i glicosfingolipidi -...

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SERIE «GANGLIO-” SERIE <‹GLOB0-» N-ACETILE N-ACETIL- UCOSAMMINA GLUCOSIO N-ACETILE LATTOSIO TTOSIO GALATTOSI3 N-ACETIL- GALATTO- \ ,--1-- SAMMINA LATTOSIO CERAMMIDE SERIE “LATTO, TIPO 1 "--\\V-ACETIL - GLUCOSAMMINA SERIE «LATTO—, TIPO 2 V-ACETIL- GLUCOSAMMINA I modelli molecolari mostrano le quattro strutture centrali fondamentali dei glicosfingolipidi, una classe di molecole generalmente incluse nella membrana cellulare. Tutti i glicosfingolipidi constano di una catena di carboidrati o glicidi, unita ad angolo retto con un lipide, il cerammide. La maggior parte dei glicosfingolipidi, ma non tutti, ha in comune una di queste quattro strutture, che vengono definite in base all'identità e al legame chimico dei glicidi più vicini al cerammide. In ciascuna delle quattro strutture il cerammide e legato al glucosio e il glucosio al galat- tosio. Nei glicosfingolipidi della serie «ganglio-» (in alto a sinistra) la catena continua con un glicide di nome N-acetilgalattosammina, a cui si attacca un altro residuo di galattosio. Il galattosio interno e il galattosio terminale sono ciascuno legato a un glicide acido, l'acido sialico (non mostrato). Nella serie «globo-» la catena iniziale, fatta di galattosio e glucosio, si prolunga con un altro residuo di galattosio e con N-acetilga- lattosammina (in alto a destra). Nella serie «latto-» la catena iniziale prosegue con un glicide, la N-acetilglucosammina, e con un residuo di galattosio. Secondo la posizione dell'ultimo legame, le molecole della serie.,«Iatto-» sono ulteriormente classificate come tipo I (in basso a sinistra) e tipo 2 (in basso a destra). I glicosfingolipidi adatto-» possono allungarsi e ramificarsi e danno origine a una varietà di molecole che includono gli antigeni dei gruppi sanguigni del sistema ABH. I modelli mostrano la conformazione molecolare con il minimo di energia e sono stati costruiti da Steven B. Levery del laboratorio dell'autore e da Ronald E. Stenkamp e Keith D. Watenpaugh dell'Università di Washington. N el 1951 una donna di 66 anni fu ricoverata presso l'ospedale di Charlottesville, nello stato della Virginia, per un intervento di carcinoma allo stomaco. Aveva gruppo sanguigno di tipo O, quindi era un donatore universale, ma le prove di laboratorio dimostrarono anche che nel suo siero erano presenti an- ticorpi che avrebbero ucciso tutti i tipi di cellule ematiche a esclusione di quelli della paziente. Non era possibile trovare dona- tori il cui sangue fosse compatibile con i suoi anticorpi e, pertanto, la potenziale ne- cessità di una trasfusione di sangue nel- l'imminenza dell'intervento la esponeva a un considerevole rischio. Per valutare que- sto rischio le venne praticata una piccola trasfusione di prova di circa 25 centimetri cubi di sangue di tipo O. Come era prevedibile, la reazione im- munitaria iniziale della donna fu dramma- tica. La concentrazione degli anticorpi nel siero in grado di reagire con il sangue del donatore si elevò a una parte su 512. I risultati della prova orientarono la scelta dell'intervento chirurgico: solo una parte dello stomaco poteva venir rimossa senza rischio e pertanto un poco di tessuto tumo- rale doveva rimanere nell'organismo. Pe- rò, con grande sorpresa e sollievo di tutti, il restante tessuto tumorale scomparve do- po l'intervento. La donna visse fino all'età di 88 anni senza più alcun segno di cancro. Qual era stata la causa della sua sor- prendente guarigione? I primi indizi li sco- prì subito dopo l'operazione Philip Levine della Ortho Research Foundation. La ti- pizzazione di routine del sangue viene ef- fettuata solo per il sistema di gruppi san- guigni ABH, nel quale sangue e tessuti so- no classificati in base ai tipi clinicamente familiari O, A, B e AB. Vi sono, tuttavia, molti altri sistemi di gruppi sanguigni e l'e- spressione o la soppressione di vari anti- geni appartenenti a ogni sistema determi- na un tipo sanguigno indipendente e distin- to. All'interno del sistema di gruppi san- guigni P, la donna era la prima persona sulla quale esistesse una documentazione e i cui tessuti normali non esibissero due tipi di marcatori immunologici specifici, gli antigeni P e P l . Una simile assenza di marcatura immunologica è la caratteristi- ca che definisce all'interno del sistema P un raro tipo sanguigno, noto come gruppo sanguigno p, cha da allora è stato trovato nella popolazione generale solo in un sog- getto su 100 000. Analizzato il siero della donna, Levine fece un'altra sorprendente scoperta: esso conteneva come anticorpi delle immunoglobuline G contro gli antige- ni sia P sia Pl. La formazione di quegli anticorpi doveva essere stata indotta dagli antigeni P e P i . Da dove essi proveniva- no? Secondo Levine, probabilmente essi venivano espressi dal tessuto tumorale. Trent'anni dopo l'intervento, nel nostro laboratorio è stato analizzato un campio- ne del tessuto tumorale della donna, che era stato essiccato per congelamento e conservato nel laboratorio di Levine. L'a- nalisi ha dimostrato che quel tessuto con- teneva in effetti due tipi di antigene: uno che reagiva con l'anticorpo anti-P e l'altro che reagiva con l'anticorpo anti-P i. Ab- biamo inoltre trovato che entrambi gli an- tigeni sono membri di una classe di mole- cole, i glicosfingolipidi, incluse nelle mem- brane cellulari in tutto il corpo. Come in- dica il nome, i glicosfingolipidi sono in par- te lipidi, ossia sostanze solubili nei grassi, e in parte zuccheri (glicidi). L'infisso -sfin- go- li identifica come una classe speciale di glicolipidi, i quali includono nella loro struttura il lipide sfingosina. In questo mo- do abbiamo confermato la conclusione di Levine, secondo la quale la formazione di anticorpi nel siero della donna era stata indotta da antigeni incompatibili presenti nel tumore. La violenta reazione immunitaria della donna al sangue del donatore aveva avuto luogo grazie alla presenza di anticorpi an- ti-P e anti-P i nel suo sistema, anticorpi che poteva tollerare solamente perché i suoi tessuti sani non contenevano antigeni P e 19 1. Quando essa, attraverso la trasfu- sione, ha ricevuto antigeni P e P], questi hanno stimolato una rapida produzione di altri anticorpi anti-P e anti-P , il cui eleva- to livello ha presumibilmente innescato una reazione complessa da parte delle cel- lule del sistema immunitario; questa rea- zione ha distrutto selettivamente le cellule tumorali che esibivano gli antigeni incom- patibili P e P,. N otoriamente, i glicosfingolipidi sono presenti in tutte le cellule animali e in alcune cellule vegetali. Tuttavia, ancora recentemente era stata posta, da parte dei ricercatori, una scarsa attenzione a queste molecole in quanto le loro funzioni biolo- giche non erano ancora state chiaramente definite. Gli studi degli ultimi 10 anni han- no inconfutabilmente stabilito che gli anti- geni dei gruppi sanguigni e molti altri an- tigeni che vengono modificati o espressi in modo non appropriato nel corso dello svi- luppo di tumori maligni sono glicosfingo- lipidi. Di conseguenza, i glicosfingolipidi sono diventati oggetto di intensa indagine da parte degli immunologi interessati al cancro e si sono ricavate moltissime infor- mazioni sia sulle loro funzioni nella vita della cellula, sia sul loro ruolo nel cancro e in altre malattie. I glicosfingolipidi, grazie alla loro distri- buzione sulla membrana cellulare, regola- no le interazioni della cellula sana con l'ambiente in molti modi. Per esempio, ser- vono come marcatori che permettono di distinguere le cellule di vari organi di un animale e mediano, in questo modo, il ri- conoscimento e la comunicazione da cel- lula a cellula. Inoltre, l'espressione dei gli- cosfingolipidi sulla superficie cellulare si modifica allorché la cellula si divide e si differenzia, il che suggerisce che essi sono essenziali per una crescita e uno sviluppo sistematici dell'organismo. È noto che essi regolano la crescita in almeno due modi: avvertendo la densità di cellule analoghe nelle loro vicinanze, possono promuovere o inibire la divisione cellulare; interagendo con le proteine recettore presenti sulla su- perficie cellulare, possono anche inibire la risposta della cellula ai fattori di crescita che si potrebbero trovare nel mezzo am- biente che la circonda. I glicosfingolipidi Sono molecole della membrana cellulare la cui composizione si modifica quando la cellula si differenzia o diventa neoplastica: sfruttando questi cambiamenti è possibile perfezionare la diagnosi e la terapia del cancro di Sen-itiroh Hakomori 18 19

