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Dritto al cuore Diana Palmer

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Diana Palmer

Dritto al cuore

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Heartless

HQN Books © 2009 Diana Palmer

Traduzione di Elisabetta Lavarello

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance

giugno 2010

Questo volume è stato stampato nel maggio 2010 presso la Mondadori Printing S.p.A.

stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn)

HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943

Periodico mensile n. 69 del 5/6/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 72 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Le note della colonna sonora di un film di fanta-scienza esplosero a tutto volume. Gracie Marsh tra-salì, e il movimento inconsulto le fece schizzare sul-la felpa la terra dell'aiuola che stava dissodando. «Accidenti!» sbottò, pulendosi le mani sui vecchi jeans, prima di infilarsi due dita in tasca. «Cos'è questa musica?» chiamò la governante dal portico, dove stava riempiendo di viole una fioriera. «È solo il mio cellulare, signora Harcourt» la ras-sicurò Gracie. «Sarà Jason... Pronto?» Ci fu una pausa divertita. «Fammi indovinare» disse una profonda, strascicata voce maschile. «Sei nella terra fino al collo, e adesso hai imbrattato pure la tasca e il telefonino.» Suo malgrado, Gracie rise. Il suo fratellastro la co-nosceva meglio di chiunque altro al mondo. «Già.» «Io avrei imprecato.» «Per la verità, un accidenti l'ho tirato.» Lui sospirò. «Prima o poi dovrò darti qualche le-zione, Gracie. Certe volte la situazione richiede qualcosa di più forte di un accidenti.» «Sei un esperto, tu!» Jason imprecava corrente-mente in due lingue. «Soprattutto quando uno dei tuoi cowboy fa qualcosa che non ti garba.» Gracie aggrottò la fronte. «Dove sei?» «Al ranch.»

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Il ranch era la proprietà di Comanche Wells in cui Jason allevava pregiati capi Santa Gertrudis e una nuova razza giapponese da cui si ricavava il famoso manzo Kobe. Jason Pendleton passava poco tempo nella grande casa di famiglia di San Antonio, dove viveva Gracie. Vi soggiornava occasionalmente per motivi di lavoro, ma il suo cuore era al ranch con i Santa Gertrudis. Ci viveva per la maggior parte del-l'anno. Jason si muoveva con disinvoltura nell'am-biente del business internazionale, alla presidenza di consigli di amministrazione e nei leggendari ricevi-menti che dava con l'aiuto di Gracie. Ma era più a suo agio in jeans, stivali e copricalzoni di cuoio, in mezzo alle sue mandrie. «Come mai questa telefonata? Hai bisogno di una mano per marchiare i vitelli?» scherzò Gracie, per-ché, al ranch, Jason le aveva insegnato a fare questo e molte altre cose, nel corso degli anni. «Hai sbagliato stagione» ribatté lui. «Si fa in pri-mavera. Siamo a fine agosto. Quasi in autunno.» Lei aggrottò la fronte. «Di cosa ti occupi, allora?» «Raduno tori, più che altro. Ma in questo momen-to mi sto preparando per venire al mercato del be-stiame di San Antonio per un'asta. Hanno delle open heifer Santa Gert che mi interessano» spiegò. «Per avere nuovi vitelli in primavera.» «Ah.» Gracie cercò di ricordare che cosa signifi-casse esattamente il termine. Jason sospirò. «Le open heifer sono giovenche che non hanno mai figliato» tornò a spiegare. «Mi servono per sostituire delle vacche che ho dovuto mettere all'ingrasso e vendere perché quest'anno non hanno avuto vitelli.» «Già» mormorò lei, non volendo sottolineare i propri vuoti di memoria. Si dimenticava cose impor-tanti, inciampava, perdeva l'equilibrio.

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C'era una causa fisica per queste disattenzioni, un motivo che Jason ignorava. Quando Gracie e sua madre si erano trasferite a San Antonio con Jason e il padre di lui, quasi dodici anni prima, Cynthia Marsh aveva fatto di tutto per tenere segreto il loro passato, facendo giurare alla figlia di mantenere il silenzio. Era arrivata al punto di dire a tutti che Gra-ciela era la sua figliastra, non la sua figlia biologica, per assicurarsi che eventuali controlli sul loro passa-to non rivelassero informazioni che avrebbero com-promesso il posto di Graciela nella famiglia Pendle-ton. Cynthia aveva inventato tutta una storia: il padre di Graciela, un vedovo con una bambina piccola, era morto nella Guerra del Golfo. Era stato un eroe di guerra. Non era la verità, ovviamente. La verità era più sordida e traumatica. «È complicato, lo so» disse Jason in tono leggero. Era paziente con lei. Paziente come non erano state altre persone della sua vita. «Come mai mi chiami, se non hai bisogno di un bracciante saltuario al ranch?» scherzò Gracie. «Pensavo che ti avrebbe fatto piacere venire all'a-sta con me. Ti offrirò il pranzo, quando avremo fini-to.» Lei si illuminò. «Bene!» Gracie adorava l'atmosfera del mercato del bestia-me, la folla variopinta, l'eccitazione delle puntate. Si divertiva a sentire la rapida cantilena del direttore d'asta, che incitava gli acquirenti a salire nelle offer-te, e le piacevano gli allevatori che convenivano lì, molti da Comanche Wells, altri da Jacobsville, che si trovava a poche miglia da Comanche. Jason faceva parte di un selezionato gruppo di proprietari di ranch che si distinguevano per una grande coscienza ambientale. Seminavano antiche qualità di erba, miglioravano il terreno, fornivano

