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Assessorato alla Pubblica Istruzione della Provincia di Pisa Centro per la didattica della Storia IL LUNGO DOPOGUERRA PISA 1946-56 Documenti dell’Archivio di Stato di Pisa a cura di Raffaello Campani e Giovanna Tanti Quaderni del Centro per la didattica della Storia Numero 13

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Assessorato alla Pubblica Istruzione della Provincia di Pisa Centro per la didattica della Storia

IL LUNGO DOPOGUERRA PISA 1946-56

Documenti dell’Archivio di Stato di Pisa

a cura di Raffaello Campani e Giovanna Tanti

Quaderni del Centro per la didattica della Storia Numero 13

Immagine in copertina: Riproduzione di Bimba con colomba (Pablo Picasso, 1901), dalla cartolina postale “Congresso dei popoli per la pace - Vienna, dicembre 1952, Natale di pace”, scaricata dal sito http://www.manifestipolitici.it/ I Quaderni già pubblicati:

1. Persecuzioni e stermini nella seconda guerra mondiale (2002)

2. La politica razziale del fascismo (2002)

3. Dalla discriminazione allo sterminio (2002)

4. La Grande Guerra (2002)

5. Fuori dall’ombra. Sguardi sulla storia della donne (2003)

6. Il primo dopoguerra e il culto dei caduti (2003)

7. Lotte contadine e operaie nel Pisano nel secondo dopoguerra (2004)

8. L’arte di stare insieme. Percorsi didattici tra Pisa e il Mediterraneo (2004)

9. Tra storia e memoria: dalla ricerca alla scuola (2004)

10. Pisa: 1940-1946. Le ferite di una città (2005)

11. La popolazione civile, le istituzioni ecclesiastiche, il clero a Pisa durante la II guerra mondiale

(2006)

12. Le resistenze delle donne (2006)

Il Quaderno nasce dalla collaborazione tra Giovanna Tanti, direttrice della sezione didattica dell’Archivio di Stato di Pisa, e Raffaello Campani, docente di italiano e storia dell’I.I.S. Santoni di Pisa. I rispettivi contributi sono siglati con le loro iniziali: G.T. per la prima, R.C. per il secondo. L’appendice coi manifesti politici è stata curata da Alessandra Peretti. I documenti qui pubblicati sono depositati presso l’Archivio di Stato di Pisa, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ne ha concesso la riproduzione con autorizzazione n. , Prot. . Ogni riproduzione ulteriore è espressamente vietata. Provincia di Pisa - Centro per la didattica della storia Complesso scolastico Concetto Marchesi, via Betti, 56124 Pisa tel. 050/929968, 050/929963 http://osp.provincia.pisa.it/cds/index.asp [email protected]

INDICE

Il lungo dopoguerra: 1946-1956 (R.C., G.T.)............................................................ p. 5 Le elezioni del 1946 e il Referendum

Introduzione (G.T.).. ........................................................................................ p. 14 Elenco dei documenti (G.T.) ............................................................................ p. 15 Documenti........................................................................................................ p. 17

L’attentato a Togliatti

Introduzione (R.C.). ......................................................................................... p. 34 Elenco dei documenti (R.C.) ............................................................................ p. 35 Documenti........................................................................................................ p. 38

Il Patto Atlantico

Introduzione (R.C.) .......................................................................................... p. 57 Elenco dei documenti (R.C.) ............................................................................ p. 58 Documenti........................................................................................................ p. 61

I Partigiani della Pace

Introduzione (G.T.) .......................................................................................... p. 79 Elenco dei documenti (R.C.) ............................................................................ p. 80 Documenti........................................................................................................ p. 83

La rivoluzione ungherese

Introduzione (R.C.) .......................................................................................... p. 101 Elenco dei documenti (R.C.) ............................................................................ p. 102 Documenti........................................................................................................ p. 105

Bibliografia .............................................................................................................. p. 125 Appendice - Manifesti politici 1946-56 .................................................................... p. 126

