il mercato mobiliare

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IL MERCATO MOBILIARE, R. COSTIIl mercato mobiliare può essere definito come il segmento di mercato finanziario sul quale vengono prodotti e/o scambiati valori mobiliari e svolte attività relative a valori mobiliari. E per valori mobiliari si intendono, in un’accezione ancora pregiuridica del termine, i prodotti finanziari naturalmente destinati alla circolazione. I prodotti finanziari si distinguono per il loro rendimento, per il rischio, per i diritti che attribuiscono, per la scadenza, per la loro utilizzabilità come mezzi di pagamento: i valori mobiliari si caratterizzano per la loro negoziabilità. Così, dal punto di vista del contenuto del rapporto, può esservi perfetta coincidenza fra un deposito ed un’obbligazione, ma solo la seconda può essere considerata un valore mobiliare. Simmetricamente sono profondamente diverse, o possono esserlo, un’obbligazione ed un’azione, dallo stesso punto di vista contenutistico, eppure entrambe possono considerarsi valori mobiliari per la loro attitudine alla circolazione. Nell’ambito degli intermediari di mercato mobiliare è necessario distinguere gli investitori istituzionali, alcuni dei quali costituiscono la categoria degli “organismi di investimento collettivo in valori mobiliari” (OICVM) sottoposta a particolare disciplina dalle direttive comunitarie, e le imprese di investimento o intermediari mobiliari in senso stretto. Con riferimento al nostro ordinamento sono investitori istituzionali (le società di gestione del risparmio che istituiscono e gestiscono) i fondi comuni di investimento mobiliare aperti e chiusi, le SICAV e, sia pure non necessariamente, i fondi pensione e i fondi immobiliari, mentre rientrano nell’ambito delle imprese di investimento le società di intermediazione mobilitare nonché le banche, per i servizi di investimento dalle stesse prestati. Quasi nessun ordinamento moderno abbandona alle norme di diritto comune la disciplina dei soggetti che operano sul mercato mobiliare, delle attività che vi si svolgono e degli atti che vi si compiono. L’emissione dei valori mobiliari, la loro negoziazione e gestione, l’attività degli intermediari sono sottoposte quasi sempre, anche se in misura diversa, a norme speciali che talvolta derogano anche profondamente alle norme di diritto comune. Normalmente si prevede poi che una struttura pubblica, più o meno integrata con (o sostituita da) organi di autocontrollo, eserciti funzioni di vigilanza sui soggetti, le attività, i contratti che riguardano l’organizzazione e il funzionamento del mercato mobiliare. L’art. 1 del TUF definisce “prodotti finanziari” “gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”. Il rapporto, dunque, fra le nozioni di prodotto e di strumento finanziario è un rapporto di genere a specie: gli strumenti finanziari costituiscono una categoria nominata nell’ambito del più ampio genere dei prodotti finanziari. Il 2° comma del medesimo art. 1 presenta un elenco di tutti quelli che vengono considerati strumenti finanziari ( tra cui rientrano i valori mobiliari). Il comma 1-bis dell’art. 2 del TUF individua i valori mobiliari “nelle categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali”, quali ad esempio: - le azioni di società e altri titoli equivalenti adazioni di società, di partership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario; - obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli; - qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle precedenti lettere; - qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o misure. Mentre per “strumenti del mercato monetario” si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali. Come si può notare, il legislatore non dà una definizione generale di strumento finanziario, capace di ricomprendere beni diversi da quelli iscritti nel catalogo formulato esplicitamente dalla norma. Si tratta, quindi, di un catalogo chiuso e tassativo, che può essere arricchito sulla base di un provvedimento dell’autorità di Governo, nelle ipotesi, per altro, esplicitamente previste dal legislatore stesso. Cos’ l’art. 18, 5° comma, TUF consente che il Ministro dell’Economia e delle Finanze individui, con regolamento adottato sentita la Banca d’Italia e la Consob, nuovi strumenti finanziari “al fine di tener conto dell’evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie”.

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L’appello al pubblico risparmio nel Testo Unico

Il T.U. n. 58 del 1998 conosce due tipi di “appello al pubblico risparmio” e per ciascuno di essi detta una distinta disciplina: “l’offerta al pubblico di prodotti finanziari”, definita nel dettato originario del Testo Unico come “sollecitazione all’investimento” e “l’offerta pubblica di acquisto oscambio”. Definisce la prima come “ogni comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il collocamento tramite soggetti abilitati”. Definisce la seconda come“ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari e rivolti a un numero di soggetti (minimo 100) e per un ammontare pari o superiore a 2.500.000 euro. Le due specie di appello al pubblico risparmio hanno un contenuto economico profondamente diverso. Nell’offerta al pubblico di prodotti finanziari agli oblati viene proposto di trasferire all’offerente una somma di danaro in cambio di prodotti finanziari già sul mercato (offerta pubblica di vendita) o da immettere sul mercato (offerta pubblica di sottoscrizione), nell’offerta pubblica di acquisto o scambio viene proposto agli oblati di ricevere danaro in cambio dei prodotti finanziari dagli stessi posseduti (offerta pubblica di acquisto)o di ricevere altri prodotti finanziari in cambio di quelli che l’offerente si impegna ad acquistare (offerta pubblica di scambio). Vengono considerate forme di appello al pubblico risparmio anche le comunicazioni che tendano alla successiva conclusione di un contratto. Queste forme di comunicazione sono diversamente definite per l’offerta di vendita o di sottoscrizione e per l’offerta di acquisto e scambio. Si considera infatti come offerta di prodotti finanziari “ogni comunicazione … che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o sottoscrivere tali titoli” e, può essere considerarsi tale, anche una messaggio promozionale diretto alla vendita e alla sottoscrizione.Non costituiscono offerte al pubblico di prodotti finanziari quelle riservate agli investitori qualificati, fra i quali rientrano le banche, le imprese di assicurazione, le società di gestione collettiva del risparmio, le società di intermediazione mobiliare, le SICAV. Infine, pur presentando, in astratto, le caratteristiche dell’appello al pubblico risparmio, non vengono considerate tali e vengono così sottratte alle discipline previste per le offerte al pubblico di prodotti finanziari e per le offerte di acquisto o di scambio “le offerte di acquisto e di vendita di prodotti finanziari effettuate inmercati regolamentati e, se ricorrono le condizioni indicate dalla Consob con regolamento, quelle effettuate nei sistemi multilaterali di negoziazione o da internalizzatori sistematici. In un’operazionedi appello al pubblico risparmio si possono distinguere, e la disciplina distingue, tre diversi ruoli: quello dell’emittente i prodotti finanziari oggetto dell’offerta, quello del proponente l’operazione, che può coincidere ma anche non coincidere con il soggetto emittente, e quello degli intermediari-collocatori, normalmente assunto anche da soggetti diversi sia dall’emittente sia dal proponente e che svolgono il compito di concludere i contratti di acquisto o di vendita dei prodotti finanziari oggetto dell’offerta del proponente; tra questi ultimi assume particolare rilievo il “responsabile del collocamento”, almeno nella disciplina dell’offerta al pubblico di vendita e di sottoscrizione.

I SERVIZI E LE IMPRESE DI INVESTIMENTO

Prima di affrontare l’analisi della disciplina dettata per le imprese di investimento e per la prestazione dei “servizi di investimento” aventi per oggetti “strumenti finanziari”, dobbiamo, ovviamente, capire con maggior precisione cosa intenda il legislatore per “servizi di investimento” aventi per oggetto “strumenti finanziari” e, avendo già definito quest’ultima nozione nel capitolo I, dobbiamo concentrare l’attenzione su quella di “servizi di investimento”. Con una precisazione, tuttavia, per quanto concerne gli oggetti con riferimento ai quali si svolge l’attività. Il T.U. ha limitato la disciplina dei servizi di investimento alle attività che hanno come oggetto gli strumenti finanziari; un’attività che avesse per oggetto un prodotto finanziario non ricompresso fra gli strumenti finanziari non costituirebbe un servizio di investimento e quindi sarebbe sottratta alla

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relativa disciplina. A questa regola la legge n. 262 del 2005 ha introdotto, come vedremo, un’eccezione per quanto concerne la sottoscrizione e il collocamento dei prodotti finanziari, diversi dagli strumenti, emessi dalle banche e dalle assicurazioni. Le linee portanti dell’ordinamento dei servizi di investimento sono: - la riserva dell’attività a particolari categorie di “imprese”; - l’imposizione, alle stesse, di regole di stabilità e di correttezza e trasparenza nei confronti dei clienti; - la previsione di una vigilanza ispettiva, informativa e regolamentare sui soggetti autorizzati, affidata alla Banca d’Italia e alla Consob. Anche per quanto concerne i servizi di investimento, come già per gli strumenti finanziari, il legislatore ha rinunciato ad una definizione generale, limitandosi ad indicare un catalogo di attività che debbono considerarsi servizi di investimento quando abbiano ad oggetto strumenti finanziari; catalogo tassativo, ma che può essere arricchito dal Ministro dell’Economia (art. 18, 5° comma, T.U.). A norma dell’articolo 1, 5° comma,T.U. sono servizi di investimento: - “negoziazione per conto proprio” ossia l’attività di acquisto (perla rivendita) e di vendita per proprio conto (dealing) di strumenti finanziari svolta, sia nei mercati regolamentati sia al di fuori di essi, con lo scopo di realizzare una differenza (spread) fra i prezzi di acquisto e quelli di vendita; - “negoziazione per conto terzi” ossia l’attività di acquisto o di vendita di titoli, anche in nome proprio ma per conto altrui (attraverso contratti di commissione e di mandato a sottoscrivere) che trova il proprio corrispettivo non nella differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita, ma nella provvigione che il cliente interessato corrisponde al broker per il servizio ricevuto; - l’attività di “sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente e di collocamento senza assunzione afermo né assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente” ossia l’attività diretta a far acquisire dai risparmiatori nuovi titoli (offerti in sottoscrizione) o titoli già emessi (offerte di acquisto) per conto di un emittente o di un potenziale venditore attraverso la loro distribuzione; - “la gestione di portafogli”, ossia l’attività consistente nell’investimento in strumenti finanziari delle somme affidate dal singolo cliente all’intermediario e sotto questo profilo contrapposta alle gestioni in monte; - “la ricezione e la trasmissione di ordini” ossia l’attività di chi si limita a ricevere e trasmettere (al negoziatore) gli ordini di acquisto o di vendita o di sottoscrizione provenienti dalla clientela; - la “consulenza in materia di investimenti”, intendendosi per tale la “prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore di servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario; - la gestione di sistemi multilaterali di negoziazione, ossia “la gestione di sistemi multilaterali che consentono l’incontro, al loro interno ed in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti”. Il Testo Unico prende in considerazione un’altra categoria di servizi: quella dei servizi accessori; categoria che viene utilizzata, per altro, in una prospettiva del tutto diversa da quella per la quale ha fatto ricorso alla nozione di servizi di investimento. Quest’ultima serve, come sappiamo, per individuare le attività riservate a predeterminate categorie di soggetti (e in particolare a banche e Sim); quella dei servizi accessori serve, invece, per stabilire quali sono le attività, ulteriori e diverse dai servizi di investimento, che tali soggetti (e in particolare le Sim) possono esercitare, essendo loro precluso, in applicazione del principio di esclusività dell’oggetto, lo svolgimento di ogni attività il cui esercizio non sia consentito dalla legge; e l’esercizio dei servizi accessori non abbisogna, a differenza di quanto previsto per i servizi di investimento, di alcuna specifica autorizzazione. Tra i servizi accessori meritano di essere ricordati: - la custodia e l’amministrazione di strumenti finanziari; - la locazione di cassette di sicurezza; - la concessione di finanziamenti ai clienti; - la consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse; - i servizi connessi all’emissione e al collocamento di strumenti finanziari; - la ricerca in materia di investimenti, l’analisi finanziaria o altra forma di raccomandazione generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari; - l’intermediazione in cambi, quando collegataalla prestazione di servizi di investimento; - le attività e i servizi individuati con regolamento del Ministro dell’economia e della finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob. A norma dell’art. 18 T.U. “l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento è riservato alle imprese di investimento e alle banche”, intendendosi per imprese di investimento le

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Sim, le imprese di investimento comunitarie e quelle extracomunitarie. Il legislatore prevede, tuttavia, che anche gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 T.U. bancario possano essere autorizzati dalla Banca d’Italia ad espletare alcuni dei servizi di investimento e, più esattamente, la negoziazione per conto proprio e per conto terzi, limitatamente agli strumenti finanziari derivati e la sottoscrizione e il collocamento di strumenti finanziari previsti dall’art. 1, 5° comma, lett.c) e c-bis) del T.U. È poi necessario ricordare che due categorie di soggetti possono esercitare “in via transitoria” alcuni servizi di investimento. Più esattamente, a norma dell’art. 199 T.U. “fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, le società fiduciarie che avevano ottenuto la iscrizione nell’elenco speciale dell’Albo delle Sim possono continuare ad esercitare l’attività di gestione dei portafogli di investimento, purché limitino a tale attività il loro oggetto sociale, con l’intestazione a sé medesime degli strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. E ancora, a norma dell’art. 201 T.U., gli agenti di cambio ancora iscritti nel ruolo unico nazionale del Ministero dell’economia e delle finanze possono, fino alla cessazione dal ruolo, svolgere i servizi di negoziazione per conto terzi, di collocamento senza assunzione di garanzia, di gestione individuale di portafogli, di consulenza in materia di investimenti e di ricezione e trasmissione di ordini (e mediazione). La riserva, a favore delle imprese di investimento e delle banche, dell’esercizio professionale dei servizi di investimento, ha subito un’importante deroga, da parte del D.Lgs n. 164 del 2007 di attuazione delladirettiva MIFID, per quanto concerne la consulenza in materia di investimenti. Quel provvedimentoha introdotto, infatti, nel Testo Unico, un articolo 18-bis dedicato, secondo la sua rubrica, ai “consulenti finanziari” e secondo il quale “ la riserva di attività di cui all’articolo 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’Economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti”. Il potere di autorizzare lo svolgimento, da parte di una Sim, di uno o più servizi di investimento è attribuito alla Consob; che lo esercita, per altro, sentita la Banca d’Italia. L’autorizzazione concerne ogni singola servizio e non rappresenta una condizione per la costituzione della società, ma rimane soltanto un’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Le condizioni alla cui presenza è subordinata l’autorizzazione sono: - l’adozione della forma di società per azioni; - l’indicazione, nella denominazione, delle parole “società per intermediazione mobiliare”; - la collocazione in Italia della sede legale e della direzione generale della società; - la presenza di un capitale sociale non inferiore a quello stabilito in via generale dalla Banca d’Italia, tenendo conto delle caratteristiche dei servizi per i quali si chiede l’autorizzazione; - la presentazione, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto, di un programma concernente l’attività iniziale e di una relazione sulla struttura organizzativa, che deve essere adeguata alla prima; - il possesso, da parte di coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo oltre che dei requisiti di indipendenza eventualmente previsti dal codice civile o dalla statuto, dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dal Ministro dell’economia e delle finanze, adottato sentite la Banca d’Italia e la Consob; - il possesso, da parte dei soci che detengono una partecipazione “qualificata” del capitale (superiore al 5% delle azioni con diritto di voto), dei requisiti di onorabilità stabiliti da un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e la mancanza di tali requisiti comporta la sospensione del diritto di voto e l’impugnabilità, anche da parte della Consob e della Banca d’Italia, delle deliberazioni assunte con il voto determinante dei soci che avrebbero dovuto astenersi; - la struttura del gruppo dicui fa parte la società non sia tale da pregiudicare l’effettivo esercizio della vigilanza sulla società stessa Come si è accennato in precedenza, l’autorizzazione viene rilasciata per ogni servizio di investimento e può ben succedere, quindi, che una Sim chieda ed ottenga l’autorizzazione per uno od alcuni soltanto dei servizi previsti dalla legge. Le Sim sono iscritte in un albo, tenuto a cura dellaConsob; albo nel quale vengono registrate, in apposite sezioni, anche le imprese di investimento extracomunitarie e che porta in allegato l’elenco delle imprese comunitarie. Il Testo Unico consente alle banche di svolgere tutti i servizi di investimento, compresa la negoziazione per conto proprio e per conto terzi di strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati. Si assiste, dunque, ad una

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sostanziale equiparazione, sotto questo profilo, tra banche e Sim e l’equiparazione concerne anche le regole alle quali entrambe le categorie di intermediari debbono attenersi nell’esercizio delle relative attività. Una notevole differenza esiste invece fra le stesse con riferimento alle regole per l’accesso al mercato; differenza in larga misura ricollegabile al fatto che sulle banche, in quanto tali,insiste già la vigilanza, regolamentare, informativa e ispettiva, della Banca d’Italia; una vigilanza che si preoccupa della sana e prudente gestione del soggetto e, in particolare, della sua stabilità e la cui presenza rende in gran parte superflua l’applicazione delle norme dettate per l’accesso al mercato delle società di intermediazione mobiliare. La Banca d’Italia deve, tuttavia, sentire la Consob prima di autorizzare una banca ad esercitare il servizio di gestione di sistemi multilaterali dinegoziazione. Il principio del mutuo riconoscimento consente alle imprese di investimento comunitarie, ossia alle imprese di investimento, diverse dalle banche ed aventi sede legale e direzione centrale in uno Stato dell’Unione Europea, di prestare anche in Italia i servizi per i quali abbiano ottenuto la relativa autorizzazione nel paese d’origine. Questo principio vale, per altro, soloper i servizi ammessi al mutuo riconoscimento, ossia quelli considerati tali dalla normativa 2004/39,elencati in allegato al T.U. e coincidenti con quelli ricompresi nella nozione di servizi di investimento. Le imprese di investimento comunitario possono esercitare le attività ammesse al mutuo riconoscimento nel nostro paese sia nella forma della libera prestazione di servizi, ossia direttamente dal paese di origine e senza stabilire succursali nel territorio della Repubblica, sia nellaforma della libertà di stabilimento, ossia costituendo una succursale italiana. Nella prima ipotesi, è sufficiente che l’autorità competente del paese d’origine informi di tale intenzione la Consob; nella seconda è necessario che questa comunicazione intervenga almeno due mesi prima della istituzione della prima succursale per consentire alle autorità di vigilanza italiane di svolgere le necessarie istruttorie. Anche le banche comunitarie, autorizzate nel paese d’origine a svolgere servizi di investimento, possono, in forza del mutuo riconoscimento delle autorizzazioni, prestare tali servizi nel nostro paese, avvalendosi sia della libertà di prestazione dei servizi sia della libertà di stabilimento. Le imprese di investimento extracomunitarie possono esercitare nel nostro paese servizi di investimento, sia direttamente dal paese di origine sia tramite l’apertura di succursali, soltanto dietro autorizzazione della Consob. L’apertura della prima succursale viene autorizzata dalla Consob quando: - la succursale presenti un capitale corrispondente a quello richiesto dalla Banca d’Italia per le imprese di investimento italiano, venga presentato il programma di attività e gli esponenti aziendali siano dotati dei requisiti di onorabilità e professionalità richiesti per le Sim; -l’impresa sia stata autorizzata ed effettivamente eserciti nel paese d’origine le attività per le quali è richiesta l’autorizzazione; - nel paese di origine esistano sistemi di vigilanza equivalenti a quelli vigenti in Italia per le Sim; - vi siano apposite intese fra la Banca d’Italia e la Consob e le competenti autorità del paese di origine; - lo Stato d’origine conceda la clausola di reciprocità alle nostre imprese di investimento. Le Sim possono operare anche al di fuori del territorio della Repubblica, ma la disciplina del loro accesso all’attività transfrontaliera muta a seconda che sia destinata a svolgersi in un paese comunitario o in un paese extracomunitario, debba attuarsi attraverso l’apertura di una succursale o senza stabilimento, abbia ad oggetto servizi ammessi al mutuo riconoscimento o servizi non ammessi. Più esattamente la Sim, che intende aprire una succursale in un paese comunitario per lo svolgimento di servizi ammessi al mutuo riconoscimento, deve comunicare tale intenzione alla Banca d’Italia; questa provvede, entro novanta giorni, ad effettuare la relativa notifica all’autorità competente del paese ospitante; notifica che consente alla Sim di avviare la propria attività in tale paese senza che l’Autorità di quest’ultimo possa pretendere di subordinare l’apertura della succursale ad un ulteriore provvedimento autorizzatorio. Le Sim possono esercitare negli altri paesi dell’Unione Europea servizi diversi da quelli ammessi al mutuo riconoscimento solo su autorizzazione della Banca d’Italia e tale autorizzazione è subordinata alla “esistenza di apposite intese di collaborazione tra la Banca d’Italia e la Consob e le competenti autorità dello stato estero” e alla “possibilità di agevole accesso”, da parte della casa madre, alle informazioni presso la succursale. L’apertura di una succursale in un paese extracomunitario è condizionata non solo alla mancanza delle ragioni che giustificano il rifiuto di notifica per l’aperturadi quelle comunitarie ma è altresì subordinata all’esistenza, nel paese di insediamento, di una

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legislazione e di un sistema di vigilanza adeguati, all’esistenza di apposite intese di collaborazione tra la Banca d’Italia e la Consob e le competenti Autorità dello Stato e alla possibilità di agevole accesso, da parte della casa madre, alle informazioni della succursale. Il legislatore (art. 21 T.U.) stabilisce che nella prestazione dei servizi “le imprese di investimento e le banche” devono attenersiad alcuni “criteri generali”. Tali criteri hanno tutti come punto comune di riferimento la tutela dell’interesse del cliente; il che consente anche di comprendere perché ne siano destinatarie non solo le Sim e le banche italiane, ma anche le imprese e le banche comunitarie ed extracomunitarie. Il legislatore ha previsto che i predetti “criteri generali” debbano essere eseguiti nella prestazione sia dei servizi di investimento sia dei “servizi accessori”, mentre non vincolano le imprese di investimento nel momento in cui svolgono le altre attività finanziarie, connesse o strumentali, loro consentite, né le banche nell’esercizio dell’attività bancaria, per la quale troveranno applicazione le regole proprie della relativa disciplina. Nella prestazione di servizi, imprese e banche devono - comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; - acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; - utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; - disporre di risorse e di procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi. Il legislatore si è da sempre preoccupato diarginare gli effetti negativi del conflitto di interessi nel quale possa operare l’intermediario. Per questo motivo l’art. 21 del T.U. prevede che qualsiasi impresa di investimento debba adottare ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, anche adottando misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti. Qualora le misure adottate non siano sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, bisogna informarequesti ultimi chiaramente dell’esistenza del conflitto di interessi, prima di agire per conto loro. Un’importante linea guida del Regolamento Intermediari è la distinzione fra “cliente professionale” e “cliente al dettaglio”; distinzione che discrimina il grado di protezione assicurata all’ordinamento essendo, ovviamente, maggiore nei confronti di questi ultimi. Il Regolamento definisce “cliente professionale” “un cliente che possiede l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume”. Nell’ambito dei clienti professionali il Regolamento distingue fra i “clienti professionali di diritto” (banche, imprese di investimento, imprese di assicurazione ecc.) e “clienti professionali su richiesta”, ossia soggetti diversi da quelli appena indicati che ne facciano esplicita richiesta scritta rinunciando così alla protezione prevista per i clienti al dettaglio. Sono “clienti al dettaglio” coloro che non siano o “cliente professionale o controparte qualificata”. Così, se a norma dell’art. 27 del Regolamento Intermediari, nei confronti di tutti i clienti, professionali o al dettaglio, “tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti”, è solo nei confronti dei clienti al dettaglio che le stesse debbono essere particolarmente analitiche sia sull’intermediario che fornisce il servizio sia sugli strumenti finanziari oggetto del servizio sia sulle modalità di salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme di danaro in pertinenza del cliente, sulle regole delle quali è disciplinato il rapporto con l’intermediario, con una puntuale indicazione dei costi e degli oneri connessi con la prestazione del servizio. Il Regolamento Intermediari disciplina alcuni doveri di comportamento dell’intermediario specificamente per i vari servizi. Due di essi solo l’adeguatezza e l’appropriatezza del servizio fornito. A norma dell’art. 39 del Regolamento, gli intermediari “al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente, nella prestazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafoglio, ottengono dal cliente o potenziale cliente le informazioni necessarie in merito: - alla conoscenza ed esperienza nel settore diinvestimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio; - alla situazione finanziaria; - agli obiettivi dell’investimento”. E “sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito, gli intermediari valutano che la specifica operazione consigliata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafogli

