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Inserto redazionale M.C., gennaio - febbraio 2014

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014

EDITORIALE 3

ATTUALITÀ

Anno del beato Allamano 4

L’Allamano nella vita di ogni giorno 6

Vi stavo aspettando 10

Manizales: anno del Fondatore 12

L’Allamano in 7 punti 13

SPIRITUALITÀ

Entusiasta dello zio G. Cafasso 14

PAROLE NUOVE 19

SULLA SCIA

“L’amico dorme” 22

I SANTI

L’Allamano e S. Giovanni Battista 26

I miracoli di S. Giuseppe Cafasso 29

PREGHIAMO 30

REDAZIONE e POSTULAZIONEIstituto Missioni ConsolataViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMATel. 06/393821Fax 06/3938.2255E-mail: [email protected] internet:giuseppeallamano.consolata.org

POSTULATOREP. PIERO TRABUCCO

[email protected]

REDATTOREP. FRANCESCO PAVESE

[email protected]

Distribuzione gratuita.Il bollettino non ha quota d’abbonamento ma è sostenutocon offerte libere dei lettori.

C.C.P. n. 39573001 intestato a:MISSIONI CONSOLATAViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMA

oppure: c/c N. 33405135intestato a:MISSIONI CONSOLATA O.N.L.U.S.Corso Ferrucci, 14 10138 TORINOSpecificare sempre il motivodel versamento.

GRAFICAP. SERGIO FRASSETTO

ANNO LXXVN. 1 - 2014

In coper tina - Dipinto che ritrae il beato Giuseppe Allamano all’età di 49 anni,

allorché, nella villa di Rivoli (To), prese la decisione di fondare l’Istituto.

Il quadro è opera di sr. Geltrude Mariani, delle Suore Francescane

Missionarie di Maria.

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Carissimi amici e lettori,viviamo tempi difficili. Le ultime visite

che ho compiuto alle missioni d’Africa ed’America mi hanno permesso di vedere dipersona quanto tragica sia la vita in tante“periferie esistenziali” che Papa Francescoindica come aree prioritarie del nostro impe-gno umano e cristiano. Mi sono chiesto conuna certa inquietudine: quale risposta pos-siamo dare noi cristiani e, in particolare, noimissionari a tali situazioni di emergenza?

Nel mio messaggio pubblicato sulnumero precedente di questa rivista, vi par-lavo dell’indizione dell’Anno del beato Alla-mano che ha avuto il suo inizio il giorno 7ottobre. Un anno dedicato alla riflessionesulla figura del beato Allamano e alla pre-ghiera affinché ci faccia crescere in santità,potrà forse cambiare la vita nostra e farsuperare le molteplici crisi della nostrasocietà?

Nella lettera ai nostri due Istituti Missio-nari, la Madre Generale delle Missionariedella Consolata e io abbiamo scritto conconvinzione che i Santi sono per la nostraepoca più utili che mai. Essi sono i veri“indicatori di rotta” del nostro cammino cri-stiano e dei nostri atteggiamenti verso ilprossimo.

Sono convinto che la santità di vita e lozelo missionario del beato Allamano possa-no avere anche oggi un influsso benefico sututti noi che viviamo momenti difficili. Nonsono stati, infatti, i santi sociali di Torino,tra cui l’Allamano, veri apripista nell’epocaburrascosa che l’Italia viveva alla fine del

secolo 19° e all’inizio del 20°? L’esempio di questi santi contribuì enor-

memente ad aprire gli occhi della gente edei responsabili politici sul problema deimalati abbandonati al loro destino, dellagioventù allo sbando, dell’educazione sco-lastica aperta a pochi fortunati, di una Chie-sa troppo chiusa su se stessa e poco pro-pensa a camminare verso i più poveri.

Conoscere meglio la figura dell’Allama-no, chiedere la sua intercessione, imitare isuoi esempi è lo scopo di quest’anno. Eaffinché egli sia maggiormente conosciuto,pregheremo anche perché la Chiesa possapresto dichiararlo santo. Le grazie che rice-veremo per sua intercessione, se fatte cono-scere, possono contribuire ad accelerare ilprocesso verso la sua canonizzazione.

Affinché questo impegno, esteso a tuttinoi missionari e missionarie della Consola-ta, possa diventare anche vostro, amici elettori, desidero ripetere l’esortazione finaledella mia lettera: «Creiamo spazi, momenti,percorsi, occasioni in cui il Fondatore possaparlare al cuore della gente ed essere ascol-tato, e possa anche accogliere e ascoltare ciòche abita il cuore della gente e continuare aessere padre, consigliere, guida, mediatoredi consolazione!».

All’intercessione del beato Allamano affi-do ciascuno di voi, le vostre famiglie e inparticolare le persone sofferenti.

Nel nome della Consolata, vi saluto cor-dialmente,

P. Stefano Camerlengo, IMCPadre Generale

Letteradel SuperioreGenerale

EDITORIALE

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Alcuni mesi or sono, le Dire-zioni Generali dei missionari edelle missionarie della Consolatahanno creato una commissionechiamata “Verso la canonizzazio-ne”. A tale commissione con-giunta di missionarie e missiona-ri è stato dato il compito di offri-re sussidi e suggerire iniziative,affinché in tutti i Paesi dove sonopresenti i nostri due istituti sipossa vivere in maniera significa-tiva e attiva l’Anno dell’Allama-no.

La commissione, compostada otto persone, dopo attenta riflessione sulmessaggio di indizione dell’Anno del beatoAllamano, ha redatto una lettera diretta atutto l’Istituto in cui offriva proposte, sug-gerimenti e iniziative concrete in vista diquest’anno particolare in onore del nostroFondatore. Riprendo qui, in maniera suc-cinta, alcuni passi della lettera, pensando difare cosa gradita ai lettori.

Preghiera per la canonizzazione delbeato Allamano. La canonizzazione odichiarazione di santità del beato Allamanodeve essere considerata un dono che vienedall’Alto, dono dello Spirito per tutta laChiesa. E tale dono lo si ottiene innanzitut-to partendo dalla preghiera. Tocca a tutticoloro che si rifanno allo spirito del beatoAllamano elevare preghiere insistenti perchiederne la canonizzazione. Si possonovalorizzare preghiere proprie, novene, viacrucis, litanie. Esiste un sito: http://giusep-

peallamano.consolata.org che offre unagrande varietà di testi e sussidi di preghierae di riflessione sul beato Allamano.

Le comunità cristiane e i gruppi laicaliche godono della presenza dei missionari edelle missionarie della Consolata, sarannoin prima linea per concretizzare queste ini-ziative. La loro sarà una preghiera unanime,fatta con fede e fiducia, memori delle paro-le di Gesù: «Io vado al Padre e qualunquecosa chiederete in nome mio la farò» (Gv14, 12-13).

La riproduzione dell’immagine del beatoAllamano, posta nel Santuario della Conso-lata in Torino, sarà inviata a tutti i Paesidove lavorano i missionari e le missionarie.Tale immagine, segno di comunione con ilSantuario della Consolata e di tutta la fami-glia missionaria, sarà fatta peregrinare dicomunità in comunità, di parrocchia in par-rocchia, quale richiamo alla preghiera e allariflessione sulla santità di vita di GiuseppeAllamano.

ATTUALITÀ

ANNO DEL BEATO GIUSEPPE ALLAMANOALCUNE INIZIATIVE CONCRETE

Inaugurazione dell’anno del beato Allamano presso il sepolcro che ne contiene i resti mortali.

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L’intercessione del Beato Allamano.Per la canonizzazione, cioè per dichiararesanto un beato è necessario che la Chiesaapprovi una guarigione, considerata “mira-colosa” e avvenuta in seguito alle preghiereper ottenere l’intercessione del beato. L’esa-me di una guarigione da parte della Chiesasi verifica in maniera molto rigorosa. La suapresentazione alla Congregazione per leCause dei Santi può avvenire soltanto se ècorredata da una documentazione medicacompleta e scrupolosa.

Durante quest’anno verrà consegnata aogni missionario e missionaria una tecacontenente una reliquia di Giuseppe Alla-mano. Essa sarà un richiamo a chiedere l’in-tercessione del beato soprattutto a favoredelle persone ammalate o in particolaribisogni. Questa reliquia sarà pure fattaperegrinare nelle case di persone ammalateche ne faranno richiesta e che vorrannochiedere la guarigione per intercessione delnostro beato.

Conoscere la vita e la santità delbeato Allamano. Affinché i santi diventinomodelli di vita cristiana e intercessori,devono essere conosciuti e invocati. Moltebiografie del beato Giuseppe Allamanosono già state scritte. Esse devono esseremaggiormente diffuse. Brevi pubblicazioni,come la presente rivista, possono servire adiffonderne la conoscenza e a suscitarne ladevozione, come pure le immaginette conl’apposita preghiera. Le persone possonofamiliarizzarsi con lui, imparare a sentirlocome guida e protettore nel loro impegnocristiano. La festa liturgica del beato Alla-mano ricorre il 16 febbraio e deve esserepreparata con cura così da diventare occa-sione privilegiata per parlare della sua vita,santità e zelo missionario.

Pellegrinaggi ai luoghi “allamaniani”.Non si possono dimenticare i luoghi storicidell’Allamano e dell’Istituto, quali il Santua-rio della Consolata in Torino, la casa natalein Castelnuovo, la tomba del Beato nellaCasa Madre dei Missionari in Torino, laVilla Allamano in Rivoli, il Santuario di S.Ignazio in Val di Lanzo. Questi luoghi pos-sono diventare meta di veri pellegrinaggi,avvicinando la gente alla figura del nostrobeato.

Il tradizionale pellegrinaggio cristiano,infatti, viene compiuto nella fede e accostale persone a Cristo attraverso l’esemplaritàdella Madonna o dei santi. Nel nostro caso,i luoghi storici dell’Allamano richiamanoalla riflessione, alla preghiera, al silenzio epermettono di cogliere le tracce di santità elo zelo missionario che hanno caratterizza-to la vita del Fondatore.

Merita una menzione particolare la casanatale del beato Allamano in Castelnuovoche conserva intatti molti ricordi di unafamiglia di santi, congiuntamente alla casadove nacque lo zio materno, S. GiuseppeCafasso.

Infine, la chiesa-santuario della CasaMadre di Torino, che ospita l’urna conte-nente le spoglie del beato Allamano assiemea vari oggetti da lui usati in vita, suscitasempre forti emozioni. È un luogo di pre-ghiera e di profonda riflessione dove ilBeato continua ancora a parlare con l’inten-sità della sua testimonianza e la saggezzadel suo insegnamento.

La sua urna ci ricorda che siamo pelle-grini verso la patria vera che è lassù e che ildono della vita deve essere vissuto come hafatto lui: tutto per Dio e tutto per i fratelli,con un cuore pieno d’amore che non esclu-de mai nessuno.

