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Il ‘Palazzo d’oro’ nella città di Udine

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Il restauro delle facciate degli edifici di Via Manin in Udine, sede della Fondazione CRUP.

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Il ‘Palazzo d’oro’ nella città di Udine

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Interventi di Palazzo Contarini,Casa Gori-Pividori e Casa Caratti-BraidaProprietaria e committente: Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e PordenoneProgettista e direttore dei lavori: architetto Daniele Picco, Udine geometra Paolo Gentilli, UdineInterventi architettonici: Del Mistro Giacobbe spa, ManiagoRestauri: Stefano Tracanelli restauratore, Spilimbergo

Si ringraziano per la collaborazione:Comune di Udine Assessorato alla Gestione Urbana: architetto Gianna MalisaniSoprintendenza per i BeniArchitettonici e Paesaggistici del FVG,U!cio di Udine: architetto Carla Rigo

Il ‘Palazzo d’oro’ nella città di UdineA cura di Liliana CargneluttiSaggi diGiuseppe Bergamini, Gabriella Bucco, Liliana Cargnelutti,Stefano TracanelliProgetto gra!coStudio Ferruccio MontanariImpaginazioneVanessa MarcuzziStampaLitho Stampa, Pasian di Prato (Ud)

Fotogra!eCampagna fotogra!caLuca LaureatiAltre fotogra!eArchivio Giuseppe Bergamini, Udine,pp. 11, 12, 14, 15, 16, 17, 28, 34, 37, 52Archivio Fototeca Civici Musei,Udine, pp. 13, 18, 19, 22 alto, 38, 39, 41, 42, 47, 48, 50, 51, 53, 54, 58, 59, 72, 86 basso, 89, 143, 145Gabriella Bucco, Udine,pp. 85, 101, 102-109, 111, 112, 139, 141, 142, 146, 147, 160, 164, 166-169, 176, 177Antonia Montanari, Udine,p. 115Daniele Picco, Udine,pp. 192, 200, 201Riccardo Viola, Mortegliano,pp. 194 ,204, 205, 210, 211, 214-216, 218, 219Le immagini di pp. 45, 62 › 66 sono riprodotte su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali, Archivio di Stato di Udine, n. 15/2012

Si ringraziano per la collaborazione al volume:Lorenzo Bresil, Biblioteca civica di Cervignano, Giorgio Cacciaguerra, Loris Contarini, Roberta Corbellini,Silvano Crapiz, Nicole Dao, Maria Amalia D’Aronco, Marzia Di Donato, Emanuela Ivaldi,Gisella Mian, Francesco Moro,Margherita Pravisani, il Direttore e il personale della Biblioteca civica di Rovereto, Maria Sello, Umberto Sello, Lucia Stefanelli, Francesca Tamburlini,Romano Vecchiet, Alessandro, Annetta, Margherita, Mariolina e Pietro Zandigiacomo, il Personale della Fondazione Crup

In copertina e nei fogli di sguardiaUdine, Palazzo Contarini,particolare del fregio dopo il restauro

© 2012 Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone

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Il ‘Palazzo d’oro’ nella città di UdineA cura di Liliana Cargnelutti

Saggi di Giuseppe Bergamini, Liliana Cargnelutti,Gabriella Bucco, Stefano Tracanelli

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Apprestandosi a porre mano ai lavori di restauro delle facciate degli edi!ci di Via Manin in Udine, ove ha la propria sede, la Fondazione Crup si è imbattuta nella riscoperta degli originari splendori del Palazzo Contarini, noto !n dalla sua nascita un secolo fa come il “Palazzo d’oro”: se ne rendeva necessario, per doverosa testimonianza storica e artistica, un ripristino !lologico che lo sottraesse dalla malinconica opacità in cui gli anni e le intemperie lo avevano costretto.

L’operazione, frutto di una scrupolosa indagine preliminare accompagnata con vigile interesse dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, ha ottenuto – ci pare – l’apprezzabile risultato di restituire alla città di Udine uno dei suoi edi!ci più suggestivi,illuminando l’accesso al centro storico di cittadini, turisti e visitatori.

A questo punto l’evento, già di per sé signi!cativo, ha acceso un di"uso entusiasmo culturale fra studiosi, artisti, appassionati storici, che ne hanno fatto motivo per dedicare il loro ingegno a un a"ascinante studio sulla riscoperta di questa “unicità” architettonica del primo Novecento friulano,inserita in un contesto urbano ricco di storia plurisecolare.

Per questo motivo il volume documenta attraverso una rigorosa ricerca non soltanto la storia di Palazzo Contarini e delle case adiacenti restituiti alla loro bellezza dal recente restauro, ma si apre al racconto dell’antica Contrada di San Bartolomeo intitolata a Daniele Manin dopo l’Unità, !no alla costruzione nel 1906 in un’area - già di proprietà di importanti famiglie nobiliari - dell’edi!cio di Ettore Gilberti, da cui inizia un percorso tra le vie di Udine che illustra il gusto architettonico e decorativo dell’epoca.

È con viva soddisfazione, dunque, che la Fondazione Crup accoglie il frutto dell’appassionato lavoro degli autori di questo volume, ai quali è sicuramente destinato l’apprezzamento più cordiale, per consegnarlo - come metaforico messaggio di recupero del patrimonio valoriale più alto del nostro popolo – a quest’epoca di smarrimento e dedicarlo con irriducibile !ducia alle speranze delle nuove generazioni.

Lionello D’AgostiniPresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone

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Presentazione

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Abbreviazioni e sigleAC Archivio comunale

ACPn Comune di Pordenone, Archivio comunaleACR Comune di Rovereto, Archivio storico

ACRUP Archivio storico della Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone – sezione 1876-1976

ANA Archivio notarile anticoANDUd Archivio notarile distrettuale di Udine

ASUd Archivio di Stato di UdineAUUC Comune di Cervignano,

Archivio U!cio urbanisticoBCUd Biblioteca Civica ‘V. Joppi’ di Udine

ED Edilizia privataFCRUP Fondazione Cassa di Risparmio

di Udine e Pordenone

all. allegatob. /bb. busta/buste

fasc. fascicolof.J. fondo Joppif.p. fondo principale

ms./mss. manoscritto/manoscrittin.n./n.nn. non numerato/non numerati

n. /nn. numero/numerinot. notaioogg. oggetto

p./pp. pagina/paginer. rectos. seriev. verso

Savonitto, Schede Catalogazione delle opere di architettura dal periodo eclettico storicista ai giorni nostri e del patrimonio edilizio rurale spontaneo e proposte di norme da introdurre nel PRGC, Schede descrittive, Edi!ci di grande interesse architettonico,professionista incaricato Emilio Savonitto, pubblicata sul sito del Comune di Udine.

