il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · lotman tornerà, nei suoi ultimi...

21
Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per un ansambl’ anacronistico 1 Angela Mengoni Come suggerisce lo stesso termine di semiosfera, la modellizzazione spaziale ha un ruolo cru- ciale nella descrizione delle dinamiche di produzione del senso che percorrono il sistema generale della cultura proposta da Lotman. Un elemento atomico (il mero schema compo- sto da emittente, destinatario e da un canale che permette loro la comunicazione) non può gettare luce sui processi semiotici più generali e complessi in un percorso di generalizzazio- ne ‘cartesiano’, poiché ogni parte del sistema funziona in quanto immersa in uno spazio se- miotico. Seguendo il modello della biosfera del biologo Vernadskij, Lotman chiamerà “se- miosfera” questo sistema in cui il rapporto reciproco tra gli elementi “non è una metafora ma una realtà” 2 . Spazio semiotico necessario all’esistenza e al funzionamento dei linguaggi, presupposto dei singoli fatti comunicativi e dei singoli testi che interagiscono costantemente con esso, la semiosfera non è mappabile attraverso la somma dei singoli mattoni del sistema, ma piuttosto conoscibile attraverso di essi, in quanto partecipi di una complessa rete di rela- zioni intrinsecamente dialogica 3 . Il modello spaziale ‘sferico’ delle dinamiche culturali è fun- zionale alla riflessione sulla dialettica tra centro e periferia e tra interno ed esterno. La que- stione dei confini è infatti fondamentale sia rispetto a quel fuori della semiosfera (intesa in 1 Relazione presentata al convegno “Incidenti ed esplosioni. A. J. Greimas e J.M. Floch. Per una se- miotica delle culture”, Venezia, IUAV, 6-7 maggio 2008. 2 J.M. Lotman, 1985, La semiosfera. L’asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, a cura di S. Salvestro- ni, Venezia, Marsilio, p. 56. 3 La celebre metafora di Lotman è quella per cui riunendo delle bistecche non si potrà ottenere un vitello, che pure è il presupposto di quelle bistecche. Nella sua introduzione ad una raccolta di scritti inglesi di Lotman, Umberto Eco propone una metafora in cui la dimensione dell’intreccio è evidente, quella della foresta: “If we put together many branches and great quantity of leaves, we still cannot understand the forest. But if we know how to walk through the forest of culture with our eyes open, confidently following the numerous paths which criss-cross it, not only shall we be able to understand better the vastness and complexity of the forest, but we shall also be able to discover the nature of the leaves and branches of every single tree (U. Eco “Introduction” in J.M. Lotman, Universe of the Mind. A Semiotic Theory of Culture, trad. Ann Shukman, prefazione di Umberto Eco, London-New York Tauris &Co, 1990, p. XIII).

Upload: lamthien

Post on 24-Feb-2019

224 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per un ansambl’

anacronistico1 Angela Mengoni Come suggerisce lo stesso termine di semiosfera, la modellizzazione spaziale ha un ruolo cru-ciale nella descrizione delle dinamiche di produzione del senso che percorrono il sistema generale della cultura proposta da Lotman. Un elemento atomico (il mero schema compo-sto da emittente, destinatario e da un canale che permette loro la comunicazione) non può gettare luce sui processi semiotici più generali e complessi in un percorso di generalizzazio-ne ‘cartesiano’, poiché ogni parte del sistema funziona in quanto immersa in uno spazio se-miotico. Seguendo il modello della biosfera del biologo Vernadskij, Lotman chiamerà “se-miosfera” questo sistema in cui il rapporto reciproco tra gli elementi “non è una metafora ma una realtà”2. Spazio semiotico necessario all’esistenza e al funzionamento dei linguaggi, presupposto dei singoli fatti comunicativi e dei singoli testi che interagiscono costantemente con esso, la semiosfera non è mappabile attraverso la somma dei singoli mattoni del sistema, ma piuttosto conoscibile attraverso di essi, in quanto partecipi di una complessa rete di rela-zioni intrinsecamente dialogica3. Il modello spaziale ‘sferico’ delle dinamiche culturali è fun-zionale alla riflessione sulla dialettica tra centro e periferia e tra interno ed esterno. La que-stione dei confini è infatti fondamentale sia rispetto a quel fuori della semiosfera (intesa in

1 Relazione presentata al convegno “Incidenti ed esplosioni. A. J. Greimas e J.M. Floch. Per una se-miotica delle culture”, Venezia, IUAV, 6-7 maggio 2008. 2 J.M. Lotman, 1985, La semiosfera. L’asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, a cura di S. Salvestro-ni, Venezia, Marsilio, p. 56. 3 La celebre metafora di Lotman è quella per cui riunendo delle bistecche non si potrà ottenere un vitello, che pure è il presupposto di quelle bistecche. Nella sua introduzione ad una raccolta di scritti inglesi di Lotman, Umberto Eco propone una metafora in cui la dimensione dell’intreccio è evidente, quella della foresta: “If we put together many branches and great quantity of leaves, we still cannot understand the forest. But if we know how to walk through the forest of culture with our eyes open, confidently following the numerous paths which criss-cross it, not only shall we be able to understand better the vastness and complexity of the forest, but we shall also be able to discover the nature of the leaves and branches of every single tree (U. Eco “Introduction” in J.M. Lotman, Universe of the Mind. A Semiotic Theory of Culture, trad. Ann Shukman, prefazione di Umberto Eco, London-New York Tauris &Co, 1990, p. XIII).

Page 2: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

2

senso globale) ove “non può esservi né comunicazione, né linguaggio”, sia rispetto all’interazione tra semiosfere differenti, sistemi semiotici locali separati e, al contempo, messi in relazione da confini. Attraverso questi confini porosi avvengono quelle operazioni di tra-duzione e di costruzione dell’altro da parte del (e funzionalmente al) proprio, che costituisce uno dei noccioli di maggiore attualità ed interesse del pensiero lotmaniano. Spazi semiotici “erosi e pieni di forme transitorie” costituiscono allora la “realtà della semiosi”: l’irregolarità del sistema è il principio generatore di senso che è al cuore di ogni cultura e dello sviluppo plurale delle sue manifestazioni, in base a dinamiche di asimmetria e binarismo4. Sfera, (a)simmetria, confine, centro, periferia sono alcuni dei termini che regolano questa grande mo-dellizzazione spaziale. Eppure, anche nella preminenza della strutturazione topologica, la dimensione temporale è dichiarata da subito fondante per il modello delle dinamiche cultu-rali. Anzitutto perché la ‘profondità temporale’ della memoria è dichiarata necessaria alle dinamiche del tessuto globale della cultura e di ogni sottostruttura o singolo testo che ne fa parte: “La semiosfera ha una profondità diacronica perché possiede il sistema complesso della memoria e non può funzionare senza di esso. Del meccanismo della memoria, oltre alle singole sottostrutture semiotiche, è dotata anche la semiosfera nel suo insieme”5. Accan-to a questa stratificazione diacronica, che dota la semiosfera di spessore temporale, si intra-vedono però dinamiche temporali più complesse. La semiosfera è infatti attraversata da processi di diversa velocità evolutiva, tanto che “nel tessuto reale della cultura la non sin-cronia non è uno scarto casuale ma una regola”6. L’irregolarità strutturale interna dello spa-zio semiotico (garanzia della produttività semiotica che lo anima) è, evidentemente, anche una eterogeneità temporale, non solo perché zone di dinamismo convivono con zone di mag-giore staticità nella semiosfera considerata in un momento dato, ma anche perché una rela-zione dialogica tra tempi differenti è sempre attiva nello spazio semiotico. La metafora utiliz-zata da Lotman è quella della sala di un museo, un mondo percepito sincronicamente, ma nel quale convivono (e collidono) oggetti creati in epoche differenti:

Immaginiamo la sala di un museo nella quale siano esposti oggetti appartenenti a secoli diversi, iscrizioni in lingue note e ignote, istruzioni per la decifrazione, un testo esplica-tivo redatto dagli organizzatori, gli schemi di itinerari per la visita della mostra, le regole di comportamento per i visitatori. Se vi collochiamo anche i visitatori con i loro mondi semiotici, avremmo qualcosa che ricorda il quadro della semiosfera. L’irregolarità strut-turale dello spazio semiotico è la riserva dei processi dinamici ed è uno dei meccanismi di elaborazione di nuove informazioni all’interno della semiosfera7.

4 “Every living culture has a ‘built-in’ mechanism for multiplying its languages” (ID., Universe of the mind cit., p.124). 5 ID., La semiosfera cit., p. 69. Non vi è da sorprendersi che la memoria nutra le dinamiche della se-miosfera intera, se è vero che anche la biosfera di Vernadskij si fonda su una intima interconnessione tra strati viventi che si è formata “attraverso l’intero tempo geologico” (Izbrannye sochineniya, vol. 5 Mosca 1960, citato in ID., Universe of the Mind cit., p. 125). Negli ultimi scritti Lotman àncora la critica del sistema monolinguistico alla questione del tempo e della memoria: “La trasmissione di informa-zione all’interno di una ‘struttura senza memoria’ garantisce realmente un alto grado di identità. Se noi ci rappresentiamo l’emittente e il destinatario dotati di codici uguali e totalmente privi di memo-ria, allora la comprensione tra di loro sarà perfetta, ma il valore dell’informazione trasmessa sarà mi-nimo, e la stessa informazione rigorosamente limitata” (ID., Kul’tura i vzryv, Mosca, Gnosis, 1993; trad.it. La cultura e l’esplosione, Milano, Feltrinelli, 1993, p. 14). 6 ID., La semiosfera cit., p. 67. 7 Ivi, p.64. Un brano analogo nell’edizione inglese si sofferma sul problema del concetto di ‘evoluzio-ne’ della cultura: “As an example of a single world looked at synchronically, imagine a museum hall

