il linguaggio dei vangeli - barnabiti · li alle chiese della giu - dea. il primo mezzo per...

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COMPRENDERE IL VANGELO Eco dei Barnabiti 3/2019 37 T roppo abituati a abbordare i Vangeli come lettura edi- ficante, spesso ci troviamo davanti all’impossibilità di vedere una logica nell’esposizione dei ri- spettivi evangelisti. Que- sto capita perché ci di- mentichiamo che siamo dinanzi al linguaggio pro- prio della riflessione sa- pienziale della tradizio- ne della religione giudai- ca. Basta vedere quello che capita quando, avvi- cinandosi la fine dell’An- no liturgico, nel messali- no quotidiano troviamo il testo di Lc 17,20-37 in cui Gesù si presenta nel- la condizione di Figlio dell’Uomo che stabilirà il Regno di Dio in modo definitivo; e nella 33a Do- menica Anno B leggiamo Mc 13 affinché meditiamo sulla dottrina dell’escato- logia, insistentemente sug- gerita dal Concilio Vati- cano II. Dovremmo aver sempre presente Gn 1-11, prefazione di tutta la Bib- bia, dove si presentano generi letterari che una volta capiti, ci permettono di riconoscere la natura della riflessione della Chiesa apostolica che gli evangelisti redassero. Per evitare una lettura edifi- cante che ci allontana dal pensiero del suo redattore, tenendo presente che sia- mo davanti a un linguag- gio sapienziale, quando leggiamo i vangeli dob- biamo tentare di scoprire qualè realmente la dottri- na che i rispettivi evange- listi vogliono esporre, dot- trina che fu accuratamen- te spiegata per almeno due decenni dagli Aposto- li alle chiese della Giu- dea. Il primo mezzo per scoprirla è quello di avvertire la linea teologica di ogni vangelo che, per sé, deve essere considerato il manuale catechetico della comunità cui fu annunziato. L’evangelista Matteo ci riferisce la catechesi apostolica presentata dal gruppo degli apostoli che non si di- spersero, nonostante le persecuzio- ni del sinedrio, ma che rimasero uni- IL LINGUAGGIO DEI VANGELI Arriviamo a capire meglio l’insegnamento dei vangeli se teniamo presente il loro linguaggio che è proprio della riflessione sapienziale del giudaismo. i quattro evangelisti - Ashmolean Museum, University of Oxford

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Page 1: IL LINGUAGGIO DEI VANGELI - Barnabiti · li alle chiese della Giu - dea. Il primo mezzo per scoprirla è ... Arriviamo a capire meglio l’insegnamento dei vangeli se teniamo presente

COMPRENDERE IL VANGELO

Eco dei Barnabiti 3/2019 37

Troppo abituati a abbordarei Vangeli come lettura edi-ficante, spesso ci troviamo

davanti all’impossibilità di vedereuna logica nell’esposizione dei ri-spettivi evangelisti. Que-sto capita perché ci di-mentichiamo che siamodinanzi al linguaggio pro-prio della riflessione sa-pienziale della tradizio-ne della religione giudai-ca. Basta vedere quelloche capita quando, avvi-cinandosi la fine dell’An-no liturgico, nel messali-no quotidiano troviamoil testo di Lc 17,20-37 incui Gesù si presenta nel-la condizione di Figliodell’Uomo che stabiliràil Regno di Dio in mododefinitivo; e nella 33a Do-menica Anno B leggiamoMc 13 affinché meditiamosulla dottrina dell’escato-logia, insistentemente sug-gerita dal Concilio Vati-cano II. Dovremmo aversempre presente Gn 1-11,prefazione di tutta la Bib-bia, dove si presentanogeneri letterari che unavolta capiti, ci permettonodi riconoscere la naturadella riflessione dellaChiesa apostolica che glievangelisti redassero. Perevitare una lettura edifi-cante che ci allontana dalpensiero del suo redattore,tenendo presente che sia-mo davanti a un linguag-gio sapienziale, quandoleggiamo i vangeli dob-biamo tentare di scoprirequalè realmente la dottri-na che i rispettivi evange-listi vogliono esporre, dot-trina che fu accuratamen-te spiegata per almenodue decenni dagli Aposto-li alle chiese della Giu-

dea. Il primo mezzo per scoprirla èquello di avvertire la linea teologica diogni vangelo che, per sé, deve essereconsiderato il manuale catecheticodella comunità cui fu annunziato.

