i colori che ho dentro - nadia boccacci

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  • Collana Sussurri

  • Prima edizione settembre 2013Prima edizione in ebook dicembre 2014 ISBN 978-88-97810-24-7 Copyright 2013 Butterfly Edizioniwww.butterfly-edizioni.comhttp://autoributterflyedizioni.wordpress.comhttp://[email protected]

    http://www.butterfly-edizioni.com/http://autoributterflyedizioni.wordpress.com/http://butterflyedizioni.wordpress.com/mailto:[email protected]
  • Nadia Boccacci

    I colori che ho dentroRomanzo

    Butterfly Edizioni

  • Ai miei genitori,perch ci sono sempre stati

    e ci sono sempre.

  • Una realt non ci fu data e non cma dobbiamo farcela noi,

    se vogliamo essere: e non sar mai una per tutti,una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.

    Luigi Pirandello

  • Grigio

    Oggi mi sento terribilmente e inesorabilmente grigia.Grigia come la nebbia, come il cielo dautunno e come le nuvole gonfie di pioggia.Perdura in me la sensazione di questa tinta triste e indefinita, informe, eppure

    miscela di due estremi formidabili e unici, il bianco e nero. Sono grigia e senza forza.Trasparente agli occhi del mondo, sola e spenta in mezzo alla folla ridente, insipida einsulsa, priva di slancio e di entusiasmo.

    Grigia come lacqua del mare in una giornata senza sole, che si tinge del cieloplumbeo e minaccioso riflettendo passivamente i colori dellesterno. Grigia come lamia anima stanca, senza pi impulsi di vita, tristemente abbandonata a una malinconiasenza pari.

    Ho visto Marco da lontano, in facolt.Sono sicura che i suoi occhi siano caduti su di me, anche se per un solo attimo

    fugace, ma poi sono fuggiti oltre, insensibili ai miei, che erano invece accesi e attenti.Aveva il passo svelto e lespressione accigliata di chi ha sopportato una giornata

    difficile e piena di imprevisti.Forse voleva solo farmelo credere, per spegnere la mia illusione, forse era sereno

    e sorridente fino a pochi momenti prima e poi, alla mia vista, ha finto un malessereinteriore o un disagio malcelato.

    Il mio sguardo lo aveva cercato tra la folla, negli ampi corridoi, si era insinuatonegli angoli fino a vagare verso limmenso portone in lontananza e poi, finalmente, siera illuminato, incrociando il suo. Per un attimo.

    Poi il suo gesto di indifferenza mi aveva gettato in un grigiore malinconico estordito.

    Non riesco neanche pi a odiarlo. Non sono pi capace di sentimenti forti,prigioniera di un limbo senza emozioni.

    Sono stanca. Non ho pi la forza di lottare, di credere in me , n tanto meno in noi.Ho gettato la spugna. Sono caduta in un grigio torpore senza speranza e non posso

    farci nulla.Sarebbe meglio il dolore, almeno mi farebbe sentire viva.Vorrei detestarlo, gioire nellelaborare piani vendicativi, provare sentimenti forti,

    scuoterlo, vomitargli addosso parole terribili.Invece non so fare altro che poltrire nel mio insulso e stordito grigiore.Dentro di me si spento ogni interesse, la stanchezza mi ha prosciugata e distrutta.

    Anche il mio aspetto ha assunto toni degradanti verso un colore indefinito. Non ho pii capelli biondi di un tempo. Ormai sono di un cenere spento e i miei occhi ceruleihanno perso il loro splendore per tingersi del cielo grigio che sopra di me.

    La gente mi passa accanto indifferente, sfuggo senza volerlo alla sua attenzione,sono insipida, grondante di una mediocrit indefinita che mi rende invisibile a ognisguardo.

  • Nessun colore vivo dipinge la mia essenza, in questo momento devastante, e ilgrigiore inesorabile mi pervade.

    Non riesco a far emergere alcuna tinta vivace dalle profondit della mia anima, econtinuo a riflettere il grigio plumbeo che mi circonda, come lacqua del maretrasparente che ruba i colori al cielo.

    Sono frutto di unillusione ottica i suoi toni azzurri e scintillanti nelle giornatesoleggiate, come il suo nero cupo nella notte.

    Non il mare, non la sua acqua, ad avere quei colori. No, il cielo. Ed io misento nello stesso modo, grigia o luminosa, brillante o plumbea, nera o bianca inrapporto agli eventi esterni.

    Tutto dipende da lui, da ci che mi ha fatto, da come mi ha trattato. Gioisco o muoiodi dolore in relazione ai suoi movimenti, ai suoi sguardi, ai suoi sorrisi. Larcodisegnato dalle sue labbra responsabile del mio umore. E oggi sono grigia di lui.

    Avrebbe potuto guardarmi, addirittura sorridermi. Le sue braccia avrebbero potutostringermi e le sue labbra toccare le mie. Allora di certo avrei sentito nascere un altrocolore dentro di me.

    Ma lui se n andato distrattamente, fingendo di non vedermi, cancellando di nuovo,con quel gesto rapido e meschino, la storia che cera stata fra noi.

    Lui ha gettato lo sguardo altrove per non incrociare il mio. Ha guardato oltre, nelsenso stretto e traslato del termine e mi ha imprigionato in unombra di delusionesenza contorni definiti.

    Ho percepito la mia pochezza in quegli occhi che fingevano di non vedermi; la miastupida illusione crollata miseramente, come un mero castello di carta. Ed io conlei.

    Mi sono spenta senza volerlo, ormai sono una luce fioca che si perde nel limbodella mia essenza. Ma forse non solo questo. Forse reagisco cos per come sono nelmio intimo, nel profondo della mia anima. Forse non so farne a meno perch sono cosinsopportabilmente sola, se pur in mezzo agli altri. Probabilmente mi sono aggrappataa lui perch avevo bisogno di sentirmi amata, perch la vita mi aveva gi riservatouna buona dose di sofferenza e avevo voglia di riemergere.

    Ci conoscemmo due anni fa durante una festa a casa di unamica comune. Era una diquelle serate sbiadite, senza nessun elemento rilevante, che assunse improvvisamentecontorni nuovi con la sua presenza. Tu che sei comparso tutt a un tratto e in unmomento hai colorato tutto tu sei diverso, sei importante ed io Mi vennero inmente le parole di quella vecchia canzone e avrei avuto voglia di gridargliele, pertrasmettergli le mie emozioni. Ma mi sembr pi prudente non farlo.

    Chiusi lentusiasmo dentro di me, mostrando solo timidi sorrisi e tenendocontinuamente gli occhi, luminosi e fragili, puntati su di lui.

    Non lo avevo mai visto prima, almeno cos mi sembr. Scoprii in seguito chefrequentavamo la stessa facolt universitaria, ovvero giurisprudenza, e mi resi contodi averlo gi incontrato in precedenza un paio di volte, di sfuggita.

    Era bello, coi lineamenti marcati e lo sguardo sicuro. I capelli castani gli cadevano

  • sulla fronte disegnando uno strano ciuffo, secondo la moda del momento e le labbra siallargavano dolcemente accennando un sorriso.

    Si avvicin a me con disinvoltura e fummo presentati da Eva, la padrona di casa.Piacere, Marco.Piacere, Gemma.Ci stringemmo la mano e la sua mi sembr grande e calda. Avrei voluto tenerla

    ancora nella mia, accarezzarla con dolcezza, baciarla lievemente e inspirare il suoodore, ma non feci niente di tutto questo e la lasciai andare rapidamente, per nondestare sospetti. Mi sentii pervadere da sensazioni leggiadre e mi sembr di attingeredalla mia interiorit i colori pi gioiosi dellarcobaleno. Il giallo e larancione, caldie luminosi, mi avvolgevano completamente, dipingendomi lo sguardo.

    Ora non so neppure descriverli quei colori frizzanti e pieni di vita.Li distinguo appena nella nebbia dei ricordi, pervasa come sono da questo grigiore

    latente. Li vedo in lontananza nel tunnel della memoria e sento gli occhi appannarsi,delusi e nostalgici.

    Mi avevano avvertito che non era luomo adatto a me, ma non avevo volutocrederci.

    Non si d mai ascolto alle parole che ci toccano nel profondo.Volevo convincermi del contrario, che il suo amore sarebbe stato eterno, che lui mi

    sarebbe stato accanto, sorridente e formidabile, in ogni momento della mia vita.Forse non mi aveva mai amato, me ne accorgevo ora, dal profondo della mia

    malinconia. Aveva solo finto, per due lunghi anni.Ma per quale motivo? Quale ragione scatenante lo aveva spinto a starmi accanto, se

    non mi amava?Forse non era neanche vero che aveva bluffato fin dallinizio.Magari nei primi tempi era stato sincero, anche lui preso dalla novit di uno

    sguardo, di un corpo nuovo e inesplorato, di unanima fragile e gentile. Ma poi, apoco a poco, era subentrata la noia, atavica e incolore, che lo aveva spinto oltre colpensiero e la fantasia, forse prima ancora che se ne accorgesse.

    Mi era rimasto accanto, per abitudine o per stanchezza, portandomi a credere chegli piacevo davvero.

    Ed io mi ero tuffata in quel mare di false verit col candore di unanima ingenua ela consapevolezza di una donna adulta al contempo. Avevo gioito naufragando inquelle acque e non avrei pi voluto toccare terra.

    Ma la raggiunsi pi presto di quanto non volessi, mio malgrado, tornando allarealt nel peggiore dei modi.

    Lo sorpresi tra le braccia di unaltra in una notte senza luna, e nel buio mentii a mestessa che non fosse lui. Lo vidi bene, invece, ed ero certa di non sbagliare e di nonconfonderlo con nessun altro. Conoscevo ogni centimetro del suo corpo: le spallelarghe, le braccia forti, la curva della mascella, il profilo mascolino di un nasopronunciato.

    In un attimo il sogno si infranse e il desiderio di ricomporlo come un puzzle,

  • raccogliendo rapidamente ogni pezzo, fingendo spasmodicamente che non fossesuccesso nulla, fu negato dallombra cupa della delusione, pi forte dellamore.

    Mi immaginai stupidamente illusa in ogni momento vissuto con lui, quando mistringevo nel suo abbraccio e credevo di essere padrona del mondo, quando pensavodi essere importante ai suoi occhi, in vetta ai suoi pensieri, quando non dormivo lanotte, per lemozione di vederlo lindomani. Era sempre puntuale ad ogniappuntamento e questo mi dava la certezza che mi amasse, mi chiamava ogni tanto eritenevo che fosse abbastanza.

    Improvvisamente pensai che chiunque al posto mio avrebbe capito che lui non erapi innamorato di me e che forse non lo era mai stato, neanche la sera del nostroprimo incontro, quando dolce e impacciato, mettendomi una mano sulla spalla, michiese di uscire.

    Ebbi la sensazione che avesse finto quella timidezza per farmi accettare linvito eper indurmi a concedermi pi in fretta. Una donna generalmente mostra meno indugi,quando si sente amata.

    Ogni momento vissuto con lui, anche il pi romantico, perse improvvisamente ogniluce, colorandosi dei toni pi cupi.

    Vedere le sue braccia forti stringere unaltra, riconoscere la sua nuca sotto lachioma scura, rub ogni mia certezza, conquistata nel tempo, e rese tutto orrendamentefalso.

    Forse qualcosa di vero ci sar pur stato, almeno in precedenza, ma in quel momentomi sembr che ogni sua parola, ogni suo gesto o carezza fosse il preludio diquellabbraccio svuotato di me.

    Riconobbi in quella ragazza una compagna di corso comune e immaginai i lorosguardi ammiccanti che dovevano essermi sfuggiti e i loro sorrisetti ironici alle miespalle. Mi chiesi come potessi essere stata cos cieca e ingenua. Chiss da quantotempo andava avanti la loro storia, intrecciata con la nostra.