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Page 1: I glicosfingolipidi - download.kataweb.itdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1986_215_2.pdf · includono gli antigeni dei gruppi sanguigni del sistema ABH. I modelli

SERIE «GANGLIO-” SERIE <‹GLOB0-»

N-ACETILE

N-ACETIL-UCOSAMMINA

GLUCOSIO

N-ACETILE

LATTOSIO

TTOSIO

GALATTOSI3 N-ACETIL-GALATTO-

\,--1-- SAMMINALATTOSIO

CERAMMIDE

SERIE “LATTO, TIPO 1

"--\\V-ACETIL -GLUCOSAMMINA

SERIE «LATTO—, TIPO 2

V-ACETIL-GLUCOSAMMINA

I modelli molecolari mostrano le quattro strutture centrali fondamentalidei glicosfingolipidi, una classe di molecole generalmente incluse nellamembrana cellulare. Tutti i glicosfingolipidi constano di una catena dicarboidrati o glicidi, unita ad angolo retto con un lipide, il cerammide.La maggior parte dei glicosfingolipidi, ma non tutti, ha in comune unadi queste quattro strutture, che vengono definite in base all'identità e allegame chimico dei glicidi più vicini al cerammide. In ciascuna dellequattro strutture il cerammide e legato al glucosio e il glucosio al galat-tosio. Nei glicosfingolipidi della serie «ganglio-» (in alto a sinistra) lacatena continua con un glicide di nome N-acetilgalattosammina, a cui siattacca un altro residuo di galattosio. Il galattosio interno e il galattosioterminale sono ciascuno legato a un glicide acido, l'acido sialico (nonmostrato). Nella serie «globo-» la catena iniziale, fatta di galattosio eglucosio, si prolunga con un altro residuo di galattosio e con N-acetilga-lattosammina (in alto a destra). Nella serie «latto-» la catena inizialeprosegue con un glicide, la N-acetilglucosammina, e con un residuo digalattosio. Secondo la posizione dell'ultimo legame, le molecole dellaserie.,«Iatto-» sono ulteriormente classificate come tipo I (in basso asinistra) e tipo 2 (in basso a destra). I glicosfingolipidi adatto-» possonoallungarsi e ramificarsi e danno origine a una varietà di molecole cheincludono gli antigeni dei gruppi sanguigni del sistema ABH. I modellimostrano la conformazione molecolare con il minimo di energia e sonostati costruiti da Steven B. Levery del laboratorio dell'autore e da RonaldE. Stenkamp e Keith D. Watenpaugh dell'Università di Washington.

N

el 1951 una donna di 66 anni furicoverata presso l'ospedale diCharlottesville, nello stato della

Virginia, per un intervento di carcinomaallo stomaco. Aveva gruppo sanguigno ditipo O, quindi era un donatore universale,ma le prove di laboratorio dimostraronoanche che nel suo siero erano presenti an-ticorpi che avrebbero ucciso tutti i tipi dicellule ematiche a esclusione di quelli dellapaziente. Non era possibile trovare dona-tori il cui sangue fosse compatibile con isuoi anticorpi e, pertanto, la potenziale ne-cessità di una trasfusione di sangue nel-l'imminenza dell'intervento la esponeva aun considerevole rischio. Per valutare que-sto rischio le venne praticata una piccolatrasfusione di prova di circa 25 centimetricubi di sangue di tipo O.

Come era prevedibile, la reazione im-munitaria iniziale della donna fu dramma-tica. La concentrazione degli anticorpi nelsiero in grado di reagire con il sangue deldonatore si elevò a una parte su 512. Irisultati della prova orientarono la sceltadell'intervento chirurgico: solo una partedello stomaco poteva venir rimossa senzarischio e pertanto un poco di tessuto tumo-rale doveva rimanere nell'organismo. Pe-rò, con grande sorpresa e sollievo di tutti,il restante tessuto tumorale scomparve do-po l'intervento. La donna visse fino all'etàdi 88 anni senza più alcun segno di cancro.

Qual era stata la causa della sua sor-prendente guarigione? I primi indizi li sco-prì subito dopo l'operazione Philip Levinedella Ortho Research Foundation. La ti-pizzazione di routine del sangue viene ef-fettuata solo per il sistema di gruppi san-guigni ABH, nel quale sangue e tessuti so-no classificati in base ai tipi clinicamentefamiliari O, A, B e AB. Vi sono, tuttavia,molti altri sistemi di gruppi sanguigni e l'e-spressione o la soppressione di vari anti-geni appartenenti a ogni sistema determi-na un tipo sanguigno indipendente e distin-to. All'interno del sistema di gruppi san-guigni P, la donna era la prima personasulla quale esistesse una documentazionee i cui tessuti normali non esibissero due

tipi di marcatori immunologici specifici,gli antigeni P e P l . Una simile assenza dimarcatura immunologica è la caratteristi-ca che definisce all'interno del sistema Pun raro tipo sanguigno, noto come grupposanguigno p, cha da allora è stato trovatonella popolazione generale solo in un sog-getto su 100 000. Analizzato il siero delladonna, Levine fece un'altra sorprendentescoperta: esso conteneva come anticorpidelle immunoglobuline G contro gli antige-ni sia P sia Pl. La formazione di queglianticorpi doveva essere stata indotta dagliantigeni P e P i . Da dove essi proveniva-no? Secondo Levine, probabilmente essivenivano espressi dal tessuto tumorale.

Trent'anni dopo l'intervento, nel nostrolaboratorio è stato analizzato un campio-ne del tessuto tumorale della donna, cheera stato essiccato per congelamento econservato nel laboratorio di Levine. L'a-nalisi ha dimostrato che quel tessuto con-teneva in effetti due tipi di antigene: unoche reagiva con l'anticorpo anti-P e l'altroche reagiva con l'anticorpo anti-P i. Ab-biamo inoltre trovato che entrambi gli an-tigeni sono membri di una classe di mole-cole, i glicosfingolipidi, incluse nelle mem-brane cellulari in tutto il corpo. Come in-dica il nome, i glicosfingolipidi sono in par-te lipidi, ossia sostanze solubili nei grassi,e in parte zuccheri (glicidi). L'infisso -sfin-go- li identifica come una classe speciale diglicolipidi, i quali includono nella lorostruttura il lipide sfingosina. In questo mo-do abbiamo confermato la conclusione diLevine, secondo la quale la formazione dianticorpi nel siero della donna era stataindotta da antigeni incompatibili presentinel tumore.

La violenta reazione immunitaria delladonna al sangue del donatore aveva avutoluogo grazie alla presenza di anticorpi an-ti-P e anti-P i nel suo sistema, anticorpiche poteva tollerare solamente perché isuoi tessuti sani non contenevano antigeniP e 19 1. Quando essa, attraverso la trasfu-sione, ha ricevuto antigeni P e P], questihanno stimolato una rapida produzione dialtri anticorpi anti-P e anti-P , il cui eleva-

to livello ha presumibilmente innescatouna reazione complessa da parte delle cel-lule del sistema immunitario; questa rea-zione ha distrutto selettivamente le celluletumorali che esibivano gli antigeni incom-patibili P e P,.

