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SEMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE n. 61 - Gennaio 2017 PORTOGHESI E IL SUO SALONE Foto di Matteo Rovella Semestrale di cultura valdinievolina Organo dell’Associazione “Amici di Pescia” Direttore editoriale, Carla Papini Responsabile, Enrico Nistri anno XXI, n. 61 Gennaio 2017 La rivista viene inviata gratuitamente ai soci Quota annuale Socio ordinario Euro 25,00 Socio sostenitore Euro 60,00 con dono Versamento sul c.c.p. n. 11155512 intestato all’Associazione “Amici di Pescia” Direzione, redazione e amministrazione Via Santa Maria, 1 - 51017 Pescia Casella Postale n. 75 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] www.amicidipescia.it Autorizzazione del Tribunale di Pistoia n. 472/1995 Stampa “Tipolito Vannini” - Buggiano (PT) SOMMARIO Pag. » » » » » Presentato ai soci il ritratto del canonico bibliotecario Spicciani di Paolo Vitali Per quando non ci sarò più di Amleto Spicciani Mons. Matteoli a Pescia: un breve soggiorno di Marco Ricci Vita di maestra pesciatina nel centenario della nascita di Giovanni Gentile Sul Cauriol, cento anni dopo di Massimo Peloia Concerto di pianoforte nella Pieve di Castelvecchio per l’avvenuto restauro di due tele del XVII secolo 2 3 5 19 22 24

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SEMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE n. 61 - Gennaio 2017

PORTOGHESI E IL SUO SALONEFoto di Matteo Rovella

Semestrale di cultura valdinievolina

Organo dell’Associazione“Amici di Pescia”

Direttore editoriale, Carla PapiniResponsabile, Enrico Nistri

anno XXI, n. 61Gennaio 2017

La rivista viene inviata gratuitamente ai sociQuota annuale

Socio ordinario Euro 25,00Socio sostenitore Euro 60,00 con donoVersamento sul c.c.p. n. 11155512

intestato all’Associazione “Amici di Pescia”Direzione, redazione e amministrazioneVia Santa Maria, 1 - 51017 Pescia

Casella Postale n. 75E-mail: [email protected]: [email protected]: [email protected]

www.amicidipescia.it

Autorizzazione del Tribunaledi Pistoia n. 472/1995

Stampa “Tipolito Vannini” - Buggiano (PT)

SOMMARIO

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Presentato ai soci il ritratto del canonico bibliotecario Spiccianidi Paolo Vitali

Per quando non ci sarò piùdi Amleto Spicciani

Mons. Matteoli a Pescia:un breve soggiornodi Marco Ricci

Vita di maestra pesciatinanel centenario della nascitadi Giovanni Gentile

Sul Cauriol, cento anni dopodi Massimo Peloia

Concerto di pianoforte nella Pieve di Castelvecchio per l’avvenuto restauro di due tele del XVII secolo

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Che la Valdinievole detenga unprimato nella pubblicistica storicalocale dei territori toscani è parereunanime degli storici contempora-nei, che Pescia in particolare anchenegli ultimi decenni abbia pro-dotto un notevole numero di lavorie di studi di “cose e fatti” storici èaltrettanto vero e direi che questavivacità intellettuale è dimostratain modo tangibile anche dalla pre-senza da oltre venticinque anni diquesta testata, cibo prezioso per glistudiosi e gli amanti della culturain genere. Il primo numero di que-st'anno però ha un preciso com-pito, cioè quello di omaggiare unodei padri dei giovani studiosi che,direttamente o indirettamente,mantengono un proficuo collo-quio con uno straordinario perso-naggio, Don Amleto Spicciani, daoltre trent'anni guida - con i suoiimportanti lavori - della scienzastorica di questi luoghi. Uno degli obiettivi del comitato diindirizzo dell'Associazione Amicidi Pescia per l'anno 2016 è statoquello di onorare degnamente l'insigne studioso offrendo un con-tributo finanziario destinato al-l'esecuzione pittorica del suoritratto, commissionata dal signorRenato Spicciani al pittore FrancoDel Sarto. Tale opera è stata realiz-zata per essere affissa sopra le li-brerie della preziosa BibliotecaCapitolare cittadina, di cui ap-punto lo stesso Don Spicciani è ca-nonico bibliotecario. Seguendo l'esempio dell'illustre fondatore Ro-mualdo Cecchi, ritratto in pitturasulla parete di fondo della sala mo-numentale dell'antica libreria,molti canonici bibliotecari hanno

voluto lasciare ai posteri un ri-cordo perenne di sé e dell'operaerudita che lì hanno nel corso deltempo potuto svolgere. Succeduto all'illustre e mai dimen-ticato monsignor Leone Giani(Massa e Cozzile 1916 - Pescia2001), don Amleto nel febbraiodel 1998 viene eletto dai canonicibibliotecario e archivista del Capi-tolo e dal quel mese la bibliotecaha conosciuto un'intensa attivitàculturale, organizzando mostre,convegni, seminari di storia, cul-tura ed arte, fondando nel 1996una fortunata collana scientificapresso l'editore pisano ETS dal ti-tolo “Quaderni della BibliotecaCapitolare di Pescia”. Ed infinenon si può certo dimenticare lapreziosa opera di messa catalogodelle edizioni del XVI secolo e deimanoscritti conservati in biblio-teca. Chi scrive può ben testimo-niare l’opera instancabile di Spic-

ciani come animatore culturale;devo infatti dire con estrema sin-cerità che il mio stesso lavoro di di-rettore della Biblioteca Capitolaresi è per così dire “modellato”, daoltre venticinque anni in piena ar-monia sulla base delle sue diret-tive, dando vita a suggestivi pro-getti, spesso sostenuti da collabo-razioni importanti con rappresen-tanti degli atenei toscani eintellettuali di punta. L'attività delcanonico bibliotecario è un vero eproprio apostolato culturale digrande effetto che attira giovanistudiosi verso le officine storiche.Gli Amici di Pescia quindi con spi-rito di riconoscenza nei confrontidel canonico Spicciani hanno or-ganizzato sabato 5 novembre 2016nella sala grande del Palagio, unmomento di festa per presentare ilritratto in pittura e mostrare af-fetto e stima a don Amleto.

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PRESENTATO AI SOCI IL RITRATTODEL CANONICO BIBLIOTECARIO SPICCIANI

Editoriale di Paolo Vitali

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PER QUANDO NON CI SARÒ PIÙdi Amleto Spicciani

Palagio di Pescia, sabato 5 no-vembre 2016

Posto qui e ora di fronte al mio ri-tratto, destinato ad essere collo-cato nel salone della nostraBiblioteca Capitolare, si intreccianel mio animo un fascio di sensa-zioni diverse, fatto di due movi-menti interiori: percepisco uncommosso senso di gratitudine einsieme sento ribollire ricordi, im-magini e riflessioni.

Intanto cerco di esprimere con leparole la mia gratitudine com-mossa, anche perché non sonoproprio certo di essermi meritatoun ritratto così solenne.Ringrazio quindi doppiamente icommittenti e anche il prof. PaoloVitali, direttore della BibliotecaCapitolare.Porgo il mio grazie con affettoall’amico Renato Spicciani, ispira-tore principale del ritratto e allabenemerita Associazione “Amicidi Pescia”, nella persona del pre-sidente prof.sa Carla Papini. Ungrazie di cuore anche all’amicoPaolo Vitali, pure per quanto haora detto di me.Rivolgo poi un saluto ricono-scente al pittore Franco Del Sarto.Il quadro che mi rappresenta èopera sua, come realizzazione ecome rappresentazione. Quellarappresentazione che rimarrà neltempo anche quando coloro chehanno visto e conosciuto perso-nalmente don Amleto non ci sa-ranno più. Quando cioè il mio

ritratto perderà la comprensionepersonale per diventare una im-magine generica di un individuo,che si potrà conoscere solo dalletestimonianze scritte che rimar-ranno.

Non tocca a me dare un giudizioestetico del quadro, che conser-verà comunque il suo valore pit-torico anche se potrà diventareinsignificante agli occhi di chi nelfuturo lo vedrà come ritratto diuno sconosciuto in abiti e atteg-giamenti trapassati.Mi preme però dichiarare pubbli-camente che il pittore ha espressomolto bene le qualità del perso-naggio rappresentato. Un preteoperatore di cultura. Come sivede dai simboli molto espressividel libro aperto e dell’ambiente,con il mappamondo e gli scaffalidi una biblioteca. Ma ancora piùimportante è l’abito del personag-gio, un modo altrettanto simbo-lico per esprimere, come meglionon si potrebbe, non solo l’appro-vazione ma addirittura il compia-cimento e il pregio di chi nellaChiesa avendo autorità può con-ferire atti di stima.Guardandomi così ritrattato, do-vrei suscitare in me un profondospirito di umiltà, anche perché ilpittore non ha potuto evidente-mente manifestare la misura dei li-miti, o anche diciamo il giudiziocritico dei miei contributi cultu-rali, al di là della stima ecclesia-stica espressa dall’abito.Ma l’abito indica anche un’altra

cosa, che nella mia vita è statamolto importante, e che l’abitomanifesta senza poterne espri-mere né la profondità né la radi-calità: voglio dire della miavocazione ministeriale. A questoproposito, al cospetto di Dio, de-sidero affermare che ho sempretenuto distinto il mio lavoro laico,per il quale lo Stato mi ha pagatouno stipendio, dal mio impegnomissionario di cristiano. Due atti-vità distinte, ma mai separate per-ché non ho mai dimenticato diessere un prete.

*

Insieme con i sentimenti di grati-tudine e di amicizia, nascono nelmio animo anche forti impressionidi compiacimento, con qualcheimmodesta tinta polemica, pernon dire di amarezza. Non possoinfatti rimanere indifferente alfatto che questo mio ritratto, cosìcome è, sarà collocato e rimarràesposto nel salone della BibliotecaCapitolare.Sento già e immagino il com-mento divertito di alcuni studiosidel mondo accademico, che ve-dranno in questa sistemazionedella mia memoria il giusto collo-camento, che ai loro occhi mi vor-rebbe squalificare scientificamen-te. Spicciani è stato un prete e unprete rimane! Un ideologo nellascienza storica! In realtà, se nelcampo della storia ho lavoratopoco bene, se non addiritturamale, non è stato perché ero

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prete, ossia schiavo di pregiudiziantiscientifici, ma semplicementeperché sono poco dotato: non houna intelligenza pronta e rifles-siva. Comunque, per non offrire ilfianco a queste meschinerie acca-demiche, quasi tutti i preti do-centi vestono in borghese. Alcontrario, io ho scelto il modo tra-dizionale, che prevede solo in casieccezionali di alto livello interna-zionale la sostituzione del collarecon una cravatta nera, con cami-cia bianca in abito nero. Comesono nella foto della tessera verdedi riconoscimento, in quanto im-piegato dello Stato.

Anche per questi motivi, approvopienamente il modo come il pit-tore Del Sarto mi ha rappresen-tato in questo quadro, accettandofin d’ora il rischio d qualche pos-sibile travisamento.Il binomio prete-libro immaginoinfatti che sarà di difficile letturaper le nuove generazioni cheavanzano, insieme naturalmenteall’abito fuori moda. Spingerannoil mio ritratto all’indietro neltempo, nei giorni bui di un pas-sato remoto. Ognuno infatti in-tende secondo la propria matu-rità.A Roma, vicino al Vaticano, in via

della Traspontina, c’è la casa delclero dove abitavo. Una sera,dopo cena, sono uscito in compa-gnia di un confratello, un pretescienziato di fama internazionale,ma molto pio e devoto. Ci siamofermati in silenzio a guardare lameraviglia della cupola di SanPietro, illuminata nella notte. Iopensavo: «Ecco un monumentoalla boria dei papi». Lui pregavadicendo: «Oh Dio, mi stai mo-strando un riflesso della Tua bel-lezza».

Vi ringrazio di avermi ascoltatocon pazienza!

Nella foto, da sinistra, il pittore Franco Del Sarto, Renato Spicciani, Amleto Spicciani, Paolo Vitali e Carla Papini duranteil convegno.