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Lionello D‘Agostini05 PRESENTAZIONE

Giuseppe Bergamini11 VIA MANIN TRA OTTO E NOVECENTO

Liliana Cargnelutti41 NELLA CONTRADA DI SAN BARTOLOMEO,

POI VIA MANIN

41 Introduzione42 La Contrada di San Bartolomeo55 Il complesso Gubertini-Valentinis63 Le case Gori-Pividori e Braida-Caratti

69 ETTORE GILBERTI E LA COMMITTENZA

DI PALAZZO CONTARINI

69 La ditta Pietro Contarini all’inizio del Novecento

73 Ettore Gilberti e il primo progetto di Palazzo Contarini

81 La committenza della Cassa di Risparmio

Gabriella Bucco93 IL MITO DELLA SECESSIONE:

ETTORE GILBERTI, ARTISTI E ARTIGIANI

ALL’OPERA PER PALAZZO D’ORO

93 Il clima culturale: Udine a metà strada tra Roma e Vienna

97 Friuli, un ponte verso la Mitteleuropa99 Rovereto anni Dieci: l’era di Gilberti101 Idee e modelli per il Palazzo d’oro105 Udine e Rovereto a confronto106 Il Palazzo d’oro e la Banca Cattolica Trentina119 Le pietre arti"ciali139 L’Impresa D’Aronco e la pietra arti"ciale142 Scrivere con il pennello:

i doratori della famiglia Zandigiacomo145 Di ringhiere e targhe Art Nouveau151 Udine a colori159 Ettore Gilberti architetto di "ducia

della Cassa di Risparmio163 L’espansione della Cassa di Risparmio:

nuove sedi a Cervignano …165 a Tolmezzo …167 a Pordenone171 L’Esattoria comunale di Udine177 A Maniago l’ultima "liale di Gilberti179 Su e giù per Via Manin e dintorni

Stefano Tracanelli189 IL RESTAURO DEL PALAZZO D’ORO

189 Introduzione193 Il restauro

225 BIBLIOGRAFIA

228 INDICE DEI NOMI DI PERSONE

231 Palazzo Contarini “The Golden House”235 Palazzo Contarini Das “Goldene Haus”

Indice

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Veduta panoramica del centro città di Udine in una fotografia di Luigi Pignat, 1932. Udine, Civici Musei.

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Via Manin tra Otto e Novecento

In una lettera al direttore pubblicata sul «Messaggero Veneto» del 16 febbraio 1991, il nondimenticato autore del fortunato volume Udine 16 millimetri, Renzo Valente, lamentava le tristicondizioni in cui versava allora l’importante strada che unisce l’alberato anello di “Giardin grande”(Piazza 1° Maggio) con la centrale, veneziana Piazza Contarena, oggi Libertà1. La via, scrive,

attualmente si trova in uno stato di allarmante degrado, mentre invece, in anni più lontani,adeguatamente abitata e rallegrata da negozi, da u!ci, da ben tre ristoranti o trattorie e persino da un albergo, nonché da una autorimessa con o!cina molto stimata (mi riferisco al ristorante Manin di Giuseppe Wernitzig posto sull’angolo con piazzaVittorio, all’albergo Manin, alle trattorie Braida e dell’Aquila Nera, allo storico garageomonimo di Giuseppe Zenzi e ad altre sciccherie), ebbe una parte importante, se non primaria, nella vita economica e, perché no, anche mondana del centro cittadino2.

Giuseppe Bergamini

1 R. VALENTE, Splendore e miseria di Via Manin un tempo strada in Cinemascope, in «Messaggero Veneto», 16 febbraio 1991.

2 Per uno sguardo complessivo su Via Manin, cfr. il capitolo Il Palazzod’oro in L. PROVINI, Una vita a Udine,Udine 2007, pp. 32-35.

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Nella pagina a fianco:Giuseppe Orettici, G. Zilli, pianta topograficadella città di Udine, 1880. Particolare del centro storico. Udine, Civici Musei.

In questa pagina, dall’alto:Réclame del Garage Aquila Nera, anni Trenta.Giuseppe Bernardino Bison, Veduta della Piazza Contarena a Udine, 1842Collezione privata.A fianco: Ottavio Codecasa, Piazza Patriarcatoa Udine, 1841. Collezione privata.

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L’importanza, la nobiltà e la bellezza che nei secoli interessarono la strada e alcuni dei suoiedi"ci, è ancor oggi testimoniata da antichi segni d’arte: sulla facciata del Palazzo Mantica (ora della Società Filologica Friulana), l’elegante pentafora cinquecentesca e il bel bassorilievo di Carlo da Carona ra!gurante la Madonna con Bambino contornata da sette pa#uti volti di cherubini (ca. 1520)3; cantinelle cinquecentesche nel sottoportico di Casa Manin, ultimi resti delle tante che un tempo decoravano i so!tti di altre abitazioni della via: Casa Valentinis4, ad esempio, o Palazzo Mantica5; la slanciata polifora con poggiolo sostenuto da una mensola e il loggiato a cinque archi a tutto sesto che insistono su agili pilastri ottagonali con capitelli lavorati di tipo composito del Palazzo Filettini Caimo, all’angolo con Piazza Libertà, a dare continuità alla splendida in"lata di arcate rinascimentali della Loggia di San Giovanni.

3 G. BERGAMINI, La scultura di Carlo da Carona, Udine 1971, p. 23.

4 Cfr. il testo di Liliana Cargnelutti in questo volume, p. 59.

5 P. PASTRES, P.G. SCLIPPA (a cura di), Tesori della Società Filologica Friulana, Udine 2008, pp. 20-21.

Via Manin tra Otto e Novecento

Nella pagina a fianco: Carlo da Carona, Madonna con Bambino, ca.1520, sulla facciata di Palazzo Mantica.Udine, Via Manin: Palazzo Caimo-Dragoni(dal 1926 sede del Credito Italiano).

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Altri segni si sono nel tempo perduti (tra questi gli a#reschi di Giovanni Battista Grassi sullafacciata di Casa Onestis ra!guranti la battaglia di Farsalo, combattuta nel 48 a. C. dall’esercitodel console Gaio Giulio Cesare contro quello di Gneo Pompeo Magno),6 mentre gioielli d’arte di epoche diverse ricordano ancor oggi l’importanza e la cultura delle nobili famiglie che nei secoli abitarono i palazzi di Borgo San Bartolomeo: a#reschi trecenteschi con Fatti della storia di Troia eseguiti probabilmente da due frescanti, uno friulano e uno di scuolabolognese, e venuti alla luce nel 1982 durante i lavori di restauro del Palazzo Manin ed oradepositati nel Museo cittadino7, una pala d’altare di Pietro Antonio Novelli (L’Immacolata, 1792)8

e a#reschi di Giambattista Canal9 nella cappella domestica della casa che gli Asquini acquistaronodalle eredi di Nicolò Pavona nel 1772 e trasformarono in elegante palazzo dotandolo di una ricca quadreria comprendente anche due straordinarie Vedute di Andrea Urbani10.