    Eva mi fece notare che lui non mi aveva lasciato, anche se era uscito con unaltra.Non era stato capace di mollarmi, perch io ero la sua ragazza, lui amava me, e leinon era che una misera avventura. Queste parole avrebbero dovuto farmi sentiremeglio, in quella serata dai risvolti tremendi. Avrei dovuto gioire di essere la primadel suo album femminile, anche se non lunica, perch lui era sempre stato un ragazzoleggero, pieno di amiche, e solo con me era riuscito ad avere una relazione stabile eduratura.

    Stavamo insieme da un anno e mezzo, la sera di quella scoperta terribile, che mistrinse il cuore e lorgoglio in una morsa massacrante. Ed io scoprii di non saperenulla di lui.

    Non conoscevo le informazioni di cui era al corrente Eva, avevo unidea di luifasulla e deformata. Lo credevo serio e onesto, sincero.

    Ripensandoci, non capivo bene come potessi ritenerlo tale. Forse semplicementeperch la nostra storia andava avanti, perch lui cera ogni volta che lo cercavo,perch mi trasmetteva emozioni positive e mi riempiva di gioia, anche se solo in

  • momenti isolati e fugaci. A volte basta poco a renderci felici.Forse la parola felicit troppo grande: posta alla fine della corsa, si propone

    come un traguardo irraggiungibile. Ma talvolta arriva di colpo, tutta un tratto,regalandoci pennellate di colori radiosi, che non sempre siamo in grado di gustare.Capita che si rimanga storditi dal suo mostrarsi improvviso e non si sia in grado diriconoscerla e di goderne a pieno; dovremmo imparare a cogliere lattimo fuggente incui si presenta, farla nostra e stringerla forte, cercando di trattenerla il pi a lungopossibile e non lasciarla sfuggire.

    Ma lei si divincola e scalcia impetuosa, talora si traveste per non farsi riconoscere,e se ne va nel momento in cui ha deciso, senza cedere a nessuna richiesta. A voltetorna, per un attimo che lei stessa sceglie. E a noi non resta che essere l, pronti adagguantarla, spogliandoci di orgoglio e raziocinio.

    Ero stata felice con lui. Almeno lo avevo creduto.Avevo vissuto momenti straordinari che ora perdevano i loro contorni nitidi e

    freschi, a causa di verit nuove che sconvolgevano larmonia del passato.Nonostante avessi visto coi miei occhi, fui capace di negare levidenza.Sparii nel buio della notte e non dissi nulla, vergognandomi di me e della mia

    delusione.Lindomani lo chiamai con la rabbia nella voce e lintento malcelato di sentirmi

    dire che avevo visto male. Lui volle incontrarmi immediatamente: mi spieg che erastato un abbraccio innocente, dovuto a non so quale momento di sconforto vissuto dalei in quel periodo, che erano solo amici, che lui amava soltanto me e che non volevaperdermi per nessun motivo al mondo.

    Il mio risentimento croll immediatamente, nonostante la ragione tornasse a farmivedere, con gli occhi della memoria, il corpo minuto di lei serrato tra le sue bracciaforti e piene di ardore.

    Non so come feci a cedere in pochi minuti, dopo deboli tentativi di accusa, ma lavoglia di abbracciarlo ancora, di vedere larco della sua bocca disegnare un sorriso,mentre mi guardava, fu pi forte di ogni altra cosa.

    Mi aveva spiegato cos bene ogni dettaglio, mi aveva guardato con occhi tantoimploranti e teneri che non potevo negargli una seconda chance.

    Ma dopo un mese, nonostante il suo comportamento dolce e gentile nei mieiriguardi, lo trovai nuovamente in atteggiamento sospetto con unaltra ragazza, non pila nostra compagna di corsi, ma una bella fanciulla che non conoscevo, coi lunghicapelli chiari e i lineamenti delicati.

    Non gli fu facile questa volta essere convincente.Sarebbe risultato bugiardo e sleale a chiunque e anchio non caddi subito nella tela

    delle sue menzogne.Ma due giorni pi tardi, tempestata di chiamate e messaggi, non seppi cedere ai

    suoi goffi tentativi di riconquistarmi e tornai ad essere la sua ragazza, nel sensoproprio del termine.

    Ero una ragazza totalmente sua.

  • Mi piegavo ad ogni suo volere, ero cos debole da aver perso ogni brandello didignit.

    Ormai ero solo una marionetta fra le sue mani e lui si divertiva a muovere i fili consapienza, mostrando con orgoglio il suo potere su di me. Ogni tanto la mano delburattinaio si lasciava intravedere, a sipario aperto, ed io mi mostravo in tutto il miofragile e cieco candore, protagonista inconsapevole di unamara commedia.

    Era trascorso ancora del tempo, scivolato rapidamente come al solito, quasi senzache ce ne rendessimo conto. Non ci eravamo visti molto, in quellultimo periodo chevolava via, ma continuavamo a stare insieme, a sentirci spesso e frequentarci di tantoin tanto.

    Io avrei voluto vederlo di pi, ma motivi logistici legati allo studio e attivitsportive di vario tipo lo rubavano alla nostra quotidianit. Almeno erano questi imotivi che adduceva.

    Non so se realmente mi fidassi di lui o se sperassi semplicemente, ogni volta, chefosse cambiato.

    Sapeva regalarmi ancora momenti bellissimi, quando era con me. E non sapevodecidere se sarebbe stato meglio avere accanto un uomo che non mi trasmettevaemozioni ma poteva darmi sicurezze, o se era preferibile avere lui, nonostante il suoalone di mistero e di incertezza, di malcelata slealt.

    Mi interrogavo ancora sulla felicit, ma trovavo soltanto risposte confuse econtraddittorie.

    Rimasi ancora del tempo insieme a lui.A volte veniva a trovarmi e rimaneva da me qualche giorno, regalandomi illusioni

    straordinarie che mi lasciavano a lungo incapace di ragionare. Io dividevo un piccoloappartamento di periferia con due studentesse, ma avevo una camera tutta per me, incui potevo ospitarlo tranquillamente.

    Lui, invece, aveva due compagni di camera nellappartamento in pieno centro, chefrequentavo pochissimo.

    Altre volte uscivamo per una pizza, io e lui, e trascorrevamo serate romantiche eindimenticabili, passeggiando al chiaro di luna.

    Successivamente si alternavano spesso periodi in cui tendeva a dileguarsi,incolpando di nuovo lo studio e lo sport, e mi lasciava incerta e incredula, inondata digelosia e delusione.

    In quei momenti Eva tornava a ripetermi che lui stava ancora con me, che avevaforse voglia di qualche innocente evasione per poi tornare pi innamorato di prima.Ma io ero sempre meno convinta di questo.

    Mi chiedevo se per me fossero positivi commenti di questo tipo. E se il suovolermi sempre consolare non avesse doppi fini. Ebbi anche lidea infelice cheavesse avuto un flirt con lui, in quei periodi di empasse che vivevamo ciclicamente.

    Sara e Cinzia, le mie coinquiline, nonch amiche, erano invece dellopinione chedovessi tenere gli occhi aperti, anche se non si spiegavano il motivo per cui luitornasse sempre. Forse mi amava davvero. Forse ero il suo porto sicuro.

  • La nostra storia durava ormai da quasi due anni e lui non accennava minimamente avolermi lasciare, neanche nei momenti pi bui: mi telefonava, mi chiedeva comeandasse lo studio e come trascorressi le mie giornate. A volte ci incontravamo infacolt.

    Altre lui preferiva non frequentare e rimanere a casa, per poter preparare pirapidamente quellesame o quellaltro. Effettivamente studiava con profitto ed eracompletamente in linea con il suo piano di studi.

    Spesso mi chiedevo perch fossi cos legata a lui, perch gli perdonassi tutto efingessi di non credere che mi tradiva.

    E quando queste domande rimbombavano dentro di me senza sosta, percorrendo imeandri oscuri e profondi della mia essenza, mi rendevo conto di sapere benissimoquale fosse la risposta.

    Semplicemente, lui tornava. Anche se ogni tanto si allontanava per un po, anche seforse non era un modello di fedelt, lui non si dimenticava mai di me, non miabbandonava, lui tornava sempre. Questo era per me un traguardo immenso estraordinario: era il sole che disperde le nuvole grigie e allontana la tempesta, il mareazzurro che si gonfia di vento e permette alle barche di muoversi, la luce nitida ebrillante in fondo al tunnel.

    Unaltra persona, molti anni prima, se nera andata per non tornare mai pi. Avevalasciato una bambina con le lunghe trecce bionde e gli occhi pieni di lacrime,insensibile al suo dolore; aveva fatto le valigie, sotto il suo sguardo attento eincredulo ed era volata via per sempre. Aveva detto parole vuote e prive disignificato e si era fatta portare via da un sogno o da unillusione, definitivamente.

    Non si era lasciata vincere dalla nostalgia, non aveva fatto un passo indietro,confusa e stordita dal dolore, non aveva chiesto scusa, non aveva cercato diricomporre il puzzle.

    Aveva perso i tasselli e ne era andata fiera.Non un ripensamento, non un tentennamento. Forte e sicura di s, aveva chiuso la

    porta senza pi cercare di riaprirla, lasciando il piccolo essere a cui aveva dato lavita annientato da questa scelta terribile e innaturale.

    Ripensavo a questo, senza volerlo, ogni volta che Marco tornava. Ed ero cos felicee mi dava una tale gioia rivedere il suo viso sorridente, con gli occhi teneri e pienidamore, che non potevo impedirmi di abbracciarlo ed essergli grata, ancora, per ilsuo ritorno. Molti ridevano, mi trovavano stupida e folle.

    Ma cosa potevano sapere loro di me? Non potevano immaginare il dolore dellabbandono, a cinque anni, causato da chi

    avrebbe dovuto amarti di pi. Non potevano sapere cosa prova la notte, nelloscurit,nel buio delle tenebre, un piccolo fragile essere tradito nel profondo, nel momento incui si affaccia alla vita.

    Ma oggi non posso pi perdonarlo.Il grigiore che mi pervade frutto di delusioni accumulate e sepolte dentro di me.Stanno uscendo con forza dalle profondit del mio essere, spogliandosi dei toni pi

  • cupi, per relegarmi a uno stato di torpore latente. Non hanno pi i colori nitidi di untempo, si sono spente gradualmente fino ad assumere tonalit indecise, miscelandosicon ogni angolo recondito della mia essenza.

    Ho perso ogni traccia di speranza legata a una progettualit con lui.Non trovo pi dentro di me la luce dellentusiasmo, delusa ormai dai suoi ripetuti

    comportamenti.Qualcuno potrebbe chiedersi cosa pu significare uno sguardo che fugge, ma per me

    la risposta a mille domande.Conosco perfettamente il motivo per cui i suoi occhi sono andati oltre e non accetto

    pi di essere per lui il silenzio della certezza. Non voglio incarnare il miraggiodellattesa, n il porto sicuro in cui si rientra con gioia dopo avventure di ogni tipo,straordinarie o terribili, coinvolgenti o misteriose.

    Sento di poter concludere finalmente questa storia che si protrae e si trascina datroppo tempo, alimentata da dubbi e dolori, e se questo da un lato mi spaventaprofondamente, dallaltro mi affascina e mi entusiasma.

    Ho voglia di conoscere nuove emozioni che non siano legate a lui. Ho voglia divivere veramente.

    Sentirmi grigia pu darmi la forza di dipingermi con un colore acceso eformidabile.

    Non nego di percepire tremori che dal profondo si muovono gradualmente fino araggiungere la mia esteriorit: le mani si muovono quasi impercettibilmente, come legambe, che sembrano non volermi pi sorreggere.