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MONS. MATTEOLI A PESCIA:UN BREVE SOGGIORNO

di Marco Ricci

Una annotazione metodologica

Nelle mie ricerche ho potuto con-sultare le lettere riservate degli or-gani di polizia (Reali Carabinierio Delegati di P.S.), dei Sindaci lo-cali (Pescia e Vellano)1, la stampasettimanale locale dell’epoca:«L’Aurora» (anni 1896-1898) e«La Valdinievole» (anni 1897-1899)2, i documenti depositati neifondi presso gli Archivi di Statodi Lucca e nella Sezione di Archi-vio di Stato di Pescia3, presso laBiblioteca Comunale di Pescia epresso l’Archivio delle Parrocchiedella Diocesi di Pescia4 (colgol’occasione per ringraziare tutto ilpersonale per la disponibilità e lapazienza), ma non ho avuto ac-cesso ai documenti della CuriaVescovile pesciatina, peraltro, inparte, resi noti, in alcuni scritti, da membri del clero. Alcuni di loro ci hanno donatopubblicazioni fondamentali perconoscere la storia locale e nonsolo, altri hanno redatto scritti cheappaiono sovente confliggere conaltre fonti coeve.Ci saremmo aspettati che questiultimi potessero confluire nell’al-veo di quelli di natura agiografica,ma, sorprendentemente, questoprofilo appare soffrire di fintroppe eccezioni; un aspetto chelascia fortemente perplessi!5

Mi permetto di rivolgere al nuovoVescovo mons. Roberto Filippini(sebbene non lo conosca perso-nalmente, il suo arrivo è stato pre-ceduto da fama di uomo discienza e di misericordia) l’invitoad aprire ai ricercatori l’archiviodella Curia pesciatina.Ritengo che dovremmo esseretutti consapevoli che il mondo èuna ragnatela e che sono i fili diquesta ragnatela a rendere affasci-nante la vita, la storia e l’ereditàspirituale di ogni persona.Per quanto mi riguarda mi per-metterebbe di ricostruire, conqualche maggiore disponibilità difonti archivistiche, il mondo pe-

sciatino, con riferimento ai laici eagli ecclesiastici, tra diciannove-simo e ventesimo secolo.Il mio interesse è rintracciare, nelmicrocosmo locale, i segni delmaturare della consapevolezza so-ciale e politica, specie cattolica,avvenuta tra continuità e fratture.Ciò tramite gli eventi della vita diecclesiastici e laici che nel silenzio,nella fatica, nella sofferenza (nellesue varie declinazioni) e nel-l’umiltà erano alla ricerca delbene, tendendo verso la santità, insenso lato, con tutti i rischi con-nessi al divenire del tempo e deglieventi.Questo per comprendere ilgrande entusiasmo e il forte sensodi appartenenza a raggruppa-menti ideologici, prima che parti-tici, esplosi naturalmente a partiredalla fine degli anni quaranta edinizio degli anni cinquanta delventesimo secolo, anche tra gentedi modesta condizione6.Un mondo e una mentalità che sistanno dimenticando, soffocaticome sono dal presente!A mio avviso il miglior modo perdescrivere la storia, meglio, il pro-gresso dell’umanità, nei vari am-biti antropologici, è tramite levicende degli attori, evitando, perquanto possibile, il magma indi-stinto delle periodizzazioni cheoffuscano, quando non cancel-

1 Archivio Stato Lucca, R. Prefettura di Lucca, Archivio di Gabinetto, Affari riservati relativi al culto, anni 1896-1900.2 Biblioteca Comunale di Pescia G. Magnani.3 Sezione di Archivio di Stato di Pescia, Registro della Popolazione del Municipio di Pescia, compilato a tenore del reg. approvato con R:Decreto 31.12.1864 n. 2105.4 Notizie relative alla famiglia adottiva di don Probo Sarti: Archivi Parrocchiali della Diocesi di Pescia presso l’ex convento delle Salesianein Pescia, fondo Parrocchia di Spianate di Altopascio (LU). 5 Cfr. F. Biagini, Pescia e il suo clero 1726-1993, Pescia 1994; A. Spicciani, Uomini di Chiesa. Vescovi e preti nella cultura e nella società toscanatra XIX e XX secolo, Pisa 2013.6 A. Spicciani (a cura di), Cinquant’anni di vita diocesana. Mons. Angelo Simonetti vescovo di Pescia dal 1908 al 1950, Pisa, 2007.

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lano, la complessità e le incertezzedi ogni conquista.

I cattolici “Intransigenti” qualefattore di emancipazione sociale,anche locale

Il 1897 - 1898 costituisce per laChiesa pesciatina un biennio im-portante: è il periodo dell’episco-pato pesciatino del vescovoGiulio Matteoli, subito avvicen-dato dal vescovo Donato VellutiZati dei duchi di San Clemente,proveniente da una nobile fami-glia fiorentina.Nel medesimo periodo gli organidi polizia si devono occupare fre-quentemente del clero pesciatinoper istruire le pratiche di exequa-tur (cioè l’emissione da partedello Stato italiano del decreto af-finché colui che è stato nominatocanonicamente ad una curad’anime - vescovo o presbitero -possa beneficiare del compensoeconomico connesso alla fun-zione), ma saranno anche chia-mati a difficili scelte traopportunismo e professionalità7.Il rapporto tra la società civile e lavita della Chiesa di fine Ottocentoci appare, oggi, molto complesso,frutto com’è di un intreccio divari elementi: • derive culturali provenientidall’ancien régime;• anticlericalismo come “sotto-prodotto” degli eventi risorgi-mentali e delle istanze democra-tiche (non metabolizzate dalle ge-

rarchie ecclesiastiche) con la con-seguente strenua difesa da partedella Curia Romana e dei Vescovidel proprio stile di vita aristocra-tico, considerato come presidio diindipendenza e come ulteriore ri-caduta in una visione della Chiesagerarchica e, conseguentemente,una sottovalutazione del ruolo edella forza del nascente associa-zionismo cattolico.Il tutto in assenza di un quadro diistituzioni giuridiche condivise(come ad es. un concordato)8.Il movimento cattolico promossoda mons. Matteoli nasceva dallasua adesione ad una visione so-stanzialmente negativa delle isti-tuzioni liberali e quindi dallavicinanza culturale ai cattolici chesi riconoscevano nel non expedite nell’intransigentismo cattolico.Mons. Matteoli, coltivò l’amiciziacon Giuseppe Sacchetti che saràprima collaboratore e poi, dal1897, direttore del quotidiano“L’Unità Cattolica” edito a Fi-renze, graditissimo a Leone XIII,e sostenuto economicamente apartire da quegli anni dalla SantaSede. Lo stesso mons. Matteoliinterverrà per caldeggiare l’aiutoeconomico della Curia romana9.L’adesione al partito degli “In-transigenti” faceva nascere neisuoi membri una sensibilità parti-colare verso le classi umili (emar-ginate dal liberalismo) e l’atten-zione alla loro promozione tra-mite l’istruzione e l’associazioni-smo cattolico, recuperando istan-ze evangeliche.

Questo processo avrà come ulte-riore sviluppo, divenuto ormai difatto obsoleto il tema connesso al20 settembre 1870, il coinvolgi-mento, non senza contrasti, a par-tire dall’inizio del secolo succes-sivo, dei cattolici, fino a quel mo-mento largamente esclusi percenso dall’elettorato e quindidalla politica, nella partecipazioneall’attività dello Stato liberale, conl’obiettivo della sua riforma tra-mite il personale che aveva fattoesperienza nell’associazionismo.La posizione degli Intransigentiera diametralmente opposta aiCattolici Liberali (e per certi versialla posizione del movimento mo-dernista, che peraltro avevaistanze che prescindevano dallasituazione italiana) i quali, ponen-dosi in una posizione di dialogocon lo Stato liberale, lo legittima-vano e, condividendone l’ideolo-gia, sostenevano, non senzariserve, l’assetto sociale sul qualesi fondava.Nella sostanza le opzioni culturalicontenute nell’apparente posi-zione conservatrice degli Intran-sigenti condurranno, in circacinquant’anni, il laicato cattolico,sempre più consenzienti le gerar-chie ecclesiastiche e non semprein progressione lineare (come di-mostra l’adesione a opzioni cultu-rali ora liberal-nazionalistiche, oraclerico-fasciste), a scardinare lefondamenta dello stato liberale ea fondare, insieme anche ai socia-listi (e la loro costola scissionista:i comunisti - cioè i movimenti

7 L’anno 1898 il le pratiche di exequatur relative alla diocesi di Pescia sono particolarmente numerose e riguardano i vescovi Giulio Matteoli,in partenza per la diocesi di Livorno, Donato Velluti Zati, in arrivo alla diocesi di Pescia, e i presbiteri: Eugenio Paoletti per l’incarico dieconomo spirituale di Guasticce, Alceste Bazzicotti, beneficio di Buggiano, Giovanni Perniconi, economo spirituale di Gabbro, RinaldoBellandi, economo spirituale di Cintolese, Casimiro Baldini, economo spirituale di Malocchio, Emilio Magrini, economo spirituale di Tor-ricchio, Odoacre Anzilotti, Saturnino Stefanelli e Probo Sarti (degli ultimi tre parlerò diffusamente). Archivio Stato Lucca, R. Prefettura diLucca, R. exequatur e placet. Affari riservati relativi al culto. Anno 1898 Filza 85 8 A. Spicciani, (a cura di) Chiesa e Risorgimento dalle guarantigie ai concordati, Pisa 2013. A. Spicciani, Mons. Giovanni Benini vescovo diPescia, in «Valdinievole. Studi Storici» edito dall’ Istituto Storico Lucchese sezione di Pescia Montecarlo/Valdinievole, n. 14 gennaio-dicembre2015. 9 M. Tagliaferri, L’Unità Cattolica, studio di una mentalità, Roma 1993, pag. 50 e segg.

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considerati antisistema dallo statoliberale), un nuovo assetto sta-tuale democratico e solidale (laCostituzione del 1948)10.In questo quadro culturale e so-ciale trova composizione l’appa-rente contraddizione di alcunieventi e opzioni culturali del vis-suto di mons. Matteoli:• il conferimento, prima di en-trare a Pescia, del titolo nobiliaredi Conte da parte del Papa LeoneXIII, riconoscimento che, ri-tengo, fu particolarmente graditoin quanto lo annoverava ancheformalmente tra la classe aristo-cratica inserendolo quindi a pienotitolo nelle reti relazionali nobi-liari locali, all’epoca ancora esclu-sive;• la sua convinta adesione alle op-zioni sociali del cattolicesimo in-transigente ma sensibilissimo allecondizioni delle classi povere eall’associazionismo cattolico. Sotto quest’ultimo aspetto mons.Matteoli, come appare nella se-conda lettera pastorale scritta daPescia, della quale parlerò in pro-seguo, è da annoverare tra i ve-scovi molto sensibili alle istanze diprogresso sociale delle classi umilie al coinvolgimento dei laici nellaevangelizzazione (tramite l’asso-ciazionismo e quindi con ricadutedi emancipazione sociale; poi,quando si manifesteranno le con-dizioni, si assisterà al loro affac-ciarsi, come partito, alla politica).Le relazioni sociali e culturali dimons. Matteoli, non si esaurivanonell’ambito fiorentino de“L’Unità Cattolica”, ma spazia-vano anche nell’ambito di espo-nenti del mondo accademico,accrescendo il suo spessore cultu-

rale.L’amicizia e il sodalizio culturalecon il prof. Giuseppe Toniolo,docente all’Università di Pisa,economista e sociologo, tra i prin-cipali protagonisti del movimentocattolico, fu una costante pre-senza nella sua vita. Il prof. Toniolo, durante la mis-sione pastorale di mons. Matteolia Pescia, fu di casa in città. Lostesso sembra molto ben intro-dotto nella curia romana e con ot-time relazioni personali conLeone XIII11.Ciò a riprova della pervasività edesclusività delle sue opzioni cul-turali nell’ambito della nascentedottrina sociale cattolica.Il tempo che mons. Matteoli vivràa Pescia consentirà una brevis-sima stagione all’associazionismocattolico, bruscamente interrotta.Gli ulteriori sviluppi sarannoanche da attribuire alla semina dimons. Matteoli, ma occorrerà an-cora qualche decennio e altri in-terventi fecondativi per vedernegli effetti. Ad esempio don ProboSarti, del quale parlerò in seguito,sarà uno degli attori non secon-dari del successivo periodo. Mi ri-servo di approfondire la suaattività come parroco del Castel-lare nella prima metà del XX se-colo in un successivo lavoro.L’iniziativa pontificia di annove-rare mons. Matteoli tra gli aristo-cratici poteva sembrare una fortegaranzia per fargli assumere unaposizione di autorevolezza e indi-pendenza nel contesto pesciatino. Ma ciò non si realizzò in effetti, ariprova che il terreno di scontrocon i liberali non riguardava piùla difesa del ruolo del ceto aristo-

cratico e alto borghese, declinatoper il clero come accennato sopra. Mons. Matteoli non pare, tra-scorsi alcuni mesi in città, checonsiderasse il titolo di Conte par-ticolarmente significativo nel con-testo pesciatino. A riprova di ciònotiamo che il settimanale «L’Au-rora», dopo i primi mesi dal suoarrivo a Pescia, non associa più iltitolo nobiliare al suo nome.Anche questo è un indizio del-l’emergere del contrasto con laclasse dirigente liberale pescia-tina, la quale, sotto le apparentiformule della polemica anticleri-cale, lo avverserà per le sue inizia-tive ecclesiali, svolte nel solcodella Rerum Novarum, ma con in-negabili ricadute sociali, conside-randole quali potenziali perturba-trici della predominanza socialeed economica della classe im-prenditoriale locale.Questa classe comprendeva an-che gli aristocratici ormai deditiad attività industriali e che quindinon intervennero a difesa dimons. Matteoli. Mons. Matteoli vivrà a Pescia,drammaticamente, queste dicoto-mie: impegno pastorale, con lesue ricadute in termini di emanci-pazione; riserve di una parte dellaCuria romana sulle modalità eruolo della presenza dei cattoliciin politica (a tal fine è emblema-tica la vicenda di don RomoloMurri all’interno dell’Opera deiCongressi)12; relazioni con il cetopolitico liberale, che vorrebbeuna Chiesa solo rivolta alla ge-stione di una religione devozio-nale e subordinata ai suoi interessisociali ed economici13.Il ceto ecclesiastico pesciatino