6 Il Grassi «ha dipinto a fresco nella cittàdi Udine, nella contrada di SanBortolomio, sulla facciata della casa deiconti Valentinis, ora dei signori Onestis,la guerra di Farsaglia, azioni di MarcoAntonio ed altri fatti de’ romani, e certichiari scuri» (G. ASQUINI, Notizie deipittori del Friuli [ca.1790], a cura di P. Pastres, Udine 2002, pp. 58-59). Nel 1816 Antonio Zurico scrive: «Si osservano ancora alcuni grandiosiresidui di certi fatti romani da lui dipintinella facciata della casa fu Valentinis, ove al presente sono li pubblici forni in contrada San Bartolomio». Cfr. G. BERGAMINI, P. PASTRES, L’ineditomanoscritto di Antonio Zurico sulla pitturafriulana, in «Memorie StoricheForogiuliesi», LXXXVI (2006), p. 172).Cfr. anche il testo di Liliana Cargneluttiin questo volume, p. 67 nota 66.

7 E. COZZI, in G. BERGAMINI (a cura di),La Galleria d’arte antica dei Civici Musei di Udine. 1. Dipinti dal XIV alla metà del XVII secolo, Vicenza/Udine 2002, pp. 36-37.

8 G. BERGAMINI (a cura di), GiambattistaTiepolo. Forme e colori. La pittura delSettecento in Friuli, catalogo della mostradi Udine, Milano 1996, pp. 232-233.

9 R. DE FEO, Giambattista Canal in Friuli,in C. FURLAN, G. PAVANELLO (a cura di),Arte, storia, cultura e musica in Friulinell’età del Tiepolo, Atti del ConvegnoInternazionale di Studi (Udine 19-20dicembre 1996), Udine 1988, p. 166.

10 BERGAMINI (a cura di), GiambattistaTiepolo, cit., pp. 228-231.

Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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Sopra: Fatti della storia di Troia, affreschitrecenteschi già in un’abitazione di Via Manin.Udine, Civici Musei.

Giuseppe Bernardino Bison, Rebecca al pozzo, 1807, in Palazzo Mantica.

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15 Via Manin tra Otto e Novecento

Veduta della cappella domestica del palazzo Asquinicon pala d’altare, L’immacolata di Pietro AntonioNovelli (1794) e dipinti murali di Giovanni BattistaCanal, inizio sec. XIX.

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Ancora, un piacevole ciclo di a#reschi di Francesco Chiarottini, eseguiti all’epoca in cui l’edi"cio era abitato dal conte mons. Pietro Mantica, una stanza piacevolmente a#rescata del Canal all’inizio dell’Ottocento e altri fregi ottocenteschi nel Palazzo Mantica11. Nella seconda metà dell’Ottocento, in Udine, i palazzi o le case della ricca borghesia più checon a#reschi di carattere storico o mitologico, com’era d’uso nei secoli precedenti, venivanodecorate con fregi di carattere $oreale o geometrico, grottesche colorate con "gure zoomorfe,con girali nei quali si specializzarono decoratori come Giovanni Lorio, Giovanni Pontoni,Ferdinando Simoni, Eugenio Savio, Luigi Stella ed altri: ne rimangono piacevoli esempi nel Palazzo Antivari Kechler, ad esempio, o in quello Colloredo Orgnani.

11 G. BERGAMINI, L. SERENI, Tra case e palazzi, in E. BARTOLINI, G. BERGAMINI, L. SERENI, Raccontare Udine. Vicende di case e palazzi, Udine 1983, pp. 288-293, Cfr. anche PASTRES,SCLIPPA (a cura di), Tesori della SocietàFilologica Friulana, cit., pp. 22-29.

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Francesco Chiarottini, L’arrivo di Ester alla corte di Assuero, ca. 1785, in Palazzo Mantica.

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Francesco Chiarottini,La ricostruzione del tempio di Gerusalemme, ca. 1785, in Palazzo Mantica.

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Folla in piazza Libertà, inizio Novecento.

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Anche il Palazzo Filettini Caimo, come ricordano i documenti, fu oggetto di decorazioni del genere: vi lavorarono il Simoni, il Lorio, il Savio. Il pianterreno dell’edi"cio era allora in partea!ttato ad uso di bottega: nel 1876 vi aprì i battenti quella birreria che, passata attraverso diversegestioni (nel 1876 ad esempio la conduceva Maria Teresa Cecchini), nel 1882 venne a!ttata alla ditta Dorta e dal 1890 al 1912 indicata come “Birreria Restaurant Puntigam”.12

Gestita da un tedesco emigrato, il sig. Giuseppe Wernitznig, fu una delle birrerie-trattorie più in vista, ritrovo di uomini impegnati nella vita politica, economica e culturale della città. Quando scoppiò la guerra mondiale, per un malinteso senso patriottico si ritenne opportunocancellare tutto quanto fosse riconducibile alla lingua tedesca ed anche la birreria del sig. Wernitznigvenne ribattezzata “Manin”. Verso la "ne del sec. XIX nel piano nobile ebbe sede per qualcheanno, prima di trasferirsi in Palazzo Beretta (ora della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia)in Via Vittorio Veneto, la società dell’Unione, fondata a Udine su modello di una simile iniziativa torinese, con lo scopo di creare motivi di ritrovo per la buona società. Le sue animate feste da ballo costituirono avvenimenti memorabili nella vita udinese.

12 Cfr. L. BURELLO, Osterie dentro le mura in Udine tra il Quattrocento e i giorni nostri, Monfalcone 1998, p. 139.

Il Ristorante Manin nel Palazzo Caimo Dragoni all’inizio del Novecento.

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O#re uno spaccato di vita dell’epoca la deliziosa la descrizione di Giuseppina Perusini Antoninirelativa al carnevale del 30 gennaio 1894:

Avevo vent’anni e feci il mio ingresso in società al Circolo dell’Unione, nel palazzo dei conti Caimo. Fu un ballo splendido per concorso di invitati, per eleganza e brio. Le danze cominciarono alle nove, furono sospese alle dodici per oil bu#et; ebbe poi grandesuccesso il cotillon che io ricordo per l’originalità e il gusto delle spiritose invenzioni. Ci fu la "gura della caccia ai farfalloni, l’ingresso dei nani, palloncini veneziani chescoppiavano e ancora la posta apportatrice di graziosi messaggi, le sorprese del calendario, la quadriglia "nale con variopinti cappelli di eccezionali dimensioni che, sulle teste maschili, suscitavano l’ilarità generale. Tutt’intorno alla sala sedevano le madri e le zie, alcune con un’espressione di stanchezza rassegnata …13.

