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GLI UNIVERSI DI BOTTEGA INDACO a cura di francesca bogliolo

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Catalogo edito in occasione della mostra collettiva che comprende tutti gli artisti di Bottega Indaco presso Albenga (Sv), dal 1 al 22 agosto 2010.

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GLI UNIVERSI DI BOTTEGA INDACOa cura di francesca bogliolo

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GLI UNIVERSI DI

BOTTEGAINDACOdall’ 1 al 22 agosto 2010Palazzo Oddo - Albenga (Sv)

Mostra e catalogo a cura di:Francesca Bogliolo

Coordinamento e allestimento a cura di:Bottega Indaco

Ufficio stampa:Palazzo Oddo

[email protected] - www.palazzooddo.it

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Gli universi diBottega Indaco

di Francesca Bogliolo

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‘Nel cerchio imperfetto del suo universo ottico la perfezione di quel moto oscillatorio formu-lava promesse che l’irripetibile unicità di ogni singola onda condannava a non essere mante-nute. Non c’era verso di fermare quel continuo avvicendarsi di creazione e distruzione. I suoi occhi cercavano la verità descrivibile e regolamentata di un’immagine certa e completa: e finivano, invece, per correre dietro alla mobile indeterminazione di quell’andirivieni che qualsiasi sguardo scientifico cullava e derideva.’

(A.Baricco, ‘Oceano Mare’)

Variegata, complessa ed articolata, la proposta collettiva di Bottega Indaco si presenta come un ossimoro letterario, un viaggio immobile verso un’unica intuitiva direzione, un intento artistico comune che si snoda come un intreccio di fili su di un telaio su cui si tesse un’uni-ca tela. Il quadro composito richiama alla mente la tela di Penelope, destinata ad essere tessuta e distrutta nell’attesa di un ritorno: le opere d’arte, pur non perdendo realmente la loro consistenza materica, sono destinate ad essere superate da altre in una fase successiva della ricerca, ad essere ideologicamente smontate e ricostruite con gli stessi elementi, in un procedimento simile a quello disperato di dipingere un mare in movimento. L’esposizione, dal taglio suggestivo, avvicina il pubblico ad artisti di nuova generazione, i quali, affascinati dal tema del viaggio dello spirito, lo rivisitano attraverso tecniche differen-ti, proponendone una visione soggettiva. Le espressioni artistiche che la compongono guida-no verso la comprensione della necessità dell’atto artistico, da cui trarre un’emozione inte-riore comune ad artista ed osservatore. L’incalzare delle immagini suggerisce alla memoria l’incedere lento di una carovana che trova il fine ultimo del suo viaggio nei contatti avvenuti

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tra abituali partecipanti all’evento e frequentatori occasionali, nella lenta osservazione del-la natura e nella sua più vera interpretazione, negli istanti immobili di un tempo concesso solamente all’elaborazione artistica nelle sue principali forme. Si tratta dunque, per questi artisti, di confessare ancora una volta la convinzione che lo scopo del viaggio non sia l’arrivo ma l’essenza stessa del percorrere una strada, sia essa reale o metaforica. Attraverso una ricerca puntuale e sistematica, il tema del viaggio in se stessi e nel proprio universo viene approfondito nelle rappresentazioni pittoriche, scultoree e fotografiche, ed il sentire che si dipana è quello di un’operatività che, attraverso il diverso utilizzo dell’immagine, suggerisca una metamorfosi dei soggetti che è a sua volta una trasformazione interiore. Come onde in continuo mutamento e movimento che confluiscano nello stesso mare, mai uguali a se stesse, le opere rappresentano altrettanti stati d’animo degli artisti, contribuendo a delineare un quadro che non si può dipingere o definire con scientifica precisione, ma solo osservare attentamente. Il vero viaggio è inseguire l’andirivieni del moto, il continuo diveni-re delle forme, l’alternanza dei colori, l’impatto materico. Dal confronto tra gli artisti nascono nuove suggestioni tra le arti, nuovi spunti di riflessione su tematiche comuni: da questo esperimento hanno origine proposte innovative, di grande spes-sore creativo. Da mondi differenti si elaborano nuovi universi possibili, in cui la commistione e l’influenza tra le arti ha un peso rilevante. Quanto rappresentato dalla volontà di creazione di una bottega, intesa nel senso più antico del termine, ovvero come luogo di apprendimento ma anche di contaminazione tra diverse forme artistiche, è esplicitato in questa mostra, realizzata in collaborazione con la Palazzo Oddo srl.Gli artisti partecipanti propongono una riflessione interattiva, partita e sviluppata dal con-testo di Bottega Indaco. Il progetto, elaborato in seno alla struttura, è proposto in questa

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sede da Ciro Palumbo, Akira Zakamoto, Claudia Giraudo, Natalia Araujo, Giulio Cardona, Sabatino Cersosimo, Rebecca D’Alessandro, Dadagabem, Dovevivonolefate, Valter Fiorio, Max Gasparini, Elvira Gatti, Silvana Gatti, Annalisa Prandi, Guido Siviero, Simona Vanetti e Silvio Zangarini.

