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STUDI BOMPIANI SU PEIRCE Interpretazioni, ricerche, prospettive A cura di Massimo A. Bonfantini, Rossella Fabbrichesi, Salvatore Zingale STUDI BOMPIANI SU PEIRCE Su Peirce Interpretazioni, ricerche, prospettive Charles Sanders Peirce (1839-1914) è il massimo filosofo americano. Inventore del senso di tre termini cruciali, pragmatismo, semiosi, abduzione, Peirce è al contempo il padre della semiotica e l’autore di una originale interpretazione del mondo. Gli scritti di questo volume nascono da seminari e convegni tenuti a Milano nel centenario della morte, sotto l’egida del Club Psòmega, dell’Università Statale e del Politecnico. È un volume che rappresenta tutte le correnti degli studi peirceani in Italia: dagli aspetti e problemi teoretici e ontologici, alle relazioni e influenze di Peirce su filosofi e semiotici contemporanei, sino alle applicazioni e reinterpretazioni della sua riflessione alla realtà odierna. Il libro si apre con tre introduzioni alla discussione e considerazione complessiva di Peirce: tre visioni d’insieme su questioni centrali – una ricognizione sulla “semiosi progettuale” nel progresso della ricerca peirceana, di Massimo Bonfantini; la difesa della fondamentalità dell’icona, ovvero dell’“iconismo primario”, da parte di Umberto Eco; e una “nuova antropologia pragmatica”, che si ispira a Peirce, ma non solo, di Rossella Fabbrichesi. Massimo A. Bonfantini ha insegnato Semiotica a Bologna, Napoli e Milano. Curatore delle Opere di Peirce (Bompiani, 2003), è fra l’altro autore di La semiosi e l’abduzione (Bompiani, 1987) e del Breve Corso di Semiotica (Esi, 2000). Dal 1985 è coordinatore del Clup Psòmega. Rossella Fabbrichesi insegna Ermeneutica Filosofica all’Università degli Studi di Milano. Le sue opere più recenti su Peirce e il pragmatismo sono In comune. Dal corpo proprio al corpo comunitario (Mimesis, 2012) e Peirce e Wittgenstein. Un incontro (Mimesis, 2014). Salvatore Zingale è ricercatore e docente di Semiotica del progetto al Politecnico di Milano, Dipartimento di Design. La sua pubblicazione più recente è Interpretazione e progetto. Semiotica dell’inventiva (FrancoAngeli, 2012). IL CAMPO SEMIOTICO A cura di Umberto Eco STUDI BOMPIANI www.bompiani.eu 25,00 Progetto grafico: Polystudio.

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SU PEIRCEInterpretazioni, ricerche, prospettiveA cura di Massimo A. Bonfantini, Rossella Fabbrichesi, Salvatore Zingale

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Su PeirceInterpretazioni, ricerche, prospettive

Charles Sanders Peirce (1839-1914) è il massimo filosofo americano. Inventore del senso di tre termini cruciali, pragmatismo, semiosi, abduzione, Peirce è al contempo il padre della semiotica e l’autore di una originale interpretazione del mondo. Gli scritti di questo volume nascono da seminari e convegni tenuti a Milano nel centenario della morte, sotto l’egida del Club Psòmega, dell’Università Statale e del Politecnico. È un volume che rappresenta tutte le correnti degli studi peirceani in Italia: dagli aspetti e problemi teoretici e ontologici, alle relazioni e influenze di Peirce su filosofi e semiotici contemporanei, sino alle applicazioni e reinterpretazioni della sua riflessione alla realtà odierna. Il libro si apre con tre introduzioni alla discussione e considerazione complessiva di Peirce: tre visioni d’insieme su questioni centrali – una ricognizione sulla “semiosi progettuale” nel progresso della ricerca peirceana, di Massimo Bonfantini; la difesa della fondamentalità dell’icona, ovvero dell’“iconismo primario”, da parte di Umberto Eco; e una “nuova antropologia pragmatica”, che si ispira a Peirce, ma non solo, di Rossella Fabbrichesi.

Massimo A. Bonfantini ha insegnato Semiotica a Bologna, Napoli e Milano. Curatore delle Opere di Peirce (Bompiani, 2003), è fra l’altro autore di La semiosi e l’abduzione (Bompiani, 1987) e del Breve Corso di Semiotica (Esi, 2000). Dal 1985 è coordinatore del Clup Psòmega.

Rossella Fabbrichesi insegna Ermeneutica Filosofica all’Università degli Studi di Milano. Le sue opere più recenti su Peirce e il pragmatismo sono In comune. Dal corpo proprio al corpo comunitario (Mimesis, 2012) e Peirce e Wittgenstein. Un incontro (Mimesis, 2014).

Salvatore Zingale è ricercatore e docente di Semiotica del progetto al Politecnico di Milano, Dipartimento di Design. La sua pubblicazione più recente è Interpretazione e progetto. Semiotica dell’inventiva (FrancoAngeli, 2012).

IL CAMPO SEMIOTICOA cura di Umberto EcoST

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Studi BompianiIl campo semioticoa cura di Umberto Eco

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SU PEIRCEInterpretazioni, ricerche, prospettive

A cura di Massimo A. Bonfantini, Rossella Fabbrichesi, Salvatore Zingale

Bompiani

0020.frontespizio.indd 3 8/31/2015 5:27:46 PM

ISBN 978-88-452-8033-7

© 2015 Bompiani / RCS Libri S.p.A.Via Angelo Rizzoli, 8 – Milano

Prima edizione Studi Bompiani ottobre 2015

0030.copy.indd 4 8/31/2015 5:28:16 PM

INDICE

I

SUL SENSO DI PEIRCE:

TRE INTRODUZIONI

Massimo A. Bonfantini PEIRCE E LA CENTRALITÀ DELLA SEMIOSI PROGETTUALE: UN BREVE VIAGGIO DI RICOGNIZIONE 13

Umberto Eco PEIRCE E L’ICONISMO PRIMARIO 23

Rossella Fabbrichesi L’ORIZZONTE DI UNA NUOVA ANTROPOLOGIA PRAGMATICA 41

II

UNDERSTANDING PEIRCE:

ASPETTI E PROBLEMI

Rosa M. Calcaterra EPISTEMOLOGIA DEL SÉ

NOTE DALL’ESTERNALISMO DI PEIRCE 59

Giovanni Maddalena PEIRCE, L’ANTI-KANTISMO E L’INTENZIONE SINTETICA DEL PRAGMATISMO 69

