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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: strategie per un rilancio possibile Servizio Studi e Ricerche Luglio 2011

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: strategie per un rilancio possibile Servizio Studi e Ricerche Luglio 2011

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Executive summary 3 1. Introduzione 4 2. La struttura produttiva 6

2.1 Il calzaturiero italiano 6 2.2 I principali distretti industriali 10 2.3 Il calzaturiero di San Mauro Pascoli 13

3. Apertura commerciale e internazionalizzazione produttiva 16 3.1 La propensione a esportare 16 3.2 L’import penetration e l’internazionalizzazione produttiva 17 3.3 Il fenomeno dell’imprenditoria extracomunitaria 20

4. Verso nuovi sbocchi commerciali? 22 5. Le performance dei distretti calzaturieri a confronto 26

5.1 Export e saldo commerciale prima e durante la crisi 26 5.2 Crescita e redditività durante la crisi 29 5.3 Imprese e addetti: quale selezione dalla crisi? 32 5.4 Il 2010 e la prima metà del 2011: la velocità di uscita dalla crisi 33

6. Le criticità e le questioni aperte 37 7. Le strategie su cui puntare: da dove parte il rilancio 39

7.1 Le strategie adottate nel 2009-10 per affrontare la crisi 39 7.2 La qualità e il ruolo delle filiere produttive 41 7.3 I certificati di qualità 43 7.4 Servizi formativi e di supporto alle imprese per lo sviluppo delle risorse umane 44 7.5 Il ruolo dei marchi a San Mauro Pascoli 45 7.6 Mercati esteri e diversificazione commerciale 48

8. Conclusioni: San Mauro Pascoli tra criticità e opportunità 50 Appendice 54 Bibliografia 57

Questo studio non si sarebbe potuto realizzare senza il decisivo contributo di Serena Musolesi del CERCAL. Si ringrazia la Camera di Commercio di Forlì-Cesena per il supporto statistico. Si ringraziano, inoltre, le imprese che hanno apportato un contributo diretto alla ricerca, partecipando a un momento di confronto dal quale sono venuti interessanti spunti di riflessione: Calogero Abate, calzaturificio Vicini; Massimo Pazzaglia, suolificio Giglioli Production; Romano Talacci, calzaturificio Catia; Primo e Roberta Alessandri, tomaificio Smart Leather; Marco Della Motta, tranceria Della Motta.

La responsabilità di quanto sostenuto resta del Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.

Il calzaturiero di San Mauro Pascoli:strategie per un rilancio possibile

Luglio 2011

Intesa Sanpaolo Servizio Studi e Ricerche

Industry and Banking

A cura di:

Giovanni Foresti

Ha collaborato:

Cristina De Michele

Database management:

Angelo Palumbo

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Executive summary

Nel corso degli anni Duemila il distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli ha saputo misurarsi con successo con un contesto competitivo esterno sempre più complesso e difficile, caratterizzato dall’affermazione dei paesi emergenti, dall’apprezzamento dell’euro e dalla bassa dinamicità dei consumi nell’Unione europea. Tra il 1999 e il 2007, infatti, San Mauro Pascoli ha conosciuto una crescita delle esportazioni notevole (+14,2% la crescita media annua) e di gran lunga più elevata rispetto ad altri principali distretti calzaturieri italiani (Fermo, Riviera del Brenta e Montebelluna). Trainante il mercato russo che è divenuto in poco tempo il principale sbocco commerciale del distretto. L’alta competitività del distretto è confermata dai risultati di crescita e reddituali emersi dall’analisi dei bilanci aziendali. Il distretto sammaurese, in controtendenza rispetto a Fermo e alla Riviera del Brenta, ha continuato a crescere anche nel 2008, primo anno della crisi che si è abbattuta sui mercati mondiali.

La crisi, tuttavia, non ha risparmiato San Mauro Pascoli, che nel 2009 ha subito un vero e proprio crollo delle esportazioni, perdendo più di tutti e lasciando sul terreno un quarto circa delle proprie vendite estere. Le perdite di export hanno riguardato molti sbocchi commerciali (Stati Uniti e Svizzera) e, soprattutto, la Russia. Gli effetti della crisi emergono con tutta la loro drammaticità anche dall’analisi dei dati di bilancio. Nel 2009, infatti, il fatturato delle imprese di San Mauro Pascoli ha registrato un crollo significativo e superiore a quello degli altri distretti. Particolarmente colpiti sono stati i componentisti, che hanno lasciato sul terreno una parte significativa del fatturato e hanno subito un netto ridimensionamento dei margini unitari. Gli effetti dirompenti della crisi sono evidenti anche dalla selezione che ha investito il tessuto produttivo di San Mauro Pascoli. Il numero delle imprese attive nel 2009 è sceso a 206 unità da 223 del 2008. Sono uscite dal mercato, in particolare, le imprese più piccole con meno di 5 addetti, spesso fornitori di secondo e terzo livello. In un solo anno, inoltre, sono andati persi 282 addetti; più della metà (149) sono usciti dalle imprese di grandi dimensioni (con più di 250 addetti).

Dopo un 2009 drammatico, la prima parte del 2010 è stata ancora difficile per il calzaturiero di San Mauro Pascoli, che è tornato in territorio positivo, sia in termini di fatturato che di export, solo nell’ultimo scorcio dello scorso anno. Il distretto dunque ha subito con ritardo gli effetti della crisi e successivamente, con altrettanto ritardo, ha iniziato a uscirne. Le difficoltà incontrate dal distretto nella prima parte del 2010 hanno portato a un’ulteriore scrematura delle imprese attive (-7 unità), scese per la prima volta sotto quota 200 a causa nuovamente dell’uscita dal mercato delle imprese con meno di 5 addetti.

I primi dati disponibili per il 2011 evidenziano il ritorno alla crescita per il distretto di San Mauro Pascoli. Restano però alcune criticità, da tempo presenti in maniera latente e rese più evidenti dalla drammaticità della crisi. La crescita degli anni Duemila, pur evidenziando le potenzialità del tessuto produttivo locale, appare poco equilibrata ed eccessivamente basata sul successo ottenuto in Russia. La crisi ha mostrato quanto sia rischioso concentrarsi eccessivamente su un solo mercato. Esistono notevoli margini di miglioramento, sia in alcuni importanti paesi avanzati (come Stati Uniti, Francia e Germania), sia soprattutto nei nuovi mercati (come Cina e Medio Oriente), dove la propensione a esportare del distretto è ancora molto bassa e ampio è il potenziale di crescita.

In prospettiva la crescente importanza attribuita alla qualità dei prodotti e dei servizi offerti e alla flessibilità produttiva potrebbero portare a una riscoperta delle filiere e, soprattutto, avvantaggiare un polo produttivo come San Mauro Pascoli, da sempre noto per la qualità delle sue produzioni. Ciò dipenderà dalla sensibilità dei consumatori verso il valore del made in Italy, inteso come immagine e design italiano, ma soprattutto come capacità realizzativa delle sue maestranze. E’ necessario però fare in modo che venga conservata l’integrità delle filiere

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produttive, che garantisce flessibilità e che molto spesso è alla base della qualità delle produzioni italiane. Finora l’aver conservato la filiera, evitando, al contrario degli altri principali distretti italiani (su tutti Montebelluna e Fermo, ma anche la Riviera del Brenta), di ricorrere massicciamente all’esternalizzazione produttiva, ma mantenendo localmente gran parte della catena di fornitura e subfornitura, è stato premiante. San Mauro Pascoli, infatti, è l’unico polo calzaturiero che nel corso degli anni Duemila ha conosciuto un significativo progresso del suo avanzo commerciale. Quest’ultimo, nonostante il ripiegamento subito nell’ultimo biennio, si è portato a 182 milioni di euro nel 2010 dai 73 milioni del 1999.

Il futuro di San Mauro Pascoli dipende crucialmente dalla virtuosa interazione di tutti gli attori del distretto (fornitori, terzisti, calzaturifici, istituzioni locali, imprenditoria extra-comunitaria, griffe internazionali, ma anche vecchie e nuove generazioni) che possono contribuire a mantenere e arricchire il patrimonio di conoscenze del territorio. Per competere nel mercato del lusso è, infatti, indispensabile conservare e coltivare la cultura del saper produrre calzature di qualità che esiste in loco, e far tesoro del brand dei calzaturifici locali nonché delle conoscenze di comunicazione e della forza commerciale delle griffe internazionali. Il tessuto produttivo di San Mauro Pascoli ha i numeri per far bene anche nei prossimi anni. E’ necessario però che ci sia da parte di tutti la consapevolezza che l’eccellenza di San Mauro Pascoli può anche in prospettiva essere fonte di occupazione, valore aggiunto e, in ultima analisi, benessere economico ed equilibrio sociale.

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1. Introduzione

L’obiettivo dello studio è quello di mettere a confronto il calzaturiero di San Mauro Pascoli e gli altri principali poli calzaturieri italiani (Fermo, Montebelluna, la Riviera del Brenta). Attraverso questo confronto si cercherà di capire come i principali distretti calzaturieri italiani abbiano reagito al profondo cambiamento del contesto competitivo internazionale, che ha visto la rapida affermazione dei paesi asiatici (Cina e Vietnam in primis).

L’analisi parte da una fotografia della struttura produttiva e dei principali cambiamenti del settore in esame, con particolare attenzione al peso ricoperto dalle varie province italiane in termini di addetti e alla loro struttura dimensionale (cap. 2), al grado di apertura commerciale e di internazionalizzazione delle filiere produttive (cap. 3). Si passa poi ad analizzare il processo di ridefinizione dei mercati di sbocco, con la crescita dell’importanza delle mete geografiche lontane culturalmente e complesse, ma ad alto potenziale (cap. 4). Successivamente (par. 5) si cerca di capire come le trasformazioni che hanno interessato il settore calzaturiero negli anni Duemila abbiano influenzato le performance di crescita (in termini di fatturato e di export) e reddituali dei principali distretti calzaturieri italiani e, in particolare, di San Mauro Pascoli. Limitatamente al distretto di San Mauro Pascoli, inoltre, si offre una fotografia dell’andamento delle imprese nel corso degli anni Duemila tenendo conto del loro posizionamento lungo la filiera produttiva del calzaturiero (calzaturifici, terzisti,...). Il capitolo 6 si sofferma sulle principali criticità che caratterizzano il distretto di San Mauro. Il capitolo 7 individua i percorsi strategici che le imprese del settore e, in particolare, quelle di San Mauro dovranno seguire per superare la crisi e per proporsi con rinnovato successo sui mercati internazionali. L’ultimo capitolo conclude ed elenca una serie di progetti e/o iniziative per rafforzare la competitività del distretto e per conservare e rilanciare la filiera locale.

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2. La struttura produttiva

2.1 Il calzaturiero italiano

Il settore calzaturiero italiano nel 2010 conta 5.804 aziende e 80.153 addetti (dati Anci) e rappresenta uno dei comparti più importanti del Sistema moda. Questo successo si deve alla vivace iniziativa imprenditoriale e alla tipica struttura del settore, caratterizzata da imprese di piccole e medie dimensioni, specializzate in specifiche attività di filiera, che coprono l’intero processo produttivo, dalle materie prime al prodotto finito (approvvigionamento materiali, componenti, accessori, produttori di macchinari, modellisti e stilisti).

La produzione calzaturiera italiana è concentrata nei distretti, localizzati principalmente nelle Marche (Fermo), in Toscana (Valdinievole, S. Croce, Valdarno, Castelfiorentino), nel Veneto (Montebelluna, Verona, Riviera del Brenta), in Lombardia (Bassa Bresciana, Vigevano), in Campania (area Nord Napoletana), in Puglia (Casarano, Nord Barese) e in Emilia Romagna (San Mauro Pascoli). Queste sette regioni rappresentano il 93% del fatturato esportato e il 97% circa delle imprese e degli addetti (Tab. 2.1).

Tab. 2.1 – Le prime sette regioni italiane nel calzaturiero, 2010 (composizione %) Aziende Addetti ExportMarche 33,4 27,9 19,0Toscana 22,5 19,3 19,8Veneto 16,0 19,0 29,6Puglia 6,5 10,4 3,5Lombardia 7,5 8,1 12,0Campania 7,4 7,3 2,9Emilia Romagna 3,7 4,7 6,5 Fonte: Istat e stime Anci

L’industria calzaturiera italiana è specializzata nella produzione di calzature con tomaia in pelle e cuoio (rispettivamente 68,5% e 84,8% il peso in paia e valori), che presentano prezzi medi unitari relativamente elevati (Tab. 2.2). Seguono le calzature in sintetico e le pantofole che mostrano prezzi unitari bassi. Tra le calzature in pelle e cuoio spiccano le calzature da donna, che in valore rappresentano il 51,5% della produzione italiana e presentano i più alti prezzi medi. Seguono le calzature da uomo (21,4% il peso in valore sul totale nazionale), quelle sportive (5,8%) e da bambino (4,5%).

Tab. 2.2 – Produzione di calzature per materiale di tomaia, 2010 Composizione % paia valori

prezzo medio in euro

Pelle e cuoio, di cui: 68,5 84,8 41,32 bambino 6,1 4,5 24,77 uomo 16,8 21,4 42,52 donna 37,4 51,5 45,89 sportive 6,1 5,8 31,98 altre 2,1 1,6 25,65

Sintetico 13,5 7,3 17,90 Pantofole 6,3 1,5 7,77 Gomma 3,8 0,8 6,91 Altro materiale 7,9 5,7 23,98 Totale 100,0 100,0 33,37

Fonte: stime Anci

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta il settore ha registrato un progressivo calo di imprese e addetti (Fig. 2.1), causato dalle crescenti pressioni competitive sui mercati esteri e da consumi interni stagnanti (Figure 2.2 e 2.3).

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Fig. 2.1 – Occupazione e imprese nel calzaturiero italiano

70.000

80.000

90.000

100.000

110.000

120.000

130.000

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

5.000

6.000

7.000

8.000

9.000

addetti

aziende (s.d.)

Fonte: stime Anci

L’export italiano in quantità negli ultimi vent’anni ha subito un significativo ridimensionamento, schiacciato dall’affermazione dei paesi asiatici, spesso sede anche dei processi di delocalizzazione delle multinazionali delle economie avanzate (in particolare nelle calzature sportive). Il venir meno delle limitazioni al commercio mondiale di alcuni prodotti calzaturieri (1° gennaio 2005) ha esacerbato le difficoltà dei produttori italiani ed europei nel fronteggiare la concorrenza asiatica, basata sui costi ridotti, fino al punto da incorrere nella procedura antidumping adottata dal Consiglio dell’Unione Europea a inizio 2006. Nell’ottobre del 2006, infatti, è stato introdotto un dazio antidumping sull’import di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio naturale o ricostruito, a esclusione delle calzature per lo sport, delle pantofole ed altre calzature da camera e delle calzature con puntale protettivo, provenienti dalla Cina, dal Vietnam e da Macao: queste misure antidumping sono state in vigore fino al 31 marzo del 20111.

Fig. 2.2 – I numeri del calzaturiero italiano: milioni di paia di calzature

150

200

250

300

350

400

450

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Produzione Esportazioni

Importazioni Consumi interni

Fonte: elaborazioni Anci su dati Istat e stime Anci

1 La Commissione nell’ottobre del 2008 ha aperto un’indagine per il riesame delle misure antidumping applicabili all’import di alcuni tipi di calzature con tomaia di cuoio originarie della Cina e del Vietnam. Con il Reg. Ce n.1294/2009 è stata approvata la proroga delle misure antidumping sulle importazioni di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio originarie del Vietnam e della Cina, esteso all’import di alcuni tipi di calzature con tomaie di cuoio spedite da Macao, a prescindere che siano dichiarate o no originarie di Macao. La decisione dell'UE è entrata in vigore il 3 gennaio 2010 e ha avuto effetto per 15 mesi. I dazi, come deciso da Bruxelles, sono stati rispettivamente pari al 16,5% per la Cina e al 10% per il Vietnam (Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, 30 dicembre 2009).

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Fig. 2.3 – I numeri del calzaturiero italiano: valori in milioni di euro

0

2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Produzione Esportazioni

Importazioni Consumi interni

Fonte: elaborazioni Anci su dati Istat e stime Anci

Fig. 2.4 – I numeri del calzaturiero italiano: prezzi medi in euro per paio

5

10

15

20

25

30

35

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Produzione Esportazioni

Importazioni Consumi interni

Fonte: elaborazioni Anci su dati Istat e stime Anci

L’industria italiana è via via uscita dalle produzioni meno difendibili, più soggette alla concorrenza di prezzo dei produttori emergenti. In particolare, nel corso degli anni Duemila il calzaturiero italiano si è spostato sempre più verso le calzature da donna con tomaia in pelle e cuoio, riducendo, al contempo, la presenza nella produzione di calzature in sintetico e di pantofole, che presentano prezzi medi contenuti e poco remunerativi. Più nel dettaglio, nel corso degli anni Duemila, si è contratta in quantità la produzione di gran parte dei comparti calzaturieri; anche in valore il calo è stato quasi generalizzato, con l’eccezione delle calzature da donna, che fino a prima della crisi del biennio 2008-09 avevano tenuto, grazie a un significativo aumento dei già elevati prezzi medi.

Il nuovo contesto competitivo ha più in generale spinto le imprese italiane verso un processo di riposizionamento internazionale, in cui si abbandonano, anche attraverso processi di delocalizzazione ed esternalizzazione, le fasi del processo produttivo a minore valore aggiunto che una volta erano affidate in sub-fornitura a lavoratori o piccoli opifici locali, si persegue un continuo miglioramento qualitativo delle produzioni e si riduce la manifattura a favore di attività a maggiore valore aggiunto (progettazione, design, marketing, distribuzione). I prezzi italiani della produzione e delle esportazioni sono, infatti, in costante crescita (Fig. 2.4), a testimonianza del graduale spostamento delle produzioni nazionali su fasce di prezzo più elevate e maggiormente difendibili dalla concorrenza estera. Nel tempo l’Italia ha perso quote di mercato

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nelle produzioni del Sistema moda di bassa e media qualità, accrescendo, anche se di poco, la sua presenza nelle fasce di qualità più elevate (Fig. 2.5)2.

Fig. 2.5 – Export italiano per fasce di prezzo/qualità nel sistema moda (quote di mercato mondiali; %)

4,1

7,6

13,2

1,7

4,4

13,6

0

3

6

9

12

15

Bassa qualità Media qualità Alta qualità

2001 2009

Fonte: Intesa Sanpaolo su dati BACI

Tali trasformazioni hanno portato anche a un incremento significativo delle importazioni (Fig. 2.2), in particolare dai paesi emergenti, che sono spesso dirette nelle principali aree di specializzazione calzaturiera del paese, segnalando – almeno indirettamente – l’apertura delle filiere produttive a livello internazionale.

In questo processo di riposizionamento il calzaturiero italiano ha visto aumentare l’importanza delle funzioni immateriali, come testimonia la crescente quota di addetti high-skilled impiegati in R&S, distribuzione e organizzazione. Rispetto ai paesi dell’Est Europa, sede di delocalizzazione produttiva, in Italia queste funzioni hanno infatti un peso più elevato (Fig. 2.7). Nel nostro paese, inoltre, prevalgono gli operai specializzati e gli artigiani (Fig. 2.6), a indicazione del fatto che il nostro tessuto produttivo basa il proprio vantaggio comparato sul saper produrre calzature di qualità.

Fig. 2.6 – Quota di lavoratori impiegata nel processo produttivo (blue collars)

Fig. 2.7 – Quota di lavoratori impiegata nelle mansioni immateriali (white collars)

0 20 40 60 80

Italia

Polonia

Portogallo

Romania

Spagna

Slovacchia

High skilled Low skilled

0 5 10 15 20

Italia

Polonia

Portogallo

Romania

Spagna

Slovacchia

High skilled Low skilled

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpalo su dati Eurostat-LFS Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Eurostat-LFS

2 Per una descrizione della stima delle quote di mercato per fasce di qualità si rimanda a Foresti e Trenti (2011).

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2.2 I principali distretti industriali

Il distretto di San Mauro Pascoli3 è uno dei principali poli calzaturieri italiani: occupa più di 3.000 addetti in più di 200 imprese (Tab. 2.3). Il 7,6% degli addetti manifatturieri della provincia di Forlì-Cesena trova impiego nel distretto. Escludendo Santa Croce sull’Arno e Firenze, dove prevalgono specializzazioni produttive non calzaturiere (rispettivamente la concia e la pelletteria), solo quattro distretti calzaturieri hanno una rilevanza in termini di addetti maggiore rispetto a San Mauro Pascoli: si tratta di Fermo, di gran lunga primo polo italiano, la Riviera del Brenta, il Napoletano e Montebelluna. Nel resto di questa monografia ci si concentrerà sul confronto tra San Mauro Pascoli, Fermo, la Riviera del Brenta e Montebelluna.

Tab. 2.3 – Struttura e specializzazione produttiva, 2007 Numero In % Italia

Addetti Unità locali Addetti Unità locali

Indice di specializzazione

produttivaItalia, di cui: 95.077 11.202 100,0 100,0 100,0

Fermo 30.245 3.784 31,8 33,8 1.602,9Ascoli Piceno 20.605 2.600 21,7 23,2 2.046,7Macerata 9.639 1.184 10,1 10,6 1.095,2

Riviera del Brenta 6.992 721 7,4 6,4 188,4Venezia 4.460 436 4,7 3,9 324,6Padova 2.532 285 2,7 2,5 108,3

Napoletano 6.511 946 6,8 8,4 233,7Napoli 4.698 690 4,9 6,2 219,9Caserta 1.813 256 1,9 2,3 279,4

Polo fiorentino della pelle (Firenze)4 5.266 592 5,5 5,3 259,6Santa Croce sull'Arno (Pisa)5 4.752 595 5,0 5,3 562,0Montebelluna (Treviso) 4.379 310 4,6 2,8 152,5Bari 3.526 380 3,7 3,4 215,1San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena) 3.369 246 3,5 2,2 356,2Verona 3.094 285 3,3 2,5 154,9Casarano (Lecce) 2.708 177 2,8 1,6 416,2

* L’indice di specializzazione è ottenuto calcolando il rapporto percentuale tra il peso ricoperto da un settore in una regione e quello assunto dallo stesso settore nell’economia italiana. Valori superiori a 100 indicano una relativa specializzazione settoriale della regione. Nota: i dati si riferiscono alle unità locali delle imprese. Ateco 2007: 152: industria calzaturiera. Fonte: Istat, Asia.

Il distretto di San Mauro Pascoli si sviluppa prevalentemente su tre comuni della provincia di Forlì-Cesena: San Mauro Pascoli, Gatteo e Savignano sul Rubicone. Nell’area distrettuale esiste una forte concentrazione di aziende impegnate nella produzione di scarpe di alta qualità, soprattutto da donna, generalmente con tomaia in pelle e destinate in buona parte al mercato del lusso. La delocalizzazione produttiva risulta quasi del tutto assente, anche a causa dell’elevato livello qualitativo delle produzioni, che potrebbe essere messo a repentaglio dal ricorso a lavorazioni estere. Questo posizionamento qualitativo pone, inoltre, le imprese dell’area al riparo dalla concorrenza di prezzo dei paesi emergenti (Cina in primis), che incontrano grosse difficoltà a competere su queste fasce di produzione.

Nel tempo le imprese leader, che fanno da traino a tutta l’area distrettuale e attorno alle quali ruota una moltitudine di piccole imprese terziste, hanno saputo trarre vantaggio dal saper fare calzature di qualità, puntando in misura crescente sulla fase commerciale, attraverso la creazione di brand forti e conosciuti (come Pollini, Sergio Rossi, Casadei, Baldinini, Vicini) e di network distributivi (monomarca propri o in franchising, corner in the shop). Esse, inoltre, hanno diversificato la gamma produttiva, con l’ingresso nei comparti delle borse e degli accessori in 3 Tutti i dati mostrati in questo studio si riferiscono al calzaturiero della provincia di Forlì-Cesena, salvo diversa indicazione. 4 Si considera solo il comparto calzaturiero e non anche la pelletteria e la concia. 5 Si considera solo il comparto calzaturiero e non anche la concia.

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pelle (ormai comune a molte aziende finali del distretto). Sul fronte distributivo e della diversificazione produttiva i principali attori del distretto sono stati agevolati dall’ingresso nel loro capitale sociale di alcune case di moda (Gucci, Ferretti, Mariella Burani), che sono state attirate dal ricco know-how produttivo presente. Le imprese leader hanno dimensioni medio-grandi (almeno 50 addetti) e impiegano il 50% circa degli addetti del distretto.