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soddisfi i seguenti criteri: - corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; - sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con in suoi obiettivi di investimento; - sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio”. Mentre la regola dell’adeguatezza deve essere seguita nella prestazione dei servizi di consulenza e di gestione di portafogli, alla prestazione degli altri servizi si applica la regola dell’appropriatezza così disciplinata dal Regolamento Intermediari (artt. 41 e 42). -Gli intermediari, quando prestano servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli, richiedono al cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e esperienza nel settore d’investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio proposto o chiesto e sulla base delle informazioni ricevute verificano che il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta. - Gli intermediari possono presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi connessi ai servizi di investimento o alle operazioni o ai tipi di operazioni o strumenti per i quali il cliente è classificato come professionale. - Qualora gli intermediari ritengano, ai sensi del comma 1,che lo strumento o il servizio non sia appropriato per il cliente o potenziale cliente, lo avvertono di tale situazione. Sulla scia della direttiva comunitaria ha fatto ingresso nel nostro ordinamento la regola della execution only. A norma dell’art. 43 Regolamento Intermediari “gli intermediari possono prestare i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione di ordini, senza che sia necessario ottenere le informazioni o procedere alla valutazione di appropriatezza quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: - i suddetti servizi sono connessi ad azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato; - il servizio è prestato ainiziativa del cliente; - il cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l’intermediario non è tenuto a valutare l’appropriatezza e che pertanto l’investitore non beneficia della protezione offerta dalle relative disposizioni; - l’intermediario rispetta gli obblighi in materia di conflitto di interessi. Un ultima regola di carattere generale è quella della best execution, dettata dagli artt. 45 ss. Del Regolamento Intermediari. Stabilisce infatti l’art. 45 che “gli intermediari adottano tutte le misure ragionevoli e, a tal fine, mettono in atto meccanismi efficaci per ottenere, allorché eseguono ordini, il miglior risultato possibile per i loro clienti, avendo riguardo al prezzo, ai costi, alla rapidità e alla probabilità di esecuzione e di regolamento, alla dimensione, alla natura dell’ordine o a qualsiasi altra considerazione ai fini della sua esecuzione. A norma del 1° comma dell’art. 23 del T.U. i “contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, escluso il servizio[di consulenza in materia di investimenti] e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti”. La mancanza dellaforma scritta comporta la nullità del contratto; nullità che può essere fatta valere solo dal cliente. La forma scritta però può rivelarsi un adempimento inutile o addirittura incompatibile con le esigenze tecniche proprie di alcuni tipi di operazioni; così il legislatore ha previsto che “la Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche e in relazione allanatura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma”. Nell’esclusivo interesse del cliente è posta la norma che dichiara la nullità di qualsiasi pattuizione del contratto di investimento che rinvii agli usi “per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico”. La disposizione, che esprime l’evidente sospetto che il contenuto dell’uso sia determinato dall’impresa di investimento o dalla banca, considerati come soggetti forti nel mercato, sancisce la nullità di una siffatta clausola di rinvio, precisando anche a questo proposito, che la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. E, per l’ipotesi in cui la nullità venga dichiarata, stabilisce che nulla è dovuto alla banca o all’impresa di investimento. Qualora l’intermediario violasse le regole di comportamento alle quali deve attenersi durante la prestazione del servizio, incorrerebbe in una responsabilità per il risarcimento dei danni che la sua violazione ha causato. In particolare, l’art. 23, comma 6, del T.U. precisa che “nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza

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richiesta”. Ovviamente però, anche il cliente dovrà provare in sede di accusa che l’intermediario ha violato qualche regola generale di comportamento e quest’ultimo si libererà dall’obbligo risarcitorioprovando di aver agito con la specifica diligenza richiesta. Il legislatore stabilisce che “nella prestazione dei servizi di investimento ed accessori gli strumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’impresa di investimento, … , costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti”, traendone la naturale conseguenza che su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario e che le azioni dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di ciascuno di essi. Nel nostro ordinamento la gestione di portafogli di investimento in strumenti finanziari è un contratto tipico riservato alle imprese di investimento e alle banche, nel senso che le sue norme non troverebbero applicazione quando un analogo contratto fosse stipulato al di fuori della riserva prevista per l’esercizio dei servizi di investimento. Queste le norme, inderogabili, che si applicano al contratto di gestione di portafogli di investimento in strumenti finanziari: - il contratto deve essere necessariamente redatto in forma scritta, rimanendo, quindi, esclusa la possibilità che la Consob possa prevedere una forma diversa in considerazione di ragioni tecniche o della qualità del cliente; - il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere; - il cliente ha il diritto di recedere in ogni momento dal contratto senza che allo stesso venga addebitata alcuna penalità; - la rappresentanza per l’esercizio del diritto di voto inerente agli strumenti finanziari in gestione può essere attribuita all’impresa di investimento, alla banca, e alla società di gestione ma la procura deve essere conferita in forma scritta e per ogni singola assemblea. La rappresentanza può essere conferita solo per assemblee già convocate, ed è sempre revocabile purché la revoca pervenga al rappresentante almeno il giorno precedente quello previsto per l’assemblea; inoltre la procura deve precisare la direzione del voto che il rappresentanteintende esprimere per l’ipotesi in cui il cliente non dia indicazioni al proposito; - l’impresa di investimento e la banca non possono delegare a terzi l’esecuzione dell’incarico di gestione loro conferito, salva l’autorizzazione scritta del cliente. Queste sono, le uniche norme che il legislatore detta in materia di forma e di contenuto del contratto di gestione, lasciando in particolare all’autonomia contrattuale la concreta determinazione del contenuto del contratto medesimo. Il Regolamento Intermediari, ha dettato una serie di regole che si aggiungono a quelle previste per la generalità dei contratti di investimento; norme la cui violazione, per altro, non comporterà la nullità del contratto, ma renderà applicabili le disposizioni generali in materia di contratti e di responsabilità. Il Regolamento Intermediari stabilisce che il contratto con i clienti al dettaglio: - indica i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; - indica gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità; - indica se il portafoglio del cliente può essere caratterizzato da effetto leva; - fornisce la descrizione del parametro di riferimento, ove significativo, al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; - indica se l’intermediario delega a terzi l’esecuzione dell’incarico ricevuto, specificando i dettagli nella delega; - indica il metodo e la frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nelportafoglio del cliente. Inoltre, il contratto specifica “la possibilità per l’intermediario di investire instrumenti finanziari non ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, in derivati o in strumenti illiquidi o altamente volatili; o di procedere a vendite allo scoperto, acquisti tramite somme di denaro prese a prestito, operazioni di finanziamento tramite titoli o qualsiasi operazione che implichi pagamenti di margini, deposito di garanzie o rischio di cambio”. La prestazione dei servizi di investimento e i soggetti autorizzati ad effettuarla sono sottoposti a vigilanza pubblica. Il D.Lgs. n. 64 del 2007, attuativo della direttiva MIFID, definisce gli scopi della vigilanza. In particolare stabilisce che “la vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per obiettivi: - la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario; - la tutela degli investitori; - la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario; - la competitività del sistema finanziario; - l’osservanza delle disposizioni in materia finanziaria”. Gli obiettivi così fissati per la vigilanza sonopoi specificati con riferimento alla vigilanza regolamentare nell’art. 6 del T.U.F., secondo il quale

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“nell’esercizio delle funzioni di vigilanza regolamentare, la Banca d’Italia e la Consob osservano i seguenti principi: - valorizzazione dell’autonomia decisionale dei soggetti abilitati; - proporzionalità, intesa come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari; - riconoscimento del carattere internazionale del mercato finanziario e salvaguardia della posizione competitiva dell’industria italiana; - agevolazione dell’innovazione e della concorrenza”. La competenza, per la formulazione delle regole di vigilanza, viene ripartita tra la Banca d’Italia e la Consob, per funzioni, almeno in linea di principio e nei limiti in cui tali funzioni possono effettivamente essere individuate e separate. Nel senso che alla Banca d’Italia viene attribuita la competenza per le regole di vigilanza prudenziale e in particolare “per quanto riguarda il contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli intermediari”, mentre alla Consob viene riservata la competenza per le regole di trasparenza e di correttezza dei comportamenti. In verità il legislatore è consapevole della difficoltà di tracciare un confine puntuale tra regole prudenziali e regole di trasparenza e correttezzae pretende che le prime, pur essendo emanate dalla Banca d’Italia, vengano adottate “sentita la Consob” e le seconde, formalmente riservate a provvedimenti della Consob, siano emanate “sentita la Banca d’Italia”. Non solo ma prevede che su certe materie le regole vengano dettate congiuntamente da Banca d’Italia e Consob. Anche la ripartizione, tra la Banca d’Italia e la Consob,della concreta attività di controllo diretta a garantire l’osservanza delle regole di vigilanza avviene sulla base dello stesso criterio adottato per la ripartizione del loro potere regolamentare: ciascuna di esse “vigila sull’osservanza delle disposizioni regolanti le materie di competenza”, ossia sull’osservanza delle norme contenute nei regolamenti che ciascuna emana. Il fatto che sullo stesso operatore insista il controllo di due diverse autorità può determinare una inutile duplicazione dei controlli e un ingiustificato incremento dei costi della regolamentazione quando non una lacune nell’esercizio degli stessi. E proprio allo scopo di evitare questi inconvenienti, il legislatore ha stabilito che, nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo, la Banca d’Italia e la Consob, “operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati”, e “si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell’esercizio dell’attività di vigilanza”. Per il concreto svolgimento delle proprie funzioni di controllo, sia la Banca d’Italia sia la Consob – ciascuna per le materie di propria competenza – hanno poteri di vigilanza informativa ed ispettiva nei confronti sia delle Sim sia delle banche. Esse possono, infatti, chiedere la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti e possono esercitare tali poteri non solo presso le banche e le Sim, ma anche nei confronti della società incaricata della loro revisione contabile e della certificazione dei loro bilanci. Inoltre, il collegio sindacale, sia delle Sim sia della banca, deve trasmettere ad entrambe le autorità di vigilanza i verbali che documentino l’accertata esistenza di irregolarità nella gestione societaria o nell’esercizio dell’attività di prestazione dei servizi di investimento. Sia i poteri di vigilanza informativa sia quelli di vigilanza regolamentare possono essere esercitati anche nei confronti delle imprese di investimento comunitarie, nel presupposto che le norme di vigilanza abbiano una diretta incidenza sui rapporti con i clienti e, quindi, rientrino nella competenza del paese ospitante; il che, se è sempre e certamente vero per le regole di trasparenza e di correttezza dei comportamenti, può essere dubbio per alcune regole di vigilanza prudenziale, in linea di principio rimesse al paese di origine. E in quest’ultima prospettiva assumono notevole rilievo gli accordi, per lo scambio di informazioni e per il coordinamento delle rispettive attività, fra le autorità del paese ospitante e quelle del paese d’origine; rapporti che il legislatore prende in considerazione anche per escludere che allo scambio di informazioni possa essere opposto il segreto d’ufficio. Tra le norme di vigilanzaprudenziale dettate per le Sim possono distinguersi regole più strettamente afferenti l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio e le partecipazioni detenibili e quelle dirette ad assicurare l’adeguatezza dell’organizzazione amministrativa e contabile e dei controlli interni. Nell’ambito delprimo gruppo di norme rientrano anche quelle che prevedono un capitale versato minimo per le Sim. Il Regolamento della Banca d’Italia, correlando tale capitale minimo alla rischiosità insita nel servizio di investimento per il quale viene chiesta l’autorizzazione, ha stabilito che lo stesso sia: - di385.000,00 euro per le Sim che intendono svolgere, anche congiuntamente, i servizi di

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collocamento senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente, gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, ricezione trasmissione di ordini nonché mediazione, a condizione che le Sim non detengano, neanche in via temporanea, le disponibilità liquide e gli strumenti finanziari della clientela e l’attività sia svolta senza assunzione di rischi da parte delle Sim; - di 1 milione di euro per le Sim che intendano svolgere, anche congiuntamente i predetti servizi in mancanza delle condizioni appena indicate nonché per le Sim che intendano svolgere i servizi di collocamento con preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente e quellidi negoziazione per conto proprio o per conto terzi. Rientrano nell’ambito delle norme prudenziali ancorate al principio della esclusività dell’oggetto delle Sim le regole relative alle partecipazioni detenibili. Sottolineando che l’assunzione di partecipazioni anche di controllo in società finanziarie può costituire un momento importante della strategia imprenditoriale di un’impresa di investimento,il predetti Regolamento della Banca d’Italia, consente alle Sim di assumere partecipazioni anche di maggioranza in banche, in società finanziarie nonché in imprese di assicurazione. Il Regolamento vieta invece alle Sim di assumere partecipazioni superiori al quindici per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto o che, comunque, assicurino il controllo in società non finanziarie, per evitare che venga aggirato il principio di esclusività dell’oggetto sociale. L’ordinamento non prevede alcuna disciplina particolare per la crisi di una banca autorizzata a svolgere servizi di investimento: la stessa rimarrà sottoposta alle norme dettate dal T.U.B. Il legislatore ha invece dettato una disciplina speciale per le Sim. Sono inoltre previste norme per le situazioni di crisi nelle quali versino le imprese di investimento comunitarie e per quelle extracomunitarie. Nell’ipotesi in cui risultino gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie, e “ricorrano situazioni di pericolo per i clienti o per i mercati”, il presidente della Consob può disporre, in via d’urgenza, la sospensione degli organi di amministrazione della Sim e procedere alla nomina di un commissario che ne assume la gestione. Nel momento in cui il commissario cessa dalle proprie funzioni, e l’autorità di controllo non abbia assunto provvedimenti (amministrazione straordinaria o liquidazione coatta) che comportino lo scioglimento del rapporto di amministrazione, gli amministratori sospesi riassumono le proprie funzioni, almeno che l’assemblea non abbia provveduto nel frattempo alla loro sostituzione. Il provvedimento cautelare in esame può essere adottato anche nei confronti delle imprese di investimento extracomunitarie, ma non anche nei confronti di quelle comunitarie. A queste ultime, per altro, sia la Banca d’Italia sia la Consob possono ordinare di porre termine alle irregolarità o alle violazioni di norme nelle quali siano incorse, dandone comunicazione all’autorità di vigilanza del paese d’origine per l’assunzione di provvedimenti necessari. Il Ministero dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia o della Consob, può sottoporre ad amministrazione straordinaria una Sim, con scioglimento degli organi amministrativi e di controllo, - quando risultino gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che ne regolano l’attività; - quando siano previste gravi perdite del patrimonio o - quando lo scioglimento sia richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi o dall’assemblea straordinaria delle Sim odal commissario provvisorio nominato dal presidente della Consob in via cautelare. Nell’ipotesi in cui le irregolarità o le violazioni siano di eccezionale gravità, il Ministero dell’economia e delle finanze, sempre su proposta o della Banca d’Italia o della Consob, può disporre la liquidazione coatta amministrativa della Sim; procedura disciplinata dalle stesse norme che si applicano alla liquidazione coatta delle banche e che si svolgono sotto l’esclusiva direzione della Banca d’Italia.

INVESTITORI ISTITUZIONALI

Gli investitori istituzionali del mercato mobiliare si caratterizzano per la presenza di una gestione inmonte del risparmio raccolto ed investito in strumenti finanziari; gestione in monte che si contrappone alle gestioni, individuali, di portafogli di investimento, considerate, appunto, un “servizio di investimento”. E mentre nelle gestioni in monte il singolo risparmiatore è “proprietario”di una frazione di un patrimonio “comune” alla generalità dei risparmiatori coinvolti nella gestione,

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nelle gestioni personalizzate non vi è alcuna comunicazione fra i portafogli di investimento dei vari risparmiatori “gestiti”. Il legislatore definisce la nozione di “gestione collettiva del risparmio” identificandola nel servizio che si realizza attraverso: - la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti; - la gestione delpatrimonio di OICR (ossia di fondi comuni di investimento o di SICAV), di propria o altrui istituzione, mediante l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o immobili. Viene poi definito fondo comune di investimento “il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte” indipendentemente dal fatto che l’investimento debba avvenire in strumenti finanziari o in altri beni.Analogamente vengono individuate le SICAV, come le società “aventi per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante offerta al pubblico di proprie azioni”, indipendentemente dai beni nei quali viene investito il patrimonio così raccolto. Il che consente anche di precisare che la nozione di “organismi di investimento collettivo del risparmio” (OICR), che individua ogni singolo fondo comune e ogni SICAV, è più ampia della nozione di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) presa in considerazione dalla direttiva sul mutuo riconoscimento degli organismi di investimento collettivo, dal momento che questa assume come elemento essenziale il fatto che l’investimento avvenga in valori mobiliari e che il fondo sia aperto. Il legislatore riserva la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, come sopra definita, alle “società di gestione del risparmio” e alle SICAV con esclusione, quindi, sia delleimprese di investimento sia delle banche.

La società di gestione del risparmio

Il Testo Unico consente alle società di gestione del risparmio (SGR) non solo di promuovere e gestire fondi comuni propri, ma anche a) di prestare il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; b) di gestire fondi comuni istituiti da altre società di gestione; c) di istituire e gestire fondi pensione; d) di gestire patrimoni di SICAV; e) di esercitare per delega l’attività di gestione di portafogli di investimento di altre imprese di investimento o di altre società di gestione del risparmio; non solo ma il Testo Unico consente che la SGR possa esercitare anche il solo “servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento”. L’esercizio del servizio di gestione collettiva del risparmio e di quello di gestione di portafogli di investimento su base individuale da parte della società di gestione deve essere previamente autorizzato dalla Banca d’Italia sentita la Consob. L’autorizzazione, cui è subordinato l’esercizio dell’attività ma non la costituzione della società, è dovuta quando: - sia adottata la forma di società per azioni; - la sede legale e la direzione generale della società siano situate in Italia; - il capitale sociale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d’Italia (1 milione di euro); - i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i requisiti di professionalità, indipendenza e onorabilità e i partecipanti al capitale quelli di onorabilità indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze; - la struttura di gruppo di cui è parte la società non sia tale da pregiudicare l’effettivo esercizio della vigilanza sulla società stessa; - venga presentato, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto, un programma concernente l’attività iniziale, nonché una relazione sulla struttura organizzativa; - la denominazione sociale contenga le parole “società di gestione del risparmio”. Sulle SGR insiste la vigilanza della Banca d’Italia, per quanto concerne i profili di contenimento del rischio, di stabilità patrimoniale e di sana e prudente gestione, e della Consob, per quanto attiene alla trasparenza e alla correttezza dei comportamenti. Una SGR può limitarsi a istituire e organizzare un fondo comune e ad amministrarei rapporti con i partecipanti, delegando ad altra SGR la gestione del medesimo fondo. Il Regolamento congiunto emanato da Banca d’Italia e Consob precisa i limiti e le modalità organizzative che debbono essere adottate. La SGR promotore predispone adeguati processi per: - una efficiente gestione amministrativa dei rapporti con i partecipanti ai fondi; - un tempestivo e costante scambio di informazioni con le proprie strutture di commercializzazione, gli intermediari

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incaricati del collocamento, la banca depositaria e la SGR gestore. A sua volta la SGR gestore predispone adeguati processi per un tempestivo e costante scambio di informazioni con la banca depositaria e la SGR promotore. SGR promotore e SGR gestore debbono stipulare una convenzionesecondo la quale la delega - non implica alcun esonero o limitazione di responsabilità delle società stipulanti; - ha un contenuto conforme agli obiettivi, alle politiche di investimento e al profilo di rischio dei fondi con riferimento ai quali è stipulata; - è formulata in maniera tale da assicurare il rispetto delle disposizioni in materia di conflitti di interessi con riferimento alla società promotrice ealla società che svolge la gestione; - fornisce indicazioni in merito alla società alla quale spetta l’esercizio dei diritti di intervento e di voto in assemblea inerenti agli strumenti finanziari di pertinenza degli OICR gestiti. Nei confronti delle SGR possono essere assunti gli stessi provvedimenti ingiuntivi e cautelari (intimazione a porre termine alle irregolarità, divieto di intraprendere nuove operazioni, sospensione degli organi amministrativi) che possono essere adottati nei confronti delle Sim. E come le Sim esse possono essere sottoposte ad amministrazione straordinaria e a liquidazione coatta amministrativa nelle ipotesi in cui le prime possono esserlo.

I fondi comuni di investimento

I fondi comuni di investimento sono caratterizzati da una gestione in monte, da effettuarsi secondo criteri capaci di ridurre il rischio dell’investimento attraverso la diversificazione degli impieghi e nel rispetto delle esigenze di liquidità proprie di quel tipo di fondo. Il modello organizzativo adottato dal legislatore prevede che, pur essendo la gestione svolta a rischio dei partecipanti al fondo, questi ultimi siano privi di qualunque potere gestorio, essendo ogni decisione, in ordine agli investimenti e disinvestimenti delle risorse, rimessa esclusivamente alla società di gestione del fondo. L’esecuzione delle operazioni e la custodia degli strumenti finanziari e del danaro ricompresinel fondo debbono, per altro, essere necessariamente affidate ad una banca. I partecipanti hanno solo il diritto di essere informati sull’andamento della gestione e trovano la loro principale tutela neldiritto alla liquidazione della loro quota di partecipazione al fondo. Il modello (c.d. trilaterale) organizzativo dei fondi comuni fa perno su tre elementi portanti: la società di gestione, la banca depositaria e i partecipanti. La disciplina dei fondi è la disciplina dei rapporti fra questi tre soggetti o categorie di soggetti. Su questi rapporti si innesta poi la vigilanza pubblica. Naturalmente il punto di riferimento di questi rapporti è l’insieme delle risorse apportate dai partecipanti e i beni nei quali quelle risorse sono investite. Un momento rilevante, anche nella ricostruzione del modello organizzativo del fondo, è infatti rappresentato dalla condizione giuridica di quei beni; beni che sotto il profilo patrimoniale “appartengono” ai partecipanti, ma che, sotto il profilo del potere di amministrazione e di disposizione, sono sottratti a questi ultimi; beni che costituiscono, per espressodisposto legislativo, un patrimonio autonomo e distinto ad ogni effetto sia dal patrimonio della società di gestione sia dai patrimoni dei singoli partecipanti. La società di gestione, nel momento in cui decide di istituire un fondo comune, ne delibera il regolamento. Il regolamento, che “definisce lecaratteristiche del fondo, ne disciplina il funzionamento, indica la società promotrice, il gestore, se diverso dalla società promotrice, e la banca depositaria, definisce la ripartizione dei compiti tra tali soggetti, regola i rapporti intercorrenti tra tali soggetti e i partecipanti al fondo”, deve essere approvato dalla Banca d’Italia, come debbono essere approvate le sue eventuali modificazioni. Soltanto dopo l’approvazione del regolamento la società di gestione potrà procedere alla raccolta del risparmio fra il pubblico attraverso il contestuale collocamento dei documenti rappresentativi della partecipazione al fondo (certificati di partecipazione). Il fondo comune è gestito dalla società di gestione che lo ha istituito (anche se, come sappiamo, tale gestione può essere affidata ad altra società di gestione). Questa investe nei beni indicati dal regolamento le somme versate dai partecipanti e provvede, nell’interesse dei medesimi, agli acquisti, alle vendite e alle attività di amministrazione ritenute più opportune per la valorizzazione del fondo, nonché alla distribuzione aipartecipanti dei proventi della gestione. La società compie le operazioni di gestione in nome proprioed è quindi “intestataria” dei beni nei quali vengono investite le risorse dei partecipanti; in

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particolare per quanto concerne le azioni (e in genere i titoli di credito) legittimata ad esercitare i diritti incorporati nei titoli è soltanto la società di gestione, mentre la titolarità del diritto appartiene al fondo. Come abbiamo già ricordato il legislatore stabilisce che “nel caso in cui il gestore sia diverso dalla società promotrice, l’esercizio del diritto di voto … spetta al gestore, salvo patto contrario”. Nell’ipotesi in cui il gestore fosse intestatario delle azioni e il voto spettasse, per regolamento, alla società promotrice sarebbe necessario che il gestore ponesse quest’ultima nella condizione di poter esercitare il diritto di voto, magari sulla base di una delega. Allo scopo di contrastarne eventuali comportamenti fraudolenti, il legislatore impedisce alle società di gestione di avere la detenzione materiale delle somme e degli strumenti finanziari, ma non anche degli altri beni che concorrono a costituire il fondo comune, e impone che la relativa custodia sia affidata ad una banca. L’assunzione dell’incarico di banca depositaria è subordinata al rispetto delle seguenti condizioni: - la banca deve essere una banca italiana o una succursale di una banca comunitaria; - l’ammontare del patrimonio di vigilanza non deve essere inferiore a 100 milioni di euro; - l’assetto organizzativo deve essere idoneo a garantire l’efficiente e corretto adempimento dei compiti ad essaaffidati; - la banca deve aver maturato un’esperienza adeguata all’incarico da assumere. La banca depositaria è anche un momento dell’organizzazione di vigilanza pubblica sui fondi e sulla società di gestione. Il T.U. stabilisce, infatti, che “gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono senza ritardo alla Banca d’Italia e alla Consob, ciascuna per proprie competenze, sulle irregolarità riscontrate nell’amministrazione della società di gestione del risparmio e nella gestione dei fondi comuni”. L’acquisizione di una quota di partecipazione attribuisce all’acquirente la condizione di partecipante al fondo, ossia di parte nel rapporto, di partecipazione al fondo, che lega ciascun partecipante alla società di gestione. Il contratto così concluso attribuisce al partecipante il diritto a veder investite, secondo le regole stabilite dalla legge, dal regolamento e dalle prescrizioni di vigilanza, le somme versate, nonché il diritto alla restituzione di una somma di danaro pari alla frazione del valore del fondo rappresentata dal numero delle quote che lo stesso abbia acquistato o sottoscritto. Come già ricordato, i partecipanti non hanno alcun diritto amministrativo, ossia non possono dare istruzioni alla società di gestione, non possono impedire alcuna delle scelte che questaintenda effettuare, non hanno alcun modo per far giungere la propria voce al gestore; l’unico modo per manifestare un dissenso è quello di vendere le quote del fondo, o di chiederne il rimborso, fermarestando la possibilità di esercitare eventuali azioni risarcitorie nei confronti del medesimo ed eventualmente nei confronti dei suoi amministratori. Anche per quanto concerne l’informazione, la posizione del partecipante non è diversa da quelle di qualunque altro risparmiatore, come abbiamo potuto verificare appena sopra, constatando che gli strumenti di trasparenza del fondo sono posti a disposizione del pubblico. Se non per un particolare: i partecipanti hanno diritto di ottenere gratuitamente copia del rendiconto annuale e della relazione semestrale. La tipologia dei fondi, nell’ambito della disciplina generale fin qui illustrata, è interamente rimessa per esplicito dettato legislativo al regolamento che il Ministro dell’economia e delle finanze deve emanare, sentita la Banca d’Italia e la Consob, e che deve appunto delineare la struttura dei fondi comuni di investimento. Il Regolamento ministeriale 24 maggio 1999 n. 228, emanato in attuazione della suddetta disposizione, individua i seguenti tipi di fondi comuni di investimento: - i fondi aperti, a loro volta distinti, in fondi aperti armonizzati e fondi aperti non armonizzati; - i fondi chiusi, tra i quali vengono esplicitamente menzionati e disciplinati i fondi chiusi immobiliari; - i fondi riservati; - i fondi garantiti e - i fondi speculativi. I fondi aperti sono caratterizzati dalla possibilità, per i partecipanti, di entrata e di uscita continua dal fondo. I soggetti interessati a partecipare al fondo possono infatti sottoscrivere in ogni momento quote del fondo versando un importo corrispondente al valore della quota di partecipazione determinata “con periodicità almeno settimanale” dalla società di gestione. Parimenti “i partecipanti al fondo hanno diritto di chiedere in qualsiasi tempo il rimborso delle quote”; rimborso che deve avvenire entro quindici giorni dalla richiesta e che può essere sospeso solo, per un periodo non superiore ad un mese, nei casi eccezionali e la sospensione potrà essere giustificata con l’opportunità di evitare che il fondo, per effettuare rimborsi, proceda alla svendita dei titoli in portafoglio. Questa libertà di uscita impone alla gestione del fondo regole dirette ad assicurare la liquidità necessaria per far fronte ad improvvise richieste di consistenti