‘Credo che entrambi sappiamo sempre in anticipo che la meta, alla cui ricerca ci lanciamo senza misurare ostacoli né temere pericoli, è del tutto irraggiungibile. E’ quello che una volta ho detto della carovana. Vediamo se mi ricordo: “Una carovana non simbolizza né rappresenta alcuna cosa. Il nostro errore consiste nel pensare che vada da qualche parte o provenga da qualche altra. La carovana esaurisce il suo significato nel suo stesso spostarsi. Lo sanno gli animali che ne fanno parte, lo ignorano i carovanieri. Sarà sempre così.”

(Alvaro Mutis, ‘Abdul Bashur, sognatore di navi’)

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Opere

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Il volo nel mio lavoro non è arrivato subito, prima di questo ovviamente, ho dovuto e voluto occuparmi di natura. Solo osservando attentamente l’ambiente di cui facciamo parte, insieme ad un’infinità di altri esseri, ho cominciato a sentire un forte legame e interdipendenza con questo.Alle iniziali riprese e fotografie sono seguiti i quadri. Gli uccelli sono state le prime “muse ispiratrici”, con la loro bellezza, i colori vivaci, le svariate forme dei becchi. Successivamente con la maggior comprensione di cosa mi attraeva di più in questi esseri, agili, leggeri, è arrivato l’interesse per il volo e per l’elemento dove questo si svolge.Quindi la passione per il volo. Il volo come desiderio di libertà, simbolo di superamento della condizione umana, della gravità del corpo, capacità di oltrepassare i limiti fisici; ma anche volo onirico, l’importanza del sogno ed il suo riscontro nella realtà.

NataliaAraujo

“Natalia Araujo spinge l’uomo in un volo introspettivo, ci libera nell’aria per far respirare a pieni polmoni l’essenza che, incatenata dalla mente, è oscurata, ignorando altre prospettive.”

Lucio

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“Virare”acquarello su tela . 60x60 cm (opera tratta da trittico 60x180 cm) . 2010

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GiulioCardonaGiulio Cardona nasce a Verona nel 1967. Inizia a fotografare giovanissimo nello studio dello zio Dalmazio, in Liguria.

La passione per il mondo artistico figurativo è immediata e lo immerge totalmente in questo mondo, che egli vive totalmente, da fotografo professionista e da collezionista di macchine fotografiche antiche, stimolato dalla loro aura evocatrice.

Non a caso l’evoluzione personale e lavorativa di Cardona lo ha portato ad interpretare la fotografia mo-derna, in un modo che egli ama definire pittorico, per il legame con l’immagine, che non è mai il frutto dell’elaborazione tecnica di un qualche raffinato software, ma che è la semplice espressione di una personale e irripetibile sensibilità.

Il suo lavoro ha ormai una storia di venticinque anni, nei quali ha lavorato per riviste, presentazioni di moda a Milano e nei quali si è dedicato alla ricerca dell’immagine naturalistica, spesso frutto di esperien-ze di viaggi. Oggi l’artista sceglie la via dell’esposizione personale e collettiva, nelle gallerie d’arte e negli spazi espositivi, non solo italiani, che meglio paiono adattarsi alle sue modalità espressive.

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“Il tropico innevato . Infrared”foto stampata su tela . 75x45 cm . 2010

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Sabatino Cersosimo nasce il 18 Novembre 1974 a Torino, dove vive e lavora.Conseguito il diploma in grafica pubblicitaria prosegue con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove si laurea nel 1999 nel corso di Decorazione.Dopo alcuni anni in cui si dedica principalmente alla critica d’arte, ai laboratori didattici museali, al restauro di libri e all’illustrazione per l’infanzia, dal 2006 riprende l’attività pittorica in maniera costante.La sua ricerca, dopo un periodo “romantico” e “surreal-metafisico” dell’Accademia di Belle Arti – e dell’elo-gio della natura come rappresentazione del sublime - si rivolge alla figura umana, in maniera quasi esclusiva al volto in quanto maschera o reale espressione di stati d’animo. È per questo motivo che le sue opere (sem-pre oli su tavola) sono cariche di una certa dose di ironia, ricorrendo all’uso di espressioni facciali esagerate, grottesche, o più sobrie. Insomma un’esasperazione di una condizione personale e generale.Nell’autunno 2007 realizza due dipinti per il film “Senza fine” del giovane regista Roberto Cuzzillo, presen-tato nel Marzo 2008 al Bergamo Film Meeting e in seguito in vari festival di tutto il mondo.Nelle ultime opere la focale è allontanata, prendendo il corpo intero come oggetto di studio e riflessione e inserendolo nella gestualità del quotidiano che vela una sensazione di inquietudine.La pittura è quella di pennellate sciolte e irriverenti ma attente al disegno dei volti e dei corpi che, tuttavia – è bene sottolinearlo - non hanno molto a che vedere con il concetto di “ritratto”.Dal 2010 è socio dell’APA (Associazione Piemontese Arte).