L’evangelista Matteo ci riferisce lacatechesi apostolica presentata dalgruppo degli apostoli che non si di-spersero, nonostante le persecuzio-ni del sinedrio, ma che rimasero uni-

IL LINGUAGGIO DEI VANGELIArriviamo a capire meglio l’insegnamento dei vangeli se teniamo presente il loro linguaggio cheè proprio della riflessione sapienziale del giudaismo.

i quattro evangelisti - Ashmolean Museum, University of Oxford

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ti per due decenni ai fedeli dellachiesa di Gerusalemme. Subito ciaccorgiamo quanto essa sia legataall’insegnamento degli scritti del-l’Antico Testamento. La genealogiainiziale che vuole introdurci allacomprensione dell’origine di GesùCristo attraverso i suoi due principa-li personaggi, Davide e Abramo, ri-monta all’origine della stessa uma-nità, come ci avverte Lc 3,23-38; ilche significa che, nellavisione della Chiesa apo-stolica, Israele aveva lafunzione di annunciare lasalvezza a tutti i popoli.Gesù che nasce dalla Ver-gine è la discendenzaprofetizzata da Isaia 7,14,vista in relazione alla sal-vezza di tutta l’umanitàattraverso Gen 3,15. IlSalvatore profetizzato èGesù che l’angelo spiegaa Giuseppe essere esatta-mente l’Emmanuele. Lapersecuzione di Erode, lafuga in Egitto e il ritornodall’Egitto del figlio cheDio chiama, ci indicanoche il Nazareno è il rap-presentante del popolo diDio che, secondo la suastoria, al tempo di Gesù,è visto nella condizionedi “resto” che Dio ha ri-servato per sé per realiz-zare l’annuncio della sal-vezza a tutti i popoli. Perquesto Gesù vive in sé ildestino di Israele come loindica espressamente ilquadro delle tentazioninel deserto. Il popolo diDio deve capire che lasua vocazione è quella dinutrirsi della Parola diDio, con l’obbligo di nonritornare all’idolatria; edè quella di vivere la suareligione senza voler ten-tare il suo Dio. Secondo questa con-dizione Israele è paradigmaticoquanto alla storia della salvezza ditutta l’umanità. I giudei e i pagani,dopo la loro conversione, dovrannoessere il nuovo Israele che vive ilsuo pellegrinaggio verso la patriadefinitiva, preoccupato di nutrirsicon il “vero pane”, quello che Gesùci insegna a chiedere nel «Padre no-stro» (Mt 6,9-13).

La relazione di Gesù con il suo po-polo è nuovamente affermata quan-do Gesù è presentato come il nuovoMosè che annuncia il programmadella salvezza attraverso le beatitudi-ni, l’interpretazione che dà della leg-ge e i consigli sapienziali quanto alvivere secondo lo spirito dei precettidivini.Continua la presentazione della

persona di Gesù in quanto vincolata

alla storia di Israele quando è presen-tato dalla catechesi apostolica comeun taumaturgo. In questo caso Gesùè unito a tutto quello che è stato det-to come insegnamento sia della figu-ra di Mosè come pure di quella diElia e Eliseo.La stessa frustrazione che Gesù

sente in rapporto alla sua generazio-ne riflette le condizioni avverse chefurono comuni a tutti i profeti.

Con il discorso della missione, Mt10, vediamo che Gesù ormai inse-gna al nuovo Israele quale deve es-sere il suo comportamento affinchéegli lo riconosca dinanzi al suo Pa-dre. Con il discorso sempre più insi-stente di Gesù a rispetto della suacondizione di Figlio dell’Uomo chia-mato a realizzare il piano di Dio se-condo la condizione di Servo di Ya-vè, Gesù lega strettamente la sua

persona alla missione del-l’Israele di Dio. Vediamotuttavia che Gesù presentala sua persona nelle con-dizioni di un annunciouniversale quando parladi sé come colui che ver-rà sulle nubi del cielo co-me giudice universale.La narrazione della pas-

sione e morte del Signore,frutto ormai di una fedematurata con l’esperienzadella comprensione delmistero di Gesù attraversola testimonianza che gliapostoli potettero dare dilui dopo la sua risurrezio-ne, compresa alla luce del -l’intendimento concessoglidallo Spirito Santo, vuolessere soprattutto un inse-gnamento dottrinale espres-so attraverso il linguaggiofigurativo adottato dai ter-mini della Profezia.