Tab. 2.4 – Dimensioni aziendali nel 2007 Numero unità locali fino a 9 da 10 a 19 da 20 a 49 da 50 a 249 250 e più totale Italia, di cui: 8.561 1.635 770 223 13 11.202

Fermo 2.963 505 244 69 3 3.784 Ascoli Piceno 2.030 355 169 44 2 2.600 Macerata 933 150 75 25 1 1.184

Riviera del Brenta 511 124 70 15 1 721 Venezia 292 85 49 10 0 436 Padova 219 39 21 5 1 285

Napoletano 741 144 48 13 0 946 Napoli 544 105 29 12 0 690 Caserta 197 39 19 1 0 256

Montebelluna (Treviso) 217 48 28 14 3 310 Bari 283 60 28 8 1 380 San Mauro Pascoli 169 41 23 12 1 246 Verona 213 37 20 15 0 285 Casarano (Lecce) 116 25 25 10 1 177

Numero addetti Italia, di cui: 25.629 22.109 23.115 19.796 4.428 95.077

Fermo 8.995 6.868 7.155 6.028 1.198 30.245 Ascoli Piceno 6.393 4.838 4.784 3.664 927 20.605 Macerata 2.602 2.030 2.371 2.364 271 9.639

Riviera del Brenta 1.432 1.689 2.179 1.437 254 6.992 Venezia 846 1.149 1.537 928 0 4.460 Padova 586 540 642 510 254 2.532

Napoletano 2.239 1.897 1.378 998 0 6.511 Napoli 1.649 1.337 862 851 0 4.698 Caserta 589 561 516 147 0 1.813

Montebelluna (Treviso) 668 664 834 1.199 1.015 4.379 Bari 875 799 820 676 356 3.526 San Mauro Pascoli 495 575 737 1.297 264 3.369 Verona 653 506 643 1.292 0 3.094 Casarano (Lecce) 330 330 735 1.063 250 2.708

Composizione % degli addetti Italia, di cui: 27,0 23,3 24,3 20,8 4,7 100,0

Fermo 29,7 22,7 23,7 19,9 4,0 100,0 Ascoli Piceno 31,0 23,5 23,2 17,8 4,5 100,0 Macerata 27,0 21,1 24,6 24,5 2,8 100,0

Riviera del Brenta 20,5 24,2 31,2 20,6 3,6 100,0 Venezia 19,0 25,8 34,5 20,8 0,0 100,0 Padova 23,2 21,3 25,4 20,1 10,0 100,0

Napoletano 34,4 29,1 21,2 15,3 0,0 100,0 Napoli 35,1 28,4 18,3 18,1 0,0 100,0 Caserta 32,5 30,9 28,5 8,1 0,0 100,0

Montebelluna (Treviso) 15,3 15,2 19,0 27,4 23,2 100,0 Bari 24,8 22,7 23,3 19,2 10,1 100,0 San Mauro Pascoli 14,7 17,1 21,9 38,5 7,8 100,0 Verona 21,1 16,4 20,8 41,8 0,0 100,0 Casarano (Lecce) 12,2 12,2 27,1 39,2 9,2 100,0

Fonte: Istat

Il distretto della Riviera del Brenta presenta caratteristiche uniche nel panorama calzaturiero italiano e internazionale. Situato lungo il Brenta, a cavallo tra le province di Venezia e Padova e concentrato nei comuni di Stra, Fiesso d’Artico, Fossò e Vigonovo, è il centro mondiale della

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produzione di calzature da donna di alta qualità (scarpe, sandali, stivali, stivaletti, ecc.), a cui si rivolgono i maggiori marchi internazionali della moda per la produzione e, a volte, per il concepimento delle proprie linee di accessori in pelle. Solo una parte minoritaria della produzione distrettuale è rivolta ai comparti uomo e bambino. Gli elementi che hanno permesso al distretto di espandersi e conseguire una posizione di vantaggio competitivo negli anni sono da ricercare nella qualità dei materiali e delle lavorazioni che, anche secondo i dati Acrib, è andata aumentando nel tempo. A ciò si aggiungono elementi determinanti per il successo di mercato quali il gusto estetico e l’attenzione al design. Per questo nel distretto hanno assunto un ruolo importante il Politecnico, che forma capitale umano qualificato e garantisce un flusso continuo di innovazione, e i modellisti, interni alle aziende ma anche esterni, che coniugano la conoscenza dei materiali e delle lavorazioni con la creatività e la fantasia e traducono i bozzetti di calzature in modelli sviluppati per taglie, mostrando “sensibilità” nel cogliere le tendenze del mercato. Nel tempo i grandi gruppi del lusso sono penetrati nel distretto alla ricerca di produttori specializzati per affidare loro la produzione delle scarpe commercializzate poi con i propri marchi. Dalla fine degli anni Novanta alcune aziende del distretto hanno, pertanto, iniziato a lavorare come terziste di grandi marchi del Sistema moda che, forti di competenze di design e commerciali, hanno ritrovato nella professionalità manifatturiera del distretto l’abilità produttiva che loro mancava.

Pur in presenza di alcune imprese leader di filiera, nel distretto sono per lo più assenti le grandi imprese (solo un’azienda ha almeno 250 addetti). I tre quarti circa degli addetti trovano impiego in unità locali di piccole dimensioni (meno di 50 addetti), per lo più in linea con la media nazionale (Tab. 2.4). Tuttavia, nel corso degli anni Duemila i calzaturifici dell’area, pur rimanendo di dimensioni ridotte, hanno accresciuto le loro dimensioni, per via della crescita di alcune medie imprese, ma anche di acquisizioni operate da alcune case di moda internazionali.

Il distretto di Fermo rappresenta la più grande concentrazione di imprese calzaturiere nel territorio italiano, diffuse oramai all’intero territorio delle due province di Ascoli Piceno e Macerata. Nel distretto sono presenti diversi tipi di produzione: dalle calzature per bambino/ragazzo (concentrate in particolare nella zona di Monte Urano), alle calzature da donna, a quelle da uomo (in particolare intorno al comune di Montegranaro). Le imprese distrettuali sono specializzate nella produzione di tutte le componenti della scarpa: nell’area, infatti, oltre ai calzaturifici, si trova la maggiore concentrazione italiana di imprese che producono tacchi, e vi sono produttori specializzati nella realizzazione di suole, solette, forme, etichette ed elementi ornamentali (guarnizioni, decorazioni, ricami); sono presenti anche diverse imprese che commercializzano pellami. Il tessuto imprenditoriale è costituito da alcune imprese leader e da un folto numero di imprese di minori dimensioni, sia sub-fornitori e conto-terzisti, sia imprese autonome, spesso specializzate in nicchie di prodotto.

Nel distretto di Fermo le grandi aziende (con più di 250 addetti) che sono comparse nel corso degli anni Novanta, ricoprono un peso ancora marginale (impiegando solo il 4% degli occupati totali; Tab. 2.4)6. Esse hanno un atteggiamento pro-attivo verso l’innovazione; sono concentrate su attività ad alto valore aggiunto (marketing, comunicazione, progettazione, distribuzione), cercano una diversificazione produttiva, con estensioni della gamma (ad esempio nell’abbigliamento e negli accessori) e dei mercati di sbocco, anche attraverso la creazione di stabilimenti produttivi o joint venture; sono intervenute sui canali di approvvigionamento, ponendo attenzione alla selezione efficiente delle fonti di fornitura, distrettuali e non, sviluppando relazioni stabili al fine di garantire continuità e qualità agli approvvigionamenti; hanno attuato una proiezione internazionale delle fasi terminali della catena del valore (funzione commerciale e presidio dei canali di sbocco). Esse, infine, hanno sviluppato relazioni strategiche

6 Questi dati devono essere interpretati con cautela visto che si riferiscono alle unità locali e, quindi, considerano separatamente stabilimenti di una stessa impresa collocati in una determinata provincia.

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oltre i confini del distretto, in reti internazionali per l’innovazione tecnologica, l’informatizzazione, la gestione della qualità, la progettazione, la comunicazione, il marketing, le ricerche di mercato, la consulenza direzionale.

Il distretto di Montebelluna, strutturato intorno all’omonimo comune in provincia di Treviso, è storicamente specializzato nelle calzature sportive. Il comparto trainante del distretto è attualmente quello delle calzature per la città e il tempo libero, seguite dallo scarpone da montagna e dallo scarpone da sci7, che hanno nel tempo progressivamente perso peso. Da tempo, tuttavia, l’evoluzione del distretto vede una significativa diversificazione dalle calzature verso altri prodotti dedicati allo sport (abbigliamento, attrezzature) tanto che oggi si parla più propriamente di distretto dello sport system. In questo contributo ci si concentrerà sul solo settore delle calzature, per poter meglio confrontare i percorsi di trasformazione specifici con quelli degli altri distretti del settore, tenendo comunque presente la natura multiprodotto di molte aziende. Il distretto è caratterizzato dalla presenza di alcune importanti imprese leader (con una struttura progressivamente sempre più concentrata sulle attività di analisi delle tendenze moda e nuovi sport, design, organizzazione, marketing, comunicazione e logistica), la cui presenza nel distretto è caratterizzata sempre più da piattaforme logistiche e distributive, piuttosto che produttive (cfr. a questo proposito Geox e Lotto). Queste grandi imprese hanno nel tempo notevolmente accresciuto il loro peso in termini di addetti impiegati, che si è portato al 23,2% (Tab. 2.4), dando una caratterizzazione maggiormente industriale al distretto. Nel distretto vi è, poi, un nucleo significativo di imprese con prodotto proprio e strategie di nicchia (spesso basata su un altissimo livello qualitativo) e, infine, un gruppo di imprese terziste, in maggiore difficoltà, soprattutto quelle non specializzate, in diretta concorrenza con subfornitori e contoterzisti esteri a basso costo.

2.3 Il calzaturiero di San Mauro Pascoli

Nel distretto di San Mauro Pascoli opera un numero ristretto di grandi calzaturifici (Tab. 2.5) che fa da traino a tutto il distretto e attorno a cui ruotano molte piccole imprese terziste. I calzaturifici sono inoltre le aziende più antiche (circa un terzo delle imprese è stato fondato prima degli anni Settanta) e rappresentano il nucleo originario che ha dato vita al distretto decentrando alcune fasi produttive presso altre imprese.

Nel distretto operano essenzialmente tre tipologie di calzaturifici che si distinguono soprattutto per le diverse modalità di approccio con il mercato finale e di interazione con le altre imprese, nonché per la differente propensione all’introduzione di innovazioni di prodotto e di processo (Lupi, 2004):

i calzaturifici leader si caratterizzano o per avere in portafoglio marchi propri e importanti conosciuti anche all’estero, o per essere licenziatari della produzione di calzature per grandi griffe e aver sviluppato le politiche commerciali e distributive (i prodotti sono commercializzati anche con una propria struttura di vendita) e investito nel design di prodotto. Nella maggioranza dei casi il design è realizzato ancora all’interno di queste aziende e, anzi, proprio alla creatività degli imprenditori e alle attività dei modellisti, si deve gran parte del successo produttivo. A queste imprese è riconosciuto il ruolo di “motori del distretto” anche se l’ingresso di alcune nell’orbita delle case di moda ha determinato, talvolta, una produzione basata su modelli ideati al di fuori dell’ambito distrettuale. Si viene, quindi, a delineare una situazione composita nella quale “le stesse aziende producono linee ‘firmate’ ora a nome dei proprietari originari, ora a nome dei gruppi che hanno acquisito parte delle aziende, ora a nome di altre firme attraverso accordi di collaborazione” (Lupi, 2004).

7 Nel 1987 gli scarponi da sci e i doposci insieme rappresentavano il 60% del fatturato del distretto. Nel

2008 questa percentuale è scesa al 9% (Osem, 2008).

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Il secondo gruppo è costituito dai calzaturifici che lavorano esclusivamente per conto terzi, instaurando solitamente rapporti di monocommittenza per la realizzazione di parte della produzione di alcuni modelli o, talora, per l’intera fabbricazione di particolari linee di prodotti. Questi calzaturifici, di dimensioni più ridotte, sono spesso nati come aziende indipendenti, con un proprio marchio ma, in successivi momenti di crisi, sono diventati contoterzisti delle aziende di maggiore successo, eliminando per la maggior parte il reparto di modelleria.

Infine, il terzo gruppo è composto da un numero molto ristretto di calzaturifici di piccole-medie dimensioni che cerca di portare avanti un proprio marchio e a cui fa riferimento un discreto numero di terzisti. Alcune imprese producono sia in conto proprio che in conto terzi per le aziende leader del distretto. Buona parte di questi calzaturifici è di fondazione recente e si rivolge a target particolari di clienti, commercializzando prodotti con un prezzo leggermente più basso.

Tab. 2.5 – Le principali imprese del distretto Fatturato 2009

(milioni di euro) Addetti al

31.03.2011 Gruppo

SERGIO ROSSI SPA (a) 82,0 116 Gucci BALDININI SRL 72,3 244 Mariella Burani VICINI SPA 57,6 107 Vicini POLLINI SPA 43,8 233 Aeffe SERGIO ROSSI MANUFACTORING SRL (b) 36,3 210 Gucci VIP SHOES SRL 34,1 218 Vicini CALZATURIFICIO CASADEI SPA 24,7 179 FORMIFICIO ROMAGNOLO SPA 20,5 339 SERGIO ROSSI RETAIL SRL (a) 16,9 45 Gucci POLLINI RETAIL SRL 16,1 117 Aeffe FA.I.T. ADRIATICA SPA 12,1 141 S.I.L.C.E.A. SRL 8,7 81 GGR SRL 8,6 79 GREY MER SRL 7,9 45 GIGLIOLI PRODUCTION SRL 7,8 95 Sfera GIOVAGNOLI SRL 5,9 46 FOAZ SRL 5,2 76 ITALSFORM SNC 4,7 51 TACCHIFICIO ZANZANI SRL 4,6 23 T.G.P. SRL 4,2 49 CALZATURIFICIO ZAMAGNI SNC 3,3 33 TACCHIFICIO DEL RABBI SPA 3,1 27 SOLEDAN SRL 2,8 30 Sfera SUOLIFICIO GLORIA SRL 2,4 34 FACIT SRL 2,0 19 (a) Il dato di fatturato comprende anche i valori della Sergio Rossi Services Srl che è stata incorporata nella Sergio Rossi Spa, con effetti giuridici dal 31 dicembre 2009 ed effetti contabili e fiscali dal 1 gennaio 2009. Parte del fatturato della Sergio Rossi Spa è realizzato (15 milioni di euro circa a valori di mercato) con vendite dirette verso la Sergio Rossi Retail Srl che nel 2009 ha registrato ricavi pari a 16,9 milioni. (b) Nel 2009 la Sergio Rossi Spa ha acquistato dalla Sergio Rossi Manufacturing beni per un importo pari a 30,3 milioni di euro (sempre a valori di mercato).

Nota: nella tavola sono indicate le imprese produttive e commerciali del distretto con fatturato superiore a 2 milioni di euro nel 2009.

Fonte: Camera di Commercio di Forlì-Cesena (addetti) ed elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali (fatturato)

Attorno all’epicentro della filiera produttiva distrettuale, costituito dai calzaturifici, ruota una fitta rete di imprese di fornitura sorte grazie a un forte “processo di disintegrazione produttiva”, analogo a quello avvenuto in molte altre realtà distrettuali in Emilia Romagna e, in generale, in Italia a partire dagli anni Settanta.

La composizione della rete di fornitura appare molto variegata in relazione anche ai rapporti di maggiore o minore subordinazione a una o più imprese (le imprese di montaggio, le trancerie e i tomaifici sono pressoché esclusivamente terziste delle imprese finali sammauresi), al prodotto trattato e alla possibilità di collocarlo anche al di fuori del distretto (come avviene per i suolifici o i tacchifici), alla possibilità di sviluppare relazioni di co-progettazione di parti e componenti, alla

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specificità delle lavorazioni eseguite. Rimane comunque ancora alta la quota di terzisti legati a un committente per una quota di fatturato superiore al 50%.

Le aziende specializzate nella produzione di semi-lavorati (suolifici, solettifici, tacchifici) hanno avuto anch’esse origine dal processo di esternalizzazione produttiva tuttavia, a differenza di altre imprese di fornitura, hanno acquisito nel tempo una certa autonomia e un buon grado di sviluppo collocandosi tra le maggiori aziende distrettuali. Inoltre, si distinguono per un maggior tasso di innovazione tecnologica e di automazione dei processi produttivi.

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3. Apertura commerciale e internazionalizzazione produttiva

3.1 La propensione a esportare

I dati di commercio estero consentono di arricchire la descrizione della struttura produttiva dei principali distretti calzaturieri analizzati. Fermo si conferma al primo posto anche in termini di esportazioni e di avanzo commerciale (Tab. 3.1).

Tab. 3.1 – Le principali province in termini di export nel calzaturiero italiano, 2010 Esportazioni in % export italiano Saldo commerciale

Fermo 1.262 18,2 812Montebelluna 875 12,6 168Riviera del Brenta 618 8,9 279Firenze 600 8,7 461Milano 485 7,0 3Verona 375 5,4 58Pisa 252 3,6 173Lucca 249 3,6 162San Mauro Pascoli 195 2,8 182Napoletano 195 2,8 74Barese 189 2,7 68

Fonte: Istat

Seguono Montebelluna, che spiega il 12,6% dei flussi commerciali italiani del settore, e la Riviera del Brenta, che rappresenta quasi il 9% delle esportazioni del calzaturiero nazionale. Entrambi i distretti hanno un peso in termini di export superiore a quello ottenuto considerando addetti e unità locali (cfr. par. 2.2), a testimonianza della loro elevata propensione a esportare. Più distante San Mauro Pascoli, che, al pari del polo Napoletano, spiega poco meno del 3% dei flussi italiani di export di calzature.

Conferme in tal senso provengono dalla combinazione dei dati di commercio estero e di quelli relativi agli addetti delle unità locali, che offre una stima, per quanto approssimativa, della propensione a esportare dei distretti italiani (Tab. 3.2).

Tab. 3.2 – Grado di apertura commerciale, propensione all’export e import penetration nelle principali province italiane specializzate nel calzaturiero, 2007

Propensione all'export Penetrazione commerciale Apertura commerciale" export/addetti import/addetti (export+import) /addetti euro Italia=100 euro Italia=100 euro Italia=100Italia, di cui: 78.691 100,0 40.944 100,0 119.636 100,0

Fermo 51.306 65,2 15.041 36,7 66.346 55,5Riviera del Brenta 101.784 129,3 41.502 101,4 143.286 119,8Napoletano 27.949 35,5 12.258 29,9 40.207 33,6Montebelluna (Treviso) 200.137 254,3 142.208 347,3 342.346 286,2San Mauro Pascoli 69.313 88,1 4.220 10,3 73.534 61,5

Fonte: elaborazioni. Intesa Sanpaolo su dati Istat

Spicca in particolare Montebelluna che si colloca abbondantemente al primo posto per propensione all’export (qui approssimata dal rapporto tra export e addetti). Storicamente questo distretto ha mostrato un’elevata presenza sui mercati esteri: già alla fine degli anni Ottanta il valore deflazionato dell’export era stimabile in circa 700 miliardi di vecchie lire.

Molto alta e superiore alla media italiana anche la propensione a esportare del calzaturiero della Riviera del Brenta8. Su buoni livelli anche San Mauro Pascoli che, nonostante presenti una

8 Conferme in tal senso vengono dall’Acrib che stima intorno al 90% la propensione all’export del distretto.

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propensione a esportare di poco inferiore alla media italiana, precede Fermo. Fermo paga la modesta capacità di presidiare i mercati esteri soprattutto da parte delle numerose piccole imprese del distretto.

3.2 L’import penetration e l’internazionalizzazione produttiva

L’apertura commerciale di un territorio è influenzata anche dai flussi di import: anche in questo caso primeggia Montebelluna. Questo distretto, infatti, presenta un’alta penetrazione commerciale di prodotti calzaturieri importati (approssimata dal rapporto fra importazioni e addetti delle unità locali; Tab. 3.2) e una crescente incidenza dei flussi di import sui flussi di export (Tab. 3.3). A fine anni Duemila, infatti, nel distretto si importano calzature per un valore di 80 euro ogni 100 euro di calzature esportate (questo rapporto era pari a 50/100 dieci anni prima).

Tab. 3.3 - Importazioni in % esportazioni del calzaturiero nelle principali province italiane di specializzazione 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010Italia, di cui: 33,4 35,8 38,0 42,2 46,8 47,7 52,0 53,8 52,0 52,1 59,1 61,4

Fermo 15,2 18,3 19,7 22,7 26,2 27,4 31,3 31,3 29,3 27,5 32,1 35,7Montebelluna 50,6 57,1 61,8 65,8 65,8 63,2 65,1 66,4 71,1 74,1 71,1 80,8Riviera del Brenta 31,4 30,3 29,9 32,4 39,9 42,9 48,1 49,6 40,8 34,1 42,8 48,5San Mauro Pascoli 9,0 8,5 6,5 6,1 6,5 5,6 6,6 5,8 6,1 3,9 7,4 6,8Napoletano 13,4 11,5 12,0 12,6 17,1 37,4 38,1 43,3 43,9 39,5 58,0 50,7

Fonte: Istat

I flussi di import sono una conseguenza diretta della divisione del lavoro alla quale partecipano le imprese locali, le quali acquistano (o contribuiscono a produrre) componenti del prodotto finale in aree a minor costo del lavoro, tra le quali emerge la Romania (origine di circa il 40/50% delle importazioni provinciali nella media della prima metà degli anni Duemila), oramai divenuta piattaforma logistico-produttiva del distretto a Est (Tab. 3.4). La Romania, infatti, nella prima metà degli anni Duemila è stata, a livello provinciale, il paese primo in assoluto sia dal lato delle esportazioni che delle importazioni9. Qualcosa tuttavia negli ultimi dieci anni è cambiato: già a partire dai primi anni Duemila, infatti, è via via cresciuto il peso dei flussi provenienti dalla Cina, che sono rapidamente passati da 13 milioni di euro nel 1999 a 35 milioni nel 2003, a 88 milioni nel 2005, fino a toccare il punto massimo di 160 milioni nel 2010, molto vicino ai valori rumeni. A partire dal 2004, in concomitanza con il poderoso balzo dei flussi importati dalla Cina si è assistito a un progressivo ridimensionamento dell’interscambio commerciale con la Romania. Le importazioni di Montebelluna da questo paese, infatti, nel 2009 risultano dimezzate rispetto al picco del 2003 (130 milioni di euro vs. 260 milioni; Tab. 3.4), mentre le esportazioni nel 2009 scendono a 44 milioni di euro dal punto massimo di circa 130 milioni raggiunto nel biennio 2003-04. A differenza di quanto avvenuto nel caso dell’Est Europa, i flussi provenienti dalla Cina non attivano flussi in uscita dal distretto verso questo paese, a indicazione che in questo caso si tratta di una forma diversa di internazionalizzazione produttiva10. Nel caso della Romania, infatti, si è assistito a un elevato ricorso all’outsourcing internazionale nella fase finale di assemblaggio che spesso si associa sia all’esportazione di parti e semilavorati verso i paesi meta della delocalizzazione, sia alla successiva importazione del prodotto finito, alimentando i flussi di

9 Anche l’analisi dei dati di traffico di perfezionamento passivo, per quanto non consenta di cogliere in pieno i fenomeni di internazionalizzazione e interdipendenza produttiva tra paesi, segnala il distretto di Montebelluna tra le aree che per prime sono ricorse a questo specifico processo di internazionalizzazione (Crescini, Mistri, 1996). 10 Gli studi condotti a livello internazionale o nazionale fanno emergere (Gereffi, 2004, Gereffi, Humphrey e Surgeon, 2005, Crestanello e Dalla Libera, 2003) il prevalere di catene “buyer driven” o di tipo commerciale, nel caso dell’Asia (in cui i committenti sono grandi distributori) e, invece, di catene basate sul produttore e sull’internazionalizzazione della subfornitura da parte delle imprese (soprattutto di quelle UE), nel caso dei paesi dell’Est.

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commercio estero sia in entrata che in uscita. Nel caso della Cina, invece, la frammentazione della produzione su scala internazionale avviene con altre modalità, ad esempio attraverso una completa delocalizzazione della produzione e la successiva vendita (spesso su mercati esteri terzi) direttamente dal paese delocalizzato oppure l’acquisto di prodotti finiti per completare la gamma sulle fasce più basse della produzione.