Maria Regina Brioschi IL CONCETTO DI REALTÀ SECONDO PEIRCE: TRA ATTESA E SORPRESA 79

Marco Stango LA LOGICA DEL RICONOSCIMENTO ONTOLOGICO IN CHARLES S. PEIRCE 91

0040.indice.indd 5 8/31/2015 5:28:51 PM

Claudio Paolucci LOGICA DEI RELATIVI, SEMIOTICA E FENOMENOLOGIA

PER UN PEIRCE “NON-STANDARD” 107

Emanuele Fadda PEIRCE E LE LINGUE 127

III

PEIRCE E GLI ALTRI:

FILOSOFIA E SEMIOTICA

Paolo Facchi DA PEIRCE A VAILATI 141

Susan Petrilli PEIRCE E WELBY 149

Filippo Silvestri PEIRCE/HUSSERL: IPOTESI PER UN CONFRONTO 167

Arturo Martone PEIRCE/SAUSSURE IL CASO DELLA METAFORIZZAZIONE 177

Cosimo Caputo PEIRCE VS HJELMSLEV 193

Augusto Ponzio PEIRCE E BACHTIN 201

Felice Cimatti IL NOCCIOLO DEL REALE, DA LACAN A PEIRCE 213

IV

PEIRCE OLTRE PEIRCE:

INVESTIGAZIONI E PROGETTI

Valentina Pisanty LE TESTIMONIANZE SONO PROVE? PEIRCE E LA STORIA 229

0040.indice.indd 6 8/31/2015 5:28:51 PM

Daniele Goldoni ABITARE L’IMPROVVISAZIONE 239

Giampaolo Proni DA PEIRCE A SENNETT: PRAGMATISMO E PROGETTO 247

Salvatore Zingale “THIS IS MY DESIGN”

LO SPAZIO DELL’ABDUZIONE NELLA PROGETTUALITÀ 257

Massimo A. Bonfantini PEIRCE E IL MATERIALISMO STORICO PRAGMATICISTA 269

Bibliografia 281

Gli Autori 313

107

127

141

149

167

177

193

201

213

229

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CE

SALVATORE ZINGALE

“THIS IS MY DESIGN”LO SPAZIO DELL’ABDUZIONE NELLA PROGETTUALITÀ

Gli animali di tutte le specie si innalzano al di sopra

del livello generale della loro intelligenza in quelle azioni

che costituiscono la loro propria funzione, come il volo e

la costruzione del nido negli uccelli; e qual è la funzione

propria dell’uomo se non incarnare idee generali nelle

creazioni artistiche, nelle cose utili e soprattutto nella

conoscenza teoretica?

Charles S. Peirce

(CP 6.476; tr. it. Opere: 1248, corsivo mio)

1. Le direzioni dell’abduzione

Nella sequenza iniziale della serie televisiva Hannibal,1 il profiler

dell’Fbi Will Graham osserva intensamente la scena di un atroce

delitto. Will ha la straordinaria capacità di immedesimarsi nei serial

killer, di entrare nelle loro menti attraverso una profonda empatia.

Il suo compito è ricostruire quanto è avvenuto, il come e il perché

di un omicidio. Alla fine dell’intensa osservazione la mente di Will

si sovrappone a quella del serial killer. Da qui la conclusione di ogni

ragionamento con una frase rituale: “This is my design”.

Il design in quanto ‘industrial design’, in questo caso, non c’en-

tra. Non ancora. Il design è qui una strategia, un’intenzione, una

procedura per il conseguimento di un risultato: è il disegno di un

1 La serie è basata sui romanzi di Thomas Harris e sviluppata per il network

statunitense NBC da Bryan Fuller.

la fecondità inventiva, il saper produrre eventi e oggetti concreti

traendoli dalle proprie forze, che è ignorato dal sistema produt-

roppo spesso i risultati concreti delle nostre

banalizzati,

riducendoli a una semplice misura di moneta che, chissà quando

Il pragmatismo o pragmaticismo progettuale, nato da Peirce,

può dare alla crisi del post-modernismo una risposta più soddisfa-

E può aiutarci a un atto di impegno per un’evoluzione umana,

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258 SU PEIRCE “

piamo infatti che è per via di continue interpretazioni che la mente

procede

grandi

organizziamo la nostra vita quotidiana e diamo forma all’

terpretativo e progettuale, e il pensiero progettuale come una disposi

zione della mente. L

mento di conclusione momentanea e di riavvio della semiosi, non può

essere immaginata senza il

di tale salto avremmo altre forme di interpretazione, come quelle che si

limitano a una decrittazione deduttiva o a una verifica induttiva.

do

relazione futuro-presente è triadica, mentre quella passato-presente è

solamente diadica (cfr

zione occupa la mente per la gran parte del tempo, se non altro perché

spesso legata alle sensazioni, alla risposta all’ambiente, alle percezioni,

all’azione inconsapevole, come da Peirce argomentato in

e abduzioneduzione è un’attività ineliminabile: pensiamo e agiamo a partire da ciò

di cui disponiamo

della scoperta di ciò di cui

sperimentalmente

e anche quando del tutto lucidamente calcolata, essa presenta pur

sempre un’apertura in grado di accogliere tanto il caso (serendipi

tà), quanto il meraviglioso (arte) e il libero gioco (musement).

modo anche una forma di

ne, come nell’irritazione

‘a riposo’, sia perché l’abduzione è una tensione verso un assente:

possibile,

generata dal travaglio della scelta, confortato forse solo dalla fiducia

nella forza logica di ciò che in

come

progettuale è quella “caccia al sapere” di chi ha il “desiderio della

scoperta” (CP 1.8; tr

piano d’azione. Will ricostruisce, attraverso l’indagine visuale,

quanto il serial killer avrebbe predisposto.

Ciò che noi spettatori però possiamo notare, è la duplice dire-

zione del pensiero abduttivo: il serial killer progetta ciò che dovrà

essere fatto, prepara le cause che produrranno effetti; Will osserva

le tracce di questi effetti e ne ricostruisce le cause. L’abduzione è

un’attività mentale che si volge verso ogni direzione, è sia composi-

zione sia ricomposizione. Davanti alla mente, ogni fatto – il surpri-sing fact, o la curious circumstance: ogni fatto che interessa la mente

e che per essa diventa rilevante – si presenta come segno di un fatto

ulteriore. Se un fatto ci sorprende è perché abbiamo necessità di

capire la ragione della sua esistenza, e questa ragione la possiamo

scoprire solo attraverso un altro fatto che lo interpreta.