P. Pietro Trabucco, IMC

ATTUALITÀ

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In occasione dell’Anno del beato Alla-mano che i missionari e le missionarie dellaConsolata celebrano dal 7 ottobre 2013 al 7ottobre 2014, nella chiesa santuario dicorso Ferrucci a Torino, in una sala adia-cente alla cappella che contiene l’urna dellespoglie mortali del Fondatore, è stata alle-stita un’esposizione di alcuni suoi oggettisignificativi.

Lo scopo dell’esposizione è di facilitarela comprensione della vita concreta dell’Al-lamano, vedendo con i propri occhi quantogli serviva nella vita di ogni giorno. Quantientrano nella nostra chiesa-santuario, dopoavere reso omaggio al SS. Sacramento e all’i-cona della Consolata, generalmente si sof-fermano davanti all’urna che contiene ilcorpo dell’Allamano. Non è facile dire

quanti colloqui, negli anni, si sono intrec-ciati tra i visitatori e l’Allamano. Lì si sonoaperti i cuori, versate lacrime, formulaterichieste e ringraziamenti, e soprattuttoottenute grazie speciali. È sempre stato uncontatto fiducioso con l’uomo di Dio assun-to nella gloria del Paradiso.

Ora è possibile soffermarsi anche davan-ti all’uomo che ha vissuto 75 anni sullaterra, fragile di salute, impegnato nell’apo-stolato, con le stesse esigenze di tutte le per-sone. Gli oggetti esposti ci dicono qualcosadi lui. Così lo possiamo conoscere meglio.

Non tutti gli oggetti usati dall’Allamanosono esposti in questa mostra.

Nel magazzino ne sono conservati altri:

ATTUALITÀ

L'ALLAMANO NELLA VITA DI OGNI GIORNOESPOSIZIONE DEI RICORDI PERSONALI

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la poltrona, alquantosgangherata, che usavaper le conferenze domeni-cali, alcune fotografie dipersone care e importanti,come S. Pio X, il card. A.Richelmy e altri; soprat-tutto molta biancheria.

L’Istituto, tuttavia, nonpossiede tutti gli oggettiusati dall’Allamano, per-ché la sua dimora fissa eraal santuario della Conso-lata. Là, nel suo modestoappartamento di duecamerette, sono conserva-ti i mobili della stanza daletto e la scrivania con lalibreria dell’ufficio.

Questa esposizione èposta all’inizio di un “per-corso storico” sull’attivitàapostolica dei missionari emissionarie della Conso-lata. Una ricca serie difotografie, suddivise neivari continenti e stati ovenoi operiamo, illustranole principali attività mis-sionarie, dai primi tempifino a oggi.

Entrando nella sala-ricordi si discendeverso uno spazio nel quale sono sistematealcune vetrine. Salta subito agli occhi unaserie di interessanti pannelli, curati dal P.Sergio Frassetto, sui quali è sintetizzata lavita dell’Allamano, fino alla beatificazione:dalla sua casa, a Castelnuovo, dove è nato,al santuario della Consolata, dove ha vissu-to per più di 40 anni, esprimendo il meglio

del suo spirito apostolico. Su questi pannel-li sono evidenziate le figure più importantiper l’Allamano: la Consolata, fonte di ispi-razione per tutte le sue opere; la mamma,Marianna Cafasso, cui egli era molto affe-zionato e che gli è mancata quando eraancora seminarista; lo zio S. GiuseppeCafasso, dalla cui vita attinse molti elemen-ti della propria spiritualità; il ConfondatoreGiacomo Camisassa, insostituibile collabo-

ATTUALITÀ

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ratore per il santuario e i due Istituti; egruppi dei primi missionari e missionariedella Consolata.

Mentre si scende verso le vetrinecogliendo il messaggio trasmesso da questipannelli, lo sguardo è attratto spontanea-mente dalla figura sorridente dell’Allamano,che appare di fronte, anch’essa fissata su unpannello, ad altezza naturale. Sembra quasiche l’Allamano voglia accompagnarci espiegarci i semplici oggetti che gli sono ser-viti quando era tra noi. Questa figura è unacopia a colori di una delle sue più bellefotografie, scattata nel cortile del ConvittoEcclesiastico, in occasione del 50° di ordi-nazione sacerdotale.

Le vetrine nelle quali sono stati sistema-ti gli oggetti sono quattro, le prime due sud-divise in piani. Nella prima, nei due pianisuperiori, si ammirano le suppellettili e ivasi sacri da lui usati per la celebrazionedella S. Messa: due calici, un messale, duecandelieri. Vi sono pure oggetti collegati

con la sua morte: il crocifisso che ha strettonella mani per sessant’anni durante i qualile sue spoglie sono rimaste nella bara; lafotografia in ceramica che era stata posta sulloculo, nel reparto riservato ai canonici, nelcimitero di Torino; una copia dell’immagi-ne-ricordo distribuita in occasione dellaMessa di Trigesima. Si possono pure ammi-rare l’immagine-ricordo delle nozze d’orosacerdotali e un crocifisso missionario chel’Allamano ha consegnato a una suora delCottolengo partita per l’Africa nel 1908.

Nel piano in basso sono esposti alcunioggetti semplici: una camicia; due fazzolet-ti con la sigla del suo nome e cognome GA;una borsa termica; lo specchio che usavaper radersi; tre biglietti del tram ritrovatinelle sue tasche; due tabacchiere contenen-ti polvere di tabacco suggerita dai mediciper la cura dell’emicrania; una tazza e piat-tino, con posate e bicchiere; il righello dilegno che teneva sulla scrivania.

Nella seconda vetrina sono sistemati tre

ATTUALITÀ

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tipi di oggetti. In alto, la statua del S. Cuoreche l’Allamano teneva sulla scrivania; duereliquiari in legno della sua cappella, conte-nenti reliquie di santi a lui cari: S. France-sco di Sales, S. Giuseppe Cafasso, S. Gio-vanni Bosco, S. Luigi Gonzaga, e altri santi;un “Agnus Dei” in cera benedetto dal PapaLeone XIII e donato all’Allamano; un qua-dro in bronzo del Papa Benedetto XV.

Più in basso ci sono i suoi libri sacri: ilbreviario in quattro volumi; il libretto della“Imitazione di Cristo”, che ha conservatofin da quando era seminarista; il primoRegolamento del 1901 e le prime costitu-zioni dei Missionari del 1909; la copia cheusava delle prime Costituzioni delle missio-narie del 1913. A fianco vi è pure il suo oro-logio tascabile, che teneva legato a un cor-doncino nero.

Nel piano inferiore sono messi pochilibri della sua biblioteca: due di spiritualità,uno in italiano e uno in francese, opere diS. Francesco di Sales; il testo di morale dalui usato nell’insegnamento ai sacerdoti

convittori, con pagine bianche da lui inseri-te per appuntare note esplicative manoscrit-te; una fotocopia di lettera al coadiutoreLuigi Falda, uno dei primi quattro missio-nari partiti per il Kenya nel 1902.

Nella terza vetrina, si ammirano i para-menti per la S. Messa: pianeta bianca, constola; inoltre la divisa canonicale: rocchettocon pizzo, mozzetta violacea e stola bianca.

La quarta vetrina contiene la divisasacerdotale: veste talare nera; cappello afalde, berretta tricorno e papalina nerausata dai canonici della cattedrale.

Nella sala attigua alla mostra è sistematouno schermo televisivo che rende possibileassistere alla proiezione di film o video sullavita e spiritualità dell’Allamano, speciequando i visitatori sono in gruppo.

L’auspicio è che non solo i missionari e lemissionarie, ma anche molti dei nostriamici visitino questa esposizione e da essatraggano una più concreta conoscenza del-l’Allamano uomo e sacerdote.

A cura della Redazione

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Chi l’avrebbe pensato che un giorno iMissionari della Consolata sarebbero partitiper una missione tanto vicina e dentro lastessa diocesi e città, dalla quale più di 100anni prima erano partiti i primi missionariinviati dall’Allamano?

È proprio così e ciò è accaduto il 19 diottobre dell’anno scorso durante la veglia dipreparazione alla Giornata MissionariaMondiale. In quell’occasione l’arcivescovodi Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha conse-gnato il crocifisso e dato l’invio missionarioa p. Godfrey Msumange (tanzaniano), p.Nicholas Muthoka (keniano) e p. FrancescoDiscepoli (italiano). Il giorno dopo i tremissionari hanno iniziato ufficialmente illoro servizio pastorale nella parrocchia“Maria Santissima Speranza Nostra” dellabarriera di Milano in Torino.

L’assunzione da parte dell’Istituto di unaparrocchia in questa città, viene dalla rifles-

sione fatta fin dalla Conferenza Regionalesulla realtà missionaria nella quale viviamo,anche qui in Europa, in Ialia e a Torino,dove siamo presenti dall’inizio del secoloscorso. Ci hanno spinto anche gli inviti fre-quenti che Papa Francesco fa ad andareverso le “periferie esistenziali” come pastorie missionari.

La parrocchia ha circa 20.000 abitanti e,in essa, si contano circa 20 differenti etnie.Anche la destinazione di un nostro missio-nario tanzaniano come parroco e dei suoicollaboratori, provenienti da paesi differen-ti, vuol essere una risposta a questa realtàinternazionale e multiculturale.

È significativo il fatto che la diocesi diTorino, che per tanti anni ha inviato mis-sionari nei vari continenti, oggi riceva daquesti paesi il frutto della semina realizzatacon abbondanza. È la chiesa missionaria

che, nella condivisione dellafede, continua ad annuncia-re il Vangelo e a far crescere isuoi figli là dove più se nesente il bisogno e la realtà lorichiede.

Ma c’è un fatto, che nellasua realtà può sembraresemplice e casuale, cheabbiamo scoperto in questonuovo inizio di missione allaparrocchia “Maria Santissi-ma Speranza Nostra”. Ilbeato Giuseppe Allamano,nostro fondatore, era già là

ATTUALITÀ

VI STAVO ASPETTANDOINVIO MISSIONARIO A TORINO

Facciata della chiesa “Maria Speranza Nostra”.

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che ci aspettava. Era sulla porta ad atten-derci. Non in carne e ossa naturalmente.Infatti il portone sinistro della chiesa recadelle formelle scolpite dedicate ad alcunisanti e beati torinesi. Una di esse raffigura ilbeato Giuseppe Allamano attorniato daisuoi figli e figlie e l’immagine della Conso-lata. E riporta anche la scritta “Missionidella Consolata”.

Pare proprio che l’Allamano fosse lì adaspettarci da tanto tempo e, come se questonon bastasse, si è fatto anche sentire. Sulnuovo grande campanile una delle campa-ne è dedicata proprio a lui e reca il suonome e la sua effigie, sotto la quale si leggeuna frase molto significativa: «Esuli figli diEva tutti migranti», come se ci volesse dire:«Sono già qui e vi stavo aspettando».

