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SCUOLA DEL PD PIEMONTESE 2011 – L’ARTE DI AMMINISSTRARE – IL NUOVO MODELLO DI GOVERNO DEL TERRITORIO PAOLO FOIETTA IL NUOVO MODELLO DI GOVERNO DEL TERRITORIO IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE URBANISTICA 1

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SCUOLA DEL PD PIEMONTESE 2011 – L’ARTE DI AMMINISSTRARE – IL NUOVO MODELLO DI GOVERNO DEL TERRITORIO PAOLO FOIETTA

IL NUOVO MODELLO DI GOVERNO DEL TERRITORIO

IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE

EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE URBANISTICA

1

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La pianificazione (o l’urbanistica) moderna nasce come tentativo di dare una

risposta alla crisi della città dell’Ottocento.

Si era reso necessario, cioè, regolare lo sviluppo urbano con uno strumento

che riuscisse a dare coerenza a cose che erano diventate incoerenti e

contraddittorie: anarchia, disagio, inefficienza erano l’esito del prevalere

dell’individualismo nell’organizzazione della città.

L’autorità pubblica comincia a definire un insieme di regole, con il tentativo

di dare ordine alle trasformazioni della città e di fornire una cornice

all’interno della quale potessero esplicarsi le attività di costruzione e

utilizzazione poste in opera dagli operatori pubblici e privati.

Si tratta di un fenomeno di carattere europeo: è del 1857 la prima

urbanizzazione pianificata di Vienna, del 1859 il piano di Barcellona,

progettato da Ildefonso Cerdà, del 1864 il piano di sistemazione e

ampliamento della nuova capitale d’Italia, Firenze.

L’urbanistica moderna

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A partire dalla fine dell’800, fino alla Seconda guerra mondiale i

piani urbanistici avevano essenzialmente una funzione di

regolazione delle trasformazioni delle parti costruite delle grandi

città (dovute sia alla crescita del ruolo delle “capitali”, sia a

esigenze di risanamento igienico ed edilizio) e di definizione di un

disegno di massima delle zone d’espansione.

Dopo la Seconda guerra mondiale, e fino agli anni Settanta, ai

piani regolatori viene assegnata la funzione di definizione

dell’assetto delle zone d’espansione e delle infrastrutture,

soprattutto quelle per la viabilità automobilistica e, in alcuni casi,

delle linee su ferro.

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Legge 1150/42 (Legge Urbanistica Nazionale)

I precedenti:

Legge 2359/1865 (Espropriazioni per pubblica utilità):

I comuni con più di 10000 abitanti potevano, “....per causa di pubblico vantaggio

determinata da attuale bisogno, di provvedere alla salubrità ed alle necessarie

comunicazioni, fare un piano regolatore....”.

Legge 2892/1885 (Per il risanamento della città di Napoli). Stabiliva alcune regole

(come anche la legge del 1865) sulle espropriazioni per pubblica utilità,

utilizzate anche per l’esecuzione di piani regolatori che disciplinavano situazioni

non assimilabili a quelle del “risanamento” di Napoli.

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Milano

Piano Beruto

(1884)

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Stralcio del Piano di Risanamento di Napoli del 1885 (1904)

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Piano Regolatore di Firenze di Giuseppe Poggi (1865)

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Legge 1150/42

Elementi fondamentali:

La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani

regolatori comunali e delle norme sull’attività costruttiva edilizia, sancite dalla

presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti (art. 4).

In seguito alla devoluzione alle Regioni di molte competenze prima riservate allo

Stato (DPR 616/77), le norme contenute nella legge urbanistica continuano ad

essere in vigore in quelle Regioni che non si sono dotate di una propria legge,

approvata in conformità alle disposizioni della normativa statale.

