sioni di 0,1 micrometri o più piccole anco-ra. Nel caso di Saturno le forze elettroma-gnetiche possono rivelarsi importanti perla peculiare struttura dell'anello F. Inol-tre, molte teorie sono state avanzate perspiegare come le razze nell'anello B diSaturno possano formarsi senza contem-poraneamente disturbare la struttura ra-diale finemente suddivisa in bande dell'a-nello. Alcune di queste teorie fanno ap-pello a una pioggia di particelle cariche,proveniente o dal pianeta, o dagli anelli

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