i collegamenti chiodati, bullonati e saldati

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Unioni chiodate. Unioni bullonate. Unioni ad attrito con bulloni. Unioni saldate. Collegamento pilastro fondazione. Appoggi ed articolazioni per contatto. L’effetto leva. Le travature reticolari.

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Vincenzo PerroneI COLLEGAMENTI CHIODATI,BULLONATI E SALDATI

H E V E L I U SE D I Z I O N I

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4 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

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52. Unioni chiodate

Indice

1 COLLEGAMENTI: GENERALITÀ 13

2 UNIONI CHIODATE 212.1 Giunto elementare: tensioni nominali 232.2 Giunzione di un tirante di lamiera 28

Esempio N. 1: Calcolo del giunto chiodato, con doppiocoprigiunto, di un tirante formato da un largo piatto 34

2.3 Giunto sollecitato da forza eccentrica 36Esempio N. 2: Calcolo della giunzione, con doppiocoprigiunto, di un ferro piatto a sbalzo, sollecitato damomento flettente e taglio 40

2.4 Giunto sollecitato da momento e taglio 44Esempio N. 3: Calcolo di un giunto a flangia, che unisceuna mensola IPE ad un montante 48Esempio N. 4: Calcolo di un giunto a flangia, sollecitatoda momento flettente, momento torcente e taglio 51

2.5 Chiodature correnti nelle travi composte 52Esempio N. 5: Calcolo di una trave composta a doppio T,in acciaio, ottenuta mediante lamiere e cantonali 60

3 UNIONI BULLONATE 67

4 UNIONI AD ATTRITO CON BULLONI 814.1 Giunto ad attrito sollecitato da solo sforzo assiale 86

Esempio N. 6: Giunzione ad attrito di un tirante costituitoda una coppia di profilati ad U 88

4.2 Giunto ad attrito sollecitato da momento e taglio 89Esempio N. 7: Calcolo di un giunto a doppia flangiasollecitato da momento e taglio 90

5 UNIONI SALDATE 935.1 Generalità 935.2 Prescrizioni regolamentari 1025.3 Classificazione delle saldature 1055.4 Verifiche di resistenza 107

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Esempio N. 8: Calcolo di verifica di un collegamentosaldato trave-colonna (nodo incastro) 117Esempio N. 9: Calcolo del collegamento saldato,a totale ripristino, di un tirante di lamiera 120Esempio N. 10: Definizione di un nodo d’angolo di un telaio,a completo ripristino 123Esempio N. 11: Verifica di un giunto saldato 133

6 COLLEGAMENTO PILASTRO-FONDAZIONE 1376.1 Generalità 1376.2 Verifica della sezione di contatto piastra-plinto di fondazione 1396.3 Verifica della piastra metallica 1426.4 Lunghezze d’ancoraggio dei tirafondi 142

Esempio N. 12: Calcolo di un giunto di basedi un montante HE 160 B 146

7 APPOGGI ED ARTICOLAZIONI PER CONTATTO 159

8 L’EFFETTO LEVA 167

9 LE TRAVATURE RETICOLARI 1759.1 Generalità 1759.2 Risoluzione matriciale delle travature reticolari piane 1889.3 Particolari costruttivi delle travature reticolari piane 203

Esempio N. 13: Proporzionamento di una copertura formatada capriate metalliche, lamiera grecata, soletta di cls.,strati di impermeabilizzazione e manto di tegole 210

Appendice: sagomario 231

Bibliografia 261

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Elenco dei simboli

a distanza tra il baricentro di un chiodo o di un bullone e il marginenella direzione dello sforzo

a1 distanza tra il centro di un chiodo o di un bullone e il margine nelladirezione ortogonale allo sforzo

b based diametro di un chiodod1 diametro di un foro (che deve essere attraversato da un chiodo di

diametro d)dm diametro medio di un bullonedn diametro del nocciolo della filettatura, in un bullonee eccentricitàh altezzaki

j(r) termine di rigidezza riferito all’asta (r) di una generica travaturareticolare

i interassel lunghezza di un’astal(r) lunghezza dell’asta (r)n asse neutro oppure numero degli organi di unione, in un collega-

mento chiodato o bullonatop distanza tra centro e centro di chiodi contigui oppure passo di

filettaturaq carico distribuitor raggio di curvatura oppure raggio di un rullo o di una sfera negli

apparecchi di appoggiori distanza tra il baricentro dell’i-esimo chiodo o bullone e il baricen-

tro G della chiodatura o bullonaturas spessoreu spostamento orizzontalev spostamento verticalew raggio del nocciolox, y, z assi cartesianiyi distanza dall’asse x all’i-esima fila orizzontale di chiodi o bulloniyn distanza dall’asse neutroα angolo oppure coefficiente adimensionaleγ scorrimento angolare

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δ spostamentoδi ente spostamento legato alla direzione iε deformazioneεR deformazione a rotturaεs deformazione al limite elastico = σs / Eλ lunghezza di ancoraggio di un tirafondo oppure snellezza di un’astaµ coefficiente di attritoνf coefficiente di sicurezza contro lo slittamentoρx raggio d’inerzia rispetto all’asse xρy raggio d’inerzia rispetto all’asse yσ tensione normaleσadm tensione normale ammissibile dell’acciaioσb,adm tensione normale ammissibile relativa a un chiodo o a un bulloneσcam tensione normale ammissibile di un conglomerato cementizioσc,max tensione normale massima nel calcestruzzoσid tensione idealeσrif tensione di rifollamentoσrif,adm tensione ammissibile di rifollamentoσs tensione normale a limite elastico (ritenuta coincidente con quella

di snervamento nel diagramma σ ε di Prandtl)σ⊥ σ// tensioni normali in un cordone di saldatura, riferite alla sezione

di gola ribaltataτ tensione tangenzialeτadm tensione tangenziale ammissibile dell’acciaioτb tensione tangenziale in un bullone (τbo quando è orizzontale e τbv

quando è verticale)τb,adm tensione tangenziale ammissibile in un chiodo o in un bulloneτ⊥ τ// tensioni tangenziali in un cordone di saldatura, riferite alla sezione

di gola ribaltataϕ rotazioneφ diametro di un tondo, tirafondo o chiodoχ curvaturaω area della sezione retta di un chiodoωb area della sezione retta del gambo di un bullone (parte non

filettata)ωres sezione resistente, relativa alla parte filettata di un bulloneA area della sezione retta di un’astaB larghezza dell’ala di una sezione a doppio TE modulo di YoungF forza

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Fi forza esterna nodale agente in direzione iFf forza trasmissibile per attritoFf,red forza trasmissibile per attrito in un giunto i cui bulloni sono anche

sollecitati a trazioneG modulo di elasticità tangenziale oppure baricentro (di una figura o

di una chiodatura o di una bullonatura)H altezza complessiva di una sezione a doppio TIG momento di inerzia polare di una chiodatura o di una bullonatura,

rispetto al punto G.Ix momento di inerzia assiale di una sezione o di una chiodatura o di

una bullonatura, rispetto all’asse xM momento flettenteMmax momento flettente massimoMRS momento flettente all’estremo R dell’asta RSMs coppia di serraggio di un bullone (nelle unioni ad attrito)N sforzo normaleNb sforzo di trazione nel gambo di un bullone (nelle unioni ad attrito)

oppure sforzo di trazione in un tirafondoNp sforzo normale di completa plasticizzazione di una sezione (sforzo

normale plastico)O componente orizzontale di una forzaP forzaQ risultante di un carico distribuitoR risultante oppure reazione vincolare (RA = reazione del vincolo A;

R1 = risultante degli sforzi di trazione nella prima fila di chiodi;ecc.)

Rbk resistenza caratteristica cubica, a 28 gg. di maturazione, di un cls.Sx momento statico, rispetto all’asse xT taglioTRS taglio all’estremo R dell’asta RSV componente verticale di una forzaWx modulo di resistenza elastico = Ix / ymaxWp modulo di resistenza polare di una chiodatura = Ip / rmaxX, Y, Z iperstatiche

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Questo libro nacque, alcuni anni fa, come dispensa didattica per gli Allievi delcorso di Tecnica delle Costruzioni, da me tenuto presso la Facoltà di Architet-tura di Napoli. Ed è bene dirlo esplicitamente, affinché il lettore comprendaperché i vari argomenti sono esposti in forma piana, si è abbondato con gliesempi numerici, si è inserito un ampio stralcio del profilatario, vi è qualcherichiamo di Scienza delle Costruzioni, ecc. Lo scopo era di fornire agli Allieviun testo di studio scorrevole, che potesse, anche, essere utile nella futura attivi-tà professionale.

Il libro è, oggi, edito da Hevelius e non ha perso i suoi caratteri originari, ditesto universitario; può, però, essere utile anche al professionista, in qualchecircostanza pratica o per inquadrare alcune questioni, prima di approfondirle, senecessario, sui testi specialistici. Pertanto, questo lavoro non è indirizzato a tec-nici esperti nel settore delle strutture metalliche, ma a chi non ha molte occasionidi utilizzare l’acciaio, come materiale strutturale e, quando gli capita, gradirebbeavere a disposizione, oltre ai testi sacri, una pubblicazione che consenta di recu-perare le conoscenze acquisite sui banchi dell’Università e che il tempo ha unpo’ sbiadito. Solo in questo modo il libro può avere un suo spazio editoriale: nonha la pretesa di competere con gli eccellenti testi specialistici (tra i quali, ve nesono alcuni molto interessanti e moderni, specialmente in lingua inglese) ma puòessere utile al progettista che, di tanto in tanto, incontra il problema di definire icollegamenti di un’ordinaria struttura d’acciaio.

Ovviamente, questo lavoro continua ad essere indirizzato ai miei Allievi,con la speranza che serva a far nascere in loro un vivo interesse per le strutturein acciaio, e che quest’interesse li induca ad approfondire, negli anni, le loroconoscenze su quei testi specialistici ai quali prima facevo cenno.

L’acciaio è uno splendido materiale strutturale ed è veramente un peccatoche non sia maggiormente utilizzato nel nostro Paese.

È opportuno fare una piccola precisazione: in questo libro abbiamo usato ilpunto come segno di separazione decimale (π è, allora, 3.14 e non 3,14). Co-m’è noto, nell’uso continentale europeo, la separazione decimale viene rap-presentata con la virgola, nell’uso anglosassone - ma anche nelle calcolatrici e,sovente, col computer - si usa invece il punto. In genere, quindi, noi abbiamousato, come separatore decimale, il punto.

Napoli, agosto 2002 Vincenzo Perrone

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1. COLLEGAMENTI: GENERALITÀ

I collegamenti costituiscono la parte forse più delicata delle costruzioni metal-liche; da qui la necessità di dedicare loro uno studio accurato.

I collegamenti (chiodature, bullonature e saldature) sono dispositivi atti arealizzare la continuità di un singolo elemento strutturale costituito da lamieree/o ferri profilati (si tratta delle cosiddette unioni correnti) o per unire tra loropiù elementi strutturali concorrenti a formare l’intera costruzione (si parla, al-lora, di unioni di forza). Le unioni correnti consentono, ad esempio, di formareuna trave, componendo - come vedremo nel seguito - lamiere e/o profilati; leunioni di forza consentono di realizzare una struttura, più o meno complessa,utilizzando laminati e profilati prodotti dall’industria siderurgica (ed anche,eventualmente, elementi composti, realizzati con le unioni correnti). Se nonesistessero i collegamenti, dovremmo limitarci ad utilizzare singolarmente glielementi monolitici (di sezione a L, a T, a doppio T, ad U, ecc.) prodotti dall’in-dustria siderurgica; mentre, grazie ai collegamenti, possiamo mettere insiemetra loro più elementi per formare una struttura; ad esempio, un telaio.

In Fig. 1.1 è riportato un nodo di capriata per far vedere come si possonounire vari profilati a L, ad U e lamiere, per formare un nodo della struttura.

Fig. 1.1

I collegamenti si possono dividere in tre gruppi fondamentali:- collegamenti chiodati- collegamenti bullonati- collegamenti saldati

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14 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

I collegamenti chiodati sono stati i primi ad apparire massicciamente, nellaseconda metà del secolo XIX, sulla scena della tecnologia moderna. Basti cita-re le realizzazioni della fine dell’800, per esempio l’esposizione internazionaledi Parigi del 1889 con le opere di E. Dutert e H.L. Contamin (galleria dellemacchine) e di Eiffel (con la celebre torre, Fig. 1.2 che rappresenta uno deiprimi schizzi di A.G. Eiffel, 1884). I collegamenti chiodati, in auge nell’800 ein buona parte della prima metà del 900, a caldo, sono, in effetti, caduti indisuso. I chiodi da ribattere a freddo (chiamati rivetti o ribattini o ribadini)sono, invece, ancora largamente usati nelle unioni di lamiere sottili e di legheleggere.

Fig. 1.2

Di solito la ribaditura a freddo si adotta nel caso di chiodi di piccolo diame-tro (d ≤ 6 mm), per chiodi di diametro compreso tra 6 e 10 mm è possibile siala ribaditura a freddo, sia quella a caldo, mentre decisamente è preferita laribaditura a caldo per d > 10 mm.

I rivetti sono molto usati nell’industria automobilistica, aeronautica e nava-le: tale rilevante diffusione ha portato alla produzione di numerosi tipi di ribat-tini (a testa tonda, cilindrica, svasata), anche costituiti da materiali diversi (ol-tre all’acciaio: rame, ottone, varie leghe d’alluminio).

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151. Collegamenti: generalità

La foratura delle parti da chiodare può essere effettuata tramite punzonatri-ce o trapano. Il primo sistema, per quanto economicamente più vantaggioso,comporta l’inconveniente che si possono incrudire i bordi dei fori (a volte cau-sa di screpolature). Per tale motivo si preferisce far uso del trapano (speciequando le parti da forare sono di spessore non proprio modesto).

In genere i fori trapanati sono pre-punzonati ed alesati (si crea, cioè, un foropunzonato più piccolo di quello che serve e con un alesatore lo si rifinisceottenendo l’esatto diametro voluto).

Le unioni chiodate - a differenza di quelle bullonate - non possono esserescomposte, a meno che non si distruggano gli elementi di connessione, aspor-tando con lo scalpello o con la fiamma ossidrica una delle teste dei chiodi.

I collegamenti bullonati presentano il vantaggio di una più rapida ed econo-mica realizzazione; consentono, inoltre, un’agevole trasformazione delle strut-ture grazie alla facilità dello smontaggio.

I bulloni, ovviamente, esistevano anche quando i chiodi erano al culminedel successo (dalla fine dell’800 ai primi decenni del 900). Essi erano usati alposto dei chiodi o quando lo spessore dei pezzi da collegare era notevole oquando gli stessi chiodi sarebbero stati sollecitati a trazione. I chiodi eranomontati a caldo, venivano riscaldati al color rosso e si allungavano. Raffred-dandosi, poi, tendevano ad accorciarsi per ritornare all’originaria configura-zione, ma erano contrastati dallo spessore dei pezzi collegati; ragion per cui sidestavano, nei gambi, tensioni di trazione tanto più forti quanto più i chiodistessi erano lunghi e non di rado dell’ordine di grandezza del limite elastico. Avolte si assisteva alla rottura del chiodo, per distacco della testa dal gambo,soltanto per effetto delle tensioni interne dovute al raffreddamento e perciò ichiodi lunghi (per i quali si avevano fortissime tensioni interne dovute al raf-freddamento) venivano sostituiti dai bulloni. Non sembrando opportuno affi-dare ai chiodi ulteriori sforzi di trazione, essi erano rimpiazzati dai bullonianche quando potevano essere soggetti a trazione (Fausto Masi, nel testo Lapratica delle Costruzioni Metalliche, Ed. Hoepli, Milano, 1939, a pag. 61, so-steneva che: i chiodi, in un’ossatura metallica ben studiata, devono esseresollecitati solo a taglio, non essendo atti a resistere a sforzi di tensione, asopportare i quali meglio si prestano i bulloni). Pertanto i bulloni avevano unruolo secondario, rispetto ai chiodi, e venivano utilizzati per soluzioni di ripie-go, in quelle circostanze in cui i chiodi non davano grande affidamento.

Negli ultimi decenni - con l’introduzione di macchine che eseguono, se-condo un preciso programma automatizzato di lavorazione, i tagli e i fori suipacchetti di lamiera e sui profilati e col conseguente assottigliarsi del numerodi operai specializzati - i bulloni hanno acquistato importanza soppiantando,come si diceva poc’anzi, i chiodi. Ovviamente le unioni chiodate sono ancora

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16 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

consentite dalla normativa (che prescrive una serie di modalità esecutive) eancora oggi vengono realizzate (seppure raramente e in officina).

Le unioni con bulloni ad alta resistenza, pressando fortemente - gli uni con-tro gli altri - i pezzi collegati, sono in grado di realizzare una vera e propriaunione per attrito. I bulloni ad alta resistenza, in altre parole, vengono pre-tesie grazie al forte serraggio, le forze che l’unione deve trasmettere vengono affi-date alle tensioni di attrito che si destano tra le superficie a contatto dei pezzicollegati. Se l’attrito si perdesse, i bulloni ad alta resistenza s’impegnerebberoa taglio (ecco perché anche nelle unioni con bulloni ad alta resistenza si rispet-ta lo stesso gioco foro-bullone delle unioni a taglio). Le unioni ad attrito richie-dono un’accurata pulizia dei pezzi da collegare - in maniera da rimuovere ognitraccia di ossidi o grassi - e, possibilmente, l’immediata realizzazione del giuntostesso onde evitare che venga perduta la preparazione superficiale effettuata.

La realizzazione dei collegamenti bullonati offre anche una maggiore indi-pendenza dalle condizioni atmosferiche in cui avviene la realizzazione stessa enon richiede l’utilizzo di mano d’opera specializzata, a differenza delle unionichiodate di una volta e delle unioni saldate di oggi, laddove è addirittura ri-chiesto - dal primo comma del punto 7.10.3. della vigente normativa - che lesaldature vengano eseguite da operai che abbiano superato le prove di qualifi-ca indicate nella UNI1 4634 del dicembre 1960 (cioè che abbiano un’accertatapreparazione professionale).

Le unioni saldate producono un più regolare flusso delle forze e consento-no una realizzazione dell’insieme strutturale, in modo che abbia un comporta-mento statico più aderente agli schemi teorici. Ma, come appena detto, la lororealizzazione va affidata a maestranze esperte ed è sempre opportuno effettua-re dei controlli successivi, per accertarsi che le saldature siano prive di difetti(o che le eventuali imperfezioni non siano gravi).

Una tendenza molto diffusa è quella di utilizzare sia le saldature sia le bul-lonature, nell’intento di ottimizzare i tempi e i costi di costruzione; in officinasi effettuano quante più unioni saldate è possibile (saldature delle testate delletravi con lamiere forate in modo da accogliere la successiva bullonatura e rea-lizzare i cosiddetti giunti a flangia, saldatura di squadrette di montaggio suiritti in maniera da poggiarvi le travi mentre si eseguono le bullonature, salda-ture di costole di irrigidimento, di piastre d’acciaio - anch’esse forate - ai piedidei ritti per realizzare il collegamento con gli elementi di fondazione in c.a.,ecc.) mentre in cantiere si provvederà al montaggio delle parti, precedente-mente predisposte in officina, utilizzando le unioni con bulloni.

1 Con la sigla UNI si intende l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione, che ha come scopo quello di elabo-rare norme relative alla produzione industriale, gli strumenti, le condizioni di lavoro e di prova.

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171. Collegamenti: generalità

Ovviamente bisogna porre attenzione a che le dimensioni massime deglielementi strutturali, realizzati in officina, siano tali da non creare problemi nédi trasporto né di spazio per il definitivo assemblaggio in cantiere.

La vigente normativa, al punto 7.1.4. (Giunti di tipo misto) prescrive: Inuno stesso giunto è vietato l’impiego di differenti metodi di collegamento diforza (ad esempio saldatura e bullonatura o chiodatura), a meno che uno solodi essi sia in grado di sopportare l’intero sforzo.

Quanto è stato precedentemente detto non contrasta con la prescrizione re-golamentare appena citata perché, ad esempio, nei giunti a flangia si utilizzeràla saldatura per unire le estremità delle travi alle lamiere coi fori per il passag-gio dei bulloni e la bullonatura per unire le lamiere stesse ai montanti (si tratta,cioè, di due unioni distinte e separate, ognuna delle quali è in grado di trasmet-tere le caratteristiche di sollecitazione da una parte all’altra dell’interruzione).

In Fig. 1.3 è riportato un esempio (non estremamente convincente) di colle-gamento tra un pilastro HE e una trave IPE, in cui risultano impiegate sia lasaldatura sia i bulloni.

La trave è collegata al montante tramite due spezzoni di cantonale saldatiall’HE e bullonati alla trave; una terza squadretta funge da appoggio a sedia o,si potrebbe anche pensare, ad una banale squadretta di montaggio, che servesemplicemente a poggiarvi sopra l’IPE, in attesa di effettuare la bullonatura (inquest’ipotesi le azioni che la trave trasmette al pilastro passano, prima, tramitei bulloni, dalla trave alla coppia di cantonali e, tramite i cordoni di saldatura,vengono trasferite al montante).

Fig. 1.3

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18 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

La Fig. 1.4 (rielaborata da Sovrappassi pedonali in acciaio, pubblicazioneILVA – Gruppo IRI,1989) riporta i particolari degli attacchi dei cavi ad unatravatura e alla sommità dei piloni della passerella per attraversamento strada-le a Zoetermeer (Olanda), formata da una travata a cassone, con pilone dissi-metrico e coppie di stralli (la struttura è tutta in acciaio e pesa, piloni compresi,155 t). I quattro cavi di sospensione sono dotati di tenditori e si vedono gliattacchi di un cavo alla briglia superiore della travatura a traliccio del cassone(in profilati cavi scatolari) e alla sommità di un pilone. L’immagine rappresen-ta un tipico esempio di come può essere realizzato quello che in uno schemastatico è un pendolo.

Oltre alle chiodature, bullonature e saldature, la vasta gamma di adesivi incommercio consente un altro dispositivo d’unione: l’incollaggio. Effettivamentegli incollaggi hanno già trovato largo impiego nelle costruzioni meccaniche(soprattutto nei settori automobilistico, aeronautico ed elettrodomestico) pergli innegabili vantaggi che offrono:a) possibilità di unire materiali diversi fra loro,b) possibilità di ripartire gli sforzi trasmessi su superfici ampie (le parti sovrap-

poste e spalmate d’adesivo),c) assenza di fenomeni di corrosione elettrochimica, ecc.

Generalmente, però, gli incollaggi, nei suddetti settori industriali, sono im-piegati per scopi strutturali abbinandoli ad altri sistemi d’unione. Le unioniincollate più sicure sono quelle a taglio, le meno sicure quelle di testa. Abbia-mo ritenuto di non trattare gli incollaggi nel presente lavoro perché essi sono,a tutt’oggi, esclusi dalla carpenteria metallica in quanto richiederebbero super-fici di sovrapposizione decisamente ampie e non risulterebbero convenientisotto il profilo economico. Ben diverso è il discorso per il legno lamellare,laddove le superfici di contatto fra le lamelle sono molto estese.

Buoni risultati offrono gli adesivi chimici nei collegamenti acciaio-calce-

Fig. 1.4

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191. Collegamenti: generalità

struzzo, ad esempio quando occorre rinforzare una trave o un pilastro in c.a. (chepresenta armatura insufficiente) con piatti metallici incollati. Eccellenti risultativengono forniti dall’ancoraggio chimico di perni metallici nel calcestruzzo o inparti di materiale lapideo: col trapano viene praticato nel cls. un foro, di diametroleggermente più grande di quello del perno, nel quale s’inserisce una fiala divetro contenente i due componenti dell’adesivo (separati da un diaframma pre-sente nella fialetta); allorché viene avvitato il perno, l’ampolla si rompe, i duecomponenti dell’adesivo si mescolano tra loro (grazie anche al movimento rota-torio dovuto all’avvitamento del perno) e riempiono lo spazio esistente tra ilperno e la superficie del foro. Il risultato conclusivo è rappresentato dalla forteaderenza finale tra il perno d’acciaio e il suo involucro.

In Fig. 1.5 è riportato un ultimo esempio di collegamenti. Tale esempiomostra come i collegamenti consentono di abbinare i profilati, prodotti dall’in-dustria siderurgica, per formare delle strutture, più o meno complesse.

Ovviamente, i collegamenti che si è cercato di mostrare in Fig. 1.5 rappre-sentano una scelta, fra le tante possibili. Non sfuggiranno al lettore le implica-zioni di carattere estetico, connesse alle scelte che il progettista delle struttureè libero di compiere. Vari collegamenti (giunti di base, nodi di travature retico-lari, giunti a flangia, ecc.) potrebbero restare a vista: la qualità architettonica diun’opera si giudica, anche, dai particolari.

Fig. 1.5

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2. UNIONI CHIODATE

Le unioni chiodate si realizzano inserendo i chiodi (ad una testa) riscaldati alcolor rosso chiaro (1000° C o poco più1 ) nei fori praticati nei pezzi da collega-re e ribadendo con apposita macchina chiodatrice, che ricalca il gambo delchiodo, in modo che riempia completamente il foro e formi la seconda testa(Fig. 2.1). Il chiodo, raffreddandosi, tende ad accorciarsi esercitando una pres-sione, a volte notevole, tra le superfici dei pezzi posti a contatto e uniti dalchiodo stesso. Tant’è che i chiodi - specie quelli a testa tonda larga - sonoimpiegati anche quando il manufatto, oltre a requisiti di resistenza, deve ga-rantire l’ermeticità (ciò non accade, ad esempio, nei recipienti a pressione:caldaie, serbatoi, tubazioni, ecc.).

La realizzazione delle chiodature va eseguita usando particolari cautele attea contenere, entro limiti accettabili, lo sforzo di trazione che nasce nei chiodicol raffreddamento. I pezzi da chiodare vanno preventivamente puliti e devo-no essere saldamente tenuti fermi, nella giusta posizione, tramite bulloni dimontaggio o morse. I chiodi, come già detto, sono riscaldati con la fiamma oelettricamente, ripuliti (liberandoli da scorie e tracce di carbone), introdotti neifori e ribaditi, per formare la seconda testa (che deve risultare ben centrata sulfusto, priva di screpolature e ben combaciante con la superficie dei pezzi). Ichiodi devono essere di colore rosso scuro alla fine della ribaditura. Quellidifettosi vanno rimossi (con lo scalpello pneumatico o, con molta cautela, tra-mite cannelli da taglio) e sostituiti.

Fig. 2.1

1 Riscaldando un ferro, esso cambia di colore all’aumentare della temperatura e, quindi, può essere utileconoscere tale colorazione:Rosso nascente visibile nell’oscurità 500° C Arancione cupo 1100° CRosso cupo 700° C Arancione vivo 1200°CRosso ciliegia 800 ÷ 900° C Bianco 1300 ÷ 1400°CRosso ciliegia vivo 1000° C Bianco abbagliante 1500°C

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Page 23: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

22 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Nel calcolo si prescinde dalla resistenza del giunto per attrito, in quantol’entità della presollecitazione nei chiodi è difficilmente valutabile con esat-tezza. Inoltre, nelle ipotesi di calcolo comunemente adottate, si trascurano lesollecitazioni provocate dall’inflessione del gambo del chiodo. I chiodi quindisi considerano sollecitati a taglio e/o a trazione.

Le trazioni nei chiodi andrebbero evitate (perché si sommerebbero a quelledovute al raffreddamento) o, almeno, contenute il più possibile (non a caso lanormativa fissa una tensione ammissibile, a trazione, di appena 500 kg/cm2).

Ovviamente, tale problema non sussiste per i bulloni (si ricorda che tuttoquanto diremo per il calcolo delle unioni chiodate vale anche per quelle bullo-nate).

Le chiodature a caldo sono praticamente scomparse dalla carpenteria me-tallica. Le rivettature (o chiodature a freddo) vengono ancora utilizzate, anchese stanno per essere soppiantate da sistemi d’unione meno costosi e più legge-ri, anche se bisogna ricordare che una struttura rivettata è più facilmente ispe-zionabile, dà speranza di arrestare la propagazione di una fessura e, soprattut-to, le rivettature possono slittare un pochino e ridistribuire i carichi, evitandoconcentrazioni di sforzo.

In Fig. 2.2 sono riportati solo alcuni dei tipi di chiodi esistenti (generalmen-te usati, nei lavori di carpenteria, sono quelli a testa tonda stretta, più semplicida montare perché non richiedono smussature dei fori, ma una semplice sbava-tura degli orli).

Per quanto riguarda le caratteristiche dei fori si riporta qui di seguito ilpunto 7.2. della normativa attuale.

Fig. 2.2

chiodo a testa svasata chiodo a testa tonda larga

chiodo a testa svasata piana chiodo a testa tonda stretta

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Page 24: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

232. Unioni chiodate

7.2. UNIONI CHIODATE7.2.1. Chiodi e fori normali.I chiodi da impiegarsi si suddividono nelle categorie appresso elencate, ciascunacon l’indicazione UNI cui devono corrispondere:

- chiodi a testa stretta, secondo UNI 136 (marzo 1931);- chiodi a testa svasata piana, secondo UNI 139 (marzo 1931);- chiodi a testa svasata con calotta, secondo UNI 140 (marzo 1931).

I fori devono corrispondere alla UNI 141 (marzo 1931).7.2.2. Diametri normali.Di regola si devono impiegare chiodi dei seguenti diametri nominali:

d = 10, 13, 16, 19, 22, 25 mm;e ordinatamente, fori dei diametri:

d1 = 10.5, 14, 17, 20, 23, 26 mm.Nei disegni si devono contraddistinguere con opportune convenzioni i chiodi deivari diametri. Nei calcoli si assume il diametro d1 , tanto per la verifica di resistenzadella chiodatura, quanto per valutare l’indebolimento degli elementi chiodati.

Indicheremo con d1, quindi, il diametro del chiodo a ribaditura effettuata,valore da assumere nei calcoli (i diametri che possono essere considerati neicalcoli sono: 10.5, 14, 17, 20, 23 e 26 mm). Più avanti - nel paragrafo 2.2 -riporteremo i punti 7.2.3. e 7.2.4. della vigente normativa, che contengono pre-scrizioni in merito alla scelta dei chiodi in relazione agli spessori da unire, all’in-terasse dei chiodi e alle distanze fra i chiodi stessi e i margini dei pezzi collegati.Il tipo d’acciaio adoperato per i chiodi è l’Fe 40, con tensione di snervamento di2400 kg/cm2 e tensione di rottura compresa tra 4000 e 4800 kg/cm2 .

Tali caratteristiche vengono però alterate dalla lavorazione (riscaldamento,ribattitura e raffreddamento), che provoca l’incrudimento dell’acciaio con au-mento del 15% circa della tensione di rottura e del 20% circa di quella di sner-vamento. In Fig. 2.3 è riportata la sezione di una vecchia trave in acciaio, incomposizione chiodata, tratta da un testo degli anni ’20 (Emilio Marrullier,Costruzione degli Edifizi, Ed. UTET, Torino, 1925).

Nella tabella 2.1 sono riportate, con riferimento alla Fig. 2.4 e con misureespresse in mm, le caratteristiche geometriche dei chiodi a testa tonda, svasatae rasa per i diametri più comunemente usati.

2.1. Giunto elementare: tensioni nominali

Supponiamo di dover effettuare la giunzione di un ferro piatto di sezionerettangolare, di dimensioni b × s e soggetto ad una forza di trazione P. L’unioneviene correntemente effettuata per sovrapposizione dei due tronconi (Fig. 2.5),con coprigiunto semplice (Fig. 2.6) o con doppio coprigiunto (Fig. 2.7).

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Page 25: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

24 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 2.3

Tabella 2.1

diametro del chiodo 10 13 16 19 22 25

D 16 21 26 30 35 40

testa tonda R 8.1 10.6 13.4 15.5 18 21

t 6.5 8.5 10.5 12 14 16

D 17.5 22.5 26.5 32.5 34.5 39

testa svasataR 20 26 32 40 40 50

t 5 6.2 9 11.8 15.5 17.5

h 5 6.2 9 11.8 15.5 17.6

testa rasaD 16 21 25 31 33.5 38

h 4 5.2 7.8 10.5 14 16

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Page 26: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

252. Unioni chiodate

Fig. 2.5

Fig. 2.6

Fig. 2.4

a) chiodo a testa tonda

prima della ribattuta dopo la ribattuta

b) chiodo a testa svasata c) chiodo a testa rasa

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Page 27: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

26 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Nel caso in cui la giunzione sia realizzata per sovrapposizione o con copri-giunto semplice, ogni chiodo sarà sollecitato alla recisione in una sola sezione.

Nel terzo caso, invece, ogni chiodo presenterà due sezioni che resistonoalla recisione; inoltre non sono presenti le eccentricità di tiro che nascono peri primi due casi, ragion per cui quest’ultimo giunto è senz’altro da preferireagli altri due.

Come già detto in precedenza si trascurano le forze d’attrito presenti (dovu-te, come si ricorderà, al raffreddamento dei chiodi), l’inflessione del gambo esi considerano i chiodi sollecitati solo a taglio.

Se l’unione è realizzata tramite un solo chiodo e P è la forza applicata, peril taglio (T) del chiodo risulterà T = P se il chiodo è sollecitato in una solasezione mentre si avrà T = P/2 se sollecitato in due sezioni.

In entrambi i casi nasceranno delle distribuzioni di tensione di non sempli-ce formulazione analitica a causa del numero e della complessità dei parametriin gioco (geometria, stati piani, ecc.). In particolare, la Fig. 2.8 mostra l’anda-mento delle tensioni di contatto tra foro e chiodo (le distribuzioni costanti ditensioni sono quelle nominali, che si adottano convenzionalmente nei calcoli,e sono raffrontate con le distribuzioni effettive).

La Fig. 2.9 mostra l’andamento delle tensioni nella sezione dei ferri inde-bolita dalla presenza dei fori (in Fig. 2.9a vi è la distribuzione effettiva mentrein Fig. 2.9b quella da noi adottata). È chiaro che siffatti stati tensionali rendonosenz’altro poco agevole un calcolo rigoroso. Si possono però conseguire note-voli semplificazioni analizzando il comportamento elasto-plastico del giuntoelementare, nell’ipotesi di comportamento duttile del materiale, tale da poterassumere per esso il diagramma tensioni-deformazioni bilatero.

In tale ipotesi, infatti, quando in un punto si raggiunge il limite di snerva-mento, la tensione resterà costante al crescere dei carichi, mentre aumenteran-

Fig. 2.7

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1626

Page 28: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

272. Unioni chiodate

no le deformazioni. Sicché, nei diagrammi delle tensioni nel giunto, la parte disezione plasticizzata tenderà ad aumentare, col crescere dei carichi, fino adinteressare tutta la sezione (Fig. 2.9b).

Al collasso, quindi, la distribuzione delle tensioni può considerarsi, conbuona approssimazione, costante (Fig. 2.10).

Fig. 2.9

a) b)σ

min

σm σ

σmax

b d b d

N

N

2N

d

y

X

t

t

N

N

2N

o

X

σrif =

Ntd

N

t Nd

X

σrif =

Ntd

tN

t N

d

X

σy

t

o

σy

Fig. 2.8

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1627

Page 29: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

28 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Si adotta, quindi, una distribuzione costante delle tensioni, anche in campoelastico, ricavando il carico di esercizio P dalla seguente relazione:

P Ps

o≤ (2.1.1)

dove Po è il carico limite e s è il coefficiente di sicurezza.Inoltre, per la costanza delle tensioni, deve essere : Po = σs A (A = area inte-

ressata allo stato tensionale).Dividendo per A i due membri della disequazione (2.1.1) si ottiene:

PA

s

s≤ σ(2.1.2)

e vale a dire: σ ≤ σadm, il che giustifica l’adozione delle verifiche convenziona-li a tensione uniforme, con notevole semplificazione del calcolo.

Pertanto la verifica della parete del foro, della sezione del chiodo e di quellaindebolita dai fori potranno eseguirsi sostituendo alle distribuzioni effettive quellenominali a distribuzione uniforme, come rappresentato in Figg. 2.8 e 2.9.

È opportuno ricordare, ancora una volta, che tutto quanto si dirà per le chio-dature vale anche per le normali bullonature, quelle che realizzano un’unionea taglio (mentre non è estensibile ai collegamenti ad attrito, realizzati grazieall’impiego di bulloni ad alta resistenza).

2.2. Giunzione di un tirante di lamiera

Riprendiamo il caso della giunzione di un ferro piatto, rettangolare di dimen-sione b × s, soggetto ad una forza P di trazione.

Si è detto che tale giunto può essere realizzato per sovrapposizione (Fig.2.5), con coprigiunto semplice (Fig. 2.6) o doppio (Fig. 2.7) e che i chiodi sono

Fig. 2.10

a) b)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1728

Page 30: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

292. Unioni chiodate

soggetti alla recisione in una o due sezioni (in due sezioni nel caso di doppiocoprigiunto).

Resta ancora da risolvere il problema della ripartizione della forza P tra ichiodi, che risulta essere un problema staticamente indeterminato.

Analizziamo il caso limite che si ottiene considerando i ferri perfettamenterigidi e i chiodi elastici (si potrebbe immaginare, per avere un’idea dell’ipotesifatta, che le lamiere siano d’acciaio e i chiodi di gomma, v. Fig. 2.11).

L’applicazione di una forza P produrrà una traslazione δ uguale per tutti glin chiodi, data l’infinita rigidità dei ferri piatti.

Trovandoci in campo elastico lineare è possibile scrivere, per ogni chiodo,la relazione:

Pbi = Ci δ (2.2.1)

dove Pbi è l’aliquota di forza P che compete all’i-esimo chiodo e Ci la rigidezzadell’i-esimo chiodo.

Scrivendo l’equazione di equilibrio alla traslazione secondo la direzionedello sforzo:

P = Pi=1

n

bi∑ (2.2.2)

e sostituendovi la (2.2.1), si ottiene:

P = Ci=1

n

iδ ∑ (2.2.3)

da cui si ricava il valore dello spostamento:

δ = P

Ci=1

n

i∑ (2.2.4)

Sostituendo nella (2.2.1) l’espressione (2.2.4) dello spostamento si ricava:

bii

i=1

n

i

P = C

C

P

∑(2.2.5)

e cioè la ripartizione della forza esterna tra i chiodi avviene proporzionalmentealle rispettive rigidezze.

Introducendo le tensioni tangenziali medie τ = T/ωb (con ωb = area dellasezione retta del chiodo), per ogni chiodo si ha τbi = Pbi/ωbi; osservando poi chedeve essere τb = G γ, con γ uguale per tutti i chiodi (Fig. 2.11b), avremo:

δ γ τ = h = G

hb(2.2.6)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1729

Page 31: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

30 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Poiché risulta, per l’uguaglianza di γ in tutti i chiodi:

b bibi

bi

= = Pτ τω (2.2.7)

e sostituendo tale relazione nella (2.2.6), se ne ricava:

bi biP = Gh

ω δ (2.2.8)

ottenendo, cioè, l’espressione della rigidezza del chiodo, che risulta proporzio-nale all’area della sua sezione retta.

Sostituendo quindi l’espressione della rigidezza nella (2.2.1), a meno dellacostante G/h, si ricava:

bibi

i=1

n

bi

P = Pω

ω∑ (2.2.9)

Se i bulloni (o i chiodi) sono tutti della stessa sezione si ha semplicemente:

biP = Pn

(2.2.10)

e cioè la forza applicata si ripartisce in aliquote uguali tra gli n chiodi. Vasottolineato il fatto che la tensione tangenziale è uguale per tutti i chiodi, anchese presentano aree ωbi - e quindi rigidezze - diverse.

Inoltre il gambo del chiodo esercita una pressione contro mezza parete inter-na del foro. Ipotizzando che detta pressione (chiamata tensione di rifollamento)sia uniformemente distribuita nella proiezione diametrale della superficie cilin-drica del chiodo (di × t, dove di è il diametro dell’i-esimo chiodo e t è lo spessoredel ferro) e che il foro sia completamente riempito dal chiodo, si troverà:

rif,ibi

i

bi

ii=1

n

bi

= Pt d

= P

t d σ ω

ω∑ (2.2.11)

Fig. 2.11

a) b)

δ

δ δ

δ

γ

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1730

Page 32: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

312. Unioni chiodate

che, essendo ωbi = πd2/4, può anche scriversi:

rif,ii

i=1

n

i2

= Pt

d

d

σ∑

(2.2.12)

che evidenzia come la tensione di rifollamento sia proporzionale al diametrodei chiodi, ragion per cui le verifiche vanno effettuate sul chiodo di diametromaggiore.

Qualora gli n chiodi abbiano diametro d uguale, si ha:

rif,i rif = = P

n d tσ σ (2.2.13)

Le verifiche di resistenza si riducono nel confrontare le due tensioni - dirifollamento e tangenziale - con i valori ammissibili forniti dal Regolamento.

Per i chiodi, la normativa (al punto 3.3. titolato: Unioni a taglio con chiodi)prescriveva una τb,adm = 1200 kg/cm2.

Dovrà quindi risultare: τbi ≤ τb,adm

Per quanto riguarda la tensione di rifollamento le modalità di verifica reci-tavano:

La pressione sul contorno del foro, riferita alla proiezione diametrale della super-ficie cilindrica del chiodo o del bullone, deve risultare:

σrif ≤ 2 σadm

Per chiodi e bulloni impegnati simmetricamente in due o tre sezioni la σrif puòessere maggiorata del 15%.

La vigente normativa propone (nel prospetto 7-II, facente parte del punto4.2) la seguente espressione di σrif :

rif d fσ α≤dove:

α = a/d e comunque non superiore a 2.5;fd = la resistenza di calcolo del materiale costituente gli elementi del giunto;a, d = definiti limitati al punto 7.2.4 (vedi oltre).

Si deve, infine verificare che il ferro piatto sia ancora in grado di assorbirecon sicurezza lo sforzo di trazione nonostante l’indebolimento avutosi con laforatura, praticata per effettuare la chiodatura.

Per indebolire il meno possibile le lamiere si disporranno i chiodi in filesuccessive crescenti in modo da realizzare progressive crescenti riduzioni del-lo sforzo normale di trazione, procedendo verso le sezioni dove i fori aumenta-no (Fig. 2.12).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1731

Page 33: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

32 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig.2.12

Fig. 2.13

Riguardo alla scelta dei chiodi e delle distanze tra loro e dai bordi dellelamiere, si riportano i punti 7.2.3. e 7.2.4. della normativa attuale (Fig. 2.14).

7.2.3. Scelta dei chiodi in relazione agli spessori da unire.In relazione allo spessore complessivo t da chiodare si impiegano:- chiodi a testa tonda ed a testa svasata piana, per t/d ≤ 4.5;- chiodi a testa svasata con calotta, per 4.5 < t/d ≤ 6.5.7.2.4. Interasse dei chiodi e distanza dai margini.In rapporto al diametro d dei chiodi, ovvero al più piccolo t1 tra gli spessori col-legati dai chiodi, devono essere soddisfatte le limitazioni seguenti:- per file prossime ai bordi: 10 ≥ p/d ≥ 3

3 ≥ a/d ≥ 1.53 ≥ a1/d ≥ 1.5

Tutti abbiamo fatto l’esperienza di strappare un francobollo (v. Fig. 2.13);qua si tratta, in parole povere, di accertarci che non succeda la stessa cosa allenostre lamiere (a causa di un eccessivo indebolimento prodotto dalle forature).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1732

Page 34: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

332. Unioni chiodate

p/t1 ≤

15 per gli elementi compressi{ 25 per gli elementi tesi

a/t1≤ 6 (≤ 9 se il margine è irrigidito)

a1/t1 }

dove:p è la distanza tra centro e centro di chiodi contigui;a è la distanza dal centro di un chiodo al margine degli elementi da collegare ad esso

più vicino nella direzione dello sforzo;a1 è la distanza come la precedente, a, ma ortogonale alla direzione dello sforzo;t1 è il minore degli spessori degli elementi collegatiQuando si tratti di opere non esposte alle intemperie, le due ultime limitazionipossono essere sostituite dalle seguenti:

a/ t

a /t12

1

1 1

Deroghe eventuali alle prescrizioni di cui al presente punto 7.2.4. debbono esserecomprovate da adeguate giustificazioni teoriche e sperimentali.

Le verifiche proposte dal Regolamento tendono a prevenire la crisi del giunto,che può manifestarsi per plasticizzazione del chiodo a taglio (Fig. 2.15a) odella parete del foro e conseguente ovalizzazione del foro stesso (Fig. 2.15b) oancora per rottura dei ferri lungo una sezione indebolita (Fig. 2.15c o d).

a1

p

a1

a p p

P1

2

3

4

5

6

3 1 5≥ ≥a

d. 10 3≥ ≥p

d

Fig. 2.14

Fig. 2.15

2PP P

PP

PPP

P

a) b) c) d)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1733

Page 35: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

34 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Le indicazioni fornite in merito alla disposizione e alla scelta dei chiodi, de-sunte da formulazioni teoriche e soprattutto da risultati sperimentali, hanno loscopo di evitare l’insorgere di dannosi fenomeni secondari oltre che facilitare ilmontaggio. In Fig. 2.16 sono rappresentati 6 bulloni, ma si ricorda che tuttoquanto detto per il calcolo delle chiodature vale anche per le bullonature normali(non per quelle con bulloni A.R., che formano unioni ad attrito).

Fig. 2.16

Per ciò che riguarda l’interasse p, infatti, esso va posto maggiore di 3d pergarantire uno spazio minimo di manovra degli utensili, e minore di 10d perevitare rigonfiamenti tra le lamiere, che potrebbero facilitarne l’ossidazione.Le limitazioni sul rapporto a/t1 preservano dal rigonfiamento oltre che dallainstabilità delle lamiere nel caso di compressione (e ciò giustifica il valore piùpiccolo). Infine il minimo 2d per a esclude la possibilità di rottura del giuntoillustrata in Fig. 2.15d.

L’Eurocodice 3, per il posizionamento dei fori per bulloni e chiodi, proponedistanze ed interassi anche più piccoli di quelli fissati dalla normativa italianaa patto che sia adeguatamente ridotta la resistenza a rifollamento. Visto che lanormativa vigente consente deroghe alle prescrizioni di cui al punto 7.2.4. (pur-ché comprovate da adeguate giustificazioni teoriche e sperimentali), qualorafosse necessario ridurre gli interassi e le distanze dai margini, è opportunoriferirsi a quanto suggerito dal suddetto Eurocodice 3 (si veda, in particolare, ilpunto 6.5, intitolato Collegamenti con bulloni, chiodi o perni). È, però, oppor-tuno cercare di non derogare dalle prescrizioni regolamentari italiane, nonfoss’altro che per facilitare l’installazione dei bulloni o dei chiodi.

È utile a questo punto un esempio numerico.

ESEMPIO N. 1

Supponiamo di dover eseguire la giunzione di un ferro piatto (largo piatto UNI6557-69) di sezione 16 × 1 = 16 cm2 costituito da acciaio tipo Fe 360 e sogget-to ad uno sforzo di trazione pari a 22 t. L’unione è realizzata con doppio copri-

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1734

Page 36: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

352. Unioni chiodate

giunto e 6 chiodi da ambedue i lati dell’interruzione. I chiodi sono del diame-tro 13 mm (ma sono considerati di diametro 14 mm - cioè quanto il foro -poiché dopo la ribattitura il chiodo stesso sarà dello stesso diametro del foro).

Pertanto la sezione retta di un chiodo è pari a: ωb =d2π / 4=1.4 2× 3.1416/4 =1.539 ≅1.54 cm2.

Le distanze mutue tra i chiodi e le dimensioni dei due fazzoletti sono ripor-tate in Fig. 2.17.

La tensione tangenziale, in ognuna delle due sezioni del chiodo soggetteallo sforzo di recisione, vale:

bb

=P

n 2 =

22 000

6 2 1 54= 1190 4 kg/cmτ

ω × × .. 8 2

(e1.a)

dove n = 6 è il numero dei chiodi che resistono a P e 2 - a denominatore della(e1.a) - è il numero delle sezioni resistenti alla recisione per ogni chiodo.

La pressione esercitata dal gambo del chiodo su mezza parete interna delforo vale:

rif2 =

Pn d t

= 22 000

6 1 4 1 2619 0 kg/ cmσ

× ×=

.. 5

Risulta: τb < τb,adm = 1200 kg/cm2 e σrif < 2 σadm = 3200 kg/cm2.Infine dobbiamo effettuare tre semplici verifiche a sforzo normale (nelle

sezioni 1, 2 e 3 di Fig. 2.17) per accertarci che il ferro piatto, nonostante l’inde-bolimento provocato dai fori, sia ancora in grado di resistere allo sforzo ditrazione P:

sezioni:

P P = 22 t

cm

Fig. 2.17

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1735

Page 37: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

36 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

σ

σ

σ

1

2

3

5

9

=× − ×

=× − × ×

=× − × ×

22 00016 1 1 4 1

= 1506 8 kg/ cm

5

6

22 000

16 1 2 1 4 1 = 1388 8 kg/ cm

36

22 000

16 1 3 1 4 1 = 932 20 kg/ cm

2

2

2

..

..

..

Ovviamente, i due fazzoletti - larghi 16 cm, quanto i ferri piatti da collegare -devono presentare uno spessore pari almeno alla metà di quello dei ferri piattistessi (andrebbero bene due spezzoni di larghi piatti UNI 65557-69 16 × 0.5 cm2).

Il lettore potrebbe controllare - tenendo sott’occhio la Fig. 2.17 - se sianorispettati gli interassi dei chiodi e le distanze dai margini, come prescritto dalpunto 7.2.4. della vigente normativa.

2.3. Giunto sollecitato da forza eccentrica

Prendiamo in esame la mensola, costituita da un ferro piatto, illustrata in Fig.2.18. Il giunto trasmette, da una parte all’altra dell’interruzione, la forza generi-camente inclinata F di cui sono note le componenti orizzontale O e verticale V.L’unione, realizzata con doppio coprigiunto, presenta n chiodi a destra e n' chio-di a sinistra dell’interruzione (nel caso di Fig. 2.18, evidentemente, è n = n'= 9).

Consideriamo dapprima il caso in cui i chiodi presentano tutti la stessa se-zione retta ωb (più avanti vedremo anche il caso in cui i chiodi hanno sezioniωbi diverse fra loro).

Eseguiremo la verifica della chiodatura meno sollecitata C1 (in maniera del

Fig. 2.18

C1C

2

e O

V

F

l

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1736

Page 38: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

372. Unioni chiodate

tutto analoga si effettuerà la verifica della chiodatura più sollecitata C2).Nell’ipotesi di lamiera infinitamente rigida, le componenti O e V della for-

za F possono essere traslate nel baricentro della chiodatura C1 con l’aggiuntadel momento di trasporto:

M = O e - V l (2.3.1)

Le due forze O e V (o, ciò che è lo stesso, la loro risultante F) applicate nelbaricentro G della chiodatura, sollecitano alla recisione in due sezioni ognichiodo. Conseguentemente nascerà in ognuna delle due sezioni citate, del sin-golo chiodo, una tensione tangenziale τbF

2.

bF

2 2

b b

=O + V2 n

=F

2 9 τ

ω ω× × (2.3.2)

(il pedice F aggiunto al simbolo τb, sta, appunto, a ricordare che la tensionetangenziale in parola è dovuta alla forza F).

Sempre nell’ipotesi di lamiere rigide, il momento M tende a far ruotare ilferro piatto rispetto ai coprigiunti intorno al baricentro G della chiodatura, sol-lecitando ogni chiodo alla recisione in due sezioni.

In ogni sezione soggetta alla recisone, provocata dal momento, nascerà unaforza FMi = τbMiωb, riguardante l’i-esimo chiodo, proporzionale alla distanza ri

dal baricentro della chiodatura al baricentro del generico i-esimo chiodo (alloscopo di avere una simbologia chiara, alla notazione τb si è aggiunto il depo-nente Mi, ottenendo τbMi, a ricordare che la tensione tangenziale di cui ci stia-mo occupando riguarda l’i-esimo chiodo ed è dovuta al momento M).

Scrivendo l’equazione d’equilibrio alla rotazione intorno al baricentro del-la chiodatura, si ha:

i=1

n

Mi i 2 F r = M∑ (2.3.3)

cioé

i=1

n

bMi b i 2 r = M∑ τ ω (2.3.4)

Indicando con τ1 la tensione tangenziale che si verificherebbe in un chiodoa distanza unitaria dal baricentro della chiodatura, si ha:

2 Allo stesso risultato si perviene ricercando le due tensioni tangenziali: τbv prodotta dalla componenteverticale V di F e τbO prodotta dalla componente orizzontale O di F e sommando vettorialmente, ottenen-do:

τ τ τbF bV bO= +2 2

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1737

Page 39: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

38 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

bMi 1 i = rτ τ (2.3.5)

Sostituendo la (2.3.5) nella (2.3.4) si ottiene:

i=1

n

1 i b i 2 r r = M∑ τ ω (2.3.6)

cioè:

2 r = M1

i=1

n

b iτ ω∑ 2(2.3.7)

dove

i=1

n

b i2 r∑ ω

è il momento d’inerzia polare della chiodatura rispetto al suo baricentro e saràindicato colla notazione Ip.

Avremo quindi:

1p

= M

2 Iτ (2.3.8)

Essendo τbMmax = τ1 rmax si ha, in definitiva:

bMmaxp

= M

2 I rτ max (2.3.9)

oppure: detto Wp = Ip/rmax il modulo di resistenza polare della chiodatura, sipuò scrivere: τbMmax = M/2Wp.