SabatinoCersosimo

Una pittura intelligente, colta, sottile, subdola e infingarda, tenuta abilmente sotto le insidie del do di petto pure accennando trilli e vocalizzi sopra il rigo. I suoi personaggi escono dalla tela improvvisi, irrispettosi, sguaiati, burleschi, provocanti […]. Cersosimo indaga vagando tra i sette fiumi della saggezza alla ricerca di una strada fatta di misura per una potenzialità non comune ed ancora inespressa per intero (e meno male! ha una vita intera davanti a sé).[…] Una sceneggiatura napoletana e un melodramma verista, che intride di preponderante cultura estetica e soprattutto di ironia, con sapienza pittorica e tecnica virtuosa nella manipolazione della materia, nella pennellata pulita.

(Gianfranco Schialvino, da “Gli specchi dell’anima”, Corriere dell’Arte, 5 Giugno 2009)

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“Letto”olio su tavola . 80x100 cm . 2010

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Rebecca abita in Svizzera e sin da piccola regalava i propri disegnini ai suoi genitori, sperimentando già sog-getti e colori, non sapendo ancora che questo modo di esprimersi si sarebbe trasformato in uno svago e in un gioco che l’avrebbe accompagnata sino ad oggi e per sempre, in ogni fase della sua vita.Oggi Rebecca si fa ispirare da momenti speciali, da attimi fuggenti e sfuggenti e da fotografie di cui si innamora e che rappresentano lo stato d’animo del momento secondo una sensibilità tipica di chi unisce la passione per l’arte e la pittura a quella della fotografia, con la quale si misura ogni volta che ne ha occasione.La capacità dell’artista di ricreare soggetti in maniera personale ed intuitiva, permette di affidarle immagini da riprodurre per vedersele restituite sulla tela interpretate secondo un’espressività e una visione originale della realtà.La passione per la rappresentazione delle auto sportive le ha inoltre permesso di stringere una collaborazione con Porsche e di esporre le proprie opere all’interno dei locali della casa automobilistica tedesca.L’autrice - dopo aver frequentato un anno di perfezionamento nel disegno e nella pittura presso la Berufs-, Fach- und Fortbildungsschule - Zeichnen und Gestalten di Berna - fa proprio un percorso di continuo sviluppo creativo, grazie alla capacità di apprendere da ciò che la circonda e al desiderio di salpare per un viaggio di “autoformazione” individuale e artistica.Per Rebecca la pittura è un antidoto, un modo per ritrovare equilibrio tra lavoro e vita privata, un’armonia insomma, un’interpretazione dell’ego unica e irripetibile.Rebecca non vuole dare nessuna interpretazione ai suoi dipinti, dietro ogni opera per l’artista si nasconde un ampio significato di cui lascia intuire a “colui che osserva” l’essenza ispiratrice, l’estro e la multiforme capacità creativa.Tutti i quadri sono dipinti su tela e con colori acrilici.

RebeccaD’Alessandro

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“Riesci a resistermi?”acrilico su tela . 60x80 cm . 2010

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Grazia Marino, in arte Dadagabem, sembra inselvatichirsi in un suo romitaggio rurale, arcaicizzante, di lavoro materiale e profezia, di ruvidezza e sacralità, a far affiorare relitti di simulacri sepolti nei depositi mitici del tempo. Perciò le sue opere ‘coltivano’ la potenza rigeneratrice dei simboli essenziali, pur in un travestimento mitologico- leggendario, intendendo l’arte come luogo dove s’incontrano l’enigma e l’incantamento. [...] Così fa della scultura un rituale di consacrazione, riprendendo anche la tecnica arcaica dell’arte popolare e la sapienza ancestrale della fiaba, delle quali coglie la struttura espressiva intessuta su pochi temi essenziali e costanti, più o meno manifestamente collegati col sacro.

Dadagabem[...] Nelle opere di Grazia Marino convivono e configgono un’espressività esasperata, tumultuosa, lutulenta ricchezza lessicale e invece compostezza ascetica, quasi gemente, struttura spoglia. Convivono e configgono momenti rapidamente trucidamente grevi di gesti e passioni, e la convenzionalità alta e muta, solenne e rituale. Diventa chiara quindi la funzione della scultura come sbarramento al nulla, la materia come ricerca e rito, alla quale si oppone il sugello del segno sacro, sotto il crisma della profezia: effigi spiritiche che insorgono violente davanti ai nostri sensi e vanno dritte a inquisire le coscienze in una immediatezza apocalittica. Lei, Grazia, non cerca alcun funambolismo citazionista, alcun trucco estetizzante, ma ingaggiando un corpo a corpo continuo con la pietra di Lecce, una voce più profonda e remota. Nel mondo tecnologico e artificiale, la scultura diventa per Dadagabem una forma mistica, disperata, di difesa (anche magica) dell’affinità profonda con la natura, sa-cralizzata nei suoi simboli. Le sculture alla fine pur di diversa fattura, sembrano tutte affratellarsi come icone di Lari e Penati. C’è bisogno d’un atto d’amore che sceglie, compone, avvicina, fa coro e preghiera.

