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1 Università degli Studi di Salerno CELPE Centro di Economia del Lavoro e di Politica Economica Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Corresponding author [email protected] Discussion Paper 149

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Università degli Studi di Salerno

CELPE

Centro di Economia del Lavoro e di Politica Economica

Giorgia IOVINO

University of Salerno - CELPE

Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa

Corresponding author

[email protected]

Discussion Paper 149

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Scientific Commitee

Adalgiso AMENDOLA, Floro Ernesto CAROLEO, Marcello D’AMATO, Cesare IMBRIANI, Pasquale PERSICO

CELPE - Centro di Ricerca Interdipartimentale di Economia del Lavoro e di Politica Economica

Università degli Studi di Salerno

Via Giovanni Paolo II, 132 - 84084 Fisciano, I- Italy

http://www.celpe.unisa.it

E-mail [email protected]

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Indice

Abstract.............................................................................................................................. ........................ 5

Introduzione................................................................................................................... ............................ 6

1. Per una Definizione di Consumo di Suolo................. ............................................................................. 6

2. I Drivers.......................................... ........................................................................................................ 8

3. Dimensione e Patterns del “Consumato”............... .............................................................................. 11

4. Gli Impatti....................................................................................................... ...................................... 15

5. Conclusioni ........................................................................................................................................... 17

Riferimenti bibliografici.....................................................................................................................19

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Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa

Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE

Abstract

Il contributo indaga patterns spaziali, drivers ed impatti del fenomeno consumo di suolo con un

focus sul territorio europeo. Particolare attenzione è dedicata agli effetti del land take, che tendono

a interessare tanto la scala locale (ad esempio, qualità delle acque di falda, dissesto idrogeologico,

calo della produzione alimentare) quanto quella globale in modo diretto o indiretto (ad esempio,

cambiamento climatico, land grabbing, sicurezza alimentare).

Parole chiave Consumo di suolo, sprawl urbano, Europa

JEL Q24, R14, Q01

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Introduzione

Preservare il suolo e i servizi ecosistemici che esso fornisce rappresenta una sfida centrale per la

sostenibilità del pianeta. Secondo l’Institute for Advanced Sustainability Studies (Iass e Hbf 2015)

24 miliardi di tonnellate di terreno fertile vengono perdute ogni anno nel mondo a causa di un uso

improprio di questa risorsa o di processi naturali accelerati dall’azione umana. E’ una perdita, quasi

sempre irreversibile, che interessa tanto il Sud quanto il Nord del mondo, sebbene caratteristiche,

dimensioni e cause del fenomeno possono differire notevolmente da luogo a luogo. Mentre a livello

globale ed in particolare nei paesi in via di sviluppo le più significative minacce al suolo sono

costituite dall’erosione, dal cambiamento climatico e dallo squilibrio dei nutrienti (eccesso o

insufficienza di sostanze nutritive), nell’ambito dei paesi avanzati, specie quelli di più antico

popolamento, il principale driver alla perdita di suolo è rappresentato dall’artificializzazione o

consumo di suolo, ossia dalla conversione di terreni agricoli o naturali ad usi urbani o

infrastrutturali. L’Europa, per le sue elevate densità demografiche e la sua storia urbano-

industriale, è una delle aree del mondo che fa registrare i più alti tassi di land take. Secondo stime

prudenziali (dati Corine Land Cover 2000-2012), ogni anno circa 926 km2 di terreni naturali o

agricoli, un’area comparabile a quella di Berlino, sono consumati in ambito comunitario, per scopi

abitativi, produttivi o ricreativi (Eea, 2017). Questo spiega perché il consumo di suolo sia stato

identificato nella Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del 2006 Towards a

Thematic Strategy on Soil Protection come una delle principali sfide ambientali da affrontare in

ambito comunitario.

Il presente contributo, dopo un primo paragrafo dedicato a definire i concetti di suolo e di “consumo

di suolo” in letteratura, prende in esame i drivers che sono alla base del consumo di suolo (par. 2),

l’entità e i patterns del consumato nell’ambito indagato (par. 3) e gli impatti multipli generati dal

consumo di suolo alle diverse scale territoriali (par. 4). Sono presentate, infine, alcune brevi

riflessioni conclusive e alcune prospettive di ricerca in quest’area di studi.

1. Per una Definizione di Consumo di Suolo

La commissione Europea nella Strategia tematica per la protezione del suolo (Ce, 2006, p. 2)

propone la seguente definizione di suolo:

per ‘suolo’ s’intende lo strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, organici, acqua, aria e

organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e ospita gran parte della biosfera. Visti i tempi

estremamente lunghi di formazione del suolo, si può ritenere che esso sia una risorsa sostanzialmente non rinnovabile. Il

suolo ci fornisce cibo, biomassa e materie prime; funge da piattaforma per lo svolgimento delle attività umane; è un

elemento del paesaggio e del patrimonio culturale e svolge un ruolo fondamentale come habitat e pool genico. Nel suolo

vengono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio: in effetti, con le 1.500

giga-tonnellate di carbonio che immagazzina, è il principale deposito del pianeta. Per l’importanza che rivestono sotto il

profilo socioeconomico e ambientale, tutte queste funzioni devono pertanto essere tutelate.

Nel documento viene ampiamente riconosciuto il valore del suolo e l’esigenza di tutelarlo in quanto

risorsa limitata e non rinnovabile, indispensabile per la sopravvivenza e il benessere del pianeta e

del genere umano (sia sotto il profilo ambientale che socio-economico).

E’ alla luce di tale definizione che si giustifica l’espressione “consumo” di suolo per indicare l’uso

insostenibile di una risorsa strategica non rinnovabile che ne determina il progressivo esaurimento.

In un’accezione più radicale l’espressione si riconnette al concetto di abuso o di spreco, inteso

come l’uso ingiustificato o scorretto della risorsa. Si tratta di un passaggio concettuale importante

che evidenzia i cambiamenti intervenuti nelle dinamiche di uso del suolo nell’ultimo mezzo secolo

con particolare riguardo al territorio europeo. Prima di allora infatti, i cambiamenti di land

cover/land use connessi all’introduzione di nuove funzioni di tipo economico, sociale e culturale

potevano essere interpretati come trasformazioni legittime e necessarie per la crescita e il

progresso della società, il risultato di un equilibrato trade-off tra le ragioni dell’ambiente e quelle

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dello sviluppo. A partire dalla seconda metà del XX secolo si assiste, invece, ad una crescita

dell’urbanizzato scollegata da reali esigenze abitative e produttive. Tale disallineamento può

essere letto come il riflesso dell’evoluzione in senso consumistico del rapporto tra uomo e

ambiente, per cui la domanda di suolo più che rispondere ai fabbisogni della società appare oggi

come il risultato di pratiche speculative, di espansioni urbane incontrollate e ancora peggio di

scelte politiche miopi, che, anteponendo i ritorni economici e politici immediati a visioni strategiche

di lungo periodo, premiano la rendita urbana e favoriscono cambi di destinazione d’uso e forme di

espansione dell’edificato aggressive e indiscriminate, senza di fatto contribuire ad un avanzamento

del benessere delle popolazione.

L’espressione consumo del suolo e la valenza negativa ad essa associata riflettono, dunque, tale

mutamento, ma, al tempo stesso, denotano l’emergere di una consapevolezza critica verso un

modello di sviluppo neoliberista che utilizza in modo predatorio risorse naturali preziose e non

rinnovabili quali il suolo, per generare paesaggi urbani disordinati, dequalificati, porosi, privi di

identità e di luoghi di socializzazione e pieni di edifici abbandonati o sottoutilizzati.