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Legge 1150/42

I livelli di pianificazione:

La LUN introduce 3 livelli di pianificazione stabilendo tra loro un rigoroso rapporto

gerarchico:

• il piano territoriale di coordinamento a livello regionale o sub-regionale (provinciale)

• Il piano regolatore esteso all’intero territorio comunale (generale);

• Il piano esecutivo

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Legge 1150/42

Il Piano Territoriale di Coordinamento

Hanno lo scopo di orientare e coordinare l’attività urbanistica in parti definite di territorio. I Piani di Coordinamento stabiliscono le direttive da seguire nel

territorio individuato, in rapporto principalmente:

a) alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge;

b) alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di

particolare natura ed importanza e di livello territoriale e sovracomunale;

c) alla rete delle principali linee di comunicazione stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in programma (portualità, ferrovie locali, strade

intercomunali, ecc.);

I compiti e gli ambiti territoriali del PTC sono stati comunque meglio definiti dalla

legge 142/90 (Ordinamento delle Autonomie Locali, oggi abrogata dal Testo

Unico sull’Ordinamento delle Autonomie Locali DL 267/2000) che ha dato

nuovo impulso a questo strumento urbanistico poco utilizzato e individuando

nelle Province gli enti che lo devono redigere.

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PTC

Provincia di

Torino

2010

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PTC della Provincia di Bologna

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PTC della Provincia di Napoli

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Legge 1150/42

Il Piano Regolatore Generale

Interessa la totalità del territorio comunale, indica essenzialmente: 1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e

dei relativi impianti;

2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone

destinate all’espansione dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli

e dei caratteri da osservare in ciascuna zona;

3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali

servitù;

4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed

impianti di interesse collettivo o sociale;

5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;

I piani urbanistici, e quelli comunali in particolare, utilizzano tre di tipi di linguaggio:

verbale, visivo, numerico e sono composti da una parte grafica (tavole di analisi

e di progetto) e da una parte testuale (relazione, norme tecniche per l’attuazione del piano)

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Il “linguaggio” del piano regolatore, quindi, è costituito essenzialmente da due

elementi: nel disegno di massima della rete delle infrastrutture per il trasporto

(linee ferroviarie e, soprattutto, viabilità carrabile) e nella suddivisione del

territorio dell’ambito interessato (per esempio, il territorio comunale, oppure la

città esistente e le zone di espansione) in “zone”, ciascuna caratterizzata da specifiche caratteristiche funzionali e fisiche, definite attraverso parametri e

indici.

Si tratta della procedura tecnica cosiddetta della “zonizzazione”, alla quale la pianificazione urbanistica ha tradizionalmente fatto ricorso e della quale ancor

oggi generalmente ci si avvale.

La procedura consiste sostanzialmente nell’attribuire a ciascuna zona, in cui

viene articolato il territorio, particolari “destinazioni d’uso” e particolari quantità

e tipologie di edificazione.

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Milano

PRGC

1953

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PRG di Roma

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PRG di Napoli

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Legge 1150/42

Piano Particolareggiato

Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani particolareggiati di

esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati :

- le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze;

- gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico;

- gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a

bonifica edilizia;

- le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel

piano;

- gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare;

- la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva

ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze

future.

Piano Regolatore Intercomunale

Programma di Fabbricazione

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Programma di Fabbricazione

del Comune di Sarno

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Legge 167/62

È orientata ad “agevolare l’acquisizione delle aree da destinare all’edilizia

economica e popolare”, si introducono i piani per l’edilizia economica e

popolare (e gli analoghi piani per gli insediamenti produttivi).

Le previsioni di questa Legge si attuavano attraveso i Peep (Piano di Edilizia

Economica e Popolare): le aree in esso comprese venivano

preliminarmente espropriate ed urbanizzate dal comune, il quale le

cedeva poi, in proprietà o in uso, a determinati soggetti abilitati a realizzare

edilizia “di tipo economico e popolare”: enti pubblici, cooperative, singoli

soggetti beneficiari di contributi o agevolazioni pubbliche, imprese di

costruzione.

Da un punto di vista urbanistico, i Peep sono, sostanzialmente, di piani

esecutivi, o attuativi.