Andrea Diprè (tratto da “La Scultura, un rituale di consacrazione”)

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“Mater lingua”pietra di Lecce lavorata esclusivamente a mano secondo l’antica tradizione dei maestri scalpellini, microchip e doratura

41x37,5 cm . 2005

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Patrizia Fratus e Stefania Lancini da tempo uniscono le reciproche abilità, fuori da ogni schematismo, costituendo un gruppo di ricerca capace di muoversi tra anticonformismo ed eticità, per parafrasare con-dizionamenti del vivere e follia della quotidianità.Sculture di realistica enigmatica presenza, sensibili al tatto, uniscono al gusto ironico e sospeso della teatralità della vita il significato profondo della narrazione, oltre il sipario delle apparenze.

Dovevivonolefate

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Le grazie “Trilogia con galline”sculture tessili . 2009

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Nel 1982, grazie all’agenzia fotografica e di casting “Chiarenza” di Torino, mi si presentò l’opportunità di diventare un reporter di agenzia. Mi affascinò l’idea di poter vivere la fotografia in modo dinamico, come un bandolo che si snoda e si dipana nel tempo e nello spazio; poiché al reporter viene chiesto proprio questo: andare nei luoghi, addentrarsi nelle situazioni, e raccontare - attraverso le infinite sfaccettature della luce, che si traducono in mosaici di immagini - ciò che si incontra, ciò che incuriosisce, stupisce ed emoziona.L’aspetto del racconto per immagini ha influenzato sotto molti aspetti la mia fotografia professionale. Con-seguentemente si è sviluppato il desiderio di “inserire il movimento” nell’immagine, e, quindi, di rompere la staticità, di scoprire che cosa c’è oltre la nitidezza e le sfocature “calcolate” dei piani, per giungere a possedere un linguaggio perfetto ed esteticamente piacevole, che rispondesse alle esigenze dell’immaginario collettivo.Cerco di creare immagini dove si manifesti una realtà diversa da quella che solitamente vediamo. Nelle mie opere i volti sfumano, plasmandone altri simili, ma caratterizzati da differenti stati d’animo. “I volti dell’Anima” è il titolo della mia ricerca, perseguita, appunto, disegnando la luce (dal greco: photo-grafia = disegno della luce).

ValterFiorio

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“Betty”fotografia . 2006

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Max Gasparini è nato a Rovato (Bs) nel 1970. Dipinge da quando era bambino ma ha cominciato ad esporre da poco.Alterna una pittura minuziosa e precisa a realizzazioni libere dal disegno e molto gestuali,realizzate su sup-porti grezzi e con materiale di riciclo.Il tema femminile gli è molto caro,anche vista la facilità con cui riesce a cogliere somiglianze ed espressioni nei volti.

“La giornata è finita. La folla si disperde e diventa persona, umanità. Max Gasparini fa di questa umanità la materia di un lavoro intimista, costruito a grandi pennellate che , se al primo sguardo possono dare l’impres-sione di un’ ispirazione immediata e di un procedere istintivo, si rivelano, ad uno studio più attento, meditate e pensate una ad una.Declinate in pochi colori, spesso nelle sfumature di un solo colore, le sue donne sono apparizioni.Seducenti come sirene quando guardano lo spettatore, assumono una connotazione inquietante quando invece abbassano lo sguardo o chiudono gli occhi.Se il supporto che sceglie è il cartone, regala gradevolissimi effetti di trasparenza lasciando parte della base al naturale. Altrettanto piacevole, sebbene diversissimo, è l’effetto quando invece l’artista decide di cambiare registro e di passare ad una resa del soggetto quasi fotografica.”

Alessandra Redaelli

MaxGasparini

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“Estasi bianco”olio su tela . 80x80 cm . 2010

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Elvira Gatti nasce a Gussago il 28/07/1959, vive e lavora a Travagliato in provincia di Brescia.Fin da giovanissima avverte una spiccata vocazione pittorica.Frequenta un corso di disegno e pittura all’AAB di Brescia, per poi proseguire il suo percorso artistico da autodidatta. Nelle sue opere viene celebrata la femminilità attraverso la semantica del simbolo.La sua innata esigenza comunicativa, la continua ricerca interiore e spirituale, danno vita ad opere di forte impatto emotivo ed evocativo.Ha esposto in numerose collettive a Brescia e provincia, a marzo 2009 ha partecipato con un’opera alla mostra Art Marathon presso il museo di Santa Giulia a Brescia.

ElviraGatti

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“Crescendo”olio su tela . 80x80 cm . 2010

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Da sempre l’uomo è alla ricerca di qualcosa che trascenda la realtà immanente e tangibile in cui siamo im-mersi. Questo irrefrenabile anelito che ci spinge verso un “altrove” è ben interpretato dalla pittura figurativa di Silvana Gatti, nelle cui tele possiamo ammirare immagini surreali e oniriche che ci riconducono a universi lontani eppure immensamente vicini. …Guardando le opere di Silvana Gatti si ha quasi l’impressione di com-piere un salto quantico nel tempo, percorrendo un filo sottile e invisibile che unisce passato, presente e futuro. E osservando i suoi dipinti si provano sempre sensazioni di armonia trasognante e diafana delicatezza, rese anche attraverso l’uso di colori tenui, quasi pastello, e mediante tagli prospettici che prediligono scorci di ampio respiro.