Questa attività mentale e abduttiva – progettuale – in gran parte

concorda con la comune nozione di design, anche se in tale nozione

si trovano due vie spesso in contraddizione fra loro: da un lato, il

design come esempio di processo inventivo necessario alla soprav-

vivenza fisica e sociale (dal rifugio abitativo al cibo, dall’efficienza

degli strumenti di lavoro ai sistemi di comunicazione); dall’altro,

come progettazione esteticamente accurata e come strategia di fa-

scinazione per il consumo vistoso (Veblen 1899).

Il design di cui qui parlerò è, in primo luogo, la forma storica e

culturale che insieme ad altre ha dato corpo alla nostra disposizione

all’agire progettuale, e che nel tempo ha fornito agli artefatti – alle

“cose utili” di cui si parla nell’exergo – una dimensione di habit analoga a quella delle opinioni e delle credenze.

2. Il dono dell’abduzione

Il pensiero abduttivo e l’attitudine progettuale sono, per così di-

re, il vero dono che Adamo ed Eva ricevettero una volta cacciati

dall’Eden, insieme alle “tuniche di pelle” per coprire la nudità e

proteggersi dal freddo. È il dono di uno strumento per sopravvive-

re nell’ambiente, una volta diventati anche loro “bestie selvatiche”.

Il dono della progettualità, stando all’allegoria biblica, appartiene a

tutta la specie umana, come coscienza e consapevolezza dei nostri

limiti di fronte alla durezza del mondo-ambiente. Da Peirce sap-

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259CE “THIS IS MY DESIGN”

piamo infatti che è per via di continue interpretazioni che la mente

procede nella formazione di abiti, e abiti sono anche i piccoli o

grandi artefatti che accompagnano il nostro operare e attraverso cui

organizziamo la nostra vita quotidiana e diamo forma all’habitat.Proviamo allora a vedere l’abduzione soprattutto come schema in-

terpretativo e progettuale, e il pensiero progettuale come una disposi-

zione della mente. L’interpretazione, che vede nell’Interpretante il mo-

mento di conclusione momentanea e di riavvio della semiosi, non può

essere immaginata senza il salto abduttivo. O meglio, senza l’intervento

di tale salto avremmo altre forme di interpretazione, come quelle che si

limitano a una decrittazione deduttiva o a una verifica induttiva.

Se il pensiero è inferenziale, l’abduzione è l’unica inferenza in gra-

do di farlo procedere, di pensare all’“essere in futuro”, perché solo la

relazione futuro-presente è triadica, mentre quella passato-presente è

solamente diadica (cfr. CP 2.86). È anche per tale ragione che l’abdu-

zione occupa la mente per la gran parte del tempo, se non altro perché

spesso legata alle sensazioni, alla risposta all’ambiente, alle percezioni,

all’azione inconsapevole, come da Peirce argomentato in Pragmatismo e abduzione (CP 5.180-212; tr. it. Opere: 439-454). In altri termini, l’ab-

duzione è un’attività ineliminabile: pensiamo e agiamo a partire da ciò

di cui disponiamo ora; ma se pensiamo o agiamo, lo facciamo in vista

della scoperta di ciò di cui ancora non disponiamo.

Del resto, in quanto inferenza né meccanicamente condotta né

sperimentalmente controllata, l’abduzione è spesso inconsapevole;

e anche quando del tutto lucidamente calcolata, essa presenta pur

sempre un’apertura in grado di accogliere tanto il caso (serendipi-

tà), quanto il meraviglioso (arte) e il libero gioco (musement).

In quanto stato di ricerca permanente, l’abduzione è però a suo

modo anche una forma di inquietudine. Sia perché nell’abduzio-

ne, come nell’irritazione del dubbio, la mente non si trova affatto

‘a riposo’, sia perché l’abduzione è una tensione verso un assente:

possibile, ma ancora da raggiungere. Questa tensione è a sua volta

generata dal travaglio della scelta, confortato forse solo dalla fiducia

nella forza logica di ciò che in Il fissarsi della credenza Peirce indica

come metodo scientifico. Come nella scienza, infatti, la tensione

progettuale è quella “caccia al sapere” di chi ha il “desiderio della

scoperta” (CP 1.8; tr. it. Opere: 52).

ill ricostruisce, attraverso l’indagine visuale,

Ciò che noi spettatori però possiamo notare, è la duplice dire-

ciò che dovrà

ill osserva

’abduzione è

un’attività mentale che si volge verso ogni direzione, è sia composi-

surpri-: ogni fatto che interessa la mente

– si presenta come segno di un fatto

ulteriore. Se un fatto ci sorprende è perché abbiamo necessità di

possiamo

Questa attività mentale e abduttiva – progettuale – in gran parte

concorda con la comune nozione di design, anche se in tale nozione

si trovano due vie spesso in contraddizione fra loro: da un lato, il

design come esempio di processo inventivo necessario alla soprav-

vivenza fisica e sociale (dal rifugio abitativo al cibo, dall’efficienza

degli strumenti di lavoro ai sistemi di comunicazione); dall’altro,

come progettazione esteticamente accurata e come strategia di fa-

storica e

nostra disposizione

all’agire progettuale, e che nel tempo ha fornito agli artefatti – alle

habit

Il pensiero abduttivo e l’attitudine progettuale sono, per così di-

re, il vero dono che Adamo ed Eva ricevettero una volta cacciati

dall’Eden, insieme alle “tuniche di pelle” per coprire la nudità e

proteggersi dal freddo. È il dono di uno strumento per sopravvive-

re nell’ambiente, una volta diventati anche loro “bestie selvatiche”.

appartiene a

tutta la specie umana, come coscienza e consapevolezza dei nostri

limiti di fronte alla durezza del mondo-ambiente. Da Peirce sap-

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260 SU PEIRCE “

medium” (

per progettare

particolare,

intenzioni di Peirce, non mi pare azzardato dire che tale

è la nostra capacità di

figurazionila disciplina del design.