Il lungo dopoguerra: 1946-1956

di Raffaello Campani e Giovanna Tanti

1a fase: 1946-49 (R.C.) E’ un difficile dopoguerra quello che l’Italia liberata e riunificata si prepara a vivere nella primavera del 1945. Sebbene solo il 20% degli stabilimenti sia stato distrutto, rispetto all’anteguerra la produzione industriale risulta inferiore di due terzi, la produzione agricola è calata del 60% ed il patrimonio zootecnico è per tre quarti falcidiato. Nonostante il contributo fornito dagli Alleati, drammatico appare il problema degli approvvigionamenti alimentari; la quantità media di calorie giornaliere per abitante è infatti inferiore della metà rispetto al 1938: a fronte di un fabbisogno di 2.500 calorie, un italiano ne dispone appena di circa 900 al giorno. L’inflazione galoppa ed è la causa della crescita dei prezzi di ben diciotto volte in sei anni, dell’erosione dei risparmi e della perdita del valore d’acquisto dei salari, che si riduce della metà rispetto al 1939. Strade, ferrovie e ponti sono in gran parte distrutti o inutilizzabili, con conseguente difficoltà di movimento per merci e persone. Tre milioni di vani di abitazione sono distrutti o resi inabitabili e circa 64.000 civili sono periti a causa della guerra. Scuole ed edifici pubblici sono trasformati in alloggi di fortuna per gli sfollati. La forte contrapposizione politica, retaggio di una guerra fratricida a nord, la precarietà dell’esistenza, la fame, la carenza di alloggi e la mancanza di lavoro - i disoccupati sono un milione e mezzo nell’estate del 1945 - rappresentano una minaccia per l’ordine pubblico sia nell’Italia settentrionale, dove forte è la tensione sociale e politica soprattutto nelle aree a forte componente operaia, sia nel centro-sud dove a partire dalla primavera del 1944 contadini e braccianti procedono all’occupazione delle terre incolte e del latifondo. La malavita – soprattutto borsa nera e contrabbando - è un problema che investe il Mezzogiorno e le isole. In Sicilia, in particolare, si ripropone il problema della mafia e si sviluppa un movimento indipendentista appoggiato dalla grande proprietà terriera e da parte della classe politica prefascista. Il paese, pur in un clima animato da grandi speranze di rinnovamento, attraversa un periodo di disgregazione morale e politica. Il prestigio delle istituzioni è stato infatti gravemente compromesso dalle vicende seguite all’8 settembre, che hanno portato ad una profonda frattura ideologica e territoriale, e nonostante l’armistizio la situazione dell’Italia nel contesto internazionale è la situazione di un paese sconfitto, occupato militarmente. Le forze politiche che in questo difficile dopoguerra si vanno riorganizzando sono sostanzialmente quelle già operanti tra la fine del primo conflitto mondiale e l’avvento del fascismo. Difficile è però scoprirne i rapporti di forza, perché è profondamente mutata la situazione politica interna ed internazionale e perché il ritorno della democrazia ha significato una crescita della partecipazione politica dei cittadini. Il Partito Socialista – che ha assunto dal 1943 il nome di PSIUP, Partito Socialista di Unità Proletaria - ha un leader carismatico, Pietro Nenni, ma il partito è diviso tra l’impulso rivoluzionario che lo porta a privilegiare il legame con il PCI e la tradizione riformista che cerca una posizione di equilibrio tra comunisti e partiti borghesi. Il PCI, il Partito Comunista, ha acquisito prestigio e si è legittimato quale forza di governo, prima con la lunga opposizione al fascismo durante il ventennio e successivamente con la cosiddetta svolta di Salerno ed il grande contributo alla guerra partigiana. E’ il più organizzato tra i partiti di massa e conta un milione di iscritti nell’estate del 1945, che crescono fino ad un milione e settecentomila un anno dopo. Il partito operaio delle origini, escluso dal potere, nel 1945 estende la propria influenza su contadini, intellettuali e ceti medi, fa parte del governo e, soprattutto, lavora per radicarsi nelle istituzioni democratico-parlamentari pur senza rinnegare i suoi legami con l’URSS. La Democrazia Cristiana è l’unico partito in grado di competere con i grandi partiti della sinistra sul piano organizzativo e su quello del controllo delle masse. La DC è l’erede del Partito Popolare di Sturzo, rinnovato dalle nuove leve formatesi nelle