10 A. Spicciani (a cura di), Cinquant’anni di vita diocesana, op. cit.11 A. Spicciani, Uomini di Chiesa, op. cit., pagg. 95 e segg.12 M. Bernardini Stanghellini, Religione e Società a Pescia nell’Otto-Novecento, in Pescia. La storia, l’arte e il costume, a cura di A. Spicciani,Pisa 2001.13 Cfr l’articolo di fondo La mia casa è casa di orazione pubblicato da «La Valdinievole» il 10 aprile 1897.

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non contestava lo stato unitarioné i liberali pesciatini pensavanoche nelle chiese si stesse complot-tando per restaurare sul trono iLorena e restituire Roma al Papa,ma ogni parte rimaneva formal-mente ferma in formali sterili po-lemiche che coprivano, consape-volmente, almeno per i più avver-titi, contestazioni fondamentalidell’assetto istituzionale dellostato liberale e quindi degli inte-ressi sociali ed economici del cetosociale dominante. Mons. Matteoli frattura, ritengoinconsapevolmente, quel mondosociale pesciatino, nel quale la so-cietà civile, economicamente fa-coltosa e aristocratica, esprimevanel suo seno o cooptava nel pro-prio perimetro, l’alto clero dioce-sano, saldando in unità interessieconomici, sociali e culturali fina-lizzati anche al controllo sociale.La globalizzazione imposta dallostato unitario non consentivaormai più, anche sotto questoaspetto, l’esistenza di quelle strut-ture sociali informali che avevanoconsentito il “gioco di squadra”che tra il millecinquecento e ilmillesettecento avevano creatoPescia diocesi e città.Per completare il quadro nelquale si muoveva mons. Matteoli,va ricordato che, nella formazionedel laicato cattolico, era larga-mente assente la lettura dellesacre scritture e quindi l’evange-lizzazione del laicato era, diciamocosì, di seconda mano, probabil-mente anche intrisa di messaggiideologici.Fin dal Concilio di Trento laCuria Romana aveva proibito dipubblicare (e ai laici di leggere) lesacre scritture in volgare, sopraf-

facendo la lunga e tenace resi-stenza della popolazione più spi-ritualmente sensibile, appartenen-te ad ogni ceto sociale. Tra la fine del milleottocento e gliinizi del millenovecento i presbi-teri di origine irlandese, che primiaccolsero i migranti italiani negliStates, si meravigliavano dellaloro ignoranza religiosa!14L’assenza generalizzata di unaqualche manifestazione spiritualetra la popolazione cattolica nonintermediata dalle gerarchie ec-clesiali, espressione del ceto do-minante, unitamente a unastruttura economica e sociale lo-cale, non consentiva la realizza-zione di qualche forma diemancipazione culturale.Nei centri urbani la generalitàdella popolazione era subordinataal ceto industriale in quanto uti-lizzata negli opifici e nelle attivitàconnesse.Nelle campagne la presenza distrutture economico-giuridicheevolute potevano far pensare aduna maggiore autonomia sociale.Infatti erano largamente diffusi icontratti mezzadrili, cioè i con-tratti di compartecipazione ge-stionale del fondo ed era presenteun consistente nucleo di piccoliproprietari terrieri.Peraltro la stretta connessione tral’attività industriale e quella agri-cola, quest’ultima anche fornitricedi materie prime (es. la bachicul-tura per l’industria serica), unita-mente alla subordinazione cultu-rale, non alterava i rapporti socialia favore del ceto dominante.In conclusione alla fine del XIXsecolo la popolazione cattolicaappare socialmente e spiritual-mente passiva, ma inizia a cogliere

individualmente le opportunità di miglioramento economico. Conseguentemente l’associazioni-smo cattolico ebbe caratteri larga-mente devozionali, nacque suimpulso delle gerarchie e stentòad insediarsi15.Dopo il Concilio di Trento, laprassi della Curia Romana nel for-mare il personale dal quale coop-tare i vescovi era diversificato inrelazione alla loro destinazione. Per i vescovi destinati agli staticonfessionali cattolici, e quindialle diocesi italiane, la prepara-zione era rivolta all’approfondi-mento esclusivo della teologiacattolica, nella forma più orto-dossa, e quindi probabilmentecon maggiore veicolazione delleideologie predominanti, in quelmomento, presso la curia ro-mana16.Ciò non impedirà, tuttavia, chepersonaggi, più sensibili e conmaggiore apertura mentale e rela-zioni culturali, come il nostromons. Matteoli, elaborino, conprudenza, prassi innovative dievangelizzazione delle classi piùpovere che consentiranno, neltempo, anche la loro emancipa-zione sociale.Peraltro va segnalata la sua as-senza di qualsiasi inquietudineteologica di tipo modernista. Ciòa comprovare della sua completaadesione alle linee teologiche ro-mane.

1897: quando il fiume Pesciasembrò diventare il Tevere

A seguito dell’interruzione, al-meno formale, dei rapporti traRegno d’Italia e Papato e in as-

14 M. Franco, Imperi Parallel. Vaticano e Stati Uniti: due secoli di alleanza e conflitto 1788 - 2015, Milano 2005, pag. 5415 Sulle relazioni tra attività economiche e agricole e attività industriale a Pescia si veda: R. Tolaini, Filande mercato e innovazioni nell’industriaserica italiana. Gli Scoti di Pescia (1750-1860), Firenze 1997.16 M. Firpo, La presa di potere dell’inquisizione romana 1550-1553, Bari 2014.

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LETTERE AL PREFETTOAutorizzazione Archivio di Stato di Lucca n. 1317 del 30.05.2016

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senza di un mutuo riconosci-mento (ad esempio un trattatoe/o un Concordato), i Vescovi re-sidenziali e i presbiteri addetti allecure d’anime dovettero gestire di-rettamente l’assegnazione dei be-nefici connessi alle loro funzioni enecessari alla loro esplicazione.Lo Stato peraltro condizionò leassegnazioni economiche ai ve-scovi e ai presbiteri prescindendoda una dichiarazione di adesionee fedeltà allo stato unitario, comeci si sarebbe aspettati, ma le su-bordinava nella sostanza alla loroprassi sociale (nei confronti dimons. Matteoli venne rilevata,come dirò, la sua attività nella co-stituzione dei Comitati Parroc-chiali e la sua partecipazioneattiva agli stessi!). La procedura dell’exequatur pre-vedeva che il Procuratore del Redella provincia competente (nelnostro caso quella di Lucca)istruisse per il Ministero di Graziee Giustizia e Culti la pratica per ilregio placet (decreto di assegna-zione), mediante la richiesta di unrapporto informativo riservato aiCarabinieri o al Delegato di P.S. eal Sindaco dell’ultima residenza.In questo quadro la figura del ve-scovo appare particolarmenteesposta nell’ipotesi di divergenzecon la classe dirigente, come saràper mons. Matteoli17.I rapporti che il Prefetto (su sup-porto delle informative dei Sin-daci di Pescia e di Vellano, aseconda della residenza del clero,e del Delegato di P.S. e/o dei RealiCarabinieri) invia al Procuratoredel Re presso la Corte di Appelloin Lucca sono una fonte preziosa

per delineare il profilo di unabreve stagione pastorale, forse diuna opportunità mancata e di unasituazione ecclesiale complessa,dove non mancarono tra il cleroesempi di dedizione all’evangeliz-zazione e di fedeltà al proprio Ve-scovo, da parte di chi disatteseopportunismi e rifiutò personali-smi, come nel nostro raccontoemergerà per il Comitato di reda-zione de «L’Aurora» o per donProbo Sarti.Si ebbero nel contempo, come sivedrà dalle iniziative di donOdoacre Anzilotti o di don Satur-nino Stefanelli, gravi comporta-menti di insubordinazione ediffamazione; una parte del cleroera quindi avversa, almeno per in-teresse personale, all’azione pa-storale di mons. Matteoli. Inoltreè probabile che esistesse unaparte del clero indifferente allenuove istanze evangelizzatrici.Un’eco di tale variegato compor-tamento del clero pesciatino sem-brerebbe di cogliere in un brevepasso della sua seconda lettera pa-storale, scritta per la Quaresimadel 1898 e pubblicata sul settima-nale «L’Aurora»: “la sbagliano apartito que’ sacerdoti che vo-gliono stare ai mezzi antichi senzadare un passo in avanti: non c’il-ludiamo, viviamo nel secolo XIX,e le antiche industrie, se valevanopei secoli passati, oggi a ben pocogiovano”18. Un clero, abituato all’obbedienzaal Vescovo, ma anche in generaleossequioso verso gli esponentidella classe dirigente (essendoanche loro soggetti all’exequatur)e, in caso di divergenza di vedute

con il locale Vescovo, quelli piùtentati dal potere avevano spazioper contrapporsi con multiformiazioni ricattatorie, come, pur-troppo, farà dolorosa esperienzaa Pescia mons. Matteoli19.La fedeltà di don Probo Sarti alsuo vescovo emerge, oltre chedall’esame delle vicende che stoper ricordare, anche dalla corri-spondenza coeva degli organi dipolizia al prefetto di Lucca che sischierano, senza reticenze, a suofavore con parole di vivo apprez-zamento per il comportamento dichierico.Per i redattori de «L’Aurora»,anche loro tutti ecclesiastici, lodesumo facendo una riflessionesull’informativa che il Sindaco diPescia invia al Prefetto di Luccain data 30 luglio 1898. La sud-detta nota riferisce che mons.Matteoli non risparmiò minaccealla redazione del periodico inmerito alla linea editoriale. Dubito fortemente della veridi-cità di tale intervento e, qualoratale dissidio fosse effettivamenteavvenuto, non sarebbe stato ri-solto con minacce anche nel mo-mento del suo sorgere e, tanto-meno, reso di dominio pubblico. La prassi nella Chiesa era ben di-versa da quella di esternare con-flitti interni. Se i redattori nonavessero avuto la fiducia del loroVescovo e il loro pensiero fossestato divergente dal suo, si sareb-bero volontariamente dimessi op-pure sarebbero stati rimossi,assegnando loro un altro incarico,forse anche più prestigioso, manulla sarebbe trapelato, tramite ilVescovo, circa divergenze e mi-

17 Sulla situazione ecclesiale a Pescia a fine ‘800 si veda: M. Bernardini Stanghellini, Dall’Unione Cattolica al partito popolare (1888-1919)Fatti e protagonisti nella Diocesi di Pescia, in «Rivista Archeologia Storia e Costume», n. 4, 198918 «L’Aurora» anno III, numero 9, 26 febbraio 1898.19 Sulla situazione politica a Pescia a fine ottocento si veda: C. Bocci, Pescia nel regime fascista (prima Parte) cap. I: origini e sviluppo del fa-scismo pesciatino, in «Valdinievole. Studi storici» edito dall’Istituto Storico Lucchese Sezione di Valdinievole – Pescia n. 2 luglio/dicembre2000, pagg 54 e segg. F. Conti (a cura di), Massoneria e società civile. Pistoia e la Val di Nievole dall’Unità al secondo dopoguerra, Milano2003.