    Il mio corpo risponde con sensazioni sconosciute alle emozioni che si vestono dinovit. Gli stati danimo si miscelano e si fondono fino a farmi sentire storditamentebizzarra.

    La solitudine spaventa ancora di pi dei movimenti ondivaghi che hannocaratterizzato la nostra unione, ne percepisco lalone di mistero e la sento fortementeinvadente. Ho paura.

    Ma devo assolutamente farcela.Ripenso a mia madre, ai momenti in cui era scintillante e luminosa nei miei

    pensieri, lessere perfetto e angelico che mi aveva dato la vita. La mia mente vaga etorna al tempo in cui avevo la sensazione istintiva che mi amasse pi di chiunque altroal mondo, che fosse il tempio sacro e certo della mia esistenza. La rivedo giovane epiena damore per me. Le sue mani candide, la sua voce suadente.

    Era capace di spiegarmi qualsiasi cosa, con dolcezza e convinzione; il suo caloreera per me fonte di una sicurezza senza confini. Mi stringevo nel suo abbraccio e nonavevo pi paura, qualunque cosa mi accadesse. Di notte, quando gli incubi venivano afarmi visita, o semplicemente quando le ombre della camera mi assomigliavano amostri o fantasmi, era sufficiente che lei si sedesse accanto a me e mi desse la mano,per farmi ritrovare la pace. A volte i suoi capelli mi battevano sul viso facendomi ilsolletico. Anche questo contatto indiretto era meraviglioso.

    Non capivo cosa potesse essere successo, dopo, quando ero ancora una bambina

  • piccola e indifesa, ma non pi cos importante per la mia mamma.La cosa peggiore era che mi vergognavo di essere rimasta senza di lei, perch

    temevo fortemente che fosse colpa mia.Pensavo che se qualcuno era diventato ai suoi occhi improvvisamente pi

    importante di me, doveva essere a causa mia. Sicuramente avevo sbagliato qualcosa,bench non riuscissi a capire cosa, nel dettaglio.

    Il senso di colpa terribile e devastante, specialmente quando non si ha idea deinostri errori.

    Io me lo ero portato dietro per molti anni, quasi quindici, per lesattezza. Allorafinalmente mi ero resa conto, con la coscienza e la consapevolezza di unadulta, cheio non avevo fatto niente di male, neanche quella volta che ero caduta dal carrello alsupermercato, perch mi sporgevo troppo neanche quando avevo bagnato il lettoper tre notti di fila, allet di tre anni, perch era estate e mangiavo troppa anguria,disobbedendo a mamma.

    Lei se nera andata per un uomo magro dai lineamenti sfuggenti, con gli occhipiccoli e vicini fra di loro.

    Una volta mamma mi aveva letto una storia bellissima, nella quale si diceva che gliocchi poco distanziati fossero simbolo di avarizia e malvagit. Mi chiedevo come miavesse potuto lasciare per un uomo cos, che non avrebbe mai potuto volerle bene,mentre io gliene volevo tanto.

    Non potevo credere che avesse dimenticato quella fiaba straordinaria, cheripetevamo insieme, nel corso del tempo, ed era diventata lemblema della nostrabuonanotte.

    Non accettavo lidea che fosse andata via e che volesse stare senza di me.Ogni notte sognavo che tornasse.Ogni notte piangevo, nel silenzio di una stanza, con le ombre nefaste e i fantasmi

    che mi facevano paura.Non capivo come potesse non sentire nostalgia di me.Io ne provavo tanta. Lavrei perdonata subito, se fosse tornata, avrei finto che non

    fosse successo niente, sarei stata una bambina modello e non lavrei fatta arrabbiareneanche una volta.

    Ripetevo queste parole nelle mie preghiere, sussurrandole al cielo. Oppure essedanzavano armoniose nella mia mente prima di addormentarmi o nel profumo delmattino, appena sveglia, quando mi accorgevo, di nuovo, che lei non cera pi.

    Mi chiedevo a cosa pensasse, la sera, nella sua nuova casa svuotata di me.Ed era triste convincermi che era tutta colpa mia, che nessuna madre se ne va senza

    un motivo.Pensavo che i miei amichetti ce lavevano tutti una mamma. Anche se lavoravano e

    non potevano venire a prenderli a scuola ed io non le vedevo mai, poi, a casa,sarebbero state con loro; solo io me lero lasciata sfuggire, solo io ero tanto cattiva danon meritarne pi una.

    Sono andata avanti per anni con questi pensieri infelici e sconvolgenti.

  • Da pi grande ho cominciato a capire che odiava mio padre pi di me, macomunque non mi amava abbastanza per tornare.

    Ho saputo in seguito che ero, per lei, la prova vivente dei suoi errori.Tra laltro assomigliavo a pap in modo sbalorditivo: larco delle sopracciglia, il

    taglio degli occhi, lovale del viso, il colore dei capelli, la curva sorridente dellelabbra. Tutto di me doveva ricordarle terribilmente lui e il suo matrimonio sbagliato.Per questo non tornava. Per questo non mi voleva pi.

    Lho odiata terribilmente, passando dalle fasi di pianto a quelle di menefreghismo,dai momenti di sconforto e di amarezza, alla curiosit di cercarla, di sapere dovefosse. Ho pensato spesso, da piccola, di andare io da lei, visto che lei non tornava dame. Avrei cavalcato fulmini e tempeste, avrei attraversato mari e fiumi, corsopericoli di ogni sorta, pur di riconquistarla e ottenere di nuovo il suo abbraccio caldoe sincero. Una volta avevo progettato di fuggire, allet di sette anni, quando ildesiderio inappagato di rivederla mi aveva spinto verso soluzioni deleterie.

    Lho odiata profondamente mentre il mio cuore ferito grondava damore per lei.E non ho mai capito, in nessun momento della mia esistenza, come abbia potuto

    vivere senza la sua bambina. Lo comprendo ancora meno oggi che ho ventidue anni epotrei essere io stessa madre.

    Potrei aspettare un figlio di Marco. E bench lo detesti, per la realt deludente chemi ha fatto vivere, sento che non potrei separarmi dal mio eventuale bambino, anchese frutto del nostro amore sbagliato. Ma lui non esiste. Lui non c.

    Io esistevo, invece, lei mi aveva tenuto in grembo e poi amato per cinque anni.Successivamente si era spogliata di una storia che sentiva non appartenerle pi ed erafuggita senza voltarsi indietro. Aveva lasciato un marito che forse la tradiva o checomunque non la rendeva felice e aveva cancellato una figlia che ora avrebbeintralciato levolversi della sua nuova esistenza.

    Nella sua allucinante scala di valori il suo nuovo compagno valeva pi di unabambina innocente. Il nuovo amore lappagava e la riscattava, rendendola immune alsenso di perdita e di abbandono.

    Ora che studio giurisprudenza mi chiedo perch mio padre non si sia appellato allalegge per farle fare la sua parte di genitore, ma credo che ci siano state ragioni pigrandi nel cuore di un uomo che si accingeva a crescere da solo una figlia di cinqueanni.

    Lui mi ha voluto un bene profondo, regalandomi la gioia di sentirmi amata. Ma nonmi bastato.

    Si cimentato nel nuovo ruolo di padre e madre al contempo e ha cercato di farmivivere una vita serena. Ha sempre voluto darmi la sensazione di essere come gli altribambini, senza farmi mai mancare niente.

    Mi sono attaccata a lui con tutte le mie forze e in qualche modo avrei potutocompensare il dolore della perdita. Lui me ne ha data la possibilit. Ma era miopadre. E anche se lo amavo con tutto il cuore, non era abbastanza.

    Sentivo fortemente la mancanza di lei.

  • Una madre non si cancella.In certe giornate buie e malinconiche ho detto a me stessa di averla preferita morta.

    Lho ripetuto sillabando dentro di me o lho gridato al vento, nellangoscia di unattimo infausto.

    S, morta sarebbe stato meglio.Allora lavrebbe rapita il cielo, contro il suo volere. Lei se ne sarebbe andata suo

    malgrado, a causa di una malattia incurabile o di un terribile incidente ed io non avreiprovato quel disagio profondo, quel senso insopportabile di rifiuto.

    Lavrei pianta dolorosamente, le avrei portato i fiori al cimitero e avrei fatto tantidisegni per lei.

    Di sicuro avrei potuto tenerla stretta nei miei ricordi senza vergognarmi di mestessa, senza quel senso di colpa che mi tormentava, senza linvidia pungente neiconfronti di un uomo che me laveva portata via, e poi, di un bambino che la tenevatutta per s.

    Ero gelosa, invidiosa, delusa. Non potevo sopportare lidea che lei fosse appagatada quel nuovo piccolo essere, svuotata di ogni ricordo di me. Lui era il nuovo figlio,frutto del nuovo amore, scintillante e meraviglioso.

    Io non ero che la vecchia figlia arrivata troppo presto, erroneamente, frutto di unmatrimonio sbagliato, privo di qualsiasi elemento positivo.

    Dunque venivo messa da parte, annientata, dimenticata come un vecchio ritornelloche nessuno canta pi.

    Ma oggi devo assolutamente farcela, devo lasciare Marco.Ormai sono grande, ho superato il dolore della perdita e del rifiuto, ho rivisto mia

    madre, trasformata dal peso degli anni e ho conosciuto il mio fratellastro. statotriste, difficile, disumano, ma ci sono riuscita. Ormai solo un capitolo a parte dellamia vita.

    Non posso pi nascondermi dietro al passato concedendogli ogni chance. Non colpa mia se mi sono innamorata della persona sbagliata e ho riposto in lui speranzeinsensate.

    Marco non luomo della mia vita.Lo solo in parte. Ma questo non abbastanza.Voglio un uomo che mi rispetti e che mi ami davvero. Posso aspettare, non ho fretta.

    Non ho paura di rimanere sola. La solitudine per me ormai un mostro conosciuto chenon spaventa pi come un tempo.

    Non rimango pi sveglia la notte a piangere e le ombre non mi sembrano pifantasmi.

    Sono una donna adulta, ora. La dura realt della vita ha fortificato la mia natura edissipato una fragilit latente che oggi perdura solo come elemento apparente edesteriore.

    Devo decidere come e quando dirglielo.Non sar facile. Non accetto di apparire patetica, ma non voglio neanche fargli

    credere che dipenda essenzialmente da me, questa rottura. Deve sapere che lo lascio

  • per colpa sua. Se fosse stato diverso, io lo avrei amato ancora.Forse meglio che mi prepari un discorso, che scelga con cura le parole; a volte

    facile essere fraintesi se non si usano i vocaboli giusti. Prendo un foglio e una penna ecomincio a scrivere.

    Mi vengono in mente solo termini offensivi che non voglio usare.Scrivo e cancello. La pagina piena di scarabocchi e il mio cuore trabocca di

    angoscia.Ho deciso. Devo lasciarlo.Forse non una buona idea scrivere un discorso su un pezzo di carta e poi recitarlo

    a memoria. Devo essere naturale, spontanea. Prendo il cellulare e faccio il suonumero. Suona ripetutamente.

    Infine mi risponde la sua voce calda.Ciao, Gemma, come stai?Bene, grazie e tu?Non c maleAvrei bisogno di vederti.Certo, quando vuoi c qualcosa che non va? Ti sento tesaNo, niente, cio s be, ho bisogno di vederti.Certo amore, quando vuoi sono in facolt. Facciamo tra mezzora qui fuori? Ce

    la fai?Non lo so facciamo fra unora.Ok.Ho il cuore in gola. Tra unora sar davanti a lui e gli dir che finita.Dovr essere forte e cancellare due anni della mia vita senza rimpianti. Qualcuno

    riuscito a spolverare via molto di pi posso riuscirci anchio dovrei prendere inprestito il carattere di mia madre in questo momento.

