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IDONEITA' ALBERGHIERO LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI - Origini della Ristorazione - Manuale della Prassi Igienica - Confezionamento Sottovuoto - Sterilizzazione - Reparti di Cucina - Il Servizio - Il Bar - Le Catene e i Gruppi - La Brigata di Cucina - La Divisa di Cucina - Le Attrezzature di Cucina - Verdure e Tecniche di Taglio - Alimentazione Sana

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IDONEITA' ALBERGHIERO

LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI

- Origini della Ristorazione - Manuale della Prassi Igienica - Confezionamento Sottovuoto - Sterilizzazione - Reparti di Cucina - Il Servizio - Il Bar - Le Catene e i Gruppi - La Brigata di Cucina - La Divisa di Cucina - Le Attrezzature di Cucina - Verdure e Tecniche di Taglio - Alimentazione Sana

STORIA ORIGINI DELLA RISTORAZIONE    

Nascita e diffusione della ristorazione

Il consumo pubblico di cibo è sempre stato al tempo stesso un fatto privato (mangiare) e un evento collettivo (socializzare). L'atmosfera che si crea induce a scambiare qualche parola con chi è prossimo, creando rapporti interpersonali influenzati dal genere di strutture ricettiva dove il cibo viene offerto (chioschetto, taverna, osteria, ristorante).

Oggi, uno dei locali di ristorazione più diffusi è il ristorante, cioè un'ambiente dove ci si può mettere a tavola per mangiare fuori casa a pagamento, nel peggiore dei casi accontentandosi di quello che c'è (anche se talvolta può passare qualcosa di buono ... ) o, nel migliore, vivendo un momento d'intensa creazione artistica.

Più in generale, la situazione è una via di mezzo che unisce in proporzioni variabili l'utile al dilettevole, la qualità alla modicità del prezzo.

L'origine del ristorante nella cucina fatta in strada

Le radici della ristorazione risalgono ai confini fra la preistoria e la storia. Questo servizio è nato con i mercati e le fiere che obbligavano contadini e artigiani a lasciare la loro casa per uno o più giorni, e a nutrirsi mentre stringevano o mantenevano relazioni sociali d'amicizia o d'affari.

Il servizio dell'offerta di questo genere di cucina è cresciuto e si è diversificato allo stesso ritmo dell'urbanizzazione, a cui è rimasto legato. Il mangiare fuori casa, già diffuso presso i Romani, nelle epoche successive divenne sempre più importante presso le classi popolari urbane. Chi viveva in città aveva l'esigenza di alimentarsi comprando cibi cucinati nei locali pubblici o presso i venditori ambulanti.

Alcuni esempi dei più celebri cibi tradizionali italiani cucinati per strada sono: arancine siciliane, frutti di mare crudi pugliesi, olive all'ascolana, piadina romagnola, focacce liguri, porchetta romana.

Nascita del ristorante moderno

E' stata la Francia la patria di nascita dei «ristoranti». Il fatto risale alla fine del XVIII secolo. Se si eccettuano le locande destinate ai viaggiatori e le cucine di strada,

dov'era possibile farsi servire un pasto fuori casa nell'Europa dell'epoca? Essenzialmente negli spacci di bevande alcoliche (tipo osterie o taverne) che, oltre al vino e alla birra oggetto principale del loro commercio, si preoccupavano di proporre piatti semplici e a buon mercato, preparati sul posto o portati da una bottega di generi alimentari vicina.

Tutti questi esercizi, destinati a una convivialità rumorosa, spesso sconveniente e talvolta litigiosa, servono più cibi di stile «plebeo» che piatti elaborati. Per bere e incontrare gli amici in un ambiente raffinato, bisogna andare al caffè, genere di ritrovo nato nel secolo precedente.

Il caso Boulanger

E' verso il 1765, che un certo Boulanger, detto «Champ d'Oiseaux» o «Chantoiseau», apre una bottega nei pressi del Louvre. Vende dei «ristoranti» o «brodi ristoranti», cioè dei consommé a base di carne adatti a ristorare le forze indebolite. Dalla fine del Medioevo, la parola «ristorante» sta a indicare quei ricchi brodi nella cui composizione entrano pollame, manzo, diverse radici, cipolle, erbe e, a seconda delle ricette, spezie, zucchero candito, pane abbrustolito o orzo, burro, oltre a ingredienti dall'apparenza insolita come petali di rosa secchi, uva di Damasco, ambra e così via.

Per attirare la clientela, Boulanger fa dipingere sulla facciata del suo locale questa massima evangelica di Matteo (11, 28)

“Venite ad me omnes qui stomacho laboratis et ego vos restaurabo” ossia

Venite a me, tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

Ma non si accontenta di servire del brodo; prepara anche piedi di montone in salsa bianca, intaccando in tal modo il monopolio della corporazione dei trattori. Questi gli intentano immediatamente un processo, alla fine del quale, contro ogni aspettativa, un giudice del Parlamento di Parigi dà ragione a Boulanger: segnale di crisi per le corporazioni che non tarderanno a sparire nel vortice della tempesta rivoluzionaria, ma gesto d'incoraggiamento per una nuova professione che ne avvertiva fortemente il bisogno.

Da quel momento, grazie alla maggiore accuratezza del servizio e alla celebrità raggiunta, a Boulanger si aprono le porte del successo. In una lettera indirizzata a Sophie Volland, Diderot ne da questo giudizio: «Uscivo […] per andare a cena dal ristoratore di rue des Poulies; vi si mangia bene, ma a caro prezzo».

Diffusione del concetto “ristorante”

Negli anni che precedono la Rivoluzione francese, si moltiplicano le trattorie ristorative che servono, suddivisi in porzioni, piatti raffinati, non più su un tavolo comune, ma su piccoli tavoli ricoperti da tovaglie, individuali o riservati a un gruppo di clienti già formato.

Già nel 1782 Antoine Beauvilliers, lasciato il servizio del conte di Provenza - futuro Luigi XVIII - apre in rue de Richelieu, un ristorante all'insegna della Grande Taverne de Londres. Beauvilliers riconosceva i clienti e li chiamava per nome, rivolgendosi a quelli stranieri nella loro lingua e piroettando per la sala con una spada al fianco. I prezzi che praticava erano proporzionati ai suoi molti talenti.

Brillat-Savarin scrive di lui:

«[Fu] per quindici anni il più grande ristoratore di Parigi. [ ... ] Fu il primo ad avere una sala elegante, dei camerieri ben vestiti, una cantina curata e una cucina superiore [. . .] e sembrava che dedicasse ai suoi ospiti un'attenzione del tutto speciale».

È il sopraggiunge della Rivoluzione che fa la fortuna del concetto di ristorante. Un certo numero di buoni cuochi della corte e della nobiltà perdono i loro padroni, fuggiti all'estero o ghigliottinati. Così, alcuni di questi professionisti si riciclano mettendosi in proprio offrendo da mangiare alla nuova classe dirigente. Gli avventori sono i deputati di provincia presenti a Parigi, che nei pressi del luogo in cui si riuniscono, trovano i piaceri del palato e di tutte le comodità, comprese le più prosaiche. È stato perciò la Rivoluzione a permettere all'alta cucina di uscire dall'ambiente della corte.

I ristoranti, dal centinaio che erano, diventano 500 o 600 sotto l'impero e 3.000 durante la Restaurazione.

Grimod de la Reynière scrive nel 1804 nel suo Almanach des gourmands:

«il cuore della maggior parte dei parigini ricchi si è tutt'a un tratto trasformato in ventriglio [. . .] di conseguenza non c'è nessuna città al mondo in cui i commercianti di prodotti commestibili siano aumentati così vertiginosamente. A Parigi si contano cento ristoranti per un libraio».

Durante tutto il XIX secolo, il livello complessivo degli esercizi dov'è possibile mangiare migliora sensibilmente, anche se sopravvivono diversi rivenditori di avanzi.

La raffinatezza delle vecchie case aristocratiche, si ritrova nei ristoranti di lusso dei grandi boulevards a Parigi. Qui vengono realizzate le ricette elaborate e codificate da Antonin Careme, il cuoco degli «eventi straordinari» (pranzi ufficiali delle grandi

occasioni) dell'impero e della Restaurazione, e poi dai suoi successori - Dugléré, Dubois ed Escoffier.

Le liste delle preparazioni di questi locali sono lunghe quanto potevano esserlo i menu delle grandi occasioni dell'ancien régime, ma in questo caso è il cliente ad effettuare la selezione dei cibi che vuole mangiare, esattamente come dei vini che vuole bere.

La Rivoluzione francese, lungi dall'uccidere la creatività alimentare e dal rimettere in discussione questo aspetto della cultura della classe aristocratica, ha fatto trasferire l'arte culinaria alla borghesia e anche, in parte, alle classi popolari, tramite l'istituzione del ristorante.

Dalla Francia il nuovo luogo di “ristoro” si diffonde in tutto l’occidente, per giungere anche nelle grandi città italiane dopo l’unità della nazione (1861).

Ristorazione e turismo

La parte finale del XIX secolo vede l'avvio di una nuova rivoluzione nell'arte di mangiar bene fuori casa. Questa è legata allo sviluppo dei trasporti rapidi e del turismo di lusso. Già all'inizio del secolo alcuni ricchi inglesi avevano cominciato a trascorrere l'inverno sulla Riviera della Costa Azzurra, poi successivamente in Italia o nelle isole greche. Ma allora c'era l'abitudine di prendere in affitto una grande villa e di assumere una numerosa servitù, permanente o temporanea.

Questo tipo di turismo - dall'inglese tourism - non portò all'apertura di ristoranti. È solo quando il fenomeno del turismo si diffonde in tutta l'Europa, e riguarda non più unicamente l'aristocrazia ma anche la borghesia, che alcuni professionisti hanno l'idea di aprire degli alberghi di lusso o palaces - un altro termine preso a prestito dalla lingua di Shakespeare che denota chiaramente la ricerca di comodità e di raffinatezza.

Naturalmente anche la tavola - cibo, stoviglie, servizio – si deve rivelare all'altezza dell'ambiente. Uno dei padri di questa nuova formula alberghiera, che si diffonde negli anni successivi al 1880, è lo svizzero Charles Ritz, che entra in società con uno dei migliori cuochi del momento, il francese Auguste Escoffier.

Dopo il Grand Hotel di Montecarlo, dove nasce la loro complicità, è la volta del Savoy di Londra - una città dove già dal 1820 esistevano ottimi alberghi - che essi portano al massimo livello.

Di fatto, Escoffier e altri famosi chef della sua generazione diffondono nel vecchio continente l'alta cultura culinaria, trasformando il mestiere del cuoco in uno dei più remunerativi tra quelli manuali.

MANUALE DI CORRETTA PRASSI IGIENICA PER IL SETTORE DELLA SOMMINISTRAZIONE DEI PRODOTTI

ALIMENTARI  

Definizioni

IGIENE DEI PRODOTTI ALIMENTARI: tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti alimentari.

ALIMENTO SALUBRE: alimento idoneo al consumo umano sotto il profilo igienico.

INDUSTRIA ALIMENTARE: ogni soggetto, pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che eserciti una o più delle seguenti attività: preparazione, trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita o fornitura, somministrazione di prodotti alimentari.

RESPONSABILE DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE: il titolare dell'industria alimentare ovvero il responsabile specificamente da lui delegato.

PERICOLO: potenziale contaminazione di natura biologica, fisica o chimica in grado di inficiare la salubrità di un alimento.

RISCHIO: grado di probabilità che un pericolo di contaminazione si verifichi concretamente.

GRAVITA' DEL RISCHIO: impatto che un determinato tipo di contaminazione di un prodotto alimentare può avere sulla salute dei consumatori.

SISTEMA HACCP: metodologia sistematica per l'individuazione, la prevenzione ed il controllo dei rischi di natura biologica, chimica o fisica che possono inficiare la salubrità di un alimento.

PIANO HACCP: insieme pianificato di procedure e metodologie basate sui principi fondamentali del sistema HACCP, per mezzo delle quali il responsabile dell'industria alimentare garantisce la salubrità dei prodotti commercializzati.

PUNTO CRITICO (CP): punto, procedimento o fase della lavorazione ove è possibile individuare un rischio di contaminazione del prodotto.

PUNTO CRITICO DI CONTROLLO (CCP): punto, procedimento o fase della lavorazione ove, applicando uno specifico sistema di controllo, è possibile eliminare o ridurre a livelli accettabili un determinato rischio alimentare.