Tab. 3.4 - Importazioni di calzature nelle principali province italiane di specializzazione Milioni di euro Composizione % 1999 2001 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 1999 2005 2010Fermo, di cui: 181,6 329,9 376,4 379,9 465,9 512,4 454,9 407,5 370,5 450,5 100,0 100,0 100,0

Romania 52,3 141,4 187,4 178,7 211,1 243,7 178,7 134,7 115,7 167,8 28,8 45,3 37,3Bulgaria 12,0 38,7 47,8 52,9 60,3 61,9 50,0 38,1 39,5 48,4 6,6 12,9 10,7Cina 11,6 2,8 9,5 12,4 39,7 43,9 44,8 47,3 48,1 44,7 6,4 8,5 9,9Serbia 0,0 0,0 0,0 0,0 12,1 17,2 24,9 34,3 23,3 38,3 0,0 2,6 8,5Tunisia 15,3 32,9 26,2 27,0 27,1 29,6 29,4 33,4 35,1 31,8 8,4 5,8 7,1India 17,0 20,4 18,9 18,6 21,1 37,5 34,3 31,5 20,4 22,0 9,3 4,5 4,9Vietnam 3,4 11,3 13,8 18,5 20,2 7,5 7,8 7,6 8,8 14,4 1,9 4,3 3,2Albania 1,0 3,1 2,7 2,7 4,1 8,4 10,4 10,4 12,3 14,3 0,6 0,9 3,2

Riviera del Brenta, di cui: 155,8 192,3 237,3 264,3 289,9 310,2 290,2 229,5 231,2 299,2 100,0 100,0 100,0Cina 13,5 13,3 18,2 22,6 49,2 49,3 59,5 46,6 44,6 57,8 8,7 17,0 19,3Belgio 21,6 17,5 15,5 30,6 37,2 36,6 37,0 17,5 38,8 52,6 13,9 12,8 17,6Romania 51,0 59,2 76,8 79,0 67,6 81,9 53,6 29,8 21,4 40,2 32,7 23,3 13,4India 2,5 3,6 5,0 5,3 3,5 6,6 13,0 9,9 14,3 19,7 1,6 1,2 6,6Vietnam 7,6 8,3 18,9 18,4 29,3 11,8 12,5 17,5 13,2 13,3 4,9 10,1 4,5Indonesia 1,8 3,8 3,1 3,1 4,0 4,5 11,7 13,0 10,9 11,6 1,2 1,4 3,9Macedonia 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,3 3,5 4,9 8,8 0,0 0,0 2,9Bulgaria 6,6 17,5 17,0 16,9 21,7 23,3 5,1 5,4 7,3 8,7 4,2 7,5 2,9Spagna 5,0 4,1 3,2 5,5 7,2 6,3 3,8 5,4 7,4 8,3 3,2 2,5 2,8Albania 0,0 0,5 1,0 1,3 1,2 2,1 1,8 2,2 4,8 6,7 0,0 0,4 2,2

Montebelluna, di cui: 242,8 387,7 477,2 462,4 505,5 588,3 622,7 673,4 583,9 707,4 100,0 100,0 100,0Romania 97,3 175,2 260,7 227,2 216,9 222,4 190,9 174,9 132,8 169,9 40,1 42,9 24,0Cina 13,0 20,5 35,2 47,2 88,1 104,8 135,7 150,6 139,4 160,7 5,4 17,4 22,7Vietnam 13,9 31,5 45,8 39,9 42,9 51,5 46,5 51,9 52,4 76,0 5,7 8,5 10,7Brasile 0,0 1,6 0,9 6,0 22,8 34,2 51,1 78,9 55,5 67,5 0,0 4,5 9,5Indonesia 7,2 11,4 12,3 16,6 20,5 36,4 42,0 41,4 48,7 52,2 3,0 4,1 7,4India 0,2 1,2 2,9 4,4 7,3 17,6 28,5 41,8 28,6 35,8 0,1 1,4 5,1Bulgaria 16,3 18,8 19,4 17,0 18,7 18,1 17,5 18,9 15,2 21,5 6,7 3,7 3,0Cambogia 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,6 0,1 0,9 4,0 16,9 0,0 0,0 2,4

San Mauro Pascoli, di cui: 7,3 10,0 10,1 9,5 11,1 11,0 14,2 11,1 15,9 13,2 100,0 100,0 100,0Cina 0,0 0,6 0,1 0,8 2,2 3,0 1,4 1,8 2,3 2,6 0,2 20,1 19,4Marocco 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,6 2,7 2,1 0,0 0,0 15,9Francia 0,3 0,3 0,0 0,2 0,2 0,3 0,8 1,1 2,0 1,4 4,2 1,9 10,5Hong Kong 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 1,5 1,3 2,1 1,2 0,0 0,0 9,4Romania 1,5 1,0 2,0 2,1 1,5 1,4 2,9 0,0 1,6 1,0 21,0 13,4 7,4Belgio 2,1 1,5 1,1 0,6 0,8 0,6 0,9 1,2 1,2 0,9 28,4 7,0 7,1Portogallo 2,0 4,0 3,0 1,0 2,6 2,0 1,9 0,1 0,0 0,8 27,3 23,8 5,9Spagna 0,8 0,7 0,9 1,3 1,6 0,9 1,5 1,9 1,7 0,7 10,4 14,7 5,5

Fonte: elaborazioni su dati Istat

Le imprese del distretto di Montebelluna, pertanto, si sono rese protagoniste da tempo di un sistematico processo di internazionalizzazione, che ha visto l’apertura di stabilimenti di proprietà all’estero11, ma anche il crescente ricorso a fornitori e subfornitori (conto-terzismo) esteri (prima

11 Oggi, il processo di internazionalizzazione è diffuso all’interno del distretto non solo tra le imprese leader ma anche tra quelle di più modeste dimensioni. Da un’indagine condotta da Osem nel corso del 2008 emerge come delocalizza all’estero il 100% delle imprese specializzate nella produzione di scarpe da calcio, ciclismo, stivali da moto, scarponi da sci, scarpe da tennis e da running. Questa percentuale scende all’85% circa per le scarpe da città e tra il 70% e l’80% per i doposci, le scarpe da montagna, i pattini e le scarpe da snowboard. I principali paesi di approdo delle scelte delocalizzative sono la Romania (il 61,8% delle imprese

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soprattutto romeni e successivamente sempre più cinesi) per lo svolgimento delle fasi più labour intensive della filiera produttiva o per l’acquisto di intere produzioni (come nel caso dell’abbigliamento) che poi rivendono con il proprio marchio.

Meno pronunciato, ma crescente è il grado di internazionalizzazione produttiva degli altri distretti, con l’importante eccezione di San Mauro Pascoli (cfr. Tabelle 3.2 e 3.3). Spicca, in particolare, la Riviera del Brenta, dove l’incidenza delle importazioni sulle esportazioni di calzature si è rapidamente portata al 43,1% nel 2009 dal 27,8% nel 1998. E’ soprattutto la provincia di Padova a presentare valori molto elevati di flussi di import (il 76,2% delle esportazioni); nella provincia di Venezia, al contrario, il rapporto import/export è sì aumentato, ma è rimasto su valori contenuti e non superiori al 15%, ben lontani non solo dal dato di Padova ma anche dalla media nazionale. Queste differenze nella propensione a importare segnalano la presenza di approcci diversi ai processi di internazionalizzazione produttiva, che appaiono più intensi nell’area padovana. Ciò riflette una maggiore concentrazione nel comparto del lusso della provincia di Venezia che infatti presenta valori medi unitari delle scarpe prodotte significativamente più elevati. Il posizionamento qualitativo più basso ha portato le aziende padovane a intraprendere con più decisione processi di internazionalizzazione produttiva. Peraltro anche le aziende del comparto lusso hanno talvolta deciso di integrare la propria offerta con produzioni realizzate nei paesi emergenti (si veda, ad esempio, Rossimoda), mantenendo, però, nel distretto la produzione di calzature dell’alto di gamma che richiedono attenzione per tutte le fasi della lavorazione, alte competenze nella lavorazione non rintracciabili ancora nei subfornitori esteri e un controllo “diretto” anche sulle fasi a minor valore aggiunto potenzialmente decentrabili in paesi a basso costo del lavoro.

Fino al 2006 l’area maggiormente interessata da fenomeni di insediamento di attività manifatturiere o di esternalizzazione produttiva è la Romania (Tab. 3.4), cui vengono affidate alcune fasi del ciclo produttivo, tra cui l’orlatura e il taglio delle pelli (taglio con utilizzo di macchine tagliatrici, per il quale non serve una manodopera particolarmente qualificata, la cui realizzazione risulta conveniente per modelli dagli alti volumi di produzione), oltre alla produzione di componenti (suole); per la delocalizzazione di fasi di produzione delicate come l’orlatura e la tranciatura, vengono trasferite competenze attraverso l’insediamento di personale qualificato e spesso si delegano all’esterno solo commesse che non pregiudicano gli standard di qualità del prodotto finito. Negli ultimi anni, tuttavia, soprattutto nell’area padovana (Tab. 3.5), sono significativamente aumentati i flussi di import dalla Cina, che in pochissimo tempo si sono portati nelle due province a circa 60 milioni di euro nel 2010, superando abbondantemente i flussi provenienti dalla Romania, che contemporaneamente si sono ridimensionati. Pertanto, analogamente a quanto visto per Montebelluna, il processo di internazionalizzazione produttiva del distretto riguarda ora sempre più anche l’area asiatica, dove assume forme diverse rispetto a quanto osservato nell’Est Europa12.

Rispetto agli anni Novanta anche Fermo sembrerebbe maggiormente coinvolta nei processi di internazionalizzazione: le importazioni, infatti, nel 1993 rappresentavano poco meno del 6% delle esportazioni del distretto; nel 1998 questa percentuale si era già triplicata, per portarsi al 35,7% nel 2010. I processi di delocalizzazione e/o esternalizzazione produttiva hanno interessato soprattutto la Romania e, più recentemente, la Cina (Tab. 3.4). In particolare, nel 2006 l’import dalla Romania del distretto è arrivato a 243,7 milioni di euro (pari a poco meno

intervistate) e la Cina (33,3%), seguite da Bulgaria (14,3%), India, Vietnam, Ucraina (ognuno con una percentuale pari all’11,9%; Osem, 2008). 12 Anche nel distretto della Riviera del Brenta la crescita sostenuta dell’import di calzature dalla Cina non è stata accompagnata da un significativo aumento delle esportazioni distrettuali verso la Cina.

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del 50% delle importazioni totali; Tab. 3.4), contro i 12% del 199513. Il confronto tra il 1995 e il 2006 mostra inoltre una crescita dell’importanza della Romania come paese di sbocco delle esportazioni, probabilmente di parti e semilavorati. La Romania nel 2006 è, infatti, diventata il secondo paese di destinazione delle esportazioni calzaturiere di Fermo. Anche in questo caso, tuttavia, negli anni più recenti si è verificato un repentino ridimensionamento degli scambi con questo paese, come è evidente sia dal crollo delle importazioni (che nel 2009 si sono dimezzati rispetto al punto massimo toccato nel 2006, scendendo 115 milioni di euro) e delle esportazioni (da 178 milioni di euro nel 2006 a 43 milioni nel 2009). Al contempo, l’import dalla Cina negli ultimi anni ha toccato punte di 50 milioni di euro, a riflesso sia dell’affermazione della Cina nel panorama mondiale calzaturiero, sia delle strategie di diversificazione della delocalizzazione operata dal distretto alla ricerca di nuove modalità di internazionalizzazione e nuovi fornitori.

San Mauro Pascoli, al contrario di tutti gli altri principali poli calzaturieri italiani presenta un import penetration quasi nulla (Tabelle 3.2 e 3.3). All’apertura del distretto sul fronte estero non è, infatti, corrisposta un’intensificazione dei flussi di import di calzature che, diversamente da quanto accaduto nel resto d’Italia, sono aumentati solo lievemente tra il 1999 e il 2010, rimanendo su valori decisamente contenuti (Tab. 3.4). Le importazioni, infatti, si sono portate a 13,2 milioni di euro nel 2010 da 7,3 nel 1999. Questo aumento è interamente spiegato dai flussi di import provenienti dall’economia cinese (Cina e Hong Kong insieme). L’incidenza delle importazioni sul totale delle vendite estere del distretto resta tuttavia marginale (meno del 7%). Sembra pertanto che l’elevata qualità delle produzioni realizzate nell’area abbia frenato fenomeni di delocalizzazione produttiva emersi con maggiore intensità nel resto d’Italia. La centralità rivestita da un processo produttivo che prevede ancora consistenti interventi manuali nella lavorazione della calzatura ha infatti frenato politiche di delocalizzazione delle produzioni in paesi a basso costo della manodopera. Le competenze tecniche che la manodopera deve avere al fine di garantire un elevato standard qualitativo nelle lavorazioni non permettono, infatti, di intraprendere politiche di delocalizzazione in paesi di recente industrializzazione, nei quali deve ancora formarsi un substrato di esperienze e competenze tecniche nella lavorazione di calzature di qualità.

3.3 Il fenomeno dell’imprenditoria extracomunitaria

Nel corso degli anni Duemila, un altro importante fenomeno ha interessato i distretti industriali, che, oltre ad aprirsi all’esterno, si sono progressivamente internazionalizzati al proprio interno, registrando una crescente presenza locale di imprenditori extracomunitari (spesso di origine cinese), a capo di aziende di piccole o piccolissime dimensioni.

Il fenomeno dell’imprenditoria straniera si è manifestato con particolare intensità nella Riviera del Brenta, a Fermo, ma anche a San Mauro Pascoli. Al contrario, la quota di imprenditori extracomunitari è bassa a Montebelluna (5,2%; Tab. 3.5). Ciò potrebbe anche essere una conseguenza dell’elevata internazionalizzazione produttiva (esterna) del distretto che si riflette in un’attivazione ormai relativamente contenuta di terzisti e subfornitori locali.

A Fermo il numero di imprese non comunitarie è pari a 632, il 12,8% del totale. Molte di queste sono guidate da cinesi (Tab. 3.5). Nella Riviera del Brenta il numero di imprenditori extracomunitari attivi nella filiera della pelle si è sestuplicato nel corso degli anni Duemila, salendo a quota 177 nel 2009 (di cui 155 cinesi) da 30 del 2000. Spicca, in particolare, il dato della provincia di Padova, dove gli imprenditori non comunitari rappresentano ormai il 17,3%

13 La crescente attivazione di scambi commerciali con la Romania è stata accompagnata anche dall’apertura

di stabilimenti produttivi in questo paese. A partire dal 1999, ad esempio, hanno aperto stabilimenti in Romania il gruppo Melania, la Zeis Excelsa (presente anche in Slovacchia) e la Fornari.

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del totale provinciale. Di questi una quota significativa è rappresentata da imprenditori cinesi (15,7%).

Tab. 3.5 – Imprenditori extracomunitari attivi nella filiera della pelle (a)

Imprenditori extracomunitari Imprenditori cinesiImprenditori extracomunitari

(in % totale) Imprenditori cinesi

(in % totale) 2000 (b) 2009 2009 2000 (b) 2009 2009Fermo 122 632 481 2,1 12,8 9,7Riviera del Brenta 30 177 155 1,7 11,5 10,1

Venezia 11 79 66 1,0 8,2 6,8Padova 19 98 89 3,0 17,3 15,7

Montebelluna 47 47 16 4,1 5,2 1,8 (a) Ateco 2002 19; (b) per Treviso 2001. Fonte: elaborazioni CCIAA di Venezia, Padova, Ascoli Piceno, Macerata, Treviso su dati Infocamere – Stockview

Nella seconda metà degli anni Duemila il fenomeno dell’imprenditoria extracomunitaria ha avuto un forte sviluppo anche nel calzaturiero di San Mauro Pascoli (Tab. 3.6). Tra il 2005 e il 2010, infatti, nella provincia di Forlì-Cesena si è quasi triplicato il numero di persone extra-comunitarie con cariche sociali all’interno di imprese attive nella filiera della pelle, passando da 23 a 60 (l’11,7% del totale). Di queste persone, molte sono cinesi (54 su 60) e operano all’interno di ditte individuali spesso specializzate nella fabbricazione e cucitura di tomaie per calzature. La nascita del fenomeno dell’imprenditoria extra-comunitaria (soprattutto cinese) si spiega in parte anche con il calo di attrattività del settore calzaturiero per le giovani generazioni locali, sempre meno interessate e disposte a “entrare” nel distretto, come operai e/o impiegati o imprenditori. Oltre al fenomeno dell’imprenditoria straniera, infatti, nelle imprese di fornitura si è assistito a un impiego crescente di maestranze straniere: si rileva infatti una percentuale significativa di forza lavoro immigrata particolarmente nei suolifici e nei tomaifici. Nei suolifici trovano in genere occupazione addetti poco qualificati, disposti a lavori faticosi e ripetitivi, mentre nei tomaifici sono presenti maestranze provviste di competenze professionali apprese nei paesi d’origine (in prevalenza Cina, Marocco, Europa orientale).

Tab. 3.6 – Numero di cariche (persone) nelle imprese attive della filiera della pelle della provincia di Forlì-Cesena Persone con nazionalità extra

UE (numero) Persone con nazionalità cinese

(numero) Persone con nazionalità extra

UE (in % totale) Persone con nazionalità cinese

(in % totale) 31.12.2005 31.12.2010 31.12.2005 31.12.2010 31.12.2005 31.12.2010 31.12.2005 31.12.2010Società di capitale 2 2 1 0,8 1,0 0,0 0,5Società di persone 2 10 6 0,7 5,8 0,0 3,5Imprese individuali 19 48 17 47 11,7 32,4 10,4 31,8Altre forme 0 0 0 0 0,0 0,0 0,0 0,0Totale 23 60 17 54 3,3 11,7 2,5 10,5 Nota: i dati si riferiscono al settore Ateco 2007 15. Fonte: elaborazioni ufficio statistica e studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati Infocamere Stockview

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4. Verso nuovi sbocchi commerciali?

Gli anni Duemila hanno rappresentato un momento di grande trasformazione del manifatturiero italiano e, più in particolare, dei distretti industriali del sistema moda che hanno dovuto affrontare crescenti pressioni competitive sui mercati internazionali. L’affermazione dei paesi emergenti (della Cina in primis) e il contemporaneo apprezzamento dell’euro hanno spiazzato molte imprese italiane abituate a fare della competitività di prezzo la loro principale leva strategica. In questo contesto, si è assistito all’uscita dal mercato degli attori italiani più deboli e incapaci di reagire e, soprattutto, all’avvio di un virtuoso processo di riposizionamento competitivo del nostro manifatturiero, che ha visto le imprese più reattive rafforzare e/o rivisitare il proprio collocamento sul mercato, puntando con decisione sulla qualità e sull’innovazione di prodotto.

In questo processo di “riqualificazione” le imprese italiane hanno anche rivisto le proprie strategie commerciali, ri-orientando le esportazioni alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato in funzione del dinamismo della domanda interna delle diverse aree e del processo di frammentazione delle filiere produttive su scala internazionale. Le modificazioni nel contesto esterno hanno portato le imprese dei distretti a esplorare nuove opportunità di mercato, anche per compensare le perdite subite nei mercati tradizionali (Germania, Stati Uniti, Giappone).

Più in particolare, nel corso degli anni Duemila in molti distretti calzaturieri si è significativamente ridotto il peso dei mercati maturi (Nord America, Europa occidentale, Giappone) a favore soprattutto dei nuovi mercati dell’Est Europa (Tabelle 4.1 e 4.2).

Tab. 4.1 - Esportazioni per sbocco commerciale nelle principali aree di specializzazione calzaturiera Milioni di euro Composizione % 1999 2005 2008 2010 1999 2005 2008 2010Fermo Mercati maturi 962,0 926,8 875,6 790,7 80,6 62,5 59,0 62,6Nuovi mercati 231,2 555,2 608,2 471,7 19,4 37,5 41,0 37,4Riviera del Brenta Mercati maturi 419,3 479,7 465,3 476,2 84,6 79,7 69,2 77,1Nuovi mercati 76,5 122,4 207,5 141,3 15,4 20,3 30,8 22,9Montebelluna Mercati maturi 318,4 530,5 722,0 681,8 66,3 68,3 79,4 77,9Nuovi mercati 161,6 246,2 187,4 193,4 33,7 31,7 20,6 22,1San Mauro Pascoli Mercati maturi 57,1 104,3 135,5 86,8 70,8 61,8 47,6 44,4Nuovi mercati 23,5 64,4 149,1 108,6 29,2 38,2 52,4 55,6 Nuovi mercati: tutti i paesi tranne UE15, Svizzera, Norvegia, USA, Canada e Giappone. Fonte: elaborazioni su dati Istat

L’ascesa dei mercati dell’Europa orientale è in parte spiegata da quei fenomeni di internazionalizzazione produttiva che nel corso degli anni Novanta e nei primi anni Duemila, come si è visto precedentemente (par. 3.2), hanno attivato crescenti flussi di interscambio commerciale tra i distretti calzaturieri italiani e la Romania. Quando, infatti, nella seconda metà degli anni Duemila, il ruolo della Romania come luogo privilegiato della delocalizzazione e/o esternalizzazione della produzione dei distretti si è ridotto a favore della Cina, sono diminuite le importazioni da questo paese ma anche le esportazioni (Tab. 4.2). Il fenomeno è particolarmente evidente a Fermo e, soprattutto, a Montebelluna, dove la Romania, da secondo sbocco commerciale nel 2005 poco distante dalla Germania, crolla successivamente.