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Legge 765/67 e DM 1444/68

La legge 765, nota come legge-ponte, fu emanata per porre un freno agli

abusi edilizi, con nuove sanzioni, per incentivare la formazione dei piani

comunali e, soprattutto, per articolare il contenuto di questi piani attraverso

una serie di accorgimenti tra cui i cosiddetti “standard”.

Il DM 1444 dà attuazione alla legge 765 e definisce e fissa alcuni limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi di spazi

destinati ad attrezzature di interesse pubblico. In particolare:

Per gli insediamenti residenziali, i “rapporti massimi” tra costruito e spazi pubblici di cui all’art. 17 della legge n. 765, sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante – insediato o da insediare – la dotazione minima, inderogabile, di mq. 18 per spazi pubblici o riservati alle attività

collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie. Tale quantità complessiva è ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:

a) mq 4,50 di aree per l’istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo;

b) mq 2 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici postali, protezione civile, ecc.) ed altre;

c) mq 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade;

d) mq 2,50 di aree per parcheggi: tali aree – in casi speciali – potranno essere distribuite su diversi livelli.

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Legge 765/67 e DM 1444/68

I limiti inderogabili devono essere definiti per zone territoriali omogenee:

A) agglomerati di interesse storico e di pregio ambientale;

B) Zone parzialmente o totalmente edificate diverse dalle A;

C) Zone di nuova espansione in aree prive di strutture urbane;

D) Nuovi insediamenti a carattere industriale;

E) Parti del territorio destinate ad uso agricolo;

F) Attrezzature ed impianti di interesse generale.

I rapporti degli standard devono sempre essere assicurati nelle zone territoriali

C (quelle destinate a nuovi complessi insediativi, che risultano inedificate o

nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e

densità del 12.5% della superficie fondiaria della zona e nelle quali la

densità territoriale non sia superiore a 1,5 mc/mq.

Per le altre zone (A,B,D,E,F) ci possono essere delle deroghe se si dimostra

l’impossibilità di attenersi agli standard previsti dal decreto.

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Legge 10/77 (Norme in materia di edificabilità dei suoli)

- nuovo regime dei suoli (separazione del diritto di proprietà del suolo dallo jus

aedificandi), e introduzione dell’istituto della concessione edilizia;

- nuove e più severe misure per la repressione degli abusi edilizi;

- Programmi pluriennali di attuazione

Elementi fondamentali:

In particolare i PPA restituiscono importanza al tema della “programmazione” nel

tempo degli interventi. Questi programmi, infatti, non sono dei “piani” ma dei

provvedimenti amministrativi che – sulla base dei piani urbanistici esistenti (generali

o esecutivi)e delle risorse finanziarie disponibili o previste – fa delle scelte di priorità,

stabilendo gli interventi da realizzare nel periodo considerato (dai 3 ai 5 anni).

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Legge 457/78 (Norme per l’edilizia residenziale)

- l’istituzione dei Piani di Recupero. Con essi i Comuni individuano, nell’ambito del proprio Piano Regolatore o del Programma di Fabbricazione le aree che dovranno

essere sottoposte a recupero edilizio e/o urbanistico. A differenza dei Programmi

Pluriennali Attuazione, il Piano di Recupero ha una vera e propria natura di piano,

di piano particolareggiato. Anche i privati possono presentare un Piano di

Recupero se essi hanno almeno i 3/4 del valore degli immobili.

Elementi fondamentali:

La legge rappresenta, tra le altre cose, una risposta organica ai problemi normativi

sul recupero edilizio del patrimonio esistente, attraverso:

- L’introduzione (art. 31, ora anche art.3 Dpr 380/2001) delle categorie di

intervento per il recupero edilizio:

a) Manutenzione ordinaria

b) Manutenzione straordinaria

c) Restauro e risanamento conservativo

d) Ristrutturazione edilizia

e) Ristrutturazione urbanistica

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Legge 47/85 (Norme in materia di controllo dell'attività

urbanistico-edilizia)

Legge 724/94 (Misure di razionalizzazione delle finanza

pubblica)