LIMITI CRITICI: limiti d'accettabilità entro i quali può variare un determinato parametro posto sotto controllo a livello di uno specifico CCP, senza che venga compromessa la salubrità del prodotto in quella fase.

MONITORAGGIO: sequenza programmata di misurazioni e/o osservazioni relative al parametro posto sotto controllo in un CCP, al fine di verificare il rispetto dei limiti critici prefissati.

MISURA PREVENTIVA: intervento strutturale e/o gestionale volto a rimuovere in tutto o in parte la causa di un pericolo.

AZIONE CORRETTIVA: tutte le misure atte a riportare sotto controllo un CCP ed a garantire che il prodotto la cui salubrità era stata compromessa, non determini danni alla salute umana.

PROCEDURE DI VERIFICA: procedure atte a sottoporre a verifica periodica il piano HACCP per valutarne il corretto funzionamento

e l'eventuale necessità di modificarlo.

MICRORGANISMI PATOGENI: microrganismi potenzialmente in grado di produrre un’azione lesiva sull’uomo, attraverso l’invasione di organi e/o tessuti, oppure la sintesi di sostanze tossiche. INFESTANTI: insetti, roditori od altri animali in grado di contaminare direttamente o indirettamente i prodotti alimentari.

DETERSIONE: operazione volta a rimuovere, anche con l'ausilio di specifiche sostanze detergenti, ogni tipo di residuo, particella o sostanza capace di compromettere direttamente o indirettamente la salubrità di un alimento.

DISINFEZIONE: operazione volta, tramite l'utilizzo di mezzi chimici o fisici, ad eliminare i microrganismi patogeni; conseguenza naturale di ogni intervento di disinfezione è, comunque, la consistente riduzione della carica microbica complessiva (costituita da patogeni e non patogeni).

SANIFICAZIONE: operazione comprendente opportuni interventi di detersione oltre che di disinfezione.

DISINFESTAZIONE: operazione volta ad eliminare ogni tipo di agente infestante tramite l'utilizzo di mezzi fisici o chimici.

CONTAMINAZIONE CROCIATA: fenomeno che si realizza quando

alimenti, acqua o aria igienicamente sicuri, subiscono una contaminazione da parte di prodotti, materiali, strumenti, acqua o aria provenienti da aree e/o impianti inquinati; ciò può verificarsi per inadeguata separazione delle lavorazioni (ad es. fra zone di

manipolazione alimenti crudi e cotti) o degli stessi impianti (idrici, di scarico o di areazione), ovvero per scorrette pratiche di lavorazione da parte degli operatori.

CORRETTA PRASSI IGIENICA

LOCALI

ORGANIZZAZIONE E STRUTTURE

La strutturazione degli ambienti di un'industria alimentare deve essere sempre concepita e realizzata per garantire un'organizzazione complessiva delle attività che consenta, per quanto possibile, le seguenti modalità operative:

1. flusso unidirezionale della linea produttiva; in altre parole è opportuno che dal ricevimento delle merci fino alla somministrazione al consumatore finale, non vi siano sovrapposizioni fra i percorsi dei prodotti in entrata e quelli dei prodotti in fasi più avanzate della linea; sarebbe quindi auspicabile che le merci avessero una via di accesso autonoma e diretta all'interno del deposito e qui venissero verificate, registrate e correttamente immagazzinate a seconda della tipologia e dei differenti regimi di temperatura da rispettarsi; successivamente quelle destinate ad essere lavorate in ragione di una corretta rotazione degli stocks (attenzione a date di scadenza e tempi minimi di conservazione), dovrebbero passare alle successive tappe del ciclo produttivo fino a giungere alla definitiva fase di somministrazione al pubblico; qualora non sia presente un accesso separato per i prodotti in entrata (come spesso avviene), si dovrà fare molta attenzione a svolgere in momenti diversi le operazioni sopra riportate, al fine di minimizzare comunque i rischi di contaminazione crociata;

2. separazione delle differenti aree e fasi di lavorazione; la finalità è, anche in questo caso, quella di rendere meno probabili le contaminazioni crociate; la realizzazione dell'obbiettivo sopra indicato dipende dalla disponibilità di vani idonei per numero e dimensioni e da una corretta organizzazione del lavoro, come verrà più avanti chiarito;

3. attuazione dei programmi di sanificazione ambientale e di controllo degli agenti infestanti;

4. formulazione e messa in opera del piano di autocontrollo aziendale secondo i principi del sistema HACCP;

È importante, in quest'ottica, focalizzare l'attenzione sull'assetto organizzativo sopra descritto, fin dalla fase di concezione e progettazione di un nuovo esercizio o eventuale riprogettazione di uno esistente: solo così, infatti, è possibile valutare appieno tutte le problematiche connesse alle esigenze produttive, quelle derivanti dalla necessità di uniformare i locali ai requisiti dettati dalle diverse norme e, soprattutto, prevedere o individuare ogni possibile fonte di rischio alimentare, al fine

di ridurne l'incidenza con un'opportuna ed efficace progettazione degli ambienti, oltre tutto economicamente conveniente.

Naturalmente diverse sono le classi di fattori e vincoli da considerare in sede di progettazione di una industria alimentare:

• fattori e vincoli legati alla funzionalità operativa; • fattori e vincoli di tipo impiantistico - strutturale; • vincoli legati all'igiene e salubrità dei prodotti alimentari; • vincoli legati all'igiene e sicurezza di chi opera a vario titolo nell'azienda; • vincoli legati all'igiene ambientale.

Le possibili combinazioni dei diversi fattori e vincoli sopra indicati costituiscono i limiti entro i quali ogni singola industria alimentare deve collocarsi per operare efficacemente nella realtà produttiva cui è destinata ed in conformità con la normativa vigente.

In sede di progettazione è necessario effettuare, preliminarmente, una valutazione ambientale dell'area nella quale verrà realizzata l'azienda alimentare, evitando, in particolare, che nelle vicinanze si trovino fonti di possibili contaminazione fisica, chimica e/o microbiologica (discariche, industrie chimiche, ecc.).

Per quanto attiene gli ambienti interni, in ogni caso progettati e realizzati in conformità anche con quanto previsto, in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, dalla normativa vigente, essi devono, innanzi tutto, essere mantenuti in buone condizioni di pulizia e manutenzione.

I materiali di rivestimento (pareti, pavimenti, soffitti), devono, in generale, essere resistenti, non friabili, non tossici ed in grado di facilitare le operazioni di pulizia e disinfezione e di evitare, unitamente ad un corretto microclima, la formazione di condensa o muffa sulle superfici.

I locali devono anche garantire condizioni di temperatura idonee sia per gli operatori che per la lavorazione e l'immagazzinamento dei prodotti.

L'assetto strutturale complessivo dell'esercizio deve, poi, essere coerente al potenziale produttivo dell'attività che si intende svolgere ed essere tale da non consentire gli accumuli di sporcizia (evitare piante eccessivamente irregolari e con spazi morti) e fenomeni di contaminazione crociata fra prodotti, impianti, materiali, flussi d'aria o lavorazioni (vani sufficienti per numero e dimensioni, impianti di distribuzione e scarico dell'acqua ben differenziati e non comunicanti, ecc.).

Devono essere previste adeguate protezioni contro gli insetti od altri animali infestanti a livello di tutte le possibili vie d'accesso.

Il numero e le dimensioni degli ambienti saranno, inoltre, adeguati alle esigenze dell'azienda per limitare i rischi di contaminazioni crociate; si tenga conto, al riguardo, che un’unità produttiva di base, ad esempio nel settore della ristorazione, dovrebbe prevedere i seguenti ambienti:

a. una o più sale di somministrazione; b. un locale cucina sufficientemente ampio e dotato dei seguenti reparti ben

distinti fra loro: preparazione verdure, preparazione altri alimenti, cottura, lavaggio stoviglie;

c. un locale dispensa; d. un vano spogliatoio; e. gruppi igienici separati per il pubblico e per il personale(solo nel caso di

esercizi di dimensioni particolarmente ridotte possono coincidere, sempre che la normativa locale lo consenta); i gruppi igienici dovranno comunque essere costituiti da un anti-bagno e da un bagno.

Nel caso dei bar o di attività affini dovrebbero, invece, essere presenti almeno i seguenti ambienti:

a. una sala di somministrazione dotata di apposito banco attrezzato per la mescita, il servizio ai clienti e l’esposizione dei prodotti di gastronomia fredda e/o di pasticceria;

b. un vano idoneamente attrezzato per le preparazioni gastronomiche autorizzate (essenzialmente piatti freddi, panini, tramezzini, riscaldamento di cibi precotti surgelati o non, ecc.); nel caso tali preparazioni risultino limitate, può essere accettabile che venga attrezzata allo scopo un’apposita zona del banco, purchè adeguatamente protetta e dotata di piani di lavoro sufficientemente ampi;

c. un locale deposito; d. un vano spogliatoio; e. gruppi igienici per il pubblico e per il personale che possono, tuttavia,

coincidere nei casi già indicati per la ristorazione.

Qualora il gruppo igienico per il personale disponga di un antibagno ampio e capace di contenere un numero adeguato di armadietti a doppio scomparto per tutti gli addetti alla lavorazione, non risulta necessaria la disponibilità di uno specifico vano spogliatoio.

Le dimensioni dei diversi locali saranno, evidentemente, in relazione alle capacità commerciali dell'azienda, ma è comunque opportuno assicurare al deposito dimensioni adeguate per contenere le apparecchiature frigorifere destinate alla conservazione dei prodotti deperibili e per garantire un ordinato immagazzinamento su scaffalatura o pedana degli altri prodotti. Le aree destinate alla cucina (per la ristorazione) o alla preparazione dei prodotti gastronomici (per i bar), devono presentare tutte le caratteristiche delle zone adibite alla lavorazione degli alimenti, ivi

inclusa la presenza di lavabi idoneamente attrezzati (vedi oltre); per quanto attiene le loro dimensioni, si tenga presente che una cucina dovrebbe sempre comprendere i diversi reparti sopra indicati, i quali, se inseriti in un unico ambiente, dovranno essere, in ogni caso, ben differenziati: difficilmente può realizzarsi una condizione del genere in locali inferiori ai 15-16 mq, anche qualora arredati ed attrezzati razionalmente ed a servizio di sale con capienze limitate (non oltre i 30 posti); naturalmente al crescere del numero dei coperti, dovrà anche crescere l’ampiezza del locale o dei locali destinati a cucina, tenendo conto, sia pure a titolo puramente indicativo, che è opportuno aumentarne le superfici di circa 0,30 mq per ogni coperto in più oltre i primi 30; nel caso, invece, dei vani destinati alle preparazioni gastronomiche da bar, purchè limitate ai generi di gastronomia fredda (panini, tramezzini, tartine, insalate, ecc.) e al riscaldamento/ porzionamento di cibi precotti surgelati o refrigerati, possono essere sufficienti spazi molto più contenuti ( non meno di 6 mq).

Le dimensioni dello spogliatoio saranno, invece, in funzione del numero degli addetti (oltre i 5 dipendenti vi deve anche essere separazione per sesso), mentre, per quanto concerne i gruppi igienici, dovrà essere comunque garantita una separazione adeguata fra anti-bagno e bagno (consigliabile una superficie complessiva minima di 2 mq).

Naturalmente, infine, le sale di somministrazione saranno rapportate alle scelte commerciali dell’azienda ed all’ampiezza della sua possibile clientela.

L'areazione, naturale o meccanica, dei diversi ambienti, dovrà assicurare condizioni microclimatiche adeguate sia per i lavoranti che per i prodotti ed impedire la formazione di condensa o la proliferazione di muffe sulle superfici; sarebbe opportuno prevedere, in sede di progettazione, per le aree di lavorazione e somministrazione, una superficie fenestrata non inferiore ad 1/8 rispetto a quella del locale considerato, mentre, laddove si ricorra ad un impianto di aereazione meccanica, sarebbe opportuno garantire, di massima, 6-10 ricambi/h, per le zone destinate alla somministrazione, e circa 15-20 ricambi/ora per le cucine, oltre, naturalmente, a temperatura ed umidità adeguate. Nei servizi igienici con areazione meccanica (accettabile anche la sola estrazione), si raccomandano almeno 10-12 ricambi/h (con accensione collegata all'interruttore della luce).Gli ambienti devono essere, inoltre, idoneamente illuminati.