Chiara Manganelli

SilvanaGattiSilvana Gatti, pittrice figurativa e simbolista, espone dal 1995 in importanti rassegne in Italia ed all’estero.E’ socia del Piemonte Artistico e Culturale.Insegna pittura per bambini presso l’Ass.ne “La Tesoriera” di Torino e collabora con la rivista Art & Art di Roma (Ed. Acca in Arte). Sue opere sono pubblicate sui cataloghi d’Arte Mondadori n° 40 e 45.

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“L’approdo”olio su tela . diam. 50 cm . 2010

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La pittura di Claudia Giraudo è un gioco mutevole, avvolgente e ammiccante, denso di simboli e significati sottesi. Un gioco che corteggia l’anima, che la sviscera, la ricalca, la scompone e la ricompone, arricchendola di arabeschi semantici sorprendenti, dove la persona (nel senso latino del termine) diviene davvero maschera, ma una maschera che, paradossalmente, anziché nascondere, svela l’essenza dell’essere ed esalta la Bellezza assopita dentro ognuno di noi.I volti che Giraudo raffigura sono reali, rappresentano esseri che vivono intorno a noi e che, per un alchemico sortilegio, si trasformano in personaggi, in drammaturghi e attori di se stessi. Grazie a un’accurata e doviziosa ricerca tecnica e cromatica, Giraudo plasma temerarie metamorfosi in cui il soggetto, pur rimanendo sempre se stesso, perlustra le proprie infinite identità. Così l’uomo immanente diventa trascendente, emblema di simboli universali, oltre il tempo e lo spazio.

Chiara Manganelli (tratto da “Le suggestioni teatranti della pittura di Claudia Giraudo”)

Fissare sulla tela l’istante in cui il Sogno e la Realtà si compenetrano altalenandosi, sembra essere la priorità attuale per Claudia Giraudo, artista nata nel 1974 a Torino, luogo in cui tuttora risiede e collabora attivamente con l’atelier Bottega Indaco. Il diploma ottenuto nel 2001 presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, avvia una ricerca intimista che si concentra sul volto come tramite di un messaggio.Coinvolgendo in parte il vissuto personale, ma caricandolo di un messaggio da decriptare, è come se l’artista parlasse una lingua sconosciuta che lo spettatore deve tradurre alla luce delle proprie personali esperienze e conoscenze. Attraverso i suoi simboli, la Giraudo poggia delicatamente sulla tela soggetti che, resi messag-geri, ci appaiono eterei, evanescenti, attori, spiriti dell’aria, ed in aria si son tutti dissolti, in un’aria sottile ed impalpabile.E come attori inconsapevoli del ruolo che assumono, i soggetti di Claudia Giraudo si muovono su fondali movi-mentati da un sostrato materico che è anche onirico, quasi a ricordarci che siamo fatti anche noi della stoffa di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.

ClaudiaGiraudo

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“Tracce d’inchiostro”olio e collage su tela . 40x40 cm . 2010

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Ciro Palumbo è un artista che ama la provocazione, ma non tanto nel senso di una sfida, quanto come intento di sedurre. Egli proviene, o per meglio dire, si è immesso da tempo nella tradizione metafisica: gli interni abitati solo da oggetti inanimati e da sculture classiche, i paesaggi marini con un’isola, sono evidenti richiami a Giorgio de Chirico e ad Arnold Böcklin. Ma nel suo modo di concepire l’arte pittorica – lavorio continuo e meditato, fatto di applicazione, di studio del colore e degli spazi, di preciso calcolo delle alternanze fra pieni e vuoti, di calibratura dei toni, dell’ombra e della luce – egli lascia anche trapelare la sua devozione ai maestri del museo della storia dell’arte italiana, e più in particolare alla tradizione rinascimentale, quando la creazione artistica rispondeva a leggi prospettiche e compositive ineludibili. Le sue espressioni figurali riferiscono quindi di una cultura profondamente assimilata e di un percorso meditato e coerente alla ricerca dei sottili legami che collegano l’arte classica alla modernità.

Paolo Levi (tratto da “L’inquietudine del sogno”)

Ciro Palumbo nasce a Zurigo nel 1965. Dopo un percorso lavorativo nel mondo della pubblicità, prima come grafico e poi come Art Director comincia, nel 1994, a dedicarsi alla sua vera grande passione: la pittura.Si forma in una moderna Bottega d’Arte, prima come allievo e poi come assistente. Attualmente lavora a Torino, presso il suo atelier. Il suo percorso artistico è ricco e poliedrico, e la sua poetica ricalca le orme della Scuola Metafisica di G. De Chirico e A. Savinio, per reinventarne i fondamenti secondo un’interpretazione personalissima e originale.Le sue opere sono un tripudio di simboli onirici e palcoscenici fantasmagorici. Nessuna realtà è più vera e autentica del Sogno, questo sembra volerci comunicare, con i suoi dipinti, Ciro Palumbo.