Page 3: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

3

Le complesse dinamiche dialogiche tra questi tempi differenti sono allora un principio pro-duttivo altrettanto importante delle dinamiche di confronto con un altro situato oltre i con-fini culturali. Quello che la metafora lotmaniana prefigura come elemento costitutivo e non episodico dei fatti culturali è il gioco di tempi che li attraversa se, come ha scritto Lotman qualche anno più tardi, proprio nel testo in cui egli ha più a fondo indagato la questione delle relazioni temporali negli insiemi artistici, “nel museo bisogna giocare e non contem-plare”8. Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di-verse e sulla reciproca rilettura – del presente, ma anche del passato – che essa attiva. L’oggetto di riflessione di questo contributo sarà proprio il dialogo tra tempi differenti che attraversa un ristretto corpus di opere d’arte: ci interrogheremo su come un’opera contem-poranea riattivi e contribuisca a reinterpretare la relazione tra due opere della modernità: una performance del 1971 ‘illuminerà’ così il modo in cui una celebre tela di Edouard Ma-net ha iscritto al proprio interno il dialogo con dei lavori di Goya che la precedono di poco più di cinquant’anni. Un testo del presente fa brillare la “mina inesplosa” di un percorso di senso che attraversa queste opere del passato e che si rivela nella ricomposizione dialogica tra testi. Allo stesso tempo, l’opera del presente è riconfigurata ed illuminata da quella e-splosione. Nell’ambito di una riflessione sulle dinamiche esplosive della cultura, cercheremo allora di rintracciare, soprattutto negli scritti dell’ultimo Lotman, il fil rouge delle collisioni anacroni-stiche come motori di emergenza nella manifestazione del senso e, al contempo, di mettere queste stesse dinamiche al lavoro in un dialogo tra testi artistici. Del resto, proprio l’interesse per la semiotica dell’arte ha contribuito in modo decisivo alla messa a punto del dispositivo che regola l’interazione tra processi graduali e processi esplosivi9. L’arte assume, a più riprese, lo statuto di luogo seminale per i processi di produzione del senso: “La cultu-ra possiede in sé un ininterrotto processo dinamico di nascita e rinascita del senso il cui meccanismo è proprio l’arte”10. Le relazioni complesse che attraversano l’universo dei testi artistici presentano, dunque, i meccanismi di quella produttività dialogica che è tratto costi-tutivo, e non opzionale, della semiosfera11; puntare lo sguardo su una dinamica locale del dialogismo che pervade la semiosfera significa, nel nostro caso, ricostruire il modo in cui il ‘proprio’ della singola opera d’arte si chiarisce e si costruisce attraverso gli ‘altrui’ con cui essa entra in relazione. Un dialogo che si fa nello spazio e nel tempo, in quella sala di museo

where exhibits from different periods are on display (…) Then we have to remember that all elements of the semiosphere are in dynamic, not static, correlations whose terms are constantly changing. The evolution of culture is quite different from biological evolution, the word ‘evolution’ can be quite misleading” (ID., Universe of the Mind cit., p. 127). 8 J.M. Lotman, 1998, Il girotondo delle muse. Saggi di semiotica delle arti e della rappresentazione, a cura di S. Burini, Bergamo, Moretti & Vitali, p. 90). 9 “Per la scuola di Tartu-Mosca il passaggio dai processi graduali a quelli esplosivi fu determinato dal-lo spostamento del centro dell’attenzione scientifica dalla linguistica alla semiotica dell’arte. L’arte è figlia dell’esplosione. L’opera d’arte nasce nel momento dell’esplosione e non può essere compresa se non si acquisisce consapevolezza della natura della sua nascita. Studiare i processi di lunga durata, dalla estensione plurisecolare, e studiare il lampo dell’esplosione, dalla brevità atemporale, sono dunque due aspetti dell’analisi storica che non solo non si escludono, ma presuppongono l’un l’altro” (J.M. Lotman, 1994, Cercare la strada, introduzione di Maria Corti, Venezia, Marsilio, p. 48). 10 Ivi, p. 71. 11 “Lo scambio dialogico fra i testi non è un fenomeno che può verificarsi o non verificarsi nel proces-so semiotico” ricorda Lotman (ID., La semiosfera cit., p. 68).

Page 4: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

4

che crea, nel presente in cui li percepiamo, inattesi montaggi tra testi, esposti alla luce di sempre nuove collisioni.

Shoot: l’involucro e la carne

Punto di avvio di questa tessitura è Shoot, la performance che Chris Burden mette in scena nella galleria F Space a Santa Ana, in California, il 19 novembre 1971 (Fig. 1). Un collabora-tore, d’accordo con l’artista e all’insaputa del pubblico, entra nella galleria e, da una distan-za di circa cinque metri, spara con un fucile sul braccio sinistro di Chris Burden, che attende il colpo in piedi davanti ad un muro bianco. La performance è documentata da un filmato di circa 8 secondi, facente parte di un video curato dallo stesso artista e dedicato ai suoi la-vori dei primi anni Settanta12. Le immagini mostrano l’artista già posizionato di fronte ad un uomo che imbraccia il fucile, si sente improvvisamente il rumore dello sparo, il corpo dell’artista si curva all’impatto con la pallottola poi, tenendosi il braccio, avanza di qualche passo barcollando ed infine esce, molto velocemente, dalla sala. Alcune foto mostreranno il foro di entrata e di uscita della pallottola sul braccio e l’artista che riceve le prime cure. L’opera di Burden accoglie in modo esemplare alcuni a-spetti della performance così come essa è stata declinata dalla body art: l’esaltazione del momento presente e dello scam-bio ‘in situazione’ tra artista e pubblico, la polemica contro la produzione di un oggetto estetico inseribile in un circui-to di consumo, la trasgressione rispetto ai valori sociali ed ai limiti e divieti che li preservano. Shoot si pone program-maticamente come opera trasgressiva rispetto alle regole della produzione artistica e a quelle sociali che annoverano l’autolesionismo tra i comportamenti antisociali per anto-nomasia. In questo senso Shoot è senz’altro un’opera em-blematica di quel “nuovo nell’arte” tipico di una fase esplo-siva e caratterizzato da “combinazioni strutturali semanti-che inattese, impossibili o proibite in una fase precedente, [e dalla] capacità di determinare uno shock con un linguaggio artistico”13. Cionondimeno, quella della performance è una ‘ideologia dell’immediatezza’ che resta una messa in forma dell’esperienza i cui tratti strutturali (aspettuali, spaziali, figurativi) sono analizzabili e si in-seriscono programmaticamente nella storia dei testi artistici. Se questo è vero per lo statuto generale della performance, in Shoot la dimensione di costruzione scenica è messa particolar-mente in evidenza dal video: Burden decide, infatti, di anteporre al breve filmato una regi-strazione sonora dei secondi immediatamente precedenti all’azione, invitandoci a notare le domande che l’artista rivolge al suo collaboratore, vere e proprie note ‘registiche’ di prepa-razione della messa in scena: “Do you know where you will stand exactly?” e “Are you re-ady?”. Chiude la documentazione, dopo il filmato, una brevissima registrazione sonora del rumore del bossolo che cade sul pavimento della galleria.

12 Chris Burden, Documentation of Selected Works 1971-1974, Video, Betacam NTSC, bianco e nero, 35’, collezione Centre Georges Pompidou, Parigi. 13 J.M. Lotman, Cercare la strada cit., p. 93; ma si veda tutto il capitolo “Pseudonuovo e nuovo”. Il cri-terio che permette di determinare la natura esplosiva di un processo non consiste, infatti, nell’alternanza tra fasi brevi e progressioni lunghe, quanto in una “imprevedibilità di principio” del processo stesso, una ‘rottura’ che esso rende percepibile rispetto a ciò che lo precede (Ivi, p. 96).

Fig 1 – Chris Burden, Shoot, foto tratta dalla performance omoni-ma, F Space, Santa Ana (Ca), 19 novembre 1971.

Page 5: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

5

Piuttosto che indagare la performance di Burden nell’ambito delle dinamiche macro del “nuovo nell’arte”, preferiamo dunque seguire l’euristica lotmaniana di ricomposizione del complesso intreccio di testi che strappa l’opera all’isolamento e alla stasi per restituirla al suo dinamismo nel “quadro reale” della cultura14. La domanda sarà allora: come dobbiamo comprendere l’evento somatico – l’esplosione nella carne del colpo di fucile – assunto ad e-vento centrale ed unico di questa opera? Sullo sfondo e in dialogo con quali testi altri? Qual è il suo senso nell’epoca in cui viene prodotta? Quali collisioni ci aiuteranno a rispondere a queste domande? Il primo passo consiste nel concentrarsi sulla struttura dell’opera, poiché, pur nell’apparente immediatezza che pare quasi togliere la parola, Shoot articola una serie di re-lazioni formali, ulteriormente chiarite dalle fotografie scelte per ‘fissare’ l’evento-performance e che saranno cruciali per la nostra analisi. Lo sparo nel braccio chiama in causa le frontiere tra esterno ed interno del corpo, tuttavia non è certo questa soglia spaziale ad essere la più percepibile, bensì il tratto aspettuale di puntualità che caratterizza l’azione. Dal punto di vista aspettuale Shoot assume come elemen-to centrale la puntualità incoativa del colpo: istante puntuale di transizione tra l’esterno e l’interno del corpo, il colpo d’arma da fuoco di Burden è sia soglia spaziale che inizio tem-porale, innesco di una fase imperfettiva dagli esiti possibili differenti: tesa verso la ricompo-sizione della cicatrice, ma sempre aperta a possibili degenerazioni che impediscano la guari-gione che salda quell’apertura. Il colpo, anche non di arma da fuoco, attiva sempre una se-rie di trasformazioni, la fuoriuscita del sangue, il lento affiorare di un livido o di un’escrescenza. In questi luoghi si manifestano le dinamiche di quella dimensione costan-temente animata da una “palpitazione della materia sensibile” che non è il corpo, bensì una componente del corpo sensibile, quella della carne. Burden esalta dunque una figura dell’incidente e del caso, ma, soprattutto, una figura capace di fa emergere la non-coincidenza tra le diverse componenti del corpo sensibile che una topica somatica di matrice semiotica ha già messo in luce: il corpo proprio (delimitato da un involucro e dotato di un campo intimo interno in cui si dispiegano, ad esempio, le dinamiche del gusto) e la carne “palpitazione del-la materia sensibile” che può manifestarsi in modo transitivo “sotto l’influenza del colpo”, oppure in modo riflessivo, come ‘palpitazione interna’ autoprodotta15. La carne è dimensio-ne costitutiva del corpo sensibile, sostrato che di norma non impone e non manifesta le proprie dinamiche di movimento, palpitazione,e contrazione inerenti alla condizione stessa del vivente (le pulsazioni del cuore, il flusso ciclico del sangue, gli spasmi interni della dige-stione e così via); esistono però situazioni in cui il corpo proprio può esser affetto dai moti della carne − sia come palpitazione intima, sia come dimensione sollecitata per contatto − “se l’ampiezza della mozione (motion) è sufficiente” (nota Fontanille che pensa anche agli