DL 2 ottobre 2003, n. 269 convertito in legge 24

novembre 2003, n. 326 (Norme in materia di sviluppo

dell'economia e di correzione dei conti pubblici)

D.P.R. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative

e regolamentari in materia edilizia)Si tratta di uno strumento autonomo della disciplina edilizia che, in precedenza,

era in parte inglobata nella legislazione urbanistica o articolata in leggi

riguardanti i singoli aspetti tecnici

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I piani di settore (o specialistici)

Piano Paesistico

Piano del Parco

Piano di Bacino

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Il Piano Paesistico

Legge 431/85 (Legge Galasso)

DL 490/99 (Testo unico delle disposizioni legislative in

materia di beni culturali e ambientali)

DL 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)

A cominciare dalla legge Galasso viene introdotto il principio della tutela diffusa, vincolando ope legis una serie di beni predefiniti valutati nella loro globalità di

valenze naturali e culturali. Questo principio viene messo in discussione, però, dal

DL 42/2004, che ne prevede la validità solo fino all’approvazione dei Piani Paesistici.

Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000)

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DL 42/2004

Articolo 142Aree tutelate per legge

1. Fino all'approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 156, sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo Titolo per il loro interesse paesaggistico:a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di

battigia, anche per i territori elevati sui laghi;c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione esterna dei parchi;g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;l) i vulcani;m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore del presente codice.

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PUT – Piano Urbanistico Territoriale della Penisola Sorrentino-Amalfitana

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Crisi del modello attuale di piano

1. Carattere “generale” del piano;

2. dall’espansione alla “trasformazione” della città

3. rigidità (difficoltà di varianti, prescrittivo, poca partecipazione e

concertazione nella sua formazione, utilizzo della tecnica dello zoning,

ecc.);

4. pensato con un modello “espropriativo” per acquisire la aree necessarie per i servizi pubblici e per l’espansione della città;

5. iniquo. In particolare per quanto riguarda il cosidetto “doppio regime dei

suoli”, tra aree da destinare ad uso pubblico (penalizzate) e aree da

destinare ad uso privato. Con la sentenza 55/1968 la Corte Costituzionale

ha dichiarato l’illegittimità della durata illimitata dei vincoli urbanistici, il cui

termine fu fissato in cinque anni da un legge successiva.

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Le tre vie del piano:

1. piani che si pongono nel solco della tradizione e fanno riferimento alla

legge 1150/42;

2. piani di “riforma” redatti in base a leggi regionali che hanno fatto propri gli

assunti avanzati dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e che fanno

riferimento anche ad altre, e più mature, esperienze europee;

3. la via della sostituzione dei piani o della deroga con altri strumenti e

“programmi”.

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L’innovazione: il piano riformato

Nel 1995 l’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) elabora un nuovo modello di

piano urbanistico sdoppiato in due componenti: una di media durata,

(dieci, quindici anni) cosiddetta strutturale e che definisce gli obiettivi generali che si vogliono perseguire, in una visione complessiva del futuro

assetto urbanistico della città; e una, operativa, di breve durata (5 anni) corrispondente sia al mandato del sindaco (“piano del sindaco”) sia al

periodo di validità dei vincoli urbanistici.

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Il Piano Strutturale

Il Piano Strutturale si muove attorno ad alcuni principi, comuni alle diverse

normative regionali:

• indica le grandi scelte urbanistiche, gli obiettivi generali e di lungo periodo. In particolare: le previsioni per la mobilità (viabilità e trasporti pubblici); quelle

ambientali (i parchi, il verde urbano, le zone da tutelare, le aree agricole); le

parti di città da conservare, quelle da riqualificare e quelle per nuovi interventi;

• Il Piano Strutturale non ha effetti conformativi dei diritti dei proprietari, non appone vincoli, tranne quelli “ambientali “(non indennizzabili);

• superamento del modello attuativo a carattere espropriativo del Prg. Modello iniquo, improduttivo e costoso. Favorire, quindi forme di perequazione che

tendano ad annullare il “doppio regime dei suoli” e a favorire, invece, un

uguale trattamento di tutte le proprietà coinvolte nei processi di trasformazione

urbana, che si trovano, in teoria, nelle stesse condizioni di fatto e di diritto;

• i programmi complessi (Pru, Pii, ecc.) possono meglio interagire con il Piano Strutturale, in una circolarità virtuosa tra piano e programmi, in relazione agli

interventi sia sulla città esistente, sia in aree di frangia e di tessuto urbano

diffuso.