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habitat per la fauna selvatica, usavano le tecniche più avanzate per produrre mangimi naturali e si prendevano estrema cura del loro bestiame purosan-gue. Questi allevatori non usavano mai ormoni della crescita, e somministravano antibiotici solo se real-mente necessario, limitandosi soprattutto a quelli che prevenivano le malattie polmonari bovine. Inoltre, evitavano sostanze chimiche inquinanti per distrug-gere le infestanti. Recentemente, Cy Parks aveva in-trodotto l'idea di usare insetti predatori per controlla-re i parassiti. L'assenza di sostanze velenose nei pa-scoli contribuiva a creare sempre più colonie di api, essenziali per l'impollinazione dei cereali e dei fieni. Nessuno dei rancheri ecologisti della contea di Ja-cobs allevava bestiame da macello; erano tutti pro-duttori di campioni: tori, vacche e giovenche che ve-nivano venduti agli altri allevatori per migliorare la qualità delle loro mandrie. In passato, questo aveva creato loro dei problemi con i produttori di carne, che miravano a profitti più rapidi. Erano scoppiate perfino delle incredibili risse a convegni di allevato-ri. Jason era stato coinvolto in una di queste. Gracie era andata a pagare la cauzione per farlo uscire di prigione, ed era scoppiata a ridere quando lo aveva visto uscire dalla cella, scarmigliato, insanguinato, e con un sorriso da orecchio a orecchio. Non si poteva dire che non si fosse divertito! «Ho detto che passerò a prenderti tra venti minu-ti» ripeté lui, dato che Gracie non gli aveva risposto. «Perfetto. Che cosa devo mettermi?» «Jeans e maglietta. Se arriviamo vestiti tutti firma-ti, il prezzo farà un balzo in su di venti dollari a capo prima ancora che io mi sia seduto. Non voglio essere riconosciuto.» «Dura, se ci presentiamo sulla tua Jaguar» scherzò Gracie.

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«Guiderò uno dei pick-up del ranch e arriverò ve-stito da lavoro» la informò lui con sussiego. «Bene, allora. Finirò di dissodare le mie aiuole più tardi.» «Come se non avessimo già abbastanza bulbi che fanno capolino in giardino in primavera. Ne stai piantando altri, vero? E scommetto che hai messo al lavoro la Harcourt con i vasi del portico.» La conosceva troppo bene. «Sta piantando delle viole... E dureranno fino a tardo autunno. Metterò a dimora i bulbi soltanto in ottobre, Jason» si difese. «Perché pago un giardiniere?» brontolò lui. «Per tutti i lavori pesanti che la Harcourt e io non riusciamo a fare» replicò Gracie. «Ora devo andare a prepararmi. A dopo.» «Non farmi aspettare. Già così, arriveremo appena in tempo. Sono stato trattenuto da un incidente.» «Non ti sarai fatto male?» esclamò subito lei. Ci fu un attimo di pausa. «No» rispose Jason dol-cemente. «Non io. Uno dei miei cowboy è stato cal-pestato da un toro. Si è fratturato un piede, ma non è nulla di grave.» Gracie lasciò andare il fiato. Quell'uomo era tutta la sua vita. Jason non si rendeva conto del sentimen-to che provava per lui. Ma era un sogno irrealizzabi-le, Gracie non avrebbe mai potuto fare l'amore con lui, né comportarsi come facevano tutte le donne moderne. Le passò davanti agli occhi l'immagine di sua madre, che usciva dalla camera da letto con la camicia da notte macchiata di sangue... Abbozzò una smorfia. «Credevo che avessi appe-na assunto un uomo che andasse alle aste di bestia-me in rappresentanza del ranch.» «Infatti. Ma ho sentito sul suo conto cose che non mi piacciono. Dovrebbe esserci anche lui, oggi. Vo-glio vedere come si comporta.»