14 “Il quadro reale appare più complesso: qualunque sistema dinamico è immerso in uno spazio nel quale sono situati altri sistemi ugualmente dinamici, e anche frammenti di strutture distrutte, singolari comete di questo spazio. Dunque qualunque struttura vive non soltanto secondo le leggi dell’autosviluppo, ma è anche sottoposta a multiformi collisioni con altre strutture culturali. Queste col-lisioni hanno un carattere notevolmente più casuale. Pronosticarle è praticamente impossibile. Mentre negare la loro realtà e significato sarebbe più che incauto” (ID., Kul’tura i vzryv cit., p. 87 trad. it.). 15 Ci riferiamo alla ‘topica del corpo semiotico’ proposta da Jacques Fontanille per dar conto dei modi e delle sintassi del sensibile: J. Fontanille, 1999, Modes du sensible et syntaxe figurative, Limoges, NAS, in particolare pp. 44-50. La citazione è a pag. 46. Il “campo interno”, che è tipico del gusto, è teatro di sequenze spazio-temporali e attoriali le quali pertengono ancora alla sfera mediata del “sentirsi” e non del sentire della carne, per questo esso è ricondotto alla dimensione del sé-corpo proprio e non del me-carne.

Page 6: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

6

spostamenti del corpo provocati dal moto interno della massa muscolare). Shoot non propo-ne certo un’accezione armoniosa del corpo sensibile, né una manifestazione innocua delle contrazioni della carne (capace di far muovere il corpo-proprio, ad esempio), bensì un luo-go di radicale non coincidenza tra la carne e, più che il corpo proprio generalmente inteso, quell’involucro che dispiega il sé e regola le relazioni con l’alterità e il mondo: “L’involucro (enveloppe) è una frontiera vivente e sensibile tra due domìni, quello del sé e quello dell’altro; la carne (chair) è la materia vivente e sensibile dell’io (moi)”16. Questa dinamica è anzitutto regolata dall’opposizione esterno/interno ed il colpo è figura del contatto che saggia la fron-tiera tra queste due dimensioni. Il colpo di fucile segna, infatti, l’apertura di un luogo radi-calmente altro rispetto alla macchina semiotica che dispiega ed articola sull’involucro corpo-reo il continuum culturalmente interpretabile dei gesti e delle espressioni del volto. Come i movimeti involontari del tic, anche lo spasmo provocato dal colpo e la ferita che esso provo-ca si sottraggono alla semiotica culturale della superficie, dimensione sempre esposta al ri-schio di una sovracodifica costrittiva e sclerotizzante da parte di quel dispositivo che Gilles Deleuze e Felix Guattari chiamano machine de visageité, macchina di voltaggio atta ad imbri-gliare le sfigurazioni e le vie di fuga del corpo senz’organi17. Il colpo fa emergere la dimensio-ne del sostrato propriocettivo comune a tutti gli esseri viventi, la sensazione comune all’uomo e all’animale. Quando il corpo di Burden, involucro statico e passionalmente apatico, è at-traversato da un colpo che lo fa vibrare di un movimento involontario che possiamo chia-mare sussulto, la dimensione sensibile della carne manifesta con particolare evidenza la propria irruzione. I pochi passi barcollanti che egli muove subito dopo lo sparo, con la loro traiettoria incerta, appaiono più un movimento reattivo all’impatto, che un passo orientato e intenzionale. Il colpo di fucile fa sorgere una soglia spaziale (tra interno ed esterno del corpo) e tempora-le (innesco di una fase imperfettiva), ma soprattutto una soglia che attraversa e scinde interna-mente l’umano: lo spasmo – e la ferita − che attraversa il corpo di Burden manifesta la di-sgiunzione tra il sé-involucro e il me-carne che si articolano nel corpo sensibile. Ed è impor-tante notare che, nell’azione di Burden, il colpo/ferita non è inserito in una complessa strut-tura narrativa, simbolica e scenografica come avviene in altre performance dello stesso pe-riodo (ad esempio nei lavori di Gina Pane), con il risultato di una focalizzazione sull’evento di irruzione somatica in quanto tale e non su una sua potenziale portata ‘simbolica’. Ma come si manifesta questa irruzione nel testo? L’istante puntuale del colpo pone all’immagine bidimensionale una sfida tra le più classiche: quella di un trapasso impossibile da cogliersi se non nel ‘non ancora’ o nel ‘già’ compiuto; nello sviluppo diacronico della per-formance l’istante inafferrabile è, invece, segnalato ed amplificato per via sinestesica: il mo-vimento di contrazione del corpo dell’artista segnala l’innesco traumatico del colpo, mentre il rumore assordante dello sparo traduce il colpo che ferisce tattilmente Burden in un colpo uditivo in grado di mettere in vibrazione la dimensione propriocettiva di ogni spettatore (quella carne comune al corpo di ciascuno e di tutti, sulla quale torneremo). Una ferita pro-

16 Ivi, p. 47 (trad. mia). 17 Con “macchina di voltaggio” seguiamo une delle traduzioni utilizzate da Paolo Fabbri, la quale dà conto al contempo della dimensione energetica, di dispiegamento di ‘forze’ e dell’ancoraggio al volto, cui l’articolo è dedicato (P. Fabbri, 1995, “Difformità del viso” in Identità e alterità. Figure del corpo 1895-1995, catalogo della XLVI Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Venezia, Marsilio, pp. 27-31). G. Deleuze, F. Guattari, 1980, Mille Plateaux. Capitalisme et schizophrénie, Paris, Minuit, in particolare il capitolo “Année Zéro – Visageité”, pp. 205-234.

Page 7: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

7

vocata per via uditiva, capace di attraversare l’involucro che regola la percezione sonora e di mettere in vibrazione quella che non a caso è stata definita una “carne bersaglio”18. Cogliere i modi di articolazione semiotica tra corpo e carne in Shoot non è, tuttavia, che il presupposto per cogliere il senso del testo, un senso che, come Lotman non si è stancato di sottolineare, nasce da un processo dialogico con testi e frammenti altri. Saranno però le foto ad introdurci a questo dialogo. Le testimonianze fotografiche dell’evento non sono certo delle ‘registrazioni innocenti’ ed hanno, nel lavoro di Burden, una relazione specifica con la performance: “queste azioni – egli dice − erano caratterizzate dalla loro capacità di essere colte in un’unica foto”19. Ciascu-na foto, dunque, deve e può cogliere i tratti fondamentali della performance, gli elementi strutturali presenti nell’azione e nel video, ma condensati nel testo fotografico in modo più “simbolico”, dice ancora l’artista20. La foto di Chris Burden che, in posizione inerte e lassa, davanti ad un muro bianco, fronteggia un uomo che gli punta contro un fucile – scelta d’arma significativa – mette in scena un ‘sistema’ di elementi iconograficamente riconducibi-li a quelli di una fucilazione. Piuttosto che sottolineare la presunta ‘immediatezza’ – nel sen-so di assenza di mediazione – di un testo come Shoot, è allora necessario comprendere come gli elementi formali della messa in scena (intesa come sistema costruito, anche nel breve vol-gersi di questa azione) dischiudano il rapporto con una memoria visiva densa di implicazio-ni. Shoot può allora essere compresa sullo sfondo di una memoria attivata dai suoi aspetti formali, che si sviluppa nella relazione con gli antecedenti moderni del colpo di fucile. Que-sta memoria funziona, come vedremo, piuttosto ‘per via di levare’. Il sistema ‘muro-fucile-affrontamento’ che sorge improvvisamente davanti agli occhi degli spettatori − essi stessi inseriti nel sistema – innesca il rapporto con quelle rappresentazioni di fucilazioni attraverso le quali si vedono emergere i tratti dell’arte moderna, in un proces-so che investe la rappresentazione del corpo in modo significativo. In questa prospettiva, L’execution de Maximilien di Edouard Manet – l’ultima delle tre versioni da lui dipinte – rap-presenta un luogo privilegiato di questo processo (Fig. 2): il trattamento che Manet riserva ai corpi coinvolti in un evento storico segnala l’emersione di una svolta, di una discontinuità significativa che rileggiamo oggi a partire dal corpo apatico e scosso di Burden.

18 La topica corpo proprio/carne serve proprio a ripensare i modi del sensibile al di là della distinzio-ne tradizionale tra gli ordini sensoriali. In quest’ottica, l’udito è riconducibile ad una sintassi che si dispiega nel ‘campo sensibile uditivo’ strutturato come una sfera che ha per limiti il silenzio ed il do-lore: “il faut noter à cet égard que le son ne pénètre pas plus ou moins, comme l’odeur; il affecte, voi-re il blesse la chair; le son méconnaît les limites du corps propre. Il ne s’agit plus de savoir s’il franchit ou non l’enveloppe corporelle, mais en quoi et comment il modifie les tensions de la chair” (J. Fonta-nille, Modes du sensible et syntaxe figurative, cit., p. 39, corsivo mio). 19 Out of actions. Between performance and the object 1949-1979, 1998, London-New York, Thames & Hudson, sp. 20 Nell’introduzione alla documentazione video dei suoi lavori Burden parla proprio della capacità di un medium “old fashioned” come la foto di essere recepita in modo più “astratto” e “simbolico” dallo spettatore (“it is taken more abstractly and simbolically”) rispetto ad un filmato che, dice Burden, è sogget-to ad un certo grado di confusione con la “realtà”. Da qui il netto privilegio di Burden per le foto che egli assume come testi autonomi pienamente in grado di ‘far cogliere’ il senso della performance, an-che se certo non l’esperienza complessa che si compie nello spazio-tempo della sua produzione.

Page 8: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

8

Fig. 2 – Edouard Manet, L’execution de Maximilien, 1868-9, olio su tela, 252x305 cm.