Eppure il suolo è “la pelle viva del pianeta”, un sottile strato di terra (70-200 cm) che avvolge il

globo, regola le relazioni tra interno e esterno, custodisce la biodiversità e la storia della civiltà

umana, plasma il paesaggio. assicura benefici essenziali per l’ambiente e il genere umano. In

quanto risultato di complessi e millenari «fenomeni di interazione tra le attività umane e i processi

chimici e fisici che avvengono nella zona di contatto tra atmosfera, idrosfera, litosfera e biosfera»

(Ispra, 2017, p. 10), il suolo è la meno rinnovabile delle risorse naturali vitali e quella soggetta a più

rapido depauperamento. La costruzione di un’opera infrastrutturale o di un edificio, così come il

manifestarsi di un evento metereologico intenso (una pioggia torrenziale, ad esempio) determinano

una perdita, irreversibile alla scala temporale umana, della risorsa suolo e dei servizi eco-sistemici

ad essa connessi (Costanza et al., 1997; Mea, 2005), servizi che, secondo la più recente

classificazione CICES-Common International Classification of Ecosystem Services (Haines-Young

e Potschin 2013) sono ascrivibili a tre principali tipologie:

servizi di approvvigionamento (produzione di alimenti, foraggio, biomassa, materie prime, etc.);

servizi di regolazione e mantenimento (regolazione del clima, cattura e stoccaggio del carbonio, controllo dell’erosione e dei nutrienti, regolazione della qualità dell’acqua, protezione e mitigazione dei fenomeni idrologici estremi, riserva genetica, conservazione della biodiversità, etc.)

servizi culturali (conservazione del paesaggio e del patrimonio naturale e culturale identitario, funzioni estetiche, etiche e spirituali, servizi ricreativi e educativi).

Tuttavia, la ricchezza delle funzioni vitali erogate dal suolo non viene ancora adeguatamente colta

e valutata nelle scelte di governo del territorio, in larga parte indirizzate verso modelli insediativi ad

elevatissimo consumo di suolo.

In questo prospettiva risulta indispensabile pervenire ad una conoscenza approfondita del

fenomeno, a partire dalla sua contabilizzazione. Ciò significa chiarire in maniera più puntuale quali

suoli vadano considerati “consumati”. In linea generale ogni porzione di territorio sottratta al

precedente uso agricolo o naturale costituisce suolo consumato. Nondimeno, in funzione della

destinazione d’uso gli impatti possono essere molto diversi. Sulla base degli studi di Prokop et al.

(2011), la Commissione Europea (Ce, 2012) propone di distinguere tra soil sealing e land take,

ossia tra impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo. Nella prima categoria rientrano i

terreni “sigillati” da asfalto, cemento o altri materiali impermeabili, mentre sono classificabili come

suolo consumato o artificializzato sia le aree impermeabilizzate che quelle non sigillate, ma

alterate secondo modalità più o meno invasive come, ad esempio, cave, miniere, discariche, campi

sportivi, serre, giardini, parchi urbani, ecc. Secondo tale metodo classificatorio il suolo

impermeabilizzato rappresenta, dunque, una sottocategoria del suolo artificiale e

l’impermeabilizzazione «the most intensive form of land take» (Eea e Jrc, 2012, p.19).

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2. I Drivers

Affrontare la questione delle determinanti del consumo di suolo significa inevitabilmente porre al

centro dell’analisi lo spazio urbano e le sue più recenti dinamiche evolutive. Non vi dubbio, infatti,

che gli intensi processi di diffusione e dispersione urbana che nel corso degli ultimi decenni hanno

interessato la maggior parte dei paesi europei costituiscono oggi il principale driver al consumo di

suolo.

L’Agenzia ambientale europea in un recente studio condotto in collaborazione con lo Swiss

Federal Office for the Environment (Eea e Foen, 2016, p. 22) definisce la dispersione urbana o

urban sprawl «a phenomenon that can be visually perceived in the landscape. (…) The more area

built over in a given landscape (amount of built-up area) and the more dispersed this built-up area

in the landscape (spatial configuration), and the higher the uptake of built-up area per inhabitant or

job (lower utilization intensity in the built-up area), the higher the degree of urban sprawl». In altre

parole, secondo la definizione proposta dall’EEA (che, a sua volta, si rifà alla proposta di Jaeger

and Schiwich, 2014) per parlare di sprawl urbano è necessario, che si verifichino almeno due delle

seguenti condizioni: un’espansione dell’area urbana, una crescita della dispersione insediativa e/o

un incremento del consumo di suolo pro-capite.

A differenza delle forme urbane compatte e dense storicamente predominanti nel vecchio

continente, la città dispersa o sprawled, rappresenta un modello insediativo estensivo ad

elevatissimo consumo di suolo . «Today –si legge nelle linee guida sul soil sealing emanate dalla

Commissione europea (Ec, 2012, p.44)– the European areas classified as ‘peri-urban’ have the

same amount of built-up land as urban areas, but are only half as densely populated».

Dal punto di vista morfologico sono riconducibili a tale modello insediativo tipologie o fisionomie

anche molto diverse, quella a sviluppo lineare lungo gli assi stradali e quella policentrica dispersa,

quella delle grandi periferie suburbane unplanned e uncontrolled e quella delle villette a schiera

con giardino, quella dei capannoni industriali delle frange periurbane e quella delle perforazioni

minute in ambiti naturali o agricoli di pregio.

Tratto comune di queste diverse forme di sprawl è l’espansione patologica dell’urbanizzato, ossia

una dilatazione/ disseminazione insediativa che divora suolo e paesaggio senza rispondere a reali

fabbisogni abitativi e/o produttivi. Viene meno, in sostanza, quella correlazione lineare tra crescita

dell’urbanizzato, espansione demografica e sviluppo economico che aveva caratterizzato per oltre

due secoli la storia urbana europea. Si assiste ad un disallineamento - o decoupling secondo la

definizione della Commissione europea (Ec, 2012; Prokop et al., 2011 ) - tra le tre variabili.

L’impronta urbana inizia a crescere, per la prima volta, a ritmi ben più elevati rispetto

all’andamento della popolazione e del reddito, a volte anche in presenza di declino demografico

e/o di stagnazione economica. Tra la metà degli anni ’50 e la fine del secolo, l’incremento delle

aree urbanizzate risulta, secondo l’Eea (2006), 2,5 volte superiore rispetto a quello della

popolazione (78% vs 33%). Raddoppia, di conseguenza, il suolo consumato procapite (Eea 2006;

Kasanko et al., 2006; Marshall 2007).

Le ragioni di questa occupazione di terreno “disaccoppiata” possono essere ricondotte a una

molteplicità di fattori di diversa natura che sono stati ampiamente indagati da una copiosa

letteratura di taglio interdisciplinare . Ci si limiterà in questa sede a richiamare in modo

necessariamente schematico quelle che sono riconosciute come le principali determinanti

dell’attuale dispersione insediativa e del consumo di suolo ad essa connesso.

In figura 2 i driver sono ascritti a quattro principali categorie riferite alla natura dei fenomeni o dei

processi che guidano la trasformazione, sebbene i confini tra queste categorie siano a volte

piuttosto sfumati.

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Figura 1 I principali drivers del consumo di suolo

Fonte Elaborazione dell’Autore

Ne è un esempio la diffusione dell’automobile, causa ed effetto insieme dell’espansione e

dispersione urbana. Negli Stati Uniti dove il fenomeno è emerso prima e con maggiore intensità

rispetto all’Europa, la problematica dello sprawl è stata posta sin dal principio in relazione

all’accresciuta mobilità individuale (Jackson 1987). Nello schema proposto la diffusione

dell’automobile è inclusa tra i driver socio-culturali in quanto espressione di un cambiamento

profondo degli stili di vita, tanto che alcuni autori (Newman e Kenworthy, 1989) hanno parlato di

automobile dependence e di car addiction, per descrivere la tendenza delle società occidentali a

costruire città a misura di automobile.

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La diffusione del trasporto privato su gomma non sarebbe stata, tuttavia, possibile senza il

contributo decisivo di driver di natura economica e politica quali l’aumento del reddito medio

procapite o le politiche infrastrutturali messe in atto a scala nazionale (forti investimenti

infrastrutturali, sostegno all’industria automobilistica) che hanno favorito un sistema di mobilità

fortemente sbilanciato verso la rete viaria.