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Piano Strutturale di Siena

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Il Piano Operativo

• Si muove all’interno degli indirizzi tracciati dal Piano Strutturale e riguarda le

trasformazioni urbanistiche e le opere pubbliche che un amministrazione

comune (o il Sindaco) intendono realizzare nel quinquennio del mandato;

• gli interventi sono concertati con quelli previsti dal programma comunale delle

opere pubbliche;

• definisce nel dettaglio le previsioni del Piano Strutturale (un parco, una strada, ecc.)

• sceglie le modalità pubbliche o private di attuazione degli interventi;

• quantifica e attribuisce i diritti edificatori alle diverse aree secondo i principi

della “perequazione urbanistica”.

INNOVAZIONE E LEGISLAZIONI REGIONALI

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Piano Operativo di Modena

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AMBITO 1

AMBITO 4

AMBITO 2

PRGC di

Torino

1995

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LE LEGGI REGIONALI URBANISTICHE

L.R. 5/95 (Regione Toscana)

L.R. 20/00 (Emilia Romagna)

L.R. 23/99 (Regione Basilicata)

L.R. 1/05 (Regione Toscana)

L.R. 11/04 (Regione Veneto)

L.R. 16/04 (Regione Campania)

L.R. 20/01 (Regione Puglia)

L.R. 38/99 (Regione Lazio)

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Legge regionale vigente 56/77 (Regione Piemonte)

Art. 3

(Strumenti e livelli di pianificazione)

1. Sono strumenti di pianificazione per l'organizzazione e la disciplina d'uso del territorio:

a) a livello regionale: il Piano Territoriale Regionale formato dalla Regione che considera il territorio

regionale, anche per parti, e ne esplica ed ordina gli indirizzi di pianificazione del territorio;

b) a livello provinciale e di area metropolitana: i Piani Territoriali Provinciali formati dalle Province

ed il Piano Territoriale Metropolitano formato dalla Citta' Metropolitana che considerano il territorio della

provincia o dell'area metropolitana, delineano l'assetto strutturale del territorio e fissano i criteri per la

disciplina delle trasformazioni, in conformita' con gli indirizzi di pianificazione regionale;

c) a livello sub regionale e sub provinciale, per particolari ambiti territoriali o per l'attuazione di

progetti o politiche complesse: i Progetti Territoriali Operativi e i Piani Paesistici; i Progetti Territoriali

Operativi considerano particolari ambiti sub-regionali o sub-provinciali aventi specifico interesse economico,

ambientale o naturalistico ovvero interessati da progetti specifici o da iniziative di politica complessa,

mentre i Piani Paesistici considerano, anch'essi, particolari ambiti territoriali aventi preminenti caratteristiche

di rilevante valore ambientale-paesistico;

d) a livello comunale: i Piani Regolatori Generali, aventi per oggetto il territorio di un singolo Comune, o

di piu' Comuni riuniti in forme associate, ed i relativi strumenti di attuazione.

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Legge regionale vigente 56/77 (Regione Piemonte)

Art. 11.