CiroPalumbo

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“Mi è apparso un sogno”olio su tela . 50x40 cm . 2010

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Annalisa Prandi nasce a Genova nel 1975.Da sempre è affascinata dal tema delle immagini e comincia da subito ad appassionarsi di fotografia per tra-sformare in emozione ciò che vede. Dal 2001 si occupa della produzione di progetti audio/video tra cui cortometraggi, documentari e film per il cinema e la TV ma non trascura la sua passione per la fotografia, sia analogica che digitale approfondendo anche il tema della stampa in B/N in camera oscura.Nel 2009 è diventata socia fondatrice dell’Associazione culturale TartaFactory nata con l’esigenza di diffon-dere nel territorio torinese la cultura e la tecnica fotografica e cinematografica ampliandone la conoscenza attraverso occasioni di contatto tra persone, enti e/o associazioni e, a tal fine, creare un laboratorio artistico finalizzato alla promozione e creazione di cortometraggi, lungometraggi, documentari, fiction, filmati e video.Vive e lavora a Torino.

AnnalisaPrandi

“Esistono spazi sospesi, senza tempo, abbandonati a una calma di un respiro senza fretta, carico di suggestio-ni. Questi sono gli spazi che mi piace raccontare, l’onirico che trapela attraverso un cielo, un controluce di un faro, un numero che acquista il valore dell’assoluto. La fotografia per me deve poter respirare, deve poter rimanere sospesa per raccontare un attimo di eterno.Questo spazio è il Porto di Genova e “31” ne è creatura.”

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“31”stampa a colori da pellicola fotografica . 50x70 cm . 2010

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Ricerca sperimentale, studio attento dei maestri della fotografia, interrogativi quotidiani, accompagnano l’evolversi del linguaggio fotografico di Guido Siviero, nato a Torino nel 1968, città dove al momento vive e lavora, svolgendo l’attività di fotografo professionista. La fondazione dello Studio PIÙLUCE, uno degli studi di fotografia pubblicitaria più importanti di Torino, costituisce un’importante svolta professionale, che affianca e completa la sua necessità di espressione artistica. Nella collettiva ‘Gli universi di Bottega Indaco’, Siviero sottopone all’attenzione dello spettatore una riflessione sul movimento, che è riverbero e allegoria di un percorso interiore. L’indagine attenta, compiuta attraverso la fotografia, fissa in un istante il passo, tema caro all’artista, che con il viaggio ha un legame profondo e personale. Dalla propria quotidianità, Siviero estrae con pazienza elementi atti all’elaborazione di una poetica originale, in cui l’iconografia del piede assume un significato del tutto nuovo.

GuidoSiviero

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“Berlino”fotografia

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Da piccola disegnava riccioli e spirali sui libri di psicologia di papà e sulle poltrone in pelle.I libri sono stati fatali: da “grande” è divenuta psicologa, laureandosi a pieni voti a Torino e intraprendendo poi la specializzazione come psicoterapeuta clinica. Ora fa anche la formatrice. Da piccola tagliava e personalizzava pigiami e magliette con le forbici appena regalate; da grande gioca con i tessuti, crea e personalizza abiti, certa che il sapersi mettere nei panni propri e degli altri è importante nella vita.Da piccola amava ascoltare le fiabe e sfogliare i libri con le figure per ore ed ore, da grande scrive storie, per grandi e piccini, illustrandole con fantasia. Scoprendo che quando gioca con la rima, le parole scorron prima.Da sempre fotografata, da grande ama fotografare e giocare con le immagini per creare piccole e grandi opere d’arte. E poi danza e recita, un po’ con i movimenti appresi nei tanti anni di studio, un po’ e sempre più con i propri movimenti, sempre diversi e in evoluzione.Ama scrivere, dipingere, costruire, giocare, disegnare, su qualunque superficie le capiti sotto mano. Anche una tela.

SimonaVanetti

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“Radici intessute”collage in stoffa . 30x30 cm . 2010

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Fin da piccolo osservavo le cose illuminate e avevo la sensazione estatica che il loro colore mi invadesse.Potevo stare ore ad osservare i fanali posteriori delle macchine incolonnate davanti alla nostra 127 rossa, sul viadotto della Torino-Savona. Più tardi gli occhiali (unico presidio per handicappati divenuto oggetto faschion) mi tolsero questa facoltà rendendomi abile alla lettura.Ma la sensazione del colore che mi invade non è mai scomparsa, spesso scosto gli occhiali per guardare con i miei occhi e farmi invadere dal calore del colore sprigionato dalla vita.In questi attimi ho la sensazione che l’inverno del mondo stia per essere disintegrato da un nuovo sole.Che sia prossimo un attimo di puro bianco, seguito da una pioggia di schegge sature di colore che ci trafiger-ranno il cuore.