Del tutto diverso il clima che si respirava “Ai Piombi”, famosa osteria nella Casa Braida14,leggendario ritrovo sotterraneo di macchiette udinesi e di beoni, chiuso nel 1908 e divenuto famoso per i versi friulani bonari e di frizzante arguzia del goriziano Romeo Battistig (patriota ed esponente dell’irredentismo italiano, oltre che poeta)15

che ne fa una sorta di bolgia dantesca. Chino Ermacora ne dà una descrizione suggestiva, anche se eccessiva nei toni e certamente sovra misura:

Una scaletta di pietra metteva in quella specie di cripta, dove al languido chiarore delle lampade a petrolio siintravedevano soggetti degni del pittore Goya. Il fumo stagnava sotto le vôlte a botte; sul pavimento e sui tavoli, bicchieri, carte, ri"uti d’ogni genere.

Un tanfo di uèli,di ai, di pês frit;un fum ch’al s’ciafòe,ch’al strope il so!t…16.

Nell’osteria venivano serviti anche i piatti che allora andavano di moda presso la gente comune: trippa, baccalà, broccoli, brovada17.

Non erano, la Birreria Puntigam e l’osteria “Ai Piombi” gli unici locali pubblici ad animare la via. Nel 1876 al n. 9 si trovava il “Ca#è Cavour” dei fratelli Rizzi dotato di biliardo (chiude ne1 1907 per lavori di ristrutturazione avendo il proprietario a!ttato i locali alla Società dei commercianti)18 e al n. 20 il “Ca#è Bastian” di Sebastiano Vanini.

13 G. PERUSINI ANTONINI, Un secolo nella memoria, Udine 1974, p. 41

14 M. QUARGNOLO, Caffè e osterie di Udine,Udine 1983, rileva peraltro la difficoltà di collocare in un preciso palazzol’ambiente dei Piombi; pubblica anzi, a p. 21, la fotografia di un portoncinoche pare in Palazzo Mantica e lodefinisce «presunto e controversoingresso dei mitici Piombi». Sui Piombi cfr. anche BURELLO, Osterie dentro le mura cit., p. 67.

15 Se ne veda un breve profilo in G. NAZZI (a cura di), DizionarioBiografico Friulano, Udine 20074, p. 64.

16 C. ERMACORA, Vino all’ombra, Udine1937, p. 55. I versi sono di RomeoBattistig: «Un odoraccio di olio / di aglio, di pesce fritto;/ un fumo che soffoca,/ che tura il soffitto».

17 La brovada è forse il cibo più tipico del Friuli, posto che solo qui si trova:consiste in rape inacidite nelle vinacce,grattugiate e cotte, da accompagnarecon il musèt, cioè il cotechino friulano.

18 Cfr. La chiusura del Caffè Cavour, in «Giornale di Udine», 17 settembre 1907.

Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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La caricatura di un frequentatore dei Piombi in un disegno di Alessandro Ivanov. Da I Piombi, Udine,1987.

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Réclame della Sartoria “La Torinese”, pubblicatasu “La Panarie” alla fine degli anni Venti.

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Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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Dall’alto, in senso orario:Udine, Il bar Cotterli all’angolo di Via Manin con Via Vittorio Veneto, in una foto degli anni ’30in occasione della Festa dell’uva.Interno del bar Cotterli. Biblioteca Civiva ‘V. Joppi’ – sezione Friuli. Réclame del bar Cotterli apparse nei giornali dell’epoca.

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Non mancavano le “o#ellerie”, cioè le pasticcerie (dal latino o"ella), dei fratelli Pittini e Viezzi al n. 3 e di Luigi Molin Pradel al n. 419: una via, dunque, piena di o#erte, che si fanno più quali"cate dopo la prima guerra mondiale,

quando la birreria Puntigam si trasforma in “AlbergoRistorante Manin”, di prim’ordine – come recita la réclame –con bagni e termosifone, e al n. 8, nell’antica casa da secoliproprietà dei Manin, attira i clienti la trattoria “All’AquilaNera”, che già esisteva nel 1812 all’insegna della “Providenza”,sostituita con il nuovo nome – forse in ossequio all’aquilagermanica – dopo la bufera napoleonica.

Trattoria nella quale – come sono lontani quei tempi dalle nostre abitudini e dalla nostra cultura– i cibi preferiti erano quelli della cacciagione e dell’uccellagione. Scrive Chino Ermacora:

Bisogna vedere la "ammata sul focolare d’autunno o d’inverno, quando l’oste attende agli uccelletti con religiosa compunzione, armato d’una penna tanto lunga che pare una spada. Similitudine appropriata. In guerra, egli si buscò una ferita e una mutilazione. Sa quindi resistere al calore del focolare anche per tre ore consecutive: quante occorrono per cuocere a punto la selvaggina20.

All’angolo tra Via Manin e Via Vittorio Veneto aveva intanto incominciato la sua attività il “Central Bar”, bottiglieria e Ca#è Express Cotterli & Del Forno. Proponeva ai suoi clienticonfetture, biscotti, pasticceria21, ma davanti alle vetrate del bar, prima della seconda guerramondiale, si accalcavano i tifosi per informarsi sulle competizioni sportive disputate ai quattroangoli del mondo. Ritrovo di aristocratico buon gusto, il più moderno, al tempo, della città, si faceva apprezzare anche per l’arredamento, in particolare per gli eleganti specchi e pannelli in vetro incisi nel 1932 dallo stabilimento udinese di Carlo Ma!oli su disegno del giovane pittore Ernesto Mitri (nato nel 1907):

pochi simboli stilizzati ricordano il mare; altri ancora la pianura feconda di messi e di viti; altri ancora la montagna con le stelle alpine e le stelle del cielo. In ogni composizione, il richiamo al lavoro e ai monumenti nostri più solenni, da Aquileia a Palmanova, da Cividale a Udine, da Gemona alle fontane della Carnia22.

Chiara esaltazione, in linea con lo spirito del tempo, di quel «piccolo compendio dell’universo che è il Friuli». Negli anni Trenta il Cotterli fu «un punto quali"cante di sciccheria»23: era predilettodai giornalisti e frequentato dalla “Udine bene”, che apprezzava - oltre ai vini pregiati di Corno di Rosazzo, all’aperitivo classico (servito con patatine croccanti) e al ca#è, o alla granita di ca#è – la personalità del titolare, Francesco Cotterli, la cui generosità era ben nota: acquistava tra l’altrobuoni della cucina popolare per distribuirli agli indigenti, anche allora piuttosto numerosi in città.