(Finalita' del Piano Regolatore Generale comunale e intercomunale)

I Comuni, singoli od associati, esercitano le loro competenze in materia di pianificazione e gestione

del territorio mediante la formazione e l'attuazione dei Piani Regolatori Generali, comunali e

intercomunali, finalizzati al soddisfacimento delle esigenze sociali delle comunita' locali e aventi quali

specifici obiettivi:

a) un equilibrato rapporto fra residenze e servizi, in relazione ai posti di lavoro individuati secondo le

indicazioni del Piano Territoriale;

b) il recupero all'uso sociale del patrimonio edilizio ed infrastrutturale esistente;

c) la difesa attiva del patrimonio agricolo, delle risorse naturali e del patrimonio storico-artistico ed

ambientale;

d) la riqualificazione dei tessuti edilizi periferici e marginali e dei nuclei isolati di recente formazione;

e) l'equilibrata espansione dei centri abitati sulla base di previsioni demografiche ed occupazionali

rapportate alle indicazioni del Piano Territoriale;

f) il soddisfacimento del fabbisogno pregresso e previsto di servizi sociali e di attrezzature pubbliche;

g) la programmata attuazione degli interventi pubblici e privati.

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Legge regionale vigente 56/77 (Regione Piemonte)

Art. 12.

(Contenuti del Piano Regolatore Generale)

[1] Il Piano Regolatore Generale si adegua alle previsioni del Piano Territoriale, che verifica e sviluppa, con

riferimento alla organizzazione del territorio del Comune o dei Comuni interessati, per un arco temporale decennale.

[2] Esso, pertanto, in questo quadro:

1) valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali dei servizi e delle attrezzature,

indicando la quota che può essere soddisfatta con il recupero del patrimonio insediativo esistente ed individuando la quantità

di aree necessarie per la realizzazione dei nuovi insediamenti; valuta altresì le esigenze relative agli insediamenti del settore

commerciale

2) precisa le aree da sottoporre a speciali norme ai fini della difesa del suolo e della tutela dell'ambiente, o da destinare alla

realizzazione e alla tutela di impianti di interesse pubblico;

3) individua le aree atte ad ospitare l'incremento di popolazione ipotizzato, in coerenza con le previsioni del Piano Territoriale;

4) individua e regolamenta sulla base dei piani agricoli zonali ove operanti le aree destinate ad attivita' agricole e

quelle destinate ad usi insediativi, residenziali, produttivi, commerciali e turistici, ai servizi e al tempo libero

definendo le aree destinate agli standards, di cui agli articoli 21 e 22, oppure individuando gli strumenti esecutivi

che devono provvedere a tale specificazione;

5) determina per ogni parte del territorio comunale la disciplina di tutela e di utilizzazione del suolo …

6) definisce l'organizzazione del territorio in relazione al sistema infrastrutturale e di trasporto …

7) individua gli edifici ed i complessi di importanza storico-artistica ed ambientale e delimita i centri storici, garantendo la loro

tutela e la loro utilizzazione sociale, nonche' la qualificazione dell'ambiente urbano nel suo complesso;

7 bis) individua le parti del territorio ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed

urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, risanamento e ricostruzione ed alla migliore utilizzazione

del patrimonio stesso.

8) puo' individuare nell'ambito degli insediamenti residenziali, nel caso in cui il Comune sia obbligato a formare il piano di cui

al successivo art. 41, le aree per l'edilizia economica e popolare da realizzare in funzione delle reali esigenze locali per il

decennio di validita' del Piano Regolatore Generale;

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Legge regionale vigente 56/77 (Regione Piemonte)

Art. 14.

(Elaborati del Piano Regolatore Generale)

[1] Il Piano Regolatore Generale e' costituito dai seguenti elaborati:

1) la Relazione illustrativa,

2) gli Allegati tecnici

3) le Tavole di piano

Art. 18.

(Efficacia del Piano Regolatore Generale comunale e intercomunale)

[1] Dalla data di adozione del progetto preliminare del Piano Regolatore Generale e successivamente da

quella relativa al Piano Regolatore Generale definitivo si applicano le rispettive misure di salvaguardia di cui

all'art. 58 della presente legge.

[2] Le prescrizioni del Piano Regolatore Generale sono vincolanti nei confronti dei soggetti pubblici e privati,

proprietari o utenti degli immobili.