E' necessario prevedere un numero adeguato di lavabi per consentire il lavaggio delle mani (in funzione della tipologia e del numero delle attività svolte, ma comunque non meno di uno per ogni cucina), peraltro distinti dagli impianti per il lavaggio dei prodotti alimentari o delle stoviglie; tali lavabi devono essere provvisti di acqua corrente calda e fredda, di dosatori per il sapone e di sistemi di asciugatura igienici (asciugamani non riutilizzabili o flussi d’aria calda); gli erogatori per l'acqua devono essere non manuali (evitare, se possibile, quelli a gomito). I gabinetti saranno in numero adeguato per il personale impiegato (almeno uno per ogni 10 addetti) e per le

dimensioni delle aree di somministrazione, ben collegati ad un idoneo sistema di scarico dotato di chiusini sifonati e maiolicati fino a 2 m d'altezza; inoltre non dovranno aprirsi direttamente sui locali di manipolazione degli alimenti; in generale è sempre preferibile la presenza di un antibagno con lavabo provvisto di tutti i dispositivi igienici sopra riportati. Si ricorda che oltre i 10 dipendenti i servizi igienici devono essere divisi per sesso.

Saranno, poi, previste adeguate installazioni adibite a spogliatoio

(armadietti a doppio scomparto per il vestiario esterno e per quello di lavoro), da collocarsi, possibilmente, in un vano apposito; qualora ciò non sia possibile, deve comunque essere evitata la collocazione in locali di lavorazione o deposito dei prodotti alimentari (è preferibile utilizzare allo scopo un anti-bagno sufficientemente capiente).

Negli ambienti ove i prodotti vengono preparati o comunque lavorati, i pavimenti saranno in materiale resistente, non assorbente, lavabile, non tossico e, all'occorrenza, disinfettabile; qualora si renda opportuno (cucine di grandi dimensioni), la superficie dei pavimenti dovrà consentire un adeguato scorrimento delle acque di lavaggio.

Materiali con le stesse caratteristiche dovranno, poi, rivestire le pareti di questi locali fino ad un'altezza opportuna per le lavorazioni (generalmente 2 metri); inoltre la superficie delle pareti, preferibilmente di colore chiaro, dovrà anche essere liscia, al fine di facilitare le operazioni di pulizia e disinfezione; allo stesso scopo è consigliabile, inoltre, che i punti di raccordo fra pareti e pavimenti e gli spigoli risultino a sagoma curva.

I soffitti dovranno essere realizzati in materiale che non consenta la dispersione di particelle nei prodotti sottostanti; inoltre dovrà essere evitata la formazione di condensa o la proliferazione di muffe, nonchè l'accumulo di sporcizia: saranno pertanto da preferirsi soffitti in materiale resistente e non friabile, possibilmente privi di aree anfrattuose e/o controsoffittate; in quest'ultimo caso dovrà essere assicurato che il controsoffitto sia accessibile per le operazioni di pulizia periodica.

Tutte le aperture all'esterno saranno, poi, dotate di reti antinsetti amovibili (per consentirne la pulizia) o, nel caso delle porte, di bande verticali di materiale plastico e flessibile (cosiddetti flaps); verranno, inoltre, progettate in modo da impedire l'accumulo di sporcizia (evitare la realizzazione di spazi morti e di strutture particolarmente irregolari o anfrattuose).

Le porte saranno rivestite da superfici lisce, realizzate in materiale facilmente lavabile e disinfettabile.

Tutti i piani di lavoro e le superfici degli impianti tecnologici eventualmente presenti, saranno lisci e facili da pulire e disinfettare: pertanto verranno realizzati in materiale non tossico, lavabile e disinfettabile.

Qualora risulti necessario (cucine, soprattutto se grandi e con lavorazione abituale di carne, pollame e pesce), dovranno essere previsti dispositivi per la pulizia e disinfezione degli strumenti di lavoro; in linea di massima ciò sarà assicurato da appositi lavelli o impianti costruiti in materiale resistente alla corrosione e dotati di acqua calda e fredda.

Per il lavaggio dei prodotti saranno presenti acquai od analoghi impianti provvisti di adeguata erogazione di acqua potabile calda e fredda per le necessarie operazioni di pulizia, mentre, per quanto attiene le stoviglie, è sempre opportuna la presenza di una lavastoviglie in grado di garantire temperature di lavaggio o risciacquo di almeno 82°C.

PROCEDURE DI PULIZIA E DISINFEZIONE

La corretta sanificazione degli ambienti e delle attrezzature costituisce uno strumento fondamentale per contenere il rischio della contaminazione microbica a carico dei prodotti alimentari. Ai fini di una trattazione complessiva dell'argomento, verranno esaminate unitariamente le procedure di pulizia e disinfezione relative ai locali, alle attrezzature ed agli strumenti, anticipando così, in parte, il capitolo successivo.

È opportuno premettere che i microrganismi in grado di contaminare ambienti, superfici di lavoro, utensili e macchinari hanno generalmente la seguente provenienza:

• possono essere veicolati da acqua o aria inquinate;

• possono essere eliminati da portatori umani o veicolati da animali infestanti;

• possono essere depositati sulle superfici, per contatto con i prodotti alimentari.

In ogni caso qualunque intervento di pulizia mira a rimuovere innanzitutto i residui di materiale organico presenti e ciò allo scopo sia di eliminare una fonte di contaminazione ed un efficace substrato di crescita, sia di evitare interferenze con l'azione dei disinfettanti successivamente impiegati. È noto, infatti, che strati o grumi di materiale, soprattutto se di natura proteica o lipidica, costituiscono una protezione della popolazione microbica verso l'azione degli agenti disinfettanti ed una barriera al loro contatto con le superfici da trattare. La fase di lavaggio rappresenta, pertanto, una premessa indispensabile per l'efficacia complessiva dell'intervento di sanificazione.

La rimozione dei residui deve coinvolgere gli ambienti (pareti e pavimenti) e le attrezzature ad ogni livello della filiera produttiva e, talvolta, può richiedere preliminarmente il ricorso a mezzi di aspirazione o soffiatura per l'asportazione dei residui più grossolani. Il lavaggio vero e proprio si effettua secondo varie metodiche e, generalmente, utilizza acqua addizionata con detergenti di diverso tipo.

L'acqua utilizzata per le operazioni di pulizia, deve corrispondere ai requisiti microbiologici di potabilità, mentre, sotto il profilo chimico, dovrebbe presentare una durezza totale (essenzialmente legata al contenuto di sali di calcio e magnesio) non eccessiva, poiché, in caso contrario, ridurrebbe sensibilmente l'attività di saponi e detergenti anionici, nonché l'azione di vari disinfettanti, agevolando la formazione di incrostazioni saline difficilmente asportabili.

I detergenti da addizionare all'acqua per le operazioni di pulizia devono essere scelti in base allo sporco da rimuovere, alle caratteristiche delle superfici da trattare ed alla qualità dell'acqua diluente; devono inoltre essere atossici, stabili durante lo stoccaggio e biodegradabili.

Procedura separata di pulizia e disinfezione

• Prelavaggio. Allontanare con un getto d'acqua tiepida i residui grossolani di sporco, eventualmente aiutandosi con spazzole per rimuovere le incrostazioni.

• Lavaggio. Utilizzare acqua calda (60°C) addizionata del detergente più indicato per il tipo di superficie da trattare e per il tipo di sporco presente.

• Risciacquo intermedio. Utilizzare acqua fredda per allontanare il detergente ed il sudiciume.

• Disinfezione. Applicare la soluzione acquosa del disinfettante più adeguato al materiale da trattare; nel caso di strumenti o parti di macchinari di piccole dimensioni, può essere utilizzato il metodo dell'immersione nella soluzione disinfettante.

• Risciacquo finale. Utilizzare acqua fredda per rimuovere completamente i residui del disinfettante.

• Asciugatura. Deve essere completata entro 15 minuti dal termine del risciacquo che, pertanto, non deve lasciare un eccesso di acqua sulle superfici trattate (eventualmente adoperare il tira acqua); in taluni casi può essere opportuno utilizzare aria secca per facilitare l'asciugatura.

Procedura congiunta di pulizia e disinfezione

In questo caso le fasi di lavaggio e disinfezione vengono unite, mescolando il disinfettante al detergente e, naturalmente, eliminando la fase del risciacquo

intermedio; si tratta di una modalità operativa che presenta una minore efficacia, soprattutto su superfici sporche, rispetto allo schema di intervento separato.

Per quanto attiene, poi, la programmazione degli interventi di sanificazione a carico di locali ed attrezzature, si consiglia il seguente schema operativo.

                                                                     

IL CONFEZIONAMENTO SOTTOVUOTO ED IN ATMOSFERA

PROTETTIVA (MAP)        

LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI E’ necessario conservare gli alimenti per poterli distribuire in modo capillare dal luogo di produzione ai distributori ai consumatori; una necessità primaria per lo sviluppo del commercio, della civiltà e per la qualità della vita. La necessità di conservare gli alimenti ha sviluppato numerose tecniche con diversi livelli d’efficacia; nei tempi più antichi la salatura, la fumigazione, l’essiccamento, l’uso di spezie, olio e sostanze acide o alcoliche; più recentemente la cottura in scatole ermetiche, la liofilizzazione (disidratazione spinta), la refrigerazione, l’uso di una vasta gamma di sostanze chimiche, la pastorizzazione, la sterilizzazione con il calore, la sterilizzazione con raggi UV e gamma, .... Il confezionamento SOTTOVUOTO e in ATMOSFERA PROTETTIVA sono forme di conservazione degli alimenti moderne, pratiche, semplici e veloci da applicare, sicure, economiche; presentano grandi vantaggi e si sposano perfettamente con altre forme di conservazione in un’azione sinergica. L’ALTERAZIONE DEGLI ALIMENTI Il processo di modificazione chimica e fisica, di deterioramento, di decadimento, di trasformazione degli alimenti, è causato da azioni biologiche, biochimiche e fisiche. Queste modificazioni alterano le caratteristiche organolettiche dell’alimento, cioè le caratteristiche percepite dai nostri sensi (aspetto esteriore, colore, aroma, sapore, consistenza) e le caratteristiche nutritive e chimiche (digeribilità, carica proteica, vitamine, amidi, ...). Se deteriorato, il prodotto non è più utilizzabile per l’alimentazione e, in casi limite, può diventare tossico. Queste alterazioni si sviluppano in tempi che dipendono da: • composizione del prodotto, percentuale di umidità, pH presenza di additivi e trattamenti subiti • presenza di microrganismi dannosi • igiene delle lavorazioni, contatto con inquinanti; dal suolo, dall’acqua, dall’aria, dalle manipolazioni

• temperatura di conservazione • qualità dell’imballo, del contenitore, composizione dell’atmosfera in cui il prodotto è contenuto • ambiente esterno: umidità, temperatura, azione della luce • dimensione delle superfici esposte all’azione esterna L’azione dei microrganismi a volte può essere necessaria per una trasformazione positiva, parte dei processi di maturazione del prodotto, come nel caso della vinificazione e della preparazione dello yogurt, ma nella presente accezione svolge un ruolo negativo. Un’azione particolarmente evidente nelle sostanze grasse in genere e nelle carni è l’ossidazione superficiale. Nel caso degli oli e dei grassi parliamo di irrancidimento (azione dell’ossigeno sui grassi insaturi) mentre le superfici esposte dei formaggi tendono a seccare e ad ammuffire. Anche lo shock termico dovuto alla congelazione (freezer burning), altera il prodotto. IL CONFEZIONAMENTO SOTTOVUOTO Una confezione è costituita dal contenitore e dal prodotto confezionato. Se da un contenitore sottraiamo l’aria e poi lo “sigilliamo” otteniamo una confezione sottovuoto. I contenitori possono essere buste (sacchetti), contenitori rigidi speciali, vaschette termoformate, vaschette contenute in buste, ... Il vuoto può essere ottenuto con macchine ad estrazione esterna, con macchine a campana o con macchine per processi industriali. Sottraendo l’aria si crea un ambiente ostile che inibisce l’attività dei microrganismi aerobici (che hanno bisogno dell'aria per vivere e moltiplicarsi). I microrganismi si “addormentano” e non danno avvio a quei processi di deterioramento degli alimenti che ne alterano le caratteristiche organolettiche (aspetto esteriore, colore, aroma, sapore, consistenza), e le caratteristiche nutritive e chimiche (digeribilità, carica proteica, vitamine, amidi). Inoltre, insieme all’aria si eliminano gli elementi inquinanti di natura biologica, entomologica e chimica contenuti nell’aria stessa e sulla superficie del prodotto da confezionare.* Altri effetti positivi sono dati dall’effetto essiccante. Il prodotto confezionato sottovuoto contiene meno umidità, perché l’acqua contenuta nell’alimento, alle basse pressioni evapora e viene aspirata verso l’esterno. L’ambiente secco inibisce lo sviluppo della flora batterica ed evita il rammollimento del prodotto. Con il confezionamento sottovuoto aumenta la shelf life ** del prodotto. Il confezionamento sottovuoto è utile anche per conservare prodotti non alimentari perché li protegge dall’ossidazione e dall’umidità: prodotti elettronici, sali e resine igroscopici, pellicole cinematografiche, tessuti, documenti, argenti, ... Nelle macchine sottovuoto a campana, il contenitore è solitamente una busta