4. Un movimento oscillante

te della mente in ricerca, che sposta lo sguardo fra passato, presente

e futuro. Quando guarda verso il passato, la mente esplora le cause

o le origini (gli antecedenti) che hanno portato a un determinato

stato

dente. Quando guarda verso il futuro, invece, la mente immagina

il superamento di uno stato problematico. Non è alla ricerca di un

antecedente storico (ciò che

antecedente possibile (ciò che

tensione verso il futuro rende l’abduzione

2012). Nel primo caso il ragionamento abduttivo

sisenso

e

una

da

futura.

Figura 1. Retroduzione e abduzione progettuale.

3. Il tempo dell’abduzione

Ma perché il futuro? Ricordiamo che la formula dell’abduzione

comporta il procedere da un conseguente a un antecedente: da un

adesso a un prima. In questo senso, il termine etimologicamente più

appropriato sarebbe quello di retroduction, lo sguardo all’indietro,

termine cui Peirce ricorre in diverse occasioni.

Ma l’abduzione ha la propria forza proprio nello scalzare il resi-

duo di ‘temporalità’ proprio del ragionamento sillogistico canoni-

co. Nell’abduzione viene considerato innanzitutto ciò che percepia-

mo o di cui abbiamo esperienza (anche mentale); a partire da ciò,

quindi, andiamo alla ricerca di una motivazione che renda ragione

di tale esperienza.

La logica inferenziale del se… allora… nell’abduzione non segue

necessariamente la linea temporale; certamente non nell’abduzione

vista come schema interpretativo e progettuale. In generale, l’ante-

cedente logico dell’abduzione è tanto ciò che è stato quanto ciò che potrebbe essere. L’antecedente abduttivo è un esistente (non impor-

ta in quale tempo) correlato a un possibile (indipendentemente dal

suo essere realizzato o meno). A sua volta, il conseguente è sempre

ciò che ora mi spinge all’indagine.

La spiegazione dell’abduzione sfugge anche all’ordine gramma-

ticale. Il solo tempo verbale che può rendere conto del pensare ab-

duttivamente è il futuro anteriore – non a caso un ossimoro –, la for-

ma verbale che indica eventi che, pur considerati come compiuti, si

trovano nell’ambito del possibile o dell’incerto.

Questa inversione temporale – o meglio la reciproca interpretan-

za fra passato e futuro – è un carattere ineliminabile dell’abduzione:

“Dire che il futuro non influisce sul presente è una teoria insoste-

nibile. È come dire che non vi sono cause finali, o fini. Il mondo

organico è pieno di smentite di questa affermazione. L’azione deter-

minata dalla causa finale costituisce infatti l’evoluzione” (CP 2.86;

tr. it. Opere: 119).

Tuttavia, in quale maniera il futuro ha influenza sul presente?

Peirce risponde poco dopo: “Ma è vero che il futuro non influi-

sce sul presente nel modo diretto, dualistico, secondo cui il passato

influisce sul presente. Si richiede un meccanismo [machinery], un

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261CE “THIS IS MY DESIGN”

medium” (ibidem). Se l’idea del futuro guida le azioni nel presente,

per progettare le azioni future abbiamo bisogno di una machinery

particolare, di una forma di mediazione. Anche se non era nelle

intenzioni di Peirce, non mi pare azzardato dire che tale machinery

è la nostra capacità di allestire progetti, la capacità di produrre pre-figurazioni del possibile. Ciò che appunto è, o che dovrebbe essere,

la disciplina del design.

4. Un movimento oscillante

L’abduzione può essere allora vista come un movimento oscillan-

te della mente in ricerca, che sposta lo sguardo fra passato, presente

e futuro. Quando guarda verso il passato, la mente esplora le cause

o le origini (gli antecedenti) che hanno portato a un determinato

stato di cose, il quale si presenta come fatto singolare e sorpren-

dente. Quando guarda verso il futuro, invece, la mente immagina

il superamento di uno stato problematico. Non è alla ricerca di un

antecedente storico (ciò che non può non essere stato), ma di un

antecedente possibile (ciò che può essere).

Se così la retroduzione rimarca lo sguardo verso il passato, la

tensione verso il futuro rende l’abduzione progettuale (cfr. Zingale

2012). Nel primo caso il ragionamento abduttivo presume in ipote-si l’antecedente possibile: è un atto di ‘presunzione’, non solo nel

senso della congettura, ma anche in quello della fiducia in se stessi

e nella capacità di vedere giusto. Nel secondo caso l’abduzione è

una ‘assunzione’ di responsabilità: perché accetta l’onere della sfi-

da e perché su ciò che assume in ipotesi proietta la propria azione

futura.

Possiamo visualizzare in un grafo questo movimento oscillante:

Figura 1. Retroduzione e abduzione progettuale.

Ma perché il futuro? Ricordiamo che la formula dell’abduzione

comporta il procedere da un conseguente a un antecedente: da un

etimologicamente più

, lo sguardo all’indietro,

Ma l’abduzione ha la propria forza proprio nello scalzare il resi-

duo di ‘temporalità’ proprio del ragionamento sillogistico canoni-

ciò che percepia-

mo o di cui abbiamo esperienza (anche mentale); a partire da ciò,

ragione

nell’abduzione non segue

nell’abduzione

vista come schema interpretativo e progettuale. In generale, l’ante-

ciò che impor-

(indipendentemente dal

suo essere realizzato o meno). A sua volta, il conseguente è sempre

La spiegazione dell’abduzione sfugge anche all’ordine gramma-

ticale. Il solo tempo verbale che può rendere conto del pensare ab-

– non a caso un ossimoro –, la for-

ma verbale che indica eventi che, pur considerati come compiuti, si

Questa inversione temporale – o meglio la reciproca interpretan-

za fra passato e futuro – è un carattere ineliminabile dell’abduzione:

insoste-

nibile. È come dire che non vi sono cause finali, o fini. Il mondo

’azione deter-

minata dalla causa finale costituisce infatti l’evoluzione” (CP 2.86;

uttavia, in quale maniera il futuro ha influenza sul presente?