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LETTERE RISERVATE P.S. SU MATTEOLI E QUELLA AL SINDACO DI VELLANOAutorizzazione Archivio di Stato di Lucca n. 1317 del 30.05.2016

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nacce. Probabilmente nella secondametà del 1897 si era innestato tramons. Matteoli e il Comitato diredazione de «L’Aurora» unalinea editoriale improntata ad ac-cortezza redazionale.Questa deduzione sembra ancheconfermata da un articolo ap-parso su «La Valdinievole» del 28maggio 1898. Nel riportare ecommentare un articolo apparsosul Corriere della Sera in meritoad una lettera del Papa al Cardi-nale Ferrari, viene scritto: ”è do-veroso forse fare qualche riservain favore del giornale clericale pe-sciatino, che, da un anno a questaparte, dà prova di una certa mo-derazione”. Devo peraltro rilevare che non visono tracce, né mai nessuno fececenno, ad avvicendamenti nel Co-mitato di redazione!Non appare plausibile e non visono prove, anche negli scritticoevi di mons. Matteoli, di unamodifica, anche solo strumentaleall’Intransigentismo.Tra le altre cose questo lo avrebbeinnanzitutto allontanato dallalinea pastorale sociale di LeoneXIII e dal mondo culturale alquale faceva riferimento, il chenon è pensabile.Ritengo altresì che, per motivi diformazione, non fu mai ipotizzatoun intervento del laicato, che ve-niva organizzato nei Comitati par-rocchiali a difesa della lineapastorale di mons. Matteoli.A Pescia nessuna parte in con-flitto aveva ancora preso in consi-derazione il ruolo che potevaassumere il laicato cattolico orga-nizzato, né lo stesso laicato era

consapevole del suo ruolo e dellasua forza. In questa fase storica, enello specifico a Pescia, il laicatonon è infatti soggetto ecclesiale epolitico.

L’attività pastorale di mons. Mat-teoli a Pescia

Se questo è brevemente il quadrogiuridico, culturale e relazionaledella figura del vescovo residen-ziale, con particolare riferimentoa Pescia, vediamo gli eventi cheaccadono nel nostro biennio amons. Matteoli. «L’Aurora» del 27 giugno 1896annuncia che il Papa ha traslatomons. Matteoli dalla diocesi diSovana e Pitigliano a quella di Pe-scia. Matteoli era nato a Castel-franco di Sotto il 28 agosto 1841,da famiglia benestante e borghesema non nobile, ed era stato iviparroco per 20 anni; successiva-mente, per 7 anni sarà vescovo diSovana e Pitigliano. Nel marzo del 1898 giunge la no-tizia della sua traslazione alla dio-cesi di Livorno20 e nel contempo«L’Aurora» pubblica l’annuncioche il nuovo vescovo di Pesciasarà mons. Donato Velluti-Zatidei duchi di San Clemente. Il 27 novembre del 1898 mons.Matteoli lascia Pescia e l’8 dicem-bre prende possesso della diocesidi Livorno.Questi i riferimenti temporali del-l’attività di mons. Matteoli inpoco più di un anno e mezzo vis-suto a Pescia, un tempo nel qualesperimentò la complessità e lecontraddizioni (se non anche laviolenza) di un ambiente indu-

striale. Pescia allora era un centro preva-lentemente industriale e commer-ciale, il riferimento economico,culturale e politico della Valdinie-vole. Anche l’attività agricola eraben integrata e funzionale all’atti-vità industriale e commerciale.È fondatamente da ritenere unadiocesi molto più importante, dalpunto di vista demografico eco-nomico e politico, di quella di So-vana e Pitigliano, ora, comeallora, aree agricole e scarsamenteabitate.In quelle aree, nuove formazionidi aggregazione sociale, come iComitati parrocchiali, non erano,con tutta probabilità, percepitedalla classe liberale come poten-ziali organismi di rivendicazione,ma, anzi, venivano apprezzatecome opportunità che consenti-vano la divulgazione delle miglioritecniche agronomiche.Come già ricordato la situazionedi Pescia era completamente dif-ferente e l’azione pastorale dimons. Matteoli, seppur declinatanelle forme che avevano già ri-scosso ampio consenso a Piti-gliano, fu immediatamente avver-sata dalla classe dirigente locale edall’on. Martini in particolare, peri motivi che descriverò tra poco21.Mi preme anticipare che nel tes-suto economico pesciatino eranogià presenti segnali di crisi deri-vanti dalla globalizzazione unita-ria, oltre che dalla contingentefluttuazione economica, e che lasaldatura con la politica fosseconsiderata vitale per la sopravvi-venza della classe imprenditorialee, di conseguenza, non fosseroconsentite opposizioni al mono-

20 Per le notizie sulla Diocesi di Livorno, eretta nel 1806 si veda: B. Gomba, Atlante storico delle diocesi toscane, Sommacampagna (VR)2015. 21 A. Labardi, La comunità ecclesiale pesciatina nel corso dei secoli. Percorsi storici di una chiesa locale, in Pescia. La storia, l’arte e il costume, cit.

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polio elettorale dell’on. Martininel collegio di Pescia22. Occorreranno circa 20 anni, inconcomitanza con l’aggravarsidella crisi economica locale, affin-ché il monopolio politico dell’on.Martini sia messo in discussione,anche se nel solco della continuitàpolitica, tramite l’Ing. Tullio Be-nedetti, suo intimo amico e suacreatura politica, come lo defini-sce lo stesso Martini il 23 luglio1917, in una annotazione del suodiario23.Gli avvenimenti del 1897 lascianointravedere che il trasferimento dimons. Matteoli a Livorno non do-vesse essere stato dettato sola-mente da esigenze di allocazionedei vescovi nelle diocesi toscanema, forse, anche da una sua ri-chiesta (caldeggiata dai suoiamici), se non da interventi spuri.Cioè non sono da escludere “sot-terranee” istanze inviate dalla rivasinistra del Tevere alla riva destra.Ripercorriamo le tappe di questafrattura.L’attivismo del Vescovo Matteoli,nella sua nuova sede pesciatina,non manca di manifestarsi imme-diatamente in termini di presenzaculturale e pastorale.Il 21 marzo 1897 si sono tenute leelezioni politiche e «L’Aurora»,dopo una serie di articoli di fondomolto critici verso i politici liberalichiude l’articolo pubblicato nel-l’imminenza delle elezioni, concaratteri cubitali “NON AN-DATE ALLE URNE POLITI-CHE! NON ANDATE AVOTARE! ASTENSIONE!ASTENSIONE!”Dall’esame degli articoli di fondo

dell’Aurora di quella primaveradel 1897 emergono le motivazionidell’astensione che sono solo for-malmente riconducibili al non ex-pedit e alla contrapposizioneideologica con il liberalismo.Da una lettura attenta questa de-claratoria politica contingenteconsente di veicolare la dottrinasociale della Chiesa, enunciatapochi anni prima da Leone XIII,e frutto di idee in sintonia conquelle di mons. Matteoli. Gli articoli di fondo si rammari-cano della immoralità pubblicadella classe politica liberale, conparticolare attenzione alla corru-zione e alla loro scarsa attenzioneriservata alle classi più povere,quindi con risvolti di forte pro-mozione sociale. Questi articoli proseguirono, vi-rando, a partire dal secondo se-mestre del 1897, verso contenutisenza più riferimenti diretti allavita pesciatina contingente, anchein considerazione dello svilup-parsi di una forte polemica anti-clericale.A fine del ’97 troviamo, per laprima volta, la notizia sull’attivitàdell’on. Martini, personaggio in-nominato fino ad ora ma al quale,unitamente ai suoi sostenitori,erano rivolte implicitamente lecritiche. Tale riferimento ritengoche sia stato un tentativo per mi-tigare lo scontro in atto.Torniamo alla primavera del 1897e alla attività pastorale di mons.Matteoli.«L’Aurora» riferisce che già il 28marzo successivo al suo insedia-mento (non sono ancora passatidue mesi) inaugura con una so-

lenne cerimonia il Comitato Dio-cesano e la Banca CooperativaCattolica di Valdinievole impian-tata su iniziativa della Società Cat-tolica24.All’evento partecipano, oltre auna grande folla, anche perso-naggi di rilievo per il mondo cul-turale, almeno toscano se nonitaliano: il Conte Cesare Sardi diLucca, il Cav. G. Sacchetti, “illu-stre scrittore dell’Unità Catto-lica”, il Prof. Toniolo dell’Uni-versità di Pisa, i fratelli Chiappellidi Pistoia, il Prof. Vigo dell’Acca-demia Navale di Livorno e il cav.Sozzifanti di Pistoia. Le cronachedel tempo riferiscono la loro at-tiva partecipazione.L’evento si conclude con un tele-gramma al Papa, che, dopo averelencato la presenza degli invitatiillustri sopra ricordati, alcuni deiquali anche amici del pontefice,chiede la benedizione. «L’Au-rora» pubblica anche la rispostabenedicente del Papa.Il 4 aprile successivo inauguranella chiesa del Castellare il primoComitato Parrocchiale, congrande festa e la partecipazioneancora dei fratelli Chiappelli diPistoia, del Conte Sardi, del cano-nico Fabriziani di Pitigliano.Anche al termine di questo avve-nimento, come per tutte le suc-cessive inaugurazioni dei Comita-ti Parrocchiali, viene spedito il te-legramma al Papa implorando lasua benedizione e il telegrammadi risposta, con la benedizione pa-pale, viene puntualmente pubbli-cato.«L’Aurora» riporta che la folladei parrocchiani del Castellare al

22 L. Bernardini, Pescia dalla fine del medioevo alle soglie della seconda guerra mondiale, in particolare il capitolo VI, 1860-1927. Dall’Unitàalla provincia di Pistoia. Decadenza e trasformazione” in Pescia città tra confini in terra di Toscana, a cura di A. Spicciani, Cinisello Balsamo(MI), 2006. 23 R. Maffei, Pescia. Un’area di confine tra Valdinievole e Lucchesia nel Primo Dopoguerra (1919-1927), Lucca 2007, pag. 221. 24 R. Tolaini, La fine delle banche locali in Valdinievole. La parabola di un autonomo mercato locale del credito tra dopoguerra e fascismo inPescia e la Valdinievole. La costruzione di una identità territoriale, a cura di A.M. Pult Quaglia, Associazione di Studi Sismondiani, Quadernidi Valchiusa, Firenze 2006.