Per effettuare la verifica di resistenza della chiodatura si dovrà eseguire lasomma vettoriale delle due τ (la τbF prodotta dalla forza F traslata nel baricen-tro della chiodatura e la τbMmax, la più grande prodotta dal momento di traspor-to M) e confrontarla con la τb,adm. Detta τbR la tensione tangenziale risultanteora descritta - quella che deve essere non maggiore di τb,adm - la tensione dirifollamento sarà così calcolata:

rifbR b

1

= 2

d tσ τ ω

(2.3.10)

dove d è il diametro del chiodo e t1 il più piccolo tra gli spessori di ferro colle-gati.

Alle stesse conclusioni, in merito al comportamento del giunto soggetto aduna coppia M, si perviene osservando che, nell’ipotesi di lamiera infinitamen-te rigida, le uniche incognite del problema sono: la rotazione relativa ϕ e lecoordinate del centro di rotazione C.

Lo spostamento di ciascun chiodo sarà δi = ϕ ri, perciò lo sforzo di tagliorelativo al chiodo i-esimo sarà:

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1738

Page 40: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

392. Unioni chiodate

i o bi i o bi iT = k = k r ω δ ω ϕ (2.3.11)dove le rigidezze dei singoli chiodi sono state poste proporzionali alle aree,presunte diverse tra loro, per trattare del caso più generale.

Le equazioni d’equilibrio alla traslazione secondo due assi ortogonali y e zcon origine in C (Fig. 2.19) forniscono:

i=1

n

i T k

k

∑ ∑

∑ ∑

sen = r sen = 0

T cos = r cos = 0

i

i=1

n

bi i i

i=1

n

i i

i=1

n

bi i i

α ϕ ω α

α ϕ ω α

0

0

(2.3.12)

dovrà cioè risultare:

i=1

n

bi i

i=1

n

bi i

y = 0

z = 0

ω

ω (2.3.13)

Le (2.3.13) assicurano la coincidenza tra baricentro G delle aree della chio-datura e centro di rotazione C.

La Fig. 2.19b aiuta a comprendere le (2.3.12) e le (2.3.13): ri è la distanzada C al generico i-esimo chiodo, yi e zi le coordinate (rispetto agli assi y e z)del baricentro dell’i-esimo chiodo, ecc.

L’equilibrio alla rotazione rispetto al polo C ≡ G impone che sia:

i=1

n

i i T r = M∑ (2.3.14)

che, per la (2.3.11), diventa:

ϕ ω k r Mo

i=1

n

bi i2 ∑ = (2.3.15)

Quest’ultima relazione fornisce il valore di ϕ che, sostituito nella (2.3.11),consente di ricavare il valore della forza Ti che sollecita l’i-esimo chiodo e,conseguentemente, la tensione tangenziale che gli compete:

i bi i

i=1

n

bi i2

bMii

bi

i=1

n

bi i2

ip

i

T t M

r

T = M

r

r = M

I r

=

=

ωω

τω ω

(2.3.16)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1739

Page 41: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

40 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Le espressioni trovate vanno, ovviamente, moltiplicate per 1/2 se ogni chiodoè sollecitato alla recisione in due sezioni; in particolare, la più grande delleτbMi si ottiene ponendo, nella seconda delle (2.3.16), ri = rmax quindi, si ritornaalla (2.3.9). Se i chiodi fossero tutti della stessa sezione le (2.3.16) si sempli-ficherebbero diventando:

i

i=1

n

i2

i

bMi

b

i=1

n

i2

i

TM

r

r

= M

r

r

=

∑τ

ω

(2.3.17)

L’esempio numerico seguente servirà a meglio comprendere il procedimentodi verifica del giunto in esame.

ESEMPIO N. 2

Si consideri la mensola illustrata in Fig. 2.20, costituita da un largo piatto UNI6557-69, d’acciaio Fe 360, la cui sezione trasversale è di mm 180 × mm 30. Ilgiunto è realizzato mediante due coprigiunti (ancora larghi piatti) di 40 cm dilunghezza e di sezione 180 × 15 mm2. Da ciascun lato dell’interruzione sitrovano 9 chiodi di diametro pari a 14 mm, i cui interassi si rilevano dallastessa Fig. 2.20.

Fig. 2.19

a)

b)

y

M

yi

C

Pi

ri

zi

z

y

αi

αi

Ti

αi

δi

Ti

Pi

ri

Cz

∆ϕ M

t

h

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1840

Page 42: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

412. Unioni chiodate

Verificheremo la chiodatura C2 che è quella maggiormente sollecitata.Per trasportare le due forze O e V nel baricentro della chiodatura C2 occorre

aggiungere il momento di trasporto:M = O e - V l = 1300 × 129 + 650 × 9 = 161 850 kg×cm

Le tensioni di recisione provocate dalle due forze O e V rispettivamentevalgono:

τ

τ

bO2

bV2

= 650

2 9 1 54 = 23 4 kg/ cm

= 1300

2 9 1 54 = 46 kg/ cm

× ×

× ×

..

..

5

90

La tensione tangenziale complessiva risulta:

R b O2

b V2 2 2 2 = + = 23 449 + 46 897 = 52 43 kg/ cmτ τ τ . . .

Il momento d’inerzia polare della chiodatura vale:

Ip = Ix + Iy = 2 × 1.54 × 62 × 3 × 2 × 2 = 1330.56 cm4

(risulta Ix = Iy e 2 sono le sezione resistenti alla recisione per ogni chiodo).È da notare che il momento d’inerzia polare poteva anche essere calcolato

in quest’altro modo:

p2I = 4 1 54 + 4 1 54 ( 2 6) 2 = 1330 56 cm× × × × × × ×. . .6 22 4

Il modulo di resistenza polare della chiodatura vale:

Pp

W = I

r =

1330 562 6

= 156 8 cmmax

..

×1 3

La tensione tangenziale massima (che si desta nel chiodo più distante dalbaricentro della chiodatura) vale:

Fig. 2.20

650 kg

1300 kg

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1841

Page 43: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

42 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

bMaxP

2 = M

W =

161 850156 808

= 1032 15 kg/ cmτ.

.

La tensione tangenziale risultante (che potrebbe anche essere trovata in ma-niera meno precisa, per via grafica, mediante un poligono delle forze) vienedeterminata sommando tutte le componenti verticali delle tensioni tangenziali,poi tutte quelle orizzontali e applicando il teorema di Pitagora. Riferendocianche alla Fig. 2.21, si ha:

bRV bV bMmax

2

bRO bO bMmax

= + 45 =

46 897 + 1032 154 1

2 = 776 74 kg/ cm

= + sin

τ τ τ

τ τ τ

cos

. . .

45 =

23.449 + 1032.154 1

2 = 753.29 kg/ cm2

°

=

°

=

(τbRO e τbRV sono le componenti, orizzontale e verticale, della tensione tangen-ziale τbR)

Fig. 2.21

τbO

τbV

45°

τbMmax

τbR

La tensione tangenziale complessiva vale:

bR bRO2

bRV2= + = + = 1082 02 kg/cmτ τ τ 753 29 776 742 2 2. . .

si constata:

bR b,adm2 < = 1200 kg/ cmτ τ

e, quindi, la chiodatura è verificata.La tensione di rifollamento vale:

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1842

Page 44: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

432. Unioni chiodate

rif

2adm

2

= 2 1083 023 1 54

1 4 3 =

793 48 kg/ cm < 2 = 3200 kg/ cm

σ

σ

× ××

=

. ..

.

In ultimo occorre effettuare una verifica di resistenza nella sezione a-a (Fig.2.20), che è la maggiormente sollecitata, dove esistono le seguenti caratteristi-che di sollecitazione:

N = 650 kgM = 1300 × 135 - 650 × 9 = 169 650 kg×cmT = 1300 kg

Il momento d’inerzia assiale della sezione retta del ferro piatto, tenendoconto dell’indebolimento dovuto alla presenza dei fori (v. Fig. 2.22), vale:

x

3 32 4I =

3 1812

3 1 412

3 2 3 1 4 6 = 1153 54 cm× × × × × ×- -

.. .

La σmax , che si verifica ai due lembi della sezione, vale:

max max ..σ =

M

Iy =

169 650

1153 5429 = 1323 6 kg/ cm

x

2× 2

Fig. 2.22

sez. a-a

Ricordando che il ferro piatto è costituito da acciaio tipo Fe 360, la σ risultaminore dell’ammissibile (σadm = 1600 kg/cm2 ).

La τmax (dovuta alla caratteristica di sollecitazione tagliante) vale:

max

.. .

..τ = = ×

× − × ×

×=T S

I b1300

38

23 1 4 6 7

1153 542 3 28 2 kg/ cmx

x

2

3

5

2

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1843

Page 45: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

44 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

In definitiva il giunto è verificato.Il lettore noterà che stiamo facendo esempi semplici, ma significativi, che

dovrebbero consentire - estendendo i concetti acquisiti - di risolvere una mol-teplicità di casi che possono verificarsi nella pratica tecnica. L’esempio sem-plice appena concluso dovrebbe mettere in grado il lettore di verificare il col-legamento tra due spezzoni d’anima in una trave composta, di un’unione tra-ve-colonna come quella riportata in Fig. 1.4, ecc.

2.4. Giunto sollecitato da momento e taglio

Il giunto a flangia (Fig. 2.23) è generalmente impegnato a taglio e momento3.

T = FM = F l

3 Flangia è un termine tecnico che deriva dall’inglese flange (bordo, costa) e sta ad indicare la piastraprovvista di fori, posta all’estremità di elementi strutturali (o di tubi) per congiungerli ad altri elementistrutturali (o ad altri tubi).

Il taglio sollecita ogni chiodo alla recisione in una sezione. Detto n il nume-ro dei chiodi ed ωb la sezione di un chiodo, il taglio T provocherà in una sezio-ne per ogni chiodo delle tensioni tangenziali verticali:

bVb

= T

n τ

ω (2.4.1)

Fig. 2.23

F

x

y2

y1

y4

y3

y527

21

15

9

3 6

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1844

Page 46: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

452. Unioni chiodate

(il deponente V è stato, appunto, posto per ricordare che la tensione tangenzialeè verticale così come per le tensioni tangenziali orizzontali aggiungiamo il depo-nente O). Siamo, ovviamente, nell’ipotesi che gli n chiodi presentino tutti lastessa sezione retta ωb.

Nel presupposto che la lamiera della flangia sia infinitamente rigida, ilmomento flettente M tenderà a far ruotare la flangia stessa intorno al suo bordoinferiore e, in virtù dell’ipotesi fatta, la flangia resterà piana4. Si può fare rife-rimento alla Fig. 2.24.

4 Per capire meglio le conseguenze che derivano dalle ipotesi semplificative poste, si possono immaginarei chiodi di gomma e le lamiere d’acciaio, per quanto riguarda la ricerca delle sollecitazioni nella chioda-tura; mentre s’immagineranno le lamiere di gomma e i chiodi di acciaio per la ricerca delle tensioni dirifollamento e, in genere, di quelle alle quali bisogna fare riferimento per il dimensionamento della flan-gia. Per il calcolo delle unioni chiodate, bullonate e saldate risulta assolutamente necessario che il proget-tista delle strutture comprenda il comportamento del giunto, immaginandosene la deformata prodottadalle azioni trasmesse.E, concepire con la fantasia qualcosa di gomma (cioè di facilmente deformabile) e qualcosa di acciaio(cioè di difficilmente deformabile) può aiutare a creare una rappresentazione (mentale o grafica) deigiunto deformato e, quindi, a capire come è sollecitato un organo di unione o una flangia.

In tale ipotesi lo sforzo di trazione in un generico chiodo a distanza yi dal-l’asse passante per il lembo inferiore della flangia (asse neutro) sarà proporzio-nale alla distanza yi; in altre parole sarà: Fi = σbi ωb e σbi è proporzionale a yi.

L’equazione d’equilibrio alla rotazione, scritta intorno all’asse neutro, for-nisce:

i=1

n

bi b i y = M∑ σ ω (2.4.2)

Fig. 2.24

b

Rc

F1

F2

F3

MRT

t

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1845

Page 47: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

46 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

5 Detta Rt la risultante degli sforzi di trazione F

i = σ

bi ω

b che si destano nei chiodi per effetto del momento

M, si ha che essa, evidentemente, non può da sola equilibrare il momento stesso. Perché un momento Mnon può essere equilibrato da una sola forza, ma da una coppia (cioè da due forze aventi lo stesso modulo,la stessa direzione e verso opposto, che equivalgono ad un momento equilibrante M). Il bordo inferioredella flangia, pensando ad un adattamento plastico del materiale, quindi, eserciterà una compressione taleda fornire una forza R

c uguale e contraria a R

t in modo che si venga a formare una coppia equilibrante del

momento M (si può fare riferimento alla Fig. 2.24).

Detta σ1 la tensione normale che si avrebbe in un chiodo a distanza unitariadall’asse neutro, si può scrivere:

σbi = σ1 yi (2.4.3)

e, quindi, la (2.4.2) si modifica nella:

i=1

n

1 b i2 y = M∑ σ ω (2.4.4)

dalla quale si ricava:

1

i=1

n

b i2

= M

ω∑ (2.4.5)

Dove

i=1

n

b i2 y∑ ω

è il momento d’inerzia assiale della chiodatura rispetto all’asse neutro e saràindicato con Ix.

Evidentemente si ha:

σmax = σ1 ymax (2.4.6)

e, conseguentemente, tenendo conto della (2.4.5), si ha:

bmaxx

= M

I yσ max (2.4.7)

oppure:

bmaxx

= M

Wσ (2.4.8)

dove Wx è il modulo di resistenza della chiodatura5. Il risultato rappresentatodalla (2.4.7) non ci stupisce e lo potevamo facilmente prevedere: si tratta, ineffetti, della formula di Navier.

Note la τbV e la σmax - fornite, rispettivamente, dalla (2.4.1) e dalla (2.4.8) -la verifica va condotta utilizzando la relazione fornita dal Regolamento (punto

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1846

Page 48: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

472. Unioni chiodate

3.3), relazione che è:

2bV

b,adm

2b

b,adm

+ 1ττ

σσ

≤ (2.4.9)

Si ricorda che per i chiodi si ha:

τb,adm = 1200 kg/cm2 σb,adm = 500 kg/cm2

Un ulteriore procedimento di calcolo per il giunto a flangia è quello che sirifà, in un certo senso, al calcolo delle sezioni in cemento armato. Assumendovalida la legge di Hooke ed il principio di conservazione delle sezioni piane, siconsidera la piastra reagente a sola compressione ed i chiodi reagenti a trazione.

Nel caso di flessione retta, l’asse neutro dovrà essere baricentrico della se-zione reagente (costituita dall’area della parte compressa della flangia e daichiodi tesi); pertanto la determinazione di tale asse si otterrà dalla condizioned’annullamento dei momenti statici rispetto ad esso. Ovviamente, procedendocosì, è stata rimossa l’ipotesi di flangia infinitamente rigida (cioè, mentre pri-ma la flangia, pur ruotando intorno al suo bordo inferiore, non si deformava,adesso può deformarsi, sebbene nel rispetto del principio di Bernoulli-Navier,cioè conservandosi ancora piana, ma con asse neutro situato ad una certa di-stanza dal suo bordo inferiore).

Analiticamente si scrive:

b y

2 ( y y ) = 0n

2

i

b i n− −∑ ω (2.4.10)

dove b è la larghezza della piastra, yn la distanza dal lembo compresso all’asseneutro, yi la distanza del baricentro dell’i-esimo chiodo dal bordo compresso, ela sommatoria estesa ai soli chiodi tesi.

Nella (2.4.10) si è trascurata la presenza dei fori nella parte compressa (vo-lendo se ne potrebbe tenere conto, ma i risultati cambierebbero di pochissimo).Noto quindi yn non resta che calcolare il momento d’inerzia della sezione rea-gente:

nn3

i

b i n2I =

b y

3 + ( y y )∑ −ω (2.4.11)

e le tensioni al lembo compresso della flangia e nei chiodi:

cn

n

bin

i n

M

I y

M

I ( y y )

σ

σ

=

= −(2.4.12)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1847

Page 49: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

48 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Qualora l’ordinata dell’asse neutro viene maggiore di quella della primafila di chiodi (che risulterebbero, quindi, compressi), il calcolo va iterato esclu-dendo dalla sommatoria tale fila. Analogamente si procederebbe se l’asse neu-tro risultasse oltre file successive di chiodi.

Va osservato che il procedimento esposto, con le ovvie varianti, è applica-bile anche per sollecitazioni composte di tenso o pressoflessione mentre per ilcalcolo delle τ da taglio, evidentemente, non può che procedersi come giàmostrato poc’anzi (2.4.1).

Qualche esempio numerico non può che chiarire quanto detto precedente-mente.

ESEMPIO N. 3

La mensola illustrata in Fig. 2.25 (si osservi anche la Fig. 2.23) è costituita daun IPE 200, saldato a una lamiera di cm 12 × cm 30 forata in modo da consen-tirne l’attraversamento da parte di un certo numero (10, nella fattispecie) dichiodi o bulloni e realizzare, così, un giunto a flangia.

Il giunto a flangia è sollecitato da:Taglio T = 2300 kgMomento flettente M = 2300 × 75 = 172 500 kg×cm

75 cm

F = 2300 kg

Fig. 2.25

Immaginiamo, dapprima, che la flangia possa ritenersi infinitamente rigida(anche nei confronti di azioni ad essa non complanari).

Il momento d’inerzia assiale della chiodatura rispetto alla retta x passanteper il bordo inferiore della flangia, considerando che i chiodi sono da 20 mm didiametro, è:

x b ii

2 2 2 2 2 4I = y 2 3 14 (3 + 9 +15 + 21 + 27 ) = 9325 8 cm2 2

1

5

ω = × ×=∑ . .

La tensione normale massima di trazione vale:

bmax2 =

172 5009325 8

27 = 499 42 kg/ cmσ.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1848

Page 50: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

492. Unioni chiodate

(e, ovviamente, si verifica nei due chiodi a distanza y5 = 27 cm dal bordoinferiore del piatto; cioè in quelli più distanti dal bordo inferiore della flangia).

La tensione tangenziale di recisione prodotta dal taglio vale:

bV2 =

230010 3 14

= 73 2 kg/ cmτ× .

. 5 (e3.a)

La verifica fornisce:

73 21200

+ 499 42

500. .

.5

1 002 2

=

Quindi il giunto è verificato.La verifica appena conclusa si fonda sull’ipotesi di flangia indeformabile

ed è, pertanto, accettabile quando si può fare affidamento su un’elevata rigi-dezza flessionale della piastra stessa (basterebbe che il suo spessore fosse fis-sato con una certa generosità, controllato nella maniera che mostreremo in unprossimo esempio e, prudentemente, che lo spessore del piatto non sia maiinferiore al diametro dei chiodi o dei bulloni impiegati nel collegamento).

Se la flangia non fosse di spessore tale da poterla ritenere infinitamenterigida (pur presentando, però, uno spessore adeguato) sarebbe più giusto effet-tuare la verifica della chiodatura seguendo il secondo procedimento mostratoin 2.4: vediamolo, per individuare qualche opportuno correttivo al giunto giàverificato nell’ipotesi di flangia indeformabile.

Si può continuare a fare riferimento alla Fig. 2.23.Ricordiamo che la flangia è rettangolare, di base b = 12 cm e altezza h = 30

cm e che è y1 = 3 cm, y2 = 9 cm, y3 = 15 cm, y4 = 21 cm e y5 = 27 cm.Applichiamo la (2.4.10) ipotizzando che sia yn ≤ y1 = 3 cm. Si ha:

by y yn b i n

i22 02

1

5

− −( ) ==∑ ω (e3.b)

Sostituendo i valori numerici nella (e3.b) si perviene alla seguente equazio-ne di secondo grado:

6 31 4 471 02y yn n+ − =.

che ammette la radice positiva: yn = 6.622 cm.Risulta yn > y1 e quindi bisogna reiterare il procedimento ipotizzando che

sia: yn ∈∈∈∈∈ ] y

1 , y

2 ].

La (e3.b) diventa:

by y yn b i n

i22 02

2

5

− −( ) ==∑ ω (e3.c)

Sostituendo i valori numerici, la (e3.c) porge la seguente equazione di se-condo grado:

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1949

Page 51: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

50 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

6 25 12 452 16 02y yn n+ − =. .

che ammette la radice positiva yn = 6.836 cm, effettivamente appartenente al-l’intervallo ] y1, y2] .

Si può, anzi, notare che è valido il suggerimento, fornito dalla letteraturatecnica specializzata, di ritenere, almeno in prima approssimazione, yn = h/6(se avessimo tenuto conto di tale suggerimento avremmo subito scritto la (e3.c),dando per probabile che l’asse neutro si collocasse, nel nostro caso, tra la pri-ma e la seconda fila di chiodi).

Il momento d’inerzia (2.4.11) acquista l’espressione:

Iby

y y

cm

nn

b i ni

= + − = × + × ×

− + − + − + −[ ] ==∑

32

2

5 2

2 2 2 2 4

32

12 6 8363

2 3 14

9 6 836 15 6 836 21 6 836 27 6 836 5539 04

ω ( ).

.

( . ) ( . ) ( . ) ( . ) .

Pertanto σmax vale:

σbmax kg cm= × −( ) =172 5005539 04

27 6 836 627 96 2

.. . /

(e, ovviamente, si verifica nei due chiodi a distanza y5 = 27 cm dal bordo inferio-re della flangia), mentre per τbV resta valido il valore (e3.a) ed è inutile applicarela (2.4.9) perché certamente non risulta verificata.

La massima compressione, esercitata dal bordo inferiore della flangia, sul-l’ala del montante, si ricava applicando la prima delle (2.4.12):

σ cn

nM

Iy kg cm= = × =172 500

5539 046 836 212 89 2

.. . /

e potrebbe servire per determinare lo spessore s della flangia, (v. Esempio n. 12).Arrivati a questo punto si possono prendere varie decisioni: o si fa in modo

che la flangia presenti spessore tale da poterla ritenere indeformabile nei con-fronti delle azioni ad essa non complanari o si adottano chiodi più grossi, didiametro originario pari a 22 mm (foro pari a 23 mm e, di conseguenza, ωb = 2.32

× 3.14/4 = 4.15 cm2) o si sostituiscono i chiodi con i bulloni (che ammettonotensioni di trazione - come vedremo più avanti - di almeno 1050 kg/cm2) o s’in-crementano i diametri solo per i chiodi più distanti dall’asse neutro, che risultanomaggiormente sollecitati a trazione (continuando, in quest’ipotesi, a mantenerelo spessore del piatto piuttosto forte, anche se non tale da legittimare la presun-zione di flangia rigida), ecc. Insomma, esistono varie possibilità d’intervento perfar risultare il nostro giunto verificato, anche nell’ipotesi di flangia non indefor-mabile, adottando, ad esempio, per i chiodi il diametro φ 22 e per lo spessore delpiatto il valore di 30 mm.

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Page 52: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

512. Unioni chiodate

Visto che i giunti flangiati sono alquanto diffusi nella pratica tecnica e so-vente vengono utilizzati i bulloni, e non i chiodi, si può ristudiare il giunto diFig. 2.23, con i bulloni al posto dei chiodi e, magari, proporzionare la flangiacon maggiore attenzione a fatti di natura estetica, ricorrendo, ad esempio, aflange a filo o sporgenti, lo stretto indispensabile, all’intradosso.

ESEMPIO N.4

Con riferimento alle Figg. 2.26 e 2.27 eseguiamo la verifica del giunto solleci-tato dai momenti:

Mz = 120 000 kg×cmMx = 100 000 kg×cm

e dal taglio Ty = 1000 kg.

Fig. 2.27

4

8

4

8

4 48 8x

Fig. 2.26

F

100

120 cm

1000 kg

La mensola spaziale a L illustrata in Fig. 2.26 è costituita da un tubo asezione quadrata senza saldatura (scatolare) di mm 100 × mm 100 e di spesso-re s 12 mm.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1951

Page 53: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

52 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

I chiodi sono del diametro d = 20 mm. Il momento d’inerzia rispetto all’as-se x (Fig. 2.28) vale:

Ix = 3 × 3.14 × 42+ 2 x 3.14 × 122+3 × 3.14 × 202 = 4823.04 cm4

Quindi, la σb,max vale:

bmaxx

x

2= MI

y =100 0004823 04

20 = 414 6 kg/ cmσ max ..× 8

Il momento d’inerzia polare, scritto rispetto al baricentro della chiodatura,risulta:

G2 4I = 4 3 14 + 4 3 14 ( 2 8) = 2411 52 cm× × × × ×. . .82

Per cui la τb,max (tensione tangenziale massima dovuta al momento torcenteMz) risulta:

bMmaxx

x

2 = M

Ir =

120 000

2411 522 8 = 562 98 kg/ cmτ max

..× ×

La τbV dovuta al taglio vale:

bVy

b

2 =T

n =

1 000

8 3 14= 39 8 kg/ cmτ

ω × .. 1

Per quanto riguarda la tensione tangenziale risultante, si cercano le compo-nenti orizzontale e verticale di detta tensione:

τ τ

τ τ τ

RO bMmax

RV bMmax bV

sin kg cm

kg cm

= = × =

= + = × + =

45 562 982

2398 09

45 562 982

239 81 437 90

2

2

o

o

. . /

cos . . . /

per cui essa vale:

R RO2

RV2 2 2 = + = 398 + 437 = 591 80 kg/ cmτ τ τ . . .09 902

La verifica di resistenza fornisce:2 2591 80

1200 +

414 6

500 = 0 93 < 1

. ..

8

e, quindi, il giunto è verificato.

2.5. Chiodature correnti nelle travi composte

Era abbastanza frequente osservare - alla fine dell’800 e nei primi decenni del900 - travi a doppio T formate da un’anima di lamiera, da quattro cantonali adessa chiodati ed ali costituite ancora da lamiere, collegate ai cantonali median-te una seconda chiodatura (v. Fig. 2.28a).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1952

Page 54: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

532. Unioni chiodate

Si formavano, in questa maniera, anche travi di sezione diverse dal doppioT, ad esempio di sezione a cassone, come quella riportata in Fig. 2.28b.

La varietà di travi a doppio T - profilate o saldate - prodotte oggi dall’indu-stria siderurgica (travi IPE, HE, ISE, HSE, HSL, HSA, HSH, HSU e HSD)6,nei tre tipi d’acciaio previsti dalla normativa, fornite di lunghezza fino a 30 me, a richiesta, con adeguate controfrecce, offrono allo strutturista una così va-sta possibilità di scelta di sezioni idonee alle proprie esigenze che accade rara-mente di dover progettare una trave a doppio T composta.

Pur tuttavia esamineremo il calcolo di queste travi sia perché esso è facil-mente estendibile a casi che possono ancor oggi presentarsi (l’esigenza - detta-ta anche da motivi architettonici - di collegare, tramite bullonatura o saldatura,due o più profili e/o lamiere, posti l’uno sull’altro, per farli lavorare insieme,v. Fig. 2.29), sia perché è bene sapere come le vecchie travi composte chiodate

Fig. 2.28

a) b)

6 L’IPE, com’è noto, è un profilato di sezione a doppio T, inscrivibile in un rettangolo di base generalmentepari alla metà dell’altezza e particolarmente idoneo a realizzare elementi inflessi (se si vuole ottenere unbuon sfruttamento dei materiale in campo elastico). L’HE è un doppio T inscrivibile, più o meno, in unquadrato ed è il più adatto per realizzare pilastri (perché - presentando un’ellisse centrale d’inerzia piutto-sto tondeggiante - i raggi d’inerzia, massimo e minimo, non sono molto diversi tra loro). Gli HE siproducono nelle serie: leggera (A), normale (B) e rinforzata (M). Gli IPE e gli HE sono prodotti fino adun’altezza (della sezione) di 600 mm. La serie ISE prosegue i profili della serie IPE, con aumento gradua-le e costante delle altezze e delle larghezze (si va da 650 a 1000 mm d’altezza). I profili della serie HSEsono di dimensioni uguali o assimilabili a quelle previste per le travi HE nella serie A, B ed M delleEuronorme 53/62. Simile alla serie HSE è la HSL, comprendente profili di dimensioni di ingombrouguali a quelli della serie HE/A e spessori ulteriormente alleggeriti, che consentono un migliore sfrutta-mento del materiale. Gli HSA presentano una larghezza delle ali superiore a 300 mm e sono assimilabilialle travi laminate della serie WF (wideflange = ali larghe). La serie HSH comprende profili inscrivibili inquadrati e sono, pertanto, particolarmente adatti all’impiego come colonne, si producono fino a 600 mmdi altezza, con area della sezione retta fino a 712 cm2 . Potrebbero andar bene per realizzare le colonne diedifici multipiano. Per la serie HSU, le sezioni sono iscrivibili in rettangoli di altezza pari, grosso modo,a quattro volte la base ed altezza di anima comprese tra 1100 e 1600 mm. Possono essere presi in consi-derazione per ponti d’acciaio. La serie HSD, infine, presenta la caratteristica di avere le due ali di larghez-za e spessore differenti. I doppi T di questa serie sono particolarmente adatti ad essere impiegati in colla-borazione col calcestruzzo cementizio armato (travi miste acciaio-calcestruzzo) e, su richiesta, vengonoforniti con adeguate controfrecce. Le caratteristiche geometriche e inerziali dei profili sopra sommaria-mente descritti si attingono dai profilatari forniti dall’industria siderurgica.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1953

Page 55: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

54 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

venivano proporzionate quando è necessario mettere mano su di esse per con-solidarle. Auspicheremmo, senz’altro, il recupero di quelle belle costruzionid’acciaio, civili e industriali, della prima metà del secolo scorso (v. Fig. 2.30,da B. e H. Becher, Anonyme Skulpturen: Eine Typologie technischer Bauten,Art-Press Verlang, Düsseldorf, 1970).

Vi è concettualmente, molto in comune nel calcolo delle travi inflesse co-stituite da più parti fra di loro solidarizzate: le travi miste c.a.o. - c.a.p, quellemetalliche composte, le travi miste acciaio-calcestruzzo. In tutti questi casi sitratta, pur sempre, di fare in modo che vi sia collaborazione tra le varie partiche compongono l’elemento strutturale; cioè, in parole povere, che la sezionecomposta si comporti come se fosse unica. In generale, i vari elementi cheformano queste travi possono essere di materiale diverso (come accade nelletravi miste acciaio-calcestruzzo) o dello stesso materiale (com’è nel caso delletravi composte che tra breve esamineremo).

Fig. 2.29

Fig. 2.30.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1954

Page 56: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

552. Unioni chiodate

Nelle sezioni miste acciaio-calcestruzzo, l’impiego del cls., però, esige chesi tenga conto dei fenomeni lenti (scorrimento viscoso e ritiro), tipici di questomateriale.

Prendiamo adesso in esame una trave formata da m strisce di lamiera, postel’una sull’altra e collegate tra loro, tramite una chiodatura o una bullonatura ouna saldatura. Come si vede in Fig. 2.31, le varie lamiere sono ordinatamentenumerate come s’incontrano procedendo dall’alto verso il basso e presentanosezioni rette di forma rettangolare e di aree A1, A2, …..Am (nel caso di Fig. 2.31è, evidentemente, m = 6). Supponiamo, per fissare le idee, che questa trave com-posta sia semplicemente appoggiata alle estremità e soggetta a un carico unifor-memente distribuito q. È facile, allora, tracciare i diagrammi delle caratteristichedi sollecitazione (M e T), così come fatto in Fig. 2.31 (essendo la struttura sim-metrica e simmetricamente caricata, è ben noto che il diagramma del momento èsimmetrico e quello del taglio è emisimmetrico, ragion per cui i due diagrammisono stati tracciati, per metà trave).

Prendiamo in esame il tronco di trave, di lunghezza ∆z, compreso fra le duesezioni a e b. Sia Ma il momento flettente nella sezione a e Mb quello nellasezione b. Ovviamente Ta e Tb saranno i tagli nelle sezioni a e b e Tm il tagliomedio nel tratto in esame (nel caso di Fig. 2.31 sarà: Tm = (Ta + Tb) / 2).

Isolato il tronco di lunghezza ∆z, riportiamo sulle facce a e b i diagrammidelle σ agenti su queste due facce (v. Fig. 2.32). Le tensioni normali σa, agentisulla sezione a, sono dovute ad Ma mentre le σb, relative alla sezione b, sonoprovocate da Mb. Le risultanti delle σ sollecitanti la prima lamiera, sulle duefacce a e b del concio isolato, rispettivamente valgono:

Ra1 = σa1 A1

Rb1 = σb1 A1(2.5.1)

dove:σa1 = tensione normale, nella sezione a e all’altezza del baricentro della pri-

ma striscia;σb1 = tensione normale, nella sezione b e a livello del baricentro della prima

striscia;Al = area della sezione retta della prima striscia.

È evidente che:1) sulla superficie di contatto tra la prima e la seconda lamiera agirà una

forza di scorrimento S∆z che è risultante delle tensioni tangenziali τyz

sulla stessa superficie di contatto;2) per l’equilibrio alla traslazione secondo l’asse della trave (nella fattispe-

cie l’asse z), del pezzo di lamiera l, di lunghezza ∆z, deve verificarsi:

S∆z = Rb1 – Ra1 (2.5.2)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1955

Page 57: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

56 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Si può pensare di isolare anche il tratto di lamiera 1 compresa tra le sezione ae b. Tale tratto è soggetto alle seguenti tre forze agenti in direzione z: Ra1, Rb1,S∆z (come poc’anzi detto, Ra1 e Rb1, sono le risultanti delle σ agenti sulle super-fici A i delle due facce a e b mentre S∆z è la risultante delle τyz sulla superficie dicontatto tra la striscia 1 e la sottostante striscia 2).

Per l’equilibrio alla traslazione secondo z, le tre forze di cui sopra devonofarsi equilibrio e, quindi, deve valere la (2.5.2). Un analogo ragionamento sipuò fare isolando il pacchetto formato dalle lamiere 1,2,.... i (i < m) tra le mlamiere del tratto ∆z.

Fig. 2.31

Fig. 2.32

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1956

Page 58: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

572. Unioni chiodate

Ritornando al nostro discorso σa1 e σb1 possono essere determinate utiliz-zando la formula di Navier:

a1a

x1

b1b

x1

= MI

y

= MI

y

σ

σ(2.5.3)

dove:y1 = distanza dal baricentro dell’area Al all’asse x (cioè all’asse neutro, bari-

centrico, dell’intera sezione composta);Ix = momento d’inerzia di tutta quanta la sezione composta, rispetto al suo

asse baricentro x.Le (2.5.1), grazie alle (2.5.3), diventano:

a1a

x1 1 a

1

x

b1b

x1 1 b

1

x

R = MI

y A = M S

I

R = MI

y A = M S

I

(2.5.4)

S1 è il momento statico della sezione retta (di area A1) della prima lamiera,rispetto all’asse x baricentrico dell’intera sezione composta.

La (2.5.2), in virtù delle (2.5.4), diventa:

∆ z b1

xa

1

xb a

1

xS = M S

IM S

I = (M M ) S

I− − (2.5.5)

Ricordando che la variazione di momento nel tratto ∆z è pari al taglio me-dio nello stesso intervallo ∆z, cioè che è:

mb a

T = M M z−

∆ (2.5.6)

e generalizzando S1, sostituendolo con Si, (momento statico, rispetto all’assex, delle sezioni rette delle prime i lamiere), la (2.5.5) acquista il seguente aspettodefinitivo:

∆ ∆ zm i

xS = T S

I z (2.5.7)

In conclusione, se, in una trave composta, un organo di unione (chiodo obullone o cordone di saldatura) presenta come sua zona d’influenza il tratto∆z, deve essere in grado di resistere alla forza di scorrimento S∆z, data dalla(2.5.7); in cui, chiaramente, Si è il momento statico, rispetto ad x, di una delledue parti collegate.

Con riferimento alla Fig. 2.33, per determinare lo sforzo S∆z, sollecitante ilchiodo situato al centro del tratto ∆z - e che unisce all’anima l’insieme formatodai due angolari e dalla piattabanda - nella (2.5.7) Si è il momento statico (ri-

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1957

Page 59: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

58 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

spetto ad x) della sezione netta dei due cantonali e della piattabanda, mentreTm, Ix, e ∆z hanno il significato già chiarito in precedenza. Per la verifica delchiodo in parola si dovrà controllare che la tensione tangenziale τb nelle duesezioni resistenti alla recisione e la σ di rifollamento σrif - pressione esercitatadal gambo del chiodo contro mezza parete interna del foro praticato nell’ani-ma - siano contenute nei limiti ammissibili.

Fig. 2.33

b = 300 mm

2 L

80 × 12

h/2

= 3

50 m

m

chiodi d1 = 14

∆z = 140

∆z

anima s = 10 mm

chiodi d1 = 17 mm

c =

30

Tali tensioni (τb e σrif ) scaturiscono dalle seguenti due relazioni:

2 d4

= T S

I z

sd = T S

I z

b12

m i

x

rifm i

x

τπ

σ

∆(2.5.8)

dove d è il diametro del foro (è bene ricordare che, come stabilito all’ultimocomma del punto 7.2.2. della vigente normativa, nei calcoli si assume il dia-metro d1, tanto per la verifica di resistenza della chiodatura, quanto per valuta-re l’indebolimento degli elementi chiodati).

È, poi, facile estendere - con opportuni e banali adattamenti - le (2.5.8) alcaso delle bullonature.

Per l’unione delle piattabande ai cantonali resta valida la prima delle (2.5.8).Infatti i chiodi presentano una sola sezione resistente alla recisione, ma nesono due (e quindi la prima delle (2.5.8) resta valida così come è). OvviamenteSi sarà il momento statico della sezione retta della sola ala, sempre rispettoall’asse x.

La tensione di rifollamento dà, in questo caso, meno preoccupazione per-ché i due chiodi premono su mezza parete interna di due fori.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1958

Page 60: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

592. Unioni chiodate

Ponendo τb = τb,adm e σrif = σrif,adm = 2 σadm dalle (2.5.8) è possibile ricavarel’interasse al quale devono essere posti i chiodi.

Generalmente calcolato l’intervallo ∆z per Tm = Tmax, lo si mantiene co-stante per tutta la lunghezza della trave.

Allora si ha:

z 1 57 d IT S

z = 2 s c IT S

b,admx

i

admx

i

= .max

max

τ

σ

2

(2.5.9)

Ovviamente si assumerà per ∆z il più piccolo tra i due valori forniti dalle (2.5.9).I problemi connessi alle travi composte erano ben noti ai costruttori dei

secoli passati ed il lettore se ne renderà ben conto guardando la Fig. 2.34,tratta da J. Leupold, Theatrum Pontificale, Leipzig, 1726, Tav. VIII (partico-larmente bella la Fig. V, che mostra lo scorrimento tra le quattro tavole dilegno semplicemente sovrapposte l’una all’altra e degne di attenzione sonole Figg. IX÷XIV, che mostrano vari sistemi di solidarizzazione degli ele-menti costituenti la trave lignea composta, soggetta a carichi agenti dall’altoverso il basso).

Naturalmente esistono numerosi altri testi antichi che mostrano brillantied esteticamente valide soluzioni per formare travi composte (sia in legnoche in ferro) che si osservano ben volentieri e che possono fornire anche altecnico dei giorni nostri stimolanti spunti per una più valida progettazionestrutturale.

È evidente l’analogia con il calcolo delle armature a taglio (staffe e/o ferripiegati) nella statica del cemento armato ordinario (metodo delle tensioni am-missibili).

Anche in quel caso c’è da proporzionare un’armatura in grado di resistere auna forza (di scorrimento) che è risultante, su un certo tratto di trave, di tensio-ni tangenziali da taglio (sul piano neutro o su un piano sottostante al pianoneutro e ad esso parallelo).

La forza di scorrimento ha un significato fisico ben preciso: è quella forzache tende a far scorrere il blocco compresso rispetto a quello teso (cioè unadelle forze che hanno prodotto lo scorrimento delle tavole di legno di Leu-pold).

Lo studio della singola sezione, seppure la più sollecitata a taglio, è (nellastatica del c.a.o.) poco significativo e, pertanto, occorre prendere in esame unelemento di trave di una certa lunghezza per individuare modelli e proceduredi calcolo.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1959

Page 61: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

60 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ESEMPIO N. 5

Progettare una trave composta, di sezione a doppio T e di acciaio tipo Fe 430,appoggiata alle estremità su una luce l = 16 m e soggetta a un carico uniforme-mente distribuito q = 3800 kg/ml.

Al fine di effettuare un dimensionamento di massima della sezione a dop-pio T composta, si può pensare che le ali assorbano il momento flettente el’anima il taglio.

Fig. 2.34

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1960

Page 62: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

612. Unioni chiodate

Immaginiamo di trovarci nella sezione di mezzeria (dove, evidentemente,il momento flettente è massimo) e - per semplificare le cose - che le sezionirette delle ali (rettangolari, di dimensioni b × c) siano interessate da una distri-buzione costante di tensioni normali, pari a σadm.

Nel nostro caso si può pensare che l’ala superiore sia compressa da unaforza C = σadmbc mentre quella inferiore sia tesa da una forza F = σadmbc.

C ed F formano una coppia - di momento C (h+c) o, ciò che è lo stesso, F(h+c) - in grado di equilibrare il momento positivo Mmax al quale la sezionecomposta, in mezzeria, è soggetta. Se il momento sollecitante Mmax fosse statonegativo, è evidente che nulla cambierebbe oltre al fatto che l’ala tesa sarebbequella superiore.

Con riferimento alla Fig. 2.35 si può, quindi, scrivere:

σadm b c (h+c) = Mmax (e5.a)

o, che è lo stesso:

σadm b c (H-c) = Mmax (e5.b)

Se l’anima - anch’essa di sezione rettangolare, con base s ed altezza h -fosse isolata dalle ali e soggetta al taglio Tmax, si avrebbe il noto diagrammadelle τ di Fig. 2.35, con τmax = 3 Tmax/(2sh) (ovviamente si tratta di τzymax danoi più semplicemente indicata con la notazione τmax).

Fig. 2.35

Ponendo τmax = τadm si può scrivere

admadm max

adm = 3

= Ts h

3 s h = Tτ σ σ

3

2

2

9⇒ max (e5.c)

o, che è lo stesso (essendo h = H – 2c):

3 s (H 2 c) = Tadm

9σ − max (e5.d)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1961

Page 63: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

62 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Arrivati a questo punto abbiamo due relazioni - la (e5.a) e la (e5.c) oppurela (e5.b) e la (e5.d) - e quattro incognite geometriche: b, c, s, e h (o H). Il modopiù semplice di procedere al dimensionamento di massima, della sezione adoppio T composta, potrebbe essere quello di fissare due tra i quattro parame-tri geometrici suddetti e ricavare gli altri due dalla coppia di relazioni a dispo-sizione (la (e5.a) e la (e5.c) oppure la (e5.b) e la (e5.d)). Chiaramente, potreb-bero fissarsi (se lo si desidera) i rapporti tra b ed H e c ed s (ad esempio: b/H =0.5 e s/c = 0.67 per rendere la nostra trave composta, più o meno, delle stesseproporzioni di un’IPE commerciale).

Nel nostro caso potremmo fissare h e c e trovarci - tramite la (e5.a) e la(e5.c) - b ed s. È di tutta evidenza che, se non fossimo soddisfatti dei valori dib ed s scaturiti dal calcolo, è possibile reiterare il procedimento fissando nuovivalori per h e c.

Preliminarmente, però, vanno determinati Mmax e Tmax.Ricordando che lo schema statico è quello di una trave isostatica semplice-

mente appoggiata alle estremità, di luce l = 16 m, e soggetta ad un carico uni-formemente ripartito q = 3800 kg/ml, si ha:

maxM =q l

8=

3800 168

= 12 160 000 kg cm2 2× ×

e

maxT =q l2

=3800 16

2= 30 4 kg

×00

(si sta trascurando - com’è generalmente lecito fare per le strutture di acciaio -il peso proprio della membratura strutturale).Fissato:

h = 70 cmc = 3 cm

dalla (e5.a) si ricava:

b = M c (h + c)

= 12160 000

1900 3 (70 3) 29 224 cm

adm

max .σ × × −

=

mentre dalla (e5.c) si ottiene

s = T

3 h =

30 4002

= 0 4 cmadm

92

93 70 1900

59max .σ

×× × ×

Ci conviene - per evitare che si verifichino fenomeni di instabilità dell’ani-ma - incrementare a sentimento lo spessore s.

Si decide di assumere s = 10 mm (si potrebbe controllare che non vi sianopericoli di imbozzamento dell’anima, nel quale caso sarà necessario prevedere

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1962

Page 64: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

632. Unioni chiodate

degli irrigidimenti della stessa o assumere uno spessore s maggiore di quellostabilito).

Per formare le ali della nostra trave composta potremmo utilizzare dei lar-ghi piatti (UNI 6557-69) 300 × 30 (cioè larghi 30 cm e spessi 3 cm).

Per collegare le due ali all’anima decidiamo di utilizzare quattro angolarilati uguali e a spigoli tondi 80 × 12.

A questo punto la sezione composta è definita e si può procedere alla suaverifica e alla determinazione delle due chiodature correnti: quella che collegale ali ai cantonali e quella che collega all’anima i due pacchetti, formati ognu-no dall’ala e da due L.

Dal sagomario (in Appendice) si ricava che la sezione retta di un angolare80 × 12 presenta un’area di 17.9 cm2, che la distanza dal suo baricentro albordo esterno di un’ala è pari a 2.41 cm e che il momento di inerzia rispetto alsuo asse x baricentrico è pari a 102 cm4.

Siamo in possesso, allora, di tutti i dati necessari per calcolarci il momentod’inerzia, rispetto all’asse x, dell’intera sezione composta integra (cioè senzaforature) e il momento statico, sempre rispetto all’asse x baricentrico, di mez-za sezione composta:

x

3 2

2

I 1 7012

+ 2 30 312

+ 2 30 3702

+ 32

+

4 102 + 4 x 17 9702

2 41 = 344978 27 cm

= × × × × × ×

+ × × −

. . . 4

x

2

S 1 352

+ 2 17,9 (35 2 41) +

3 30 (3 +1 5) = 5064 22 cm

= × × × −

+ × ×

.

. .5 3

La verifica di resistenza della sezione composta va, prudenzialmente, effet-tuata in corrispondenza della sezione più indebolita dalle forature per il pas-saggio dei chiodi.

Tale sezione è quella in corrispondenza dei chiodi che uniscono le ali aicantonali.

Un’ala della sezione composta è spessa 3 cm mentre un’ala del cantonale èspessa 1.2 cm.

Decidendo di utilizzare chiodi con d = 14 mm (per l’unione ali-cantonali) siha che i quattro fori che indeboliscono la sezione composta sottraggono quat-tro rettangoli di materiale; ognuno di tali rettangoli presenta un base di 1.4 cme un’altezza pari a: 3 + 1.2 = 4.2 cm.

Di conseguenza il momento d’inerzia della sezione indebolita è:

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:1963

Page 65: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

64 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

I 344978 27 4 1 4 4212

4 1 4 4 276

2

4 2

2

314630 8 cm

x

3 2

' . . . ..

.

= − × × − × × × −

=

= 9 4

mentre il momento statico di mezza sezione indebolita (momento statico cal-colato, evidentemente, sempre rispetto all’asse x) vale:

′ − × × × −

x

3S = 5064 4 1 4 4 2762

4 22

4219 63 cm. ..

.

Le tensioni massime valgono:

maxmax

max ..σ σ= ×

MI

y =12 160 000314630 8

38 = 1468 64 kg/ cm <x

2adm

9

τ τmaxx

x

2adm

T SI b

=30 400 4219 63

314 630 8 1= 407 7 kg/ cm <= ×

×′max

'

.

..

91

Accertatici che la sezione composta è ben dimensionata, si può procedereal calcolo delle due chiodature correnti.

Da questo punto in poi si può fare riferimento alla Fig. 2.33.Determiniamo il momento statico S1 della sezione retta dell’ala (larga 30

cm e spessa 3 cm), rispetto all’asse x:

1S = 30 3702

+32

= 3285 cm× ×

3

e il momento statico S2 - sempre rispetto ad x - dell’insieme costituito dallasezione retta di un’ala e dei sottostanti due cantonali:

S 30 370

2+

3

2+ 2 17 9

70

22 41

4451 72 cm

2

3

= × ×

× × −

=

=

. .

.Procediamo al calcolo della chiodatura più sollecitata: quella che unisce

all’anima l’insieme formato da una piattabanda e due angolari.Decidiamo di utilizzare chiodi di diametro nominale pari a 16 mm e con

fori di diametro da 17 mm. Sappiamo che τb,adm = 1200 kg/cm2 e σadm = 1900kg/cm2. Abbiamo, inoltre, già calcolato Ix ed S1, e, quindi, possiamo applicarele (9.5.9) per determinare l’intervallo ∆z. Si ha:

∆z = 1 57 1200 1344 978 27

30 400 4451 72= 13 8 cm 14 cm. .

..

.× × ××

≅7 82

∆z = 1 00 1 1344 978 27

30 400 4451 72= cm cm2 9 7 16 47 16 5× × × ×

×≅.

..

. .

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2064

Page 66: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

652. Unioni chiodate

Ovviamente si adotta il ∆z più piccolo tra i due valori e, a questo punto,potrebbe essere completamente definita la prima chiodatura: i chiodi sono didiametro d = 17 mm posti ad interasse ∆z = 14 cm.

Resta solo da decidere se ridurre il diametro d e/o aumentare l’interasse ∆zman mano che, avvicinandoci alla mezzeria della trave, il taglio diminuisce.

Essendo la trave abbastanza lunga (16 m) ci sembra più giusto non mante-nere costante l’intervallo ∆z = 14 cm per tutta la lunghezza, ma suddividerla invari tratti e, con riferimento al taglio massimo in ognuno di tali tratti, variare do ∆z (o entrambi).

Nel nostro caso decidiamo di dividere la trave in tre tratti: due tratti estremilunghi 4 m e un tratto centrale, a cavallo della sezione di mezzeria, lungo 8 m.

Nei due tratti estremi lunghi ognuno 4 m adottiamo la chiodatura già indivi-duata (d = 17 mm e ∆z = 14 cm) e procediamo a un nuovo calcolo degli organidi unione per la parte centrale di trave lunga complessivamente 8 m.

Il taglio Tmax nella sezione a 4 m di distanza sia da un appoggio che dallamezzeria della trave vale:

T = 30 40048

= 15 200 kgmax ×

(ovviamente è la metà del taglio massimo, reazione di uno degli appoggi) erappresenta il taglio - al quale dobbiamo fare riferimento per il calcolo - neltratto centrale suddetto.Decidiamo di continuare a tenere d = 17 mm e, quindi, va determinato l’inter-vallo ∆z tra un chiodo e l’altro:

∆z = 1 57 1200 1344 978 27

4451 72= 27 7 cm 28 cm. .

..

.× × ××

≅715200

62

∆z = 2 1900 1 1 7344 978 27

4451 72= 32 93 cm 33 cm× × × ×

×≅.

..

.15200

Si assumerà ∆z = 28 cm (che risulta, come si poteva facilmente prevedere,pari al doppio dell’intervallo precedentemente trovato).

Dobbiamo adesso occuparci della chiodatura che unisce un’ala ai due can-tonali. È preferibile assumere, per questa chiodatura, gli interassi ∆z primastabiliti, allo scopo di avere i chiodi della seconda chiodatura ordinatamentesfalsati rispetto a quelli della prima chiodatura (testé definita). Insomma cipreoccupiamo di un fatto estetico: di avere i chiodi delle due unioni correnti gliuni sfalsati rispetto agli altri (come si può osservare in Fig. 2.33), ma anche diun fatto statico.

Fissato, allora, ∆z = 14 cm per i tratti estremi di trave (lunghi 4 m ciascuno)

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2065

Page 67: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

66 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

e ∆z = 28 cm per il tratto centrale (lungo 8 m: 4 m a sinistra e 4 a destra dellamezzeria), resta da ricavare d1, dalle (2.5.9):

1m 1

b,adm xd =

z T S1 57 I

= 14 30 400 3285

1 57 1200 344978 27 = 1 46 cm

∆. . .

× ×× ×

1m 1

adm xd =

z T S2 s I

= 14 30 400 3285

2 1900 1 344 978 27 = 1 0 cm

∆τ

× ×× × × .

. 7

Ci sembra il caso, arrivati a questo punto, di chiudere i calcoli decidendo diutilizzare, per la chiodatura che solidarizza le ali ai cantonali, chiodi con diame-tro nominale pari a 13 mm e fori di diametro d = 14 mm, sfalsati, come già detto,rispetto ai chiodi (con d = 17 mm) che uniscono all’anima il pacchetto formatoda un’ala e una piattabanda. Ovviamente si potrebbe completare l’esempio nu-merico effettuando verifiche sulla stabilità dell’anima, sostituendo i chiodi con ibulloni o, meglio, con cordoni di saldatura ed, eventualmente, disegnando unprospetto della trave dove risultino, chiaramente leggibili gli interassi ∆z e con-traddistinti, con opportune convenzioni grafiche, i chiodi dei diversi diametri.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2066

Page 68: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

67

3. UNIONI BULLONATE

I collegamenti bullonati, come già detto nel Capitolo 1, hanno quasi totalmen-te soppiantato quelli chiodati, perché consentono una maggiore razionalizza-zione del lavoro, dovuta alla facilità e velocità sia del montaggio sia dellosmontaggio, ove mai, nel tempo, la struttura dovesse essere modificata perrispondere a nuove esigenze distributive o dovesse essere trasportata in altroluogo. Rispetto alla chiodatura, la bullonatura è caratterizzata da assenza dirumori nel montaggio, garantisce (nel caso di bulloni AR precaricati, dove ARsta per Alta Resistenza) un’assoluta impermeabilità all’acqua e offre una mag-giore resistenza agli sforzi statici e alla fatica.