(sacchetto) in Nylon accoppiato con polietilene alimentare (PA/PE), ad effetto barriera, con spessore da 80 a 150 micron *** La busta è posta all’interno della campana, con il lato aperto appoggiato sulla barra di saldatura. Abbassando il coperchio la macchina si attiva e la pompa estrae l’aria dalla campana e dalla confezione; in questa fase la busta si gonfia a causa della differenza di pressione, fenomeno particolarmente rilevante con prodotti umidi. Quando l’aria è stata estratta completamente, o quando comunque si è compiuto il ciclo programmato, si attiva il processo di saldatura del lato aperto della busta. Poi si apre automaticamente la valvola, l’aria rientra nella campana ristabilendo la pressione e “schiaccia” la confezione sottovuoto, ora perfettamente sigillata. Il termine “sigillata” deve essere inteso in senso letterale, perché la termosaldatura, se ben realizzata, impedisce ogni ulteriore contaminazione; la confezione è impermeabile ad aria, acqua e agenti esterni. Occorre considerare che il confezionamento sottovuoto consente di aumentare i normali tempi di conservazione in ambiente refrigerato, ma non è sostitutivo della refrigerazione. * inquinanti biologici ed entomologici: microrganismi, batteri, spore, muffe, uova di insetti, larve, ... inquinanti chimici e fisici: polveri, metalli, olii, vapori, gas, ... ** SHELF LIFE = “vita di scaffale”: è il periodo entro il quale il prodotto risponde alle specifiche di composizione, organolettiche e nutritive che lo caratterizzano e può quindi essere venduto al pubblico o offerto come servizio nella ristorazione. *** 1 micron (m) = 1/1.000.000 m IL CONFEZIONAMENTO IN ATMOSFERA PROTETTIVA (MAP) * Usualmente, con la denominazione “macchina per il confezionamento sottovuoto” indichiamo anche le macchine per il confezionamento in atmosfera protettiva. In effetti si tratta di due forme di confezionamento diverse, ottenute con lo stesso tipo di macchina ma, nel caso del confezionamento in atmosfera protettiva, equipaggiata con ugelli per l’iniezione di gas. Il principio di funzionamento è semplice; dopo avere sottratto l’aria, tramite ugelli collegati alle bombole viene immessa nella confezione una miscela di gas tecnici accuratamente dosati. ** I vantaggi del confezionamento in atmosfera protettiva sono: 1) eliminazione dello schiacciamento della confezione dovuto alla pressione esterna

2) migliori caratteristiche batteriostatiche della confezione, e quindi aumento della “shelf life” 3) mantenimento del colore delle carni rosse 1) in condizioni normali, nella fase di rientro dell’aria nella campana al termine del ciclo, la confezione e il prodotto che essa contiene verrebbero schiacciati dalla pressione atmosferica. Le sostanze fragili o molli verrebbero rovinate e le fette dei prodotti pretagliati aderirebbero fortemente tra loro. Quindi, sulla superficie di una busta 10x20 grava un peso pari a circa 200 kg! Il confezionamento in atmosfera protettiva elimina questa problematica perché all’interno della confezione è contenuto il gas iniettato durante il processo, che compensa la pressione atmosferica. 2) l’anidride carbonica solitamente contenuta nelle miscele di gas tecnici si scioglie nell’acqua e nel grasso abbassando il pH del prodotto (ambiente/microclima più acido). Un pH basso consente una migliore conservazione degli alimenti perché inibisce le attività batteriche e la formazione di muffe creando un ambiente a loro ostile e si evitano altri processi fisici e chimici di conservazione che sono costosi e possono essere invasivi. 3) le carni rosse, manzo, cavallo, tonno, spada, ... tendono a scurire se messe sottovuoto. Confezionate in un’atmosfera ricca di ossigeno (40/60%) mantengono vivo il colore, per una migliore presentazione. Il confezionamento in atmosfera protettiva, quindi, consente di confezionare un maggior numero di prodotti e allunga la durata commerciale degli alimenti (shelf life): Attenzione: se il prodotto è contaminato il confezionamento sottovuoto o MAP non può correggere i processi di alterazione già iniziati. Il prodotto deve essere di buona qualità, fresco e preparato con metodi igienici, nel rispetto della metodologia HACCP. Una volta aperta, una confezione sottovuoto o MAP deve essere consumata; NON PUO’ ESSERE RICONFEZIONATA. * MAP: Modified Athmosphere Packaging = CONFEZIONAMENTO in ATMOSFERA PROTETTIVA. La definizione “CONFEZIONAMENTO IN GAS INERTE”, usata in passato è impropria, poiché alcuni gas che compongono le miscele utilizzate per questa forma di confezionamento svolgono un ruolo attivo sulla carica batterica e sul prodotto (CO2, O2). Solo l’azoto può essere considerato inerte, anche se svolge una limitata azione su alcuni enzimi)

Anche la definizione “CONFEZIONAMENO IN ATMOSFERA MODIFICATA” è in disuso. ** Il gas è fornito da bombole da 50 litri alla pressione di 200 atmosfere (bar) e viene iniettato tramite ugelli direttamente nelle buste oppure nei contenitori rigidi alla pressione di 1,5 bar. La pressione residua nella confezione dopo la saldatura può essere predefinita in relazione al prodotto da confezionare e al risultato che si vuole ottenere, programmando il sensore di vuoto sui valori richiesti oppure, se la macchina non è dotata di sensore, variando il tempo di iniezione. Le pressioni nella busta, quindi, possono variare da 1 a 0,5 a 0,25 bar, ...). Durante l’iniezione del gas una parte di questo esce dalla busta ed entra nella campana, quindi il consumo reale di gas per ogni ciclo di lavorazione può essere stimato pari al volume della campana stessa alla pressione di iniezione programmata.

STERILIZZAZIONE

PROCESSI FISICI

Calore Secco

La sterilizzazione avviene attraverso il contatto dell'oggetto con aria calda che agisce per ossidazione dei componenti cellulari; sono utilizzate la stufa a secco o il forno pasteur In media, per una sterilizzazione completa è necessario che sia raggiunta una temperatura di 160° per un'ora o di 180° per 30 minuti. A questi tempi si devono aggiungere poi i tempi di riscaldamento e raffreddamento che portano un ciclo a 180-240 minuti. È comune uso lasciare aperto lo sportello dell'apparecchio per la sterilizzazione fino a temperature di 80/100°: in questo modo si permette la fuoriuscita dell'eventuale vapore acqueo che si potrebbe creare e che andrebbe a ridurre l'efficienza del processo. È comunque una tecnica ormai in disuso e soppiantata dalla sterilizzazione a vapore, avendo lo svantaggio, a causa delle temperature molto alte, di non poter utilizzare molti materiali termosensibili. Oltre al difetto di tempi tanto lunghi per una routine di sterilizzazione va aggiunto l'impossibilità di verificare l'avvenuta sterilizzazione e il mantenimento nel tempo del risultato raggiunto fino al momento dell'utilizzazione dello stesso, (impossibilità di imbustare).C'è anche da dire che la sterilizazione è molto diversa dalla disinfezione in quanto la sterilizazione viene attuata con l'utilizzo di calore e la disinfezione con agenti disinfettanti.

Calore umido

È una tecnica che sfrutta l'azione del vapore fluente (pentola di Koch) o saturo (autoclave); elimina i microrganismi mediante denaturazione di loro proteine e altre biomolecole La sterilizzazione mediante autoclave è quella più diffusa essendo poco costosa e non tossica e data la sua buona capacità di penetrazione.

L'autoclave funziona similarmente ad una pentola a pressione, permette di far bollire l'acqua a temperature più alte. L'acqua bolle a 100 °C alla pressione di 760 mmHg, aumentando la pressione si ottiene che l'acqua bolla a temperature superiori, l'autoclave sfrutta questo principio per arrivare a temperature maggiori e quindi ottenere la distruzione dei microbi in tempi più brevi. Il meccanismo di funzionamento è in realtà semplice, da un recipiente ermetico rimuoviamo l'aria, questo permette all'acqua presente di evaporare e dato che il vapore non si può disperdere si determinerà un aumento della pressione all'interno della camera.

La presenza di una pressione maggiore determina un aumento della temperatura a cui l'acqua evapora. Perché la sterilizzazione avvenga il vapore deve penetrare in tutte le

parti del materiale e starvi in contatto per un certo tempo è quindi importante che non rimangano sacche d'aria. Allo scopo di definire i parametri corretti per raggiungere tale obbiettivo la Commissione Tecnica Europea CEN TC WG 5 ha costituito un gruppo di esperti inmicrobiologia e sterilizzazione e tecnici dei principali fabbricanti di sterilizzatori a vapore saturo, per definire i principi atti ad impedire la possibilità di trasmissione delleinfezioni. La commissione ha portato alla stesura di un documento siglato prEN 13060 che definisce tre classi di autoclavi in relazione alla capacità di sterilizzare di vari tipi di carico.

La normativa stabilisce le categorie di carico in base alla difficoltà d'esposizione al vapore saturo, le categorie sono:

• a) Solidi, senza spazi cavi. • b) Cavi tipo A, con spazi cavi profondi e stretti (il cui rapporto

diametro/profondità varia da 1/5 a 1/750, secondo la norma UNI EN 13060). • c) Cavi tipo B, con spazi cavi poco profondi e larghi. • d) Porosi, ovvero carichi complessi che trattengono aria prima del ciclo e

umidità dopo.

I più facili da sterilizzare sono i solidi non confezionati i più complessi i porosi confezionati. Le classi di autoclavi si differenziano proprio per la capacità di gestire i diversi carichi. Le autoclavi di classe B sono in grado di sterilizzare qualunque tipo di carico, le autoclavi classe N solo i carichi solidi non imbustati, le autoclavi classe S riempiono il vuoto fra la B e la N e deve essere specificato dal costruttore la loro capacità. Non è sufficiente avere acquistato e installato una buona autoclave, questo non garantisce che il ciclo effettuato sia stato veramente efficace. Per essere sicuri dell'efficienza dell'autoclave questa deve essere soggetta a manutenzione regolare e ne va valutata la sua efficacia attraverso appositi test. In un lavoro di Leghista (1996) si è visto che su 1380 cicli di sterilizzazione sostenuti da tre autoclavi nuove e di buona marca, si sono avuti due cicli non sterilizzanti.