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termine della cerimonia inneg-giava al vescovo e al Papa!I massoni e liberali pesciatini ri-mangono inizialmente sorpresi einerti di fronte all’attivismo dimons. Matteoli. Iniziano a contrapporsi all’inau-gurazione del primo Comitatoparrocchiale con domande di “di-sturbo” agli oratori durante la ce-rimonia del Castellare.Successivamente insistono con unarticolo di fondo apparso sul set-timanale «La Valdinievole» il 10aprile, del quale ho già parlato.Risponde «L’Aurora» sul numerouscito il 24 aprile, con estrema ru-vidità! Nelle settimane successive e perbuona parte dell’anno vengonoinaugurati i Comitati Parrocchialinelle parrocchie della diocesi, allapresenza del vescovo, salvo rareeccezioni.Evidenziamo da parte di mons.Matteoli una intensa attività, di-ciamo di “marketing”, nei con-fronti del Papa e della curiaromana, con l’invio continuo ditelegrammi per ogni costituzionedi Comitati parrocchiali o altreoccasioni di riunione dei laici allasua presenza.Nell’estate del 1897 emerge, intutta la sua virulenza, la contrap-posizione tra mons. Matteoli e ilpartito dell’on. Martini, con unapubblica contestazione. Il primo agosto viene inauguratoil Comitato Parrocchiale di S.Margherita a Monzone, ma mons.Matteoli non è presente, prefe-rendo assistere alla costituzione,concomitante, del Comitato Par-rocchiale di Malocchio.Appare strana la sovrapposizionedi eventi e la scelta della presenzaa Malocchio, parrocchia defilatis-sima e con abitazioni sparse tra iboschi: un evento dalla scarsa vi-sibilità, che invece sarebbe stataben maggiore se avesse parteci-

pato all’altro, considerato che laparrocchia di S. Margherita èsulle colline pesciatine e ben visi-bile dalla città. Forse la scelta è dipesa dall’op-portunità di non creare occasioniper provocazioni.Il 7 agosto del 1897 però accadeuna contestazione eclatante edalla vasta risonanza.I settimanali «L’Aurora» e «LaValdinievole» ne parleranno pertutto il mese di agosto del 1897.Mons. Matteoli con il concorso diuna grande folla inaugura il Co-mitato Parrocchiale di Traversa-gna (parrocchia di apertacampagna). Al termine della ceri-monia, quando sta salendo sullacarrozza alla volta di Pescia, al-cuni “monelli” lo fischiano, comeriferisce «L’Aurora» nel numerodatato 22 agosto, ben 15 giornidopo e in forte polemica con la ri-costruzione dei liberali.Diversa è la versione de «La Val-dinievole» nel numero pubblicatoil 14 agosto, a ridosso degli avve-nimenti. Viene riferito che le con-testazioni si sono svolte in chiesa,alla volta di un oratore laico, efuori, alla partenza del Vescovo,con fischi e sassate alla carrozza.«La Valdinievole», in data 21 ago-sto, pubblica la lettera del parrocodi Traversagna, commentandola,con la quale il parroco rettifica eparzialmente smentisce la rico-struzione degli avvenimenti delcorrispondente de «La Valdinie-vole».È molto probabile che contesta-zioni, anche se non virulentecome a Traversagna, si siano avutein altri luoghi, come parrebbe diintuire dalla lettura de «La Valdi-nievole» che però, evidentementeper non enfatizzare l’attivismo delVescovo, non le riporta. Per ovvieragioni anche «L’Aurora» le sot-tace.La situazione nell’estate del ’97

appare quindi già molto critica,con una frontale contrapposi-zione, ormai divenuta di dominiopubblico, tra mons. Matteoli e gliambienti liberali e massoni predo-minanti.La posizione di mons. Matteoli sifarà ulteriormente più debole aseguito dei moti popolari, inten-sificatisi in varie parti d’Italia apartire dal maggio 1898, repressia Milano nel sangue dal generaleBava Beccaris. Nella repressioneconseguente rimasero coinvolteanche le organizzazioni cattoliche. Per ordine del generale Heush il25 maggio 1898 venivano sciolti ilComitato Diocesano e i ComitatiParrocchiali, ovvero le iniziativealle quali mons. Matteoli avevaprestato la massima attenzione.Non emerge dai dati in mio pos-sesso un coinvolgimento direttodei Comitati parrocchiali delladiocesi di Pescia nei moti popo-lari, i quali, peraltro, avevanopochi mesi di vita e erano sorti inun ambiente ostile. Quindi il loroscioglimento sembra un’occa-sione per estinguere associazioninon benviste dalla politica liberalea livello nazionale e localmentedall’on. Martini, che non inter-viene a loro difesa, anche nellaprospettiva di ricerca di consensielettorali nel mondo cattolico.La delicatezza della situazionetrova conferma nelle memorie deisoggetti chiamati a fornire infor-mazioni, in via riservatissima, perla pratica di exequatur di mons.Matteoli per la sede di Livorno. In esse si delineano le sensibilitàche la classe politica, tramite gliorgani di polizia e i rappresentantilocali, percepiscono nel compor-tamento pastorale di mons. Mat-teoli.Nelle missive si enfatizza la costi-tuzione e la partecipazione attivadi mons. Matteoli ai Comitati par-rocchiali, a riprova che il ruolo di

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questi ultimi era sopravvalutatoda parte dei massoni e dei liberali. Il Prefetto di Lucca, che istruiscela pratica per il rilascio del RegioExequatur per conto del Procu-ratore del Re presso la Corte diAppello in Lucca, scrive alla De-legazione di P.S. e al Sindaco diPescia per avere informazioni sumons. Matteoli.Interessanti le risposte circa l’atti-vità pastorale e le relazioni intrat-tenute dallo stesso. Il Delegato di P.S. di Pescia indata 27 luglio 1898 ci informa chemons. Matteoli costituì i ComitatiParrocchiali (anzi volle personal-mente assistere alla loro inaugura-zione) e inizialmente appoggiò ipreti intransigenti, e tiene a preci-sare che durante le ultime elezionipolitiche il partito liberale pescia-tino, devoto all’on. Martini, si di-spiacque con il Vescovo circa ilfavore che lo stesso dava ai pretiche, tramite «L’Aurora», esorta-vano all’astensione. L’informativasi conclude specificando ulterior-mente che, all’inizio della sua pre-senza in Pescia, appariva intran-sigente, ma poi aveva modificatoil suo comportamento.Il 30 luglio 1898 anche il Sindacodi Pescia inviava la sua risposta in-formando, diciamo con migliorgarbo, che mons. Matteoli era de-ferente ai consigli dell’autorità ci-vile. Il Sindaco tiene a precisare,forse a comprova della sua auto-revolezza, che ha richiamato il Ve-scovo sulle intemperanze de«L’Aurora» affinché gli articolipubblicati si mantenessero nella“legalità e nella convenienza” e ri-ferisce altresì che il Vescovo è in-tervenuto, con minacce, per farlicessare.Il primo agosto il Prefetto diLucca relaziona il Procuratore

trasferendo le informazioni e indata 31 ottobre 1898 il Ministerodi Grazia e Giustizia e dei Cultiinforma che, con reale decreto del19 ottobre 1898, venne dato l’exe-quatur alla Bolla Pontificia del 24marzo 1898.Il 27 novembre successivo, pochigiorni dopo la conoscenza del de-creto, mons. Matteoli lascia Pe-scia. Appena il tempo di fare levaligie e qualche saluto!Il contrasto “politico” tra mons.Matteoli e l’on. Martini e l’incom-patibilità ambientale trova quindiconferma.Anche dall’esame dei documentiscritti nel 1898 non emergono ri-scontri documentali sulla sua pre-sunta conversione alle istanzeliberali. Questa mia ipotesi sembra con-fermata dal contenuto della suaseconda lettera pastorale, scrittaall’inizio del 1898 e pubblicata su«L’Aurora» il 26 febbraio 1898,che smentisce la presunta conver-sione, anche solo per mero op-portunismo.In questa lettera pastorale, tra l’al-tro, enuncia i mezzi per santificarela società, che riporto in sintesi:1. l’educazione data da una madrevirtuosa e pia,2. l’istruzione religiosa ricavata daistituti e scuole cattoliche,3. l’aggregazione ad associazionicattoliche,4. la diffusione di libri e giornalibuoni,5. maggior avvicinamento del sa-cerdote al popolo,6. il mutuo apostolato.Nelle suddette enunciazioni se ledecliniamo in una prospettiva so-ciologica, spogliate quindi dallapatina devozionale, vengono ri-proposte petizioni importantidella dottrina sociale della Chiesa.

Altra ipotesi interpretativa dellaformulazione della lettera del Sin-daco di Pescia e del Delegato diP.S. potrebbe ravvisarsi nel loroaccordo per favorire l’avvicenda-mento nella sede vescovile equindi di fatto inventando unaconversione “verso il partito deitransigenti” a conferma, come giàipotizzato, della permeabilitàdella società romana all’attivismodell’on. Martini. Quanto accaduto conferma,come già accennato, l’esistenzaanche a fine secolo dei rapporti diinteresse che legavano massoneriae ambienti - cattolici (transigenti)o liberali che fossero - e poterepolitico.Mons. Matteoli, forse non in-tuendo tempestivamente tale si-tuazione sociale e “storica”, forseanche privo degli strumenti perpercepirla, forse anche per la suairruenta attività pastorale, chenon gli aveva concesso il tempoper capire la mentalità e aspetta-tive locali, si era quindi trovato ra-pidamente isolato verso il cetoaristocratico e alto borghese alquale riteneva di appartenere eche, comunque, considerava suointerlocutore privilegiato.Forse paventava in aggiunta chegli stessi esponenti liberali con iquali era entrato in conflitto po-tessero (malevolmente) interlo-quire con la Curia romanainducendo la stessa a non perce-pire correttamente il suo entusia-smo pastorale.In quegli anni già in curia si ma-nifestavano orientamenti pastoralidivergenti tra quelli privilegiati daLeone XIII e quelli che privile-gerà, solo pochi anni dopo, il suc-cessore Pio X25. Un ulteriore rischio poteva anchenascere dalla preoccupazione che

25 Sul complesso rapporto tra Curia romana e episcopati locali in Italia si veda M. Mancino e G. Romeo, Clero criminale. L’onore dellaChiesa e i delitti degli ecclesiastici nell’Italia della Controriforma, Roma-Bari, 2013.

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il potere politico potesse fare“ostruzionismo”, ritardando oltremodo o non concedendo l’exe-quatur per le sue future nomineper la cura d’anime e, in prospet-tiva, anche nei suoi confronti,qualora la Curia romana lo avessedestinato, come poi avvenne, adaltro incarico. Non è neppure dasottacere, forse, la sua consapevo-lezza di essere un Vescovo senzail supporto di un clan famigliareimportante. Questo coacervo di motivi, timorie istanze culturali ritengo che in-ducesse mons. Matteoli a cercare,rapidamente, una diversa colloca-zione episcopale.In sostanza non intraprende nes-suna reazione nel timore che po-tesse non avere l’appoggioromano con la determinazioneopportuna. Inoltre non compresei tempi, che probabilmente eranomaturi per osare un impegno piùincisivo del clero e dei laici (setteanni dopo don Luigi Sturzo pro-nunciò il suo discorso di Caltagi-rone). Lesse, quindi, limitandonela portata, l’entusiasmo intornoalla sua persona solo in termini disudditanza. A mons. Matteoli erano sfuggitele nuove profonde esigenze avver-tite dalle masse cattoliche allequali aveva dato una prima rispo-sta con la costituzione dei Comi-tati Parrocchiali, che si erano conrapidità diffusi. Peraltro nonaveva colto una precoce opportu-nità che gli veniva offerta dal con-trapporsi al liberalismo sotto lacopertura del non expedit, chepoteva rilevarsi strumentalmenteutileSotto questo punto di vista peral-tro il mondo cattolico “Intransi-gente” non era compatto.Approssimativamente e schema-tizzando, i vescovi e il clero piùgiovane privilegiava la neonatadottrina sociale della Chiesa, con

le attenzioni alle sofferenze delleclassi umili, mentre per la compo-nente più anziana la partecipa-zione all’intransigentismo era dinatura politica con la contesta-zione dello stato unitario e la sop-pressione dello stato pontificio,ma non contemplava l’opzione diuna variazione dell’assetto sociale. A tal fine ricordo la sofferenza pa-tita, appena 10 anni dopo glieventi qui ricordati, dal vescovodi Bergamo mons. GiacomoMaria Radini-Tedeschi per averappoggiato lo sciopero della fab-brica tessile Ranica nel 1909, checomportò l’accusa di moderni-smo da parte dell’ala clericale piùconservatrice.Da parte della classe dirigente(anche al di là della fedeltà all’on.Martini) ritengo che le attività as-sistenziali, formative e associativeattuate dal mondo cattolico,anche se esclusivamente in ter-mini solidaristici verso le classipiù umili, venissero percepite, al-meno dai più avvertiti, come unaminaccia: in quel momento il ri-schio di un sovvertimento socialepoteva venire solo dal movimentosocialista che, però, potenzial-mente si poteva unire al mondocattolico. In assenza dell’archivio della suacorrispondenza privata, come at-testato dal Prof. Canonico Am-leto Spicciani nel suo recentevolume, Uomini di Chiesa, avanticitato, non possiamo compren-dere se mons. Matteoli ebbe co-scienza della posta in gioco dellasua azione oppure percepì solo laferita inferta alla sua pastorale el’urgenza di diversa allocazione.La mia sensazione è che non ebbeuna prospettiva di lungo periodotra azione pastorale e emancipa-zione delle masse cattoliche, comeebbe qualche anno dopo donSturzo, o forse i segni dei tempinon erano incontrovertibili e per-

cepì quindi la sua presenza a Pe-scia in termini di disagio e noncome occasione di forte propostapastorale.In questa titubanza tra una pasto-rale che non poteva dimenticareistanze sociali e le esigenze di re-lazione con la classe dirigente pe-sciatina e con la Curia romana,sembra racchiuso il dramma dimons. Matteoli.