    Salgo sullautobus mentre penso a cosa sto per fare. Sto per scrivere la parola fine.Mi siedo e guardo fuori dal finestrino. La citt meno caotica del solito, una calma

    sottile sembra calare su di essa. La mente vaga lontana e pare scindersi dal miocorpo. Ripercorre i momenti vissuti insieme, si insinua nelle anse nefaste del ricordoe si riempie dellodio, figlio di slealt e tradimenti. Ora sono carica. Lui non mimerita, io non merito questa storia, sono forte, posso farne a meno Sono una donnaadulta, io. So quello che voglio.

    Scendo dallautobus e sento quasi cedere gli arti inferiori.Cammino con passo ondeggiante. Conosco bene la strada, ma lallungo. Sono in

    leggero anticipo. Non voglio arrivare troppo in fretta, penser che non vedo lora distare con lui.

    Penser che lo amo ancora, ma si sbaglia.Sar puntuale, forse in ritardo di qualche minuto, per dimostrare che non mi sono

    precipitata, che non ho preso il primo autobus disponibile, che non sono corsa dalui

    Io sono calma e sicura di me. Me lo ripeto, per essere certa che sia vero. Me lo

  • ripeto ancora.Poi svolto a destra e lo vedo in lontananza. gi l che mi aspetta. Ha in mano delle dispense. Mi sembra che le stia sfogliando

    velocemente. Lui arrivato in anticipo.Cammino lentamente nascondendomi tra i passanti.Finalmente sono davanti a lui. Mi vede e mi viene incontro, mi abbraccia.

    disinvolto e sorridente, sembra sincero.Io lo chiamo e lui c, come sempre. Allora cosa non va? Di cosa mi lamento? tutto il resto, ci che non appare, che non trapela ma esiste.Sei bellissima, Gemma. Andiamo a un bar a prendere qualcosa?Accetto. Gi le mie certezze cominciano a sfuggire; tento di rifarle mie. Ci sediamo

    e ordiniamo qualcosa, lui un caff, io un succo dananas.Parliamo del pi e del meno, del tempo e della luminosit dei miei capelli. Mi

    chiede se sia stata dal parrucchiere, tanto gli piacciono, ma gli rispondo di no, mentresto tentando di cominciare il mio discorso. Mi sento impacciata. Lo guardo negliocchi, osservo i suoi lineamenti marcati e dolci al contempo, poi attingo dentro di mela forza per parlare.

    Marco, credo che la nostra storia non abbia pi ragione di esistere Lo dicopiano, quasi in un sussurro, non so neanche se lui abbia capito esattamente.

    Perch, Gemma, cosa te lo fa pensare? Io ti amoIl tuo non amorePerch? Sei la persona pi importante per me.Il nostro discorso si protrae sugli stessi toni di sempre.Lui che mi dice che tiene a me pi di ogni altra cosa al mondo, io che gli rispondo

    che non vero, perch mi tradisce continuamente, forse ciclicamente, lui che ribattepronunciando parole improbabili, di amore assoluto nei miei confronti senza lombradi nessunaltra.

    Il tutto si conclude con toni addolciti e un abbraccio forte.Sento gli occhi inumidirsi e una lacrima sgorgare calda su una guancia. Non so fare

    altro che stringermi in quellabbraccio.Ma solo un momento, lultimo. Poi gli parler sul serio, gli dir tutto e lo

    saluter per sempre. Ma ora no. Pi tardi.Voglio soltanto stare un altro po insieme a lui. Poi non lo rivedr pi. certo.Ancora un attimo fugace. Carpe diem.Pochi minuti in pi con lui non significheranno niente.Mi sento raggiungere dal grigio dellindecisione, che impercettibilmente si

    impadronisce di me.Qualcosa mi impedisce di fare ci che ho programmato e mi spinge in unaltra

    direzione.Ho un barlume di lucidit e gli dico che devo andare, che forse meglio cos. Ma

    lui interviene con forza, sia verbalmente che fisicamente, dice che mi ama, che nonpu stare senza di me. Mi stringe forte tra le sue braccia, mi bacia con passione.

  • Siamo seduti a un tavolino esterno di un piccolo bar e le sedie dondolano sotto ilpeso della sua energia.

    Sono stordita, persa in una speranza infinita e assurda.Non reagisco.Comincia a cadere qualche goccia. Ne sento una sul viso, unaltra su una mano.Il cielo gonfio di nuvole grigie. Lo osservo in silenzio col mento poggiato sulla

    sua spalla e le braccia che gli cingono la vita. Sta per esplodere lenergia del ciclovitale dellacqua.

    Piove.La strada deserta, spogliata di ogni colore, il cielo plumbeo e minaccioso.

    Silenzio e malinconia dominano in questo scorcio di autunno inoltrato. Da lontano ilmare mi guarda maestoso nel suo grigio intenso. Mi lascio cullare in questa atmosferavelata di tristezza e resto inerme, incapace di qualsiasi movimento.

    Marco qui con me.Anche lui bagnato dalla pioggia. Anche lui senza nessuna voglia di andarsene.

  • Giallo

    Oggi mi sento pervasa dal colore caldo e avvolgente del sole.Percepisco la mia essenza imbevuta nei toni dorati e meravigliosi della luce.Sono bionda e luminosa, tonica, dinamica, sorridente e generosa. Sono cordiale e

    aperta, entusiasta e gaia, irradiata da una luce prorompente che mi scalda il cuore.Sono piena di sole come il quadro di un impressionista. Sono gialla come la casa di

    Van Gogh ad Arles, in Provenza. Mi sento calda e solare come la regione nel suddella Francia che ha fatto esplodere la fiamma geniale di questo artista straordinario.

    Sono bionda come il grano destate, luminosa e vitale come i raggi doro chedipingono il mondo.

    Indosso una maglia di questo colore, che spicca sulla mia pelle lievementeabbronzata.

    Forse sono un po come i folli dellAntica Grecia, obbligati a vestire di giallo peressere riconosciuti o come i sovrani orientali, che indossano abiti di questo colore, asimbolo della loro regalit.

    Pazza o regina di me stessa Chiss So soltanto che mi sento inondata di gioia.Lui qui con me e mi guarda con occhi pervasi di dolcezza.Ha una camicia bianca che contrasta con la sua chioma scura e una giacca blu che

    infonde calma e serenit. Sono radiosa.Il mio esame andato bene, finalmente, e Marco mi siede accanto. Parla di

    sciocchezze, sorride e scherza. Mi d un pizzicotto su un braccio che io ricambio conslancio, rapita da una sonora risata.

    Parlo e rido. Il flusso delle parole spezzato continuamente dai gorgheggi del riso,sono euforica.

    Non stata una passeggiata: Storia del diritto medievale e moderno.Tre mesi di studio matto e disperatissimo dopo il rifiuto del voto nella scorsa

    sessione.Il prof voleva affibbiarmi un ventuno. Avevo studiato poco, mi mancava una parte

    del programma e certo non mi meritavo molto di pi, ma un ventuno era pessimo, miavrebbe irrimediabilmente abbassato la media. Per questo non mi ci era voluto ungrande coraggio a dire: Non posso accettare alzandomi con il libretto in mano eil timido accenno di un sorriso, nonostante la delusione.

    Poi mi ero pentita di quel saluto frettoloso e del rifiuto in s, che peccava dipresunzione. Non so che effetto avrebbe potuto fare nella mente di un insegnanterigido e severo. Ma era ci che mi era sembrato giusto fare in quel momento. Ora nonpotevo pi tornare indietro in fondo era meglio cos. Avevo promesso a me stessache avrei potuto fare molto di pi, tuffandomi nello studio e liberandomi delle ansielegate al professore, a Marco, allo snodarsi impetuoso dellesistere.

    Oggi mi sono seduta di fronte a quel mostro sacro della giurisprudenza con la

  • rabbia dentro e lintento orgoglioso di mostrare le mie approfondite conoscenze. Horisposto con sicurezza alle sue domande e ho intravisto un guizzo di piacere nel suosguardo.

    Ho capito che aveva apprezzato che non mi fossi accontentata di un voto mediocre.Ho proseguito con slancio e la mia prova stata decisamente migliore dellaprecedente: mi ha fruttato un bel ventisette. A qualcuno potr sembrare poco, ma perme, che non sono mai stata brillante e non ho collezionato neppure un trenta, straordinario. Tutto relativo.

    Sono entusiasta, ho voglia di festeggiare.Ode al giorno felice. Non so perch sono felice, non chiedetemelo, perch in fondo

    non lo so neppure io. Sono felice e basta, con un ventisette nel libretto e il mioragazzo accanto.

    Sono felice perch c il sole, perch sono sparite le nuvole allorizzonte e lasabbia calda sotto i miei piedi. Perch respiro e respiri.

    Marco condivide la mia gioia ed in parte motivo di essa. qui con me. Sfiora i miei capelli con le dita e li sposta leggermente per posare le

    sue labbra sul mio collo nudo. Le sue mani calde ora cingono il mio corpo, mentre lesue dolci parole mi nutrono lanima.

    tenerissimo. Ho dimenticato tutta la rabbia che ho provato per lui. In questi tremesi stato un fidanzato modello, leale e sincero.

    Mi ha saputo infondere tranquillit e sicurezza dimostrandomi che vuole davverostare con me. Abbiamo smesso di parlare delle sue defaillances del passato,concentrandoci sul nostro amore.

    Io credo di amarlo profondamente. Mi auguro soltanto che sia cambiato davvero,perch ho la sensazione che non saprei vivere senza di lui. Mi sento completa solocon la consapevolezza della sua presenza nella mia vita. E non credo che questoattaccamento sia legato soltanto alla triste storia familiare che ho vissuto.

    Crescere senza mia madre, con la morte nel cuore, stato terribile, ma penso diessere in grado di amare un uomo, al di l di tutto. Lei se n andata e si costruitauna nuova esistenza senza di me, ma mio padre rimasto. Non sono stata unorfana,non ho trascorso la mia infanzia in un istituto severo. Sono stata amata teneramentedalluomo che mi ha generato insieme a lei.

    Lui restato, non mi ha tradito. Lui non mi ha lasciato sola.E oggi credo di essere una giovane donna capace di amare in modo legittimo e non

    morboso. Almeno lo spero.Non voglio fare la vittima, non mi voglio nascondere sempre dietro la mia triste

    storia. E comunque, c stato anche un seguito. Non rimasta una situazione sospesa eirrisolta. Ho rivisto mia madre e ho avuto modo di farla scivolare di nuovo nel reale,lho sottratta a una mitizzazione inesorabile e ho pensato di poter accettare un giornola sua versione dei fatti. Non so se mai ci riuscir.

    Lho vista con il volto invecchiato e le mani scure. Non era pi langelo chericordavo. Ma credo di poter essere felice, nonostante tutto.

  • Oggi sento il cuore esplodere sotto il petto, quasi senza un perch.Qualcuno potrebbe ribattere che ho appena elencato i motivi della mia gioia, quindi

    non vi ragione per cui continui a ripetere che non ne conosco il perch. Ma laquestione pi sottile: mi chiedo come mai pennellate radiose di gioia fuoriescanodalla mia interiorit in questo attimo prezioso, per queste precise motivazioni o forseper altre ancora che si stringono e si miscelano ad esse quasi senza che io me neaccorga. Per unaltra persona, o forse anche per me stessa in un altro momento dellamia vita, queste ragioni potrebbero non valere nulla. Un ventisette dopo un votorifiutato e tre mesi aggiuntivi di studio potrebbe non essere un granch e avereancora quel fidanzato che da due anni abbondanti non chi finge di essere nelrapporto a due, potrebbe apparire pi una fonte di disperazione che di gioia. Tuttoquesto dipende da molti fattori che danzano e si intrecciano fra di loro nella miamente appannata.