I santi sono sempre primi in tutto per-ché vedono lontano: animati dallo Spirito,vedono con gli occhi di Dio. Con gli stessiocchi, alla fine del 1800, il beato Allamanoaveva visto la necessità dell’annuncio delVangelo in Africa e si era deciso a mandarei suoi missionari e missionarie per l’opera dievangelizzazione e promozione umana.

La felice coincidenza ci ha ralle-grato e fatto credere che questa ulti-ma nuova missione, iniziata dall’Isti-tuto in Torino, assieme a quelle lon-tane della Mongolia, dell’Angola,dell’America Latina e di tante altresarà benedetta dall’Allamano.

E la Consolata? Non ci avràmesso anche lei il suo dito, una suaispirazione? Non ne abbiamo alcundubbio, oltre al fatto di averci fatti

arrivare in una parrocchia dedicata a Mariacon il titolo di “Speranza Nostra”. Consola-zione e Speranza: è proprio quello di cuioggi il mondo ha bisogno. Maria continua aportarla anche attraverso di noi come suoiumili strumenti.

P. Michelangelo Piovano, IMC

ATTUALITÀ

In alto: la formella dedicata al beato Allamano opera dellaScuola d’Arte Vincenzo Mussner.A lato: la campana con l’effigie dell’Allamano e la scritta:«Esuli figli di Eva tutti migranti».

Nel santuario di Nostra Signora di Fati-ma, a Manizales, assieme alla celebrazionedella festa della Vergine del Rosario, patro-na della città, e all’anniversario del 60° diprofessione religiosa del p. Salvatore Custo-dero, abbiamo dato inizio all’Anno delbeato Giuseppe Allamano. Durante la cele-brazione dell’eucaristia, presieduta dalsuperiore p. Carlos Olarte, il vicario parroc-chiale p. Carlos Heano ha presentato allagente, accorsa numerosa, la figura delnostro Fondatore. Si è soffermato soprattut-to sui due suoi famosi assiomi, ripetutitante volte ai primi missionari: «Primasanti, poi missionari» e «Fare bene il bene,nelle cose ordinarie, senza rumore e conperseveranza». Queste proposte di vita del-l’Allamano hanno fatto breccia nell’animodei nostri primi confratelli, che non lehanno più dimenticate, affidandole alla tra-dizione dell’Istituto perché non andasseroperdute. Ciò che non si deve dimenticare è

che queste proposte non sono solo valideper i missionari e le missionarie, ma ancheper la gente che intende seguire lo spiritodell’Allamano.

Nel presbiterio dominava una giganto-grafia dell’Allamano sorridente, quella del50° di sacerdozio, curata e resa viva condelicati colori da p. Sergio Frassetto. È lastessa immagine che si ammira nel santua-rio della Consolata, accanto all’urna checontiene le spoglie mortali dello zio S. Giu-seppe Cafasso, nella cappella a lui dedicata.

Quando mi trovavo a Torino, durante lemie vacanze, ne ho fatto stampare moltecopie, di diversa dimensione, per distri-buirle alle parrocchie e ai collegi dove ope-rano i Missionari della Consolata. Così tuttii nostri confratelli in Colombia possonovivere questo anno speciale accompagnatidal medesimo sorriso del loro Padre.

P. Agostino Baima, IMC

ATTUALITÀ

Manizales - ColombiaINIZIO DELL’ANNO DEL FONDATORE

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P. I. Tubaldo, in unaconferenza ai formatoridel nostro Istituto, tenu-ta a Roma nel lontano1983, sostenne che ilvalore della pedagogiamissionaria dell’Alla-mano va cercato nellasua personalità spiri-tuale, prima ancora chenei suoi insegnamenti.Partendo da questa pre-messa, descrisse sinteti-camente l’identità del-l’Allamano in 7 punti,che poi sono 7 afferma-zioni. È un modo intel-ligente e interessante didescrivere l’identità in-teriore di un personag-gio attraverso l’esamedei suoi comportamen-ti. Ognuna di queste 7affermazioni è suscetti-bile di un grande svi-luppo. Diversi altri stu-di sull’Allamano hannoapprofondito e svilup-pato quanto qui vienepresentato solo inmaniera succinta.

Siccome siamo con-vinti che questi 7 puntimantengano tutta laloro validità come sefossero scritti oggi, lioffriamo volentieri ainostri amici e lettoricome spunti di riflessio-ne durante questo“Anno del Fondatore”.

1) L’Allamano aveva un faresemplice, affabile, disponibile,ma il fondo dell’ossatura dellasua personalità era forte erobusto. Non fu certamenteun “sentimentale”, né uno“scrupoloso” e neppure un“estremista”.

2) Fu un uomo ordinato emetodico. Per questo seppeattuare al massimo grado, spe-cie nella formazione, il criteriodella collaborazione.

3) Fu un uomo riflessivo emeditativo (anche nella pietà),per nulla amante del rumore edelle trombe dell’Aida. Di quila sua lucidità di mente nelchiedere e nel dare consigli.

4) Fu un uomo dalle vedutevaste - questo è un capitolomeraviglioso - ma nello stessotempo con i piedi per terra.

5) Fu un uomo di profondapietà. Una pietà “piena”, talecioè da riempire tutta la suavita: intensità spirituale, entu-siasmo accompagnato dalsenso della meraviglia…

6) Non volle fare il “canonicosignore”, tranquillo… beato.La nota caratteristica della suavita è l’operosità. E volle deimissionari che lavorassero nonper arricchirsi, ma per il soloamore delle anime.

7) Ebbe un intuito particolarenel conoscere le persone e nelvalorizzarle. Ciò avvenne nonsolo nei riguardi del Camisas-sa. Il segreto, oltre che nella “cari-tà spirituale” (ma questa dasola non sarebbe bastata), stanella sua capacità di “veraamicizia”.

P. Igino Tubaldo, IMC

ATTUALITÀ

L’ALLAMANO IN 7 PUNTI

Non c’è dubbio che l’Allamano abbiaavuto simpatia per i santi. I nomi di santi edi sante non si contano nelle sue conferen-ze formative. Li considerava protettori, masoprattutto “modelli”. Il modello per eccel-lenza, indubbiamente, era Gesù, seguitosubito dopo da Maria. Di qualsiasi virtùparlasse, l’Allamano trovava sempre nelvangelo come Gesù l’avesse vissuta e pro-posta. È chiaro che gli veniva spontaneoricorrere all’esemplarità del Signore, perchédiceva: «Egli è modello di tutte le virtù».«Nostro Signore Gesù Cristo è venuto suquesta terra non solo per redimerci, maanche per essere nostro modello, nostraguida, nostro specchio». Tuttavia, anche isanti erano abitualmente indicati da luicome modelli. Esaminando le sue conferen-

ze, constatiamo che conosceva a fondo ladottrina e la spiritualità di molti di essi.Uno su tutti, però, era il “modello” sia per isacerdoti che per i laici: S. Giuseppe Cafasso.

L’Allamano entusiasta del Cafasso.Fin da giovane seminarista, il Fondatore siimpegnò a conoscere la dottrina di questosuo zio materno, di cui sentiva parlaremolto bene e che, dai sacerdoti che lo ave-vano conosciuto, era ritenuto un santo.Maturando nella convinzione della santitàdello zio, l’Allamano pensò che sarebbestato un grande dono alla Chiesa di Torino,e non solo, diffonderne la conoscenza. Die-tro consiglio di esimi sacerdoti, tra cui donBosco, raccolse moltissime testimonianze.Inoltre, egli stesso aveva incominciato a

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SPIRITUALITÀ

ENTUSIASTA DELLO ZIO GIUSEPPE CAFASSO

stenderne la biografia. Dopo avere riempito33 fogli, arrivando fino all’ingresso delCafasso nel convitto ecclesiastico, desistet-te. Più tardi, confidò che la ragione princi-pale che lo aveva convinto a non continua-re, oltre ovviamente ai numerosi compitiaffidatigli dal vescovo, era «il vedermi inca-pace di ben esprimere la stima e la venera-zione che osservavo in quanti l’avevanoconosciuto».

Le iniziative intraprese dall’Allamano infavore della conoscenza del Cafasso furonomolte: dall’esumazione e ricomposizionedella salma (1891), all’edizione delle medi-tazioni e delle istruzioni degli esercizi spiri-tuali ai sacerdoti (1892-1893), alle biografiescritte dal can. Giacomo Colombero (1895)e dal teol. Luigi Nicolis di Robilant (uscitapostuma nel 1912) e, infine, alla traslazionedella salma dal cimitero al santuario dellaConsolata (1896). Il vero impegno, però, furichiesto dalla causa di beatificazione, ini-ziata il 16 febbraio 1895 presso il tribunaleecclesiastico di Torino e trasferita a Romanel 1899. Senza esserne il postulatore, inpratica l’Allamano fu il motore che facevafunzionare tutto.

Egli si rese presto conto che il suo vin-colo di sangue poteva essere ritenuto daqualcuno come la ragione di quanto stavacompiendo in favore del Cafasso. Non eraquella però la “vera” ragione e lo disseespressamente ai suoi giovani: «Ho intro-dotto questo processo, posso dire, nontanto per affezione o parentela, quanto peril bene che può produrre l’esaltazione diquesto uomo, affinché quelli che leggeran-no le sue virtù, divengano bravi sacerdoti,bravi cristiani e voi bravi missionari». Edurante la discussione della causa lo si sentìdire: «Io, come parente, dovrei neppureoccuparmene, e non è questo lo spirito chemi spinge; io lo faccio come rettore del con-vitto per cui, essendo succeduto a lui nel-

l’insegnamento e nella direzione del clero, èmio dovere segnalare al clero le virtù e lasantità del Cafasso».

Un aspetto è da sottolineare. Prima cheagli altri, l’Allamano propose a se stesso ilCafasso come modello. Quanti ebbero lafortuna di conoscere entrambi non dubita-rono di affermare dell’Allamano che era un“Cafasso redivivo”. Il can. L. Boccardo,direttore spirituale al convitto, ora elevatoagli onori degli altari, affermò: «Si potrebberipetere di lui, quasi alla lettera, quanto fuscritto del suo santo zio».

Quando, nel 1925, il Cafasso fu procla-mato “beato”, l’Allamano provò un’intimagioia. Quanti erano con lui a Roma riferiro-no che, durante la solenne funzione nellabasilica di S. Pietro, sembrava “trasfigura-to”. Il p. Domenico Ferrero svelò un parti-colare che indica l’atteggiamento interioredell’Allamano di fronte alla santità dello zio:«Nell’occasione di un’accademia tenuta inonore del novello beato Cafasso, tra l’altrosi era accennato che ormai il Servo di Dio[l’Allamano] era l’unico erede del suo san-gue. Questa frase gli rimase profondamenteimpressa, perché rispondendoci ad accade-mia finita, con accento pieno di convinzio-ne, tra l’altro disse: “L’essere erede del suosangue per me è un’umiliazione”».