1898: mons. Matteoli tra insubor-dinazioni e ricatti di parte di al-cuni del clero

Anche il ritardo con il quale ven-gono avviate da mons. Matteoli lepratiche per il rilascio del regioplacet per Livorno appaiono ri-flettere titubanze e timori.Con molta probabilità voleva es-sere certo del buon fine della suarichiesta, anche perché nel frat-tempo si ebbero ulteriori eventiperturbativi della sua situazionepesciatina.Un primo evento, del gennaio del1898, lascia fortemente perplessiper l’inusitata insubordinazione:un evento che ha all’origine, a mioparere, il tentativo di alcuni espo-nenti del clero e del partito libe-rale di screditarlo pubblicamente,strumentalizzando un giovane esprovveduto prete. Questo prete, don Odoacre An-zilotti, ordinato da poco più di unanno da mons. Benini, fa istanzaaffinché gli venga conferito il be-neficio di Arciprete della Catte-drale di Pescia.Il Delegato di P.S. di Pescia è par-ticolarmente duro nel tratteggiareal Prefetto la figura di don Odoa-cre. Precisa che trattasi di sacer-dote giovane, con cultura moltolimitata, mancante di serietà e dicarattere. Inoltre precisa che nonè stato nominato dall’autorità ec-clesiastica e quindi esprime pa-

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rere negativo all’investitura delbeneficio.Ma ben altra e più grave vicendaumilierà mons. Matteoli, proprionei giorni che inizia la pratica peracquisire l’exequatur per la dio-cesi di Livorno. Il 10 maggio 1897 muore a Ca-stelvecchio26 l’anziano parrocodon Lazzaro Luporini. Il vescovoaveva, negli ultimi mesi di vita delparroco, inviato a coadiuvarlo uncerto don Saturnino Stefanelli,sembra proveniente dalla diocesidi Bologna.Dopo la morte di don Luporini,don Stefanelli vorrebbe, in tutti imodi, leciti e meno, essere nomi-nato parroco ma mons. Matteoligli preferisce don Probo Sarti. Tramite l’istruttoria per l’exequa-tur di don Sarti abbiamo oggi vi-sibilità su una vicenda incredibiledi ricatti.Intanto, delineiamo gli eventi, cheraggiungono l’apice nell’estate del1898, tramite le relazioni dei Ca-rabinieri e del Delegato di P.S.I Carabinieri relazionano il Pre-fetto che lo Stefanelli ha creatouna situazione del tutto anomaladi contrapposizione con la curiapesciatina, con menzogne credutedalla popolazione. Il vescovo diPescia, visto il comportamentoscorretto, lo aveva invitato ad an-darsene dalla diocesi e lui avevaaccettato, ma aveva poi detto allapopolazione che era stato forzato. Nel delineare il carattere delloStefanelli i Carabinieri lo defini-scono persona frivola non adattaad essere sacerdote e ancor menoparroco. Lo Stefanelli è a conoscenza delledifficoltà ambientali di mons. Mat-teoli e tenta una forma di ricatto.Il 22 giugno 1898 fa scrivere, o ri-tengo che lui stesso rediga, la let-

tera (o meglio le lettere, come sivedrà) che fa firmare ai capifami-glia di Castelvecchio rivolta alPrefetto nella quale i parrocchianichiedono che il nuovo parroco diCastelvecchio sia Stefanelli. Nella lettera si dice che “la popo-lazione ha riscontrato nello Stefa-nelli, con piacere e piena soddi-sfazione di tutti, sufficiente istru-zione, principi sani, animo bene-volo e tutte le migliori doti che sirichiedono alla direzione moralee spirituale del popolo e tutti sonofelici e aspettavano la nomina apievano.Sono venuti a conoscenza, senzasaperne le ragioni, che la curia diPescia voglia allontanare lo Stefa-nelli dal paese che lo ha caro egraditissimo.Fanno istanza affinché sia nomi-nato lo Stefanelli parroco o in al-ternativa sia messa la carica aconcorso fidenti che lo Stefanellivinca”.Don Stefanelli non si ferma al-l’ambito provinciale e coinvolgeperfino il Ministro di Grazia eGiustizia e dei Culti, è da ritenerecon una lettera di analogo conte-nuto a quella inviata al Prefetto,veicolata, si suppone, dall’on.Martini, vista l’attenzione riserva-tale dal Guardasigilli.L’attività dell’on. Martini in que-sto frangente sembra più stru-mentale a raccogliere consensi, aldi là di ogni moralità istituzionale,che a un’iniziativa contro mons.Matteoli, nei confronti del qualela partita era stata chiusa con ilsuo trasferimento. Sta di fatto che con lettera del 28luglio 1898 il Procuratore in-forma il Prefetto che il Guardasi-gilli ha richiesto informazionicirca l’istanza avanzata al Mini-stero dai capifamiglia di Castel-

vecchio che desiderano che sianominato parroco lo Stefanelli in-vece di Sarti, nominato dal ve-scovo diocesano, in quanto questiavrebbe dato prova di “infram-mittenza politica”, mentre donSaturnino è sacerdote stimatis-simo per le sue qualità politiche emorali. Da rilevare il tentativo inqualifi-cabile di screditare don Sarti, per-sona che all’epoca dei fatti haappena 27 anni ed era stato recen-temente nominato economo spi-rituale di San Lorenzo al Cerreto.L’esistenza di don Probo Sartifino a quel momento era già statadifficile: mandato a balia dal-l’Ospedale degli Innocenti di Fi-renze e poi allevato dalla stessafamiglia contadina di Spianate,che aveva già 5 figli.Anche i passi istruttori effettuatiper l’istanza avanzata da don Sartiper acquisire il regio placito per ilbeneficio di parroco di Castelvec-chio hanno dell’incredibile.Intanto vengono richieste al Sin-daco di Borgo a Mozzano, perben due volte, informazioni sudon Sarti parroco di San Lorenzoa Cerreto.In un primo tempo il Sindaco di-chiara la persona e il luogo scono-sciuti nel suo Comune. Allaseconda istanza in data 28 giugno1898, dopo aver fatto un breveexcursus sui placet rilasciati, inquegli anni, alla parrocchia diCerreto in Comune di Borgo aMozzano, fa presente alla Procurache è incorsa in errore, confon-dendo le località di Cerreto sita inBorgo a Mozzano con quella inVal di Nievole.L’istruttoria sul Sarti comunqueprosegue con ulteriori depistaggi. Con lettera del 4 luglio il Sindacodi Vellano scrive al Prefetto di

26 Notizie sul paese di Castelvecchio in Valleriana tra ‘700 e ‘800 sono reperibili in R. Pazzagli, Luoghi e funzioni di un sistema locale: Pesciae la Valdinievole tra XVI e XIX secolo, pagg. 153 e segg. in Pescia e la Valdinievole. La costruzione di una identità territoriale, op. cit.

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Lucca affermando che il Sarti èpersona sconosciuta sottinten-dendo che non esiste vicino a Vel-lano nessuna parrocchia con ladenominazione di San Lorenzo aCerreto! Coloro che conoscono i luoghisono ben consapevoli che per rag-giungere Pescia, la città più vicinaa Vellano, ora come allora i Vella-nesi debbono passare davanti allachiesa di San Lorenzo. Altresì il Sindaco di Vellano scrivea favore di don Stefanelli e la suaopinione è ripresa e caldeggiatadal Prefetto di Lucca!Con lettera datata 9 luglio 1898 ilPrefetto scrive al Procuratore ri-ferendo che il Sindaco di Vellanosostiene che non la maggioranza,ma l’intera popolazione vuolecome parroco Stefanelli, e racco-manda al Procuratore di appog-giare la nomina dello Stefanelli,per prevenire dissensi e agitazioniche accadono facilmente per talicasi nelle frazioni rurali.In questo momento mi sembrache l’umiliazione di mons. Mat-teoli e di don Sarti sia all’apice.Va peraltro sottolineato il corag-gio e la professionalità degli or-gani di polizia che sonoconsapevoli delle polemiche incorso sostenute dagli amici del-l’on. Martini a favore di don Ste-fanelli.In data 5 agosto i Carabinieri scri-vono al Prefetto, in risposta a ri-chieste di aggiornamento istrut-torio, che il comportamento delSarti non ha mai dato adito ad“inframittenza politica”, anzi èamato e stimato per il suo conte-gno sacerdotale. Tutto ciò che staaccadendo deve essere addebitatoallo Stefanelli (nome scritto anchegraficamente con molto rilievo). Sull’argomento interviene anche,

con maggior decisione, il Dele-gato di P.S. di Pescia che con notadel 15 agosto 1898 scrive al Pre-fetto:“Stefanelli è economo spiritualedi Castelvecchio dai primi mesidel 1897 ma è stato più volte rim-proverato dal vescovo per i suoicomportamenti non confacenti alruolo.La nomina a parroco del Sarti in-vece dello Stefanelli aveva provo-cato la sua reazione facendosipassare come persona ingiusta-mente perseguitata dal vescovo.Il vescovo dovette sospenderlodalle funzioni e costringerlo adandare via dalla diocesi di Pescia.Agli amici dello Stefanelli dispiac-que tale provvedimento e scris-sero al Guardasigilli e al Prefettoed impedirono per due volte cheun sacerdote inviato a Castelvec-chio dicesse messa.Ora queste opposizioni per la me-diazione della stessa P.S. di Pesciasono cessate”.Informa altresì che il Sarti non èun prete intransigente. Anzi pre-cisa che il Sarti ha prestato servi-zio militare con FEDELTA’ eonore (anche nella memoria la pa-rola fedeltà è scritta in maiuscolo).Esprime parere che il Sarti siaadatto ad esercitare le funzioni diparroco a Castelvecchio.Con queste decise e ferme presedi posizione l’8 ottobre vieneemesso il Regio Placet di investi-tura del beneficio di Castelvec-chio a favore del Sarti, ma conlettera del 19 ottobre (quindi ben11 giorni dopo all’emissione deldecreto), il Procuratore scrive an-cora al prefetto informandolo del-l’investitura del beneficio parroc-chiale e lo avverte, a nome delGuardasigilli, che se il Sarti sifosse recato a Castelvecchio

anche senza aver ottenuto la con-segna del decreto, occorreva atti-varsi al fine di prevenire disordini.In altri termini, sembra suggerireal Prefetto di ritardare la conse-gna della nomina e comunque diimpedire a don Sarti, al mo-mento, di prendere possesso dellaparrocchia.Ritengo che questa ulteriore ini-ziativa debba essere addebitata al-l’on. Martini e ai suoi seguaci perenfatizzare il loro potere sul terri-torio. Ma ormai mons. Matteoli sta la-sciando Pescia e si preoccupadella sorte di don Probo Sarti(penso in accordo con il suo suc-cessore che infatti confermerà lesue scelte).Come ultimo atto, nomina, il 25novembre 1898, don Probo Sartieconomo spirituale del Castellareche ne prende immediato pos-sesso, come risulta dal Libro deiMatrimoni27. Già il successivo due dicembre il“Libro dei Morti” del Castellareregistra la sua attività. A questaparrocchia don Sarti dedicheràtutta la sua vita fino alla morte,che avverrà nel 1949.Il settimanale «La Valdinievole»dedica agli ultimi giorni avanti lapartenza di mons. Matteoli soloalcuni brevi resoconti cronachi-stici.Riferisce la sua visita di congedoai malati dell’Ospedale, ai qualilascia una buona elemosina; poi sireca in Municipio e infine al Con-servatorio di San Michele.Il resoconto giornalistico non ri-sparmia un’ultima umiliazione, la-sciando intendere che la partenzaavviene in completa solitudine.

27 Archivi Parrocchiali della Diocesi di Pescia presso l’ex convento delle Salesiane in Pescia, fondo Parrocchia di Castellare, Registro deiMatrimoni 1969-1899. Nelle ultime pagine del Libro, sotto il titolo “Appunti” vi è l’annotazione che don Probo Sarti è economo spiritualeda 25 novembre 1898.