La tendenza, nelle moderne costruzioni metalliche, è quella di realizzarequanti più collegamenti saldati è possibile in officina (dove esistono attrezza-ture e condizioni di lavoro ottimali) per, poi, limitarsi in cantiere a semplicioperazioni di montaggio, affidabili - come nel caso dei collegamenti bullonati- anche a personale senza particolare specializzazione.

In alcuni casi, inoltre, i bulloni funzionano meglio dei chiodi. Ricordiamo,ad esempio, che nei chiodi, col raffreddamento, si destano tensioni interne,tanto più forti quanto più i chiodi stessi sono lunghi. Allorquando si devonocollegare pezzi di notevole spessore (4-5 volte il diametro dei chiodi) è prefe-ribile utilizzare i bulloni anziché chiodi.

Secondo la letteratura tecnica, il bullone (dal latino bulla = sigillo) è defini-bile come quell’organo di collegamento mobile, costituito da un perno filettato(vite), sormontato da una testa generalmente esagonale, cui si avvita un dado(madrevite), anch’esso per lo più di forma esagonale, che blocca la parte daserrare.

Un altro elemento importante del bullone (bolt, in inglese) è la rosetta (orondella), che può avere funzione d’appoggio o di sicurezza. Essa può essereinserita per aumentare la superficie d’appoggio del dado (nut), in maniera daripartire la forza di serraggio su un’area maggiore. Ma le rosette - che la Norma-tiva, al punto 7.3.1., impone di usare sempre - servono anche quando i dadi devo-no essere avvitati per aderire a superfici non perfettamente livellate o quando èconsistente il gioco foro-bullone. Le rosette di sicurezza (le cosiddette rosetteelastiche) appartengono ai dispositivi atti ad impedire l’allentamento delle viti.

Un bullone, ricapitolando, è costituito da tre parti fondamentali:a) la vite,b) il dado,c) la rondella.Si può fare riferimento alla Fig. 3.1.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2067

Page 69: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

68 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 3.2

Le rondelle non sarebbero indispensabili per i bulloni non precaricati, adesclusione d’alcuni casi particolari: quando è necessario, per la lunghezza delbullone, tenere i filetti fuori del piano di taglio, quando la superficie del pezzonon è perfettamente perpendicolare all’asse del bullone, ecc.

Il compito di collegare i pezzi per serraggio è affidato a due parti del bullo-ne: la vite propriamente detta e la madrevite (dado) (Fig. 3.2).

Le parti filettate della vite e della madrevite sono dette filettatura o impa-natura (nella vite, com’è noto, la filettatura è esterna, mentre nella madrevite èinterna).

Le viti, in base al profilo, si dicono triangolari, trapezie, quadre, semicircolari,ecc; quelle utilizzate nella carpenteria metallica sono le triangolari e le trapezie.

In Fig. 3.3 sono indicate le parti caratteristiche di una vite: la cresta o verti-ce (sommità del filetto), il fondo (superficie di fondo del filetto), i fianchi (le

Fig. 3.1

bullone in opera

lunghezzafilettatura

dado rondella circolare rondella quadrangolare

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2068

Page 70: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

693. Unioni bullonate

superfici che collegano il vertice alla radice), l’angolo di filetto, la profonditào altezza del filetto (distanza fra la cresta e il fondo, misurata perpendicolar-mente all’asse della vite), il passo (distanza tra una spira e l’altra dell’elica delfiletto), ecc.

Fig. 3.3

I diametri che interessano, nella parte filettata del bullone, sono i tre se-guenti:

1) il diametro esterno o diametro nominale d;2) il diametro medio d

m;

3) il diametro del nocciolo dn,

Nella bulloneria normalmente impiegata nelle costruzioni metalliche è:

dm = d - 0.64952 p

(3.1)dn = d - 1.22687 p

dove p è il passo della filettatura. Le (3.1) sono rigorosamente valide per filet-tature metriche ISO a profilo triangolare a passo grosso.

Secondo la UNI 4534/64 come sezione resistente della parte filettata è daprendersi quella circolare di diametro pari alla media aritmetica tra il diametrodel nocciolo d

n e quello medio d

m. Cioè, la sezione resistente scaturisce dalla

seguente relazione:

res

2m n =

4 d + d

π

(3.2)

La (3.2), tenendo conto delle (3.1), porge:

ωres

= 0.19635 (2 d - 1.87639 p)2 (3.3)

La (3.3) mostra con chiarezza che più piccolo è il passo e più grande è ωres

.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2069

Page 71: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

70 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Utilizzando la (3.3) è possibile costruire la Tabella 3.1, molto comoda nellepratiche applicazioni (i diametri più usati sono quelli da 12 a 27 mm, riportatiin grassetto, ω

b è la sezione del gambo).

I bulloni sono costruiti (stampati o torniti) in forme e tipi normalizzati CNR-UNI 5737 e seguenti - Roma 1966).

Così come avviene per i chiodi, i fori devono consentire un certo giocoforo-bullone e ciò è stabilito dal secondo comma del punto 7.3.2. della vigentenormativa.

Quando ci si trova in presenza di vibrazioni o inversioni di sforzo è indi-spensabile adottare controdadi, rosette di tipo elastico, coppiglie o altri accor-gimenti atti ad impedire l’allentamento del serraggio.

La normativa vigente prevede l’impiego di bulloni normali delle classi 4.6,5.6 e 6.6 e bulloni ad alta resistenza (AR) delle classi 8.8 e 10.9 (nella Tab. 3.2sono raccolti i dati più significativi delle varie classi di bulloni).

Le classi dei bulloni sono definite dalle caratteristiche degli acciai adopera-ti, come si rileva, ancora, dalla tabella 3.2.

Le elevate prestazioni meccaniche fornite dalle ultime due classi sono otte-nute sottoponendo l’acciaio a trattamento termico (tempra e successivo rinve-nimento1).

1 Tutti possiamo fare una semplice esperienza, con uno spillo o con un ago d’acciaio. Afferrandolo con unapinza, possiamo esporlo, tenendolo in verticale, alla fiamma del fornello della cucina. Riscaldandolo alcolor rosso e facendolo raffreddare lentamente, notiamo che l’ago di acciaio può essere facilmente piega-to (è diventato meno resistente, ma molto più duttile). Questo trattamento si chiama ricottura e puòservire ad eliminare completamente tensioni interne, eventualmente presenti nel pezzo d’acciaio.Riscaldando il nostro elemento d’acciaio fino al color rosso, ma raffreddandolo rapidamente (immergen-dolo subito in un bicchiere d’acqua) il nostro spillo diventerà più resistente, ma più fragile (se proviamoa piegarlo si spezzerà). In questo modo avremo effettuato - come il lettore già sa - un trattamento ditempra. Dal punto di vista fisico la tempra consiste nel fissare, tramite il brusco raffreddamento, la strut-tura molecolare che l’acciaio presenta alle alte temperature.Per attenuare la fragilità dell’acciaio provocato dalla tempra dobbiamo prendere il nostro spillo temprato,pulirlo accuratamente con carta smerigliata a grana fine, rimetterlo sul fornello e riscaldarlo moderata-mente (fino a quando assume una coloritura blu) e, infine, lasciarlo raffreddare lentamente. Avremo, così,effettuato un trattamento termico che si chiama rinvenimento e, alla fine, il nostro spillo si presenterà nonsolo resistente, ma anche elastico (un po’ meno duro, ma più plastico e non più fragile). Il processocomplessivo di tempra e rinvenimento si chiama bonifica. Tale trattamento - effettuato con mezzi tecno-logici e perizia certamente maggiori di quelli da noi adottati con un ago, una pinza e il fornello di cucina- viene operato sui bulloni.In realtà chi leggerà questa nota tra qualche decennio è probabile che l’accolga con un sorrisetto dicompatimento, visti i progressi rapidissimi della metallurgia. Già oggi i metalli si possono fabbricaredentro tubi di plasma (ottenendo leghe chimicamente impossibili, con grani finissimi), per temprarli siadoperano gas superfreddi e per renderli più resistenti vengono sottoposti a docce di atomi. Circa undicianni fa 130 industrie tedesche fondarono un centro sperimentale (l’Iwt di Brema) che è passato immedia-tamente all’avanguardia mondiale, nel settore della metallurgia. E’ facilmente prevedibile che le tecnichegià messe a punto (spray compacting, trattamenti al nitruro di titanio, tecnologia del plasma, Cvd, ecc.),che oggi trovano applicazioni particolari (in ortopedia: articolazioni artificiali, viti in trazione per femorie antenne paraboliche dei radiotelescopi, che altro non sono che specchi lucidissimi) possano trovarelarghi impieghi nella carpenteria metallica (e ciò sicuramente accadrà quando i costi delle nuove tecnolo-gie si abbatteranno).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2070

Page 72: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

713. Unioni bullonate

d p ωωωωωres ωωωωωb(in mm) (in mm) (in cm2) (in cm2)

4 0.7 0.0878 0.126 0.6975 0.8 0.142 0.196 0.7226 1 0.201 0.283 0.7127 1 0.288 0.385 0.758 1.25 0.366 0.503 0.7288 1 0.392 0.503 0.7799 1.25 0.481 0.636 0.7569 1 0.51 0.636 0.80210 1.5 0.58 0.785 0.73810 1.25 0.612 0.785 0.77910 1 0.645 0.785 0.82112 1.75 0.843 1.131 0.74512 1.5 0.881 1.131 0.77912 1.25 0.921 1.131 0.81414 2 1.154 1.539 0.7514 1.5 1.245 1.539 0.80916 2 1.567 2.011 0.77916 1.5 1.672 2.011 0.83218 2.5 1.925 2.545 0.75618 1.5 2.162 2.545 0.8520 2.5 2.448 3.142 0.77920 1.5 2.715 3.142 0.86422 2.5 3.034 3.801 0.79822 1.5 3.33 3.801 0.87624 3 3.525 4.524 0.77924 2 3.844 4.524 0.8527 3 4.594 5.725 0.80227 2 4.957 5.725 0.86630 3.5 5.606 7.069 0.79330 2 6.212 7.069 0.87933 3.5 6.935 8.553 0.81133 2 7.608 8.553 0.88936 4 8.167 10.179 0.80236 3 8.649 10.179 0.8539 4 9.757 11.946 0.81739 3 10.284 11.946 0.86142 4.5 11.209 13.854 0.80942 3 12.06 13.854 0.8745 4.5 13.06 15.904 0.82145 3 13.977 15.904 0.87948 5 14.731 18.096 0.81448 3 16.036 18.096 0.88652 5 17.578 21.237 0.82852 3 19 21.237 0.89556 5.5 20.3 24.63 0.82460 5.5 23.62 28.274 0.83564 6 26.76 32.17 0.83268 6 30.553 36.317 0.841

Tabella 3.1

ωωωωωres

ωωωωωb

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2071

Page 73: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

72 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Tabella 3.2. Bulloni per carpenteria: classi e caratteristiche meccaniche

Prove a trazioneClasse Carico unitario Carico unitarioAllungamento

della vite di rottura di snervamento (%)Impiego

(in kg/mm2) (in kg/mm2)

4.6 40 21 25 bassa resistenza

5.6 50-70 30 20 media “

6.6 60-80 36 16 media “

8.8 80-100 64 12 alta “

10.9 100-120 90 8 altissima “

La tabella 3.2 può essere integrata dalla seguente tabella 3.3, tratta dell’Eu-rocodice 3.

Classe dei bulloni 4.6 4.8 5.6 5.8 6.8 8.8 10.9

fyb

(N/mm2) 240 320 300 400 480 640 900

fub

(N/mm2) 400 400 500 500 600 800 1000

Tabella 3.3. Valori nominali della resistenza allo snervamento fyb

e della resistenza a rottura fub

per bulloni.

Per quanto riguarda l’interasse dei bulloni e le distanze dai margini valequanto già detto per i chiodi.

Di norma si impiegano bulloni dei seguenti diametri:d = 12; 14; 16; 18; 20; 22; 24; 27; 30 mm.Si è già detto che i fori devono consentire un certo gioco con il bullone ed,

in particolare, il diametro dei fori deve essere pari a quello dei bulloni maggio-rato di 1 mm fino al diametro di 20 mm e di 1.5 mm per bulloni di diametromaggiore di 20 mm. Tutto ciò quando è ammissibile un assestamento sottocarico (altrimenti la maggiorazione suddetta sarà di 0.25 e 0.5 mm). È oppor-tuno, adesso, riportare integralmente i punti 2.5. e 2.6. del Regolamento, inmerito ai materiali, ed i punti 7.3.1., 7.3.2. e 7.3.3., in merito alle regole diprogettazione e di esecuzione delle unioni con bulloni normali:

2.5. BULLONI.I bulloni normali (conformi per le caratteristiche dimensionali alle UNI 5727-88,UNI 5592-68 e UNI 5591-65) e quelli ad alta resistenza (conformi alle caratteri-stiche cui al prospetto 4-II) devono appartenere alle sottoindicate classi delle

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2072

Page 74: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

733. Unioni bullonate

UNI 3740, associate nel modo indicato nel prospetto 3-II.

Prospetto 3-II

Normali Ad alta resistenza

Vite 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9Dado 4 5 6 8 10

2.6. BULLONI PER GIUNZIONI AD ATTRITOI bulloni per giunzioni ad attrito devono essere conformi alle prescrizioni delprospetto 4-II. Viti e dadi devono essere associati come indicato nel prospetto3-II.

Prospetto 4-II

Elemento Materiale Norma

8.8-10.9Viti

secondo UNI EN 20898/1 (dic. ’91)UNI 5712 - (giu. ’75)

8-10Dadi

secondo UNI 3740/4ª (ott. ’85)UNI 5713 - (giu. ’75)

Acciaio C 50 UNI 7845Rosette (nov. ’78) temprato e UNI 5714 - (giu. ’75)

rinvenuto HRC 32 ÷ 40

Acciaio C 50 UNI 7845Piastrine (nov. ’78) temprato e

UNI 5715 - (giu. ’75)

rinvenuto HRC 32 ÷ 40UNI 5716 - (giu. ’75)

7.3.1. Bulloni.La lunghezza del tratto non filettato del gambo del bullone deve essere in gene-rale maggiore di quella delle parti da serrare e si deve sempre far uso di rosette.E’ tollerato tuttavia che non più di mezza spira del filetto rimanga compresa nelforo. Qualora resti compreso nel foro un tratto filettato se ne dovrà tenere ade-guato conto nelle verifiche di resistenza.In presenza di vibrazioni o inversioni di sforzo, si devono impiegare controdadioppure rosette elastiche, tali da impedire l’allentamento del dado. Per bullonicon viti 8.8 e 10.9 è sufficiente l’adeguato serraggio.7.3.2. Diametri normali.Di regola si devono impiegare bulloni dei seguenti diametri:d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27 mm.I fori devono avere diametro uguale a quello del bullone maggiorato di 1 mmfino al diametro 20 mm e di 1.5 mm oltre il diametro 20 mm, quando è ammissi-bile un assestamento sotto carico del giunto.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2073

Page 75: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

74 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Quando tale assestamento non è ammesso, il giuoco complessivo tra diametro delbullone e diametro del foro non dovrà superare 0.3 mm, ivi comprese le tolleranze.Nei disegni si devono contraddistinguere con apposite convenzioni i bulloni deivari diametri e devono esser precisati i giuochi foro-bullone.7.3.3. Interasse dei bulloni e distanza dai margini.Vale quanto specificato al punto 7.2.4. (per i chiodi, N.d.A.).

I giunti bullonati si distinguono in due tipi di unioni bullonate:a) unioni a taglio;b) unioni ad attrito.

Generalmente i bulloni vengono serrati (ricorrendo ad una chiave dinamo-metrica) in modo da provocare una forza di trazione nel gambo della vite. Nederiva che le parti collegate risultano più o meno fortemente compresse le unecontro le altre, perciò è pensabile che una parte delle forze sia trasmessa perattrito. Orbene, se si fa affidamento sul collegamento ad attrito del giunto, sidovranno impiegare bulloni ad alta resistenza (classi 8.8 e 10.9) e si dovrà effet-tuare un’apposita verifica. Se, nel progetto del collegamento, si prescinde dallaresistenza dovuta all’attrito sarà sufficiente l’uso di bulloni normali (classi 4.6,5.6 e 6.6) e la verifica viene, in sostanza, condotta come già visto per chiodi(unioni a taglio). Al punto 4.2. del regolamento, relativo alle unioni a taglio, sonoriportate, per ogni classe di bulloni, i valori delle tensioni ammissibili, normale etangenziale, funzione del tipo di sollecitazione cui sono soggetti.

Detti valori sono contenuti nel prospetto 3-II. Allo stesso punto si prescriveche: I bulloni di ogni classe devono essere convenientemente serrati, senzaulteriori precisazioni, non trattandosi di unioni ad attrito.

(*) In assenza di apprezzabili flessioni parassite e di fenomeni di fatica nei bulloni le tensioni ammissibilia trazione per viti 4.6, 5.6, 6.6 sono elevate rispettivamente a 1400, 1800 e 2000 kg/cm2.

Taglio Trazione (*)Composta

(kg/cm2) (kg/cm2)

Chiodi normali 1200 500

4.6 1050 1050

5.6 1500 1500

6.6 1700 1700

8.8 1900 2800

10.9 2200 3900

Sollecitazione

Elemento

Bullonicon

viti diclasse

2b

b,adm

2b

b,adm

+ 1ττ

σσ

Prospetto 3-II

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Page 76: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

753. Unioni bullonate

Tutte le normative che si sono succedute in Italia dal ’72 all’85 imponeva-no la verifica dei bulloni in base a quanto contenuto nel vecchio prospetto 3-II,che si è prima riportato (e che, poi, altro non è che il criterio di resistenza diGough e Polland con tensioni ammissibili minori di quelle riportate nella nor-mativa attuale):

Riportiamo integralmente il punto 4.2. della normativa vigente (D. Min.LL.PP. 9 gennaio 1996: Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il col-laudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e per le strut-ture metalliche, pubblicate sul supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficia-le” n. 29 del 5 febbraio 1996 - Serie generale):

4.2. Unioni con bulloni.Le resistenze di calcolo sono riportate nel prospetto 7-II. σ

b e τ

b rappresentano i

valori medi delle tensioni nella sezione.La tensione di trazione per i bulloni deve essere valutata mettendo in conto an-che gli effetti leva e le eventuali flessioni parassite. Ove non si proceda allevalutazioni dell’effetto leva e di eventuali flessioni parassite, le tensioni di tra-zione σ

b devono essere incrementate del 25%.

PROSPETTO 7-II

Ai fini del calcolo della σb la sezione resistente è quella della vite; ai fini del

calcolo della τb la sezione resistente è quella della vite o quella totale del gambo

a seconda che il piano di taglio interessi o non interessi la parte filettata.Nel caso di presenza contemporanea di sforzi normali e di taglio deve risultare:

Stato di tensione

Classe ft

fy

fk,N

fd,N

fd,V

Vite [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2]

4.6 400 240 240 240 170

5.6 500 300 300 300 212

6.8 600 480 360 360 255

8.8 800 640 560 560 396

10.9 1000 900 700 700 495

fk,N

= è assunto pari al minore dei due valori fk,N

= 0. 7ft (f

k,N = 0.6 f

t per viti di

classe 6.8) fk,N

= fy essendo f

t ed f

y le tensioni di rottura e di snervamento

secondo UNI 3740.fd,N

= fk,N

resistenza di calcolo a trazionefd,V

= fk,N

= resistenza di calcolo a taglio

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Page 77: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

76 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 3.4

τ σb

d V

b

d Nf f, ,

+

2 2

1

La pressione sul contorno del foro σrif , alla proiezione diametrale della superfi-

cie cilindrica del chiodo e del bullone, deve risultare:σ

rif ≤ α f

d

essendo:α = a/d e comunque da assumersi non superiore a 2.5;fd la resistenza di calcolo del materiale costituente gli elementi del giunto (vedi

4.1.1.1.)a e d definiti limitati al punto 7.2.4.[d è il diametro del chiodo e a la distanza dal centro del chiodo al margine deglielementi collegati nella direzione dello sforzo, N.d.A.].I bulloni di ogni classe devono essere convenientemente serrati.

Per il serraggio dei bulloni precaricati è importante generare coppie di ser-raggio, nei dadi, il più possibile controllati. In Fig. 3.4 è riportata una chiaveoleodinamica capace di sviluppare coppie di serraggio da 3500 a 25000 Nm,prodotta dalla Ditta ENERPAC - Hydraulic Technology Worldwide.

Le coppie di serraggio possono essere molto grandi e controllabili con faci-lità e precisione; l’ingombro limitato della chiave ne permette l’utilizzo anchein spazi molto ristretti; i valori delle coppie di serraggio possono essere prede-finiti su una centralina di controllo e possono essere, quindi, ripetuti con preci-sione; l’operatore aziona la chiave a distanza, tramite una pulsantiera (e, quin-di, in condizioni di sicurezza). La coppia di serraggio è applicata al bullonefacendo reazione su un punto qualunque della struttura circostante. La chiave èparticolarmente adatta quando si deve operare in spazi angusti e addirittura

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Page 78: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

773. Unioni bullonate

quando lo spazio disponibile per l’inserimento della chiave è praticamente ri-dotto alla sola altezza del dado.

In fig. 3.5 è riportata una normale chiave dinamometrica, di quelle comune-mente in uso.

Fig. 3.5

Un altro possibile montaggio dei bulloni ad alta resistenza (che realizzanoun’unione ad attrito) è il seguente: si avvita normalmente e manualmente ildado, fino a che esso non aderisca alla rondella; tramite un estrattore oleodina-mico si assoggetta il gambo del perno ad uno sforzo di trazione (e, conseguen-temente, il perno stesso si allunga). A questo punto sarà possibile effettuarealtri giri del dado e riportarlo nuovamente a contatto con la rondella, dopo diche si rimuove lo sforzo di trazione che aveva allungato il bullone. Evidente-mente lo sforzo di trazione applicato al bullone è precisamente definito (adesempio, è pari all’80% dello sforzo assiale di snervamento).

Importante è la redazione accurata degli elaborati grafici dei progetti distrutture in acciaio. La normativa (v. ultimo comma del punto 7.3.2 delle vi-genti norme tecniche) prescrive: Nei disegni si devono contraddistinguere conopportune convenzioni i bulloni dei vari diametri e devono essere precisati igiuochi foro-bullone.

Nel disegno delle strutture di carpenteria metallica è possibile, evidente-mente, ricorrere ad una rappresentazione semplificata di fori, bulloni, chiodi,rivetti e profilati. Si può fare riferimento alla UNI 7619 oppure ricorrere aduna propria rappresentazione, purché chiara, attenendosi, comunque, quantopiù è possibile alle rappresentazioni convenzionali.

Riteniamo opportuno chiudere questo capitolo con un’ultima tabella, chepuò essere utile nella professione; essa raccoglie i carichi di rottura della con-sueta bulloneria in acciaio.

Siamo del personale avviso di adottare, rispetto alla rottura, un coefficientedi sicurezza 3. In base a tale coefficiente di sicurezza utilizzeremmo i dati dellatabella 3.4.

Ad esempio, lo sforzo massimo di trazione sopportabile da un bullone φ 20,passo 1.5 mm, di classe 8G, lo fisseremmo pari a 21.6/3 = 7.2 t.

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Page 79: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

78 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Diametro CLASSI

della Passo

vite (mm) 4A 4D - 4S 5D - 5S 6D 8G 10O-10K 12O-12K

(mm) Carico totale di rottura (in t)

4 0.7 0.295 0.345 0.43 0.52 0.69 0.865 1.04

5 0.8 0.475 0.56 0.7 0.84 1.12 1.4 1.68

6 1 0.675 0.79 0.99 1.19 1.585 1.98 2.375

7 1 0.97 1.14 1.425 1.71 2.28 2.85 3.42

8 1.25 1.225 1.445 1.805 2.165 2.89 3.61 4.33

8 1 1.32 1.55 1.94 2.33 3.105 3.88 4.655

9 1.25 1.62 1.905 2.38 2.835 3.81 4.76 5.71

9 1 1.72 2.025 2.53 3.036 4.05 5.06 6.07

10 1.5 1.95 2.29 2.865 3.44 4.585 5.73 6.875

10 1.25 2.06 2.425 3.03 3.635 4.85 6.06 7.27

10 1 2.175 2.56 3.2 3.84 5.12 6.4 7.68

12 1.75 2.83 3.33 4.16 4.99 6.655 8.32 9.985

12 1.5 2.965 3.49 4.36 5.23 6.975 8.72 10.465

12 1.25 3.105 3.65 4.565 5.48 7.305 9.13 10.955

14 2 3.875 4.56 5.7 6.84 9.12 11.4 13.68

14 1.5 4.18 4.92 6.15 7.38 9.84 12.3 14.76

16 2 5.27 6.2 7.75 9.3 12.4 15.5 18.6

16 1.5 5.645 6.604 8.3 9.96 13.28 16.6 19.92

18 2.5 6.46 7.6 9.5 11.4 15.2 19 22.8

18 1.5 7.31 8.6 10.75 12.9 17.2 21.5 25.8

20 2.5 8.23 9.68 12.1 14.52 19.36 24.2 29.04

20 1.5 9.18 10.8 13.5 16.2 21.6 27 32.4

22 2.5 10.32 12.04 15.05 18.06 24.08 30.1 36.12

22 1.5 11.25 13.24 16.55 19.86 26.48 33.1 39.72

24 3 11.87 13.96 17.45 20.94 27.92 34.9 41.88

24 2 12.99 15.28 19.1 22.92 30.56 38.2 45.84

27 3 16.76 18.2 22.75 27.3 36.4 45.5 54.6

27 2 18.87 19.72 24.65 29.58 39.44 49.3 59.86

30 3.5 21.01 22.2 27.75 33.3 44.4 55.5 66.6

30 2 23.39 24.72 30.9 37.08 49.44 61.8 74.16

Tabella 3.4

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Page 80: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

793. Unioni bullonate

Non siamo, però, convinti che tale criterio possa essere condiviso da tutti,contenendo delle lievi approssimazioni a vantaggio di statica; assumendo, peril nostro bullone, la tensione ammissibile di 2800 kg/cm2 e la sezione resisten-te di 2.715 cm2, si avrebbe uno sforzo ammissibile di 7.6 t, che accetteremmougualmente, comportando un coefficiente pari a circa 2.8 (senz’altro soddisfa-cente perché non molto lontano dal coefficiente di sicurezza 3, da noi scelto,rispetto alla rottura).

Naturalmente, anche il coefficiente di sicurezza 3, rispetto alla rottura, può,in qualche caso, essere rivisto. Quando, ad esempio, c’è il rischio di un formi-dabile effetto leva, con tiro eccentrico, o fenomeni di fatica non ci scandalizze-remmo se il progettista delle strutture volesse elevare il suddetto coefficientedi sicurezza. D’altronde il tecnico si assume la responsabilità della sicurezzastrutturale ed è giusto che operi le sue scelte, improntate alla prudenza, al ri-spetto delle norme, ispirate dalla propria sensibilità statica e dall’esperienza eche non comportino oneri economici eccessivi e inutili per il committente.

La tabella 3.4 può essere utile per stabilire delle equivalenze tra bulloni. Adesempio, un bullone φ 27, passo 3 mm e classe 4A (carico di rottura pari a16.76 t) è sostituibile con un bullone φ 18, passo 1.5 mm e classe 8G (carico dirottura pari a 17.2 t).

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Page 81: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

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81

4. UNIONI AD ATTRITO CON BULLONI

Per iniziare un’esposizione della problematica legata alle unioni ad attrito èopportuno riportare il punto 4.4. del regolamento:

4.4. UNIONI AD ATTRITO CON BULL ONI.La forza F

f trasmissibile per attrito da ciascun bullone per ogni piano di contat-

to tra gli elementi da collegare, è espressa dalla relazione:

ff

bF1

N = ν

µ

in cui è da porre:ν

fcoefficiente di sicurezza contro lo slittamento, da assumersi pari a:1.25 per le verifiche in corrispondenza degli stati limite di esercizio (sempreobbligatori)1.00 per le verifiche in corrispondenza degli stati limite ultimi (quando que-sto tipo di verifica è esplicitamente richiesto nelle prescrizioni di progetto);

µ coefficiente di attrito da assumersi pari a:0.45 per superfici trattate come indicato al punto 3.10.20.30 per superfici non particolarmente trattate, e comunque nelle giunzionieffettuate in opera;

Nb

forza di trazione nel gambo delle vite.La pressione convenzionale sulle pareti dei fori non deve superare il valore di2.5 f

d. In un giunto per attrito i bulloni ad alta resistenza possono trasmettere

anche una forza assiale di trazione N. In questo caso, sempreché non concorra-no flessioni parassite apprezzabili nel bullone, il valore della forza ancora tra-smissibile dal bullone per attrito si riduce a:

F = F 1N

Nf,red f

b

La forza N nel bullone non può in nessun caso superare il valore 0.8 Nb.

I bulloni di ciascuna classe debbono in ogni caso essere serrati con coppia taleda provocare una forza di trazione N nel gambo della vite pari a:

Nb = 0.8 f

y A

res

essendo Ares

l’area della sezione resistente della vite e fy la tensione di snerva-

mento, su vite (prospetto 7-II), valutate secondo UNI EN 20898/1 (dic. ’91).

La bulloneria AR è realizzata mediante un particolare procedimento a fred-do a doppia estrusione del gambo (il vecchio sistema, di tornitura da barra, è dascartare per evitare rotture dovute ad effetti d’intaglio, nei raccordi testa-gamboe fondo-filetto) e successivo trattamento termico. Quest’ultimo avviene in for-

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2081

Page 83: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

82 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ni con controllo automatico della temperatura e in atmosfera neutra, onde im-pedire la decarburazione del metallo.

Assolutamente perfetto deve essere l’accoppiamento delle spire del filetto(cioè devono risultare a completo contatto i fianchi delle filettature del bullonee del dado) se si vuole evitare ogni pericolo di spanamento della filettatura aseguito del forte serraggio.

In Italia, conformemente alla norma UNI 3740, i bulloni ad alta resistenzasono fabbricati con acciai 8G, 10K e 12K, che presentano le seguenti caratteri-stiche:

ACCIAIO Tensione di rottura Tensione di snervamento Allungamento(in kg/cm2) (in kg/cm2) %

8 G 8000 - 9500 6400 14

10K 10000 - 11500 9000 10

12 K l2000 - 14000 10800 8

È evidente quindi che per fabbricare i bulloni AR si utilizzano acciai chehanno tensioni ammissibili molto elevate.

Per superfici trattate come al punto 7.10.2. il Regolamento allude a pulitura(eseguita preferibilmente con sabbiatura) in modo che siano prive d’olio, ver-nice, scaglie di laminazione, macchie di grasso, ecc. E’ chiaro che con ciòs’intende aumentare la scabrezza delle superfici da porre a contatto in modo daesaltare il fenomeno dell’attritol.

Su alcuni semilavorati d’acciaio si trova dell’olio perché le ditte produttrici

1 Si ricorda che, sotto l’azione di una forza orizzontale F, è vinta la resistenza di attrito fra il corpo in figurae il piano orizzontale sul quale è poggiato, quando la stessa forza F raggiunge il valore:

Flim

= tanϕ N = µ N

dove:N = valore della forza verticale (agente insieme ad F) che preme il corpo sul piano di appoggio;ϕ = angolo rappresentativo della resistenza di attrito tra i due elementi (corpo e piano di appoggio);µ = tanϕ = coefficiente di attrito, dipendente dai duemateriali a contatto, (quelli di cui sono formati il cor-po e il piano orizzontale); ad esempio, il coefficientedi attrito tra muratura e terreno sabbioso è µ = 0.6 (ϕ= 31°), mentre tra muratura e argilla umida è µ = 0.3(ϕ = 17°), ecc.Ovviamente quando la forza F supera anche di po-chissimo il valore F

lim il corpo slitta sul suo piano di

appoggio. Nel fenomeno ha certamente importanzaµ, ma influisce anche N.Lasciando costante µ, più cresce N e più, evidente-mente, deve aumentare d’intensità F

lim, per vincere

l’attrito corpo-piano scabro.

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Page 84: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

834. Unioni ad attrito con bulloni

li forniscono oliati (salvo specifica richiesta contraria), per scopo protettivo,ed è chiaro che per realizzare unioni ad attrito le superfici da porre a contattodevono essere accuratamente pulite.

La sabbiatura al metallo bianco è imposta dalla normativa per le giunzionicalcolate con µ = 0.45, mentre, se si utilizza µ = 0.30, può bastare una semplicepulizia meccanica, purché siano completamente eliminati i prodotti della cor-rosione e tutte le impurità della superficie metallica.

La letteratura tecnica specializzata, mentre è d’accordo nell’assumere ilcoefficiente di attrito µ = 0.45 (ed anche µ = 0.5) quando il trattamento super-ficiale esalti l’attrito (sabbiatura o pallinatura), è dell’avviso che µ possa esse-re meglio graduato per le superfici trattate differentemente, suggerendo:

µ = 0.3 con spazzolatura metallicaµ = 0.25 con pulizia chimica dei metalliµ = 0.18 con metallizzazione a zinco2 .

La coppia di serraggio necessaria a indurre nel bullone la forza assiale Nb

risulta, per filettatura di passo grosso, pari a:

Ms = 0.2 N

b d

essendo d il diametro nominale del bullone.Riportiamo adesso due prospetti appartenenti a vecchie normative: nel pro-

Stabilito un certo coefficiente di sicurezza νf, la forza trasmissibile per attrito, dal corpo al piano sul quale

è poggiato, diventa Ff = F

lim / ν

f.

La formula della normativa:F Nf

fb= µ

ν(contenuta nel punto 3.4. della stessa normativa e precedentemente riportata) è facilmente comprensibilealla luce di quanto detto poc’anzi.Si comprende, cioè, che la forza trasmissibile per attrito dipende sì dal trattamento superficiale che hannosubito i pezzi di acciaio posti a contatto (che condiziona µ, esaltando o non esaltando l’attrito), ma anche- e soprattutto - dallo sforzo di pretensione N

b impresso al bullone, che pressa gli elementi a contatto,

l’uno contro l’altro.Più il bullone è serrato più i due pezzi a contatto sono spinti l’uno contro l’altro, e più grande sarà la forzatrasmissibile per attrito.È ovvio altresì che deve essere introdotto un coefficiente di sicurezza ν

f, per porre rimedio ad una serie di

incertezze che si possono avere. La normativa fa dipendere νf dalla condizione di carico: I o II.

2 L’Eurocodice 3 suggerisce di assumere per il coefficiente di attrito µ i seguenti valori:µ= 0.50 per superfici sabbiate meccanicamente o a graniglia, esenti da incrostazioni di ruggine o da

vaiolature; superfici sabbiate meccanicamente o a graniglia e metallizzate a spruzzo conalluminio superfici sabbiate meccanicamente o a graniglia e metallizzate a spruzzo conuna vernice a base di zinco certificata per assicurare un coefficiente di attrito non infe-riore a 0.5.

µ = 0.40 per superfici sabbiate meccanicamente o a graniglia e verniciate con silicato di zinco alcalinoapplicando uno spessore dello strato di 50-80 µ m.

µ = 0.30 per superfici pulite mediante spazzolatura o alla fiamma, esenti da incrostazioni di ruggine.µ = 0.20 per superfici non trattate.

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Page 85: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

84 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

spetto 3-III ci sono i valori della forza normale Nb e della coppia di serraggio

Ms per i vari tipi di bulloni; relativamente ai bulloni di classe 8.8 e 10.9, che

sono quelli adoperati per unioni ad attrito, si riportano i valori che Ff assume al

variare dei parametri che la definiscono, nel prospetto 3-IV

PROSPETTO 3-III

Le norme tecniche C.N.R., N. 10011-85 (Costruzioni in acciaio - Istruzioniper il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione), al punto 4.13.,suggeriscono di applicare, ai bulloni di ogni classe, un serraggio tale da provo-care una forza di trazione nel gambo della vite, pari a:

Nb = 0.8 f

kn ω

res (4.1)

dove fkn

, può attingersi dalla tabella 3.2 e ωres

dalla tabella 3.1 (ovviamente fkn

è, come già in precedenza definita, la resistenza caratteristica del bullone atrazione e ω

res è l’area resistente del bullone, tenuto conto dell’indebolimento

rappresentato dalla filettatura).Le stesse norme C.N.R. 10011-85 prevedono (sempre al punto 4.1.1) che la

coppia di serraggio Ms, necessaria ad indurre la forza normale N

b (data dalla

(4.1)), risulta, per filettatura a passo grosso:

Ms = 0.2 N

b d (4.2)

(espressione identica a quella fornita dalla vigente normativa italiana).

CLASSE DELLA VITE Diametro Sezione

nominale resistente 4.6 5.6 6.6 8.8 10.9d (mm) A

res(mm2)

Ms

Nb

Ms

Nb

Ms

Nb

Ms

Nb

Ms

Nb

12 84.3 3.4 1.4 4.9 1.9 5.5 2.3 9.4 3.9 12.7 5.3

14 115 5.3 1.9 7.3 2.9 8.7 3.1 14.8 5.3 20.4 7.3

16 157 8.3 2.6 11.2 3.5 13.8 4.3 23.4 7.3 31.7 9.9

18 192 11.5 3.2 15.5 4.3 18.7 5.2 32 8.9 43.6 12.1

20 245 16.4 4.1 22 5.5 26.8 6.7 45.6 11.4 62 15.5

22 303 22.4 5.1 29.9 6.8 36.1 8.2 61.6 14 84 19.1

24 353 28.3 5.9 37.9 7.9 46.1 9.6 78.7 16.4 107 22.3

27 459 41.6 7.7 55.6 10.3 67.5 12.5 115 21.3 156.6 29

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2084

Page 86: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

854. Unioni ad attrito con bulloni

Diventa, allora, semplice costruire il seguente prospetto 10.3 - anche ripor-tato dalle norme C.N.R. 10011-85 - che raccoglie i valori delle aree resistentiω

res, delle forze normali N

b e delle coppie di serraggio M

s, per vari tipi di bul-

lone (è opportuno ricordare che per trasformare i N (newton) in kg occorremoltiplicare per il fattore di conversione 0.101972).

PROSPETTO 3-IV

CLASSE DELLA VITE8.8 10.9

N (in t) N (in t)

µ = 0.3 µ = 0.45 µ = 0.3 µ = 0.45

I II I II I II I II

12 0.9 1 1.4 1.6 1.3 1.4 1.9 2.1

14 1.3 1.4 1.9 2.1 1.7 2 2.6 2.9

16 1.7 2 2.6 2.9 2.4 2.7 3.6 4

18 2.1 2.4 3.2 3.6 2.9 3.3 4.3 4.9

20 2.7 3.1 4.1 4.6 3.7 4.2 5.6 6.3

22 3.4 3.8 5 5.7 4.6 5.1 6.9 7.4

24 3.9 4.4 5.9 6.6 5.3 6 8 9

27 5.1 5.7 7.7 8.6 7 7.8 10.4 11.7

Diametro

nominale

d (mm)

Ns (n - m) N

b (kN)

4.6 5.6 6.6 8.8 10.9 4.6 5.6 6.6 8.8

12 84.3 38.84 48.56 58.27 90.64 113.30 16.19 20.23 24.28 37.77

14 115.4 62.04 77.55 93.06 144.76 180.95 22.16 27.70 33.23 51.70

16 156.7 96.28 120.35 144.41 224.64 280.81 30.09 37.61 45.13 70.20

18 192.5 133.06 166.32 199.58 310.46 388.08 36.96 46.20 55.44 86.24

20 244.8 188.01 235.01 282.01 438.68 548.35 47.00 58.75 70.50 109.67

22 303.4 256.31 320.39 384.47 598.06 747.58 58.25 72.82 87.38 135.92

24 352.5 324.86 406.08 487.30 758.02 947.52 67.68 84.60 101.52 157.92

27 459.4 473.20 595.38 714.46 1111.38 1389.23 87.63 110.26 132.31 205.81

30 560.6 645.81 807.26 968.72 1506.89 1883.62 107.63 134.54 161.45 251.15

d

(mm)

ωres

(mm2)

PROSPETTO 10.3

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2085

Page 87: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

86 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Per le unioni ad attrito la normativa prescrive dei controlli del serraggio ed èopportuno riportare qui di seguito gli ultimi commi del punto 7.10.2 (Unioni adattrito) del vigente regolamento, dove si dice come effettuare detti controlli:

Per verificare l’efficienza dei giunti serrati, il controllo della coppia torcenteapplicata può essere effettuato in uno dei seguenti modi:a) si misura con chiave dinamometrica la coppia richiesta per far ruotare

ulteriormente di 10° il dado;b) dopo aver marcato dado e bullone per identificare la loro posizione relativa,

il dado deve essere prima allentato con una rotazione almeno pari a 60° epoi riserrato, controllando se l’applicazione della coppia prescritta riportail dado nella posizione originale.

Se in un giunto anche un solo bullone non risponde alle prescrizioni circa ilserraggio, tutti i bulloni del giunto devono essere controllati.

In Inghilterra si preferisce effettuare il montaggio dei bulloni AR basandosisull’angolo di rotazione relativo fra dado e bullone, ritenendo che l’uso di chiavidinamometriche possa comportare l’inconveniente che lo sforzo di serraggio -misurato dalla chiave - sia in parte disperso per vincere gli attriti fra dado ebullone o dado e rondella, a scapito della trazione nel gambo del bullone.

Ovviamente, all’atto del montaggio, è pressoché impossibile stabilire qualeparte del momento effettivo di serraggio è servito a tendere il gambo del bullo-ne (e quale parte si è, per un motivo o per l’altro, disperso).

4.1. Giunto ad attrito sollecitato da solo sforzo assiale

Poniamo la solita ipotesi di lamiera infinitamente rigida, ipotesi che ci consen-te di pensare che la forza P (Fig. 4.1) si distribuisca in parti uguali tra gli nchiodi che formano il collegamento.

Se l’unione è impegnata a taglio, per quanto riguarda le verifiche a cesoia-mento e a rifollamento, nulla cambia rispetto a quanto già visto per bulloni(per le unioni ad attrito tali verifiche non sono necessarie). Cioè si ha:

bb

= P

n m τ

ω (4.1.1)

rif = P

n d tσ (4.1.2)

Nella (4.1.1) ωb è la sezione del gambo, perché si è immaginato il gambo sog-

getto alla recisione in m sezioni. Ad ωb occorre, evidentemente sostituire ω

res

se ad essere soggette a taglio fossero sezioni appartenenti alla filettatura. Se,

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2086

Page 88: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

874. Unioni ad attrito con bulloni

invece, alcune delle sezioni soggette a taglio appartenessero al gambo ed altrealla parte filettata del bullone, la (4.1.1) diventerebbe:

τω ωb

b res

= P

n (m + m )1 2

(4.1.3)

dove m1 è il numero delle sezioni, per ognuno degli n bulloni, soggette a taglio

ed appartenenti al gambo, mentre m2 è il numero delle sezioni - sempre per

ogni bullone e sollecitate alla recisione - appartenenti alla zona filettata. In-somma, nelle verifiche, non bisogna dimenticare che le sezioni rette del bullo-ne appartenenti alla zona filettata sono più deboli di quelle del gambo.

Tutto quanto detto fino a questo momento vale se si vuole realizzare lasolita unione a taglio. Se invece si vuole realizzare un’unione ad attrito sarànecessario che sia verificata anche la seguente relazione:

2 n N Pb

f

µν

≥ (4.1.4)

dove:P = forza totale trasmessa dal giunto;n = numero dei bulloni;2 = numero dei piani di contatto (è il caso di Fig. 4.1.).ν

f = coefficiente di sicurezza contro lo slittamento;

m = coefficiente d’attrito;N

b= sforzo di trazione nel gambo del bullone.

Un esempio numerico darà modo di precisare che, per la verifica di ungiunto ad attrito sollecitato da forza assiale, è importante che sia verificata la(4.1.4), risultando superflue le verifiche che, invece, vanno fatte per le unionia taglio. Anche la verifica a rifollamento è superflua, mentre è importante po-sizionare i bulloni ad adeguata distanza fra loro e dai bordi dei pezzi collegati.

Vogliamo, altresì, precisare che le rosette potevano essere inserite solo dal-la parte del dado (per quanto non è affatto sbagliato inserirle anche dalla partedella testa del perno, come mostrato in Fig. 4.1).

Fig. 4.1

P/2

P/2P

P P

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2087

Page 89: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

88 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ESEMPIO N. 6

Supponiamo di dover eseguire la giunzione di un tirante costituito da un dop-pietta di profilati ad U seriale normale 60 × 30, d’acciaio tipo Fe 510.

Lo sforzo di trazione sia pari a F = 28 t. La giunzione è eseguita - così comeillustrato in Fig. 4.2 - interponendo un fazzoletto3 tra i due profilati e usando 4bulloni classe 10.9, del diametro di 16 mm, da ambedue i lati dell’interruzione.

3 Il rettangolo di lamiera posto tra i due profilati a U (ma anche quelli posti come coprigiunto) è detto fazzo-letto. Soprattutto per le sagome dei ferri del c.a. troviamo questi nomi curiosi (cavallo, molla, pipetta, ecc.);ma anche nelle costruzioni di acciaio. Gli esempi potrebbero essere tantissimi. Come si poteva chiamarequel pilastrino di mattoni, inserito in una muratura per poggiarvi sopra una trave, se non cuscino. L’astaverticale posta al centro di una capriata, fra le testate dei due puntoni, effettivamente ha una certa ieraticità,sembra tendere verso il cielo e non poteva che chiamarsi monaco (gli inglesi, guarda caso, lo chiamanovescovo). Un arnese formato da una traversa e quattro gambe è detta capra; e, poi, abbiamo l’incastro a codadi rondine, il muro a scarpa, la trave a ginocchio, ecc.

Fig. 4.2

F = 28 t

F = 28 t

6 cm

3 3

s1 = 2 cm

0.65

Per quanto non sia assolutamente necessario - nei giunti ad attrito verificarei bulloni a taglio, noi lo facciamo ugualmente per accertarci che il giunto possafunzionare anche a taglio. Il lettore che volesse effettuare altre verifiche digiunti ad attrito, potrebbe, allora, rinunciare alle verifiche a taglio. Ciò è evi-dente perché, con l’utilizzo di bulloni AR precaricati, la trasmissione deglisforzi, dall’uno all’altro degli elementi collegati, avviene sfruttando l’attrito enon già sforzi di taglio negli organi d’unione.

L’impiego di bulloni AR dovrebbe, infatti, presupporre la condizione che igiunti non scorrano. Diciamo, allora, che nel caso del presente esempio, vo-gliamo accertarci che il giunto funzioni anche a taglio, nella malaugurata ipo-tesi che l’attrito venga meno (perché, potremmo immaginare, c’è stata qualche

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2088

Page 90: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

894. Unioni ad attrito con bulloni

negligenza nella preparazione delle superfici a contatto e/o nel serraggio deibulloni). Va anche detto, però, che se venisse raggiunto il carico di scorrimento- e, quindi, fosse vinta la resistenza d’attrito (attrito di primo distacco) e siverificasse uno scorrimento relativo tra le parti connesse - ancora si avrebbeche il carico è sopportato, in parte non trascurabile, dalla resistenza di attritoancora esistente. Pertanto intendiamo essere veramente molto prudenti ad ac-certarci che il giunto funzioni bene sia a taglio sia ad attrito.

La tensione tangenziale in ognuna delle due sezioni resistenti al taglio nelsingolo bullone e la tensione di rifollamento valgono:

bb

2adm

2 = F

n m =

28 000

4 2 2 01= 1741 29 kg/ cm < = 2200 kg/ cmτ

ωτ

× × ..

rif2

adm2=

F

n m t d =

28 000

4 2 0 65 1 6= 3365 4 kg/ cm < 2 5 = 6000 kg/ cmσ σ

× × ×. .. .4

Ovviamente si è immaginato che tutti i bulloni siano sollecitati, a taglio,ognuno in due sezioni del gambo.

Nella sezione del tirante indebolita dal foro la tensione normale vale:

σ σ=28 000

2 (7 09 1 6 0 65 )= 2314 0 kg/ cm < = 2400 kg/ cm2

adm2

× − ×. . .. 5

Si è verificata, tra le quattro sezioni parimenti indebolite dai fori per il pas-saggio dei bulloni, quella soggetta allo sforzo normale maggiore.

Dalla verifica di resistenza per attrito scaturisce:

fb

fF =

N =1

1 250 45 9900 2 4 = 28512 kg > 28000 kg

µν .

.× × × ×

con Nb = 9.9 t preso dal prospetto 3-III riportato in precedenza.

Lo spessore della lamiera costituente il fazzoletto dev’essere non minore di:

1s =28 000

2400 6= 1 94 cm 2 cm

×≅.

A questo punto il giunto ad attrito è completamente definito: può funziona-re bene anche a prescindere dall’attrito (cosicché, se nella pratica esecuzionedel giunto, si realizzasse un’unione a taglio, anziché ad attrito, l’unione fun-zionerebbe altrettanto bene).

4.2. Giunto ad attrito sollecitato da momento e taglio

E’ forse opportuno esaminare questo caso direttamente con un esempio nume-rico di giunto a doppia flangia per attrito (e che ci consentirà di applicare ilpunto 3.4 della normativa).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2089

Page 91: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

90 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ESEMPIO N. 7

Così come risulta dalla Fig. 4.3, il giunto a doppia flangia è sollecitato da unmomento e da un taglio rispettivamente pari a:

M = 700 × 120 = 84000 kg × cmT = 700 kg

L’unione a doppia flangia è realizzata mediante 4 bulloni di classe 10.9 deldiametro pari a 14 mm.

Il momento d’inerzia della bullonatura rispetto all’asse x vale:

Ix = 2 × 1.154 × (10.52+3.52) = 282.73 cm4

(1.154 è la sezione resistente, in cm2, di un bullone φ 14 mm, con filettatura dipasso 1.2 mm, così come si rileva dalla tabella 10.1).

Il modulo di resistenza della bullonatura (sempre rispetto all’asse x) vale:

xW =2

5 = 2 cm

82 7310

6 93 3..

.

Conseguentemente la tensione normale massima dovuta al momento flet-tente è pari a:

bmax2=

84 000= kg/ cmσ

26 2973119 54

..

La tensione tangenziale τbv

, (verticale) dovuta al taglio vale:

bv2=

7004 1 54

= 1 kg/ cmτ× .

.1

51 65

Fig. 4.3

T

M M

T

35

105.2 mm

x

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2190

Page 92: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

914. Unioni ad attrito con bulloni

(1.154 è l’area del gambo, in cm2, del bullone φ 14, soggetto alla recisione; inaltre parole: si è ritenuta soggetta a taglio la sezione del gambo, mentre, prima,si è considerata soggetta a trazione la sezione più debole del bullone: quella incorrispondenza della filettatura).

La verifica di resistenza, nell’ipotesi di unione a taglio, fornisce:

(e7.a)

e, quindi, l’esito della verifica è positivo.Effettuando la verifica secondo i criteri della normativa precedente a quella

attuale (che utilizzava una formula ispirata al criterio di Huber-von Mises -Hencky, e contenute nelle formulazioni ISO4 e CNR-UNI, invece della (e7.a),che è il criterio di Gough e Pollard, nato per la verifica nel caso di sollecitazio-ne di fatica composta, dovuta a flessione e torsione) si sarebbe ottenuto:

σ σ τ

σ

id bmax bV

id admkg cm kg cm

= + = + × =

= < =

2 2 2 2

2 2

2 3119 54 2 151 65

3126 91 4760

. .

. / /,

La tensione normale nella prima fila di chiodi vale:

σb2 =

84 0003 5 = kg/ cm1 282 73

1039 97.

. .×

Il valore della forza trasmissibile per attrito dal giunto vale:

F = F 1

NN

= 20 5

1 251

+

+2

0 5

1 251 = kg

f,red fb

× × × − ×

× × × − ×

.

.

. .

.

.

. ..

82803119 54 1 15

7300

73001039 97 1 15

73007839 94

che risulta di molto superiore a quella effettivamente trasmessa (e, pertantoanche quest’ultima verifica ha dato esito positivo).

Ovviamente, avendo assunto il coefficiente µ = 0.5 si è pensato a un’ottimapulizia delle superfici metalliche (una sabbiatura al metallo bianco). È facil-mente prevedibile che il giunto risulti verificato anche per µ = 0.30 corrispon-dente a superfici non particolarmente trattate e per giunzioni effettuate in ope-ra. È, altresì, possibile sostituire i bulloni prescelti con altri di diametro piùpiccolo e/o di classe inferiore. In ogni caso, il giunto potrebbe essere realizzato

4 L’ISO (International Organization for Standardization) è uno dei più grandi organismi internazionali dicooperazione industriale e tecnica, i cui paesi membri rappresentano i 4/5 della popolazione mondiale.

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Page 93: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

92 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

così come disegnato in Fig. 4.3, seppure con qualche lieve generosità nel di-mensionamento. Non è affatto infrequente - nella pratica professionale - che,una volta definito un giunto (bullonato o saldato), il progettista senta l’esigen-za di reiterare il calcolo, al fine di apportare qualche miglioria.

Indubbiamente, quest’esigenza di migliorare un giunto è più probabile cheaccada se ci poniamo pure l’obiettivo di definire collegamenti che siano grade-voli anche sotto il profilo estetico (chi l’ha detto che un giunto non possa ancheessere piacevole a guardarsi? che s’inserisca bene nel complesso dell’opera?).Inviteremmo, pertanto, lo studioso lettore a riorganizzare il giunto di Fig. 4.3(le flangie potrebbero essere di spessore più contenuto e ridisegnate, i bullonidi diametro più piccolo, ecc.).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2192

Page 94: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

93

5. UNIONI SALDATE

5.1. Generalità

La saldatura può essere definita come quel processo tecnologico mediante ilquale si realizza il collegamento permanente di pezzi di metallo, ottenendo lacontinuità del materiale. Le parti da saldare, accostate e portate alla fusionemediante calore, con eventuale apporto di nuovo materiale metallico, solidifi-cano costituendo un tutt’uno continuo, monolitico, senza soluzioni di conti-nuità.