Notoriamente, i glicosfingolipidi sonopresenti in tutte le cellule animali e in

alcune cellule vegetali. Tuttavia, ancorarecentemente era stata posta, da parte deiricercatori, una scarsa attenzione a questemolecole in quanto le loro funzioni biolo-giche non erano ancora state chiaramentedefinite. Gli studi degli ultimi 10 anni han-no inconfutabilmente stabilito che gli anti-geni dei gruppi sanguigni e molti altri an-tigeni che vengono modificati o espressi inmodo non appropriato nel corso dello svi-luppo di tumori maligni sono glicosfingo-lipidi. Di conseguenza, i glicosfingolipidisono diventati oggetto di intensa indagineda parte degli immunologi interessati alcancro e si sono ricavate moltissime infor-mazioni sia sulle loro funzioni nella vitadella cellula, sia sul loro ruolo nel cancroe in altre malattie.

I glicosfingolipidi, grazie alla loro distri-buzione sulla membrana cellulare, regola-no le interazioni della cellula sana conl'ambiente in molti modi. Per esempio, ser-vono come marcatori che permettono didistinguere le cellule di vari organi di unanimale e mediano, in questo modo, il ri-conoscimento e la comunicazione da cel-lula a cellula. Inoltre, l'espressione dei gli-cosfingolipidi sulla superficie cellulare simodifica allorché la cellula si divide e sidifferenzia, il che suggerisce che essi sonoessenziali per una crescita e uno svilupposistematici dell'organismo. È noto che essiregolano la crescita in almeno due modi:avvertendo la densità di cellule analoghenelle loro vicinanze, possono promuovereo inibire la divisione cellulare; interagendocon le proteine recettore presenti sulla su-perficie cellulare, possono anche inibire larisposta della cellula ai fattori di crescitache si potrebbero trovare nel mezzo am-biente che la circonda.

I glicosfingolipidiSono molecole della membrana cellulare la cui composizione si modificaquando la cellula si differenzia o diventa neoplastica: sfruttando questicambiamenti è possibile perfezionare la diagnosi e la terapia del cancro

di Sen-itiroh Hakomori

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CERAMMIDE

SFINGOSINA

H H H H HI I i I I i

_.777.,,,,-0—OI I I I I I

H H–N OH H H HI

LEGAME C=0 H H H H H HCON I RESIDUI i I I I I I I

GLICIDICI H —C—C—C—C—C— —C—C —HI I I I I I I

HH H HH H H

CODA DI ACIDO GRASSO

La membrana plasmatica, l'involucro esterno della cellula, e schematizzata come un doppio stratocostituito in primo luogo da molecole fosfolipidiche. I glicosfingolipidi, che sono raffigurati comefilamenti di sferette colorate che rappresentano i vari glicidi, sono inclusi nello strato più esterno.I glicidi, idrofili, si trovano alla superficie esterna della membrana nell'ambiente acquoso checirconda la cellula e sono perpendicolari alla regione della molecola che contiene il cerammideidrofobo, il quale serve a fissarla al doppio strato. Molte altre molecole sono incluse nella mem-brana: tra di esse le glicoproteine, altri tipi di glicolipidi e il colesterolo (non mostrato nell'illustra-zione). La parte periferica della catena di carboidrati nei glicosfingolipidi può avere la medesimastruttura della parte periferica della catena di carboidrati attaccata alle glicoproteine; le somiglian-ze sono indicate dalla stessa colorazione. Lo schema a sinistra mostra gli effetti delle interazionidei glicosfingolipidi e di altre molecole sulla superficie della cellula. I glicosfingolipidi, le cui catenedi carboidrati sono esposte alla superficie della membrana cellulare, possono fungere da recettoriper i ligandi che si fissano alla cellula (A). Essi possono diventare così strettamente associati adaltri glicosfingolipidi (B) o a proteine di membrana (C). Negli ultimi due casi parte della catenapuò diventare inaccessibile a potenziali ligandi: allora si dice che il glicosfingolipide è criptico.

CATENEDI CARBOIDRATI

REGIONEIDROFOBA

GLICO-PROTEINA

MEMBRANAPLASMATICA

GLICOSFINGOLIPIDI

Data la diffusione dei glicosfingolipidinelle cellule e l'importanza delle loro fun-zioni regolatrici, non sorprende che essisiano coinvolti in numerose gravi malattie.Si pensa che essi siano siti di infezione sul-la cellula ospite per diversi tipi di virus e dibatteri. Il loro ruolo nel cancro è idonea-mente illustrato dal caso della donna conil raro gruppo sanguigno p: i tipi di antige-ni dei gruppi sanguigni espressi sulla su-perficie della cellula normale e le relativepopolazioni di ogni tipo di antigene si mo-dificano nella cellula con lo sviluppo di tu-mori maligni. Per apprezzare questo risul-tato fondamentale si deve però capire cheil termine «antigene del gruppo sanguigno»è fuorviante. Questo tipo di antigene si tro-va non soltanto nel sangue, ma anche inmolti altri tipi di tessuto; antigeni per igruppi sanguigni si trovano in elevate con-centrazioni sulla superficie di tutti i tipi dicellule epiteliali che costituiscono il rivesti-mento mucoso di molti organi. Più del 90

20

per cento delle neoplasie umane deriva dacellule epiteliali.

La recente identificazione chimica degliantigeni dei gruppi sanguigni come glico-sfingolipidi collega l'efficace metodologiaimmunologica con una imponente massadi informazioni biochimiche. Un'impor-tante conseguenza di questo collegamentoconsiste nel rendersi conto che i cambia-menti a carico degli antigeni dei gruppisanguigni nel cancro sono generalizzabili.I biochimici hanno identificato diversi altriglicosfìngolipidi che non sono in relazionecon antigeni dei gruppi sanguigni, In cuicomposizione e il cui metabolismo si alte-rano in modo marcato quando una cellulanormale viene trasformata in una cellulaneoplastica da vari tipi di virus tumorali eda cancerogeni chimici. L'analisi immu-nochimica dei glicosfingolipidi nei tumoriha dimostrato che molti antigeni associatiai tumori sono forme chimiche modificatedegli antigeni dei gruppi sanguigni.

Questi importanti risultati sperimentalihanno suscitato un rinnovato interes-

se nei riguardi della struttura chimica fon-damentale dei glicosfingolipidi e della loroimportanza nella vita della cellula. Il pri-mo composto di questo tipo fu scopertonel 1874 da Johann Ludwig W. Thudi-chum nel tessuto cerebrale. Thudichum lochiamò cerebroside. Di recente altri ricer-catori hanno trovato che il tessuto cere-brale e quello nervoso sono ricchi di glico-sfingolipidi; in effetti, per molti anni lo stu-dio più intensivo di questi composti è statorealizzato da neurobiologi e neurochimici.Tuttavia, il romantico infisso -sfingo-, in-trodotto da Thudichum nel nome che haattribuito a questi composti, è ancora ap-propriato. Nella mitologia greca, la Sfin-ge, il terribile mostro metà donna e metàleone alato, terrorizzava la città di Tebedivorando tutti coloro che non riuscivanoa dare una risposta esatta ai suoi enigmi.La funzione di molti glicosfingolipidi nelle

strutture neuroniche è ancora un enigma.La struttura molecolare dei glicosfingo-

lipidi è nota da tempo. Ogni molecola èconformata in un modo che ricorda la let-tera L, il cui tratto verticale è costituito dauna catena di carboidrati, precisamente diresidui glicidici semplici, mentre il trattoorizzontale è un lipide chiamato cerammi-de (si veda l'illustrazione a destra). I duetratti sono così costituiti da componentidiversi: la catena di carboidrati è idrofila einteragisce con l'ambiente acquoso checirconda la cellula; il cerammide, liposolu-bile, è idrofobo e tende così a escludere lemolecole d'acqua presenti nelle vicinanze.