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«Ti riconoscerà.» «Vestito da lavoro? Ne dubito. Mi ha visto una volta sola, dietro una scrivania.» «Se lo dici tu. Sarò pronta.» «Meglio che tu lo sia, o ti vestirò io» minacciò. «Jason!» Ma lui aveva già riappeso. Gracie si alzò e posò la paletta. «Signora Har-court, dovremo chiedere a Manuel di finire di disso-dare queste aiuole» annunciò, salendo i gradini. «Ja-son mi porta a un'asta.» «Va bene, cara.» La governante dai capelli grigi annuì. Era alta e grassoccia, con gli occhi neri e un bel sorriso. Era venuta a lavorare per i Pendleton pri-ma ancora della nascita di Jason ed era considerata una di famiglia. Viveva lì, nella grande proprietà di San Antonio, come la cameriera Dilly, e l'autista John. Occasionalmente, il personale si trasferiva al ranch di Comanche Wells per qualche settimana, so-prattutto quando Jason riceveva ospiti là. A volte si trattava di leader internazionali che avevano bisogno di una pausa dal ritmo frenetico della loro vita quo-tidiana, di uomini politici ed esponenti governativi ansiosi di sfuggire a uno scandalo, o di qualche mi-lionario in cerca di privacy. Ma Jason sceglieva gli amici per il loro carattere, non per la ricchezza. Era una delle tante cose che Gracie amava di lui. Aveva un gran cuore ed era sensibile ai problemi delle per-sone meno fortunate. Donava generosamente ad as-sociazioni benefiche. Eppure, non era un uomo che si facesse avvicinare facilmente. Era un introverso. Gli era difficile relazionarsi con gli altri. Di conseguenza, era una persona che poteva intimidire i suoi ospiti. Solo con Gracie riusciva a rilassarsi e a essere se stesso. Era, riteneva lei, una

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questione di fiducia. Jason si sentiva al sicuro con lei, ed era una cosa reciproca. Che peccato, diceva sempre Barbara, la proprieta-ria di un ristorante di Jacobsville, che Jason e Gracie fossero fratello e sorella, dato che avevano tante co-se in comune. Gracie non mancava mai di far notare all'amica che tra loro non c'erano legami di sangue. Il padre di Jason aveva sposato la madre di Gracie quando i due ragazzi erano già grandi. Dopo che Cynthia aveva perso la vita in un inci-dente d'auto solo due settimane dopo le nozze, My-ron Pendleton aveva tenuto Gracie con sé, sapendo che non aveva altri parenti in vita, e pochi mesi più tardi le aveva dato un'altra sorellastra, Gloryanne Barnes, ora sposata con Rodrigo Ramirez, unendosi in matrimonio con la madre di Glory, Beverly. Glory e Gracie erano ottime amiche. Avevano in comune più di quanto la gente immaginasse. Da ra-gazzine, a scuola, erano state loro due contro il mondo, perché entrambe avevano subito traumi in-fantili e nessuna delle due era a proprio agio con l'al-tro sesso. Raramente erano uscite con i coetanei. Erano state persino vittime di alcuni episodi di bullismo, che Ja-son aveva discretamente stroncato prima che le cose degenerassero. Ancora oggi, Glory restava la sorella che Gracie non aveva mai avuto. Si fece la doccia e si asciugò i capelli, poi indossò una T-shirt color rosa confetto e dei jeans con un tralcio di rose ricamato lungo una gamba. Cedendo a un impulso del momento, si spazzolò i lunghi capelli biondi e li raccolse in due treccine. Quando si sorrise allo specchio, i suoi occhi grigi scintillarono. Aveva una carnagione liscia e luminosa. Non aveva una bellezza appariscente, ma era molto carina, nel suo

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modo timido. Si guardò meglio e fece una smorfia, chiedendosi se fosse il caso di portare le trecce alla sua età. Certe volte faceva cose che sconcertavano gli altri. Quel piccolo inceppo nel suo cervello le combinava strani scherzi. Be', era troppo tardi per disfarle. Si mise uno zai-netto in spalla e infilò gli stivali sopra un paio di cal-zettoni. Un clacson suonò davanti alla porta. Jason, impa-ziente come sempre. Mentre si precipitava giù per le scale, rischiando di rompersi il collo, le venne in mente che aveva la-sciato il cellulare in camera. Esitò. Poi continuò a scendere e uscì. «Sarò fuori a pranzo!» gridò alla signora Har-court. «Va bene, cara» rispose la governante di rimando. Jason stava tamburellando le dita sul volante. Si girò a guardarla correre giù dal portico dell'elegante casa di mattoni e attraversare in volata il piazzale circolare, dove il grosso pick-up nero del ranch era in attesa con la portiera aperta. Gracie saltò sul sedile e sbatté la portiera. «Lo so, lo so, sono in ritardo, ma ho dovuto farmi la doccia» si scusò, mettendosi ad armeggiare con la cintura di sicurezza. «Non potevo mica uscire con i capelli pieni di terra!» Jason la guardò da sotto l'ampia tesa dello Stetson color panna. La bocca non sorrideva, ma i suoi occhi sì. Anche lui era in jeans, con copricalzoni di cuoio e vecchi stivali a punta tutti macchiati. La camicia di denim era scolorita. Malgrado l'immacolata cura del-le sue belle mani abbronzate, aveva l'aspetto di un comune cowboy. Che uomo sexy!, sospirò Gracie, spiandolo di sop-

