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Gnoseologia - Lezione 1
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L’idea della mente umana come una entità
unitaria caratterizzata dal primato della
coscienza cominciò a esser messa in crisi
dalla filosofia scettica di Hume e in seguito,
nell’Ottocento, da Schopenhauer e
Nietzsche.
Tuttavia, nel XIX secolo il
mentalismo cartesiano
era ancora imperante;
e anzi faceva sentire il
suo influsso sulle scienze
del cervello e della
psiche.
Doppia eredità della teoria cartesiana
del mentale:
➢ una legata agli sviluppi delle ricerche
anatomiche e fisiologiche, indirizzate allo
studio del “meccanismo” del corpo;
➢ l’altra indirizzata allo studio del pensiero,
che si identifica con lo studio delle idee,
della loro genesi e delle modalità di
combinazione, e relazione.
Doppia eredità della teoria cartesiana
del mentale:
➢ una legata agli sviluppi delle ricerche
anatomiche e fisiologiche, indirizzate allo
studio del “meccanismo” del corpo;
➢ l’altra indirizzata allo studio del pensiero,
che si identifica con lo studio delle idee,
della loro genesi e delle modalità di
combinazione, e relazione.
The 19th century saw great advances in neuroanatomy, especially during the 50-year period between Franz Joseph Gall’s On the Functions of the Brain (1822-25) and David Ferrier’s The Functions of the Brain (1876).
Despite advances in the neurophysiological location of psychological functions, the 19th century did not represent a progressive triumph of materialism and the reductive physiological explanation of human and animal psychology and behavior.
➢ On the contrary, many of the pioneers of neurophysiological localization either championed a form of substance dualism or maintained a neutral parallelism, which enabled them to avoid familiar charges of materialism, atheism, and fatalism.
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Descartes maintained that the learned
behavior of animals, and much of the learned
behavior of humans, is as automatic and
involuntary as innate reflexes and instincts
and can be explained without reference to
consciousness or cognition.
However, although he believed that
mechanistic reflexive forms of explanation
could account for all animal behavior and
some human behavior, he denied that they
could account for voluntary human
behavior.
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Descartes did not simply maintain, as many
contemporary cognitive psychologists would
maintain, that some human behaviors are
nonreflexive because they involve some form of
internal cognitive processing and thus require a
more complex mechanistic explanation.
➢ Rather, he claimed that voluntary human
behavior could not be explained
mechanistically at all.
➢ For, as we know, according to Descartes, some
human behavior is generated through the action
of a distinct immaterial mind, whose essence is
thought.
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Descartes’ influence on neuroscience
In the early part of the 19th century at least, even those
who abandoned substance dualism maintained a form of
neurophysiological dualism, which preserved the
rational autonomy of the human intellect and will
championed by traditional substance dualists such as
Descartes.
➢ Many early theorists held that the cognitive functions
of the cerebral cortex are categorically distinct
from the sensory-motor functions of the lower
brain and spinal cord.
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The notion of a reflex arc
In the early 19th century the English physiologist Marshall Hall (1790–1857) established that there are numerous connections between sensory and motor nerves in the spinal cord and introduced the notion of a reflex arc:
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a system comprising a sensory
nerve, interconnecting nervous
tissue in the spinal cord, and a
motor nerve.
Hall: two systemsHall distinguished between the “excitory-motor” system, which he located in the lower brain and spinal cord (the “true spinal” system), and the “sensory-volitional” system, which he located in the cerebral cortex.
• According to Hall, the reflexive excitory-motor systemaccounts for automatic, instinctual, and emotional behavior, whereas the sensory-volitional system accounts for rational, learned, and purposive behavior
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Doppia eredità della teoria cartesiana del mentale:
➢ una legata agli sviluppi delle ricerche anatomiche
e fisiologiche, indirizzate allo studio del
“meccanismo” del corpo;
➢ l’altra indirizzata allo studio del pensiero, che si
identifica con lo studio delle idee, della loro
genesi e delle modalità di combinazione, e
relazione.
❖ Questo secondo filone di ricerca si sviluppa
innanzi tutto attraverso l’opera dell’empirismo
inglese da Locke a Hume, e si approfondisce
nell’associazionismo di James Mill, di suo figlio
John Stuart Mill e di Alexander Bain.