Vi è una considerevole variazione distruttura sia nel cerammide sia nella cate-na di carboidrati e sono note oggi circa130 varietà di glicosfingolipidi. Circa 40sono classificate nella cosiddetta struttura«ganglio-)>, 10 nella struttura «globo-» e 60nella struttura «latto-», e ciò dipende dallasequenza di residui glicidici che si trovanonel cuore della catena di carboidrati e dallanatura dei legami chimici tra glicidi (si ve-da l'illustrazione a pagina 19). I restanti20 glicosfingolipidi non sono classificaticosì. Il numero di modi in cui possono es-sere combinati i componenti di un glico-sfingolipide è limitato perché certe struttu-re carboidratiche sono legate preferenzial-mente a certi cerammidi, a seconda dellecellule e dei tessuti in cui esse si trovano.

La stessa sequenza di glicidi che si trovanella struttura «latto-» (ma non in quelle«ganglio-» e ((globo-») si trova spesso lega-ta a proteine. Dato che la suddetta sequen-za, e non il substrato di cerammide o diproteina a cui i glicidi sono legati, determi-na spesso la specificità antigenica, gli an-ticorpi specifici per gli antigeni dei gruppisanguigni possono anche riconoscere certeglicoproteine. Il fatto che vengano ricono-sciute le catene glicidiche nelle glicoprotei-ne spiega perché sui rivestimenti mucosi enelle secrezioni siano presenti gli antigenidei gruppi sanguigni.

gangliosidi, che furono scoperti nel1936 da Ernst Klenk, costituiscono

una classe importante di glicosfingolipidi eillustrano efficacemente la distribuzionedei glicosfingolipidi in funzione del tessu-to. Klenk li ha trovati solo nel tessuto ce-rebrale, mentre altri li hanno poi ricono-sciuti in tutti gli altri tessuti, come compo-nenti delle membrane cellulari. I gangliosi-di vengono definiti dalla presenza, nelle lo-ro catene glicidiche, di un particolare aci-do: l'acido sialico. Certe membrane di cel-lule nervose sono particolarmente ricchedi gangliosidi, le cui catene glicidiche in-cludono diversi tipi di acido sialico. ComeTamio Yamakawa ha suggerito nel 1952,gli schemi di distribuzione variano da cel-lula a cellula e da specie a specie.

Da un punto di vista energetico le mo-lecole di glicosfingolipidi traggono un no-tevole vantaggio dal fatto di essere inclusenelle membrane cellulari; la maggior partedei glicosfingolipidi si trova, infatti, in que-sta sede. La membrana cellulare viene rap-presentata (in un modello semplificato) co-

GALATTOCEREBROSIDE

GM,GM,

GALATTOGLOBOSIDE (SSEA-3)

Le'

Le> DIMERO (FH4)

CERAMMIDE

GLUCOSIO

GALATTOSIO

a ACIDO SIALICO

L-FUCOSIO

N-ACETILGALATTOSAMMINA

9 N-ACETILGLUCOSAMMINA

LATTOSILCERAMMIDE

OD,

SSEA-4

Le' EPTASACCARIDE (SSEA-1)

Nello schema in cui e illustrata la struttura mo-lecolare di importanti glicosfingolipidi, il cerammide e raffigurato in alto; più sotto, com-pare sempre come un piccolo rettangolo attac-cato alle catene di carboidrati. Questi sono rap-presentati da esagoni in colore, identificabilicon la legenda a sinistra. I glicosfìngolipidi nel-la fila in alto non hanno alcuna delle quattrostrutture centrali fondamentali, comuni allamaggior parte di glicosfingolipidi. Le molecoledella serie «ganglio-» compaiono nella secondafila, quelle della serie «globo-» nella terza e quel-le della serie «latto-» nelle due file in basso. Ilglicosfìngolipide Le' è l'unica molecola raffigu-rata della serie «latto-» di tipo I; il resto è co-stituito da molecole di serie «latto-» di tipo 2.

21

SUPERFICIE ESTERNADELLA MEMBRANA

FOSFOLIPIDE

MEMBRANAPLASMATICA

GLICOSFINGOLIPIDI

GLICOPROTEINA

REGIONIIDROFILE

SUPERFICIE INTERNADELLA MEMBRANA

GLICOPROTEINA

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100

50

ANTIGENI SSEA-3 E SSEA-4

ANTIGENE SSEA-1 (Le EPTASACCARIDE)

LeY

La comparsa e la scomparsa degli antigeni glicosfingolipidici, in funzione dello stadio di sviluppo.sono raffigurate sotto forma di grafico per un embrione di topo in una fase che precede l'impianto.L'antigene SSEA-1 (l'acronimo sta per stage-spec(flc embryonic antigen, antigene embrionalestadio-specifico) compare tra lo stadio di 8 e quello di 32 cellule e declina marcatamente dopo chele cellule si riuniscono e formano un ammasso compatto, in uno stadio detto appunto di compatta-mento (curva in colore). Quando SSEA 1 diminuisce, compare l'antigene Le, (curva in grigio);questo e chimicamente molto simile al primo, nel senso che in corrispondenza del galattosio terminalevi è un ulteriore residuo di fucosio. Gli antigeni SSEA-3 e SSEA-4 continuano a essere espressi conintensità fino allo stadio precoce del compattamento e scompaiono quasi completamente a partiredallo stadio a 32 cellule (curva in nero). Questi glicosfingolipidi possono essere strettamente asso-ciati con il meccanismo di regolazione del riconoscimento tra le varie cellule e la crescita dei tessuti.

4 8

NUMERO DI CELLULE

16 32 642

COMPATTAMENTO

ANTIGENE A,

ANTIGENE P (GLOBOSIDE)ANTIGENE H

ANTIGENE A ANTIGENE

ANTIGENE DI FORSSMAN

GLICOSFINGOLIPIDEPRECURSORE

GLICOSFINGOLIPIDE INTERMEDIO

ANTIGENE 19`

ANTIGENE P,

Gli antigeni dei gruppi sanguigni, di primaria importanza sotto il profilo clinico nella compatibilitàcon il donatore di sangue e di tessuti, sono glicosfingolipidi. Lo schema mostra le interrelazionichimiche e strutturali di due sistemi di gruppi sanguigni, rappresentati secondo un codice a colori, checompare nella legenda della pagina precedente. Il sistema meglio noto di gruppi sanguigni è PABH,ma tutti gli antigeni appartenenti a esso hanno la stessa molecola precursore del sistema digruppi sanguigni P (in alto). Tutte le cellule dei tessuti possono essere classificate all'internodi ciascun sistema. Nel sistema ABH, le cellule di tipo O presentano in superficie una moleco-la precursore intermedia e l'antigene H. Inoltre le cellule di tipo A e di tipo B mostrano rispettivamen-te gli antigeni A e B. Le cellule di tipo AB, infine, hanno tutti e quattro gli antigeni. In alcuni sogget-ti di tipo A, detti di tipo AI, l'antigene A può essere allungato e formare l'antigene Ai. In soggettidell'altro tipo A, detti di tipo Az, l'allungamento della catena è insufficiente a formare l'antigene Aie pertanto forma in sua vece l'antigene A 2. Le strutture dei due antigeni A sono state determinate daHenrik Clausen e Levery del laboratorio dell'autore. Nel sistema di gruppi sanguigni t, le cellule delraro tipo P esprimono solo l'antigene P k e il suo glicosfingolipide precursore. Le cellule di tipo P2presentano sia l'antigene P t sia l'antigene P, o globoside, che è derivato dall'antigene P k . Le celluledi tipo Pi mostrano l'antigene P1 oltre gli antigeni del sistema P, esposti sulle cellule di tipo P2. Lastruttura del sistema P è stata stabilita da Donald M. Marcus del Baylor College of Medicine. Cir-ca una persona su cinque porta nei tessuti l'antigene di Forssman, che è derivato dal globoside.

me un doppio strato che consta principal-mente di fosfolipidi e di colesterolo. Lamolecola di fosfolipide, come quella di unglicosfingolipide, ha una testa idrofila edue code idrocarburiche idrofobe. In uncontenitore pieno d'acqua le molecole deifosfolipidi e quelle di colesterolo formanospontaneamente una vescicola sferica, ocompartimento a forma di bolla, la cui pa-rete ha lo spessore di due strati di moleco-le. Nello strato interno, le teste idrofile del-le molecole si trovano di fronte l'acquacontenuta nella vescicola, mentre le testeidrofile delle molecole che fanno parte del-lo strato esterno si trovano di fronte l'ac-qua al di fuori della vescicola. Le codeidrofobe delle molecole di entrambi glistrati della vescicola vengono pertantomantenute fuori dal contatto con l'acqua.