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Bice Giovanna Sandri nacque il19 novembre 1916 a Pescia nellacasa dei genitori allo Scambio(oggi Via Galeotti), località cosìdenominata perché la tramviaLucca-Pescia effettuava questaoperazione su rotaie. Il padreGiovanni Sandri, dopo esser emi-grato negli Stati Uniti nel 1914,aveva acquistato, in fondo aPiazza Emanuele (ora Mazzini), lacartoleria del vecchio Biagi, dettoCenerone, avviando una proficuaattività. La madre Rita Pieri, neimomenti liberi dagli impegni dicasa e familiari, aiutava il maritonelle incombenze del negozio. Ilnonno Pietro Sandri era un pic-colo imprenditore elettrico deiprimi del '900 quando gli impiantidi illuminazione a gas vennero so-stituiti con quelli elettrici più mo-derni e razionali. Egli fu ancheproprietario nel Nuovo CinemaPoliteama, nell'attuale Piazza XXSettembre, costruito interamentein legno, che il 5 luglio 1914, du-rante la proiezione del film “Laseconda moglie”, andò completa-mente distrutto per l’incendio diuna pellicola. La fanciullezza fuserena: accudita dalla mammaRita e dall'amata nonna Clorinda.Nel 1920 nella famiglia Sandrinacque il secondogenito UmbertoFernando Sandri che, fino al-l'anno 2000, seguirà le orme delpadre gestendo con competenza egusto la cartolibreria.

Dopo le scuole primarie Giovannafrequentò l'educandato femminiledi S. Michele, istituto frequentatodalle figlie della buona borghesiapesciatina, dove conseguì appenadiciottenne il diploma di maestraelementare. Contemporanementesi adoperò per opere di assistenzasociale diventando giovanissimacapo-squadra delle Giovani Ita-liane di Pescia, ottenendo in unapubblica cerimonia, subito dopola costituzione della nuova provin-cia di Pistoia, un diploma di me-rito e la prima croce al meritoprovinciale dell'Opera NazionaleBalilla. Oltre agli impegni dellabottega del padre frequentò consuccesso a Firenze, presso la sededistaccata dell'Università di Gre-noble, un corso di abilitazione perl'insegnamento della lingua fran-

cese. Appena ventenne, conse-guita l'abilitazione, cominciò a in-segnare questa lingua presso illocale Istituto Tecnico Agrario esuccessivamente continuò la suaopera di maestra elementare nellapiccola frazione di Montagnana,vicino Pistoia e sarebbe certa-mente rimasta in quel ruolo, che alei piaceva e per cui si sentiva par-ticolarmente portata, se non fosseavvenuto un fatto che gli avrebbecambiato la vita. Giovanna co-nobbe Salvatore, un giovane im-prenditore italiano residente inLibia che, essendo venuto a Li-vorno e a Lucca per ragioni di la-voro, volle visitare Pescia, luogonel quale risiedeva la famiglia diStefano Belluomini, il fidanzato disua sorella Maria. Passeggiandoper la piazza davanti alla cartole-

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VITA DI MAESTRA PESCIATINANEL CENTENARIO DELLA NASCITA

di Giovanni Gentile*

* Per il centenario della nascita e nel 40° della scomparsa della sua adorata mamma.

La maestra Sandri con i suoi allievi nella scuola di Monte a Pescia.

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ria, Salvatore fu attratto dalla bel-lezza di questa giovane maestra, econ un colpo di fulmine se ne in-namorò all'istante. Dopo essersidichiarato, e avuto il consenso deigenitori di Giovanna, i due gio-vani si fidanzarono coronandosuccessivamente il loro sognod'amore il 20 novembre 1938.Nella sua cappella privata Mons.Vescovo Angelo Simonetti unì inmatrimonio Salvatore e Giovanna.Dopo il viaggio di nozze, trascorsosulla riviera ligure, salutati i fami-liari, la giovane coppia partì da Li-vorno imbarcandosi per Bengasi eApollonia, dove risiedevano i suo-ceri di Giovanna gestendo le loroattività imprenditoriali di com-mercio all'ingrosso di generi ali-mentari per tutta la Cirenaica.Giovanna fin dall'arrivo in quellalontana terra, diventata italiana, sitrovò subito a suo agio e con il ma-rito si stabilì in una villetta di ti-pico stile mediterraneo, dove il 2ottobre del 1939 darà alla luce ilprimogenito Domenico detto“Dodi”. Purtroppo, alla vigiliadello scoppio della SecondaGuerra Mondiale, essendo Apol-lonia vicina al fronte egiziano, Sal-vatore fu avvertito dall'amicoBruno Velani, Commissario diGoverno, futuro presidente del-l'Alitalia e dei Cavalieri del Lavoroche, per garantire l'incolumità diGiovanna e Dodi, sarebbe statoopportuno rimpatriarli. Giovannaaccettò la decisione con enormedispiacere per il bene del figlio.Poichè l'ultima nave di profughiera già salpata dal porto di Ben-gasi, Velani, con un cablogramma,bloccò al largo la nave dove sali-rono mamma e figlio accompa-gnati sul bastimento da duemarinai con il veloce motoscafo diVelani. Era il 10 giugno, giorno

della dichiarazione di guerra,quando in navigazione vicinoMalta un incrociatore inglese in-tercettò la nave italiana, che fortu-nosamente, dopo un'ispezione deimilitari inglesi, fu fatta ripartireper Siracusa. Arrivati nella cittàaretusea stanchi, ma felici di esserein Italia, Giovanna e Dodi, con unviaggio in treno di circa un giorno,arrivarono sani e salvi a Pescia acasa Sandri. Salvatore, dopo averliquidato le sue attività libiche, liraggiungerà dopo pochi mesi. Maper la coppia ed il piccolo Dodi leavventure non erano finite; Salva-tore fu richiamato militare a Bolo-gna e la famiglia si stabilì in unasignorile villetta nel quartiere resi-denziale di S. Ruffillo. A seguito diuna grave, ma provvidenzialepleurite, che evitò a Salvatore dipartire per la Russia, per la conva-lescenza, la famiglia si stabilì a Pe-scia nella grande casa dei suoceridi Giovanna, in Via della Catte-drale, e riprese a frequentare lacartoleria del padre e rivedere,dopo alcuni anni, le care amichedi scuola. Caduto il regime, Salva-tore, dopo la convalescenza non si

ripresentò in caserma a Bologna eper pura fortuna sfuggì ad una re-tata tedesca che era venuta a pre-levarlo. Fattasi pericolosa laresidenza in quella casa, la famigliadecise di spostarsi ed abitare nellacasa del fattore di Villa Garzoni, aCollodi, dietro la villa, nell'attesadel cambio del fronte bellico. Maanche in questa nuova destina-zione accadde un fatto pericolosoed imprevisto: il comando tedesconel marzo del 1944 si era stabilitoda Barga a Pescia e il Feldmare-sciallo Kesserling, comandantedell'esercito tedesco in Italia,venne a risiedere a Villa Garzoni apochi metri dalla famiglia di Gio-vanna. I coniugi con il figlio Dodidecisero allora di trasferirsi dibuon mattino a piedi, attraverso laMarzalla, a Pescia a Casa Sandri,ma anche questo breve viaggionon fu esente da pericoli: unoSpitfire inglese mitragliò i tre;Giovanna, gettandosi a terra,coprì con il proprio corpo il figlio-letto e un colpo della raffica di mi-tragliatice del caccia trapassò lagonna senza ferirla; sarebbe ba-stato mettersi pochi centimetri più

20 Novembre 1938 - Matrimonio e rinfresco a casa Sandri con mons. VescovoAngelo Simonetti

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a lato e sarebbe avvenuta una tra-gedia. Finalmente la guerra passò,non senza lutti e sofferenze per lafamiglia di Giovanna Sandri: in-fatti pochi giorni prima dell'arrivodegli alleati, a seguito di una rap-presaglia tedesca, dopo l'uccisioneda parte partigiana di due militarigermanici, furono impiccati lo zioGabriello Pucci ed il cugino PierLuigi ai quali era molto legata.Giovanna con il marito Salvatoreed il piccolo Dodi si trasferironosuccessivamente nel grande ap-partamento di Via S. Pietro alleFornaci di proprietà del dr. Ro-berto Taglierani, che gestiva l'an-tica farmacia Sansoni, in PiazzaMazzini, dove il 1 agosto del 1948dette alla luce il secondogenitoGiovanni. Giovanna trovò unposto da insegnante presso la vi-cina Villa di Bellavista a Buggiano,dove erano alloggiati in un con-vitto gli orfani dei vigili del fuocoperiti in guerra. Salvatore, abban-donata per sempre l'idea di ritor-nare in Cirenaica, si mise acommerciare in vini, birra e li-quori. In seguito Giovanna fu tra-sferita come maestra nei paesidella montagna pesciatina a Ca-stelvecchio e a S. Quirico con ap-presso il figlio piccolo Giovanni,mentre Salvatore e Dodi rimane-vano nell'appartamento pescia-tino. Si rivedevano ogni finesettimana dopo un breve viaggiosugli autobus delle autolinee Mar-chi che gestivano i collegamentitra Pescia e i paesi montani. Nel1954 la maestra fu inviata a inse-gnare nella pluriclasse a Monte aPescia, che raggiungeva giornal-mente a piedi tramite l'erta stradaoltre il Palagio, luogo del qualeconserverà un ottimo ricordo pertutta la sua vita. Gli anni '50 tra-scorsero serenamente tra la fami-

glia e la scuola e a fine decennio iconiugi Gentile costruirono unabella villa pedecollinare, in ViaMarchionni, nei pressi del mer-cato dei fiori, nella quale tutta lafamiglia andò ad abitare nei primimesi del 1960. Quell'anno fu pro-digo di avvenimenti: il figlio Dodi,dopo aver conseguito il diplomadi ragioniere a Lucca, entrò a la-vorare come impiegato al Montedei Paschi di Siena di Pietrasanta.Nel dicembre dello stesso anno,dopo una breve malattia, morì ilcartolaio Giovanni Sandri, la-sciando tutta la famiglia e chi loconobbe in grande dolore e co-sternazione. Dopo questi eventi, avuto il postonella nuova Scuola di Valchiusa,dove insegnò per una quindicinad'anni, alle soglie della pensioneun fulmine a ciel sereno troncò laquiete della maestra Giovanna. Lefu riscontrato un nodulo al senorivelatosi, a seguito di analisi, untumore maligno. A nulla valserole terapie e l'intervento chirurgicodel valente prof. Macchini, di ori-

gine pesciatina, e il 19 dicembredel 1976 la maestra Giovanna tor-nerà alla Casa del Padre. Cono-scendo la sua grande fede, ilVescovo Mons. Dino Luigi Ro-moli volle visitarla negli ultimigiorni della sua esistenza all’ospe-dale di Careggi. Monsignor Ro-moli prese parte anche ai funeralia Pescia, dall'ospedale, dove erastata trasferita da Firenze in fin divita, alla Cattedrale, dove furonocelebrate le esequie. Questa voltaGiovanna, che assieme alla sua fa-miglia, aveva dovuto per tutta lasua vita fare e disfare le sue vali-gie, per i numerosi spostamenti eperegrinazioni, per raggiungerel'ultima dimora non ebbe bisognodi alcun bagaglio, né si sarebbepiù caricata su di sé le ansie, i do-lori e le preoccupazioni della suavita breve e avventurosa. Nelgrande rimpianto dei familiari edei suoi amatissimi alunni si aprìper lei, così fortemente cristiana eradicata nella fede, la porta del-l'eterna felicità.

Villa di Bellavista, Borgo a Buggiano, 1954 - La maestra Sandri (prima a destra)durante la visita del ministro Scelba al Convitto Orfani Vigili del Fuoco.