La pubblicazione delle meditazioni eistruzioni ai sacerdoti. Come si è accenna-to sopra, l’Allamano curò la pubblicazionedelle meditazioni e delle istruzioni che ilCafasso teneva durante gli esercizi spiritua-li ai sacerdoti, presso il santuario di S. Igna-zio, in due volumi distinti, rispettivamentenel 1892 e 1893. Il primo volume, quelloche contiene le meditazioni, porta una spe-cie di lettera indirizzata ai sacerdoti, datata20 giugno, a firma dell’Allamano. Pensiamodi fare cosa gradita ai lettori pubblicandolaintegralmente.

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SPIRITUALITÀ

Il giorno 23 Giugno 1860 cessava divivere in Torino in concetto di santità ilsacerdote D. Giuseppe Cafasso Rettore delConvitto Ecclesiastico e Prefetto delle Con-ferenze di Teologia Morale al Clero. Rapitoda morte prematura in età di soli 49 anni, lasua carriera sacerdotale fu breve di durata,ma tanto più lunga e feconda di opere; conun’attività prodigiosa, e più coi luminosiesempi delle sue virtù, egli lasciò in pochianni così vasta e profonda traccia del suoministero sacerdotale, che ancora oggi nesono compresi di ammirazione quanti loconobbero, ed il suo nome risuona bene-detto non solo in Torino ma per tutto il Pie-monte.

Quale sia stata l’opera di lui nell’inse-gnamento della Teologia Morale ai giovanisacerdoti, nelle frequenti predicazioni diEsercizi Spirituali al Clero, e nell’eserciziodel sacro ministero al confessionale, al lettodei moribondi, nelle carceri, ed accanto aicondannati a morte; quale benefica e salu-tare influenza abbia esercitato sul Clero Pie-montese in tempi difficilissimi; quantaparte abbia avuto nelle tante istituzioni dicarità sorte allora in Torino; quali sopratut-to le sue virtù eminenti e i doni sopranna-turali che gli meritarono dai contemporaneiil titolo di modello dei sacerdoti; tutto ciòverrà ampiamente narrato nella vita che dilui si sta scrivendo e si spera di poter prestopubblicare.

Non ultima prova dell’attività straordi-naria, per cui in pochi anni tanto bene ebbeoperato, sono i suoi numerosi manoscrittidi Teologia Morale e di predicazione, e traquesti parecchi corsi di meditazioni edistruzioni per Esercizi Spirituali al Clero, dalui dettati per molti anni consecutivi nelsantuario di S. Ignazio presso Lanzo. Priveora queste prediche del calore e della vita

che ritraevano dall’accento e dal gesto delsacro oratore, esse non parranno più cheuna pallida figura di quelle memorabilimeditazioni, le quali, al dire del nostro cele-bre can. Giordano loro assiduo uditore,scuotevano profondamente le stesse animepiù fredde, e lasciavano un’impressioneincancellabile in chi le udiva anche solo unavolta.

Nondimeno, essendo frutto di lungameditazione e di un voler giusto e profon-do, esse rimangono pur sempre notevoliper pienezza di concetti e di sentimenti, persodezza e precisione di dottrina morale, epiù ancora per osservazioni ed applicazionipratiche così originali ed appropriate dapenetrare nel fondo dei cuori e toccarne lepiù intime fibre.

Il tutto espresso con semplicità, vivacitàed unzione che rivelano un’anima piissimaed un cuore infiammato di zelo per la san-tificazione delle anime. Che se per la formaletteraria sono alquanto deficienti, e richie-derebbero ancora ritocchi e correzioni, noncredetti tuttavia doverveli fare, per timoreche ne fosse falsato quel colorito che eraproprio del servo di Dio nel parlare e nelloscrivere.

Nutro fiducia d’aver fatto cosa gradita edutile ai venerandi colleghi nel sacerdozio,presentando loro questo corso di medita-zioni, al quale faranno seguito le corrispon-denti istruzioni, e di poter così cooperare inqualche modo alla continuazione del benefatto dal venerato mio zio e predecessorenella sua missione provvidenziale a vantag-gio del Clero.

Torino, 20 Giugno 1892Can. Giuseppe Allamano

Rettore del Convitto Ecclesiasticodella Consolata

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SPIRITUALITÀ

Ai venerandi Colleghi nel Sacerdozio

Come Rettore del santuario della Conso-lata, all’Allamano era pure affidata la curadel santuario di S. Ignazio, presso Lanzo(To), centro di esercizi spirituali per sacer-doti e per laici. «Quando egli ne prese ladirezione - affermò un testimone oculare -gli esercizi erano alquanto in ribasso. Per lamaggioranza di quanti vi partecipavano essirappresentavano, più che un ritiro, untempo di villeggiatura, specialmente per ilaici. L’Allamano ripristinò in pieno il rego-lamento già attuato dal teol. Luigi Guala,fondatore del centro, e da S. G. Cafasso.Volle sempre dirigerli personalmente, ementre li dirigeva voleva pure farli, perchédiceva: “Non voglio solo essere cascata, maanche conca per ricevere le grazie del santoritiro”».

A cominciare dal 1880, quando funominato rettore, ogni anno, durante ilperiodo estivo, l’Allamano si recava al san-tuario per dirigere i corsi di esercizi. Finchéle forze fisiche glielo consentirono, non sisottrasse mai a questo servizio, che ritenevadi somma importanza. Il suo principaleobiettivo era di proseguire nel solco traccia-to dal Cafasso. Diceva che «durante gli eser-cizi, passeggiando per quei corridoi, pensa-va che lì aveva camminato anche il suosanto zio, e che questo pensiero lo infervo-rava a rivestirsi del suo spirito per poterlocosì comunicare ai sacerdoti affidati alle suecure».

Come assicuròun sacerdote suocollaboratore, l’Alla-mano accoglieva per-sonalmente quantigiungevano al san-tuario per partecipa-re agli esercizi spiri-tuali: «Alla domeni-ca sera si trovavapersonalmente sulla

piazza della chiesa per riceverli. Con la ber-retta in mano si complimentava con loro,faceva loro servire il caffè e, se erano suda-ti, li accompagnava subito in camera.

Durante gli esercizi poi, era tutto a tutti;era presente ad ogni funzione e ad ogni pre-dica. Così pure a tavola disponeva che tuttofosse in perfetto ordine, e se vedeva qualcu-no che non mangiasse, si interessava subitodella sua salute. Era poi generoso in ordinealla retta che gli esercitanti dovevano versa-re». Sapeva scegliere con cura i predicatori.Lui non dettava meditazioni, ma la sua pre-senza era punto di riferimento per tanti siasacerdoti che laici.

Ecco alcuni stralci di una testimonianzamolto significativa di un certo Sig. G. Fio-ritta, che frequentò più di un corso di eser-cizi: «Li dirigeva in modo superlativo. Tuttoera predisposto bene quando noi secolariarrivavamo lassù. Distribuiti bene gli incari-chi da quelli minori ai maggiori, tutto sisvolgeva come un orologio. Non lasciavasenza ricompensa gli incarichi che affidava,benché chi li accettava intendesse compier-li con retto fine della maggior gloria di Dio.

Riguardo poi il confessarsi, io so di moltiesercitanti che andavano dal canonico[Allamano] nella seconda camera del suoritiro a confessarsi e a spargere lacrime dipentimento o di consolazione. Volendoandarci anch’io, parecchie volte dovevo ritor-

nare perché era giàoccupato da altri.

A tutti, sacerdotie laici, il canonicodava un sublimeesempio di serietà,facendo capire conla riservatezza nelparlare, con la vocesommessa, con ilrecitare con devo-zione le preghiere,

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SPIRITUALITÀ

DIRETTORE DI ESERCIZI SPIRITUALI

che là era un luogo di santi-ficazione, non di villeggiatu-ra. Egli non saliva mai né incattedra, né sui gradini del-l’altare per fare fervorini odare avvertimenti, che siserviva per questo dei predi-catori che sapeva sceglieremolto bene, ma predicava continuamentecon l’esempio.

I miei genitori che passarono un meselassù all’albergo di S. Ignazio nel 1916, par-teciparono a parecchie SS. Messe celebratedal can. Allamano nel santuario ed ebberol’impressione che chi celebrava la S. Messacosì bene fosse davvero un santo. Io ebbi laventura di servirgli qualche volta la S.Messa durante gli esercizi, che celebravanella piccola cappella di S. Ignazio, moltoper tempo, prima di suonare la sveglia. Nelsilenzio profondo, con la sola assistenza didue o tre suore che erano addette alla cuci-na. La S. Messa celebrata da lui era vera-mente un mistero d’amore.

L’ultima volta che vidi il venerato cano-nico per l’appunto lassù, fu alla fine degliesercizi. Tutti ci affollavamo attorno a luiper salutarlo. Egli mi vide e con segno diparticolare degnazione mi disse ciò che fued è per me un programma di vita in pocheparole: “Allevi bene la sua bambina e ne fac-cia una santa”. Voglia il Cielo per i meritidel canonico suo servo fedele, che io osser-vi un tanto programma». Anche sr. Mariadegli Angeli, Missionaria della Consolata,riportò una testimonianza di suo padre:«Papà diceva che quando aveva potuto con-ferire un po’ con il canonico Allamano inquesti esercizi, si trovava soddisfatto da nondesiderare più altro».

Durante quei giorni di ritiro spiritualeera indispensabile garantire un clima disilenzio per favorire il raccoglimento, equindi la preghiera e la riflessione. Uomocon i piedi per terra, l’Allamano sapevacomprendere le persone e, all’occorrenza,

chiudeva un occhio anchesu questo punto. Per esem-pio, quando a compiere ilcorso di esercizi erano isacerdoti, l’Allamano nondimenticava che essi anda-vano volentieri anche perincontrarsi tra di loro. Quasi

per scusarli, diceva: «Questi sacerdoti sivedono di rado e hanno bisogno di scam-biarsi impressioni sull’esercizio del proprioministero».

Quando, invece, il gruppo era di laici,poteva succedere che difettasse un po’ dipiù il clima di silenzio. L’Allamano non siscomponeva, perché mirava alla sostanza, ecercava di aiutare con la sua discreta pre-senza. Al riguardo lui stesso raccontò unsimpatico aneddoto: «Per i laici il silenzio èancora un problema. C’era una figlia chealla fine della settimana è venuta a prende-re il padre, e sentivo che gli diceva in dia-letto: “Li hai fatti bene gli esercizi?”. -“Guarda, li ho fatti proprio bene, tanto chec’era uno che parlava e il rettore ha manda-to me a dirgli di fare silenzio”. - “Ma non èpoi mica perché tu parlavi troppo?”. E io làvicino sorridevo. Era proprio come dicevala figlia».