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Tab. 4.2 - Esportazioni per sbocco commerciale nelle principali aree di specializzazione calzaturiera Milioni di euro Composizione % 1999 2005 2008 2010 1999 2005 2008 2010Fermo Mercati maturi, di cui: 962,0 926,8 875,6 790,7 80,6 62,5 59,0 62,6Germania 281,3 186,1 176,5 156,9 23,5 12,5 11,9 12,4Francia 91,7 143,3 135,4 132,8 7,7 9,6 9,1 10,5Belgio 81,4 83,8 86,5 79,8 6,8 5,6 5,8 6,3Stati Uniti 160,2 130,5 87,6 74,6 13,4 8,8 5,9 5,9Paesi Bassi 70,4 70,2 69,6 57,3 5,9 4,7 4,7 4,5

Nuovi mercati, di cui: 231,2 555,2 608,2 471,7 19,4 37,5 41,0 37,4Russia 69,0 159,4 270,6 189,2 5,8 10,7 18,2 15,0Romania 13,3 167,9 54,3 52,2 1,1 11,3 3,7 4,1Ucraina 10,6 29,5 46,6 25,1 0,9 2,0 3,1 2,0Hong Kong 18,9 16,7 18,3 24,3 1,6 1,1 1,2 1,9Emirati Arabi Uniti 4,2 10,1 21,6 17,8 0,4 0,7 1,5 1,4Serbia e Montenegro 1,1 16,2 17,7 14,2 0,1 1,1 1,2 1,1Cina 1,5 2,9 8,4 13,1 0,1 0,2 0,6 1,0

Riviera del Brenta Mercati maturi, di cui: 419,3 479,7 465,3 476,2 84,6 79,7 69,2 77,1Francia 52,4 99,6 96,9 115,9 10,6 16,5 14,4 18,8Germania 153,7 115,9 94,6 97,6 31,0 19,2 14,1 15,8Svizzera 17,9 36,8 68,4 69,1 3,6 6,1 10,2 11,2Stati Uniti 41,1 44,6 40,0 34,2 8,3 7,4 5,9 5,5Paesi Bassi 28,1 30,4 29,8 31,7 5,7 5,0 4,4 5,1Regno Unito 35,7 33,5 30,2 28,0 7,2 5,6 4,5 4,5

Nuovi mercati, di cui: 76,5 122,4 207,5 141,3 15,4 20,3 30,8 22,9Russia 5,2 22,6 57,7 35,8 1,0 3,7 8,6 5,8Romania 8,1 21,2 26,0 17,3 1,6 3,5 3,9 2,8Croazia 9,5 18,5 18,6 12,1 1,9 3,1 2,8 2,0Hong Kong 7,0 6,3 6,9 7,4 1,4 1,1 1,0 1,2Emirati Arabi Uniti (a) 1,1 3,2 6,4 4,4 0,2 0,5 1,0 0,7Cina (a) 0,7 1,7 2,9 2,3 0,1 0,3 0,4 0,4

Montebelluna Mercati maturi, di cui: 318,4 530,5 722,0 681,8 66,3 68,3 79,4 77,9Germania 59,5 131,1 173,8 152,8 12,4 16,9 19,1 17,5Francia 46,8 85,6 125,9 127,8 9,7 11,0 13,8 14,6Spagna 10,7 59,0 110,5 96,1 2,2 7,6 12,2 11,0Austria 14,6 30,2 49,0 42,3 3,0 3,9 5,4 4,8Regno Unito 42,7 30,9 38,2 41,5 8,9 4,0 4,2 4,7Paesi Bassi 13,0 30,7 43,4 36,1 2,7 3,9 4,8 4,1Svizzera 17,1 28,1 22,7 33,6 3,6 3,6 2,5 3,8Stati Uniti 47,9 46,8 31,7 31,2 10,0 6,0 3,5 3,6

Nuovi mercati, di cui: 161,6 246,2 187,4 193,4 33,7 31,7 20,6 22,1Romania 61,8 122,4 52,0 63,5 12,9 15,8 5,7 7,3Ungheria 9,6 18,0 18,7 22,1 2,0 2,3 2,1 2,5Polonia 4,4 3,8 9,6 11,9 0,9 0,5 1,1 1,4Russia (b) 3,8 3,9 12,8 9,2 0,8 0,5 1,4 1,1

San Mauro Pascoli Mercati maturi, di cui: 57,1 104,3 135,5 86,8 70,8 61,8 47,6 44,4Stati Uniti 14,8 32,7 25,8 22,5 18,3 19,4 9,1 11,5Francia 7,6 10,9 17,2 18,4 9,4 6,5 6,0 9,4Svizzera 3,4 23,2 42,1 9,7 4,2 13,7 14,8 5,0Regno Unito 4,2 3,5 8,8 7,6 5,2 2,1 3,1 3,9Germania 11,8 7,6 8,2 6,2 14,6 4,5 2,9 3,2

Nuovi mercati, di cui: 23,5 64,4 149,1 108,6 29,2 38,2 52,4 55,6Russia 7,8 32,6 80,8 60,1 9,7 19,3 28,4 30,8Ucraina 1,2 5,0 11,9 7,4 1,5 2,9 4,2 3,8Emirati Arabi Uniti 0,8 3,0 8,4 4,7 0,9 1,8 3,0 2,4Hong Kong 2,8 3,2 5,8 4,7 3,4 1,9 2,0 2,4Cina 0,0 0,3 2,1 3,9 0,0 0,2 0,7 2,0

(a) Emirati Arabi Uniti e Cina non hanno il posizionamento indicato nella tabella. Per motivi espositivi sono stati infatti esclusi alcuni paesi dell’Est Europa. (b) La Russia non ha il posizionamento indicato in tabella, ma è preceduta da Croazia e Repubblica Ceca. Fonte: elab. su dati Istat

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Di fatto, solo le esportazioni in Russia non sono attivate da fenomeni di internazionalizzazione produttiva e sono esclusivamente rivolte al mercato di consumo finale. In questo mercato l’export distrettuale negli ultimi dieci anni ha conosciuto una vera e propria esplosione, portando la Russia a diventare il primo sbocco commerciale a San Mauro Pascoli e Fermo, il quarto nella Riviera del Brenta. Su questo mercato sembra, invece, in ritardo Montebelluna14.

La presenza dei principali poli calzaturieri italiani in altri paesi emergenti, pur se in crescita, è, invece, ancora marginale. E’ questo, ad esempio, il caso degli Emirati Arabi Uniti che negli ultimi anni, pur scalando la classifica delle principali mete commerciali, assorbono ancora una quota marginale dei flussi di export di Fermo, della Riviera del Brenta e di San Mauro Pascoli. Un discorso analogo vale per la Cina, dove le vendite dei distretti italiani sono contenute, soprattutto se si considera l’alto potenziale di questo mercato. Negli altri nuovi mercati, come ad esempio il Sud America e, in particolare, il Brasile, i distretti sono per lo più assenti, frenati anche dalla presenza di significativi dazi doganali.

Nonostante i progressi fatti, è pertanto evidente il ritardo di tutti i principali poli calzaturieri nel raggiungere con successo i nuovi mercati. Solo San Mauro Pascoli presenta un peso dei nuovi mercati superiore a quello dei mercati maturi. Peraltro questo risultato è interamente spiegato dal grande successo ottenuto sul mercato russo, che assorbe poco meno di un terzo dei flussi esteri del distretto. Restano ancora poco rilevanti, invece, gli altri nuovi mercati. Tra i distretti più in ritardo nelle nuove mete commerciali spicca la Riviera del Brenta che realizza gran parte del proprio export nei paesi maturi (i tre quarti) e, all’interno di questi, nell’Europa occidentale (il 67,7%). In particolare, nella provincia di Venezia il peso dei mercati avanzati e dell’Europa occidentale sale addirittura all’81,8% e al 73,4% rispettivamente. Il mercato europeo è un’area storica a cui viene rivolta la produzione calzaturiera della Riviera del Brenta; in particolar modo la Germania dal 2008 è stata superata dalla Francia, grazie anche ai forti legami (ora di tipo anche proprietario) che intercorrono con un’importante casa di moda francese15. Anche gli Stati Uniti sono un mercato importante per il distretto così come testimoniato anche dall’apertura, da parte del Consorzio Maestri Calzaturieri della Riviera del Brenta (braccio operativo dell’ACRIB – Associazione Calzaturifici Riviera del Brenta), di una showroom collettiva a New York. Showroom collettiva che è presente da alcuni anni anche in Cina (Pechino), area a cui il distretto guarda con crescente interesse vista la presenza di un nucleo ormai numeroso di individui con un elevato potere di acquisto. In questo mercato, tuttavia, l’export del distretto è ancora contenuto.

La “trasformazione geografica” dell’export distrettuale solo per alcuni distretti è stata accompagnata da un aumento del grado di diversificazione degli sbocchi commerciali (Tab. 4.3), con conseguenze positive sul rischio economico, di cambio e geo-politico16. Solo a Fermo, infatti, l’indice di Herfindahl, che tiene conto dell’intera distribuzione per mercati di sbocco, si è significativamente ridotto. Nel caso della Riviera del Brenta, invece, la diversificazione commerciale è aumentata solo lievemente, mentre a San Mauro Pascoli è addirittura diminuita. La Riviera del Brenta mostra una concentrazione elevata dell’export nei primi tre sbocchi

14 L’alto grado di internazionalizzazione del distretto rende tuttavia molto difficile l’analisi delle esportazioni di Montebelluna per destinazione geografica, visto che è altamente verosimile che l’invio di prodotti nei mercati di sbocco possa partire direttamente dai luoghi sede di delocalizzazione e/o esternalizzazione produttiva. 15 Dal 2003 la Rossimoda, uno dei principali soggetti del distretto, è entrata a fare parte del gruppo LVMH. Gruppo LVMH che nel distretto controlla anche un altro importante operatore, la Manufacture de Souliers Louis Vuitton Srl. Resta da valutare se e in che misura le calzature esportate in Francia attivino poi flussi diretti verso i mercati emergenti.

16 Va comunque tenuto presente che il minor grado di concentrazione degli sbocchi commerciali è spiegato anche dall’ingresso e, in taluni casi, dall’affermazione nei paesi emergenti, dove la rischiosità media delle operazioni connesse all’attività di export è più elevata rispetto a quella presente nei mercati tradizionali.

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commerciali: Francia, Germania e Svizzera, infatti, assorbono insieme il 46% circa dei flussi del distretto. Questa quota è addirittura superiore al 50% nella provincia di Venezia. Nel caso di San Mauro Pascoli, invece, la riduzione della diversificazione geografica è interamente spiegata dall’elevata e crescente concentrazione delle vendite in Russia.

Tab. 4.3 - Grado di diversificazione degli sbocchi commerciali dei principali poli calzaturieri italiani (inverso dell’indice di Herfindahl) 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010Fermo 10,1 11,6 12,6 13,8 15,0 14,4 14,4 14,1 14,2 13,6 14,8 14,7Riviera del Brenta 7,7 8,6 9,9 11,1 10,0 10,0 11,4 13,0 13,5 13,9 11,1 11,2Montebelluna 14,6 14,1 13,7 12,5 11,8 11,6 11,8 11,7 11,8 11,6 11,9 12,1San Mauro Pascoli 11,8 9,0 9,8 10,6 9,8 9,4 9,3 9,3 9,0 8,2 8,6 7,9 Fonte: elaborazioni su dati Istat

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5. Le performance dei distretti calzaturieri a confronto

Nei paragrafi precedenti è emerso come nel corso degli anni Duemila i distretti calzaturieri siano stati interessati da profondi processi di trasformazione, che hanno visto lo spostamento nelle fasi più a valle del processo produttivo, lo sviluppo di imprenditoria straniera all’interno del territorio distrettuale, la crescita del grado di apertura e di internazionalizzazione delle filiere produttive, l’ingresso e, talvolta, l’affermazione in alcune economie emergenti.

Una prima valutazione di come queste trasformazioni abbiano modificato la competitività dei tessuti produttivi locali può essere realizzata analizzando sia l’evoluzione delle esportazioni e del saldo commerciale, sia l’andamento del fatturato e della redditività secondo i dati di bilancio.

5.1 Export e saldo commerciale prima e durante la crisi

Negli anni Duemila le performance all’export dei distretti calzaturieri italiani sono state fortemente influenzate dalle crescenti spinte competitive esercitate dai paesi a basso costo del lavoro. Emergono, tuttavia, differenze tra le diverse realtà distrettuali.

Fino a prima della crisi che ha investito l’economia mondiale nel biennio 2008-2009, San Mauro Pascoli è stato di gran lunga il miglior distretto italiano, registrando una crescita media annua a due cifre e pari al 14,2% tra il 1999 e il 2007 (Fig. 5.1). Molto distanti gli altri principali distretti calzaturieri italiani. Tra questi i meno dinamici sono stati la Riviera del Brenta e, soprattutto, Fermo: entrambi sono stati penalizzati dal forte calo subito in Germania; il secondo ha scontato anche le perdite accusate negli Stati Uniti. Fermo e la Riviera del Brenta sono comunque riusciti a crescere, seppur di poco, principalmente grazie ai risultati ottenuti nei nuovi mercati (soprattutto Russia) e in Francia (Tab. 5.1).

Fig. 5.1 – Evoluzione delle esportazioni prima della crisi: variazione % media annua 2000-2007

Fig. 5.2 – Evoluzione delle esportazioni durante la crisi del biennio 2008-2009

3,3

4,6

7,8

14,2

0 5 10 15

Fermo

Riviera delBrenta

Montebelluna

San MauroPascoli

-4

-5

4

22

-22

-20

-10

-24

-30 -20 -10 0 10 20 30

Fermo

Riviera delBrenta

Montebelluna

San MauroPascoli

2009

2008

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat

Montebelluna ha mostrato performance migliori, registrando una crescita dell’export in alcuni mercati maturi, come la Francia e, soprattutto, la Spagna e la Germania. Ancor meglio ha fatto il distretto di San Mauro Pascoli, che ha ottenuto risultati brillanti nei mercati maturi (Stati Uniti e Svizzera) e, soprattutto, in Russia. L’affermazione delle imprese del distretto sui mercati esteri è stata possibile grazie all’elevato livello qualitativo della produzione, alla forza del brand dei suoi calzaturifici, nonché a mirate politiche commerciali, che hanno portato all’apertura di negozi monomarca nelle principali mete commerciali. E’ questo il caso, ad esempio, della Russia che nel 2006, superando gli Stati Uniti, è divenuta il primo sbocco commerciale del distretto. La crescita sul mercato russo ha trainato la performance complessiva di San Mauro Pascoli, che ha maturato un aumento significativo delle esportazioni anche in Svizzera (seconda meta commerciale e sede di un importante polo logistico del gruppo Gucci che controlla la Sergio Rossi).

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Tab. 5.1 – Evoluzione dell’export per sbocco commerciale nei principali poli calzaturieri italiani Milioni di euro Variazione % media annua 1999 2005 2007 2008 2009 2000-2007 2008-2009 2000-2009Fermo Mercati maturi, di cui: 962,0 926,8 957,1 875,6 739,9 -0,1 -12,1 -2,6Germania 281,3 186,1 196,1 176,5 149,8 -4,4 -12,6 -6,1Francia 91,7 143,3 146,1 135,4 125,5 6,0 -7,3 3,2Belgio 81,4 83,8 96,0 86,5 75,6 2,1 -11,3 -0,7Stati Uniti 160,2 130,5 118,2 87,6 57,1 -3,7 -30,5 -9,8Paesi Bassi 70,4 70,2 70,2 69,6 57,4 0,0 -9,5 -2,0

Nuovi mercati, di cui: 231,2 555,2 590,1 608,2 416,1 12,4 -16,0 6,1Russia 69,0 159,4 243,0 270,6 165,2 17,0 -17,5 9,1Romania 13,3 167,9 65,4 54,3 45,5 22,0 -16,6 13,1Ucraina 10,6 29,5 50,2 46,6 23,0 21,4 -32,3 8,0Hong Kong 18,9 16,7 18,3 18,3 14,3 -0,4 -11,5 -2,7Emirati Arabi Uniti 4,2 10,1 17,7 21,6 15,2 19,6 -7,1 13,7Serbia e Montenegro 1,1 16,2 17,5 17,7 13,4 41,5 -12,4 28,6Cina 1,5 2,9 4,7 8,4 5,3 15,2 6,0 13,3

Riviera del Brenta Mercati maturi, di cui: 419,3 479,7 506,7 465,3 410,6 2,4 -10,0 -0,2Francia 52,4 99,6 101,8 96,9 100,9 8,7 -0,4 6,8Germania 153,7 115,9 118,3 94,6 83,1 -3,2 -16,2 -6,0Svizzera 17,9 36,8 42,6 68,4 69,7 11,5 27,9 14,6Stati Uniti 41,1 44,6 46,2 40,0 22,5 1,5 -30,2 -5,9Paesi Bassi 28,1 30,4 38,4 29,8 27,2 4,0 -15,9 -0,3Regno Unito 35,7 33,5 35,9 30,2 22,0 0,1 -21,8 -4,7

Nuovi mercati, di cui: 76,5 122,4 204,6 207,5 130,1 13,1 -20,2 5,5Russia 5,2 22,6 54,5 57,7 31,1 34,1 -24,5 19,6Romania 8,1 21,2 25,5 26,0 15,0 15,5 -23,5 6,4Croazia 9,5 18,5 21,8 18,6 14,2 11,0 -19,4 4,1Hong Kong 7,0 6,3 8,0 6,9 4,8 1,6 -22,6 -3,8Emirati Arabi Uniti (a) 1,1 3,2 5,8 6,4 6,3 22,8 4,9 19,0Cina (a) 0,7 1,7 3,5 2,9 1,8 22,7 -28,1 10,3

Montebelluna Mercati maturi, di cui: 318,4 530,5 689,7 722,0 653,1 10,1 -2,7 7,4Germania 59,5 131,1 169,5 173,8 149,7 14,0 -6,0 9,7Francia 46,8 85,6 113,0 125,9 118,1 11,7 2,2 9,7Spagna 10,7 59,0 103,8 110,5 94,5 32,8 -4,6 24,3Austria 14,6 30,2 46,9 49,0 43,5 15,7 -3,7 11,6Regno Unito 42,7 30,9 34,7 38,2 37,7 -2,6 4,3 -1,2Paesi Bassi 13,0 30,7 41,4 43,4 40,8 15,6 -0,7 12,1Svizzera 17,1 28,1 33,0 22,7 23,7 8,6 -15,2 3,3Stati Uniti 47,9 46,8 32,7 31,7 26,9 -4,7 -9,3 -5,6

Nuovi mercati, di cui: 161,6 246,2 186,6 187,4 167,7 1,8 -5,2 0,4Romania 61,8 122,4 50,4 52,0 46,2 -2,5 -4,3 -2,9Ungheria 9,6 18,0 20,7 18,7 18,2 10,1 -6,2 6,6Polonia 4,4 3,8 7,3 9,6 9,1 6,5 11,8 7,6Russia (b) 3,8 3,9 9,7 12,8 6,9 12,4 -15,6 6,2

San Mauro Pascoli Mercati maturi, di cui: 57,1 104,3 116,1 135,5 102,7 9,3 -6,0 6,1Stati Uniti 14,8 32,7 27,3 25,8 17,5 8,0 -20,0 1,7Francia 7,6 10,9 13,3 17,2 17,6 7,3 14,9 8,8Svizzera 3,4 23,2 31,3 42,1 26,6 31,9 -7,8 22,8Regno Unito 4,2 3,5 6,5 8,8 7,9 5,7 9,8 6,5Germania 11,8 7,6 6,8 8,2 7,3 -6,6 3,5 -4,7

Nuovi mercati, di cui: 23,5 64,4 117,4 149,1 112,4 22,3 -2,2 16,9Russia 7,8 32,6 60,8 80,8 60,4 29,2 -0,3 22,7Ucraina 1,2 5,0 8,5 11,9 7,8 27,4 -4,1 20,3Emirati Arabi Uniti 0,8 3,0 6,3 8,4 5,7 30,2 -4,6 22,3Hong Kong 2,8 3,2 6,4 5,8 5,6 11,0 -6,2 7,3Cina 0,0 0,3 1,6 2,1 2,1 64,2 13,5 52,5

(a) Emirati Arabi Uniti e Cina non hanno il posizionamento indicato nella tabella. Per motivi espositivi sono stati infatti esclusi alcuni paesi dell’Est Europa. (b) La Russia non ha il posizionamento indicato in tabella, ma è preceduta da Croazia e Repubblica Ceca. Fonte: elab. su dati Istat

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Le imprese di San Mauro Pascoli hanno conseguito buoni risultati anche in altri paesi emergenti vicini (Ucraina, Turchia, Kazakistan) e lontani (Emirati Arabi Uniti e Cina-Hong Kong) che tuttavia assorbono ancora una quota ridotta dell’export distrettuale. Il distretto ha, invece, incontrato difficoltà in Germania (prima meta commerciale fino al 1998) che nel corso degli anni Duemila ha perso via via importanza per le imprese di San Mauro.

Il distretto sammaurese, in controtendenza rispetto a Fermo e alla Riviera del Brenta, ha continuato a crescere anche nel 2008, primo anno della crisi che si è abbattuta sui mercati mondiali (Fig. 5.2). E’ stato trainante, ancora una volta, il mercato russo, seguito dalla Svizzera. Le imprese del distretto hanno comunque ottenuto aumenti dei valori esportati anche in Francia, Ucraina, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Cina (Tab. 5.1).

Anche Montebelluna ha continuato a crescere, grazie nuovamente a Francia, Spagna e Germania. Al contrario, Fermo e la Riviera del Brenta hanno iniziato ad arretrare già nel 2008, perdendo terreno soprattutto nei mercati avanzati (Germania, Francia e Stati Uniti).

La crisi che ha colpito i mercati internazionali, tuttavia, non ha risparmiato San Mauro Pascoli che nel 2009 ha subito un vero e proprio crollo delle esportazioni, perdendo più di tutti e lasciando sul terreno un quarto circa delle proprie vendite estere. Le perdite di export hanno riguardato molti sbocchi commerciali (Stati Uniti e Svizzera) e, soprattutto, la Russia. Solo in Francia e sul mercato cinese le imprese del distretto hanno tenuto, confermando i livelli toccati nel 2008.

Anche gli altri distretti hanno sofferto: Fermo e la Riviera del Brenta, infatti, in un solo anno hanno perso un quinto circa dell’export, mentre Montebelluna è riuscito a contenere il calo al -10%. Il calo delle vendite estere di questi distretti è stato quasi generalizzato e nel caso di Fermo e della Riviera del Brenta è stato particolarmente accentuato nei mercati anglosassoni e, soprattutto, in Russia. Su questo mercato, infatti, le vendite di Fermo sono crollate del -39%, mentre quelle della Riviera del Brenta si sono addirittura dimezzate.

Con la crisi del biennio 2008-09, pertanto, Fermo e la Riviera del Brenta hanno “perso dieci anni”, ritornando sui valori esportati nel 199917 (Fig. 5.3). Meglio hanno fatto Montebelluna e, soprattutto, San Mauro Pascoli che hanno chiuso il 2009 con livelli di export superiori al 1999.

Fig. 5.3 – Export dei principali distretti calzaturieri italiani (milioni di euro)

480 496

81

876

711

233

821

541

215

1.193

1.547

1.156

0

400

800

1.200

1.600

Fermo Montebelluna Riviera del Brenta San Mauro Pascoli

1999 2007 2009

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat

17 Nella Riviera del Brenta, tuttavia, l’area veneziana è riuscita a chiudere il 2009 con livelli di export superiori al 1999. Sul dato del Brenta pesa, dunque, la performance della provincia di Padova.

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 29

San Mauro Pascoli, nonostante un pessimo 2009 che l’ha visto arretrare pericolosamente, è stato il miglior distretto e si trova su livelli di export più che doppi rispetto al 1999, grazie a una crescita sui mercati esteri che è stata impetuosa fino al 2008 (2008 incluso).

I dati fin qui presentati segnalano la migliore evoluzione di San Mauro Pascoli e del calzaturiero di Montebelluna. La performance di quest’ultimo distretto, tuttavia, visto anche il suo elevato grado di esternalizzazione e internazionalizzazione produttiva, va valutata attentamente, anche attraverso l’analisi dei dati del saldo commerciale (Tab. 5.2).

L’utilizzo di questo indicatore conferma in parte il quadro emerso pocanzi. Spicca, in particolare, l’ottima performance di San Mauro Pascoli, che tra il 1998 e il 2009 ha mostrato un significativo progresso dell’avanzo commerciale. Quest’ultimo, nonostante la crisi, si è portato a 199 milioni di euro nel 2009 dai 73 milioni nel 1999. L’avanzo commerciale del distretto, diversamente da quanto accaduto nelle altre realtà distrettuali, è cresciuto ininterrottamente fino al 2008, per poi ripiegare nell’anno di picco della crisi. San Mauro Pascoli ha così scalato la classifica italiana in termini di saldo commerciale18.

Gli altri distretti hanno mostrato performance meno brillanti. Si è, infatti, mantenuto per lo più stabile il saldo commerciale di Montebelluna, mentre si è significativamente ridimensionato il surplus di Fermo e della Riviera del Brenta, penalizzata quest’ultima dalla provincia di Padova. Tra questi distretti i progressi mostrati nel corso degli anni Duemila sono stati minimi ed erosi totalmente nel biennio della crisi. Montebelluna ha raggiunto il suo picco nel 2006, per ripiegare nuovamente sui valori del 1999 nel biennio 2008-09. Fermo ha toccato il suo punto di massimo a inizio anni Duemila (2001), per ripiegare successivamente e, con il crollo del 2009, scendere abbondantemente sotto i livelli del 1999 (-228 milioni di euro) e soprattutto quelli del 2003 (-560 milioni). La Riviera del Brenta, infine, a momenti positivi (2001 e 2008) in cui ha toccato punti di massimo (tra i 420 e i 450 milioni di euro) ha alternato punti di minimo (2005, 2006, 2009) di poco superiori a 300 milioni di euro.

Tab. 5.2 - Saldo commerciale del calzaturiero nelle principali aree di specializzazione (milioni di euro) 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009Fermo 1.014 1.166 1.345 1.207 1.057 1.007 1.022 1.125 1.097 1.076 786Riviera del Brenta 341 388 450 429 357 352 313 315 421 443 309Montebelluna 237 250 239 227 249 269 271 298 254 236 237San Mauro Pascoli 73 112 145 144 146 160 158 177 219 273 199 Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Istat

5.2 Crescita e redditività durante la crisi

L’analisi dell’evoluzione delle esportazioni e del saldo offre una fotografia parziale dello stato di salute dei distretti. In alcune aree distrettuali, infatti, l’affermazione sui mercati esteri delle imprese leader può nascondere le difficoltà incontrate da altri soggetti dell’area. Al tempo stesso non sono considerati i risultati ottenuti sul mercato interno. Lo stato di salute dei distretti va, pertanto, misurato con l’incrocio di più informazioni. A questo proposito i dati di bilancio (estratti dal database del Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo) consentono di completare il quadro. I bilanci, infatti, forniscono una fotografia dei risultati di crescita e reddituali delle società di capitale.