Fucilazioni e tauromachia: per un’isotopia della carne

L’antecedente che ha largamente influenzato l’opera di Manet – a partire dal suo assetto compositivo – è stato comunemente riconosciuto nel quadro dedicato da Goya alla fucilazio-ne dei civli spagnoli da parte dei francesi e noto come El tres de mayo 1808, dipinto nel 1814 (Fig. 3). Entrambe le opere appartengono al genere della ‘pittura di storia’: per Goya l’esecuzione dei ribelli spagnoli dopo la rivolta contro Napoleone I a Madrid nel 1808; per Manet il tragico epilogo dell’invasione francese del Messico: Napoleone III, per svincolarsi da una campagna militare problematica, dopo aver offerto il titolo di imperatore del Messi-co a Massimiliano, fratello dell’imperatore d’Austria, ritira le proprie truppe lasciando il nuovo sovrano nelle mani della resistenza che lo fucila nel giugno 1867 assieme ai due ge-nerali Miramon e Meja. La relazione tra queste due opere ha una base filologica solida21, tuttavia ciò non ha alcun interesse se non costituisce il punto di avvio per un’analisi volta a cogliere il tipo di lavoro che Manet ha svolto rispetto a quell’antecedente, facendone, per così dire, una ‘fonte in negativo’. In effetti, si è sempre riconosciuto che la fucilazione di Mannheim presentava una modalità espressiva e passionale molto differente da quella ‘tra-gica’ del Tres de Mayo. Molti interpreti hanno discusso questo scarto nei termini di una ‘in-differenza al soggetto’, di ‘evacuazione del significato’ o di ‘distruzione del significato22, no-

21 Manet ha senz’altro visto il Tres de Mayo al Prado, durante il suo viaggio in Spagna nel 1865 ed ha avuto a disposizione anche una xilografia che proprio un suo collezionista pubblica a Parigi nel 1867 (J. Wilson-Bareau, 1992, Manet: The Execution of Maximilian. Painting, Politics and Censorship, London, National Gallery, pp. 45-47). 22 Per André Malraux, ad esempio, L’execution de Maximilien sarebbe “il quadro di Goya meno ciò che esso significa” (Saturne, le destin, l’art et Goya, Paris, Gallimard, 1950); Georges Bataille, nella sua mo-nografia su Manet critica questa visione sostenendo che non si tratta per Manet di ‘indifferenza al

Page 9: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

9

nostante la vaghezza di queste nozioni, il riferimento ad una operazione che Manet compie nei confronti del contenuto tematico e figurativo, del ‘soggetto’ della pittura, è fondamenta-le e richiede piuttosto di comprenderne le strategie semiotiche23.

Fig. 3 – Francisco Goya, Tres de Mayo 1808, 1814, olio su tela, 268x347 cm.

Un passaggio di Bataille mi sembra particolarmente interessante come appiglio per un con-fronto tra i testi, poiché esso contiene in nuce degli elementi di analisi. In una prima parte del brano Bataille sottolinea la capacità del quadro di Goya di cogliere la puntualità della morte nel suo prodursi: “la scène de fusillade que nous appelons Les Trois Mais est l’apparition de la mort elle même, de la mort qui, justement nous échappe, que jamais en principe nous ne connaissons, puisque la mort, en se produisant, détruit la connaissance. Goya saisit, dans Le Trois Mai, cette lueur instantanée de la mort dont la fulguration excède l’éclat de la lumière”24. Guardando il quadro di Goya appare chiaro che è l’intensità passio-nale dispiegata sui volti dei personaggi, il loro trattamento figurativo, che ci consente di co-gliere la puntualità che sfida la rappresentazione. Questo istante prende corpo nelle tre fi-

soggetto’ o di un’arte che assume ad oggetto esclusivamente i propri dispositivi: il soggetto è ben pre-sente, dice Bataille, ma a partire dalla sua stessa presenza Manet compie una sistematica operazione di spoliazione (dépouillement) di tutti i “significati attesi” (G. Bataille, 1994, Manet, Genève, Skira, pp. 38-39 e 88-89). 23 Lo stesso Michael Fried, che considera “simplistic” i commenti di Malraux e Bataille, riconosce a quest’ultimo di aver tentato di definire l’operazione di spoliazione a lavoro nei quadri di Manet; Fried pensa questa operazione a partire dal concetto di absorption che egli stesso ha proposto altrove: Manet cancellerebbe ogni connotazione di profondità psicologica dagli atteggiamenti anti-teatrali di soggetti “assorti” nelle loro azioni (che non si rivolgono direttamente allo spettatore) per creare una sorta di “flattening of absorption” (M. Fried, 1996, Manet’s Modernism. Or, the Face of Painting in the 1860’s, Chicago, The University of Chicago Press, pp. 354-6). 24 G. Bataille, Manet cit., p. 37.

Page 10: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

10

gure dei ribelli spagnoli che fronteggiano il plotone. Un solo movimento di caduta si distri-buisce sui tre attori, ma la figura centrale è cruciale in questo processo, poiché è lei che regi-stra la ricezione del colpo e mostra gli effetti di quel momento che “ci sfugge”: ha gli occhi spalancati ed il busto piegato che accusa la ricezione del colpo; il monaco al suo fianco − interposto tra quella figura e il nostro sguardo − intensifica questo movimento e l’uomo ac-casciato per terra nel proprio sangue con la gamba piegata è come la proiezione terminativa del corpo piegato del monaco, lo stadio in cui la morte è già sopraggiunta. L’illuminazione della grande lanterna dinamizza l’insieme della scena e sottolinea la tensione espressiva dei volti. Manet invece, scrive Bataille:

peint la mort du condamné avec la même indifférence que s’il avait élu comme objet de son travail une fleur ou un poisson. Il est vrai que la peinture de Manet raconte, elle ne raconte pas moins que celle de Goya. Mais dans l’indifférence à ce qu’elle raconte (...) ce tableau est la négation de l’éloquence, il est la négation de la peinture qui exprime, comme le fait le langage, un sentiment (…) A priori la mort donnée méthodiquement, froidement, par des soldats, est défavorable à l’indifférence: c’est un sujet chargé de sens, d’où se dégage un sentiment violent, mais Manet paraît l’avoir peint comme insensible; le spectateur le suit dans cette apathie profonde. Ce tableau rappelle étrangement l’insensibilisation d’une dent25.

Il concetto di ‘desensibilizzazione’ (devitalizzazione, si direbbe in gergo odontoiatrico…) è in-teressante perché apre il campo della radice sensibile accanto ad un concetto passionale come quello di “indifferenza” (al soggetto). Detto questo, il processo indicato da Bataille è soprat-tutto un processo di diminuzione dell’intensità passionale sui volti e nei gesti dei personag-gi, uno svuotamento della capacità di “esprimere un sentimento come fa il linguaggio”. La stessa possibilità di figurativizzare uno stato passionale riconoscibile (ad esempio il ‘terrore’) è resa impossibile nel quadro di Manet: le teste dei membri del plotone nascondono il volto e introducono al contempo una scansione ritmica di ripetizione attraverso l’inclinazione i-dentica delle teste. I formanti bianchi delle cinture e i tre formanti verticali dei foderi, quasi equidistanti, enfatizzano questa scansione ritmica regolare. I tratti del volto delle vittime, soprattutto quello dell’imperatore collocato al centro tra Meja (alla sua destra) e Miramon (alla sua sinistra), sono anch’essi appena delineati; il fascio di pennellate che forma il collo di Meja sotto la testa reclinata all’indietro ed il volto anch’esso striato di pennellate e quasi sen-za lineamenti – una testa che emerge da sotto il volto, per usare i termini di Deleuze − mo-strano “la reazione spasmodica involontaria di Meja quando la fucilata lo colpisce”26. In breve, alla neutralizzazione di quel corpo-involucro che articola gestualità ed espressività cultural-mente declinate, corrisponde un’intensificazione del corpo-carne. La figura del dente devi-talizzato di Bataille rinvia ad uno spostamento dell’asse della pittura dal dominio dell’occhio a quello della bocca, non la bocca articolante del logos, ma quella, appunto, dei denti, della masticazione. Sin qui, il senso del testo di Manet si è venuto esplicitando nel rapporto con un testo altro, appartenente ad un medesimo genere pittorico ed esplicitamente assunto come antecedente significativo nella storia della pittura. Tuttavia, la relazione dialogica che attraversa quella fucilazione e che ne fa la modernità è ben più complessa, poiché il quadro di Manet si lascia 25 Ivi, p. 38. 26 Ecco il brano completo di Michael Fried: “As for the victims, Manet deliberately blurred their features, especially Maximilian’s, while at the same time superbly evoking the involuntary spasmodic reaction of Meja on Maximilian’s right (our left) as the fusillade strikes home” (Manet’s Modernism cit., p. 355, corsivo mio).

Page 11: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

11

esso stesso attraversare, al proprio interno, “dall’intrusione di multiformi elementi ‘casuali’ provenienti da altri testi [che] entrano in un gioco imprevedibile con le strutture di base e aumentano bruscamente le possibilità di nuovi imprevedibili sviluppi”27. Questa è infatti la funzione di due elementi fondamentali nell’Esecuzione di Massimiliano: i testimoni che osser-vano la scena affacciati al muro e, appunto, il grande muro grigio che ad un certo punto Manet decide di inserire nel quadro e che era assente nelle altre versioni28. Certo, nel frat-tempo erano arrivate dal Messico nuove foto in cui era visibile un piccolo muro irregolare alle spalle dei condannati, un ammasso di grosse pietre del tutto differente dall’uniforme e alto muro grigio che, nel quadro di Manet, attraversa orizzontalmente l’intera scena. E’ evi-dente che Manet non cerca di riprodurre fedelmente gli eventi, ma piuttosto di costruire una verità storica che, paradossalmente, necessita di alcune inesattezze. In un primo tempo, in effetti, nell’olio preparatorio della versione finale, Manet aveva dipinto dietro ai tre con-dannati il piccolo ammasso irregolare di mattoni visibile nelle foto, ma lo ha poi corretto29. Qual è il senso di questo cambiamento? Perché Manet decide di erigere l’imponente ‘quinta’ di un alto muro, in palese contrasto con i dettagli visibili nei documenti? Questo importante dettaglio espone il lavoro di Manet ad un altro, più radicale, dialogo che si tesse questa volta con un Goya inatteso, estraneo alla pittura di storia: quello della Tauro-maquia30.