Nel suo classico Principles of
Psychology (1890), affrontando il
tema degli scopi e della natura
generale della psicologia, William
James addita proprio la tradizione
associazionistica come il terreno su
cui è andata prendendo forma una
scienza della mente intesa in senso
laico.
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In The Principles of Psychology, affrontando il tema degli
scopi e della natura generale della psicologia, William
James esprime una serie di osservazioni sintetiche:
a) «i fenomeni della vita mentale sono ciò che chiamiamo
sentimenti, desideri, conoscenze, ragionamenti,
decisioni, e cose del genere»;
b) «il modo più naturale e quindi più precoce (earliest) di
unificare questo materiale fu […] di concentrarlo […]
un’entità semplice, l’Anima personale»;
c) «è questa (dell’Anima) la teoria ortodossa
‘spiritualistica’ sia della filosofia scolastica, sia del
senso comune»;
d) Esiste però una concezione della «psychology without
a soul» da far risalire a Hume, Mill, Bain e Herbart;
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Etymologically, the term “introspection” — from the Latin “looking
into” — suggests a perceptual or quasi-perceptual process.
➢ Locke (1690) writes that we have a faculty of “Perception of
the operation of our own Mind” which, “though it be not
Sense, as having nothing to do with external Objects; yet it is
very like it, and might properly enough be call’d internal
Sense.”
➢ Kant (1781) says we have an “inner sense” by which we
learn about mental aspects of ourselves that is in important
ways parallel to the “outer sense” by which we learn about
outer objects.
➢ Both notions of inner sense are definable in terms of direct
observation.
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Ma l’osservare (ossia il fissare con attenzione) gli oggetti dell’esperienza interna significa immediatamente modificarli: «Chi volesse osservare l’ira che lo infiamma si accorgerebbe che al momento dell’osservazione essa si è già placata, dissolvendo così l’oggetto da osservare» (Brentano, 1874, p. 94).
Pertanto, chi provi ad osservare la propria esperienza in atto, si troverà invece a riflettere su una ricostruzione ipotetica dell’esperienza stessa.
Il processo introspettivo non può aver luogo perché, in tal caso, si determinerebbe una implausibile scissione della coscienza: «Il pensatore non può dividersi in due parti, una che ragiona e l’altra che osserva il pensatore ragionare. Essendo in questo caso l’organo osservato e l’organo che osserva la medesima cosa, come può aver luogo l’osservazione?» (Comte, 1830-42, vol. 1, p. 36).
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Brentano riconosce la giustezza dell’obiezione che, qualche decennio prima, Auguste Comte aveva mosso contro la possibilità dell’osservazione interna.
Alla critica di Comte Brentano reagisce sostenendo che la fonte principale della conoscenza psicologica è non già l’osservazione interna (innereBeobachtung) bensì la “percezione interna” (innereWahrnehmung). ➢ Questa non richiede al soggetto di fissare con
attenzione gli oggetti della propria esperienza interna — un’operazione che necessariamente ne causerebbe l’alterazione.
➢ Grazie alla percezione interna il soggetto prende nota dei propri processi psichici mentre l’attenzione è rivolta verso qualche altra cosa —di tali processi si prende cioè nota solo “in modo incidentale” (nebenbei), e ciò ne impedisce l’alterazione.
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Una volta che la percezione interna ha permesso di rilevare il fenomeno psichico in modo immediato e infallibile, il fenomeno può essere osservato retrospettivamente. ➢Questa nozione era stata introdotta da John
Stuart Mill (1865) — e sviluppata poi da William James (1890) — per rispondere all’obiezione comtiana.
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Anche se la consapevolezza introspettiva dell’attività psichica in atto è impossibile — replicava Mill a Comte — ciò non è un problema se l’introspezione viene intesa, appunto, come retrospezione: il soggetto è consapevole degli eventi psichici non già nella forma che questi hanno nell’istante del loro verificarsi, bensì in quella di ricordi immediati; e giacché questi ricordi non fanno parte del flusso di coscienza, la problematica scissione di quest’ultima, indicata da Comte, è evitata.
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Nella retrospezione, perciò, gli eventi psichici non si dileguano nella corrente della coscienza, ma rimangono sospesi nella memoria, rendendo possibile al soggetto di osservarli con agio. Si tratta evidentemente di una mossa estremamente problematica, non ultimo perché, con la riduzione dell’introspezione alla memoria, si carica la prima di tutte le imprecisioni e le distorsioni che rendono la seconda epistemicamente inaffidabile.