    I colori sono dentro di noi e salgono in superficie fino a dipingere la nostraesteriorit, anche al di l del peso degli eventi. Ognuno reagisce in modo diverso allarealt che ci circonda e sceglie un dato colore, per una data situazione, in base al suocarattere e al suo umore. Potrei essermi sentita diversamente oggi, forse viola, rossa oancora grigia Ma ho scelto la luce del giallo. In realt non stato il mio ioraziocinante a operare la scelta, bens un input remoto e potente che ha scandagliato leprofondit della mia essenza per emergere con forza e mostrarsi al mondo. Non tuttihanno lo stesso tipo di reazione a un determinato evento. Ho visto madri entusiastedopo la nascita del loro bambino, col sorriso sulle labbra e nel cuore, la gioiaautentica dipinta sul volto e sui seni prosperosi atti a nutrire il figlio. Ma ne ho vistealtre, incupite dallangoscia delle responsabilit e dal confuso senso di incatenamentoo perdita di libert che dir si voglia, precipitare in una violenta depressione post-partum. Medici specialisti confortano le neo mamme dicendo loro che il circolo degliormoni insieme alla novit assoluta che hanno vissuto con levento del parto e dellanascita, spiega e giustifica, anche a livello chimico, quella voglia di piangeredisperata.

    Ma allora le altre? Quelle serene e felici? Quelle che hanno lo sguardo dolce eluminoso e sono da subito innamorate del loro bambino? Quelle che non si lamentanodei dolori espulsivi allucinanti, ma che parlano della sensazione meravigliosa dellamaternit e percepiscono il loro essere madre come il regalo pi grande? Anchesseesistono, fanno parte della variet del genere femminile. Semplicemente le duetipologie di donna hanno reagito diversamente a uno stesso evento, prova ulteriore delfatto che il nostro umore e il nostro stato danimo non sono il risultato di unequazionematematica, ma una miscela intima e personale di innumerevoli colori dalle millesfumature, oltre che la scelta precisa, ogni volta, di una determinata tinta da faremergere dalle profondit del nostro io.

    Oggi mi sento cos per uninfinit di concause che non conosco.Ma non importa. Voglio gioire del mio stato danimo in armonia con il mondo.Sento la sabbia calda sotto i piedi nudi. Poi lacqua fresca batte fino alle mie

  • caviglie mentre un brivido mi percorre la schiena. Mi sono liberata delle scarpe e hotolto la giacca.

    Sono a contatto con la natura e ho di fronte a me la bellezza straordinaria del mare.La massa dellacqua imponente e meravigliosa mi infonde nuova gioia, diversa daquella che gi provavo e la mano di Marco sulla spalla mi regala brividisconosciuti. Ripenso a momenti del passato intessuti di sensazioni comparabili aqueste.

    Ho davanti agli occhi scene di vario tipo. In molte presente Marco. Io e lui. Inostri corpi abbracciati, i suoi occhi dolci, le sue parole gentili. Io e lui insieme almondo che ci circonda, noi: una coppia e non due individui separati, il ritratto delsentimento vero.

    Poi ci sono immagini tratte dal mio passato che sfrecciano rapide e luminose. In unac la signora Armida, mia vicina di casa, spesso elevata al rango di tata speciale,mentre mi prepara merenda: pane e pomodoro. una persona adorabile, che mi havoluto un gran bene, regalandomi sensazioni meravigliose di cui avevo un bisognoimmenso. Eccola, la rivedo con i suoi capelli argentati e il suo grembiule variopintoda massaia. Credo che stesse sempre in casa, tranne che per andare a fare la spesa, lamattina presto, allora di apertura del supermercato, o per recarsi alla messa ladomenica.

    Ho sempre avuto limpressione che fossero le uniche clausole alla sua vita ritirata.Ma era una donna solare, aperta e generosa, a dispetto delle sue abitudini, forsedovute anche a un certo tipo di educazione, che potevano indurre erroneamente apensarla chiusa come le mura entro le quali viveva. Aveva un marito di qualche annopi vecchio di lei, che si avviava allegramente alla pensione, dallespressionegioviale e lanimo gentile. Non avevano avuto figli e questo forse aveva reso Armidaancora pi generosa nei confronti dei bambini. Io le ero sempre piaciuta moltissimo equando venne a sapere che mio padre era rimasto solo, un giorno scese le scale esuon il campanello offrendo con timidezza la sua ulteriore disponibilit a prendersicura della bambina ogni volta che ce ne fosse stato bisogno. Pap ne fu sinceramentecontento, perch non era facile conciliare i suoi orari di lavoro con la crescita di unafiglia piccola. Ricordo che andavo sempre volentieri da Armida.

    La rivedo mentre strofinava il pomodoro sul pane e mi diceva che dovevomangiarlo tutto, perch mi faceva bene. Senn non cresci, tesoro, mi raccomandofiniscilo tutto! Ed io non sempre ci riuscivo, nonostante mi piacesse moltissimo,perch le sue porzioni erano gigantesche, della stessa misura del suo amore per me.Quando lorto del signor Bernardo, suo marito, non produceva i pomi dorati dal sole,dal sapore dolce e profumato, mi preparava una fetta di pane con vino e zucchero. Eraconvinta che fosse un tipo di cibo necessario ad ogni bambino, per una crescita sana ecorretta. Chiss cosa ne direbbero i nutrizionisti infantili di oggi! Ma in passato eraconsiderato uno spuntino di tutto rispetto, anche per i piccoli, e poich la signoraArmida era una donna daltri tempi, per modo di pensare, cultura e tradizioni, nondoveva certo stupire il fatto che mi abituasse a sapori di questo tipo.

  • In unaltra immagine ecco mia zia Luisa, con il volto sorridente.In unaltra ancora Gaia e Mirta, due ragazzine smilze e piene di entusiasmo, mie

    compagne di scuola negli anni dellinfanzia e della preadolescenza. Sono flash rapidie pieni di luce accecante.

    Poi mio padre, con lo sguardo solare durante una gita a un parco di divertimenti omentre mi legge una storia la sera prima di addormentarmi. come se ci fosse unalente di ingrandimento su questa immagine la vedo allargarsi e ingigantirsi

    Da quando mamma se nera andata, pap mi aveva sempre letto qualcosa ogni sera.Era diventato un rito. Aspettavo la fiaba con gioia e dormivo solo dopo averlaascoltata. Spesso chiedevo di nuovo la stessa della sera precedente, quando mi avevacolpito in modo particolare. Volevo fissarla nella memoria, ascoltare meglio i dettaglie interiorizzarli, farli miei. Volevo essere in grado di raccontarla a mia volta. Da pigrande chiedevo a mio padre di poterla rileggere da sola e talvolta leggevo di nuovolintero libro, ma senza privarmi del piacere dellascolto, ogni sera, in quel momentointimo e straordinario in cui una storia fuoriusciva dalle labbra di mio padre egiungeva a me nellincanto della sua voce calda e profonda.

    Credo di avergli fatto leggere decine di volte, per un mese di fila, una fiababellissima inserita in un grosso libro con la copertina rigida e colorata: si intitolava Ilpesciolino doro.

    Quando pap prendeva il libro enorme, lo sfogliava per cercare la storiasuccessiva, ma io gli dicevo: Quella di ieri, ancora!

    Allora lui mi sorrideva e mi assecondava, tornando a leggere con lo stessoentusiasmo pieno di espressivit la fiaba che tanto mi incantava.

    Cera una volta, tanto tempo fa, un povero pescatore che abitava con la mogliein una capanna vicino al mare.

    Lui era contento di ci che aveva e non chiedeva di pi, ma la moglie non facevache brontolarlo, lamentandosi ogni giorno della loro povert

    Ricordo perfettamente le parole, tante sono state le volte che le ho sentite, comericordo il tono vibrante della voce di pap che le pronunciava. Nella mia menteprendeva vita la figura di quelluomo buono, della moglie terribile e di quelpesciolino dorato e magico che tutto poteva risolvere.

    Se mi risparmierai, io potr avverare qualsiasi tuo desiderio. aveva detto ilpesce doro, sotto lo sguardo sorpreso e incredulo del pescatore. E lui aveva avutodifficolt, a riprova della sua bont immensa, a esprimere un desiderio

    Nella mia mente di bambina ero entrata immediatamente in empatia con ilpoveruomo e quando lui aveva poi pensato a un mastello nuovo per sua moglie, loavevo trovato di una generosit e di un altruismo senza pari. E chiaramente detestavola moglie che non si era accontentata del dono ricevuto e aveva rispedito il marito dalpesciolino magico per avere un regalo pi grande. Come? Potevi chiedere qualsiasicosa e hai chiesto un mastello?

    E come mi era dispiaciuto per lui, che tornava ogni volta dal pesce vergognandosi ecostretto a chiedere: Scusa, sai, non per me, per mia moglie, il mastello non le

  • piace, vorrebbe una nuova casaAdoravo la pazienza del pesce, a sua volta eternamente comprensivo nei confronti

    delluomo, succube di una moglie incontentabile e mi piaceva quando lotranquillizzava dicendo: Lo so, lo so, non preoccuparti, torna a casa e vedrai chetua moglie avr ci che chiede.

    Ma la moglie non era mai contenta dei regali del pesciolino, e anche quando avevapoi chiesto e ottenuto un castello ed era diventata regina, era stata entusiasta solo perpoco. In breve tempo aveva di nuovo mandato il marito dal pesciolino a chiederealtro. E lui laveva accontentata ogni volta, finch un giorno aveva detto qualcosa chemi era piaciuto tantissimo. Ora basta, non chiedermi pi nulla, torna a casa etroverai una sorpresa.

    Il povero pescatore era tornato indietro con aria affranta, non riuscendo aimmaginare quale sorpresa avrebbe potuto trovare e quasi non pot credere aisuoi occhi quando vide di nuovo la sua vecchia capanna di un tempo, povera e conil tetto di paglia, ma con un grande tesoro al suo interno: sua moglie sorridente.

    Aspettavo con ansia le parole finali ed esplodevo di gioia, dentro di me, quandopap le pronunciava.

    Era una fiaba perfetta, un buono, una cattiva, un problema da risolvere, un aiutantemagico e un lieto fine.

    Non il solito si sposarono e vissero felici e contenti, ma una conclusionediversa, in cui lultimo dono parlava di interiorit, di valori veri e profondi.

    Avrei tanto voluto che lo incontrasse anche mio padre un pesciolino doro e chemamma potesse tornare e avere di nuovo il sorriso sulle labbra. Forse mi piacevatanto proprio per questo, perch mi dava lillusione e la speranza, anche seprobabilmente non lo sapevo.

    Ma oggi mi sento felice. Ho i piedi sporchi di sabbia bagnata e granelli appiccicatidappertutto. Il mare mi guarda immenso e scintillante, mentre i raggi del sole siposano su di esso tremuli e dorati. Sento il suo odore salato mentre il vento tiepido miscompiglia i capelli. Stamani erano raccolti in una coda bassa, ordinati e precisi, orasono sciolti in preda ai capricci di una brezza gradevole.

    Marco non dice niente ed io neppure. Mi abbraccia con delicatezza, poi con forza.Mi stringe a s.

    Siamo inondati da attimi silenziosi che ci appartengono. Non voglio infrangerequesto momento prezioso con le parole. Non ancora. Voglio ascoltare questo silenziofatto di vento e di mare e cullarmi in sensazioni meravigliose.

    Vorrei stare qui per sempre.

  • Non tutto terribile

    La signora Armida abitava nellampio appartamento del terzo piano di un vecchiopalazzo che ne contava cinque, alla periferia di Roma. Ci si era trasferita in unpassato lontano, quando aveva ancora i capelli color miele e la figura snella.