L’analisi delle condizioni economico-finanziarie delle imprese dei principali distretti calzaturieri italiani è stata realizzata utilizzando bilanci di esercizio (non consolidati) nel periodo 2007-09. Sono stati utilizzati campioni chiusi, formati cioè da imprese incluse nella nostra banca dati di

18 Per una fotografia del saldo commerciale al 2010 si rimanda al paragrafo 5.4.

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bilanci aziendali in tutto il triennio. Non sono pertanto considerate le imprese nel frattempo cessate o “nate”. Sono state considerate le imprese con un fatturato superiore al milione di euro nel 2007.

Sulla base di questi criteri di selezione, il campione estratto è composto da:

25 imprese di San Mauro Pascoli19. Di queste una metà sono calzaturifici20; l’altra metà sono fornitori di primo livello (suolifici, tacchifici, solettifici, trancifici, formifici, bordinifici, giuntifici, tomaifici)21;

334 imprese di Fermo;

89 imprese della Riviera del Brenta;

65 imprese di Montebelluna22.

La Tabella 5.3 offre una sintesi delle performance di crescita e reddituali dei distretti analizzati. In linea con quanto emerso dai dati di commercio estero, Fermo e la Riviera del Brenta si sono portati in territorio negativo già nel 2008, per poi subire pesanti perdite l’anno successivo. Meno in linea con quanto osservato precedentemente è l’andamento di Montebelluna che in termini di mediana mostra risultati poco brillanti in termini di crescita a partire dal 2007. Sul dato aggregato delle esportazioni ha inciso positivamente la dinamicità del gruppo Geox che ha trainato le vendite estere di tutto il distretto. Peraltro, qualora si considerino le medie ponderate e non i valori mediani, anche per questo distretto i dati di fatturato sono coerenti con quelli di export.

Tab. 5.3 – Evoluzione del fatturato e dell’EBIT margin (valori mediani) Variazione % fatturato EBIT in % del fatturato n. imprese 2006 2007 2008 2009 2007 2008 2009Fermo 334 9,2 5,8 -2,8 -18,1 5,2 4,3 3,7Riviera del Brenta 89 6,8 15,0 -1,6 -19,4 4,5 4,8 3,2Montebelluna 65 8,1 -6,0 0,4 -5,3 5,2 4,2 3,2San Mauro Pascoli, di cui: 25 12,1 17,5 8,9 -22,7 7,3 6,3 3,3Calzaturifici 12 - - 13,2 -22,4 3,7 2,6 2,6Fornitori di primo livello 12 - - 2,6 -24,0 10,9 9,1 3,5

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

San Mauro Pascoli, analogamente a quanto osservato nei flussi di commercio estero, si conferma il distretto più dinamico, almeno fino al 2008. A ben guardare, tuttavia, gli effetti della crisi si sono iniziati a sentire già nel 2008, quando, a fronte di un’ancora brillante performance dei calzaturifici (cresciuti in termini mediani del 13,2%), i fornitori di primo livello hanno registrato un aumento del fatturato marginale. Ciò potrebbe essere la conseguenza di un minor ricorso già nella prima fase della crisi a lavorazione esterne da parte dei calzaturifici interni ed esterni al distretto. La crisi si è poi fatta sentire con tutta la sua drammaticità nel 2009, quando, analogamente a quanto osservato per i flussi di commercio estero, il fatturato delle imprese di San Mauro Pascoli ha registrato un crollo significativo e superiore a quello degli altri distretti. Particolarmente colpiti sono

19 La non disponibilità dei dati di bilancio ha impedito l’analisi dell’evoluzione economico-reddituale delle molte imprese di fornitura, di subfornitura e terziste (spesso ditte individuali o comunque imprese di piccole o piccolissime dimensioni) che popolano il distretto. Lo stesso vale per gli altri distretti calzaturieri qui analizzati. Le imprese di fornitura e terziste analizzate, pertanto, sono quelle di dimensioni maggiori, spesso attive anche al di fuori del distretto. 20 Baldinini Srl, Vicini Spa, Pollini Spa, Sergio Rossi Manufacturing Srl, Vip Shoes Srl, Calzaturificio Casadei Spa, Ggr Srl, Grey Mer Srl,Giovagnoli Srl, Calzaturificio Zamagni Snc, Facit Srl, Gold Star Spa. 21 Formificio Romagnolo Spa, FA.I.T. Adriatica Spa, S.I.L.C.E.A Srl, Italsform Snc, Tacchificio Zanzani Srl, TGP srl, Tacchificio Del Rabbi Spa, Soledan Srl, Suolificio Gloria Srl, Tacchificio 2001 Srl, IPS Srl, Laser Team Srl, Star Service Srl. 22 Per un confronto dettagliato dei principali indicatori economico-finanziari dei principali distretti calzaturieri italiani si rimanda all’Appendice contenuta in questa monografia.

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 31

stati i fornitori di primo livello, che hanno fatto i conti con una clientela più attenta sul fronte dei costi e a mantenere, per quanto possibile, su livelli accettabili il grado di utilizzo della capacità produttiva, realizzando al proprio interno fasi del processo produttivo o produzioni precedentemente esternalizzate23.

I fornitori di primo livello (o componentisti) sono anche stati i più colpiti anche sul fronte dei margini unitari: l’EBIT (margini operativi netti) in percentuale del fatturato, infatti, ha subito un ridimensionamento significativo, scendendo dal 10,9% del 2007 al 3,5% nel 2009. Meno marcata la flessione dei già bassi margini dei calzaturifici. Lo “storico”24 divario in termini di margini unitari tra fornitori di primo livello e calzaturifici si è pertanto assottigliato passando da più di 7 punti (10,9% vs. 3,7%) a poco meno di un punto (3,5% vs. 2,6%). Contemporaneamente si è quasi del tutto annullato lo “storico” differenziale positivo tra i margini unitari di San Mauro Pascoli e quelli dei restanti poli calzaturieri italiani (cfr. Tab. 5.3 e Intesa Sanpaolo, 2009)25. Qualcosa di analogo era già successo a metà anni Duemila, ovvero in uno degli anni più difficili per San Mauro, costretto a frenare la sua corsa sia sui mercati esteri sia sul mercato interno26.

Su questo risultato ha inciso il balzo dell’incidenza degli ammortamenti e, in modo particolare, del già alto costo del lavoro (Tab. 5.4), causato, a sua volta, dal crollo del fatturato27.

Tab. 5.4 – Evoluzione del costo del lavoro e degli ammortamenti (valori mediani) Costo del lavoro in % del fatturato Ammortamenti in % del fatturato n. imprese 2007 2008 2009 2007 2008 2009Fermo 334 14,9 16,6 19,0 1,8 1,8 2,0Riviera del Brenta 89 18,0 19,4 21,7 1,1 1,2 1,3Montebelluna 65 10,7 10,6 11,0 1,3 1,4 1,5San Mauro Pascoli, di cui: 25 24,5 25,1 29,7 1,8 1,5 1,8Calzaturifici 12 17,9 17,0 22,1 0,8 0,8 1,0Fornitori di primo livello 12 28,6 30,3 40,0 3,5 3,0 5,5

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

Già prima della crisi, infatti, i componentisti di San Mauro Pascoli mostravano un’incidenza degli ammortamenti e del costo del lavoro sul fatturato significativamente superiore rispetto a quella riscontrata nei calzaturifici locali e, soprattutto, negli altri principali distretti calzaturieri italiani. Ciò riflette anche la minore apertura delle filiere produttive del distretto, che porta la fase manifatturiera ad assumere una centralità maggiore, con evidenti conseguenze sul fattore lavoro e sul capitale fisico (e quindi sugli ammortamenti materiali). Le fasi più labor intensive del processo produttivo vengono, infatti, solitamente affidate ai fornitori e terzisti locali, caratterizzati da un’alta specializzazione e professionalità della forza lavoro, che in taluni casi realizzano ancora alcune

23 Evidenze in tal senso emergono nel paragrafo 7.1. 24 Cfr. a questo proposito Pantarei (2001). L’analisi dei bilanci sul triennio 1998-2000 mostrava, infatti, come “gli attori della filiera di San Mauro che registrano la più alta redditività sono i produttori di componenti per calzature. Questi attori, grazie all’elevata qualità delle loro produzioni, e soprattutto, grazie all’abilità nell’effettuare alcuni tipi di lavorazioni, riescono a spuntare buoni prezzi di vendita... Il vero dato che emerge dall’analisi e, che sorprende, è la bassa redditività prodotta dai calzaturifici di San Mauro... E’ inoltre da osservare che la forbice tra i valori di performance dei fornitori di I livello (ossia i produttori di componenti) e dei calzaturifici del distretto, nel tempo, non tende a ridursi... Da una prima sommaria analisi dei bilanci 2001 di alcuni attori del distretto, il divario... tra calzaturifici e componentisti resta confermato”. 25 Nello studio Intesa Sanpaolo (2009) emerge come tra il 2001 e il 2007 i margini unitari di San Mauro Pascoli siano, con l’eccezione del 2005, sempre significativamente superiori a quelli del resto del calzaturiero italiano. 26 Cfr. Intesa Sanpaolo (2009). 27 I componentisti non sono cioè riusciti a ripartire su una sufficiente base di vendite i costi fissi, come gli ammortamenti, ma anche il costo del lavoro. Come si vedrà meglio in seguito (par. 7.1), le imprese del distretto, per non perdere la professionalità e le competenze dei propri operai e maestranze, hanno fatto il possibile per evitare tagli occupazionali.

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lavorazioni artigianali. Le alte competenze e le caratteristiche qualitative delle forniture sono poi gli stessi fattori che spiegano gli alti margini di queste imprese. L’intensità e la dirompenza della crisi, però, sono state tali da colpire pesantemente questi operatori che, sul fronte produttivo, sono da sempre una delle principali fonti di vantaggio competitivo per il distretto di San Mauro Pascoli.

Nel tentativo di calmierare, almeno in parte, l’incidenza del costo del lavoro, le imprese del distretto hanno fatto massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali. Nel 2009 si è, infatti, assistito a un balzo della ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni (CIG), soprattutto ordinaria28 e in deroga29, salite entrambe abbondantemente sopra le 200.000 ore (Fig. 5.4). Il balzo della CIG in deroga, essendo rivolta prevalentemente alle imprese di piccole e piccolissime dimensioni, conferma le difficoltà incontrate dai componentisti del distretto di San Mauro Pascoli. Nel 2009 è partita anche la CIG straordinaria30, solitamente attivata nelle situazioni di crisi aziendali.

Fig. 5.4 – San Mauro Pascoli: ore di CIG autorizzate nella filiera della pelle

53.218

520

31.352

222.582

8.785

247.857

0

100.000

200.000

300.000

CIG Ordinaria CIG Straordinaria CIG in deroga

2008 2009

Nota: i dati si riferiscono al settore 19 Ateco 2002 della provincia di Forlì-Cesena. Fonte: INPS

5.3 Imprese e addetti: quale selezione dalla crisi?

Gli effetti dirompenti della crisi sono evidenti anche dalla selezione che ha investito il tessuto produttivo di San Mauro Pascoli nel 2009. Il numero delle imprese attive, dopo aver oscillato tra le 213 e le 225 lungo tutti gli anni Duemila, nel 2009 si è portato per la prima volta nella storia recente sotto quota 210, scendendo a 206 da 223 del 2008 (Fig. 5.5). Sono uscite dal mercato, in particolare, le imprese più piccole con meno di 5 addetti, spesso fornitori di secondo e terzo livello, su cui “a catena” sembra essersi scaricato il crollo della domanda mondiale e che, almeno indirettamente, hanno fatto da “cuscinetto” e da “ammortizzatori” alle imprese “clienti” capofila.

Queste ultime, tuttavia, oltre a ridurre il ricorso alle lavorazioni esterne, hanno ridotto il numero di addetti, così come è evidente dalle Figure 5.6 e 5.7. Nel calzaturiero di San Mauro Pascoli, infatti, su un totale di 282 occupati persi in un solo anno nel 2009 (-7,8%), più della metà (149) sono

28 La CIGO è rivolta alle aziende industriali non edili e alle aziende industriali ed artigiane dell’edilizia e del settore lapideo che sospendono o riducono l’attività aziendale a causa di eventi temporanei e transitori quali ad es. la mancanza di commesse, le avversità atmosferiche. Può essere concessa per 13 settimane, più eventuali proroghe fino a 12 mesi; in determinate aree territoriali il limite è elevato a 24 mesi. 29 Sono definiti “in deroga” i trattamenti straordinari di integrazione salariale (CIGD) destinati ai lavoratori di imprese escluse dalla CIGS, quindi aziende artigiane e industriali con meno di 15 dipendenti o industriali con oltre 15 dipendenti che non possono usufruire dei trattamenti straordinari. 30 La Cassa Straordinaria è adottata quando l’azienda si trova a fronteggiare processi di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o in caso di crisi aziendale, fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria.

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usciti dalle imprese di grandi dimensioni (con più di 250 addetti). Importante anche il calo di addetti per le medie imprese (tra 50 e 249 addetti) e per le imprese con meno di 5 addetti.

Fig. 5.5 – San Mauro Pascoli: numero di imprese attive

225

215218 219

213

218220 221

223

206

195

200

205

210

215

220

225

230

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Fonte: elaborazioni ufficio statistica e studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati Infocamere Stockview

Fig. 5.6 – Riduzione del numero di addetti nel 2009 Fig. 5.7 – Riduzione % degli addetti nel 2009

-31

-21

-81

-149

-200 -150 -100 -50 0

Imprese conmeno di 5

addetti

Imprese tra 5e 49 addetti

Imprese tra50 e 249addetti

Imprese conalmeno 250

addetti

-11,9

-1,5

-6,9

-18,7

-24 -18 -12 -6 0

Imprese conmeno di 5

addetti

Imprese tra 5e 49 addetti

Imprese tra 50e 249 addetti

Imprese conalmeno 250

addetti

Fonte: elaborazioni ufficio statistica e studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati Infocamere Stockview

Fonte: elaborazioni ufficio statistica e studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati Infocamere Stockview

5.4 Il 2010 e la prima metà del 2011: la velocità di uscita dalla crisi

Dopo un 2009 drammatico, la prima parte del 2010 è stata ancora difficile per il calzaturiero di San Mauro Pascoli, che è tornato in territorio positivo, sia in termini di fatturato che di export, solo nell’ultimo scorcio dello scorso anno (Fig. 5.8). Il distretto dunque è entrato con un certo ritardo in crisi (nel 2009 e non nel 2008 come gli altri distretti) e, successivamente, con altrettanto ritardo ha iniziato a uscirne. Ciò è evidente se si traccia un primo bilancio valutando l’andamento sui mercati esteri, che evidenzia il calo delle esportazioni di San Mauro Pascoli nel 2010, a fronte di un aumento delle vendite estere degli altri principali distretti calzaturieri italiani, con in testa la Riviera del Brenta e Fermo (Fig. 5.9). L’export di San Mauro Pascoli è rimasto fermo a 60 milioni di euro circa in Russia, subendo invece un significativo calo in Svizzera e un nuovo arretramento in Germania. In Svizzera le esportazioni del distretto, dopo il record toccato nel 2008 (quando furono esportati 42,1 milioni di euro), sono scese dapprima a quota 26,6 milioni nel 2009, per crollare sotto i 10 milioni nel 2010. Questo crollo non è stato compensato dal lieve progresso maturato in Francia e Cina, e nemmeno dall’ottima performance registrata negli Stati Uniti.

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34 Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche

Molto meglio è riuscito a fare il polo della Riviera del Brenta che ha ottenuto brillanti risultati in gran parte dei suoi mercati di sbocco tradizionali (Francia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito), cui si è aggiunto anche il contributo, seppur minimo, della Russia e del mercato cinese (Cina e Hong Kong). Nel caso di Fermo, invece, sono stati trainanti soprattutto due nuovi mercati (Russia e mercato cinese) insieme agli Stati Uniti. Guadagni di export sono stati registrati anche in Francia e Germania.

Fig. 5.8 - San Mauro Pascoli (var. % tendenziale)

-60

-40

-20

0

20

40

1° trim2008

2° trim2008

3° trim2008

4° trim2008

1° trim2009

2° trim2009

3° trim2009

4° trim2009

1° trim2010

2° trim2010

3° trim2010

4° trim2010

Fatturato

Export

Fonte: Istat e Indagine congiunturale nelle imprese manifatturiere – Ufficio Statistica e Studi – Camera di Commercio di Forlì-Cesena

Grazie a questi buoni risultati, Fermo e la Riviera del Brenta hanno mostrato un miglioramento, seppure contenuto, del loro saldo commerciale. San Mauro Pascoli, al contrario, ha registrato un ulteriore peggioramento, tornando sui livelli del 200631.

Fig. 5.9 - Evoluzione dell’export nel 2010 (var. %) Fig. 5.10 - Evoluzione del saldo commerciale (milioni di euro)

6,6

-9,1

9,2

14,2

-14 -7 0 7 14 21

Riviera delBrenta

Fermo

Montebelluna

San MauroPascoli

1.076

236

309

786

199

318

812

168

182

273

443

237

0 300 600 900 1.200 1.500

Riviera delBrenta

Fermo

Montebelluna

San MauroPascoli 2010

2009

2008

Fonte: Istat Fonte: Istat

Le difficoltà incontrate dal distretto di San Mauro Pascoli nella prima parte del 2010 hanno portato anche a un nuovo calo del numero delle imprese attive (-7 unità), sceso per la prima volta sotto

31 Ciononostante, nel 2010 San Mauro Pascoli, grazie al sorpasso ai danni di Montebelluna (cfr. Fig. 5.10), si posiziona per avanzo commerciale al quarto posto in Italia, alle spalle di Fermo, della Riviera del Brenta e di Firenze.

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 35

quota 200 (Fig. 5.11) a causa nuovamente dell’uscita dal mercato di altre imprese con meno di 5 addetti. A differenza di quanto accaduto nel 2009, tuttavia, non ci sono state forte ripercussioni occupazionali: gli addetti sono scesi di sole 10 unità (Fig. 5.12). Andando oltre una prima lettura sintetica e aggregata dei dati, si nota però come il 2010 abbia portato a importanti modifiche del tessuto produttivo di San Mauro Pascoli. Una delle due imprese di grandi dimensioni, infatti, è scesa sotto la soglia dei 250 addetti. Solo il contemporaneo lieve rafforzamento delle imprese di medie dimensioni ha evitato un ulteriore ridimensionamento dell’occupazione32.

Fig. 5.11 - San Mauro Pascoli: numero imprese attive Fig. 5.12 - San Mauro Pascoli: numero addetti

223

206

199

180

190

200

210

220

230

2008 2009 2010

3.621

3.339 3.329

3.000

3.150

3.300

3.450

3.600

2008 2009 2010

Fonte: elaborazioni ufficio statistica e studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati Infocamere Stockview

Fonte: elaborazioni ufficio statistica e studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati Infocamere Stockview

I dati relativi agli ammortizzatori sociali confermano il quadro fin qui emerso, con la grande impresa scesa al di sotto dei 250 addetti che nel corso del 2010 ha utilizzato la CIG straordinaria, balzata a quota 550 mila ore. Al contempo, seppure in rallentamento, è rimasto alto il ricorso alla CIG ordinaria, ma, soprattutto, si è registrato un vero e proprio boom delle ore di CIG in deroga (860 mila ore circa; Fig. 5.13), evidenziando le notevoli difficoltà incontrate da molte imprese di piccole e piccolissime dimensioni.

Fig. 5.13 - San Mauro Pascoli - ore di CIG autorizzate: gennaio-dicembre

Fig. 5.14 - San Mauro Pascoli - ore di CIG autorizzate: gennaio-giugno

546.386

859.736

8.785

222.582 247.857168.619

0

300.000

600.000

900.000

1.200.000

CIG Ordinaria CIGStraordinaria

CIG in deroga

2008 2009 2010

0

150.000

300.000

450.000

600.000

CIG Ordinaria CIGStraordinaria

CIG in deroga

2008 2009

2010 2011

Fonte: INPS Fonte: INPS

32 Il numero degli addetti delle imprese di medie dimensioni è, infatti, aumentato anche al netto degli addetti dell’impresa che nel 2009 aveva più di 250 addetti. In particolare, è aumentato di 71 unità il numero di occupati delle imprese con addetti compresi tra 50 e 99.

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

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Nel corso della prima metà del 2011 la situazione sembra essersi normalizzata: le ore autorizzate di CIG straordinaria, infatti, si sono azzerate, mentre le ore di CIG ordinaria si sono portate sui livelli minimi toccati nel corrispondente periodo del 2008. Sono rimaste però alte le ore autorizzate di CIG in deroga, che tuttavia hanno registrato un ridimensionamento significativo (180 mila ore circa vs. 560 mila del 2010; Fig. 5.14).

Il minor ricorso agli ammortizzatori sociali è anche coinciso con una netta inversione di tendenza dell’andamento dell’export di San Mauro Pascoli che nel primo trimestre del 2011 è tornato a crescere a ritmi sostenuti (+12,1%), solo di poco inferiori a quelli maturati nei poli della Riviera del Brenta e di Fermo (Fig. 5.15). E’ ripartito soprattutto il mercato russo, che si è repentinamente riportato sugli alti livelli del 2009 (Fig. 5.16). Ha mostrato segnali di recupero anche l’export diretto in Svizzera, mentre è proseguito il buon momento attraversato negli Stati Uniti e sul mercato cinese. Sono rimasti per lo più fermi, invece, i mercati francese, tedesco, inglese e giapponese.

Fig. 5.15 - Evoluzione dell’export nel primo trimestre 2011 (var. % tendenziale)

Fig. 5.16 - Export di San Mauro Pascoli (milioni di euro)

14,6

14,3

12,1

3,8

0 4 8 12 16

Fermo

Riviera delBrenta

San MauroPascoli

Montebelluna

0 5 10 15 20 25

Russia

Francia

Stati Uniti

Svizzera

Ucraina

Regno Unito

Germania

Emirati Arabi Uniti

Hong Kong

Giappone

Belgio

CinaI trim. 2011

I trim. 2010

I trim. 2009

Fonte: Istat Fonte: Istat

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6. Le criticità e le questioni aperte

E’ un quadro a luci e ombre quello che emerge dall’analisi dell’evoluzione del calzaturiero di San Mauro Pascoli. Il distretto ha mostrato un’evoluzione di gran lunga migliore rispetto agli altri poli calzaturieri italiani fino al 2008, per poi accusare un crollo più pronunciato nel 2009 e una ripartenza ritardata nel 2010. Si è significativamente ridotta la base produttiva, con la perdita tra il 2008 e il 2010 di 24 imprese attive di piccolissime dimensioni (meno di 5 addetti) e di quasi 300 addetti, gran parte dei quali lavoravano nelle imprese di grandi dimensioni. Hanno sofferto sia i componentisti, sia i calzaturifici. I primi hanno accusato un significativo ridimensionamento dei margini unitari, storicamente collocati su livelli superiori rispetto alle imprese capofila grazie all’alta qualità delle produzioni realizzate. L’eccezionale calo di fatturato ha avuto effetti dirompenti sull’equilibrio economico della loro gestione industriale, provocando un pericoloso innalzamento del peso, già alto, del costo del lavoro, solo in parte attenuato dal massiccio ricorso alla CIG in deroga. Anche i calzaturifici hanno sofferto, perdendo addetti e fatturato e subendo un ridimensionamento dei già bassi margini unitari.

Criticità emergono, inoltre, osservando l’indebitamento finanziario dei calzaturifici: la leva finanziaria, che tra il 2007 e il 2009 è aumentata, si colloca su livelli mediamente elevati e superiori a quelli presenti negli altri principali distretti calzaturieri italiani. Leva finanziaria che, al contrario, assume valori molto bassi tra i componentisti, favoriti molto verosimilmente da condizioni di autofinanziamento storicamente migliori grazie a margini più elevati. Appare dunque confermata la situazione che emergeva in Pantarei (2001) che evidenziava “come i calzaturifici [di San Mauro Pascoli] soffrano di un rapporto d’indebitamento nettamente superiore alle aziende che producono componenti”. La combinazione di crollo del fatturato, margini bassi e addirittura negativi in alcune aziende e leva finanziaria elevata potrebbe aver “fatto saltare” l’equilibrio economico-finanziario di qualche soggetto, così come è evidente anche dal balzo della CIG straordinaria che evidenzia la presenza di situazioni di crisi aziendali nel distretto.