Le molecole di fosfolipidi sono caratte-rizzate, nelle membrane cellulari, dallamedesima disposizione generale, ma moltealtre sostanze, in particolare le molecoleproteiche e i glicosfingolipidi, possono es-sere incluse nella matrice costituita da fo-sfolipidi e da colesterolo. In generale, lamembrana plasmatica che costituisce lasuperficie cellulare è molto più ricca di gli-cosfingolipidi delle membrane degli orga-nelli intracellulari; nella membrana pla-smatica poi i glicosfingolipidi sembrano li-mitati alla parte esterna del doppio strato.Le due code idrocarburiche del cerammidesono inserite nell'interno idrofobo dellamembrana e conferiscono rigidità struttu-rale alla membrana stessa. La catena dicarboidrati si trova all'esterno della super-ficie cellulare ed è grosso modo perpendi-colare alle code idrocarburiche. Pertantoè esposta alle sostanze extracellulari, a me-no che non sia parzialmente mascheratada proteine e da altri glicosfingolipidi chepossono essere inclusi nella membrana.

Una delle conseguenze più importantidell'identificazione chimica degli an-

tigeni dei gruppi sanguigni come glicosfin-golipidi è l'aver realizzato che tali antigenidevono essere prodotti genici secondari. Inaltre parole, la loro struttura non è codifi-cata nel DNA nel modo in cui lo è la se-quenza degli amminoacidi in una proteina.Al contrario, un glicosfingolipide vienesintetizzato in reazioni catalizzate da pro-teine enzimatiche, le glicosiltransferasi.

Le glicosiltransferasi determinano, nel-la membrana, la sequenza dei residui glici-dici: esse riconoscono infatti i nucleotidi,o molecole donatrici di zuccheri, come pu-re il substrato precursore su cui deve esse-re trasferito il residuo glicidico provenientedal nucleotide. Le uniche molecole cheprendono parte al processo e le cui strut-ture sono trascritte direttamente dal codi-ce del DNA sono le proteine enzimatichenote come glicosiltransferasi. Il meccani-smo è stato proposto all'inizio per la sin-tesi dei gangliosidi da Saul Roseman dellaJohns Hopkins University.

La sintesi dei glicosfingolipidi potrebbeessere controllata in due modi. Il primo ècomune alla sintesi di molti altri enzimi: latrascrizione della sequenza delle basi del

DNA e la loro traduzione in proteine enzi-matiche può essere accelerata o inibitadall'attivazione o inibizione di speciali se-quenze di DNA, chiamate promotori o po-tenziatori. In alternativa, l'attività sinteti-ca delle glicosiltransferasi nella membranapotrebbe venire alterata da modificazioni,relativamente minori, delle molecole enzi-matiche stesse dopo che sono state sinte-tizzate. La modificazione chimica deglienzimi può influenzarne la distribuzioneall'interno della membrana e le interazionicon i substrati in seno a essa. Inoltre, l'e-spressione dei glicosfìngolipidi sulla super-ficie delle membrane dipende non soltantodalla velocità della loro sintesi, ma anchedal modo in cui essi e altre molecole dimembrana sono riuniti sulla membranastessa. La loro accessibilità agli anticorpio a sostanze esterne può essere influenzatadalla vicinanza ad altre molecole (si vedal'illustrazione a pagina 20).

Dato che l'espressione dei glicosfíngoli-pidi è controllata da più di un unico mec-canismo, la concentrazione di questi com-posti alla superficie delle cellule può esseremolto più sensibile a impercettibili varia-zioni ambientali della concentrazione, peresempio, di una proteina. Rapidi cambia-menti nell'espressione dei glicosfingolipidipotrebbero venir determinati da una rego-'azione coordinata dei geni che codificano3er gli enzimi che sono indispensabili allasintesi dei glicosfìngolipidi, da variazioninella competizione che si stabilisce tra cer-ti enzimi per il substrato disponibile, oppu-re da un cambiamento nell'orientazione enell'esposizione di antigeni di natura glico-sfingolipidica già presenti sulla superficiecellulare. Ricercatori nel mio e in altri la-boratori hanno stabilito che certi glicosfin-golipidi si trovano su tipi specifici di celluleper brevi permanenze nel corso dello svi-luppo embrionale. Queste risultanze fannopensare che essi siano collegati a meccani-smi di crescita e di differenziamento cellu-lari. Può darsi che le cellule trovino piùredditizio modificare i glicosfingolipidi chemodificare le proteine come reazione allemutevoli circostanze dello sviluppo.

Sembra dunque evidente che i glicosfin-golipidi possono influire sulla cellula e

sulla sua crescita in due modi principali.Possono modulare le funzioni delle protei-ne presenti nella membrana plasmatica eservono, assieme a queste proteine, damarcatori di superficie, necessari per man-tenere una confacente comunicazione in-tercellulare. I primi indizi che i glicosfin-golipidi possano influenzare il funziona-mento delle proteine di membrana sonoemersi dal fatto che i glicosfingolipidi e leproteine sono strettamente associati all'in-terno della membrana. Questa prossimitàè stata dimostrata da Clifford Lingwooddel mio laboratorio e da Tae Hwa Ji del-l'Università del Wyoming. Ranwel C aput-to e collaboratori dell'Università di Cor-doba in Argentina hanno quindi trovatoche i glicosfingolipidi nel cervello possonoattivare l'ATPasi, una proteina enzimaticache libera l'energia necessaria alla trasmis-

sione di messaggi lungo la fibra nervosa.Le proteine recettrici ( o recettori pro-

teici) incluse nella membrana plasmaticafungono spesso da legame essenziale nellacomplessa sequenza di eventi che conducealla mitosi, o divisione di cellule somati-che. Recenti studi di Eric Bremer, del miolaboratorio, con Daniel F. Bowen-Pope,Elaine W. Raines e Russell Ross, dell'U-niversità di Washington, indicano che cer-ti glicosfingolipidi possono rompere talelegame e quindi inibire la crescita cellulare.

Le cellule animali vanno generalmenteincontro alla mitosi e proliferano solo inpresenza di ormoni specifici, extracellula-ri, i fattori di crescita. Questi si legano aspecifiche proteine recettrici in corrispon-denza di siti sul lato esterno della membra-na plasmatica. La proteina recettrice è unagrossa molecola contenuta nella membra-na, in parte all'interno e in parte all'esternodella cellula. La sua componente citopla-smatica è un enzima che catalizza - in senoal citoplasma - l'attacco di gruppi fosfatoa varie proteine, tra cui lo stesso recettore.Il legame del fattore di crescita può con-durre all'attivazione dell'enzima associatocon la componente citoplasmatica del re-cettore e induce l'attacco al recettore di ungruppo fosfato. Questo attacco sembraprovocare un cambiamento conformazio-nale nel recettore e sono proprio questi tipidi cambiamento a far sì che i recettori siaggreghino sulla superficie della membra-

na. I recettori con attaccati i rispettivi fat-tori di crescita sono quindi assunti all'in-terno della cellula.