    Era sposata da quasi cinquantanni e ormai, alla soglia degli ottanta, si era abituataallidea di non essere diventata madre. Lo aveva sperato a lungo, aveva atteso conpazienza che la natura fosse clemente con lei, permettendole di coronare il suo sogno,ma purtroppo non era stata accontentata e quando il suo orologio biologico le avevasegnalato che il tempo era scaduto, aveva provato un dolore profondo. Il suo voltodelicato e solare si era velato di unombra scura.

    Aveva scelto la famiglia, come si confaceva alleducazione di molte donne inquellepoca, e non aveva mai cercato un lavoro. Del resto non ne aveva avutobisogno, perch lo stipendio del marito e la casa di propriet, oltre ad alcuni beni cheaveva ereditato dalla sua famiglia di origine, erano pi che sufficienti al lorosostentamento. La mancata maternit non laveva spinta a uscire di casa, alla ricercadi una qualche attivit lavorativa che potesse distoglierla dalla delusione.

    Aveva continuato a fare la sua vita di sempre e dopo un momento di tristezza, avevaaccettato la volont di Dio. Era una cristiana praticante e questo laveva certamenteaiutata ad affrontare le avversit della vita.

    Ora che il suo volto era un trionfo di rughe da cui spiccavano due piccoli occhilucenti e i suoi capelli una nuvola bianca e vaporosa, temeva che la sua vita non fosseservita a molto, se non aveva lasciato nessuno dietro di s.

    Ma poi capiva linfondatezza dei suoi pensieri, perch se il padreterno non leaveva dato la facolt di generare, le aveva concesso la gioia di poter accogliere nellasua casa tutti i bambini che avevano transitato nel vecchio palazzo di via Tevere,durante il mezzo secolo in cui lei ci aveva abitato.

    Medici, insegnanti, operai, studenti o impiegati romani di oggi, erano stati bambiniun tempo, perch tutti lo siamo stati, anche se non sempre ce ne ricordiamo, e alcunidi essi avevano abitato, da piccoli, in quello stesso palazzo. Ed erano stati coccolatida Armida.

    Chiudendo i piccoli occhi lucidi, che avevano ormai perso lazzurro scintillantedella giovent, vedeva sfilare davanti a s un buon numero di pargoletti, coipantaloncini corti o le trecce lunghe.

    Era stata prima la zia e poi la nonna di tanti.Aveva offerto ai genitori la sua disponibilit.Signor Gianti, signora Cerrini se qualche volta avete bisogno, per motivi di

    lavoro o anche di svago, potete lasciare a me il bambinoPosso dargli merenda oanche cena. Allieter la mia giornata.

    Signora Rossi, la bambina sta poco bene? Deve correre a lavoro e non sa come

  • fare? Stia tranquilla, non si preoccupi, la lasci a me. Mi far compagniaGrazie, signora Armida! Come farei senza di lei! Posso sdebitarmi?Per me un piacere! Non voglio denaroBenedetta vuole tornare da lei qualche volta si divertita tanto laltro

    giornoSignora Armida potrei lasciarle Filippo fino allora di cena? Devo tornare in

    ufficioMa certoCon piacere!La sua vita era stata per anni illuminata dai volti dolci e solari dei bambini. Li

    aveva cresciuti, curati quando erano malati e non potevano andare a scuola, avevaraccontato loro storie e ci aveva giocato a qualsiasi gioco, anche a Indiani o anascondino a Monopoli, a Indovina chi? E addirittura alla Play station.

    Capitava che ne ospitasse un paio alla volta, dapprima per necessit delle madri,poi per insistenza dei figli.

    Andare da tata Armida, come la chiamavano tutti, era una gioia per ogni bambinodel palazzo. Il suo nome duro e spigoloso era del tutto in antitesi col suo caratteredolce e affettuoso.

    Quando i coniugi Berotti erano andati ad abitare l con la loro piccola Gemma, allasignora Armida si era allargato il cuore.

    Era felice ogni volta che traslocava nel condominio una giovane famiglia con deibambini.

    Gemma era adorabile, con le trecce bionde e gli occhi cerulei che trasmettevanocandida ingenuit. Aveva appena tre anni.

    Tata Armida intravedeva la possibilit di stabilire un buon legame con lei e il suosguardo scintillava di speranza e di gioia al contempo.

    I genitori erano molto giovani, ma lavoravano entrambi per il buon sostentamentodella famiglia. Il padre era il contabile factotum di una piccola azienda appena fuoricitt e la madre commessa in un negozio di abbigliamento del centro. Dapprima avevarichiesto il part-time, quando la bambina frequentava lasilo nido, masuccessivamente aveva accettato lorario intero. Incontrava difficolt a gestirsi con gliorari di scuola della piccola Gemma, cos aveva architettato un intreccio formidabilecon gli impegni del marito. Insieme riuscivano a portarla e riprenderla da scuola, mabastava una riunione di lui o qualche linea di febbre della bambina, per frantumare ilmeccanismo di cristallo cui erano riusciti a dare vita.

    Stavano pensando di assumere una baby sitter, quando Armida si propose comevicina amante dei bambini e disponibile a prendersi cura di Gemma, qualora neavessero avuto necessit.

    Potrei occuparmi della piccola dopo la scuola materna o quando sta poco benenon chiedo denaro in cambio. Abito al quinto piano con mio marito e adoro ibambini

    Per i signori Berotti fu una sorta di fulmine a ciel sereno, nel senso positivo della

  • metafora, e per Gemma e Armida linizio di unintesa speciale. Lei divent per labambina preziosa e unica, e quando pi tardi la madre scomparve, inghiottita da unanuova vita in un paese lontano, fu il punto fermo della sua esistenza.

    Armida, ci sei?Armida non voglio andare a scuola voglio te.Armida mi vuoi bene davvero?Armida, starai sempre con me, in questo palazzo?Non cambierai mai casa, vero?Tata Armida non andare via ma domani torni?Ci sono tesoro, stai tranquilla, non me ne andr mai, star sempre con te Ti

    voglio un bene grande grande, pi del cielo e del mare, fino alla lunaAnchio, tata Armida, fino alla luna andata e ritorno E star sempre con te.

  • Blu

    Oggi sono fredda come il colore che dipinge le onde del mare.Fredda e sola.Sono calma e tranquilla, con i battiti del cuore rallentati, con la vita che si spegne,

    in una pace senza pari.Immersa in una stanza blu. Un tuttuno con essa.Sono blu come il divano del mio salotto, divento parte di esso.Sono gelida e sola, ma in una dimensione nuova.Sono un colore freddo. Mi irrigidisco e tremo, senza nessuno accanto.Muoio in un attimo trasparente, mi sento leggera e impalpabile, nella mia freddezza.Guardo le mie mani che tremano.Tremo tutta, interamente. Ma sono serena.Pervasa da sensazioni positive, bench glaciali.Blu elettrico, blu cobalto, blu notte, blu acceso e blu scuro, bleu clair, bleu fonc,

    dicono i francesi. Ma sempre e comunque blu: lunico colore primario freddo, cheuccide la passione e appiattisce lanima. Gelido e rasserenante, senza slancio, senzauna forza calda e seduttiva, il blu mi pervade e mi riempie, con la sua luce tenue cheinfonde calma e tranquillit.

    Rallenta i battiti raffreddando le emozioni, mi distacca serenamente dal fuoco delreale e mi spinge oltre, al di l del calore di tinte forti e accese. A volte un bluvitale, bench freddo altre pulsa di una vita stanca e priva di entusiasmo, che siaffaccia nello spazio del tempo con dolore distratto.

    Non so quante gocce ho preso ieri sera, non so quanto ho dormito.Che ore sono? Non lo so.Non ho lorologio al polso, devo essermelo tolta, ma non me ne ricordo. Ho la

    mente confusa e i battiti sempre pi lenti. Mi sento priva di forze, nel silenzio di unastanza, immersa in una solitudine cosmica. Non sono sola soltanto nella mia casa,sono sola al mondo. E il mio cuore rallenta la sua corsa e sembra volersi fermare,finalmente, stanco delle emozioni forti di cui mi ha fatto dono la vita. I miei occhivedono tutto blu.

    Sbatto le palpebre, ma il risultato non cambia. Il colore freddo del cielo e del maredipinge il mio sguardo e frena mirabilmente il mio cuore debole e stanco.

    Ieri ho abusato di me stessa.Mi sono fatta violenza, sopportando una serata indescrivibile, forse intraducibileUna serata che parla unaltra lingua.Marco mi ha proposto una relazione aperta.Dobbiamo finirla con questa storia della fedelt Tradire fisicamente non ha

    niente a che vedere col sentimento autentico. Gemma, ti prego, non fare il broncio,cos dimostri di essere infantile oltre che rigida e antiquata!

    Bene! Tre epiteti formidabili in una volta sola! Addirittura infantile Ma come

  • fai a pronunciare simili parole? E poi naturalmente non sono moderna, certo, sonoinsopportabile bla bla blaTi odio!

    Smettila!Come hai detto? Antiquata. Anzi rigida e antiquata. Non sono cambiata in fondo,

    sono sempre stata cos Se cos che vuoi definirmi Lo dissi senza pi rabbia,col dolore e lo smarrimento nella voce. Sei tu che hai bluffato, che hai finto di essereper mesi quello che in realt non eri e non sei mai stato. Chi sei? Io non ti conosco.

    Smettila, amore dai, lo sai che amo solo te, le altre per me non significanoniente.

    Chi sono le altre ?Le parole mi scivolarono dalla bocca quasi senza che me ne accorgessi, mentre

    analizzavo inconsciamente le sue. Per la prima volta mi stava confessando di tradirmi.E lo faceva cos, en passant, come se non fosse niente di grave Tutto sembravanaturale dal suono squillante delle sue parole, pronunciate a tutto tondo, senza remoreo indugi. Non cera un velo di timore per la mia reazione, n lidea dello sforzo peruna rivelazione taciuta troppo a lungo.

    Non dirmi che non sapevi Credo che tu abbia sempre saputoHai sempre negato tutto, Marco e ultimamente sembravi diverso, cambiato

    veramente Ma come puoi uscirtene con affermazioni di questo tipo? Cosa avreidovuto sapere, che sei una persona squallida e terribile? Non seppi impedire allavoce di spezzarsi, in fondo alla frase, come non riuscii a frenare due lacrime calde,che andarono a rigare le guance arrossate. Altre sgorgarono ancora, nel silenzio diattimi senza fine, quando lo sgomento, oltre al pianto, mi impediva di parlare.

    Un grande castello di carta si stava sgretolando davanti ai miei occhi. Ed io,impotente, non sapevo cosa fare.

    Cosa voleva da me? Che accettassi una proposta indegna?Non so come potesse parlarmi in quel modo. Pensai che avesse bevuto molto, per

    darsi la carica. E le mie narici, forse per effetto della forza di persuasione, ispiraronoun aspro odore di alcool, quando mi si avvicin.

    Mi spostai immediatamente, sdegnata, con un gesto repentino e inconsulto.Gemma, ti prego, sta per arrivare Sonia, non fare la sciocca Questa nuova frase mi infiamm il cuore e la mente.Chi sarebbe Sonia?Lui non rispose, ma quando lei fece la sua entrata nel locale in cui eravamo, con lo

    sguardo sicuro e il passo ondeggiante, sentii il rancore salirmi dal petto verso lalto inuna vampata micidiale, mescolandosi a uninfinit di sfumature di esasperazione eincredulit. Mi allontanai velocemente da lui, rifugiandomi al tavolo di Eva e Cinzia eguardai la scena da lontano, con il dolore ormai dipinto sul volto. Mi ritrovai dinuovo con gli occhi pieni di lacrime, che debordarono impetuose facendo colare iltrucco.

    Gemma, stai calma, non dargliela vinta cos mi disse Eva sottovoce. Ormaiaveva capito anche lei che non cera pi niente da fare con Marco.

  • Lui abbracciava Sonia con fare disinvolto e con lo sguardo stupido del maschio inagguato. Scena che forse si era ripetuta nel tempo, a mia insaputa, con varianti disoggetto femminile.