In seguito, il santuario di S. Ignaziodivenne pure ambiente di riposo estivo peri giovani candidati alla missione. Per l’Alla-mano, invece, era piuttosto ambiente dilavoro. Tuttavia, alla fine di agosto del1916, poté dire ai suoi giovani: «Vedete,quest’anno sono andato anch’io a fare pas-seggiate. Venendo vecchio divento piùarzillo. Sono 36 anni che vado a S. Ignazio,36 volte che faccio gli esercizi spirituali,eppure mi sono sempre accontentato divedere la croce da lontano, da S. Ignazio.Ho preso il mio domestico e ho detto:“Andiamo! Facciamo una passeggiata allacroce”. E sono andato fino là. Sono partito alleotto e sono arrivato verso mezzogiorno».

P. Francesco Pavese, IMC

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SPIRITUALITÀ

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arole nuove

Quando riportiamo il pensiero dell’Alla-mano, in genere ci riferiamo alle conferen-ze formative che teneva in casa madre ognidomenica ai missionari o alle missionarie, oanche alle sue lettere. Da uno studio com-parato di queste fonti con le testimonianzeprocessuali, emergono alcune sue espres-sioni che possiamo definire “nuove”.

La novità consiste nel fatto che esse nonsi trovano né nelle conferenze e né nelle let-tere. Significa che i testimoni riportavanoparole udite dall’Allamano, delle quali essierano l’unica fonte, o una delle poche fonti,perché non c’è il corrispondente nelle con-ferenze e nelle lettere. È interessante pren-derle in considerazione per arricchire lanostra conoscenza del pensiero dell’Allama-no.

In genere, i testimoni si introducevanoin questo modo: “Il Servo di Dio diceva...”,riportando poi la sua espressione alla lette-ra tra virgolette. Si tenga presente che, inquesto campo, esiste un piccolo rischio disoggettivismo, in quanto i testimoni, anchesenza volerlo, riferivano quanto avevanoudito, però come essi lo avevano compreso

e come lo ricordavano dopo diversi anni. Cipuò essere, quindi, qualcosa di loro stessi.

Queste “nuove” espressioni dell’Allama-no, tuttavia, godono di una certa garanziadi autenticità, perché sono state riportatesotto giuramento durante il processo per labeatificazione.

Da questo numero della rivista, iniziamouna nuova rubrica, intitolata appunto:“Parole nuove”. Il titolo di tutti gli articoli,sarà sempre il medesimo: “L’Allamano dice-va”.

Riportiamo solo le espressioni dellequali, dopo attento esame, non si è trovatotraccia nelle conferenze o nelle lettere. Nel-l’archivio dell’Istituto, queste testimonianzesono raccolte in quattro volumi dattiloscrit-ti. Di ogni espressione viene indicato ilnome del testimone, il volume e il numerodella pagina che la riporta.

L’auspicio è che, leggendo queste brevipagine, la persona del nostro Fondatore siasempre più conosciuta. Il primo tema chetrattiamo è l’amore di Dio e del prossimo, ela dignità del culto.

P

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Alle missionarie che chiedevano una paroladel Padre, l’Allamano ammalato rispose: «Dìloro che desidero che diventino tuttematte… ma… pazze di amor di Dio» (Sr.Giuseppina Tempo, I, 454).

Voleva che negli esercizi spirituali si predi-casse anche sui novissimi, perché diceva: «Sel’amor di Dio non basta vi scuota almeno laconsiderazione dei novissimi [morte, pur-gatorio, inferno, paradiso]» (Sr. ChiaraStrapazzon, II, 860).

Spiegava così a noi la giaculatoria “Dominain me, o Signore”: «Da Lui, che è nel nostrocuore, partono tutte le nostre azioni, pen-sieri, parole, e ritornano tutte a Lui. NostroSignore è nel cuore. Diriga tutto di lì, e noipure indirizziamo tutto lì» (P. G. Gallea, III,121).

Commentava le parole di Paolo “Vivo io,ma non io; in me vive Cristo (Gal 2,20)”:«Ora, se è Gesù che pensa, parla, opera evive in noi, non bisogna fargli fare bruttafigura. Bisogna che noi operiamo bene» (P.G. Gallea, III, 123).

Lo sentii esclamare: «Sì, meglio schiaccia-re questo cuore piuttosto che una sola fibranon vibri d’amor di Dio» (P. L. Sales, III,397).

Soleva dire: «Nella vita di pietà e religio-sa, non sono da ammettersi vani timori,sospiri o vani sentimentalismi. Un atto diamor di Dio è quello che trasforma il nostrospirito e ci rende idonei al compimento delnostro dovere e all’attuazione della missio-ne che la Provvidenza ci affida» (P. G. Bar-lassina, IV, 405 406).

Diceva: «Non crediate, che perché sonoafricani, li possiate trattare in qualsiasimodo, sono più fini di noi. Quindi vannotrattati con molta finezza» (Sr. EmerenzianaTealdi, II, 542 -543).

Confidava: «Quando provo un risenti-mento per chi mi ha offeso, lo reprimosubito, pregando per lui» (Mons. G. Nepo-te, II, 769).

Mi rispose: «Vedi, per canonizzare guar-dano tanto questo punto [carità verso gliammalati]. Nel processo del nostro Venera-bile [Cafasso] hanno esaminato bene seaveva carità con gli ammalati. Eh! Sì, biso-gna aver cura degli ammalati. Talvolta biso-gna curare il corpo per mettere a posto ilmorale» (Sr. Chiara Strapazzon, II, 875).

Per non umiliare i beneficiati, talora dice-

va: «Restituirà con comodo»; era inteso chenon avrebbero restituito (Can. N. Baravalle,IV, 91).

Al teol. Bossa Bordana che aveva preso unministero presso l’istituto delle “pentite” disse:«Siete domandati di andare a far del beneall’Istituto SS. Pietro e Paolo. Andate pure,che io ne sono molto contento. Ma perchénon dite niente a me, e non mi fate parteci-pe del bene che compite? Attenti però…perché può esservi qualche pericolo, se nonaltro, per la vostra reputazione» (Teol.Bossa Bossana, IV, 156).

Mi disse: «Per un missionario non bastaamare il prossimo come noi stessi, maanche di più; e deve amare di più l’anima diquegli africani che non la propria vita mate-riale» (Sr. Maria degli Angeli Vassallo, IV,208).

AMORE DI DIO

AMORE DEL PROSSIMO

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Avendo ricevuto una somma di denaro, sog-giungeva: «Vedi, la Divina Provvidenza! C’èappunto una signora che ne ha tanto biso-gno… ci sono anche vari Sacerdoti che ven-gono a celebrare alla Consolata. Ricevonol’offerta è vero, ma non basta per il lorodecoro. Quindi, penso anche ad essi. Que-sti sono i primi poveri…» (P. D. Ferrero, IV,483).

Parole ai Convittori, forse dello stessoCafasso: «Siete sacerdoti; ricordate di esseresempre sacerdoti; in convitto facciamo unafamiglia sacerdotale».

Aggiungendo un suo consiglio: «Mi racco-mando di avere tanta carità coi domestici. Aproposito di questo: i domestici vi porte-ranno in camera i bauli e materassi; date

loro qualche mancia; è un lavoro di più chefanno; siate generosi; ricordatevi che nellavita avrete bisogno di piccoli servizi; lavostra generosità, ben inteso proporzionata,vi renderà facile anche l’adempimento deidoveri del vostro ministero. Ricordatevi,che da noi Sacerdoti quelli che rendonoqualche servizio aspettano…» (Mons. E.Vacha, I, 130).

A un convittore che lo avvertì di un imbro-glione che si faceva passare per aspirante alsacerdozio disse: «Bravo, così si deve fare;fortunatamente non riuscì ad imbrogliarmi.Lei però ha fatto bene ad avvertirmi; cosìdovremmo sempre fare tutti tra noi sacer-doti; questa è vera carità» (Mons. E. VachaI, 150).

Diceva: «Desidero che la nostra Comuni-tà sia nata allo scopo per onorare nostroSignore con far bene le sacre cerimonie» (P.L. Sales, III, 379).

Però era convinto che «Ove la devozioneesteriore non sia alimentata dalla fiammainteriore, non può né mantenersi, né edifi-care» (P. L. Sales, III, 404).

Ben sovente parlando di sacre celebrazionidiceva: «Non bisogna credere che il Signorenon dia importanza alle sacre cerimonie,dal momento che le ha messe alla pari con isuoi comandamenti. “Osserva i comandamen-ti e le cerimonie”» (Can. G. Cappella, I, 244).

Portando l’esempio dei soldati: «Così noidobbiamo sempre essere ordinati e fervoro-si in tutto quanto riguarda il servizio diDio» (Sr. Emerenziana Tealdi, II, 549).

Siccome un canonico aveva fatto male lecerimonie, si accontentò di commentare: «Cia-scuno fa quello che può» (Teol. A. Borda

Bossana, IV, 142).

Annetteva importanza alle cerimonie fattebene dinnanzi ai non cristiani e diceva:«Anche da questo dipende la loro conver-sione» (Sr. Margherita de Maria, IV, 307).

Durante le vacanze a S. Ignazio, tra l’altrodiceva: «Se si potesse vorrei lasciare quitutte le altre scuole ed occupazioni per stu-diare sempre meglio le sacre cerimonie. Neipalazzi reali c’è il maestro delle cerimonie, econ che puntualità si eseguono, che impor-tanza si dà alle medesime, per quanto pic-cole! Quanto più adunque non si deve farenel servizio di Dio! Mi pare che questo sia iltempo meglio speso» (P. D. Ferrero, IV,471).

Invitava a pronunciare bene il latino degli“Oremus”, perché diceva: «Non vi è solamen-te il popolo che assiste alla santa Messa, mavi sono pure persone colte che conoscono illatino» (P. T. Gays, I, 320).

A cura della Redazione

DIGNITÀ NEL CELEBRARE IL CULTO

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Mons. Giovan Battista Ressia, vescovo di Mondovì dal 1897 al 1932, durante il solenne fune-rale di “Trigesima” celebrato nel santuario della Consolata il 23 marzo 1926, tenne la comme-morazione ufficiale dell’Allamano. Per seguire bene lo svolgimento del discorso, bisogna tenerepresente che tra l’Allamano e il Ressia si era creata una profonda amicizia, fin dal tempo delseminario, essendo compagni di classe.

Il Ressia sostenne l’Allamano in tutte le sue iniziative, specialmente per la fondazione dei dueIstituti Missionari. Assieme ai compagni di corso, partecipò alla celebrazione del 50° anniver-sario di ordinazione sacerdotale dell’Allamano al santuario della Consolata. Il rapporto di spon-tanea amicizia tra i due si intravede nella simpatica espressione che l’Allamano scrisse al Res-sia per convincerlo a celebrare le nozze d’oro a Torino e non a Mondovì nel celebre santuario diVicoforte: «Siamo vecchi e sciancati; a Mondovì daremmo ammirazione… In Torino invece enella Consolata resteremo ignorati». È sempre commovente rileggere questo discorso comme-morativo del Ressia, anche perché è stato pronunciato in quel santuario da dove pareva che l’Al-lamano non si fosse mai allontanato. Purtroppo, per ragioni di spazio, ne dobbiamo ometterealcune parti. Conserviamo, però, il suo stile caratteristico, a volte solenne, come pure le citazio-ni in latino, come si usava allora nella predicazione.