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rimborsi e, ancor prima, impedisce che le risorse del fondo siano investite in beni diversi dagli strumenti finanziari, quotati o non quotati, e in danaro. In altri termini i fondi comuni aperti sono necessariamente fondi mobiliari, investiti in strumenti finanziari, con esclusione quindi non solo deibeni immobili, ma anche di altri beni mobili e di crediti. La distinzione, nell’ambito dei fondi aperti,fra fondi armonizzati e fondi non armonizzati fa perno sulla conformità del fondo al modello descritto dalle direttive comunitarie sull’armonizzazione delle norme in materia di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e sul mutuo riconoscimento. Più esattamente il patrimonio dei fondi armonizzati “è investito nei beni previsti dalle direttive comunitarie in materia” e nel rispetto dei limiti e dei criteri stabiliti dalla Banca d’Italia in attuazione delle direttivemedesime e le loro quote possono essere commercializzate nel territorio dell’Unione Europea in regime di mutuo riconoscimento. Mentre i fondi aperti non armonizzati sono quelli che non si conformano alle direttive comunitarie e quindi le loro quote non potranno godere del mutuo riconoscimento. I fondi chiusi si caratterizzano, nei confronti dei fonti aperti, sia sotto il profilo dei diritti dei partecipanti sia per quanto concerne i beni nei quali può essere investito il patrimonio e le regole che debbono essere seguite nella gestione. Il fondo si definisce chiuso perché i partecipanti non hanno né la libertà di entrata né la libertà di uscita previste per i fondi aperti. Più esattamente, ilregolamento del fondo deve individuare l’ammontare delle risorse che la società di gestione intende destinare al fondo e la relativa raccolta avviene attraverso una o più emissioni di quote, di uguale valore unitario, che debbono essere sottoscritte entro il termine massimo di diciotto mesi dalla pubblicazione del prospetto, se quote sono offerte al pubblico, o dalla data di approvazione del regolamento, se sono riservate agli investitori istituzionali. La forma del fondo chiuso deve essere necessariamente adottata quando le risorse del fondo siano investite - in beni immobili e diritti reali immobiliari; - in crediti e titoli rappresentativi dei crediti e - in altri beni per i quali comunque esistaun mercato e che abbiano un valore determinabile con certezza con una periodicità almeno semestrale. Non solo, ma la forma del fondo chiuso è necessaria anche quando il regolamento del fondo preveda che lo stesso sia investito in misura superiore al dieci per cento in strumenti finanziari non quotati. I fondi riservati, che possono essere sia aperti sia chiusi, sono i fondi la cui partecipazione è riservata a investitori qualificati. Debbono considerarsi investitori qualificati: - le imprese di investimento, le banche, gli agenti di cambio, le SGR, le SICAV, i fondi pensione, le imprese di assicurazione, le società finanziarie capogruppo di gruppi bancari, i soggetti iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106, 107 e 113 T.U.B. e le fondazioni bancarie; - le persone fisiche e giuridiche e gli altri enti in possesso di specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dalla persona fisica o dal legale rappresentante della persona giuridica o dall’ente. I fondi garantiti sono i fondi che garantiscono la restituzione del capitale investito ovvero il riconoscimento di un rendimento minimo, mediante la stipula di apposite convenzioni con banche, imprese di investimento che prestano il servizio di negoziazione per conto proprio, imprese di assicurazione o intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 T.U.B aventi i requisiti richiesti dalla Banca d’Italia, ovvero mediante altre eventuali forme di garanzia indicate dalla Banca d’Italia. Essi possono essere sia di tipo aperto che di tipo chiuso. Fondi speculativi sono i fondi il cui patrimonio è investito in beni, anche diversi da quelli nei quali può essere investito il patrimonio della generalità dei fondi e la cui gestione può avvenire anche “in deroga alle norme prudenziali di contenimento e frazionamento delrischio stabilite dalla Banca d’Italia. L’evidente rischiosità del relativo investimento ha imposto un limite massimo (200) al numero di soggetti che possono sottoscrivere le relative quote, un valore della singola partecipazione particolarmente elevata (cinquecentomila euro) e il divieto di fare delle quote di partecipazione l’oggetto di un’offerta al pubblico, anche se la loro sottoscrizione non è riservata agli investitori qualificati. Le società di investimento a capitale variabile (SICAV) Le società di investimento a capitale variabile (SICAV) presentano, dal punto di vista della funzione economica, forti analogie con i fondi comuni di investimento aperti, in quanto i risparmiatori che fanno affluire alle SICAV i propri apporti hanno diritto – in qualsiasi momento – al rimborso del valore delle azioni sottoscritte e, d’altro canto, le SICAV possono procedere all’emissione continua di nuove azioni, ricevendo così nuovi apporti. In altri termini, le SICAV sono organismi di

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investimento collettivo caratterizzati dalla stessa libertà di uscita e di entrata presente nei fondi comuni aperti: il che rende molto simili le loro politiche degli investimenti, in quanto si pongono in entrambe le ipotesi stringenti esigenze di liquidità. Si giustifica così la norma a mente della quale le regole che disciplinano l’investimento dei fondi aperti si applicano anche alle SICAV. La SICAV può costituirsi soltanto previa autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia, sentita la Consob. L’autorizzazione è dovuta quando ricorrano le seguenti condizioni: - sia adottata la forma di societàper azioni; - la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; - il capitale sociale sia di ammontare non inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d’Italia (1 milione di euro); - i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità e i partecipanti i requisiti di onorabilità; - lo statuto preveda come oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante offerta al pubblico delle proprie azioni. Ottenuta l’autorizzazione ministeriale, i fondatori possono procedere alla costituzione della società e al versamento, necessariamente integrale, dei conferimenti dovuti, rimanendo escluso che possano essere effettuati conferimenti di beni in natura “diversi dal conferimento di strumenti finanziari oggetto di investimento delle SICAV”. Una volta intervenuta l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese, la Banca d’Italia provvede all’iscrizione della SICAV nell’albo relativo, tenuto a cura della stessa Banca d’Italia. Soltanto dopo l’iscrizione all’albo le SICAV possono procedere al collocamento presso il pubblico delle proprie azioni. Lo statuto, oltre alle regole organizzative della società in quanto tale, deve contenere particolari indicazioni relative all’attività di gestione del patrimonio e ai rapporti con gli azionisti-risparmiatori; deve, in altri termini, disciplinare le materie che nell’ambito dei fondi comuni sono disciplinate dal regolamento. Le modificazioni dello statuto devono essere approvate dalla Banca d’Italia e non possono essere iscritte nel registro delle imprese se non è intervenuta tale approvazione. La deliberazione assembleare di modificazione dello statuto deve essere inviata entro quindici giorni alla Banca d’Italia; se entro 4 mesi non interviene un provvedimento di diniego di quest’ultima, la modificazione si intende approvata “Il capitale delle SICAV è sempre uguale al patrimonio netto detenuto dalla società, così come determinato” secondo i criteri di valutazione stabiliti dalla Banca d’Italia. Inoltre alle SICAV non si applicano le norme sugli aumenti e le riduzioni di capitale delle spa. Le disposizioni appena riprodotte mettono in luce che la variabilità del capitale delle SICAV non si limita, come nelle società cooperative, ad escludere che una sua variazione costituisca modificazione dello statuto sociale, ma si spinge fino a negare un’autonomia concettuale ed operativa alla nozione stessa di capitale. Nelle società cooperative rimane ferma la distinzione fra capitale sociale (nominale) e patrimonio, nelle SICAV capitale sociale e patrimonio coincidono ed anzi il primo concetto perde ogni significato, come dimostra il fatto che non trova applicazione la disciplina del capitale dettata per le società per azioni. Dalla mancanza di un valore nominale del capitale sociale discende necessariamente che le azioni, decettivamente definite “rappresentative del capitale”, non hanno un valore nominale né un valore contabile; esse hanno soltanto un prezzo di emissione iniziale e un valore successivo di emissione e di rimborso determinato almeno settimanalmente e stabilito dividendo il valore delle attività nette per il numero delle azioni in circolazione, ossia con un criterio del tutto identico a quello adottato per la valorizzazione dei certificati di partecipazione al fondo comune, in particolarea quello di tipo aperto. Le azioni delle SICAV possono essere nominative o al portatore a scelta del sottoscrittore. La scelta della legge di circolazione del certificato azionario, mentre non alcuna rilevanza per quanto concerne i diritti patrimoniali dell’azionista, assume grande importanza per il diritto di voto. Infatti, mentre ogni azione nominativa attribuisce un voto, secondo la regola generale del diritto azionario, le azioni al portatore attribuiscono un solo voto per ogni socio indipendentemente dal numero delle azioni di tale categoria possedute. Ricordiamo, infine, che la SICAV “non può acquistare azioni proprie” né conservare in portafoglio quelle che (ad esempio, peroperazioni di fusione) si trovasse a detenere e che non può emettere né azioni di risparmio né obbligazioni, né azioni correlate ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore. La disciplina delle assemblee dei soci della SICAV riguarda essenzialmente le modalità di svolgimento del procedimento assembleare e la legittimazione ad esercitare il diritto di voto da parte dei

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portatori delle azioni nominative. Sotto il primo profilo il legislatore ha cercato di facilitare, in deroga alle norme del diritto azionario comune, la formazione della deliberazione: tenendo conto del prevedibile assenteismo dei soci, preclude l’impostazione di quorum costitutivi per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria e per la seconda convocazione dell’assemblea straordinaria e impone la pubblicazione dell’avviso di convocazione anche sui quotidiani che pubblicano il valore del patrimonio della società e quello unitario delle azioni. Allo stesso scopo il legislatore prevede che il voto “possa essere dato per corrispondenza se ciò è ammesso dallo statuto”. Abbiamo già ricordato che alle SICAV si applicano le disposizioni dettate dal Ministro dell’economia e delle finanze per i fondi comuni aperti. Pertanto, nell’ipotesi in cui il patrimonio del fondo sia investito instrumenti finanziari in conformità con le direttive comunitarie saremo in presenza di una SICAV armonizzata, nell’ipotesi in cui il patrimonio sia investito non in conformità con le norme comunitarie saremo in presenza di una SICAV non armonizzata. In ogni caso il patrimonio delle SICAV non può essere investito in beni immobili e diritti reali immobiliari, in crediti e titoli rappresentativi di crediti: si tratta infatti di investimenti per i quali è necessario adottare la forma delfondo chiuso e che sono preclusi, così come ai fondi aperti, anche alle SICAV. A queste ultime è precluso, così come ai fondi aperti, anche l’investimento in strumenti finanziari non quotati in misura superiore al dieci per cento del patrimonio complessivo. La custodia di strumenti finanziari edelle disponibilità liquide della SICAV deve essere affidata ad una banca depositaria; banca depositaria che svolge altresì le funzioni di controllo già illustrate a proposito dei fondi comuni. Una SICAV può compiere operazioni di trasformazione, fusione e scissione in un’altra SICAV o in una SGR. Le delibere di fusione e scissione non possono, tuttavia, essere depositate per l’iscrizione nel registro delle imprese in mancanza della preventiva autorizzazione della Banca d’Italia, che la rilascia sentita la Consob. Le cause di scioglimento delle SICAV sono le stesse previste per le SPA, con esclusione di quella rappresentata dalla riduzione del capitale al di sotto del minimo legale. UnaSICAV si scioglierà, per altro, anche quando il valore del patrimonio scenda al di sotto del valore minimo richiesto per la sua costituzione e rimanga al di sotto di tale soglie per sessanta giorni; termine quest’ultimo che rimane sospeso qualora sia iniziata una procedura di fusione con un’altra SICAV. La liquidazione è rimessa alle norme di diritto comune, anche se i liquidatori nominati dall’assemblea straordinaria dovranno, nella loro attività di realizzo delle attività sociali, tener contodelle disposizioni della Banca d’Italia, alla quale vanno preventivamente comunicati il piano di smobilizzo e quello di riparto. La banca depositaria procede poi, su istruzioni dei liquidatori, al rimborso delle azioni nella misura prevista dal bilancio finale di liquidazione. L’attività transfrontaliera delle SGR e delle SICAV L’attività transfrontaliera delle SGR è diversamente disciplinata a seconda che la stessa sia destinata a svolgersi in uno stato comunitario o in uno stato extracomunitario, a seconda che avvenga attraverso l’apertura di una succursale o senza stabilirvi succursali e ancora, a seconda che le SGR siano o non siano armonizzate. Le SGR, che intendono operare nei paesi comunitari senza stabilirvi succursali, debbono semplicemente comunicare tale intenzione alla Banca d’Italia, se armonizzate, mentre saranno vincolate dalla disciplina del paese ospitante se si tratta di offrire fondi non armonizzati. L’offerta dei servizi di gestione in un paese extracomunitario, deve essere autorizzata dalla Banca d’Italia anche quando avvenga senza l’apertura di una succursale. L’apertura di una succursale in un paese comunitario da parte di una SGR armonizzata deve solo essere preceduta dalla notifica di tale intenzione all’autorità del paese membro ospitante da parte della Banca d’Italia; notifica che la Banca d’Italia può rifiutare “per motivi attinenti all’adeguatezza della struttura organizzativa e della situazione finanziaria, economica e patrimoniale della società di gestione del risparmio”; la stessa sarà sottoposta inoltre alla disciplina del paese ospitante se riguarda una SGR non armonizzata. L’apertura di una succursale per l’offerta di servizi di gestione di portafogli da parte della SGR in un paese extracomunitario è invece subordinata all’autorizzazione della Banca d’Italia. L’offerta, in Italia, di quote di fondi comuni e di azioni SICAV non italiani è diversamente disciplinata a seconda che si tratti di fondi e azioni SICAV armonizzati, ossia provenienti da SGR e SICAV comunitari e conformi alle norme sugli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, o non armonizzati. Nella prima ipotesi l’offerta deve essere comunicata almeno due mesi prima del suo

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avvio sia alla Banca d’Italia sia alla Consob e può essere vietata con provvedimento motivato sia dall’una sia dall’altra quando “il modulo organizzativo adottato non consenta di assicurare l’esercizio in Italia dei diritti patrimoniali” degli investitori. Nella seconda ipotesi l’offerta deve essere autorizzata dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, e l’autorizzazione può essere accordata a “condizione che i relativi schemi di funzionamento siano compatibili con quelli previsti per gli organismi italiani”. Naturalmente il collocamento presso il pubblico richiede la pubblicazione del prospetto informativo che deve precedere ogni sollecitazione all’investimento. La Banca d’Italia e la Consob hanno poteri informativi sull’emittente e sul collocatore e, nei confronti di quelli extracomunitari, anche poteri ispettivi. I fondi pensione I fondi pensione sono organismi che raccolgono il risparmio previdenziale dei lavoratori, autonomi e dipendenti, e gestiscono le risorse finanziarie così acquisite in vista del pagamento, a favore dei lavoratori aderenti al fondo, di trattamenti previdenziali, rendite o capitali, al momento della cessazione dell’attività lavorativa. Essi hanno, dunque, una funzione previdenziale, integrativa della previdenza obbligatoria, e non di investitore istituzionale del risparmio. Nell’ambito dei fondi pensione è necessario distinguere i fondi pensione chiusi dai fondi aperti. I fondi pensione chiusi sono riservati a particolari gruppi di lavoratori, individuati secondo predeterminati criteri di appartenenza a categorie omogenee. In particolare i fondi chiusi sono riservati - ai lavoratori dipendenti sia privati sia pubblici; - a raggruppamenti sia di lavoratori autonomi sia di liberi professionisti; - a raggruppamenti di soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro. Essi nascono sulla base di accordi o contratti che coinvolgono l’intero gruppo dei destinatari delle forme di previdenza integrative e più esattamente possono essere previsti da - contratti e accordi collettivi, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro; - accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale; - regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti collettivi; - accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute. I fondi pensione aperti nascono per iniziativa di soggetti promotori, a tal fine autorizzati, che offrono a singoli lavoratori o a gruppi di lavoratori prestazioni di previdenza integrativa. Su entrambi i tipi di fondi insiste la vigilanza della COVIP, Commissione di Vigilanza sui fondi pensione; autorità dotata di personalità di diritto pubblico che ha come scopo quello di perseguire la corretta e trasparente amministrazione e gestione dei fondi per la funzionalità del sistema di previdenza complementare e a sua volta sottoposta alla vigilanza del Ministro del lavoro che “emana le direttive generali in materia di vigilanza sui fondi pensione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I fondi pensione chiusi sono costituiti nella forma dell’associazione non riconosciuta o della persona giuridica attribuita al fondo da un provvedimento del Ministro del lavoro. In entrambi i casi la raccolta del risparmio fra i lavoratori e la gestione delle stesso da parte del fondo possono essere effettuate solo previa autorizzazione della COVIP. L’autorizzazione è subordinata alla presenza di requisiti di professionalità e onorabilità degli esponenti aziendali e, soprattutto, alla indicazione puntuale, nello statuto del fondo, delle caratteristiche del fondo stesso edelle modalità di gestione delle risorse. I fondi così autorizzati sono iscritti nell’albo dei fondi pensione tenuto dalla COVIP. Le modalità di gestione delle risorse raccolte dal fondo sono fissate inmodo radicalmente diverso a seconda che il fondo sia a prestazione definita, ossia con predeterminazione della somma o della rendita che dovrà essere corrisposta al lavoratore, o a contribuzione definita, rimanendo in questo secondo caso l’entità della prestazione previdenziale determinata dai risultati della gestione del risparmio raccolto. Nella prima ipotesi, nella quale si è inpresenza di un’attività tipicamente assicurativa in quanto la corresponsione della somme è esposta al rischio reale del momento in cui il lavoratore cesserà la propria attività, il fondo deve necessariamente impiegare il risparmio raccolto nella stipulazione di contratti di assicurazione, con imprese di assicurazione, che assumono l’impiego di corrispondere le prestazioni previdenziali convenute. In questo caso il fondo non svolge alcuna attività di investimento mobiliare; attività che potrà invece essere svolta dall’impresa di assicurazione nella gestione delle somme ricevute, sotto forma di premi, dal fondo. Il fondo si limita a stipulare il contratto di assicurazione, a favore del

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lavoratore, e a svolgere le attività necessarie per conservare il rapporto assicurativo, compreso, e in primo luogo, il pagamento dei premi. Nell’ipotesi, invece, in cui il regime previsto sia non a prestazione definita ma a contribuzione definita, il ruolo del fondo assume importanza ben maggiore, anche per quanto concerne l’attività di mercato mobiliare. Il legislatore, a dire il vero, non consente la gestione diretta del risparmio da parte del fondo, neppure in questo caso, ed imponeal fondo di affidare la gestione stessa ad un operatore professionale, sulla base di una convenzione che, per altro, riserva al fondo una posizione di grande rilievo. In particolare il fondo può stipulare una convenzione per la gestione delle risorse a) con un’impresa di investimento o con una banca autorizzata all’esercizio dell’attività di gestione; b) con una società di gestione del risparmio; c) conun’impresa di assicurazione. Accanto al rapporto fra fondo e gestore si colloca poi quello che lega quest’ultimo alla banca depositaria, la cui presenza è obbligatoria anche nella gestione del risparmioprevidenziale, così come lo è per le gestioni degli altri investitori istituzionali; banca depositaria cui è affidata la custodia delle risorse e che svolge altresì il controllo preventivo di legittimità sulle scelte del gestore. Le convenzioni che legano il fondo al gestore devono, in ogni caso - contenere le linee di indirizzo delle attività del gestore “e le modalità con le quali possono essere modificate” talilinee; - prevedere i termini e le modalità attraverso cui i fondi pensione possono recedere dal rapporto di gestione; - prevedere l’attribuzione in ogni caso al fondo della titolarità dei diritti di votoinerenti ai valori mobiliari nei quali risultano investite le disponibilità del fondo medesimo. Di grande rilievo nel determinare la struttura e il comportamento dei fondi è la vigilanza della COVIP. Questa, infatti, concorre all’approvazione degli statuti dei fondi, alla determinazione del contenuto delle convenzioni e dei contratti tipo e assume i provvedimenti necessari per assicurare la trasparenza dei rapporti fra fondo e partecipanti. i fondi aperti possono essere istituiti dai “soggetti con i quali è consentita la stipulazione di convenzioni” per la gestione delle risorse dei fondi pensione chiusi, ossia banche, autorizzate all’esercizio del servizio delle gestioni personalizzate, compagnie di assicurazione, SGR e SIM. L’istituzione del fondo deve essere autorizzata dalla COVIP, d’intesa con le autorità di vigilanza sui soggetti promotori. I fondi aperti potranno avere sia le caratteristiche del fondo a prestazione definita (nel qual caso la relativa convenzione potrà essere stipulata esclusivamente con un’impresa di assicurazione) o a contribuzione definita. Intervenuta l’autorizzazione, la società promotrice potrà raccogliere il risparmio previdenziale presso i lavoratori, dipendenti o autonomi, e anche presso soggetti non lavoratori, nel rispetto delle norme sull’offerta al pubblico di prodotti finanziari. I risparmiatori acquisiranno così una quota del fondo; quota che deve considerarsi a sua volta un prodotto finanziario ma non uno strumento finanziario. Le risorse così raccolte costituiscono un patrimonio separato da quello della società promotrice e di pertinenza della collettività degli aderenti al fondo. Le risorse verranno gestite, in conformità con le indicazioni del regolamento del fondo, dagli organi della medesima società promotrice, la quale, peraltro, deve provvedere normalmente ad individuare un responsabile del fondo, dotato dei poteri necessari per vigilare sulla gestione del fondo. Le risorse vengono necessariamente custodite presso una banca depositaria. L’esercizio del diritto di voto compete alla società promotrice del fondo.