Peirce risponde poco dopo: “Ma è vero che il futuro non influi-

sce sul presente nel modo diretto, dualistico, secondo cui il passato

un

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262 SU PEIRCE “

cosa produrre e che cosa no. Se poi concordiamo nel ritenere, come

abbiamo detto, che i beni di consumo sono

questi

tere

(CP 5.487; tr

di rendere la nostra vita più agevole, una volta immessi nel circuito

socio-culturale, non sono affatto oggetti neutri, opere da contem

plare; sono dei quasi-soggetti

di

sistemi culturali e valoriali. Gli artefatti sono ‘organismi semiotici’

in grado di condizionare le nostre rappresentazioni mentali: gusti e

credenze, giudizi e pregiudizi, modi di pensare e di agire.

cita nella massima pragmatica, perché gli effetti della concezione

di ogni oggetto sono implicati nella sua 

cezione di un qualsiasi 

la possibilità dei suoi effetti. Detto altrimenti, è la considerazione

degli effetti di un oggetto (conseguente), e delle loro conseguenze

pratiche, che ci porta alla totalità della 

tecedente). È quindi solo attraverso l’immaginazione progettuale

di

ossia di un artefatto che comporti, inferenzialmente, quegli effetti

posizione

nostra concezione: ogni

e prepara altri. Ciò che concepiamo – una teoria così come una

nuova lampada o un vestito – non è mai solamente

ma soprattutto

grado di determinare.

attività che contribuisce alla forma della cultura, allora esso non

può non dirsi pragmatista, perché fra ambiente e cultura (la qua

le comprende la produzione di beni) vi è un rapporto di recipro

ca

nostre relazioni con l’ambiente; l’ambiente, l’

Considerato nella progettualità, quando punta verso un fatto,

lo sguardo abduttivo coglie in esso il passaggio che permette di

transitare verso un altro fatto. Come in uno dei casi di serendi-

pità maggiormente noti, quello dell’invenzione della penna Biro,

idea che (si narra) venne in mente a László József Bíró alla i-

ne degli anni Trenta del Novecento, dopo aver osservato alcuni

bambini giocare a biglie sulla strada – e le biglie lasciare una scia

bagnata dopo essere transitate per una pozzanghera. Ma, come

direbbe Louis Pasteur, l’abduzione richiede non solo capacità di

osservazione – o percezione orientata –  ma anche una “mente

preparata”. Una mente già impegnata in uno sforzo di ricerca.

Una mente che sa di cercare anche se non sa che cosa può trovare.

Bíró sapeva di cercare un tipo di penna che non lasciasse macchie

sul foglio, come avveniva con le costose stilograiche; osservando

quei ragazzi giocare riuscì a concepire come sarebbe stato ciò che

stava cercando.

5. Concepibile

Per inquadrare meglio la vitalità del pensiero abduttivo, e acco-

starla alla progettualità, non possiamo non far entrare in scena la

massima pragmatica del 1878, dove in forma di verbo, sostantivo

e avverbio, l’idea del concepire (to conceive) vi appare ben cinque

volte in poche righe. E se i sinonimi sono interpretanti che, nell’in-

sieme, deiniscono il senso di un termine, ecco che cosa vuol dire

‘concepire’: pensare, comprendere, intendere, ideare, immaginare, creare, generare, inventare, progettare.

Ciò mi spinge a tre osservazioni. La prima: che nella concezione

del pragmatismo l’idea del progetto sia già presente, incorporata.

Abduzione e pragmatismo sono necessari al design. Non solo per-

ché possono aiutare a guidare il processo progettuale – come me-

todo procedurale e come stimolo inventivo –, ma anche perché il

design ha sempre più una responsabilità sociale e una dimensione

che non possiamo non chiamare ‘politica’. Ciò che si progetta non

sono solamente le cose, ma soprattutto le conseguenze delle cose. Si

pensi, ad esempio, all’incidenza dei mezzi e delle forme di comuni-

cazione nella ricerca del consenso; o agli indirizzi strategici su che

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263CE “THIS IS MY DESIGN”

cosa produrre e che cosa no. Se poi concordiamo nel ritenere, come

abbiamo detto, che i beni di consumo sono habits, allora anche di

questi beni possiamo dire che si tratta di abiti che “avranno il po-

tere di inluenzare il comportamento effettivo nel mondo esterno”

(CP 5.487; tr. it. Opere: 270).

Gli artefatti, i prodotti e gli strumenti attraverso cui cerchiamo

di rendere la nostra vita più agevole, una volta immessi nel circuito

socio-culturale, non sono affatto oggetti neutri, opere da contem-

plare; sono dei quasi-soggetti che si comportano come trasmettitori

di valori e in quanto tali danno forma, in the long run, ai nostri

sistemi culturali e valoriali. Gli artefatti sono ‘organismi semiotici’

in grado di condizionare le nostre rappresentazioni mentali: gusti e

credenze, giudizi e pregiudizi, modi di pensare e di agire.

La seconda osservazione invita a vedere l’abduzione come impli-

cita nella massima pragmatica, perché gli effetti della concezione

di ogni oggetto sono implicati nella sua stessa concezione. La con-

cezione di un qualsiasi oggetto comporta anche la concezione del-

la possibilità dei suoi effetti. Detto altrimenti, è la considerazione

degli effetti di un oggetto (conseguente), e delle loro conseguenze

pratiche, che ci porta alla totalità della concezione dell’oggetto (an-

tecedente). È quindi solo attraverso l’immaginazione progettuale

di un effetto che possiamo arrivare alla concezione di un oggetto,

ossia di un artefatto che comporti, inferenzialmente, quegli effetti

– come fra l’altro insegnava Edgar Allan Poe in Filosofia della com-posizione (cfr. Bonfantini e Terenzi 2004).

La terza osservazione riguarda l’apertura interpretativa di ogni

nostra concezione: ogni oggetto della nostra concezione ne prevede

e prepara altri. Ciò che concepiamo – una teoria così come una

nuova lampada o un vestito – non è mai solamente ciò che è oggi, ma soprattutto ciò che sarà d’ora in poi, e ciò che d’ora in poi sarà in

grado di determinare.

Torniamo allora al design. Per osservare che se lo si intende come

attività che contribuisce alla forma della cultura, allora esso non

può non dirsi pragmatista, perché fra ambiente e cultura (la qua-

le comprende la produzione di beni) vi è un rapporto di recipro-

ca consequenzialità: la cultura è la conseguenza dell’insieme delle

nostre relazioni con l’ambiente; l’ambiente, l’habitat, è a sua volta

fatto,

lo sguardo abduttivo coglie in esso il passaggio che permette di

fatto. Come in uno dei casi di serendi-

dell’invenzione della penna Biro,

idea che (si narra) venne in mente a László József Bíró alla i-

renta del Novecento, dopo aver osservato alcuni

bambini giocare a biglie sulla strada – e le biglie lasciare una scia

bagnata dopo essere transitate per una pozzanghera. Ma, come

, l’abduzione richiede non solo capacità di

ma anche una “mente

preparata”. Una mente già impegnata in uno sforzo di ricerca.

può trovare.