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piatto. Alto e con le spalle larghe, aveva un fisico che raramente si vedeva al di fuori dei film western di Hollywood. Portava i capelli corvini tagliati corti, e aveva una carnagione olivastra che aveva eredita-to, come gli occhi neri, da un nonno spagnolo. La sua non era una bellezza classica, ma aveva un viso molto mascolino, asciutto e dalla mascella squadra-ta, con gli zigomi alti e una bocca tanto sensuale da far sospirare di rimpianto Gracie. Jason non l'aveva mai baciata. Almeno, non come un uomo può bacia-re una donna. Il loro non era un rapporto di quel ti-po. Jason non era un donnaiolo. Frequentava delle ragazze, ovviamente, Gracie ne era sicura. Ma non le aveva mai portate a casa. «Brutti pensieri, bambolina?» scherzò lui, sorri-dendole con i perfetti denti smaglianti. «Stavo pensando a quanto sei bello» rispose Gra-cie senza riflettere, poi arrossì e fece una risatina nervosa. «Scusa. La mia bocca e il mio cervello sono disconnessi.» Jason non sorrise. I suoi occhi neri scivolarono sul viso di lei prima di tornare alla strada. «Neanche tu sei tanto male.» Lei giocherellò con la cintura di sicurezza. «Qual-cun altro del gruppo di Jacobsville verrà a quest'a-sta?» «Cy Parks, J.D. Langley e Leo Hart. Gli Hart han-no messo gli occhi su uno di quei tori giapponesi che vengono allevati per la produzione di manzo Kobe.» «Non dirmi che Leo abbandona i tori Salers!» e-sclamò Gracie. Jason rise. «Non del tutto. Ma se consideri quanto si vende bene il manzo giapponese, non dovresti sor-prenderti. È tenerissimo, magro, ed è diventato un mito tra i consumatori. Siamo in una guerra di mer-cato, sempre alla ricerca di innovativi metodi di pro-

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duzione e più aggressive tecniche di marketing per contrastare la caduta delle vendite.» «Non presiedi il comitato marketing dell'associa-zione allevatori?» «Non più. Ho dovuto rinunciare. Questo dannato affare con la Germania sta assorbendo tutte le mie energie.» Gracie sapeva che stava trattando per l'acquisizio-ne di una compagnia informatica di Berlino che pro-duceva un nuovo tipo di microchip. I negoziati per la fusione erano alla terza, cruciale settimana. Presto avrebbe dovuto recarsi in Europa per occuparsi del takeover, perché la persona a cui aveva affidato la responsabilità dell'operazione aveva dato le dimis-sioni per problemi personali. Jason non voleva tro-vargli un sostituto. Era un negoziato troppo delicato e in fase troppo avanzata per introdurre un nuovo e-lemento. Avrebbe dovuto occuparsene personalmen-te. «Potresti mandarci Grange, in Germania» mormo-rò Gracie con un sorrisetto malizioso. Grange era il nuovo sovrintendente del ranch e si era rivelato una risorsa preziosa. Il suo trascorso militare lo rendeva ideale per la posizione. L'ex maggiore dell'esercito non aveva problemi a impartire ordini e farsi rispet-tare. Jason si girò a guardarla e le fece una smorfia. «Grange negozia come un militare. Non lo sapevi? Non si può salire in aereo armati.» «Grange è tanto grosso che riuscirebbe a intimidi-re quei manager tedeschi anche senza mitra.» Jason si accigliò. Non gli piaceva quando Gracie parlava di Grange. Né gli piaceva che Grange si in-teressasse a lei. Non lo dava a vedere, ovviamente. Si limitava ad assicurarsi che Grange fosse occupato altrove quando Gracie era in visita al ranch. Gli oc-

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chi neri di Jason scivolarono lungo il corpo snello di lei, in jeans aderenti e T-shirt. La mano sul volante si contrasse. Gracie non lo notò. Sorrideva guardan-do dal finestrino un gruppo di bambini che giocava nel cortile in terra battuta di una casupola. Il granaio dove si teneva l'asta straripava di gente. Gracie seguì Jason all'interno, fermandosi quando lo faceva lui per parlare con qualche collega allevatore. Il banditore aveva scorto Jason non appena lui era entrato nella sala, e i due uomini si erano salutati con un cenno del capo. Gracie non vedeva il gruppo di Jacobsville, ma c'era una gran folla. Le uniche sedie libere erano sul fondo, contro un muro, ma Jason non parve contrariato. Nel sedersi, salutò cortesemente un allevatore sco-nosciuto seduto nella fila davanti a loro. L'uomo in-dossava un abito firmato e stivali nuovi ben lucidati. Guardò Jason con aria vagamente sprezzante, notan-do gli indumenti da cowboy e i vecchi stivali con gli speroni. «Bella giornata per un'asta» commentò Jason cor-dialmente. L'uomo storse un po' la bocca. «Per quelli di noi che possono permettersi di comprare, lo è di sicuro. Lei lavora per un ranch della zona?» Lo squadrò. «Si faccia pagare di più» aggiunse, voltandogli le spalle. Gracie aveva seguito lo scambio di battute e sog-ghignò a Jason, ma lui non ricambiò il sorriso. I suoi occhi neri erano feroci. Si sedettero e aspettarono che nell'arena scendesse il silenzio perché l'asta po-tesse cominciare. Gracie si chinò in avanti. «Chi è?» sussurrò all'o-recchio di Jason, indicando l'uomo seduto nella fila davanti a loro. Lui non rispose. Si limitò a indicare il podio, dove