19 Cfr. A.COSMI, A. AVOGADRO, Guida commerciale – artistica – politicaamministrativa di Udine, Udine 1876, pp. 86, 87, 104. Cfr. anche Il Panificiodella Ditta Vincenzo Pittini in Udine - Via Manin, in «Le Industrie friulane»1909, n.2, pp. 18-20.

20 ERMACORA, Vino all’ombra cit., p. 111. Cfr. anche BURELLO, Osteriedentro le mura cit., pp. 114-115.

21 Guida Commerciale – Industriale e Professionale del Friuli (province di Udine e di Gorizia), con prefazione di G. Valentinis, Udine 1921.

22 Ernesto Mitri decoratore, in «La Panarie»,IX/53 (1932), pp. 328-331.

23 QUARGNOLO, Caffè e osterie di Udine cit., p. 23.

Réclame dell’Albergo Manin.

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Via Manin, nella seconda metà dell’Ottocento e nella prima del Novecento, era abitata da un numerocospicuo di udinesi, era ricca di negozi, di attività varie, di tutto. Nel 1876 c’erano la Ricevitoriaprovinciale, l’Esattoria delle imposte dirette, una agenzia di assicurazione (La Riunione Adriatica di Sicurtà, rappresentata dall’ing. Carlo Braida) e persino, al n. 8, una chiesa ebraica. Al n. 22 aveva la propria sede la Società Alpina Friulana (S.A.F.), costituitasi nel 1880, editrice, tra l’altro, della preziosaben nota Guida del Friuli in più volumi, il primo dei quali, dedicato a Udine, fu pubblicato nel 1886: a tale data, la S.A.F. possedeva anche un “Gabinetto di Lettura” fornito di circa 90 tra giornali e periodici, una biblioteca di oltre 2500 libri e opuscoli, 320 carte geogra"che. Nella via operavanoarmaioli, ben quattro calzolai, sarti, falegnami, fabbricanti di pesi e misure, fonditori di metalli, fornai,librai, barbieri e parrucchieri… C’erano mediatori, spedizionieri, un negozio di mercerie, uno di berrette e collari per ecclesiastici, insomma, un sorprendente fervore di attività: non mancavanoneanche un noleggiatore di cavalli al n. 14 ed uno stalleggiatore, che era poi il conte Alessandro Manin,al n. 6. Quando ai cavalli si sostituirono le automobili, Giuseppe Zenzi aprì il Garage “Aquila Nera” al n. 8: proponeva lussuose autovetture per noleggi. Si è nel tempo persa memoria di due importantistrutture, il laboratorio di ore"cerie di Nicolò Santi e Gio. Battista Grassi e quello di doratura e intagliodi Marco Bardusco. Nicolò Santi, incisore e gioielliere, eseguiva lavori per la provincia e per l’estero e partecipò nel 1853 all’Esposizione di Udine; Gio. Battista Grassi cesellatore di pietre dure, incideva il ferro ed eseguiva punzoni e stampi per riprodurre in quantità oggetti d’oro e d’argento. Nel 1861 i due si associarono e crearono in Via Manin, al n. 8, un laboratorio d’ore"ceria a carattereindustriale. Scrive Giovanni Falcioni nel 1866 che in esso

si lavorano oggidì migliaia di oggetti in ore"ceria e gioielleria, come anelli, orecchini, ciondoli,medaglioni, braccialetti, ecc., il tutto in oro ad alto titolo, di grande apparenza e buon gusto, e di poco costo. Nel solo carnovale ultimo più di 2000 anelli, dal peso di un gramma in su,andarono a render più vaghe le manine grassotte delle spose novelle e delle giovanette, che dal bruno e svelto amoroso ricevettero il primo pegno. Santi e Grassi smerciano i loropregevoli prodotti in tutta la provincia, a Gorizia, a Trieste e per"no a Milano, seguendo sempre la moda e le esigenze dei diversi paesi, soddisfacendo tanto alla bruna carniella, e alla mandriana del Carso, quanto alla ricca dama della città24.

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24 G. FALCIONI, Industrie udinesi in particolare, in Illustrazione del Comune di Udine, Udine 1886, pp. 313-314.

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25 Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

In queste pagine: Annunci pubblicitari di negozi e professionisti presenti in Via Manin nella prima metà del Novecento.

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Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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Si trattava, in e#etti, di gioielli «belli per la varietà del disegno e per la "nezza del lavoro»25. Nel laboratorio lavoravano 16 operai e 2 apprendisti di età inferiore ai 14 anni. Venivano messi in commercio circa 25 chilogrammi di oggetti vari all’anno: la materia prima era ricavata soprattutto con la fusione di monete, zecchini, sterline, marenghi, monete orientali.Per nove anni anche l’ore"ce Carlo Mesaglio fu alle dipendenze di Santi e Grassi, che glia!darono 1000 lire di oggetti d’oro per la vendita. Dopo il furto dei brillanti della principessaMelania Metternich (1882) per il quale fu arrestato e subì un processo, il Mesaglio si spostò a Gorizia dove aprì bottega26. Cessata all’inizio del Novecento l’attività del laboratorio Santi e Grassi, Nicolò Santi aprì un suo negozio in Via del Monte. Il laboratorio di Marco Bardusco rispecchiava la personalità del suo poliedrico proprietario,autore nel 1852 di un arazzo per la parrocchiale di Buttrio, pittore e decoratore, doratore e intagliatore. Si ricordano, tra l’altro, suoi interventi in alcuni locali pubblici cittadini, nello scomparso Ca"è Meneghetto in particolare, dove – scrive il Picco, «gli specchi cheabbelliscono quella stanza con cornici a "nto mosaico, come tutti gli ornamenti di carta pesta,dorature e pitture delle stanze secondarie e vari altri lavori» furono da lui eseguiti27. Il Bardusco, nato nel 182428, e promotore, con altri, della Società di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Operai, aveva dapprima aperto in Mercatovecchio un negozio del quale i cronisti dell’epoca dissero meraviglie («nell’elegante sua bottega che a ragione potrebbede"nirsi un piccolo bazar artistico, tanti sono e sì belli gli oggetti che raccoglie, ha postoall’evidenza degli avventori due quadri che meritano invero di essere ricordati e conosciuti dagli amatori della pittura»)29, poi si spostò in Via Manin, al n. 2, dove risulta registrato, nella ricordata Guida di Udine del 1876, sia tra i doratori che tra gli intagliatori.

Verso il 1852

piantò una fabbrica di dorature e intaglio in contrada del Duomo; ora questa si trova in Via della Prefettura di molto ampliata con la fabbricazione di liste dorate, e di ornamentiin carta pesta eseguiti su vari stili, inoltre contiene un lavoratorio per l’esecuzione di corniciintagliate e dorate ed altri generi di mobilio di lusso soggetti alla doratura; il Barduscoprogredì in questa artistica industria in modo da ottener premio in varie Esposizioniregionali nelle province venete, compresa l’ultima di Milano, nonché alla Esposizioneprovinciale del 1883 dove ottenne la medaglia d’oro30.