Bíró sapeva di cercare un tipo di penna che non lasciasse macchie

sul foglio, come avveniva con le costose stilograiche; osservando

ciò che

Per inquadrare meglio la vitalità del pensiero abduttivo, e acco-

starla alla progettualità, non possiamo non far entrare in scena la

massima pragmatica del 1878, dove in forma di verbo, sostantivo

) vi appare ben cinque

che, nell’in-

vuol dire

immaginare,

concezione

del pragmatismo l’idea del progetto sia già presente, incorporata.

per-

ché possono aiutare a guidare il processo progettuale – come me-

todo procedurale e come stimolo inventivo –, ma anche perché il

dimensione

che non possiamo non chiamare ‘politica’. Ciò che si progetta non

. Si

pensi, ad esempio, all’incidenza dei mezzi e delle forme di comuni-

cazione nella ricerca del consenso; o agli indirizzi strategici su che

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264 SU PEIRCE “

ce

fattoa sé un ossimoro: la presenta di un’assenza. Un fatto che produce

insoddisfazione o disagio. In generale, un problema. Se così la se

miosi

progettualità prende avvio da un Oggetto problematico.

7. L

l’occasione materiale che avvia l’abduzione. Il problema è la ‘realtà’

da cui ogni progetto prende le mosse. Il problema è l’Oggetto dina

mico di ogni processo progettuale (cfr

dove processo semiosico e inferenza

non escludendo dalla semiosi altre forme inferenziali né altri per

corsi di produzione del senso. Il triangolo dell’abduzione proget

tuale si presenta così:

Figura 2. T

problematico,

del Representamen dalla Prefigurazione, ossia da una mediazione

segnica (la

viamo l’Artefatto interpretante, collocato in un tempo indetermina

to e in una realtà possibile.

le

via via modellato dalla presenza della nostra azione semiosica sul

mondo.

6. La montagna di Cézanne

Ma da dove prende le mosse l’inventiva progettuale? Diciamo

che il percorso dell’abduzione ha il suo punto di origine non solo in

un conseguente o percepito (il fatto sorprendente), ma nel fatto che

tale conseguente si presenti – così come accade per l’icona – come

una possibilità, la quale a sua volta viene colta dalla mente a partire

dalla sensazione o percezione di una qualità.

Voglio allora portare un aspetto dell’arte di Paul Cézanne quale

esempio che riguarda la progettualità in senso ampio e che ci porta

direttamente sul tracciato dell’invenzione artistica: quello che dalla

qualità (primità), passando per una esperienza singolare (secondi-

tà), conduce verso ciò che oggi chiamiamo produzione testuale e

artefattuale (terzità). Questo percorso a mio avviso, almeno nelle

arti e nel design, ossia in contesti dove la sostanza dell’espressione

(à la Hjelmslev) è decisiva, non può essere altrimenti. Anche nei ca-

si in cui una terzità interpreta un’altra terzità (ad esempio in opere

transtestuali), il ritorno alla qualità (e la ripartenza dalla primità) è

obbligato.

Cézanne dipinse decine di volte la montagna Sainte-Victoire, da

diverse posizioni e in diverse condizioni atmosferiche. “Ho bisogno

di conoscere la geologia, come la Sainte-Victoire si radica – diceva al

poeta e critico d’arte Joachim Gasquet –, il colore geologico delle terre,

tutto ciò mi commuove, mi rende migliore” (Doran 1978: 124). Senza

l’interesse per queste due qualità – morfologia e colore –, forse non

avremmo avuto gran parte della pittura di Cézanne.

Così come Peirce individua nella lotta e nella ricerca il guado che

permette di passare dal dubbio alla credenza, Cézanne individua

nei limiti della visione il suo proprio dubbio, la propria inquietudi-

ne intellettuale, che diventa la ragione della sua pittura. E ritorna a

guardare, ossessivamente, quella montagna, i suoi caratteri, la luce

e la pietra; per poi ogni volta riprendere l’ostinata ricerca di una

rappresentazione in grado di interpretare al meglio ciò che osser-

vava.

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265CE “THIS IS MY DESIGN”

Il caso dell’insoddisfazione di Cézanne ci dice che ciò che Peir-

ce ha chiamato fatto sorprendente può presentarsi anche come un

fatto mancante. L’occhio progettuale è quello che scorge davanti

a sé un ossimoro: la presenta di un’assenza. Un fatto che produce

insoddisfazione o disagio. In generale, un problema. Se così la se-

miosi prende avvio da un Oggetto dinamico, potremmo dire che la

progettualità prende avvio da un Oggetto problematico.

7. L’oggetto-problema

Non vi è infatti abduzione se non vi è un problema, il quale è

l’occasione materiale che avvia l’abduzione. Il problema è la ‘realtà’

da cui ogni progetto prende le mosse. Il problema è l’Oggetto dina-

mico di ogni processo progettuale (cfr. Zingale 2012).

Azzardo così una reinterpretazione del triangolo della semiosi,

dove processo semiosico e inferenza abduttiva coincidono – pur

non escludendo dalla semiosi altre forme inferenziali né altri per-

corsi di produzione del senso. Il triangolo dell’abduzione proget-

tuale si presenta così:

Figura 2. Triangolo dell’abduzione progettuale.

La posizione dell’Oggetto dinamico è occupata dall’Oggetto

problematico, percepito nel tempo della realtà attuale; la posizione

del Representamen dalla Prefigurazione, ossia da una mediazione

segnica (la machinery); infine, nella posizione dell’Interpretante tro-

viamo l’Artefatto interpretante, collocato in un tempo indetermina-

to e in una realtà possibile.