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il banditore stava battendo un dito sul microfono. Il direttore d'asta salutò gli allevatori, parlò bre-vemente dei capi in vendita e iniziò con un lotto di vitelli Black Angus. Jason si appoggiò all'indietro, in silenzio, l'espressione attenta. A Gracie piaceva tantissimo partecipare a queste aste con lui. Era uno dei ricordi più piacevoli della sua adolescenza. Da ragazzina, lo aveva seguito co-stantemente, dal mercato bestiame alle stalle. Al principio la cosa lo aveva infastidito, poi l'aveva tro-vata divertente. Alla fine, Jason aveva capito che non era il mondo degli allevatori ad attrarla, ma il piacere della sua compagnia. Gracie era distaccata, a volte persino fredda, con i coetanei e, in generale, con gli uomini di qualsiasi età, ma adorava Jason e si vedeva. Con il passare degli anni, si era guadagnata il soprannome l'ombra di Jason. Lui ne era parso quasi lusingato. Glory non si era mai interessata al bestiame, ma Gracie era affascinata da ogni aspetto dell'alleva-mento. Ancora oggi, Jason raramente si faceva ac-compagnare da qualcuno diverso da Gracie quando andava alle aste, o a cercare nuove attrezzature, o anche solo a fare un giro in macchina per controllare il ranch. Di indole solitaria, si trovava molto a suo agio con la sorellastra. Lei studiò il programma, poi batté sulla mano di lui. Jason guardò il punto che Gracie indicava sul foglio e annuì. Era il lotto successivo, una partita di open heifer purosangue Santa Gertrudis. Jason, come ogni buon allevatore, aveva già delle heifer pronte a sostituire annualmente quelle che non avevano figliato. Ma queste giovani femmine erano eccezionali. Proveni-vano da una divisione del King Ranch, con un puris-simo pedigree. Jason voleva migliorare la sua razza.

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Il banditore citò il lotto e diede inizio alle offerte. L'allevatore seduto davanti a loro alzò la mano per accettare la cifra. Ci fu un aumento sul prezzo base di dieci dollari a capo. Jason si grattò l'orecchio. L'offerta salì di venti dollari a capo. «Sapevano che sarei venuto» disse compiaciuto lo sconosciuto al suo accompagnatore. «Non ti avevo detto che i prezzi avrebbero fatto un balzo in su non appena avrei fatto la prima offerta?» Jason non fece commenti. Ma i suoi occhi erano gelidamente divertiti. L'allevatore salì di dieci dolla-ri, Jason raddoppiò l'offerta. Il prezzo salì a cento, cinquecento, mille, duemila. «Chi diavolo starà offrendo contro di me?» bor-bottò lo sconosciuto al suo accompagnatore, guar-dandosi attorno. «Nessuno, qui, dà l'impressione di potersi comprare un rimorchio da cavalli, figuriamo-ci dei Santa Gert purosangue!» «Offri di più» suggerì il compagno. «Sei pazzo?» brontolò l'uomo. «Sono al limite. Vorrei potermi mettere in contatto con il mio capo, ma non è in ufficio. Non gli farà piacere sapere che mi sono lasciato battere, per quelle giovenche. Le voleva a tutti i costi.» La cifra fu chiamata dal banditore. L'uomo seduto davanti a loro restò zitto, fumante di rabbia. Jason si toccò l'orecchio. L'importo venne ripetuto una, due, tre volte, poi il banditore batté il martelletto. «Venduto!» Non citò il nome dell'acquirente, secondo gli ac-cordi che aveva preso con Jason prima dell'inizio dell'asta. Aveva già in mano l'assegno in bianco e sapeva dove consegnare il lotto e come. Jason e Gracie uscirono dal granaio nel sole. An-che lo sconosciuto che era stato seduto davanti a loro uscì. Intento a comporre un numero sul cellulare, ur-