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SUL CAURIOL, CENTO ANNI DOPOdi Massimo Peloia

Il 3 settembre 1916, cento annifa, sulla cima del monte Cauriol,a 2494 metri di quota nella ca-tena dei Lagorai infuriò una vio-lenta battaglia tra gli alpini delbattaglione Val Brenta, che di-fendevano la vetta e un batta-glione austriaco di Landschut-zen. Le Penne Nere erano giuntesul monte solo due giorni prima;in totale 350 uomini che sape-vano di dover difendere il Cau-riol se necessario fino all’estremosacrificio, fedeli al motto degliAlpini: “Di qui non si passa”.Quasi tutti vicentini, molti diloro già maturi padri di famiglia;i loro ufficiali erano invece gio-vanissimi studenti di vent’anniche avevano lasciato gli studi pervestire la divisa grigioverde. Tradi loro i Sottotenenti GuaragnaAnnibale, lombardo di Saronno(VA) e il ventunenne toscanoGiuntoli Francesco, di Pescia(LU). Già il 2 settembre le arti-glierie austriache colpirono lacima del Cauriol, causando duemorti e ventuno feriti. Il giornosuccessivo, alle prime luci delgiorno, riprese il fuoco dei can-noni per appoggiare l’attacco deiloro soldati alla vetta. Lo scontrotra alpini e Landschutzen sisvolse cruento per tutta la mat-tina, fino alla vittoria italiana. Sulcampo rimasero trentatre Ca-duti, tra di loro i due ufficialiGiuntoli e Guaragna. Sepoltiinizialmente in un piccolo cimi-tero di guerra, riposano oggi nelcimitero di Pescia e nel Sacrario

Militare del cimitero di Trento.Riceveranno entrambi la Meda-glia d’Argento al Valor Militarealla Memoria.Il 3 settembre 2016, passato un

secolo, siamo tornati sul Cauriol.Dopo tanti anni, le storie diGiuntoli e Guaragna erano tor-nate dall’oblio: il destino avevadeciso il nostro incontro e il ri-

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cordo è stato più forte del tempoe della morte. Per il nostro ap-puntamento anche il cielo ci èstato amico, regalandoci unagiornata magnifica. Siamo salitisul sentiero di guerra fino aiRoccioni Serra e la Selletta Car-teri, dove Guaragna morì allatesta dei suoi alpini in un con-trattacco alla baionetta. Tra lepietre giacciono ancora bossoli eschegge delle granate che alloramartellavano i nostri soldati.Socchiudiamo per un attimo gliocchi e ci pare di rivedere leesplosioni, i colpi delle mitra-gliatrici, i soldati austriaci che ri-salgono i ghiaioni, gli ordinidegli ufficiali e i lamenti dei fe-riti. Proseguiamo il percorso, an-cora un tratto di faticosa salitaed eccoci alla croce della cima,dove si compì il sacrificio diFrancesco Giuntoli, trafitto daipallettoni di una granata au-striaca. Oggi una magnifica targadi bronzo, portata in vetta daisuoi concittadini di Pescia nel1973, ne tramanda la memoria.Il silenzio è totale, il giro d’oriz-zonte sui Paesi di fondovalle esulle lontane cime delle Dolo-miti dona una grande pace: sivorrebbe restare a lungo per go-dere di questa serenità, ma ab-biamo un dovere oggi. Sventolanel cielo terso il gagliardetto delGruppo Alpini, nostro emblemae fedele compagno nelle occa-sioni importanti e come sotto-fondo risuona la Canzone delPiave. Poi ci mettiamo sugli at-tenti e, con una certa emozione,pronunciamo i nomi dei trenta-tre Caduti che quassù hanno la-sciato la loro vita. Le note delSilenzio Militare che si perdononella valle portano anche i loronomi.

Sottotenenti Giuntoli e Guara-gna, alpini del Val Brenta: non

siete stati dimenticati, oggi sietequi con noi sulla cima del Cauriol.

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CONCERTO DI PIANOFORTE NELLA PIEVE DI CASTELVECCHIO PER L’AVVENUTO

RESTAURO DI DUE TELE DEL XVII SECOLONel mese di luglio del 2016 all’internodella Chiesa Parrocchiale di San Gio-vanni Battista di Castelvecchio sonostate restituite ai fedeli, dopo l’inter-vento di restauro, due tele del XVIIsecolo.Per festeggiare l’evento gli “Amici diPescia” hanno organizzato nella Pievedi Castelvecchio un Concerto di Mu-sica Sacra del Maestro MichelangeloGiaime Gagliano. Presenti all’eventoMonsignor Filippini, Vescovo di Pe-scia, il Sindaco Oreste Giurlani, moltisoci e appassionati di musica che, conapplausi e manifestazioni di soddisfa-zione, hanno reso il concerto indi-menticabile.Il restauro è stato reso possibile grazieal contributo degli “Amici di Pescia”ad integrazione della cospicua dona-zione della socia Ivana Cella, origina-ria di Pescia e stabilitasi da anni inFlorida.Il gruppo parrocchiale, e in partico-lare Roberto Flori, si sono impegnatiper cercare i fondi per “sostenere” ilrestauro delle tele che sono arrivatenel laboratorio de “Lo Studiolo” diLucca, in pessime condizioni conser-vative. Di seguito alcune osservazionidelle restauratrici Colombini, Lazza-reschi e Ricciarelli.“Dipinti ritrovati nelle soffitte dellacanonica di Castelvecchio nel dicem-bre del 1990, raffiguranti “San Nicola”e “La Sacra Famiglia in riposo durantela fuga d’Egitto” (...) Le due tele similinella tecnica esecutiva e nelle dimen-sioni, si presentavano in condizioniconservative gravi sia nella tenutadegli strati pittorici sia nell’aspetto

dell’integrità del brano cromatico. Latela della Madonna composta diun’unica pezza di tela di lino, avevasubito nel corso del tempo interventidi restauro, infatti, si potevano osser-vare stuccature alterate, ridipinture etoppe eseguite a risanare maldestra-mente rotture del supporto. Inoltre,erano ben visibili lacerazioni e lacunedel tessuto, questa condizione avevacausato l’applicazione di una nuovatela sul retro, intervento probabil-mente effettuato nell’Ottocento.La tela raffigurante “San Nicola” è co-stituita da due pezzi di tela di lino,unite con una cucitura orizzontaleevidente sul retro, fortunatamente inquesto caso l’indebolimento del sup-porto era minore, anche se erano evi-denti strappi e lacerazioni della tela(...) In entrambe le opere, la tenutadel colore era compromessa soprat-tutto ne “La Sacra Famiglia in riposodurante la fuga d’Egitto”, vi erano no-tevoli cadute e distacchi di pellicolapittorica generate dalla depolimeriz-zazione del tessuto e dalla debolezzadella tela stessa (...) In accordo con laDirezione dei Lavori, nella personadella Dottoressa Maria Cristina Ma-sdea della SBAP di Firenze, i dipintisono stati ritirati e trasportati nellasede del Laboratorio di restauro aLucca per iniziare l’intervento di re-cupero, nel mese di ottobre 2015 (...)Conclusa la fase conservativa, sonostate eseguite le prime prove di puli-tura, in accordo con la Direzione deiLavori, per capire quale fosse la mi-scela dei solventi capaci di sciogliere ivari elementi come, vernice ossidata,

colle e nerofumo presenti sul film pit-torico che impedivano la lettura delcolore. I dipinti sono stati completa-mente puliti valorizzando al massimola pittura e i toni del colore originale(...) I dipinti sono stati verniciati piùvolte a pennello con una specifica ver-nice trasparente, per preparare la suc-cessiva fase d’intervento di ritoccopittorico a colori a vernice. Con la tec-nica della selezione cromatica, usatanel campo del restauro, sono state ri-toccate con piccoli tocchi di colore lelacune e le varie zone consumate dellapellicola pittorica per dare omoge-neità ai brani della pittura”.

Michelangelo Giaime Gagliano si è di-plomato in Pianoforte con il massimodei voti e lode presso il ConservatorioLuigi Cherubini di Firenze. Ha prose-guito il percorso accademico con glistudi di Composizione principale e ilDiploma di Armonia Principale, Con-trappunto e Fuga, Storia ed Estetica,Analisi e Lettura della partitura. Ot-tiene infine la laurea in Direzioned’Orchestra segnalandosi come uno

dei migliori allievi della prestigiosa ac-cademia italiana.Ha perfezionato i suoi studi in Italia eall’estero. Dal 2005 è direttore arti-stico della rassegna teatrale e musicale“Notti a Villa Garzoni” presso VillaGarzoni di Collodi, in collaborazionecon la Fondazione Nazionale CarloCollodi con la programmazione dieventi musicali e teatrali di rilievo.

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GITA SOCIALE - 2 OTTOBRE 2016SANSEPOLCRO - AREZZO

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ERRATA CORRIGEdi Amedeo Lazzereschi

Nell'ultimo numero (n. 60Giugno 2016), era uscitoil mio articolo intitolato Letre esse nel quale facevo lastoria della mamma comesarta. Nell'elencare le tante ra-gazze che avevano fre-quentato con impegno epassione la mamma perapprendere quel mestiere,al momento di leggere l'ar-ticolo, sono rimasto disasso nel vedere che nel-l'elenco mancavano cin-que ragazze di allora.Sono Iva, Gloria, Rosanna,Marta e Daniela.Chiedo loro venia ancheperchè anche loro eranorimaste molto attaccate,come le altre, alla mamma.

Il 30 Novembre 2016 si è inse-diato il nuovo Sindaco del Con-siglio Comunale dei Ragazzi:Michelangelo Ghera, candidatodella lista “Diamo una mano aPescia”. Proprio il 30 Novembre

2016 ricorre il 10º anniversariodi questa istituzione, “palestra didemocrazia” delle nostre giovanigenerazione che si avviano ad uninserimento consapevole nellanostra comunità.

MICHELANGELO GHERANUOVO SINDACO DEL CONSIGLIO

COMUNALE DEI RAGAZZICON LA LISTA “DIAMO UNA MANO A PESCIA”

LA COPERTINA DEL VOLUME SCRITTO

DAL SOCIO RICCARDO TOMASSUCCISULLA GEOGRAFIA DELLE

DONNE IN ITALIA CONSULTABILE

NELLE BIBLIOTECHE COMUNALI

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CORDOGLIO PER LA PERDITADI ALCUNI SOCI

Nel mese di luglio è deceduto il prof.Vivaldo Pagni, residente da moltissimianni a S. Paolo del Brasile e da sempresocio degli “Amici di Pescia”. Di no-bile ed antica famiglia pesciatina, eranato a Pescia nel 1922. Dopo le scuoleprimarie frequentò la Farnesina diven-tando, giovanissimo, professore dieducazione fisica. Allo scoppio dellaguerra fu assegnato all’Arma areonau-tica, aderì alla Repubbica Sociale Ita-liana dove, come appartenente allaG.N.R. di Lucca, acquisì i gradi di sot-totenente. Fu addetto all’addestra-mento del Battaglione VolontariAvanguardisti Fiamme Bianche a Velod’Astico (Vc). Dopo la guerra ripresea Lucca l’insegnamento, ma fu epu-rato e sebbene pienamente reinte-

grato, espatriò in Brasile. Dopo annidi duri sacrifici (comincio come me-talmeccanico) dotato di una forte vo-lontà, studiando di notte, riuscì alaurearsi ed a diventare stimato pro-fessore di Statistica Metologica pressola Pontificia Università Cattolica di S.Paolo. Divenne anche valente avvo-cato, cittadino onorario di S. Paolo,presidente del Rotary Club e del cir-colo Lucchesi nel Mondo. Fu insi-gnito della più alta onoreficenzamilitare brasiliana per il suo compor-tamento nel periodo bellico, dove almomento della resa del suo repartosalvò la vita a numerosi soldati brasi-liani che si erano addentrati in uncampo minato, e fu nominato dallaRegione Toscana Consultore per tuttal’America latina facendo parte dellaConsulta Regionale per l’emigrazione.Scrittore di molti romanzi di ricordi

personali e storici, molti dei qualipresentati annualmente dalla nostraassociazione, ha sempre mantenuto isuoi ideali cattolici e patriottici unitiad un profondo amore per Pescia. Ifunerali tenuti venerdì 22 luglio nellaChiesa pesciatina di S.Stefano e Nic-colao hanno visto la presenza di nu-merosi amici e cittadini.

G.G.

Ci ha lasciato la socia Sandra Luche-rini, che ha accompagnato, in nume-rose vacanze-studio in Inghilterra,molti dei nostri studenti.

È morta nella sua casa di Pescia all’etàdi 95 anni Ilia Natali, assai nota peraver esercitato per più di 40 anni laprofessione di insegnante di educa-zione tecnica. Instancabile e attacca-tissima al suo lavoro.

Sabato 10 Dicembre è stata pre-sentata ai soci la stampa di Na-tale 2016 “Pescia. Storia, arte,ambiente” realizzata dalla pit-trice Dania Picchi.Il pomeriggio è proseguito conun concerto della soprano Sissy

Raffaelli che ha intrattenuto gliospiti con un recital pucciniano.A conclusione la cena dell’Asso-ciazione per gli auguri di Nataleche quest’anno si è svolta al-l’Osteria del Gambero Rosso diCollodi.

Nella foto, il presidente dell’As-sociazione Carla Papini, la so-prano Sissy Raffaelli, la pittriceDania Picchi e il Mº accompa-gnatore Michele Belvedere.

PRESENTATA LA STAMPA DI NATALE 2016

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