«È Gesù, che lontano da Betania enascosto nelle solitudini di Gerico, annun-ziava agli Apostoli la morte di Lazzaro conqueste tre parole: “Amicus noster dormit -l’amico nostro dorme”. Parole che solo furo-no intese bene, quand’Egli, giunto al sepol-cro del morto da quattro giorni, lo richia-mava a vita con la stessa facilità con cuiavrebbe svegliato un dormiente. Per Lui lamorte non è che un sonno. Venga egli per-ciò anche a noi, qui, in questa vera Betaniadove tanti lo amano e stanno pregandoattorno a questo monumento di morte, e ciripeta la sua parola consolatrice: “Amicusnoster dormit”. Sì, il Can. Allamano fu unvero “amico di Gesù, un amico nostro, unamico che si è addormentato nel Signore”.Perché non consolarci?

L’Amico di Gesù - Un santo sacerdote,ecco un vero amico di Gesù. Nessun dub-bio che tale sia stato il canonico Allamanoprima e dopo l’ordinazione sacerdotale; lodirei anzi un beniamino di Gesù, un sacer-dote suo prediletto. Aveva da pochi giornivestito l’abito chiericale, e per sette anni

divisi con lui e con gli altri compagni dicorso la vita nella scuola, nello studio, nellericreazioni e passeggi, nelle opere di pietà.

Egli era il nostro modello per il fervorenella preghiera, per le comunioni frequenti,per l’attenzione ai professori, per l’applica-zione allo studio, per la pazienza e amabili-tà con noi, per l’obbedienza, per lo splen-dore dell’angelica virtù. Non lo vidi maiturbato o irrequieto, sempre in pace, amatoda tutti. Si sapeva da tutti che il più vicino alcuore di Gesù, il più amico suo era l’Allama-no, cui nessuno avrebbe osato paragonarsi.

Non so tuttavia se altri godesse come medelle sue confidenze. Pareva preferirmi per-ché di carattere a lui più contrario, e piùbisognoso della sua carità. Ed ho potutocosì scoprire anche meglio le industriesante colle quali restituiva a Gesù le graziericevute; in ciò sta appunto il segno dell’a-micizia: la reciproca comunicazione deibeni. Mi diceva un giorno: “Che fortuna pernoi! Possiamo farci molti meriti col faretutto e sempre alla presenza del Signore eper amor suo; il piccolo diventa grande…”.

SULLA SCIA

«L'AMICO DORME»DISCORSO SULL'ALLAMANO A UN MESE DALLA MORTE

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Mi spiego ora perché il mio compagnofosse sempre così raccolto, silenzioso, pun-tuale, scrupoloso nelle cerimonie di chiesa,fervoroso in tutte le opere di pietà. Oh,avessi saputo approfittare dei suoi consigli,non sarei tanto povero davanti a Dio! Mavoi, giovani, fatene tesoro, e beati voi sesaprete restare sotto lo sguardo di Dio, ope-rare per amor suo e vivere così nella suagrazia. Egli non si lascia maivincere in generosità colleanime che sanno darsi senzariserva.

Venne intanto il giornodella nostra ordinazionesacerdotale (6 giugno 1873).Il diacono Allamano permancanza di età dovetteattendere a settembre, etoccò a me celebrare laprima Messa in seminario, edistribuire la prima comu-nione. Sicché il primo cuidiedi Gesù venuto alloranelle mie mani, fosti tu, dia-cono Allamano! E ricordo lacommozione reciproca quan-do poco dopo ti avanzasticoi chierici di camerata abaciarmi le mani. Tre mesidopo anch’egli era inginoc-chiato ai piedi dell’arcive-scovo mons. Lorenzo Gastal-di, che gli ripeteva in nomedi Gesù: “Non dicam vos servos, sed amicosmeos [non vi chiamo servi, ma amicimiei]”: e si alzava sacerdote con nella manodestra l’ostia e il calice, nell’altra le chiavidel cielo, sulle labbra la parola di Gesù, enel cuore l’amore di lui e delle anime.

Lo rividi cinquant’anni dopo, qui, aquell’altare della Consolata, circondato daicompagni superstiti, da beneficati, daamici, da popolo devoto, per il suo giubileosacerdotale. Aveva la fronte coronata dibianchi capelli, ma in tutto era ancora lui,

raccolto, devoto, maestoso, preciso nellecerimonie, e ripeteva a ragione: “Entreròall’altare di quel Dio che rallegra la mia gio-vinezza”.

L’Amico nostro. Col salire al sacerdoziol’amico di Gesù era diventato anche “Ami-cus noster [amico nostro]”, delle anime perle quali consumerà la vita. Sognava come

ognuno dei suoi compagnidi passare dal ConvittoEcclesiastico ad una vicecu-ra in qualche paesello; mal’obbedienza lo richiamavapresso il seminario a conti-nuare l’opera dell’indimen-ticabile canonico Soldati,nell’ufficio delicatissimo didirettore spirituale dei chie-rici. Agli insegnanti il colti-vare le intelligenze, al diret-tore il plasmare i cuori epreparare le anime al sacer-dozio.

Se qui si trovasse chiallora gli era stato suddito,dica qual Angelo buonoincontrò nel teologo Alla-mano, qual padre amorosoa provvederlo in tutte lenecessità, qual tenera ma-dre a compatirlo e consolar-lo! Trovò quasi un altroGesù che preparava i disce-poli all’apostolato. E il di-

rettore era felice nella carica assegnataglidall’obbedienza.

Altri disegni aveva su di lui la Provvi-denza Divina. Si facevano sentir vivi in queigiorni nuovi bisogni in Torino e nella vastaarchidiocesi. La città andava febbrilmentedilatandosi e migliorandosi nelle sue condi-zioni, mentre il santuario della Consolata,cuore dell’antico Piemonte, deperiva quasiabbandonato, ed era per di più senza il suorettore. L’archidiocesi poi lamentava daqualche anno che il giovane clero non tro-

SULLA SCIA

Mons. Giovanni Battista Ressia

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vasse più all’ombra del santuario quelladirezione pratica che, iniziata dal Guala conil Convitto Ecclesiastico, proseguita dalServo di Dio il Cafasso e poi dal Bertagna,aveva per tanti anni portato a singolarealtezza il clero piemontese. Il duplice casopesava sul cuore di tutti, ma più del teolo-go Allamano, che di mons. Bertagna eraconterraneo e che del Cafasso era per di piùnipote da parte di madre e ne portava ilnome di Giuseppe. Il Don Cafasso pregavacertamente dal cielo; ed ecco cessare, quasiimprovvisamente, ogni vento contrario.

“Va, disse un giorno una voce misteriosaa Francesco d’Assisi, va e ripara la mia chie-sa”. “Va alla Consolata e ripara” disse l’ob-bedienza all’Allamano. Ed eccolo in giovaneetà già rettore qui, dove una pena gli strin-ge il cuore, un pensiero lo assilla del conti-nuo: “Ripara, ripara”. La decisione è presanonostante gravissime difficoltà finanziariee tecniche… e dopo pochi anni ecco risto-rato e ampliato il santuario, ricco di ori emarmi, servito da santo e numeroso clero,frequentato dalla città e dal Piemonte, tor-nato alla sua vita di prima Basilica e tronodegno della Regina e Madre, Consolatricedegli afflitti.

Mancavano tuttavia i “paggi d’onore”, imessi da spedire attorno, onde riparare iltempio morale delle anime comprate aprezzo di sangue divino. Ed ecco l’altromiracolo: il Convitto Ecclesiastico presto siriapre, i giovani sacerdoti di nuovo attornoalla Sede della Sapienza, e il rettore ne saràper anni anche maestro di conferenza prati-ca e modello di virtù.

Dopo tali conquiste poteva il canonicoAllamano “l’Amicus noster” dire a se stesso:“Basta”. Ma il fuoco non dice basta mai; o sidilata o si spegne. Quando l’Apostolo pre-diletto [S. Giovanni] terminò la missionespeciale di assistere la Madre di Gesù assun-ta in cielo, diventò missionario ed apostolodell’Asia Minore, evangelista del mondo.L’Allamano, custode del santuario di Maria,

sente anch’egli il bisogno dell’apostolato.Fin da chierico aveva sognato le Missio-

ni. Impedito allora dai superiori, provvistoora alle più gravi necessità, ecco il tormen-to della sua giovinezza. Ne soffre ed èammalato, ma invierà falange di giovanimissionari e missionarie sotto lo stendardodella Consolata a illuminare e consolare gliabitanti dell’Africa; loro porterà la luce e laverità cristiana, aprirà un campo vastissimoa quanti desiderano glorificar Dio e salvarele anime.

Ed ora non basta forse, o “Amico”? Sì,ma desiderava ancora dare un Protettoreceleste alle sue opere. Chi dal cielo avevaispirate queste opere e sostenute le sueforze fisiche e morali nel compierle? Per luinessun dubbio che fosse il proprio ziomaterno, il Giuseppe Cafasso che tutti dice-vano santo, che stabilì il Convitto su fortibasi, e il santuario della Consolata frequen-tò con amore. Perché dunque non collocar-lo sugli altari? Lo volle con fiducia e viriuscì.

Or fa un anno Torino, Castelnuovo e ilPiemonte erano in S. Pietro a Roma, per l’a-poteosi di quel santo sacerdote, gemma delclero italiano e gloria delle nostre popola-zioni. Era presente il nipote canonico Giu-seppe Allamano, che al canto del “TeDeum”, come rapito, fissò a lungo gli sguar-di nella figura gloriosa del beato; ma quan-do li abbassò, i suoi occhi erano pieni dilacrime, il suo volto pallido e sfinito, men-tre mormorava forse come Gesù: “Pater,opus consummavi quod dedisti mihi utfaciam [Padre, ho terminato l’opera che mihai dato da fare]” (Gv 17,4).

Preparò ancora le feste solenni delloscorso luglio, lo rividi una seconda volta inottobre alle Conferenze dell’Episcopato Pie-montese, e mi salutava accennando allanostra vecchia carcassa tenuta su per mira-colo… e più non ci siamo incontrati quag-giù. Era l’ultimo addio. L’Amico di Gesù el’Amico nostro stava per addormentarsi nelbacio del Signore.

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L’Amico dorme. Oh pregate, Voi tutti,conoscenti, amici, figli suoi! Fermatelaquella mano che si avanza per chiudere isuoi occhi col sonno della morte! Che penaper Torino e per il Piemonte all’annunciodella sua grave malattia! Quante supplichee lacrime in questo santuario perché il ret-tore venisse ancora conservato! Che giornidi angoscia, che notti lunghe!... Ma perparte dell’infermo quanta rassegnazione alladivina volontà! Quali parole di esortazionee di conforto ai piangenti! E quanti sguardie baci al suo Crocifisso!