LA DISCIPLINA DEI MERCATI

I soggetti che organizzano i mercati svolgono un ruolo importantissimo per la creazione e lo sviluppo degli strumenti finanziari: rendono più facile l’incontro tra domanda ed offerta, danno certezza alle regole di negoziazione, accrescono la liquidità degli strumenti finanziari negoziati, rendono o possono rendere più sicura l’esecuzione dei contratti; in una parola riducono i costi di transazione dei titoli. Si può ben immaginare, dunque, che, spontaneamente, gli operatori tendano a dar vita ad organizzazioni che svolgano servizi di questo genere. Nei confronti di tali organizzazioniil legislatore può mantenere una posizione di indifferenza, lasciando la loro disciplina alle norme di diritto comune, ma può anche succedere, e normalmente succede, che almeno per alcune di esse preveda uno statuto speciale, sottoponendole al controllo di una pubblica autorità. In quest’ultima ipotesi, saremo in presenza di un mercato regolamentato, nella prima di un mercato non regolamentato. Il legislatore può, per altro, anche stabilire che l’organizzazione e la prestazione dei

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servizi di mercato non rientrino nell’ambito dei poteri dell’autonomia privata, sia pure sottoposta a controllo, e riservare all’apparato pubblico l’istituzione e la gestione dei mercati. In tal caso saremo in presenza di un mercato pubblico, che nasce per iniziativa della pubblica autorità. Nell’ipotesi di mercati privati regolamentati, l’organizzazione e la prestazione dei servizi è un’attività d’impresa, sia pure sottoposta a disciplina speciale, nell’ipotesi di mercati pubblici l’organizzazione e la prestazione degli stessi servizi costituiscono l’espletamento di un pubblico servizio. L’esercizio di quest’attività è riservato a società per azioni, anche senza scopo di lucro, il cui capitale sia superiorealla soglia minima fissata dalla Consob e purché i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo della società posseggano i requisiti di onorabilità e professionalità fissati dal Ministro dell’economia e delle finanze, al quale è rimessa anche la determinazione dei requisiti di onorabilità dei soci che detengono partecipazioni rilevanti. La società di gestione ha un oggetto esclusivo (anche se la direttiva MIFID consente ora la gestione di un sistema multilaterale di negoziazione), in quanto non può esercitare alcuna attività che non sia connessa o strumentale all’organizzazione e alla gestione di uno o più mercati. La Consob ha considerato attività connesse e strumentali, che le società di gestione possono esercitare, quelle di: - predisposizione, gestione, manutenzione e commercializzazione di software, hardware e reti telematiche relativi a sistemi di contrattazione, trasmissione di ordini e dati; - elaborazione, distribuzione e commercializzazione di dati concernenti gli strumenti finanziari negoziati nei mercati e di dati relativi ai mercati stessi; - istituzione e gestione di sistemi di riscontro e rettifica delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari; - promozione dell’immagine del mercato anche attraverso la diffusione di informazioni concernenti il mercato stesso e le società emittenti e ogni altra attività finalizzata allo sviluppo del mercato; - istituzione e gestione di sistemi di garanziadelle operazioni effettuate nei mercati; - gestione di sistemi multilaterali di scambio di depositi monetari; - predisposizione, gestione e manutenzione di circuiti informativi per la visualizzazione e l’inserimento, da parte dei soggetti abilitati autorizzati alla negoziazione per conto proprio, all’esecuzione di ordini per conto dei clienti e alla ricezione e trasmissione di ordini, di condizioni di negoziazione di strumenti finanziari che non consentono la conclusione del contratto per il tramite del circuito stesso. La società che intenda organizzare e gestire un mercato regolamento di strumenti finanziari deve prevedere un programma per la propria attività; programma che costituisce il contenuto del regolamento del mercato. Il regolamento del mercato deve essere deliberato dall’assemblea ordinaria della società di gestione (o dal consiglio di sorveglianza se la società ha adottato il modello dualistico); essendo, per altro, consentito attribuire, con il regolamento, il potere di dettare norme di attuazione al consiglio di amministrazione (o al consiglio di gestione). Quest’ultimo, per altro, è l’organo competente a deliberare il regolamento quando “le azioni della società di gestione siano quotate in un mercato regolamentato”. Il regolamento deve essere reso pubblico secondo le modalità fissate dalla Consob e deve in ogni caso determinare: - le condizioni e le modalità di ammissione, di esclusione e di sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari dalle negoziazioni; - le condizioni e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni e gli eventuali obblighi degli operatori e degli emittenti; - le modalità di accertamento, pubblicazione e diffusione dei prezzi; - i tipi di contratti ammessi, nonché i criteri per la determinazione dei quantitativi minimi negoziabili; - le condizioni e le modalità per la compensazione, liquidazione e garanzia delle operazioni concluse sui mercati. La Consob autorizza “l’esercizio dei mercati regolamentati” quando la società di gestione possiede i requisiti sopra indicati e il regolamento “è conforme alla disciplina comunitaria ed è idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori”. Come si vede, l’autorizzazione della Consob non è un’autorizzazione alla costituzione della società di gestione, ma all’esercizio dell’attività da parte della stessa; è un’autorizzazione che riguarda ognisingolo mercato che la società intenda istituire (potendo una società mercato istituire e gestire una pluralità di mercati regolamentati), che non può essere negata per ragioni attinenti alle esigenze economiche del mercato mobiliare in una prospettiva di vigilanza strutturale e che deve essere concessa quando il regolamento contenga norme capaci di assicurare il rispetto delle regole in gioco. La Consob provvede all’iscrizione del mercato così autorizzato nell’elenco dei mercati

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autorizzati e alla comunicazione alle autorità di controllo degli altri paesi della Comunità, in modo da consentire alla società di gestione di avvalersi del diritto al mutuo riconoscimento. La società di gestione di un mercato regolamentato è libera di esercitare o non esercitare le attività connesse e strumentali sopra elencate, così come può non esercitare il servizio di gestione di un sistema multilaterale di negoziazione, ma deve necessariamente svolgere un’altra serie di attività, ritenute dalla legge essenziali per l’organizzazione e il corretto funzionamento del mercato. Essa deve: - predisporre le strutture, fornire i servizi di mercato e determinare i corrispettivi ad essa dovuti dagli intermediari e dagli emittenti; - adottare tutti gli atti necessari per il buon funzionamento del mercato e verificare il rispetto del regolamento da parte degli intermediari e degli emittenti; - disporre l’ammissione, l’esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni; - adottare le disposizioni e gli atti necessari per prevenire e identificare abusi di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato; - comunicare alla Consob le violazioni del regolamento del mercato, segnalando le iniziative assunte per la loro eliminazione. Inoltre deve: - istituire e gestire il registro delle operazioni effettuate sul mercato; - provvedere alla gestione e alla diffusione al pubblico delle informazioni e dei documenti che gli intermediari debbono rendere pubblici. Il Regolamento Emittenti emanato dalla Consob stabilisce che “l’emittente o la persona che chiede l’ammissione alla negoziazioni su un mercato regolamentato trasmette alla Consob domanda di autorizzazione alla pubblicazione del prospetto”. Il prospetto ha un contenuto sostanzialmente coincidente con quello generalmente previsto per l’offerta al pubblico di prodotti finanziari. La Consob svolge la propria istruttoria per accertare la completezza e la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto e verificata l’adozione del provvedimento di ammissione a quotazione da parte della società di gestione del mercato, autorizza la pubblicazione del prospetto. Ilprospetto deve essere pubblicato “prima dell’inizio delle negoziazioni o nel caso di sollecitazione 6 giorni prima della chiusura dell’offerente” mediante: - messa a disposizione presso la società di gestione del mercato e presso la sede dell’emittente; - contestuale trasmissione alla Consob e - mediante inserimento in uno o più giornali a diffusione nazionale o a larga diffusione. Nell’ipotesi in cui l’emittente intenda sollecitare il pubblico risparmio per creare il flottante richiesto per l’ammissione alla quotazione, il prospetto di quotazione vale anche come prospetto informativo per l’offerta al pubblico. L’emittente che chiede l’ammissione a quotazione può evitare di redigere e pubblicare il prospetto di quotazione nell’ipotesi in cui, nei dodici mesi precedenti alla domanda, abbia pubblicato o un prospetto informativo diretto all’offerta al pubblico o un prospetto di quotazione in altro mercato regolamentato, avente ad oggetto gli stessi strumenti finanziari dei qualisi chiede la quotazione. Inoltre la pubblicazione del prospetto di quotazione non è richiesta “quandogli strumenti finanziari siano già ammessi alla negoziazione in un altro mercato regolamentato, semprechè la precedente quotazione sia recente e accompagnata dalla necessaria trasparenza”. La Consob esercita un controllo sul mercato e sulla società di gestione allo scopo di accertare che le regole che disciplinano il mercato siano osservate e che la società di gestione svolga le proprie funzioni, ma senza essere titolare di un potere di conformazione generalizzato. Il che non toglie, ovviamente, che per alcune funzioni questo potere sia espressamente sancito, come per quanto concerne la registrazione delle operazioni e la diffusione al pubblico delle informazioni relative aglioperatori. La Consob può chiedere comunicazione anche periodica di dati, notizie e documenti e può eseguire ispezioni; ha dunque poteri di vigilanza informativa ed ispettiva sulla società di gestione. Sulla quale, per altro, non insistono, almeno sul piano formale, regole di vigilanza prudenziale, se non per i profili disciplinati nel regolamento del mercato e che incidano sul corretto funzionamento del mercato o sulla tutela degli investitori, ossia che rientrino nell’ambito della vigilanza sui mercati. In caso di gravi irregolarità nella gestione dei mercati ovvero nell’amministrazione della società di gestione, e comunque in ogni caso in cui lo richieda la tutela degli investitori, il Ministero dell’economia e delle finanze, su proposta della Consob, dispone lo scioglimento degli organi amministrativi e di controllo della società di gestione e provvede alla nomina di un commissario al quale vengono attribuiti i poteri dell’organo amministrativo sciolto. Il commissario dura in carica fino alla ricostituzione degli organi della società ed opera secondo le direttive e sotto il controllo della Consob. Allo scioglimento degli organi sociali può seguire la

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revoca dell’autorizzazione alla gestione del mercato da parte della Consob; questa può revocare taleautorizzazione quando: - la società di gestione non si avvale dell’autorizzazione entro dodici mesi ovvero vi rinuncia espressamente; - la società di gestione ovvero il mercato regolamentato ha cessato di funzionare da più di sei mesi; - la società di gestione ha ottenuto l’autorizzazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare; - la società di gestione ovvero il mercato regolamentato non soddisfa più le condizioni cui è subordinata l’autorizzazione; -la società di gestione ha violato in modo grave e sistematico le disposizioni del T.U. La società di gestione, ormai priva dell’autorizzazione a gestire il mercato deve provvedere, entro sei mesi dalla revoca, o alla modificazione del proprio oggetto sociale o a deliberare il proprio scioglimento; in mancanza è lo stesso Ministero che può disporre lo scioglimento della società e provvedere alla nomina dei liquidatori; liquidatori che potranno essere revocati soltanto dal Ministero stesso. Essenziali per il corretto funzionamento di un mercato regolamentato sono i servizi di compensazione e liquidazione delle operazioni, consistenti, il primo, nella compensazione, fra tutti gli operatori del mercato, delle posizioni che gli stessi hanno assunto, con riferimento ad un determinato titolo, nei confronti di tutti gli altri operatori e, il secondo nella esecuzione dei contratti stipulati, ossia nella consegna dei titoli venduti e nel pagamento del prezzo da parte del compratore. I due servizi sono normalmente connessi, nel senso che la struttura che opera la compensazione delle varie operazioni provvede anche a determinare la posizione netta, positiva o negativa, in titoli o in danaro della quale ciascun operatore a seguito delle avvenute compensazioni risulta titolare nei confronti dell’insieme degli operatori. Ed è proprio con riferimento al debito, in titoli o in danaro, che rimanga a carico di un operatore a seguito delle operazioni di compensazione e liquidazione delle sue posizioni nei confronti dell’insieme degli operatori, che a tali sistemi si accompagna normalmente una struttura che assume l’obbligo di garantire il puntuale adempimento delle obbligazioni assunte dai negoziatori che a tale struttura aderiscono: adesione normalmente obbligatoria per colo che intendono essere ammessi come negoziatori sui mercati regolamentati. Nell’ambito delle operazioni aventi per oggetto gli strumenti finanziari non derivati è necessario distinguere la liquidazione su base lorda dalla compensazione e liquidazione delle operazioni su base netta. Nella prima ipotesi alla liquidazione non si accompagna alcuna compensazione: ogni operazione viene eseguita mediante consegna del danaro o dei titoli al contraente effettivo, nella seconda la liquidazione concerne solo i saldi netti, in strumenti finanziari o in contanti, che ciascun operatore ammesso al sistema di compensazione e liquidazione risulta avere nei confronti di tutti glialtri operatori pure ammessi al sistema. Il Testo Unico stabilisce che il funzionamento sia del servizio di liquidazione su base lorda sia del servizio di compensazione e liquidazione su base netta sia disciplinato dalla Banca d’Italia d’intesa con la Consob. La Banca d’Italia ha così stabilito quali sono i soggetti ammessi al relativo esercizio (banche, imprese di investimento, SGR), quali siano le operazioni prodromiche alla liquidazione e alla compensazione (riscontri e rettifiche su base bilaterale, riscontri e rettifiche dei saldi finali, regolamento dei saldi finali in strumenti e contante). Solitamente il gestore del servizio è la stessa Banca d’Italia che però può incaricare, sentita la Consob, una società autorizzata. Il Testo Unico detta poi norme in tema di sistemi diretti a garantire l’esatto adempimento dei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari non derivati e norme che sipreoccupano di disciplinare sistemi diretti a garantire, non l’esatto adempimento dei singoli contratti in quanto tali, ma il buon fine della compensazione della liquidazione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari. In entrambi i casi la Banca d’Italia, sentita la Consob, può emanare disposizioni concernenti la costituzione e l’amministrazione di fondi di garanzia alimentatida versamenti effettuati dai partecipanti. Di evidente rilevanza per il funzionamento di un mercato èla gestione accentrata degli strumenti finanziari negoziati; gestione accentrata che consenta di dare esecuzione alle negoziazioni senza il trasferimento materiale dei titoli e attraverso la semplice annotazione dei trasferimenti sulle scritture contabili del depositario centrale, presso il quale vengono conservati i titoli oggetto delle negoziazioni. Il Testo Unico precisa che “l’attività di gestione accentrata di strumenti finanziari ha carattere d’impresa ed è esercitata nella forma di società per azioni, anche senza scopo di lucro”. La Consob, d’intesa con la Banca d’Italia, autorizza la società all’esercizio dell’attività di gestione accentrata quando ricorrono i presupposti richiesti

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dallo stesso Testo Unico e la cui determinazione è rimessa alla disciplina regolamentare emanata dalla stessa Consob, d’intesa con la Banca d’Italia e dal Ministro dell’economia e delle finanze. La prestazione dei servizi di gestione accentrata avviene secondo le regole fissate dalla Consob, d’intesa con la Banca d’Italia; regole stabilite dal Regolamento Mercati. Tale regolamento individuagli strumenti finanziari e i soggetti (banche, imprese di investimento, SGR, agenti di cambio, Bancad’Italia, Poste Italiane, Cassa depositi e prestiti) ammessi al sistema, il contenuto minimo dei contratti di deposito, le modalità per la immissione degli strumenti finanziari nel deposito accentrato, le forme e le modalità per la tenuta dei conti dei vari depositanti, rispettando il principio di separatezza fra i conti dei gestori e quelli relativi al servizio di deposito. Sulle società di gestione insiste la vigilanza della Consob e della Banca d’Italia; della prima, per quanto concerne la trasparenza e la tutela degli investitori, della seconda, con riguardo alla stabilità e al contenimento del rischio sistemico; per assicurare l’effettivo conseguimento di tali obiettivi la Consob e la Banca d’Italia “possono richiedere alle società modificazioni della regolamentazione dei servizi idonee a eliminare le disfunzioni riscontrate”. In caso di accertate gravi irregolarità il Ministero dell’economia e delle finanze può disporre lo scioglimento degli organi amministrativi della società di gestione accentrata e la loro sostituzione con uno o più commissari straordinari e in caso di insolvenza ne dispone la liquidazione coatta amministrativa. Il Testo Unico detta poi le regole che disciplinano il contratto di deposito, l’esercizio dei diritti incorporati nei titoli ammessi ne sistema e l’apposizione di vincoli sugli stessi. Gli strumenti finanziari vengono depositati presso uno dei soggetti ammessi al sistema con l’autorizzazione a subdepositare, tramite girata, gli stessi presso la società di gestione accentrata. Il depositante, tramite il depositario, trasmette alla società di gestioneaccentrata le disposizioni per l’annotazione delle operazioni che lo stesso ha effettuato sui titoli immessi nel deposito. Così per quanto concerne gli atti di disposizione, il depositario deve trasferirela quantità di titoli compravenduti dal conto dell’alienante a quello dell’acquirente, che potrà essere sia un cliente dello stesso intermediario o anche cliente di un diverso intermediario. Analogamente ivincoli sugli strumenti finanziari si costituiscono e trasferiscono attraverso la relativa annotazione sul conto del depositante. La società di gestione accentrata dovrà poi rilasciare le certificazioni attestanti i diritti che il depositante vanta sui titoli immessi nel deposito accentrato: così ad es.: per quanto concerne la legittimazione ad intervenire in assemblea, non essendo possibile il deposito materiale del titolo, sarà necessario ottenere dalla società di gestione accentrata, tramite il depositario, la certificazione dei titoli azionari posseduti dal richiedente. La disciplina generale dettata per la gestione accentrata degli strumenti finanziari vale anche per gli strumenti finanziari dematerializzati. Per ciascuna emissione di strumenti finanziari soggetti a dematerializzazione deve essere scelta un’unica società di gestione accentrata; presso la stessa ogni intermediario accende un conto, iil trasferimento degli strumenti finanziari dematerializzati, avviene, ad opera dell’intermediario, attraverso il trasferimento, dal conto dell’alienante a quello dell’acquirente, dellaannotazione dei titoli trasferiti. “Effettuata la registrazione il titolare del conto ha la legittimazione piena ed esclusiva all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari in esso registrati, secondo la disciplina propria di ciascuno di essi e può disporne in conformità con quanto previsto dalle norme vigenti in materia”. Il D.Lgs. n. 164 del 2007 ha cancellato la nozione di mercato non regolamentato ed ha esplicitamente disciplinato due sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati, ossia i sistemi multilaterali di negoziazione e gli internalizzatori sistematici. Un sistema multilaterale di negoziazioni si sostanzia nella predisposizione di un servizio, da parte dell’intermediario, che consenta l’incontro di proposte di vendita e di acquisto, senza che l’intermediario diventi parte dei relativi contratti. Naturalmente l’accesso all’esercizio di un sistemamultilaterale di negoziazione è subordinato all’autorizzazione della Consob, se concerne un’impresadi investimento o una società di gestione di un mercato regolamentato, e della Banca d’Italia, se riguarda una banca, ossia secondo le regole che disciplinano, in generale, l’accesso all’esercizio dei servizi di investimento. Il regolamento intermediari stabilisce che i soggetti che gestiscono un sistema multilaterale di negoziazione predispongono e mantengono: - regole e procedure trasparentie non discrezionali atte a garantire un processo di negoziazione equo ed ordinato nonché criteri obiettivi per un’esecuzione efficace degli ordini; - regole trasparenti concernenti i criteri per la

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selezione degli strumenti finanziari che possono essere negoziati nell’ambito dei propri sistemi; - regole trasparenti, basate su criteri oggettivi, che disciplinano l’accesso al sistema, da parte dei negoziatori; - dispositivi e procedure, efficaci per controllare regolarmente l’ottemperanza alle proprie regole da parte degli utenti; - misure necessarie per favorire il regolamento efficiente delle operazioni concluse nell’ambito del sistema multilaterale di negoziazione. Gli stessi debbono trasmettere alla Consob, al momento della richiesta dell’autorizzazione, l’elenco degli strumenti e degli operatori ammessi alle negoziazioni, nonché un documento che illustri le regole di funzionamento del mercato e le procedure adottate per assicurare l’integrità del sistema è l’ordinato svolgimento delle negoziazioni. La Consob esercita sul sistema una vigilanza ispettiva e informativa e può escludere o sospendere gli strumenti finanziari dalla negoziazione. L’altro canale alternativo ai mercati regolamentati è quello rappresentato dagli internalizzatori sistematici. Per internalizzatore sistematico si intende il soggetto che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per proprio conto eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione. Non costituendo l’internalizzazione un nuovo servizio di investimento, ma la fusione della negoziazione per conto proprio e l’esecuzione di ordini, per l’accesso all’attività, non sarà richiesta una specifica autorizzazione essendo sufficiente l’autorizzazione ad esercitare i servizi dei quali la stessa si compone. Per intraprendere tale attività ètuttavia necessario, almeno 15 giorni prima dell’avvio dell’attività, darne comunicazione alla Consob chiarendo che a) l’attività riveste un ruolo commerciale importante ed è condotta in base a regole e procedure non discrezionali e che b) è accessibile ai clienti su base regolare e continua. Gli internalizzatori pubblicano quotazioni irrevocabili sulle azioni ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato, quando a) esiste un mercato liquido delle stesse; b) le azioni sono ricompresse fra quelle per le quali è prevista la negoziazione da parte dell’internalizzatore e c) l’operazione è di dimensioni pari o inferiore alla dimensione standard del mercato. Se non ricorronoqueste condizioni, gli internalizzatori comunicano le loro quotazioni alla clientela su richiesta della medesima. I mercati regolamentati italiani oggi esistenti sono: - la Borsa; - il Mercato Expandi; - il Mercato MTAX; - il Mercato di borsa per la negoziazione dei contratti futeres e dei contratti di opzione (IDEM); - il Mercato all’ingrosso dei titoli di Stato (MTS); - il Mercato all’ingrosso delle obbligazioni non governative e dei titoli emessi da organismi internazionali partecipati da Stati; - il Mercato TLX. I primi quattro sono gestiti dalla Borsa italiana S.p.A., i successivi due da una stessa società di gestione (MTS S.p.A.) e l’ultimo da una diversa società di gestione (TLX S.p.A.). I quattro mercati gestiti dalla Borsa italiana S.p.A. trovano la propria disciplina nel “Regolamento deimercati organizzati e gestiti dalla Borsa italiana S.p.A.”. Tale regolamento detta norme comuni al Mercato di Borsa, al Mercato Expandi, al Mercato MTAX e al Mercato IDEM, nonché norme speciali per ogni singolo mercato e per i singoli comparti nei quali gli stessi si articolano. L’ammissione alla quotazione avviene su domanda dell’emittente. Il regolamento prevede condizioni di ammissione riferite sia al tipo di strumento finanziario per il quale si chiede l’ammissione alla negoziazione (azioni, obbligazioni, warrant, certificati di fondi chiusi, titoli di stato) sia all’emittente. Per essere ammessi alla quotazione “gli strumenti finanziari devono essere emessi nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e di ogni altra disposizione applicabile”, ma “devonoanche poter essere oggetto del servizio di liquidazione e compensazione e liberamente trasferibili”. Il Regolamento indica poi condizioni di ammissione per ciascuna categoria di titoli. Così, ad es., perle azioni richiede a) che la capitalizzazione di mercato prevedibile sia pari almeno a 40 milioni di euro e b) che vi sia una sufficiente diffusione delle azioni. Le obbligazioni possono essere quotate se sono emesse a fronte di un prestito il cui ammontare residuo sia di almeno 15 milioni di euro o, nel caso di obbligazioni convertibili, di almeno 5 milioni di euro. Il Regolamento di Borsa prevede anche che l’emittente, che non ha altri titoli quotati al mercato ufficiale di Borsa e che chiede l’ammissione alla quotazione di azioni, warrant o quote di fondi chiusi, sia assistito da uno sponsor (banca, impresa di investimento) al quale viene richiesta una serie di attestazioni relative alla qualitàdell’emittente e dello strumento finanziario di cui si chiede l’ammissione a quotazione. Anche i requisiti che debbono presentare gli emittenti variano con il variare del titolo del quale si chiede l’ammissione a quotazione. Così, ad esempio: per la quotazione delle azioni l’emittente deve aver

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pubblicato i bilanci, anche consolidati, degli ultimi tre esercizi di cui almeno uno sottoposto al giudizio della società di revisione e “deve esercitare, direttamente o attraverso le proprie controllate e in condizioni di autonomia gestionale, un’attività capace di generare ricavi” e “l’attivo di bilancio ovvero i ricavi dell’emittente non devono essere rappresentati in misura preponderante dall’investimento o dai risultati dell’investimento in una società la cui azioni sono ammesse alle negoziazioni in un mercato regolamentato. L’ammissione alle negoziazioni può poi essere sospesa orevocata. La società di gestione può sospendere un titolo dalla quotazione “se la regolarità del mercato dello strumento stesso non è temporaneamente garantita o rischia di non esserlo, ovvero se lo richieda la tutela degli investitori”; la sospensione ha la durata massima di diciotto mesi e “decorso tale termine senza che siano venuti meno i motivi che l’hanno giustificata, la Borsa italiana S.p.A. provvede alla revoca dell’ammissione”. Quest’ultima, più in generale, può essere disposta “in caso di prolungata carenza di negoziazione” ovvero quando non sia possibile mantenere un mercato normale o regolare di diritto. L’esclusione dalle negoziazioni può avvenire anche su richiesta dell’emittente (delisting); la stessa, per altro, non è incondizionata ma risulta subordinata al ricorrere di circostanze che consentano l’assenza o quanto meno la minimizzazione dei pregiudizi che potrebbero derivarne per gli investitori. Il regolamento di un mercato può prevedere una serie di obblighi a carico degli emittenti dei titoli quotati; obblighi che si aggiungono a quelli fissati dalla legge e dai regolamenti della Consob. Così il Regolamento della Borsa impone agli emittenti di portare a conoscenza della Borsa italiana, almeno quindici minuti prima dell’invio alle agenzie di stampa, qualsiasi comunicato concernente notizie idonee, se rese pubbliche, ad influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari quotati, che l’emittente intenda diramare durante l’orario di svolgimento delle contrattazioni in borsa; di trasmettere senza indugio alla Borsa italiana le comunicazioni delle partecipazioni rilevanti ricevute dai soci del medesimo emittente; di inviare alla Borsa italiana copia dei comunicati inerenti strumenti finanziari quotati peri quali le vigenti leggi o le delibere emanate dalla Consob prevedono la pubblicazione su quotidiani;di comunicare alla Borsa italiana ogni variazione dell’ammontare e della composizione del proprio capitale sociale e, più in generale, di comunicare tutte le informazioni che la stessa “ritenga utili, di volta in volta o in via generale, al fine del buon funzionamento del mercato”. Non solo, ma il Regolamento prevede anche sanzioni private che possono andare dal semplice richiamo a 100.000 euro di multa.

Il mercato ufficiale di Borsa

Il mercato ufficiale di Borsa si articola in cinque comparti: - il Mercato Telematico Azionario (MTA), sul quale si negoziano azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione, warrant e quote o azioni di OICR chiusi e nell’ambito del quale è stato individuato il “segmento STAR”, riservato alleazioni di società di media capitalizzazione e il “segmento Blue chips”, ossia società con una capitalizzazione di borsa particolarmente elevata; - il Mercato Telematico dei secuiritised derivates (SEDEX) sul quale si negoziano 1) covered warrant, ossia strumenti finanziari, diversi dai warrant, che conferiscono la facoltà di acquistare e/o vendere, alla o entro la data di scadenza, un certo quantitativo dell’attività sottostante ad un prezzo prestabilito ovvero, nel caso di contratti per i qualiè prevista una liquidazione monetaria, di incassare una somma di denaro determinata come differenza tra il prezzo di liquidazione dell’attività sottostante e il prezzo di esercizio; 2) certificates,ossia strumenti finanziari diversi dai covered warrant che replicano l’andamento di un’attività sottostante; - il Mercato after hours (TAH), nel quale si negoziano azioni caratterizzate da particolare liquidità in orari successivi alla chiusura delle contrattazioni diurne; - Il Mercato Telematico dele obbligazioni e dei titoli si Stato (MOT) che ha per oggetto la negoziazione di obbligazioni diverse da quelle convertibili, titoli di Stato, euro-obbligazioni, obbligazioni di emittenti esteri, assed baked securities (ABS), ossia strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione, e altri titoli di debito; - Mercato Telematico degli OICR aperti ed ETC sul quale si negoziano quote o azioni di OICR aperti e di Exchange traded commodities, ossia

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strumenti finanziari emessi a fronte dell’investimento in merci “per le quali esiste un mercato di riferimento caratterizzato dalla disponibilità di informazioni continue e aggiornate sui prezzi delle attività negoziate”. Ai vari comprati del Mercato di Borsa si applicano tutte le norme generali viste prima. Per ciascuno di essi vigono poi norme particolari, ad. es. per quanto concerne le modalità di negoziazione e di rilevazione dei prezzi. Per il comparto MTA il Regolamento prevede che le negoziazioni possano avvenire secondo due modalità: ossia “l’asta di apertura”, che serve per determinare il prezzo di apertura della seduta del mercato, seguita dalla “negoziazione continua” oppure esclusivamente secondo questa seconda modalità che caratterizza il prosieguo della seduta e che consiste nell’abbinamento automatico di proposte di acquisto e di vendita presenti sul mercato eordinate secondo il criterio della priorità temporale. Per quanto riguarda la rilevazione dei prezzi il Regolamento distingue fra il prezzo ufficiale giornaliero e il prezzo di riferimento della giornata e individua il primo nel prezzo medio ponderato dell’intera quantità di titoli negoziati sul mercato durante la seduta e il secondo nel prezzo medio ponderato relativo all’ultimo dieci per cento della quantità dello strumento negoziata nel mercato.