In ogni attività progettuale vi è così una realtà attuale – o effettua-le – che preme in quanto problema riscontrato nel mondo-ambien-

via via modellato dalla presenza della nostra azione semiosica sul

Diciamo

origine non solo in

un conseguente o percepito (il fatto sorprendente), ma nel fatto che

tale conseguente si presenti – così come accade per l’icona – come

, la quale a sua volta viene colta dalla mente a partire

oglio allora portare un aspetto dell’arte di Paul Cézanne quale

esempio che riguarda la progettualità in senso ampio e che ci porta

direttamente sul tracciato dell’invenzione artistica: quello che dalla

singolare (secondi-

tà), conduce verso ciò che oggi chiamiamo produzione testuale e

artefattuale (terzità). Questo percorso a mio avviso, almeno nelle

arti e nel design, ossia in contesti dove la sostanza dell’espressione

Hjelmslev) è decisiva, non può essere altrimenti. Anche nei ca-

si in cui una terzità interpreta un’altra terzità (ad esempio in opere

transtestuali), il ritorno alla qualità (e la ripartenza dalla primità) è

ictoire, da

diverse posizioni e in diverse condizioni atmosferiche. “Ho bisogno

ictoire si radica – diceva al

poeta e critico d’arte Joachim Gasquet –, il colore geologico delle terre,

tutto ciò mi commuove, mi rende migliore” (Doran 1978: 124). Senza

l’interesse per queste due qualità – morfologia e colore –, forse non

il guado che

permette di passare dal dubbio alla credenza, Cézanne individua

nei limiti della visione il suo proprio dubbio, la propria inquietudi-

ne intellettuale, che diventa la ragione della sua pittura. E ritorna a

quella montagna, i suoi caratteri, la luce

e la pietra; per poi ogni volta riprendere l’ostinata ricerca di una

rappresentazione in grado di interpretare al meglio ciò che osser-

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266 SU PEIRCE “

dente della nostra cognizione, può anche essere messo in crisi o in moto da

fattori a essa esterni. Del resto, la credenza è un abito che “come altri

abiti se

qualche sorpresa che dà principio alla sua dissoluzione” (CP 5.417;

tr

nel bel mezzo di un altro programma. Come un

mettersi di traverso, provocare una frattura); o appunto come un

blema

L

do dell’esperienza e delle mere relazioni –, ossia dello scontro duro

e

di

di

volta

ged steam whistle” (EP2: 4). Questo esempio di Peirce, ripreso con

variazione anche in una lettera a Lady W

novella di Luigi Pirandello

racconta di come un frammento del reale, un fischio di treno, ir

rompe in una coscienza “circoscritta”, svegliandola e aprendo oriz

zonti e immaginazione. Facendo così finalmente iniziare un nuovo

progetto di vita.

8. Conclusione: l’abduzione sospesa

soprattutto quando un pezzo di realtà si presenta per farci vedere

ciò che manca; per farci notare dove sta l’anomalia.

realtà. Se non altro perché il design non può non partire dalla co

scienza

è stato storicamente prodotto. Non si tratta del passaggio dall’im

perfezione mondana a una perfezione ideale. Si tratta di vedere lo

sviluppo della storia culturale – e del design quale arte delle ‘cose

utili’ – come un continuo tendere verso una consonanza fra biso

gni e mezzi di soddisfazione. Si tratta cioè di trarre le conseguenze

te, per trasformarsi poi in una realtà possibile quale frutto interpre-

tante della prefigurazione.

La prefigurazione, come già accennato, è qui intesa come il mec-

canismo mediatore che Peirce auspica per spiegare l’influenza (tria-

dica) del futuro sul presente. Prefigurare significa porre una figura

davanti a sé – tenendo conto che ‘figura’ deriva da fingere, e cioè

plasmare e formare, come nelle arti visive. Prefigurare è fingere una

scena: è il come se. La prefigurazione è un modello di ciò che po-

trebbe essere e non è impossibile che sia: è il may-be. E se togliamo

il trattino, may-be diventa maybe: il ‘forse è così’, che è la conclusio-

ne ipotetica e incerta di ogni abduzione.

Ma come abbiamo detto, la mente non inizia a prefigurare nulla,

nessun segno interpretante, se non sollecitata – svegliata – da un

problema che ne intralcia il cammino. Che si tratti di avvertire il

problema per via emotiva (timore, speranza, incredulità) o in ma-

niera deliberata e controllata (consapevolezza, criticità, decisione)

non fa differenza. In Pragmatismo e abduzione (1903) Peirce si sof-

ferma in modo specifico sulle connessioni fra percezione, giudizio

percettivo e abduzione; e con questo anche fra i diversi livelli di

‘avvio’ dell’interpretazione abduttiva: da ciò che si trova “sotto la

soglia di percepibilità” fino a ciò che è sorretto da “sistemi adeguati

di interpretazione” (CP 5.185; tr. it. Opere: 441).

Per l’attività progettuale è indifferente a quale livello si trovi il

problema. O meglio, ogni differente livello in cui un problema viene

individuato comporta risposte progettuali differenti. In questo sen-

so, ad esempio, la psicoanalisi, in quanto procedura di mediazione

che individua i problemi nella profondità della psiche, prevede an-

ch’essa un impianto progettuale: il progetto della felicità psichica.

Così come progettuali sono le scienze cognitive e organizzative che

cercano di ridurre i rischi di infortuni sul lavoro e altre catastrofi

maggiori, scienze che individuano le situazioni problematiche in

alti livelli di terzità (ossia di sistemi già a loro volta progettati).

Ciò mi spinge a dire che un fatto – oggetto, evento, condizione – è

sorprendente non solo perché contraddice un’aspettativa, ma anche

perché si presenta come un incidente fra due o più procedure abituali

opposte o in collisione. L’incidente può essere doloroso, ma anche

virtuoso (si pensi alla serendipità, che non esisterebbe senza un acci-

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267CE “THIS IS MY DESIGN”

dente fortuito). L’abito, cioè, non solo può essere mutato dall’interno

della nostra cognizione, può anche essere messo in crisi o in moto da

fattori a essa esterni. Del resto, la credenza è un abito che “come altri

abiti se ne sta perfettamente soddisfatto di sé sino a quando incontra

qualche sorpresa che dà principio alla sua dissoluzione” (CP 5.417;

tr. it. Opere: 404). Come se un programma si inserisse obliquamente

nel bel mezzo di un altro programma. Come un diavolo (dia-bàllein,

mettersi di traverso, provocare una frattura); o appunto come un pro-blema (pro-bàllein, mettersi davanti, impedire il cammino).

Non si tratta solo di metafore che si appoggiano all’etimologia.