Un’altra definizione di saldatura è fornita dalla tabella UNI 1307: Per sal-datura s’intende il processo mediante il quale si effettua l’unione dei pezzimetallici sotto l’azione del calore, con o senza apporto di un materiale metal-lico, in modo da realizzare nei tratti di collegamento la continuità fra i pezzistessi. Nella pratica con la parola saldatura s’intende anche la zona ove haluogo il collegamento dei pezzi.

Per cordone di saldatura s’intende l’insieme costituito dal materiale d’ap-porto (depositato fuso) e dalle zone immediatamente adiacenti di materialebase, riscaldate anch’esse fino alla fusione, per realizzare il collegamento.

Le saldature sono ottenibili, senza particolari accorgimenti, per gli acciaiche hanno un tenore di carbonio non superiore allo 0.25% (gli acciai duri edextra-duri sono più difficilmente saldabili1).

Le unioni saldate risultano, per molti aspetti, vantaggiose rispetto a quellechiodate o bullonate.

È, infatti, possibile realizzare collegamenti più rigidi, senza impiego di co-prigiunti e senza indebolimenti delle parti resistenti (vale a dire senza le fora-ture che è necessario effettuare per le chiodature e le bullonature), consenten-do inoltre una maggiore liberà di soluzioni progettuali.

Poi, va menzionata la rapidità d’esecuzione, la riduzione degli spazi dimanovra necessari per l’esecuzione del collegamento, una maggiore leggerez-

1 Per saldabilità si intende l’attitudine di un metallo a lasciarsi saldare. Gli acciai comuni - con un contenu-to di carbonio fino allo 0.25% ed anche oltre, fino allo 0.35% - presentano un’accettabile saldabilità; piùè bassa la percentuale di carbonio, più la saldatura è facile ad effettuarsi, praticamente con ogni procedi-mento di saldatura. Altri metalli e/o leghe (alluminio, rame, ecc.) pure sono saldabili, ma non in manierasemplice come per un acciaio dolce. Forse è opportuno ricordare che gli acciai, in funzione della percen-tuale di carbonio si classificano in: acciai extra-dolci C < 0.15 % acciai dolci C = 0.15 - 0.25 % acciai semi-duri C = 0.25 - 0.5 % acciai duri C = 0.5 - 0.75 % acciai extra-duri C > 0.75 %

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Page 95: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

94 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

za del pezzo finito (rispetto, sempre, ai giunti chiodati o bullonati) ed un piùregolare flusso delle forze. I collegamenti saldati, infine, sono economicamen-te più vantaggiosi di quelli bullonati o chiodati e consentono spesso di realiz-zare strutture più aderenti allo schema statico prescelto.

Per contro le difficoltà specifiche del procedimento di saldatura impongo-no maggiori precauzioni in sede progettuale e soprattutto costruttiva, oltre checontrolli più accurati durante e dopo l’esecuzione del lavoro.

La buona riuscita dei collegamenti saldati è affidata, innanzitutto, alla qua-lificazione professionale delle maestranze chiamate a realizzarli. Nelle salda-ture è più elevato il rischio di rottura fragile alle basse temperature ed è indub-biamente difficile prevedere il comportamento a fatica dei giunti.

Ovviamente i collegamenti saldati - al pari di quelli chiodati - non consen-tono lo smontaggio delle parti senza la distruzione dell’organo di unione.

Sarebbe opportuno, come già riferito in precedenza, che le saldature fosse-ro effettuate - per quanto più è possibile - in officina, dove esistono le attrezza-ture e le condizioni ottimali di lavoro.

I procedimenti di saldatura si classificano innanzitutto in autogeni ed etero-geni; nei primi, per la realizzazione del giunto, si fonde il metallo di base el’eventuale metallo di apporto; nei secondi invece si fonde il solo metallo diapporto.

Le saldature autogene si possono dividere in due gruppi:a) saldature per fusione;b) saldature per pressione.Al primo gruppo appartengono i tipi generalmente più diffusi; l’unione si

realizza per solidificazione delle parti (con o senza materiale d’apporto) prece-dentemente riscaldate fino alla fusione. Si distinguono:

- a gas (ossiacetilenica, ossidrica, ecc.)- ad arco,- ad elettroscoria,- a fascio elettronico,- a laser.Nelle saldature a gas la sorgente termica è generalmente costituita dalla

fiamma ossiacetilenica - che, superando i 3000° C, è tra le più calde conosciu-te2 - prodotta dalla combustione dell’acetilene (C

2H

2) con l’ossigeno (O

2). I

due gas giungono separatamente al cannello, dove si mescolano intimamente esono bruciati formando, anche, gas (CO = ossido di carbonio e H

2 = idrogeno)

che, sottraendo ossigeno all’ambiente immediatamente adiacente alla saldatu-

2 La temperatura di 3100 - 3500° C si verifica fra il dardo e il fiocco della fiamma, mentre all’imboccaturadel cannello è di circa 300° C (la qual cosa evita la fusione dei cannello stesso, in mano all’operatore).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:2194

Page 96: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

955. Unioni saldate

ra, proteggono il bagno di fusione. Questo tipo di saldatura, nata con il XXsecolo (Picard e Fouché, 1901), pur essendo particolarmente adatta per gli ac-ciai dolci, è assai poco utilizzata nelle normali strutture di acciaio e può addi-rittura sostenersi che è caduta in disuso per scopi strutturali3.

Il tipo più comunemente usato per unioni di elementi strutturali è la salda-tura ad arco, che utilizza, appunto, l’arco elettrico che scocca tra l’elettrodo edil materiale di base quale sorgente termica necessaria per portare a fusione imetalli; la temperatura dell’arco può raggiungere i 6000° C, che si verificano,però, in una piccola zona, portando rapidamente a fusione sia il materiale baseche l’elettrodo (che fornisce il materiale di apporto e che è mantenuto in mano,tramite pinza porta-elettrodo, dall’operatore, Fig. 5.1).

3 E’ opportuno dire, solo per memoria, che con cannello ossiacetilenico od ossipropanico vengono soventeeseguiti tagli di acciaio (si tratta di sistemi che rientrano nel cosiddetto taglio con mezzi termici, essendo-ci anche il taglio con mezzi meccanici).Il cannello - al fine di effettuare detti tagli - può essere fatto avanzare automaticamente con opportunavelocità ed anche, se lo si desidera, con prefissata inclinazione, in maniera tale che il piano del tagliorisulti obliquo, rispetto alla superficie del pezzo, effettuando, così, particolari preparazioni per successivesaldature. Quando l’ossitaglio è, per certi tipi d’acciaio, impossibile, il taglio stesso può essere effettuatocon gas ionizzati (si parla, allora, di taglio al plasma); con quest’ultimo sistema si riescono ad ottenerealtissime temperature. Se l’ossitaglio non è automatico, ma a mano, e i pezzi tagliati devono esseresuccessivamente saldati, è necessaria una successiva ripassatura alla smerigliatrice, onde regolarizzarel’asperità del taglio.In conclusione, vorremmo far notare che anche le operazioni di taglio di profilati o di lamiere (così com’èstato per le forature, dei pezzi, necessari al passaggio dei chiodi o dei bulloni) vanno effettuati in manieraopportuna, tale da ottenere risultati staticamente ed esteticamente validi. E ciò, in parole povere, si puòottenere affidando tali operazioni a maestranze qualificate.E’ vietato l’uso della fiamma per l’esecuzione di fori per chiodi e bulloni.

Fig. 5.1

elettrodo

cordonedi saldatura

pinzaporta elettrodo

manicoisolante

pezzi da saldare(materiale di base)

generatore

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96 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Questo sistema nato alla fine dell’Ottocento (1885, sistema Bernardos) conl’utilizzo di elettrodi di carbone, fu prima migliorato con elettrodi metallicinon rivestiti (nel 1891 in Danimarca, sistema Kjelberg) e, poi, con elettrodirivestiti (in Russia, sistema Slavianoff).

L’arco elettrico, oltre ad essere una notevole sorgente termica, è anche unarilevante fonte luminosa. La forte luminosità, evidentemente, è qualcosa dacui l’operatore deve proteggersi. Fissando, direttamente e da vicino, l’arco, èpressoché inevitabile l’insorgere di una fastidiosa congiuntivite. Si rende, quindinecessario l’uso di schermi o occhiali con vetri colorati (generalmente verdescuro o blu) in grado di filtrare le radiazioni infrarosse e ultraviolette nocive4.

Tra i diversi procedimenti ad arco ricordiamo quelli:- ad arco con elettrodo rivestito,- ad arco sommerso,- ad arco con elettrodo infusibile in atmosfera inerte (TIG = Tungsten Inert

Gas),- a filo continuo (in atmosfera inerte MIG e attiva MAG).Il procedimento ad arco con elettrodi rivestiti è di gran lunga il più comune,

grazie alla semplicità e versatilità d’impiego che lo rende insostituibile persaldature in opera o di tracciato irregolare o poco accessibili. Il materiale diapporto, contenuto nell’anima dell’elettrodo, fonde con continuità nell’arcoelettrico insieme ad una zona prossima del metallo base, formando insieme, ilcordone di saldatura. Il rivestimento dell’elettrodo ha almeno due funzioni;fondendo (subito dopo - essendo quasi refrattario - che s’è fusa l’anima metal-lica dell’elettrodo) forma un’atmosfera di gas protettiva del bagno di fusionedal contatto con l’aria (contatto dannoso in quanto l’ossigeno, molto solubilenel ferro fuso, tende a separarsene durante il raffreddamento generando cosìinclusioni non metalliche o soffiature) e forma poi uno strato sottile sul cordo-ne che ne rallenta il raffreddamento, attenuando così gli effetti del ciclo termi-co cui è stato sottoposto il materiale (v. Fig. 5.2).

Il diametro degli elettrodi varia da 2.5 mm a 5 mm, mentre la lunghezzavaria da 35 cm a 45 cm (in funzione del diametro). Il rivestimento dell’elettro-do (acido o basico) s’interrompe a circa 2 cm in uno degli estremi, in manieratale che l’elettrodo stesso possa essere afferrato con la pinza della saldatrice.

4 Fissando con lo sguardo l’arco elettrico o ricevendone semplicemente i raggi riflessi, dopo qualche ora, siavverte un forte bruciore agli occhi e la sgradevole sensazione di averci la sabbia dentro. Generalmentetali sintomi spariscono nell’arco di una giornata di sofferenze, senza lasciare alcuna conseguenza sullavista e bastano a scoraggiare chiunque a ripetere l’esperienza. Oltre a proteggere gli occhi, l’operaiosaldatore deve preservarsi anche la pelle, specialmente del viso, dagli effetti dei raggi che si sprigionanodall’arco elettrico, che possono provocare fastidiosi eritemi. L’operaio saldatore si protegge il viso conuno schermo dotato di una finestrella con vetro colorato inattinico, non lavora a dorso nudo, circonda ilposto di lavoro con paraventi leggeri ed espone cartelli invitanti a non guardare l’arco.

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975. Unioni saldate

Ovviamente, una volta che l’elettrodo s’è consumato, se ne introduce unonuovo nella pinza della saldatrice e si prosegue l’opera5.

Sovente non si riesce con una sola passata a depositare il materiale d’apportofuso in grado di formare il cordone dello spessore voluto e, pertanto, possonoessere necessarie più passate. Il rivestimento dell’elettrodo lascia sul cordonedella passata un deposito di scoria vetrosa che rallenta il raffreddamento delmateriale fuso e che va accuratamente rimosso (ad esempio con spazzola metal-lica) prima di procedere alla passata successiva (se non si provvedesse a questapulizia, per altro semplice da effettuarsi, si avrebbero inclusioni di scoria nel

5 Gli elettrodi vengono contraddistinti da un simbolo alquanto complesso, ma che ha un preciso significato.Riportiamo il seguente passo dell’articolo di Mario Costa, ripreso dal n.5/1970 della rivista Costruzionimetalliche: A titolo di esempio il simbolo completo di un elettrodo secondo le norme citate (UNI 5132,N.d.R.) può essere il seguente:E 44 L 4 B 2 0 R11 (UNI 5132) del quale lettere e numeri hanno un preciso significato:E = simbolo parziale per gli elettrodi44 = resistenza a trazione (minima garantita)L = tipo di applicazione (lamiere e profilati in questo caso. Per i tubi in particolare, viene usato ilsimbolo T e per le lamiere sottili il simbolo S).4 = classe di qualità (in questo caso si tratta di elettrodi di elevatissima qualità, con valori garantiti diallungamento e resilienza molto alti e studiati in modo da essere particolarmente resistenti alla criccabilitàa caldo. Prima di questa classe figurano: la 0, senza garanzie e le 1,2,3 con garanzie via via più accen-tuate).B = tipo di rivestimento (basico nell’esempio. Può essere anche: 0 = ossidante; A = acido; R = rutilio; C= cellulosico; ecc.).2 = posizione di saldatura (tutte, esclusa la verticale discendente. E’ preceduta dalla 1, valida per tutte leposizioni e seguita dalla 3 e 4 per posizioni particolari).0 = condizioni di alimentazione elettrica (corrente continua in questo caso. I numeri successivi, fino a 9,sono adottati per alimentazione sia in c.c. che in c. a. (corrente alternata, N.d.A.) a seconda della polaritàe della tensione minima).R11 = rendimento (uguale o maggiore del 110%).Si tratta perciò, nell’esempio, di un elettrodo particolarmente adatto per costruzioni impegnative e sog-gette ad azioni dinamiche ...

Fig. 5.2

rivestimento dell’elettrodo

anima (materiale di apporto)

involucro gassoso

scoria solidificata

cordone di saldatura

lamiera bagno di fusione

arco elettrico

materiale intrasferimento

involucro fuso

penetrazione

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98 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

In Fig. 5.4 è riportato un ulteriore esempio, questa volta riferito a un cordo-ne d’angolo: i pezzi, inizialmente disposti in modo da formare un angolo retto(v. Fig. 5.4a), per effetto del ritiro del cordone di saldatura finiscono per for-mare un angolo α maggiore di 90° (α = 90° + ζ ).

Se si provvede ad effettuare la saldatura con una correzione preventiva dell’angolo (disponendo, cioè, i pezzi secondo l’angolazione α’ = 90° - ζ , comemostrato in Fig. 5.4b) si riuscirà a ottenere - a saldatura effettuata - la posizione

cordone di saldatura definitivo). Sembrerebbe accertato che la tendenza alle cric-che è principalmente influenzata dalla velocità di raffreddamento.

La saldatura comporta necessariamente delle vicende termiche che rendo-no le zone adiacenti del materiale (dette zone termicamente influenzate) dielevata durezza e sedi di stati tensionali spesso superiori al limite elastico econseguenti deformazioni plastiche. Sovente si hanno, anche, distorsioni fra ipezzi collegati. La Fig. 5.2 mostra il deposito di un cordone di saldatura su unalamiera piana orizzontale.

Per contenere entro limiti accettabili tali fenomeni, si adottano una serie diaccorgimenti preventivi, quali il bloccaggio dei pezzi, lo studio delle sequenzedi saldatura, il preriscaldamento, l’imbastitura per punti, ecc. Per ridurre glistati di coazione, l’ideale sarebbe il consentire ai pezzi da saldare di dilatarsiliberamente, disponendoli tenendo conto delle deformazioni che indurrà la sal-datura, evitando (o riducendo al minimo) ogni operazione successiva di rad-drizzamento (generalmente condotta meccanicamente, senza osservare parti-colari accorgimenti).

Ad esempio, se si saldano testa a testa due ferri piatti con cordone a Vcontinuo è pressoché inevitabile che si abbia una deformazione trasversale comequella riportata in Fig. 5.3a. Se si provvede a disporre le parti da collegare adangolo opposto a quello di ritiro si otterrà, una volta completata la saldatura, ladesiderata unione piana (v. Fig. 5.3b).

Fig. 5.3

a) b)

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995. Unioni saldate

corretta (cioè la perpendicolarità tra i due pezzi). Ovviamente è difficile valutare,con assoluta precisione, le deformazioni indotte dai cordoni di saldatura; ma nonvi è dubbio che un operatore esperto può ricorrere agli accorgimenti suddettiottenendo, se non altro, un contenimento delle operazioni di raddrizzamentocondotti, con una certa brutalità, a martellate.

Quando possibile si eliminano le tensioni interne riscaldando l’acciaio acirca 650° C e raffreddandolo, poi, lentamente (ricottura di distensione).

La saldatura ad arco sommerso è eseguita a macchina ed è, quindi, di usoindustriale. La sorgente termica è ancora costituita dall’arco che si forma tra ilmateriale base e l’elettrodo; quest’ultimo, però, è costituito da un filo, avvoltoin matassa, che si svolge automaticamente all’avanzare del cordone di saldatu-ra. L’estremità del filo che si fonde resta nascosto in un flusso di materiale(ecco perché l’elettrodo è detto sommerso).

Quando, nel procedimento sommariamente descritto, la protezione dell’ar-co è affidata ad un gas si hanno i procedimenti MIG e MAG; nel MIG (MetalInert Gas) il gas protettivo è l’argon, nel MAG (Metal Activ Gas) è l’anidridecarbonica. Quando l’elettrodo è di tungsteno e il gas protettivo è l’argon si hail sistema TIG (Tungsten Inert Gas). Questi procedimenti di saldatura sonosquisitamente industriali.

Si comprende, adesso più chiaramente, la necessità di affidare le operazionidi saldatura ad operai specializzati (provvisti del cosiddetto patentino, che siottiene superando un apposito esame), come prescritto dal punto 7.10.3. dellanormativa vigente, e le limitazioni poste sui tipi di acciai per strutture saldateche nel seguito riporteremo.

Si è detto in precedenza che i cicli termici legati al processo di saldatura(fusione-rapido raffreddamento) producono delle zone di materiale con eleva-ta durezza (zone termicamente influenzate) che possono essere sede di discon-tinuità, le quali passano sotto il nome di difetti di saldatura.

Non è nostra intenzione procedere ad un esame completo di tali difetti disaldatura per non sconfinare nel campo della metallurgia. Pur tuttavia un bre-

Fig. 5.4

a) b)

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100 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ve accenno va fatto alle cosiddette cricche, che sono incrinature, originate perstrappo, del materiale base e/o del materiale d’apporto che rappresentano in-dubbiamente il difetto più grave che un giunto saldato possa presentare.

Nella letteratura tecnica specializzata si parla di cricche a freddo e di cric-che a caldo. Le cricche a caldo (v. Fig. 5.5) sono così chiamate perché si for-mano durante la solidificazione della saldatura.

Esse possono dipendere dall’elevato tenore di carbonio o da impurezze (zolfoe fosforo) del materiale base o, ancora, da ritiri di saldature. Sono classificatefra le cricche a caldo anche le cricche di cratere, più facilmente osservabili neitratti terminali di una passata di saldatura (e che andrebbero eliminate, con loscalpello, prima di procedere alla passata successiva). Se l’operatore è abilenello spegnere l’arco, quando un elettrodo o un cordone sono terminati, è in-dubbiamente difficile che si formino crateri (bisognerebbe, nell’alzare la mano,effettuare un movimento laterale).

Le cricche a freddo (o cricche da idrogeno) sono così dette perché si mani-festano quando, raffreddandosi, il cordone sta per raggiungere o ha raggiuntola temperatura ambiente (v. Fig. 5.6). La loro genesi è legata all’assorbimentodi idrogeno dal materiale d’apporto e zone adiacenti e da un’elevata velocità diraffreddamento. Le cricche a caldo possono essere contenute o evitate se siottiene il cordone di saldatura con molteplici passate (invece di poche) perchéuna passata ha effetto di normalizzazione su quella precedente.

Le cricche a freddo possono essere prevenute con un addolcimento del ci-clo termico, ottenibile preriscaldando i pezzi da saldare ed, inoltre, usandoelettrodi basici.

I rivestimenti basici degli elettrodi, infatti, sono costituiti da carbonati dicalcio e magnesio che riescono a depurare il bagno di fusione dallo zolfo e dalfosforo consentendo l’ottenimento di depositi di elevata purezza, con buonecaratteristiche meccaniche.

Fig. 5.5

cricche a caldo

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1015. Unioni saldate

Il lettore interessato a uno studio più approfondito dei difetti di saldaturapuò consultare il testo di Costa, Daddi e Mazzolani già citato.

Almeno un fugace accenno va fatto ai controlli che normalmente andrebbe-ro effettuati sulle saldature, in fase di collaudo delle stesse. Accenneremo sol-tanto ai controlli non distruttivi.

Il più elementare di tali controlli è l’esame visivo, il quale preferibilmenteandrebbe eseguito tramite lente d’ingrandimento, al fine di individuare piùfacilmente eventuali cricche.

L’esame con liquidi penetranti si basa sull’impiego di due liquidi: il pene-trante e il rivelatore. Dopo un’accurata pulizia - con solventi e spazzola metal-lica - del cordone da saggiare, si applica sulla saldatura il liquido penetranteche è di colore rosso vivo. Dopo circa un’ora si asporta - tramite lavaggio conacqua - l’eccesso di penetrante e si asciuga accuratamente il pezzo. Infine siapplica il liquido rivelatore, il quale asciuga rapidamente lasciando uno stratobianco laddove non ci sono difetti superficiali. I difetti, allora, appaiono - chia-ramente visibili - come macchie rosse su fondo bianco.

I due esami suddetti sono facilmente eseguibili. Più affidabili - perché con-sentono di controllare l’interno della saldatura - sono l’esame radiografico (raggiX) e l’esame ultrasonico. Col primo i difetti appaiono come macchie più scuresulla pellicola (è utile il raffronto con difetti campione). Col secondo esame gliimpulsi ultrasonici - emessi da una sonda - possono subire riflessioni controostacoli (altre superfici del pezzo o difetti). La riflessione non è altro che un’in-versione del senso di propagazione del fascio di ultrasuoni, che, così, ritornaalla sonda, la quale da trasmittente diventa ricevente (il tempo impiegato dagliultrasuoni a percorrere il percorso di andata e ritorno è legato allo spessore deipezzi). Ovviamente fa parte dell’apparecchiatura uno schermo, sul quale appa-iono i segnali emessi e gli echi (questi ultimi originati dalle riflessioni).

L’esame radiografico richiede serie precauzioni finalizzate a impedire che

Fig. 5.6

cricche a freddo

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102 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

le persone assorbano dosi eccessive di radiazioni (che notoriamente possonoprovocare gravissime patologie) mentre gli esami ultrasonici richiedono unagrossa esperienza da parte dell’operatore6.

5.2. Prescrizioni regolamentari

Riportiamo qui di seguito un ampio stralcio della normativa vigente, a propo-sito delle saldature.

2.3. ACCIAIO PER STRUTTURE SALDATE.2.3.1. Composizione chimica e grado di disossidazione degli acciai.- Acciaio tipo Fe 360 ed Fe 430.Gli acciai da saldare con elettrodi rivestiti, oltre a soddisfare le condizioni indi-cate al punto 2.1., devono avere composizione chimica contenuta entro i limitiraccomandati dalla UNI 5132 (ottobre 1974) per le varie classi di qualità deglielettrodi impiegati.Nel caso di saldature di testa o d’angolo sul taglio di un laminato, gli acciai,oltre che a soddisfare i limiti di analisi sopraindicati, devono essere di tipo semi-calmato o calmato, salvo che vengono impiegati elettrodi rivestiti corrisponden-ti alla classe di qualità 4 della UNI 5132 (ottobre 1974).Gli acciai destinati ad essere saldati con procedimenti che comportano una fortepenetrazione della zona fusa del metallo base devono essere di tipo semicalmatoo calmato e debbono avere composizione chimica, riferita al prodotto finito (enon alla colata), rispondente alle seguenti limitazioni:

grado B: C ≤ 0,24% P ≤ 0,055% S ≤ 0,055%grado C: C ≤ 0,22% P ≤ 0,050% S ≤ 0,050%grado D: C ≤ 0,22% P ≤ 0,045% S ≤ 0,045%

- Acciaio tipo Fe 510.Gli acciai dovranno essere di tipo calmato o semicalmato; è vietato l’impiego diacciaio effervescente. L’analisi effettuata sul prodotto finito deve risultare:

grado B: C ≤ 0,26% Mn ≤ 1,6% Si ≤ 0,60% P ≤ 0,055% S ≤ 0,055%grado C: C ≤ 0,24% Mn ≤ 1,6% Si ≤ 0,60% P ≤ 0,050% S ≤ 0,050%grado D: C ≤ 0,22% Mn ≤ 1,6% Si ≤ 0,60% P ≤ 0,045% S ≤ 0,045%

6 Le norme CNR 10011/85 parlano della qualificazione professionale degli operai addetti alle saldature edè forse, opportuno riportare integralmente il punto 9.10.4.l. di dette norme:9.10.4.1. Sia in officina sia in cantiere, le saldature da effettuare con elettrodi rivestiti devono essereeseguite da operai che abbiano superato le prove di qualifica indicate nella UNI 4634 per la classerelativa al tipo di elettrodo ed alle posizioni di saldatura previste. Nel caso di costruzioni tubolari si faràriferimento anche alla UNI 4633 per quanto riguarda i giunti di testa.Le saldature da effettuare con altri procedimenti devono essere eseguite da operai sufficientemente adde-strati all’uso delle apparecchiature relative ed al rispetto delle condizioni operative stabilite in sede diapprovazione del procedimento.

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1035. Unioni saldate

Qualora il tenore di C risulti inferiore o uguale, per i tre gradi B, C, D, rispettiva-mente a 0,24%, 0,22% e 0,20% potranno accettarsi tenori di Mn superiori a1,6% ma comunque non superiori a 1,7%.2.3.2. Fragilità alla basse temperature.La temperatura minima alla quale l’acciaio di una struttura saldata può esse-re utilizzato senza pericolo di rottura fragile, in assenza di dati più precisi,deve essere stimata sulla base della temperatura T alla quale per detto acciaiopuò essere garantita una resilienza KV, secondo EN 10045/1a (gennaio 1992),di 27 J.La temperatura T deve risultare minore o uguale a quella minima di servizioper elementi importanti di strutture saldate soggetti a trazione con tensioneprossima a quella ammissibile aventi spessori maggiori di 25 mm e forme talida produrre sensibili concentrazioni locali di sforzi, saldature di testa o d’an-golo non soggette a controllo, od accentuate deformazioni plastiche di forma-tura. A parità di altre condizioni, via via che diminuisce lo spessore, la tempera-tura T potrà innalzarsi a giudizio del progettista fino ad una temperatura di circa30°C maggiore di quella minima di servizio per spessori dell’ordine di 10 mm.Un aumento può aver luogo anche per spessori fino a 25 mm via via che l’impor-tanza dell’elemento strutturale decresce e che le altre condizioni si attenuano.Il progettista, stimata la temperatura T alla quale la resilienza di 27 J deve essereassicurata, sceglierà nella unificazione o nei cataloghi dei produttori l’acciaiosoddisfacente questa condizione.

Concludiamo il presente paragrafo riportando il punto 2.4.l. del Regola-mento, relativo ai procedimenti di saldatura.

2.4.1. Procedimenti di saldatura.Possono essere impiegati i seguenti procedimenti:- saldatura manuale ad arco con elettrodi rivestiti;- saldatura automatica ad arco sommerso;- saldatura automatica o semiautomatica sotto gas protettore (CO

2 o sue miscele);

- altro procedimento di saldatura la cui attitudine a garantire una saldaturapienamente efficiente deve essere previamente verificata mediante le proveindicate al successivo punto 2.4.2. Per la saldatura manuale ad arco devonoessere impiegati elettrodi omologati secondo UNI 5132 (ottobre 1974) adattial materiale base;

- per gli acciai Fe 360 ed Fe 430 devono essere del tipo E 44 di classe diqualità 2, 3 o 4 per spessori maggiori di 30 mm o temperatura di eserciziominore di 0° C saranno ammessi solo elettrodi di classe 4 B;

- per l’acciaio Fe 510 devono essere impiegati elettrodi del tipo E 52 di classidi qualità 3 o 4: per spessori maggiori di 20 mm o temperatura di eserciziominori di 0° C saranno ammessi solo elettrodi di classe 4 B. Per gli altriprocedimenti di saldatura si dovranno impiegare i fili, i flussi (o i gas) e latecnica esecutiva usati per le prove preliminari di verifica di cui al puntoseguente.

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104 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

2.4.2. Prove preliminari dei procedimenti di saldatura.L’impiego di elettrodi omologati secondo UNI 5132 (ottobre 1974) esime da ogniprova di qualità del procedimento.Per l’impiego degli altri procedimenti di saldatura occorre eseguire prove preli-minari di verifica intese ad accertare:- l’attitudine ad eseguire i principali tipi di giunto previsti nella struttura ottenen-

do giunti corretti sia per aspetto esterno che per assenza di sensibili difetti inter-ni, da accertare con prove non distruttive o con prove di rottura sul giunto.

- la resistenza a trazione su giunti testa a testa, mediante provette trasversali algiunto, resistenza che deve risultare non inferiore a quella del materiale base.

- la capacità di deformazione del giunto, mediante provette di piegamento chedovranno potersi piegare a 180° su mandrino pari a 3 volte lo spessore perl’acciaio Fe 360 ed Fe 430 e a 4 volte lo spessore per l’acciaio Fe 510.

- la resilienza su provette intagliate a V secondo EN 10045/1a (gennaio 1992)ricavate trasversalmente al giunto saldato, resilienza che verrà verificata a +20° C se la struttura deve essere impiegata a temperatura maggiore o uguale a0° C, a 0° C nel caso di temperature minori; nel caso di saldatura ad elettrogaso elettroscoria tale verifica verrà eseguita anche nella zona del materiale baseadiacente alla zona fusa dove maggiore è stata l’alterazione metallurgica perl’alto apporto termico.

I provini per i test di trazione, di piegamento, di resilienza ed eventualmente peraltre prove meccaniche, se ritenute necessarie, verranno ricavati da saggi testa atesta saldati, saranno scelti allo scopo gli spessori più significativi della struttura.2.4.3. Classi delle saldaturePer giunti testa a testa, od a croce od a T, a completa penetrazione, si distinguonodue classi di giunti.PRIMA CLASSE. Comprende i giunti effettuati con elettrodi di qualità 3 o 4 secondoUNI 5132 (ottobre 1974) o con altri procedimenti verificati di saldatura indicatial punto 2.4.1. e realizzati con accurata eliminazione di ogni difetto al verticeprima di effettuare la ripresa o la seconda saldatura. Tali giunti debbono inoltresoddisfare ovunque l’esame radiografico con i risultati richiesti per il raggruppa-mento B della UNI 7278 (luglio 1974).L’aspetto della saldatura dovrà essere ragionevolmente regolare e non presentarebruschi disavviamenti col metallo base specie nei casi di sollecitazione a fatica.SECONDA CLASSE. Comprende i giunti effettuati con elettrodi di qualità 2, 3 o 4secondo UNI 5132 (ottobre 1974) o con gli altri procedimenti verificati di salda-tura indicati al punto 2.4.1. e realizzati egualmente con eliminazione dei difettial vertice prima di effettuare la ripresa o la seconda saldatura.Tali giunti devono inoltre soddisfare l’esame radiografico con i risultati richiestiper il raggruppamento F della UNI 7278 (luglio 1974).L’aspetto della saldatura dovrà essere ragionevolmente regolare e non presen-tare bruschi disavviamenti col materiale base.Per entrambe le classi l’estensione dei controlli radiografici o eventualmenteultrasonori deve essere stabilita dal direttore dei lavori, sentito eventualmente ilprogettista, in relazione alla importanza delle giunzioni e alle precauzioni prese

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1055. Unioni saldate

dalla ditta esecutrice, alla posizione di esecuzione delle saldature e secondo chesiano state eseguite in officina o al montaggio.Per i giunti a croce o a T, a completa penetrazione nel caso di spessori t > 30mm, l’esame radiografico o con ultrasuoni atto ad accertare gli eventuali difettiinterni verrà integrato con opportuno esame magnetoscopico sui lembi esternidelle saldature al fine di rilevare la presenza o meno di cricche da strappo.Nel caso di giunto a croce sollecitato normalmente alla lamiera compresa fra ledue saldature, dovrà essere previamente accertato, mediante ultrasuoni, che dettalamiera nella zona interessata dal giunto sia esente da sfogliature o segregazio-ni accentuate.I giunti con cordoni d’angolo, effettuati con elettrodi aventi caratteristiche diqualità 2, 3 o 4 UNI 5132 (ottobre 1974) o con gli altri procedimenti indicati alpunto 2.4.1., devono essere considerati come appartenenti ad una unica classecaratterizzata da una ragionevole assenza di difetti interni e da assenza di incri-nature interne o di cricche da strappo sui lembi dei cordoni. Il loro controlloverrà di regola effettuato mediante sistemi magnetici; la sua estensione verràstabilita dal direttore dei lavori, sentito eventualmente il progettista e in base aifattori esecutivi già precisati per gli altri giunti.

5.3. Classificazione delle saldature

Le saldature, rispetto alla posizione nella quale vengono eseguite, possonoessere classificate (Fig. 5.7) in:

a) saldature orizzontali,b) “ verticali,c) “ in piano,d) “ sovratesta.

A seconda della posizione dei pezzi da unire i giunti saldati si distinguono(Fig. 5.8) in:

a) giunti testa a testa,b) “ d’orlo,c) “ d’angolo,d) “ a T,e) “ ad L,f) “ per sovrapposizione,g) “ a coprigiunto.

Se i pezzi da saldare sono sottili di solito non si ricorre ad alcuna prepara-zione delle teste; altrimenti, in relazione alla lavorazione delle parti che devo-no venire a contatto, si hanno, tra l’altro, le preparazioni illustrate in Fig. 5.9.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21105

Page 107: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

106 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Solo smussando uno o entrambi i lembi in modo opportuno, infatti, si rie-sce, quando i pezzi da saldare sono di un certo spessore, ad ottenere una buonasaldatura, che interessi l’intero spessore (completa penetrazione).

La normativa distingue due tipi di unioni saldate:

- giunti a completa penetrazione (testa a testa, a T, a croce)- giunti con cordone d’angolo.

Fig. 5.7

a) orizzontale b) verticale c) in piano d) sovratesta

Fig. 5.8

a L

d’angolo

testa a testa d’orlo

persovrapposizione

a T

a doppiocoprigiunto

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21106

Page 108: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1075. Unioni saldate

Al punto 2.4.3. (titolato Classi di saldature, riportato poc’anzi) la normati-va distingue, per quelli a completa penetrazione, due classi di giunti saldati (Ie II classe).

La distinzione avviene in base alla qualità degli elettrodi impiegati per lasaldatura, al suo aspetto più o meno regolare ed esenti da difetti, nonché dallacapacità di fornire esito soddisfacente a radiografie effettuate con particolarimodalità.

Le saldature di I classe sono quelle per le quali la normativa è più esigentee, ovviamente, presentano più alte tensioni ammissibili.

Per i giunti a cordoni d’angolo non si operano distinzioni in classi; si dice soloche (ultimo comma del punto 2.4.1) devono essere considerati come appartenentiad una unica classe caratterizzata da una ragionevole assenza di difetti interni eda assenza di incrinature o di cricche da strappo sui lembi dei cordoni.

5.4. Verifiche di resistenza

Conseguentemente alle distinzioni operate, il Regolamento prescrive diversemodalità di verifica per i giunti a completa penetrazione o a cordone d’angolo.

È opportuno riportare per intero il punto 4.5. della normativa:

4.5. UNIONI SALDATE.4.5.1. Giunti testa a testa od a T a completa penetrazione.Per il calcolo delle tensioni derivanti da trazioni o compressioni normali all’as-se della saldatura o da azioni di taglio, deve essere considerata come sezioneresistente la sezione longitudinale della saldatura stessa; agli effetti del calcoloessa avrà lunghezza pari a quella intera della saldatura e larghezza pari al mi-nore dei due spessori collegati, misurato in vicinanza della saldatura per i giuntidi testa e allo spessore dell’elemento completamente penetrato nel caso di giuntia T (vedere figura 1-II).Per il calcolo delle tensioni derivanti da trazioni o compressioni parallele al-l’asse della saldatura, deve essere considerata come sezione resistente quella

Fig. 5.9

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21107

Page 109: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

108 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

del pezzo saldato ricavata normalmente all’asse predetto (cioè quella del mate-riale base più il materiale d’apporto).

Della tensione totale agente sulla sezione di gola, ribaltata su uno dei pianid’attacco, si considerano le componenti: normale σ⊥ (trasversale) o tangenziale

Per trazioni o compressioni normali all’asse del cordone la tensione nella sal-datura non deve superare 0,85 f

d per giunti testa a testa di II classe e f

d per gli

altri giunti.Per sollecitazioni composte deve risultare:

id2 2 = + + 3 =

σ σ σ σ σ τ⊥ ⊥−

// //

2f (I classe)

0.85 f (II classe)

d

d

dove:σ⊥ è la tensione di trazione o compressione normale alla sezione longitudinaledella saldatura;σ

//è la tensione di trazione o compressione parallela all’asse della saldatura;

τ è la tensione tangenziale nella sezione longitudinale della sezione.4.5.2. Giunti a cordoni d’angolo.Si assume come sezione resistente la sezione di gola del cordone, cui si attribu-isce larghezza pari all’altezza “a” del triangolo isoscele iscritto nella sezionetrasversale del cordone e l’intera lunghezza “l” del cordone stesso, a meno chequesto non abbia estremità difettose (Fig. 2-II).

Fig. 1-II

Fig. 2-II

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21108

Page 110: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1095. Unioni saldate

τ⊥ (trasversale) e τ// (parallela). Per la verifica, i valori assoluti delle predette

componenti dovranno soddisfare le limitazioni:

⊥ ⊥ ≤′

2 2 2 + +

τ σ τ //

0.85 f per l acciaio Fe 360

0.70 f per l acciaio Fe 430 ed Fe 510

d

d

+

⊥ ⊥ ≤′

τ σ

f per l acciaio Fe 360

0.85 f per l acciaio Fe 430 ed Fe 510

d

d

con ovvie semplificazioni quando due soltanto o una sola delle componenti sia-no diversa da zero. Si ritengono non influenti sul dimensionamento eventualitensioni normali σ

//, sulla sezione trasversale del cordone.

In merito alla sezione resistente da considerare nelle verifiche la Fig. 5.10mostra alcuni esempi, dove si è indicato con a' il lato del triangolo isosceleinscritto nel cordone e con a la sua altezza (a è l’altezza della sezione di gola).

Fig. 5.10

La Tabella 5.1 esplicita i casi possibili di combinazioni delle componenti ditensione con le relative limitazioni, distinte per tipo di acciaio.

La posizione del cordone di saldatura rispetto alla direzione dello sforzo fadistinguere tre tipi di posizioni: laterali, frontali o oblique (Fig. 5.11).

Rispetto quindi al tipo di sollecitazione, al numero e posizione dei cordonidi saldatura, oltre che al tipo di acciaio, s’individua la verifica da eseguire.

a’

a’

a’

a’

aa

a’

a’

a’

a’

aa

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21109

Page 111: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

110 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Tabella 5.1

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21110

Page 112: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1115. Unioni saldate

Fig. 5.11

Riportiamo nel seguito delle schede relative ai casi più comuni.Seguiranno, poi, alcuni esempi numerici, di calcolo di collegamenti saldati.Le schede seguenti vogliono semplicemente rappresentare una raccolta dei

casi che, riteniamo, più frequentemente possono presentarsi nella pratica tec-nica ed, anche, una serie di esempi su come può essere condotta la verifica diun giunto saldato. Ovviamente il lettore può individuare un diverso modo diprocedere, nella verifica di un giunto (ribaltando, ad esempio, la sezione digola su un piano, anziché su un altro).

In Fig. 5.12 è riportata una serie di dettagli strutturali (molto variegata erielaborata dall’American Institute of Steel Construction, Settembre 1976).Lasimbologia adottata lascia chiaramente intendere a quali azioni l’elemento strut-turale o il collegamento riesce agevolmente a resistere. Vi è un po’ di tutto: untirante formato da un piatto (a), una trave a doppio T (elemento particolarmen-te idoneo a realizzare elementi inflessi in acciaio), rinforzi vari di elementiinflessi (e ed f) e persino alcuni dispositivi di connessione per travi misteacciaio-calcestruzzo. I particolari riportati non richiedono commenti e il loroinsieme vuole semplicemente rappresentare una raccolta dei più comuni detta-gli costruttivi per strutture metalliche.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21111

Page 113: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

112 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Scheda 2 - flessione e taglio: cordoni frontali trasversali

sezione resistente

sezione resistente

σ⊥ = =MW

Mah3

2 A ah= 2

τ // = Tah2

Wah= 26

2

σ⊥ ≅ Mlah

A al= 2

τ⊥ = Fal2

W lah≅

Scheda 1 - flessione e taglio: cordoni frontali longitudinali

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:21112

Page 114: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1135. Unioni saldate

Scheda 4 - taglio e torsione: cordoni laterali

FF M

bt

1 2= −

FF M

bt

2 2= +

τ // = Fla

2

τ // = FdalH

τ⊥ = Tal2

Scheda 3 - taglio e torsione: cordoni frontali

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Page 115: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

114 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Scheda 5 - torsione

Scheda 6 - trazione: cordoni obliqui

τ // = MalH

t

σ α⊥ = Fsin

la2

τ α//

cos= Fla2

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22114

Page 116: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1155. Unioni saldate

Scheda 8 - trazione: cordoni frontali

τ // = FlaΣ

σ⊥ = FlaΣ

Scheda 7 - trazione: cordoni laterali

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Page 117: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

116 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 5.12

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22116

Page 118: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1175. Unioni saldate

ESEMPIO N. 8

In Fig. 5.13 è riportato il nodo di un telaio: il ritto è formato da un HE 400 B (Bsta, com’è noto, per serie normale) mentre il traverso da un HE 300 A (A,invece, indica la serie leggera ). Entrambi i profilati sono costituiti da acciaioFe 360 (σ

adm = 1600 kg/cm2).

Al fine di conferire maggiore rigidezza al nodo-incastro (escludendo im-bozzamenti dell’anima della colonna e garantendo una migliore trasmissionedegli sforzi) si sono disposte due alette d’irrigidimento, tra le ali dell’HE 400B (montante). Tali costole d’irrigidimento - che si vedono disegnate in Fig.5.13 - potrebbero essere formate da lamiere dello stesso spessore delle ali deltraverso (e, cioè, pari a 14 mm). La trave è saldata all’ala della colonna me-diante giunti a completa penetrazione.

In Fig. 5.14 è riportato. un particolare ingrandito della Fig. 5.13, finalizzatoa mostrare la sezione del cordone a completa penetrazione A.

Fig. 5.13

Fig. 5.14

cordone B

cordone A

24 mm 3

14 14

27 mm50°

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22117

Page 119: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

118 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Nostro proposito è quello di verificare il collegamento saldato trave - co-lonna, nell’ipotesi che le saldature siano di prima classe e che le caratteristichedi sollecitazione, all’estremo della trave, siano le seguenti:

N = 15 t T = 12 t M = 14.5 tm

La sezione resistente della saldatura quasi coincide con quella della trave.Si è deciso di escludere, infatti, le sole zone di raccordo ala-anima, dove non siè proceduto ad effettuare saldature (v. Fig. 5.15).

Fig. 5.15

Per definire la sezione resistente della saldatura assumeremo come lunghez-za di ogni cordone quella effettiva diminuita di due volte lo spessore del cordonestesso (se ci fossimo trovati di fronte a cordoni d’angolo, alla lunghezza effettivaavremmo sottratto due volte l’altezza di gola), onde prudentemente escludere,dalla stessa sezione resistente, i due tratti terminali di ogni cordone, i quali, nondi rado, risultano difettosi.

Pertanto i due cordoni orizzontali - quelli che uniscono le ali della trave almontante - sono, in realtà, lunghi 300 mm, ma noi li riterremo lunghi 300 - 2 ×14 = 272 mm.

Analogamente, il terzo cordone, interessando tutta l’altezza dell’anima com-presa tra i raccordi, è, in effetti, lungo 208 mm, ma lo considereremo lungo208 - 2 × 8.5 = 191 mm.

In questo modo la sezione resistente della saldatura diventa quella di Fig.5.l5.

La riduzione dei due cordoni orizzontali (da 300 a 272 mm) e di quelloverticale (da 208 a 191 mm) è, in realtà, una pignoleria, suggeritaci da Belluzziche a pag. 736 (Vol. II) dell’opera riportata in bibliografia, testualmente dice:La lunghezza λ è quella del cordone diminuita dei due tratti estremi irregolari,di lunghezza circa uguale ad a; per cui λ = λ

1 - 2a.

Abbiamo, d’altronde, visto in precedenza che occorre una buona dose d’abi-

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22118

Page 120: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1195. Unioni saldate

lità, da parte dell’operatore che effettua la saldatura, ad evitare crateri all’estre-mità dei cordoni.

Ovviamente, se fossimo sicuri della realizzazione, a perfetta regola d’artedell’intera saldatura, non sarebbe giustificato ridurre, per effettuare i calcoli, lelunghezze dei cordoni.

Ipotizzeremo, come solitamente si fa, che lo sforzo di taglio sia assorbitodal solo cordone d’anima (il cordone B di Fig. 5.15) mentre il momento flet-tente e lo sforzo normale saranno assorbiti da tutti e tre i cordoni.

Per definire lo stato tensionale nella saldatura dobbiamo preventivamentetrovare alcune caratteristiche geometriche e inerziali della sezione resistentedisegnata in Fig. 5.15.

Per le aree resistenti si ha:

cordoni A: AA = 2 × 27.2 × 1.4 = 76.16 cm2

cordone B: AB = 0.85 × 19.1 = 16.23 cm2

Pertanto l’area resistente di tutta la saldatura è:

Atot

= AA + A

B = 76.16 + 16.23 = 92.39 cm2

Il momento d’inerzia della saldatura, rispetto all’asse x baricentrico vale:

I 0 8519

12 + 2 27 2

1

12 +

27 226 2

2+

1 4

2 15009 9 cm

x

24

= × × ×

+ × × ×

=

..

..

. .. .

.

1 4

2 1 4 1

3 3

Il modulo di resistenza dei cordoni A è:

W = Iy

= 15009 9

14 5 = 1035 1 cmxA

x

maxA

3..

.1

7

mentre il modulo di resistenza del cordone B è pari a:

W = Iy

= 15009 9

9 55 = 1571 7 cmxB

x

maxB

3..

.1

2

Siamo in possesso, adesso, di tutti i dati necessari per calcolare lo statotensionale nei cordoni.

Per i cordoni A si ha una σ⊥, il cui valore massimo è pari a:

⊥ + +σ =N

A

M

W=

15000

92 39= 1563 0 kg/ cm

tot xA

2

. ..

1450 000

1035 179

La verifica di resistenza ha dato esito positivo: σ⊥ < σadm

= 1600 kg/cm2.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22119

Page 121: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

120 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Per il cordone B si ha una σ⊥ (dovuta a N ed M) e una τ//, (fornita da T):

⊥σ

τ

=N

A+

M

W=

15 000

92 39+

1450 000

1571 7= 1084 90 kg/ cm

=T

A=

11000

16 23= 677 5 kg/ cm

tot xB

2

B

2

. ..

..//

2

5

La verifica di resistenza - per il cordone B - fornisce:

id2 2

2adm

2

= + 3 = 1084 + 3 677 =

= 1598 kg/ cm < = 1600 kg/ cm

σ σ τ

σ⊥ ×// . .

.

90 55

20

2 2

Pertanto anche la seconda verifica ha fornito esito positivo (se la saldaturafosse stata, però, di seconda classe entrambe le verifiche avrebbero dato esitonegativo perché è superato il valore 0.85 σ

adm= 0.85×1600 = 1360 kg/cm2).

È prassi consolidata, nella pratica tecnica, effettuare controlli radiograficidelle saldature effettuate.

Se il giunto saldato appena definito dovesse essere effettivamente realizza-to, noi non esiteremmo, in qualità di progettisti delle strutture, di suggerirecontrolli radiografici (se, poi, fossimo coinvolti nelle vesti di collaudatori lopretenderemmo senz’altro perché tutto quanto definito in precedenza si fondasulla buona esecuzione delle saldature).

ESEMPIO N. 9

Un tirante formato da un ferro piatto 160 × 20 (largo piatto UNI 6557-69), diacciaio Fe 360, deve essere giuntato. Si vuole definire un collegamento salda-to, con doppio coprigiunto e cordoni d’angolo, che sia a totale ripristino (che,cioè, sia in grado di trasmettere, da una parte all’altra dell’interruzione, unosforzo normale pari a quello massimo che il tirante di lamiera, integro, è ingrado di sopportare).

Il ferro piatto 160 × 20 può sopportare lo sforzo normale massimo:

Nmax = σ

adm A = 1600 × 16 × 2 = 51 200 kg

Immaginando i coprigiunti formati di acciaio tipo Fe 360, si ha che ognunodi essi deve presentare una sezione retta pari almeno alla metà di quella delferro piatto 160 × 20. Ovverosia la sezione retta di un coprigiunto dev’esseredi almeno 16 × 2/2 = 16 cm2.

Si possono, allora, utilizzare, come coprigiunti, due spezzoni di piatti (UNI6014-67) 140 × 12, i quali, insieme, formano una sezione retta pari a 2 × 14 ×

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22120

Page 122: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1215. Unioni saldate

1.2 = 33.6 cm2 > 16 × 2 = 32 cm2).La giunzione si presenta come riportato in Fig. 5.16: i due coprigiunti sono

fissati al ferro piatto 160 × 20 mediante quattro cordoni frontali e quattro lon-gitudinali (ovviamente la metà di detti cordoni servirà a trasmettere N

max da un

ferro piatto ai coprigiunti e l’altra metà a trasmettere Nmax

dai due coprigiuntial secondo ferro piatto).

Si potrebbe, a questo punto, stabilire la lunghezza dei cordoni di saldatura edeterminare la loro grossezza in maniera che riescano a trasmettere, da unaparte all’altra del collegamento, lo sforzo normale N

max senza, ovviamente, che

si superino le tensioni ammissibili nella saldatura. Oppure si potrebbe fissarela sezione dei cordoni e determinare la loro lunghezza (sempre con la condi-zione che non siano superate le tensioni ammissibili nella saldatura).

Decidiamo di utilizzare cordoni d’angolo con a' = 8 mm (pertanto la lar-ghezza minima della sezione di gola sarà a = a'/2 = 5.657 mm, vedi Fig.5.17) e di tenere i due cordoni frontali lunghi 14 cm.

Fig. 5.17

cordonea

a’

Fig. 5.16

cordoni longitudinalicordoni frontali

largo piatto 160×12 piatti 140×12

λ = 22 cm

14 16

Nmax

Nmax

Nmax

Nmax

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22121

Page 123: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

122 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 5.18

Resta, allora, da definire la lunghezza (λ) dei cordoni longitudinali.Come lunghezza di calcolo dei cordoni assumiamo quella effettiva diminu-

ita dei due tratti estremi, prevedibilmente irregolari, di lunghezza all’incircauguale ad a.

Perciò la lunghezza λ cercata è la radice della seguente equazione di primogrado:

2 14 20,8

20,8

2+ 4

20,8

20,8

2 0 85 = Nadm× − ×

× × −

×

× ×λσ. max

Essendo σadm

= 1600 kg/cm2 e Nmax

= 51 200 kg, l’equazione di cui soprafornisce:

λ = 21.546 cm ≅ 22 cm

E così il giunto saldato potrebbe presentarsi come riportato in Fig. 5.16.Ovviamente, per realizzare il nostro collegamento saldato, ci sono numero-

se possibilità. Si potrebbero sagomare i coprigiunti in varie fogge; ad esempiocome fatto in Fig. 5.18.

In tale ipotesi la lunghezza di uno dei quattro cordoni d’angolo, da ciascunaparte dell’interruzione, è pari a 14 cm.

Si può, allora, trovare la larghezza minima delle sezioni di gola risolvendola seguente equazione di primo grado:

4 14 a 2 4 a =N

0 85 adm

× × − × × max

. σla quale fornisce:

a =51 200

48 0 85 1600= 0 874 cm

× ×..

e, quindi, si ha: a' = 0.784 × 1.41 = 1.1 cm.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22122

Page 124: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1235. Unioni saldate

ESEMPIO N. 10

Il nodo d’angolo di un telaio è punto d’intersezione tra gli assi di un HE 160 B(montante) e di un HE 240 B (traverso). Entrambe le aste sono costituite daacciaio tipo Fe 430 (σ

adm =1900 kg/cm2). Si esclude la possibilità che lo sforzo

normale nel pilastro possa essere di trazione.Definire un giunto a flangia a totale ripristino nell’ipotesi che si voglia rea-

lizzare il nodo come mostrato in Fig. 5.19, poggiando, cioè, la trave sul pila-stro. Tra i due elementi collegati il più debole è chiaramente il pilastro, forma-to, come già detto, da un HE 160 B, che presenta le seguenti caratteristichegeometriche e inerziali:I

x=momento d’inerzia rispetto all’asse x baricentrico = 2492 cm4;

Wx=modulo di rispetto all’asse x baricentrico = 311 cm3;

S'x

=momento statico di mezza sezione rispetto all’asse x baricentrico = 177 cm3;s =spessore dell’anima = 0.8 cm.