REPARTI DI CUCINA   La cucina è il reparto dell'albergo che si occupa della trasformazione dei cibi in vivande. Un tempo la cucina e la sua dispensa venivano sempre collocate nei cosiddetti spazi secondari, ossia in locali che per la loro ubicazione (locali nascosti, scuri, spesso sotterranei, poco aerati, non dotati di bella vista, spesso limitati come dimensioni) non potevano essere utilizzati per allestirvi reparti frequentati dagli ospiti, come il front-office, la sala ristorante, il bar o i piani. Quest'ultima è la caratteristica dei grandi alberghi costruiti all'inizio del nostro secolo; spesso nelle case d'epoca i percorsi da compiere per giungere alle sale dalla cucina erano notevoli; il più delle volte cucina e sale erano collocati su piani diversi, di conseguenza vi erano scale, spesso assai scomode da percorrere, con tutti gli inconvenienti che ne potevano scaturire (tempi di servizio allungati, pericolo di cadute); i costruttori d'epoca si ispiravano alle regge ottocentesche, trascurando completamente lo studio dei percorsi minimi (velocizzano il servizio e lo facilitano), il costo della manodopera (un tempo la manodopera costava assai poco e quindi il fatto che lunghi percorsi richiedessero più manodopera non era considerato un problema; oggi la cosa non è trascurabile poiché la manodopera ha un costo elevato), il rispetto nei confronti del lavoro del personale (è provato che il personale se rispettato e ben trattato rende maggiormente) e, non ultime, le numerose leggi sindacali (oggi il lavoro è regolato da un insieme di leggi che impongono orari di lavoro accettabili, giorni di riposo, ferie). L'albergatore moderno sta pienamente comprendendo l'importanza dell'ubicazione e della strutturazione dei locali di cucina e relativa dispensa ed è ormai conscio che essi non debbano più rivestire soltanto un ruolo accessorio nei confronti degli altri reparti dell'albergo ma che, al contrario, abbiano un loro ruolo di basilare importanza; un locale ben aerato, igienicamente sano, luminoso, razionalmente predisposto e ben utilizzato rappresenta la migliore premessa per una buona gestione e di conseguenza un buon risultato finale. La posizione dei locali di cucina relativamente a tutto il complesso alberghiero dovrà essere considerata in relazione all'approvvigionamento ed al servizio; sarà quindi importante che i locali siano facilmente accessibili dall'esterno in modo da evitare lunghi e tortuosi giri con pacchi, casse, bottiglie, sacchi, ecc.; questi ultimi potrebbero generare perdite di tempo e danni alle merci trasportate; è altresì importante che la zona cucina sia in posizione adiacente ed inoltre pressoché centrale rispetto alla sala da pranzo, questo al fine di evitare lunghi percorsi ai camerieri ed attese ai clienti.

Per quanto concerne le dimensioni dei locali cucina e dispensa saranno direttamente proporzionali alla quantità del lavoro che la cucina dovrà svolgere; chiaramente più il numero pasti da confezionare sarà elevato più la cucina necessiterà di spazi maggiori. Altro fattore importante da curare nella realizzazione di una cucina sarà l'impiantistica di base; una cucina funzionale necessita di adeguati impianti elettrico, gas, acqua; sarà di basilare importanza poter contare su impianti in grado di offrire una distribuzione completa in tutti i locali della cucina ed inoltre, nella fattispecie dell'impianto idrico, in possesso di una adeguata rete di scarico per la raccolta delle acqua; gli impianti dovranno poi rispondere a tutte le norme di sicurezza richieste. Infine risulterà fondamentale possedere un arredamento interno (armadi, piani di lavoro) ed una attrezzatura (attrezzatura pesante come macchina, forni, macchinari diversi e attrezzatura leggera come pentolame, mestoli, coltelli, attrezzerie varie); arredamento e attrezzatura dipenderanno dal tipo e dalla quantità dei lavoro da svolgere. Il reparto di cucina risulta idealmente diviso in tre zone distinte, ossia la dispensa, la zona fredda e la zona calda. La dispensa è la zona nella quale vengono conservate le merci; dovrà essere provvista di uno spazio per il ricevimento delle merci (arrivo forniture, scarico e controllo), uno spazio dotato di scaffalature per la conservazione delle merci non deperibili (scatolame, pasta, riso, oli) ed infine uno spazio per la conservazione delle merci deperibili dotato di celle o armadi frigoriferi, celle o armadi freezer, dove le merci come carne, pesce, verdure, latticini verranno conservate idealmente separate; la zona fredda è la parte della cucina dove vengono preparati per la cottura i diversi alimenti come carni, pesci, verdure; inoltre all'interno di essa vengono confezionate preparazioni fredde diverse come salse, antipasti freddi e piatti freddi diversi); la zona fredda sarà dotata di tavoli da lavoro, affettatrice segaossa, tritacarne, macchine varie, coltelli, attrezzeria leggera varia, a seconda del tipo e della quantità del lavoro da svolgere; la zona calda è quella dove vengono cotti gli alimenti , precedentemente trattati nella zona fredda; sarà provvista di macchina di cucina o stufa, forni, griglia, friggitrice, spiedo, salamandra ed altri macchinari, inoltre di tavoli da lavoro, armadi contenitori, coltelli, pentole, mestoli ed attrezzeria leggera diversa; anche nella zona calda l'attrezzatura dipenderà dal tipo e dalla quantità del lavoro da svolgere. Oltre alle tre zone principali la cucina è dotata di altre zone, quelle adibite ai cosiddetti servizi integrativi, ossia: la pasticceria, la caffetteria (è la zona dove si preparano le piccole colazioni o prime colazioni), la plonge di cucina (zona lavaggio pentolame ed attrezzature di cucina), la plonge di sala (zona lavaggio stoviglie, posate ed attrezzatura di sala), gli spogliatoi ed i servizi igienici del personale, la zona smaltimento rifiuti, l'ufficio; anche i servizi integrativi, alla pari degli altri, necessitano di una adeguata collocazione, spazi sufficienti ed adeguati impianti, arredamenti ed attrezzature.

IL SERVIZIO   Con il termine “servizio” si indica il tipo di tecnica utilizzata nella sala di un ristorante per servire, appunto, i clienti seduti ai tavoli. Ovviamente il servizio sarà differente a seconda del tipo di locale e delle esigenze della clientela: una pizzeria, per esempio, avrà un tipo di servizio più semplice e meno ossequioso (seppur molto cortese e attento) rispetto a quello di un ristorante di lusso. Del resto, i clienti di una pizzeria cercano un tipo di svago e di soddisfazione assai differente rispetto a chi, invece, si reca in un ristorante rinomato e costoso per una cena di piacere o di affari. Tenuto conto, quindi, delle debite differenze tra uno stile e l’altro, è importante- anche per chi lavora “dietro le quinte”, e cioè in cucina- sapere ciò che avviene in sala e i differenti modi nei quali un piatto viene, infine, offerto e presentato alla clientela. Tra la cucina e la sala deve esserci una buona capacità di comunicazione, in quanto questi due reparti sono destinati sempre a lavorare l’uno a fianco dell’ altro. Il servizio è, infatti, il momento nel quale l’offerta principale del ristorante si concretizza, il momento nel quale i piatti preparati in cucina raggiungono i clienti in sala dopo che questi ne hanno fatto richiesta tramite i camerieri. Solitamente, prima dell’apertura del locale, si svolge una breve riunione di servizio (tra lo chef di cucina e il maitre) della durata di pochi minuti (il così detto briefing) nella quale i professionisti si scambiano chiarimenti sulla natura degli ingredienti che compongono i piatti in un menù, le cotture, i tempi, e tutte le altre indicazioni particolari che permettano al servizio di sala di ben presentare l’offerta ai clienti e di consigliarli al meglio. Una volta che il locale è aperto e che i clienti cominciano a prendere posto, entra in gioco la capacità di lavorare in equilibrio e in attenta collaborazione tra chi si relazione direttamente con la clientela e chi ha il dovere di soddisfarne il palato.

Le tecniche di servizio Conoscere il tipo di servizio offerto dal ristorante nel quale si lavora non è importante solo per chi deve portare le pietanze in tavola, ma anche per chi lavora in cucina. Ogni chef, infatti, dovrà preparare il piatto o il vassoio da portare in sala seguendo quella che è la scelta del servizio locale. In fase di organizzazione del lavoro, niente può essere affidato all’improvvisazione.

E’ fondamentale, ad esempio, che chi cucina predisponga un armadio oppure un tavolo caldo nelle vicinanze del pass, dove sistemare piatti, vassoi, pirofile ed altro materiale occorrente per il servizio che è stato programmato (piatti e pirofile possono essere anche sistemati su apposite griglie situate al di sopra della macchina centrale di cottura). Se non si conoscesse il tipo di servizio operativo in sala, il lavoro di predisposizione sarebbe, ovviamente, impossibile. Esistono, infatti, diversi modi di servire le pietanze ai tavoli e ciascuno di essi ha proprie regole da rispettare. Le principali tecniche di servizio sono: . servizio all’italiana (o al piatto); . servizio all’inglese (o al vassoio); . servizio alla russa; . servizio alla francese; . buffet.

Il servizio all’italiana (o al piatto) Questo tipo di servizio è sicuramente quello che coinvolge maggiormente chi lavora in cucina. Esso, infatti, prevede che il cibo venga disposto sui piatti dei clienti direttamente in cucina. Il cibo, quindi, dovrà essere accuratamente distribuito e, quando previsto, decorato direttamente dallo chef e dai commis di cucina per essere poi consegnato al cameriere che si occuperà di posizionarlo sul tavolo di fronte al cliente. Il servizio all’italiana ha il vantaggio di permettere allo chef di curare con attenzione la presentazione del piatto, ma sicuramente li richiede una maggiore quantità di tempo. Il cameriere può porgere al cliente il piatto direttamente sul tavolo, oppure potrà portare il piatto coperto da cloche (detta anche campana) che è una sorta di coperchio per tenere in caldo le vivande già disposte nel piatto. Esso viene tolto in tavola, di fronte al cliente, ottenendo così un forte impatto scenografico.

Il servizio all’inglese (o al vassoio) Il cibo viene disposto, in cucina, su un vassoio che verrà consegnato al cameriere il quale servirà i clienti utilizzando delle clips (o un mestolo, in caso di minestre in brodo). In cucina, quindi, si dovrà aver cura di disporre il cibo in maniera ordinata e gradevole sul vassoio, facendo attenzione a non lasciare dei vuoti antiestetici che

facciano sembrare il vassoio incompleto, ma badando bene, anche, a far sì che pietanza e contorno- se disposti sullo stesso vassoio- non si mescolino a vicenda. Pere questo motivo (o per altri: come l’insufficienza di spazio, o una volontà estetica diversa ecc.). lo chef può decidere di distribuire pietanze e contorno su due vassoi diversi.

Il servizio alla russa Il personale di cucina dispone le pietanze su vassoi (preferibilmente coperti con cloche) che vengono posti dal cameriere sul guéridon per essere portati di fronte al tavolo dei clienti dove, davanti ai loro occhi, le pietanze saranno porzionate e disposte nei piatti. Per svolgere al meglio questo tipo di servizio deve essere presentala classica coppia di lavoro chef e commis de rang: il primo si occupa della porzionatura dei cibi nei piatti (servendosi delle clips o del mestolo), mentre il commis de rang prende i piatti completati e li serve ai clienti. Il servizio alla russa è utile e di buona soddisfazione anche per il personale di cucina quando la preparazione da offrire è particolarmente bella e quindi la si vuole mostrare al cliente, prima di “rovinarne” l’estetica attraverso la fase della porzionatura. Può essere il caso, ad esempio, di un pesce o di un volatile intero, di un arrosto di carne, di una torta ecc.

Il servizio alla francese Il servizio alla francese è sicuramente più informale di quelli finora presentati. Esso prevede, infatti, che i commensali si servano direttamente dai vassoi. La variante consiste nel modo in cui tale servizio viene offerto, in modo diretto o indiretto. Nel primo caso, il cameriere resta accanto al tavolo porgendo al cliente, da sinistra, il vassoio sul quale sono predisposti il cibo e la clips con le quali il cliente potrà servirsi. Nel secondo caso, invece, il vassoio con le clips saranno posizionate direttamente sul tavolo (possibilmente davanti al commensale uomo), permettendo così ai clienti di servirsi da soli in tutta tranquillità.

Il buffet Per questo tipo di servizio è necessaria un’organizzazione davvero efficace e una collaborazione stretta tra cucina e sala, in quanto i tempi rapidi in cui i clienti consumano il cibo non permettono alcuna distrazione. E’ la formula che lascia interamente al cliente la scelta di cosa assaggiare e cosa no, ed è molto flessibile rispetto alle altre tipologie di servizio.

Il buffet infatti è allestito sistemando le portate in apposite postazioni adeguatamente addobbate, e non prevede il servizio al tavolo. La cucina, in particolare, deve seguire le indicazioni che la sala le fornirà via via per scadenzare la preparazione delle pietanze da introdurre o per rifornire i vassoi da posizionare suoi tavoli del buffet. L’ordine cronologico dell’uscita delle pietanze può avere tempi diversi e diverse modalità: nel caso di menù semplice con piatti freddi, infatti, si prevede l’uscita dei piatti tutti insieme, mentre nel caso di menù più complessi, ma soprattutto completi di tutte le portate (antipasti, primi piatti, secondi di pesce, di carne ecc.), può essere fatta una doppia scelta: . l’uscita scaglionata delle portate (dall’antipasto al dolce); . l’unica uscita per tutte le portate, compresi i dolci che però avranno una collocazione differenziata. La preparazione delle scenografie e degli effetti estetici in un buffet è sempre molto curata e prevede, soprattutto in caso di cerimonie, decorazioni floreali, una buona illuminazione, tovaglie scelte con cura ecc. ecc. Ricordiamo, infine, che in alcuni casi il buffet potrebbe non prevedere la seduta al tavolo: in tal caso le preparazioni offerte al cliente dovranno tener conto dell’impossibilità di utilizzare il coltello, e gli chef dovranno utilizzare pietanze che si possono consumare utilizzando solo la forchetta o il cucchiaio.