Nel 1886 la produzione del laboratorio (che nel 1885 era stato spostato sulla roggia di Palma)toccava i centomila metri lineari di liste all’anno, seimila cornici di varia forma, da tre a quattromila pezzi di ornati in carta pesta31. Il Bardusco, che aveva avviato anche una tipogra"a, si spense nel 1892, ma la ditta (che occupava una settantina di persone) fu operativa ancora per qualche anno sotto la guida del "glio Luigi. Dopo la prima guerra mondiale, non se ne trova comunque traccia.

25 A. PICCO, Gli orefici della città di Udine,in «La Patria del Friuli», 23 agosto 1894.Su Santi e Grassi si vedano anche N. CANTARUTTI, Gioielli in Friuli, in G.P. GRI, N. CANTARUTTI, La CollezionePerusini. Ori, gioielli e amuleti tradizionali,Udine 1988, pp. 111-112; G. BUCCO, Le gioie ottocentesche dei Civici Musei di Udine, in G. BERGAMINI (a cura di),Preziosi. Oreficeria sacra e profana dai CiviciMusei di Udine, Udine 1991, p. 30; P. GOI, G. BERGAMINI, Ori e Tesorid’Europa. Dizionario degli Argentieri e degli Orafi del Friuli Venezia Giulia,Udine 1992, pp. 186-187, 298-299.

26 GOI, BERGAMINI, Ori e Tesori d’Europa cit., p. 236.

27 A. PICCO, I principali Caffè della nostra città, dal secolo passato fino ai nostri giorni, in «La Patria del Friuli»,15 maggio 1895.

28 M. ROBIONY, Bardusco Marco, in C. SCALON, C.GRIGGIO, G. BERGAMINI(a cura di), Nuovo Liruti. Dizionariobiografico dei Friulani. 3, L’etàcontemporanea, Udine 2011, pp. 277-278.

29 Di alcuni quadri esposti presso qualchenegozio della nostra Città, in «L’Artiereudinese», II (1866), p. 16. Cfr. anche M., Cose urbane, in «Rivista Friulana»,1860, pp. 16, 284.

30 A. PICCO, Ricordi popolari dall’anno 1820 al 1866, Udine 1884, pp. 122-123.

31 G. FALCIONI, Industrie udinesi in particolare cit., p. 317.

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«G. MalignaniPittore e Fotografo Udine, Borgo S. Bartolomeo N. 1666.Pordenone N.63»

Questa scritta compare, a partire dal 1860 sui cartoncini fotogra"ci di Giuseppe Malignani,poliedrico artista nato il 12 aprile 1812, a Torreano di Cividale da Giovanni e da CeciliaCudicio32. Malignani frequentò da giovane lo studio del pittore Giovanni Mattioni di Udine, e in seguito, con l’aiuto economico dello zio paterno don Giuseppe, l’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove ebbe per maestri Odorico Politi e Ludovico Lipparini, conseguì numerosi premi e si diplomò nel 1834. Mosse i primi passi nel campo dell’arte come ritrattista nel territorio cividalese, ma non traendo dal lavoro su!ciente guadagno, emigrò in Stiria, in Carinzia, in Croazia, o#rendosi a curati, castellani, borghesi per ritratti difamiliari al "ne di ottenere una qualche remunerazione. Fu anche a Vienna, dove espose alcunisuoi lavori che vennero acquistati. Sposò in prime nozze Anna Soberli, dalla quale ebbe la "gliaAdele. Rimasto vedovo nel 1865, sposò Caterina Ruggeri: dall’unione nacque, il 4 marzo 1865,Arturo, la cui fama nel tempo avrebbe oscurato quella del padre. Ad Arturo infatti, eccezionale"gura di uomo e di scienziato, si deve, fra l’altro, la messa a punto della prima lampadina elettricacapace di una durata accettabile (vendette a Thomas Edison il brevetto delle soluzioni inventate).Con Marco Volpe creò un’impresa che permise alla città di Udine di essere illuminata, terza in Europa, con lampadine anziché a gas: l’avvenimento fu salutato con un numero speciale del «Giornale di Udine e del Veneto Orientale» del 1° gennaio 188933.Come ritrattista, Giuseppe Malignani ottenne un certo successo presso i contemporanei, e non soltanto all’estero, giacché furono apprezzati anche i dipinti che presentò alle varieEsposizioni di arti belle e meccaniche di Udine. Fu anche restauratore (con risultati non brillanti) ed eseguì pale d’altare di qualche merito (ad esempio, per le parrocchiali di San Vito di Fagagna e di Flagogna o per la chiesa di S. Michele in Castello a Fagagna,), ma la sua attività nel campo non è ancora conosciuta. Tra il 1853 ed il 1855 decorò il so!tto del salone di Villa Giacomelli a Pradamano.

32 Cfr. G. BERGAMINI, Giuseppe Malignani,pittore e fotografo, in SCALON, GRIGGIO,BERGAMINI (a cura di), Nuovo Liruti cit.,pp. 2040-2044, con bibliografiaprecedente.

33 Su Arturo Malignani si veda A. CITTADELLA, Arturo Malignani,inventore e industriale, ibid., pp. 2031-2037, con bibliografia precedente.

Verso di una carte-de-visite di GiuseppeMalignani. Collezione privata.

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Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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Verso di una carte-de-visite di Giuseppe Malignani. Collezione privata.Giuseppe Malignani, Ritratto. Collezione privata.

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A far capo dal 1858 circa il Malignani si dedicò alla fotografia, “nuova arte” nella quale si eracimentato per primo, in Udine, subito dopo il 1850 (la nascita della fotografia data al 1839) il conte Augusto Agricola. La professione di fotografo, mai disgiunta da quella di pittore, lo portò a guardare con attenzione il soggetto da ritrarre per cogliere da una parte gli aspetti più minuti della sua fisicità, dall’altra quelli ben più difficili della personalità attraverso lo sguardo,l’espressione del volto, l’atteggiamento. Aprì uno studio a Udine, prima in Via Cortazzis, poi nel Palazzo Bartolini ed infine nel Borgo San Bartolomeo. Nella «Rivista Friulana» del 1864, p. 68, compare un annuncio pubblicitario in cui si scrive che «nello Stabilimento fotografico di Giuseppe Malignani in Borgo S. Bartolomio 1666 si eseguiscono ritratti ad uso biglietti da visita, al prezzo per ogni dozzina di fior. 4, per mezza dozzina fior. 2, per una sola copia fior. 1».In numerosi archivi privati, in quello familiare e nella fototeca dei Civici Musei di Udine si conservano sue fotografie che ne testimoniano le capacità artistiche: non solo ritratti - nei quali eccelle - ma anche foto di attualità. Ben nota, tra queste, è la serie di fotografie relative all’incendio della Loggia del Lionello di Udine del 19 febbraio 1876.