Fig. 5.19

Dalla formula: maxσ = M

Wx

ponendo σmax

= σadm

, si può ricavare il massimo momento (Mmax

) che HE 160 Bpuò, con sicurezza, assorbire7:

HE160B

7 Il momento che si ricava ponendo σmax

= σadm

può, in perfetta analogia con quanto si fa nella statica delcemento armato ordinario, essere chiamato momento resistente della sezione e può definirsi come ilmassimo momento che la sezione può sopportare senza che venga ad essere superato - nel materiale dicui la sezione stessa è formata - il valore ammissibile della tensione (e cioè il valore σ

adm). È ovvio, allora,

che, se la sezione è soggetta ad un momento flettente pari al momento resistente della sezione si registreràσ

max = σ

adm. Tale momento resistente sarà denotato, nel testo, con la notazione M

max.

In base a quanto appena detto la sezione risulta verificata quando è soggetta a un momento flettente nonmaggiore di M

max, cioè per M ≤ M

max..

HE240B

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22123

Page 125: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

124 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

8 Per M = Mmax

e T = Tmax

, nei punti di attacco ala-anima, considerando la presenza dei raccordi si hanno leseguenti tensioni:

σ = × −( ) =590 900

24948 1 3 1588 696 2. . /kg cm

τ =× × −( )

× + ×( ) =12355 79 1 3 8 1 3 2

2494 0 8 1 5 2199 475 2. . . /

. .. /kg cm

E pertanto la verifica di sicurezza fornisce:

σ σ τid kg cm= + = + × =2 2 2 2 23 1588 696 3 199 475 1625 831. . . /Se si prescindesse dai raccordi ala-anima (e in tale ipotesi la lunghezza della corda, da inserire nellaformula di Jourawski, sarebbe pari a 0.8 cm) risulterebbe τ = 947.509 kg/cm2 e σ

id = 2284.135 kg/cm2

(più grande, dei 20% circa, rispetto all’ammissibile). Comunque il raccordo ala-anima c’è e se anche, daqualche parte, la σ

id superasse σ

adm certamente lo fa di poco consentendoci di ritenere M

max e T

max effetti-

vamente assorbibili, contemporaneamente, dal HE 160 B e di poter, con buona approssimazione, fareriferimento ad essi per definire un giunto a totale ripristino. Non vi è dubbio che, se avessimo scopi diricerca, sentiremmo l’esigenza di meglio valutare M

max e T

max (e, magari, di individuare molte coppie di

valori Mmax

e Tmax

che, coesistenti, riescano a rendere σid = σ

adm); ma, per il nostro esempio, immaginia-

mo di avere una finalità di natura, per così dire, professionale: immaginando di trovarci di fronte unnormale telaio e supponendo di sapere che le aste sono ben dimensionate (ma ignorando le caratteristichedi sollecitazione presenti al nodo) vogliamo semplicemente definire un giunto flangia in grado di assolve-re bene ai suoi compiti statici.

M = W = 1900 311 = 590 900 kg cmmax adm xσ × ×

Richiamiamo la ben nota espressione di Jourawski:

max'

τ = T SI s

x

x(e10.a)

(s è lo spessore dell’anima, mentre gli altri simboli che compaiono nella (e10.a)sono di ben noto significato).

Ponendo, nella (e10.a), τmax

= τadm

= σadm

/ 3 si può ricavare il taglio massi-mo che l’HE 160 B è in grado di sopportare:

max'

.

..T =

I s

3 S=

1900 2492 0 8

1 732 177= 12355 79 kgadm x

x

σ × ××

Allora il giunto da definire dev’essere in grado di trasmettere da un elemen-to all’altro uno sforzo di taglio T

max = 12 355.79 kg e un momento flettente8

pari a: Mmax

= 590 900 kg×cm.Occorre, innanzi tutto, verificare il collegamento saldato fra HE 160 B e la

flangia, che è formata da una lamiera d’acciaio di forma rettangolare, di di-mensioni cm 31 × cm 24 e di spessore cm 2 (più avanti, in ogni modo, laflangia sarà meglio definita nella sua morfologia).

Supponiamo che tale collegamento sia realizzato tramite 8 cordoni d’angolodisposti come mostrato in Fig. 5.20, con sezioni di gola larghe a = 15 mm (tali

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:22124

Page 126: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1255. Unioni saldate

sezioni risultano, nella stessa Fig. 5.20, ribaltate sul piano della giunzione).

La sezione resistente della saldatura presenta area complessiva pari a:

As = 2 l

1 a + 4 l

2 a + 2 l

3 a = 2 a (l

1 + 2 l

2 + l

3) =

= 2 × 1.5 × (16 + 2 × 2 + 10) = 90 cm2

Il momento d’inerzia, rispetto all’asse x, della sezione resistente della sal-datura, è pari a:

I 2 l a12

2 l ad + 4 l a12

+ 4l ad + 2l a12

166

+ 2 16 +2

32 1 5 5

1 5 6

4361 08 cm

x1

32

3

= + =

= × × × × × + × × × + × =

=

12

2 12 3

2

32

32

3

4

1 51 5 8 75

1 54 95

10.. .

.. .

.

.

Il taglio Tmax

fa destare, nelle sezioni di gola ribaltate, una distribuzionecostante di tensioni tangenziali τ, che valgano:

τ = TA

= 12 355 79

90 = 137 2 kg/ cm

s

2max .. 9 (e10.b)

Le τ date dalla (e.10.b) sono τ⊥, per i cordoni A e C mentre sono τ//, per i

cordoni B.Il momento M

max fa nascere, nei vari cordoni di saldatura, delle tensioni

normali:

Fig. 5.20

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23125

Page 127: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

126 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

σ⊥ = MI

yx

max

Vediamo, adesso, in dettaglio le tensioni che insorgono nei cordoni A, B eC effettuando le necessarie verifiche.- cordoni A:

×σ

τ

= M

I y =

590 9004361 08

9 5 = 1287 19 kg/ cm

= 137 2 kg/ cm

x

2

2

maxmax .

. .

. 9

(l’HE 160 B è alto - ed anche largo - 16 cm, per cui si ha ymax

= 16/2 + a = 8 +1.5 = 9.5 cm).

I cordoni A sono verificati perché si ha:

⊥ ⊥

τ σ σ

τ σ

σ σ

+ = 1424 4 kg/ cm < 0 85 = 1615 kg/ cm

= 137 2 kg/ cm < 0 7 = 1330 kg/ cm

= 1287 19 kg/ cm < 0 7 = 1330 kg/ cm

2adm

2

2adm

2

2adm

2

. .

. .

. .

8

9

- cordoni B: è superflua la loro verifica essendo meno sollecitati dei prece-denti (A) pur presentando lo stesso spessore di questi.

- cordoni C:Si ha:

σ

τ

⊥ ×= MI

l2

= 590 9004361 08

5 = 677 47 kg/ cm

= 137 2 kg/ cm

x

3 2

2

max

//

..

. 9

I cordoni C sono anch’essi verificati perché risulta:

⊥ =

=

2

2adm

2

+ = +

691 24 kg / cm < 0 7 = 1615 kg / cm

σ τ

σ// . .

. .

2 2 2677 47 137 29

Si può adesso procedere al calcolo di verifica della bullonatura che uniscela flangia al traverso.

La flangia saldata in testa al montante è collegata all’ala inferiore dell’HE240 B (che costituisce il traverso) mediante 8 bulloni φ 24 di classe 6.6 (τ

badm =

= σbadm

= 17 kg/mm2), disposti su due file nella maniera mostrata in Fig. 5.21(definita prestando attenzione a rendere agevole la manovra, di serraggio, deldado con la chiave).

Il taglio Tmax

esercita, in una sola sezione per ogni bullone, una forza ta-gliante pari a T

max/8 (perché 8 sono i bulloni, tutti dello stesso diametro).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23126

Page 128: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1275. Unioni saldate

Fig. 5.21

L’area della sezione retta di ogni bullone φ 24 è pari a:

ω πb2

4 4 52 cm= =.

.42

2

Nella sezione, del singolo bullone, sollecitata alla recisione la tensione tan-genziale vale:

τωb

b

2 = T8

= 12 355 798 4 52

= 341 7 kg/ cmmax .

..

× (e10.c)

È opportuno notare che, nel calcolare τb, abbiamo assunto come sezione

resistente quella del gambo e, quindi, ci siamo posti nell’ipotesi che il piano ditaglio non interessi la parte filettata del bullone. Naturalmente può accadereche il gambo sia filettato per tutta la sua lunghezza e, in quest’ipotesi, occorrecorreggere la (e10.c), sostituendo a ω

b la sezione resistente, più piccola di 4.52

cm2, onde tenere conto dell’indebolimento rappresentato dalla filettatura.Il momento M

max sollecita gli 8 bulloni a trazione.

Nell’ipotesi che la lamiera della flangia sia infinitamente rigida, l’asse neu-tro coincide con la retta x passante per il bordo interno della flangia (v. Fig.5.21). Il momento d’inerzia delle sezioni rette dei bulloni, rispetto a x va calco-lato prendendo come sezioni resistenti quelle delle viti e vale:

I = ( y + y + y + y ) =

= 2 ( ) = 1 cm

x res 12

22

32

422

3 844 4 13 3 19 7 29 0 932 182 2 2 2 4

ω

× × + + +. . . .

(ovviamente si è pensato che il passo della filettatura fosse p = 2 mm). Latensione di trazione massima - che si verifica nei bulloni a distanza y

4 = 29 cm

da x - vale:

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23127

Page 129: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

128 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

σmaxmax

xA=

MI

y =590 900

129 = kg/cm

0 932 1821567 49 2

..×

Risulta:2 2

341 7+ = 0 < 1

. ..

17001567 49

170089

(e10.d)

e pertanto la bullonatura è verificata.L’espressione (e 10.d) è quella che viene suggerita dalla normativa vigente e

dalla quasi totalità delle normative che, dal 1972 ad oggi, si sono susseguite.La normativa precedente (D.M. 14 febbraio 1992) a quella attuale c’impo-

neva di effettuare la verifica della nostra bullonatura utilizzando, invece che la(e10.d), quest’altra espressione:

σ σ τ

σid bmax b

badmkg cm kg cm

= + = + × =

= < =

2 2 2 2

2 2

2 1567 49 2 341 7

1640 29 1700

. .

. / /

e, nuovamente, il giunto risultava verificato9.Il giunto può presentarsi, in prospetto laterale, come disegnato in Fig. 5.19.

9 A proposito del succedersi di emanazioni di norme, è opportuno ricordare come il nostro Paese è condanna-to a passare da un eccesso all’altro. Le norme tecniche del ’39 (R. Decreto Legge 16 novembre 1939 -XVIII, n. 2228, Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18 aprile 1940) sono rimaste in vigore fino al1972.Il primo regolamento di norme tecniche italiane fu del gennaio 1907.Alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, i tecnici operativi chiedevano in coro l’emanazione dinuove norme tecniche, al passo coi tempi (giacché, effettivamente, quelle del ’39 risultavano oramai stantie,lacunose e del tutto inadeguate alla mutata realtà tecnica di quegli anni).Nel 1972 venne emanato un nuovo regolamento, accolto con un sospiro di sollievo. Si trattava effettivamen-te, di buone norme, che potevano aver bisogno solo di qualche correttivo.Purtroppo c’era un inghippo: l’art. 21 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, tuttora in vigore testualmenterecita: Il Ministro per i lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici e il Consiglio naziona-le delle ricerche, emanerà entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge e, successivamente, ognibiennio, le norme tecniche alle quali dovranno uniformarsi le costruzioni di cui alla presente legge. Quindi,anche se si individuassero eccellenti norme tecniche, in grado di durare un ventennio, il Ministro dei LL.PP.dovrebbe emanare nuove norme ogni due anni, se volesse rispettare la suddetta legge dello Stato.Perciò abbiamo avuto, dal ’72 ad oggi, la seguente raffica di Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione e ilcollaudo delle opere in cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche:1) D.M. 30 maggio 1972, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 22/7/1972;2) D.M. 16 giugno 1976, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14/8/1976;3) D.M. 26 marzo 1980, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 28/6/1980;4) D.M. 1 aprile 1983, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale”n. 224 del 17/8/1983;5) D.M. 27 luglio 1985, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17/5/1986;6) D.M. 14 febbraio 1992, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18/3/1992;7) D.M. 9 gennaio 1996, pubblicato sul Suppl. Ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5/2/1996.E non siamo nemmeno certi di averle elencate tutte! Siamo, allora, passati da una normativa (quella del ’39),che è durata oltre 30 anni, a normative che si susseguono, mediamente, ogni 3 anni (e meno male che variMinistri dei lavori pubblici non hanno preso alla lettera i dettami del richiamato art. 21 della Legge 1086/71,altrimenti avremmo avuto dodici normative, anziché sette).

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23128

Page 130: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1295. Unioni saldate

Non riusciamo, francamente, a comprendere la necessità di questo bombardamento normativo al qualesiamo stati - e continuiamo ad essere - sottoposti, lo scopo di questa iperproduzione di norme tecniche.Riteniamo sbagliata sia una ipoproduzione (una normativa ogni trent’anni), che una iperproduzione (unanormativa ogni due anni).Esprimendo un punto di vista del tutto personale crediamo che una normativa dovrebbe nascere con loscopo di durare almeno un decennio, non foss’altro che per consentire ai tecnici di assuefarsi ad essa, diconoscerla a fondo, di rintracciare subito una prescrizione che non si ricorda bene. E dovrebbe essere sosti-tuita quando se ne ravvisa l’assoluta necessità (a prescindere dalla sua data di nascita).Se, invero, si vanno a vedere le differenze tra una normativa e l’altra, tra le sette sopra elencate sovente siresta perplessi: si tratta, per lo più, di insignificanti differenze (che possono essere individuate solo con uncertosino lavoro di confronto tra i due testi).Tutto quanto detto in precedenza crea non poco disagio allo sventurato autore di un libro di Tecnica delleCostruzioni. Costui, mostrando come si effettua una verifica nel rispetto della normativa vigente, sa beneche esistono non poche probabilità che, quando il libro uscirà, la normativa sarà cambiata magari l’acciaiotipo Fe 360 si chiamerà acciaio tipo 1 oppure Fe 37 (per, poi, tornare nuovamente a chiamarsi Fe 360 in unanormativa successiva); una prescrizione contenuta in un certo punto avrà cambiato posto, un’altra sarà statatrasferita dalla normativa alle istruzioni, la verifica di una bullonatura che in tutte le normative dal ’72 all’85si effettuava col criterio di Gough e Pollard deve essere effettuata diversamente nel ’92 (poi, nel ’96, siritorna nuovamente al criterio precedente), ecc.

Le risultanti degli sforzi di trazione nelle varie file di bulloni a distanza yi (i =

1,2,3,4) da x, valgono:

4 4 resx

4 res

3x

3 res

2x

2 res

1x

1 res

R = 2 = 2 M

I y = 12 050 87 kg

R = 2 M

Iy = 8186 28 kg

R = 2 M

Iy = 5526 78 kg

R = 2 M

Iy 1662 19 kg

σ ω ω

ω

ω

ω

max

max

max

max

.

.

.

.=

La forza risultante delle trazioni, in tutti i bulloni, vale:

R = R = 12 050 87 + 8186 28 + 5526 78 +1662 19 = 27 426 12 kgi=1

4

i∑ . . . . .

Essa è applicata a distanza d2, dall’asse x, ricavabile applicando il teorema

di Varignon:

2i=1

4

i i

i=1

4

i

d =

R y

R

=12 050 29 + 8186 28 19 7 + 5526 78 13 3 +1662 19 4

27 426 12

= 21 545 cm

∑× × × × =. . . . .

.

.

Attesa l’ipotesi che la lamiera della flangia sia indeformabile (anche fuori

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23129

Page 131: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

130 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

del proprio piano), si può sostenere che Mmax

è equilibrato dalla coppia R d2,

esercitando il bordo della flangia dove è segnato l’asse x una compressionesull’estradosso del traverso (ovviamente lungo lo spigolo della flangia c’è daipotizzare un fenomeno di adattamento plastico del materiale).

Come controllo dei calcoli effettuati deve risultare:

R d2 = M

max

Si ha: 27 426.12 × 21.545 = 590 895.75 kg × cm

con uno scarto di appena 4.25 kg × cm, dovuto agli inevitabili (e piccoli) erroridi arrotondamento e di troncamento delle cifre decimali.

Per proporzionare la flangia si può ritenere che la parte di essa compresa tral’asse x e l’ala dell’HE 160 B (pilastro) funzioni a mensola. Ovviamente l’estre-mo libero di detta mensola coinciderà col bordo della flangia dove è stato se-gnato l’asse x (e dove si può ritenere applicata la forza R esercitata dal bordodella lamiera della flangia sull’estradosso del traverso). Una certa generositànel dimensionamento della lamiera della flangia è opportuna, perché bisognaessere coerenti con l’ipotesi fatta di lamiera infinitamente rigida.

Il momento nella sezione d’incastro della mensola in questione è pari a:

M = 27426 1233 16

2= 233122 02 kg cm. .× − ×

Grazie all’inserimento di una costola verticale saldata sia alla lamiera dellaflangia che all’ala dell’HE 160 B (v. Fig. 5.22), la sezione d’incastro oggettodella nostra verifica si presenta come mostrato in Fig. 5.23 (la costola di irrigi-dimento risulta complanare all’anima dell’HE 160 B).

Per tale sezione, con ovvio significato dei simboli, si ha:

A = 24 2 +11 2 = 70 cm

S = 24 2 14 + 2 /2 = 793 cm

y = SA

=793

70= 11 33cm

I = 24 212

+ 24 2 (3 67 1) + 2 1112

= 1320 1cm

W = Iy

=1320 1

11 33= 116 51 cm

x

Gx

x

32

3

xoxo

G

× ×

× × ×

× × × − × +

+ × × −( )

2

2 3

0

2 4

3

11

2 11 11 3 11 2

.

.

. / .

..

.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23130

Page 132: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1315. Unioni saldate

Pertanto la tensione massima nella nostra sezione d’incastro è pari a:

max.

..σ =

M

W=

233 122 02116 51

= 2000 8 kg/ cmxo

2

che certamente non è molto più grande dell’ammissibile (σadm

= 1900 kg/cm2).

flangia

montante HE 160 B

costolaverticale

Fig. 5.23

24 cm

11.33 cm

2

22

11

x

3.67

x’

Nelle illustrazioni si è fatto uso dei simboli grafici UNI relativi alla rap-presentazione schematica e convenzionale delle saldature e delle bullonaturenei disegni tecnici; in particolare, la lettera maiuscola E, posta affianco delsimbolo rappresentativo dei cordoni convessi d’angolo, in Fig. 5.21, sta a si-gnificare che la saldatura stessa è all’arco voltaico; mentre, nella stessa figura,quella sorta di bandierina situata vicino ad ogni bullone indica che i bullonisono sistemati al montaggio (la bandierina - che può essere inserita anche vici-no al simbolo rappresentante la saldatura - sta a significare, cioè, che il colle-gamento è da eseguirsi durante la messa in opera).

Per il calcolo della flangia - in alternativa al procedimento seguito, indub-biamente cautelativo - si potrebbe fare riferimento all’esempio n. 11, relativoal calcolo della piastra di base nel collegamento colonna-fondazione.

Fig. 5.22

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23131

Page 133: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

132 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Siamo convinti che se il giunto studiato venisse realizzato a perfetta regolad’arte, sarebbe senz’altro in grado di assolvere ai suoi compiti statici. Ritenia-mo, però, che sia possibile individuare e realizzare alcuni opportuni correttivi,finalizzati a rendere esteticamente più gradevole il collegamento studiato.

Il lettore che volesse semplicemente porsi in condizione di svolgere unacorretta progettazione strutturale, esecutiva, di una struttura in acciaio ha daeffettuare pochi, opportuni approfondimenti, anche senza fare riferimento allavasta produzione scientifica sui giunti a flangia; potrebbe, ad esempio, riper-correre l’iter di calcolo seguito nello svolgimento del presente esempio nume-rico rimuovendo l’ipotesi di flangia rigida (ma non conviene, comunque, adot-tare flange sottili) e dimensionare meglio la flangia (magari evitando l’inseri-mento di rinforzi e rendendo, così, il giunto più semplice e, probabilmente,esteticamente più gradevole).

Ben diverse possono essere le operazioni di approfondimento conducibilidal lettore che avesse obiettivi che vanno al di là della progettazione strutturalecorrente.

Ad esempio, nella pratica professionale, il calcolo dei telai in acciaio viene,quasi sempre, condotto nell’ipotesi ideale di nodi cerniera o di nodi incastro;ma le prove sperimentali effettuate hanno dimostrato che i nodi cerniera posso-no realizzare un grado di continuità flessionale significativa e quelli rigidi (nodiincastro) possono presentare una deformabilità non trascurabile. Una direzionedi approfondimento può essere quella di raccogliere curve sperimentali mo-mento-rotazione di giunti flangiati (allo scopo di capire quali scelte operare peravvicinarsi di più ai nodi cerniera e ai nodi incastri, in accordo con lo schemastatico assunto, considerato che, allo stato attuale, mancano strumenti di calco-lo di telai a nodi semi-rigidi per la pratica progettuale quotidiana).

Comunque, anche dall’approfondimento teorico possono scaturire preziosisuggerimenti pratici. È stato, ad esempio, osservato che il comportamento dut-tile o fragile di un giunto a flangia è sensibilmente influenzato dal coefficientedi filettatura, dato dal rapporto tra la lunghezza della parte filettata e quellatotale del gambo attivo del bullone, risultando i bulloni a filettatura totale ingrado di garantire un comportamento duttile del giunto, anche se comportanouna sua rapida perdita di efficienza (v. l’articolo di Piazza e Turrini sul n. 3/1986 di Costruzioni Metalliche e relativa bibliografia).

Notiamo, anche, la validità di alcune regolette empiriche, come quella, adesempio, di fissare lo spessore della flangia pari al diametro dei bulloni utiliz-zati (nel nostro caso, per rispettare tale suggerimento, avremmo dovuto fissarelo spessore della flangia intorno ai 24 mm). Naturalmente, tali regolette sonoconsigli, dettati dall’esperienza, che possono consentirci di effettuare un pri-mo dimensionamento, da controllare con attenzione successivamente.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23132

Page 134: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1335. Unioni saldate

ESEMPIO N. 11

La mensola di Fig. 5.24 è formata da un piatto (UNI 6014-67) 150 × 25 ed ècaricata - nei pressi dell’estremo libero - da una forza verticale di 7 t. Il piattoè in acciaio tipo Fe 360 (σ

adm = 1600 kg/cm2). Il collegamento è formato da due

cordoni d’angolo orizzontali e da uno verticale. Il nostro scopo è di verificareil giunto saldato e i dati necessari sono tutti riportati in Fig. 5.24.

Effettueremo la verifica in due modi diversi, entrambi adottabili nella pra-tica tecnica. Essendo il lato del triangolo isoscele iscritto nel cordone pari ad a'= 12 mm, l’altezza della sezione di gola è a = a'2 / 2 = 8.485 mm ≅ 8.5 mm= 0.85 cm. Ribaltiamo tutte le sezioni di gola sul piano verticale e iniziamo coldeterminare le caratteristiche geometriche e inerziali del collegamento. Conovvio significato dei simboli, si ha:

A cm= × + × × =0 85 15 2 18 0 85 43 35 2. . .

S cmy ′ = × + × × × +( ) =15 0 852

2 0 85 18 9 0 85 306 832

3.. . .

′ = = =′yS

AcmG

y 306 83

43 357 08

.

..

′′ = − =y cmG 7 078 0 85 6 23. . .

I

cm

x = × + × × + × × × +( ) =

=

0 85 15

122

18 0 85

122 0 85 18 7 5 0 42

2162 76

3 32

4

. .. . .

.

I

cm

y = × + × × +( ) + × × +

+ × × × −( ) =

15 0 85

1215 0 85 6 23 0 42 2

0 85 18

12

2 0 85 18 9 6 23 1626 44

32

3

2 4

.. . .

.

. . .

Fig. 5.24

200 cm

180 mm

8,5 mm

25

12 mmF = 7t

150

mm

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23133

Page 135: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

134 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 5.25

I I I cmp x y= + = + =2162 76 1626 44 3789 2 4. . .

α = =arc tan

..

.11 778 35

54 65o

r cm= + =11 77 8 35 14 432 2. . .

Giova osservare la Fig. 5.25

Trasportando la forza F = 7000 kg nel baricentro G della saldatura si ha chela sezione resistente (sezioni di gola ribaltate sul piano verticale) è soggetta adun taglio T = F = 7000 kg e da un momento torcente M = 7000 × (20 + 11.77)= 222 404 kg × cm.

Per effettuare la verifica della saldatura - in una prima maniera - possiamoporci nel punto P (che è quello più sollecitato) e trovare la tensione tangenzia-le, in detto punto, dovuta al momento torcente M:

τ = = × =M

Ir kg cm

p

222 404

3789 214 43 847 13 2

.. . / (e11.a)

La τ data dalla (e11.a) può essere scomposta in una componente orizzonta-le (τM

//) e in una verticale (τM

⊥):

τ τ α// cos . cos . . /M kg cm= = × =847 13 54 65 490 11 2o

τ τ α⊥ = = × =M sin sin kg cm847 13 54 65 690 96 2. . . /o(e11.b)

y’ y

6.23 11.77 cm

15 c

m

G

α

0.85

18 cm

0.85

7.5

8.35

P

r = 14.43 cm

τ

x

τM⊥

τM//

τ

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:23134

Page 136: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1355. Unioni saldate

Il taglio T = F produce tensioni τ⊥ (nei cordoni orizzontali e, quindi, anchenel punto P, in cui stiamo effettuando la verifica) che valgono:

τ⊥ = = =T TA

kg cm700043 35

161 48 2

.. / (e11.c)

Le due τ⊥ date dalla seconda delle (e11.b) e dalla (e11.c) possono esseresommate:

τ τ τ⊥ ⊥ ⊥= + = + =M T kg cm690 96 161 48 852 44 2. . . / (e11.d)

La τ⊥ data dalla (e11.c) può essere sommata vettorialmente alla τ// data dal-

la prima delle (e11.b) ottenendo la τR risultante nel punto P:

τ

σR

admkg cm kg cm

= + =

= < =

852 44 490 11

983 29 0 85 1360

2 2

2 2

. .

. / . /

La verifica ha fornito esito positivo.Un altro modo di procedere nella verifica del nostro giunto saldato consiste

nel ritenere che il cordone verticale assorba il taglio T = F = 7 t mentre i duecordoni orizzontali si fanno carico di assorbire il momento torcente M che,questa volta, scaturisce dal trasporto di F nel baricentro del cordone verticale:M = 7000 × (20 + 18 + 0.425) = 268 975 kg × cm. In questo modo, nel cordoneverticale, si ha:

τ σ// .. / .=

×= <7000

0 85 15549 02 0 852kg cm adm

e nei cordoni orizzontali si ha:

τ σ// . .. / .=

× ×= <268975

0 85 18 15 851109 15 0 852kg cm adm

Sia con l’uno sia con l’altro modo di procedere il giunto saldato risultaverificato.

Entrambi i metodi, come già detto, possono essere utilizzati nella pratica tecni-ca. Il primo metodo è noto come dello J polare e il secondo delle due forze.

L’esempio numerico appena svolto serve anche a mostrare al lettore come,in molti casi della pratica tecnica, il progettista abbia di fronte a se varie possi-bilità di condurre la verifica di un giunto saldato. Non solo accade spesso chebisogna scegliere fra varie, possibili soluzioni tecniche per realizzare un colle-gamento, ma si deve optare fra questo o quel modo di procedere nei calcoli.

imp. Perrone 1-5 7-04-2032, 9:24135

Page 137: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37136

Page 138: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

137

6. COLLEGAMENTO PILASTRO-FONDAZIONE

6.1. Generalità

Le fondazioni - com’è noto - sono gli organi di trasmissione al terreno dellesollecitazioni presenti ai piedi dei pilastri (o, in genere, delle strutture portantiverticali: muri, setti, piloni, ecc.).

In Fig. 6.1a è riportato un giunto di base che potrebbe assimilarsi ad unacerniera, pur essendoci altre soluzioni che più si avvicinano alla cerniera teori-ca (è chiaro che la cerniera senza attrito è pressoché impossibile a realizzarsi).

In Fig. 6.1b è rappresentato il più comune collegamento colonna-fondazione,nell’ipotesi che si voglia creare, come vincolo esterno, un incastro.

In Fig. 6.2 è proposta la veduta assonometrica di due basi di colonne, chepotrebbero consentire d’ipotizzare una cerniera e un incastro.

È possibile ammettere la presenza di una cerniera anche quando il collega-mento è sufficientemente duttile (cioè consente grandi rotazioni senza perderele sue capacità di resistenza).

Ritorneremo in seguito sull’argomento; ma, comunque, già abbiamo avutooccasione di precisare che, nella realtà, si rinuncia a realizzare esattamente ivincoli considerati nello schema statico di calcolo, accontentandosi di avvici-narsi - quanto più è possibile - ad essi.

Fig. 6.1

a) b)

pilastro

nervature

lastra

plintoin c.a.

piastra di base

colonna incernierataalla base

colonna incastrataalla base

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37137

Page 139: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

138 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Un elemento di collegamento fra la colonna e il plinto di fondazione è costi-tuito da una piastra d’acciaio sufficientemente rigida (eventualmente nervatamediante costole d’irrigidimento), saldata alla faccia inferiore della colonna.

La piastra di base è forata, in maniera da essere attraversata da tondini d’ac-ciaio (detti tirafondi) fuoriuscenti dal plinto (in c.a.) e provvisti di estremitàsuperiori filettate, così da poter avvitare dei dadi (ed, eventualmente, dei con-trodadi). I tirafondi vanno, ovviamente, annegati nel plinto di calcestruzzo peruna lunghezza sufficiente ad impedire qualsiasi fenomeno di sfilamento (sonosovente provvisti di uncini terminali o, comunque, di dispositivi atti a miglio-rare l’aderenza col calcestruzzo circostante) mentre le estremità filettate, comegià detto, servono all’inserimento dei dadi e controdadi che solidarizzano lapiastra al plinto di fondazione1.

La piastra metallica serve a trasferire le sollecitazioni, dalla colonna - costi-tuita da un materiale (l’acciaio) che presenta una tensione ammissibile dell’or-dine di grandezza di migliaia di kg/cm2 - al plinto, costituito da un altro mate-riale (il conglomerato cementizio) la cui tensione ammissibile è di decine dikg/cm2.

Si può avere il caso limite di colonna sollecitata a sforzo normale semplice(N) di trazione (il plinto dovrà, allora, essere dimensionato in modo che partedel suo peso proprio equilibri N e i tirafondi, evidentemente, saranno tutti sol-lecitati a trazione). Qui di seguito ci occuperemo, quindi, della verifica dellasezione di contatto piastra-plinto e della verifica della piastra d’acciaio. Suidispositivi atti ad esaltare l’aderenza tra i tirafondi e il blocco di calcestruzzonel quale sono inseriti, diremo qualcos’altro più avanti.

1Nella pratica tecnica, sovente, si vedono controdadi più bassi dei dadi. Volendo dare credito agli esperti(POMINI, Costruzione di macchine), ciò non è corretto perché, dopo il serraggio, il dado reagisce sulcontrodado, che si trova, così, a sopportare le reazioni delle parti unite e del dado.

Fig. 6.2

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37138

Page 140: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1396. Collegamento pilastro-fondazione

6.2. Verifica della sezione di contatto piastra-plinto di fondazione

Quando, al piede del pilastro, è presente esclusivamente uno sforzo normale dicompressione (e, in tal caso, evidentemente, è nulla l’eccentricità: e = M/N =0) la piastra metallica di base trasmetterà, al sottostante elemento in calce-struzzo, una distribuzione costante di pressione (v. Fig. 6.3):

σ = N

b H (6.2.1)

La sezione di contatto plinto - piastra metallica sarà verificata se risulterà:

σ ≤ σcam

dove σcam è la tensione normale ammissibile del cls. (σcam = 60 + (Rbk - 150)/4, in kg/cm2).

Se al piede del pilastro - oltre allo sforzo normale N - è presente anche unmomento flettente M (e, conseguentemente, l’eccentricità e = M/N non sarà nul-la) la verifica della sezione di contatto piastra-plinto non differisce sostanzial-mente da quella delle sezioni in c.a. sollecitate da sforzo normale eccentrico.

In particolare, per la pressoflessione, si ricorda che vengono distinti due casi:

1) centro di pressione interno al nocciolo centrale d’inerzia della sezione dicontatto piastra-plinto (e ≤ H/6) (Fig. 6.4).

Fig. 6.3

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37139

Page 141: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

140 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

In tale ipotesi la sezione d’impronta sul calcestruzzo sarà interamente com-pressa (e, quindi, interamente reagente). Detta A = bH l’area di tale sezione eWx il suo modulo di resistenza (rispetto all’asse baricentrico normale all’assedi sollecitazione), la pressione massima, esercitata dalla piastra d’acciaio sulplinto di calcestruzzo, sarà data dalla nota formula:

maxσ = NA

+ M

W =

Nb H

1 + 6 eHx

(6.2.2)

La sezione sarà verificata se si ha:

σmax ≤ σcam

dove σcam è, ovviamente, la tensione ammissibile del cls. costituente il plinto(e di cui già si è detto poc’anzi).

Fig. 6.4

In quest’ipotesi ai tirafondi può essere affidato solo il compito di assorbireun eventuale sforzo di taglio presente al piede del pilastro perché, evidente-mente, essi non sono in grado di assorbire sforzi di compressione, ma solo ditrazione (a meno che - ma ciò non lo abbiamo mai osservato - gli stessi tirafon-di non fossero solidarizzati alla piastra di base, ad esempio mediante cordonidi saldatura).

Anche se i tirafondi non sono destinati a lavorare (perché il pilastro trasfe-

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37140

Page 142: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1416. Collegamento pilastro-fondazione

risce all’elemento di fondazione uno sforzo normale con eccentricità nulla otrascurabile), essi vanno ugualmente previsti. Sarebbe, infatti, curioso osser-vare la piastra di base, di una colonna, semplicemente appoggiata su un plintodi fondazione.

2) centro di pressione esterno al nocciolo centrale d’inerzia della sezione dicontatto piastra-plinto (Fig. 6.5).

In tale ipotesi la sezione di base della piastra sarà parzialmente compressa(e, quindi, parzialmente reagente).

L’asse neutro (antipolare del centro di pressione rispetto all’ellisse centraled’inerzia della sezione reagente) dividerà la sezione in due parti: una compres-sa e l’altra tesa. Le trazioni saranno assorbite dai tirafondi situati in zona tesa(quelli in zona compressa, come già rilevato, non lavorano per quant’attienel’assorbimento di M ed N presenti al piede del pilastro). Il calcolo di verificaviene condotto in maniera perfettamente analoga a quello della sezione in c.a.soggetta a pressoflessione (senza dimenticare che, come già detto, risultanoinefficaci i tirafondi situati in zona compressa).

Facilmente deducibile è il caso in cui lo sforzo normale N è di trazione (laverifica viene condotta in maniera non molto dissimile da quella delle sezioniin c.a. soggette a tensoflessione).

Fig. 6.5

e

N

σf/n

σmax

yn

yb

x

hH

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37141

Page 143: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

142 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

6.3. Verifica della piastra metallica

La piastra metallica deve presentare caratteristiche di rigidezza tali da assicu-rare la ripartizione lineare delle pressioni sull’elemento di calcestruzzo (tale,cioè, da ritenerla piana a deformazione avvenuta).

Generalmente il calcolo di verifica viene condotto considerando una stri-scia (preferibilmente di larghezza unitaria) di piastra - ovviamente nella zonapiù sollecitata - ritenendola incastrata a filo della colonna e caricata dal bassoverso l’alto, dalle pressioni di contatto acciaio-calcestruzzo.

Più aderente alla realtà sarebbe un calcolo dei vari campi della piastra me-tallica (eventualmente definiti dalle costole d’irrigidimento) utilizzando unodei metodi della teoria delle piastre (ad esempio quello delle differenze finite).

Più avanti sarà sviluppato, in maniera completa, un esempio numerico chedovrebbe ben chiarire quanto sopra.

6.4. Lunghezze d’ancoraggio dei tirafondi

Le lunghezze d’ancoraggio dei tirafondi si stabiliscono imponendo che le ten-sioni tangenziali di aderenza, che insorgono lungo il tratto λ di ancoraggio,non superino il valore regolamentare ammissibile:

τ αadmbk = 4 +

R 15075−

(6.4.1)

dove, com’è noto,α assume il valore 1.5 se il tirafondo presenta una superficielaterale liscia e 3 se presenta una superficie provvista di risalti o asperità (chepotrebbero essere, ad arte, create da noi; immaginiamo, ad esempio, di avvol-gere ad elica, intorno al tirafondo, un tondino di piccolo diametro, ben fissatocon un sufficiente numero di punti di saldatura al tirafondo stesso oppure ado-perando dei tondi ad aderenza migliorata).

In altre parole, nulla di veramente nuovo c’è da dire rispetto a quanto giàstudiato, nella statica del c.a.o., a proposito della determinazione delle lun-ghezze d’ancoraggio dei ferri d’armatura.

Detto Nb lo sforzo di trazione nel tirafondo - di diametro φ - che s’intendeassicurare al basamento di conglomerato cementizio armato, la lunghezza d’an-coraggio λ dev’essere almeno pari a:

λτ φ π

= N b

adm(6.4.2)

con τadm ovviamente, data dalla (6.4.1).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37142

Page 144: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1436. Collegamento pilastro-fondazione

Se la lunghezza d’ancoraggio fornita dalla (6.4.2) fosse giudicata, dal pro-gettista delle strutture, eccessiva (o tale da rendere problematico l’annegamen-to dello stesso tirafondo nel plinto in c.a.), diventa necessario adottare qualcheprovvedimento che limiti l’ancoraggio stesso.

Si potrebbe, ad esempio, saldare una rosetta all’estremità del tirafondo chedeve restare annegata nel blocco di cls., in maniera tale che parte dello sforzodi trazione del tirafondo stesso possa essere trasmesso all’elemento di cls. percontatto (è chiaro che, in casi particolari, potrebbero essere saldate al tirafondopiù rosette, purché ben distanziate l’una dall’altra).

Si faccia riferimento alla Fig. 6.6.

Detta τadm la tensione tangenziale ammissibile di aderenza e σcam quella,normale, ammissibile del cls. di cui il plinto di fondazione è costituito, deverisultare:

τ φ π λ σ π φadm cam b + 4

(d ) N2 2− ≥ (6.4.3)

dove:φ = diametro del tirafondod = diametro della rosetta

La rosetta può essere pensata come una piastra anulare incastrata lungo il

Fig. 6.6

tirafondo

rosetta

Nb

λ

s

d

ø

P

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37143

Page 145: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

144 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

contorno interno (dove è realizzato il cordone di saldatura che la unisce allabarra verticale) e soggetta ad una distribuzione costante di pressioni (evidente-mente esercitate dal cls. sulla rondella), agenti dall’alto verso il basso.

Dalla teoria delle lastre si sa che il momento massimo, all’incastro dellapiastra anulare, vale:

Mmax = p d 2 β (6.4.4)dove:

β α α α αα α

= 5 25 1 9375 +1 25 + 0 6875

42 + 22 . log . . .4 4 2

4 2

−(6.4.5)

con α = d/φ.Il momento Mmax è riferito a una striscia radiale di larghezza unitaria e di

spessore s - da determinarsi - e quindi di modulo di resistenza Wx = l s2/6.Lo spessore della rosetta dev’essere almeno pari a:

s dp

dp

adm adm

= =6 βσ

ξσ (6.4.6)

dove, in base a quanto detto in precedenza, non può che essere:

ξ α α α αα α

= 31 5 11 625 + 7 5 + 4 125

42 + 22 . log . . .4 4 2

4 2

− (6.4.7)

Il coefficiente ξ può essere attinto dalla seguente tabella 1, in funzione diα = d/φ.

Ovviamente per ridurre la lunghezza d’ancoraggio dei tirafondi non esistesolo l’accorgimento della rosetta saldata all’estremità, ma numerosi altri: tira-fondi a uncino con barrotto inferiore trasversale, tirafondi con testa a martello(Fig. 6.7), ecc. (per eventuali approfondimenti si rimanda al paragrafo 7.4.5.4.Tirafondi, pagg. 339-343 del testo: Giulio Ballio e Federico M. Mazzolani,Strutture in acciaio, Ed. Ulrico Hoepli, 1987).

Concludiamo la serie degli esempi sui collegamenti colonna-fondazionemostrando, per curiosità, un elemento di fondazione tipico di un edificio altoin acciaio: in Fig. 6.8 è riportato il collegamento di base di un pilastro di unadelle torri gemelle del World Trade Center di New York.

Non si tratta di una soluzione innovativa.Molti altri grattacieli, con struttura in acciaio, presentano analoghi elementi

di collegamento con le fondazioni.L’elemento di passaggio tra la base della colonna e le fondazioni è costitu-

ito da una catasta di travi a doppio T, collegate tra loro e poste su più strati inmaniera che vi sia perpendicolarità tra gli assi dei doppi T appartenenti a ungenerico strato e quelli del livello inferiore e/o superiore.

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37144

Page 146: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1456. Collegamento pilastro-fondazione

Fig. 6.7

Tabella 6.1

α ξ α ξ

1.25 0.0337664 5.75 1.02438

1.5 0.10227 6 1.05669

1.75 0.180786 6.25 1.0877

2 0.259831 6.5 1.11749

2.25 0.335775 6.75 1.14616

2.5 0.407376 7 1.17378

2.75 0.474387 7.25 1.20044

3 0.536975 7.5 1.22618

3.25 0.595462 7.75 1.25107

3.5 0.650215 8 1.27517

3.75 0.701593 8.25 1.29853

4 0.749928 8.5 1.32118

4.25 0.795521 8.75 1.34316

4.5 0.838637 9 1.36453

4.75 0.879512 9.25 1.3853

5 0.918351 9.5 1.40552

5.25 0.955338 9.75 1.4252

5.5 0.990632 10 1.44438

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37145

Page 147: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

146 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 6.8

Lo scopo, evidentemente, è sempre quello di distribuire su una superficiepiù ampia le sollecitazioni presenti al piede dei pilastri (gli elementi di fonda-zione, in c.a., adempiono a un compito analogo: trasferire al terreno, tramiteun ulteriore allargamento delle superfici di contatto, le stesse forze, che si sa-ranno incrementate a causa del peso proprio delle fondazioni stesse). Nel casodelle torri gemelle di New York si è effettuato, per realizzare le fondazioni, unoscavo di 440 000 m3, per raggiungere la roccia a 22.5 m di profondità2.

ESEMPIO N. 12

Un pilastro, formato da un HE 160 B, è sollecitato, al piede, da uno sforzo nor-male (di compressione) N = 17 250 kg e da un momento flettente M = 492 000kg × cm. Progettare il collegamento colonna-fondazione, assegnate le seguentitensioni ammissibili, relative ai materiali che s’intendono utilizzare nella costru-zione:σb,adm = 1400 kg/cm2 (bulloni Classe 4.6)σcam = 85 kg/cm2 (cls. Classe Rbk = 250 kg/cm2)σadm = 1900 kg/cm2 (acciaio tipo Fe 430)

L’HE 160 B presenta le seguenti caratteristiche geometriche e inerziali:A = area della sezione retta = 54.3 cm2

Wx= modulo di resistenza rispetto all’asse x baricentrico = 311 cm3

È opportuno effettuare, innanzi tutto, una verifica a pressoflessione del-l’HE 160 B, per vedere se esso è in grado di sopportare con sicurezza le solle-

2 Questo libro è stato scritto prima dell’11 settembre 2001, prima cioé dell’apocalisse che ha distrutto due trale più grandi opere dell’Ingegneria Civile ed ha provocato migliaia di vittime; nell’andare in stampa, ab-biamo comunque deciso di lasciare il riferimento come modestissimo contributo alla memoria.

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Page 148: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1476. Collegamento pilastro-fondazione

citazioni presenti alla base della colonna:

σ

σ

admx

2adm

2

= NA

+ MW

= 1725054 3

+ 492 000

311 =

= 1899 67 kg / cm = 1900 kg / cm

.

. ≅

Si può adesso verificare la sezione di contatto fra piastra metallica e plintoin c.a.

La piastra d’acciaio saldata al piede del montante è rettangolare in pianta,con base b = 380 mm e altezza H = 360 mm (v. Fig. 6.9). Per i tirafondi siutilizzeranno bulloni φ 27, della Classe 4.6.

Fig. 6.9

Si rimanda alla Fig. 6.9 per attingere ulteriori informazioni utili ad effettua-re il calcolo. Tale calcolo di verifica è lo stesso della sezione pressoinflessa inc.a. (si è preferito, per una maggiore chiarezza d’esposizione, ridisegnare, inFig. 6.10, la sezione oggetto della nostra verifica, con relativo diagramma del-le tensioni normali).

Nel caso in esame l’eccentricità (e) è pari a:

e = M

N =

492 000

17250 = 28 52 cm.

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37147

Page 149: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

148 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

che certamente è maggiore del raggio del nocciolo della sezione di contattopiastra-plinto (w = 60/6 = 10 cm) e corrisponde a un caso, come si usa dire, diforte eccentricità. Il centro di pressione X, addirittura, cade fuori della sezioneda verificare e, quindi, a maggior ragione è fuori del nocciolo centrale d’iner-zia della sezione stessa, che, com’è noto, si parzializzerà; risulterà, cioè, inparte tesa e in parte compressa (e dovrebbe essere superfluo precisare che letrazioni saranno assorbite dai due tirafondi che capitano in zona tesa, come sipuò vedere in Fig. 6.10).

Fig. 6.10

Pertanto, per localizzare l’asse neutro (per determinare, cioè, la distanza yndal bordo compresso all’asse neutro) bisogna far uso della nota equazione diterzo grado:

n3

n f n fy + 3c y +6 n

bA (c + h) y

6n b

A h (c + h) = 02 − (e12.a)

che, come si ricorderà dalla statica del c.a., scaturisce da un’equazione di equi-librio alla rotazione, della sezione, scritta rispetto a una retta parallela all’asseneutro - la cui direzione è nota - e passante per il centro di pressione X.

Nel nostro caso i valori numerici da inserire nella (e12.a) sono i seguenti:

c = distanza dal centro di pressione X al bordo compresso = e - H/2 = 10.52 cmn = coefficiente di omogeneizzazione = 15b = base della sezione da verificare = 38 cmAf= area realizzata da due tirafondi φ 27 = 11.45 cm2

h = altezza utile = H - 5 cm = 36 - 5 = 31 cm

Dunque la (e12.a) diventa:

n3

n2

ny + 31 56 y +1125 957y 34 904 662 = 0. . .−

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Page 150: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1496. Collegamento pilastro-fondazione

che ammette radice yn = 17.55 cm.La pressione massima, esercitata dalla piastra metallica di base sul sotto-

stante plinto in c.a., vale:

σ

σ

cmaxn

fn

n

cam

Nb y

2n A

h y

y

17 250

3817 55

215 11 45

31 17 55

17 55

85 394 kg/cm = 85 kg/cm

=− − =

=× − × × − =

= ≈

..

.

.

. 2 2

Inoltre si ha:

f cmaxn

n

bam

= n h y

y = 15 85 394

31 17 55

17 55

= 981 02 kg/cm < = 1400 kg/cm

σ σ

σ

− × × −.

.

.

. 2 2

Lo sforzo di trazione in un tirafondo è pari a:

N = 981 022

43 14 = 5616 89 kgb .

.. .× ×72

Immaginando che la filettatura dei nostri tirafondi sia di passo p = 3 mm, latensione di trazione nell’area netta del bullone - quella depurata della filettatu-ra - vale:

bb

resbam = N =

5616 894 594

= 1222 6 kg/cm < σω

σ.

.. 6 2

(ωres = 4.594 cm2 = 0.802 ωb è, appunto, l’area resistente di un bullone φ 27passo 3 mm, come si può riscontrare dalla tabella 3.1).

Si può, a questo punto, anche calcolare la lunghezza d’ancoraggio dei tira-fondi all’interno del plinto in c.a., ritenendo cautelativamente che ci si trovi inpresenza di un tondo liscio senza alcun dispositivo in grado di aumentare l’ade-renza acciaio-cls.

Si ha:

λτ φ π

= N1 5

= 5616 89

1 5 5 3 2 7 3 14 = 83 3 cmb

co..

. . . ..

× × ×4

che si arrotondano a 85 cm (i tirafondi potrebbero, in alternativa, essere forma-ti da barre tonde lisce φ 28 di acciaio tipo Fe B 32 k, ovviamente filettate

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37149

Page 151: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

150 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 6.11

all’estremità per consentire il serraggio con dado e controdado). Si può fareriferimento alla Fig. 6.11.

Se gli 85 cm di lunghezza d’ancoraggio fossero giudicati un po’ troppi (tali,ad esempio, da creare problemi per l’inserimento dei tirafondi stessi all’inter-no del plinto in c.a.) si può studiare, in alternativa, un tipo d’ancoraggio conrosetta terminale saldata.

Vediamo come si procederebbe nei calcoli.Per la rosetta si può pensare a un disco di acciaio, di diametro pari a d = 70

mm, provvisto di un foro centrale di 29 mm di diametro (in maniera tale chepossa essere agevolmente attraversato dal nostro bullone φ 27 e, poi, ad essosaldato), di spessore s da determinarsi.

Ricordando che il plinto è formato da cls. classe Rbk = 250 kg/cm2 (e, quin-di, la tensione normale ammissibile è pari a σcam = 85 kg/cm2) la rosetta inquestione è in grado di assorbire, per contatto col cls., un’aliquota di Nb pari:

N = 4

d = 853 14

4 2

= 2783 kg

b cam2 2

12 27 7

1

σπ φ−( ) × × −( ) =.

.

.

Ne consegue che per aderenza dev’essere assorbita la parte restante di Nb:Nb2 = Nb - Nb1 = 6516.89 - 2783.1 = 2833.79 kg. Pertanto si ha:

λτ φ π

= N

=2833 79

1 5 5 3 2 7 3 14= 42 044 cmb2

dam

.. . . .

.× × ×

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37150

Page 152: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1516. Collegamento pilastro-fondazione

Resta da stabilire lo spessore s che la rosetta deve presentare.Si ha: α = d / φ = 7/2.7 = 2.59.Si può, prudenzialmente, prendere dalla tabella 6.3.1. il valore di ξ corri-

spondente a α = 2.75 (ξ = 0.474, mentre il valore esatto, calcolato tramite la(6.4.7), sarebbe ξ = 0.432727).

Si ha:

s = d p

= 7 85 0 474

1900 = 1 019 cm

adm

ξσ

× ..

(pensando che la rosetta sia formata da acciaio con tensione ammissibile pari a1900 kg/cm2).

La rosetta, in conclusione, dovrebbe essere di spessore pari a s = 10 mm e iltirafondo si presenterebbe come disegnato in Fig. 6.12.

Ricapitolando brevemente, a questo punto risultano convincenti: le dimen-sioni della piastra metallica di base, il diametro e il numero di tirafondi, la lun-ghezza d’ancoraggio dei tirafondi stessi all’interno del plinto di fondazione.

Restano, adesso, da definire il collegamento saldato colonna-piastra di basee lo spessore delle costole di irrigidimento della piastra stessa (e, poi, disegna-re il tutto definendo qualche ulteriore particolare costruttivo).

Si ritiene di poter saldare l’HE alla piastra tramite otto cordoni d’angolo,

Fig. 6.12

λ = 420 mms = 10 mmø = 27 mmd = 70 mm

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37151

Page 153: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

152 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

aventi sezione di gola pari a 12 mm e posizionati come mostrato in Fig. 6.9(all’atto pratico potrebbe risultare più semplice unificare i cordoni latistantil’anima e l’interno delle ali).

Immaginiamo di ribaltare le varie sezioni di gola sul piano della piastra dibase.

La sezione resistente della saldatura vale:

A = 2 × 16 × 1.2 + 4 × 6 × 1.2 + 2 × 1.2 × 10 = 91.2 cm2

Il momento d’inerzia delle sezioni di gola ribaltate sul piano del collega-mento, rispetto all’asse x0 baricentrico, vale:

xo

3

I = 2 16112

+ 2 1 2 16 8 + 4 6 112

+

= 4 7 1 2 6 + 2 1 2 1012

= 4274 0 cm

× × × × × × ×

× × × × ×

.. .

.

. . . .

25

2

2 5

22

2

2 4

Il modulo di resistenza della sezione resistente della saldatura vale:

xoxo

W = Iy

=4274 0

9 2= 464 57 cm

max

..

.5 3

e, in definitiva, la tensione normale massima vale:

σ σ⊥

×

=17 250

91 2 +

492 000

464 57 = 1248 1 kg/cm < 0 7 =

= 0 7 1900 = 1330 kg/cm

adm. .

. .

.

9 2

2

Determiniamo, adesso, lo spessore che la piastra deve presentare. Appros-simativamente e a vantaggio di statica si può ipotizzare che la striscia di pia-stra ABCD di Fig. 6.9 (che risulta larga 10 cm, pari alla distanza dal bordocompresso della piastra all’ala dell’HE 160 B) si comporti come una trave sudue appoggi - corrispondenti alle due nervature d’irrigidimento - soggetta adun carico distribuito agente dal basso verso l’alto e scaturente dalla pressionemedia esercitata dal cls. del plinto. Lo schema statico è riportato in Fig. 6.13.

Le pressioni in corrispondenza del bordo AB della piastra sono quelle mas-sime già calcolate (σcmax = 85.394 kg/cm2). La pressione a livello della cordaCD può facilmente ricavarsi dal diagramma delle σ di Fig. 6.10 in base allaseguente similitudine fra triangoli:

σ σ17 55 10

cmax

. .−=

17 55

dalla quale si ricava: σ = 36.75 kg/cm2.