Il ruolo centrale dell’automobile nel guidare i processi di dispersione urbana è confermato dai

risultati del recente studio dell’Eea (Eea e Foen 2016). Delle 15 variabili prese in considerazione la

densità della rete stradale risulta in ambito europeo il secondo driver della dispersione urbana

dopo la densità della popolazione e prima di quella ferroviaria. Correlazioni statisticamente

significative sono individuate con altri due fattori relativi alla geomorfologia del territorio: la quota di

area irreclaimable (non adatta all’insediamento) che mostra una correlazione negativa con la

dispersione urbana e la produttività agricola netta che al contrario mostra una correlazione

positiva, giacché le aree agricole più produttive, al pari delle principali aree urbane, sono

prevalentemente ubicate in territori pianeggianti ed accessibili, dotati di elevata attrattività.

Nell’ambito delle determinati socio-demografiche un ruolo di primo piano nella formazione della

nuova domanda residenziale spetta ai cambiamenti che hanno interessato la struttura familiare. La

dimensione media familiare si è, infatti, molto ridotta a causa della quota crescente di anziani,

separati, single lavoratori immigrati senza famiglia. Si è accresciuto, di conseguenza, il numero di

nuclei familiari: + 23% tra 1990 e 2010, in ambito europeo (Eu28).

Contribuiscono ad alimentare la nuova domanda abitativa e a generare spinte insediative

centrifughe anche fattori socio-culturali quali il cambiamento degli stili di vita e l’affermarsi di una

nuova cultura dell’abitare. La domanda di un più elevato well being (Sen, 1985; Nussbaum e Sen,

1993) ha spinto, infatti, crescenti fasce di popolazione ad abbandonare la congestione dei centri

cittadini alla ricerca di stili di vita rururbani in grado di assicurare amenitas ambientali, spazi verdi,

abitazioni più grandi e confortevoli (spesso villette indipendenti dotate di garage e giardinetto).

Contemporaneamente nelle periferie delle grandi città sono emersi nuovi modelli di consumo e di

socialità, come attesta la moltiplicazione di grandi centri commerciali eletti a luoghi di incontro e

socializzazione della popolazione dei suburbia.

In molti casi, il consumo di suolo più che essere alimentato dalla domanda è provocato dai

meccanismi dell’offerta. Uno dei principali driver all’urbanizzazione deriva, infatti, dalle politiche

urbane locali. Molti Comuni, in particolare quelli suburbani, cercano di attrarre nuovi abitanti e

nuove attività, “svendendo” terreno edificabile e predisponendo piani urbanistici sovradimensionati

basati su previsioni demografiche artatamente corrette al rialzo. E’ questa una pratica ampiamente

diffusa in Italia, ma che interessa anche altri paesi. In Germania, ad esempio, la pianificazione

urbanistica basata sull’offerta è alla base del «paradosso dell’edificabilità dei suoli» o

Baulandparadoxon di cui parla Davy (citato da Frisch 2014, p. 83) che descrive la situazione di

gran parte dei comuni tedeschi che, pur potendo soddisfare il nuovo fabbisogno insediativo

all’interno dell’area urbanizzata esistente, continuano a individuare nuovi comparti edificatori nel

territorio rurale.

Identificare le relazioni di causa-effetto della diffusione urbana e del conseguente consumo di

suolo non è sempre un’operazione facile, giacché molte volte forze e processi che operano a

livello globale si intrecciano a driver di scala locale.

Un caso emblematico sotto questo profilo è quello relativo all’ipervalorizzazione immobiliare.

L’ipervalorizzazione immobiliare è uno dei sintomi più evidenti delle disfunzioni connesse alla

rendita urbana, nodo cruciale del problema consumo di suolo e fonte di grandi iniquità, soprattutto

per quei paesi che non tassano adeguatamente le plusvalenze fondiarie . Le cause globali di tale

fenomeno, che ha interessato ed interessa tuttora con differente intensità molti paesi europei ,

sono di natura macroeconomica (costo del denaro, andamento azionario, finanziarizzazione del

settore immobiliare), ma su di esse si innestano fattori e processi che operano a scale diverse: a

scala nazionale (regimi di proprietà dei suoli, politiche di contrasto alla rendita immobiliare,

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fenomeni di declino industriale ecc.), a scala locale (piani urbanistici sovradimensionati per attrarre

investitori, dipendenza delle autorità dagli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione e dal gettito

fiscale sugli immobili) e finanche a scala familiare (il mattone come bene rifugio per molte famiglie).

Nella grande varietà di processi e fenomeni che agiscono come driver per il consumo di suolo ve

ne sono alcuni che tendono ad assumere un peso e una centralità maggiore in determinati

contesti. Ad esempio, la presenza di un’eccessiva frammentazione amministrativa svolge un ruolo

particolarmente significativo laddove si accompagna a istituti di coordinamento mal funzionanti o a

politiche pubbliche deboli, non in grado di regolare ex ante e controllare ex post le scelte locali di

governo del territorio. Da questo punto di vista, l’Italia, il paese delle mille città rappresenta un caso

di studio interessante. Come è noto, le decisioni di land use in Italia spettano ai Comuni, ogni

Comune ha il suo piano urbanistico e, considerato il debole ruolo di indirizzo e di controllo svolto

dagli Enti territoriali sovraordinati, ciò significa avere oltre 8.000 piani urbanistici che normano gli

usi del suolo in piena libertà. I Comuni di piccola dimensione (<5000 abitanti) sono oltre il 70% del

totale, a loro è affidata la cura di oltre la metà del territorio nazionale. E ciò, secondo i risultati di un

recente lavoro di Pileri (2016; Pileri e Granata, 2014), rappresenta un ulteriore problema.

Prendendo come area di studio la Lombardia, l’Autore, dimostra, infatti, come il consumo di suolo

marginale, ossia il consumo di suolo per ogni nuovo abitante, tenda ad essere correlato

negativamente alla dimensione demografica del Comune (più piccolo è il Comune, maggiore è il

consumo marginale di suolo). In altre parole, i piccoli Comuni, sebbene in termini assoluti

consumino meno dei grandi, sono di gran lunga più inefficienti. Le ragioni che possono influire su

tale trend sono diverse: la prossimità ad interessi locali, la mancanza delle competenze necessarie

per perseguire strategie e politiche orientate alla sostenibilità, la debole capacità di contrattazione

nei confronti di investitori privati in grado di esercitare pressioni lobbistiche (costruttori, poli

commerciali, aziende dell’energia, ecc.), la pericolosa contiguità tra eletti ed elettori, la necessità di

“fare cassa” per compensare la drastica riduzione dei trasferimenti statali.

L’insieme dei fenomeni e dei processi individuati come driving forces alimenta la domanda di suolo

da destinare a residenze, seconde case, infrastrutture, insediamenti produttivi, strutture

commerciali e di servizio che è all’origine del land take e del soil sealing.

3. Dimensione e Patterns del Consumato

Le stime del consumo di suolo in ambito europeo variano in modo significativo, a seconda delle

fonti informative prese in considerazione. Corine land cover, Lucas, Copernicus Land Monitoring

Service e Urban Atlas rappresentano le principali banche dati europee sugli usi/coperture del

suolo. Ciascuna di esse presenta vantaggi e criticità legate alle diverse metodologie di misurazione

utilizzate (tab. 1), in termini di sistema di rilevamento, copertura temporale, unità minima mappata,

sistema di classificazione, ecc. (Iovino, 2014).

Sebbene nessuna delle suddette sorgenti informative sia adatta a supportare politiche di contrasto

del consumo di suolo a scala locale, la loro lettura combinata permette di ottenere un quadro

d’insieme delle dinamiche di trasformazione del suolo a scala comunitaria e consente una

confrontabilità sia di tipo orizzontale (tra paesi), che verticale (in senso temporale).

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Banche Dati Gestore Copertura geografica

Scala risoluzione n.

campioni

Minimum mapping unit

Copertura temporale

Sistema di rilevamento

LUCAS Eurostat europea 270.389

punti 30 m

2

2003-2006 2009-2012

campionamento

Corine Land Cover (CLC)

EEA europea 1:100.000 25 ha cover 5 ha change

1990-2000 2006-2012

immagini satellitari

Copernicus - HRL Imperviousness

EEA europea 20 m 400 m2

2006-2009 2012-2015

immagini satellitari + dati in situ

Copernicus - Urban Atlas

EEA grandi

agglomerati urbani

1:10.000 2500 m2 2006-2012 satellitare + dati ausiliari

Tabella 1 Le principali fonti informative per il monitoraggio del consumo di suolo

Fonte Elaborazione dell’Autore

Lucas la banca dati dell’Eurostat (2013) utilizza un approccio statistico campionario, non idoneo a

mostrare la spazializzazione del consumo di suolo in ambito europeo, ma in grado di fornire stime

attendibili a scala nazionale sull’entità complessiva del land take.