Fig. 4 – Francisco Goya, Un caballero Español en plaza quebrando rejoncillos sin auxilio de los chulos, incisione ad acquaforte, 25,1x35,8 cm

Fig. 5 – Francisco Goya, Pedro Romero matando à toro parado, incisione ad acquaforte, 25,1x35,9 cm.

Il piccolo gruppo di spettatori che in alcune di queste incisioni assiste alla corrida affaccian-dosi alla barrera che delimita l’arena è infatti importato da Manet nell’Execution de Maximi-lien. La struttura geometrica che Goya traccia sulla barrera stessa riduce, del resto, la suppo-sta curvilinearità della balaustra di un’arena trasformandola piuttosto in un muro (Fig. 4). Questo piccolo gruppo di spettatori è, inoltre – e non ci sembra un dettaglio secondario −,

27 J.M. Lotman, Kul’tura i vzryv cit, p. 99, trad. it.. 28 Ma presente in uno studio preparatorio di piccole dimensioni dipinto nel 1868, mentre Manet sta elaborando la versione finale dell’Esecuzione, e oggi conservato a Copenhagen. 29 Questa correzione è visibile ai raggi x, uno dei casi in cui questa tecnica consente di individuare una variazione semanticamente interessante, che ci apprestiamo ad indagare. 30 Si tratta delle 33 incisioni dedicate alla storia della corrida e messe in vendita nel 1816, il cui titolo originale è: Trienta y tres estampas que representan diferentes suertes y actitudes del arte de lidiar los Toros, in-ventadas y grabadas al aqua fuerte en Madrid por Don Francisco de Goya y Lucientes.

Page 12: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

12

sempre e solo presente nelle tre incisioni in cui si rappresenta il colpo di grazia: l’affrontamento finale tra il torero che punta la spada ed il toro che gli sta di fronte immobi-le, in un’immobilità carica della tensione del colpo atteso (Fig. 5). Ora, se è vero che gli storici dell’arte hanno individuato questa fonte, è sorprendente notare che a questo innesto sia stato attribuito il ruolo di mera ‘ispirazione’, per il “trattamento de-gli spettatori sopra al muro nell’ultima versione”31. Tutto cambia nell’ottica di una concezione dinamica della cultura come quella lotmaniana e questo cambiamento è espresso con grande limpidezza da Lotman già negli scritti de La se-miosfera: “Finora al centro dell’attenzione dei ricercatori c’è stato il problema delle condizio-ni che rendono possibile l’influenza del testo sul testo. A noi interessa qui un’altra questione (…): quando e in quali condizioni un testo estraneo è necessario per lo sviluppo creativo o (il che è lo stesso) quando e in quali condizioni il contatto con un altro ‘io’ è la condizione ne-cessaria allo sviluppo creativo della ‘mia’ coscienza?”. E, ancor più specificamente: “L’introduzione di un testo esterno nel mondo immanente del testo svolge un ruolo impor-tantissimo. Entrando nel campo strutturale di senso di un altro testo, il testo esterno si tra-sforma, formando un messaggio nuovo” 32. Questo testo altro non è necessariamente il testo di una cultura estranea, ma può consistere anche nel fatto che un certo genere, come la pit-tura di storia, si lasci attraversare da un genere altro, nel nostro caso, addirittura, che un evento dal complesso significato storico, l’esecuzione di un imperatore, accolga gli innesti di una morte animale, in una collisione produttiva. Non ci interessa l’influenza di Goya su Ma-net, bensì il montaggio che il testo articola autonomamente reinserendo nella propria strut-tura alcuni elementi ‘altri’ i quali, e questo è il tratto fondamentale, “acquisiscono funzioni di senso essenziali”33. L’esecuzione dell’imperatore è un avvenimento storico e carico di pa-thos, ma utilizzando lo schema iconografico della corrida, Manet vi introduce i ‘germi visivi’ di uno spettacolo rituale centrato sulla carne animale; accanto all’isotopia storica, che si nu-tre della drammaticità veicolata dal trattamento passionale della scena in Goya, appare così un’isotopia ‘altra’ incrostata nel cuore della pittura moderna, l’isotopia della carne. Nel caso del quadro di Manet la presenza di ‘testo nel testo’ non è un’operazione metalinguistica dai tratti espliciti (non vi è un plurilinguismo dichiarato come nel collage, né tratti riflessivi come il raddoppiamento della scena teatrale nell’Amleto, l’inserimento di specchi nella pittura e nel cinema etc.), ma consiste nell’intrusione di elementi esterni “omogenei al testo che li cir-conda”34. Questo innesto struttura una memoria interna, stratificata nel testo stesso, la quale produce il proprio effetto di senso indipendentemente dal riconoscimento della ‘fonte’: sol-dati senza volto fucilano vittime che non esprimono terrore, mentre il corpo di una di esse è

31 “While the Third of may undoubtedly played a role in Manet’s Execution of Maximilian, the original etchings from Goya’s war and bullfighting series were probably a more immediate source and certainly inspired elements of Manet’s treatment of the spectator crowding over the wall in the final version” (J. Wilson Bareau, The execution of Maximilian cit., p. 47). 32 J.M. Lotman, La Semiosfera cit., pp. 116 e 255. 33 “Un frammento di testo, strappato dai suoi naturali legami di senso, viene introdotto in maniera meccanica in un altro spazio di senso (…) Per noi è particolarmente interessante il caso in cui l’inaspettata intrusione testuale acquisisce funzioni di senso essenziali. In tutta evidenza ciò si manife-sta nei testi artistici. Il testo nel testo è una costruzione retorica specifica, tramite la quale la differenza di codificazione delle varie parti del testo diviene un fattore evidenziato della costruzione del testo da parte dell’autore e della sua percezione da parte del lettore. Il passaggio da un sistema di compren-sione semiotica dal testo a un altro in un qualche confine strutturale interno costituisce, in questo ca-so, la base della generazione di senso” (“Il testo nel testo” in ID., Kul’tura i vzryv cit., p. 91 trad.it.). 34 Ivi, p. 98.

Page 13: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

13

attraversato dalla tensione di uno spasmo; affacciati ad un muro che delimita l’intera scena un gruppetto di spettatori sembra assistere ad uno spettacolo, alcuni, come quello a destra, con la testa poggiata sulle braccia in una posa lassa e antidrammatica, mentre su un suolo di sabbia da arena si consuma un’esecuzione. Attraverso il montaggio con la corrida, Manet fa ‘esplodere’ in una scena storica la dimensione della carne animale, l’istante del corpo invaso dallo spasmo come quello del toro abbattuto percorso da un’ultima scossa. Se di “ispirazione” si tratta, ciò è vero a patto di restituire a questo concetto lo statuto di una vera e propria ‘operazione esplosiva’, come fa Lotman, riconoscendovi un meccanismo di collisione produttiva suscettibile di produrre nuovo senso grazie all’accostamento di elementi, testi, generi, linguaggi differenti: “Il congiungimento dell’incongiungibile sotto l’influsso di una certa tensione creativa si definisce ispirazione”35. Nell’ispirazione agisce dunque il processo generale che presiede alle di-namiche culturali ed in particolare a quelle artistiche: quel campo di ten-sione reciproca tra lingue differenti, tra elementi che resistono ad una completa traducibilità, tra “atti linguistici adeguati e inadeguati” che ga-rantisce la produzione di senso. Nell’ispirazione ritroviamo – questa volta “all’interno della coscienza individuale” – il cuore della relazione dialogi-ca in accezione esplosiva, poiché nell’ispirazione “costante è solo il fatto di contrapporre allo stato abituale la sensazione di un’improvvisa, esplosiva illuminazione”36. Il tratto produttivo dell’inadeguatezza è fondamentale in questo processo, non a caso abbiamo evocato il concetto di montaggio come processo produttivo di collisione, capace di generare un senso nuovo che trascende la mera unione degli elementi coinvolti, come avviene nella teoria eizensteiniana del montag-gio delle attrazioni37. Tracciare il percorso delle collisioni e delle incongruenze significa re-stiturie al concetto di testo il suo significato originario di intreccio e ai singoli testi la comples-sità semiotica che li caratterizza. Il frammento che Manet preleva dalla tauromachia non è segnalato da una cornice, né da un’evidente discontinuità stilistica o di sostanza espressiva, esso apre certo una dimensione metatestuale – attraverso l’inserimento di simulacri dello spettatore e di un elemento scenografico quale il muro di fondo, che, del resto, nella sua compatta orizzontalità, costituisce anche un raddoppiamento della tela come supporto –, ma provoca soprattutto un innesto semantico che trasforma la scena in ‘arena’. In quest’ottica può aprirsi, forse, la rilettura di un dettaglio controverso nel quadro di Manet: la striscia di vernice rossa tra le gambe del secondo ufficiale da destra (Fig. 6). Questo dettaglio è stato il più delle volte reinserito in una lettura iconograficamente coerente: si tratterebbe della trac-cia lasciata da un personaggio cancellato, un ufficiale con Kepi e pantaloni rossi che ordina-va il fuoco brandendo la spada, collocato tra il gruppo del plotone ed il sottufficiale incarica-

35 Ivi, p. 33. Le pagine dedicate all’ispirazione ne La cultura e l’esplosione hanno un titolo programma-tico: “L’intersezione semantica come esplosione di senso: l’ispirazione” (pp. 32-39). Ma a questo con-cetto sono dedicati passaggi significativi anche in Cercare la strada: “Essenza della conoscenza artistica è l’esplosione di senso provocata dall’intersecarsi di immagini della realtà che non potrebbero inter-secarsi altrimenti: l’ispirazione”“(si veda il capitolo “Struttura pensante”, pp. 47-48). 36 ID., Cercare la strada cit., p. 47. 37 Silvia Burini ha puntualmente sottolineato le analogie tra l’accezione lotmaniana di ‘retorica iconi-ca’, intesa come unione di sottotesti reciprocamente intraducibili, e la teoria del montaggio di Ejzenš-tejn (S. Burini, “Jurij Lotman e la semiotica delle arti figurative” in J.M. Lotman, Il girotondo delle Mu-

se cit., pp. 142-144).

Fig 6 – Edouard Manet, L'execution de Maximilien, 1868-9, olio su tela, 252x305 cm, dettaglio.