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tò Jason nel passare. «Sta' attento a dove vai, eh?» sibilò, continuando a camminare. Jason fissò la schiena dell'uomo con occhi assas-sini. Ma, dopo un attimo, si stirò rilassato e sorrise a Gracie. «Fame?» «Potrei mangiare una mucca intera» scherzò lei, uno scintillio negli occhi. «Persino una Santa Gert!» «Cannibale!» esclamò lui, ridacchiando. «Andia-mo.» Jason era venuto al volante di uno dei pick-up del ranch. Erano buoni mezzi, funzionali, ma di qualità media. Jason conteneva i costi, almeno dove poteva. Lo sconosciuto e il suo accompagnatore montarono su un'auto di lusso e si allontanarono rombando. Era una bella macchina. Ma niente a che vedere con la potente Jaguar di Jason. «Speriamo di non incontrare più quell'elegantone che era seduto davanti a noi» borbottò Gracie. «Che arrogante.» «Tipi come lui finiscono per abbassare la cresta» assicurò Jason con noncuranza. «Carino da parte sua venire qui a mostrarci come dovrebbero vestirsi i veri allevatori» scherzò Gracie, mentre montava sul pick-up e si allacciava la cintura di sicurezza. Gli lanciò un'occhiata eloquente. «Fai fare brutta figura alla categoria, presentandoti così a un'asta tanto raffinata!» «Parla per te» ribatté lui. Mise in moto. «Non si può proprio dire che tu sia la bella del ballo.» «Sto comoda» protestò Gracie. «Me lo hai detto tu di venire vestita sportiva.» Jason la guardò in un modo che la fece sentire tut-ta calda dentro. «Staresti bene anche con addosso un sacco da farina, dolcezza» le disse con aria solenne. «Carine le trecce, a proposito.» Lei fece una risata nervosa, tirandosene una. «So-

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no troppo da ragazzina per me, lo so, ma non avevo voglia di farmi la coda come al solito.» «Mi piacciono.» Jason guidò fino a un vicino ristorante, noto per le squisite bistecche, e parcheggiò il pick-up. Lui e Gracie erano appena saliti sul portico, quando un'au-to di lusso si fermò lì davanti. Jason storse la bocca, divertito. «Una cosa si può dire, a favore di quell'uomo. Ha buon gusto in fatto di cibo.» La cameriera li fece accomodare a un tavolo men-tre l'allevatore sconosciuto e il suo accompagnatore si mettevano in coda. «Guarda chi arriva dalla stalla» chiamò scherzo-samente Cy Parks, mentre Jason e Gracie si sedeva-no a un tavolo accanto al suo. «Senti chi parla, Parks» ribatté Jason, pronto. «Come sta Lisa?» chiese Gracie. Le sopracciglia di Cy si mossero su e giù. «In dol-ce attesa» rispose, con un sorriso da orecchio a orec-chio. «Siamo sulla luna per la felicità.» «Oh!» sussurrò Gracie. «Congratulazioni.» «Nostro figlio aveva bisogno di un compagno di giochi» spiegò l'uomo. Alzò gli occhi mentre Leo Hart, J.D. Langley e Harley Fowler, il sovrintenden-te di Cy, tornavano dal buffet con i piatti pieni di in-salata. Cy fece una smorfia sprezzante. «Lattuga! Buon Dio, non credevo che avrei visto il giorno in cui dei rancheri avrebbero ordinato cibo da conigli al ristorante.» «Ci uniamo alla lobby dei verdi» disse Leo, ridac-chiando. «Ciao, Jason. Gracie. Siete stati all'asta, eh?» «Sì.» Jason annuì. «Non vi abbiamo visti.» «Eravamo sul lato opposto del granaio» borbottò J.D., lanciando un'occhiata verso l'allevatore in giac-ca e cravatta che si era appena seduto poco lontano.

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«Per evitare l'appestato damerino» aggiunse poi. «Chi è?» sussurrò Gracie. Harley Fowler le sorrise. «Dovrebbe saperlo.» «Io?» esclamò Gracie, perplessa. «Perché, lo co-nosco?» «Be', se non lei, dovrebbe conoscerlo il signor Pendleton» precisò Harley. Jason gli lanciò un'occhiataccia. «Il signor Pendle-ton era mio padre.» Harley arrossì un po'. «Scusi.» «Jason non ama le cerimonie» spiegò Gracie, sor-ridendo al ragazzo. «È informale con tutti.» «Non proprio con tutti» sibilò Jason, gli occhi fissi sullo sconosciuto che stava venendo verso di loro. Il suo corpo muscoloso si irrigidì per la tensione. «Calmo» lo ammonì Gracie a bassa voce. Non vo-leva che scoppiasse una rissa proprio lì, e sapeva che Jason aveva un punto di ebollizione molto basso. Il ranchero griffato lo aveva già provocato. «Ma guarda, la lobby di Jacobsville» li salutò l'uo-mo con un sorrisetto sarcastico. «Gli allevatori che accarezzano le mucche.» Jason si appoggiò all'indietro contro lo schienale, allungando le gambe sotto il tavolo. «Non c'è niente di male nel trattare in modo decente il bestiame» disse con calma. L'uomo gli lanciò un'occhiata vagamente sprez-zante. «Mi scusi, ma non ricordo di averle chiesto la sua opinione. Lei potrà anche lavorare con le man-drie, ragazzo mio, ma scommetto che non possiede nemmeno un capo. Perché non si interessa degli af-fari suoi e non lascia che siano gli allevatori a parla-re di bestiame?» Gli occhi neri di Jason si fissarono sul viso del-l'uomo con un'intensità che avrebbe lasciato il segno su uno che avesse la pelle meno spessa.