I dati riferiti al 2012 indicano un consumo di suolo medio per il territorio comunitario del 4%, ma

ben tredici stati membri superano tale valore, in alcuni casi con scarti anche significativi (fig. 2).

Rispetto al 2006 Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi sono gli stati membri con i maggiori

incrementi.

Figura 2 I paesi con un consumo di suolo superiore alla media europea (val.%) Fonte Elaborazione dell’Autore su dati Eurostat

Corine land cover (CLC) è una rilevazione satellitare foto-interpretata della copertura del suolo che

restituisce una cartografia digitale al 100.000. Ha il vantaggio di raccogliere informazioni

pienamente omogenee e confrontabili a scala continentale su più soglie temporali, a partire dal

1990. Tuttavia, l’utilizzo di unità minime di rilevazione piuttosto ampie riduce il grado di finezza e di

dettaglio dei dati e determina una sottostima del “consumato”: non sono, infatti, mappate le

urbanizzazioni con una distribuzione frammentata o parcellizzata né il tessuto infrastrutturale

lineare. Sono, al contrario contabilizzate come consumate le aree verdi e gli spazi aperti all’interno

delle aree urbane o aree di insediamento.

I dati CLC aggiornati al 2012 (Eea, 2017) attestano per il periodo 2000-2012 un incremento di

terreno artificializzato in Europa (EU28) di 926 km2 l’anno, una cifra inferiore a quella del decennio

precedente (circa 1.000 km2 l’anno nel periodo 1990-2000), ma ancora lontana dal valore-obiettivo

di 800 km2 fissato come benchmark per il periodo 2000-2020 dalla Roadmap della Commissione

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Europea (Ce, 2011). Contribuisce in modo decisivo al decremento la crisi recessiva e la paralisi del

settore edile che determina una contrazione in particolare dell’edificato a fini abitativi.

La figura 3 mostra la spazializzazione del fenomeno con riferimento agli ultimi due intervalli di

rilevamento 2000-2006 e 2006-2012.

Figura 3 Il land take nel periodo 2000-2012 secondo CLC

Fonte: Eea, 2016 (parzialmente modificata dall’Autore)

Fenomeni di diffusione e dispersione insediativa si evidenziano attorno alle principali aree urbane

europee, ma anche in zone in precedenza meno urbanizzate della Spagna, del Portogallo,

dell’Irlanda, della Francia, dell’Italia, con una particolare concentrazione del fenomeno nelle zone

costiere mediterranee. Non sono salve dallo sprawl urbano nemmeno le aree interne montane,

interessate anch’esse dallo sviluppo di attività turistico ricreative. A scala nazionale (vedi il grafico

della fig.3) i paesi che nel periodo 2006-2016 fanno registrare gli incrementi maggiori sono quelli

più grandi e popolati: la Spagna innanzitutto, seguita da Francia, Polonia Germania e Italia. Oltre il

50% del “consumato” interessa seminativi o colture permanenti, il 26% pascoli e terreni agricoli

misti e la restante quota foreste e aree boschive.

Le banche dati Imperviusness HRL (High Resolution Layer) ed Urban Atlas rientrano nel

programma Copernicus, già noto come GMES (Global Monitoring for Environment and Security),

promosso nel 1998 e coordinato dall’Agenzia Ambientale europea.

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Rispetto a CLC, lo strato ad alta risoluzione Imperviousness presenta un livello di precisione e

affidabilità decisamente più elevato, ma le informazioni rilevate riguardano unicamente il grado di

impermeabilizzazione del suolo (espresso in valori percentuali da 0 a 100).

Secondo i dati 2009 circa il 3,2% del territorio europeo è sigillato da coperture impermeabili, ma le

disparità tra paesi sono molto accentuate (fig. 4). Si passa dal 15,2% di Malta allo 0,5% dei paesi

scandinavi (EEA, 2016). Tuttavia, tra i paesi meno urbanizzati ve ne sono alcuni che mostrano un

trend di crescita del consumo di suolo (nel periodo 2006-09) di gran lunga superiore alla media

europea: la Norvegia con un incremento annuo di 4,8% nel periodo 2006-09), la Svezia (+3 ), la

Slovacchia (+2,1), l’Estonia (+1,9), il Portogallo (+1,9), la Finlandia (+1,8). Tra i paesi più grandi e

popolosi presentano incrementi elevati la Spagna (+2,9) e l’Italia (1,9), mentre la Germania e il

Regno Unito sono quelli che fanno registrare gli incrementi minori (rispettivamente 0,7 e 0,5).

Figura 4 Suolo impermeabilizzato secondo HRL Imperviusness(val. %)

Fonte Elaborazione dell’Autore su dati Eaa

Il progetto Urban Atlas, che rientra nella componente locale di Copernicus, si basa sull’uso

combinato di dati satellitari ad altissima risoluzione (0,25 ha) e di dati cartografici ausiliari (ad

esempio CTR, ortofoto). Ciò consente di ottenere informazioni molto dettagliate (32 categorie di

copertura e uso del suolo), riferite, però, solo ai grandi agglomerati urbani europei, le Functional

urban areas (Fua).

Nel corso degli ultimi anni è molto migliorata la capacità di integrare banche dati di derivazione

satellitare e database statistici, come mostrano due prodotti elaborati di recente strettamente

connessi alla questione del consumo di suolo: l’European Settlment map del Jrc (2017) e la carta

dello sprawl urbano dell’Eea (Eea e Foen 2016).

L’European Settlment map (ESM) realizzata dal Joint Research Center utilizza nella versione 2017

le immagini satellitari Spot5 e Spot6 ad altissima risoluzione (2,5 m) integrandole con dati

provenienti da Urban Atlas e da diverse altre banche dati (Tele Atlas, OpenStreetMap, banche dati

nazionali). La carta realizzata dall’Eea in collaborazione con il Foen misura lo sprawl urbano

attraverso il WUP (weigthed urban proliferation), un indice sintetico che prende in considerazione

tre componenti: la percentuale di aree costruite, il grado di dispersione urbano e il consumo di

suolo procapite . Per la metrica delle aree costruite (le built-up areas) ed il calcolo delle tre variabili

l’Eea utilizza i dati Copernicus sul soil sealing integrati attraverso un confronto con i dati CLC e

Urban Atlas, combinati poi con i dati relativi alla popolazione. L’analisi, riferita al 2009 (e ai

cambiamenti 2006-09), è svolta a tre diversi livelli di disaggregazione territoriale: a scala nazionale,

a scala regionale (Nuts 2) e su un grid-level di 1 km2.

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4. Gli Impatti

Il consumo di suolo genera impatti diretti ed indiretti, solo in parte noti, che richiederebbero di

essere ulteriormente indagati (Eea 2016b, 2016c, Johnson, 2001, Hasse e Lathrop 2003).

La figura 5 illustra sinteticamente i principali effetti diretti del land take sulle tre tipologie di servizi

eco-sistemici individuate dalla classificazione CISES (Common International Classification of

Ecosystem Services).

Figura 5 I principali effetti diretti del consumo di suolo

Fonte Elaborazione dell’Autore

Ovviamente gli impatti possono variare in misura significativa in funzione della destinazione d’uso

prevista. La sigillatura del terreno con materiali impermeabili - è oramai unanimemente

riconosciuto - comporta la perdita immediata e senza ritorno delle funzioni ecologiche del suolo.

Più controverso risulta, invece, l’impatto per quelle porzioni di territorio compromesse nelle loro

valenze paesaggistico-ambientali, ma che hanno subito trasformazioni che non alterano

irrimediabilmente la struttura del terreno, come i parchi e gli spazi verdi ubicati in ambito urbano o

le aree di insediamento di impianti per la produzione energetica o ancora le zone libere intercluse

tra snodi di accesso e reti infrastrutturali.