I ricercatori hanno trovato che, quandoi glicosfingolipidi GM 1 o GM3 vengonoaggiunti a cellule che proliferano in presen-za di fattori di crescita, la proliferazionecellulare viene inibita. Inoltre, nelle celluleottenute da preparati di membrane e la cuiproliferazione è stata inibita da GM 1 o daGM3, le proteine recettrici non si attacca-no facilmente a un gruppo fosfato. L'effet-to sembra essere specifico per GM1 eGM3 ; nessun altro glicosfingolipide haportato agli stessi risultati. Abbiamo per-tanto ritenuto che il funzionamento del re-cettore fosse sensibile all'ambiente creatodai glicosfingolipidi nelle membrane. È de-gno di menzione il fatto che, quando lecellule vengono trasformate da virus tu-morigeni, le risultanti cellule tumorali pre-sentano un contenuto molto più basso diGM3 in alcuni tipi di tumore e di GM1 inaltri tipi di tumore. Queste riduzioni nellaconcentrazione possono essere correlatecon una perdita del controllo sulla crescitadelle cellule esercitato dai glicosfingolipidi.

I glicosfingolipidi però non sono sempreassociati all'inibizione della crescita e deldifferenziamento della cellula. Studi diYoshitaka Nagai e collaboratori dell'Uni-versità di Tokyo indicano che l'aggiunta diun altro glicosfingolipide, chiamato GQ tb,a cellule nervose embrionali tumorali indu-

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N-ACETILGLUCOSAMMINA

L-FUCOSIO

GALATTOSIO

N-ACETIL-GLUCOSAMMINA

GLUCOSIO

GALATTOSIO

MEMBRANA DELLA CELLULA A

Il riconoscimento tra cellule è illustrato nel modo che si pensa abbia luogotra due cellule animali e tra un batterio e una cellula ospite. Le proteine dimembrana su ogni cellula animale (a sinistra) possono riconoscere lastruttura di un antigene SSEA-1, esposto sulla superficie dell'altra cellu-la. Un riconoscimento del genere è tipico in embrioni che hanno da otto

a 32 cellule, prima dell'impianto. Le proteine delle fimbrie in un batterioEsche richia coli patogeno (a destra) possono riconoscere i glicidiinterni di glicosfingolipidi della serie «globo-» in una cellula ospite e uti-lizzarli come siti di infezione. I glicidi dei glicosfingolipidi sono colora-ti secondo un codice, per il quale si rimanda alla legenda di pagina 21.

STRUTTURACOMPLEMENTARE PER Le»

MEMBRANA DELLA CELLULA B

GLICOSFINGOLIPIDE Le»

BATTERIO E. COLI

PROTEINADELLA FIMBRIA

GLICOSFINGOLIPIDEDELLA SERIE «GLOB0-»

MO fle *e"eitO* 11•••••Ir.011 •••••••••••

MEMBRANA DELLA CELLULA OSPITE

ce la formazione di cellule nervose maturee molti altri cambiamenti. Più di recenteMasaki Saito, Hisao Nojiri e i loro colla-boratori dell'Università Jichi in Giapponehanno osservato che, quando certe celluleleucemiche di topo sono incubate conGM3 , si differenziano in macrofagi con unpiù elevato contenuto di GM3.

OItre al ruolo che esercitano nella rego-lazione delle proteine, i glicosfingoli-

pidi svolgono funzioni cellulari di propriacompetenza. La loro funzione più impor-tante consiste nel codificare a livello cellu-lare differenze tra specie, tra individui del-la stessa specie e perfino tra cellule di undato individuo. Gli antigeni dei gruppi san-guigni, per esempio, mostrano in che mo-do i glicosfingolipidi possono variare tra isingoli individui della popolazione umana.

Recentemente è aumentato l'interesseper i cambiamenti che subiscono, nello svi-luppo normale come pure nella crescitaneoplastica, i glicosfìngolipidi marcatorispecifici per ogni tipo di cellula. Per esem-pio, Davor Solter e Barbara B. Knowlesdel Wistar Institute of Anatomy and Bio-logy di Philadelphia hanno stabilito l'esi-stenza di un antigene chiamato SSEA-1.(L'acronimo significa antigene embrionalestadio-specifico, dall'inglese stage-specificembryonic antigen.) SSEA-1 non reagiscecon il proprio anticorpo nenfovo fecon-dato, ma può essere individuato in qualchemomento tra la terza e la quinta divisionecellulare, cioè in embrioni costituiti da ottoa 32 cellule. A questo punto le cellule su;biscono un processo di consolidamento ecominciano ad aderire reciprocamente inmodo da sviluppare i contatti intercellula-

ri. Completata questa fase, la concentra-zione di SSEA-1 declina rapidamente.

La struttura chimica di SSEA-1 è stataidentificata da Reiji Kannagi, Steven B.Levery ed Edward Nudelman del mio la-boratorio e da Ten Feizi e collaboratori delClinical Research Centre del Medical Re-search Council di Harrow, in Inghilterra,come una catena di carboidrati, di nomeLe-, su un glicosfingolipide o una glico-proteina. Bruce Fenderson con Uri Zehavidel mio laboratorio e Susan J. Kimber del-I'mRC Laboratory for Molecular Biologydi Carshalton, in Inghilterra, hanno trova-to che la catena Lex, o la sua strutturaconiugata, funge da inibitore del consoli-damento nello stadio embrionale che se-gna il passaggio da 16 a 32 cellule. Presu-mibilmente la struttura Lex su una cellulaavverte la presenza di altre cellule vicine einterferisce poi con il complesso processodi adesione cellulare, che potrebbe esserebasato su una affinità specifica tra la cate-na Le' sulla superficie cellulare e il suorecettore. Il consolidamento può avveniretempestivamente con il declino della cate-na dopo lo stadio a 32 cellule.

Sembra che molte tossine batteriche e organismi virali e microbici siano in

grado di sfruttare la capacità dei glicosfin-golipidi di mediare le interazioni della cel-lula con l'ambiente. Una trentina di annifa, William E. van Heyningen dell'Univer-sità di Oxford ha riportato il primo caso digangliosidi che interagiscono con la tossi-na tetanica. Rilievi successivi suggerisco-no che il ganglioside GM I sia il recettorespecifico per tale tossina e per quella delcolera. La tossina colerica agisce non in-

vadendo la cellula, ma provocando da par-te della membrana una perdita di imper-meabilità all'acqua e agli elettroliti idroso-lubili, presenti all'interno della cellula. Do-po van Heyningen si è cercato di sapere sealtri glicosfingolipidi siano recettori di al-tre tossine e fattori bioattivi. I ricercatorihanno dimostrato che i gangliosidi intera-giscono - anche se non necessariamentecome recettori - con molte sostanze biolo-gicamente Importanti, tra le quali la tossi-na botulinica, l'interferon, l'interleuchina,la serotonina, ormoni e virus Sendai.

Parecchi gruppi di ricercatori hannotrovato di recente che glicosfingolipidi spe-cifici, presenti sulla superficie di una cellu-la ospite, interagiscono con le proteine deiparassiti virali e batterici. In Finlandia e inSvezia è stato scoperto che certi ceppi diEsche richia coli, batteri che provocanoun'infezione delle vie urinarie e dei reni, lapielonefrite, presentano fini strutture fibril-lari, le fimbrie, sulla loro superficie cellu-lare. Le proteine di queste fimbrie intera-giscono con un glicosfíngolipide, il globo-side, e i suoi precursori chimici; questa in-terazione è probabilmente la prima fasenell'infezione della cellula ospite.

Di recente, Karl-Anders Karlsson ecollaboratori dell'Università di Geiteborghanno marcato cellule di E. coli, che cau-sano infezioni urinarie, con un marcatoreradioattivo; hanno poi osservato le intera-zioni batteriche con i glicosfingolipidi cheerano stati separati su un sottile strato disilicagel. Dei 32 glicosfìngolipidi saggiatigli unici che si sono attaccati ai batteri era-no quelli che possedevano una particolarecatena di tre glicidi legata alla componentecerammidica della molecola. Catene di al-

tri glicidi, attaccate alla catena iniziale ditre glicidi, non avevano alcun effetto sul-l'unione con i batteri. Le proteine di super-ficie dei batteri dovevano aver dunque ap-preso a riconoscere corte catene interne diglicidi, che potevano essere esibite sullacellula ospite da vari glicosfingolipidi.