Il Mercato Espandi

Nel mercato Expandi si negoziano per qualsiasi quantitativo azioni, obbligazioni, warrant e diritti diopzione, non ammessi alla quotazione ufficiale di borsa.

Il mercato degli strumenti derivati (IDEM)

Nel mercato IDEM possono essere negoziati contratti futeres e contratti di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici. Gli operatoripossono operare sull’IDEM sia come brokers sia come dealers ed anceh come market makers, i quali si impegnano ad acquistare o vendere a prezzi predeterminati quantitativi di contratti derivati. Le negoziazioni su questo mercato avvengono esclusivamente nella forma della negoziazione continua, che si svolge in una unica fase durante la quale si incrociano le varie proposte contrattuali che vengono ordinate in base al prezzo e, a parità di prezzo, in base alla priorità temporale.

Il mercato MTAX

Sul mercato MTAX vengono quotate le imprese di medie dimensioni che hanno sicure possibilità dicrescita. Vengono negoziati contratti di compravendita di azioni e dei relativi diritti di opzione per qualunque quantitativo: non si prevede che tali contratti siano consentiti solo per quantitativi pari aduna soglia minima e le negoziazioni avvengono secondo il modello dell’asta e quello della negoziazione continua.

Il mercato all’ingrosso dei titoli di Stato (MTS)

Sul MTS sono negoziabili i titoli emessi dalla Stato italiano e da Stati esteri. È un mercato all’ingrosso: gli strumenti finanziari sono negoziati per quantitativi minimi fissati nelle disposizioni di attuazione dalla società di gestione. Piuttosto selettiva è l’ammissione degli intermediari: le banche e le imprese di investimento possono essere ammesse solo se autorizzate all’esercizio del servizio di negoziazione per conto proprio, se dotate di una struttura organizzativa che consenta lorouna corretta operatività sul mercato, e in possesso di un patrimonio netto di almeno dieci milioni di euro. Nell’ambito poi degli operatori ammessi si prevede la categoria degli operatori principali (che debbono avere un patrimonio di almeno 39 milioni di euro e una struttura adeguata per il corretto

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adempimento degli obblighi che fanno loro carico), i quali si assumono l’impegno di formulare, mediante il sistema telematico, in via continuativa, nell’orario e con le modalità stabilite, proposte di acquisto e di vendita in ordine alle specie di strumenti finanziari che verranno assegnate a ciascunoperatore principale dalla società di gestione. Le negoziazioni avvengono secondo il metodo della negoziazione continua, che si protrae per l’intera giornata.

Il mercato all’ingrosso delle obbligazioni non governative

È un mercato all’ingrosso, gestito da MTS S.p.A., strutturato in modo sostanzialmente analogo a quello dei titoli di Stato, alle cui negoziazione i titoli sono ammessi soltanto quando gli stessi “sianostati emessi e diffusi in misura tale da poterne sostenere un mercato all’ingrosso” e tale misura viene indicatimene determinato in 850 milioni di euro. Alle negoziazioni sono ammessi gli stessi operatori che possono operare sul mercato MTS e nell’ambito degli stessi vengono individuati gli operatori principali con il ruolo di market makers.

Il mercato TLX

Sul mercato TLX possono essere quotati i seguenti strumenti finanziari: obbligazioni e altri titoli di debito, obbligazioni convertibili, obbligazioni strutturate, titoli di Stato e titoli atipici; coverei warrant; certificates; quote o azioni di OICR; ABS; combinazioni degli strumenti precedenti, ma non azioni. L’ammissibilità alla quotazione è tuttavia subordinata all’esistenza di un market maker che si impegni a garantirne la liquidità durante le fasi di negoziazione. Possono partecipare alle negoziazioni su TLX i seguenti intermediari: - gli agenti di cambio; - le banche e le imprese di investimento; - la banca centrale di uno stato comunitario; - la Poste Italiane S.p.A. Le contrattazioni sugli strumenti finanziari si svolgono per lotti minimi secondo le modalità della negoziazione continua. Nell’esaminare l’articolazione degli organismi che nel nostro sistema si occupano della compensazione, della liquidazione e della garanzia delle negoziazioni che si svolgono sui mercati regolamentati, è necessario tenere distinte le operazioni su strumenti finanziarinon derivati da quelle su strumenti derivati e, per quanto concerne la liquidazione, ossia il regolamento delle operazioni, è necessario distinguere fra le prestazioni che hanno ad oggetto la consegna di strumenti e quelle che si risolvono in una dazione di danaro. La liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari non derivati, avviene attraverso la compensazione: tutte le posizioni creditorie e debitorie in strumenti finanziari e somme di danaro, delle quali ogni intermediario si ritrova titolare per effetto dei contratti stipulati, sono oggetto di compensazione. Nel nostro sistema i servizi di liquidazione per gli strumenti non derivati vengono svolti dalla società di gestione accentrata “Monte Titoli S.p.A.”. Per effetto della compensazione di tutte le situazioni attive esistenti nei confronti di tutti gli altri operatori, ciascun intermediario risulterà titolare di un saldo, attivo o passivo, nei confronti dell’insieme degli altri operatori, in danaro e/o in titoli. I saldi, passivi o attivi, in strumenti finanziari vengono imputati ai conti che ciascun intermediario intrattiene; e ciascun intermediario deve consegnare a ciascuno degli altri operatori i titoli dei quali risulti debitore. Ogni intermediario risulterà anche creditore o debitore di una somma di danaro e il relativo saldo, attivo o passivo, gli verrà addebitato o accreditato tramite una banca partecipante al sistema dei pagamenti interbancari. L’adempimento puntuale delle obbligazioni, in titoli o in danaro, una volta effettuate le operazioni di compensazione e liquidazione appena descritte, costituisce condizione necessaria del buon funzionamento di un mercato regolamentato. Nel nostro sistema questa funzione è svolta dalla “Cassa di compensazione e garanzia S.p.A.”. Due sono i modelli di garanzia adottati dalla Cassa di compensazione e garanzia: a) la costituzione e gestione da parte della Cassa di un fondo di garanzia, di natura mutualistica, costituito con gli apporti degli intermediari e b) l’assunzione da parte della Cassa del ruolo di controparte, nei singoli rapporti, di ciascuno degli intermediari con sostituzione della stessa nelle posizioni debitorie nei

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loro confronti. Il primo modello può essere adottato solo per le operazioni in strumenti finanziari non derivati, il secondo può essere adottato anche per questi ed è l’unico consentito per le operazioni in strumenti finanziari derivati. L’ampiezza e la qualità delle informazioni fornite agli operatori e il divieto di utilizzazione, nelle negoziazioni, di informazioni riservate costituiscono presupposti necessari per il buon funzionamento dei mercati regolamentati e per l’allocazione ottima del risparmio agli stessi affidato. Di qui l’importanza delle norme che impongono alle società quotate di rendere pubbliche tutte le notizie rilevanti per una corretta valutazione dei titoli dalle stesse emessi e il divieto per coloro che detengano informazioni rilevanti e non ancora pubbliche, di avvalersi di tali informazioni per l’acquisto o la vendita di titoli negoziati sui mercati regolamentati (insider trading). L’art. 114 del T.U. stabilisce che “gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano comunicano al pubblico, senza indugio le informazioni privilegiate di cui all’art. 181 che riguardano direttamente emittenti e le società controllate” e a norma del richiamato 181 “per informazione privilegiata si intende un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di talistrumenti finanziari”. Esempi di informazioni rilevanti che devono essere comunicati sono l’approvazione del bilancio, l’emissione di obbligazioni, la fusione e la scissione, la modificazione dei diritti incorporati nelle azioni e lo scioglimento della società. Le informazioni sono rese pubbliche attraverso un comunicato dell’emittente a) trasmesso alla società di gestione del mercato, che deve metterlo immediatamente a disposizione del pubblico; b) inviato a curo dello stesso emittente ad almeno due agenzie di stampa e c) contemporaneamente trasmesso alla Consob. Il comunicato deve contenere “gli elementi essenziali del fatto in forma idonea a consentire una valutazione completa e corretta degli effetti che esso può produrre sul prezzo degli strumenti finanziari”. A tal fine la Consob può imporre il contenuto del comunicato destinato al pubblico. Gli amministratori della società emittente possono, tuttavia, opporsi alla divulgazione di notizie relativea qualcuno degli eventi rilevanti, assumendo che tale divulgazione arreca grave danno alla società; l’opposizione comporta l’automatica sospensione della comunicazione dell’informazione al pubblico e la Consob, entro sette giorni può escludere anche parzialmente o temporaneamente la divulgazione dell’informazione stessa, sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali. Il legislatore, nello stesso momento in cui impone alla società emittente di rendere pubblica ogni informazione privilegiata, punisce “con la reclusione da uno a seianni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio: - acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime; - comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione odell’ufficio; - raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a)”. La legge sul risparmio del 2005 ha introdotto (art 185 T.U.) il reato di “manipolazione del mercato” stabilendo che “chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazionedel prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euroventimila a euro cinque milioni”. Inoltre, il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato. La manipolazione del mercato è molto simile all’aggiotaggio (art. 2367 cc); la differenza sta nel fatto che la manipolazione riguarda gli strumenti finanziari quotati mentre l’aggiotaggio riguarda quelli non quotati.

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La disciplina delle società con azioni quotate

Il Testo Unico impone una compiuta trasparenza degli assetti proprietari degli “emittenti azioni quotate aventi l’Italia come stato membro”, ossia delle società aventi sede in Italia con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani o di altro stato membro della Comunità europea; trasparenza non solo nei confronti della società quotata partecipata, ma anche nei confronti della Consob e del mercato. L’obbligo di trasparenza non concerne, per altro, una qualsiasi partecipazione ma soltanto quelle che possono avere una incidenza significativa sul potere di gestione della società. L’art. 1 del T.U. stabilisce che per “partecipazioni” si intendono “le azioni,le quote e gli altri strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi o comunque quelli previsti dall’art. 2351, ultimo comma del codice civile”. Questo è dunque il concetto di partecipazione che dovrebbe essere utilizzato anche nella ricostruzione della disciplina che regola gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni sociali (art. 120 T.U.). Questa norma stabilisce che “coloro che partecipano [in una società con azioni quotate] in misura superiore al due per cento del capitale sociale ne danno comunicazione alla società partecipata e alla Consob”, intendendosi per capitale sociale “quello rappresentato da azioni con diritto di voto”.

Criteri di calcolo per le partecipazioni: la Consob

Il Testo Unico ha affidato alla Consob il compito di fissare i criteri per il calcolo delle partecipazioni avendo riguardo anche alle partecipazioni indirettamente detenute e alle ipotesi in cuiil diritto di voto spetta o è attribuito a soggetto diverso dal socio, e la stessa ha stabilito che si computanoa) le azioni detenute attraverso interposte persone, soggetti fiduciari o società controllate nonché quelle che, pur essendo detenute dal soggetto in questione, vedano attribuito il diritto di voto a soggetti interposti, fiduciari o controllati;b) le azioni, originariamente dotate di diritto di voto, che ne risultino private in forza di legge (es. usufrutto) o di contratto;c) nonché le azioni in relazione alle quali il soggetto abbia il diritto di voto pur non essendo socio.Non vengono invece computate le azioni per le quali il diritto di voto è attribuito a un intermediario,nell’ambito dell’attività di gestione del risparmio. Il legislatore ha ritenuto importante imporre trasparenza anche alle variazioni delle partecipazioni rilevanti, sia in aumento sia in diminuzione, demandando, per altro, alla Consob l’individuazione delle variazioni che comportano l’obbligo di comunicazione.E il Regolamento Emittenti ha stabilito che debbano essere comunicati alla società quotata e alla stessa Consob l’avvenuto superamento delle soglie percentuali del 2, 5, 7.5, 10 e successivi multiplidi 5, nonché la riduzione della partecipazione entro le medesime soglie. La comunicazione delle partecipazioni rilevanti e delle relative variazioni non viene effettuata soltanto nei confronti della società quotata e della Consob, ma tramite quest’ultima, viene diffusa al mercato. Più esattamente, la Consob “pubblica le informazioni acquisite entro tre giorni di mercato aperto successivi al ricevimento della comunicazione, tramite strumenti anche informatici di diffusione delle informazioni” e trasmette la medesima informazione alla società di gestione del mercato che provvede a renderla pubblica. Il legislatore ha poi previsto, in caso di omessa comunicazione, oltre ad una sanzione amministrativa, anche una sanzione civile, ossia la sospensione del diritto di voto inerente alle azioni quotate o agli altri strumenti finanziari per i quali sono state omesse le comunicazioni; la sanzione colpisce soltanto le azioni o gli strumenti finanziari eccedenti la soglia enon l’intera partecipazione o l’insieme degli strumenti finanziari. E, secondo un modello legislativo ormai consueto, il legislatore stabilisce l’annullabilità delle deliberazioni assunte con il voto determinante delle azioni o degli strumenti finanziari per i quali l’esercizio del relativo diritto non poteva essere esercitato. Annullabilità che può essere fatta valere anche dalla Consob, entro 6 mesi

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dalla data della deliberazione o della sua iscrizione nel registro delle imprese.

Sempre l’art. 120 T.U. stabilisce che le società con azioni quotate “che partecipano in misura superiore al dieci per cento del capitale in una società con azioni non quotate o in una società a responsabilità limitata, anche estere, ne danno comunicazione alla società partecipata e alla Consob”. Il legislatore vieta le partecipazioni reciproche, che coinvolgono almeno una società quotata, quando superino, da entrambi i lati, la soglia prevista per l’obbligo di comunicazione, più esattamente:a) una società quotata non può partecipare in un’altra società quotata in misura superiore al due per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto se, a sua volta, è partecipata da quest’ultima in misura superiore alla soglia stessa (è tuttavia possibile innalzare il limite al cinque per cento se entrambe le assemblee ordinarie sono favorevoli);b) una società quotata non può assumere una partecipazione superiore al dieci per cento in una società per azioni non quotata o in una società a responsabilità limitata se dalle stesse e partecipata in misura superiore al due per cento ec) ancora una società non quotata non può assumere una partecipazione superiore al due per cento in una società quotata se è partecipata da quest’ultima in misura superiore al dieci per cento.

Nell’ipotesi di partecipazioni reciproche superiori alle soglie sopra indicate “la società che ha superato il limite successivamente non può esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o alle quote o agli strumenti finanziari eccedenti, deve alienarli entro dodici mesi dalla data in cui ha superato il limite” e, in caso di mancata alienazione entro tale termine, “la sospensione del diritto di voto si estende all’intera partecipazione”. Il legislatore ha previsto che “se non è possibile accertare quale delle due società ha superato il limite successivamente, la sospensione del diritto di voto e l’obbligo di alienazione si applicano a entrambe, salvo loro diverso accordo”.Per evitare raggiri della norma il T.U. ha stabilito che “se un soggetto detiene una partecipazione superiore al due per cento del capitale di una società per azioni quotata, questa o il soggetto che la controlla non possono acquisire una partecipazione superiore a tale limite in una società quotata controllata dal primo”. Il limite all’assunzione di partecipazioni reciproche potrebbe rappresentare una formidabile arma antiscalata.Per questo motivo il T.U. stabilisce che i limiti all’assunzione di partecipazioni reciproche non si applicano quando i predetti limiti siano superati “a seguito di un’offerta pubblica di acquisto diretta a conseguire almeno il sessanta per cento delle azioni ordinarie”. L’esistenza di un patto parasocialepuò incidere profondamente sull’assetto dei diritti proprietari sotto il profilo sia della loro circolazione (sindacati di blocco) sia della loro effettiva rilevanza nella gestione (sindacati di voto).

Il Testo Unico prende in considerazione i patti, in qualunque forma stipulati, “aventi per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società quotate e nelle società che le controllano” nonché quelli:- che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l’esercizio del diritto di voto nelle societàcon azioni quotate e nelle società che le controllano;- che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse;- che prevedono l’acquisto delle azioni o degli strumenti finanziari previsti dalla lettera b);- aventi per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società;- volti a favorire o a contrastare il conseguimento degli obiettivi di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio, ivi inclusi gli impegni a non aderire ad un’offerta.Questi patti assumono rilevanza solo se riguardano le società con azioni quotate e le società che le controllano.

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I possibili patti parasociali

I possibili tipi di patti parasociali sono dunque quattro:

- sindacato di voto: nell’oggetto del contratto si specifica per quale tipo di voto il sindacato si riunisce. Tutti i partecipanti al sindacato di voto si impegnano a votare in un certo modo nell’assemblea successiva. Se il sindacato delibera a maggioranza, es. 5 si e 3 no, in assemblea si voteranno 8 si. Se chi ha votato no durante la delibera del sindacato vota no anche in assemblea il voto è valido ma dovrà risarcire i colleghi del sindacato per inadempienza contrattuale;- sindacato di consultazione: gli azionisti che lo stipulano si impegnano a consultarsi prima delle assemblee determinate dall’oggetto del contratto;- sindacato di blocco: accordo con il quale i partecipanti si impegnano a non vendere le proprie azioni per un tempo determinato, che può essere massimo tre anni rinnovabili alla scadenza. Lo scopo di questo sindacato è quello di non cambiare il controllo della società;- sindacato di governo: ha ad oggetto determinate strategie aziendali.

Il Testo Unico prevede che i predetti patti siano:- comunicati alla Consob entro cinque giorni dalla stipulazione (o dalle modifiche di esso);- pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana entro dieci giorni dalla stipulazione;- depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società a sede legale entro quindici giorni dalla stipulazione.

Sanzioni civili per il mancato adempimento degli obblighi di pubblicità

Due sono i tipi di sanzione civile che il Testo Unico prevede per il mancato adempimento anche di uno soltanto dei predetti obblighi di pubblicità:- la nullità del patto e la sospensione del diritto di voto inerente alle azioni quotate per le quali non sono stati adempiuti i predetti obblighi, con la conseguente annullabilità delle deliberazioni assembleari assunte con il voto determinante delle relative azioni- annullabilità che può essere fatta valere anche dalla Consob.Per quanto concerne la durata il Testo Unico ha previsto che i patti possano essere sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato.Nella prima ipotesi “ciascun contraente ha diritto di recedere dal patto con un preavviso di sei mesi”, nella seconda la durata massima consentita è di tre anni (5 per le società aperte) e il patto si intende stipulato “per tale durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore”; in questo caso è possibile recedere prima della scadenza solo per giusta causa.

L'assemblea delle società

Per quanto riguarda l’assemblea delle società quotate il Testo Unico aveva introdotto norme chea) facilitano la convocazione dell’assemblea;b) arricchiscono l’informazione fornita ai soci;c) consentono l’esercizio del voto per corrispondenza;d) assicurano un regime trasparente alla raccolta delle deleghe di voto;e) favoriscono i raggruppamenti fra azionisti;f) attribuiscono alle minoranze che partecipano alla riunione assembleare la capacità di condizionare l’assunzione di una deliberazione assembleare.Alcune di queste discipline, come quelle relative alle deleghe di voto (art. 136 ss.), al voto per corrispondenza (art. 127) e all’informazione dei soci (art. 130), non sono state interessate dalla riforma e continuano a differenziare la disciplina delle società quotate da quella delle società per

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azioni non quotate.

Norme che caratterizzano l’assemblea delle società quotate

Esaminiamo ora le norme che caratterizzano l’assemblea delle società quotate- Non è consentita la convocazione con formalità diverse dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale o su un quotidiano indicato nello statuto;- L’assemblea dei soci può essere convocata anche dal collegio sindacale, o da almeno due membri del collegio, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione;- I soci hanno diritto di prendere visione di tutti gli atti depositati presso la sede sociale per assemblee già convocate e di ottenerne copia a proprie spese;- Il periodo che deve intercorrere fra la pubblicazione dell’avviso di convocazione e il giorno fissatoper la riunione è di trenta giorni;- I soci che rappresentino, anche congiuntamente, un quarantesimo del capitale sociale, possono chiede, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione, l’integrazione dell’elenco delle materie all’ordine del giorno, indicando gli argomenti che dovrebbero essere sottoposti alla decisione dell’assemblea;- Poiché le azioni di una società quotata sono necessariamente dematerializzate e in gestione accentrata, il deposito in sede prima di un’assemblea è sostituito da una comunicazione dell’intermediario che tiene i conti;- In prima convocazione l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea;- In seconda convocazione l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea;- Nelle convocazioni successive alla seconda il quorum costitutivo è pari a un quinto del capitale sociale, salvo che lo statuto richieda una quota di capitale più elevata; il quorum deliberativo rimaneinvece invariato;- La legittimazione ad impugnare le deliberazioni spetta soltanto ai soci che rappresentino almeno l’1 per mille del capitale sociale e, inoltre, l’invalidità delle deliberazioni di aumento del capitale sociale non può essere pronunciata dopo che sia stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento è stato anche parzialmente eseguito.

Allo scopo di consentire che all’assunzione delle deliberazioni assembleari concorrano anche i socieche non ritengono di intervenire alla relativa riunione, il Testo Unico ha previsto che il diritto di voto possa essere esercitato anche per corrispondenza. Più esattamente ha stabilito (art. 127) che “l’atto costitutivo può prevedere che il voto in assemblea sia esercitato anche per corrispondenza”, demandando al potere regolamentare della Consob la determinazione delle “modalità di esercizio del voto e di svolgimento dell’assemblea”.La Consob ha così stabilito che l’avviso di convocazione dovrà contenere l’avvertenza che il voto può essere esercitato anche per corrispondenza, le modalità e i soggetti presso cui richiedere la scheda e il termine entro il quale quest’ultima deve pervenire al destinatario; copia dell’avviso deve essere inviata dalla società emittente alla società di gestione accentrata; questa ne informa i depositare che, a loro volta, ne danno comunicazione agli azionisti. L’informazione degli azionisti sul loro diritto di esercitare il voto anche per corrispondenza è affidata al comportamento della società di gestione accentrata e degli intermediari depositari.Documento cardine per l’esercizio del diritto di voto è la scheda di voto, che l’emittente, anche tramite depositari, deve consegnare a chiunque, legittimato a partecipare all’assemblea, ne faccia

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richiesta. La scheda di voto è predisposta in modo da garantire la segretezza del voto fino all’inizio dello scrutinio e contiene l’indicazione della società emittente, degli estremi della riunione assembleare, delle generalità del titolare del diritto di voto con la specificazione del numero di azioni possedute, delle proposte di deliberazione, l’espressione del voto, la data e la sottoscrizione. Ivoti espressi per corrispondenza sono computati al fine della determinazione dell’eventuale quorum costitutivo e debbono restare segreti fino all’inizio dello scrutinio. Il Testo Unico ha operato due interventi importanti in materia di deleghe di voto, ossia in materia di “conferimento della rappresentanza per l’esercizio del diritto di voto nelle assemblee”. Il primo, riguardante le società non quotate, consiste nella eliminazione delle norma che vietava alle banche di essere delegate ad esercitare il diritto di voto. Il secondo, limitato alle società quotate, concerne la sollecitazione e la raccolta delle deleghe. Secondo il dettato del T.U., per sollecitazione delle deleghe si intende la “richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta alla generalità degli azionisti” da parte di un committente, ossia da parte di un soggetto o di più soggetti che congiuntamente “promuovono la sollecitazione richiedendo l’adesione a specifiche proposte di voto”, mentre per raccolta di deleghe si intende “la richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata dalle associazioni di azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati”.

Quindi, mentre la sollecitazione tende ad acquisire adesioni ad una proposta di delibera formulata dal committente, la raccolta tende piuttosto a rendere possibile ai piccoli azionisti di concorrere alla formazione della volontà assembleare indipendentemente dal fatto che gli stessi siano contrari o favorevoli ad una determinata proposta. Tra i vincoli che incontra il conferimento della delega nelle società quotate è necessario ricordare quelli in base al quale a) “la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee” b) nella delega deve essere scritto il nome del delegato. Vediamo più da vicino le norme che il T.U. e la Consob hanno dettato rispettivamente per la sollecitazione e per la raccolta delle deleghe di voto. La sollecitazione è effettuata da un intermediario, su incarico di un committente, mediante la diffusione di un prospetto e di un modulo di delega.

Il T.U. prevede, dunque, che vi sia un soggetto (committente) che assume l’iniziativa di promuovereuna sollecitazione di deleghe di voto e un intermediario che effettua, in concreto, la sollecitazione delle deleghe presso la generalità dei soci “su incarico del primo”. E impone requisiti per l’assunzione sia del ruolo di committente (deve possedere almeno l’un per cento del capitale e deve risultare iscritto da almeno sei mesi nel libro dei soci) sia della funzione dell’intermediario (riservata a imprese di investimento, banche, SGR e SICAV).

La raccolta delle deleghe di voto è consentita alle associazioni di azionisti che- siano costituite con scrittura privata autenticata; - non esercitino attività di impresa;- siano composte da almeno cinquanta persone fisiche ciascuna delle quali sia proprietaria di un quantitativo di azioni non superiore allo 0,1 per cento del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto.

L’associazione che intenda promuovere una raccolta di deleghe nei confronti dei propri associati deve darne notizia con comunicato stampa e deve informarne la Consob, la società emittente e la società di gestione del mercato. La raccolta viene effettuata direttamente dall’associazione, senza il ricorso ad un intermediario e senza la pubblicazione di alcun prospetto, come previsto per la sollecitazione, ma attraverso la consegna agli associati della documentazione predisposta dall’emittente in vista dell’assemblea e del modulo di delega.La riforma del diritto societario del 2003 ha previsto tre modelli per l’amministrazione ed il controllo interno delle società per azioni: quello tradizionale, quello monastico e quello dualistico. Anche per le società quotate, come per tutte le società per azioni, la scelta dell’uno o dell’altro modello comporta una distribuzione diversa delle funzioni di amministrazione e di controllo; per le quotate lo stesso non incide invece sul controllo contabile, comunque riservato ad una società di

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revisione esterna.Le norme dettate dalle riforme del diritto societario rilevanti per l’amministrazione delle società quotate che abbiano adottato il modello tradizionale sono del tutto marginali. Ciò non toglie che alcune norme di diritto comune trovino proprio nelle società quotate il loro naturale se non privilegiato campo di applicazione. Così, per quanto concerne i requisiti per l’assunzione della carica di amministratore, sarà soprattutto nelle quotate che potrà assumere qualche rilevanza la norma che consente allo statuto di “subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati. Importanti sono invece le norme dettate per il consigliodi amministrazione delle società quotate dalla legge n. 262 del 2005 che ha inserito nel T.U. gli artt. 147 ter, 147 quarter e 147 quinquies.