IL BAR

Il bar è un locale in grado di erogare secondo le licenze i seguenti servizi: caffetteria, somministrazione di bevande alcoliche, somministrazione di bevande analcoliche, vendita piatti freddi, vendita di piatti caldi.

La persona adibita a svolgere il lavoro nel bar viene detto barista, il quale può aver seguito dei corsi o essere capace di eseguire il lavoro per semplice esperienza.

Etimologia del termine

Il termine bar deriva da una contrazione del termine inglese "barrier", cioè sbarra. Infatti, all'epoca della prima colonizzazione dell'America del Sud, l'angolo riservato alla vendita degli alcolici, nelle osterie o nelle bettole, era per l'appunto diviso dal resto del locale da una sbarra. Da ciò l'uso del termine "bar" sia per intendere l'angolo in cui i liquori vengono serviti e consumati, sia il locale stesso.

Altre fonti indicano che il termine derivi dalla contrazione del termine "barred" (che significa "sbarrato"), in quanto nel XIX secolo, nei periodi in cui in Inghilterra era proibita la vendita di bevande alcoliche, sulle porte degli spacci venivano inchiodate delle assi sulle quali questa parola veniva pennellata in calce. Entrambi i termini sono di derivazione latina, basso latino "barra".[1]

Non è da scartare poi l'ipotesi secondo la quale l'uso nell'italiano derivi dal fatto che al bancone del bar erano tradizionalmente presenti (e lo sono tuttora in alcuni locali) due barre, generalmente di ottone: una per i piedi, l'altra per il braccio o il gomito.

Tipi di bar

Australia

In Australia, si ha una tradizionale suddivisione tra "public bar", frequentati da uomini, e "lounge bar", frequentati invece da donne. Tuttavia tale distinzione è ormai venuta a mancare negli anni, con la conversione dei "lounge bar" in locali dediti al gioco del poker.

Gran Bretagna

In Gran Bretagna, con il termine "bar" si intende solitamente riferirsi ai wine bar, enoteche. I locali dediti alla vendita di bevande alcoliche sono invece i pub.

Italia

In Italia l'uso del termine "bar" si discosta parecchio rispetto ai paesi anglofoni, e con tale termine si intende essenzialmente un locale in cui vengono principalmente serviti e consumati sia analcolici sia alcolici, in particolare caffè, cappuccino e cioccolata calda, oltre a cibi dolci come croissants e altre paste per la colazione, e salati come panini e pizzette per il pranzo. Un bar spesso può anche disporre di luoghi appositi per la consumazione, all'interno o all'esterno del locale, ed è considerato nella cultura italiana come uno dei principali punti di ritrovo, soprattutto nelle ore diurne e pre-serali. È possibile trovare dei bar "all'italiana" all'estero, soprattutto nei quartieri italiani delle grandi metropoli straniere, dove tale tradizione non è venuta a mancare. Nei paesi di lingua inglese, l'equivalente del nostro "bar" è più o meno associabile al termine café (o caffè in italiano).

Per aprire un bar è necessario ottenere un'autorizzazione amministrativa, ("autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande lettera B") rilasciata dal comune su richiesta, ma sottoposta a contingente numerico in base alla zona. Prima dell'entrata in vigore del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006 si doveva essere iscritti al Registro Esercenti il Commercio per poter esercitare l'attività di somministrazione.

Stati Uniti Negli USA, il termine "bar" identifica piuttosto locali dediti proprio alla vendita e consumazione di bevande alcoliche. In particolare, vi è una suddivisione tra i beer bars, dediti alla vendita esclusiva di birra e, al più, vino e bevande analcoliche, e liquor bars, che invece arrivano anche a vendere superalcolici. Inoltre, per tali bevande è spesso obbligatoria la consumazione direttamente sul posto, per via delle restrittive leggi statunitensi sul consumo di alcolici all'aperto. Un particolare tipo di bar, reso famoso dai film western, è il saloon, caratterizzato dalle tipiche porte oscillanti, stanze normalmente di legno, e un bancone.

LE CATENE E I GRUPPI DI CATENE   A livello mondiale si assiste ad una crescita delle dimensioni aziendali e ad una prevalente complessità organizzativa. In questo contesto, l’affermarsi sul mercato turistico di imprese alberghiere multiunit è stata con gli anni crescente. Ciò è anche confermato dalla forte espansione internazionale delle principali catene alberghiere statunitensi ed europee che stanno realizzando ingenti investimenti principalmente in quei paesi caratterizzati da una struttura dell’offerta turistica molto frammentata. Una catena alberghiera può essere definita come un’organizzazione per l’erogazione del servizio alberghiero, costituita da un insieme di strutture operative omogenee, rispetto a una o più caratteristiche, che si presentano con un brand unico e che agiscono nell’ambito di un sistema decisionale coordinato, volto allo sviluppo di strategie e politiche comuni. Quindi, dal punto di vista dell’offerta, il legame che unisce gli alberghi facenti parte di una catena, può assumere forme e forze diverse, mentre, dal punto di vista della domanda, il termine catena alberghiera rappresenta agli occhi del cliente un’offerta diffusa territorialmente, ma collegabile e riconoscibile attraverso il brand. Numerosi sono i vantaggi collegabili alla gestione coordinata di una pluralità di strutture alberghiere. In particolare, a livello economico le catene alberghiere possono godere di vantaggi legati alle economie di scala che portano a dei risparmi generati da un utilizzo più economico di determinati fattori produttivi, per effetto di una maggiore quantità di operazioni. C’è poi un beneficio economico apparentemente intangibile, che è frutto del trasferimento di know-how tra le singole strutture della catena. Inoltre, in una catena alberghiera risulta più facile accentrare alcune attività e servizi, di carattere amministrativo, organizzativo, commerciale e finanziario, riducendo i costi che . al contrario, si sosterrebbero replicando tali servizi per ogni singolo albergo. Le catene alberghiere hanno anche l’opportunità di trasferire facilmente risorse umane da una struttura all’altra, a seconda delle esigenze di personale. Inoltre, se gli alberghi della catena sono ubicati in località vicine, è possibile gestire il flusso di turisti, ottimizzando il tasso di occupazione delle medesime strutture. Al contempo, è possibile incrementare il proprio potere contrattuale sia nelle

trattative con gli altri operatori del settore turistico, sia con i fornitori di materie e servizi, realizzando in tal modo un’ulteriore riduzione dei costi. Infine, la catena alberghiera, per ridurre il rischio di mercato, può decidere di differenziare le tariffe tra gli alberghi, in relazione alle rispettive quote di mercato e ai target di clientela a cui le singole strutture si rivolgono. Da un punto di vista finanziario, i principali vantaggi sono legati alla possibilità di reperire maggiori fonti di finanziamento meno onerose, con conseguente minore difficoltà a varcare i mercati internazionali. A livello commerciale, le imprese alberghiere multiunit si concentrano maggiormente sul posizionamento del brand, con il continuo monitoraggio della customer satisfaction. Ad esempio, è usuale avere tra le risorse umane di un’impresa che detiene una catena alberghiera, degli addetti al controllo qualità delle singole strutture, che hanno il compito di provare “in incognito”, la coerenza degli alberghi con le direttive date dalla governance centrale su come offrire tutti i servizi ai propri clienti. Una volta soggiornato, e svelata la propria “identità”, questi addetti stilano una specifica relazione in cui si individuano i punti da migliorare. In quest’ottica, le catene alberghiere tendono ad avere una tipologia di governance e gestione strategica volta ad implementare in misura sempre maggiore le alleanze tra le singole strutture alberghiere, in modo da garantire un’elevata coerenza tra l’immagine aziendale e l’immagine dei singoli alberghi. Quando, infatti, non c’è coerenza tra immagine dell’impresa a capo della catena e l’immagine percepita nella singola struttura alberghiera, si rischia di generare un effetto negativo sulla reputazione dell’impresa stessa. Attraverso una corretta gestione del brand, è possibile distinguere il prodotto dai concorrenti, contrassegnare la catena e garantire il turista nel processo di scelta.                          

LA BRIGATA DI CUCINA

In principio era il cuoco. La sua creatività era sufficiente a soddisfare le esigenze del cliente. Con l'ampliarsi del ventaglio delle vivande offerte, l'organizzazione della cucina si evolve, e con essa il lavoro del cuoco. Oggi, più di un tempo, le ricette vengono codificate e si presta molta attenzione alla stagionalità di frutta, verdura, pesci e carni. Si tiene conto anche delle tradizioni del territorio in cui si opera. I compiti sono ripartiti fra più figure professionali e la produzione viene pianificata secondo differenti sistemi.

o Modelli di organizzazione del lavoro

Modello tradizionale per partite

Dove: nelle aziende ristorative e alberghiere che propongono un'ampia scelta di piatti, ottenuti attraverso una trasformazione sapiente, e che si rivolgono a una vasta clientela.

Cucina di preparazione e finitura

Dove: nelle strutture che propongono un'offerta standardizzata a una clientela numerosa (grandi alberghi, ristoranti su navi, cucine centralizzate della ristorazione collettiva)

Perché: consente l'ottimizzazione del tempo e il risparmio di personale

Come: nella cucina di preparazione i cuochi preparano in anticipo tutte le vivande che lo permettono, indipendentemente dal momento della distribuzione. Nella cucina di finitura i cibi vengono cotti e porzionati per il servizio. I locali di preparazione e finitura possono anche essere gli stessi.

L'insieme del personale che lavora in cucina si chiama brigata. La brigata è formata da più partite, gruppi di lavoro con compiti ben precisi. Alla testa di ogni partita c'è un cuoco capo partita, che ha ai suoi ordini uno o più commis. È importante che la brigata di cucina sia coesa ed operi in sinergia con la brigata di sala e di bar. Dalla buona armonia e dall'efficienza del lavoro di gruppo, trarrà vantaggio anche il servizio al cliente.

o La brigata o le brigate?

In una brigata, il numero delle partite e delle persone che vi lavorano varia secondo il tipo e la grandezza dell'azienda in cui si opera, la qualità del servizio, il tipo di menù,

il numero di pasti da servire e l'attrezzatura di cui si dispone. Anche se il termine usato è unico, "brigata", con esso si indicano quindi realtà anche molto diverse fra loro.

In base alla tipologia della struttura, possiamo avere:

• brigata d’albergo: svolge un lavoro molto impegnativo e, a seconda della categoria, può fornire un servizio anche 24 ore su 24. È organizzata in numerose partite.

• brigata di catering: è molto attenta al rispetto dell’HACCP; la freschezza dei cibi, anche a media conservazione, è garantita.

• brigata di ristorante: il numero delle partite è ridotto; l'organizzazione del lavoro è quindi più snella; i menù sono giornalieri e seguono le proposte del mercato locale, regionale e nazionale.

Quella che descriveremo è la brigata di cucina di un ristorante di media grandezza.

Capo cuoco/"Chef" Aiuto Capo cuoco

Capi partita- capo agli antipasti- capo ai primi e ai contorni - capo rosticciere - capo ai pesci- capo pasticcere- aiuto capo pasticcere

Aiutanti- apprendista o commis- garzone/lavapiatti/lavapentole

o Capo cuoco / "chef"

È il responsabile dell'organizzazione e della direzione di tutta la cucina. È una figura importante, perché il buon andamento di un ristorante dipende dal buon funzionamento della cucina.

I suoi compiti:

• il personale: sceglie i membri della propria brigata, sorveglia, distribuisce i lavori, consiglia e aiuta i collaboratori, in particolare i capo-partita, assegna i giorni di congedo e fissa gli orari di lavoro; istruisce il personale di sala per quanto riguarda il menù, il piatto del giorno e la varie ricette di cucina;

• il menù: compone la carta e il menù del giorno; • la gestione: compila la lista della spesa ed esamina la merce in arrivo, controlla

le richieste dei generi alimentari fornite dai capo-partita, definisce il costo del menù e spesso anche i prezzi di vendita del menù stesso;

• l'uscita delle vivande: in quasi tutti i locali chiama le comande e controlla la qualità dei cibi preparati.