    Quello che cera di nuovo, e di inammissibile, dal mio punto di vista, era cheassumesse un tale atteggiamento sotto i miei occhi.

    Ormai era andato oltre, poteva tradirmi come e quanto voleva, con lalibi dellarelazione aperta.

    Mi sembrava tutto infinitamente fasullo.Avevo la sensazione che qualcuno dovesse urlare, da un momento allaltro, dicendo

    che si trattava di uno scherzo.Ma nessuno disse niente e Marco continu tutta la sera a flirtare con la bellona.

    Cresceva in me un cocente disprezzo nei riguardi di lui e una sorta di invidia verso dilei, cos sexy e sicura di s. Certo la odiavo con tutte le mie forze per essersi prestataa un simile ruolo, ma non potevo fingere che non fosse di una bellezza abbagliante.

    E questo mi disturbava molto.Io ero bruttina, ordinaria e insignificante paragonata a lei. Perch Marco avrebbe

    dovuto preferire me?Ma allora perch non se la prendeva e mi lasciava definitivamente?Invece no, ostentava una proposta assurda e teneva il piede ancora su due staffe.

    Chiss se unapertura di questo calibro poteva essere sufficiente per il tipo direlazione che sognava

    Forse avrebbe preferito inserirvi una quarta figura.Rimasi stupidamente seduta al tavolo di Eva e Cinzia per molto tempo, frastornata

    dalla musica e dagli eventi, incapace di realizzare a pieno ci che stava accadendo.Sonia e Marco ridevano, scherzavano e ballavano: le braccia di lui le cingevano la

    vita e le sfioravano il seno, poi si intrecciavano con le sue. Io sedevo a distanza, in untumulto di angoscia e di rabbia, a un piccolo tavolo imbandito di bicchieri mezzivuoti, insieme ad amiche che mi parlavano di autostima e dignit. Ero delusa eavvilita, arrabbiata, ma ormai non pi combattiva.

    Sentivo spegnersi dentro di me la fiamma dellodio e del rancore e accendersiinesorabile il senso di sconfitta.

    Ero una perdente. Ero sola e triste in mezzo alla folla.Che sarebbe successo dopo? Lui sarebbe venuto al mio tavolo? Mi avrebbe invitato

    a ballare?Eva e Cinzia mi portarono in bagno e mi aggiustarono il trucco.Ispirai profondamente ed espirai. Lo feci di nuovo, mentre ascoltavo le loro frasi di

    rabbia indirizzate a Marco e quelle di amore nei miei confronti.Tamponai ancora un po di cipria sul naso, che si stava arrossando di nuovo e gettai

    lo sguardo in alto per impedire al pianto di rovinare il maquillage ritoccato. Esplosiin una risata, mentre cacciavo indietro nuove lacrime, quando Eva disse che glielaavremmo fatta pagare a quello stupido non sapeva che cosa si perdeva

    Tornai in sala con unespressione nuova e rasserenata.

  • Vidi che Marco si era sciolto dallabbraccio con Sonia e mi veniva incontro.Gemma, doveri andata, non riuscivo a trovartiE cosa te ne importa avevi con chi stare, mi sembra!Non ricominciare, lei non conta niente disse sussurrando.Non ricominciare tu! Non voglio saperne della tua relazione aperta! Vattene,

    lasciami in pace.Ma come io credevoCosa credevi? Cosa potevi credere? Sei un idiota, uno stupido, un uomo senza

    cervello! Gli vomitai addosso queste parole senza pensare lontanamente di poterurtare la sua sensibilit.

    In realt, non me ne importava proprio nullaLui si allontan imprecando contro di me, con il braccio alto che veicolava

    messaggi poco gentili.Tornai a casa non so a che ora, accompagnata dalle mie amiche.Ero in uno stato confuso e incredulo e, nonostante avessi bevuto un paio di

    bicchieri di gin tonic, presi molte gocce di un tranquillante chiuso in una dolcescatolina rosa. Lo tenevo per le emergenze.

    Avevo solo voglia di dormire, senza riflettere, senza pensare.Dormire un po come morire. sconfinare in un altro mondo, avendo

    limpressione di staccarsi completamente da questo, percorrere luoghi e spazi oltre ilreale e vivere situazioni nuove.

    Volevo abbandonarmi al sonno per non vivere il presente, per nascondermi allarealt tuffandomi nelloblio.

    Il cocktail di alcool e tranquillanti doveva veicolarmi in un mondo parallelosottraendomi al dolore, questo era il mio intento. Non chiedevo nientaltro alle goccedolciastre e ai bicchieri bevuti senza un perch. Ma il sonno si concesse a un sognoche attingeva dal reale e che mi fece rivivere confusamente le fasi del mio malessere.Non ero riuscita nel mio intento: avevo di gran lunga peggiorato la situazione,dimostrando chiaramente la mia fragilit.

    Mi sono svegliata stordita dopo molte ore, quando in casa non cera ormai pinessuno, con la sensazione indescrivibile di essere in me e fuori di me. E conunesplosione di blu che inondava la casa.

    Il colore del divano era ai miei occhi molto acceso e le pareti della sua stessaintensit.

    Ma dopo il dolore e il rimpianto, il senso di perdita e di sconfitta, ho cominciato aprovare sensazioni di calma assoluta, avvolta nel blu freddo di una stanza.

    Ora sono appannata e confusa, tremante e gelata, ma invasa da un dolce senso ditranquillit. Una pace serena mi fa socchiudere gli occhi, ancora accesi di blu.

  • Non tutto come sembra

    Quando Sara e Cinzia tornarono a casa, nel tardo pomeriggio, trovarono Gemmasdraiata sul divano, con gli occhi socchiusi e il corpo gelido.

    Dopo un attimo di stupore i loro sguardi si riempirono di paura e di senso di colpaper averla lasciata sola.

    Fu una corsa estenuante in ospedale, dove una lavanda gastrica la strapp allaltromondo.

    Accorsero parenti e amici che con occhi interrogativi cercarono di comprendere ildipanarsi della vicenda.

    Qualcuno parl di tentato suicidio sollevando un problema di ereditariet.Dovevano essere persone che la conoscevano bene e che erano al corrente della suastoria familiare. Anche sua madre era malata di nervi Se ne and per questo sisent dire in un sussurro.

    Suo padre fu avvisato rapidamente e di l a poco fu in ospedale.I medici indagarono per sapere se fosse stato invece un incidente, ma non

    riuscirono ad avere risposte precise. Tutto era tremendamente vago, in una nuvola diincertezza.

    Cos successo, piccola? Perch non mi hai chiamato se avevi qualcheproblema? le chiese il padre non appena gli fu possibile vederla.

    Pap non successo nienteCome niente? Hai bevuto e hai preso una dose massiccia di tranquillanti Tesoro,

    giurami che non lo farai mai pi. Mi hai fatto morire di paura.Non lho fatto apposta non so cosa mi sia successo. Non volevo, te lo giuro.Ma che cos accaduto? Non ti sei mai ubriacata in vita tua.Pap, niente, non successo niente. Solo che ho lasciato Marco.Marco? Lasciato? E ti sembra niente? Ma forse stata una saggia decisione

    Quello l non mi mai piaciuto per la mia bambina. Ma che ha fatto?Pap, non dire cos, non ti arrabbiare non ha fatto nulla solo che, alla fine, ho

    capito che non era la persona adatta a me. Mi ci sono voluti pi di due anni, ma infineci sono riuscita.

    Niente di niente? Non ci credo. Comunque non importa, ora. In questo momentodevi stare tranquilla, tesoro, non agitarti. Pap qui con te.

    Padre e figlia si strinsero in un abbraccio e tutto il resto sembr non contare pi.Lei non voleva suicidarsi.Cerc di spiegarlo ai familiari, ai medici e alle amiche, ma nessuno le credette

    davvero.Gemma era triste, sconvolta da una storia che laveva delusa, ma non cos fragile

    da voler abbandonare la vita per questo. La situazione le era sfuggita di mano, tuttoqui.

    Ma non sempre le cose pi vere sono credibili.

  • Non tutto come sembra.Eva and a trovarla in ospedale e giur a se stessa che si sarebbe presa cura

    dellamica, caduta in una tremenda depressione.Si era convinta di questa cosa, come avevano fatto Sara e Cinzia.Si sentivano in qualche modo colpevoli e soprattutto erano in pena per Gemma.Marco si fece vedere a tarda sera.Nessuno lo aveva avvertito, perch tutti avevano riconosciuto in lui la causa del

    gesto estremo di lei, ma alla fine della giornata era venuto a sapere che Gemma era inospedale e si era precipitato a vedere come stesse.

    Sguardi ostili lo circondarono al suo ingresso nella stanza; molti avrebbero volutofrenarlo e farlo tornare indietro, temendo che vederlo potesse scuotere troppoGemma. Lei non si era ancora ripresa da quello che sembrava a tutti gli effetti untentato suicidio.

    Ma Gemma non aveva deciso di morire, non ancora.Lui non si fece intimorire dalle terribili occhiate ed entr con passo veloce nella

    camera. Sembrava un fidanzato modello, teneramente innamorato. E chiss se non lofosse davvero, a suo modo. E chiss se Gemma non avesse frainteso tutto chiss selui avesse chiesto soltanto un po di libert, per il desiderio di non essere schiacciatoda una gelosia troppo forte.

    La parola uno dei pi alti strumenti di comunicazione, dicono, ma a volte cosmisteriosa!

    Eppure ogni termine della nostra lingua ha un significato proprio, preciso Luiaveva parlato di relazione aperta, ma forse voleva soltanto optare per un fidanzamentomeno rigido, per non sentirsi oppresso dal peso dellamore di lei. Gemma avevacapito invece che lui proponesse una sorta di triangolo amoroso e aveva perso lestaffe.

    Ma lui voleva dire questo o quello? O qualcosaltro ancora?Perch era venuto in ospedale quella sera con lo sguardo preoccupato e pieno

    damore al contempo?Il suo non era il volto di uno che si sente in colpa e si fa vedere solo per far pace

    con la propria coscienza.Entr con un sorriso spontaneo, appena accennato, e la baci delicatamente sulla

    fronte. Come stai, tesoro?Ci fu un silenzio di tomba. Poi la risposta di lei, con voce fievole.Bene, ora. tutto passato. stato solo un incidente. Sembrava che volesse

    sollevarlo dal senso di colpa e indirettamente gli diceva che non aveva cercato disuicidarsi. In fondo era la pura verit.

    Anche se sapeva benissimo che in quella storia lui centrava. Eccome se centrava.Si sent di nuovo beatamente stupida. Di nuovo fu felice di vederlo, le fece molto

    piacere che lui fosse l.Aveva perso ogni forma di rancore. Ma ebbe la netta sensazione che qualcosa fosse

    cambiato per sempre.

  • Non tutto come sembra.

  • Verde

    Oggi mi sento infinitamente verde, come gli occhi di mia madre che mi guardavanopieni damore, mentre mi raccontava favole e mi insegnava a vivere.

    Sento il bisogno di dare a tutti il mio perdono e di sperare in un futuro migliore.Il verde luccicante del prato mi avvolge.Lerba baciata dal sole di un mattino limpido mi incanta.La guardo e voglio essere come lei. E sono lei. Sono erba.Sono le foglie lucide della siepe, laria suona come una chitarra. Sono verde di mille sfumature, smagliante e timida, piena di speranza.Se mia madre fosse qui davanti a me, in questo prato che mi abbraccia, la

    perdonerei di sicuro.Le direi che non mimporta di quello che stato, perch so perfettamente quanto le

    sono mancata, quanto lei mi ha amata, anche se da lontano, nel suo silenzio disperato estanco.