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file dell’Azione Cattolica e della FUCI, l’organizzazione universitaria cattolica. Come già il PPI, la DC gode dell’appoggio delle masse contadine, si richiama alla dottrina sociale cattolica, sostiene con fermezza il diritto di proprietà ed è fautrice di una politica riformista. Rispetto al primo dopoguerra può beneficiare di un più aperto appoggio della Chiesa ed ambisce a rappresentare il più efficace riferimento per l’elettorato del fronte moderato. Le altre formazioni politiche moderate non appaiono in grado di reggere il confronto. Il Partito Liberale Italiano conta tra le sue file gran parte della classe dirigente prefascista, è appoggiato dalla grande industria e dalla proprietà terriera, ma è fortemente indebolito dalla crisi del rapporto clientelare dovuta all’introduzione del sistema elettorale proporzionale e dall’avvento dei partiti di massa. Il Partito Repubblicano Italiano è intransigentemente antimonarchico. Nel 1944 ha fortemente contestato la scelta togliattiana di collaborare con la monarchia seguita alla svolta di Salerno. Il Partito d’Azione si colloca tra l’area socialista e quella liberal-democratica, annovera personalità di grande prestigio ed ha fornito un notevole contributo alla lotta partigiana. E’ un partito riformista, favorevole alle nazionalizzazioni, fautore della riforma agraria, ma non ha una autentica base di massa ed è indebolito dalle divisioni interne tra le sue due anime socialista e liberale. Soffre una scissione nel febbraio del 1946, la parte superstite entra nel PSI nell’agosto del 1947. Il clima politico del dopo liberazione non è nel complesso favorevole alla destra che è tuttavia forte in molte zone del mezzogiorno. L’elettorato conservatore, spaventato dai processi di epurazione e dalle novità che si vanno delineando nell’assetto statale, non confluisce in un unico forte partito, ma si distribuisce parte nella DC (soprattutto nel sud) e parte nel PLI, nei partiti monarchici e nel movimento dell’Uomo Qualunque. Il Movimento Sociale Italiano, partito di aperta ispirazione fascista, viene fondato nel dicembre 1946. Dal giugno 1944, anno della sua ricostituzione, un ruolo importante è ricoperto dalla CGIL, Confederazione Generale Italiana del Lavoro, composta unitariamente dalle sue anime comunista, socialista e cattolica. Nonostante i contrasti tra le diverse componenti, soprattutto tra quelle di sinistra e quella cattolica, la CGIL è la protagonista del perseguimento e dell’acquisizione di importanti e durevoli conquiste sociali. Uno dei primi forti contrasti tra i partiti si verifica nel giugno 1945, al momento della nomina di Parri a presidente del consiglio come successore di Bonomi. Ferruccio Parri, azionista, mette all’ordine del giorno del suo governo una rigorosa epurazione e la tassazione delle grandi imprese. Ciò provoca la reazione dei liberali, che con il loro ritiro nel novembre 1945 provocano la caduta del governo. Del nuovo governo, presieduto dal democristiano Alcide De Gasperi, fanno parte tutte le forze espresse dal Comitato di Liberazione Nazionale, ma la svolta in senso moderato impressa dal nuovo esecutivo è assai sensibile: l’epurazione rallenta, i prefetti già scelti dal CLN sono sostituiti da funzionari di carriera e le riforme economiche più incisive sono sospese o rallentate. Nonostante il malcontento, i partiti della sinistra non cavalcano la protesta: sia per il timore di spezzare la precaria solidarietà di governo, sia perché nutrono la forte speranza di uscire vincitori dalla imminente competizione elettorale del 2 giugno 1946. In quella data il popolo italiano, incluse per la prima volta le donne, vota per eleggere l’Assemblea Costituente e nello stesso tempo per scegliere tra la forma istituzionale monarchica e quella repubblicana. Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdica in favore del figlio Umberto, che dal giugno 1944 ricopriva la carica di Luogotenente del Regno; ma la mossa non basta ad impedire la scelta in favore della repubblica, pur se con uno scarto di poche centinaia di migliaia di voti. Referendum istituzionale (2 Giugno 1946) Elettori Votanti Voti non validi Voti per la repubblica Voti per la monarchia

28.005.44924.946.9421.509.735

12.717.92310.719.284

89.1%6.1%

54.3%45.7%

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Il 13 giugno Umberto II lascia Roma per l’esilio di Cascais, in Portogallo. Le elezioni per l’Assemblea Costituente vedono prevalere la DC con oltre il 35% dei voti; nell’ambito della sinistra il PSIUP prevale sul PCI con uno scarto di quasi due punti e i due partiti insieme superano la DC di quattro punti e mezzo in percentuale. I tre partiti di massa ottengono dunque il consenso di circa il 75% degli italiani. Gli altri partiti si spartiscono il restante 25%: le destre hanno le loro roccheforti nel sud, i partiti di ispirazione liberale che avevano dominato la scena politica prefascista non raggiungono il 7%, il Partito d’Azione, protagonista della guerra partigiana, non va oltre un modestissimo 1.5% Risultati nazionali della elezione per l’Assemblea Costituente (2 Giugno 1946) Elettori Votanti Schede nulle Schede bianche

28.005.449 24.947.187 1.293.641

643.067

89.1%5.2%2.6%

SeggiDemocrazia Cristiana 8.101.004 35.2% 207Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria 4.758.129 20.7% 115Partito Comunista Italiano 4.356.686 18.9% 104Unione Democratica Nazionale* 1.560.638 6.8% 41Fronte dell’Uomo Qualunque 1.211.956 5.3% 30Partito Repubblicano Italiano 1.003.007 4.4% 23Blocco Nazionale della Libertà* 637.328 2.8% 16Partito d’Azione 334.748 1.5% 7Movimento per l’Indipendenza della Sicilia 171.201 0.7% 4Partito dei Contadini d’Italia 102.393 0.4% 1Concentrazione Democratica Repubblicana* 97.690 0.4% 2Partito Sardo d’Azione 78.554 0.3% 2Movimento Unionista Italiano 71.021 0.3% 1Partito Cristiano Sociale 51.088 0.2% 1Partito Democratico del Lavoro* 40.633 0.2% 1Fronte Dem. Progressista Repubblicano 21.853 0.1% 1Altri 412.550 1.8% Rispetto alla competizione elettorale del 1921 avanzano dunque i grandi partiti di massa, si realizza la crisi dei gruppi liberali-moderati il cui elettorato è in gran parte assorbito dalla DC, la sinistra incrementa i suoi consensi ma non ottiene la maggioranza. Inoltre i rapporti di forza al suo interno sono mutati: il PSIUP è ancora maggioritario, ma stacca il PCI solo per pochi voti. I numeri del referendum istituzionale ed i risultati elettorali rivelano la realtà di un’Italia profondamente divisa tra un nord decisamente repubblicano ed un sud monarchico, con una sinistra forte o fortissima nel centro e nel nord, ma debolissima e scarsamente radicata nel sud del paese. Le lacerazioni ereditate dalla guerra si ripropongono dunque nella nuova Italia democratica rendendone difficile il cammino. Tra il 2 giugno 1946 e il 18 aprile 1948 si collocano due anni decisivi: l’Italia definisce il suo assetto istituzionale con il varo della Costituzione, l’economia è riorganizzata secondo il modello