Le imprese del distretto, inoltre, nonostante i successi ottenuti nel corso degli anni Duemila, mostrano notevoli margini di miglioramento sui mercati esteri. La loro propensione a esportare è inferiore alla media italiana e appare eccessivamente concentrata in Russia. La crisi ha dimostrato che concentrarsi troppo su un solo mercato può essere altamente rischioso.

I primi dati disponibili per il 2011 evidenziano il ritorno alla crescita per il distretto di San Mauro Pascoli. Restano però presenti alcune criticità, a partire dalla possibilità di riassorbire la base occupazionale persa e di non perdere know-how produttivo e competenze presenti nel distretto. Dei 300 addetti persi, infatti, alcuni sono anche tecnici specializzati. Già prima della crisi, inoltre, erano evidenti problemi di successione imprenditoriale e di ricambio generazionale della manodopera. Anche in questo distretto, infatti, può esserci il rischio che vada perso il ricco patrimonio di conoscenze che si è formato e diffuso nel territorio sammaurese nel corso del tempo. La trasmissione di competenze specifiche si è realizzata per lungo tempo secondo processi spontanei e con modalità informali, sia attraverso reti amicali e parentali sia attraverso l’apprendistato all’interno dell’impresa, occupando tempi lavorativi ed extra lavorativi. Oggi, anche per via del basso interesse delle nuove generazioni verso il settore calzaturiero, considerato poco remunerativo e prestigioso e non idoneo ai percorsi di studio intrapresi, è sempre meno possibile basare la formazione del capitale umano distrettuale su processi spontanei.

In questo contesto, la risposta del distretto non è stata, a differenza di quanto accaduto in altre realtà produttive, il crescente ricorso a subfornitori esteri. La bassa internazionalizzazione di San Mauro è spiegata dalla qualità dei prodotti trattati che può essere messa a repentaglio spostando all’estero la produzione, sia dalla presenza di numerose microimprese cinesi che

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possono assicurare un costo del lavoro relativamente contenuto per le fasi del ciclo produttivo a più basso valore aggiunto. A San Mauro Pascoli la nascita del fenomeno dell’imprenditoria extra-comunitaria (soprattutto cinese) si può anche spiegare con un calo di attrattività del settore calzaturiero per le giovani generazioni locali, sempre meno interessate e disposte a “entrare” nel distretto, come operai e/o impiegati o imprenditori.

La nascita nell’area sammaurese di imprese straniere può non rappresentare un problema se queste si “integrano” all’interno del tessuto produttivo locale e non cambiano i termini della concorrenza locale, portandola solo su fattori di risparmio di costi e non sulla virtuosa interazione fra terzisti e calzaturifici, che è alla base dei vantaggi competitivi dell’area in termini di qualità, flessibilità e personalizzazione. Tuttavia, è indubbio che, almeno sinora, il fenomeno dell’imprenditoria cinese stia mettendo a dura prova il difficile equilibrio economico-sociale del distretto, soprattutto per ciò che riguarda i rapporti tra calzaturifici e componentisti. Se le difficoltà economico-finanziarie del momento porteranno le imprese capofila del distretto a privilegiare obiettivi di costo di breve termine agli storici vantaggi competitivi sul fronte della qualità, altri fornitori e terzisti locali potrebbero essere costretti a lasciare irrimediabilmente il mercato, con effetti dirompenti sull’integrità della filiera produttiva locale. Su questo rischio pesano anche le ridotte dimensioni aziendali di molte imprese di San Mauro Pascoli (su un totale di 199 imprese attive, 133 sono microimprese - meno di 10 addetti), con evidenti conseguenze negative sul loro potere contrattuale e sulla loro capacità di fare innovazione, nonché sulla possibilità di proporsi con successo come componentisti anche di calzaturifici italiani non localizzati nel distretto.

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7. Le strategie su cui puntare: da dove parte il rilancio

Questa crisi, così come quelle del passato, rappresenterà certamente un momento di rottura, ma anche una opportunità di cambiamento. Il tessuto produttivo italiano e di San Mauro Pascoli uscirà dalla crisi in parte ridimensionato e, soprattutto, fortemente trasformato in termini sia produttivi che commerciali. L’eccesso di capacità produttiva inutilizzata e l’accresciuta concorrenza internazionale stanno provocando una forte selezione delle imprese. E’ già chiaro, inoltre, che la flessibilità produttiva, il time to market, la qualità, l’innovazione e il potenziamento della fase commerciale continueranno a essere centrali per mantenere alta la competitività del calzaturiero italiano e, in particolare, di San Mauro Pascoli. Sono queste le indicazioni emerse anche dall’analisi delle strategie adottate nel corso del 2009-10 da un campione di 12 imprese (sia calzaturifici sia componentisti) del distretto.

7.1 Le strategie adottate nel 2009-10 per affrontare la crisi33

Sono state prese in esame 12 imprese operanti nell’area distrettuale di San Mauro Pascoli per poter tracciare, attraverso l’analisi dei loro bilanci aziendali34, alcune linee di tendenza nelle politiche aziendali distrettuali e le strategie intraprese per fronteggiare la crisi del 2009. Il campione comprende aziende calzaturiere finali e imprese di fornitura di componenti (tacchi, suole ecc.).

Fig. 7.1 – Le strategie adottate nel 2009-10 da un campione di imprese del distretto di San Mauro Pascoli (quote %)

0

20

40

60

80

100

Qualità Ricerca e sviluppo Contenimento costi Razionalizzazionelogistico-produttiva

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

L’alto profilo qualitativo contraddistingue le produzioni della maggior parte delle aziende esaminate che sono impegnate nella produzione di calzature, soprattutto da donna, destinate in buona parte al mercato del lusso. Complessivamente per i big player della moda presenti nel distretto è importante proporre prodotti sempre più in grado di differenziarsi dalla concorrenza per qualità, connotazione stilistica e immagine.

Le attività di ricerca per l’innovazione di prodotto e/o di processo sono considerate dalle aziende analizzate importanti leve strategiche per il mantenimento del proprio posizionamento competitivo, come testimoniano le relazioni di bilancio aziendali. “Vicini Spa, al fine di consolidare la propria competitività sui mercati internazionali ha proseguito l’attività di ricerca in termini di design, processi, materiali e componenti accessori, già intrapresa nel corso degli ultimi

33 Il paragrafo 7.1 è a cura di Cristina De Michele. 34 L’analisi si basa sulla lettura di bilanci aziendali 2009-2010.

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anni, in modo da garantire al consumatore un layout di prodotti dalle caratteristiche qualitative e di design difficilmente riscontrabili nelle collezioni dei competitor” (Relazione al bilancio 2009). “L’attività di ricerca e sviluppo, considerata la particolarità delle nostre produzioni, si sostanzia nel continuo rinnovamento tecnico-stilistico dei nostri modelli e nell’altrettanto costante miglioramento dei materiali di realizzazione del prodotto” (Pollini Spa, Relazione al bilancio 2009).

Piccole aziende, come la Grey Mer Srl, hanno avviato nel corso del 2009 importanti attività di ricerca per “lo studio, progettazione, prototipazione e sperimentazione della componente innovativa delle collezioni autunno-inverno 2009” (Bilancio 2009 – nota integrativa). Inoltre l’azienda ha investito consistenti risorse per consulenze tecniche e design.

Alcune aziende specializzate nella fornitura di componenti e nella produzione di campionature di altissima qualità hanno operato ingenti investimenti per lo sviluppo di nuovi processi produttivi che implicano l’utilizzo di macchinari a elevato contenuto tecnologico (ad esempio il suolificio e solettificio Fait Adriatica Spa) o per la progettazione e realizzazione di nuovi modelli nell’ambito delle forme di calzature cercando “di creare un collegamento integrato tra le diverse sedi produttive in tempo reale, con intento di monitoraggio della produttività, riduzione dei tempi di risposta ed armonizzazione delle attività secondo uno schema di efficienza” (Formificio Romagnolo Spa, Relazione al bilancio 2009).

La crisi del 2009 ha attivato in buona parte delle aziende del campione una serie di azioni strategiche tese a contenere i costi riducendo le inefficienze produttive e razionalizzando i vari processi logistico-produttivi. La Sergio Rossi Manufacturing “pur riducendo la propria quota di produzione, è riuscita a mantenere invariati i prezzi di vendita e a ottimizzare i costi di produzione iniziando un processo di ristrutturazione e di revisione di tutta la struttura dei costi che proseguirà anche negli esercizi futuri” (Relazione al bilancio 2009).

E’ interessante rilevare come, nonostante in alcuni casi si siano intraprese politiche di contenimento dei costi facendo ricorso agli ammortizzatori sociali e riducendo il personale, le imprese cerchino comunque di salvaguardare il patrimonio di conoscenze e professionalità di alto profilo maturate all’interno dell’azienda. “...Si sono attuate adeguate strategie di contenimento dei costi discrezionali dando priorità invece al massimo utilizzo della manodopera interna; ciò anche al fine di non disperdere il valido apparato produttivo di cui l’azienda dispone e che consente di ottenere l’alto livello qualitativo dei propri prodotti” (Relazione al bilancio 2009; Calzaturificio Casadei). L’utilizzo di manodopera interna per alcune fasi di lavorazione, precedentemente affidate a terzi, ha consentito all’azienda di ottenere un considerevole risparmio di costi e anche un’ottimale sfruttamento della capacità produttiva aziendale limitando “per quanto possibile” il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.

Il management aziendale della Vip Shoes Srl “al fine di razionalizzare la struttura e creare valore, ha riorganizzato il settore produttivo, senza disperdere risorse professionali indispensabili alla realizzazione di prodotti altamente qualitativi ed indirizzati ad una specifica nicchia di mercato” (Relazione al bilancio 2009). L’azienda Vicini nella sua Relazione di bilancio del 2009 dichiara che il ricorso agli ammortizzatori sociali non ha “inciso sul livello occupazionale, in linea con quello dell’esercizio precedente, in quanto si ritiene che le risorse umane e professionali rappresentino un ‘valore’ che l’azienda non può permettersi di disperdere”.

Le spese per la pubblicità hanno subito una drastica riduzione in gran parte delle aziende del campione nel corso del 2009 con alcune eccezioni, come ad esempio la già citata Grey Mer che ha incrementato notevolmente il budget per le spese pubblicitarie e per le manifestazioni fieristiche nazionali.

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Alcune aziende del campione hanno proseguito gli investimenti per ampliare il network distributivo puntando sulla forza e riconoscibilità dei loro brand sostenuti da efficaci politiche di marketing. In particolare Baldinini35 ha rafforzato la propria rete distributiva diretta attraverso l’apertura di nuovi outlet, mentre per quanto riguarda l’azienda Vicini “sono state mantenute e sviluppate le strutture in essere (show-room e negozi diretti e indiretti) continuando il programma di aperture di monomarca in regime di franchising, certi della forza del marchio e di una ripresa della domanda a livello globale” (Relazione al bilancio 2009).

Vicini, inoltre, ha costituito nel 2009 la società Vicini On line Srl, controllata al 100%, che si occuperà esclusivamente della promozione e dello sviluppo delle vendite online, segmento che il management aziendale ritiene “possa garantire effetti positivi in termini di fatturato e di diffusione dei marchi aziendali”.

Dai primi bilanci aziendali disponibili per il 2010 si evince l’efficacia delle strategie messe in atto dalle imprese del campione che sono riuscite a ottenere un incremento del fatturato e un consolidamento della performance reddituale rispetto al 2009. “La crescita ha riguardato tutte le principali linee di calzature prodotte e commercializzate dalla società sia in termini di valore che di volumi, a conferma che il prezzo medio rimane stabile, nel rispetto degli statuiti livelli qualitativi” (Relazione al bilancio 2010, Vip Shoes Srl).

Il suolificio Fait Adriatica nella relazione al bilancio 2010 afferma che “Il livello di fatturato raggiunto ha superato le aspettative e le prudenti previsioni aziendali. L’incremento rilevato rispetto allo scorso esercizio è stato il risultato di una forte volontà che ha spinto la società ad evolversi, a rivedere il proprio modello di business in un’ottica di sempre maggior competitività, attraverso riposizionamenti, innovazione di prodotti e processi, ricerca di nuovi e più dinamici mercati nonché di forme organizzative più efficaci dal punto di vista commerciale e produttivo”.

7.2 La qualità e il ruolo delle filiere produttive

Anche San Mauro Pascoli, al pari del calzaturiero italiano, deve in prospettiva puntare sempre di più sulle strategie appena individuate, facendo leva sui suoi punti di forza e cercando di superare i ritardi e le debolezze che l’hanno contraddistinto finora.

Gli elementi che nel tempo hanno permesso al distretto di espandersi e conseguire una posizione di vantaggio competitivo sono da ricercare nell’attenzione al time to market, alla qualità dei materiali e delle lavorazioni, rese possibili dal patrimonio di conoscenze e competenze tecnico-produttive acquisite negli anni nell’impiego dei materiali, nella modelleria, nelle rifiniture delle calzature da parte di aziende altamente specializzate e flessibili in particolari fasi di lavorazione. A questi si aggiungono elementi determinanti per il successo di mercato quali il gusto estetico, l’attenzione al design, alla differenziazione delle produzioni rispetto a quelle dei concorrenti.

In prospettiva la crescente importanza attribuita alla qualità dei prodotti e dei servizi offerti e alla flessibilità produttiva potrebbero portare a una riscoperta delle filiere e, soprattutto, avvantaggiare un polo produttivo come San Mauro Pascoli, da sempre noto per la qualità delle sue produzioni. Ciò dipenderà dalla sensibilità dei consumatori verso il valore del made in Italy, inteso come immagine e design italiano, ma soprattutto come capacità realizzativa delle sue maestranze. E’ necessario però fare in modo che venga conservata l’integrità delle filiere

35 La Baldinini analogamente ad altre aziende distrettuali, come ad esempio Harmont & Blaine (distretto dell’abbigliamento di Napoli), ha deciso di diversificare la propria attività operando nel settore della ristorazione con la società Baldinini Cafè srl costituita nel 2009.

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produttive, che garantisce flessibilità produttiva e che molto spesso è alla base della qualità delle produzioni italiane.

La conservazione delle filiere passa attraverso l’intervento attivo di tutti gli attori della filiera, a partire dalle imprese capofila, che, ponendosi in un’ottica di medio-lungo termine, devono saper valorizzare gli anelli deboli della catena produttiva (le aziende dell’indotto come i formifici, tacchifici, suolifici, etc.), caratterizzati da un basso potere contrattuale, ma necessari per mantenere alta la flessibilità produttiva e la qualità intrinseca dei prodotti. A questo fine è necessario che nelle filiere vi siano rapporti di partnership che prevedano la condivisione del rischio e la trasmissione continua di informazioni tra i diversi livelli della filiera. In questa direzione si è mosso, ad esempio, il gruppo Gucci, firmando nel settembre del 2009 un “Protocollo d’intesa in materia di sostenibilità della filiera Gucci”, che ha dapprima interessato la supply chain di primo livello della pelletteria e successivamente è stato esteso anche ad altri settori del sistema moda (come l’abbigliamento) e ai secondi livelli di fornitura. L’accordo mira a: promuovere la sostenibilità economica dell’intera catena di fornitura Gucci e l’adozione di standard di responsabilità sociale; valorizzare la forza lavoro; sostenere l’innovazione tecnologica della filiera, anche attraverso iniziative di formazione di filiera che consentano di diffondere innovazione lungo la rete di subfornitura.

Al contempo, è necessario che le imprese di subfornitura e i terzisti intraprendano un percorso di riposizionamento strategico diretto a rafforzare la loro capacità innovativa e la loro forza contrattuale e commerciale. Questi obiettivi possono essere raggiunti anche attraverso processi di aggregazione che possono essere la via per risolvere il problema della scarsa propensione a investire in ricerca che caratterizza molti componentisti sammauresi frenati dalle loro ridotte dimensioni aziendali: 133 imprese, su un totale di 199 attive, sono microimprese (meno di 10 addetti). Se, da un lato, queste imprese presentano positive capacità di adattamento e flessibilità, dall’altro sono penalizzate dalle ridotte dimensioni che possono pregiudicare la possibilità di destinare risorse per investimenti in ricerca e innovazione tecnologica.

I processi di fusione e acquisizione e/o forme di cooperazione tra imprese (come ad esempio i consorzi o le reti d’impresa) possono essere anche finalizzati alla creazione di una filiera verticale in grado di effettuare l’intero processo produttivo e di realizzare prodotti/servizi “chiavi in mano” di qualità, ponendo il produttore finale davanti a un solo interlocutore. Prodotti e servizi che in questo modo possono essere proposti in misura crescente anche a calzaturifici localizzati al di fuori del distretto.

La via del consolidamento dimensionale può infine innalzare il potere contrattuale dei componentisti nei confronti di soggetti nuovi (le griffe) all’interno dei calzaturifici, che vanno in alcuni casi a sostituire l’imprenditore locale e che richiedono l’introduzione di procedure maggiormente formalizzate e standardizzate rispetto alla tradizionale rete di scambi informali. Il sistema locale potrà beneficiare dell’apporto di questi gruppi se riuscirà a instaurare con essi sistematici e robusti meccanismi di interazione e condivisione delle conoscenze, evitando in tal modo che prevalgano logiche unidirezionali di appropriazione del know-how locale da parte di questi gruppi e, di conseguenza, un progressivo inaridimento del distretto.

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7.3 I certificati di qualità36

Uno strumento utile per proporsi in modo più formalizzato sia all’interno del distretto sia soprattutto al di fuori del distretto sono le certificazioni dei sistemi di gestione per la qualità (UNI EN ISO 900137). Per ottenere questa certificazione è necessario fornire prodotti conformi ai requisiti dei clienti. Molti gruppi industriali impongono ai propri fornitori la certificazione di qualità, intesa come garanzia sulla qualità della fornitura e, come tale, funzionale alla riduzione dei costi di controllo. Un’impresa certificata pertanto può ottenere vantaggi in termini di posizionamento qualitativo ma anche nell’assegnazione di contratti di fornitura. La certificazione può inoltre essere uno strumento utile per fidelizzare la clientela, visto che serve per dimostrare ai clienti la capacità di mantenere nel corso della produzione e del tempo una qualità costante del proprio prodotto e/o servizio.

L’efficacia delle certificazioni dei sistemi di gestione per la qualità è confermata da alcuni esercizi econometrici, dove si è cercato di verificare l’effetto dei certificati di qualità sulle performance (di crescita e reddituali) recenti e passate di 1.251 imprese italiane calzaturiere e della concia. Cento di queste, secondo la banca dati ACCREDIA (l’Ente unico italiano di accreditamento), sono in possesso di un certificato di qualità. Nell’esercizio econometrico le variabili indipendenti utilizzate sono:

la dimensione aziendale, inserita come variabile di controllo;

il settore di specializzazione: calzaturiero o conciario;

il livello dell’EBITDA margin nel 200638 per tenere conto dei margini di partenza che, almeno indirettamente, misurano il potere di mercato delle imprese ovvero la loro capacità di differenziare o far percepire come differenziati i propri prodotti;

la dummy “certificazione di qualità” che assume valore uno per le imprese che hanno ottenuto la certificazione.

I risultati di queste stime evidenziano, come atteso, l’effetto positivo e significativo dei certificati di qualità sulla crescita e sulla redditività nel triennio 2006-0839. Questo effetto resta anche nel corso della crisi del 2009.

Tuttavia è ancora basso il grado di diffusione delle certificazioni dei sistemi di gestione della qualità sia nei distretti italiani sia, più in particolare, nel distretto di San Mauro Pascoli. La

36 Il sistema di certificazione è articolato e vede la compartecipazione di diversi soggetti: enti di normazione nazionali e internazionali (che emettono le norme a fronte delle quali si effettua la certificazione), enti di accreditamento (in Italia ad esempio Accredia è l’ente nazionale che garantisce la correttezza, professionalità e imparzialità degli enti di certificazione), enti di certificazione, soggetti privati opportunamente accreditati dagli organismi preposti a tale funzione. 37 Le norme della serie ISO 9000 sono state prodotte dall'ISO (International Organization for Standardization) per definire i requisiti internazionali per i sistemi di gestione per la qualità. Il concetto di sistema di gestione per la qualità fa riferimento a "quella parte del sistema di gestione di un'organizzazione che si propone, con riferimento agli obiettivi per la qualità, di raggiungere dei risultati in grado di soddisfare adeguatamente le esigenze, le aspettative e i requisiti di tutte le parti interessate" (ISO 9000:2000).

La Norma ISO 9001:2000 specifica i requisiti che un sistema di gestione per la qualità deve possedere per costituire dimostrazione della capacità di un'Organizzazione di fornire prodotti conformi ai requisiti dei clienti e alle prescrizioni regolamentari applicabili ed è finalizzata ad accrescere la soddisfazione del cliente. 38 Questa variabile non è stata inserita nel modello dell’evoluzione del fatturato. 39 In alternativa agli esercizi proposti, tra le variabili indipendenti è stata inserita anche una variabile per tenere conto del numero di anni in cui le imprese sono state in possesso dei certificati. La non significatività di questa variabile sembra suggerire che nel breve termine la certificazione di qualità non svantaggia le imprese, che sin da subito possono trarre beneficio dal certificato, e, soprattutto, dal rispetto dei parametri e delle procedure richieste per ottenere il certificato stesso.

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progressiva apertura delle filiere dei distretti impone però un’ulteriore accelerazione sul fronte della certificazione, visto che, soprattutto per i componentisti che hanno o intendono acquisire clientela extra-distrettuale, i rapporti produttivi e/o commerciali con imprese collocate al di fuori dei distretti difficilmente potranno basarsi, come in passato, su relazioni informali.

7.4 Servizi formativi e di supporto alle imprese per lo sviluppo delle risorse umane40

Il mantenimento delle fasi produttive sul territorio e la conservazione della ricchezza del patrimonio di know-how produttivo sono oggi a rischio, sia per l’uscita dal mercato del lavoro delle persone che detengono queste professionalità, sia per il poco interesse delle giovani generazioni verso le scuole tecniche industriali41. Un contributo rilevante per superare queste criticità potrà venire dal CERCAL, anche in collaborazione con istituti sia interni che esterni al distretto, incentivando ulteriormente la cooperazione già attivata con altre strutture formative (come, ad esempio, con l’Istituto di Istruzione Superiore “Marie Curie”, con l’ISIA - Istituto Superiore Industrie Artistiche di Faenza e con il Politecnico della Riviera del Brenta).

A seguito di alcuni studi realizzati sul distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli nei primi anni 2000, essendosi evidenziate le esigenze di creare un maggior legame tra mondo della formazione e mondo delle imprese, di incentivare la capacità attrattiva del settore nei confronti delle nuove generazioni, di rendere più incisiva l’attività del CERCAL, è stata avviata una serie di iniziative tese a rafforzare le attività per il mantenimento e lo sviluppo delle competenze presenti nel territorio, proprio attraverso un ruolo più attivo del CERCAL e la costruzione di una rete di relazioni tra i diversi attori locali dell’istruzione e della formazione.

Un’azione particolarmente significativa è stata l’avvio, dall’anno scolastico 2004-05, dell’Istituto Professionale Moda orientato al calzaturiero presso l’Istituto di Istruzione Superiore “Marie Curie” di Savignano sul Rubicone. La scuola ha collaborato fin dall’inizio con CERCAL, e successivamente anche con altri enti di formazione, per attivare percorsi integrati e di alternanza scuola-lavoro che avvicinassero i giovani al settore e che offrissero conoscenze e competenze spendibili nelle imprese del territorio. Dagli iniziali 25 studenti iscritti al primo anno nel 2004, l’Istituto Professionale è via via cresciuto completando tutte le 5 classi e raddoppiando le iscrizioni nel primo triennio.

Nel corso di questi anni tutti gli studenti del “Marie Curie” hanno svolto percorsi di stage all’interno delle aziende del territorio, con il contributo del CERCAL, coinvolto nelle fasi di organizzazione e tutoraggio. Lo stesso CERCAL ha messo a disposizione anche i propri docenti e tecnici esperti per realizzare la parte di formazione orientata al calzaturiero programmata in aula. L’impatto di questa attività sul distretto è considerevole, poiché ogni anno circa un centinaio di studenti vengono inseriti presso le diverse imprese della filiera per completare la propria formazione in un contesto aziendale.

Una parte di queste attività è stata inquadrata all’interno di un Piano Nazionale sostenuto da ANCI, FILTEA-FEMCA e UILTA e finanziato dal Ministero dell’Istruzione. La restante parte è stata finanziata da Provincia di Forlì-Cesena e Regione Emilia-Romagna.