quando gli evangelistici parlano

della risurrezione,non pensano

in trasmetterciuna cronaca,

ma una dottrinaattraverso narrative

Quando poi entriamo incontatto con le narrazionidel Signore risorto è chia-ro che queste vogliono

comunicarci soprattutto le verità chedicono riguardo a Gesù, il Cristorisuscitato. L’evangelista Matteo èmolto preciso nella sua terminolo-gia. Dobbiamo avvertire il linguag-gio apocalittico della sua narrativadella risurrezione del Signore perchédobbiamo ricordarci che siamo da-vanti a una realtà di ordine total-mente soprannaturale. Matteo nondescrive un fatto testimoniato da uo-

COMPRENDERE IL VANGELO

Eco dei Barnabiti 3/201938

frammento di papiro contenente il vangelo di S. Matteo

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mini che non hanno nessuna espe-rienza delle realtà soprannaturali.Quando noi manteniamo presentigli elementi delle narrative della re-surrezione di tutti gli evangelisti sa-pendo che le informazioni di cro-naca solo vogliono essere l’ondaportante di una dottrina nuova, com-prendiamo che come primo elemen-to che la catechesi apostolica ci pre-senta è quello annunciato da Matteoquando dice che le donne furono alsepolcro e lo trovarono vuoto. Gio-vanni nella sua narrazione accentuaquesto aspetto peculiare per indicar-ne la funzionalità. La tomba vuota èil segnale che Dio ha lasciato e checi orienta alle Scritture perché in es-se sta la spiegazione. Giovanni lodichiara quando commenta la per-plessità di Pietro: «non intese perchénon si ricordò della Scrittura che di-ce che il Cristo doveva risuscitaredai morti» (Gv 20,9). A questo ri-guardo, è bene ricordare la regola diinterpretazione che Paolo ci ha la-sciato quando scrive che Gesù èmorto secondo le scritture ed è risu-scitato secondo le scritture (1Cor15,3s). La tomba vuota pertanto de-ve essere spiegata a cominciare daquello che le scritture dicono, comebene ricorda Pietro nel suo discorsodi pentecoste: «Il giusto non potevaconoscere la corruzione» (At 2,27).È la comprensione del destino riser-vato al giusto, nonostante la mortesofferta nelle mani dei perversi, chespiega la risurrezione. Dovuto tutta-via alla fragilità dell’intendimentodei discepoli al constatare il mododeterminato della loro testimonian-za, vediamo che necessariamente gliapostoli ricevettero il dono di una ri-velazione da parte del Signore risor-to. Le differenti narrazioni pertantonon sono fatti riportati di una crona-ca, ma quadri costruiti affinché tuttala verità comunicata soprannatural-mente ai testimoni constituiti dal Si-gnore risorto sia trasmessa e inter-pretata in modo fedele. «Noi siamotestimoni», proclamano gli apostoliperché, come ricorda Pietro, loro so-no stati scelti per questa funzione(At 10,39).Da tutto ciò, le differenti specifi-

cazioni che incontriamo nei vangelipresentano contraddizioni di relati-va importanza. A volte non riuscia-mo a superarle, ma questo è dovutoalla mancanza di peculiari informa-

zioni. Quando si presentava la diffi-coltà che sorgeva dal termine Gali-lea, essendoci dimenticarti di tuttoquello che i pellegrini dei primi se-coli della storia della Chiesa sapeva-no perfettamente, eravamo semprenell’impossibilità di risolverla quan-tunque fosse qualcosa di molto sem-plice, come provò il topografo Gu-stav Dalman degli anni 20 del secolopassato. Il toponimo ‘Galilea’ indi-cava due luoghi geografici: al norddella Palestina, la regione della Ga-lilea, nella Giudea, la sommità delmonte degli Ulivi, che riceveva ilnome dalla sua condizione geologi-ca, che era quella di essere arroton-data. La soluzione di questo enigma

relativamente semplice ci indica co-me noi dobbiamo rassegnarci da-vanti ai termini che descrivono itempi secondo i quali Gesù sarebbeapparso nella condizione di risusci-tato come pure davanti alle testimo-nianze dichiarate dagli stessi apo-stoli. Pietro dichiara che solo gliapostoli hanno visto il Signore men-tre Paolo arriva a parlare di una ap-parizione a perfino 500 uomini.Questa contraddizione è apparenteperché mentre Pietro intende dichia-rare che la testimonianza valida èquella che deve essere riservata acoloro che Dio ha constituito testi-moni della risurrezione, Paulo vuolsolo riferire quello che avvenne: Ge-

COMPRENDERE IL VANGELO

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El Greco - San Matteo evangelista

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sù oltre ad apparire agli Apostoli ap-parve pure ad altre persone, comedi fatto apparve ancha a lui.