Alle ore quattro del 16 febbraio, mentreil mondo preparava le sue ultime pazziecarnevalesche, alla vigilia delle “Sacre Cene-ri”, egli, il canonico Giuseppe Allamano,dopo aver per 52 anni offerto sugli altari ilDivino Sacrificio della Croce, sulla croce diun misero lettuccio, in povera cella di que-sto convento consumava il sacrifizio di suavita, e anch’egli “obdormibit in Domino [siaddormentò nel Signore]”.

Chi nel visitare la salma in quella stan-zuccia o nella camera ardente fra pochilumi e sotto lo sguardo del beato Cafasso;…nell’osservare l’aureola dei bianchi capel-li, i lineamenti del volto immutati, le bian-che mani stringenti una corona e il Croci-fisso, tutto in un’atmosfera di santità e dipace, che non ha ripetuto a se stesso: “Ami-cus noster dormit?” - “Suora, questo mortonon fa paura; e sono tutti così i morti? R. Sì,quando la loro anima è già inparadiso”. - “Mamma, perchétanti fan toccare le medaglie ecorone al canonico? R. Perchéè un santo” (Cronaca del gior-no). E il popolo di Torino nonha detto anche la sua parola,come quello di Roma allamorte di S. Cirillo, venutodalla Slavonia a dar conto alPapa della sua Missione? Vi

morì, ma il trasporto suo, più che il funera-le di un morto, parve il trionfo di un santo.E “vox populi, vox Dei [la voce del popoloè voce di Dio]”.

Quanta fiducia che l’anima grande delnostro amico addormentandosi quaggiùabbia aperto gli occhi alla luce del cielo!Che le tante sue virtù e opere buone, lecroci che incontrò sempre per via rassegna-to fino all’ultima della morte, gli abbianopresto aperto le porte del paradiso! Egliperò insegnava essere quasi impossibile adun’anima camminare per il turbinio polve-roso del mondo ed andarsene esente, men-tre l’occhio di Dio trova macchie anchenella luce del sole. Raccomandava finoall’ultimo di non dimenticarlo, ma di prega-re per lui, mentre egli avrebbe pregato poisempre per i suoi amici e figli. Perciò anchequesto sacrificio di trigesima per il suo ripo-so, e le preghiere e le lacrime vostre, oammiratori, amici e figli del canonico Alla-mano.

Ma tu, o canonico Allamano, nondimenticare poi quanti rimasero quaggiùdesolati a piangere; e prega anche per chidepose, soffrendo, un sì misero fiore sullatua tomba; e tieni lontano da lui la minac-cia evangelica: “Erano due che lavoravanonello stesso campo: Unus assumetur et alterrelinquetur [uno è preso e l’altro lasciato]”(Mt 24,40)».

Mons. Giovanni Battista Ressia

SULLA SCIA

Santuario della Consolata: la partecipazione del popoloai funerali del “Rettore” Giuseppe Allamano.

Il metodo pedagogico dell’Allamano, formatore di missionari, proponeva molti santi comemodelli di vita e di apostolato. Questo metodo non era necessariamente legato al suo tempo.Conserva anche oggi la sua validità, perché si fonda su valori garantiti e perenni. Ecco perché,anche durante l’anno 2014, continueremo con piacere questa rubrica e proporremo all’atten-zione di quanti seguono la spiritualità dell’Allamano tre personaggi di prim’ordine del NuovoTestamento con i quali egli ha saputo intessere un rapporto privilegiato. Fa piacere notare chel’Allamano, dopo Gesù, la Madonna e S. Giuseppe, abbia saputo evidenziare subito questi gran-di personaggi del Nuovo Testamento, perché sono una garanzia della fede a partire dalle origi-ni. Essi sono: Giovanni Battista, Pietro Apostolo e Paolo di Tarso. Di essi non pubblicheremo ilprofilo, perché sono conosciuti.

S. Giovanni Battista è il “Patrono” dellaChiesa di Torino. L’Allamano approfittavadella festa liturgica per ricordarlo ai suoigiovani: «Domani è la festa di S. Giovanni;è la festa di Torino perché è il patrono dellaDiocesi»; «Non è festa di precetto, ma pernoi che viviamo sotto l’ombra di Torino ècome di precetto».

Nelle conferenze formative dell’Allama-no, il nome del Battista appare 15 volte inquelle ai missionari e 12 in quelle alle mis-sionarie. Il Precursore del Messia meritauna riflessione propria, perché l’Allamanolo presenta sempre in rapporto alla missio-ne di Gesù e della Chiesa.

Sembra che non sapesse quali terminipiù idonei usare per affermare l’identitàmissionaria del Battista. Ecco come si espri-meva: «S. Giovanni si può dire che fu mis-sionario, primo missionario, quindi nostromodello»; «S. Giovanni fu il tipo e modellodel missionario»; «È un tipo di missionarionella vocazione, nella preparazione e nellavita apostolica».

Certamente l’Allamano non si limitò aqueste affermazioni di principio, ma andan-do al pratico indicò il rapporto che volevaci fosse tra le caratteristiche del Battista equelle dei i suoi missionari. Vediamo come.

Vocazione del Battista e del missiona-rio. «Il Signore lo predestinò a “preparare levie del Signore (Lc 1,76)”; “mi chiamò dalseno materno (Is 49,1)”, e venne santificatonella visita di Maria SS. Anche voi per spe-ciale grazia di Dio foste da tutta l’eternitàpredestinati non solo alla creazione, al cri-stianesimo, ma all’apostolato. Perciò ilSignore vi arricchì di un corpo sano e diun’anima capace di amarlo e farlo conosce-re ed amare da chi non lo conosce o non loapprezza. Ringraziate della preferenza a voiusata».

Gli elementi contenuti in questo schemadella conferenza del 24 giugno 1918, sonostati sviluppati anche in altre occasioni.

L’Allamano precisò che la santificazionedel Battista nel seno materno era avvenutatramite Maria. Su questo aspetto egli eraparticolarmente sensibile. Nella festa della“Visitazione” di Maria a S. Elisabetta, 2luglio 1916, così si espresse: «Poteva ilSignore direttamente santificare S. Giovan-ni Battista; no, volle farlo per mezzo diMaria, ispirandole di andare». Ed esclamò:«Vedete la potenza della Madonna!».

Circa la vocazione dei suoi missionari,l’Allamano spiegò che essa è analoga a quel-la del Battista, cioè proveniente fin dall’eter-nità: «S. Giovanni doveva preparare la via al

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I SANTI

L’ALLAMANO E S. GIOVANNI BATTISTA

Messia e così voi. Pare un caso che siate qui,ecc. ma non è un caso; il Signore non faniente a caso. È lui che vi ha preso».

Preparazione e corrispondenza delBattista e del missionario. «S. Giovannicorrispose alla divina chiamata e si diede aben prepararsi coll’innocenza della vita,colla preghiera e lo studio delle S. Scritture;ed ancor giovane per fuggire ogni male ecattivo esempio si ritirò nel deserto, a vive-re di penitenza. E voi, ricevuta la primaeducazione dai genitori, vi ritiraste in que-sta santa casa, lontana dai pericoli delmondo; e qui attendete a formarvi nellapreghiera, nello studio e nella mortificazio-ne delle passioni all’alta vostra missione».

La corrispondenza alla vocazione e lapreparazione alla missione erano prioritàirrinunciabili per l’Allamano. Per questoinsisteva: «S. Giovanni ha fatta una prepa-razione come voi, e come si è preparato?Prima si è santificato. Nessuno può ascen-dere se non si viene su con virtù sode, constudio, ecc. Ci sono due cose, due modi dipreparazione. La prima la fa Nostro Signorecol chiamarvi, col tirarvi qui, colle grazieinsomma di tutti i giorni, quelle grazie cheservono per farvi buoni. Ecco la grazia diDio che qui è abbondante, il Signore fatutto quello che può fare perché non man-chiate di nulla, sia per l’anima e anche peril corpo. E adesso sta a voi fare quello cheha fatto S. Giovanni Battista. Lui è statoconfermato in grazia, noi, nel battesimo, senon confermati in grazia abbiamo ricevutotanti aiuti per fuggire il peccato. E poi tantimezzi per santificarci, prediche, letture,avvisi e consigli dei superiori, stimoli per levirtù, ecc.».

Ardore apostolico del Battista e delmissionario. «S. Giovanni uscito dal deser-to alla voce di Dio, si diede alla predicazio-ne, per preparare la strada nei cuori a

Nostro Signore Gesù Cristo. Dimostrò nelsuo ministero grande fortezza sino allamorte, e somma umiltà fino a stimarsi inde-gno di sciogliere i legami dei sandali diGesù, cercando di abbassare sé e solo fareconoscere ed amare il Salvatore: “bisognache io diminuisca...(Gv 3,30)”. Queste sonole virtù caratteristiche del missionario, chein tanto farà del bene in quanto sarà umile,tutto attribuendo a Dio. E questo attacco edabbandono in Dio lo sosterrà nelle fatiche,nei dolori e disinganni, e lo farà forte sinoalla morte».

Le virtù del Battista e del missionario.Nella conferenza del 24 giugno 1915, quel-la cioè nella quale il Battista è stato presen-

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I SANTI

S. Giovanni Battista, opera di Tiziano Vecellio.

tato come «il tipo e il modello del missio-nario», l’Allamano si soffermò soprattuttosulle “virtù” caratteristiche: «Per parte sua ilBattista corrispose alle grazie di Dio contutto l’impegno nel prepararsi idoneo, cioècolla “penitenza”, coll’“umiltà”, colla “casti-tà” e collo “zelo”».

L’Allamano, nella stessa conferenza, si èlungamente soffermato a spiegare una peruna queste virtù e ha cercato di incarnarlenella vita dei suoi missionari. Anzitutto, lapenitenza: «S. Giovanni era lui solo in fami-glia, giovane, ebbene, no, ha lasciato tutto,e si è ritirato nel deserto, vestiva di pelli eviveva mangiando il puro necessario. Eancora mangiava cibi bassi. Ecco la peni-tenza; ma direte: era un santo. Si, ma si pre-parava per riuscire un buon missionario. Eanche voi per prepararvi dovete fare se nonpenitenze grosse, dovete avere lo spirito dipenitenza, e non solo interna, ma ancheesternamente. Mortificazioni non comequelle, ma lo spirito di mortificazione». Edopo avere indicato forme concrete di pic-cole penitenze, concluse: «Basta, mi avetecapito. Il Rettore ripete sempre le stessecose, sì, ma davanti a S. Giovanni Battista,che ha fatto tanto, mi pare che possiamofare qualche cosa anche noi».