Penso che i poeti del futuro (oggi bambini) ricorderanno il momento della fine del vecchio mondo come il momento nel quale il sole sciolse il cuore del mondo.Almeno questo è ciò che mi auguro con tutto il mio cuore con-gelato (alla crema).Ho creato il personaggio Akira Zakamoto dieci anni fa, sulle rive di un lago montano vicino Biella.Ero in un periodo decisamente confuso della mia esistenza e pensai fosse cosa saggia cambiare nome e lasciar-mi alle spalle la mia parte oscura.Gli donai il nome del mio regista preferito e divisi il cognome tra il protagonista del mio videogioco preferito e la prima parte del mio cognome terrestre.Gli scrissi una biografia verosimile che parlava di rapimenti ufo e profezie, molti la credettero vera conferman-domi che per persuadere sono sufficenti un paio di media.In fine gli feci giurare di dipingere per tutta la vita il futuro del genere umano, i bambini.Ad Akira Zakamoto ho anche donato la mia formazione grafica e gli insegnamenti di Anna Lequio, Giancarlo Povero e Roberto Magliano che negli anni ‘90 dell’Albe Steiner di Torino mi hanno iniziato al culto della “Sa-cra Sintesi” e alla lettura dei persuasori occulti di Vance.Zakamoto avrebbe potuto far parte degli uscocchi di Keller come delle Brigate Bruzzi-Malatesta, ha uno stra-no affascinamento per le fasi eroiche delle dittature, ma è sotto sotto un romantico che all’epoca in cui vive preferirebbe la repubblica di Firenze del ‘400, il suo lavoro è un servizio alla persona, non vuol altro dalla vita che poter dipingere per celebrare la vita (non potrebbe farne a meno).

AkiraZakamoto

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“Francesco osserva l’esodo”olio su tela . 100x120 cm . 2010

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Sono sempre stato attratto dalla fotografia, forse perché da piccolo vedevo mio padre scattare foto, anche se lui la considerava, molto più di me, una scienza esatta. Da lui ho appreso i primi rudimenti e ho capito che per me la fotografia doveva essere tutt’altro che una questione tecnica. Mi considero fondamentalmente autodidatta: oltre ad un corso di camera oscura e uno stage presso lo studio di una fotografa tedesca in Germania, ho sviluppato le mie competenze da solo. Dapprima mi sono cimentato nelle attività “da camera oscura” in un piccolo laboratorio domestico; poi, con l’avvento del digitale, ho deciso di sfruttare le possibilità creative concesse dalle nuove tecnologie. Molto importante per me è il caos, inteso come fulcro di ogni creazione ben riuscita. Solamente a partire dalla caoticità si può generare un ordine equilibrato. Con le mie opere vorrei riuscire a comunicare il senso di meraviglia, di stupore, di magia, di mistero che mi spinge a premere il pulsante di scatto. Nel mio curriculum ci sono diverse mostre, attraverso le quali ho esplorato dapprima il mondo naturale; dopo di che la mia attenzione si è spostata verso il mondo dei viaggi e delle culture locali. Oggi, con l’ultima mostra personale intitolata “Deserti di pietra”, sto sperimentando l’incontro fra fotografia d’architettura e problemi relativi alla socializzazione.

SilvioZangarini

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“Castello, centro”fotografia

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VALTER FIORIO Pag. 20TorinoMobile: +39 327 3282456Email: [email protected]

Marino Grazia in arte: DADAGABEM Pag. 16Vico dell’Aquila, 1/3 - 70054 Giovinazzo (Ba)Mobile: + 39 389 1531679Email: [email protected] / [email protected]

SABATINO CERSOSIMO Pag. 12TorinoMobile: +39 335 8198028Email: [email protected]

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Pag. 14 REBECCA D’ALESSANDROBerna - Svizzera

Tel. +41 76 3344433Mobile: +39 349 5309503

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Pag. 10 GIULIO CARDONAAlassio (Sv)

Mobile: +39 331 3710280Email: [email protected]

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NATALIA ARAUJO pag. 8Via Coazze, 2 TorinoMobile: +39 339 3613398Email: [email protected] visibili su: www.artigianandonellarte.it

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ELVIRA GATTI Pag. 24Via Crocefisso, 11 Travagliato (Bs)Mobile: +39 320 7029625Email: [email protected]

Pag. 40 SILVIO ZANGARINIvia Rosta, 2 Villarbasse (To)Mobile: +39 349 5309503

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SILVANA GATTI Pag. 26Home gallery: Viale Carrù, 2 - 10098 Rivoli (To)Mobile: +39 338 6403477Email: [email protected]://digilander.libero.it/silvanagatti

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Dall’incontro di un gruppo di poliedrici ed eclettici artisti riunitisi sotto le figure guida di Ciro Palumbo e di Akira Zakamoto, nell’anno 2007 sorge a Torino uno studio d’arte denominato “Bottega Indaco”.

La bottega, dal Medioevo fino al XVII sec, era un laboratorio artistico in cui un maestro af-fermato trasmetteva il proprio sapere agli allievi accomunati dalla stessa passione e seguiva attentamente l’opera in tutti i suoi aspetti: dall’ideazione, alla manipolazione della materia

AtelierCreativo

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ed all‘elaborazione delle forme. I rappresentanti dell’atelier Indaco, analogamente, promuovono la diffusione dell’arte nelle sue diverse espressioni: pittura, scultura, fotografia, poesia, musica, teatro e cinematografia. Essi possiedono la consapevolezza che la creazione di un’opera d’arte meriti costante appli-cazione, apprendimento continuo, ma anche fascino per la sintesi e per la variazione.La scelta di riunirsi in una bottega e di condividere i risultati all’interno di un gruppo è si-nonimo della volontà comune di continua crescita, arricchimento fervido di contaminazione artistica e collaborazione propositiva che espande saperi e tecniche oltre i ristretti confini del singolo.