Con l’attuale riforma, l’Istituto Professionale “Marie Curie” offre, operando in collaborazione e sussidiarietà con la formazione professionale, la Qualifica di Operatore delle calzature a chi frequenta proficuamente i primi 3 anni di scuola. Per chi ha assolto l’obbligo formativo, la stessa

40 Il paragrafo 7.4 è a cura di Serena Musolesi del CERCAL. 41 Sull’importanza delle scuole tecniche si rimanda anche a Merlo E. (2009).

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qualifica è ottenibile frequentando percorsi formativi realizzati da CERCAL, volti a formare le maestranze che possono contribuire alla conservazione di un know how prezioso per il mantenimento della filiera produttiva.

L’obiettivo di attrarre l’interesse dei giovani verso il settore calzaturiero locale è stato perseguito da CERCAL anche attraverso iniziative di orientamento svolte dal 2007 a oggi presso le Scuole Superiori e le Scuole Medie del territorio. Tramite seminari, presentazioni di video, laboratori didattici per la realizzazione di piccoli oggetti in pelle, viene promossa e diffusa la cultura tecnica del settore, facendo conoscere le opportunità professionali offerte dal distretto.

Sul territorio si sta consolidando una vera e propria filiera formativa - che parte dalla Scuola Superiore e passa per la formazione professionale post-diploma per arrivare all’Università - completata da un tassello importante rappresentato dai corsi IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore). Dal 2005 CERCAL realizza progetti IFTS dedicati al settore calzaturiero, in partnership con Scuole Superiori del territorio (tra cui il “Marie Curie”), con l’Università (Università di Bologna, sede di Rimini e ISIA – Istituto Superiore Industrie Artistiche di Faenza) e con le imprese locali. Tali progetti sono finalizzati a formare tecnici con un alto livello di competenze sia trasversali che specialistiche, tenendo in considerazione l’evoluzione delle tecnologie e dei software 3D di progettazione per il settore.

Oltre agli IFTS, CERCAL realizza corsi di alto livello dedicati alla formazione di stilisti e modellisti di calzature, frequentati da giovani del territorio ma anche da studenti provenienti appositamente dal resto d’Italia e da tutto il mondo.

Un ulteriore sviluppo dell’attività del CERCAL si è registrato sul versante della formazione continua: dal 2005, soprattutto attraverso piani formativi interregionali, co-finanziati dai fondi interprofessionali e sostenuti dalle parti sociali, CERCAL gestisce corsi di aggiornamento per gli addetti del settore. Le tematiche affrontate nei percorsi formativi sono sia di tipo tecnico-professionale (software di progettazione specifici per il settore, tecniche di produzione, nuove tecnologie, materiali, ecc.) che trasversale (software gestionali, lingue, gestione risorse umane, organizzazione della produzione, vendita, ecc.).

Questa attività si è poi ulteriormente ampliata con la progettazione e gestione di piani formativi aziendali su commessa diretta delle imprese della filiera.

Nel corso del 2010, per contribuire ad attraversare la crisi in atto con il rafforzamento delle competenze presenti nelle imprese del distretto, CERCAL si è inoltre occupato dell’organizzazione di corsi per lavoratori in cassa integrazione in deroga, offrendo percorsi mirati all’innalzamento delle capacità operative e delle professionalità tecnico-produttive.

7.5 Il ruolo dei marchi a San Mauro Pascoli

Come si è già detto in altre parti di questo studio, San Mauro Pascoli ha potuto contare sull’interazione virtuosa tra calzaturifici e componentisti che ha consentito al distretto di affermarsi sui mercati internazionali con produzioni di alta qualità. Ciò anche grazie alla presenza locale di fornitori e/o terzisti in grado di rispondere con tempestività alla domanda di varietà ed esclusività che il mercato richiede. Un aspetto peculiare dell’area sammaurese riguarda proprio il particolare contributo, propositivo e creativo, dei fornitori e/o terzisti dovuto soprattutto alle elevate competenze dei titolari delle aziende contoterziste sulle quali fanno affidamento le imprese committenti. In questo senso la rete distrettuale presenta caratteristiche di “flessibilità creativa” generata dall’interazione dei diversi attori impegnati nella realizzazione di un prodotto di alto profilo qualitativo.

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

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Nel tempo i calzaturifici, che fanno da traino a tutta l’area distrettuale e attorno ai quali ruota una moltitudine di piccole imprese terziste, hanno saputo trarre vantaggio dal saper fare calzature di qualità, puntando in misura crescente sulla fase commerciale, attraverso la creazione di brand forti e conosciuti (come Pollini, Sergio Rossi, Casadei, Baldinini, Vicini).

Per far luce sull’importanza dei marchi è stato costruito un database originale che abbina ai bilanci aziendali delle imprese di tre distretti calzaturieri italiani (25 imprese di San Mauro Pascoli42, 89 imprese della Riviera del Brenta, 65 imprese di Montebelluna) i dati sulla registrazione43 di marchi in Italia, di marchi comunitari44, di marchi internazionali45 e di marchi negli Stati Uniti46. In particolare, a ogni impresa sono stati associati dati sul numero di marchi registrati, il primo anno di registrazione, i prodotti per i quali è stata chiesta la protezione, l’anno in cui è stata accordata l’estensione del marchio anche ad altre tipologie merceologiche e, per il marchio internazionale, il numero dei paesi per i quali è stata chiesta la tutela. A partire da questa banca dati, è possibile presentare un confronto tra la propensione a sfruttare politiche di brand delle imprese di San Mauro Pascoli, della Riviera del Brenta e di Montebelluna e verificare econometricamente l’impatto dei marchi su redditività e crescita.

Le tabelle 7.1 e 7.2 riassumono le strategie di marchio adottate dalle imprese dei tre distretti. E’ sin da subito evidente come le politiche di marchio siano più diffuse a San Mauro Pascoli rispetto alla Riviera del Brenta, soprattutto sui mercati esteri (Tab. 7.1). Il divario è ancora più evidente se si considerano solo i calzaturifici di San Mauro Pascoli, che presentano una propensione a investire in marchi superiore anche alla media delle imprese di Montebelluna, sia in Italia (83% circa vs. 62% circa) che all’estero. A San Mauro Pascoli il 50% dei calzaturifici (ovvero tutti i più importanti calzaturifici) ha contemporaneamente un proprio marchio registrato in Italia e nei tre uffici internazionali analizzati (OHIM, USPTO e WIPO). A Montebelluna questa quota è pari al 25% circa, mentre nella Riviera del Brenta si ferma al 3,8%. Tra i fornitori di primo livello di San Mauro, al contrario, è molto bassa la percentuale di imprese con marchi registrati in Italia.

42 L’analisi si limita a mostrare le strategie di brand delle imprese di medie e grandi dimensioni. Non sono dunque rappresentate le politiche di marchio delle imprese di piccole e piccolissime dimensioni che, al contrario di quanto emerge in questo paragrafo, raramente hanno un proprio marchio registrato in Italia. 43 La registrazione di un marchio conferisce al suo titolare il diritto di esclusiva all’uso dello stesso per distinguere i propri prodotti e di vietarne l’uso da parte di altri soggetti per prodotti identici e/o affini. 44 Il marchio comunitario, registrato presso The Trade Marks and Designs Registration Office of the European Union (OHIM), produce i propri effetti su tutto il territorio della Comunità Europea e il suo utilizzo, quando vietato, lo è su tutto il territorio comunitario. La durata del marchio comunitario è di dieci anni continuamente rinnovabili per identici periodi di tempo. 45 Con il marchio internazionale, registrato presso The World Intellectual Property Organization (WIPO), si ottiene l’estensione all’estero attraverso una procedura unificata di deposito regolata dall’Accordo e dal Protocollo di Madrid, coprente più Stati designando quelli di interesse al momento del deposito della domanda. Con tale procedura è consentito ottenere, in ciascuno degli Stati che hanno aderito all’Accordo e/o al Protocollo di Madrid, la stessa protezione e gli stessi mezzi di difesa contro ogni lesione del diritto al marchio che le leggi di tali Stati offrono ai marchi nazionali. La registrazione internazionale ha una durata di dieci anni, essendo poi continuamente rinnovabile per identici periodi di tempo. Per l’elenco dei paesi aderenti all’Accordo e/o al Protocollo di Madrid si rimanda all’indirizzo:

http://www.wipo.int/export/sites/www/treaties/en/documents/pdf/madrid_marks.pdf. 46 Marchi registrati presso lo United States Patent and Trademark Office (USPTO).

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Tab. 7.1 – Marchi registrati nei distretti di San Mauro Pascoli, della Riviera del Brenta e di Montebelluna (in %)

Nessun marchio

Marchio in Italia

Marchio comunitario

Marchio internazionale

Marchio negli Stati Uniti

Marchio nei 4 uffici (a)

Riviera del Brenta 57,0 40,5 24,1 25,3 5,1 3,8Montebelluna 34,4 62,3 49,2 41,0 26,2 24,6San Mauro Pascoli 52,0 48,0 24,0 32,0 24,0 24,0Calzaturifici 16,7 83,3 50,0 66,7 50,0 50,0Fornitori primo livello 83,3 16,7 0,0 0,0 0,0 0,0

(a) Marchio registrato in Italia, negli Stati Uniti, marchio comunitario, marchio internazionale. Fonte: elaborazioni su bilanci aziendali, Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), The Trade Marks and Designs Registration Office of the European Union (OHIM), United States Patent and Trademark Office (USPTO) e The World Intellectual Property Organization (WIPO)

I calzaturifici di San Mauro Pascoli, inoltre, hanno iniziato a registrare marchi presso gli uffici italiani ma anche esteri già negli anni Sessanta e Settanta, estendendo poi nel tempo la richiesta di protezione a classi merceologiche diverse dalla filiera della pelle e rientranti nel più ampio settore del sistema moda (abbigliamento, profumi, occhialeria, oreficeria,...). Negli Stati Uniti, ad esempio, molte (il 66,7%) delle imprese di San Mauro Pascoli che hanno un marchio registrato presso lo USPTO avevano ottenuto la protezione già negli anni Ottanta. Su questo fronte emergono analogie con Montebelluna e differenze significative con la Riviera del Brenta. Anche le imprese di Montebelluna hanno adottato politiche di branding con particolare intensità già nel corso degli anni Ottanta. La registrazione di propri marchi è invece un fenomeno più recente nella Riviera del Brenta; in questo distretto la quota delle imprese che hanno ottenuto un marchio in Italia e/o un marchio internazionale nel corso degli anni Duemila è pari a circa il 45%; nel caso del marchio comunitario questa quota è addirittura pari all’89,5%.

Tab. 7.2 – Distribuzione temporale dei marchi registrati nei distretti di San Mauro Pascoli, del Brenta e di Montebelluna

Marchio in Italia

Marchio comunitario Marchio internazionale Marchio negli Stati Uniti

Riviera del Brenta Anni '80 25,0 (a) 25,0 0,0Anni '90 31,3 10,5 30,0 50,0Anni '00 43,8 89,5 45,0 50,0Totale 100,0 100,0 100,0 100,0Montebelluna Anni '80 36,8 (a) 48,0 31,3Anni '90 34,2 30,0 32,0 31,3Anni '00 28,9 70,0 20,0 37,5Totale 100,0 100,0 100,0 100,0San Mauro Pascoli Anni ’60,’70,'80 41,7 (a) 37,5 66,7Anni '90 33,3 50,0 25,0 33,3Anni '00 25,0 50,0 37,5 0,0Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Il marchio comunitario è stato istituito nel 1994. Fonte: elaborazioni su bilanci aziendali, OHIM, UIBM, USPTO e WIPO

Sulla base del database costruito si è quindi cercato di capire se l’evoluzione del fatturato e quella dell’EBITDA margin nel triennio 2007-09 siano state influenzate dalle politiche di marchio adottate. Oltre alle consuete variabili di controllo (dimensione aziendale), sono state considerate tre variabili che tengono conto delle strategie di branding delle imprese:

un indicatore relativo alla presenza nell’azienda di almeno un marchio registrato, che è una dummy che assume valore 0 (nessun marchio registrato) o 1 (almeno un marchio registrato);

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un indicatore che misura “il valore” del marchio, che varia in un intervallo continuo compreso tra 0 e 1. Con questo indicatore si è cercato di quantificare la notorietà e la capacità distintiva del marchio presso il pubblico, considerando anche l’ambito territoriale più o meno esteso dove lo stesso è conosciuto. Il valore del marchio qui proposto tiene conto del numero di uffici marchi (USPTO, UIBM, OHIM e WIPO) presso cui è stato registrato, del numero dei paesi in cui il marchio è tutelato e delle estensioni merceologiche richieste nel corso del tempo. L’ipotesi alla base di questa misura indiretta del valore del marchio è che tanto più elevati sono il numero dei paesi in cui viene chiesta la tutela del marchio e il numero delle estensioni merceologiche ottenute, tanto maggiore è il valore attribuito dall’impresa al marchio stesso.

il numero di marchi registrati da ogni singola impresa.

Dai risultati delle stime emerge come i marchi registrati ma privi di “valore”, perché poco noti, non influenzino le performance di crescita delle imprese. Al contrario è evidente l’importanza del “valore del marchio”, che influenza positivamente e significativamente l’evoluzione del fatturato delle imprese. Ciò sottolinea in maniera chiara la necessità da parte delle imprese non soltanto di creare brand aziendali e di prodotto, ma anche e soprattutto di valorizzarlo, dandogli un carattere distintivo da utilizzare in Italia ma anche all’estero e per più ambiti merceologici.

Inoltre, la costruzione di un brand di successo, attraverso attente strategie sia nella fase creativa che in quella distributiva e promozionale, è più facile e sostenibile economicamente qualora ci si concentri su un unico marchio. L’adozione di politiche multibrand, al contrario, può essere onerosa, poco sostenibile ed efficace, soprattutto in un contesto sempre più globalizzato e in cui è necessario raggiungere con successo più mercati. Esse, infatti, soprattutto per le imprese di dimensioni medie, rischiano di danneggiare la crescita delle imprese, così come è evidente anche dal segno negativo e significativo assunto dalla variabile che misura il numero di marchi registrati da ogni singola impresa.

Adeguate politiche di marchio pertanto si sono rivelate efficaci anche nel corso della crisi che ha colpito i mercati mondiali. Dalla lettura di diversi casi aziendali è altrettanto chiaro che spesso la differenza tra le storie di successo e quelle di insuccesso è determinata dalle scelte strategiche delle imprese, ma anche dalla capacità del management di realizzare le strategie individuate con coerenza e senza intaccare e/o mettere a rischio l’equilibrio finanziario aziendale. Non è raro, infatti, che l’insuccesso non dipenda dall’adozione di scelte sbagliate, ma da strategie non implementate in modo efficace e/o equilibrato finanziariamente. In molti di questi casi il successo è solo temporaneo.

7.6 Mercati esteri e diversificazione commerciale

Nonostante i notevoli sforzi sul fronte commerciale e del branding, il distretto di San Mauro Pascoli mostra con evidenza alcune criticità in ambito distributivo legate, come si è visto nel capitolo 4, all’eccessiva concentrazione delle esportazioni in Russia. Le strategie commerciali e di branding delle imprese si sono, infatti, fortemente focalizzate su questo mercato. Le imprese del distretto, pertanto, dovranno intensificare i loro sforzi sul fronte distributivo, innalzando il grado di diversificazione delle loro mete geografiche, puntando con maggiore decisione su alcune economie avanzate (come Stati Uniti, Francia e Germania) e, soprattutto, su altri nuovi mercati ad alto potenziale (Cina o Medio Oriente in primis). In prospettiva, infatti, le aree geografiche a maggiore potenzialità, sia come mercati di sbocco per le esportazioni italiane che come possibile sede di IDE (investimenti diretti esteri), saranno sempre più concentrate in paesi culturalmente “lontani” (Emerging Asia in primis)47 e ancora poco esplorati. Ciò comporta che le imprese

47 Secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale (2011) contenute nel World Economic Outlook dell’aprile del 2011, infatti, nel medio-lungo termine il differenziale di crescita tra le economie

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debbano affrontare complessità maggiori per espandersi. Una più capillare presenza in queste aree, ad esempio, necessita di un potenziamento delle strutture commerciali delle imprese italiane che, oltre a produrre beni di qualità, devono sempre più “saper vendere” prodotti nuovi e differenziati adottando adeguate politiche di marchio. Questo però richiede la costruzione di network commerciali attraverso mirati processi di internazionalizzazione commerciale, con l’apertura di filiali che consentono di stabilire un contatto diretto con la clientela. Su questo fronte l’ingresso nel distretto di grandi gruppi della moda internazionale può aiutare a superare queste criticità.

L’efficace gestione di questi processi di internazionalizzazione commerciale richiede la presenza di capitale umano altamente qualificato, con forti competenze immateriali (marketing, logistica, assistenza tecnica etc.), che va supportato con adeguati investimenti in ICT. Come emerge da diversi studi in materia, infatti, l’ICT è uno strumento indispensabile per mantenere sotto controllo la gestione produttiva, organizzativa, logistica e commerciale delle imprese che hanno aperto le loro filiere produttive e che hanno costruito una rete commerciale all’estero. Più in generale andrà potenziato il management e dovranno essere introdotte nuove professionalità in campo distributivo non ancora sufficientemente diffuse ma cruciali per gestire la crescente complessità dei mercati.

avanzate e le economie emergenti asiatiche sarebbe pari a più del 6% (rispettivamente +2,4% vs. +8,6% l’aumento del PIL previsto nel 2015).

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8. Conclusioni: San Mauro Pascoli tra criticità e opportunità

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta il calzaturiero italiano ha subito un significativo ridimensionamento (con imprese e addetti in calo quasi ininterrotto e forti arretramenti delle esportazioni in quantità), colpito dalla concorrenza dei produttori asiatici (Cina in primis), diventati protagonisti del mercato mondiale delle calzature. Il distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli ha saputo misurarsi con successo con questo ambiente esterno sempre più complesso e difficile, caratterizzato dall’affermazione dei paesi emergenti, dall’apprezzamento dell’euro e dalla bassa dinamicità dei consumi nell’Unione europea.

Le imprese leader, che fanno da traino a tutta l’area distrettuale e attorno alle quali gravitano molte piccole imprese terziste, hanno saputo trarre vantaggio dal saper fare calzature di qualità, puntando in misura crescente sulla fase commerciale, attraverso la creazione di brand noti (come Sergio Rossi, Pollini, Casadei, Baldinini, Vicini) e di network distributivi (monomarca propri o in franchising, corner in the shop). Esse, inoltre, hanno diversificato la gamma produttiva, con l’ingresso nei comparti delle borse e degli accessori in pelle. Sul fronte distributivo e della diversificazione produttiva i principali attori del distretto sono stati agevolati dall’ingresso nel loro capitale sociale di alcune case di moda internazionali (come il gruppo Gucci), che sono state attratte dal know-how produttivo presente, contribuendo al successo di San Mauro Pascoli sui mercati esteri.

Nel corso degli anni Duemila San Mauro Pascoli ha conosciuto una notevole crescita delle esportazioni (+14,2% la crescita media annua tra il 1999 e il 2007). Trainante il mercato russo che è divenuto in poco tempo il principale sbocco commerciale del distretto. Più lenta è stata la crescita degli altri principali distretti calzaturieri italiani (Fermo, Riviera del Brenta e Montebelluna). L’alta competitività del distretto è confermata dai risultati di crescita e reddituali emersi dall’analisi dei bilanci aziendali. Il distretto sammaurese, in controtendenza rispetto a Fermo e alla Riviera del Brenta, ha continuato a crescere anche nel 2008, primo anno della crisi che si è abbattuta sui mercati mondiali.

La crisi, tuttavia, non ha risparmiato San Mauro Pascoli, che nel 2009 ha subito un crollo delle esportazioni, perdendo più di tutti e lasciando sul terreno un quarto circa delle proprie vendite estere. Le perdite di export hanno riguardato molti sbocchi commerciali (Stati Uniti e Svizzera) e, soprattutto, la Russia. Gli effetti della crisi emergono con tutta la loro drammaticità anche dall’analisi dei dati di bilancio. Nel 2009, infatti, il fatturato delle imprese di San Mauro Pascoli ha registrato un crollo significativo e superiore a quello degli altri distretti. Particolarmente colpiti sono stati i fornitori di primo livello, che hanno subito un netto ridimensionamento dei margini unitari.

Gli effetti dirompenti della crisi sono evidenti anche dalla selezione che ha investito il tessuto produttivo di San Mauro Pascoli. Il numero delle imprese attive nel 2009 è sceso a 206 unità da 223 del 2008. Sono uscite dal mercato, in particolare, le imprese più piccole con meno di 5 addetti, spesso fornitori di secondo e terzo livello. In un solo anno, inoltre, sono andati persi 282 addetti; più della metà (149) sono usciti dalle imprese di grandi dimensioni (con più di 250 addetti).

Dopo un 2009 drammatico, la prima parte del 2010 è stata ancora difficile per il calzaturiero di San Mauro Pascoli, che è tornato in territorio positivo, sia in termini di fatturato che di export, solo nell’ultimo scorcio dello scorso anno. Il distretto dunque ha subito con ritardo gli effetti della crisi e successivamente, con altrettanto ritardo, ha iniziato a uscirne. Le difficoltà incontrate dal distretto nella prima parte del 2010 hanno portato a una ulteriore scrematura delle imprese attive (-7 unità), scese per la prima volta sotto quota 200 a causa nuovamente dell’uscita dal mercato delle imprese con meno di 5 addetti.

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I primi dati disponibili per il 2011 evidenziano il ritorno alla crescita per il distretto di San Mauro Pascoli. Restano però alcune criticità, da tempo presenti in maniera latente e rese più evidenti dalla drammaticità della crisi. La crescita degli anni Duemila, pur evidenziando le potenzialità del tessuto produttivo locale, appare poco equilibrata ed eccessivamente basata sul successo ottenuto in Russia. La crisi ha mostrato quanto sia rischioso concentrarsi eccessivamente su un solo mercato. Esistono notevoli margini di miglioramento, sia in alcuni importanti paesi avanzati (come Stati Uniti, Francia e Germania), sia soprattutto nei nuovi mercati (come Cina e Medio Oriente), dove la propensione a esportare del distretto è ancora molto bassa. In prospettiva, infatti, le aree geografiche a maggiore potenziale saranno sempre più concentrate in paesi “culturalmente lontani” e ancora poco esplorati. Ciò comporta che le imprese debbano affrontare complessità maggiori per espandersi. Una più capillare presenza in queste aree, ad esempio, necessita di un potenziamento delle strutture commerciali delle imprese, che, oltre a produrre beni di qualità, devono sempre più “saper vendere” prodotti nuovi e differenziati. Questo però richiede la costruzione di brand noti e network commerciali attraverso mirati processi di internazionalizzazione commerciale.

Un freno potrebbe venire dall’elevata leva finanziaria che caratterizza alcuni dei principali calzaturifici dell’area. Una via da esplorare per superare questi limiti può essere l’attivazione di partnership commerciali con i gruppi italiani del Sistema moda che hanno già un network distributivo ben ramificato sia nei paesi avanzati, sia nei mercati emergenti. Può essere ad esempio studiata e valutata la possibilità di vendere calzature del distretto all’interno dei negozi di gruppi italiani dell’abbigliamento o dell’occhialeria, proponendo cioè all’interno di corner in the shop un bene del lusso complementare (la calzatura appunto) all’abbigliamento o a un accessorio moda come l’occhiale. Un’altra opportunità potrebbe essere rappresentata dall’avvio di partnership e/o reti miste tra calzaturifici e imprese di servizi (logistica, banche) per promuovere l’offerta locale con azioni ad hoc, come ad esempio l’apertura di show-room del made in Italy in alcuni mercati emergenti ad alto potenziale.

La presenza attiva nel distretto di alcune case di moda internazionali può, inoltre, facilitare l’ingresso e l’affermazione di San Mauro Pascoli in questi mercati. Tuttavia l’ingresso delle griffe porta con sé il rischio di una progressiva omologazione agli standard del mondo della moda, con conseguente perdita di qualità artigianale. Il sistema locale potrà beneficiare dell’apporto di questi gruppi se riuscirà a instaurare con essi sistematici e robusti meccanismi di interazione e condivisione delle conoscenze, evitando in tal modo che prevalgano logiche unidirezionali di appropriazione delle conoscenze e del know-how locale da parte di questi gruppi e, di conseguenza, un progressivo inaridimento del distretto.