Le tecniche di Karlsson hanno anchepermesso di determinare i siti di legame dicerti tipi di batteri che costituiscono la nor-male «flora intestinale». Batteri come que-sti sono innocui e arrecano beneficio al-l'organismo che li ospita inibendo lo svi-luppo di batteri patogeni. Per esempio, ilcomune batterio intestinale chiamato Pro-pionibacterium ha una proteina di superfi-cie che si lega a un glicosfingolipide moltocomune, il lattosilcerammide. La strutturacarboidratica di questo composto è il pre-cursore della maggior parte dei glicosfin-golipidi noti. Infatti i due glicidi attaccatialla componente cerammidica del lattosil-cerammide sono identici ai primi due glici-di della catena di tre, riconosciuta dai bat-teri della specie Escherichia coli che pro-vocano infezioni urinarie.

Mentre le tossine e le infezioni batteri-che e virali possono trarre vantaggio

da glicosfingolipidi esistenti su una cellulasana, la crescita neoplastica è chiaramenteassociata a glicosfìngolipidi alterati. Senzadubbio questa alterazione esprime unaqualche anomalia che ne è alla base. Qua-lunque ne sia la causa, uno scompiglio nel-le popolazioni di glicosfingolipidi potrebbeinterferire con una parte essenziale dellerisorse della cellula per il mantenimento diuna ordinata «vita sociale». Non sarebbesorprendente trovare che le alterazioni deiglicosfingolipidi siano una causa delle in-terazioni sociali caotiche e indisciplinate,caratteristiche delle cellule neoplastiche.

Il tipo di alterazione che si realizza neiglicosfingolipidi dipende dalla cellula ospi-te oltre che dall'agente cancerogeno speci-fico. Alcune cellule tumorali accumulanoglicosfingolipidi semplici perché la sintesidei glicosfingolipidi più complessi ai qualidanno origine quelli semplici è in una certamisura bloccata. Altre cellule tumorali,particolarmente le cellule di carcinomaepiteliale umano, sintetizzano catene inso-lite di carboidrati e pertanto accumulanonuovi glicosfingolipidi: i neoglicolipidi.

I glicosfingolipidi e i neoglicolipidi pre-cursori sono stati entrambi originariamen-te identificati come antigeni associati a tu-mori negli studi convenzionali con gli an-ticorpi di coniglio. Tuttavia la consapevo-lezza che le cellule tumorali possono gene-rare glicosfingolipidi varianti non ha potu-to essere sfruttata appieno fino a quando,nel 1976, George Kóhler e Cesar Milsteindel Medical Research Council Laboratorydi Cambridge hanno messo a punto la tec-nica per produrre anticorpi monoclonali.Questi anticorpi hanno in comune un'affi-nità estremamente specifica per un singoloantigene e pertanto la presenza di un datoantigene può essere rapidamente rilevataattaccando all'anticorpo monoclonale unamolecola marcatore. Per ottenere elevate

GALATTOSIO

quantità di anticorpi monoclonali, specifi-ci per gli antigeni tumorali, si devono inprimo luogo iniettare questi antigeni neitopi. Cellule di milza di topi immunizzativengono quindi fuse con cellule tumorali ditopo. Le cellule risultanti, gli ibridomi,combinano la capacità, propria delle cel-lule tumorali, di moltiplicarsi illimitata-mente con la capacità, propria delle celluledella milza, di generare anticorpi. In tuttosono stati identificati e caratterizzati sottoil profilo chimico oltre 10 tipi di antigenidi natura glicosfingolipidica, associati atumori e definiti da anticorpi monoclonalispecifici.

Poiché differenti ibridomi danno originead anticorpi diversi, essi devono in qual-che modo essere selezionati. La maggiorparte degli esperti di immunologia dei tu-mori impiega un procedimento casuale:inietta antigeni indeterminati di tessuti tu-morali in topi e quindi seleziona i risultantiibridomi in base alla loro capacità di rea-gire con gli antigeni associati con i tumori.

L'antigene FH4, associato ai tumori, vienerappresentato da questo modello generato permezzo di una simulazione al calcolatore. L'areain grigio, nello schema riportato a sinistra, è unaregione idrofoba che può interagire con l'anti-corpo. L'antigene FH4 è stato identificato co-me il glicosfingolipide Le' dimero e si esprime inmodo molto intenso nei tumori umani che de-rivano da cellule gastrointestinali. Anche que-sto modello e stato realizzato da Levery, del la-boratorio dell'autore, assieme a Stenkamp eWatenpaugh dell'Università di Washington.

Nel nostro laboratorio adottiamo un me-todo meno convenzionale, per mezzo delquale la selezione viene effettuata, in effet-ti, all'inizio. In primo luogo otteniamo ecaratterizziamo chimicamente un glico-sfingolipide associato con un tipo specificodi tumore. Il glicosfingolipide viene quindiposto a rivestimento dei batteri e questivengono inoculati in topi. Nella selezionepossiamo quindi ricercare il tipo di ibrido-ma che reagisce in modo preferenziale conl'antigene di natura glicosfingolipidica cheera stato preparato in origine.

Abiamo utilizzato la nostra proceduraper ottenere anticorpi monoclonali

diretti contro una varietà di nuove struttu-re associate ai tumori. Nei loro studi sugliantigeni Le' e Le, regolati dallo sviluppo,Nudelman, Levery e Kannagi hanno tro-vato che molti tessuti tumorali contengonouna notevole quantità di glicosfingolipidistrettamente affini a Le' e Le. I nuoviantigeni includono le forme dimere e tri-

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ETA DELL'EMBRIONE (SETTIMANE)

L'intensità con cui l'antigene FH4 viene espresso è rappresentata in grafico nel caso dello sviluppofetale umano. Nelle cellule epiteliali dello stomaco l'espressione di FH4 raggiunge la massimaintensità quando l'embrione si trova tra le cinque e le sette settimane di gestazione. Negli epiteli delcolon e del tenue l'intensità massima si osserva in età comprese tra sette e nove settimane. L'antige-ne FH4 si esprime in tumori differenziati dello stomaco o del colon proprio come avviene negliepiteli' fetali (A, B). Nei tumori non differenziati dello stomaco o del colon l'FH4 non si espri-me; queste cellule neoplastiche assomigliano alle cellule dell'embrione dei primi stadi di vita (C, D).

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EPITELIOGASTRICO

EPITELIODEL COLONE DEL TENUE

AMBIENTE EINQUINAMENTI

LE SCIENZE edizione Italiana di

SCIENTIFIC AMERICAN

ha dedicato all'argomentodiversi articoli:

Il confinamentodelle scorie radioattivedi B. L. Cohen (n. 110)

Il problemadell'anidride carbonica

di G. M. Woodwell (n. 115)

Inquinamento da PCBdi H. Suzuki (n. 116)

Dispersione di inquinantiin atmosfera a scala locale

di D. Anfossi, F. Bossae R. Richiardone (n. 129)

Pioggia acidadi G.E. Likens, R.F. Wright,

J.N. Galloway e T.J. Butler (n. 136)

Contaminazione ambientaleda fonti energetiche

di M. Dall'Aglio (n. 153)

Emissioni accidentalidi radioattività

di S.A. Fetter e K. Tsipis (n. 154)

Effetti biologici di radiazioniionizzanti di basso livello

di A.C. Upton (n. 164)

I licheni: indicatori fisiologicidella qualità dell'aria

di M. Spampani (n. 167)

Anidride carbonica e climadi B. Revelle (n. 170)

Gli effetti sul climadi una guerra nucleare

di R.P. Turco, O.B. Toon,T.P. Ackerman, J.B. Pollack

e C. Sagan (n. 194)

L'espressione dell'antigene FH4 e illustrata nello sviluppo umano nor-male e in un tumore gastrointestinale. Le colorazioni in bruno intenso,che si notano nelle microfotografie, sono dovute al fatto che l'anticorpomonoclonale FH4 si è legato con il rispettivo antigene. Le colorazionidella microfotografia in alto a sinistra rivelano un'espressione molto in-tensa dell'antigene nelle cellule epiteliali gastriche di un embrione di etàpoco superiore alle cinque settimane (38 giorni). La microfotografia in

alto a destra mostra le cellule epiteliali gastriche di un feto di 120 giorni;soltanto le profonde pieghe della mucosa dello stomaco appaiono inten-samente colorate. Nell'epitelio gastrico adulto (in basso a sinistra), pra-ticamente non si nota alcuna colorazione dei tessuti. In basso a destra,infine, le cellule tumorali di un carcinoma allo stomaco appaiono colo-rate, mentre quelle normali no. Gli antigeni espressi alla superficie dellecellule tumorali e nello sviluppo del feto vengono definiti oncofetali.

mere di Le e forme alle quali è attaccatol'acido sialico. Yasuo Fukushi e KazuoAbe nel mio laboratorio hanno quindi pro-dotto con successo anticorpi monoclonaliche sono in grado di distinguere tra loro idiversi tipi di Le!.