L’art. 147 ter impone agli statuti delle società quotate di prevedere “che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati” e di determinare “la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale”. La stessa norma aggiunge che “almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza, che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti”. Lo stesso art. 147 ter stabilisce poi che, almeno uno dei componenti del Consiglio di amministrazione ovvero due se il Consiglio di amministrazione sia composto da più di sette componenti devono possedere i requisiti di indipendenza [previsti per i sindaci], nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. La riforma del diritto societario non ha modificato il ruolo che il T.U. aveva attribuito al collegio sindacale e, in particolare, ha conservato in vigore le norme che quest’ultimo aveva dettato allo scopo di rafforzarne la capacità dicostringere gli amministratori, le strutture aziendali e, in definitiva, anche l’assemblea dei soci a tenere comportamenti esclusivamente ed efficacemente proiettati al perseguimento dell’interesse sociale.Il ruolo del collegio sindacale nelle società quotate è, quindi, delineato ancora tuttora in termini, almeno formalmente, diversi da quelli nei quali viene definito dal diritto comune. Il collegio sindacale continua ad essere un organo che opera nell’interesse dei soci e, sotto questo profilo, lo stesso è custode del rispetto dell’interesse sociale da parte, soprattutto, degli amministratori. Il che rimane vero anche se il collegio deve comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza: questo dovere non fa del collegio sindacale un organo deputato a perseguire gli interessi propri dell’attività di vigilanza della Consob e, tanto meno, un soggetto incaricato, da quest’ultima, di svolgere una frazione di tale attività. A suo carico esiste soltanto un dovere di informazione nei confronti dell’autorità di vigilanza. Le linee di politica legislativa seguite dal Testo Unico nella riforma del collegio sindacale possono così riassumersi.

Il legislatore:- ha cercato di favorirne l’indipendenza, nei confronti dei gruppi di controllo, e l’efficienza operativa;- ne ha esplicitato le funzioni attraverso una puntuale indicazione dei doveri;- ne ha notevolmente rafforzato i poteri di informazione nei confronti degli altri organi sociali e nei confronti della struttura aziendale, nonché di convocazione dei predetti organi e di avvio del controllo giudiziario;- nel contempo lo ha liberato dall’obbligo, previsto dal codice civile, del controllo contabile e di assicurare la corrispondenza del bilancio alle scritture contabili; controllo definitivamente e compiutamente attribuito alle società di revisione.

L’art. 148 del T.U. riserva allo statuto l’individuazione del numero dei sindaci (un numero non

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inferiore a tre), ha attribuito alla Consob il potere di stabilire “con regolamento le modalità per l’elezione di un membro effettivo del collegio sindacale ad parte di soci di minoranza” ed ha stabilito che “il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza”. Anche in materia di limiti al cumulo degli incarichi all’autonomia statutaria è stato sostituito il potere regolamentare della Consob. A norma, infatti, del nuovo art. 148 bis, la Consob “con regolamento” stabilisce limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e di controllo che i componenti del collegio sindacale possono assumere e li stabilisce “avendo riguardo all’onerosità e alla complessità di ciascun tipo di incarico, anche in rapporto alla dimensione della società, al numero e alla dimensione delle imprese incluse nel consolidamento, nonché all’estensione e all’articolazione della sua struttura organizzativa”.

Il Testo Unico ha poi precisato che “non possono essere eletti sindaci e, se eletti decadono dall’ufficio:- coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 2382 c.c.;- il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;- coloro che sono legati alla società od alle società da questa controllate od alle società che la controllano od a quelle sottoposte a comune controllo ovvero dagli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b), da rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne compromettano l’indipendenza”.

Il collegio sindacale vigila:- sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo;- sul rispetto dei principi di corretta amministrazione;- sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione; d) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi”. Il Testo Unito si è preoccupato di accentuare i poteri del collegio sindacale e anche dei singoli componenti del collegio.

Lo ha fatto anzitutto sotto il profilo dei doveri di informazione che incombono, nei loro confronti, sugli amministratori. Questi infatti debbono riferire “tempestivamente, secondo le modalità stabilitedall’atto costitutivo e con periodicità almeno trimestrale, al collegio sindacale sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società e dalle società controllate; in particolare, riferiscono sulle operazioni nelle quali essi abbiano un interesse, per conto proprio o di terzi o che siano influenzate dal soggetto che esercita l’attività di direzione e di coordinamento”.Ma il flusso delle informazioni che dagli amministratori debbono pervenire al collegio non è affidato soltanto al dovere degli amministratori di riferire. I sindaci, infatti, possono “anche individualmente procedere in qualsiasi momento ad atti d’ispezione e di controllo, nonché chiedere agli amministratori notizie anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate”.Ma un flusso informativo si diparte anche dal collegio sindacale verso l’assemblea, alla quale il collegio deve riferire “sull’attività svolta e sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati” e alla quale “può fare proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione” nonché in ordine “alle materie di propria competenza”. Al collegio e ai suoi componenti sono poi attribuiti alcuni importanti poteri di iniziativa. Così il collegio sindacale può, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l’assemblea dei soci, e ciascun sindaco può convocare

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il consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo, anche se tale potere dovrà essere esercitato per sottoporre alla valutazione dell’organo convocato soltanto materie che rientrano nell’ambito della competenza dei sindaci. Il collegio sindacale dovrà comunque convocare immediatamente l’assemblea dei soci quando abbia ricevuto denuncia di fatti censurabili da tanti soci che rappresentano un cinquantesimo del capitale sociale e abbia accertato che la denuncia è fondata e vi sia urgente necessità di provvedere. Oltre al sistema tradizionale possono essere adottati il sistema dualistico (assemblea, consiglio di sorveglianza e consiglio di amministrazione) e monistico (assemblea, consiglio di amministrazione e comitato per il controllo sulla gestione costituito al suo interno). Entrambi i sistemi hanno le fondamenta del sistema tradizionale. Per quanto riguarda l’Italia questi due sistemi sono poco utilizzati; il dualistico non piace a causa della separazione che si crea tra proprietà e controllo (è infatti il consiglio di sorveglianza a nominare gli amministratori e non l’assemblea) mentre il monistico è di difficile attuazione in quanto è necessario che un terzo degli amministratori non esecutivi abbia i requisiti di indipendenza dalla società (cosa piuttosto rara in Italia). La legge sulla tutela del risparmio impone agli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine la nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, con adeguati poteri e correlate responsabilità in ordine alla corrispondenza al vero di tali documenti.

A norma dell’art. 154 bis “lo statuto prevede le modalità di nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo”. La nomina di siffatto dirigente è, dunque, obbligatoria ma lo statuto può liberamente stabilire le modalità della stessa, con un solo vincolo: la stessa deve essere sottoposta al previo parere dell’organo di controllo. Il dirigente ha anzitutto un preciso compito organizzativo: egli predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario. Ha poi funzioni di attestazione, con relativa assunzione di responsabilità, della corrispondenza delle informazioni rese pubbliche alla contabilità sociale. Più esattamente gli atti e le comunicazioni dellasocietà diffusi al mercato, e relativi all’informativa contabile della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta dal dirigente preposto alla redazione di documenti contabili societari, che ne attesta la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili. Un ruolo importante nel governo delle società quotate è attribuito alla società di revisione contabile.Questo ruolo non può essere svolto da qualunque società di revisione, essendo riservato alle società di revisione iscritte nell’Albo speciale tenuto dalla Consob e sottoposte al controllo della medesima.Scopo della vigilanza sono l’indipendenza e l’idoneità tecnica e, sotto il primo profilo, svolge un ruolo determinante la incompatibilità fra attività di revisione contabile e quella di consulenza, divieto di prospetto dalla esclusività dell’oggetto sociale della società di revisione, ma facilmente aggirabile con l’affidamento della consulenza a strutture giuridiche autonome ma appartenenti allo stesso gruppo. E proprio allo scopo di evitare tale aggiramento, la legge sulla tutela del risparmio haattribuito alla Consob il compito di individuare i criteri per stabilire l’appartenenza di un’entità alla rete di una società di revisione.

La revisione contabile del bilancio della società

Il ruolo più importante che la società di revisione svolge nel governo della società è rappresentato dal dovere-potere della stessa di effettuare la revisione contabile della società medesima. L’attività di revisione si articola a sua volta in due tipi di attività delle quali l’una concerne l’intero esercizio sociale e l’altra il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato. Più esattamente, la società di revisione verifica a) nel corso dell’esercizio, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili; b) che il bilancio di esercizio e il bilancio

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consolidato corrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano. Spetterà, dunque, alla società di revisione nel corso dell’esercizio accertare se la contabilità sociale è tenuta secondo i principi formali e sostanziali dettati dalle norme e dai principi contabili generalmente accettati e se la contabilità abbia correttamente registrato i fatti di gestione; il che comporta, come è ovvio, una valutazione, di questi ultimi per verificare se gli stessi siano stati correttamente rilevati dalle scritture contabili d’impresa. Solo un controllo sulla correttezza delle registrazioni di base consente poi al bilancio di fornire anche al mercato una rappresentanza fedele della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società quotata. L’attività di revisione effettuata nel corso dell’esercizio pone la società di revisione nella condizione di svolgere la seconda delle funzioni che le competono: verificare che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato riflettano esattamente le risultanze delle scritture contabili e registrino anche gli accertamenti che la stessa ha svolto sulla fedeltà delle registrazioni contabili di base. Per l’espletamento di queste attività la società di revisione ha diritto di ottenere dagli amministratori della società documenti e notizie utili alla revisione e può procedere ad accertamenti, ispezioni e controlli, oltre ad avere un potere-dovere di scambio di informazioni con ilcollegio sindacale.

La verifica della società di revisione sulla corrispondenza del bilancio di esercizio e di quello consolidato alle scritture contabili e sulla loro conformità alle norme che li disciplinano, sfocia in ungiudizio che la società di revisione esprime in una apposita relazione, che deve essere depositata e rimanere depositata presso la sede sociale durante i quindici giorni precedenti l’assemblea o la riunione del consiglio di sorveglianza che approva il bilancio e finché il bilancio non è approvato.

Il T.U. ha previsto quattro tipi di giudizio sul bilancio: - un giudizio senza rilievi, se il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato sono conformi alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione; - un giudizio con rilievi, quando nell’insieme il bilancio sia conforme alle regole che ne disciplinano la redazione ed offra una fotografia sostanzialmente corretta della situazione finanziaria economica e patrimoniale della società, ma sussistano alcune deviazioni da quelle norme, deviazioni che il revisore indica nella relazione; - un giudizio negativo, quando le deviazioni da quelle norme siano tali da compromettere la capacità rappresentativa del bilancio;- infine la società rilascia una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio quando i limitiinterposti all’attività di verifica non consentono alla stessa di disporre delle informazioni necessarie per valutare l’attendibilità delle appostazioni e delle valutazioni del bilancio.

E in caso di giudizio negativo o di dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio, la societàdi revisione deve informare immediatamente la Consob. Il tipo di giudizio formulato dalla società direvisione incide anche sulla disciplina della deliberazione di approvazione del bilancio. Nell’ipotesi infatti in cui la società di revisione abbia espresso un giudizio senza rilievi o un giudizio con rilievi, la deliberazione dell’assemblea che approva il bilancio d’esercizio può essere impugnata per mancata conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione soltanto da tanti soci che rappresentano almeno il cinque per cento del capitale sociale. Se invece c’è stato un giudizio negativo o una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio, la delibera di approvazione può essere impugnata anche dal possessore di un’unica azione. La delicatezza e l’importanza della funzione di revisione contabile rende facilmente ragione del regime previsto per la loro responsabilità e per il conferimento e la revoca del loro incarico. Sotto il primo profilo il T.U. dichiara che la società di revisione deve adempiere i propri doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; è responsabile della verità delle proprie attestazioni e deve conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui ha conoscenza per ragione del proprio ufficio.

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Da particolari cautele è accompagnato anche il conferimento dell’incarico di revisione contabile; pur essendo un atto astrattamente riconducibile all’amministrazione della società, lo stesso è riservato all’assemblea di bilancio che deve determinare il compenso e deve essere preceduto dal pare del collegio sindacale. Allo scopo di conservare alla società di revisione il necessario distacco nei confronti della società per la quale svolge l’attività di revisione, il legislatore ha ritenuto necessario porre un limite alla durata dell’incarico. L’incarico ha durata di nove esercizi e non può essere rinnovato o nuovamente conferito se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. L’incarico di revisione può essere revocato dall’assemblea solo per giusta causa e dovrà essere accompagnato dal conferimento di un nuovo incarico ad altra società di revisione. La Consob può sia vietare il conferimento dell’incarico sia disporne la revoca d’ufficio qualora siano rilevate delle incompatibilità.

La cessazione della quotazione di una società sul un mercato

La condizione di società quotata, cessa, ovviamente, con il venir meno della quotazione dei titoli emessi dalla stessa da tutti i mercati regolamentati. La cessazione della quotazione su un mercato può avvenire o a seguito di esclusione della società dal mercato stesso, per incorporazione della società quotata in una società non quotata, per la fusione propria di una quotata che dia vita ad una società non quotata o, infine, su richiesta della società quotata (delisting).

Le ipotesi di esclusione sono previste dal regolamento del mercato. L’avvenuta esclusione non comporta alcuna tutela (e tanto meno il diritto di recesso) per gli azionisti diversi da quelli di risparmio; per questi ultimi invece, il T.U. pretende che lo statuto disciplini i diritti loro spettanti in caso di esclusione dalla quotazione delle azioni ordinarie o di quelle di risparmio. Lo status di società quotata cessa nel momento in cui la stessa venga incorporata da altra società non quotata. In tal caso hanno diritto al recesso i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione. La perdita dello status di società quotata può essere anche la conseguenza di una richiesta in tal senso della stessa società emittente.

Il Testo Unico, infatti, con norma che riguarda soltanto le società italiane quotate in un mercato regolamentato italiano prevede che queste possano “previa deliberazione dell’assemblea straordinaria”, “richiedere l’esclusione dalle negoziazioni dei propri strumenti finanziari, secondo quanto previsto dal regolamento del mercato, se ottengono l’ammissione su un altro mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’Unione Europea, purché sia garantita una tutela equivalente degli investitori, secondo i criteri stabiliti dalla Consob con regolamento”. La Consob ha stabilito che “l’esclusione dalle negoziazioni di azioni ordinarie è in ogni caso condizionata all’esistenza nel mercato di quotazione di una disciplina dell’offerta pubblica di acquisto obbligatoria applicabile all’emittente nel caso di trasferimento di partecipazioni di controllo ovvero all’esistenza di condizioni valutate equivalenti dalla Consob.

E, nell’ipotesi in cui vengano soddisfatte queste condizioni, il socio dissenziente (o assente) dalla deliberazione assembleare che approva la richiesta di delisting, non ha certamente il diritto di recedere dalla società: la liquidabilità del suo investimento è comunque assicurata. Il Testo Unico detta una disciplina speciale per gli enti che abbiano emessi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ma non quotati e, in particolare, impone loro norme dirette ad assicurare al pubblico e alla Consob la conoscenza dei fatti gestionali più importanti.

Più esattamente il T.U. impone a questa categoria di soggetti i medesimi obblighi di informazione societaria previsti per le società quotate dagli artt. 114 e 115 dello stesso T.U.: essi dovranno perciò comunicare al pubblico tutte le informazioni privilegiate che le riguardano, ossia le informazioni

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precise che, se rese pubbliche, potrebbero influenzare in modo sensibile le quotazioni di mercato, e sono esposti alla vigilanza informativa ed ispettiva della Consob. Inoltre devono sottoporre il bilancio d’esercizio e quello consolidato al giudizio della società di revisione, come le società quotate. Il T.U. ha attribuito alla Consob il potere di stabilire i criteri per l’individuazione delle ipotesi in cui può ritenersi che un emittente abbia propri strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante e la Consob ha individuato criteri diversi con riferimento alle azioni e alle obbligazioni. Le obbligazioni si considerano diffuse in misura rilevante quando l’emittente abbia unpatrimonio netto non inferiore a cinque milioni di euro e il numero degli obbligazionisti sia superiore a 200. sono invece considerati emittenti azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani i quali, contestualmente a) abbiano azionisti diversi da soci di controllo in numero superiore a 200 che detengano complessivamente una percentuale del capitale sociale almeno pari al 5%; b) non abbiano la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435 bis cc; possibilità consentita alle società che abbiano un fatturato, un patrimonio nettoe un numero di dipendenti inferiore alle soglie fissate da questa stessa norma.

I CONTROLLI SUL MERCATO MOBILIARE

I poteri di controllo sul mercato mobiliare sono riservati, essenzialmente al Ministro dell’Economia e delle finanze, alla Banca d’Italia e alla Consob, nonché, per i mercati regolamentati, alla società digestione di tali mercati. Naturalmente il Ministro dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia non esauriscono le proprie competenze nell’esercizio di funzioni di vigilanza sul mercato mobiliare,mentre la Consob trova la propria ragion d’essere proprio ed esclusivamente nello svolgimento di tali funzioni. I poteri attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze si possono distinguere in poteri che il Ministro ha nei confronti della Consob e poteri che allo stesso competono con riferimento alle attività e agli operatori del mercato mobiliare. Per quanto concerne i secondi ricordiamo che al Ministro dell’economia e delle finanze spettano poteri normativi (determinazione dei requisiti di onorabilità e di professionalità dei soci rilevanti e degli esponenti aziendali) nei confronti delle società di gestione dei fondi comuni, delle SICAV, delle Sim e delle società di gestione dei mercati regolamentati; nonché poteri autorizzatori (dei sistemi di indennizzo a favore degli investitori: art. 59 T.U.) e poteri sanzionatori (amministrazione straordinaria e liquidazione coatta) nei confronti delle società di gestione dei mercati regolamentati. Alla Banca d’Italia sono attribuiti poteri normativi e di vigilanza sulle società di gestione dei fondi comuni, sulle SICAV e sui patrimoni dagli stessi gestiti, sulle Sim e sulle banche, per quanto concerne lo svolgimento di servizi di investimento, nonché sui sistemi di indennizzo istituiti a favore dei risparmiatori che accedono a questi ultimi. La Consob esercita una vigilanza esclusiva sulle operazioni di appello al pubblico risparmio “avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali”. Alla stessa viene riservato un ruolo importante nella vigilanza sui fondi comuni e sulle SICAV, e di grande rilievo sono poi le attribuzioni che la Consob ha nella vigilanza prudenziale sulle Sim e sulle banche che prestano servizi di investimento. Nell’uno come nell’altro caso le competenze della Consob sono concentrate sull’osservanza di obblighi di informazione e di correttezza ai quali debbono uniformarsi i comportamenti dei gestori in monte e delle Sim. Pressoché esclusiva è, poi, la vigilanza della Consob sui mercati regolamentati, sulle società di gestione degli stessi, sugli intermediari ammessi alle relative negoziazioni e sugli emittenti che su quei mercati vengono quotati, e in particolare sulle informazioni che gli stessi debbono fornire al pubblico. Finanza strutturata Per comprendere le operazioni di finanza strutturata è necessario fare una premessa sul concetto di patrimonio destinato e finanziamento destinato. Il patrimonio destinato sta alla base di tutte le operazioni di cartolarizzazione e sta alla base anche della disciplina dei fondi pensione. Il finanziamento destinato è fondamentale per capire le operazioni di finanza di progetto. Patrimonio destinato e finanziamento destinato sono stati ridisciplinati all’interno del codice civile a seguito della riforma societaria. Al patrimonio destinato sono dedicati ben 10 art (2447 ss.). Il codice civile lo definisce come patrimonio destinato ad uno specifico affare. Che cos’è un patrimonio dedicato ad

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uno specifico affare? Innanzitutto può essere costituito un patrimonio destinato dentro una spa. Gli amministratori di una spa possono deliberare di costituire un patrimonio destinato ad uno specifico affare all’interno del patrimonio della società. Quindi, primo punto: competenza degli amministratori. All’interno del patrimonio sociale viene quindi individuato un insieme di beni, un insieme di contratti, un insieme di valori, che devono essere utilizzati esclusivamente per un unico affare (es. società immobiliare. Gli amministratori possono creare all’interno del patrimonio sociale un piccolo patrimonio destinato a realizzare un complesso residenziale). Oggetto del patrimonio destinato: il patrimonio destinato ha un suo specifico oggetto che però deve essere parte del oggetto sociale della società. Secondo punto: l’oggetto del patrimonio destinato non può essere qualcosa di diverso dall’oggetto sociale della società. I patrimoni destinati possono essere costituiti entro limiti ben precisi. Il limite complessivo è del 10% del patrimonio netto. Oltre questo limite non è possibileandare per motivi di stabilità del patrimonio generale. Con i patrimoni destinati la società può crearedelle linee di attività ognuna delle quali ha il suo patrimonio a disposizione. Per creare il patrimoniodestinato serve una delibera degli amministratori la quale deve essere accompagnata un piano economico finanziario molto dettagliato dal quale risulti 1) l’obiettivo dell’operazione, 2) che il patrimonio è congruo allo scopo. La delibera deve essere iscritta nel registro delle imprese in modo che i creditori sociali possano opporsi entro 60 giorni. Creando un patrimonio destinato infatti l’impresa mette da parte determinati beni sui quali i creditori sociali non possono rivalersi. Fino a che punto si spinge l’isolamento del patrimonio destinato rispetto al patrimonio generale? Si spinge molto in là. Si possono creare anche azioni legate al patrimonio destinato o anche, ma qualcuno lo nega, strumenti finanziari legati al patrimonio destinato. Supponiamo che ci sia una insolvenza del patrimonio destinato. Che cosa succede? Questo è il punto limite dinnanzi al quale cade l’organizzazione. Non si può avere insolvenza con dichiarazione di fallimento del patrimonio destinato senza che questo si tiri dietro il fallimento generale della società. L’insolvenza è quindi il limite oltre il quale la destinazione salta. E salta nel seguente modo: 1) il patrimonio della società è in grado di assorbire la perdita, ma la destinazione salta ugualmente e tutti i creditori beneficeranno degli utili generati dall’affare 2) l’insolvenza del patrimonio destinato è talmente grave che contagiaanche il patrimonio destinato, si avrà quindi il fallimento della società. Esiste un modo un po’ più “soft” per arrivare ad isolare determinati beni da un insieme più ampio che consiste nel destinare, al posto del patrimonio, i flussi di cassa generati da un’operazione. È questo il finanziamento strutturato indicato nell’art. 2447 decies c.c. Questo articolo parla di un contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare e prevede che il rimborso venga effettuato attraverso i proventi dello stesso. Esempio tipico è il project financing. La differenza tra patrimonio e finanziamento destinato è che nel primo gli amministratori con delibera isolano una parte del patrimonio sociale mentre nel secondo non esistono isolamenti sui beni, ma semplicemente c’è un contratto di finanziamento che stabilisce che i finanziatori saranno remunerati con i flussi di cassa generati dall’affare. La separazione grava quindi sugli utili generati dall’affare e non più sul patrimonio sociale. Il punto debole del finanziamento strutturato sta nell’incertezza della restituzione del capitale adeguatamente remunerato. E l’incertezza non è tanto legata al fatto che l’affare potrebbe non produrre degli utili quanto nel fatto che potrebbero accadere degli eventi per colpa dei quali i finanziatori potrebbero non essere del tutto soddisfatti. Anche il contratto di finanziamento destinato deve essere iscritto nel registro delle imprese. Le operazioni di cartolarizzazione si basano sul meccanismo del patrimonio destinato. Alla base delle operazioni di cartolarizzazione c’è la creazione di un patrimonio destinato. La cartolarizzazione ha come oggetto la cessione di crediti. Stiamo parlando di crediti ceduti in blocco in gran numero. I crediti possono essere presenti o futuri (purché collegati ad un contratto già esistente). Nelle operazioni di cartolarizzazione i soggetti coinvolti sono un imprenditore (cedente) e un cessionario che a titolo oneroso riceve i crediti del cedente. La cessione è normalmente pro soluto. Ciò vuol dire che il cedente non risponde dell’adempimento da parte dei debitori ceduti, ma risponde soltanto dell’esistenza di quei crediti. I crediti sono solitamente a medio/lungo termine che producono quindiinteressi. Il cessionario potrebbe essere lo stesso soggetto che poi effettuerà la cartolarizzazione, masolitamente la vera cartolarizzazione viene effettuata normalmente da un terzo soggetto da un terzo

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soggetto, che è una società veicolo (spv). La spv è quindi emittente degli strumenti finanziari che rappresentano i crediti. I crediti del cedente sono quindi diventati strumenti finanziari circolanti(che possono essere anche dematerializzati). I debitori ceduti saranno seguiti dal cessionario, il quale deve fare in modo che i debitori ceduti paghino i loro debiti. Spesso però ad occuparsi di questo è il cedente in quanto conosce i debitori meglio del cessionario. L’emissione degli strumenti finanziari deve rispettare le regole di offerta al pubblico di strumenti finanziari. Deve essere emesso un prospetto informativo che descriva adeguatamente l’operazione, i suoi obiettivi, il valore economicoe quant’altro. La banca d’italia ha precisato che la spv deve essere un intermediario finanziario iscritto nel registro speciale. Quest’attività può essere quindi svolta solo dai soggetti che hanno i requisiti richiesti dall’articolo 107 del testo unico bancario. Gli strumenti finanziari emessi sono destinati a circolare presso il pubblico. Capita spesso nella cartolarizzazione dei crediti che gli strumenti finanziari emessi siano destinati solo ad investitori istituzionali. Se gli strumenti finanziarisono destinati al pubblico indifferenziato ci deve essere una firma sugli strumenti finanziari da partedi un’agenzia di rating che certifica il merito al credito. Per gli strumenti finanziari destinati solo ad investitori istituzionali tale firma non è necessaria, anche se all’atto pratico gli investitori istituzionali la richiedono. Ci sono diverse tipologie di strumenti finanziari emessi durante un’operazione di cartolarizzazione: - AAA – senior. Hanno minimo rischio perché sono rimborsati per primi; - A++ – mezzanin. Sono meno sicuri rispetto ai senior, ma hanno un rendimento superiore. Gli interessi e il capitale ai mezzanin viene corrisposto dopo aver pagato i senior; - A/B –junior. Sono rimborsati dopo i mezzanin. Hanno rischio e rendimento superiore. Solitamente, insieme a questi strumenti finanziari standard, viene emessa un’ulteriore tranche di strumenti finanziari che si chiama equity e che ha una sua funzione di finanziamento dell’operazione di cartolarizzazione. Gli equity vengono emessi dal cedente. L’agenzia di rating a sua volta viene retribuita. Il rating è un qualcosa che può variare nel tempo. Non è quindi qualcosa che una volta dato viene mantenuto nel tempo. La legge fondamentale è la 130 del 1999 che descrive un modello di cartolarizzazione. Questa legge dice che una prima caratteristica delle operazioni di cartolarizzazione è la necessaria presenza di una spv. È permessa la cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari esistenti e futuri anche in un blocco. Per i crediti futuri, cioè quelli che non sono ancora nati ma sono legati a contratti già in esecuzione, è invalsa una regola che è quella per cui il futuro ha un massimo di 24 mesi. Normalmente la cartolarizzazione è un’operazione garantita. Vengono cioè stipulate clausole circa il buon esito dell’operazione stessa. La spv è una società con oggetto esclusivo. È una società che può fare solo operazioni di cartolarizzazione. La spv può occuparsi contemporaneamente di più cartolarizzazione, anche se sul piano pratico questo potrebbe portare a rischi di instabilità. Il patrimonio cartolarizzato, ritornando al discorso iniziale, è un patrimonio separato. Non può quindi essere aggredito da persone diverse dai titolari degli strumenti finanziari emessi con la cartolarizzazione. Altra caratteristica fondamentale è che la spv non subiscei limiti connessi all’indebitamento. Limiti segnati dall’art 2412 del c.c. (quando una spa si indebita incontra un limite del doppio del capitale versato). Sulle società di cartolarizzazione vigila la banca d’Italia. Ciò che rende affidabile un’operazione di cartolarizzazione è il rating ottenuto.