* L’Unione Democratica Nazionale è la sigla attorno alla quale si raccolgono i liberali; il Blocco Nazionale della Libertà è la formazione costituita dai monarchici; la Concentrazione Democratica Repubblicana è il partito di Parri e di La Malfa; il Partito Democratico del Lavoro è una formazione di ispirazione democratica e progressista che raccoglie esponenti del mondo politico prefascista (Bonomi, Ruini).

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dei sistemi capitalistici occidentali, il problema della collocazione internazionale accende lo scontro nel paese. All’indomani del 2 giugno, i grandi partiti di massa (DC, PSIUP, PCI) eleggono il primo presidente della repubblica nella persona di Enrico De Nicola e danno vita al secondo governo De Gasperi, ma non eliminano i contrasti che vedono schierati su diverse posizioni da una parte la Democrazia Cristiana, dall’altra il Partito Comunista e quello Socialista. Quali i motivi dello scontro? L’inasprirsi del confronto sociale ed il delinearsi della guerra fredda, che acutizza e approfondisce le divisioni tra le forze politiche italiane. Se da una parte la DC si presenta quale garante dell’ordine sociale e della collocazione del paese nel campo delle potenze occidentali e il PCI quale paladino delle lotte operaie e contadine e sostenitore dell’URSS in campo internazionale, il Partito Socialista fa le spese della radicalizzazione dello scontro: alla fine del 1946 si delineano nel PSIUP due schieramenti. Da una parte Nenni propugna un’alleanza tra le sinistre occidentali e l’Unione Sovietica ed è il sostenitore di un partito rivoluzionario e classista, che operi in stretta unità di azione con il PCI, dall’altra Saragat è ostile ad un appiattimento del partito sulle posizioni del PCI ed è avverso all’URSS ed alla politica staliniana nei paesi dell’Europa orientale. Il dissidio tra le due anime del socialismo italiano esplode in occasione del XXV congresso nel gennaio 1947: i saragattiani lasciano il PSIUP (che torna a chiamarsi PSI) e a palazzo Barberini fondano un nuovo partito politico, il PSLI, Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, che successivamente cambierà la propria denominazione in PSDI, Partito Socialista Democratico Italiano. Il ritiro dei rappresentanti del PSLI dal governo dà luogo ad una crisi ed alla formazione di un tripartito composto da DC, PSI e PCI, ancora presieduto da De Gasperi, e permette alla Democrazia Cristiana, insofferente alla collaborazione con i partiti della sinistra, una maggiore libertà d’azione. Nel maggio del 1947 De Gasperi approfitta dei contrasti insorti nella coalizione per dare le dimissioni e formare un governo di soli democristiani, con ministri tecnici liberali agli esteri ed al bilancio. Si conclude così la fase della collaborazione tra la Democrazia Cristiana ed i partiti della sinistra di classe. La firma del trattato di pace (febbraio 1947) ed il varo della Costituzione necessitano però ancora della solidarietà tra i partiti antifascisti. Il 24 giugno 1946 l’Assemblea Costituente ha iniziato i suoi lavori per sostituire lo statuto albertino. I lavori terminano il 22 dicembre 1947 e il nuovo testo, approvato a larghissima maggioranza, entra in vigore il 1° gennaio 1948. La Costituzione Italiana, seppur ispirata a modelli ottocenteschi, se ne distingue soprattutto per l’attenzione al diritto al lavoro ed alle esigenze del benessere collettivo. Eppure essa non è esente da critiche (per altro in gran parte postume): l’estrema agibilità e visibilità concessa a tutte le forze politiche, quale reazione all’autoritarismo fascista, avrebbero minato la stabilità dell’esecutivo; il sistema elettorale proporzionale (introdotto nel 1919) avrebbe fatto dei partiti politici gli autentici detentori del consenso popolare e gli arbitri della politica. Comunque la si voglia leggere, la Costituzione della Repubblica Italiana rappresenta un compromesso equilibrato tra le istanze delle diverse forze politiche che la realizzano, nonostante i duri contrasti sulle singole materie che l’agenda del dopoguerra italiano viene proponendo. Uno di questi è rappresentato dalla proposta democristiana di inserire nel testo costituzionale l’articolo 7, che regoli i rapporti tra la Chiesa e lo Stato italiano secondo quanto già fissato dai Patti lateranensi. Togliatti, nella discussione del marzo del 1947, tra le proteste dei socialisti assicura il voto favorevole del PCI, motivandolo con la necessità di non creare fratture e di rispettare il sentimento religioso degli italiani. Se il varo della Costituzione rappresenta l’ultimo autentico atto di collaborazione tra i partiti antifascisti, la competizione per l’appuntamento elettorale del 18 aprile 1948 determina la definitiva polarizzazione tra due schieramenti politici contrapposti: quello moderato formato dalla DC e dai partiti laici minori e quello delle sinistre egemonizzato dal PCI. Vicende nazionali ed internazionali si intrecciano nella politica italiana, bloccando il sistema e determinando l’impossibilità di una politica dell’alternanza. Quello stesso dicembre 1947 nel quale repubblicani e socialdemocratici entrano a far parte del governo De Gasperi, il Partito Socialista vede al suo interno largamente prevalere l’orientamento verso liste comuni con il PCI, al fine di costituire un fronte popolare. Una decisione che inevitabilmente pone gli elettori di fronte ad un’alternativa secca: o con la DC e i