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In linea generale, più l’uso del suolo è artificiale più intensi sono gli impatti che ne derivano. Oltre

alla destinazione d’uso finale, occorre, inoltre, considerare la tipologia di terreno interessato dalla

trasformazione. In questo caso, più la copertura del suolo è naturale, più numerosi saranno i

benefici che esso è in grado di offrire e quindi maggiori risulteranno gli impatti e i disservizi (in

termini di costi pubblici) derivanti dal suo consumo.

Se guardiamo, ad esempio, allo stoccaggio di carbonio la quantità media presente nel suolo varia

a seconda della copertura: tra 70 e 100 tonnellate per ettaro in un’area boscata, 70 ton/ha in zone

a vegetazione mista, 57 ton/ha in terreni agricoli e zero nei suoli sigillati (Pileri, 2016). Quando si

urbanizza, i terreni impermeabilizzati perdono totalmente la capacità di fissare il carbonio e iniziano

a rilasciare molto rapidamente sotto forma di CO2 lo stock immagazzinato in migliaia di anni,

contribuendo ad aggravare il cambiamento climatico globale. Ai fini del calcolo dell’impronta di

carbonio, alla CO2 rilasciata nell’atmosfera a seguito del cambio di copertura occorrerebbe poi

sommare quella emesso dalle nuove funzioni e attività insediate. Pileri (2016), sulla base del

valore di scambio del carbonio sul mercato (6 euro per tonnellata), ha provato a calcolare in modo

approssimativo i costi che in Italia sarebbero necessari per compensare le emissioni di CO2

dovute al consumo di suolo: circa 27mila euro al giorno, 10 milioni di euro l’anno. Una voce della

spesa pubblica che non viene affatto considerata nel progetto trasformativo.

Ugualmente “nascosti” (Ce, 2013) risultano molti altri costi, come, ad esempio, quelli necessari per

mantenere in efficienza il sistema di raccolta e deflusso delle acque nelle aree urbanizzate, (circa

6.500 euro per ettaro annui) o quelli derivanti dalle opere necessarie per riparare ai danni derivanti

dalla mancata protezione dall’erosione, all’impoverimento degli habitat, ecc. Una stima

complessiva della spesa pubblica necessaria per compensare la perdita dei servizi eco-sistemici

forniti dal suolo è stata elaborata dall’Ispra (2017) per l’Italia in riferimento al periodo 2012-16: tra

30mila e 44mila euro per ogni ettaro di terreno consumato, per un totale compreso tra i 625 e i 908

milioni di euro. Costi invisibili di fatto scaricati sulla collettività, per realizzare, nella maggior parte

dei casi, opere brutte, eccessive e inutili, come attesta la quota crescente di patrimonio edilizio

invenduto.

Oltre agli impatti diretti indicati nella figura, l’artificializzazione del suolo genera molti impatti

indiretti. Gli uni e gli altri, intrecciandosi tendono a produrre effetti di tipo cumulativo, attesi e in

qualche caso inattesi.

La costruzione di una strada, ad esempio, impatta direttamente sulla biodiversità del sottosuolo e

soprassuolo, sullo stoccaggio del carbonio e sul ciclo dell’acqua e determina, al contempo, una

frammentazione degli habitat e dei corridoi ecologici che influisce su vari altri servizi ecosistemici,

alimentando un circolo perverso e insostenibile. Aumentano il rumore e le emissioni inquinanti per

la presenza di veicoli e l’incremento del volume di traffico, diminuisce la qualità estetica e visiva del

paesaggio, si riduce la qualità dei raccolti agricoli nella zona a ridosso della nuova infrastruttura,

mentre si accresce, grazie alla maggiore accessibilità della zona, la domanda di suolo a fini

insediativi che, in assenza di opportune azioni di contrasto, porterà alla realizzazione di nuove

urbanizzazioni, determinando nuovi bisogni da soddisfare (strade, attività di servizio, ecc.).

Un altro interessante esempio della capacità del consumo di suolo di generare effetti cumulativi e

multipli a scale diverse riguarda l’agricoltura. La riduzione di superficie coltivata avvenuta in Europa

negli ultimi anni ha avuto effetti pesantissimi sui servizi di approvvigionamento. In un recente studio

Gardi e altri (2014) stimano in 6,1 milioni di tonnellate di frumento la perdita di capacità produttiva

avvenuta tra 1990-2006 in 19 Stati membri, una perdita pari all’1% del loro potenziale agricolo e a

circa un sesto del raccolto annuale del maggiore produttore europeo, la Francia. Ma il danno non si

ferma qui. La riduzione della superficie coltivata crea maggiori pressioni sui restanti terreni agricoli,

accrescendone la rendita. Questo ne incoraggia la gestione intensiva, generatrice a sua volta di

gravi ripercussioni sul piano paesaggistico e ambientale (compattazione del suolo, cattivo

drenaggio delle acque, perdita di biodiversità, riduzione della fertilità e della capacità di filtrare gli

inquinanti solubili, ecc.). Il degrado ambientale e la perdita di paesaggio diminuiscono, inoltre,

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l’attrattività della zona specie in termini turistici e generano, di conseguenza, ricadute negative

sull’economia locale. In altre parole, ancora una volta si mette in moto un meccanismo cumulativo

che genera forti diseconomie a scala locale.

Ma ancora più dirompenti risultano gli effetti indiretti che si manifestano a scale globale. Per

compensare la minore produzione agricola le strade imboccate dalla maggior parte dei paesi

europei sono sostanzialmente due: incrementare la quota di importazioni e/o attuare pratiche di

land grabbing, ossia acquistare terreni in regioni del Sud del mondo dove il costo del suolo (e del

lavoro agricolo) è molto più basso . Nel primo caso il risultato è quello di aumentare la dipendenza

dall’estero e quindi ridurre la sicurezza alimentare del paese importatore, nel secondo caso l’esito

è, invece, quello di mettere a rischio la sovranità alimentare (oltre che la sicurezza) di paesi fragili e

poveri, praticando forme di sfruttamento di stampo neo-coloniale. I dati di Land Matrix e lo studio

svolto per il Parlamento europeo da Borras et al., (2016; Fian International 2017) mettono in luce il

coinvolgimento dell’Unione europea e dei suoi Stati membri nella corsa alla terra: 323 sono le

operazioni concluse da società Eu-based (182) per il controllo di quasi 6 milioni di ettari di terreno

in Africa, Asia e America latina da destinare a usi agricoli, energetici, allo stoccaggio di carbonio.

In prospettiva, il consumo di suoli agrari avvenuto nella Ue può diventare un serio problema. La

crescita demografica mondiale e l’esigenza di reperire fonti energetiche alternative ai combustibili

fossili rischiano, infatti, di moltiplicare i conflitti per l’uso del suolo a scala locale e di determinare

un’impennata dei prezzi alimentari a scala globale come già accaduto in passato .

5. Conclusioni

Il punto essenziale che ci sembra emergere chiaramente dalla breve trattazione è il seguente: il

consumo di suolo nei processi di urbanizzazione e sviluppo economico ha imposto e impone alle

generazioni correnti e future costi nascosti che il lavoro scientifico di pedologi, agronomi,

epidemiologi, biologi e scienziati ambientali provvede vieppiù a disvelare. Il problema resta, però,

quello di rendere tali conoscenze patrimonio dell’opinione pubblica e del decisore politico. Che

questo travaso di informazione tra l’ambito accademico e scientifico e quello politico-istituzionale

non sia un’impresa facile né tantomeno scontata lo dimostra l’iter della proposta di Direttiva per la

protezione del suolo (COM 2006/232) emanata dalla Commissione Europea nel 2006 e naufragata

definitivamente nel 2014 per l’opposizione di alcuni Stati membri.

Nonostante il fallimento dell’iniziativa la questione del land take ha continuato ad occupare un

posto importante nell’Agenda politica comunitaria, e nel complesso l’Europa sembra essere molto

più attenta ed attiva su tale tema rispetto sia agli USA, sia alla Cina e agli altri paesi emergenti.

Tale nota di ottimismo, tuttavia, deve necessariamente confrontarsi con alcune cruciali questioni.