    Le sussurrerei allorecchio parole dolci e pretenderei solo un abbraccio forte esincero, nel verde di questo prato, col sole che brucia sulla pelle, anche se soloprimavera.

    Vorrei dirle tante cose, se lei fosse qui. Mi guardo intorno piena di speranza,nellillusione folle di vederla davvero.

    Lei non c, naturalmente. Ma non importa, sento di amarla nellimmensit dellamia anima, di saperla perdonare e di capirla. S, oggi capisco perfettamente.

    Lei mi amava, mi ha sempre amato. Se n andata perch stava male, perch ildolore la stava distruggendo e non voleva che la sua bambina la vedesse in quellostato.

    Armida me lha raccontato pi volte ed io so che la verit. Armida mi ha semprevoluto bene, un bene immenso.

    Oggi non ho altra speranza che incontrare mamma per poterla abbracciare e dirleche la perdono.

    Non mi ero accorta di quanto lei mi amasse. Vedevo solo i colori cupi, senzalasciare spazio agli altri, che pure erano fermi e scintillanti davanti a me.

    Lessenziale invisibile agli occhi.Sono stata mille volte in questo parco, mille volte ho visto questo prato, ma non mi

    ero mai accorta di quanto fosse verde.Non si vede con gli occhi, ma col cuore.Ed oggi, finalmente, ho visto.Mamma ti voglio bene. Ti adoro. Sono una bambina piccola nello splendore

    dellerba. Vieni a prendermi, sono qui. Ti perdono.Sono sfuggita alla morte per caso, senza che avessi voluto morire, come tutti

    credono. Dicono che ti somiglio, che come te sono scivolata in una pericolosadepressione. Ma non vero. Non ho cercato di uccidermi solo perch Marco non mi

  • vuole pi. Non ci si pu uccidere per cos poco tu te ne sei andata, mamma, e ionon mi sono uccisa. Posso resistere a tutto. Posso accettare il fatto di rimaneresenza Marco, quando sono rimasta senza te.

    Ma oggi non voglio rimproverarti, mamma, voglio perdonarti, per sempre.Avrei voglia di dirle tutte queste cose, se solo potessi vederla.A volte ho cercato di chiamarla, ma non ci sono riuscita. Altre ho avuto voglia di

    andare da lei. Di nuovo. Come quella volta, tanti anni fa, quando conobbi Guidon. Eraun ragazzetto di tre o quattranni allora, e aveva gli occhi sfuggenti e vicini come suopadre. Cattivo come lui, pensai. Perch non mi sono mai tolta dalla testa quella storiache mamma mi raccontava sempre da piccola, quella che diceva che i malvagi e gliavari hanno gli occhi vicini. E lei se nera andata con un cattivo e aveva fatto un figliocattivo.

    Ma oggi non tremo pi per il fatto che lei vive con Guidon e non con me. Nonpiango pi perch ha scelto di crescere lui, di stargli vicino e di lasciarsi me dietro lespalle, come se non fossi anchio figlia sua, quasi come se non fosse stato maiamore.

    Oggi respiro il verde di questo prato e spero.Spero di essere importante per lei, spero che se ne sia andata per mille altri motivi,

    ma non perch non mi amasse. Perch non si pu non amare un figlio. O mi sbaglio?So che lei mi vuole ancora tanto bene. Oggi ne sono totalmente certa e avrei una

    gran voglia di dirglielo, mi piacerebbe tanto. Sono buona, la perdono. Sono verde,scintillante, piena di speranza. Ma lei non qui.

    Marco non pi importante per me. Ce ne sono cento altri come lui. Cento Marchi,cento fidanzati. Ma una mamma sola.

    Non ho pi mamma, non ho pi Marco, io sono sola.Non so perch tutto questo sia capitato proprio a me. Ho pensato pi volte di

    essermelo meritato, perch in fondo le cose accadono quando uno se le merita, nelbene e nel male.

    Mi sono sentita terribilmente in colpa per il dileguarsi di mia madre, prima, e perle parole incerte di Marco, dopo.

    Ho pianto, ho singhiozzato, mi sono chiusa in un dolore cupo e solitario.Ho rifiutato chiunque si avvicinasse con lintento di darmi amore, per la paura che

    poi svanisse nel nulla.Meglio non avere niente, che illudersi di avere qualcosa e poi perderlo

    miseramente, senza un perch.Lho pensato sinceramente, pi di una volta, assetata damore e invasa dalla paura.

    Ho allontanato anche mio padre, sono andata a vivere da sola, con la scusadelluniversit.

    Paura damare, come il titolo di un vecchio, bellissimo film.E questa paura c sempre e soltanto quando il cuore si scottato e il dolore brucia

    ancora. Se nessuno ti ha ferito, non hai paura dellamore. Se non ti sei mai bruciato

  • con il fuoco, ti avvicini ancora.Forse sono io ad avere qualcosa di sbagliato. Perch la gente se ne va da me?Be, non tutti, vero. Solo loro due. Ma non importa. Oggi li perdono entrambi.Sono verde e piena di speranza, come uno smeraldo, o una foglia, o lerba umida

    del prato.

  • Non tutto brucia

    Gemma era riemersa lentamente dal baratro dellinsicurezza e della fragilit. Si eraaccorta che se non metteva il dito nel fuoco, non si bruciava.

    Le era stata di grande aiuto la vicinanza delle amiche, come lamore del padre.Lui era andato a trovarla continuamente, facendosi spazio nella sua vita come una

    freccia tra la folla.Aveva anche sperato che volesse tornare a casa per un po, ma lei, che ormai si era

    abituata a vivere da sola, non sarebbe mai potuta rientrare nella casa paterna. Per dipi avrebbe avuto limpressione forte e terribile di aver fallito e questo non lavrebbecerto aiutata a guarire.

    Le fece pi di una visita anche la signora Armida, ormai alla soglia di unaveneranda et, ma sempre vitale e piena di premure per i suoi piccoli di ieri.

    La nuvola argentea dei suoi capelli incorniciava un volto segnato dal tempo, ma ilineamenti erano ancora quelli di una volta e le sue parole dolci come allora.

    Armida cara! Sei venuta a trovarmi? Non sai il piacere che mi fa vederti quiSei la mia bambina, e ti vorr bene per sempre, fino alla luna, andata e ritorno

    ricordi?I suoi ottantanni abbondanti non le avevano annebbiato la memoria, n la capacit

    di infondere calma e gioia di vivere nellanimo altrui.Le raccont della sua vita quieta e spenta, dopo che tutti i piccoli del palazzo erano

    cresciuti, dimenticandosi di lei.Non cera neanche una punta di rimprovero nelle sue parole, certamente non per

    Gemma che, quando andava dal padre, non scordava mai di fare un piccolo saluto allavecchia Armida ma neanche per gli altri. Neanche per quelli che erano diventatiingegneri o architetti, avevano cambiato casa e non si erano pi fatti vedere. Armidaaveva il pregio meraviglioso di non essere permalosa. Parlava semplicemente dellosnodarsi impetuoso del tempo che, come il fiume, scorre tacito e rapido, quasi senzache ce ne accorgiamo. Ed accettava con serena rassegnazione i cambiamenti della suaesistenza, perch la crescita fa parte della vita, come la vecchiaia il preludio allamorte. E ognuno di noi predestinato a morire la vita non che un passaggio.Armida lo sapeva bene. E lo diceva spesso, con quella dolce e rasserenanteinflessione della voce.

    Sono felice di essere vecchia sussurrava a volte. Vuol dire che ho vissuto! Egli occhi le si accedevano come lampi in una notte buia.

    Le raccont che adesso poteva anche morire in pace, perch aveva portato atermine la sua missione, quella di dedicarsi ai bambini. Certo, doveva concludere lasua ultima grande battaglia, cio riportare il sorriso sul volto addolorato della suapiccola preferita.

    Quelle parole scossero Gemma nel profondo e una lacrima salata le gocciol sullaguancia.

  • Pens di sbagliare a credere che nessuno le volesse bene.Pens che se la vita le aveva tolto sua madre le aveva regalato Armida.In fondo cerano tante cose belle nella sua esistenza e non avrebbe potuto non

    accorgersene, se lavesse guardata bene.Spesso il dolore ci appanna la vista e le cose svaniscono, in parte. Lessenziale

    invisibile agli occhi. cos maledettamente vero.Ma non tutto brucia.

    Gemma guardava il fratellino di Cinzia che rideva di gusto, correndo dietro a unatrottola impazzita, decisa a non fermarsi pi. Le sue risate erano spontanee e sincere,piene di entusiasmo, rimbalzavano sonore nel piccolo salotto e regalavano ai presentiun momento di gioia pura.

    Si chiese da quanto tempo lei non avesse riso cos e fu costretta ad andare moltoindietro con la memoria. Forse alla stessa et di quel bambino, intorno ai tre o quattroanni.

    Non pot impedirsi di indagare nella psiche umana, ricercando la ragione per cui ilsorriso a un certo punto si spezza, nel cuore delluomo, e il riso scompare, schiacciatodalla noia o dallansia di vivere.

    Federico, cos buffa quella trottola?Ahahahahahaha nientaltro che riso, fu la sua risposta.Singhiozzava, ridendo, e il suo riso somigliava sempre pi al pianto e quella

    trottola che non si fermava sembrava trasportarlo lontano, sconfinando in un paesemisterioso e sconosciuto, in cui le lacrime e la disperazione soppiantano risate sonoree spensierate.

    Rideva e piangeva Federico.Fede, cosa c? Non succede niente! Vuoi che si fermi? Vuoi fermarla? La fermo

    io, se vuoi gli diceva la sorella, rendendosi conto che lentusiasmo stavacambiando improvvisamente rotta.

    Ecco fatto. Ora ferma.Ma le urla si fecero pi forti, perch Federico non desiderava che qualcuno

    fermasse la trottola, ma che quel volteggio lunghissimo si quietasse da solo, infine. Edattendeva quellattimo, ridendo e piangendo, con gli occhi che roteavano al ritmodella trottola nellattesa di un qualcosa che non arrivava, ma che voleva arrivasseda s.

    Aspettava che si fermasse, stanca e stremata, voleva vedere quando e dovemettesse fine alla sua corsa e quellattesa lo innervosiva, mentre lo facevasinghiozzare, traducendo, a momenti, le risate sfrenate in lacrime brucianti.

    E Cinzia non seppe fare altro che rompere lincanto.Gemma ebbe la sensazione che il riso puro e la spensieratezza non facciano parte,

    in toto, di nessuna et delluomo. Neanche da cos piccolo, quando non dovrebbeesistere alcuna preoccupazione, luomo esente dal pianto.

  • Ogni et lo comprende, inesorabile e spietato.Ma non sempre, non in ogni momento, perch le lacrime possono di nuovo

    trasformarsi in sorrisi, come i sorrisi, o le risa echeggianti, si erano trasformati inlacrime.

    Perch non tutto brucia.Niente nero per sempre. La vita una tavolozza di colori dalle mille sfumature,

    che emergono spontaneamente dalle profondit del nostro essere. E ci che la rendestraordinaria e formidabile o cupa e dolorosa che non sappiamo mai quale coloresia pronto a uscire allo scoperto.

  • Non tutto prevedibile

    Era stata una giornata faticosa, iniziata il mattino alle nove, con un corso di filosofiadel diritto e terminata alle sette del pomeriggio con una lezione di criminologia.

    Gemma usc dallaula magna lentamente, lasciandosi spintonare dallondata distudenti che stava riempendo il corridoio attiguo. Non aveva nessuna voglia dimettersi a spingere a sua volta o, peggio ancora, crearsi spazi a suon di strattonate,solo per guadagnare luscita qualche minuto prima. Era piuttosto stanca e desideravasolo prendersela con calma.

    Eva e Cinzia erano con lei, in fondo alla fila, e suggerirono un salto alsupermercato per una cena frugale.

    Acconsent con poco