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«Non si è poi aggiudicato quel lotto di heifer San-ta Gertrudis per cui era venuto all'asta, vero?» insi-nuò Cy Parks. Lo sconosciuto fece una smorfia. «Strofina sale sulle ferite? Suppongo sia stato lei a battermi.» «No. Non io. Io ero venuto per i vitelli Santa Gert. Quelli li ho comprati.» Gli occhi verdi di Cy si strin-sero. «Il suo capo lo aveva mandato a comprare quelle giovenche, ho saputo.» L'uomo corrugò un labbro. «Mi ha mandato con metà della somma che mi sarebbe servita» disse, seccato. «E mi ha raccomandato di non salire. Che incompetente! Scommetto che non distinguerebbe una giovenca da un toro. Se ne sta seduto nel suo bell'ufficio a dire ai veri mandriani come si compra-no le bestie!» Cy lo studiò con freddezza. «Questo atteggiamen-to non la porterà lontano nell'organizzazione Pendle-ton, signore.» «Non è colpa mia se il capo non sa come si fanno offerte a un'asta. Dovrò educarlo.» Al tavolo, ci fu un ansito collettivo. Il sopracciglio di Jason si inarcò. Cominciava a divertirsi. «Sapete per caso chi continuava a superare le mie offerte per quelle heifer?» chiese l'uomo, incuriosito. Tutti quelli che erano seduti al tavolo di Cy Parks indicarono Jason Pendleton. Lo fece anche Gracie. Lo sconosciuto si girò verso l'uomo che aveva snobbato per buona parte della giornata. Jason si tolse lo Stetson e lo fissò con i gelidi oc-chi neri. «Le ha comprate lei, quelle giovenche? E con qua-li soldi?» esclamò il ranchero con arroganza. Squa-drò Gracie. «Lei sembra uno che non può permetter-si neanche un vitello malaticcio, e la sua ragazza non è certo una donna di classe. Allora, per chi lavora?»

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Jason non apprezzò la battuta su Gracie. Il vago divertimento si trasformò in puro astio. «Potrei fare la stessa domanda a lei.» «Lavoro per l'organizzazione Pendleton.» Jason si irrigidì. «Non più.» «E chi si crede di essere, lei, per dirmi una cosa simile?» Gli occhi neri scintillarono. «Jason Pendleton.» L'elegante ranchero fissò il cowboy stracciato con evidente disprezzo. Poi, davanti agli occhi, gli passò il quadro che aveva visto nel quartier generale della Pendleton Corporation, in città, sopra il camino. L'uomo del ritratto era identico a quello che lo fissa-va truce dal tavolo. «Lei è il... il signor Pendleton?» balbettò, avvampando. «Non l'avevo riconosciuta!» Jason stava giocherellando con il bicchiere. I suoi occhi tenevano prigioniero lo sguardo dell'altro. «Peccato» mormorò. Il ranchero parve perdere dignità e arroganza nello stesso istante. «Non sapevo...» bofonchiò. «Ovviamente» replicò Jason, asciutto. «Volevo verificare il suo modo di operare prima di darle mandato come mio rappresentante. È stata una buo-na idea. Le piace umiliare le persone, vero? Be', non lo farà sul mio libro paga. Ritiri il suo ultimo salario in ufficio. C'è bisogno che io pronunci le parole?» Il ranchero strinse i denti. «Non può farmi una co-sa simile! Accidenti, non si licenzia uno perché ha perso un'asta...!» iniziò, belligerante. Jason si alzò. Era più alto dell'altro di tutta la te-sta, e aveva un'aria minacciosa. Gli uomini seduti al tavolo di Cy si irrigidirono. «Ho detto...» iniziò Jason con un tono lento e mi-naccioso. «Ritiri il suo ultimo salario.» Le grosse mani si strinsero a pugno lungo i fianchi.