Uno di questi anticorpi, denominato an-ticorpo FH4, reagisce in maniera specificacon l'antigene Lex dimero, associato ai tu-mori, ma non con la forma monomera.Fukushi ha quindi saggiato la capacitàdell'anticorpo FH4 marcato di formare unlegame con i tessuti sani di embrioni, hacolorato il complesso, evidenziando cosìl'intensa espressione del Lex dimero nellecellule epiteliali dello stomaco di embrionidell'età di 35-45 giorni. La colorazioneera tuttavia limitata agli epiteli gastrico eintestinale di feti di 100 giorni, caratteriz-zati da cripte profonde. In pratica scom-pare nelle cellule del neonato e dell'adulto(si veda l'illustrazione qui sotto).

Gli antigeni della superficie cellulareche hanno questo comportamento (antige-ni oncofetali), si trovano sulle cellule tu-morali con la stessa abbondanza relativacon cui si trovano in brevi stadi dello svi-luppo di certi tipi di cellule embrionali. Og-

gi ne sono noti diversi. Un altro è, peresempio, un derivato del Lex dimero, con-tenente acido sialico e definito sotto il pro-filo antigenico dall'anticorpo FH6. Coloraintensamente i tessuti fetali, non colora iltessuto gastrointestinale adulto mentre co-lora in maniera intensa e specifica i car-cinomi gastrointestinali. Questi risultaticonfermano l'osservazione che viene fattadi frequente e per la quale le cellule tumo-rali assomigliano a cellule relativamenteindifferenziate, presenti nelle fasi precocidello sviluppo embrionale.

Un altro importante antigene oncofeta-le correlato con i gruppi sanguigni è il de-rivato contenente acido siàlico di un glico-sfingolipide, l'antigene Le'. Un anticorpomonoclonale, diretto contro questo antige-ne, è stato prodotto da Hilary Koprowskie collaboratori al Wistar Institute; l'an-tigene è stato in seguito isolato e caratte-rizzato sotto il profilo chimico da VictorGinsburg, John L. Magnani e collaborato-ri al National Institute of Arthritis, Diabe-tes and Digestive and Kidney Diseases.Dato che gli anticorpi monoclon ali si lega-no solo alla catena di carboidrati di unglicosfingolipide possono anche ricono-

scere queste catene su glicoproteine delsiero non attaccate a cellule. Per esempio,gli anticorpi contro i derivati contenentiacido sialico dei glicosfingolipidi Le' e Lexreagiscono con i sieri dei pazienti affetti dacancro. Questi antigeni circolanti possonoessere facilmente saggiati e pertanto la lo-ro presenza è utile per la diagnosi dei tu-mori. Il loro studio è un capitolo importan-te delle indagini cliniche.

Comunque, gli antigeni glicosfingolipi-dici attaccati alle cellule rappresenta-

no probabilmente la miglior promessa perla terapia del cancro. Per esempio, il nor-male Lex e i suoi analoghi Lex e Lei' dimerie trimeri sono attaccati alle cellule tumo-rali e non liberi nel siero. In teoria, gli an-ticorpi specifici per gli antigeni associati atumori, quando vengono identificati, pos-sono essere prodotti e somministrati a ma-lati di cancro. Le cellule neoplastiche chepresentano in superficie popolazioni alte-rate di antigeni associati a tumori potreb-bero essere allora ricercate dagli anticorpie distrutte con meccanismi scatenati daglianticorpi stessi e da certi tipi di cellule «kil-ler». La graduale scomparsa del tumore

maligno nella donna con il raro grupposanguigno p si era realizzata inavvertita-mente proprio in questo modo.

Recenti studi di immunologia hanno di-mostrato che molti anticorpi monoclonaJi,diretti contro antigeni associati a tumori,sono diretti in effetti contro i glicosfingoli-pidi. I risultati di almeno due studi clinicigiustificano apparentemente alcune dellepiù ottimiuiche previsioni. In uno dei duestudi, un gruppo di ricercatori sotto la gui-da di Lloyd J. Old e Kenneth O. Lloyddello Sloan-Kettering Institute for C ancerResearch di New York ha prodotto un an-ticorpo con una elevata affinità per il gli-cosfingolipide GD3. Alan N. Houghton ecollaboratori allo Sloan-Kettering Institu-te lo hanno somininistrato a 12 pazientiaffetti da melanoma, una forma virulentadi cancro che produce sulla cute dei tumo-ri di colore scuro, che alla fine danno luo-go a metastasi, invadendo vari organi. Intre dei 12 pazienti è stata osservata unaregressione della malattia e quattro altripazienti hanno avuto una risposta mista.

Nel secondo studio, Ronald 11. Herber-man del National Cancer Institute ha som-ministrato un anticorpo anti-GD 3 ad altri12 pazienti affetti da melanoma:. L'anti-corpo era stato preparato da Ralph A.Reisfeld e collaboratori della Scripps Cli-nic and Research Foundation, i quali nehanno anche stabilito la specificità antige-nica. Anch'esso è stato efficace in tre pa-zienti su 12, anche se altri tipi di anticorpiantimelanoma non hanno mostrato alcuneffetto. Inoltre, in seguito al trattamentocon anticorpi, nessun paziente ha avuto

disturbi a carico di rene, intestino e retina,anche se il glicosfingolipide GD3 è presen-te in quantità esigua nei tessuti normali delprimo e del secondo organo e in quantitàelevate nella retina. Unici effetti nocivi so-no state delle reazioni cutanee infiamma-torie attorno al melanoma. Questi risultatisono incoraggianti e suggeriscono che gliantigeni glicosfingolipidici nelle cellule tu-morali siano più accessibili a un attacco daparte degli anticorpi di quanto lo siano glistessi antigeni nei tessuti normali.

Sono state proposte parecchie strategieper rimuovere o uccidere cellule tumorali;esse potrebbero sfruttare la specificità de-gli anticorpi monoclonali. Isotopi radioat-tivi fissati sull'anticorpo potrebbero legar-si alle cellule tumorali e quindi irradiarleoppure indicare con precisione la loro po-sizione nel corpo. Seguirebbe o un ulterio-re trattamento di irradiazione oppure un

• intervento chirurgico. Anche farmaci fis-sati sugli anticorpi potrebbero uccidere se-lettivamente le cellule tumorali.

Inoltre, è bene non dimenticarlo, gli an-ticorpi costituiscono gli strumenti naturalied estremamente efficaci che il corpo im-piega per isolare e uccidere le cellule ma-late. Un anticorpo monoclonale, comequalsiasi altro anticorpo, non solo si legaa una cellula che presenta in superficie unantigene, ma anche la contrassegna in mo-do che venga distrutta dal sistema immu-nitario dell'ospite. Molti ricercatori sonooggi impegnati nel tentativo di trasformarequal fortunato caso clinico di 35 anni fa inun trattamento efficace e di routine permolte forme di cancro.

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