L’irruzione della ‘forza bruta’ – come spesso Peirce chiama il mon-

do dell’esperienza e delle mere relazioni –, ossia dello scontro duro

e costrittivo con le cose, è ciò che obbliga la mente all’elaborazione

di azioni di risposta, di strategie di sopravvivenza: all’elaborazione

di una reazione, come avviene al sognatore di What is a Sign? una

volta che nel suo stato di pure feeling irrompe “a loud and prolon-

ged steam whistle” (EP2: 4). Questo esempio di Peirce, ripreso con

variazione anche in una lettera a Lady Welby del 1904, ricorda la

novella di Luigi Pirandello Il treno ha fischiato, del 1914, dove si

racconta di come un frammento del reale, un fischio di treno, ir-

rompe in una coscienza “circoscritta”, svegliandola e aprendo oriz-

zonti e immaginazione. Facendo così finalmente iniziare un nuovo

progetto di vita.

8. Conclusione: l’abduzione sospesa

L’allegoria pirandelliana sembra suggerire che si ha progettualità

soprattutto quando un pezzo di realtà si presenta per farci vedere

ciò che manca; per farci notare dove sta l’anomalia.

Anche la progettualità del design necessita di un’irruzione di

realtà. Se non altro perché il design non può non partire dalla co-

scienza dell’inadeguatezza del mondo artefattuale così come esso

è stato storicamente prodotto. Non si tratta del passaggio dall’im-

perfezione mondana a una perfezione ideale. Si tratta di vedere lo

sviluppo della storia culturale – e del design quale arte delle ‘cose

utili’ – come un continuo tendere verso una consonanza fra biso-

gni e mezzi di soddisfazione. Si tratta cioè di trarre le conseguenze

quale frutto interpre-

La prefigurazione, come già accennato, è qui intesa come il mec-

canismo mediatore che Peirce auspica per spiegare l’influenza (tria-

figura

, e cioè

, come nelle arti visive. Prefigurare è fingere una

po-

togliamo

: il ‘forse è così’, che è la conclusio-

prefigurare nulla,

nessun segno interpretante, se non sollecitata – svegliata – da un

problema che ne intralcia il cammino. Che si tratti di avvertire il

ma-

niera deliberata e controllata (consapevolezza, criticità, decisione)

(1903) Peirce si sof-

ferma in modo specifico sulle connessioni fra percezione, giudizio

anche fra i diversi livelli di

“sotto la

soglia di percepibilità” fino a ciò che è sorretto da “sistemi adeguati

Per l’attività progettuale è indifferente a quale livello si trovi il

problema. O meglio, ogni differente livello in cui un problema viene

individuato comporta risposte progettuali differenti. In questo sen-

mediazione

che individua i problemi nella profondità della psiche, prevede an-

ch’essa un impianto progettuale: il progetto della felicità psichica.

Così come progettuali sono le scienze cognitive e organizzative che

cercano di ridurre i rischi di infortuni sul lavoro e altre catastrofi

maggiori, scienze che individuano le situazioni problematiche in

Ciò mi spinge a dire che un fatto – oggetto, evento, condizione – è

sorprendente non solo perché contraddice un’aspettativa, ma anche

fra due o più procedure abituali

’incidente può essere doloroso, ma anche

acci-

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268 SU PEIRCE

MP

1. Perché neo-peirceano

commentandolo, discutendolo, spiegandolo a lezione, il mio dialo

go con il suo pensiero si è andato a poco a poco ordinando intorno

a una trama unitaria d’interpretazione.

ture che altri non condivideranno, o addirittura caratteri che altri

non riconosceranno. Ma contiene anche una tesi che, magari con

diverse formulazioni, ritengo molto diffusa e quasi ovvia.

to da sei nuclei fondamentali: da sei princìpi-guida che si coinvolgo

no l’uno con l’altro in vario modo e in

si come fili di una fune che connettendosi come anelli di una catena.

quasi tutti i conoscitori di Peirce saranno d’accordo che almeno i

sei seguenti sono princìpi-guida fondamentali per gli sviluppi del

suo pensiero: nuclei che troviamo,

temente presenti al fondo della sua riflessione matura.

ca come teoria generale del ragionamento ovvero dell’inferire;

concezione del processo cognitivo e del processo psichico in generale

come processo segnico, come semiosi;

e

verità come necessariamente approssimata;

tegorie quali princìpi ordinatori dell’universa esperienza;

pragmatica, che raccomanda di interpretare ogni concetto in termini di

della metafora peirceana della credenza quale semicadenza, la quale

“chiude una frase musicale nella sinfonia della nostra vita intellet-

tuale” (CP 5.397; tr. it. Opere: 382). La semicadenza, detta anche

cadenza sospesa, non conclude mai un brano; se il pensiero si trova

“per un momento a riposo”, è solo per una sosta temporanea, per-

ché ogni credenza “è anche un nuovo punto di partenza per il pen-

siero” (ibidem). Il fulcro della semiosi è pur sempre l’Interpretante:

momento di approdo e insieme di ripartenza.

Anche nell’abduzione c’è quindi qualcosa di ‘sospeso’. O qual-

cosa che ci lascia sospesi: tra l’affanno della ricerca e l’euforia della

scoperta. In mezzo c’è l’“oscuro travaglio” della prefigurazione, il

“primo stadio dell’indagine”:

L’intera serie di esecuzioni mentali comprese tra l’osservazione del fe-

nomeno straordinario e l’accettazione dell’ipotesi, durante le quali l’intel-

letto, solitamente docile, sembra non rispondere più alle briglie e averci

alla sua mercé, la ricerca di circostanze pertinenti e la loro scoperta, a

volte senza che ce ne rendiamo conto, l’esame di esse, l’oscuro travaglio,

l’esplodere improvviso della congettura inattesa, il rendersi conto che si

adatta con precisione all’anomalia, mentre la si rigira avanti e indietro co-

me una chiave nella serratura, e la stima finale della sua Plausibilità; credo

che tutto ciò componga il Primo Stadio dell’Indagine (CP 6.469; tr. it.

Opere: 1246).

Per questo è bene proseguire nell’esplorazione dello spazio

dell’abduzione. Perché è vero che l’abduzione inquieta, ma è anche

vero che tiene svegli. Perché è l’unico modo che conosciamo per

comporre e ricomporre il nostro mondo. This is our design.

0050.testo1.indd 268 9/1/2015 10:21:40 AM

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