Giuseppe Malignani, La Loggia del Lionellodistrutta dall’incendio, 1876.

Verso di una carte-de-visite di GiuseppeMalignani. Collezione privata.

Verso di una carte-de-visite di GiuseppeMalignani. Collezione privata.

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Giuseppe Malignani, la cui presenza a Pordenone, pur indicata sul retro delle sue prime cartes de visite non è conosciuta, morì il 18 marzo 1878. L’attività fu continuata dal collaboratoree allievo Luigi Fabris, che eseguì tra l’altro le fotografie dei preziosi, antichi reliquiari del duomo di Pordenone34 e dalla figlia Adele, titolare dello “Stabilimento Fotografico Malignani in Udine, Via Daniele Manin (ex S. Bortolomio) n. 8”35.

Nella pagina pubblicitaria inserita nella Guida di Udine del 1883, Adele scrive che

questo Stabilimento che conta ben 25 anni di vita, e che ha incontrato sempre il favore del pubblico in città e in provincia, sia per la perfezione dei suoi lavori, sia per la puntualità nell’adempimento degli impegni assunti e nell’esaurimento delle commissioni, sta aperto al pubblico tutti i giorni dalle ore 7 ant. alle ore 5 pom., ed eseguisce ritratti di qualunque formato, sì dall’originale che per riproduzione, nonchéingrandimenti fino al naturale […]. Ritrae vedute, oggetti, macchine, animali, ecc. ecc. Ha poi una cura speciale nell’esecuzione dei ritratti di bambini, avendo sempre e particolarmente in questo genere di lavori resi soddisfatti i signori committenti ….

Nel 1884 lo Stabilimento Malignani si trasferisce sulla Riva del Castello,dove rimane fino alla chiusura nel 1913 (alcune cartoline del primoNovecento mostrano l’alta ciminiera dello stabilimento) e lo studio di Via Manin fu ceduto al fotografo Giacomo Rovere, il quale nel 1887si associò con Fabio Madussi, fotografo di Artegna, dove nel 1871 aveva aperto un negozio di stoffe con attiguo studio fotografico36.

La ditta Rovere & Madussi ebbe vita fino al 190337. In seguito fu rilevato da Umberto De Faccio che però continuò l’attività dei Malignani nella sede di Riva del Castello.

Nello stabilimento Malignani, diretto da Luigi Fabris, e nello studio Rovere & Madussi poi lavorò per qualche anno Luigi Pignat, uno tra i maggiori fotografi friulani del Novecento, che aprì nei primi anni del secolo un proprio studio in Via Rauscedo, condotto dopo la sua morte - avvenuta nel 1915 – dal figlio Carlo38. In Via Manin, al n. 1, tenne, così come in Via Rauscedo, un negozio con forniture complete per fotografia e radiografia39.

Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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34 G. U. VALENTINIS, Cose d’arte, in «Atti dell’Accademia di Udine», s. II, IV (1875-1878), p. 106. Luigi Fabrisfotografo è stato fino a oggi del tuttosconosciuto agli studi. Un breve cennose ne trovava nell’opuscolo di G.B.ROMANO, [Giuseppe Malignani]. NozzeDoretio-Fabris, Udine 1900. Più precisenotizie sono state recentementepubblicate da Antonio Giusa in A. GIUSA,A. RAMPINI (a cura di), Giuseppe e Arturo Malignani fotografi, catalogo della mostra di Passariano, Udine 2012.

35 Adele e il fratello Arturo (cui vieneattribuito il premio) sono presenti, comefotografi, all’Esposizione regionale diUdine del 1903. Arturo Malignani perqualche tempo si dedicò alla fotografia,soprattutto di paesaggio: sue fotografiesono state pubblicate, per esempio, in O. MARINELLI (a cura di), Guida del Friuli, IV, Guida delle Prealpi Giulie,Udine 1912 e in G. BRAGATO, DaGemona a Venzone, Bergamo 1913.

36 Su Fabio Madussi si veda A. GIUSA,Madussi Fabio (Fabiano), in SCALON,GRIGGIO, BERGAMINI (a cura di), Nuovo Liruti cit., p. 2002. Pur associatoin Udine a Giacomo Rovere, il Madussicontinuò una sua personale attività adArtegna, in una con il figlio Giovanni.

37 Nel 1921 la Guida Commerciale –Industriale e Professionale del Friuli(province di Udine e di Gorizia) cit., lo dà presente in Via Manin.

38 Sui Pignat, la cui produzione fotograficaè stata acquistata nel 1992 dai CiviciMusei e dalla Provincia di Udine, cfr. C. DONAZZOLO CRISTANTE,Pignat Luigi e Carlo, fotografi, in SCALON,GRIGGIO, BERGAMINI (a cura di), Nuovo Liruti cit., pp. 2761-2764, conbibliografia precedente.

39 Se ne veda la réclame in C. ERMACORa,Guida di Udine, Udine 1932, p. 289.

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Nella pagina precedente:Annunci pubblicitari dei fotografiMalignani e Pignat e retro di una carte-de-visite di Giacomo Rovere.Luigi Pignat, Ritratto, fine Ottocento.Collezione privata.

Cartolina postale con i monumenti diPiazza Contarena a Udine con il fumaiolodello Stabilimento Malignani sullosfondo, 1905. Collezione privata.

Verso di una carte-de-visitedi Giuseppe Malignani. Collezione privata.

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40 Cfr. G. BERGAMINI, A. RAMPINI(a cura di), Francesco Krivec 1907-1983. Un fotografo di città, catalogo della mostra di Passariano, Udine 2011.

41 «Ieri sera fu inaugurato nel palazzo d’oro di Via Manin il cinema Ambrosio.Questo nuovo locale adibito a spettacolicinematografici è ampio e adattato a tuttele esigenze del pubblico. Fu rappresentatala Tosca, la grande film interpretata da Francesca Bestini che ha, negliatteggiamenti della protagonista, unnuovo fascino. Occhi e scatti hannoun’impronta di energia e fierezza. Il concorso fu assai numerososoddisfacendo l’intero pubblico»(«Giornale di Udine», 30 aprile 1919). Il passo è riportato dal volumetto di M. QUARGNOLO,Vecchi cinema udinesi,Udine 1977, che al cinema “Ambrosio”,poi “Serenissima”, dedica il capitoloL’Ambrosio ritrovo per le famiglie, pp. 11-13.