Page 14: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

14

to del colpo di grazia, un personaggio che Manet, non sappiamo in quale momento, ha ri-coperto di pittura grigia. Non abbiamo sinora parlato del singolare distacco tra il plotone ed il sottufficiale sulla destra, intento ad armare il proprio fucile. La disposizione di questa fi-gura produce una discontinuità tra se stessa ed il gruppo capace di suggerire visivamente, anche grazie alla posizione degli elementi figurativi dei fucili, il meccanismo implacabile e meccanico della fucilazione, la meccanica ritmata del ‘pronti-mirare-fuoco’. Questa disconti-nuità è provocata proprio dalla cancellazione dell’ufficiale ‘di raccordo’, la cui figura fanta-smatica appare nei raggi x della fucilazione di Mannheim38. La sua presenza resterebbe però ‘suggerita’ dalle macchie rosse del kepi e del pantalone, che vengono così rese coerenti con il tessuto figurativo dell’immagine. Non è questa l’opinione di Michael Fried che vede in questo segno esattamente il segno di un’eccedenza: “l’importante è che non possiamo dire con esattezza ciò che questa chiazza rappresenta. Analizzata da vicino essa resta esattamente questo: una striscia di pittura rossa che resiste a qualunque assimilazione precisa al lavoro della rappresentazione”, dunque una chiazza di pittura portatrice di una irriducibile opacità plastica e non situabile nello spazio figurativo della rappresentazione, ma anche un elemen-to residuale, uno ‘scarto’, che resiste al riassorbimento nella rappresentazione tematica della pittura di storia: “un remainder (…) che segnala (stands for) tutto quello che, nell’arte di Ma-net, resiste risolutamente alla chiusura, tutto ciò che permane irrimediabilmente disparato (…) e tutto quello che, in effetti, continua a mettere in scacco (to defeat) tutti i nostri sforzi per garantire un senso rassicurante a questi dipinti reinserendoli in un contesto storico”39. L’impossibilità di inserire questo elemento nella coerenza figurativa del quadro di storia, ma anche, e soprattutto, la sua saturazione cromatica e la sua configurazione eidetica mi sembra possano far valere questo enigmatico formante proprio come la traccia dell’innesto nell’universo coerente della pittura di storia dell’universo altro – quello della carne animale – che lo spettatore ha comunque sotto gli occhi: il muro, gli astanti, persino il suolo nella versione di Mannheim è giallo come la sabbia di un’arena; la macchia rossa sarebbe dunque una ferita, non certo in senso figurativo letterale (sebbene il colore e la forma di questo og-getto si prestino a figurativizzazioni parziali in questo senso) ma nel senso che essa vale co-me una sincope nel tessuto della rappresentazione che rinvia all’innesto dello spettacolo della carne in questa scena storica.

Oltre i confini: Shoot e la biopolitica della vita

Sinora abbiamo tessuto una rete di rapporti dialogici il cui coacervo è l’Esecuzione di Massimi-lano. Si tratta di una rete largamente ‘legittima’, nel senso che il rapporto di Manet con gli antecedenti di Goya è assodato e fondato storicamente. Quel che ci proponevamo era sem-mai di mostrare la portata semantica di alcuni elementi coinvolti in questo “dialogo interno che si realizza nell’ambito di uno stesso testo attraverso lo scontro, il conflitto, l’intersezione e lo scambio di informazioni fra tradizioni differenti, fra sottotesti diversi”40. Perché allora abbiamo iniziato da un oggetto di arte contemporanea, la cui relazione con questi testi non può essere legittimata secondo i criteri della relazione filologica e storica? Ed

38 Le ragioni addotte per questa cancellazione sono state varie: l’uniforme rossa troppo riconoscibile come francese, il gesto troppo eloquente che “disturbava” la composizione etc. (si veda: J. Wilson-Bareau, L’execution cit., p. 60). 39 M. Fried, Manet’s Modernism cit., p. 359 (trad. mia). La parola remainder è resa con scelta traduttiva molto efficace nella versione francese del saggio di Fried: “une restance”. 40 J.M. Lotman, Il girotondo delle muse cit., p. 40.

Page 15: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

15

in che senso quella performance dell’inizio degli anni Settanta entra in relazione con quel processo di emersione di alcuni tratti della modernità che sono condensati nell’esecuzione di Manet? Se proponiamo questo rapporto nell’ambito di una riflessione sulle dinamiche culturali ‘e-splosive’ è proprio perché il pensiero di Lotman da una parte ci aiuta a chiarirlo e, dall’altra, ci spinge ad attivarlo. Sinora abbiamo pensato la relazione tra il testo di Manet e quelli di Goya nell’ambito di un processo più generale che Lotman descrive a più riprese e che condensa così in un passo di Cercare la strada: “Il processo di trasmissione dell’informazione artistica nasce da una esplo-sione di senso: una cosa sino a quel momento ignota viene improvvisamente illuminata dall’incontro con qualcosa di inatteso, imprevedibile, e d’un tratto diventa chiara, ovvia. Il passo successivo consiste nella trasformazione di questa esplosione in un testo da trasmettere all’uditorio”41. Non solo l’elaborazione del quadro cui Manet sta lavorando, ma anche lo scarto moderno che egli cerca rispetto a quella che Bataille definiva l’eloquenza, è illuminato dall’incontro con la stasi e la tensione della tauromachia di Goya. L’ultima versione dell’esecuzione ‘trasmette all’uditorio’ la forza di questa collisione, indipendentemente dall’intenzione dell’autore o dal grado di consapevolezza dell’operazione. La metafora della sala di museo, che abbiamo evocato all’inizio di questa nostra riflessione, introduceva il montaggio anacronistico tra testi di epoche diverse come condizione stessa delle dinamiche culturali. Si tratta di un nucleo teorico che attraversa tutta la riflessione di Lotman, ma che trova negli scritti sull’arte un luogo privilegiato di elaborazione, come ha sottolineato Silvia Burini42. Ne “L’insieme artistico come spazio quotidiano” Lotman, par-tendo da una critica dell’approccio storico, della separazione disciplinare che esso comporta e dell’inclinazione a ricondurre i singoli testi artistici sotto il cappello di un unico Zeitgeist, propone invece una visione sintetica delle relazioni dialogiche che i testi artistici tessono tra di loro, a partire dalla teoria dell’interieur: l’interno non è costituito unicamente dalle deco-razioni e dai mobili di un ambiente, esso è sempre, nelle varie epoche, la scena in cui si as-semblano insiemi “che forniscono combinazioni di impressioni artistiche sostanzialmente ete-rogenee”43 ed in cui i vari linguaggi artistici tessono reciproci rapporti. Il concetto di inte-rieur assume quindi un’accezione allargata, quella di “legame diretto tra oggetti ed opere d’arte diverse all’interno di un determinato spazio culturale”44 che lo ricollega alla teoria dell’”insieme” (ansambl’) i cui tratti tipici sono l’eterogeneità tra elementi e la loro interrela-zione. La teoria lotmaniana dell’insieme è densa di conseguenze metodologiche e teoriche, a cominciare dalla necessità di non occuparsi esclusivamente dei singoli testi o “aspetti” dell’arte, ma anche “delle logiche degli insiemi”. In analogia con la metafora della sala di museo, anche l’insieme dell’interieur prevede legami costitutivi non solo tra opere d’arte di generi differenti, ma anche di differenti epoche e non può in alcun modo essere considerato “separatamente dal comportamento dell’individuo rientrante in questo insieme”45, non può essere cioè separato dal fatto che esso viene fruito a partire da un presente (e da un proprio culturale) che arricchisce l’insieme stesso di nuove collisioni generatrici di senso. Si tratta, ancora una volta, della dinamica tra proprio e altrui (una dinamica cruciale per la teoria

41 ID., Cercare la strada cit., p. 71. 42 S. Burini, “Jurij Lotman e la semiotica delle arti figurative” cit.. 43 J.M. Lotman, Il girotondo delle muse cit., p. 26. 44 Ivi, pp. 27-28. 45 Ivi, p. 31. “Parlando dell’insieme dell’intérieur è opportuno sottolineare ancora una particolarità: un’opera d’arte, nel contesto del suo insieme naturale, convive con opere non solo di altri generi ma anche di altre epoche” (Ivi, p. 26).

Page 16: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

16

dell’ansambl’, come indica la stessa parola russa la quale “contiene in sé l’idea di una marcata confluenza del diverso in un complesso interrelato”46), la quale mantiene anche in accezione temporale le medesime implicazioni di reciprocità. Lotman chiarisce ulteriormente questo rapporto nel capitolo successivo dedicato all’architettura (“L’architettura nel contesto della cultura”). Negli insiemi dell’architettura urbana il rapporto di coesistenza tra testi di epoche diverse è strutturale, in questo senso l’architettura offre l’esempio di un insieme storico costi-tuito dal “dialogo tra strutture di epoche diverse”. Ancora una volta si tratta di una dinamica generale: quando Lotman afferma che un aspetto importante del dialogo interno della cul-tura viene a formarsi storicamente, egli pensa alla relazione tra le epoche culturali prece-denti – che nell’insieme architettonico si affiancano letteralmente alle nuove costruzioni e che nella letteratura, musica e pittura “restano nella memoria della cultura come extratem-porali” – e “l’attività semiotica delle nuove forme strutturali” che entrano in relazione attiva e dialogica con quel passato e quella memoria. L’accento va dunque posto sul fatto che tra la cultura del passato e le nuove forme “la produttività del conflitto si conserva, poiché nella co-scienza del ricevente le condizioni, passate e presenti, del sistema consistono contemporane-amente”47, proprio come nella sala di un museo. Tuttavia, è importante sottolinearlo, questa collisione produttiva non pertiene esclusivamente all’attività del ricevente, ma anche allo stesso rapporto tra testi: “l’idea di un dialogo tra il contesto storico e il testo moderno è cosa di assoluta attualità”48. Si prefigura dunque un’accezione temporale del poliglottismo pro-duttivo eletto da Lotman a principio di funzionamento dello spazio semiotico, un dialogo tra cultura (e testi) del passato e sguardo contemporaneo oppure “testo contemporaneo”. È vero che, avverte Lotman, lo sguardo retrospettivo può assumere i connotati di uno sguardo volto a ricondurre la casualità dei processi esplosivi a principi di coerenza e preve-dibilità, in un processo di normalizzazione dell’imprevedibilità tipico della concezione hege-liana della storia, della “trasformazione della memoria” individuale e anche della terminolo-gia di ricerca dello storico la quale “unifica artificialmente il quadro del processo, appianan-do le contraddizioni delle strutture”; al contrario, avverte Lotman, “è proprio in queste con-traddizioni che sono racchiusi i meccanismi della dinamica”49. Non si tratta, allora, di dare una lettura retrospettiva che crei continuità, ma, al contrario, di restituire quella collisione tra testi e tempi eterogenei che è la legge degli insiemi artistici, come abbiamo visto; si tratta, in ultima analisi, di creare un ansambl’ non su base storica e filologica, ma sulla base di una dinamica strutturale. Shoot si trova al centro di un vero e proprio montaggio anacronistico: l’alterità necessaria al di-spiegarsi del senso non è culturale ma temporale. Non si tratta solo della “capacità [del testo artistico] di mutare il proprio contenuto in dipendenza dal punto di vista del lettore”50, ma di uno statuto più complesso:

46 Questa l’importante nota apposta dai traduttori, Silvia Burini e Alessandro Niero, al titolo dell’articolo per chiarirne appieno il senso (Ivi, nota 1, p. 35). 47 Ivi, p. 39. 48 Ivi, p. 40, corsivo mio. Nel suo commento a questo importante articolo sull’insieme architettonico, Silvia Burini sottolinea come “definendo l’insieme storico come dialogo tra strutture di epoche diver-se, lo studioso non solo arricchisce la definizione di ansambl’, ma configura il problema come dialogo tra il contesto storico e il testo contemporaneo” (“Jurij Lotman e la semiotica delle arti figurative” cit., p. 140). 49 ID., Kul’tura i vzryv cit., p. 24, trad. it.. 50 Ivi, p. 191 trad. it.. Gran parte del capitolo “Il fenomeno dell’arte” è dedicato al rapporto tra testo e sguardo situato del lettore/spettatore.

Page 17: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

17

Nel tempo, il testo, è percepito come un fermo-immagine sui generis, un momento fissa-to artificialmente tra il passato e il futuro. Il rapporto tra passato e futuro non è simme-trico. Il passato si lascia afferrare in due sue manifestazioni: la memoria diretta del testo, incarnata nella sua struttura interna, nella sua inevitabile contraddittorietà, nella lotta immanente con il suo sincronismo interno; ed esternamente, come correlazione con la memoria extratestuale. Lo spettatore, collocandosi con il pensiero in quel ‘tempo presen-te’, che è realizzato nel testo (per esempio nel dato quadro nel momento in cui io lo guardo), è come se rivolgesse il proprio sguardo al passato, il quale si stringe come un cono che poggia con la punta nel tempo presente.51

Il testo artistico è un fermo-immagine che si lascia attraversare da una memoria che è alteri-tà attivatrice di senso. La performance di Burden, oltre alla “memoria incarnata nella strut-tura interna del testo” (la produzione di una ferita imperfettivamente aperta sul futuro e, al contempo, memoria incarnata dell’evento puntuale che l’ha prodotta), attiva il proprio sen-so sulla base di una memoria extratestuale evocata, lo ripetiamo, attraverso il nodo invarian-te muro-fucile-affrontamento. L’operazione di svuotamento passionale dei volti e dei corpi ed il parallelo emergere della sensazione è come ripreso da Burden e intensificato sino al pa-rossismo. L’espressione del performer è apatica durante e dopo l’azione, il suo abbigliamen-to anonimo, la sua postura lassa, ma il mantenimento dell’apparato formale della fucilazione negli elementi fondamentali che abbiamo ricordato attiva una polarità dialogica collocata nella memoria della semiosfera. Sul filo di questo montaggio Shoot può costruirsi per quello che è: lo stato avanzato dello svuotamento passionale alla Manet, la crisi della macchina semiotica del corpo-involucro per lasciare campo libero e assoluta centralità al sussulto carnale nell’arena della tarda moderni-tà. In altre parole, sulla base di questa ‘memoria in negativo’ si coglie un tratto semantico della performance di Burden, cioè il suo statuto propriamente residuale: quando, a partire dalle rappresentazioni di fucilazioni moderne che essa evoca, si sottrae lo statuto passionale dei testimoni, la capacità delle vittime di manifestare l’evento drammatico che le investe e lo statuto storico-politico dell’evento, quel che resta non è altro che un colpo. L’incidente carna-le emerge come unico avvenimento possibile, i tratti formali del colpo divengono l’unico ‘contenuto’ della performance. È importante che il pubblico non sia al corrente dell’evento: il ‘sistema’ sorge all’improvviso, in pochi istanti il carnefice fronteggia la vittima, il muro di-viene un fondo e il pubblico si trasforma in testimone dell’evento somatico, a sua volta espe-rendo la vibrazione della carne per via uditiva. La sola esperienza collettiva possibile – ma in quanto esperienza residuale – sembra essere ormai quella del sussulto della carne, fondo co-mune ai corpi del performer e del pubblico messi in vibrazione dal colpo tattile o uditivo. Un testo apparentemente ‘immediato’, che sembrava esaurirsi nella portata scioccante di un’azione autolesionista, riacquista così spessore semiotico. Al contempo, proprio la collisio-ne generata a partire dal presente consente di illuminare, di accendere delle ‘aree di senso’ nelle opere del passato. Il cono del passato che poggia con la punta nel tempo presente è

51 Ivi, p. 25 trad. it.. La dimensione di reciprocità appare ancor più chiaramente in questo passo decisivo: “The interrelationship between cultural memory and its self-reflection is like a constant dialogue: texts from chronologically earlier periods are brought into culture and, interacting with contemporary mechanisms, generate an image of the historical past, which culture transfers into the past and which like an equal partner in a dialogue, affects the present. This process does not take place in a vacuum: both partners in the dialogue are partners too in other confrontations, both are open to the intrusion of new texts from outside and the texts, as we have already had cause to stress, always contain in themselves the potentiality for new interpretations” (ID., Universe of the mind, cit., p. 272).

Page 18: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

18

una figura dinamica e di rapporto reciproco tra le due dimensioni temporali, ma quel pog-giare puntiforme assume, nel caso del nostro insieme, i tratti di una collisione, di un “lampo”, di un’“illuminazione” produttiva. Lotman ci ha lasciato una immagine potente per questa dinamica:

“Immaginiamo un campo minato. Alcune mine esplodono subito, altre dopo molto tem-po. Altre sono ancora sotterrate, e non sappiamo se e quando esploderanno. Noi oggi non possiamo dire quante di queste mine inesplose si trovino nell’arte contemporanea, magari sepolte nelle sue viscere. Gli eventi della storia e della cultura hanno traiettorie diverse e di diverso raggio”52.

L’esplosione differita del senso di un oggetto storico introduce una fenomenologia dei tem-pi della cultura ben diversa dalla progressione cronologica e fatta piuttosto di ritmi disgiun-ti, di momenti di collisione che, come dice spesso Lotman, si situano “fuori dal tempo”, nel senso che essi si sottraggono alla progressione lineare unidirezionale per produrre, appun-to, traiettorie diverse. Walter Benjamin ha parlato a questo proposito di “storia dell’arte come storia di profezie”, attribuendo ad una collisone che si fa a partire dal presente il pote-re di “illuminare” il senso che “fermenta” nelle opere del passato53. La mina inesplosa è quella parte di senso che, in oggetti culturali e storici prodotti in un dato momento, non può essere colto nell’epoca della loro produzione, ma che si rivelerà solo in modo differito, grazie ad un contatto anacronistico che lo farà esplodere. Questo contatto può essere provo-cato dalla specifico bagaglio culturale che lo sguardo situato dello spettatore o del ricercatore necessariamente possiede nel presente, ma anche, come abbiamo visto, dai “testi contempo-ranei”. Shoot contribuisce a rileggere il ruolo del rapporto tra corpo-involucro e carne – e anche il ruolo dell’intrusione dell’’animale’ – in una delle opere cruciali per l’emergere della pittura moderna; al contempo lo sparo di Burden mostra il proprio statuto residuale e l’esito estremo per cui, sullo sfondo di un palese svuotamento passionale, il sussulto della carne emerge come solo evento collettivo possibile. Ci sembra però necessario, in chiusura di questa riflessione, dar conto del senso più ampio di questo esito estremo, del senso di una figura della carne messa in scena con tanta forza all’inizio degli anni Settanta. Sarà sufficiente seguire ancora una volta Lotman, laddove egli, a più riprese, ricorda che la collisione tra elementi eterogenei, tra atti linguistici non completamente traducibili, ed il senso che si produce in questa non-traducibilità o inadeguatezza hanno la funzione di aprire

52 ID., Cercare la strada cit., p. 94. 53 Non è possibile qui approfondire la questione che è riconducibile al concetto di immagine dialettica (Dialektisches Bild) in Benjamin, riportiamo solo questo passo significativo che suggerisce alcune ana-logie con il concetto lotmaniano di ‘esplosione’: “La storia dell’arte è una storia di profezie (die Geschi-chte der Kunst ist eine Geschichte von Prophetien). Essa non può essere descritta che dal punto di vista immediato, attuale; poiché ciascuna epoca possiede una possibilità nuova, ma non trasmissibile per eredità (unvererbbar), che le è propria, di interpretare le profezie a lei rivolte racchiuse nell’arte delle epoche passate. Il compito più importante per la storia dell’arte è decifrare (entziffern), nelle grandi opere d’arte del passato, quelle profezie che conferivano loro valore all’epoca della loro creazione. Al futuro, infatti, e non sempre futuro immediato e mai completamente determinato (der Zukunft – in der Tat – und nicht immer unmittelbar bevorstehenden, niemals einer durchaus bestimmten). Del resto, non vi è niente che sia più soggetto a trasformazione nell’opera d’arte di questo oscuro spazio dell’avvenire che in essa fermenta” (“Paralipomena zur zweiten Fassung von Das Kunstwerk im Zeitalter seines techni-schen Reproduzierbarkeit”, Benjamin-Archiv, ms 397, ora in: W. Benjamin, Gesammelte Schriften, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhäuser, Frankfurt am Mein 1990, vol. 1, p. 1046 (trad. mia).