Una prima questione riguarda l’organizzazione e il coordinamento della base informativa per la

contabilizzazione del “consumato”. Le nuove tecnologie e l’uso dei satelliti hanno permesso un

monitoraggio degli usi/coperture del suolo molto più preciso, affidabile e veloce rispetto al passato,

ma non è ancora disponibile una banca dati armonizzata a scala europea che, fornendo

informazioni complete ed aggiornate (grado di naturalità, valenza paesaggistica, fertilità,

vulnerabilità, specificità geologiche, giacitura, rilevanza per le reti ecologiche, ecc.), possa

utilmente orientare le scelte programmatorie a scala locale.

Un secondo essenziale nodo riguarda il governo degli interessi economici con particolare

riferimento ai processi che generano la c.d. rendita urbana. La necessità di regolamentare tale

ambito in modo deciso (mediante strumenti fiscali e giuridici) è oramai riconosciuta da più parti.

Innanzitutto perché parte della rendita deriva dalla presenza di beni pubblici, come strade, stazioni,

reti di mobilità, servizi, e le cui spese di realizzazione, gestione e manutenzione sono a carico della

collettività (Camagni, 2013). In secondo luogo perché l’urbanizzazione genera esternalità negative

(Ce, 2013) derivanti dalla perdita di servizi eco-sistemici. E’ questa la tragedia dei commons

preconizzata da Hardin (1968): nel gioco degli interessi che si sviluppano attorno a un bene

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comune come il suolo tende sempre a prevalere l’opportunismo dei singoli individui e ciò si traduce

in «un sovraconsumo che finisce per dilapidare le risorse fino a renderle insufficienti per la

comunità che le possiede» (Settis, 2012, p.84). La conclusione –o l’apologo, come direbbe Settis–

è che solo una efficiente regolazione pubblica può fermare il consumo della risorsa e scongiurare il

pericolo di esaurirne in tutto o in parte la disponibilità. Per questo occorre un soggetto pubblico

informato, autorevole, capace di non piegarsi agli interessi di pochi e di ricollocare al centro

dell’azione di governo l’interesse generale.

Per l’efficacia del processo decisionale all’interno di una democrazia partecipativa occorre che le

conoscenze scientifiche sulle implicazioni del land take entrino a far parte del patrimonio

informativo dell’opinione pubblica. Per oltre un trentennio ha dominato- meno che altrove, ma

anche in Europa- una incontrastata ideologia dello sviluppo che potremmo definire “estrattiva”,

basata sullo sfruttamento predatorio delle risorse del pianeta, anche quelle scarse e non rinnovabili

come il suolo. Ultimamente, complice la prolungata crisi recessiva, la sovrapproduzione edilizia e il

crollo dei sogni di ricchezza associati al land take, è nata una domanda dal basso di

partecipazione alle tematiche ambientali e di cambiamento che sarebbe stata impensabile sino a

pochi anni fa. Sono così sorte associazioni, forum e network internazionali che muovendosi in

difesa del suolo, del territorio e del paesaggio rivendicano il diritto di crescere ad un ritmo diverso,

di ricercare stili di vita che siano in armonia con la natura ed i limiti delle risorse. People4Soil, Terra

Madre, Slowfood international, Save Our Soils, Society for Ecological Restoration Europe, Global

Soil Forum, sono solo alcuni esempi. La sfida che ci sembra importante cogliere è quella del

coordinamento tra tali iniziative e la comunità scientifica al fine di innervare nell’opinione pubblica

allargata e nel processo decisionale la consapevolezza dei costi sempre più palesi dei processi di

urbanizzazione e della loro insostenibilità.

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CELPE’s Discussion Papers

2017, 148 Giorgia IOVINO

Waterfront Urbani: Approcci Rigenerativi e Visioni di Città

2017, 147 Giorgia IOVINO

The Mezzogiorno Problem to be. Territorial Implications of the Reform of Tertiary Education in

Italy

2017, 146 Adriana BARONE, Annamaria NESE

Investment in Education, Obesity and Health Behaviours

2017, 145 Annamaria NESE, Roberta TROISI

Illegal Behavior in the Public Administration

2017, 144 Rosamaria D'AMORE, Roberto IORIO, Giuseppe LUBRANO LAVADERA

Exploring the Relationship Between Human Capital and Innovation at the Firm Level: A study on

a Sample of European Firms

2017, 143 Cristian BARRA, Roberto ZOTTI

Bank Performance, Financial Stability and Market Competition: do Cooperative and Non-

Cooperative Banks Behave Differently?

2016, 142 Adalgiso AMENDOLA

Riforma del terzo settore e ruolo delle associazioni di servizio per lo sviluppo

2016, 141 Cristian BARRA, Giovanna BIMONTE, Luigi SENATORE

Innovation Processes and Environmental Safety

2016, 140 Damiano FIORILLO, Luigi SENATORE

Self Image and Environmental Attitude and Behavior

2016, 139 Maria Rosaria GAROFALO

Oltre il conflitto tra efficienza ed equità: regole e misure di policy per l’uguaglianza di genere

2016, 138 Adalgiso AMENDOLA

Economia ed etica: razionalità economica, mercato e impresa

2015, 137 Antonella BELLINO, Giuseppe CELI

The Migration-Trade Nexus in the Presence of Vertical and Horizontal Product Differentiation

2015, 136 Adalgiso AMENDOLA, Roberto DELL’ANNO, Lavinia PARISI

Happiness, Inequality and Relative Concerns in European Countries

2015, 135 Giuseppina TESTA

The Effect of the Euro Competition Over Innovation Decisions and Labor Productivity

2014, 134 Antonio CARDONE

Capitale e Ricchezza

2014, 133 Giovanna BIMONTE, Luigi SENATORE

An Overview on the Application of the Coalitional. Games in Cancer Diagnosis

2014, 132 Domenico MADDALONI

The Warfare-Welfare Nexus. An Ecological-Evolutionary Conceptual Framework for the Analysis

of the Rise and Decline of National Public Welfare Systems

2014, 131 Massimiliano BENCARDINO, Giorgia IOVINO

Analysing and Managing Urban Sprawl and Land Take

2014, 130 Carmen AINA, Fernanda MAZZOTTA, Lavinia PARISI

Bargaining or Efficiency within the Household? The Case of Italy

2014, 129 Adriana BARONE, Annamaria NESE

Body Weight and Academic Performance: Gender and Peer Effects

2013, 128 Adriana BARONE, Annamaria NESE

Family Structure, Children and Night Work: Italy vs. Sweden

2013, 127 Annamaria FERRAGINA

The Impact of FDI on Firm Survival and Employment: A Comparative Analysis for Turkey and Italy

2013, 126 Adalgiso AMENDOLA, Roberto DELL’ANNO

Social Exclusion and Economic Growth: An Empirical Investigation in European Economies

Page 24: Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa5 Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Abstract Il contributo indaga patterns spaziali,

24

2013, 125 Anna PAPACCIO

Bilateralism and Multilateralism: a Network Approach

2013, 124 Claudio PINTO

Complexity of Treatment, and Changes in Efficiency and Productivity for Directly Managed Italian

Hospitals

2012, 123 Giorgia IOVINO

Il Mezzogiorno e la sfida delle energia rinnovabili

2012, 122 Roberto DELL’ANNO, Stefania VILLA

Growth in Transition Countries: Big Bang versus Gradualism

2012, 121 Lavinia PARISI

The Determinants of First and Second Marital Dissolution. Evidence from Britain

2010, 120 Salvatore FARACE, Fernanda MAZZOTTA

Bivariate Probit Models for Analysing how “Knowledge” Affects Innovation and Performance in

Small and Medium Sized Firms

2010, 119 Marcello D’AMATO, Christian DI PIETRO

The Evolution of Wealth Distribution in a Model of Educational Investment with Heterogenous

Agents

2010, 118 Paolo COCCORESE

Banks as 'fat cats': Branching and Price Decisions in a Two-Stage Model of Competition

2010, 117 Sergio DESTEFANIS, Giovanni PICA

The Wage Curve an Italian Perspective

2010, 116 Adalgiso AMENDOLA, Joshy EASAW, Antonio SAVOIA

Inequality in Developing Economies: The Role of Institutional Development

2010 115 Gianluigi COPPOLA

Health, Lifestyle and Growth

2010 114 Teresa AMODIO

Methods of Analysis of Local Tourist Systems

2009 113 Fernanda MAZZOTTA

The Effect of Parental Background on Youth Duration of Unemployment

2009 112 Matteo FRAGETTA

Identification in Structural Vector Autoregressions Through Graphical Modelling and Monetary