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:37152

Page 154: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1536. Collegamento pilastro-fondazione

La pressione media - sulla striscia ABCD - risulta pari a:

mcmax=

+2

=85 39 + 36 75

2= 61 072 kg/cm 61 1 kg/cmσ σ σ . .

. .2 2≅

e, conseguentemente, il carico uniformemente distribuito che può pensarsi agen-te sulla trave di Fig. 6.13 è pari a:

q = 611 kg/cm

il momento massimo si verifica su uno dei due appoggi e vale:

M = 611 10

2 = 33681 37 kg cmmax

× ×..

52

La sezione della trave è rettangolare, di base b = 10 cm e di altezza s dadeterminarsi. Si ha:

xW = b s

6

2

e, com’è noto:

σmaxmax

x

max = M

W =

6 M

b s2

Ponendo σmax = σadm = 1900 kg/cm2 si può ricavare lo spessore s dellapiastra di base:

s = 6 M

b =

6 33 681 37

10 1900 = 3 26 cmmax

admσ×

×.

.

Si assume s = 3 cm (o, meglio, s = 30 mm, visto che nei disegni esecutividelle strutture di acciaio le quote vanno espresse in millimetri). Ovviamente siè operato, per s un lieve arrotondamento per difetto.

Fig. 6.13

q = 611 kg/cm

10.5 17 cm 10.5

Mmax M

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38153

Page 155: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

154 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Resta adesso da effettuare una verifica delle nervature di irrigidimento del-la piastra di base. Abbiamo già visto in precedenza che la pressione massima,esercitata dalla piastra di base sul sottostante plinto in c.a., è pari a σcmax =85.394 kg/cm2 e che l’asse neutro della sezione di contatto piastra-plinto distadal bordo compresso di yn = 17.55 cm.

Per verificare la lamiera nervata si può ritenere che le due parti ABCD eA’B’C’D’ (comprese tra i due bordi della piastra perpendicolari al piano disollecitazione e le ali delle HE) funzionino a mensola e siano soggette a taglio(pari a R1 e a R2) e a momento (pari a R1d1 e a R2d2).

Le due mensole in questione aggettano, rispetto all’HE, di l = 10 cm. R1 è larisultante delle compressioni esercitate dal plinto sulla superficie rettangolareABCD. Pertanto - ricordando che σ è la tensione a livello della corda CD - R1vale:

1cmaxR +

2bl

85 39 + 36 75

238 10 23207 36 kg= = × × =

σ σ . ..

La distanza d1 può essere determinata applicando il teorema di Varignon:

1

2

max

1d =

b l2

+ ( ) b l

2 2

3 l

R =

= 36 75 38 /2 + (85 39 36 75) 38 /3

23207 36 =

= 5 66 cm

σ σ σ−

× × − × ×. . .

.

.

10 102 2

La risultante degli sforzi di trazione nei due tirafondi è R2=2Nb =11 223.78 kg.Ricordiamo che lo spessore della lamiera di base è stato già prima definito (s =3 cm). Occorre adesso fissare l’altezza e lo spessore delle nervature di irrigidi-mento, determinare le caratteristiche geometriche e inerziali delle sezioni d’in-castro di dette due mensole e, infine, procedere alle verifiche (ovviamente pren-deremo in esame la mensola più sollecitata, estendendo anche all’altra menso-la i risultati che troveremo per quella più sollecitata). Si ha:

R1 d1 = 23 207.36 × 5.66 = 131 440.73 kg×cm

R2 d2 = 11 233.78 × 5 = 56 168.75 kg×cm

Quindi la mensola più sollecitata è la ABCD, situata dalla parte delle com-pressioni (e a questa mensola faremo riferimento nel proseguimento dei calcoli).

La sezione d’incastro della mensola ABCD è disegnata in Fig. 6.14. Pertale sezione si ha:

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38154

Page 156: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1556. Collegamento pilastro-fondazione

A 38 3 + 2 1 12 138 cm

S 38 152

(38 2 1) 122

1683 cm

y SA

1683138

12 19 cm e H y 2 80 cm

I 38 153

(38 2 1) 123

22 014 cm

I I A y 22 014 138 12 1490 91 cm

WIy

x

2 2

Gx

G

x

3 3

xo x G2

xox

G

= × × × =

= × − − × × =

= = = − =

= × − − × × =

= − = − × =

=

2

3

4

2 419

. .

. .

== =

= = = =

1490 9112 19

122 2 cm

MW

R d

W

131440 73

122 21075 1 kg/cm

xo

1 1

xo

..

.

.

..max

max

6

63

3

La σmax è risultata considerevolmente inferiore all’ammissibile (σadm = 1900kg/cm2), ma bisogna ancora vedere quanto vale la tensione tangenziale massi-ma dovuta al taglio R1.

Si può, approssimativamente, ritenere che il taglio R1 sia assorbito dalledue nervature, avendosi come tensione tangenziale media il valore:

m1R

2 s h23 207 362 1 12

966 97 kg/cmτ = =× ×

=.. 2

che risulta inferiore a τadm = σadm/= 1900 / 1.73 = 1096.96 kg/cm2.Se si calcola la τmax - dovuta al taglio R1 - utilizzando la formula di Jou-

rawski si determina un valore lievemente superiore (di 60.5 kg/cm2) all’am-missibile, cosa che potrebbe essere tollerata o alla quale porre rimedio ispes-sendo leggermente le costole di irrigidimento. Infatti la τmax - che si verificasulla corda baricentrica - vale:

τmaxx

x

T SI b

= 0

0

Fig. 6.14

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38155

Page 157: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

156 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

dove:T = taglio sollecitante la sezione d’incastro della mensola = R1 = 23 207.36 kg;Sx0 = momento statico, rispetto all’asse x0, di una delle due parti in cui lo stessoasse divide la sezione = 2 s y/2 = 148.72 cm3;Ix0 = momento d’inerzia, rispetto all’asse x0, dell’intera sezione = 1490.91 cm4

b = lunghezza della corda = 2s = 2 cm.Sostituendo i valori numerici testé elencati si ottiene:

τmax23 207 36 148 7

1490 91 21157 46 kg/cm= ×

×=. .

..

2 2

Non resta, a questo punto, che disegnare il collegamento definito3.È opportuno far presente che è necessario, nell’ipotesi che il giunto di base

non sia accessibile per manutenzione, evitare infiltrazioni d’acqua fra pilastroe cls., zona particolarmente esposta al pericolo di corrosione del metallo. Saràallora il caso di ricorrere a un’efficace guarnizione, ad esempio tramite masti-ce plastico.

In Fig. 6.15 è proposta una visione assonometrica del giunto di base.

3 Il lettore che desiderasse degli esempi di come va disegnata una carpenteria metallica potrebbe consultarela seguente opera: Particolari costruttivi di strutture in acciaio, edito dalla CISIA - Centro Italiano Svi-luppo Impieghi Acciaio, Gennaio 1984, che si sviluppa in 5 volumi: Vol. I: Edilizia Civile, Vol. II: Ponti,Vol. III: Edilizia Industriale, Vol. IV: Trasporti - Stoccaggio, Vol. V: Strutture Spaziali.

Fig. 6.15

Fra piastra di base e plinto è presente uno strato di malta di livellamento,praticamente imposto dal punto 7.12. - intitolato Appoggio delle piastre di base

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38156

Page 158: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1576. Collegamento pilastro-fondazione

- della vigente normativa, il quale testualmente recita: È necessario curare chela piastra di base degli apparecchi di appoggio delle colonne appoggi per tuttala sua superficie sulla sottostruttura attraverso un letto di malta.

Il lettore avrà notato che abbiamo condotto i calcoli, finalizzati a proporzio-nare il giunto di base, con una certa disinvoltura, effettuando arrotondamenti(anche per difetto) e tollerando qualche insignificante superamento delle ten-sioni ammissibili (di circa il 5%, in un solo caso). Non pensiamo di aver sba-gliato, convinti che il progettista delle strutture debba avere una certa autono-mia di decisione. Qualche kg/cm2 in più o in meno, di una tensione dell’acciaio,non deve farci trascorrere notti insonni. Lo stesso dicasi per un millimetro inpiù o in meno nello spessore di una flangia o un centimetro in più o in menonella lunghezza di un tirafondo e via dicendo. Né saremmo d’accordo a compli-carci l’esistenza, nella pratica professionale, per adottare metodi di calcolo piùraffinati (la piastra metallica saldata al piede del pilastro, ad esempio, potevaessere calcolata in base alla teoria delle piastre, ma il calcolo si sarebbe appe-santito). È importante che il progettista delle strutture riesca ad avere una visio-ne chiara del fenomeno resistivo, che colga bene l’ordine di grandezza dei para-metri in gioco e che acquisisca, alla fine, il convincimento che tutto quantoprogettato possa effettivamente essere realizzato, funzionando a dovere.

Il giunto di base di Fig. 6.15 potrebbe essere realizzato così come è statodefinito. Si possono, però, sempre individuare alcuni interventi migliorativi: lapiastra metallica potrebbe essere lievemente ingrandita (rendendola, ad esem-pio, quadrata 380 × 380 mm2), le costole d’irrigidimento potrebbero essere unpo’ accentuate (magari rendendole di altezza 15 cm, anziché 12 cm), si potreb-bero prevedere quattro dadi e una contropiastra al di sotto della flangia perconsentire agevolmente - durante il montaggio - di regolare la perfetta vertica-lità del pilastro, ecc. Forse è più giusto preoccuparsi dell’esecuzione a perfettaregola d’arte: fori trapanati, cordoni di saldatura eseguiti con gli elettrodi piùidonei e da maestranze esperte, ineccepibile montaggio (curando la verticalitàdel pilastro), adeguata protezione del pezzo dall’ossidazione e successiva cor-rosione del metallo (tramite, ad esempio, zincatura a caldo), protezione delleestremità filettate dei tirafondi, anche con semplice scotch, durante il getto deiplinto di fondazione (onde non imbrattarli e successivamente consentire, ri-muovendo lo scotch, l’avvitamento comodo dei dadi e controdadi), controlliradiografici delle saldature, ecc. Ovviamente, il progettista delle strutture - al-lorché elaborerà i grafici che andranno in mano ai tecnici esecutori dell’opera estenderà una relazione di calcolo - potrà evidenziare tutti i dettagli che reputeràopportuno e suggerire o raccomandare quanto stimerà necessario (controllo degliorgani di unione, parti da realizzare in officina o in opera, ecc.).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38157

Page 159: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

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Page 160: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

159

7. APPOGGI ED ARTICOLAZIONI PER CONTATTO

In precedenza si è accennato al fatto che, nella pratica realizzazione di unastruttura, spesso si rinuncia ad eseguire pienamente i vincoli considerati nelloschema statico di calcolo. Ciò perché risulta, alla prova dei fatti, impossibilerealizzare il vincolo teorico, senza attrito.

Si è sostenuto, ad esempio, che il giunto di base di Fig. 6.1a fosse assimila-bile a una cerniera.

Certamente, nella maniera illustrata in Fig. 6.1a, non si è ottenuta la cernie-ra teorica, cioè un vincolo che impedisca le traslazioni, orizzontale e verticale,della sezione di base della colonna, consentendone liberamente le rotazioni.

Piuttosto vi è una condizione di vincolo intermedia fra l’incastro perfetto el’appoggio doppio; ma ci si avvicina di più a quest’ultimo, potendosi ritenereche il collegamento ammetta modeste rotazioni, seppure ipotizzando qualcheplasticizzazione di piccole zone di materiale.

Più avanti mostreremo una soluzione migliore.Si rinuncia sovente ad avvicinarsi molto ai vincoli teorici sostanzialmente

per due motivi ben precisi:1) ciò complicherebbe la pratica esecuzione del manufatto, rendendola sensi-

bilmente più costosa;2) generalmente non ha molta importanza realizzare rigorosamente i vincoli

teorici, ma basta avvicinarsi ad essi.Comunque, però, bisogna tendere, nella maniera più semplice possibile (che,

quasi sempre, è quella che salvaguarda la continuità strutturale), a riprodurrenella realtà i vincoli considerati nelle schematizzazioni assunte.

Chiarificatore, a questo punto, può essere l’esempio delle strutture reticola-ri a nodi cerniera.

Al fine di avvicinarsi il più possibile alla realizzazione delle cerniere teori-che, si fa in modo che gli assi baricentrici delle aste confluiscano in un mede-simo punto.

E, se possibile, non ci accontentiamo di ciò: facciamo in modo che anchegli assi dei collegamenti (bullonati, chiodati o saldati) - detti assi di truschi-naggio - convergano nel punto in cui è stata pensata la cerniera teorica. Natu-ralmente, gli assi delle varie aste devono giacere su uno stesso piano (e nonstendersi su rette sghembe).

Osservati gli accorgimenti suddetti, potremmo, francamente, dire di averrealizzato la cerniera teorica? Certamente no, perché le rotazioni relative delleaste non sono liberamente consentite, ma, comunque, ci siamo avvicinati pa-recchio ad una condizione di vincolo assimilabile alla cerniera.

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38159

Page 161: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

160 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Accade, però, che in alcune situazioni particolari (ad esempio: nei ponti, nelletravature di grossa luce che devono liberamente variare di lunghezza per effetto divariazioni termiche, ecc.) diventa importante realizzare condizioni di vincolo ilpiù vicino possibile a quelle ipotizzate negli schemi statici assunti per il calcolo.

Il più classico esempio è quello dell’appoggio su rulli, posto all’estremitàdi una trave (o di una capriata), allo scopo di realizzare un carrello. È interes-sante notare che formalmente questo dispositivo può ricordare il simbolo colquale viene indicato il carrello (v. Fig. 7.1, dove è rappresentato un classicoappoggio mobile per ponte di acciaio).

Fig. 7.1

Quanto appena detto non vale, evidentemente, solo per le strutture metalli-che; anche per le travi in c.a.p. non poche volte c’è il problema di realizzareappoggi fissi (in grado di reagire anche con forze orizzontali) e appoggi scor-revoli (carrelli), quasi sempre allo scopo di consentire le variazioni di lunghez-za conseguenti a variazioni termiche. È noto, infatti, che l’impedire ad unatrave di allungarsi ed accorciarsi liberamente per effetto di un + o - ∆t, fainsorgere uno sforzo normale indesiderato, che potrebbe anche far superare ilvalore ammissibile delle tensioni (se la trave fosse molto lunga e il salto termi-co molto forte).

Per ottenere l’appoggio scorrevole, nelle travi in c.a.p., frequentemente sicrea un cuscino d’appoggio, formato da strati alternati di neoprene (che è unagomma artificiale piuttosto dura) e lamierino metallico.

Se viene ben dimensionato lo spessore di detto cuscino, si realizza una con-dizione di vincolo praticamente assimilabile al carrello.

Evidentemente anche per le travi d’acciaio potrebbe adottarsi questa solu-zione (anche se, come vedremo, esistono possibilità migliori).

Nelle travi da ponte, in acciaio, in c.a.p., in sistema misto acciaio-calcestruzzosovente si vedono realizzate condizioni di vincolo che non lasciano dubbi suquale sia stato lo schema statico che il progettista ha adottato per il calcolo.

Il lettore che volesse saperne di più sugli appoggi di neoprene può fareriferimento alla circolare C.N.R.-UNI (Consiglio Nazionale delle Ricerche -

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38160

Page 162: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1617. Appoggi ed articolazioni per contatto

Ente Nazionale Italiano d’Unificazione) 10018-72 intitolata: Appoggi di gom-ma nelle costruzioni. Istruzioni per il calcolo e l’impiego (B.U. N. 21 del 25luglio 1971).

Per il resto si ritiene qui sufficiente riportare integralmente il punto 5.6.delle Norme Tecniche C.N.R. 10011-85 (aprile 1985), il quale fornisce suffi-cienti informazioni su come effettuare le verifiche - con le formule di Hertz -di appoggi su rulli e su sfere, nonché sulle cerniere a perno.

5.6. Apparecchi di appoggio e cerniere5.6.1. GeneralitàTutti gli elementi degli apparecchi di appoggio, in particolare le piastre, devonoessere proporzionati per gli sforzi normali di flessione e taglio cui sono sottopo-sti; l’apparecchio di appoggio deve mantenere la sua funzionalità per valoridelle componenti di spostamento e/o di rotazione pari a quelli valutati agli statilimite ultimi oppure a 1.5 volte quelli determinati applicando il metodo delletensioni ammissibili.5.6.2. Appoggi metallici fissi e scorrevoli5.6.2.1. Le parti degli apparecchi di appoggio che trasmettono pressioni percontatto devono essere eseguite con acciaio fuso FeG 520 UNI 3158 o fucinato,oppure mediante saldatura di elementi di acciaio.5.6.2.2. Le pressioni di contatto si calcolano a mezzo formule di Hertz, riportatenel prospetto 5-III per i casi di più corrente impiego.5.6.2.3. La pressione di contatto deve risultare:

Stati limite Tensioni ammissibili

per contatto puntiforme σ ≤ 5.5 fd σ ≤ 5.5 σadm

per contatto lineare σ ≤ 4.0 fd σ ≤ 5.5 σadm

per contatto superficiale mediante piastre di limitata estensione rispetto σ ≤ 1.35 fd σ ≤ 1.35 σadm alle dimensioni dell’elemento strutturale

5.6.2.4. Gli apparecchi d’appoggio mobili di acciaio devono essere provvisti didispositivi di guida, allo scopo di garantire il loro corretto movimento, e di di-spositivi di arresto qualora il caso lo richieda.5.6.3. Cerniere a perno5.6.3.1. Le cerniere devono essere conformate in modo da contenere la sollecita-zione a flessione del perno.La lunghezza del perno deve essere tale da offrire completo appoggio a tutte leparti collegate.I perni devono essere mantenuti in modo opportuno nella posizione prevista.Nelle staffe delle cerniere soggette a trazione, le sezioni resistenti diametrali,rispettivamente normale e parallela allo sforzo di trazione, devono rispettare lelimitazioni seguenti (fig. 5.6.).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38161

Page 163: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

162 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig 5.6

Stati limite 2 b t ≥ 1.4 F/fdt a ≥ F/fd

Tensioni ammissibili 2 b t ≥ 1.4 F/σadmt a ≥ F/σadm

Lo spessore t di regola non deve essere minore di 12 mm né maggiore di 50 mm;deve inoltre:

b

t8≤

5.6.3.2. I perni delle cerniere devono essere proporzionati in base alle massimesollecitazioni di taglio e flessione.L’area portante A del perno viene valutata come prodotto del diametro d per lasommatoria degli spessori Σ t degli elementi resistenti di una staffa (fig. 5.7),cioè:

A = d Σ t

Fig. 5.7

La tensione sul contorno del foro, riferita alla proiezione diametrale della su-perficie cilindrica interessata dall’area predetta deve essere tale da rispettare lalimitazione seguente:

Stati limite σrif ≤ 1.35 fd

Tensioni ammissibili σrif ≤ 1.35 σadm

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:38162

Page 164: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1637. Appoggi ed articolazioni per contatto

5.6.4. Appoggi di gommaPer questo tipo di appoggi, vedere CNR 10018.5.6.5 Appoggi e cerniere di altri tipi Dispositivi di vincolo diversi dai precedenti,come quelli a strisciamento comprendenti fogli a base di resina politera-fluoroeti-lenica, possono essere impiegati, purché ne sia dimostrata l’idoneità.

Per gli appoggi su rulli o su sfere le pressioni di contatto si determinano,come accennato in precedenza, con le formule di Hertz, riportate nel prospettoin Fig 7.2.

Fig. 7.2

Forma e numerodelle superfici di contatto

Pressione di contatto

Contattolineare

dilunghezza

b

Contattopuntuale

P = carico totale sull’appoggio E = modulo di elasticità normale dei materiali a contatto

(n = numero dei rulli)

σ l E Pr r

r r b= −

0 18 2 1

1 2

.

r

r2

1

2≥(per )

σ lE P

r b= 0 18.

σ lE P

r b= 0 2

2

.

σ lE P

n r b= 0 24.

σp

E P r r

r r=

−( )0 06 22 1

2

12

22

3.

σpE P

r= 0 06 2

23

.

r1

r2

r

r

r

r1

r2

r

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Page 165: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

164 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Per qualche approfondimento sull’argomento si possono consultare le pagg.77÷ 98 del testo di F. Masi, Costruzioni metalliche, Ed. Hoepli, 19311.

È opportuno precisare che per appoggio semplice intendiamo riferirci aquel vincolo semplice che, in Statica, si chiamava carrello (quel vincolo chepermette le rotazioni e le traslazioni secondo il piano di scorrimento del carrel-lo stesso), per appoggio doppio o appoggio fisso intendiamo la cerniera, cioèquel vincolo che, come si ricorderà, è un vincolo doppio, che consente solo lerotazioni. Quando, nella pratica professionale, si parla di appoggio non è inu-tile precisare se s’intende riferirsi ad un appoggio semplice (carrello) o doppio(cerniera).

Nel Cap. 6 si è mostrato un giunto di base (quello di Fig. 6.1a) che potevaessere assimilato ad una cerniera, ma si è accennato che, nella pratica tecnica,è possibile avvicinarsi di più alla cerniera teorica. Adesso abbiamo gli elemen-ti per comprendere quest’affermazione.

Le Figg. 7.3 e 7.4 mostrano esempi di cerniera esterna ed interna (in strut-ture d’acciaio). Effettivamente ci si accosta molto al vincolo teorico e potrem-mo anche sostenere di averlo realizzato (ovviamente non ci troviamo di frontea vincoli lisci).

Fig. 7.3

1 Il fatto che si sia consigliato un testo risalente a 70 anni fa non deve meravigliare perché alla finedell’Ottocento e all’inizio del Novecento abbastanza diffuse erano le costruzioni metalliche che pre-sentavano collegamenti articolati (alcuni dei quali, particolarmente interessanti - come, ad esempio, lecerniere degli archi della vecchia stazione di Milano - sono illustrati nel libro di Masi appena citato).Naturalmente, il linguaggio architettonico odierno ci porterà a progettare soluzioni diverse, ancorchéispirate agli stessi criteri statici.

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Page 166: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1657. Appoggi ed articolazioni per contatto

Fig. 7.4

La Fig. 7.3 potrebbe rappresentare la cerniera d’imposta di un grosso tralic-cio o di un arco a tre cerniere, l’articolazione avviene tramite un perno impedi-to di abbandonare la sua sede tramite due coppiglie. Sia la piastra di base (chepotremmo immaginare fissata ad un plinto di c.a. mediante tirafondi), sia lacontropiastra saldata all’estremità di due aste appartenenti alla struttura, sonoconvenientemente nervate e potrebbero essere ritenute indeformabili.

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167

8. L’EFFETTO LEVA

Nelle unioni bullonate - a semplice o a doppia flangia, simmetriche o eccentri-che - può accadere che i bulloni non siano semplicemente tesi, ma che sianosoggetti anche a flessioni indesiderate e che le trazioni nei bulloni riescano adessere più grandi di quelle determinabili in base all’ipotesi di flange infinita-mente rigide. Il motivo è da ricercarsi, innanzi tutto, nel modesto spessore deipiatti, in relazione al diametro dei bulloni. Naturalmente, tali fenomeni esigo-no che sia effettuata una più attenta verifica del giunto, specialmente quando lospessore dei piatti è contenuto, se non, addirittura, esiguo.

In Fig. 8.la è rappresentato un giunto a doppia flangia, con due bullonisollecitati a trazione. Tali bulloni, entrambi di diametro d, sono simmetrica-mente disposti rispetto all’asse (z) del tirante e i piatti sono di spessore s ade-guato (immaginiamo, per fissare le idee, che sia s > d ).

In quest’ipotesi è lecito ritenere le flange indeformabili, anche se - evidente-mente e come si è cercato dimostrare in Fig. 8.1b - le flange subiranno delledeformazioni flessionali, che, comunque, si manterranno piccole rispetto agliallungamenti dei bulloni. Pertanto la forza F, che sollecita la coppia di bulloni,

Fig. 8.1

a)

b)

c)

a

as

1

a

as

1

z

s

d

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168 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

sarà assorbita metà da un bullone e metà dall’altro, come mostrato in Fig. 8.1c.Per la verifica delle flange occorrerà fare riferimento al momento Nb a = F a / 2.

Se s’immaginano i piatti indeformabili, si ricavano gli esatti sforzi di tra-zione nei due bulloni (F/2) e il momento flettente che appena si è detto, cheserve ad effettuare la verifica dei piatti.

Immaginiamo, adesso, di modificare lo spessore s dei piatti, lasciando inal-terato tutto il resto: il diametro d dei bulloni, lo sforzo normale F sollecitante iltirante, le quote a e c (Fig. 8.2a).

Riducendo s, ad un certo punto, per s < d ed applicando le due forze F ditrazione, si registra la deformazione di Fig. 8.2b e si ha il cosiddetto effettoleva. Il singolo bullone è tensoinflesso e si sviluppano due forze Q di contatto,tra piastra e piastra.

Le forze Q sono le risultanti delle pressioni di contatto tra i due piatti epresentano lo stesso verso di F (Fig. 8.2c); la deformazione di una flangia,risultando le fibre tese non sempre dalla stessa parte, mostra che il diagrammadel momento (relativo alla flangia stessa) è intrecciato.

Evidentemente deve sussistere l’equilibrio alla traslazione secondo l’asse(direzione dello sforzo) e, con riferimento alla Fig. 8.2c, si può scrivere:

Fig. 8.2

a)

b)

c)

c

a

a

c

s1

c

a

a

c

s1

z

d

s

sezione ①

sezione ➁

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Page 170: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1698. L’effetto leva

2 Nb – 2 Q – F = 0 (8.1)

da cui:Nb = F/2 + Q (8.2)

Cioè si registra - rispetto al caso precedentemente esaminato, in cui era Nb =F/2 - un incremento delle trazioni negli organi d’unione (ed ecco abbiamo sem-pre raccomandato, nei capitoli precedenti, di stabilire con una certa generosità lospessore delle flange, specialmente quando si verifica la bullonatura con l’ipote-si semplificativa iniziale di flange indeformabili).

Per la verifica della flangia occorre fare riferimento ai momenti:

M1 = Nb a – Q (a + c1)

M2 = Q c1(8.3)

M1 si verifica nella sezione À, a filo tirante e M2 sull’asse del bullone (se-zione Á), da considerarsi, ovviamente, al netto del foro.

Al ridursi di s oppure al crescere di d (potremmo dire, allora, al crescere delrapporto d/s, ammettendo che possano, contemporaneamente, ridursi s e incre-mentarsi d) si perviene alla situazione illustrata in Fig. 8.3a. In questo caso,applicando le forze F, non c’è distacco delle flange fino alle rondelle sottostan-ti i dadi e le teste dei bulloni. C’è, invece, una deformazione flessionale (chericorda quella di una trave perfettamente incastrata alle due estremità) nellazona, dei piatti, delimitata dai due bulloni. Se il rapporto d/s fosse grande, leforze di contatto Q si avvicinerebbero parecchio agli assi dei bulloni, fino aquando il rapporto d/s non diventa talmente grande che le forze Q si portanosugli assi dei bulloni e la porzione di flangia compresa tra i due bulloni sicomporta come una trave (o, per meglio dire, una piastra) perfettamente inca-strata alle estremità. Ovviamente, al ridursi del rapporto d/s, le forze di contat-to Q si allontanano dagli assi dei bulloni fino a passare al caso di Fig. 8.2 e, poi,ad uscire di scena (caso di Fig. 8.1).

Ritornando all’esame del caso illustrato in Fig. 8.3, certamente si può affer-mare che le due forze Q presentano, adesso, una distanza c, minore rispetto alcaso di Fig. 8.2. Le relazioni (8.2) e (8.3) restano valide (non consideriamo ilcaso, poco realistico, di rapporti d/s altissimi e bulloni fortemente precaricati).

Le prove sperimentali effettuate hanno evidenziato che il comportamentodei giunti di cui ci stiamo occupando è condizionato dai rapporti d/s e a/d.

Nella pratica tecnica i casi limite non sono mai raggiunti perché è buonanorma - alla quale è doveroso e utile uniformarsi - che il rapporto d/s nonscenda mai al di sotto dell’unità e il rapporto a/d a 1.5 (anche per non rendereproblematiche le operazioni di serraggio dei bulloni). Per non dire che, non dirado, le flange si irrobustiscono con piatti di rinforzo (il che ci autorizza a

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170 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

considerare deformate del tipo di Fig. 8.1).

È possibile continuare a calcolare le bullonature trascurando la deformabilitàdelle flange e le flessioni parassite nei gambi dei bulloni, ma si dovrà stabilire lospessore delle flange con generosità (ed, eventualmente, nervarle con costolesaldate) per coerenza con l’ipotesi posta alla base del calcolo (piatti indeforma-bili). Naturalmente si incrementerà, moderatamente, il diametro dei bulloni senon si è certi che lo spessore delle piastre sia tale da evitare l’effetto leva. Chia-ramente non bisogna dimenticare che più cresce il diametro dei bulloni più gran-di saranno i fori, da praticare nei piatti, e le forature nei pezzi rappresentanosempre degli indebolimenti. Sarà, allora, necessario ponderare bene le decisioni,rispettando le prescrizioni regolamentari e, molto spesso, disegnando con preci-sione il giunto (per rendersi ben conto di come esso si presenta e adottare tuttiquei correttivi che, eventualmente, si reputassero necessari).

Riportiamo qualche ulteriore informazione.La Fig. 8.4 serve a chiarire cosa esprimano le grandezze l, m ed e; mentre n

è da assumersi pari ad e, ma, in ogni caso, non deve superare il valore 1.25 m.Per chiarire le informazioni riportate nella tabella 8.1 occorre dire che Mpl indicail momento plastico della sezione retta della flangia, del tipo Mpl = σs b h2/4

Fig. 8.3

a)

b)

c)

c

a

a

c

s1

c1

a

a

c1

s1

z

d

s

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1718. L’effetto leva

(sezione rettangolare, di base b = l e altezza h = tf ; fermo restando le cautele chevanno adottate quando l è grande e i bulloni sono pochi). Nella prima colonnadella tabella 8.1 sono riportati i tre possibili modi di collasso dell’elemento a T.La forza Bt rappresenta il tiro massimo del generico singolo bullone (e, ovvia-mente, ΣB è la risultante dei tiri ammessi per tutti i bulloni).

Fig. 8.4

Il Modo 1 corrisponde al caso di Fig. 8.3, il Modo 2 a quello di Fig. 8.2 e ilModo 3 alla situazione descritta in Fig. 8.1.

La flangia può essere riguardata come due mensole, soggette a certe forze.Nel Modo 1 ogni mensola è soggetta a due forze: FI/2+Q e Q. Anche nel

Modo 2 ognuna delle due mensole è soggetta a due forze (Q e ΣBt/2), mentrenel Modo 3 la singola mensola è caricata da una sola forza (ΣBt/2). In parolepovere, nel Modo 2 si ha un meccanismo di collasso completo: ognuna delle duemensole cede per formazione di una cerniera plastica all’incastro.

Nel Modo 1, formandosi più cerniere plastiche del necessario, avremo unmeccanismo di collasso più che completo (Mpl si verifica sia nelle sezioni in-castrate a filo tirante che nelle sezioni sull’asse dei bulloni, considerate al nettodei fori).

Nel Modo 3 cedono i bulloni (mentre, ovviamente, l’ala sarebbe in grado di

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172 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Tabella 8.1

sopportare carichi maggiori, rispetto a quelli che hanno mandato in crisi gliorgani di unione).

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1738. L’effetto leva

Le espressioni di Ft contenute nella seconda colonna della tabella 8.1 si rica-vano in base a banali considerazioni sull’equilibrio. Potremmo anche concluderedicendo che la trazione massima assorbibile dall’anima è pari al più piccolo tra itre Ft determinabili come appena detto (ovviamente va introdotto un coefficientedi sicurezza adeguato). Naturalmente, nel calcolo di Mpl occorre fissare la basedella sezione con oculatezza (e cioè la minore dimensione tra l e una larghezzacollaborante, leff, ricavabile ipotizzando una diffusione, delle trazioni nei bulloniverso le sezioni incastrate delle mensole, più o meno pari a 45°).

Riteniamo di aver raggiunto lo scopo che ci eravamo prefissi: dire in cosaconsista l’effetto leva e fornire dei suggerimenti al lettore che volesse evitareincrementi di sforzo nei bulloni, conseguenti a particolari geometrie del colle-gamento1.

1 Per eventuali approfondimenti si può consultare l’Eurocodice N. 3 (interessa il punto 6.5.9. e l’allegato J)e il libro di Ballio e Mazzolani più volte citato (in particolare andrebbero consultate le sezioni 7.3.4 Giuntiflangiati simmetrici e 7.3.5 Giunti flangiati eccentrici, pagg. 308÷321).

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175

9. LE TRAVATURE RETICOLARI

9.1 Generalità

Le travature reticolari sono strutture costituite da aste collegate tra loro tramitenodi cerniera. Esistono, però, anche travature reticolari con nodi incastro, ilcui calcolo non si differenzia da quello dei telai (purché si utilizzi un metodo dirisoluzione – come quello matriciale – che non pone ipotesi semplificativeiniziali sulla deformabilità a sforzo normale delle aste).

Esistono travature reticolari piane e spaziali. Quando tutti i nodi sono situa-ti nel piano della struttura (quello sul quale giacciono gli assi delle varie aste)ed anche i carichi agiscono in tale piano, siamo nel caso di travature reticolaripiane.

Esempi di travature reticolari non mancano nella storia dell’Architettura.La capriata della basilica di S. Paolo fuori le Mura, a Roma (che non è, arigore, una vera e propria struttura tralicciata – per la presenza di maglie nontriangolari – ma che, tuttavia, è un significativo esempio) è una delle pochestrutture lignee, poste a copertura delle basiliche paleocristiane, giunta sin quasiai nostri giorni e risale all’anno 816 (la basilica fu ricostruita interamente, nelsecolo scorso, dopo essere stata distrutta da un incendio). In Fig. 9.1 è rappre-sentata la basilica di S. Agnese (Roma).

Fig. 9.1

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176 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Villard de Honnecourt (Architetto del XIII secolo) ha disegnato schemitralicciati lignei, certamente in grado di provare, se non altro, l’intuizione nonrecente di tali strutture, anche nelle forme non proprio elementari; mentre idisegni di ponte di Andrea Palladio (Padova 1508 – Vicenza 1580), contenutinel terzo dei Quattro libri dell’Architettura, non lasciano dubbi sul fatto chealcuni schemi di strutture reticolari (passati, poi, alla storia della Tecnica coinomi di travi Howe, Warren e Long) erano stati perfettamente concepiti dal-l’Architetto veneto (Fig. 9.2). Né mancano nel Codice Atlantico di Leonardoschizzi di strutture tralicciate.

Numerosi esempi di edilizia gotica del XIV secolo chiaramente denuncia-no una struttura portante in tralicciato ligneo, molto spesso concepita in ma-niera convincente sotto il profilo statico (Fig. 9.3).

E potremmo proseguire con gli esempi di strutture reticolari, fino ad arriva-re ai giorni nostri.

Sbaglia chi ritiene che le strutture reticolari abbiano fatto il loro tempo nel-la progettazione architettonica (basti pensare ad alcune opere recenti di Ri-chard Rogers, di Renzo Piano e a vari Autori, un po’ meno recenti, del Movi-mento Moderno per rendersene conto).

Fino alla metà del secolo scorso, per realizzare travature reticolari, è stato

Fig. 9.2

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1779. Le travature reticolari

sempre utilizzato il legno e tale materiale strutturale certamente non è in gradodi sfidare i secoli (in Fig. 9.4 è riportata una classica capriata lignea, tratta daun libro dell’inizio del secolo).

Fig. 9.3

Fig. 9.4

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Page 179: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

178 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Solo nella prima metà del XIX secolo si registra un accoppiamento legno-ghisa nella costruzione di strutture tralicciate (Fig. 9.5) e, infine, verso la metàdell’800, nasce la travatura reticolare completamente metallica.

Fig. 9.5

Sistemazione dell’appoggio

con scatola di ghisa con scatola di lamiera

Sistemazione del comignolo

con scatola di ghisa con scatola di lamiera

Sistemazione del contraffissi

Placche di unione dei tiranti

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Page 180: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1799. Le travature reticolari

Ciò si verificò essenzialmente perché in quegli anni divennero disponibilimezzi d’indagine statica che consentirono agevolmente lo studio di questo tipodi strutture (fondamentali furono – per le indagini grafiche – i contributi di Ja-mes Clerk Maxwell del 1864 e di Luigi Cremona del 1872) e profili metallici,prodotti dall’industria siderurgica, sotto forma di barre di lunghezza sufficiente arealizzare strutture reticolari.

In fig. 9.6 è riportato un frammento di una classica travatura d’acciaio (da unlibro dei primi anni del XX secolo).

Il diagramma reciproco o cremoniano è un metodo grafico di risoluzionedelle travature reticolari isostatiche (che riunisce in un’unica figura i poligoniequilibranti di tutti i nodi della struttura) ed è stato utilizzato per circa un seco-lo, fino a quando l’elaboratore elettronico non è diventato uno strumento diuso corrente, consentendo il calcolo rapido e preciso di strutture reticolari iso-statiche o iperstatiche, piane o spaziali, anche con numerosi nodi1.

La capriata più semplice è quella riportata in Fig. 9.7a, costituita da duepuntoni AB e BC, che trasmettono il carico agli appoggi, insieme a due spinteorizzontali H, la cui intensità cresce al ridursi dell’inclinazione dei puntoni.

Per eliminare tali spinte s’introduce una catena AC, giungendo così alloschema triangolato elementare (quello di Fig. 9.7b), il quale non consente disuperare la luce massima che la catena stessa può, a flessione, tollerare. Percreare un vincolo intermedio alla catena s’introduce un’ulteriore asta verticale

Fig. 9.6

1 Il lettore che volesse prendere visione del metodo può consultare il paragrafo 305, pagg. 535 ÷ 542 deltesto: Odone Belluzzi, Scienza delle Costruzioni, vol. I, Ed. Zanichelli, 1970. Oggi, effettivamente, ilcremoniano è superato, come tanti altri metodi di calcolo usati una volta (il metodo di Engesser, per larisoluzione delle travi Vierendeel, il metodo di Cross, per la risoluzione dei telai, il diagramma di Williot,per la risoluzione delle travature reticolari a nodi incastro, ecc.). Chi avesse la curiosita di scoprire qualistrumenti teorici abbia usato Eiffel, per calcolare la sua celebre torre, andrà a studiare il cremoniano (edanche il metodo grafico di Culmann, sempre per la risoluzione delle travature reticolari).

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180 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

AD, detta monaco (o ometto) passando, così, allo schema di Fig. 9.7c, checonsente di raggiungere agevolmente luci di 8÷10 m.

Al fine di creare un vincolo intermedio anche ai puntoni – riducendone lalunghezza libera d’inflessione – si introducono le due aste DE e DF (dettesaette o contraffissi, v. Fig. 9.7d) ottenendo uno schema statico di capriata(forse impropriamente detta alla Palladio) che consente sia una migliore di-stribuzione dei carichi sui puntoni stessi, sia di coprire luci più grosse (10÷12m senza difficoltà).

Fig. 9.7

a)

b)

c)

d)

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Page 182: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1819. Le travature reticolari

L’esigenza di coprire luci sempre maggiori ha portato a combinare maglietriangolari elementari, producendo una molteplicità di schemi, alcuni dei qualisono riportati nelle Fig. 9.8 e 9.9. Alcuni di questi schemi sono simili tra loro (adesempio le travi reticolai Mohniè ed Howe sono, in pratica, la stessa cosa e, inparticolare, la trave Mohniè, per la presenza di aste scariche, diventa, di fatto, latrave Howe quando sono caricati i nodi all’intradosso od anche quelli all’estra-dosso, esclusi i due terminali); da uno schema se ne possono ricavare altri, com-posti, tramite aggiunte di aste (allo scopo, ad esempio, di incrementare il numerodei nodi sui puntoni di una capriata o per creare lucernari, per esigenze particola-ri di illuminazione, o per ridurre le lunghezze libere d’inflessione delle aste com-presse o per rispondere ad altre esigenze funzionali, strutturali o estetiche).

Interessante è il commento che Masi (nel libro La pratica delle CostruzioniMetalliche, Ed. Hoepli, 1931) fa per i vari tipi travature reticolari. Secondoquest’Autore, per piccole luci (fino ad 8 m), quando è sufficiente un solo arca-reccio al colmo, andrebbe bene lo schema statico di Fig. 9.7c, mentre la capria-ta Polonceau (o francese), riportata in Fig. 9.8, sarebbe consigliabile quando ènecessario un arcareccio intermedio e per luci fino a 16 m.

La capriata belga (v. Fig. 9.8) sarebbe, sempre secondo Masi, consigliabilefino a 30 m di luce. Sia la Polonceau che la capriata belga rappresentano, anostro giudizio, buone soluzioni quando esistono percorsi interni alla copertu-ra (che comportino la soppressione del monaco). Per coprire luci fino a 30 m,secondo Masi, possono essere suggerite la Polonceau composta, la capriatainglese di Fig. 9.10, la Pratt ed altre ancora; mentre la Polonceau non è adattanei casi in cui forti carichi siano appesi alla catena.

Evidentemente la scelta dello schema statico è condizionata anche da fatto-ri estetici e funzionali. Quanto sopra detto, poi, è condivisibile per tetti a montarilevante. Per tetti di minore pendenza, allorché è necessario che la capriatapresenti una certa altezza sugli appoggi, sono da prendersi in considerazionealtri schemi (la Pratt, la Browstring mancante delle due maglie estreme trian-golari, ecc.).

Per coperture piane, con carichi verticali agenti dall’alto verso il basso,potrebbe essere presa in considerazione la travatura Pratt di Fig. 9.9, senza ledue maglie triangolari estreme, perché le aste inclinate di parete (più lunghedelle altre) risultano tese.

In ogni caso, è giusto che le esigenze di natura architettonica abbiano il loropeso nella scelta dello schema statico di una capriata, insieme, indubbiamente,a quelle di natura strutturale ed economica.

Evidentemente si possono avere travature reticolari isostatiche, iperstati-che e labili.

Ovviamente focalizzeremo l’attenzione sulle travature reticolari di acciaio;

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Page 183: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

182 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

che fuori di dubbio sono le più comuni, pur essendoci anche travature reticolariin legno (che potrebbero essere realizzate, ad esempio, per esigenze di restauromonumentale) o, più raramente, in c.a. (le capriate della chiesa gotica di SantaChiara, a Napoli, distrutta dal bombardamento aereo del 4 agosto 1943, rappre-sentano un esempio – alquanto criticato – di utilizzo del c.a. in luogo del legno).

Fig. 9.8

inglese Polonceau

tedesca a cesoia belga

Polonceau composta a cesoia composta

Pratt a falde a mansarda

Pratt composta a dente di sega

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Page 184: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1839. Le travature reticolari

Fig. 9.10

Fig. 9.9

Neville Warren

Mohnié Howe

Pratt a dorso di cammelloo Bowsting

Fink Long

Baltimore composta Warren

capriata inglese

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Page 185: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

184 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Le aste delle travature reticolari con nodi cerniera, quando i carichi agisconoai nodi, sono sollecitate a solo sforzo normale o sono scariche, se si trascura ilpeso proprio della struttura. Altrimenti c’è anche momento flettente e taglio nel-le aste non verticali e nessuna asta potrà mai essere scarica (va detto, però, che lecaratteristiche di sollecitazione dovute al peso proprio sono, nelle travature reti-colari di acciaio, effettivamente molto modeste e perciò è lecito trascurarle).

Quando i carichi sono applicati sulle aste, ovviamente, sono generalmentepresenti le tre caratteristiche di sollecitazione (N, M e T) ed il calcolo dellastruttura non differisce da quello dei telai. Per le travature reticolari corretta-mente caricate si possono eliminare molte direzioni libere di spostamento (quellerotatorie) interessando conoscere solo gli spostamenti orizzontali e verticalidei nodi (e, quindi, delle estremità delle aste) e si può condurre – come vedre-mo – un calcolo semplificato della struttura. D’altro canto basta osservare che,se le aste sono esclusivamente sollecitate a sforzo normale, interessa conosce-re le loro variazioni di lunghezza (per risalire agli sforzi normali) e, quindi, glispostamenti suddetti e non le rotazioni (che potrebbero pure essere determina-te una volta noti gli spostamenti alle estremità di ogni asta).

Si è detto poc’anzi che esistono travature reticolari con nodi cerniera e connodi incastro. Se volessimo essere estremamente rigorosi dovremmo esprime-re forti perplessità sull’esistenza delle travature reticolari con nodi cerniera,visto che è praticamente impossibile eseguire, nella realtà, la cerniera teorica,cioè l’articolazione perfetta (senza attrito) delle aste tra loro.

Nella pratica tecnica si tende, poi, a semplificare al massimo l’esecuzionedelle travature reticolari, realizzando, ad esempio, le aste che presentano gliassi sulla stessa retta (correnti o catene di capriate) tramite profilati unici (adesempio una coppia di angolari) evitando di giuntare tra loro le aste coassiali.

Nonostante le constatazioni testé fatte si continua, nella pratica tecnica, adassumere come schema statico quello con nodi cerniera, cercando, nel realiz-zare la travatura, di avvicinarsi quanto più è possibile al modello teorico.

In pratica – per non allontanarsi troppo dal modello teorico con nodi cernie-ra – si adottano almeno i due seguenti accorgimenti:

1) gli assi baricentrici delle varie aste (che sono le rette d’azione dei vari sfor-zi) si fanno concorrere in uno stesso punto, che è il nodo teorico (ovviamen-te è anche necessario che gli assi restino contenuti nel piano della struttura);

2) i baricentri delle varie sezioni dei chiodi o dei bulloni (che servono a realiz-zare i giunti nodali) devono cadere sugli assi delle aste collegate.

È quanto prescrive il punto 7.6.4 della vigente normativa:

7.6.4. Travi reticolari.Gli assi baricentrici delle aste devono di regola coincidere con gli assi dello sche-

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1859. Le travature reticolari

ma reticolare; tale avvertenza è particolarmente importante per le strutture solle-citate a fatica. La coincidenza predetta per le aste di strutture chiodate o bullonatecostituite da cantonali può essere osservata per gli assi di chiodatura e bullonatu-ra anziché per gli assi baricentrici.Il baricentro della sezione resistente del collegamento ai nodi deve cadere, di re-gola, sull’asse geometrico dell’asta. Ove tale condizione non sia conseguita, do-vrà essere considerato, nel calcolo del collegamento, il momento dovuto all’ec-centricità tra baricentro del collegamento e asse baricentrico dell’asta.Nei correnti a sezione variabile gli elementi, che via via si richiedono in aumentodella sezione resistente, devono avere lunghezza tale da essere pienamente effi-cienti là dove è necessario il contributo.

Gli assi dei collegamenti (chiodati, bullonati o saldati) sono chiamati assidi truschinaggio. Sarebbe opportuno che sia gli assi baricentrici delle aste, siagli assi di truschinaggio confluissero nei punti in cui sono state immaginate lecerniere. La prescrizione regolamentare appena riportata lascia chiaramenteintendere che ci si può accontentare che confluiscano in un punto o i soli assibaricentrici delle aste o i soli assi di truschinaggio.

Il problema dei nodi cerniera esiste, ovviamente, anche per le travature re-ticolari spaziali; il giunto nodale deve fare in modo che tutti gli assi delle astecollegate convergano in un punto (il nodo teorico, che dev’essere il sostegnodella stella di rette alla quale appartengono gli assi baricentrici delle aste con-correnti nel nodo). A un buon giunto sono richieste caratteristiche di affidabili-tà (deve poter resistere a sforzi anche notevoli) e di leggerezza, deve poteraccogliere aste provenienti da quante più direzioni è possibile, deve, soprattut-to, garantire un montaggio semplice, veloce e preciso (e un altrettanto agevolesmontaggio, nell’ipotesi che intervenute nuove esigenze di natura funzionalerichiedano delle modificazioni e/o degli ampliamenti della struttura).

Esistono numerosissimi brevetti di sistemi costruttivi di travature reticolarispaziali che comprendono, ovviamente, la giunzione dei vari elementi nell’as-semblaggio della struttura; tra i più noti ci sono i sistemi: Mero-Tectovis, Uni-strut, Space-Deck, Oktaplate, Triodetic, Vestrut, ecc2.

Il sistema più noto e senz’altro il più utilizzato in Italia è il sistema Mero–Tectovis; le aste sono tubolari e provviste di perni filettati alle estremità, i nodisono quasi sferici e muniti di 18 fori filettati a madrevite, per le aste. Il montag-gio non richiede mano d’opera specializzata e può essere effettuato anche da

2Una pubblicazione che raccoglie numerosi brevetti di sistemi spaziali è la seguente: Particolari costruttivi distrutture in acciaio, Vol. V – Strutture Spaziali (a cura di Armando Melchiorre), CISIA (Centro ItalianoSviluppo Impieghi Acciaio), Edizione maggio 1981. Consultando tale pubblicazione, il lettore si formeràuna sua opinione, individuerà il sistema a suo giudizio più flessibile (che, cioè, consente di creare ilmaggior numero di geometrie) e/o che garantisce risultati migliori sotto il profilo estetico.

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186 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

un solo operatore.In Fig. 9.11 è riportato, a titolo di esempio, il sistema spaziale Stewarts and

Lloyds, sviluppato dalla Tubes Division della British Steel Corporation (colnome Nodus Jointing System).

Il nodo, in due gusci, permette sul piano orizzontale, il collegamento a quat-tro aste mediante raccordi scanalati, mentre per le diagonali si realizza un vero eproprio attacco a cerniera. Tale sistema non sembra essere stato molto utilizzatoe probabilmente per questo motivo non si è proceduto a possibili miglioramenti.

Un altro giunto per travature reticolari spaziali che, non solo dal punto divista statico si avvicina molto alla cerniera teorica, ma la ricorda anche visiva-mente (come simbolo con il quale si rappresenta) è il Vestrut (v. Fig. 9.12). Ilnodo si presenta di forma pressoché sferica, consente di accogliere fino a dodi-ci aste e permette la rotazione, almeno per alcune aste, anche dopo il bloccag-gio del nodo stesso.

I nodi sono realizzati con acciaio di qualità, sono ottenuti tramite stampag-gio a caldo e finiti su macchine a controllo numerico. Il sistema Vestrut per-mette la realizzazione di qualsivoglia geometria poligonale (ottagono, decago-no, ecc.) mediante l’uso di due sole lunghezze per le aste e di due soli tipi di

Fig. 9.11

bullone centrale

calotta superiore

guarnizionecalotta inferiore conalloggiamenti a 45°elemento di connessione

collegamentoa forchetta

coppigliaspinotto

dado

rondella

asta inclinata

asta orizzontale

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1879. Le travature reticolari

nodo. Se, poi, si utilizzano aste di diversa lunghezza, è possibile realizzaretravature reticolari di qualsiasi forma geometrica nello spazio. Durante ilmontaggio della struttura sono consentite regolazioni, anche millimetriche, delleaste (provviste di perni, con teste a martello, alle estremità), che permettono, inopera, lievi aggiustamenti, creazioni di controfrecce, ecc.

Il sistema Vestrut è stato più volte impiegato e, a nostro avviso, l’utilizzopiù interessante, a tutt’oggi, è stato per realizzare la copertura dell’aerostazio-ne passeggeri dell’aeroporto Malpensa di Milano. Detta copertura, di com-plessivi 18 000 m2, presenta una luce di 42 m, con un carico di esercizio di 550kg/m2 (la struttura spaziale presenta modulo semiottaedrico a base rettangola-re di m 3.6 × 2.4 per la parte centrale e m 3 × 2.4 alle estremità, l’altezza dellastruttura è pari a m 2.8, v. Fig. 9.13).

Un altro brevetto al quale vogliamo accennare è lo Space Deck; si tratta diun sistema organizzato da piramidi prefabbricate disposte coi vertici rivoltiverso il basso. I vertici sono costituiti da blocchi in acciaio con quattro forifilettati, che consentono di completare la struttura mediante tiranti provvisti ditenditori. Lo Space Deck non sarà un sistema di grande qualità (perché nonpermette di generare forme geometriche libere nello spazio), ma riteniamo chei risultati che si ottengono, sotto il profilo estetico, non sono niente male.

Le travature reticolari spaziali consentono di coprire vasti ambienti supe-rando anche luci di oltre 100 m e rappresentano sovente una buona soluzionesotto il profilo architettonico; una soluzione da tener presente quando si devo-no coprire locali che richiedono ampi spazi liberi, senza ingombri di pilastri

Fig. 9.12

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188 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

interni (hangars, teatri, cinema, sale di riunioni, stabilimenti industriali, musei,locali da esposizione, impianti sportivi in genere, ecc.). Indubbiamente, in questicasi, esistono - oltre alle travature reticolari spaziali - altre soluzioni: travi inc.a.p., miste acciaio-calcestruzzo, in legno lamellare, ecc. Risulta, quindi, evi-dente che la scelta sarà condizionata da motivi di carattere architettonico edeconomico, oltre che squisitamente strutturali.

Fig. 9.13

9.2. Risoluzione matriciale delle travature reticolari piane

Vista l’importanza che le travature reticolari rivestono nell’ambito delle co-struzioni d’acciaio, è opportuno effettuare un richiamo sulla statica di questestrutture. Dopo di che esamineremo più dettagliatamente i collegamenti noda-li, appena accennati in 9.l. Da questo punto in poi faremo riferimento esclusi-vamente alle travature reticolari con nodi cerniera, caricate ai nodi.