Project financing

Segue lo schema del finanziamento destinato. Abbiamo quindi un finanziamento concesso in vista di una realizzazione dell’opera in cui i finanziatori saranno remunerati con i profitti prodotti dall’opera stessa. Prima indicazione fondamentale: nella finanza di progetto non conta tanto la solidità patrimoniale del progetto che chiede il finanziamento quanto le potenzialità dell’affare che si intende finanziare, cioè il finanziatore non guarda tanto alla solidità del finanziato ma guarda piuttosto a quanti flussi di cassa può produrre quell’affare. Lo schema di finanza di progetto è moltodifficile da descrivere. Che cosa si finanzia con il project financing? Non solo opere pubbliche ma anche opere private e di interesse pubblico che non sono proprie pubbliche (es. aree verdi). Sicuramente il settore privilegiato è il settore delle opere pubbliche. Il project financing nasce in

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italia intorno al 1990 per sopperire al deficit del pubblico nel finanziare le opere pubbliche. Nasce con questo intento: invogliare i capitali privati a cofinanziare le opere pubbliche. Come il privato viene invogliato a cofinanziare il pubblico? Attraverso la promessa di conseguire parte dei proventi che deriveranno dall’opera pubblica. Promotore del project financing può essere un soggetto pubblico o privato. Nel modello base c’è un soggetto pubblico (art 142 tu appalti), che solitamente èuna pubblica amministrazione, che presenta un piano e va alla ricerca di finanziatori. Esiste però anche un modello diverso nel quale il promotore è un soggetto privato che va alla caccia della pubblica amministrazione per chiedere il finanziamento del suo progetto. Il promotore, quale che sia, deve avere determinate caratteristiche. Deve avere anzitutto dei prerequisiti definiti dal testo unico appalti (nessuna condanna penale, non essere stato interdetto, eventuale richiesta a qualche albo specifico qualora l’opera che si vuole realizzare). Ci sono poi dei requisiti tecnici più precisi e cioè quelle qualifiche che il promotore deve avere per eseguire l’opera. Solitamente a chi si offre come esecutore di un’opera pubblica si richiede una cauzione abbastanza elevata che da garanzia ai finanziatori sul fatto che l’opera è realizzabile. Questa cauzione può essere ridotta del 50% se l’impresa produttrice ha ricevuto una certificazione di qualità del genere ISO 9000. ci sono poi dei soggetti che operano nel mondo degli appalti che sono in grado di dare delle certificazioni e di verificare che il marchio di qualità sia stato dato legittimamente (Società Organismi di Accettazione). Chi può essere promotore? Tra i soggetti privati qualunque imprenditore può essere promotore (imprenditore individuale, società, consorzio, società temporanea). La disciplina della società temporanea di imprese (ATI) è molto importante perché questa è molto presente nel project financing. La disciplina delle ATI che partecipano alle gare per i pubblici appalti è riassunta dentro il testo unico appalti. La ATI è un team di imprenditori che si unisce esclusivamente al fine di partecipare alla gara per l’assegnazione dell’appalto. Il testo unico appalti dice che se una ATI vuolefare un’unica proposta di partecipazione ad una gara deve scegliere un soggetto al loro interno che faccia da rappresentante che diventa il loro mandatario. Il mandato è irrevocabile per tutta la durata dei lavori e fino a quando l’opera diventa utilizzabile. Il mandato è irrevocabile perché la pubblica amministrazione non deve essere costretto ad avere più interlocutori o dover cambiare interlocutore nel corso dell’opera. Nell’ipotesi estrema in cui il mandatario venga a mancare (morte o fallimento) la pubblica amministrazione può scegliere una qualunque impresa del raggruppamento come mandatario. Se nessuna impresa è in grado di ricoprire l’incarico il mandante può revocare l’incarico e quindi l’appalto si scioglie. Il promotore deve predisporre uno studio di fattibilità che è un documento abbastanza complesso nel quale si descrive dettagliatamente l’opera che si intende realizzare. Lo studio di fattibilità deve contenere il piano economico finanziario, deve cioè descrivere come l’opera verrà finanziata e quali saranno i prevedibili flussi di cassa provenienti da questa opera. deve prevedere se ci sono delle garanzie prestate dal promotore o da chi che sia sul buon esito dell’operazione. Oltre alla descrizione tecnica del progetto e al piano economico finanziario lo studio di fattibilità deve descrivere se ci sono delle problematiche di tipo amministrativo da risolvere e come si intende risolverle. L’incognita amministrativa è la seguente: se ci sono concessioni o autorizzazioni da ottenere bisogna dirlo nello studio di fattibilità. Esiste anche la possibilità che il sia la pubblica amministratore a cercare un promotore per un determinato progetto. In questo caso lo studio di fattibilità non viene preparato dal promotore. Nello studio di fattibilità possono essere coinvolti una serie di consulenti per eventuali consigli tecnici. Altra categoria di soggetti deve essere coinvolta sono i potenziali finanziatori. Terza categoria di soggetti coinvolta è la pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione può avere due ruoli. Ruolo numero uno: dare una concessione nel caso di opere pubbliche. Ruolo numero due: in caso di opera privata da un’autorizzazione. La concessione riguarda quindi le opere pubbliche. L’autorizzazione riguarda le opere private. Un altro soggetto coinvolto può essere il progettista, nel caso in cui chi si aggiudica l’opera non è in grado di realizzare l’opera. Come avviene la scelta del concessionario da parte delle pubblica amministrazione? La procedura di scelta può essere di tipo aperto o chiuso. Molto dipende dal costo dell’opera. la procedura pubblica è solitamente l’asta. Ci sono vari tipi di asta. L’asta che si utilizza in Italia è il modello olandese che è un’asta al ribasso. Dietro l’asta ci sta la pubblicazione di un bando che specifica i requisiti per partecipare all’asta, predetermina le

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modalità di aggiudicazione dell’appalto e predetermina i criteri in base ai quali si sceglierà il vincitore. L’asta però ha dei costi legati alla sua procedura. Ecco perché il testo unico appalti prevede che in taluni casi la scelta del concessionario possa avvenire in altri modi. L’alternativa all’asta è la procedura negoziata, nella quale non si ha un bando pubblico. Essa si basa su delle trattative private con tutti i potenziali concessionari. Si può ricorrere a questa procedura se 1) l’asta è fallita 2) l’opera da realizzare richiede particolari competenze tecniche che sono in pochi a possedere 3) si ha un urgenza di provvedere. Esiste un’altra modalità oltre la procedura ad evidenza pubblica ed è il dialogo competitivo che si utilizza per le opere più complesse. Il dialogo competitivo è molto simile alla procedura negoziata. Nel dialogo competitivo si vanno a selezionaredi volta in volta le offerte migliori fino ad arrivare a scegliere tra le ultime due rimaste. Vince quindichi fa l’offerta economicamente più vantaggiosa. I parametri utilizzati per stabilire l’offerta più vantaggiosa sono elencati dentro l’art. 83 del testo unico appalti. Tra questi ci sono il prezzo, la qualità di realizzazione, la miglior assistenza postorganizzazione, le migliori garanzie offerte etc. Si deve garantire che l’aggiudicazione avvenga secondo regole trasparenti. Si accerta che chi ha vinto abbia realmente fatto l’offerta migliore. Si deve anche accertare che non ci siano state offerte anormalmente basse. L’anomalia è data dal rapporto tra l’offerta fatta e tutte le altre offerte. Tale controllo è obbligatorio. Avvenuta l’aggiudicazione o la concessione (a seconda che sia un’opera pubblica o privata), l’aggiudicatario/concessionario deve fare la scelta se procedere cosi com’è o costituire una società di progetto alla quale fare realizzare l’opera. solitamente il concessionario/aggiudicatario una volta avuto l’appalto costituisce la società veicolo che realizza l’opera. Le società di progetto possono essere sia spa o una srl, al massimo una spa consortile o una srl consortile. La società viene costituita dopo l’aggiudicazione dell’appalto. Una volta costituita la società diventa concessionaria al posto del soggetto privato che si è aggiudicato l’incarico. Sarà quindi la società ad avere tutti i rapporti con la pubblica amministrazione. La società di progetto può emettere obbligazioni per finanziarsi e può farlo violando l’art 2412 del cc (limite del doppio del capitale e delle riserve). La disciplina della fase di realizzazione è del tutto simile a quella dell’appalto. Ad esempio possono esserci delle variazioni dell’opera in fase di costruzione. Alla fineci deve essere una verifica finale accompagnata da un collaudo. Senza il collaudo non si può accettare l’opera. se l’opera è stata accettata la garanzia sui vizi copre solo i vizi occulti o occultati. Se l’opera non è stata accettata la garanzia sui vizi copre sia i vizi visibili che quelli occulti. C’è poi una garanzia aggiuntiva per rovina che dura 10 anni. In corso d’opera esiste la possibilità del subappalto che solitamente si utilizza per motivi tecnici. Il subappalto è sempre possibile purché non sia un subappalto di mano d’opera, almeno che a subappaltare non siano delle agenzie del lavoro. Il punto debole della finanza di progetto è la pubblica amministrazione o il promotore privato non sia in grado di pagare il concessionario. In questo caso il concessionario ha diritto al rimborso di tutte le spese da lui sostenute più un indennizzo pari al dieci per cento del valore dell’opera. per quanto riguarda i finanziatori, questi hanno un privilegio generale su tutti i beni mobili del concessionario. Possono quindi rivalersi sui beni di questo.

L’offerta al pubblico di prodotti finanziari

“Coloro che intendono effettuare un’offerta al pubblico… ne danno preventiva comunicazione alla Consob. Il prospetto non può essere pubblicato finché non è approvato dalla Consob”. La legge prevede, dunque, due distinti documenti (la comunicazione e il prospetto informativo) dei quali soloil secondo (il prospetto informativo) è destinato alla pubblicazione e, quindi, alla conoscenza del pubblico dei risparmiatori. La comunicazione deve indicare i soggetti che intendono procedere all’attività di sollecitazione con la specificazione del ruolo svolto da ciascuno di essi, le caratteristiche essenziali e la quantità dei titoli oggetto dell’offerta (di vendita, di sottoscrizione) e lemodalità e i termini previsti per lo svolgimento dell’operazione. Essa concerne essenzialmente le caratteristiche dell’offerta.

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Deve essere sottoscritta, come è ovvio, dall’offerente, ma anche dal responsabile del collocamento, definito dal Regolamento Emittenti come il “soggetto che organizza e costituisce il consorzio di collocamento, il coordinatore del collocamento o il collocatore unico”. Il prospetto informativo deve contenere “in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell’emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene altresì una nota di sintesi recante i rischie le caratteristiche essenziali dell’offerta”. Ai fini dell’approvazione, la Consob verifica la completezza del prospetto nonché la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite. Il procedimento di controllo, se positivamente concluso, trova il proprio coronamento nel provvedimento di approvazione del prospetto.

Il prospetto informativo può quindi essere pubblicato. Più esattamente il prospetto è reso pubblico mediante deposito dell’originale presso la Consob (tenuta a rilasciare copia a chiunque vi abbia interesse) nonché messa a disposizione del pubblico alternativamente - mediante inserimento in unoo più giornali a diffusione nazionale o a larga diffusione; - in forma stampata e gratuitamente, nella sede legale dell’emittente e presso gli uffici degli intermediari incaricati del collocamento o dei soggetti che operano per conto di questi ultimi; - in forma elettronica nel sito web dell’emittente e, ove applicabile, nel sito degli intermediari incaricati del collocamento. Abbiamo già constatato che non costituiscono offerte al pubblico di prodotti finanziari quelle di ammontare complessivo inferiore a 2.500.000 euro e quelle rivolte ad un numero di soggetti inferiore a 100, così come quelle indirizzate ad investitori qualificati. Ma il Testo Unico contempla altre ipotesi di inapplicabilità della relativa disciplina e riconosce alla Consob il potere di individuare “con regolamento altri tipi di offerte al pubblico di prodotti finanziari” ai quali quella disciplina non si applica in tutto o in parte. Il Testo Unico, in considerazione della natura dell’emittente esonera dall’applicazione delle predette norme le sollecitazioni all’investimento aventi ad oggetto “a) strumenti finanziari emessi o garantiti dallo Stato italiano, da uno Stato membro dell’Unione Europea o emessi da organismi internazionali a carattere pubblico di cui facciano parte uno o più stati membri dell’Unione Europea; b) strumenti finanziari emessi dalla Banca Centrale Europea o dalle banche centrali nazionali degli stati membri dell’Unione Europea”.

La Consob, in conformità con quanto stabilito dal Regolamento CE n. 809/2004, ha introdotto nuove ipotesi di esonero dall’applicazione della disciplina della sollecitazione, subordinando per altro tale esonero all’esistenza di strumenti informativi che, tenuto conto della qualità degli oblati, possano considerarsi comunque sufficienti per assicurare l’informazione necessaria. Il RegolamentoEmittenti esonera dall’applicazione della disciplina prevista per le offerte al pubblico di prodotti finanziari quelle: - aventi ad oggetto azioni emesse in sostituzione di azioni della stessa classe già emesse, se l’emissione di queste nuove azioni non comporta un aumento del capitale emesso; - aventi ad oggetto prodotti finanziari offerti in occasione di un’acquisizione mediante offerta pubblica di scambio, a condizione che sia disponibile un documento contenente informazioni considerate dall’autorità competente equivalenti a quelle del prospetto, tenendo conto dei requisiti della normativa comunitaria; - aventi ad oggetto prodotti finanziari offerti, assegnati o da assegnare in occasione di una fusione a condizione che sia disponibile un documento contenente informazioni considerate dall’autorità competente equivalenti a quelle del prospetto, tenendo conto dei requisiti della normativa comunitaria; - aventi ad oggetto azioni offerte, assegnate o da assegnare gratuitamente agli azionisti esistenti e dividenti versati sotto forma di azioni della stessa classe di quelle per le quali vengono pagati tali dividenti, a condizione che sia reso disponibile un documentocontenente informazioni sul numero e sulla natura delle azioni, sui motivi e sui dettagli dell’offerta; - aventi ad oggetto strumenti finanziari offerti, assegnati o da assegnare ad amministratori o ex amministratori o dipendenti o ex dipendenti da parte dell’emittente che abbia strumenti finanziari

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già ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato o da parte dell’impresa controllante, di un’impresa controllata, collegata o sottoposta a comunque controllo, a condizione che detti strumenti finanziari siano della stessa classe di quelli già emessi alla negoziazione nello stesso mercato e che sia reso disponibile un documento contenente informazioni sul numero e sulla natura degli strumenti finanziari, sui motivi e sui dettagli dell’offerta.

A norma dell’art. 98, 1° comma del T.U., “il prospetto nonché gli eventuali supplementi approvati dalla Consob sono validi ai fini dell’offerta degli strumenti finanziari comunitari negli altri Stati membri dell’Unione Europea”, intendendosi per strumenti comunitari i valori mobiliari e le quote dei fondi chiusi. Condizione necessaria per l’efficacia del prospetto in un altro stato dell’Unione è semplicemente che la Consob, su richiesta dell’emittente o dell’offerente, trasmetta, entro tre giorni dalle richieste, all’autorità del paese nel quale si svolgerà l’offerta un’attestazione della conformità alla direttiva 2003/71 del prospetto, nonché copia dello stesso eventualmente tradotta. Specularmene “ove l’offerta di strumenti finanziari comunitari sia prevista in Italia, quale Stato membro ospitante, il prospetto e gli eventuali supplementi approvati dall’autorità dello Stato membro d’origine possono essere pubblicati in Italia, purché siano rispettate le procedure di notificapreviste dalle disposizioni comunitarie”. Nell’ipotesi invece in cui l’emittente abbia sede legale in un paese extracomunitario e l’offerta debba svolgersi in Italia, “la Consob può approvare il prospetto redatto secondo la legislazione del Paese extracomunitario se il progetto è stato redatto conformemente a standard internazionali definiti dagli organismi internazionali delle Commissioni di Vigilanza dei mercati” e “le informazioni richieste, incluse le informazioni di natura finanziaria, siano equivalenti alle prescrizioni previste dalle disposizioni comunitarie”. Il controllo della Consobrelativo alle operazioni di offerta al pubblico di prodotti finanziari non si limita all’esame e alla valutazione della comunicazione e del prospetto informativo, ma si estende anche ai soggetti (emittenti, proponente, collocatore) coinvolti nell’offerta; soggetti ai quali vengono imposti obblighidi trasparenza e di correttezza. Più esattamente - dalla data della comunicazione alla Consob dell’offerta, gli emittenti, gli offerenti e gli intermediari incaricati del collocamento devono (se richiesto dalla Consob) diffondere al mercato le notizie, relative all’offerta, ritenute necessarie per l’informazione del pubblico.

Essi hanno, altresì, dalla stessa data gli obblighi di informazione verso la Consob previsti per le società quotate, nel senso che quest’ultima può richiedere loro informazioni ed assoggettarli ad ispezioni al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico e può farlo fino ad un anno dalla conclusione dell’offerta. Gli emittenti, inoltre, sottopongono a revisione contabile il bilancio d’esercizio e quello consolidato eventualmente approvati o redatti nel periodo dell’offerta; - il Testo Unico ha poi affidato alla Consob il compito di stabilire “le modalità di svolgimento dell’offerta anche al fine di assicurare la parità di trattamento tra i destinatari” nonché di individuare “le norme di correttezza che sono tenuti a osservare l’offerente, l’emittente e chi colloca i prodotti finanziari nonché coloro che si trovano in rapporto di controllo o di collegamento con tali soggetti”. Per questo motivo il Regolamento Emittenti, oltre a fissare le norme di correttezza che le varie categorie di soggetti coinvolti nell’offerta debbono osservare, ha stabilito che l’offerta è revocabile solo nei casi previsti dal prospetto informativo e che i criteri di riparto devono assicurare la parità di trattamento tra gli aderenti. A norma dell’art. 100, 1° comma, lett. a), le offerte rivolte ai soli investitori qualificati non sono soggette alla disciplina prevista per le offerte al pubblico di prodotti finanziari e in particolare all’obbligo della previa pubblicazione di un prospetto informativo. L’art. 100-bis del T.U. dopo aver affermato che “la successiva rivendita di prodotti finanziari che hanno costituito oggetto di un’offerta al pubblico esente dall’obbligo di pubblicare un prospetto costituisce ad ogni effetto una distinta e autonoma offerta al pubblico nel caso in cui ricorrano le condizioni indicate nella definizione prevista all’art. 1, comma 1, lettera t), enon ricorra alcuno dei casi di inapplicabilità previsti dall’articolo 100”, stabilisce che “si realizza una offerta al pubblico anche qualora i prodotti finanziari che abbiano costituito oggetto in Italia o all’estero di un collocamento riservato a investitori qualificati siano, nei dodici mesi successivi,

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sistematicamente rivenduti a soggetti diversi da investitori qualificati e tale rivendita non ricada in alcuno dei casi di inapplicabilità previsti dall’articolo 100”.

Alla Consob sono affidati importanti poteri “conoscitivi” e “interdittivi” per assicurare l’osservanza delle norme dettate per l’offerta al pubblico di prodotti finanziari. Dal momento della comunicazione la Consob ha il potere di acquistare dall’emittente tutte le informazioni previste (per le società quotate) dall’art. 115 del T.U. e analoghi poteri ha anche nei confronti degli altri soggetti coinvolti nella sollecitazione. Non solo, ma qualora sussista un fondato sospetto di violazione delle disposizioni legislative e regolamentari relative alla sollecitazione, essa “può richiedere, entro un anno dall’acquisto o dalla sottoscrizione, la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti agli acquirenti o sottoscrittori dei prodotti finanziari” e tale potere sussiste “anche nei confronti di coloro per i quali vi è fondato sospetto che svolgano un’offerta al pubblico in violazione” delle predette norme. L’art. 191 del T.U. prevede che chiunque effettua offerte al pubblico di prodotti finanziari senza averne data previa comunicazione alla Consob o pubblica un prospetto non approvato dalla Consob “è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore ad un quarto del controvalore offerto e fino ad un massimo di due volte il controvalore stesso”. Inoltre, in base all’art. 173-bis TUF, “chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per l’offerta al pubblico di prodotti finanziari o l’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

Le offerte pubbliche di acquisto e scambio

Per offerta pubblica di acquisto o di scambio si intende, “ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale … finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari”. Nell’ambito di questapiù ampia fattispecie è necessario distinguere le offerte pubbliche di acquisto o di scambio volontarie e quelle obbligatorie. Le prime possono avere ad oggetto qualunque tipo di prodotto finanziario, le seconde sono configurabili e previste soltanto con riferimento ai “titoli” di società italiane ammessi alla quotazione in mercati regolamentati italiani. A norma dell’art. 102, 1° comma del T.U.F. “la decisione ovvero il sorgere dell’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto o di scambio sono senza indugio comunicati alla Consob e contestualmente resi pubblici” ea norma del 2° comma dello stesso art. 102 “l’offerente promuove l’offerta tempestivamente e comunque non oltre venti giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, presentando alla Consob ildocumento d’offerta destinato alla pubblicazione”. Dunque il legislatore impone la pubblicità della comunicazione ma non pretende che alla stessa sia allegato il documento d’offerta; quest’ultimo deve essere reso pubblico e comunicato alla Consob “tempestivamente e comunque non oltre venti giorni dalla comunicazione” e, in caso di mancato rispetto del termine, “il documento d’offerta è dichiarato irricevibile e l’offerente non può promuovere un’ulteriore offerta avente a oggetto prodotti finanziari del medesimo emittente nei successivi dodici mesi”. Dell’intervenuta comunicazione l’offerente deve dare senza indugio notizia, mediante un comunicato, al mercato e contestualmente all’emittente e il comunicato deve indicare gli elementi essenziali dell’offerta (ossia i soggetti offerenti, i prodotti finanziari oggetto dell’offerta con l’indicazione del quantitativo che si intende acquistare o scambiare, il corrispettivo offerto, le eventuali condizioni apposte all’offerta e il momento in cui l’offerta sarà lanciata), le finalità dell’operazione, le garanzie offerte, le partecipazioni già detenute dall’offerente e da soggetti che agiscono in concerto con lui. La comunicazione deve anche attestare che sono state contestualmente presentate alle autorità competenti le richieste di autorizzazione necessarie per l’acquisto delle partecipazioni. Il procedimento d’offerta può dunque prendere avvio anche in assenza delle necessarie autorizzazioni,

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ma le stesse dovranno comunque intervenire prima che inizi il periodo di adesione da parte degli oblati. Il Testo Unico non stabilisce quale debba essere il contenuto del documento di offerta ma prevede che la Consob determini con regolamento “il contenuto del documento da pubblicare nonché le modalità per la pubblicazione del documento”.

E il Regolamento Consob prevede “schemi” di documenti d’offerta diversi non solo per le offerte pubbliche di acquisto e di scambio e per quelle miste di acquisto e di scambio, ma anche specifici contenuti del predetto documento a seconda che oggetto dell’offerta e/o dello scambio siano strumenti finanziari quotati o non quotati e a seconda che l’offerente sia un soggetto che ha già emesso titoli quotati o un soggetto che non abbia titoli quotati. “Entro quindici giorni dalla presentazione del documento d’offerta, la Consob lo approva se esso è idoneo a consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta” e il termine suddetto è di trenta giorni per le offerte che abbiano ad oggetto prodotti finanziari non quotati o diffusi tra il pubblico. Decorsitali termini, “il documento” si considera approvato e può quindi essere pubblicato. Il documento d’offerta deve essere trasmesso senza indugio all’emittente dei prodotti finanziari oggetto dell’offerta. Lo stesso “è diffuso tramite pubblicazione integrale su organi di stampa di adeguata diffusione o tramite consegna, ovvero con altri mezzi concordati con la Consob, secondo modalità che in ogni caso assicurino la conoscibilità degli elementi essenziali dell’offerta e del documento daparte di tutti gli interessati”. Il legislatore detta poche norme in ordine al contenuto della proposta contrattuale di acquisto o di scambio rivolta dall’offerente agli oblati. Stabilisce che “l’offerta è irrevocabile” e che “ogni clausola contraria è nulla”: eventuale dichiarazioni di revoca sono prive dieffetto. L’offerta deve indicare il quantitativo degli strumenti finanziari che si intendono acquistare e in assenza di precisazioni contrarie il quantitativo indicato deve considerarsi come quantitativo massimo che l’offerente è disposto ad acquistare, rimanendo egli obbligato anche nell’ipotesi in cui le adesioni siano in numero inferiore. L’offerente, tuttavia, può precisare che non rimarrà obbligato all’acquisto se le adesioni non raggiungeranno una predeterminata soglia; soglia che dovrà essere tale da consentire all’offerente la realizzazione dei progetti che lo stesso dichiara di voler attuare con riferimento alla società target; l’offerta deve quindi considerarsi scindibile se non è resa inscindibile dall’offerente.