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moderati timorosi di mutamenti radicali o con i socialcomunisti. Uno scontro di civiltà, di sistemi economici e di schieramenti internazionali nel quale la DC è avvantaggiata dall’appoggio incondizionato della Chiesa, forte dell’attaccamento di larghissima parte della popolazione italiana alle proprie tradizioni religiose, e, in campo internazionale, da quello degli Stati Uniti, che velatamente minacciano la sospensione degli aiuti del Piano Marshall in caso di vittoria del fronte popolare; mentre il blocco socialcomunista si fa interprete del disagio dei lavoratori e in generale dei ceti più deboli con una propaganda caratterizzata da accenti democratico-populisti più che classisti (il volto di Garibaldi è scelto quale simbolo del Fronte Democratico Popolare). Ma il tentativo della propaganda comunista e socialista di allargare la propria base di consenso anche in aree d’opinione non direttamente riconducibili ai due partiti di classe incontra gravi ostacoli nell’allineamento di questi alla politica estera dell’URSS, che proprio in quei mesi procede in Cecoslovacchia all’avallo di un duro colpo di stato che impone il potere comunista al governo di quel paese. La campagna elettorale della DC è indubbiamente favorita dalle prospettive di benessere e di sviluppo legate, nell’immaginario popolare, agli Stati Uniti d’America. Il 18 aprile 1948 la DC raggiunge il 48.5% dei consensi, conseguendo così la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera. Il Fronte Democratico Popolare ottiene solo il 31% dei voti, con una perdita di nove punti rispetto alle elezioni del 1946. Risultati nazionali della elezione per la Camera dei Deputati e per il Senato (18 aprile 1948) Camera dei Deputati Senato Elettori Votanti Schede nulle Schede bianche

29.117.55426.854.203

420.899164.392

92.2%1.6%0.6%

25.874.809 23.842.919

705.525 480.104

92.1%3.0%2.0%

Seggi SeggiDemocrazia Cristiana 12.741.299 48.5% 305 10.899.640 48.1% 131Fronte Democratico Popolare 8.137.047 31.0% 183 6.969.122 30.8% 72Unità Socialista* 1.858.346 7.1% 33 943.219 4.2% 8Blocco Nazionale* 1.004.889 3.8% 19 1.216.934 5.4% 7Lista comune US PRI 607.792 2,7% 4Partito Nazionale Monarchico 729.174 2.8% 14 393.510 1.7% 3Formazione minore facente rif.. al PNM 22.114 0.1% 1Partito Repubblicano italiano 652.477 2.5% 9 594.178 2.6% 4Movimento Sociale Italiano 526.670 2.0% 6 164.092 0.7%Formazione minore facente rifer. al MSI 23.576 0.1& 1Sűdtiroler Volkspartei 124.385 0.5% 3 95.406 0.4% 2Formazione minore facente rif. al PLI 89.642 0.4% 3Partito dei Contadini d’Italia 96.025 0.3 1 Partito Sardo d’Azione 61.919 0.2% 1 65.743 0.3 1Altri 336.681 1.3% 572.322 2.5% La polarizzazione dello scontro ha da una parte come conseguenza il forte ridimensionamento dei partiti del centro e della destra a favore della DC e dall’altra la sconfitta del PSI, che paga l’appiattimento sulle posizioni del PCI con il dimezzamento della propria rappresentanza parlamentare a vantaggio dei comunisti, dei quale subisce il maggiore radicamento sul territorio e la più efficace propaganda. * Con la sigla Unità Socialista si presentano il PSLI, un gruppo di ex azionisti e le correnti socialiste facenti capo a Ignazio Silone e Ivan Matteo Lombardo; il Blocco Nazionale raccoglie liberali e qualunquisti.