Indaco è uno dei sette colori dell’iride tra l’azzurro ed il violetto ed evoca il trascendentale; è un colore lirico, mistico, evanescente, rilassante ed al tempo stesso potente. Si ricava dalla fermentazione di foglie che producono un liquido giallo-verde che ossidato vira gradualmen-te fino a diventare un viola-bluastro. Si ritrova in alcuni fiori come il glicine, è simbolo di nobiltà e prestigio nella tunica dei Tuareg, è melodia tra le labbra di Zucchero Fornaciari “Indaco dagli occhi del cielo”, ma anche tonalità del cielo, delle vesti delle principesse e delle fate, insomma è il colore della spiritualità, dei sogni, della romantica e travolgente fantasia.Esistono anche i “bambini indaco” così denominati da Nancy Ann Tappe e descritti dai libri di Lee Carroll e Jan Tober, Paola Giovetti e James F. Twyman.Alcuni artisti del gruppo di Torino, con esiti personali ed autonomi, crede e raffigura questa nuova generazione di bambini intuitivi, creativi, innovatori, sensitivi ed anticonformisti ad ogni sistema ed autorità. Questi piccoli profeti hanno lo scopo di riportare armonia e pace

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in un mondo che sembra essersi smarrito e di farci capire che non esistono differenze, in-segnandoci a scoprire quelle verità interiori che per troppo tempo non si è saputo o voluto riconoscere. Le tele raffiguranti le visioni metafisiche ed oniriche di Ciro Palumbo, i volti fanciullini dalle cromie acide di Akira Zakamoto, i messaggeri dai buffi cappelli di Claudia Giraudo, ci invitano a prestare grande attenzione ai nostri piccoli che rappresentano il fu-turo e la speranza, ma soprattutto a considerare di vitale importanza il compito educativo. Giorgio Gaber con la canzone “Non insegnate ai bambini” sintetizza esattamente il messaggio artistico della Bottega Indaco:

“Non insegnate ai bambinima coltivate voi stessi

il cuore e la mentestategli sempre vicinidate fiducia all’amore

il resto è nienteGiro giro tondo cambia il mondo”

(Dall’album di Giorgio Gaber “Io non mi sento Italiano”, 2003)

Bottega Indaco condivide la concezione dell’artista inteso come umanista al servizio di una collettività, in grado di testimoniare l’importanza concreta dei valori umani e di garantire l’utilità sociale. Oltre a far sognare ed evadere, gli artisti partono dai bisogni che ci condi-zionano permettendo di capire il presente, al fine di sensibilizzare e stimolare un intervento. Solo possedendo uno sguardo interessato ai problemi della realtà si è in grado di operare scelte che aiutino a riflettere, a trovare valori ed atteggiamenti adatti alla ricerca di una

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soluzione. Le ideazioni del gruppo di Torino diventano uno strumento costruttivo per coin-volgere su temi sociali attuali come la condizione preoccupante dei bambini indaco che a causa della loro esuberante energia giudicata eccessiva sono sedati e curati con pericolosi psicofarmaci come il Ritalin.

Inoltre, lo studio d’arte, mette in luce la dolorosa ed amara condizione di sofferenza e di sopraffazione in cui vivono le donne e ne riconosce il ruolo fondamentale. Nel 2009 e nel 2010 presso il Teatro Vittoria di Torino, in collaborazione con il Telefono Rosa di Torino, è stato presentato un allestimento di pitture, fotografie, performance teatrali e musicali per sensibilizzare il pubblico sulla violenza femminile.

Attraverso un altro progetto denominato “Filodifusione” l’atelier si mostra altrettanto ri-cettivo alle problematiche riguardanti il rifornimento idrico dei paesi in via di sviluppo. Attraverso il costo di spedizione de “La bandiera del futuro” partita da Torino ed inviata in tutto il mondo a coloro che la richiedono, si potrà raccogliere denaro sufficiente a realizzare il pozzo “La Alumbrera” in Argentina. L’obiettivo è di garantire l’accesso all’acqua potabile e limitare il dilagare di patologie legate al cattivo consumo della risorsa idrica in una zona in cui l’inquinamento delle falde acquifere è elevato, a causa della massiccia estrazione d’oro e di altri metalli preziosi da parte di multinazionali.Come per magia, Bottega Indaco attraverso la sua arte di sguardi, di colori accesi, di bambini messaggeri e di universi inconsueti ed alternativi ridona il senso del Bello ed in tal modo permette di cambiare il mondo in cui viviamo prendendone coscienza ed intervenendo diret-tamente su di essa.

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Direzione artisticaMarKab Inside

Graphic DesignLaura Giai Baudissard

finito di stamparenel mese di luglio 2010

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