Policy: A Cross-Country Analysis

2009 111 Bruna BRUNO, Damiano FIORILLO

Why without Pay? The Intrinsic Motivation between Investment and Consumption in Unpaid

Labour Supply

2009 110 Maria Rosaria GAROFALO, Annamaria NESE

Social Preferences and the Third Sector: Looking for a Microeconomic Foundation of the Local

Development Path

2008 109 Giorgia IOVINO

Gis, ricerca geografica e pianificazione urbanistica: un’applicazione sul centro storico di

Benevento

2008 108 Bruna BRUNO

La donna flessibile e il lavoro opportuno

2008 107 Damiano FIORILLO

Offerta di Attività Gratuita in Italia: una analisi micro-econometrica

2007, 106 Shane Niall O'HIGGINS, Marcello D'AMATO, Floro Ernesto CAROLEO, Adriana BARONE

Gone for Good? Determinants of School Dropout in Southern Italy

2007, 105 Ugo COLOMBINO, Annamaria NESE

Preference Heterogeneity in Relation to Museum Services

2007, 104 Giuseppe CELI, Mario SPORTELLI

Harrod’s Dynamics and the Kaldor-Thirlwall Export-led Growth

Page 25: Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa5 Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Abstract Il contributo indaga patterns spaziali,

25

2007, 103 Francesca BETTIO, Fernanda MAZZOTTA, Giovanni SOLINAS

Costs and prospects for home based Long Term Care in Northern Italy: the Galca survey

2007, 102 Lisa CROSATO, Sergio DESTEFANIS, Piero GANUGI

Technology and Firm Size Distribution: Evidence from Italian Manufacturing

2007, 101 Guglielmo Maria CAPORALE, Alexandros KONTONIKAS

The Euro and Inflation Uncertainty in the european Monetary Union

2006, 100 Francesco Paolo VOLPE

Principio democratico e giustizia nell'amministrazione

2006, 99 Niall O’HIGGINS

Still With Us After All of These Years: Trends in Youth Labour Market Entry, Home-Leaving And

Human Capital Accumulation in Italy 1993-2003

2005, 98 Floro Ernesto CAROLEO, Gianluigi COPPOLA

The Impact of the Institutions on Regional Unemployment Disparities

2005, 97 Carlo ALTAVILLA, Antonio GAROFALO, Concetto Paolo VINCI

Is the Discouraged Worker Effect Time-Varying?

2005, 96 F. BUSATO, B. CHIARINI, P. DE ANGELIS, E. MARZANO

Capital Subsidies and Underground Production

2005, 95 Lucio Valerio SPAGNOLO, Mario CERRATO

No euro please, We’re British!

2005, 94 Roberto BASILE, Mauro COSTANTINI, Sergio DESTEFANIS

Unit root and cointegration tests for cross-sectionally correlated panels. Estimating regional

production functions

2005, 93 Sergio DESTEFANIS, Raquel FONSECA

Matching Efficiency and Labour Market Reform in Italy. A Macroeconometric Assessment

2005, 92 Cesare IMBRIANI, Antonio LOPES

Banking System Efficiency and the Dualistic Development of the Italian Economy in the Nineties

2005, 91 Carlo ALTAVILLA, Antonio GAROFALO, Concetto Paolo VINCI

Designing the Optimal Lenght of Working Time

2005, 90 Marco MANACORDA, Barbara PETRONGOLO

Regional Mismatch and Unemployment: Theory and Evidence from Italy, 1977-1998

2004, 89 Roberta TROISI

Teoria dell’impresa e responsabilità parapenale: le implicazioni organizzativo-gestionali

2004, 88 Roberta TROISI

Enti non profit: tipologie ed opzioni organizzative

2004, 87 Lavinia PARISI

La povertà: una rassegna sul confronto tra due approcci. Capability vs. Unidimensionalità

2004, 86 Giuseppe CELI

Quality Differentiation, Vertical Disintegration and the Labour Market Effetcs of Intra-Industry

Trade

2004, 85 Niall O’HIGGINS

Recent Trends in Youth Labour Martkets and Employment Policy in Europe and Central Asia

2004, 84 Carlo ALTAVILLA, Floro Ernesto CAROLEO

Evaluating Asimmetries in Active Labour Policies: The Case of Italy

2004, 83 Floro Ernesto CAROLEO, Francesco PASTORE

La disoccupazione giovanile in Italia. La riforma dei sistemi d'istruzione e di formazione

professionale come alternativa alla flessibilità numerica per accrescere l'occupabilità

2004, 82 Francesco PASTORE, Izabela MARCINKOWSKA

The Gender Wage Gap among Young People in Italy

2004, 81 Elisabetta MARZANO

Dual Labour Market Theories And Irregular Jobs: IsThere a Dualism Even in The Irregular

Sector?

Page 26: Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa5 Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Abstract Il contributo indaga patterns spaziali,

26

2004, 80 Corrado ANDINI

Unemployment and Welfare Partecipation in a Structural VAR: Rethinking the 1990s in the United

States

2004, 79 Floro Ernesto CAROLEO

Fondamenti teorici della rigidità salariale nell'ambito dei "Non Market clearing Models"

2004, 78 Adalgiso AMENDOLA, Floro Ernesto CAROLEO, Gianluigi COPPOLA

Regional Disparities in Europe

2003, 77 Fernanda MAZZOTTA

Flessibilità, povertà e istruzione: un approccio Sen – istituzionale

2003, 76 Adalgiso AMENDOLA, Annamaria NESE

Mobilità intergenerale nel livello d'istruzione nella società femminile italiana ed endogenità del titolo di studio in un modello di partecipazione alla Forza Lavoro.

2003, 74 Antonio LOPES

Innovazione nel Sistema Creditizio del Mezzogiorno negli Anni Novanta

2003, 73 Sergio DESTEFANIS, Vania SENA

Public Capital and Total Factor Productivity New Evidence from the Italian Regions

2003, 72 Giuseppina AUTIERO, Bruna BRUNO

Social Preferences in Wage Bargaining: a Neocorporatist Approach

2003, 71 Gianluigi COPPOLA, Maria Rosaria GAROFALO, Fernanda MAZZOTTA

Industrial Localisation and Economic Development. A Case Study

2002, 70 Francesco GIORDANO, Fernanda MAZZOTTA

Salario di Riserva, Probabilità di Occupazione ed Efficacia dell’Istruzione Universitaria: un’Analisi

sugli Studenti dell’Università di Salerno

2002, 69 Giuseppe RUSSO

Istituzioni del Mercato del Lavoro e Occupazione: dai Costi di Aggiustamento all’Appropriabilità

2002, 68 Floro Ernesto CAROLEO, Francesco PASTORE

Training Policy for Youth Unemployed in a Sample of European Countries

2002, 67 Maria Rosaria GAROFALO, Maria Rosaria SUPINO

Il Disegno Normativo del Welfare Municipale in Italia come Strumento per lo Sviluppo Economico e l’Allargamento delle Opportunità Occupazionali. Una Lettura Neoistituzionale della L. 328/00

2002, 65 Pietro SENESI

Cyclical dynamics under continuous time equilibrium

2001, 64 Marcello D'AMATO, Vincenzo GALASSO

E' la Riforma Dini Politicamente Sostenibile?

2001, 63 Sergio DESTEFANIS, Ornella Wanda MAIETTA

Assessing the Productive Efficiency of Non-Profit Organisations: a Comparative Analysis

2001, 62 Floro Ernesto CAROLEO, Francesco PASTORE

How fine targeted is ALMP to the youth long term unemployed in Italy?