Innanzitutto è opportuno ricordare come si fa a stabilire subito se una strut-tura reticolare è isostatica, iperstatica o labile. Detto a il numero delle aste, n ilnumero dei nodi ed m il grado di molteplicità complessivo dei vincoli esterni,se è m < 3 la struttura è labile per vincoli esterni (3 - m volte) e, quindi, è labileanche complessivamente; se risulta m > 3 la struttura è apparentemente iper-statica (m - 3 volte) per vincoli esterni. Infine, posto b = 2n - m, si ha che:

(a < b) ⇒ (struttura labile, apparentemente b - a volte)

(a = b) ⇒ (struttura apparentemente isostatica)

(a > b) ⇒ (struttura apparentemente iperstatica, a - b volte)

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1899. Le travature reticolari

È evidente il perché si è dovuto abusare, poco fa, dell’avverbio apparente-mente: la condizione, ad esempio, a = b è necessaria ma non sufficiente per laisostaticità di una struttura reticolare. In altre parole: per una struttura reticola-re isostatica deve necessariamente essere a = b, ma la condizione a = b puòanche verificarsi per strutture labili (e quindi non è sufficiente per giudicarel’isostaticità della struttura).

Un esempio può definitivamente chiarire la questione: per entrambe letravature reticolari di Fig. 9.14 si ha a = b eppure solo la prima (quella di Fig.9.14a) è isostatica mentre la seconda è labile (una volta), presentando unamaglia iperstatica ed una labile (e pertanto la struttura è una volta labile nelsuo insieme).

È necessario, in definitiva, quando si effettua il conteggio rapido suddetto,osservare attentamente la struttura per controllare che le aste non siano maldisposte (disposte, cioè, in maniera tale che alcune maglie siano deformabili ealtre con aste sovrabbondanti e occorre, altresì, ricordare che la maglia isosta-tica è quella triangolare: tre aste collegate tra loro tramite tre cerniere).

Per risolvere una generica struttura reticolare applicheremo il metodo ma-triciale: utile per risolvere travature reticolari sia isostatiche che iperstatiche(non c’è alcuna differenza di procedimento).

Si conviene di assegnare un numero, posto tra parentesi, ad ogni asta e unnumero ad ogni direzione libera nodale (così com’è stato fatto per la travaturareticolare di Fig. 9.15). Con una terza numerazione si potrebbero indicare inodi (questa numerazione potrebbe essere cerchiata, come fatto in Fig. 9.15,sebbene non c’è da confondersi tra, ad esempio, l’asta 1, il nodo 1 e la direzio-ne libera di spostamento 1).

Ricordiamo che una direzione in un punto qualsiasi della struttura si dicelibera quando è nota la forza - che potrebbe anche essere nulla - applicata nel

Fig. 9.14

a)

b)

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Page 191: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

190 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 9.15

punto e secondo quella direzione, mentre è inizialmente incognito lo sposta-mento che il punto subisce secondo la direzione stessa. Quando il punto sud-detto è un nodo della struttura (vale a dire un punto nel quale convergono gliassi di più aste) la direzione viene detta nodale (ed anche la forza applicata inquel punto è detta nodale).

Viceversa per una direzione vincolata è inizialmente incognita la forza iviagente (che viene ad essere la reazione del vincolo) mentre è noto lo sposta-mento secondo detta direzione (che è nullo se il vincolo è fisso, di grandezzanota se il vincolo è cedevole anelasticamente o immediatamente noto, appenanota la reazione del vincolo, se questo è cedevole elasticamente). Ovviamentesi possono avere anche direzioni vincolate nodali (oltre che direzioni liberenodali). Vanno numerate le direzioni libere nodali (se si volessero segnare an-che le direzioni vincolate nodali, esse dovrebbero essere tutte quante contras-segnate dal numero zero, ma ciò sarebbe solo un’inutile perdita di tempo).

È evidente che saranno segnate due direzioni per ogni nodo libero, una soladirezione per un nodo vincolato a terra tramite un carrello (la direzione liberasarà, ovviamente, parallela al piano di scorrimento del carrello) e nessuna dire-zione libera per i nodi impediti di spostarsi (vincolati, cioè, a terra tramite unacerniera). Fatto ciò, si potranno scrivere tante equazioni di equilibrio quantesono le direzioni libere, una per ogni direzione (è ovvio che stiamo parlando diequazioni di equilibrio alla traslazione, orizzontale e verticale, dei nodi).

Per la generica direzione i (tra le p direzioni individuate) si scriverà:

i

r(r)iF F = 0− ∑ (9.2.1)

dove:Fi è la forza esterna nodale agente in direzione i (potrebbe, evidentemente,

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1919. Le travature reticolari

anche essere nulla);Fi

(r) è la forza che il nodo dove è stata segnata la direzione libera i trasmettenella stessa direzione i, all’asta (r); detta forza è intesa come azione del nodosull’asta (ed ecco perché compare il segno meno nella (9.2.1): per prendere inconto tutte le azioni sul nodo e non fare, quindi, confusioni tra azioni del nodoe azioni sul nodo).

Il termine Fi(r) che compare nella (9.2.1) - può essere così esplicitato:

(r)i

jj (r)i jF = k ∑ δ (9.2.2)

Nella (9.2.2) manca il termine relativo alle forze d’incastro perfetto (gene-ralmente presente quando si applica il metodo ai telai), visto che si è nell’ipo-tesi di travatura reticolare caricata da forze nodali (cioè, come si ricorderà,agenti ai nodi).

In parole povere, la (9.2.2) dice che la forza che il nodo dove è segnata ladirezione i trasmette, nella stessa direzione i, all’asta (r), dipende dagli sposta-menti δj delle sue estremità.

Il termine kij (r) che compare nella (9.2.2), è un termine di rigidezza definibi-

le come la forza che nasce al nodo nella direzione i per effetto di uno sposta-mento unitario in direzione j e relativa all’asta (r). È anch’essa consideratacome azione del nodo sull’asta. La (9.2.1), tenendo conto della (9.2.2), diventa:

i

r ij (ri jF = k∑ ∑ ) δ (9.2.3)

Ponendo:

ji

rj (r)iK = k∑ (9.2.4)

la (9.2.3) diventa:

i

jji jF = K ∑ δ (9.2.5)

La (9.2.5) rappresenta (per i = 1, 2, …, p) un sistema d’equazioni lineari,che può essere posto in forma matriciale:

F

F

F

F

K K K K

K K K K

K K K K

K K K Kp

p

p

p

p p ppp p

1

2

3

11

21

31 1

12

22

32 2

31

23

33 3

1 2 3

1

2

3

.

.

. .

. .

. .

. . . . . .

. . . . . .

. .

..

.

=

δδδ

δ

(9.2.6)

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192 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

dove p, come già detto, sono le direzioni libere di spostamento (e, ovviamente δ1,δ2, …, δp sono gli spostamenti che c’interessa conoscere).

In forma compatta la (9.2.6) può essere così scritta:F = K δ (9.2.7)

dove:F è la matrice vettore per colonna delle forze esterne nodali (e sono i termini

noti del sistema d’equazioni),K è la matrice di rigidezza dell’intera struttura (e corrisponde alla matrice

incompleta del sistema d’equazioni),δ è la matrice vettore per colonna degli spostamenti (e rappresentano le inco-

gnite del sistema d’equazioni).A questo punto occorre esplicitare i termini di rigidezza ki

j ( r ).È chiaro che la generica asta (r) è interessata al più a 4 spostamenti (2, al

massimo, per ogni estremo).Immaginiamo che la generica asta (r) sia interessata dagli spostamenti in

direzione 1, 2, 3, e 4 (come mostrato in Fig. 9.16a). L’insieme delle relazioni(9.2.2), per i = 1, 2, 3, e 4, può essere scritto in forma matriciale:

F

F

F

F

k k k k

k k k k

k k k k

k k k k

r

r

r

r

r r r r

r r r r

r r r r

r r r r

( )

( )

( )

( )

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

1

2

3

4

11

21

31

41

12

22

32

42

13

23

33

43

14

24

34

44

= ..

δδδδ

1

2

3

4

(9.2.8)

Oppure in forma compatta:F(r) = K(r) δ (9.2.9)

dove:F(r) è la matrice vettore per colonna delle forze trasmesse, dai nodi d’estremità,

all’asta (r);K(r) è la matrice di rigidezza dell’asta (r);δ è la matrice vettore per colonna comprendente gli spostamenti (orizzontale

e verticale) dei due estremi dell’asta (r).Per determinare tutti gli elementi della matrice di rigidezza dell’asta (r)

(cioè i vari kij (r) = 1, 2, 3, 4 e j = 1, 2, 3, 4) ci sono varie strade da poter seguire:si potrebbe, ad esempio, costruire la matrice di rigidezza dell’asta in un riferi-mento locale (con l’asse x coincidente con l’asse dell’asta) e poi passare alriferimento globale con una trasformazione d’assi, utilizzando la cosiddettamatrice dei coseni.

Qui preferiamo effettuare una costruzione, per così dire, diretta della matri-ce K(r), assegnando all’asta (r), genericamente inclinata di un angolo α sull’as-se x orizzontale, uno spostamento unitario per volta in direzione i (i = 1, 2, 3 e

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Page 194: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1939. Le travature reticolari

4) e andando a vedere quali forze nascono nelle quattro direzioni 1, 2, 3 e 4.Comporremo, così, una colonna di K(r) per ogni spostamento unitario asse-

gnato, con le modalità suddette.La matrice che si otterrà, per il teorema di Maxwell-Betti, dovrà risultare

simmetrica rispetto alla diagonale principale, dovrà, in altre parole, aversi:

k k i j ej ri

i rj

( ) ( ) ( , ) , ,= ∀ ∈{ }1 2 3 4

Posto λ = cos α = sen β e µ = cos β = sen α costruiamo la prima colonna diK(r), imprimendo uno spostamento δ1 = 1 (mentre - è bene ripeterlo - dovràessere δ2 = δ3 = δ4 = 0). Lo spostamento unitario δ1 può essere scomposto nelladirezione dell’asta e nella direzione normale all’asta. La componente di δ1 = 1nella direzione dell’asta vale λ (e produce un accorciamento dell’asta di gran-dezza λ) mentre la componente di δ1 = 1 nella direzione normale all’asta valeµ (e produce una rotazione dell’asta di grandezza µ/l, se restiamo nell’ambitodei piccoli spostamenti). Si può fare riferimento alla Fig. 9.16 a e b.

È evidente che - a seguito dell’applicazione di δ1 = 1 - nasce nell’asta (r)esclusivamente uno sforzo normale (di compressione) che vale λEA/l. Pertanto idue nodi d’estremità dell’asta (r) reagiranno con due forze d’intensita λEA/laventi l’asse dell’asta come retta d’azione e orientate in maniera tale da mante-nere la deformazione (cioè rivolte verso l’interno, come mostrato in Fig. 9.16).

Scomponendo ognuna delle due forze suddette nelle due direzioni (orizzon-tale e verticale) segnate in corrispondenza dei loro punti di applicazione, si ha:

kE A

lr11 2

( ) = λ kE A

lr12( ) = λ µ

(9.2.10)

kE A

lr13 2( ) = − λ k

E Alr1

4( ) = − λ µ

I due ultimi termini di rigidezza presentano il segno meno perché il loro versoè contrario a quello positivo assunto, rispettivamente, per le direzioni 3 e 4.

Analogamente si costruiscono le altre tre colonne di K(r) (chi lo volesse farepuò riferirsi alla Fig. 9.16) e si perviene cosi alla matrice di rigidezza dell’asta(r) direttamente nel riferimento globale:

K

E A

l

E A

l

E A

l

E A

lE A

lE A

lE A

lE A

lE A

l

E A

l

E A

l

E A

lE A

lE A

lE A

lE A

l

r( ) =

− −

− −

− −

− −

λ λ µ λ λ µ

λ µ µ λ µ µ

λ λ µ λ λ µ

λ µ µ λ µ µ

2 2

2 2

2 2

2 2

(9.2.11)

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Page 195: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

194 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

o se si preferisce:

KE A

lr( ) =

− −− −

− −− −

λ λ µ λ λ µλ µ µ λ µ µ

λ λ µ λ λ µλ µ µ λ µ µ

2 2

2 2

2 2

2 2

(9.2.12)

Oppure, individuando la sottomatrice 2 × 2

Λ = E A

l

λ λ µλ µ µ

2

2 (9.2.13)

Fig. 9.16

a)

b) c)

d) e)

cos α = λcos β = µ

EAl

EAl

EAl

EAl

EAl

EAl

EAl

EAl

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Page 196: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

1959. Le travature reticolari

si ha

K r( ) =−

−Λ ΛΛ Λ (9.2.14)

È chiaro, allora, quale può essere un iter da seguire per risolvere una genericatravatura reticolare: costruire il sistema d’equazioni (9.2.7), risolverlo determi-nando gli spostamenti nodali δj e, tramite le (9.2.8), risalire alle Fi

( r ) note le qualisi ricavano facilmente gli sforzi normali nelle varie aste.

Oppure, una volta noti gli spostamenti nodali δj, si possono facilmente deter-minare le variazione di lunghezza (i ∆l) di ogni asta risalendo, infine, agli sforzinormali nelle varie aste.

Ad esempio, per l’asta (r) di Fig. 9.16 si ha:

∆ l = + = ( ) + ( )1 2 3 4 1 3 2 4δ λ δ µ δ λ δ µ λ δ δ µ δ δ− − − − (9.2.15)

se si vogliono assumere positivi gli accorciamenti e negativi gli allungamenti,oppure:

∆ l = ( ) + ( )3 1 4 2λ δ δ µ δ δ− − (9.2.16)

se si vogliono assumere - come faremo - positivi gli allungamenti e negativi gliaccorciamenti.

Nota la variazione di lunghezza dell’asta (r) si risale facilmente allo sforzonormale presente nella stessa asta (r)

(r)(r)

(r)rN =

E Al

l∆ ( ) (9.2.17)

dove ci siamo attenuti alla convenzione secondo la quale quando un terminereca al piede il numero r posto tra parentesi si intende riferito all’asta (r) (quin-di A(r) è l’area della sezione retta dell’asta (r), l(r) è la lunghezza dell’asta (r),∆l(r) è la variazione di lunghezza dell’asta (r), mentre si è pensato che tutte leaste siano costituite dallo stesso materiale, altrimenti è opportuno, nella (9.2.17),tenere E(r)).

Se per calcolare ∆l(r) si farà uso della (9.2.16), si avrà Ν(r) positivo se ditrazione e negativo se di compressione (e a questa convenzione, come già det-to, ci atterremo).

Il procedimento illustrato si presta bene ad essere tradotto in un program-ma, che consenta il calcolo automatico delle travature reticolari piane (isosta-tiche o iperstatiche che siano).

Qui di seguito è riportato un esempio di programma in BASIC che consen-te di affidare al computer la risoluzione di una generica travatura reticolarepiana:

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:39195

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196 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

CLSINPUT “numero dei nodi (compresi quelli vincolati a terra) =”; NNINPUT “numero delle aste =”; ATINPUT “grado di molteplicità (complessivo) dei vincoli esterni =”; MVN = 2 * NN - MV: M = N + 1DIM R(M, M), N(NN, 10), AT(AT, 10), G$(NN)FOR i = 1 TO NNPRINT “NODO”; iINPUT “ascissa =”; N(i, 1)INPUT “ordinata =”; N(i, 2)INPUT “direzione orizzontale =”; N(i, 3)INPUT “direzione verticale =”; N(i, 4)NEXT iINPUT “le aste sono formate tutte dello stesso materiale ? —> (s/n)”; A$IF A$ <> “s” THEN GOTO 170INPUT “modulo di Young =”; EY170 : INPUT “le aste presentano tutte la stessa sezione retta ? —> (s/n)”; B$IF B$ <> “s” THEN GOTO 200INPUT “area della sezione retta dell’asta =”; SR200 : FOR i = 1 TO ATPRINT “ASTA”; iINPUT “incidenza =”; AT(i, 1)IF B$ <> “s” THEN GOTO 250AT(i, 3) = SR: GOTO 260250 : INPUT “area della sezione retta =”; AT(i, 3)260 : IF A$ <> “s” THEN GOTO 280AT(i, 4) = EY: GOTO 290280 : INPUT “modulo di Young =”; AT(i, 4)290 : AT(i, 5) = INT(AT(i, 1) / 1000): AT(i, 6) = INT(AT(i, 1) - AT(i, 5) * 1000)AT(i, 2) = SQR((N(AT(i, 6), 1) - N(AT(i, 5), 1)) ^ 2 + (N(AT(i, 6), 2) - N(AT(i, 5),2)) ^ 2)AT(i, 7) = (N(AT(i, 6), 1) - N(AT(i, 5), 1)) / AT(i, 2)AT(i, 8) = (N(AT(i, 6), 2) - N(AT(i, 5), 2)) / AT(i, 2)LQ = AT(i, 4) * AT(i, 3) * AT(i, 7) ^ 2 / AT(i, 2)R(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 5), 3)) = R(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 5), 3)) + LQR(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 6), 3)) = R(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 6), 3)) + LQR(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 6), 3)) = R(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 6), 3)) - LQR(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 5), 3)) = R(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 5), 3)) - LQLM = AT(i, 4) * AT(i, 3) * AT(i, 7) * AT(i, 8) / AT(i, 2)R(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 5), 4)) = R(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 5), 4)) + LMR(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 5), 3)) = R(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 5), 3)) + LMR(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 6), 4)) = R(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 6), 4)) + LMR(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 6), 3)) = R(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 6), 3)) + LMR(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 6), 4)) = R(N(AT(i, 5), 3), N(AT(i, 6), 4)) - LMR(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 6), 3)) = R(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 6), 3)) - LMR(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 5), 4)) = R(N(AT(i, 6), 3), N(AT(i, 5), 4)) - LMR(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 5), 3)) = R(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 5), 3)) - LMMQ = AT(i, 4) * AT(i, 3) * AT(i, 8) ^ 2 / AT(i, 2)

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1979. Le travature reticolari

R(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 5), 4)) = R(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 5), 4)) + MQR(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 6), 4)) = R(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 6), 4)) + MQR(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 6), 4)) = R(N(AT(i, 5), 4), N(AT(i, 6), 4)) - MQR(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 5), 4)) = R(N(AT(i, 6), 4), N(AT(i, 5), 4)) - MQNEXT i530 : INPUT “nodo caricato =”; NCIF NC = 0 THEN GOTO 590INPUT “forza orizzontale =”; N(NC, 5): R(N(NC, 3), M) = R(N(NC, 3), M) +N(NC, 5)INPUT “forza verticale =”; N(NC, 6): R(N(NC, 4), M) = R(N(NC, 4), M) + N(NC,6)GOTO 530‘a questo punto del programma inizia la risoluzione del sistema di equazioni590 : FOR i = 1 TO Nc = i: A = ABS(R(i, i))FOR t = i + 1 TO NB = ABS(R(t, i))IF B > A THENA = B: c = tEND IFNEXT tq = i + 1FOR R = 1 TO MR(M, R) = R(c, R): R(c, R) = R(i, R): R(i, R) = R(M, R)NEXT RFOR t = q TO NFOR z = 1 TO MIF R(i, i) = 0 THENPRINT “SISTEMA IMPOSSIBILE”STOPEND IFR(M, z) = -R(t, i) / R(i, i) * R(i, z) + R(t, z)NEXT zFOR z = 1 TO MR(t, z) = R(M, z)NEXT z: NEXT t: NEXT iFOR i = 1 TO MR(M, i) = 0NEXT iFOR j = 1 TO N: u = N + 1 - jFOR i = 1 TO N: k = N + 1 - iR(M, M) = R(M, M) + R(M, k) * R(u, k)NEXT iR(M, u) = (R(u, M) - R(M, M)) / R(u, u): R(M, M) = 0NEXT j‘ a questo punto del programma termina la risoluzione del sistema di equazioniINPUT “vuoi la stampa dei dati iniziali ? —> (s/n)”; H$IF H$ <> “s” THEN GOTO 890

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198 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

GOSUB 1300890 : LPRINT : LPRINT : LPRINT TAB(10); “- SPOSTAMENTI DEI NODI -”:LPRINTFOR i = 1 TO NLPRINT TAB(5); “spostamento nodale in direzione”; i; “=”; R(M, i)NEXT iFOR i = 1 TO NNIF N(i, 3) = 0 THEN N(i, 7) = 0 ELSE N(i, 7) = R(M, N(i, 3))IF N(i, 4) = 0 THEN N(i, 8) = 0 ELSE N(i, 8) = R(M, N(i, 4))NEXT iFOR i = 1 TO ATAT(i, 9) = AT(i, 7) * (N(AT(i, 6), 7) - N(AT(i, 5), 7)) + AT(i, 8) * (N(AT(i, 6), 8) -N(AT(i, 5), 8))AT(i, 10) = AT(i, 4) * AT(i, 3) * AT(i, 9) / AT(i, 2)NEXT iFOR i = 1 TO NNIF N(i, 3) <> 0 THEN GOTO 1100FOR k = 1 TO ATIF AT(k, 5) <> i AND AT(k, 6) <> i THEN GOTO 1080TA = AT(k, 10) * ABS(AT(k, 7))IF AT(k, 5) = i AND N(AT(k, 6), 1) <= N(AT(k, 5), 1) OR AT(k, 6) = i ANDN(AT(k, 6), 1) >= N(AT(k, 5), 1) THEN N(i, 9) = N(i, 9) + TA ELSE N(i, 9) = N(i,9) - TA1080 : NEXT kN(i, 9) = N(i, 9) - N(i, 5)1100 : IF N(i, 4) <> 0 THEN GOTO 1170FOR k = 1 TO ATIF AT(k, 5) <> i AND AT(k, 6) <> i THEN GOTO 1150TA = AT(k, 10) * ABS(AT(k, 8))IF AT(k, 5) = i AND N(AT(k, 6), 2) <= N(AT(k, 5), 2) OR AT(k, 6) = i ANDN(AT(k, 6), 2) >= N(AT(k, 5), 2) THEN N(i, 10) = N(i, 10) + TA ELSE N(i, 10) =N(i, 10) - TA1150 : NEXT kN(i, 10) = N(i, 10) - N(i, 6)1170 : NEXT iLPRINT : LPRINT : LPRINT TAB(10); “ - SFORZI NORMALI NELLE ASTE - “:LPRINTFOR i = 1 TO ATIF AT(i, 10) = 0 THENcc$ = “asta scarica”GOTO 1200END IFIF AT(i, 10) < 0 THEN cc$ = “compressione” ELSE cc$ = “trazione”1200 : LPRINT TAB(5); “sforzo normale nell’asta”; i; “=”; AT(i, 10); “(“; cc$; “)”NEXT iLPRINT : LPRINT : LPRINT TAB(5); “ - REAZIONI VINCOLARI - “: LPRINTFOR i = 1 TO NNIF N(i, 3) <> 0 THEN GOTO 1260

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1999. Le travature reticolari

IF N(i, 9) < .0001 THEN N(i, 9) = 0LPRINT TAB(5); “reazione vincolare secondo x del nodo”; i; “=”; N(i, 9)1260 : IF N(i, 4) <> 0 THEN GOTO 1280IF N(i, 10) < .0001 THEN N(i, 10) = 0LPRINT TAB(5); “reazione vincolare secondo y del nodo”; i; “=”; N(i, 10)1280 : NEXT iEND

1300 : LPRINT TAB(10); “ - DATI INIZIALI - “LPRINT “numero dei nodi : “; NNLPRINT “numero delle aste:”; ATLPRINT “grado di molteplicità dei vincoli esterni:”; MVIF A$ <> “s” THEN GOTO 1360LPRINT “modulo di Young:”; EY: GOTO 13701360 : FOR i = 1 TO AT: LPRINT “modulo di Young dell’asta”; i; “:”; AT(i, 4):NEXT i1370 : LPRINT “COORDINATE DEI NODI E DEI VINCOLI”LPRINT “nodo”; TAB(11); “x”; TAB(21); “y”; TAB(30); “vincolo”FOR i = 1 TO NNIF N(i, 3) = 0 AND N(i, 4) = 0 THENG$(i) = “cerniera”: GOTO 1440END IFIF N(i, 3) = 0 AND N(i, 4) <> 0 THENG$(i) = “carrello verticale”: GOTO 1440END IFIF N(i, 3) <> 0 AND N(i, 4) = 0 THENG$(i) = “carrello orizzontale”: GOTO 1440END IFIF N(i, 3) <> 0 AND N(i, 4) <> 0 THENG$(i) = “nodo libero”: GOTO 1440END IF1440 : NEXT iFOR i = 1 TO NN: LPRINT i; TAB(10); N(i, 1); TAB(20); N(i, 2); TAB(30); G$(i):NEXT iLPRINT “DATI ASTE”LPRINT “asta”; TAB(8); “nodo iniziale”; TAB(25); “nodo finale”; TAB(42); “area”FOR i = 1 TO ATLPRINT i; TAB(10); AT(i, 5); TAB(25); AT(i, 6); TAB(45); AT(i, 3)NEXT iLPRINT “CARICHI”LPRINT TAB(10); “nodo”; TAB(20); “forza orizzontale”; TAB(40); “forza vertica-le”FOR i = 1 TO NNIF N(i, 5) = 0 AND N(i, 6) = 0 THEN GOTO 1560LPRINT TAB(10); i; TAB(25); N(i, 5); TAB(45); N(i, 6)1560 : NEXT i

RETURN

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Page 201: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

200 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

È opportuno un commento del programma sopra riportato, facendo girare ilquale l’elaboratore chiede i seguenti dati iniziali:1) il numero dei nodi (NN);2) il numero delle aste (AR);3) il grado di molteplicità complessivo dei vincoli esterni (MV);4) per ogni nodo: l’ascissa, l’ordinata e i due numeri che contrassegnano le

direzioni - orizzontale e verticale - presenti al nodo (è chiaro che si digiterà0 ad ogni richiesta di numero contrassegnante una direzione mancante, unadirezione, cioè, che non è libera ma vincolata). È evidente che in una ver-sione migliorata dei programma si potrebbero sostituire gli ultimi due inputcon uno solo (risparmiando complessivamente NN input): un numero o unalettera che indichi come il nodo è vincolato all’esterno (ad esempio: 1 =nodo libero, 2 = carrello con piano di scorrimento orizzontale, 3 = carrellocon piano di scorrimento verticale, 4 = cerniera; e ciò con l’evidente inten-zione di far uso di un’istruzione ON GOTO). È chiaro che in quest’ipotesila numerazione delle direzioni libere avverrebbe automaticamente (e quin-di sarebbe necessario modificare anche la parte di output del programma eparlare di spostamenti dei nodi e non di spostamenti in certe direzioni nu-merate dal computer e non da noi);

5) per ogni asta: l’incidenza, l’area della sezione retta e il modulo di Youngdel materiale di cui è formata; come si può notare dal listato del programma(blocco d’istruzioni iniziale) c’è la possibilità di trasmettere una volta pertutte uno degli ultimi due dati o entrambi, se tutte le aste presentano lastessa sezione retta e/o sono costituite tutte dallo stesso materiale. L’inci-denza (T) di ciascuna asta è un numero ricavabile con la seguente espres-sione: T = 1000 l + J; dove:l = numero che contrassegna il nodo iniziale dell’asta (o, in altre parole,

del primo estremo dell’asta: quello con la numerazione più bassa delledirezioni libere);

J = numero che contrassegna il nodo terminale dell’asta (il secondo estre-mo);

in sostanza l’incidenza di un’asta fornisce una fondamentale informazione:dice quali nodi quest’asta collega.

6) infine vengono chiesti quali sono i nodi caricati e quanto valgono le duecomponenti - orizzontale e verticale - di ogni forza nodale.Tutti i dati vengono immagazzinati in due matrici: una che contiene i dati

riguardanti i nodi ed una che contiene tutti i dati riguardanti le aste. In dettematrici verranno raccolti, al posto giusto, anche i risultati che scaturiranno dalcalcolo.

La matrice N contiene i dati riguardanti i nodi, riga per riga (la riga i-esima

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2019. Le travature reticolari

conterrà i dati dell’i-esimo nodo, per i = 1, 2, .... NN) nel seguente ordine:1a colonna: ascissa;2a colonna: ordinata;3a colonna: direzione libera orizzontale presente al nodo (0 se non c’è);4a colonna: direzione libera verticale presente al nodo (anche qui 0 se non c’è);5a colonna: componente orizzontale della forza nodale;6a colonna: componente verticale della forza nodale;7a colonna: spostamento orizzontale del nodo, resterà nullo se N (1, 3) = 0, cioè

se la direzione orizzontale nodale è vincolata, altrimenti questa casella saràriempita quando, risolto il sistema di equazione (9.2.7), saranno noti i δi;

8a colonna : spostamento verticale del nodo (casella che sarà riempita con ana-loghe modalità a quelle dette per il termine precedente);

9a colonna: reazione orizzontale del nodo (casella che sarà riempita se il nodo èvincolato a terra, se cioè il nodo è impedito di spostarsi secondo x e pertantoè N (1, 3) = 0; se invece, il nodo è libero resterà N (1, 9) = 0;

10a colonna: reazione verticale del nodo (casella riempita con modalità analoghea quelle dette per la reazione orizzontale).La matrice AT contiene i dati delle aste e presenta anch’essa 10 colonne e

tante righe quante sono le aste (si è scelto - come è possibile fare - lo stessonome AT sia per denotare la variabile che contiene il numero delle aste che perdenotare la matrice, di AT righe, che contiene i dati delle aste). Nell’istruzioneDIMENSION, della sesta riga, si può controllare quanto sopra detto.

Anche in questo caso i dati sono sistemati riga per riga; i dati dell’r-esima asta,in altre parole, occuperanno l’r-esima riga (r = 1, 2, .... AT) della matrice AT (di ATrighe 10 colonne) e ciò nel seguente modo:1a colonna: incidenza;2a colonna: l(r) lunghezza dell’asta;3a colonna: area della sua sezione retta;4a colonna: modulo di Young dei materiale di cui è formata l’asta;5a colonna: numero che contrassegna il nodo iniziale;6a colonna: numero che contrassegna il nodo terminale;7a colonna: λ (r) = cos α (r);8a colonna: µ (r) = cos β(r);9a colonna: ∆l(r) = variazione di lunghezza dell’asta (r) (ovviamente questa

casella potrà essere riempita solo dopo che è stato risolto il sistema di equa-zione (9.2.7));

10a colonna: sforzo normale nell’asta (conoscibile solo dopo che è noto ∆l(r)).Dette x1 e y1 le coordinate del primo estremo dell’asta (r), x2 e y2 le coordi-

nate del secondo estremo, è chiaro come dal programma si determinino l(r) , λ(r)e µ(r):

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202 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

(r) 2 1 2 1

(r)2 1

(r)

(r)2 1

r

l = (x x ) + (y y )

= x x

l

= y y

l

− −−

2 2

λ

µ( )

(9.2.18)

Per determinare i numeri n1col quale è stato denotato il nodo iniziale e n2che contrassegna quello finale, nota l’incidenza T(r), nel programma si fa usodelle seguenti relazioni:

n1= INT (T(r) /1000) n2 = INT (T(r) – n1 1000) (9.2.19)

INT è una funzione aritmetica del BASIC che dà una rappresentazione inte-ra del parametro posto tra parentesi utilizzando il maggiore intero che non siapiù grande del parametro stesso (per esempio: INT (3.5) = 3, INT (- 3.5) = - 4,ecc.).

Così, ad esempio, l’asta 4 di Fig. 9.15 ha incidenza 3004. Il primo estremosarà:

n1 = INT (3004/1000) = INT (3.004) = 3e il secondo estremo:

n2 = INT (3004 - 3x1000) = INT (4) = 4È chiaro che in una versione ottimizzata del programma potrebbero essere

ridotte le dimensioni della matrice AT, con conseguente risparmio di locazionidi memoria (l’incidenza, per esempio, una volta che è servita a determinare ilprimo e il secondo estremo di un’asta, potrebbe non essere conservata ridu-cendo così AT di una colonna).

Una volta inseriti nelle due matrici (N e AT) i vari dati iniziali si costruiscela matrice completa del sistema di equazioni, che è risolto col metodo di Gauss-Jordan. A questo punto sono noti gli spostamenti nodali (che sono collocatinella 7a e 8a colonna di N) e si risale facilmente - come già detto - alle variazio-ni di lunghezza e agli sforzi normali nelle varie aste (che vengono rispettiva-mente collocati nella 9a e 10a colonna di AT). Vengono infine calcolate le rea-zioni vincolari (inseriti nella 9a e 10a colonna di N).

Il programma offre la possibilità di ottenere la stampa dei dati inizialmentetrasmessi al computer (il che può servire a controllare che non siano stati com-messi errori nella trasmissione dei dati stessi al computer).

I risultati forniti sono:a) gli spostamenti nelle varie direzioni libere considerate (cioè le soluzioni

del sistema di equazioni);b) gli sforzi normali in tutte le aste (è bene ricordare che le compressioni ven-

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2039. Le travature reticolari

gono considerate negative e le trazioni positive);c) le reazioni vincolari.

In definitiva il programma fornisce tutti i dati necessari per completare ilprogetto della travatura reticolare (cioè per passare al dimensionamento delleaste e al calcolo dei collegamenti - chiodati, bullonati o saldati - tra le stesse).

È forse superfluo dire che è possibile risolvere la travatura reticolare utiliz-zando un metodo diverso da quello proposto.

Per quant’attiene il proporzionamento delle aste è evidente come debbaprocedersi: in base agli sforzi normali scaturiti dal calcolo si effettua un di-mensionamento, ponendo particolare attenzione alla verifica all’instabilità la-terale delle aste compresse.

9.3. Particolari costruttivi delle travature reticolati piane

Già si è detto di alcune prescrizioni regolamentari che vanno seguite, nellaprogettazione delle travature reticolari. Si ritiene qui opportuno brevementeriassumerle e aggiungere dell’altro, allo scopo di fornire al lettore interessatoalcuni suggerimenti utili alla progettazione più razionale di tali strutture. Af-finché le aste di una struttura reticolare siano sollecitate esclusivamente a sfor-zo normale è necessario che i carichi agiscano ai nodi. Per tale motivo gliarcarecci (altrimenti dette terzere) devono essere posti in corrispondenza deinodi stessi (gli arcarecci sono le travi costituenti l’orditura secondaria, sullequali scarica la copertura o il piano di calpestio sostenuto dalla travatura reti-colare). In Fig. 9.17 è rappresentato un solaio in lamiera grecata e calcestruzzogettato in opera, sostenuto da travi reticolari: si può notare che gli arcarecci -costituiti da travi a doppio T - capitano in corrispondenza dei nodi delle varietravature reticolari.

Fig. 9.17

cls. gettatoin opera

arcareccio

travature reticolari

rete metallica elettrosaldata

lamiera grecata zincata

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204 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Per impedire che nascano coppie indesiderate (alle estremità delle aste) ènecessario che gli assi delle aste - che sono le rette d’azione degli sforzi nor-mali - giacciano su uno stesso piano. Per ottenere ciò è necessario che le sezio-ni rette delle aste siano simmetriche rispetto a tale piano di sollecitazione. Quin-di, per realizzare le aste, vanno preferibilmente utilizzati profilati di sezionecome quelle riportate in Fig. 9.18.

In Fig. 9.19 sono riportati alcuni esempi di nodi di travature reticolari rea-lizzate utilizzando, esclusivamente o prevalentemente, i profili di Fig. 9.18(vedremo più avanti che i profili a doppio T sono, per lo più, utilizzati perrealizzare travature reticolari fortemente sollecitate).

Fig. 9.19

lamiere per fazzoletti o imbottiture

Fig. 9.18

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2059. Le travature reticolari

Al fine di avvicinarsi il più possibile alla realizzazione delle cerniere teori-che, in ogni nodo, gli assi baricentrici delle aste devono confluire in un mede-simo punto. Sempre al fine di raggiungere tale obiettivo, anche gli assi deicollegamenti (chiodati, bullonati o saldati) - detti assi di truschinaggio - devo-no convergere nel punto dove è stata pensata la cerniera.

Insomma l’ideale sarebbe - come accade nel nodo rappresentato in Fig.9.20 - che sia gli assi delle aste che gli assi di truschinaggio confluissero nelpunto dove, nello schema statico assunto per il calcolo, è stata ritenuta presen-te la cerniera. Se ciò non fosse possibile, ci si può accontentare di raggiungereuno solo dei due obiettivi suddetti, ovviamente valutando le conseguenze chene derivano.

Fig. 9.20

Per fare in modo che un’unione saldata risulti baricentrica si può interveni-re - in sede di progettazione strutturale - sulla lunghezza e sullo spessore deicordoni di saldatura. Ad esempio, con riferimento alla Fig. 9.21a, per fare inmodo che il collegamento saldato (formato da due cordoni longitudinali diuguale spessore) risulti baricentrico, con ovvio significato dei simboli e sem-pre con riferimento alla Fig. 9.21a, deve aversi:

bs ys = bi yi (9.3.1)In alcuni casi non è agevole tenere i baricentri degli elementi di connessio-

ne (chiodi o bulloni) giacenti sull’asse dell’asta. Fermo restando che se non èpossibile evitare flessioni secondarie è sempre opportuno contenerle (e ciò,evidentemente, si ottiene posizionando i chiodi o bulloni in maniera che l’assedi truschinaggio risulti il più vicino possibile all’asse dell’asta, per ridurre l’ec-centricità), si dovrà, in questi casi, procedere alla verifica degli elementi diconnessione tenendo debitamente conto della non coincidenza tra l’asse del-l’asta e quello di truschinaggio.

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Page 207: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

206 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Ad esempio, con riferimento al semplice caso di Fig. 9.21b, di unione bul-lonata non baricentrica, i due elementi di connessione dovranno assorbire, ol-tre all’azione tagliante parallela all’asse dell’asta (derivante dallo sforzo nor-male N in essa presente e pari a N/2 per ogni bullone), un’ulteriore azionetagliante H dovuta all’eccentricità e, perpendicolare all’asse dell’asta. In altreparole, i due bulloni del collegamento riportato in Fig. 9.21b, devono assorbirela flessione secondaria N·e con due azioni taglianti H, verticali, in grado diformare la coppia equilibrante:

H i = N e (9.3.2)da cui:

H = N e

i (9.3.3)

Ne consegue che entrambi i bulloni sono soggetti ad un’azione taglianterisultante, pari a:

R = N2

+ N e

i= N

14

+ ei

2 2 2

(9.3.4)

che produrrà in ognuna delle due sezioni rette, del singolo bullone, sollecitatealla recisione, una tensione tangenziale media pari a:

bb

= R

2 τ

ω (9.3.5)

Fig. 9.21

a)

b)

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Page 208: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2079. Le travature reticolari

(dove ωb è l’area della sezione retta del bullone).Ovviamente, la cerniera teorica - articolazione senza attrito fra le aste - non

si riesce a realizzare e tutto quanto sopra detto tende a fare in modo che, nellapratica esecuzione delle travature reticolari, ci si possa avvicinare, nel limitedel ragionevole, ad essa.

Le varie aste che compongono una travatura reticolare vengono general-mente collegate tra loro ricorrendo a una piastra di lamiera (detta fazzoletto,alla quale sono unite ciascuna tramite il dispositivo di collegamento prescelto(chiodatura, bullonatura o saldatura). Un fazzoletto - di forma esagonale irre-golare - è stato già rappresentato in Fig. 9.20. Siccome lo stato tensionale in-dotto nei fazzoletti - dagli elementi di connessione - è di non facile valutazio-ne, si consiglia di definirne lo spessore con un po’ di generosità.

Al fine di conferire ai fazzoletti la forma più opportuna (cercando di conte-nere le dimensioni, senza, però, complicarne la pratica realizzazione) si puòrecepire il suggerimento - fornito dalla letteratura tecnica al riguardo - di am-mettere che lo sforzo trasmesso da ogni bullone o cordone di saldatura, al faz-zoletto stesso, si diffonda in una zona delimitata da due rette inclinate di 30°con l’asse dell’asta (Fig. 9.22). Ovviamente bisogna preoccuparsi di agevolarela pratica esecuzione del manufatto e, pertanto, si adotteranno tutte quelle sem-plificazioni formali che vanno in questa direzione (anche se le dimensioni delfazzoletto non risultassero contenute al massimo).

Fig. 9.22

Le aste di parete possono essere collegate direttamente ai correnti (senzaricorrere, quindi, ai fazzoletti, così come è esemplificato in Fig. 9.23) in queicasi in cui c’è spazio sufficiente per realizzare i collegamenti. Ciò accade so-vente per travi reticolari a sostegno di solai in lamiera ondulata o grecata e cls.gettato in opera, specialmente quando la struttura reticolare non è chiamata agiocare ruoli statici impegnativi.

In tali casi potrebbero essere utilizzate travature reticolari con aste di parete

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:39207

Page 209: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

208 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

in tondo. L’esempio riportato in Fig. 9.24 vede ciascuno dei correnti formatoda due profilati a L a lati uguali mentre le aste di parete sono costituite da untondo di acciaio serpeggiante, sagomato - per meglio dire - in modo da costitu-ire una triangolazione continua. Sono possibili, evidentemente, numerose va-rianti: si può costituire, ad esempio, i correnti con profili a T o con mezzi IPEe le aste in tondo d’acciaio, anziché continue, potrebbero essere tagliate a tron-chi. Queste travi possono rappresentare una soluzione economicamente van-taggiosa nel caso in cui le forze di taglio fossero di modesta entità (travi retico-lari a sostegno di solai o di coperture poco caricate).

Fig. 9.23

Fig. 9.24

particolare nodo

cordonidi saldatura

Per travature reticolari fortemente sollecitate si vedono spesso impiegatiprofili a doppio T (IPE o HE).

La Fig. 9.25 vuol essere un esempio di tali strutture: i correnti sono formatida profilati IPE o HE B, le aste di parete da coppie di C, le unioni tra le asteavvengono tramite fazzoletti saldati (ai quali le aste di parete possono esserecollegate tramite bullonatura o saldatura).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40208

Page 210: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2099. Le travature reticolari

Quando le aste delle travature reticolari sono costituite da due profili (adesempio: due C o due L) è opportuno collegarli, in alcune sezioni, con pezzi dilamiera (se ne vedono - come mostra la Fig. 9.26 - di forma rettangolare oquadrata o, anche, circolare e quest’ultime vengono generalmente chiamaterosette d’imbottitura) dello stesso spessore dei fazzoletti.

Fig. 9.25

Fig. 9.26

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40209

Page 211: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

210 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Tali elementi di lamiera - detti piastrine di imbottitura - solidarizzano i dueprofili e vengono posti a distanza non maggiore di 50 ςy l’uno dall’altro (ςy è ilraggio d’inerzia, secondo y, della sezione retta dell’asta).

Al posto delle piastrine d’imbottitura potrebbero essere utilizzati, con lo stes-so scopo, spezzoni di profilati.

Qualora i collegamenti nodali sono realizzati tramite chiodature o bullonatu-re, è indispensabile accertarsi che l’indebolimento rappresentato dalle foratureper il passaggio dei chiodi o dei bulloni non sia tale da compromettere la capacitàdell’asta di assorbire, con sicurezza, lo sforzo normale in essa presente.

È indispensabile effettuare una verifica delle aste compresse, a carico di pun-ta ed è possibile assumere come lunghezza libera d’inflessione la lunghezza ef-fettiva dell’asta solo se i nodi posti alle estremità dell’asta stessa sono impediti -da idonee controventature - di uscire dal piano della struttura.

Naturalmente, allorché si calcola una struttura reticolare, è necessario con-trollarne la deformabilità, perché l’esperienza insegna che nascono più problemidi eccessiva deformabilità che di scarsa resistenza (travature reticolari perfetta-mente in grado di resistere ai carichi applicati, ma che presentano deformabilitàeccessiva, con i conseguenti inestetismi). D’altronde si sa che per le strutturemetalliche è necessario controllarne la deformabilità. Tutto quanto sopra dettorappresenta ciò che principalmente bisogna tenere presente nella progettazionedelle travature reticolari piane. Nell’esempio numerico che segue avremo la pos-sibilità di esaminare qualche altro dettaglio costruttivo (soprattutto riguardantele condizioni di vincolo esterne della struttura).

Si è visto, in conclusione, che il progetto di strutture reticolari è veramentefacile: pochi sono, tutto sommato, gli accorgimenti che bisogna osservare ed illoro calcolo, se si dispone del computer, è semplice e conducibile in pochissimotempo. Più impegnativo ci sembra il disegno esecutivo di tali strutture, se il pro-gettista volesse produrre elaborati grafici ben dettagliati e completi, che sempli-ficherebbero non poco il lavoro delle maestranze chiamate a realizzare l’opera.

ESERCIZIO N. 13

Calcolare la copertura, formata da capriate alla Palladio (il cui schema staticoè riportato in Fig. 9.27) poste ad interasse di 3 m, a sostegno di una lamieragrecata, soletta di riempimento in cls. (Rbk = 250 kg/cm2) armata con rete me-tallica elettrosaldata, strati d’impermeabilizzazione e coppi, così come risultadal particolare costruttivo di Fig. 9.28.

I profilati da utilizzare nella costruzione saranno formati da acciaio tipo Fe360 (σadm = 1600 kg/cm2).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40210

Page 212: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2119. Le travature reticolari

Supponiamo che la lamiera grecata suddetta sia di 8/10 di spessore (vale adire che è spessa 0.08 cm) e passo tra le nervature pari a 13.3 cm.

Calcoleremo una striscia di solaio di larghezza pari all’interasse tra le ner-vature della lamiera grecata.

Occorre, innanzi tutto, effettuare un’analisi dei carichi del singolo travettoper acquisire i dati necessari ad accertare se la lamiera grecata, con getto dicls., riesca ad assolvere ai compiti statici affidatigli.ANALISI DEI CARICHI DEL SOLAIO (singolo travetto)a) lamiera grecata (spessore 8/10; peso

proprio: 16.4 kg/m2): 16.4 × 0.1333/1.00 .......................... = 2.186 kg/mlb) getto di conglomerato cementizio armato con rete metallica

elettrosaldata φ 6 a maglia quadrata 15 × 15 cm2

(0.1333×0.02+((0.1333–0.0883)+0.03)×0.095/2×1×2500= 15.571 kg/ml

Fig. 9.27

Fig. 9.28

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40211

Page 213: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

212 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

c) impermeabilizzazione: rivestimento omogeneo pesantecostituito da uno o due strati di asfalto miscelato conbitume e sabbia (peso proprio = 40 kg/m2)40 × 1 × 0.1333 ................................................................. = 5.332 kg/ml

d) coppi (peso proprio = 80 kg/m2):80 × 1 × 0.1333 ............................................................... = 10.664 kg/mlsommano ......................................................................... 33.753 kg/ml

che si arrotondano a p = 34 kg/ml (il peso proprio dell’insieme, a metro qua-drato, è pari a p' = 34 × 100/13.33 = 255.064 kg/m2 ≅ 255 kg/m2).

Per formare la soletta di riempimento si è pensato ad un cls. ordinario, chepesa - compresa l’armatura - 2500 kg/m3.

Era, evidentemente, possibile realizzare la soletta con cls. leggero, semprearmata con la rete elettrosaldata poc’anzi descritta (e, indubbiamente, sarebbestato meglio perché si alleggeriva la copertura).2

Si ritiene agente sulla copertura un carico di neve - a metro quadro - pari ag' = 135 kg/m2; mentre sul singolo travetto sarà agente un carico di neve pari ag = 135 × 13.33/100 = 17.9955 kg/ml ≅ 18 kg/ml.

Il carico complessivo, agente sulla copertura, è pari a q' = p'+ g' = 255 + 135= 390 kg/m2. Il carico complessivo, riguardante il singolo travetto, è pari a q =p + g = 34 + 18 = 52 kg/ml. Non è stato valutato il peso proprio della capriatae degli arcarecci perché ciò non interessa, in questa fase del calcolo.

Abbiamo prima detto di voler verificare proprio un singolo travetto, corri-spondente a una delle nervature della lamiera grecata.

Il travetto è continuo sugli arcarecci.Effettueremo due verifiche a flessione: una per il massimo momento posi-

tivo ed una per il massimo momento negativo.Per semplicità - e a vantaggio di statica - trascureremo la presenza della rete

metallica elettrosaldata (alla quale, quindi, affideremo esclusivamente il com-pito di assicurare l’aderenza acciaio–calcestruzzo, essendo in grado tale arma-

2 I calcestruzzi leggeri sono quelli caratterizzati da un peso proprio non superiore a 1800 kg/m3. Essi posso-no essere ottenuti o creando dei vuoti all’interno del materiale (ad esempio tramite un processo chimicoche provoca la formazione di bolle d’aria, più o meno piccole, uniformemente distribuite all’interno dellamassa di cls.) o mediante l’utilizzo di inerti leggeri, che possono essere naturali (ad esempio, la pomice) oartificiali (tra i quali molto successo ha avuto l’argilla espansa). Come inerti si è utilizzato, con esitopositivo, oltre alla pomice e all’argilla espansa: la lava, la vermiculite, la perlite, le scorie schiumose,l’argilla schiumosa espansa, lo schisto espanso, il polistirolo espanso.Le resistenze a compressione, trazione e taglio dei calcestruzzi leggeri risultano inferiori a quelle deicalcestruzzi normali. Si può, anzi, sostenere che più si riduce il rapporto peso/volume, più vengono adessere compromesse le resistenze del cls. ottenuto. Ma, per la nostra copertura, ciò non sarebbe un proble-ma, sia perché non ci servono resistenze particolarmente elevate, sia perché potremmo utilizzare calce-struzzo leggero di peso specifico più elevato (1400÷1800 kg/m3), ottenuto con l’aggiunta di sabbia natura-le, per il quale è molto semplice raggiungere la resistenza di 250 kg/cm2 (per tali cls. si potrebbe anchearrivare a resistenze di 400 kg/cm2). I cls. leggeri hanno dato ottimi risultati come calcestruzzi isolanti.

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Page 214: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2139. Le travature reticolari

tura, se non altro, di limitare le fessurazioni da ritiro nel cls., soprattutto nelcaso che la copertura fosse notevolmente estesa in pianta e più o meno diretta-mente esposta all’insolazione o non perfettamente coibentata).

Conviene, innanzi tutto, acquisire i dati – riguardanti la sezione – necessariad effettuare le suddette verifiche a flessione.

Esaminiamo il caso in cui la sezione (Fig. 9.29) sia sollecitata da un mo-mento flettente di segno positivo (tendente, cioè, le fibre inferiori).

Fig. 9.29

La posizione dell’asse neutro (definita dalla sua distanza yn dal bordocompresso della sezione) si trova annullando l’espressione del momento stati-co, scritto rispetto a tale asse, dell’intera sezione parzializzata ed omogeneiz-zata: nella flessione semplice retta l’asse neutro è baricentrico (e, ovviamente,il momento statico, di un sistema di masse, scritto rispetto ad un suo asse bari-centrico, è nullo).

Con qualche accettabile approssimazione (consistente nel ritenere verticalile pareti inclinate del travetto di lamiera grecata) si ha (v. Fig. 9.29):

b2

yd2

( y s ) + n2

n2− − − −

− − −

n d t ( y s ) + 2n t2

(y s ) +

2n t2

( H y ) n a t ( H y ) = 0

n n2

n2

n- (e13.a)

dove n è il coefficiente di omogeneizzazione.Mediante semplici passaggi algebrici, si può portare la (e13.a) nella forma

seguente:

b d2

y + d s + n t (d 2 s + 2 H a) y

d s

2 n t (d s s + H + a H ) = 0

n n

2

- 2

22

− −[ ] +

− − − (e13.b)

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40213

Page 215: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

214 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

che rappresenta un’equazione di secondo grado, meglio osservabile scriven-dola così:

α β γ y + y + = 0n2

n

dove α, β e γ sono posizioni facilmente individuabili dal lettore.La cercata distanza yn viene ad essere - come è ovvio - la radice positiva

della (e13.b).Noto yn è facile determinare il momento di inerzia Ici, della sezione parzia-

lizzata e omogeneizzata, rispetto all’asse neutro:

Ib y d y s

n d t y s n a t H y

n tH s n t H s

H ss y

b y d y sn t d y s a H y H s

cin n

n n

n

n nn n

= −−( ) + −( ) + −( ) +

+ −( ) + −( ) − + −

=

= −−( ) + −( ) + −( ) + −(

3 32 2

32

3 32 2

3 3

212

22

3 3)) −( ) + + −

H s H s

yn

2 2

62

2

I moduli di resistenza, all’estradosso (cls.) e all’intradosso (acciaio) valgono:

s+ ci

n

i+ ci

n

W = Iy

W = In ( H y )−

È chiaro che si determineranno le tensioni al lembo superiore (σcs), nel cls.,e al lembo inferiore (σfi), intradosso della lamiera grecata, appena noto il mo-mento flettente positivo M+ sollecitante la sezione, semplicemente, utilizzan-do le note relazioni seguenti:

cs

+

s+

fi

+

i+

= MW

= MW

σ

σ

Quando sulla sezione in esame agisce un momento flettente di segno nega-tivo (tendente, cioè, le fibre superiori) la condizione di annullamento del mo-mento statico diviene (v. Fig. 9.30):

- - -a2

yn2 n a t y 2

n t2

y + 2n t2

( H y s) +

+ n d t (H y s ) + n A ( H y c) = 0

n n2

n2

n f n

− −

− − ′ − −dove Af è l’area di un’eventuale armatura metallica (formata dai soliti tondini

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40214

Page 216: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2159. Le travature reticolari

per c.a.) che potrebbe essere inserita dalla parte delle fibre tese superiori, quandol’entità del momento flettente negativo lo giustifichi.