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Con le elezioni del 1948 si chiude il periodo più inquieto ed agitato del dopoguerra italiano. La fase che si apre vede il delinearsi dell’egemonia cattolica ed il declino della speranza dei partiti della sinistra di guidare la trasformazione del paese. Tre mesi dopo, il 14 luglio 1948, l’attentato a Togliatti, colpito da un giovane estremista di destra, fa esplodere nelle piazze la delusione dei militanti della sinistra per il risultato delle elezioni. Centinaia di migliaia di persone scendono nelle strade e nelle piazze, vengono erette barricate, le fabbriche sono occupate, alcuni centri nevralgici del paese sono sotto il controllo degli insorti; in alcuni casi viene fatto uso delle armi, ma il comportamento dei dirigenti comunisti coscienti dell’impossibilità di rovesciare con la forza l’ordine concordato a Yalta è prudente. Le vicende seguite all’attentato non sono comunque senza conseguenze: si rafforzano nel governo le posizioni di coloro che propendono per una gestione energica dell’ordine pubblico e – soprattutto - si spezza l’unità sindacale. Strenui avversari dello sciopero politico seguito all’attentato, i cattolici escono dalla CGIL e fondano la CISL, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori; il loro esempio viene seguito dai sindacalisti repubblicani e dai socialdemocratici che, usciti a loro volta dalla CGIL, danno vita alla UIL, Unione Italiana del Lavoro. Con le elezioni del 1948, che rappresentano anche la fine di ciò che era sopravvissuto della solidarietà antifascista, la maggioranza degli elettori dà una precisa indicazione per quanto riguarda il sistema economico dell’Italia e la sua collocazione internazionale. Mete prioritarie del governo, in un’economia sciolta dai vincoli del dirigismo fascista, sono il recupero del potere d’acquisto della lira - e quindi della fiducia dei risparmiatori - la lotta alla disoccupazione (2 milioni di disoccupati nel 1948) ed un complessivo innalzamento del tenore di vita. Determinanti per il raggiungimento di questi obbiettivi sono i fondi elargiti dal Piano Marshall: 1.300 miliardi di dollari tra il 1948 ed 1951, utilizzati per importare derrate alimentari e materie prime. Un importante tassello, fondamentale per il completamento del quadro del lungo dopoguerra italiano, fu rappresentato dalla firma a Parigi, nel febbraio 1947, del trattato di pace, che costò all’Italia la perdita delle colonie e gravi mutilazioni territoriali lungo il confine orientale. Se la collocazione internazionale del paese era stata decisa dagli accordi di Yalta, che assegnavano la penisola alla zona di influenza delle potenze occidentali, e resa praticamente irreversibile dall’occupazione militare anglo-americana e dai risultati elettorali del 18 aprile 1948, non altrettanto scontata apparve l’adesione ad un’alleanza militare, a causa non soltanto della strenua opposizione del PCI e del PSI ma anche della diffidenza di larghi settori del mondo cattolico e dei partiti laici. De Gasperi ed il ministro degli esteri Sforza videro invece nell’adesione alla NATO (North Atlantic Treaty Organization), conosciuta anche come Patto Atlantico o Alleanza Atlantica, uno strumento decisivo per l’integrazione nel campo occidentale. Al termine di un duro confronto nelle piazze e nel Parlamento, questo approvò l’ingresso nel patto nel marzo 1949. 2a fase: 1950-1956 (G. T.) Il 1950 si apre con le dimissioni di De Gasperi, il 12 gennaio. Il governo si era già indebolito a causa delle polemiche seguite all’annuncio del progetto di riforma agraria per la Sila, un’iniziativa adottata per fare fronte ai gravi problemi che agitavano le campagne e che avevano provocato l’occupazione delle terre e i numerosi fatti di sangue che ne erano seguiti. Alle lotte contadine si aggiungevano ora le lotte operaie contro la riduzione dei posti di lavoro: i due tragici episodi di Melissa e di Modena sono emblematici del conflitto sociale in corso. Alla fine del ’49, a Melissa, nel Crotonese, la polizia apre il fuoco sui contadini che hanno occupato le terre rivendicando antichi diritti sul fondo di Fragalà e uccide tre giovani dimostranti; poco più di un mese dopo a Modena la polizia spara sui manifestanti davanti alle Fonderie Riunite, che dopo venticinque giorni di serrata riaprono con la riduzione massiccia del numero di operai, da seicentocinquanta a duecentocinquanta. Ci sono sei lavoratori morti e decine di feriti. La crisi economica e occupazionale ancora attanaglia l’Italia, a cinque anni dalla fine della guerra, anche se già si intravvedono i primi segnali di una inversione di tendenza, frutto degli aiuti del