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L'accompagnatore del ranchero se ne accorse e af-ferrò l'amico per un braccio, trascinandolo via. Evi-dentemente, riguardo al temperamento di Jason Pen-dleton, era al corrente di cose che l'altro ignorava. Gracie toccò gentilmente la mano di Jason. Lui la guardò e si calmò un po'. Tornò a sedersi. Ma conti-nuò a fissare accigliato la schiena dell'uomo che sta-va battendo in ritirata. L'amico gli parlava in tono concitato, indicando Jason Pendleton. L'uomo si girò una volta verso gli allevatori di Jacobsville e fece una smorfia. Ma non tornò a sedersi al suo tavolo. Stava lasciando il ristorante. «Chi è?» chiese Gracie. «È, o meglio era, il tizio che avevo assunto per andare alle aste di bestiame per mio conto. Barker. Quello su cui mi erano giunte voci strane. Per fortu-na l'ho controllato. Ci avrebbe fatto perdere degli af-fari, con quell'atteggiamento. Non mi piace chi giu-dica le persone basandosi sulle apparenze.» «Per questo, allora, superavi tutte le sue offerte.» Jason annuì. «Ho dovuto metterlo sotto pressione per vedere come reagiva. Ero d'accordo con il bandi-tore, perciò non dovrò pagare quella somma esorbi-tante. Ho fissato un prezzo equo prima dell'asta.» Gracie corrugò le labbra ed emise un fischio bas-so. «Oh, capperi!» «Scommetto che non è quello che sta dicendo Barker in questo momento» disse Harley Fowler, ri-dacchiando. «Ecco che cosa ci si guadagna a giudi-care le persone dai vestiti che indossano. Non c'è niente di male nel mettersi degli indumenti comodi.» Fece un sorriso d'intesa a Jason e rivolse la sua at-tenzione a Gracie. «Suppongo che lei non esca con dei sovrintendenti di ranch, signorina Gracie, ma, se mi sbagliassi, mi piacerebbe moltissimo portarla da Shea's e mostrarle che bravo ballerino sono...»

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Si interruppe perché ora Jason stava fissando lui, e con uno sguardo ancora più assassino di quello che aveva riservato a Barker. «Uh, scusatemi, è meglio che finisca di mangiare in fretta e torni al lavoro» borbottò Harley, abbas-sando gli occhi sul piatto. Gracie stava guardando Jason a bocca aperta, ma fu distratta dall'arrivo della cameriera che veniva a ritirare le loro ordinazioni. «Come mai quella reazione?» chiese esitante, quando alla fine del pranzo tornarono sul pick-up. «Barker?» chiese Jason distrattamente. «No. Harley.» La mascella si contrasse. «Harley è solo un ragaz-zino.» Lei era sconcertata. «Un ragazzino simpatico» protestò. Jason non fece commenti. Gracie si girò sul suo sedile, accigliata. Jason era strano, ultimamente. Lei non capiva il motivo di tan-ta irritabilità. Decise di lasciarlo ai suoi pensieri. Jason fu insolitamente taciturno per tutto il tragitto di ritorno. Accese la radio per coprire il silenzio. Il modo in cui si era comportato con Harley la sconcer-tava. Non era da lui mostrarsi scortese con i subal-terni, soprattutto se erano cowboy. Inoltre, aveva ap-pena chiarito che non gli piacevano le persone che trattavano con disprezzo i lavoratori. Jason non conosceva bene Harley, ma aveva sem-pre dato l'impressione di trovarlo simpatico. O al-meno, così era stato fino a quel giorno. Era come se si fosse ingelosito dell'interesse che Harley aveva mostrato per lei. Era assurdo, ovviamente. Jason era affettuoso, ma tra loro non c'era nulla di più. Gracie sospirò, pensando a come avrebbe reagito se dav-vero Jason l'avesse corteggiata come un innamorato.

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L'amore era un conto. Il sesso... Ebbene, bastava quel pensiero per terrorizzarla. Lei non era sicura di poterlo fare. Neppure con Ja-son, e lui era l'unico uomo della sua vita e nel suo cuore da anni.

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Dritto al cuoredi Diana Palmer

Gracie Marsh vive nella stessa casa con Jason Pendleton da quando i loro genitori si sono sposati. Tra i due non c’è alcun legame di sangue, ma forse qualcosa di più intenso. È proprio un bacio appassionato a svelare i veri sentimenti di entrambi. Allora perché lei lo respinge?

I ponti di Virgin Riverdi Robyn Carr

Una telefonata inaspettata e Mike Valenzuela non esita a recarsi da Brie Sheridan, sorella del suo migliore amico Jack, che è sta-ta aggredita da un criminale. Da quando si è trasferito a Virgin River, Mike è un uomo nuovo che scopre di sapere amare una donna dal profondo di sé. E adesso vuole solo una cosa: stare vicino a Brie finché lei non avrà superato le sue paure.

Il profumo del tuo respirodi Susan Wiggs

Esiste esperienza più sconvolgente che essere testimone del tra-dimento del marito? Sarah Moon decide allora di tornare a Glen-muir, nella California del nord, dove ritrova la famiglia e i vecchi amici. L’atmosfera tranquilla del luogo è quello che ci vuole per riconquistare la forza di andare avanti.

Segui l’amoredi Susan Andersen

Poppy Calloway si getta anima e corpo nei progetti a cui si de-dica. Ora è impegnata a insegnare arte a degli adolescenti, per cercare di toglierli dalla strada. L’impresa, però, non si rivela semplice, soprattutto perché dovrà lavorare gomito a gomito con l’attraente e austero Jason de Sanges.

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Ad agosto un altro irrinunciabile appuntamento con quattro tra le

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Sherryl Woods

ci accompagna ancora una volta nella

tranquilla cittadina di Serenity,

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