è fondamentale avvertirequal’è l’intenzione catechetica

delle narrazioniper capirne la natura

Molto più importante, invece, è no-tare qual è l’origine catechetica dellamoltiplicazione dei pani e della tra-sfigurazione. Indipendentemente dalfatto che Gesù poteva benissimo averrealizzato le due cose, è più che evi-dente che agli Apostoli interessava il-

lustrare con la moltiplicazione deipani il memoriale che Gesù istituìdella sua morte nell’ultima cena econ la trasfigurazione il senso dellapassione e morte del Signore. Nellanarrazione della moltiplicazione dei

pani notiamo, particolarmente in Gv6,1-15, che l’evangelista sviluppa lanarrazione di Mt 14 e il voluto e spe-cifico riferimento ai gesti di Gesùnell’ultima cena, momento in cuispezza il pane e lo distribuisce ai di-scepoli dicendo: «prendete e man-giatene tutti». L’anticipazione dellacatechesi a riguardo di quello cheGesù istituì permette illustrare in pri-mo luogo il senso specifico dell’eu-caristia, che è quello di essere ali-mento, in secondo luogo che sará unalimento che mai verrà a mancare e,in terzo luogo che sarà amministratodegli apostoli. Vediamo infine che,

dal gesto di Gesù, il memoriale dalui istituito ricevette il nome inizialedi «frazione del pane» (At 2,42). Re-ciprocamente, dalla catechesi cheGiovanni fa dell’eucaristia, in quantoutilizza la narrazione dei sinottici co-

me apertura della sua ampia illustra-zione, capiamo ancor più il sensodelle narrazioni della moltiplicazio-ne dei pani.Quando relazioniamo la moltipli-

cazione dei pani all’istituzione del-l’eucaristia, scopriamo che anche lanarrazione della difficile traversatadel lago è una seconda parte dellastessa perché è una illustrazione del-la singolare condizione della perso-na di Gesù. Colui che ha moltiplica-to i pani è l’«Io sono», il Figlio del-l’Uomo, di condizione divina, comelo dimostra il suo dominio sul ventoe sul mare. L’apparizione, evidente-mente, sorprende i discepoli che ve-dono e ragionano come «chi è dellaterra». La figura di Pietro finisce perindicarci che stiamo davanti a unquadro che rappresenta la Chiesanelle condizioni avverse del mondo.La salvezza che Gesù realizza neiconfronti di colui che la implora vie-ne a confortare i fedeli. Tutto questoè comprovato da Gv 21 con la narra-zione della pesca miracolosa e dellarefezione con pane e pesce abbru-stolito su carboni accesi che il Signo-re offre sulla spiaggia ai suoi disce-poli, dopo la pesca.Riguardo alla trasfigurazione è evi-

dente quanto essa illustra il sensodella passione e morte del Signore:Gesù risuscitato il cui volto splendecome irradiando la luce del sole e lecui vesti brillano come la neve. Latrasfigurazione offre l’opportunità ca-techistica di valorizzare la legge e laprofezia per poter illustrare ciò cheGesù annunciò con poche parole: «IlFiglio dell’Uomo deve essere posto amorte». Alla luce della sua risurre-zione che l’aspetto glorioso della suatrasfigurazione presenta, il «Figlio del-l’Uomo» sarà fonte di salvezza, co-me il serpente innalzato da Mosè neldeserto e come il Servo di Yavè cheper aver offerto in sacrificio la sua vi-ta conoscerà l’immortalitá, una di-scendenza senza fine e farà trionfareil piano di Dio (Is 53,10). Tutto que-sto avverrà per illuminazione delloSpirito Santo che circonderà gli apo-stoli come una nube, che pure arri-veranno a capire cos’è la risurrezio-ne dai morti.La lettura approfondita dei testi per-

mette di sfruttare nella sua pienezzale verità della Rivelazione.

Ferdinando Capra

COMPRENDERE IL VANGELO

Eco dei Barnabiti 3/201940

moltiplicazione dei pani (XIV sec.) - S. Salvatore in Chora, Instanbul