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piano Marshall e delle iniziative di politica economica che viene adottando il nuovo governo De Gasperi, il sesto, insediato alla fine di gennaio. Ne è un esempio l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, che deve favorire la ripresa dell’agricoltura, base per il successivo sviluppo industriale. Lo scoppio della guerra di Corea, nel giugno del 1950, rende più difficile l’azione del governo, che deve mantenere in equilibrio la sua maggioranza mentre lo scontro si riaccende sul tema del conflitto. Il pericolo di un coinvolgimento dell’Italia nello scoppio di una nuova guerra mondiale è un tema dibattuto nei comizi e alimenta la campagna pacifista promossa dal movimento dei Partigiani della pace. Organizzato e finanziato dall’Unione Sovietica, il movimento diventa nelle mani di Stalin un modo per esportare in Occidente l’antiamericanismo; del resto troppo recenti sono le ferite dell’ultima guerra per non assicurare un ampio consenso alla propaganda pacifista, promossa in primo luogo dal Partito Comunista che utilizza a tal fine la sua estesa struttura organizzativa. Anche in area democristiana non mancano adesioni a questa campagna, soprattutto in quei settori che si oppongono a una politica rigidamente filoamericana. E’ proprio la guerra di Corea a mostrare l’Italia come un paese fortemente segnato al suo interno dalla contrapposizione mondiale: da una parte ci sono le forze schierate con l’Occidente nel Patto Atlantico, dall’altra quelle comuniste che aderiscono al Cominform, ufficio di informazione dei Partiti Comunisti istituito nel 1947. La polemica fra le parti è violenta e De Gasperi parla di una “quinta colonna” che in caso di conflitto potrebbe agire, alle spalle del fronte, per destabilizzare il paese. Con la fine dell’estate l’allarme per un’estensione del conflitto sembra rientrare, dopo che Truman fa chiaramente intendere di non volersi impegnare in un confronto diretto con la Repubblica popolare cinese. Il 1951 si apre con la visita in Italia del generale Eisenhower, segnata da proteste e scontri che provocano quattro morti. All’opposto un segnale costruttivo è dato dai primi passi compiuti nella direzione di una comune politica europea: al termine di una settimana di incontri tra i ministri degli esteri di Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, viene firmato a Parigi nell’aprile il trattato istitutivo della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). A luglio, dopo una nuova crisi di governo, De Gasperi forma il suo VII ministero, nel quale per la prima volta una donna, la democristiana Angela Guidi Cingolani, assume un incarico governativo come sottosegretario all’Industria. L’instabilità dei governi è all’origine del progetto democristiano di una nuova legge elettorale che, attraverso il meccanismo di un premio di maggioranza, possa ovviare al problema. La discussione della legge trova una ferma opposizione nelle sinistre che la battezzano “legge truffa”: tuttavia il 21 gennaio 1953 la Camera approva la legge elettorale, dopo una seduta fiume nel corso della quale l’opposizione di sinistra abbandona l’aula. Alle elezioni politiche del giugno successivo però il premio di maggioranza non scatta per pochi voti, segnando l’inizio del tramonto dell’era De Gasperi e della politica centrista. Risultati nazionali della elezione per la Camera dei Deputati e per il Senato (7 giugno 1953) Camera dei Deputati Senato Elettori Votanti Schede nulle Schede bianche

30.280.34228.410.326

881.049436.534

93,8%3.1%1.5%

27.172.872 25.483.201

544.088 629.762

93.8% 2.1% 2.5%

Democrazia Cristiana 10.864.282 40.1% 263 9.692.584 39.9% 113Partito Soc, Democratico. Italiano 1.223.251 4.5% 19 1.046.659 4.3% 4Partito Liberale Italiano 816.267 3.0% 13 695.985 2.9% 3Partito Repubblicano Italiano 437.988 1.6% 5 293.347 1.2% Sűdtiroler Vokspartei 122.792 0.5% 3 107.139 0.4% 2