[3] Successivamente alla pubblicazione del P.R.G. per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione, il

Comune interessato e' tenuto all'affissione all'albo pretorio, per quindici giorni consecutivi, di un avviso che

attesti il deposito in continua visione degli elaborati del Piano stesso ai sensi dell'art. 15.

[4] Chiunque puo' prendere visione di tali elaborati ed ottenerne copia per le parti di suo interesse previo

deposito delle relative spese.

[5] Dalla scadenza del periodo di affissione di cui al precedente 3° comma decorrono i termini per

l'impugnazione del Piano.

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Legge regionale vigente 56/77 (Regione Piemonte)

Art. 21

(Standards urbanistici e servizi sociali ed attrezzature a livello comunale)

[1] Nel Piano Regolatore Generale deve essere assicurata una dotazione complessiva di aree per servizi

sociali, comprendenti attrezzature pubbliche e di uso pubblico, esistenti ed in progetto, commisurata

all'entita' degli insediamenti residenziali, produttivi, direzionali, commerciali e turistici, sulla base dei

seguenti parametri:

1) Aree per attrezzature e servizi in insediamenti residenziali:

la dotazione minima complessiva delle aree per servizi sociali e' stabilita in 25 mq. e sino a 7 mq. per

abitante puo' essere reperita in aree private assoggettate ad uso pubblico o da assoggettare ad uso

pubblico mediante convenzione, secondo le norme del P.R.G. Tale dotazione e' da intendersi, in linea di

massima, cosi' ripartita:

a) 5 mq. per abitante di aree per l'istruzione (asili nido, scuole materne, scuole elementari, scuole

medie dell'obbligo);

b) 5 mq per abitante di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali,

assistenziali, sanitarie, amministrative, per mercati su aree pubbliche e centri commerciali pubblici);

<=106

c) 12,50 mq. per abitante di aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport;

d) 2,50 mq. per abitante di aree per parcheggi pubblici.

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Legge regionale vigente 56/77 (Regione Piemonte)

2) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti produttivi: la dotazione minima di aree per

attrezzature funzionali agli insediamenti produttivi, di nuovo impianto di cui alle lettere a) e d) del 1° comma

dell'art. 26, per parcheggi, verde ed attrezzature sportive, centri e servizi sociali, mense ed attrezzature

varie, e' stabilita nella misura del 20% della superficie territoriale a tale scopo destinata; per i Comuni siti in

territorio montano la dotazione e' stabilita nella misura del 10%. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del 1°

comma dell'articolo 26, la dotazione minima e' stabilita nella misura del 10% della superficie fondiaria.

3) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali al dettaglio non soggetti alle

prescrizioni di cui al secondo comma: nei casi di intervento all'interno dei centri storici, individuati

conformemente a quanto disposto dall'articolo 24, primo comma, numero 1) e di ristrutturazione urbanistica

e di completamento di cui all'articolo 13, terzo comma, lettere e) ed f), la dotazione minima è stabilita

nella misura dell'80 per cento della superficie lorda di pavimento. Nei casi di intervento di nuovo

impianto, di cui all'articolo 13, terzo comma, lettera g), la dotazione minima è stabilita nella misura del 100

per cento della superficie lorda di pavimento. La dotazione minima di aree destinate a parcheggio pubblico

è stabilita in misura non inferiore al 50 per cento delle menzionate dotazioni.

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56/77 – smi

Legge regionale n. 1 del 26 gennaio 2007 (Regione Piemonte) - Sperimentazione

di nuove procedure per la formazione e l'approvazione delle varianti

strutturali ai piani regolatori generali. Modifiche alla legge regionale 5

dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo).

Si inserisce il concetto di COPIANIFICAZIONE

Legge regionale n. 20 del 14 luglio 2009 modificata con la lr 1/2011 del 3/3/2011

Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica.

Si inseriscono semplificazioni in attuazione del Piano Casa proposto dal Governo

Legge regionale n. 32 del 1 dicembre 2008

Provvedimenti urgenti di adeguamento al decreto legislativo 22 gennaio

2004, n. 42

Si inseriscono le Commissioni Locali per il Paesaggio