La durata del periodo di adesione, ossia il periodo in cui è possibile aderire all’offerta , è concordatacon la società di gestione del mercato, se oggetto della stessa sono titoli quotati, o con la Consob, sesono prodotti finanziari non quotati; tale periodo va da un minimo di venticinque ad un massimo di quaranta giorni per le offerte previste dagli artt. 106 e 107, mentre va da un minimo di quindici ad un massimo di venticinque giorni per le altre offerte. L’offerente può riservarsi la facoltà di protrarre il periodo concordato, ma non può anche riservarsi la facoltà di ridurlo. Sulla durata del periodo di adesione può incidere infine il lancio di offerte concorrenti. L’offerta concorrente, ammessa soltanto se il corrispettivo globale per ciascuna categoria di prodotti finanziari è superiore a quello dell’ultima offerta può essere lanciata “fino a cinque giorni prima della data prevista per la chiusura dell’offerta precedente e comunque, in caso di proroga, entro il cinquantesimo giorno dallapubblicazione della prima offerta”. Il lancio di un’offerta concorrente ha come effetto anche quello di rendere revocabile l’adesione dell’oblato ad un’offerta precedente. Al lancio di un’offerta concorrente può far seguito anche il rilancio dell’offerente originario: nel qual caso sarà possibile revocare l’adesione all’offerta concorrente. Infine è possibile un nuovo rilancio da parte del concorrente. L’adesione all’offerta avviene tramite sottoscrizione della scheda di adesione, il cui contenuto minimo necessario è determinato dal Regolamento Consob. Con l’adesione si perfeziona il contratto di compravendita fra l’offerente e il destinatario che ha aderito; contratto la cui efficacia può, tuttavia, essere subordinata a particolari condizioni, poste dall’offerente, come il raggiungimento della soglia minima di adesioni. Momento importante nello svolgimento dell’offerta è il comunicato dell’emittente.

A norma infatti dell’art. 103, 3° comma, T.U. “Il Consiglio di amministrazione dell’emittente

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diffonde un comunicato contenente ogni dato utile per l’apprezzamento dell’offerta e la propria valutazione sulla medesima”. Il comunicato, che per la sua delicatezza deve indicare “l’eventuale adozione a maggioranza, del numero e, se lo richiedono, del nome dei dissenzienti” e, secondo la Consob, anche degli astenuti, esprime la valutazione del consiglio di amministrazione sull’offerta e si conclude con un giudizio sulla convenienza per gli azionisti della accettazione della stessa, rendendo così quest’ultima “amichevole”, nell’ipotesi in cui il consiglio suggerisca agli azionisti di accettarla, od “ostile”, nell’ipotesi in cui l’offerta stessa venga considerata non conveniente per gli azionisti medesimi. La società emittente deve trasmettere il comunicato alla Consob almeno due giorni prima della data prevista per la sua diffusione e la Consob può chiedere che vengano fornite informazioni integrative. Al lancio di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio l’ordinamento ricollega doveri di trasparenza e correttezza a carico dei “soggetti interessati”. Più esattamente essi “si attengono a principi di correttezza e di parità di trattamento dei destinatari dell’offerta, compiono tempestivamente le attività e gli adempimenti connessi allo svolgimento dell’offerta, non eseguono operazioni sul mercato volte a influenzare le adesioni all’offerta e si astengono da comportamenti e da accordi diretti ad alterare situazioni rilevanti per i presupposti dell’offerta pubblica di acquisto obbligatoria”; “diffondono dichiarazioni riguardanti l’offerta e l’emittente soltanto tramite comunicati al mercato, contestualmente trasmessi alla Consob”; “comunicano entrola giornata alla Consob e al mercato le operazioni di acquisto e vendita di strumenti finanziari oggetto d’offerta o che diano diritto ad acquistarli o venderli da essi compiute anche per interposta persona, indicando i corrispettivi pattuiti”; e, in particolare, l’offerente e gli altri soggetti interessati,che “acquistino gli strumenti finanziari oggetto dell’offerta ovvero il diritto ad acquistarli anche a data successiva a prezzi superiori a quelli di offerta”, devono adeguare questi ultimi al prezzo più alto pagato, dando così concreta attuazione al principio di parità di trattamento. Di particolare rilievo nell’ambito dei doveri di comportamento che il legislatore impone in connessione con il lancio di un’offerta pubblica, è quello nel quale si sostanzia la c.d. passività rule, ossia l’insieme delle regole alle quali l’emittente deve attenersi quando le sue azioni siano oggetto di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio. A norma del 1° comma dell’art. 104 del T.U., “salvo autorizzazione dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria per le delibere di competenza, le società italiane quotate i cui titoli sono oggetto dell’offerta si astengono dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obbiettivi dell’offerta. Le assemblee deliberano, in ogni convocazione, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano almeno il trenta per cento del capitale. Resta ferma la responsabilità degli amministratori e dei direttori generali per gli atti e le operazioni compiuti”. Si è così concesso ai soci il potere di assumere le iniziative che ritengono più opportune per resistere alle scalate ostili, ma si è preteso che tali iniziative fossero assunte con il consenso di una frazione molto rilevante del capitale sociale, il che nelle società con azionariato molto diffuso, rende particolarmente difficile l’autorizzazione a manovre che consentano ai soci di difendersi dalle scalate ostili. La norma solleva alcuni dubbi interpretativi sui quali è opportuno soffermarsi. Anzitutto con riferimento alla individuazione degli “atti od operazioni che possano contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta” e come talida sottoporre all’autorizzazione dell’assemblea dei soci. La Consob ha avuto modo di precisare che gli atti e le operazioni in questione possono essere ricondotti a tre distinte categorie: una prima categoria ricomprende gli atti che “puntano ad incrementare il costo necessario per raggiungere il quantitativo di adesioni che l’offerente intende” conseguire, come gli aumenti di capitale, la conversione delle azioni prive del diritto di voto in azioni dotate di tale diritto e oggetto dell’offerta;una seconda categoria sarebbe rappresentata dalle operazioni volte “a mutare”, anche con effetto differito, le caratteristiche patrimoniali della società bersaglio, come le cessioni di beni, le operazioni di fusione e scissione; in una terza categoria rientrerebbero i “comportamenti di disturbo”, volti a rendere difficile la possibilità che l’offerente raggiunga realmente l’obiettivo perseguito, come la promozione di un’offerta contraria sulle azioni dell’offerente, o l’acquisizione di imprese che rendano il successo dell’offerta incompatibile, ai fini della normativa antitrust, con l’acquisizione cui mira l’offerta o la predisposizione di “paracadute d’oro” per gli attuali amministratori. In particolare, la Consob ha escluso che rientri nell’ambito delle operazioni che si

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possono contrastare gli obiettivi dell’offerta, la stipulazione di un accordo con altra società che offraagli azionisti delle società target un’alternativa all’offerta della quale sono destinatari, attraverso il lancio di un’offerta concorrente o anche attraverso accordi di “combinazione aziendale”, come la creazione di una società holding chiamata a lanciare un’offerta di scambio sulle stesse azioni oggetto dell’offerta nonché su quelle della società con la quale è destinata a realizzarsi “l’aggregazione aziendale”. L’assemblea chiamata ad autorizzare la misura difensiva non solo è sottoposta a disciplina speciale per quanto concerne i quorum deliberativi, ma vede modificate anche le regole di convocazione. “Le assemblee da tenersi in pendenza di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio, … , sono convocate mediante avviso, contenente le indicazioni prescritte dall’art. 2344 c.c., pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale e trasmesso a due agenzie di stampa almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’adunanza”.

La norma trova la propria giustificazione nella necessità di adottare per la convocazione strumenti più rapidi di quelli di diritto comune, abbreviando anche i termini della stessa e tutto ciò in relazione alla celerità che caratterizza lo svolgimento di un’offerta pubblica. Nei limiti fissati dall’art. 104-ter nell’assemblea chiamata ad approvare misure “difensive”, trova applicazione la “Regola di neutralizzazione”. La regola si applica “quando è promossa un’offerta pubblica di acquisto o di scambio avente ad oggetto i titoli emessi dalle società italiane i cui titoli sono ammessialla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o comunitario”, ad esclusione delle società cooperative. La regola di neutralizzazione prevede la sospensione dei vincoli al trasferimento delle azioni o al diritto di voto in coincidenza con un’offerta pubblica di acquisto o di scambio e questa “sospensione” può intervenire sia durante lo svolgimento dell’offerta sia dopo la conclusione della stessa in connessione con un esito particolarmente favorevole della medesima per l’offerente. “Nel periodo di adesione all’offerta non hanno effetto nei confronti dell’offerente le limitazioni al trasferimento di titoli previste dallo statuto né hanno effetto, nelle assemblee chiamate a decidere sugli atti e sulle operazioni previsti dall’art. 104, le limitazioni al diritto di voto previste dallo statuto o da patti parasociali. Per quanto riguarda le offerte pubbliche di acquisto obbligatorie, il legislatore le prevede solo per le società italiane con titoli (ossia strumenti finanziari che attribuisco diritto di voto) ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati italiani. L’obbligo concerne esclusivamente le “partecipazioni” che superino determinate soglie. Il comma 2° dell’art. 105 stabilisce che ai fini delle norme sulle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie “per partecipazionesi intende una quota, detenuta anche indirettamente per il tramite di fiduciari o per interposta persona, dei titoli emessi da una società di cui al comma 1 [italiana con titoli negoziati in mercati regolamentati italiani] che attribuiscono diritto di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina o revoca o responsabilità degli amministratori o del consiglio di sorveglianza”. Stabilisce altresì che “la Consob può con regolamento includere nella partecipazione categorie di titoli che attribuiscono diritti di voto su uno o più argomenti diversi tenuto conto della natura e del tipo di influenza sulla gestione della società che può avere il loro esercizio anche congiunto”. A norma dell’art. 106 “chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso”, entro venti giorni dal superamento della soglia. Il legislatore ha così imposto l’obbligo diofferta non a chi acquisisce il controllo della società, ma a chi supera una predeterminata soglia, nel probabile convincimento che la soglia prevista sia anche quella che coincide con la partecipazione di controllo, tant’è che il superamento della soglia non comporta l’obbligo di offerta totalitaria se esiste un altro soggetto che detiene il controllo. Il D.Lgs. n. 229 del 2007, dando attuazione ad una regola fissata dalla direttiva comunitaria, ha profondamente modificato i criteri di determinazione del prezzo al quale deve essere lanciata l’offerta pubblica totalitaria stabilendo che “per ciascuna categoria di titoli l’offerta è promossa … a un prezzo non inferiore a quello più elevato pagato dall’offerente e da persone che agiscono di concerto con il medesimo, nei dodici mesi anteriori alla comunicazione [dell’obbligo di offerta] per acquisti di titoli della medesima categoria”. Il legislatore consente, tuttavia, che in alcune ipotesi il prezzo al quale deve essere lanciata l’OPA

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totalitaria, possa essere sia inferiore sia superiore a quello più elevato pagato dall’offerente rimettendo la relativa determinazione ad un “provvedimento motivato della Consob”. Abbiamo fin qui discusso di OPA obbligatoria, nell’ovvio presupposto che non sia consentito assolvere l’obbligo di offerta promettendo, come corrispettivo, strumenti finanziari (OPS) anziché danaro. In realtà, il legislatore consente che il corrispettivo sia in tutto o in parte rappresentato da titoli; il che consente una maggiore libertà di manovra a colui che è obbligato a lanciare un’opa totalitaria ma pone alcunilimiti a tale possibilità: deve essere assicurata una sostanziale parità di trattamento tra coloro che hanno venduto i titoli al di fuori dell’opa e coloro ai quali viene offerta la possibilità di aderire all’opa e quando si tratta di titoli non facilmente liquidabili deve essere offerto, in alternativa allo scambio di titoli, un corrispettivo in contanti. L’obbligo di lanciare l’offerta pubblica sorge non solonell’ipotesi in cui la soglia sia superata attraverso l’acquisizione diretta della partecipazione, ma anche quando il superamento avvenga attraverso “l’acquisizione indiretta”, ossia “mediante l’acquisto di partecipazioni in società in cui il patrimonio è prevalentemente costituito da titoli emessi da altra società italiana con titoli ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati italiani”. Nell’ipotesi, dunque, in cui un soggetto acquisisca il controllo di una società non quotata ilcui patrimonio sia in prevalenza costituito dalla partecipazione in una società quotata, si dovrà ritenere che lo stesso ha acquisito in tale società quotata una “partecipazione indiretta” che concorrecon quelle acquisite direttamente, per interposta persona o tramite fiduciari, a determinare la partecipazione complessivamente detenuta nella società quotata e a far sorgere l’obbligo di offerta pubblica quando la stessa superi il trenta per cento dei titoli con diritto di voto nelle deliberazioni della medesima società quotata aventi per oggetto la nomina, la revoca e la responsabilità degli amministratori. L’obbligo di lanciare l’offerta pubblica a seguito di acquisto indiretto sussiste anche quando tale acquisizione indiretta avvenga tramite una società quotata. Più esattamente, se un soggetto acquista una partecipazione superiore al trenta per cento di una società quotata e il patrimonio di quest’ultima sia “prevalentemente” investito in un’altra società quotata, l’obbligo di opa non concerne soltanto la prima società ma anche quest’ultima se con l’acquisizione di quella partecipazione indiretta l’acquirente ha superato una partecipazione superiore al trenta per cento deititoli con diritto di voto. In questo caso, dunque, l’obbligo di offerta concerne entrambe le società (opa a cascata). L’obbligo di lanciare l’offerta incombe ovviamente su colui che, “a seguito di acquisti a titolo oneroso” abbia superato la soglia legislativamente prevista; ma può ben succedere che vi sia una pluralità di soggetti che operano “di concerto”, sicché nessuno di essi appare aver formalmente superato la soglia predetta. Il legislatore prende in considerazione questa ipotesi, stabilendo una presunzione assoluta di concerto e impone un obbligo solidale di offerta quando nell’insieme, ed anche “a seguito di acquisti a titolo oneroso effettuati anche da uno solo di essi”, superino la predetta soglia: - gli aderenti ad un patto parasociale; - un soggetto, il suo controllante e le società da esso controllate; - le società sottoposte a comune controllo; - una società e i suoi amministratori, componenti del consiglio di sorveglianza o di gestione o direttori generali nonché i soggetti che cooperano fra loro al fine di ottenere il controllo della società emittente. Abbiamo fino ad ora constatato che l’obbligo di offerta pubblica totalitaria sorge nell’ipotesi di superamento della soglia del trenta per cento dei titoli con diritto di voto nelle assemblee ordinarie aventi per oggetto la nomina, la revoca e la responsabilità degli amministratori. In realtà tale obbligo può sorgere anche a carico di colui che già detenga una partecipazione superiore al trenta per cento ma non disponga “della maggioranza dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria” ed effettui acquisti che incrementano la sua partecipazione. Il regolamento Consob stabilisce che il predetto obbligo “consegue all’acquisizione di più del tre per cento del capitale rappresentato da [titoli] per acquisti atitolo oneroso effettuati nei dodici mesi, ovvero per sottoscrizioni o conversioni nell’esercizio di diritti negoziati nel medesimo periodo”.

Il legislatore prevede una serie di ipotesi nelle quali all’acquisto a titolo oneroso di una “partecipazione superiore al trenta per cento dei titoli che attribuiscono i diritti di voto” sulle materie ricordate non consegue l’obbligo di offerta pubblica. L’obbligo non sussiste quando: - la partecipazione è stata acquistata a seguito di un’offerta pubblica di acquisto (volontaria) diretta a

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conseguire la totalità di tali azioni; - l’acquisto è avvenuto a seguito di un’offerta pubblica avente adoggetto almeno il sessanta per cento delle azioni “ordinarie” purché concorrano le seguenti condizioni: - l’offerente e i soggetti a esso legati da uno dei rapporti che fanno presumere il concerto non abbiano acquisito partecipazioni in misura superiore all’uno per cento, anche mediante contratti a termine con scadenza successiva, nei dodici mesi precedenti la comunicazione alla Consob dell’offerta o durante l’offerta; - l’efficacia dell’offerta sia stata condizionata all’approvazione di tanti possessori di titoli che possiedano la maggioranza dei titoli stessi, escluse da computo le partecipazioni detenute dall’offerente, dal socio di maggioranza, anche relativa, se la sua partecipazione sia superiore al dieci per cento e dai soggetti a essi legati da uno dei rapporti di concerto;- la Consob abbia accordato l’esenzione previa verifica dell’esistenza delle predette condizioni; verifica nell’effettuare la quale la Consob non gode di alcun potere discrezionale- si è acquisita una partecipazione superiore al trenta per cento, se - un altro socio detiene la maggioranza;- l’acquisizione è compiuta tramite sottoscrizione di un aumento del capitale;- la partecipazione è acquisita a seguito di trasferimento fra società in cui lo stesso o gli stessi soggetti dispongono della maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o è acquisita a seguito di trasferimento tra una società e tali soggetti, dal momento che le operazioni intragruppo fra soggetti legati da un rapporto di controllo, per di più di diritto, non alterano la condizione dei soci di minoranza;- il superamento della soglia è determinato dall’esercizio di diritti di opzione, di sottoscrizione o di conversione, purché gli stessi non siano stati acquistati ma derivino dallo status di socio;- la soglia del trenta per cento è superata per non più del tre per cento e l’acquirente si impegna a cedere le azioni in eccedenza entro dodici mesi e a non esercitare i relativi diritti di voto;- l’acquisizione è conseguenza di un’operazione di fusione o scissione, salvo che, per effetto di tali operazioni, si configuri un acquisto superiore al trenta per cento del capitale ordinario, senza che sussistano esigenze di razionalizzazione o sinergie industriali. Nell’ipotesi in cui un soggetto abbia acquisito una frazione talmente alta dei titoli di società italiane quotate in mercati regolamentati italiani da pregiudicare il flottante dei titoli quotati, lo stesso ha il dovere di acquistare i titoli residui.

Questo dovere si atteggia diversamente a seconda della percentuale raggiunta. Più esattamente, l’offerente che, a seguito di un’opa totalitaria viene a detenere una partecipazione almeno pari al novantacinque per cento del capitale rappresentato da titoli, ha l’obbligo di acquistare i restanti titolida chi ne faccia richiesta, mentre chiunque venga a detenere una partecipazione superiore al novanta per cento del capitale rappresentato da titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli ammessi alla negoziazione da chi ne faccia richiesta se non ripristina entro novanta giorni un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Il Testo Unico ha introdotto anche un obbligo di vendere per coloro che si trovino a detenere una partecipazione “infima” in una società quotata, offrendo così, a chi detiene la quasi totalità del capitale, la possibilità di “ritirare” le azioni dalla negoziazione, cessandodi sopportare i costi connessi alla quotazione.

A norma dell’art. 111 infatti, “l’offerente che venga a detenere a seguito di offerta pubblica totalitaria una partecipazione almeno pari al novantacinque per cento del capitale rappresentato da titoli ha diritto di acquistare i titoli residui entro tre mesi dalla scadenza del termine per l’accettazione dell’offerta, se ha dichiarato nel documento d’offerta l’intenzione di avvalersi di tale diritto”. La violazione sia dell’obbligo di lanciare un’offerta pubblica totalitaria successiva sia dell’obbligo di acquisto delle partecipazioni “infime”, comporta l’applicazione di sanzioni civili, amministrative e penali.In caso di violazione di tali obblighi:

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- il diritto di voto inerente all’intera partecipazione detenuta non può essere esercitato;- i titoli eccedenti le percentuali “di soglia” devono essere alienati entro dodici mesi.

La violazione dell’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto comporta altresì l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore ad euro venticinquemila e non superiore al corrispettivo complessivamente dovuto dall'offerente ovvero chesarebbe stato complessivamente dovuto dall'offerente se l'offerta fosse stata promossa. La mancata alienazione entro 12 mesi determina anche l’applicazione di una sanzione penale (reclusione fino adun anno e multa da venticinquemila euro a duemilionicinquecentomila euro).

Le offerte fuori sede e il collocamento a distanza

Per “offerta fuori sede” si intendono la promozione e il collocamento di strumenti finanziari “in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento” e, naturalmente, può riguardare sia le offerte di vendita e di sottoscrizione sia le offerte pubbliche di acquisto o di scambio. L’offerta può consistere nella “promozione” di strumenti finanziari, ossia in un messaggio promozionale specificamente diretto alla conclusione di un contratto di compravendita, nel qual caso si identifica con il messaggio promozionale che integra gli estremi dell’appello al pubblico risparmio, e può essere posta in essere solo previa pubblicazione del prospetto informativo (nel caso di offerta di vendita e di sottoscrizione) o del documento di offerta (nell’ipotesi di offerta pubblica di acquisto o di scambio). Costituisce offerta fuori sede anche il “collocamento” degli strumenti finanziari, ossia la stipulazione dei contratti di compravendita o di permuta previsti nell’ambito dell’appello al pubblico risparmio. Con riferimento ai destinatari dell’offerta il legislatore precisa che “non costituiscono offerta fuori sede quelle effettuate nei confronti dei clienti professionali”. Il Regolamento Intermediari considera clienti professionali di diritto a) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri; b) le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società almeno due dei requisiti dimensionali indicati nello stesso regolamento (fatturato, fondi propri, totali di bilancio); c) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari. L’offerta, come sopra definita, costituisce un’offerta fuori sede solo quando viene effettuata “in un luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento”. La Consob individua la dipendenza in una sede “costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico dotata di autonomia tecnica e decisionale”. L’offerta fuori sede di strumenti finanziari può essere effettuata soltanto da imprese di investimento, ossia dalle Sim e dalle imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie, e dalle banche autorizzate allo svolgimento del servizio di “collocamento” di strumenti finanziari; può essere anche svolta dagli organismi di investimento collettivo, dalle società di gestione collettiva del risparmio e dalle SICAV, ma solo per le quote di partecipazione e le azioni dagli stessi emesse. Nell’offerta di strumenti e di prodotti finanziari fuori sede i “soggetti abilitati” ossia le imprese di investimento, le società di gestione del risparmio, le SICAV e gli intermediari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del Testo Unico bancario devono “avvalersi di promotori finanziari”.

Questi, sono iscritti in un albo unico nazionale tenuto dalla Consob e da un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei promotori e dei soggetti abilitati, previo accertamento dei requisiti di professionalità, determinati dal Ministero dell’economia e delle finanze, effettuato sulla base di rigorosi criteri valutativi che tengano conto della pregressa esperienza professionale, validamente documentata ovvero sulla base di prove valutative indette, in precedenza, dalla Consob ed in futuro dall’organizzazione di autogoverno dei promotori medesimi;

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operano in qualità di dipendente, agente o mandatario di soggetti abilitati e possono svolgere la loroattività esclusivamente nell’interesse di uno di essi. La tutela del risparmiatore è offerta, nei confronti della sorpresa alla quale lo espongono il collocamento e la promozione, non richiesti e subiti a domicilio, dal diritto di ripensamento che allo stesso riconosce il 6° comma dell’art. 30 del T.U., a norma del quale “l’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari … conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione dell’investitore, termine entro il quale l’investitore può comunicare il proprio recesso senza speso e corrispettivo”.

Tale facoltà dell’investitore deve essere indicata nei moduli o formulari consegnati all’investitore e l’omessa indicazione della stessa determina la nullità del relativo contratto. All’investitore viene negata tale facoltà, quando l’offerta fuori sede abbia ad oggetto azioni con diritto di voto, o altri strumenti finanziari che ne permettono l’acquisto, “purché le azioni o gli strumenti siano negoziati in mercati regolamentati italiani o di paesi dell’Unione Europea”. La diffusione sempre più capillaredi strumenti di telecomunicazione consente, a chi sollecita il pubblico risparmio, di “raggiungere” i risparmiatori senza doversi recare nei luoghi nei quali gli stessi materialmente si trovano. Si tratta, come è ovvio, di una tecnica di sollecitazione che presenta gradi di pericolosità analoghi, se non maggiori, di quelli propri della sollecitazione “fuori sede”, alla quale si accomuna per l’assenza di una iniziativa del risparmiatore diretta all’investimento o al disinvestimento del risparmio. Il T.U., dopo aver precisato che “per tecniche di comunicazione a distanza si intendono le tecniche di contatto con la clientela, diverse dalla pubblicità, che non comportano la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato”, stabilisce che la Consob, sentita la Banca d’Italia, può disciplinare la promozione e il collocamento di strumenti finanziari effettuati con tali tecniche “in conformità con i principi fissati” dal Codice del consumo e delle norme per la sollecitazione del risparmio “fuori sede”. Anche la promozione e il collocamento a distanza sono riservati, come le offerte fuori sede, alle imprese di investimento e alle banche autorizzate a prestare il servizio di collocamento, ma possono essere effettuate per i propri titoli, anche dalle SICAV e dalle società di gestione del risparmio. Il contatto a distanza con l’investitore può tradursi anche nella conclusione del contratto, nei limiti in cui documento informatico e firma digitale possono integrare gli elementi della scrittura privata. Anche dai contratti così conclusi, e la cui efficacia rimane sospesa per sette giorni, l’investitore entro lo stesso termine potrà recedere “senza spese né corrispettivo”.