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Camera dei Deputati Seggi Senato SeggiPartito Sardo d’Azione 27.228 0.1% Liste miste DC-PRI 186.447 0.8% 3Totale partiti apparentati 49.8% Partito Comunista Italiano 6.121.922 22.6% 143 5.007.579 20.6% 54Partito Socialista Italiano 3.441.305 12.7% 75 2.968.932 12.2% 28Liste miste PCI-PSI 244.489 1.1% 4Partito Nazionale Monarchico 1.855.842 6.9% 40 1.732.793 7.1% 16Movimento Sociale Italiano 1.582.567 5.8% 29 1.473.596 6.1% 9Unione Socialista Indipendente* 225.495 0.8% 8.398 0.04% Unità Popolare* 171.071 0.6% 172.556 0.7% Altri di sinistra 128.041 0.4% Alleanza Democratica Nazionale* 115.414 0.5% 1Altri 74.692 0.3% 563.433 2.16% Il 1953 è un anno di svolta anche nella politica internazionale: il 5 marzo la morte di Stalin dà inizio, all’interno della dirigenza sovietica, ad un processo di revisione che porterà nel giro di pochi anni alla denuncia dei crimini compiuti negli anni che lo hanno visto al potere. Nel frattempo il rigido controllo sui paesi satelliti non si allenta e le truppe sovietiche intervengono a reprimere la rivolta degli operai di Berlino Est, scesi in piazza in giugno per protestare contro le dure condizioni del regime. Tuttavia il cambio ai vertici del potere delle due superpotenze impegnate nel confronto della “guerra fredda” - Truman ha lasciato il posto alla nuova amministrazione repubblicana guidata dal generale Eisenhower - favorisce un nuovo atteggiamento di accettazione reciproca, premessa a quella che diventerà nel tempo la politica della coesistenza pacifica. Di fronte al raggiungimento di una condizione di sostanziale parità sul piano della tecnologia militare - nell’agosto 1953 l’esplosione della prima bomba all’idrogeno (bomba H) di produzione sovietica colma il divario fino a quel momento esistente con gli Stati Uniti – allo scoppio di un nuovo conflitto mondiale, che vedrebbe la possibile distruzione dell’umanità intera, non si può che opporre una politica di reciproco riconoscimento e accordo di coesistenza. L’inizio dell’equilibrio del terrore sul piano internazionale, il tramonto del centrismo nella politica italiana e l’emergere di uomini nuovi nella Democrazia Cristiana accompagnano il clima di distensione, che favorisce in primo luogo la ripresa economica e l’avvio della piena trasformazione dell’Italia in società industriale. Sarà tra poco la diffusione dell’automobile e della televisione a cambiare profondamente la vita e il costume delle famiglie italiane. L’intenzione di non rimettere in discussione l’assetto europeo, apertamente manifestata dal nuovo presidente americano, è la causa della sostanziale accettazione dei drammatici avvenimenti che nel corso del 1956 coivolgono Polonia e Ungheria. In Unione Sovietica, dopo la morte di Stalin ed un breve periodo di direzione collegiale, è salito al potere Nikita Kruscev che da subito si propone di adottare mutamenti nella struttura autoritaria del potere sovietico. Nel corso del XX congresso del Pcus (febbraio 1956) Kruscev promuove, attraverso la denuncia dei crimini commessi , la demolizione della figura di Stalin. La denuncia, che tuttavia non mette in discussione il modello di sistema sociale e politico, addossando semmai a Stalin una deviazione da quello, ha effetti dirompenti in tutti i Partiti Comunisti occidentali, ma le conseguenze più drammatiche si verificano nell’Europa dell’Est. In Polonia le agitazioni operaie per un cambiamento di regime, culminate nello sciopero di Poznan, vengono duramente represse dalle truppe sovietiche; in Ungheria le proteste di studenti e operai, iniziate nell’estate, culminano in

* L’Unione Socialista Indipendente è un partito di ispirazione socialista democratica fondato dagli ex comunisti Cucchi e Magnani; Unità Popolare è un partito formato da ex repubblicani e socialdemocratici, l’Alleanza Democratica Nazionale è un partito formato da liberali dissidenti: tutti e due i movimenti sono contrari alla cosiddetta legge truffa

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autunno in una vera e propria insurrezione che vede una grande partecipazione di popolo. Anche in questo caso la repressione è durissima e i carri armati sovietici soffocano la rivolta ristabilendo il principio del controllo dell’Unione Sovietica sui paesi satelliti. Sul sistema politico italiano la repressione dell’insurrezione in Ungheria ha un impatto enorme: il PCI condanna gli insorti ungheresi come espressione della “vecchia Ungheria fascista e reazionaria”. Ma molti intellettuali comunisti si dissociano dalla posizione ufficiale del partito, mentre il PSI si distacca in modo definitivo dall’Unione Sovietica e compie una scelta autonomista rispetto alla vecchia alleanza con il PCI. La fine della politica “frontista” premierà il PSI con il buon esito elettorale del 1958 (un incremento dell’1.5% rispetto al 1953). Si gettano a questo punto le premesse per un’apertura a sinistra e per una politica di riforme che accompagnerà il più straordinario e rapido boom economico che l’Italia abbia mai vissuto. Avvertenza: I documenti qui presentati provengono esclusivamente delle carte dell’Archivio di Gabinetto della Prefettura di Pisa 1944-60, le uniche depositate presso l’Archivio di Stato di Pisa relative al periodo preso in esame. La loro provenienza determina la parzialità del punto di vista da cui i fatti sono esaminati e la posizione costantemente filogovernativa nel rappresentare episodi e personaggi della lotta sociale e politica di quegli anni.

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