Page 19: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

19

un varco verso quella realtà extralinguistica “anch’essa concepita come una certa lingua [e a cui] viene ascritta un’organizzazione strutturale”54. Lo spazio semiotico appare come un’intersezione a più livelli di vari testi che formano uno “strato” con complesse correlazioni interne:

la realtà esterna sarebbe, conformemente alle rappresentazioni di Kant, trascendentale, se lo strato della cultura disponesse di un’unica lingua. Ma le correlazioni del traducibile e dell’intraducibile sono a tal punto complesse che vengono a formarsi possibilità di uno sfondamento nello spazio oltre i confini. Svolgono questa funzione anche i momenti di esplosione, che possono creare come delle finestre nello strato semiotico. Così il mondo della semiosi non è fatalmente chiuso in sé: esso forma una struttura complessa che con-tinuamente ‘gioca’ con lo spazio che gli è esterno.55

Negli stessi anni in cui Shoot è messa in scena, Michel Foucault sviluppa la propria riflessione su quella che chiamerà una “biopolitica della vita”, cioè un nuovo regime di rapporti tra po-tere e corpo che si installa a fianco del regime disciplinare esistente, o che, meglio “lo con-tiene, lo integra, lo modifica parzialmente”56. Questa nuova forma di potere inizia ad emer-gere tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, ma traversa pienamente la nostra epo-ca57. Il potere premoderno si esercitava sulla vita dei sudditi in quanto potere negativo, po-tere che limita, che preleva, che può “far morire (in guerra, ad esempio, per difendere il sovrano) o lasciar vivere”, ma che non assume al centro delle proprie preoccupazioni politi-che la gestione della vita dei sudditi. L’Occidente ha conosciuto una profonda trasformazio-ne di questi meccanismi di potere; la forma della limitazione è stata progressivamente af-fiancata da un potere che si esercita positivamente sulla vita “che intende gestirla, aumentarla, moltiplicarla, esercitare su di essa controlli precisi e regolazioni d’insieme”. Ciò che Foucault chiama soglia di modernità biologica sarà allora “l’ingresso dei fenomeni propri della vita della specie umana nell’ordine del sapere e del potere, nel campo delle tecniche politiche”58. Per comprendere questo cambiamento è necessario specificare il concetto di vita; alcuni inter-preti contemporanei lo hanno fatto a partire dalla parola greca che indica con bìos la vita in quanto ‘forma di vita’ dell’individuo o del gruppo in rapporto con la polis, la “vita qualifica-ta” in un mondo comune; da questo concetto si distingue quello di zoe che rinvia piuttosto “al semplice fatto di vivere che è comune a tutti gli esseri viventi” o alla “vita nella sua mera tenuta biologica”59. Certo, il corpo è da sempre al centro delle relazioni di potere: “quando

54 Riportiamo la citazione per intero: “La realtà extralinguistica è anch’essa concepita come una certa lingua. A essa viene ascritta un’organizzazione strutturale e una potenziale possibilità di comparire come contenuto di un insieme eterogeneo di espressioni” (J.M. Lotman, Kul’tura i vzryv cit., p. 16 trad. it., corsivo mio). 55 Ivi, p. 38, trad. it.. 56 M. Foucault, 1976, La volonté de savoir. Histoire de la sexualité I, Paris, Gallimard, (trad. it. La volontà di sapere. Storia della sessualità I, Milano, Feltrinelli, 2001); ID., 1997, “Il faut défendre la societé”, Cours au Collège de France, 1975-76, Paris, Seuil-Gallimard, ( trad. it. ‘Bisogna difendere la società’, Milano, Feltrinelli, 1998). 57 Sulla questione del prolungamento di un ‘avvenimento’ dalla storia nel presente si veda la voce “Actualité” in J. Revel, 2002, Le vocabulaire de Foucault, Paris, Ellipses, pp. 5-6. Vi si leggono queste parole di Foucault: “J’essaie de saisir quel est l’événement sous le signe duquel nous sommes nés, et quel est l’événement qui continue encore à nous traverser” (corsivo mio). 58 M. Foucault, La volonté cit., p. 125 tr.it.. 59 La prima definizione è di Giorgio Agamben (Homo sacer, Torino, Einaudi, 1995) la seconda di Ro-berto Esposito (Bios, Torino, Einaudi, 2004, p. 4), si tratta di due testi di riferimento per il dibattito

Page 20: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

20

il potere è penetrato più a fondo nella vita biologica che nel lungo periodo in cui il corpo degli schiavi era pienamente disponibile alla dominazione dei loro padroni?”60. E, tuttavia, la padronanza sulla vita biologica dello schiavo era conseguenza di una ‘forma di vita’ stabi-lita dalle regole della comunità e dunque assunta come politica. Alla soglia dell’età moderna è piuttosto la zoe, cioè il fondo dei processi che regolano il vivente, ad essere assunta progres-sivamente nei meccanismi e nei calcoli del potere e ad entrare in rapporto inscindibile e funzionale con esso. In una lezione al Collège de France del 17 marzo 1976 Foucault ha così riassunto in una formula divenuta celebre: “Mi sembra che uno dei fenomeni fondamentali del XIX secolo sia stato ciò che potremmo chiamare la presa in carico della vita da parte del potere: se volete, una presa di potere sull’uomo in quanto essere vivente”. Foucault ha indagato a fondo le tecniche attraverso le quali il biopotere gestisce il vivente, dal ‘dispositivo di ses-sualità’, al progressivo diffondersi fuori dalla propria sfera d’origine dell’esame di coscienza. Non possiamo qui ricostruire questa tesi in tutta la sua portata e in tutta la su acomplessità, tuttavia, ci interessa segnalare come rilevante per la nostra analisi la semantica del corpo utilizzata da Foucault per pensare e descrivere questo processo: si tratta di un modello fon-dato sulla differenza tra il corpo individuale (identificato dall’involucro corporeo di ciascu-no) su cui si esercitano le tecniche disciplinari (che sorvegliano e puniscono), ed il fondo vi-vente che è comune a tutti gli esseri umani, quello della carne. Queste due dimensioni si traducono nell’opposizione tra “uomo-corpo” e “uomo-specie”: la ‘nuova’ tecnologia non-disciplinare che sorge sul filo della modernità si indirizza “alla molteplicità degli uomini, ma non in quanto essi si riassumano in dei corpi, ma in quanto essa forma, al contrario, una massa globale, affetta dai processi d’insieme che sono propri della vita, come la nascita, la morte, la riproduzione, la malattia”61. L’uomo-specie è l’uomo in quanto vivente e non in quanto individuo. Il processo che assorbe dentro la sfera del potere la dimensione del vivente provoca una progressiva indistinzione tra una vita politicamente qualificata e la nuda vita della zoe, pre-supposto necessario ma non sufficiente per la strutturazione di una ‘forma di vita’. La soglia di articolazione tra il mero vivente e la forma di vita è quella su cui si gioca la dimensione po-litica dell’umano, dal momento che essa distingue la vita chiusa in una pura autoconserva-zione dalla vita che si dà una forma politica; Lotman torna a più riprese sulla distinzione tra la circolarità iterativa del mondo animale, scandita dalla sequenza delle cause e degli effetti, e quella capacità di produrre un comportamento imprevedibile ed una molteplicità di pos-sibilità future che è fondamento del passaggio in cui “l’uomo diviene tale”62. Anche se la ri-flessione di Lotman si concentra sull’articolazione molto generale tra natura e cultura, la questione dell’impossibilità di segnalare il confine tra bios e zoe non è così distante. Se questa articolazione e distinzione diviene impossibile, l’essere politico non si differenzia più, di fat-to, dalla condizione di un essere unicamente votato alla propria conservazione e ai processi viventi che la regolano. Non si tratta allora di pensare che Shoot ‘illustri’ la complessa trasformazione cui Foucault ha dedicato gli ultimi della sua riflessione, ma di cogliere il cortocircuito tra testo singolo e for-me dell’esperienza, sulla base di un isomorfismo strutturale con quella semantica del corpo che attraversa il pensiero foucaultiano della biopolitica e con le relazioni che la reggono.

sulla questione del bios, assieme al testo di Pietro Montani che indaga il rapporto tra biopolitica e tec-nica in ambito estetico (Bioestetica, Roma, Carocci, 2007). 60 R. Esposito, Bios cit., p. 49. 61 M. Foucault, Il faut défendre la societé, cit., p. 216 (trad. e corsivo miei). 62 Si veda, tra gli altri passi, l’inizio del capitolo dedicato al “Laboratorio dell’Imprevedibilità” (Cercare la strada, p. 78 e sgg.).

Page 21: Il colpo di fucile tra performance e pittura moderna: per ... · Lotman tornerà, nei suoi ultimi lavori, sul problema dell’interazione tra testi di epoche di- verse e sulla reciproca

21

Nel colpo che fa sussultare il performer appare, in un istante, la soglia che separa e articola la dimensione comune della carne e quella individuale del corpo-involucro; con Shoot Burden fa (e fa fare) esperienza del momento in cui la “zona d’indiscernibilità, d’indecidibilità tra l’uomo e l’animale”63, la della carne già sempre inclusa nel corpo si manifesta nella sua di-stinzione da esso. L’esplosione che colpisce la carne diviene qui il luogo in cui il corpo fa e-sperienza della non-coincidenza con se stesso. In fondo, la ferita che Burden produce con questa performance manifesta l’iteratività biologica che presiede alle funzioni dell’uomo specie (vi appare la pulsazione ciclica del sangue e vi si innesca un inevitabile serie di tra-sformazioni biologiche orientate) colta però nel momento in cui emerge e si distingue dall’involucro che identifica quel singolo corpo capace di forgiarsi una ‘imprevedibile’ forma di vita. “La ricombinazione è l’analisi dell’essenza nascosta”, sintetizza Lotman64. ll montaggio ana-cronistico che abbiamo costruito non sarà allora stato vano se è servito a cogliere il senso profondo del colpo di fucile ‘postumo’ di Chris Burden, sussulto che mostra la non-coincidenza tra carne e involucro, nel momento in cui il corpo contemporaneo sembra sem-pre più serrato nel movimento inesorabile che riduce il politico al mero vivente.

pubblicato in rete il 10 dicembre 2008

63 G. Deleuze, 1981, Francis Bacon. Logique de la sensation, Paris, La Différence, (trad. it., Francis Bacon. Logica della sensazione, Macerata, Quodlibet, 1995) p. 52 trad. it. 64 J.M. Lotman, Cercare la strada cit., p. 82.