Conoscenze e abilità richieste

Oltre a conoscere perfettamente l'arte culinaria, deve possedere nozioni di organizzazione del lavoro, tecnologia (ad es. uso dei forni a bassa temperatura e per la cottura in sottovuoto, utilizzo di programmi informatici per il settore), merceologia e igiene alimentare, dietologia, amministrazione. Deve inoltre aver consolidato queste conoscenze in lunghi anni di esperienza.

Oltre a ciò, è importante che il capo cuoco impartisca gli ordini e coordini il lavoro con fermezza e calma, e che si rapporti agli altri membri della brigata in modo deciso ed equilibrato allo stesso tempo. È fondamentale, insomma, che questa figura abbia spiccate competenze relazionali, che usi cioè umanità e comprensione nei rapporti con i collaboratori, così da creare le condizioni in cui questi riescano ad esprimere il meglio di sé.

o Aiuto capo cuoco

L'aiuto capo cuoco collabora con il capo cuoco e lo sostituisce durante le sue assenze. Le sue mansioni sono quindi le stesse. L'importanza di questa figura sta nel fatto che supporta il lavoro del capo cuoco.

I suoi compiti

• il personale: si assicura che la ripartizione dei compiti fra le varie partite sia equa e si occupa delle necessità di ogni singola partita; fa da tramite fra il capo cuoco e il personale di cucina; controlla la direzione della cucina e sorveglia il personale, relazionandosi con i capipartita; si occupa della formazione degli apprendisti;

• il menù: prima del servizio verifica che tutte le vivande stabilite siano pronte; • i cibi: assegna a turno ai capi partita il compito di preparare i pasti per il

personale; si occupa dell'utilizzo delle rimanenze; controlla che le pietanze escano dalla cucina in perfetto stato di presentazione;

Conoscenze e abilità richieste

Per svolgere tutte queste mansioni, l'aiuto capo cuoco deve avere le medesime conoscenze e abilità del capo cuoco.

o I capi partita

Ciascuno dei capi partita deve naturalmente avere conoscenze specifiche nel proprio settore (antipasti, primi e contorni, carni, pesci, pasticceria). Oggi, inoltre, sempre più sono loro richiesti i saperi e le abilità dell'aiuto capo cuoco, pur senza la responsabilità che questo ruolo comporta.

Un'altra importante caratteristica di un capo partita è la capacità di relazionarsi con gli aiutanti, in modo da instaurare un clima disteso di collaborazione e fiducia reciproci, dove ciascuno possa rendere al meglio delle sue possibilità.

o Capo agli antipasti

I suoi compiti

• prepara gli antipasti caldi e freddi, di pesce, carne ed ortaggi • prepara le relative decorazioni e salse

Conoscenze e abilità richieste

• conoscenza di carni, pesci, molluschi, crostacei, ortaggi e della loro stagionalità

• conoscenza della modalità di preparazione di questi alimenti sia cotti che crudi

o Capo ai primi e ai contorni

I suoi compiti

• prepara la pasta fresca e tutti gli altri primi asciutti (gnocchi, crespelle, risotti, paste farcite) e le relative decorazioni e salse di carni, pesci e ortaggi

• prepara i primi piatti in brodo (zuppe, minestre, creme, vellutate) • prepara i contorni in sintonia di gusto, colore e stagionalità con le pietanze che

accompagneranno

Conoscenze e abilità richieste

• conoscenze merceologiche sui vari tipi di farine, amidi, cereali • profonda conoscenza dei piatti regionali e di quelli tipici del territorio;

conoscenza della loro stagionalità

o Capo rosticciere

I suoi compiti

• disosso e preparazione per la cottura delle carni di pollame, bestiame a carne bianca e rossa e selvaggina

• cottura di tutti gli alimenti secondo le varie tecniche • preparazione delle relative salse e fondi di cottura

Conoscenze e abilità richieste

• conoscenza dei vari tipi di taglio del bestiame, del pollame e della selvaggina • conoscenza dei grassi per la cottura delle diverse carni

• uso appropriato delle erbe aromatiche

o Capo ai pesci

I suoi compiti

• pulisce, filetta, marina, affumica e cuoce secondo le varie tecniche pesci, molluschi e crostacei

• prepara fondi, ristretti, brodetti e relative salse

Conoscenze e abilità richieste

• conoscenza di tutte le varietà di pesci, molluschi e crostacei • conoscenza particolarmente approfondita delle varietà di pesce del territorio • corretta conservazione e utilizzo di queste derrate

o Capo pasticcere

"Dulcis in fundo". Il sapore dei dolci ci resta forse più impresso anche perché è l'ultimo che gustiamo. In esso possiamo cogliere la bravura e la genialità del capo pasticcere.

I suoi compiti

• concorda col capo cuoco la scelta del dolce in relazione al menù • prepara:

o paste lievitate e non, per le prime colazioni o paste salate e dolci e le confeziona o torte e dolci al piatto o piccola pasticceria, tradizionale e moderna o cioccolato, caramelle, gelatine, confetture o presentazioni in pastigliaggio, zucchero, cioccolato o gelati e sorbetti o salse e guarniture

Conoscenze e abilità richieste

• conoscenza dell'arte dolciaria • fantasia e senso artistico • conoscenze merceologiche • nozioni di igiene alimentare • uso delle attrezzature • gestione dei cicli di produzione • planning e organizzazione del lavoro

Fondamentale è anche il possesso di buone competenze relazionali, da mettere in atto con aiutanti e superiori.

o Aiuto capo pasticcere Collabora con il capo cuoco e lo sostituisce durante le sue assenze. Le sue mansioni e le sue conoscenze sono quindi le stesse. Segue anche eventuali apprendisti.

o Apprendista o commis

In ogni partita ci sono uno o più commis, giovani cuochi agli ordini dei loro capi partita. Il numero dei commis varia a seconda dell'importanza della brigata.

I suoi compiti

• prepara le basi • trasporta le merci • pulisce i legumi • prepara la "linea" • lava i locali • mantiene in ordine la biancheria di cucina • pulisce le macchine di cucina e pasticceria, i tavoli, le celle frigorifere, i piccoli

utensili • esegue quanto richiesto di volta in volta dai rispettivi capi partita

Conoscenze e abilità richieste

È necessaria una particolare predisposizione a imparare il mestiere, preferibilimente coltivata e affinata grazie allo studio in una scuola alberghiera.

o Garzone/lavapiatti/lavapentole

Secondo la grandezza della struttura, questi compiti possono essere svolti da un'unica persona o da più persone.

L'organizzazione del lavoro in cucina

Il lavoro svolto dalla cucina di un albergo consiste nel trasformare, in tempi brevi, le materie prime in prodotti finiti. Questa attività richiede pianificazione e organizzazione.

Nella programmazione del lavoro si deve tener conto di alcune variabili:

• la clientela e le sue caratteristiche: tipo (congressuale o turistica), esigenze, capacità di spesa, flusso, orario

• il tipo di menù (fisso, alla carta, a buffet) • il tipo di generi alimentari utilizzabili (prodotti

freschi oppure precotti, surgelati, semilavorati) e le loro modalità di acquisto e conservazione

• il personale a disposizione: numero e grado

LA DIVISA DI CUCINA

L'art. 42 del D.P.R. n. 327/80, obbliga il personale di cucina ad indossare la divisa di cucina, la quale ha due funzioni: la prima è quella di limitare il trasferimento di microbi dall'ambiente esterno alla cucina, grazie al cambio vestiario; la seconda è il colore chiaro evidenzia le tracce di sporco e obbliga l'operatore a cambiarsi con regolarità.

Il capello: detto toque, dalla tipica forma a cilindro per gli uomini e a cuffia per le donne. E' fatto di tela bianca inamidata. Serve per racchiudere i capelli in modo che non cadano sulle vivande e, nello stesso tempo, non si sporchino. Può essere anche in versione "usa e getta" di carta o viscosa.

Il fazzoletto: è di cotone bianco o di misto lino e viene piegato e annodato intorno al collo. Serve per assorbire il sudore e a proteggere il collo dalle correnti d'aria e dagli sbalzi di temperatura, così frequenti nell'ambiente di cucina.

La giacca: è di cotone bianco, a doppio petto. coprendo le parti del corpo più esposta alle lavorazioni, è bene sceglierla in tessuto di ottima qualità, resistente, facile da lavare e che assorba il sudore.

Il torcione: è un canovaccio usato dal cuoco per manipolare le pentole o il vasellame molto caldo. E' un elemento molto utile, che va tuttavia cambiato spesso.

Il grembiule: di cotone bianco, annodato alla vita, badando che il nodo non sporga e si agganci pericolosamente a qualche sporgenza o a u utensile. Va cambiato spesso.

I pantaloni: in cotone, a piccoli quadretti del tipo "sale-pepe" senza orlo per motivi igienici. Le signore, al posto dei pantaloni possono usare la gonna.

Le calzature: devono essere chiuse sopra (per evitare le scottature) e avere il fondo antiscivolo e la tomaia (la parte superiore) rinforzata per proteggere da schiacciamenti. Una buona sagoma, con plantare, e lieve tacco alleviano la fatica di stare in piedi e prevengono danni alla salute del piede.

LE ATTREZZATURE DI CUCINA    

Grazie all'evoluzione della tecnologia, i produttori sono oggi in grado di fornire apparecchi e utensili per ogni tipo di operazione.

Tuttavia, non è indispensabile che una cucina sia dotata di molte e sofisticate attrezzature, ma che il cuoco sia in grado di utilizzare quelle a propria disposizione con abilità e precisione, nel rispetto delle norme di igiene e sicurezza.

Pentolame ed utensili

• La batteria da cucina • Coltelli per:

o formaggi e pane o carni e pesce o frutta e verdura o decorazione

• Altri utensili: o fruste, setacci e colini o piccoli utensili o spatole e raschie

Attrezzature...

• per la preparazione • per la cottura • per la conservazione • varie • per il lavaggio

Uso in sicurezza delle attrezzature

o prima e durante l'uso accertarsi che tutte le protezioni ed i dispositivi di sicurezza siano funzionanti

o rispettare gli avvisi di sicurezza posti sulle attrezzature o non pulire mai a mano organi o elementi in moto o non effettuare operazioni di registrazione o riparazione riservati ai

manutentori o segnalare immediatamente eventuali mancanze o deficienze

dell'attrezzatura di preparazione.

Apparecchi per la preparazione

• affettatrice • tagliaverdure • cutter • grattugia • hamburghettatrice-polpettatrice • impastatrice planetaria • pacojet • montatrice-sbattitrice • tritacarne

Affettatrice

Descrizione: in acciaio, a lama verticale o inclinata

Funzione: tagliare rapidamente carni e insaccati, in fette regolari e dello spessore voluto; il modello con lama obliqua si usa per ogni tipo di alimento

Per un uso sicuro:

• non utilizzare la macchina senza prima essere stati addestrati all’uso • non avvicinare mai la mano alla lama durante le operazioni di taglio • dopo l’uso riportare il regolatore di spessore a zero • pulire la lama solo a macchina spenta

Tagliaverdure

Descrizione: numerosi dischi e accessori

Funzione: tagliare e cubettare verdure, legumi, tuberi, noci

Cutter

Descrizione: motore elettrico e contenitore con lame d’acciaio

Funzione: frullare, grattuggiare, sminuzzare, tagliare qualsiasi prodotto senza estrarre i succhi o sfilacciare la fibra

Grattugia

Funzione: grattuggiare formaggi duri, pane e frutta secca

Hamburghettatrice-polpettatrice

Descrizione: manuali o automatiche, con dischi sagomatori intercambiabili

Funzione: preparare hamburger, svizzere e polpette di forma e dimensione costanti

Impastatrice planetaria

Descrizione: a vasca fissa, con tre diversi bracci impastanti intercambiabili (a frusta, a gancio, a spatola)

Funzione: sbattere, impastare, miscelare, montare a neve gli albumi d'uovo

Pacojet

Funzione: fresare e mantecare all'istante masse congelate per ottenere sorbetti di frutta fresca, gelati, composti cremosi salati (es. patè)

Descrizione: fresa in metallo speciale e cestelli in acciaioi inox. L'impiego avviene in 3 momenti:

1. Si versa un composto in uno dei cestelli in dotazione 2. Si mette in abbattitore o in congelatore fino a -18°C 3. Al momento dell'utilizzo si monta il cestello nell'apposito contenitore di

plastica (vedi foto) e dopo aver impostato il numero delle porzioni necessarie (massimo 7) si attiva la fresa. La macchina si fermerà automaticamente alla fine.