Fig. 9.30

Mediante semplici passaggi algebrici, si ricava:

− − − + − −( ) +

+ − −( ) + − −( ) =

ay n a t y

n ty

n tH y s

n d t H y s n A H y c

n n n n

n f n

22

22

2

0

2 2 2

'(e13.c)

La distanza yn coincide con la radice positiva dell’equazione di secondogrado (e13.c). Noto yn , il momento d’inerzia dell’intera sezione parzializzataed omogeneizzata, scritta rispetto all’asse neutro, vale:

Ia y

n a t y n d t H y s n tH s

n t H sH s

y n A H c

a yn t a y d H y s H s

H s H s

cin

n n

n f

nn n

= + + − −( ) + −( ) +

+ −( ) − −

+ −( ) =

= + + − −( ) + −( ) −( ) + − −

32 2

3

22

32 2

2

32

12

22

3 62

2

'

yy n A H cn f

+ −( )

22'

I moduli di resistenza, all’estradosso (acciaio) e all’intradosso (cls.) valgono:

W = In (H y s)

( Wsci

ns

− −

− − ′ −lamiera) e = I

n (H c)(armatura)ci

W = Iy

ici

n

− (cls.)

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40215

Page 217: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

216 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Il singolo travetto che dobbiamo verificare è a due campate di luce pari a l= 3.13 m (v. Fig. 9.27). Il carico agente (q = 52 kg/ml) va scomposto nelladirezione del travetto (q' = 52 sen 28.61° = 24.9 ≅ 25 kg/ml) e nella direzionead esso perpendicolare (q'' = 52 cos 28.61° = 45.65 ≅ 46 kg/ml).

Il momento flettente massimo, di segno negativo, vale:

M =q l

8= 46

3 13

8= 56 332 kg m = 5633 2 kg cm

2− ′′ × × ×

2 .. .

Mentre il massimo momento positivo vale:

+ 2 2M =9

128 q l =

9128

46 3 13 = 31 687 kg m = 3168 7 kg cm′′ × × × ×. . .

Assumendo come schema statico quello di Fig. 9.31, le verifiche a flessio-ne semplice forniscono:

a) per il momento massimo negativo:

n ci2

fs2y = 4 265 cm = 66 4 kg / cm = 652 23 kg cm. . . /σ σ3 −

b) per il momento massimo positivo:

n cs2

fi2y = 3 1 cm = 18 2 kg / cm = 410 6 kg cm. . . /0 4 3 7σ σ −

avendo assunto, come coefficiente di omogeneizzazione, il valore n = 8.

Fig. 9.31

Pertanto il solaio, costituito dalla lamiera grecata di 8/10 di spessore e dalgetto di cls. come riportato in Fig. 9.27, è verificato e, visto che le tensionimassime risultano sensibilmente inferiori ai valori ammissibili, si ritiene dipoter chiudere i calcoli di verifica, riguardanti il singolo travetto del solaio dicopertura, trascurando lo sforzo normale sollecitante la sezione e dovuto allacomponente del carico nella direzione del travetto. Il solaio in parola trasferi-sce all’appoggio intermedio, corrispondente all’arcareccio più sollecitato (quelloposto a metà falda), il seguente carico distribuito:

q =108

q l = 108

390 3 13 = 1525 87 kg/ml′ × × . .

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40216

Page 218: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2179. Le travature reticolari

Le capriate metalliche che di qui a poco calcoleremo sono poste ad interas-se i = 3 m, e pertanto, il momento massimo interessante l’arcareccio può essereapprossimativamente valutato pari a:

max.

.M =q l10

= 1525 87 3

10= 137328 75 kg cm

2 × ×2

Per definire il profilato da utilizzare per realizzare l’arcareccio è necessariotener conto che esso è sollecitato a flessione deviata. È possibile, però, ridurre laflessione deviata inserendo dei tirantini di sospensione (v. Fig. 9.32), che con-sentono di riferirsi a una luce ridotta per il calcolo di Mx (nel caso della Fig. 9.32si farà riferimento alla luce i/3). Nel nostro caso l’inserimento di un tirantino disospensione tra due capriate consente di riferirsi alla luce ridotta l = i/2, conconseguente riduzione del momento Mx, nel piano della falda. In Fig. 9.33 èriportato un possibile aggancio arcareccio-tirantino di sospensione; mentre inFig. 9.34 è riportato un possibile aggancio arcareccio-puntone della capriata.

Fig. 9.32

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40217

Page 219: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

218 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Il carico verticale q = 1525.87 kg/ml può essere scomposto nelle direzioni xe y (x e y sono gli assi baricentri e principali di inerzia della sezione) avendoqx = q sen 28.61° = 730.67 kg/ml e qy = q cos 28.61 = 1339.56 kg/ml.

I momenti Mx e My si possono valutare approssimativamente pari a:

M =

q l10

= 730 6 1 5

10 = 16 440 03 kg cm

M =

q l

10= 1339 5 3

10= 120 560 31 kg cm

xx

2 2

yy

2 2

..

.

. .

7

6

× ×

× ×

Fig. 9.33

Fig. 9.34

arcareccio

puntone

arcareccio

tirantino di sospensione

puntone

y x

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Page 220: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2199. Le travature reticolari

Per individuare l’IPE da adottare è opportuno fare riferimento al momentoche lo sollecita nella direzione debole, scegliendo un profilo che presenti unmodulo di resistenza non minore di:

yx

adm

2W = M

= 16 440 03

1600 = 10 275 cm

σ.

.

Pertanto va assodato se può essere utilizzato un IPE 180, per il quale si ha:Wx = 146 cm2 e Wy = 22.2 cm3, determinando le tensioni massime nella sezio-ne, prodotte dalla flessione deviata. Si ha (v. Fig. 9.35):

σ

σ

maxx

y

y

x

2adm

=MW

+ M

W=

16 440 0322 2

+ 120 560 31

146

= 1566 29 kg/ cm <

±

±

=

±

..

.

.

Fig. 9.35

Ne deriva che possono essere utilizzati IPE 180 per realizzare gli arcarecci.Naturalmente la lamiera grecata va fissata bene agli arcarecci e quest’ulti-

mi vanno fissati bene ai puntoni delle capriate.Da qualche anno è invalsa l’abitudine di fissare la lamiera grecata agli arca-

recci tramite chiodi sparati. Tali chiodi di collegamento potrebbero essere cal-colati a taglio, in base ai carichi che la lamiera grecata trasmette agli arcareccinella direzione della falda. La pratica di usare chiodi sparati incontra tutto ilfavore delle imprese esecutrici (per la velocità di messa in opera e per l’econo-micità); ma sarebbe da evitare (non foss’altro perché è pressoché impossibileposizionare i chiodi con esattezza).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40219

Page 221: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

220 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Arrivati a questo punto è necessario valutare i carichi agenti sui nodi dellatravatura reticolare.

Trascurando il peso proprio degli arcarecci e tenendo conto della continuitàstrutturale (la Fig. 9.31 aiuta a comprendere il perché del coefficiente 1.25 chetiene conto di tale continuità) si ha:

Pa = 390 × 3.132/2 × 3.00 = 1832.22 kg ≅ 1840 kgPb = 390 × 3.132 × 3.00 × 1.25 = 4580.55 kg ≅ 4580 kgPc = 2 × Pa = 3664.44 kg ≅ 3670 kgIn Fig. 9.27 è riportato lo schema statico da calcolare, completo della nu-

merazione dei nodi, delle aste e delle direzioni libere di spostamento.La seguente tabella raccoglie ordinatamente le coordinate dei nodi:

NODO x y

1 0.00 0.002 2.75 1.503 5.50 0.004 5.50 3.005 8.25 1.506 11.00 0.00

Evidentemente, le coordinate appena riportate sono espresse in metri.La seguente tabella raccoglie le incidenze, asta per asta.

ASTA INCIDENZA

1 10022 10033 20034 20045 30046 30057 30068 40059 5006

Essendo la struttura isostatica gli sforzi normali nelle aste non dipendonodalle aree delle loro sezioni rette e, pertanto, si può trasmettere al computer ciòche si vuole, riguardo alle aree delle sezioni; ad esempio potrebbero essereposte tutte unitarie. Ovviamente, si provvederà a dimensionare bene le astesuccessivamente, appena noti gli sforzi normali.

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40220

Page 222: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2219. Le travature reticolari

I dati sopra raccolti, insieme con quelli che facilmente si evincono osser-vando la Fig. 9.27, devono essere trasmessi al computer (utilizzando il pro-gramma riportato) ottenendo, tra l’altro, gli sforzi normali nelle varie aste, quidi seguito ordinatamente raccolti:

ASTA SFORZO NORMALE (kg)

1 – 13396.62 + 11760.83 – 4782.34 – 8614.35 + 4580.06 – 4782.37 + 11760.88 – 8614.49 – 13396.6

Gli sforzi normali appena raccolti sono quelli forniti dal computer e da noiarrotondati.

È opportuno ricordare che gli sforzi normali negativi sono di compressione(pertanto risultano tesi la catena e il monaco e compressi i punti e le saette).

Occorre, adesso, pensare a come tecnologicamente realizzare la capriata edeffettuare – in base agli sforzi normali testé determinati – le necessarie verifi-che delle sezioni e dei collegamenti bullonati. Innanzi tutto, va notato che es-sendo la struttura simmetrica e simmetricamente caricata è sufficiente definiresolo le sezioni delle aste situate da una parte dell’asse di simmetria (evidente-mente i risultati si estenderanno all’altra metà della struttura).

È, poi, opportuno individuare qualche semplificazione costruttiva. Ad esem-pio: ogni puntone potrà essere realizzato mediante un’unica coppia di profilati(pensiamo a due profilati a U) ed anche la catena può essere formata da un’uni-ca coppia di profilati continui (pensiamo a due L). In altre parole, le aste (1) e(4) (e conseguentemente, attesa la simmetria della struttura, le aste (8) e (9))saranno costituite da una coppia di profilati a U, continui dal nodo 1 al nodo 4.Quindi, per dimensionare uno dei due puntoni occorre fare riferimento allosforzo normale massimo presente nelle aste (1) e (4); cioè a N = – 13396.6 kg.

Per quant’attiene i fazzoletti, si pensa che essi possano essere formati conlamiere da 10 mm di spessore.

Proviamo a vedere se è possibile realizzare i puntoni tramite due profilatiad U 100, serie normale, accoppiati (ali esterne, come riportato in Fig. 9.36) adistanza di 10 mm.

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40221

Page 223: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

222 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 9.36

Dal sagomario attingiamo – per tale sezione – i seguenti dati:A = area della sezione retta = 27 cm2

ςx = raggio d’inerzia rispetto all’asse x = 3.91 cmςy = raggio d’inerzia rispetto all’asse y = 2.52 cmLa lunghezza libera d’inflessione dell’asta (1) - che è la più sollecitata tra le

due che compongono il puntone - è pari a: lo = 313.25 cm.La snellezza λ di tale asta vale:

λ ς = l

= 313 25

2 52 = 124 3 124o

min

.

.. ≅

Il coefficiente ω corrispondente va letto sulle tabelle della curva c (astecomposte da più profilati) e risulta pari a: ω = 2.62.

Pertanto la verifica a carico di punta fornisce:

σ =2 62 13 396 6

27= 1299 97 kg / cm 1300 kg / cm2 2. .

.× ≅

Il fatto che la tensione massima risulti di circa 300 kg/cm2 inferiore all’am-missibile non può che esser giudicato positivamente, non avendo noi tenutoconto degli indebolimenti rappresentati dalle forature per il passaggio dei bulloni(indebolimenti che, comunque, non dovrebbero ridurre la sezione retta di oltre2 cm2 e, pertanto, la tensione massima dovrebbe restate sensibilmente al disotto dell’ammissibile anche considerando le forature praticate nei pezzi per ilpassaggio dei bulloni).

Ovviamente una verifica più precisa è possibile, tenendo conto di detti in-debolimenti, e possiamo vedere come può essere condotta: le anime dei dueprofili – di spessore pari a 6 mm – dovranno esser forate per consentire ilpassaggio di bulloni φ 14 (il foro sarà di diametro pari a 15 mm). I bulloni sonodisposti in una sola fila.

L’area della sezione retta si riduce diventando:

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40222

Page 224: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2239. Le travature reticolari

A = 27 2 0 6 1 5 = 25 2 cm2− × ×. . .

e conseguentemente si ha:

σ =2 62 13 396 6

25 2= 1392 82 kg/ cm2. .

..

×

D’altro canto il lettore avrà notato che si sta procedendo in maniera abba-stanza sbrigativa (pur segnalando le approssimazione adottate, tutte accettabi-li e generalmente adottate nelle pratiche calcolazioni).

Per definire l’asta (3) – e la simmetrica asta (6) – dobbiamo far riferimentoallo sforzo normale di compressione N = 4782.27 kg. Vediamo se tali astepossono essere realizzate mediante due profilati ad U, serie normale, 65 × 42,accoppiati con le ali all’esterno a distanza di 10 mm (quanto, cioè, lo spessoredei fazzoletti).

Dal sagomario, per tale sezione, attingiamo i seguenti dati.A = area della sezione retta = 18.1 cm2

ςx = raggio d’inerzia rispetto all’asse x = 2.52 cmςy = raggio d’inerzia rispetto all’asse y = 2.29 cmLa snellezza è pari a:

λ ς =l

=313 25

2 29= 136 79 137o

min

.

.. ≅

Il coefficiente ω - letto sulla tabella di cui alla curva c - vale: ω = 3.02.Pertanto la tensione normale vale:

σ = 3 02 4782 27

18 1 = 797 9 kg/ cm2. .

..

×3

In questo caso la tensione normale scaturita dal calcolo di verifica risultanotevolmente inferiore all’ammissibile (risulta, infatti, pari quasi alla metà delvalore ammissibile) e, pertanto, si potrebbe pesare di procedere a un ridimen-sionamento della sezione. Bisogna, però, tener conto che l’altezza dell’animatra le due ali è all’incirca paria a 5 cm, rappresentando uno spazio non propriocomodo per procedere al serraggio dei bulloni.

Ridurre la sezione significherebbe complicare il montaggio della struttura.Delle due l’una: o si cambiano i profili adottati (potrebbero essere usate due L,che lascino lo spazio di manovra per il serraggio dei bulloni) o si lasciano lecose come stanno (usando, cioè, due U 65 × 42). Decidiamo di adottare que-st’ultima soluzione.

Più semplice è la definizione delle aste restanti, perché, risultando tese, nonci creano problemi di carico di punta.

Per verificare la catena (aste (2) e (7)) dobbiamo fare riferimento allo sforzonormale N = 11760.8 kg. Verifichiamo se può essere adottata come sezione quel-

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40223

Page 225: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

224 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

la costituita da due angolari a lati disuguali e a spigoli tonti 40 × 60 × 5, accop-piati a T e a distanza, ovviamente, di 10 mm (così come è riportato in Fig. 9.37).

Per questa sezione composta, si attingono sul profilatario i seguenti dati:A = area della sezione retta = 9.58 cm2

ςx = raggio d’inerzia rispetto all’asse x = 1.89 cmςy = raggio d’inerzia rispetto all’asse y = 1.85 cmLe forature necessarie al passaggio dei bulloni da 14 mm di diametro ridu-

cono la sezione, che diventa di area:

A = 9 58 + 0 5 1 5 2 = 8 08 cm2. . . .× ×(si ricorda che il foro per il passaggio di un bullone di diametro non maggioredi 20 mm deve essere di diametro uguale a quello del bullone maggiorato di 1mm e cioè, nel nostro caso, il foro dev’essere di diametro pari a 14 + 1 = 15mm = 1.5 cm).

La verifica di sicurezza fornisce:

σ = 11 760 8

8 08 = 1455 54 kg / cm2.

..

Le lamiere di imbottitura dovrebbero essere poste in opera a distanza pariall’incirca a 50 volte il raggio d’inerzia secondo y della sezione; cioè a distan-za: 50 × 1.85 = 92.5 cm.

Si ritiene di poter prevedere tre lamiere d’imbottitura per l’asta (2) e tre perl’asta (7) (in questo modo risulterebbero a distanza di circa 68 cm l’una dal-l’altra, meno dei 92.5 cm).

Resta da definire la sezione retta del monaco, chiamato ad assorbire unosforzo normale di trazione N = 4580.03 kg.

Il monaco potrebbe essere formato tramite due piatti o due profilati (a U, a La T, ecc.).

Fig. 9.37

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40224

Page 226: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2259. Le travature reticolari

Decidiamo di realizzarlo tramite due piatti (UNI 6014–67) 100 × 10.L’area formata da questi due piatti è pari a 20 cm2 e, in oltre, si ha:

I cm cm

I cm cm

x x

y y

= × × = = =

= × − × = = =

21 10

12166 6

166 620

2 89

10312

10112

21 621 620

1 04

34

3 34

..

.

..

.

ς

ς

e quindi la distanza tra le lamiere di imbottitura sarà non maggiore di 50 ςy =52 cm.

L’esito della verifica è scontato. Infatti, si ha:

σ =4580 03

20= 229 00 kg / cm2.

.

Anche qui si potrebbe pensare di ridimensionare la sezione, ma non voglia-mo che una sezione più piccola crei problemi per quant’attiene le distanze trai fori dei bulloni e i margini del profilo o che si debba inserire più piastrine diimbottitura (e, quindi, lasciamo le cose come stanno).

Note, a questo punto, le sezioni rette delle varie aste, si potrebbe far girarenuovamente il programma, al fine di determinare gli spostamenti dei nodi, nelle9 direzioni libere segnate.

Ciò non è assolutamente indispensabile; ma lo facciamo ugualmente un po’per curiosità, un po’ perché è interessante conoscere gli spostamenti in direzione4 e 9 (corrispondenti, rispettivamente, alla freccia massima e allo spostamentoorizzontale del carrello).

Buona parte delle strutture reticolari che, nella realtà, hanno creato problemiè perché presentavano una deformabilità eccessiva, pur resistendo più o menoegregiamente ai carichi (si imbarcavano, come si dice nel gergo tecnico, senza,pur tuttavia, dare eccessive preoccupazioni sulle loro capacità portanti).

È opportuno controllare che gli spostamenti nodali non superino un certolimite (la normativa vigente prescrive che, per gli arcarecci o gli elementi inflessidell’orditura minuta delle coperture, la freccia y, in rapporto alla luce l, deverispettare la limitazione y / l ≤ 1/200; ma, come già detto, anche per le travaturereticolari, piane o spaziali, occorre controllare che la deformabilità non sia ec-cessiva).

Ovviamente, essendo la struttura isostatica, i valori degli sforzi normalinelle aste non dipendono, come già detto, dalle sezioni delle stesse.

Avendo trasmesso al computer le lunghezze in cm, le aree in cm2, il modulodi Young in kg/cm2 si ha, ovviamente, che gli spostamenti sono espressi in cm.I valori degli spostamenti nodali (arrotondati) sono:

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40225

Page 227: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

226 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

DIREZIONE SPOSTAMENTO (cm)

1 0.382 – 0.853 0.324 – 0.885 0.326 – 0.847 0.268 – 0.859 0.64

La freccia (spostamento in direzione 4) è pari a 1/1250 circa della lucecopertura e lo spostamento del carrello di 6.5 mm circa (la modestia delle de-formazioni ci conforta sulla bontà del proporzionamento effettuato).

Presumiamo che non debbano sorgere problemi di deformabilità; se voles-simo ulteriormente contenerla dovremmo ingrossare le sezioni rette delle astee la struttura costerebbe di più. È stata certamente una buona idea inserire,come vincoli esterni, una cerniera da una parte e un carrello dall’altra, in ma-niera da consentire liberamente le variazioni di lunghezza per effetto delle va-riazioni termiche (nelle grosse strutture metalliche, l’impedire le variazioni dilunghezza, conseguenti alla variazioni termiche, comporta l’insorgere di sforzinormali indesiderati, non poche volte di notevole entità).

Dobbiamo passare adesso a calcolare almeno un collegamento bullonato,per mostrare come si procede (l’argomento è stato già ampiamente illustrato –anche con esempi numerici – in precedenza). Definiamo quale può essere unabullonatura necessaria ad assicurare il collegamento dell’asta (3) ai fazzolettidei nodi 2 e 3. Decidiamo di utilizzare bulloni di diametro nominale d = 14 mmcon filettatura di passo p = 2 mm (che presentano una sezione resistente pari aωb = 1.54 cm2 e ωres = 1.15 cm2), di classe 5.6 (che presentano le seguentitensioni ammissibili: τb,am = 1500kg/cm2 e σb,am = 1500 kg/cm2).

Dobbiamo, a questo punto, ricordare l’espressione che fornisce il valoredella tensione di taglio nel bullone:

τω

= N

n m b

essendo:n = numero dei bulloni costituenti il collegamento;m = numero delle sezioni resistenti, alla recisione, per ogni bullone (nel no-

stro caso è m = 2);ωb = area della sezione resistente del bullone (nel nostro caso è ωb = 1.54 cm2).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:40226

Page 228: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2279. Le travature reticolari

Nell’espressione della tensione di taglio nel bullone, a ωb va sostituito ωresse non si ha l’assoluta certezza che né la parte filettata, né l’avvio della filetta-tura giacciono nel piano di taglio. Ponendo τ = τb,am e noto lo sforzo normalesollecitante il collegamento (è, nel caso in esame, N = 4782.27 kg), si puòfacilmente ricavare il numero di bulloni che occorrono a realizzare il collega-mento stesso.

n =Nm

=4782 27

1550 2 1 15= 1 3

b am resτ ω,

.

..

× ×9

che, evidentemente, si arrotonderà a 2. Effettuando la verifica - con 2 bulloni -si trova che la tensione da taglio è pari a 1039.62 kg/cm2 (776.34 kg/cm2, se,ritenendo soggette alla recisione sezioni del gambo - non filettato - dei bulloni,si considera nei calcoli ωb = 1.54 cm2).

Nelle Figg. da 9.38 a 9.41, sono mostrati, nel dettaglio, i nodi 1, 2, 3 e 4della capriata in esame, mentre in Fig. 9.42 è riportato un modo di realizzarel’appoggio semplice (carrello) ad una estremità.

Fig. 9.38

Fig. 9.39

NODO 1

NODO 2

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:41227

Page 229: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

228 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Fig. 9.42

Fig. 9.40

Fig. 9.41

NODO 3

NODO 4

NODO 6

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:41228

Page 230: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

2299. Le travature reticolari

L’esempio può ritenersi concluso. Il lettore interessato può ripercorrere l’iterdi calcolo da noi seguito individuando alcune varianti migliorative. Noi, adesempio, non ci siamo preoccupati di studiare la capriata anche sotto il profiloestetico. Chissà se non poteva risultare formalmente più gradevole una capria-ta in cui le aste erano tutte costituite da coppie di L (per il monaco si potevanodisporre le L come mostrato in Fig. 9.43, per non perdere la simmetria, sotto ilprofilo visivo, fermo restando che gli assi delle aste non devono discostarsidalle posizioni indicate nello schema statico), la forma dei fazzoletti potrebbeessere migliorata, il nodo 1 diversamente organizzato, usata la saldatura inluogo della bullonatura, ecc.

È possibile, evidentemente, individuare interventi migliorativi anche sottoil profilo strutturale. Ad esempio, per la capriata studiata, le tensioni normalirelative alle sezioni rette delle saette e del monaco sono risultate notevolmenteinferiori all’ammissibile (rispettivamente pari al 50% ed al 14% circa dell’am-missibile), mentre nei puntoni e nella catena le σ si avvicinano di più all’am-missibile (rispettivamente sono pari all’81% e al 90% circa).

Fermo restando che la capriata sopra definita potrebbe senz’altro essererealizzata (perché, evidentemente, l’importante è che risulti σ ≤ σadm) si po-trebbe pensare di aumentare leggermente le sezioni rette dei puntoni e dellacatena e/o di ridurre un poco le sezioni rette delle saette e del monaco. Tuttociò allo scopo di avere una più razionale distribuzione del materiale (noi opte-remmo per il lieve incremento delle sezioni rette dei puntoni e della catena). Ilcoefficiente di sicurezza delle travature reticolari isostatiche è, infatti, legatoall’asta più debole. Insomma, se proprio dobbiamo mettere del materiale in più(rispetto al necessario) potremmo farlo in maniera che risulti utile in qualchecircostanza eccezionale (ad esempio, in occasione di una forte nevicata chefaccia aumentare i carichi agenti sul tetto appena studiato). Ovviamente è tol-

Fig. 9.43

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:41229

Page 231: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

230 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

lerabile un po’ di generosità nel dimensionamento, non certo dei grossi sprechidi materiale.

Potrebbe essere interessante ristudiare la capriata pensando a collegamentinodali saldati. In questo modo, visto che lo spazio di manovra per la realizza-zione delle saldature è più ridotto di quello delle bullonature, avremmo menoproblemi nel dimensionare le aste. E poi, nel caso in esame, potrebbe esserepreferibile realizzare le capriate in officina, portandole in cantiere completa-mente finite e pronte all’assemblaggio con gli altri elementi che compongonola copertura (le dimensioni della nostra capriata consentono un trasporto, sucamion, piuttosto agevole).

imp. Perrone 6-9 7-04-2032, 9:41230

Page 232: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

Appendice: sagomario

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36231

Page 233: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36232

Page 234: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

233Appendice: sagomario

TRAVI IPE UNI 5398-64

x

iy

y

x

y

ix

h a

b

e

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36233

Page 235: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

234 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

TRAVI ISE

ha

b

e

x

iy

y

x

y

ix

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36234

Page 236: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

235Appendice: sagomario

TRAVI HE ad ali larghe e parallele UNI 5397-64

h a

b

e

x

iy

y

x

y

ix

(*) A = serie leggeraB = serie normaleM = serie rinforzata

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36235

Page 237: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

236 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

TRAVI HE ad ali larghe e parallele UNI 5397-64

h a

be

x

iy

y

x

y

ixr

(*) A = serie leggeraB = serie normaleM = serie rinforzata

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36236

Page 238: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

237Appendice: sagomario

TRAVI IPN serie normale UNI 5679-65

h s

b

14%

x

iy

y

x

y

ix

r

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36237

Page 239: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

238 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

PROFILATI UPN serie normale UNI 5680-65

h

b

8%

x

iy

y

x

y

ix

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36238

Page 240: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

239Appendice: sagomario

PICCOLI PROFILATI ad U UNI 5786-66y

h

b

8%

x

iy

x

ix

s

y

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36239

Page 241: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

240 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ANGOLARI a lati uguali ed a spigoli vivi UNI 5783-66

l x

iy

y

x

y

ix

s

l

n

i n

n

mim

45°

m(*) profili non unificati UNI

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36240

Page 242: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

241Appendice: sagomario

ANGOLARI a lati uguali ed a spigoli tondi UNI 5783-66

l x

iy

y

x

y

ix

s

l

n

i n

n

mim

45°

m(*) profili non unificati UNI

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36241

Page 243: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

242 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

ANGOLARI a lati disuguali ed a spigoli tondi UNI 5784-66

l1

x

iy

y

y

ix

sl

n

i n

mi m

n

m

x

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36242

Page 244: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

243Appendice: sagomario

ANGOLARI a lati disuguali ed a spigoli tondi UNI 5784-66

l1

x

iy

y

y

ix

sl

n

i n

mi m

n

m

x

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36243

Page 245: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

244 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

PROFILATI a T a spigoli tondi UNI 5785-66

PROFILATI a T a spigoli vivi UNI 5681-65

h

s

b

sx

iy

y

y

ix

x

h

s h/2

2%

2%

b

x

iy

y

y

ix x

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36244

Page 246: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

245Appendice: sagomario

ANGOLARI a lati disuguali ed a spigoli vivi UNI 6762-70

PROFILATI a Z a spigoli vivi UNI 6763-70

h

s

b

b1

l1

s

l

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36245

Page 247: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

246 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

TONDI UNI 6012-67

d

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36246

Page 248: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

247Appendice: sagomario

QUADRI UNI 6013-67

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36247

Page 249: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

248 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

PIATTI UNI 6014-67

l

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36248

Page 250: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

249Appendice: sagomario

PIATTI UNI 6014-67

l

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36249

Page 251: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

250 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

PIATTI UNI 6014-67

l

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:36250

Page 252: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

251Appendice: sagomario

PIATTI UNI 6014-67

l

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:37251

Page 253: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

252 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

LARGHI PIATTI UNI 6557-69

l

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:37252

Page 254: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

253Appendice: sagomario

LARGHI PIATTI UNI 6557-69

l

s

Perrone biblio 12-04-2032, 0:37253

Page 255: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

254 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

TRAVI HSE ed HSL

ha

b

e

x

iy

y

x

y

ix

Perrone biblio 12-04-2032, 0:37254

Page 256: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

255Appendice: sagomario

TRAVI HSA

ha

b

e

x

iy

y

x

y

ix

Perrone biblio 12-04-2032, 0:37255

Page 257: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

256 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

TRAVI HSA

ha

b

e

x

iy

y

x

y

ix

Perrone biblio 12-04-2032, 0:37256

Page 258: I COLLEGAMENTI CHIODATI, BULLONATI E SALDATI

257Appendice: sagomario

TRAVI HSH

ha

b

e

x

iyy

x

y

ix

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261

«Acciaio: riuso e industrializzazione edilizia», Pubblicazione Italsider, Genova, 1988.

«Architettura Acciaio – Edifici Civili», di F. Hart, W. Henn e H. Sontag, Edizione Italsi-der in lingua italiana del volume Stahlbauatlas-Geschossbauten, pubblicato dallaDeutschen Stahlbau-Verband (DStV), Genova, 1979 (in particolare, la parte tito-lata Ossatura metallica, pagg. 225÷270, che contiene, fra l’altro, numerosi e sti-molanti esempi di pilastri composti, giunti di base, con bulloni di ancoraggio conganci, barre d’ancoraggio, teste a martello, giunzioni di pilastri, unioni di travi,forme di travi con anima piena e in composizione saldata, particolari di unioni traaste di strutture reticolari, sia piane che spaziali, ecc.; interessante è anche la pri-ma parte della pubblicazione, che riporta ben 62 schede di edifici in acciaio effet-tivamente realizzati e non mancano vari esempi di collegamenti).

«Connessioni tipo tra elementi in acciaio e membrature in c.a.», Pubblicazione Italsider,Quaderno tecnico N. 6, 1976.

«Corso di specializzazione in saldatura: saldatura degli acciai al carbonio e bassolega-ti», Istituto Italiano della Saldatura, Genova, 1976.

«Corso di specializzazione in saldatura: termologia, ritiri e tensioni interne», IstitutoItaliano della Saldatura, Genova, 1973.

«Edificio monopiano in acciaio a due falde», Pubblicazione Italsider, Genova, 1970.

«Fabbricato industriale in acciaio a portali», Pubblicazione Italsider, Genova, 1971.

«I collegamenti nella carpenteria metallica», Pubblicazione Italsider, Genova, data diedizione non riportata sulla pubblicazione.

«L’acciaio nel restauro e nell’adeguamento strutturale», Pubblicazione Italsider, Geno-va, 1988.

«L’acciaio nella ristrutturazione degli edifici», Convegno SAIE, Bologna, 17 ottobre1979, pubblicazione curata dal gruppo IRI-FINSIDER (in particolare il contribu-to di Aldo Spirito Ripristini strutturali con tecniche di presollecitazione, pagg.28÷42).

«La costruzione metallica nella edilizia antisismica civile e industriale», Tavola rotondadel Collegio dei Tecnici dell’Acciaio, Udine 13 luglio 1976, Supplemento al n. 1/1977 della rivista Costruzioni Metalliche, Milano (pag. 12, 4. Collegamenti diMichele Mele).

«La saldatura», Voll. I, II e III, Istituto Italiano della Saldatura, Genova, 1972.

«Light Gage Formed Steel Design Manual», A.I.S.I. (American Iron and Steel Institute),New York, 1962.

«Particolari costruttivi di strutture in acciaio» Vol. I: “1. Edilizia Civile”, Vol. II: “2.Ponti”, Vol. III: “3. Edilizia Industriale”, Vol. IV: “4. Trasporti – 5. Stoccaggio”,Vol. V: “6. Strutture Spaziali”. Ed. CISIA (Centro Italiano Sviluppo ImpieghiAcciaio), Milano, dal maggio 1981 al gennaio 1984 (in particolare, utili indica-zioni per la redazione dei disegni di un progetto strutturale in acciaio).

Bibliografia

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262 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

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«Strutture in acciaio per edifici civili in zone sismiche», Pubblicazione Italsider, Quader-no tecnico 9, Genova, 1979.

A.N.I.A.I. (Associazione Nazionale Ingegneri Architetti Italiani – Sezione Campania)Infrastrutture a Napoli – Progetti dal 1860 al 1898, supplemento alla «RassegnaA.N.I.A.I.» seguito alla Mostra tenutasi a Napoli, presso la Biblioteca Nazionale,dal 3 al 21 ottobre 1978 (la pubblicazione raccoglie numerosi progetti, redatti daprofessionisti dei primi quarant’anni dopo l’unità d’Italia e presentati, a titolopersonale, agli organi competenti, relativi alla sistemazione di parti della città, almiglioramento dei collegamenti, ecc.: non pochi progetti prevedono l’uso del-l’acciaio).

AA.VV. Progettazione e particolari costruttivi in zona sismica, ANCE-AIDIS, Roma,1982.

Aggarwall, A.K. “Comparative Tests on End Plate Beam-to-Column Connections”, Jour-nal of Constructional Steel Research, Vol. 30, 1994.

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Alisio, G. “Galleria Umberto I”, in Napoli – città d’arte (AA.VV.), Ed. Electa, Napoli,1986, pagg. 140 e 141 (lo scritto esorbita i limiti disciplinari della «Tecnica delleCostruzioni», ma in maniera molto chiara e sintetica descrive la storia della signi-ficativa opera in ferro e vetro, emblematica del gusto e della sensibilità di un’epo-ca, progettata da Emanuele Rocco e, per la parte strutturale in ferro e vetro, daPaolo Boubée e inaugurata il 10 novembre 1892 dal sindaco Nicola Amore).

Alta Autorità della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, Atti del CongressoAcciaio 1964, Lussemburgo 28-30 ottobre 1964.

Andreani, I. Il fabbro, Ed. Hoepli, Milano, 1930 (le lavorazioni all’inizio del secolo:creazione di pezzi fucinati, foratura, chiodature artigianali, tempra, ricottura, ecc.;il tutto con maggiore attenzione ad opere di ferro battuto).

Aribert, J.M.; Machaly, E.S. “Comportement à la rupture d’assemblages excentriguespar boulons à haute résistance”, Construction Métallique, n. 3, 1974, pagg. 18÷32.

Aribert, J.M.; Machaly, E.S. “Comportement à la rupture et dimensionnement optimald’assemblages concentriques par boulons à haute résistance”, ConstructionMétallique, n. 5, 1975, pagg. 5÷9.

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ASSIDER (Associazione Industrie Siderurgiche Italiane) Normativa tecnica sulle co-struzioni in acciaio, Ed. Siderservizi, Milano, ottobre 1988.

Associazione Ingegneri della provincia di Bologna – Collegio regionale ingegneri e ar-chitetti dell’Emila Romagna Fondamenti di ingegneria sismica, Atti del Corsosvolto a Bologna dal 28 ottobre al 10 dicembre 1983 (per le strutture in acciaio in

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263Bibliografia

generale e per i collegamenti in particolare si può consultare il Cap.11 – Costru-zioni di acciaio, di Andrea Chiarugi, pagg. 475÷504 ed, in particolare, la sezione3.4 I collegamenti, pagg. 494÷500. Nel presente lavoro abbiamo citato anche loscritto di Elio Giangreco, che forma il Cap. 13. La normativa sismica: tappe eprospettive, pagg. 567÷630).

Ballio, G.; Mazzolani, F. M. Strutture in acciaio, Ed. Hoepli, Milano, 1987 (il testo,citato più di una volta nel presente lavoro, è buono per varie, opportune operazio-ni di approfondimento).

Ballio, G.; Zanon, P. “Deformabilità a collasso di aste tese bullonate”, Costruzioni Me-talliche, n. 4 – 1983 (pagg. 195÷207).

Belluzzi, O. La Scienza delle Costruzioni, Vol. II, Ed. Zanichelli, Bologna, 1969 (inte-ressa il Capitolo XXIV – I Collegamenti (chiodature e saldature), pagg. 701÷747.

Benussi, F.; Puhali, R.; Zandonini, R. “I giunti semi-rigidi nei telai composti di acciaio ecalcestruzzo”, Costruzioni Metalliche, n. 5 – 1989 (pagg. 237÷264).

Benvenuto, E. “Vincenzo Franciosi e la Scienza delle Costruzioni”, in Università degliStudi di Napoli “Federico II” – Dipartimento di Scienza delle Costruzioni, Gior-nata di Studio in Memoria del Prof. Vincenzo Franciosi – Napoli 10 marzo 1993(AA.VV.), Napoli, 1995, pagg. 117÷153 (si segnala per la sezione 2.1., nella qualeviene tratteggiata la storia della tradizione napoletana in meccanica ed ingegneriastrutturale, a partire dalla prima metà del XVIII secolo «nel quale operavano per-sonalità di eccelsa statura, come Giovan Battista Vico, illuminati educatori, comeMonsignor Celestino Galiani, matematici “dottissimi, e celebrati per le opere loro”,come Bartolomeo Intieri, Giuseppe Orlandi e Pietro De Martino - ai quali il papaBenedetto XIV chiese consulenza circa il temuto dissesto della cupola di S. Pietroa Roma - meccanici e fisici ampiamente aggiornati sul dibattito internazionale evivacemente partecipi alle grandi polemiche del momento, come Nicola De Mar-tino, insieme allo stesso Pietro, e in seguito Vito Caravelli, Antonio Genovesi,ecc.». L’Autore passa ad esaminare il panorama dell’800, con le figure di ErnestoIsé e Francesco Paolo Boubée, fino a giungere alle ultime grandi personalità delsecolo che si è chiuso: Carlo Luigi Ricci, Giulio Krall e Adriano Galli).

Benvenuto, E. La Scienza delle Costruzioni e il suo sviluppo storico, Ed. Sansoni, Firen-ze, 1981 (in particolare il Cap. 10 – Mutamento nelle costruzioni durante la rivo-luzione industriale, pagg. 395÷419, ricco anche di belle illustrazioni e nel qualesi riferisce delle grandi opere di Eiffel, Paxton, Dutert, Contamin, Harlow, ecc.che, riteniamo, segnino l’apice della «civiltà del ferro», nella quale, evidente-mente, i collegamenti non ebbero una parte secondaria).

Bernuzzi, C.; Zandonini, R.; Zanon, P. “Comportamento rotazionale di collegamenti flan-giati”, Costruzioni Metalliche, n. 2 – 1991 (pagg. 74÷103).

Bertolini, I. Chiodature, Ed. Tamburini, Milano, 1947.

Biggiero, G. Scienza dei metalli, Ed. Scientifica Siderea, Roma, 1971.

Blodgett, O.W. Design of Welded Structures, The James F. Lincoln Arc Velding Founda-tion, Cleveland, 1966.

Bo, G.M.; Capurro, P.M.; Daddi, I. “Criteri di impiego dei bulloni ad alta resistenza neicollegamenti di strutture metalliche”, Costruzioni Metalliche, 1971.

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264 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

Bo, G. M.; Leporati, E. “La resistenza a fatica in trazione di giunti bullonati”, Costruzio-ni Metalliche, n. 4 – 1970 (pagg. 247÷252).

Bracalenti, U. Corso di Disegno Tecnico, Ed. Lattes, Torino, 1972 (il libro contiene ta-belle di chiodi, ribattini, bulloni, piastrine e rosette, include simboli per saldature,esempi di disegno di chiodature a sovrapposizione e a coprigiunti, capriate, ecc.;il testo è utile come guida per la migliore redazione dei disegni di una struttura inacciaio, coi relativi particolari costruttivi).

Bursi, O.; Guzzetti, F. “Rilievo fotogrammetrico e definizione dei meccanismi di collas-so di collegamenti trave-colonna in acciaio”, Costruzioni Metalliche, n. 5 – 1990(pagg. 311÷338).

C.N.R. – Bollettino Ufficiale (Norme Tecniche) A. VII, N. 37 – 25/7/1973 “Principi peruna normativa tecnica sulla sicurezza contro il fuoco dei fabbricati con strutturad’acciaio”, Roma, 1973.

C.N.R. – U.N.I. “Appoggi di gomma nelle costruzioni. Istruzioni per il calcolo e l’impie-go.”, n. 10018-72 – Bollettino Ufficiale N. 21 del 25 luglio 1971.

C.N.R. “Costruzioni di acciaio ad elevata resistenza. Istruzioni per il calcolo, l’esecuzio-ne, il collaudo e la manutenzione”, Norme Tecniche C.N.R., N. 10029-85.

C.N.R. “Costruzioni in acciaio - Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e lamanutenzione”, Norme Tecniche C.N.R., N. 10011-85 (18 aprile 1985).

C.N.R. “Costruzioni in acciaio. Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione e la manutenzio-ne”, Norme Tecniche C.N.R., N. 10011-73.

C.N.R. “Costruzioni in acciaio – Istruzioni per la verifica dello stato limite di collassoplastico”, Norme Tecniche C.N.R. – Fascicolo N. 57/1978 (l’intero punto 9. èdedicato alle giunzioni).

C.N.R.“Nervature di irrigidimento delle anime di travi a parete piena”, Norme TecnicheC.N.R. – Fascicolo N. 46/1974.

C.N.R. “Relazione finale della commissione di studio per le norme per la protezionecontro il fuoco nelle costruzioni a struttura di acciaio”, Norme Tecniche C.N.R. –Fascicolo N. 37/1973.

Caironi, M. Teoria e Tecnica delle Costruzioni – Elementi di strutture in acciaio, Ed.CLUP, Milano, 1991.

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Colombo, R. L. Le caratteristiche meccaniche dei materiali, Ed. Sansoni, Firenze, 1975.

Coppari, G.; Mondini, J. Saldatura ossiacetilenica dell’acciaio dolce, Ed. Hoepli, Mila-no, 1963.

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Cremonini, P. “Sistema strutturale di giunti rigidi per trave-colonna mediante staffe bul-lonate”, acciaio – dicembre 1989 – Parte I (pagg. 591÷596) e acciaio – febbraio1990 – Parte II (pagg. 81÷91).

Daddi, I. Materiali Metallici – meccanismi di deformazione e di frattura, Ed. Tamburini,Milano, 1972.

Daddi, I.; De Martino, F. P. “Nodi rigidi – nuove tecnologie e nuovi metasistemi”, Co-struzioni Metalliche, n. 2 – 1992 (pagg. 105÷113).

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Di Pasquale, S. “Fondamenti teorici per un metodo di calcolo approssimato dei corpireticolari a maglie cubiche” in Atti dell’Istituto di Costruzioni della Facoltà diArchitettura di Napoli, 1965, Pubblicazione N. 64.

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Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica diretto da Paolo Portoghesi, Isti-tuto Editoriale Romano, Roma, 1968 (interessa la voce «acciaio», Vol. I, pagg.26÷29, curata da Franco Donato, dove viene efficacemente sintetizzata la storiadell’uso dell’acciaio in Architettura, a partire dalle prime funzioni accessorie, daRondelet che, nel 1770, tramite una rete di barre di acciaio, che seguono l’anda-mento delle linee di sollecitazione, garantisce la stabilità del pronao della chiesadi Ste-Geneviève di Soufflot a Parigi, fino ai curtainwalls del secondo dopoguer-ra, agli elementi modulari ripetibili in serie di Richard Buckminster Fuller e Kon-rad Wachsmann).

Donato, L. Lezioni di Costruzioni metalliche, Ed. Colombo-Curci, Pisa, 1950.

Dowrick, D. J. Progettazione antisismica, Ed. Hoepli, Milano, 1981 (titolo dell’edizione

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266 I collegamenti chiodati, bullonati e saldati

originale: Earthquake Resistant Design);interessa l’intera sezione 6.7 Progetta-zione e dettagli costruttivi delle strutture d’acciaio e, in particolare, la sez. 6.7.6Collegamenti di acciaio (pagg. 289÷295).

Enciclopedia Feltrinelli Fischer, Ingegneria Civile, a cura di Fritz Stussi ed Helmut Jau-slin, Ed. Feltrinelli, Milano, 1971 (interessa la sezione Costruzioni in acciaio,pagg. 90÷100).

Eurocodice N. 3, “Progettazione di strutture in acciaio”, Parte 1 – Regole generali e peredifici, documento di studio preparato per la Commissione delle Comunità Euro-pee, Versione 1.0 – maggio 1991. Esiste una versione più aggiornata, in linguaitaliana, approvata dalla Commissione “Ingegneria strutturale” il 4 giugno 1994.

Faella, C.; Piluso, V.; Rizzano, G. “Alcune proposte migliorative dell’Eurocodice 3 aifini della previsione del comportamento rotazionale dei collegamenti flangiati”,Costruzioni Metalliche, n. 4 – 1996 (pagg. 15÷31).

Gobetti, A.; Zanon, P. “Valutazione della larghezza collaborante di flange per giunzionibullonate: Analisi sperimentale e simulazione per elementi finiti”, CostruzioniMetalliche, n. 4 – 1978 (pagg. 162÷171).

Gorla, S. “Alcune considerazioni sull’influenza di saldatura nelle lamiere di grosso spes-sore”, Costruzioni Metalliche, n. 3 – 1976 (pagg. 136÷138).

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Guzzoni, G. Gli Acciai comuni e speciali, Ed. Hoepli, Milano, 1932 (interessa, in parti-colare, il Cap. IX: Trattamenti termici, pagg. 215÷257).

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Jossa, P. Teoria e Tecnica delle Costruzioni, Ed. Fratelli Fiorentino, Napoli, 1991.

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267Bibliografia

Marrullier, E. Costruzione degli Edifizi, Ed. UTET, Torino, 1925 (in particolare il capito-lo sui tetti, pagg. 375÷448, allo scopo di vedere come, all’inizio del secolo, veni-vano realizzate incavallature in ferro o in legno e ferro, con relativi, interessantiunioni chiodate e/o articolate, nonché per avere un panorama dei profilati piùcomuni, prodotti all’epoca dalle Acciaierie di Terni).

Masi, F. Case in acciaio, Ed. Hoepli, Milano, 1933.

Masi, F. La pratica delle Costruzioni Metalliche, Ed. Hoepli, Milano, 1931.

Massonnet, C.H.; Save, M. Calcolo plastico a rottura delle costruzioni, E. CLUP, Mila-no, 1980 (interessano le sezioni: 12.7. Nodi trave-colonna, pag. 550, 12.8. Espe-rienze belghe comparative su nodi saldati in acciaio Fe 360 e Fe 510, pag. 555,12.9. Nodi con bulloni ad alta resistenza (bulloni H.R.), pag. 557, 12.10. Effettodelle deformazioni plastiche ripetute sui comportamenti dei nodi, pag. 567).

Mazzilli, L. Arcosaldatura, Ed. Hoepli, Milano, 1988 (ottimo libricino che contiene tuttoquanto un tecnico operativo, nel settore delle costruzioni in acciaio, dovrebbeconoscere sulle saldature: principi fondamentali di elettricità, l’arco elettrico, mac-chine elettriche per saldatura, tipi di elettrodi, norme americane AWS e interna-zionali ISO e, persino, 20 lezioni pratiche, che vanno dall’ Accensione dell’arco –Primi cordoni – Spegnimento dell’arco fino a Saldatura in sopratesta inclinato,che notoriamente richiede non poca bravura; non manca una parte dedicata aidifetti e ai controlli di saldatura; ottimo per gli operai saldatori, ma, come giàdetto, anche per i tecnici che vogliono almeno porsi in grado di giudicare il lavorodi un operaio specializzato).

Messina, C.; Paolini, L.; Sestini V. “Ponti a sospensione di funi: materiali e tecnichecostruttive nei primi esempi europei”, Costruzioni Metalliche, n. 4 – 1980 (pagg.200÷214; ricco di interessanti immagini, tra le quali non mancano particolaricostruttivi d’epoca).

Ministero dei Lavori Pubblici – Decreto Ministeriale 16 gennaio 1996, «Norme tecnicherelative ai “Criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e deicarichi e sovraccarichi”», Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n.29 del 5 febbraio 1996 – Serie generale.

Ministero dei Lavori Pubblici – Decreto Ministeriale 16 gennaio 1996, «Norme tecnicheper le costruzioni in zone sismiche», Supplemento ordinario alla “Gazzetta Uffi-ciale” n. 29 del 5 febbraio 1996 – Serie generale.

Ministero dei Lavori Pubblici – Decreto Ministeriale 9 gennaio 1996, «Norme tecnicheper il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle strutture in cemento armato, nor-male e precompresso e per le strutture metalliche», Supplemento ordinario alla“Gazzetta Ufficiale” n. 29 del 5 febbraio 1996 – Serie generale.

Ministero dei Lavori Pubblici – Presidenza del Consiglio superiore – Servizio TecnicoCentrale “Legge 14.5.1981 N. 219, art.10 – Istruzioni per l’applicazione dellanormativa tecnica per la riparazione ed il rafforzamento degli edifici danneggiatidal sisma – Edifici in c.a. ed a struttura metallica” (il punto 5. è dedicato agliedifici a struttura metallica e, in particolare, il punto 5.3.2. al rinforzo e/o modifi-ca di giunti esistenti).

Mironu, Wakabayashi Strutture antisismiche, Ed. McGraw-Hill, Milano, 1989 (titolo

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originale dell’opera: Design of Earthquake – Resistant Buildings); interessa l’in-tera sezione 3.4.6. Collegamenti, pagg. 200÷206.

Murolo, C. L. Gli elementi costruttivi dell’edificio in acciaio, Atti dell’Istituto di Edili-zia, Cattedra di Elementi Costruttivi – Facoltà di Architettura, Napoli, 1968, stam-pato dalla Tipografia E.P.S. (è dedicato ai collegamenti il Cap. VII, pagg. 119÷132e, in modo particolare, ci si sofferma sulle saldature, di cui viene riportata unasimbologia pressoché completa; tutto il testo può essere ritenuto utile per un pri-mo sommario inquadramento delle problematiche connesse alle strutture in ac-ciaio, specialmente sotto il profilo tecnologico).

Nachtergal, C. Carpenterie metalliche, Ed. Pirola, Milano, 1968.

Nunziata, V. Strutture in acciaio precompresso, Ed. Dario Flaccovio, Palermo, 1999.

Nunziata, V. Teoria e pratica delle strutture in acciaio, Ed. Dario Flaccovio, Palermo,2000. Il testo è consigliato per vari approfondimenti, sui collegamenti nella car-penteria metallica, anche perché ricco d’esempi numerici.

Oberti, G.; Goffi, L. Tecnica delle Costruzioni, Ed. Levrotto & Bella, Torino, 1985 (IVedizione interamente rifatta; interessa tutto il Cap. IV -Costruzioni in acciaio ed,in particolare, le sezioni: 4.5 – Collegamenti chiodati e bullonati, pagg. 163÷190,4.6 – Le saldature, pagg. 190÷218, 4.10 – Appoggi e loro realizzazione, pagg.258÷277).

Perrone, V. “Plinto a due pali - Appunti dalle lezioni”, Università degli Studi di NapoliFederico II, Anno Acc. 1996/97 (supporto didattico del Corso F di Tecnica delleCostruzioni tenuto dall’autore).

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che»; Monografia 1: «Riferimenti sulla progettazione strutturale», Monografia2: «Indagine nel Friuli dopo il terremoto del 1976», Monografia 3: «Analisi com-parativa della normativa sismica internazionale», Monografia 4: «Riparazione eadeguamento sismico», Monografia 5: «Indagine sperimentale sulla resistenza eduttilità di collegamenti strutturali», Monografia 6: «La sicurezza contro l’in-cendio degli edifici a struttura di acciaio», Monografia 7: «Indagine sperimenta-le sulla resistenza e duttilità di pannelli-parete in lamiera grecata», Monografia8: «Strutture in acciaio e abbattimento della vulnerabilità sismica»; Genova, daottobre 1977 al luglio 1986.

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Salamoni, E. Dal ferro all’acciaio, Editori Riuniti, Roma, 1983 (il testo illustra, in modosemplice, la civiltà del ferro, la storia della siderurgia, i motivi della crisi attualedel settore e formula ipotesi sul futuro dell’acciaio).

Sanpaolesi, L.; Biolzi, L.; Caramelli, S.; Tacchi, R. Indagine sperimentale sulla resisten-za e duttilità di collegamenti strutturali, Monografia 5, Italsider, Genova, 1981.

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Università degli Studi di Roma – Facoltà di Architettura – Istituto di Tecnica delle Co-struzioni “problemi delle Costruzioni in Acciaio”, Ed. Cremonese, Roma, 1967(interessa il Capitolo 2, pagg. 33÷59, di Silio Italico Colombini, dedicato ai colle-gamenti chiodati o bullonati, alle saldature e ai giunti ad attrito, che l’Autorechiama bullonature a frizione; il capitolo contiene, fra l’altro, indicazioni con-venzionali sui chiodi e sui bulloni e un ben fatto discorso introduttivo sulle salda-ture).

Università di Genova – Istituto di Scienza delle Costruzioni Problemi di base delle strut-ture metalliche – Lezioni tenute al Corso di aggiornamento per Docenti di Co-struzioni negli Istituti Tecnici (Genova, 20-21 ottobre 1969), Ed. Tamburini, Mi-lano, 1970 (interessa la sezione titolata Unioni con chiodi, bulloni normali e adattrito, redatta di Vittorio Nascé, pagg. 105÷114 e la successiva sezione titolataLezioni sulla saldatura, pagg. 115÷147, di Ugo Guerrera).

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Finito di stampare nel mese di settembre 2002dalla Sannioprint di Benevento

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