2001, 61 Paolo COCCORESE

Strategic Advertising for Entry Deterrence Purposes

2001, 60 Alessandra AMENDOLA

Modelling Asymmetries in Unemployment Rate

2001, 59 Sergio DESTEFANIS

Differenziali Territoriali di Produttività ed Efficienza negli Anni '90: i Livelli e l'Andamento

2001, 58 Giuseppina AUTIERO, Fernanda MAZZOTTA

Job Search Methods: the Choice between the Public and the Private Sector

2001, 57 Giuseppina AUTIERO, Bruna BRUNO, Fernanda MAZZOTTA

A Correspondence Analysis of Labour Market Institutions

2000, 56 Giuseppina AUTIERO

Governmental Organized Learning and Coordination Problems: The case of Japan in1950s

2000, 55 Giuseppina AUTIERO, Fernanda MAZZOTTA

The Choice of Search Methods: Some Empirical Evidence from Italy

2000, 54 Giuseppe CELI

The Impact of International Trade on Labour Markets. The Case of Outward Processing. Traffic between the European Union and Central Eastern European Countries.

Page 27: Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa5 Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Abstract Il contributo indaga patterns spaziali,

27

2000, 53 Giuseppe RUSSO, David VEREDAS

Institutional Rigidities and Employment on the Italian Labour Market: the Dynamic of the Employment in the Large Industrial Firms

2000, 52 Floro Ernesto CAROLEO

Le Politiche per l'Occupazione in Europa: una Tassonomia Istituzionale

2000, 51 Andrew NEWELL, Francesco PASTORE

Regional Unemployment and Industrial Restructuring in Poland

1999, 50 Giuseppe CELI, Alasdair SMITH

Quality Differentiation and the Labour Market Effects of International Trade.

1999, 49 Giuseppe CELI

Vertical and Horizontal Intra-Industry Trade: What is the Empirical Evidence for the UK? 1999, 48 Cesare IMBRIANI, Filippo REGANATI

Productivity spillovers and regional differences: some evidence on the italian manufacturing sector

1999, 47 Adalgiso AMENDOLA, Annamaria NESE

L’impatto del background familiare sul livello d’istruzione dei figli.

1998, 46 Adalgiso AMENDOLA, Annamaria NESE

Mobilità intergenerazionale nella società femminile italiana.

1998, 45 Floro Ernesto CAROLEO, Fernanda MAZZOTTA

Youth Unemployment and youth employment policies in Italy

1997, 44 Annamaria NESE

Mobilità intergenerazionale in Italia

1997, 43 Adriana BARONE, Concetto Paolo VINCI

Fairness: un concetto relativo nell’analisi del mercato del lavoro

1997, 42 Adriana BARONE, Concetto Paolo VINCI

Wage differentials and factor intensity reversals

1997, 41 Rosa CAPOLUPO

L’ipotesi di convergenza nel recente dibattito sulle teorie della crescita

1997, 40 Rosa CAPOLUPO

Endogenous Vs exogenous models of growth: the convergenze debate

1997, 39 Fernanda MAZZOTTA, Annamaria NESE

Transizioni "In and Out" il mercato del lavoro in Italia: un’analisi microeconometrica

1997, 38 Fernanda MAZZOTTA

Disoccupazione e probabilità di occupazione in Italia: un’analisi su microdati

1997, 37 Maria Rosaria GAROFALO, Bruna BRUNO

Equivalenza istituzionale" dei modelli di contrattazione sul salario: oltre il dibattito tra

centralizzazione e decentramento

1997, 36 Adalgiso AMENDOLA, Floro Ernesto CAROLEO, Gianluigi COPPOLA

Differenziali territoriali nel mercato del lavoro e sviluppo in Italia

1996, 35 Adalgiso AMENDOLA

Istituzioni e mercato del lavoro. Deregolazione, occupazione e paradigma istituzionale

1996, 33 Annamaria NESE

Modelli microeconometrici per l'analisi della domanda abitativa

1996, 32 Annamaria NESE

Test semiparametrici per modelli parametrici

1996, 31 Giuseppe CELI

Vertical intra-industry trade and skill intensity in Europe: a cross sector analysis

1996, 30 Sergio DESTEFANIS

Nominal rigidities and real activity. A cross-industry analysis for Italy, 1951-93

1996, 29 Cesare IMBRIANI, Filippo REGANATI

International technology transfer into the italian manufacturing sector

1996, 28 Stefania di SERAFINO, Alberto GANDOLFI

The choice of the Government optimal procurement mechanism: the first-price sealed bid auction with one and/or two winners.

1996, 27 Raul de LUZENBERGER

Redistribution, and public debt with liquidity constraints

1996, 26 Bruno CHIARINI

Un modello VAR per la domanda di lavoro

Page 28: Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa5 Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Abstract Il contributo indaga patterns spaziali,

28

1995, 25 Maria Rosaria CARILLO, Alberto ZAZZARO

Innovazione tecnologica e distruzione di capitale umano in un modello neo- shumpeteriano di crescita

1995, 24 Raul de LUZENBERGER

Macroeconomia e politiche redistributive: il caso di vincoli di liquidità

1995, 23 Annamaria NESE

Tenure choice and demand for housing in Italy

1995, 22 Filippo REGANATI

La struttura delle preferenze per prodotti orizzontalmente differenziati.

1995, 21 Sergio DESTEFANIS, Michele LA ROCCA, Cosimo VITALE

Forecasting train ticket sales with linear model-based approaches and with edats

1995, 20 Stefania di SERAFINO

Bounded rationality and incomplete contracts

1995, 19 Adalgiso AMENDOLA, Floro E. CAROLEO, Maria Rosaria GAROFALO

Istituzioni, mercato del lavoro e decentramento delle decisioni.

1995, 18 Niall O’HIGGINS

Why did the youth training scheme reduce the wages of young people? A story of human capital formation, reservation wages and job offers.

1994, 17 Antonio CARDONE

Misure di efficienza: alcuni aspetti teorici

1994, 16 Maria Rosaria GAROFALO, Luisa ZANCHI

Neo-corporativismo, centralizzazione e dispersione inter-settoriale dei salari.

1994, 15 Sergio DESTEFANIS

Allowing for frequency of negotiation in the aggregate wage equation. A study for Italian manufacturing, 1973/92.

1994, 14 Marcello D'AMATO

Tariffs for a foreign industry with market power under incomplete information on demand

1994, 13 Raul DE LUZENBERGER, Cesare IMBRIANI, Giancarlo MARINI

Sustainability Issues in the process of European Integration

1994, 12 Riccardo MARSELLI, Antonio CARDONE

Interdipendenza tra regioni: un'analisi su dati di Panel

1993, 11 Adriana BARONE, Concetto Paolo VINCI

Dilemma del prigioniero e persistenza della disoccupazione involontaria

1993, 10 Maria Rosaria CARILLO

Mutamenti strutturali ed offerta di lavoro.

1993, 9 Niall O'HIGGINS

The effectiveness of YTS in Britain: an analysis of sample selection in the determination of employment and earnings

1993, 8 Giuseppe CELI

Politiche valutarie ed integrazione commerciale: l'esperienza dello SME negli anni '80

1992, 7 Paolo COCCORESE

Attività innovativa e configurazione industriale

1992, 6 Maria Rosaria GAROFALO, Gian Luigi CORINTO

La Razionalità dell'Allocazione del Tempo di Lavoro in Agricoltura. Con un'Applicazione Empirica ad un Sistema Locale attraverso la PL.

1992, 5 Adalgiso AMENDOLA, Maria SCATTAGLIA

Disoccupazione e Tassi di Attività nel Mezzogiorno

1992, 4 Floro Ernesto CAROLEO

La Disoccupazione Strutturale

1991, 3 Giovanni URGA

Dynamic Models of Labour Demand in the Italian Industrial Sector: Theories and Evidence from Panel Data

1991, 2 Adalgiso AMENDOLA

Teoria dei Contratti Impliciti. Rigidità del Salario e Disoccupazione

1991, 1 Guido CELLA

Sulla Integrazione Produttiva Interregionale: il Caso del Mezzogiorno

Page 29: Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa5 Il Consumo di Suolo. Un Focus sull’Europa Giorgia IOVINO University of Salerno - CELPE Abstract Il contributo indaga patterns spaziali,

29

CELPE – Centro di Ricerca in Economia del Lavoro e di Politica Economica

Università degli Studi di Salerno

ISSN 1970-4259

ISBN 978-88-95406-44-2

Depositato ai sensi di Legge