Circa l’umiltà, l’Allamano riprese leparole pronunciate dal Battista quando fuinterrogato sulla sua identità: «Vedete comeera umile S. Giovanni Battista. Quandosono venuti a domandargli se era il Messiaha risposto: “non lo sono”. E allora, “sei tuElia? Sei tu un profeta?” - “No, no”. E alloraperché predichi se non sei Elia, né un pro-feta? Se non sei né questo né quello? E lui,umile, ha risposto: “Io sono una voce chegrida nel deserto” (cf Mt 3,3; Mc 1,2-3; Lc3,4; Gv 1,22). Una voce! Ecco l’umiltà chefugge la voglia di attribuire a sé molto.Avrebbe potuto dire: “È vero che non sonoil Messia, ma sono stato santificato prima di

nascere, sono questo e quello, farsi il pane-girico, poteva, vedete, farsi il panegirico, einvece? Così quando viene a lui NostroSignore a farsi battezzare. Egli acconsentesolo per ubbidienza. E dice: “Io non sondegno di sciogliere i suoi legaccioli”. E poiquando doveva cominciare nostro Signorela sua vita pubblica, lui è scomparso».

Per la castità: «Vedete, per la castità nes-suno gli ha potuto dire nulla; ed è statosempre puro, ha avuto sempre un amoregrande alla purità. Si è sempre tenuto allapresenza di Dio, ed era così fermo che rim-proverava Erode. E se non fosse stato luipuro, Erode gli avrebbe potuto dire: “Cosavieni a rimproverare me? Guarda te stesso”.Ed invece lui era puro ed Erode non ha maipotuto dirgli nulla. Così voi, bisogna impa-rare a tener gli occhi a posto, non voler sen-tire e veder tutto. Non dico di essere scru-polosi. Non bisogna essere curiosi. Checosa importano tutte queste cose? Solo Diobasta. Così anche voi quando andrete inmezzo agli altri potrete dire chiara e netta laverità. Se no, dicono: “Dici a noi e tu?”. E seinvece vedono che fate il vostro doveredicono: “Come è delicato il padre! È fino!”».

Infine, per lo zelo: «Vedete, S. Giovannifu “mandato da Dio”, e per che cosa? Perannunziare la venuta di Nostro Signore, permostrarlo, per preparare la strada ecc.“Ecco l’Agnello di Dio (Gv 1,29)”. S. Gio-vanni doveva preparare la via al Messia ecosì voi. Sarete missionari, e preparerete lastrada a Nostro Signore in mezzo ai pagani;direte loro: “Voi non conoscete ancora ilSignore, ecco che Egli viene”. Avete unamissione che sembra a quella di S. Giovan-ni Battista quando l’ha mostrato alle turbe,ecco che viene: “Ecco l’Agnello di Dio”, cosìcome tanti S. Giovanni Battista. Lui aveva lamissione perché era mandato da nostroSignore, e così pure voi».

P. Francesco Pavese, IMC

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I SANTI

Tra le opere dell’Allamano occupa un posto di rilievo per importanza quella di avere pro-mosso e seguito la causa di canonizzazione dello zio S. Giuseppe Cafasso. Questo impegno gliha richiesto energie, tempo, come pure denaro. Ad un certo punto sembrava che il Cafasso nonvolesse “fare i due miracoli” necessari per la beatificazione. L’Allamano un po’ se ne rammari-cava, ma poi sapeva superarsi e trovare ragioni superiori per rimanere sereno e fiducioso.Attualmente anche noi attendiamo un miracolo per intercessione del beato Allarmano, di modoche la competente autorità della Chiesa possa procedere alla sua canonizzazione. Ecco alcuneespressioni dell’Allamano che ci fanno capire la sua preoccupazione riguardo la causa dello zioe come era capace di superarla.

Conferenza del 15 febbraio 1921.«Ebbene, l’avete pregato il Cafasso? Quelsant’uomo è testone! Non vuol far miracoli:dobbiamo stentare! Magari li fa poi dopo.Pensa solo agli altri, e non pensa a sé».

P. Guido Bartorelli. «Nel1923 e 1924, la causa delCafasso andava a rilento.I miracoli o non c’era-no o erano dubbi.Una domenica il Ret-tore ci disse: “Che ilCafasso sia un santonon ne dubito. Per-ché non fa miracoliallora? Io, fossi nellasua situazione, lifarei per gratitudine eper soddisfare quanticonfidano in me”».

P. Vittorio Merlo Pich.«Andando a Roma per la causadi beatificazione dello zio S. Giu-seppe Cafasso, ci diceva: “Quel benedettouomo prima di morire aveva pregato ilSignore di essere dimenticato, ed ora non fai miracoli, e mi fa spendere tempo e dena-ro!”. Gli dissi che anche noi avevamo biso-gno di miracoli da lui: io offrivo il male, luimettesse il resto».

Caterina Mondino. «Parlava del beato

Cafasso; diceva: “pregate anche per questo,aspettiamo che faccia un miracolo e lui nonvuole farlo. Quando era su questa terra eratanto umile, che nemmeno adesso che è inCielo non vuol fare un miracolo. Eppure

adesso non ha più paura di insu-perbirsi”».

P. Domenico Ferrero.«Del resto - soggiunsel’Allamano - io nonperdo mica la pace, latranquillità per que-sto! Noi abbiamofatto tutto quanto sipoteva; se il santonon vuol manifestar-si, non vuole questa

gloria in terra, oh ben!Pazienza! Io ho più

interesse a salvare ancheuna sola anima infedele,

che a riuscire in un processodi canonizzazione, perché pen-

so che anche Dio ne è più contentoe ne riceve maggior gloria».

Can. Luigi Mollar. «Quando lo vidi perl’ultima volta a Roma in occasione dellasolenne beatificazione del Cafasso, nel salu-tarmi con una stretta di mano si congedòmestamente sorridendo ed esclamando: “Edopo questo... canterò anch’io il Nuncdimittis!”».

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I SANTI

I MIRACOLI DI S. GIUSEPPE CAFASSO

Ritenendosi il “tesoriere” della Consolata, l’Allamano aveva il coraggio di presentare con fidu-cia alla Madonna le necessità della gente. Abbiamo molte testimonianze di persone che, attra-verso la preghiera dell’Allamano, assicurano di avere ottenuto favori speciali. Se l’Allamano,ancora su questa terra, era così ascoltato dalla Madonna, come lo sarà adesso che vive in Cielo?Ecco due testimonianze che ci parlano dell’intercessione dell’Allamano presso Dio e la Madonna,una del secolo scorso e un’altra di questi giorni.

STIA TRANQUILLO CHE GUARIRÀ

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PREGHIAMO

Testimonianza rilasciata il 15 ottobre 1933: «Nel 1902, essendomi ammalato dibronchite acuta, da S. Genesio di Castagneto Po venni a Torino per chiedere la grazia allaSS. Consolata, verso la quale la mamma mi aveva instillato grande devozione e fiducia.Dopo essermi confessato a comunicato, passai in sacrestia dove si trovava pure il can. Alla-mano. Rispondendo al mio saluto mi assicurò: “Stia tranquillo che guarirà certamente”.Ritornato a casa, dopo appena due giorni, mi sentii guarito e oggi, dopo 30 anni, possoassicurare di non avere più avuto alcuna malattia, pur avendo fatto il militare.

Faccio notare che la malattia era ritenuta così grave, che il dottore mi aveva persinoconsigliato di uscire di famiglia, per paura di contagio. La malattia durava già da più di tremesi e andava sempre più aggravandosi, tanto che il dottore temeva che fosse già com-promesso il polmone.

Con riconoscenza. Mazzucco Giuseppe».

«31 maggio 2013, ore 8,00. Squilla iltelefono e sento: “Ciao, sono guarito”. È lavoce di Teresio, carissimo amico, che miannuncia la sua guarigione da una depres-sione che lo opprimeva da anni. È stata unanotizia che mi ha fatto gridare di gioia e conTeresio abbiamo subito ringraziato il Signo-re, la SS. Consolata e il Fondatore.

L’amicizia con Teresio Boetti risale aglianni del dopoguerra, nelle file dell’AzioneCattolica, quando lui era il delegato degliaspiranti e io dei giovani, ben 70 anni fa,nel 1944. Allora io ero liceale e lui si prepa-rava da privatista al diploma di geometra.Memorabile è stato il viaggio a Roma per ilraduno dei “baschi verdi”, ai tempi diGedda e Carretto. Poi i nostri cammini sisono divisi: io sono entrato tra i Missionaridella Consolata e lui ha svolto la professio-ne di geometra. Quando sono partito per ilKenya nel 1958, mi ha raggiunto a Veneziain “vespa” per augurarmi buona missione esalutarmi. Al mio ritorno, dopo dieci anni,lui era sposato. Ci siamo raccontati lenostre esperienze e così la nostra amicizia siè rinsaldata ancora di più.Io sono ancora tornato inKenya e lui ha continuatoil suo lavoro di abilecostruttore. Negli anniNovanta, con la moglie ei cognati, è venuto a tro-varmi in Africa. Sonostato felice di fargli vede-re quanto anch’io avevorealizzato, con l’aiuto diDio, sul piano sociale:scuole, dispensari, case,cisterne per l’acqua, maspecialmente le nostrecomunità cristiane. Altriaddii e arrivederci.

Al mio ritorno definitivo, per ragioni disalute, l’ho ritrovato molto cambiato, acausa di una depressione che gli aveva toltoogni entusiasmo e coraggio, per trascorrerefelice una meritata stagione autunnale dellavita, con la moglie e attorniato da figli enipoti. Gli ho subito parlato della possibili-tà di superare quella crisi con l’aiuto delCielo. Con la moglie Carla, con alcuni con-fratelli e con amici dei missionari abbiamoiniziato non solo una novena, ma una cate-na di preghiere per intercessione dell’Alla-mano, al fine di ottenere la grazia della gua-rigione di Teresio. Senza scoraggiarci,abbiamo continuato a pregare per sei mesi epiù.

Prima della telefonata definitiva, lasignora Carla mi aveva detto che Teresiostava un po’ meglio. Allora ho chiesto a tuttidi intensificare le preghiere e, il 31 maggiofesta della Visitazione di Maria, la Consola-ta ci ha davvero “consolati” tutti con la gua-rigione completa di Teresio. Sono andatoapposta da Torino a Barge, nostro paesenatale, per incontrarlo e complimentarmi

con lui. Assieme abbia-mo ringraziato il Signore,la SS. Consolata e ilnostro Fondatore. Conquesta mia testimonian-za, intendo confermareche il beato Allamanocontinua a seguirci dalParadiso e ad aiutarci conla sua potente interces-sione. Lui stesso, quandoera tra noi, aveva pro-messo: «Dal Paradiso viaiuterò ancora di più».

P. Antonio Roberti, IMC

“CIAO, SONO GUARITO”

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PREGHIAMO

Teresio Boetti e p. Antonio Roberti.