In prospettiva la crescente importanza attribuita alla qualità dei prodotti e dei servizi offerti e alla flessibilità produttiva potrebbero portare a una riscoperta delle filiere e, soprattutto, avvantaggiare un polo produttivo come San Mauro Pascoli, da sempre noto per la qualità delle sue produzioni. Ciò dipenderà dalla sensibilità dei consumatori verso il valore del made in Italy, inteso come immagine e design italiano, ma soprattutto come capacità realizzativa delle sue maestranze. E’ necessario però fare in modo che venga conservata l’integrità delle filiere produttive, che garantisce flessibilità produttiva e che molto spesso è alla base della qualità delle produzioni italiane. Finora l’aver conservato in loco la filiera, evitando, al contrario degli altri principali distretti italiani (su tutti Montebelluna e Fermo, ma anche la Riviera del Brenta), di ricorrere massicciamente all’esternalizzazione produttiva, ma mantenendo in loco gran parte della catena di fornitura e subfornitura, è stato premiante. San Mauro Pascoli, infatti, è l’unico polo calzaturiero che nel corso degli anni Duemila ha conosciuto un significativo progresso del suo avanzo commerciale, che, nonostante il ripiegamento subito nel corso della crisi, si è portato a 182 milioni di euro nel 2010 dai 73 milioni del 1999.

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La conservazione delle filiere passa attraverso l’intervento attivo di tutti gli attori della filiera, a partire dai calzaturifici e dalle case di moda, che, ponendosi in un’ottica di medio-lungo termine, devono saper valorizzare gli anelli deboli della catena produttiva (le aziende dell’indotto come i formifici, tacchifici, suolifici, etc.), caratterizzati da un basso potere contrattuale, ma necessari per mantenere alta la flessibilità produttiva e la qualità intrinseca dei prodotti. A questo fine è necessario che nelle filiere vi siano rapporti di partnership tra capofila e terzisti che prevedano la condivisione del rischio, il riconoscimento di margini adeguati agli attori più fragili e la trasmissione continua di informazioni tra i diversi livelli della rete. In questo modo, peraltro, si potrà anche favorire una competizione virtuosa tra i subfornitori italiani e quelli cinesi (sempre più presenti anche a San Mauro Pascoli), non basata sui costi, ma fondata principalmente sull’innovazione, sulla qualità e sul servizio offerto. In altre parole, è sempre più urgente che si arrivi quanto prima a un “patto di filiera” tra calzaturifici e componentisti sulla falsariga di quello che è avvenuto in Toscana tra il gruppo Gucci e la sua filiera (cfr. par. 7.2).

Al contempo, è necessario che le imprese di subfornitura e i terzisti intraprendano un percorso di riposizionamento strategico diretto a rafforzare la loro capacità innovativa e la loro forza contrattuale e commerciale. Questi obiettivi possono essere raggiunti anche attraverso processi di aggregazione che possono essere la via per risolvere il problema della scarsa propensione a investire in ricerca che caratterizza molti componentisti sammauresi frenati dalle loro ridotte dimensioni aziendali: 133 imprese, su un totale di 199 attive, sono microimprese (meno di 10 addetti). Se, da un lato, queste imprese presentano positive capacità di adattamento e flessibilità, dall’altro sono penalizzate dalle ridotte dimensioni che possono pregiudicare la possibilità di destinare risorse per investimenti in ricerca e innovazione tecnologica.

I processi di fusione e acquisizione e/o forme di cooperazione tra componentisti (come ad esempio i consorzi o le reti d’impresa) possono essere anche finalizzati alla creazione di una filiera verticale in grado di effettuare l’intero processo produttivo e di realizzare prodotti/servizi “chiavi in mano” di qualità, ponendo il produttore finale davanti a un solo interlocutore. Prodotti e servizi che in questo modo possono essere proposti in misura crescente anche a calzaturifici localizzati al di fuori del distretto.

In questo percorso di riposizionamento e di fidelizzazione della clientela, la subfornitura locale potrà avvalersi in misura crescente degli strumenti della certificazione dei sistemi di gestione della qualità, ancora poco diffusi nel distretto dove le relazioni sono soprattutto informali. Molti gruppi industriali, infatti, impongono ai propri fornitori questa certificazione per avere garanzie sulla qualità della fornitura e per ridurre, in tal modo, i costi di controllo. L’accesso dei componentisti di San Mauro Pascoli alla clientela esterna al distretto impone quindi un’ulteriore accelerazione sul fronte della certificazione.

Andrebbero poi valutate le potenzialità dei marchi per i componentisti che, come si è visto (cfr. par. 7.5), mostrano una bassa propensione a registrare marchi proprietari. Su questo fronte un’alternativa a politiche di branding individuali potrebbe essere rappresentata dal progetto promosso nel recente passato dagli attori istituzionali locali (Comune di San Mauro Pascoli, Provincia di Forlì-Cesena, Confindustria di Forlì-Cesena, associazioni artigiane, Cercal, associazioni sindacali) nell’ambito del “Tavolo di lavoro del polo calzaturiero di San Mauro Pascoli” e diretto alla sottoscrizione di un Patto etico ambientale e di filiera fra le organizzazioni aderenti che porti alla nascita di un marchio di qualità. A questo proposito va valutata la possibilità di utilizzare questo marchio non solo come garanzia di qualità e tracciabilità, ma anche come strumento a disposizione dei componentisti organizzati in filiera per proporre direttamente ai consumatori finali le calzature realizzate nel distretto48. Non è da escludere

48 Ci si riferisce in questo caso ai componentisti organizzati nelle filiere verticali richiamate sopra.

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anche in questo caso la possibilità di attivare partnership commerciali con grandi gruppi del Sistema moda italiano dotati di network distributivi o con imprese di servizi per proporre le calzature in appositi show room del made in Italy. In questo processo un ruolo attivo e propulsivo dovrà essere assunto dalle istituzioni locali.

Più in generale i soggetti istituzionali (associazioni di categoria, centri servizi, ecc..) dovranno offrire servizi di sistema (supporto organizzativo e formativo, ricerca applicata al settore delle calzature e nell’individuazione di nuovi trend di consumo, acquisizione di tecnologie, servizi informativi, reperimento di risorse umane, ecc.), favorendo processi di diffusione delle conoscenze e aiutando l’evoluzione culturale del tessuto imprenditoriale. Essi potranno offrire un contributo determinante nel favorire il riassorbimento della base occupazionale persa nel 2009 e nel non perdere know-how produttivo e competenze presenti nel distretto. Già prima della crisi erano evidenti problemi di successione imprenditoriale e di ricambio generazionale della manodopera, sia per l’uscita dal mercato del lavoro delle persone che detengono alte professionalità, sia per il poco interesse delle giovani generazioni verso il settore calzaturiero e le scuole tecniche industriali.

Un contributo rilevante per superare queste criticità potrà venire dal CERCAL, anche in collaborazione con istituti sia interni che esterni al distretto, incentivando ulteriormente la cooperazione già attivata con altre strutture formative (come, ad esempio, con l’Istituto di Istruzione Superiore “Marie Curie”, con l’ISIA - Istituto Superiore Industrie Artistiche di Faenza e con il Politecnico della Riviera del Brenta). A seguito di alcuni studi realizzati sul distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli nei primi anni 2000, essendosi evidenziate le esigenze di creare un maggior legame tra mondo della formazione e mondo delle imprese, di incentivare la capacità attrattiva del settore nei confronti delle nuove generazioni, di rendere più incisiva l’attività del CERCAL, è stata avviata una serie di iniziative tese a rafforzare le attività per il mantenimento e lo sviluppo delle competenze presenti nel territorio, proprio attraverso un ruolo più attivo del CERCAL e la costruzione di una rete di relazioni tra i diversi attori locali dell’istruzione e della formazione. In prospettiva il CERCAL, oltre a continuare a conservare e trasmettere il know how del distretto e le capacità di innovazione continua di prodotto, potrebbe assumere un ruolo più forte nello sviluppo di competenze che favoriscono anche innovazione organizzativa, tecnologica e di mercato, così come potrebbe anche favorire una migliore integrazione dei lavoratori stranieri all’interno del distretto e dell’imprenditoria cinese.

Il futuro di San Mauro Pascoli dipende crucialmente dalla virtuosa interazione di tutti gli attori del distretto (fornitori, terzisti, calzaturifici, istituzioni locali, imprenditoria extra-comunitaria, griffe internazionali, ma anche vecchie e nuove generazioni) che possono contribuire a mantenere e arricchire il patrimonio di conoscenze del territorio. Per competere nel mercato del lusso è, infatti, indispensabile conservare e coltivare la cultura del saper produrre calzature di qualità che esiste in loco, e far tesoro del brand dei calzaturifici locali nonché delle conoscenze di comunicazione e della forza commerciale delle griffe internazionali. Il tessuto produttivo di San Mauro Pascoli ha certamente i numeri per far bene anche nei prossimi anni. E’ necessario però che ci sia da parte di tutti la consapevolezza che l’eccellenza di San Mauro Pascoli può anche in prospettiva essere fonte di occupazione, valore aggiunto e, in ultima analisi, benessere economico ed equilibrio sociale.

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

54 Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche

Appendice

Calzature del Brenta (campione: 89 aziende; fatturato 2009: 665,1 mln €)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

Acquisti nettiCosti per servizi e godimento beni di terziCosto del lavoroAmmortamenti in immobilizzazioni materialiValore aggiuntoImposteEBITDARisultato netto rettificato

Totale immobilizzato, di cui: Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni materialiTotale attivo correnteTotale capitali permanentiTotale passivo corrente

Totale attivo (var. %)Fatturato (var. %)

MON in % del fatturatoTasso di rotazione del capitale investitoROICosto medio dell'indebitamento finanziarioOneri finanziari (% fatturato)Debiti finanziari (% fatturato)LeverageROEROE netto

Dimensione aziendale (fatturato in mln. €)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

12,0

2,2 2,3 1,7 4,2 3,9 3,1 9,3 9,2 7,3

9,0 2,2 28,8 24,33,1 -0,5 -18,9 10,6

74,318,6 10,2 -17,9 43,4 28,0 6,5 71,0 59,2 30,1

40,0 33,9 80,1 72,82,0 1,9 0,2 35,3

1,90,6 0,8 0,4 7,4 8,5 12,3 14,5 20,6 24,8

0,9 0,9 1,7 1,90,2 0,3 0,2 0,6

12,95,4 5,8 4,7 9,5 8,9 7,7 15,2 17,5 10,9

11,4 5,9 27,0 20,46,8 4,2 -3,0 11,2

6,2182,4 161,8 143,0 249,5 249,6 206,0 320,8 348,7 280,5

4,8 3,2 9,7 8,33,0 1,6 -1,5 4,5

4,5- -12,7 -30,6 - -1,6 -19,4 - 10,2 -6,1

-0,1 -3,3 - 19,3- -7,5 -14,7 -2009 2007 2008 2009

74,5

La competitività 1° Quartile Mediana 3° Quartile2007 2008 2009 2007 2008

62,3 59,4 79,6 77,247,6 42,4 41,5 63,4

90,320,4 22,8 25,5 36,6 37,7 40,6 52,4 57,6 58,5

80,0 79,1 90,2 88,969,8 62,3 64,7 83,8

1,95,1 6,3 6,4 11,4 14,5 15,6 20,7 27,5 30,6

37,7 35,30,0 0,0 0,0 0,2 0,3 0,3 1,4 1,5

2007 2008 20099,8 11,1 9,7 16,2 20,0 20,9 30,2

La composizione dello Stato patrimoniale (in % del totale attivo) 1° Quartile Mediana 3° Quartile2007 2008 2009 2007 2008 2009

8,20,3 -0,3 -2,7 1,2 0,9 0,4 3,3 3,1 1,8

6,6 4,7 12,4 10,84,3 2,9 1,1 6,0

36,11,2 0,7 0,6 1,8 1,5 1,2 3,2 2,3 1,9

26,3 26,5 35,5 33,317,8 19,7 19,2 25,6

29,80,6 0,7 0,8 1,1 1,2 1,3 2,1 2,4 2,9

19,4 21,7 27,3 27,712,2 11,2 14,5 18,0

46,621,5 21,5 22,6 27,9 29,3 29,3 37,1 36,6 35,7

2008 200939,7 38,0 35,8 44,9 43,1 40,5 52,2 47,7

2007 2008 2009 2007

Le performance in sintesi La dispersione delle performance

I cerchi rappresentano le aziende presenti nel distretto indicando, attraverso la dimensione, l'importanza dell'impresa in termini di fatturato nel 2007

Le principali voci del conto economico (in % fatturato)1° Quartile Mediana 3° Quartile

2007 2008 2009

-30

-20

-10

0

10

20

30

-90 -80 -70 -60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110

var % fatturato 07-09

MO

N %

fat

tura

to 0

7-09

-25

-20

-15

-10

-5

0

5

10

15

Fatturato (var. %) MON in % del fatturato ROI

2007 2008 2009

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 55

Calzature di Fermo (campione: 334 aziende; fatturato 2009: 2.761,6 mln €)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

Acquisti nettiCosti per servizi e godimento beni di terziCosto del lavoroAmmortamenti in immobilizzazioni materialiValore aggiuntoImposteEBITDARisultato netto rettificato

Totale immobilizzato, di cui: Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni materialiTotale attivo correnteTotale capitali permanentiTotale passivo corrente

Totale attivo (var. %)Fatturato (var. %)

MON in % del fatturatoTasso di rotazione del capitale investitoROICosto medio dell'indebitamento finanziarioOneri finanziari (% fatturato)Debiti finanziari (% fatturato)LeverageROEROE netto

Dimensione aziendale (fatturato in mln. €)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

15,1

1,6 1,5 1,2 3,3 3,2 2,5 7,6 7,1 5,9

7,2 2,7 28,1 22,72,6 0,4 -9,5 12,7

77,016,3 3,8 -1,2 37,4 22,9 12,8 66,8 46,3 31,5

47,3 44,1 76,0 75,60,3 7,3 1,4 46,3

2,30,1 1,0 0,8 8,3 11,8 15,1 24,6 26,3 34,2

1,2 1,0 1,8 2,30,4 0,5 0,3 1,0

14,05,4 6,0 3,8 7,6 8,2 6,1 12,5 13,4 9,6

8,5 6,5 19,8 17,36,4 3,8 0,9 10,9

7,0155,9 142,8 122,1 213,2 200,8 168,9 326,7 297,6 258,8

4,3 3,7 7,9 7,32,9 2,0 0,6 5,2

8,7- -15,5 -32,3 - -2,8 -18,1 - 9,6 -6,0

1,8 -1,6 - 17,2- -9,2 -13,7 -2009 2007 2008 2009

73,2

La competitività 1° Quartile Mediana 3° Quartile2007 2008 2009 2007 2008

63,1 60,6 79,6 75,853,3 48,8 45,0 66,9

89,920,4 24,2 26,8 33,1 36,9 39,4 46,7 51,2 55,0

79,8 79,2 90,7 90,169,8 65,6 65,6 82,6

2,56,4 7,2 6,7 12,5 14,7 14,4 22,0 27,2 26,2

34,4 34,40,1 0,1 0,1 0,3 0,4 0,5 1,7 2,3

2007 2008 20099,3 9,9 10,1 17,4 20,2 20,8 30,2

La composizione dello Stato patrimoniale (in % del totale attivo) 1° Quartile Mediana 3° Quartile2007 2008 2009 2007 2008 2009

10,50,2 0,1 -0,9 1,1 0,7 0,4 3,2 2,6 2,6

6,9 6,5 11,9 11,04,9 4,3 2,6 7,6

32,81,0 0,8 0,6 1,7 1,3 1,2 2,8 2,2 2,1

24,1 25,1 31,9 31,816,7 17,4 17,9 23,8

25,70,9 1,0 1,2 1,8 1,8 2,0 3,1 3,5 4,0

16,6 19,0 20,7 23,39,8 11,5 12,8 14,9

48,222,7 23,3 24,6 29,1 30,0 30,9 35,9 36,2 36,9

2008 200938,5 37,5 33,4 46,0 43,1 40,6 53,8 50,6

2007 2008 2009 2007

Le performance in sintesi La dispersione delle performance

I cerchi rappresentano le aziende presenti nel distretto indicando, attraverso la dimensione, l'importanza dell'impresa in termini di fatturato nel 2007

Le principali voci del conto economico (in % fatturato)1° Quartile Mediana 3° Quartile

2007 2008 2009

-30

-20

-10

0

10

20

30

-90 -80 -70 -60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110

var % fatturato 07-09

MO

N %

fat

tura

to 0

7-09

-20

-15

-10

-5

0

5

10

15

Fatturato (var. %) MON in % del fatturato ROI

2007 2008 2009

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

56 Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche

Calzatura sportiva di Montebelluna (campione: 65 aziende; fatturato 2009: 1.575,3 mln €)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

Acquisti nettiCosti per servizi e godimento beni di terziCosto del lavoroAmmortamenti in immobilizzazioni materialiValore aggiuntoImposteEBITDARisultato netto rettificato

Totale immobilizzato, di cui: Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni materialiTotale attivo correnteTotale capitali permanentiTotale passivo corrente

Totale attivo (var. %)Fatturato (var. %)

MON in % del fatturatoTasso di rotazione del capitale investitoROICosto medio dell'indebitamento finanziarioOneri finanziari (% fatturato)Debiti finanziari (% fatturato)LeverageROEROE netto

Dimensione aziendale (fatturato in mln. €)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

16,3

2,0 1,8 1,8 4,1 4,4 4,9 10,9 11,3 11,8

7,1 5,9 26,5 19,9-1,4 -2,8 -9,1 4,6

77,54,8 2,2 -8,4 22,0 18,1 12,5 57,5 35,0 33,6

59,7 62,8 83,7 80,034,7 39,9 25,5 59,8

1,54,9 7,3 6,2 14,6 16,9 17,9 29,0 32,0 34,4

1,1 0,8 2,1 2,40,6 0,6 0,3 1,2

15,25,3 5,5 3,1 7,0 6,6 4,6 10,9 9,6 8,6

8,8 5,6 16,3 12,44,4 3,3 -1,3 9,6

6,0146,7 136,2 128,0 188,7 186,4 180,0 298,4 282,2 270,4

4,2 3,2 7,1 7,22,0 1,6 -0,5 5,2

22,6- -11,0 -18,3 - 0,4 -5,3 - 11,3 11,1

4,8 -0,5 - 16,4- -6,6 -6,6 -2009 2007 2008 2009

77,0

La competitività 1° Quartile Mediana 3° Quartile2007 2008 2009 2007 2008

68,4 67,6 79,1 77,157,0 57,3 55,4 66,5

92,120,9 22,9 23,0 33,5 31,6 32,4 43,0 42,7 44,6

85,0 83,0 92,8 90,873,0 69,7 71,0 84,6

3,35,2 5,9 5,4 8,5 9,1 8,6 15,8 14,9 17,1

30,3 29,00,1 0,2 0,2 1,3 1,1 0,8 3,4 3,4

2007 2008 20097,2 9,2 7,9 15,4 15,0 17,0 27,0

La composizione dello Stato patrimoniale (in % del totale attivo) 1° Quartile Mediana 3° Quartile2007 2008 2009 2007 2008 2009

8,50,0 0,0 -0,2 0,5 0,6 0,7 2,4 2,3 2,5

6,5 4,8 8,7 9,03,2 1,9 0,6 6,8

24,30,6 0,5 0,3 1,0 1,0 0,7 2,3 1,8 1,8

16,9 15,3 24,6 22,511,3 12,4 9,8 16,8

18,30,8 0,8 0,9 1,3 1,4 1,5 2,1 1,9 2,4

10,6 11,0 15,5 16,87,2 7,0 7,4 10,7

62,222,8 21,2 23,3 29,7 30,2 31,1 34,6 36,6 38,5

2008 200946,5 44,0 43,4 53,2 52,1 51,8 59,4 59,0

2007 2008 2009 2007

Le performance in sintesi La dispersione delle performance

I cerchi rappresentano le aziende presenti nel distretto indicando, attraverso la dimensione, l'importanza dell'impresa in termini di fatturato nel 2007

Le principali voci del conto economico (in % fatturato)1° Quartile Mediana 3° Quartile

2007 2008 2009

-30

-20

-10

0

10

20

30

-90 -80 -70 -60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110

var % fatturato 07-09

MO

N %

fat

tura

to 0

7-09

-8

-6

-4

-2

0

2

4

6

8

10

12

Fatturato (var. %) MON in % del fatturato ROI

2007 2008 2009

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 57

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Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 59

Le pubblicazioni sui Distretti del Servizio Studi e Ricerche

Studi sui distretti industriali

Monografie sui principali distretti industriali italiani

Il distretto del mobile della Brianza, Marzo 2003 Il distretto del mobile del Livenza e Quartiere del Piave, Agosto 2003 Il distretto della calzatura sportiva di Montebelluna, Agosto 2003 Il distretto del tessile–abbigliamento di Schio-Thiene-Valdagno, Settembre 2003 Il distretto delle piastrelle di Sassuolo, Dicembre 2003 Il distretto della calzetteria di Castel Goffredo, Gennaio 2004 Il distretto dei metalli di Lumezzane, Febbraio 2004 Il distretto del tessile–abbigliamento di Prato, Marzo 2004 Il distretto del mobile di Pesaro, Giugno 2004 Il distretto dell’occhialeria di Belluno, Settembre 2004 Il distretto della concia di Arzignano, Settembre 2004 Il distretto delle calzature di Fermo, Febbraio 2005 Il distretto tessile di Biella, Marzo 2005 Il distretto della sedia di Manzano, Maggio 2005 Il distretto serico di Como, Agosto 2005 Il distretto della calzetteria di Castel Goffredo (aggiornamento), Novembre 2005 Il distretto dei prodotti in pelle e cuoio di Santa Croce sull’Arno, Dicembre 2005 Il distretto della concia di Arzignano (aggiornamento), Aprile 2006 Il distretto del mobile imbottito della Murgia, Giugno 2006 I distretti italiani del mobile, Maggio 2007 Il distretto conciario di Solofra, Giugno 2007 Il distretto dei prodotti in pelle e cuoio di S.Croce sull’Arno (aggiorn.), Settembre 2007 Il distretto della calzatura del Brenta, Ottobre 2007 Il distretto della calzatura veronese, Dicembre 2007 Il polo fiorentino della pelle, Luglio 2008 Il distretto dei casalinghi di Omegna, Novembre 2008 Il distretto della calzatura di San Mauro Pascoli, Febbraio 2009 Il distretto metalmeccanico del Lecchese, Giugno 2009 I distretti calzaturieri del sud: Casarano, il Nord Barese e il Napoletano, Settembre 2009 Il distretto della maglieria e dell’abbigliamento di Carpi, Marzo 2010 Il distretto delle macchine agricole di Modena e Reggio Emilia, Marzo 2010 I distretti Veneti del tessile-abbigliamento: le Strategie per un Rilancio Possibile, Aprile 2010 L’occhialeria di Belluno all’uscita dalla crisi: quale futuro per il tessuto produttivo locale?, Settembre 2010 La Riviera del Brenta nel confronto con i principali distretti calzaturieri italiani, Ottobre 2010 Il comparto termale in Italia: focus Terme Euganee, Giugno 2011

Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile, Luglio 2011

Monitor dei distretti

Trimestrale di congiuntura e previsioni sui principali distretti industriali italiani

Ultimo numero: Giugno 2011

Economia e finanza dei distretti industriali

Rapporto annuale sui bilanci delle imprese distrettuali

Terzo numero: Dicembre 2010

Page 61: Il calzaturiero di san mauro pascoli   2011

Il calzaturiero di San Mauro Pascoli: le strategie per un rilancio possibile Luglio 2011

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche

Intesa Sanpaolo Servizio Studi e Ricerche - Responsabile Gregorio De Felice Industry & Banking Fabrizio Guelpa 0287962051 [email protected] Stefania Trenti 0287962067 [email protected] Foresti 0287962077 [email protected] Fumagalli 0287932270 [email protected] Riontino 0280215569 [email protected] Sangalli 0280215785 [email protected] di Ricerca Maria Cristina De Michele 0287963660 [email protected] Palumbo 0287935842 [email protected] Elisa Coletti 0287962097 [email protected] Giovanna Cerini 0287962078 [email protected] Lamieri 0287935987 [email protected] Lucchina 0287935939 [email protected] di Ricerca Daniela Piccinini 0287962130 [email protected] e Servizi Pubblici Locali Laura Campanini 0287962074 [email protected]

Il rapporto è stato elaborato con informazioni disponibili al 30 giugno 2011

Editing: Monica Bosi

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