Montatrice-sbattitrice

Funzione: battere e montare panna, uova e impasti morbidi per dolci

Descrizione: vasca di raccolta con frusta a movimento basculante

Tritacarne

Descrizione: coltello rotante contro dischi intercambiabili a fori di diametro diverso

Funzione: tritare la carne

VERDURE E TECNICHE DI TAGLIO    

Ogni piatto riuscito è il risultato di un delicato equilibrio che coinvolge tutte le sfere sensoriali. Un professionista attento sa che la sua attenzione deve essere rivolta non solo all’esaltazione dei sapori, ma anche alla cura dei profumi, alle composizioni sul piatto e alle consistenze per rendere intrigante e accattivante ogni singola preparazione, stimolando tutti i sensi. La vista, come sappiamo, è spesso coinvolta ancora prima che il cliente possa percepire l’aroma di un piatto, esercitando un potere straordinario. Anche quando un piatto è buono, difficilmente si riesce a dargli pieno consenso che non soddisfa visivamente. Le verdure crude ad esempio, trattate con tecniche di taglio particolare, possono contribuire a dare al piatto un valore estetico aggiunto. Anche una semplice insalata o una macedonia possono diventare più allettanti se frutta e verdura sono tagliate correttamente e in modo uniforme. A seconda di come devono essere poi cotte è importante tagliare la verdura nel modo e nelle dimensioni corrette. Per questo oggi vogliamo proporvi una carrellata delle principali tecniche di taglio delle verdure, indicando consigli tecnici e suggerimenti per riuscire al meglio nella preparazione dei piatti.

TAGLIO BRUNOISE

Il taglio brunoise indica il taglio di alimenti, generalmente verdure, ridotti a una piccola dadolata regolare di circa 2 mm di lato. Si effettua tagliando la verdura a fette e successivamente a listarelle o julienne, per poi ricavarne una dadolata attraverso un taglio trasversale. Il taglio brunoise permette quindi di ottenere piccolissimi cubi uniformi e viene generalmente utilizzato per preparare verdure consistenti come pomodoro, sedano, carota ecc.

TAGLIO JULIENNE

Il taglio julienne consiste nel dividere la verdura a metà e poi ancora trasversalmente, a formare fette dello spessore di 2 mm. Dopodiché è necessario tagliarle nuovamente, formando piccoli bastoncini della stessa larghezza, e di lunghezza di 4 o 5 mm. Questo tipo di taglio può essere effettuato anche con il mandolino o con attrezzature elettriche come robot cutter. Gli alimenti così ridotti possono essere stufati al burro, lessati, rosolati o consumati crudi. Possono essere utilizzati per consommé, potage o come insalata di verdure crude.

TAGLIO CHIFFONADE

Il taglio chiffonade viene utilizzato per ridurre in strisce sottili insalate o verdure a foglia crude, come ad esempio, cavolo nero, bietole e spinaci, ma anche porri. Viene effettuato unendo le foglie a mazzetti e arrotolandole con delicatezza per evitare che si spezzino, tagliandole poi a striscioline sottili. Le striscioline ottenute vengono generalmente stufate nel burro o sbianchite in acqua e vengono unite a creme, minestre, consommé, o utilizzate nella preparazione di salse o guarnizioni.

TAGLIO GIARDINIERA

Il taglio giardiniera consiste in un taglio di verdure a bastoncini della lunghezza compresa tra i 2 e i 5 cm con una sezione di 4-5 mm. La giardiniera così ottenuta può essere stufata al burro o glacés. Viene utilizzata cruda come guarnizioni di carni arrosto, lessate o brasate, o unita a zuppe, ma può essere anche accostata a primi piatti, risotti ad esempio, quando quella verdura, è uno degli ingredienti compresi nel condimento del piatto.

TAGLIO CONCASSE’

Il taglio concassé è una tecnica di taglio utilizzata generalmente per il pomodoro. Consiste nel ridurlo dadini di circa 4-5 mm. Per effettuarlo è necessario incidere il pomodoro a croce, sbianchirlo, raffreddarlo in acqua e ghiaccio e pelarlo privandolo anche dei semi. A questo punto bisogna procedere col tagliarlo in 4 parti e poi a strisce sottili di circa 4-5 mm e poi a cubetti dello stesso spessore. Il pomodoro così ottenuto può essere cotto o utilizzato a crudo.

TAGLIO MIREPOIX

Il taglio mirepoix consiste in una dadolata di sedano, carota e cipolla di circa 5-6 mm per lato, che talvolta può prevedere un taglio irregolare. La preparazione è la stessa del taglio brunoise ma con dimensioni leggermente più grandi. La dadolata mirepoix può essere utilizzata a crudo, arrostita o stufata nel burro. È la preparazione base di numerosi piatti come brodo, zuppe, spezzatini e salse, ma si adatta anche alla preparazione di crostacei e pesce. Una variante è la mirepoix grassa nella quale si aggiunge pancetta o prosciutto crudo e viene utilizzata come fondo per diverse preparazioni di carne.

                                     

ALIMENTAZIONE SANA  

L’importanza di un’alimentazione sana: il ruolo delle Istituzioni

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è l’Agenzia delle Nazioni Unite istituita nel 1948 e specializzata in materia di salute, e ha come obiettivo «il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute» intesa come «uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale». Secondo l’OMS il concetto di salute è fortemente correlato con quello di nutrizione adeguata ed entrambi rappresentano diritti umani fondamentali. Una dieta corretta è infatti ormai comunemente riconosciuta come uno degli strumenti di prevenzione e/o trattamento di molte patologie, così come un’adeguata attività fisica e il controllo di fattori di rischio quali il fumo e l’alcol. Tutto questo è anche evidenziato nel documento Guadagnare salute, parte integrante del Decreto del Presidente del Consiglio Ministri del 4 Maggio 2007, che promuove scelte di vita salutari e individua politiche per contrastare i comportamenti che possono avere ripercussioni negative sulla salute. Relativamente all’importanza di una sana alimentazione, il documento citato evidenzia la necessità di:

1. sostenere il consumo di frutta e verdura; 2. ridurre la concentrazione di sale, zuccheri e grassi negli alimenti; 3. ridurre la quota di alimenti altamente calorici nella dieta; 4. ridurre l’abuso di alcol

Le patologie connesse all'alimentazione

L’obesità, il sovrappeso, l’abuso di alcol, il consumo insufficiente di frutta e verdura e l’eccesso di grassi nel sangue sono infatti fattori di rischio per molte patologie come tumori, malattie cardiovascolari e muscolo scheletriche. Tali fattori di rischio sono modificabili attraverso cambiamenti nello stile di vita ed è quindi importante e di nostra responsabilità tenerli sotto controllo. Il ruolo della scuola è fondamentale per dare a voi ragazzi gli strumenti giusti per individuare stili di vita corretti e salutari a partire proprio dall’alimentazione, anche nell’ottica di prevenire i disturbi del comportamento alimentare. In Italia, un ruolo importante è svolto dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità che, a partire dal 2008, mediante il sistema di sorveglianza OKkio alla salute ha individuato gli stili di vita in età infantile in tutte le regioni d’Italia. Tra i dati evidenziati risulta ad esempio che solo una minoranza di bambini consuma a metà mattina una merenda adeguata, come ad esempio frutta o yogurt.

Il problema delle intolleranze e delle allergie

C’è poi un discorso da fare anche a proposito dell’intolleranze alimentari di cui sempre di più occorre tenere conto. Alcuni alimenti o loro componenti possono provocare in alcune persone delle reazioni avverse che vengono definite allergie o intolleranze se, rispettivamente, interessano il sistema immunitario oppure no. In caso di allergia, il legame dell’allergene (la proteina dell'alimento responsabile della reazione) con anticorpi specifici (noti come IgE) provoca, nei soggetti sensibilizzati, il rilascio di sostanze (es. istamina) alla base della tipica sintomatologia allergica ovvero prurito e gonfiore. Al contrario, in caso di intolleranza alimentare, il sistema immunitario non è coinvolto. Le intolleranze possono essere causate dalla carenza di enzimi necessari per la digestione di specifiche componenti alimentari (ad esempio, l'intolleranza al lattosio, zucchero presente nel latte, è causata dalla carenza dell'enzima lattasi indispensabile per la digestione di questo zucchero).

Il concetto di malnutrizione

Una vera e propria emergenza nutrizionale

Come evidenziato nel documento FAO Lo spettro della malnutrizione, circa il 30% della popolazione mondiale soffre di qualche forma di malnutrizione, indipendente dal livello economico. Da un lato tali problematiche sono associate a diete eccessive o sbilanciate e il continuo aumento di sovrappeso e obesità ne fa una vera e propria emergenza nutrizionale, non solo in Italia ma in tutti i paesi del mondo, anche tenendo conto della correlazione di tali problematiche con l’insorgenza di patologie cronico - degenerative in età adulta.

Dall’altro lato bisogna invece considerare le problematiche innescate da insufficienti apporti energetici o nutrizionali. In particolare, la malnutrizione infantile rientra nei programmi Unicef in quanto rappresenta la violazione di un diritto fondamentale del bambino (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza). L'Unicef promuove programmi di monitoraggio volti a prevenire o curare tempestivamente l'insorgenza dei vari stadi della malnutrizione mediante il controllo degli indicatori nutrizionali dei neonati e dei bambini. Inoltre combattere la fame nel mondo significa anche combattere gli sprechi di cibo che sono moltissimi.

Cattiva alimentazione e adolescenza

L’adolescenza è un momento delicato, come sappiamo. Il problema del corpo, della sua evoluzione in una nuova veste (quella adulta) porta con sé un groviglio di incertezze dovute anche al fatto che questi cambiamenti ci colgono impreparati. Per la prima volta, inoltre, si ha davvero paura del giudizio degli altri sul nostro fisico che può sembrare stranamente ingombrante. I ragazzi e le ragazze vivono questi cambiamenti in modo diverso, ma la natura del disagio è comune: si ha paura di perdere il controllo sul corpo. Ci si lascia influenzare dai dettami degli altri spesso

confondendo un giusto obiettivo (ossia quello di essere in forma e in armonia) con obiettivi più pericolosi che potrebbero anche portare a sviluppare un rapporto morboso con il cibo e a disturbi gravi che sfociano in vere e proprie patologie. Proprio perché è una fonte di piacere, il cibo può generare comportamenti disordinati, anche per sfogare dei dolori nascosti dentro di noi, che non sappiamo come affrontare: il cibo, solleticando il nostro palato, riempiendoci, ci fa colmare quel vuoto. Puoi riflettere su questo: nei momenti di squilibrio della nostra persona è frequente che o si dimagrisca molto o ci si ingrassi. Il vuoto esistenziale che si può provare è strettamente legato al vuoto dentro di noi. E a questo vuoto, in qualche modo, cerchiamo di porre rimedio. Nell’adolescenza, appunto, durante le primi grandi crisi che si vivono, fuori e dentro, al livello emotivo ed esistenziale, e al livello fisico, il rapporto con il cibo si fa davvero delicato.

Le linee guida per un'alimentazione sana ed equilibrata

Per mettere in pratica quotidianamente i principi alla base di un’alimentazione corretta e sana bisogna tener presente che, per fornire all’organismo tutti i nutrienti di cui ha bisogno per funzionare correttamente, bisogna scegliere un’alimentazione varia ed equilibrata (Ministero della Salute – Alimentazione corretta), anche tenendo conto della famosa piramide alimentare. È giusto documentarsi, eventualmente affidarsi alla consulenza di un medico o di un nutrizionista, e non seguire diete “fai da te” che possono diventare anche pericolose.

Nelle linee guida per una sana alimentazione italiana (Ministero politiche agricole e forestali e Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) vengono dettagliate e spiegate le regole da seguire per un’alimentazione salutare. Possiamo riassumerle in pochi ma importantissimi punti:

• aumentare il consumo di cereali (ancora meglio se integrali), legumi, ortaggi e frutta

• limitare la quantità di grassi e prediligere la qualità (è necessaria l’introduzione dei grassi nella dieta ma è importante non eccedere)

• limitare il consumo di zuccheri, dolci, bevande zuccherate e sale • bere acqua in abbondanza • limitare il consumo di alcolici.