42 Cfr. Carlo Ciussi 1964-2011, catalogo della mostra, Udine 2011.

43 Cfr. B. VIDAL, Pennato Papinio, in SCALON, GRIGGIO, BERGAMINI(a cura di), Nuovo Liruti cit., p. 2651.

Si può ben dire che Via Manin sia stata, tra Otto e Novecento, la strada dei fotografi: oltre ai citati,protagonisti assoluti della fotografia friulana dell’Ottocento, altri nomi importanti, ad esempioquello del veneziano Giovanni Paris che vi aprì, al n. 9, uno studio nel 1913, svolgendovi l’attivitàfino al mese di maggio del 1933. O quello di Francesco Krivec, che gli subentrò per spostarsiqualche anno dopo in Via Vittorio Veneto40. In tempi più recenti si registra nella via la presenzadella ditta “Fotomateriale” di Arduino al n. 9 e del fotografo Giulio Tardivello al n. 19d, sulla breve,caratteristica salita subito dopo la torre e la porta di San Bortolomeo: qualcuno forse ricorderà una freccia e la scritta “Fotografo”sul muro della casa Gori-Pividori, purtroppo cancellata nel corso dei recenti restauri dell’edificio. Segno dei tempi moderni, Tardivello si era specializzatoin fotografie a colori. Consegnava i lavori entro due ore e praticava prezzi modici per militari:erano i tempi in cui Via Manin, ad una certa ora del tardo pomeriggio, era invasa dai militari in libera uscita dalle caserme di Pracchiuso o di Via Cividale!

Dunque Via Manin come arteria tra le più importanti della città: chi può oggi immaginare che vi esercitasse la sua attività anche un imbalsamatore, tale Alessandro Riello, tassidermista, che al n. 16 conduceva una conceria ed un laboratorio di pellicce e si o#riva di custodire nei suoiattrezzati locali lanerie e pelliccerie durante l’estate? Non era l’unico ad interessarsi di abiti, di sto#e: nello stesso edi"cio aveva sede anche la “Grande Sartoria All’Eleganza” di A. Gaudio, mentre al n. 6la Ditta Zilotti eseguiva confezioni su misura per signore e produceva abiti, mantelli, “Princesse”.Dopo la metà degli anni Venti si impose in città la sartoria “La Torinese” di Rottaro, Tessaro & Vidoni, che o#riva alla ricca borghesia udinese confezioni alla moda, divise per u!ciali, abitispeciali da società e da sera. Aveva sede al n. 18: perso uno dei soci, si spostò in Mercatovecchiocome “Sartoria Tessaro & Vidoni”. Sarebbe troppo lungo fare la storia di tutte le attività che si praticarono in Via Manin, di tutti coloro che vi operarono o che semplicemente vi abitarono, ma certo non si possono non ricordare il negozio tappezzeria Raiser nella Casa Valentinis o il negozio di vendita dei pellami di Pietro Contarini, ricordati da Liliana Cargnelutti in questostesso volume, e, nello stesso palazzo, il cinema “Volta”, attivo già nel 1908, dopo la guerra divenuto“Ambrosio” ed inaugurato nel 1919 con la rappresentazione della Tosca interpretata da Francesca Bertini41. Di fronte, l’ala settecentesca di Palazzo Mantica ospitava il negozio di macchine da cucire, armi e soprattutto biciclette di Teodoro De Luca, che si distinse nel primo Novecento per l’eleganza degli annunci con cui pubblicizzava la propria fabbrica di biciclette e casseforti posta a Cussignacco.Due nomi, per "nire: quello di Pio Ciussi, nella cui tipogra"a, al n. 9, iniziò a lavorare giovanissimoil "glio Carlo, che sarebbe poi divenuto uno dei più importanti pittori e scultori della regione42, e Papinio Pennato, medico al n. 18, direttore dell’ospedale civile di Udine dal 1886 al 1926, il cui nome – come scrive Bruno Vidal - «resta segnato nella targa dedicata ai pionieri e ai martiridella radiologia mondiale presso il vecchio ospedale di Amburgo e, a lettere in bronzo, su un padiglione dell’ospedale S. Maria della Misericordia di Udine, che a lui fu dedicato» 43.

Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

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Giovanni Paris, Ritratto, ca. 1920.Collezione privata.

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Page 33: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

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Annunci pubblicitari di ditte operanti in Via Manin tra il 1905 e il 1930.

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Page 34: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

34 Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

La Porta San Bartolomeo in una cartolina degli anni Sessanta.

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Page 35: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

Veduta di Via Manin entrando dalla Porta.

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Page 36: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

36 Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo ContariniLiliana Cargnelutti

Il Palazzo d’oro dopo il recente restauro.

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Page 37: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

37 Via Manin tra Otto e NovecentoGiuseppe Bergamini

Via Manin in una cartolina degli anni Sessanta.

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Page 38: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo ContariniLiliana Cargnelutti

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Via Manin nel 1910.

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Page 39: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

39 La ditta Pietro Contarini all’inizio del Novecento

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Page 40: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

Palazzo Contarini e l’ultimo tratto di Via Manin dopo il restauro.

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Page 41: Il Palazzo d’oro nella città di Udine

1 G. BRAGATO, Guida artistica di Udine e suo distretto, Udine 1913, pp. 56-57.

Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via Manin

Il palazzo che sorge in Via Manin all’angolo con Via Prefettura, costruito nel primo decenniodel Novecento dalla famiglia Contarini, già nel 1913 è segnalato nella Guida artistica di Udinedi Giuseppe Bragato insieme con altre case più antiche della via per il suo pregio architettonico,opera di uno dei professionisti più amati dalla committenza udinese, Ettore Gilberti, e per la particolarità delle decorazioni:

Questa via, che corre ai piedi del colle, è nota ora per la cosidetta ‘Casa d’oro’ (Contarini) il cui progetto è dell’architetto Ettore Gilberti1.

Il nuovo fabbricato, al centro di una via da secoli arteria pulsante nella storia della comunità udinese, costituisce un elemento innovativo e signi"cativo di un di#uso mutamento del gusto, di cui Gilberti è uno degli interpreti, gusto che si può leggere anche in altri manufatti della stessa via e che trionfa nel vicino Palazzo comunale di Raimondo D’Aronco. La strada si trasforma: la stessa intitolazione a Daniele Manin, presidente della Repubblica di Venezia del 1848, è postunitaria. La via, a cui si accede da una porta appartenente alla terza cerchia muraria, si era chiamata Borgo di dentro, Borgo di Sant’Antonio di dentro, Borgo o Contrada di San Bartolomeo da quando nel 1451 era stata eretta una cappella privata intitolata a San Bartolomeo. Capire la novità di Palazzo Contarini signi"ca anchericostruire il contesto entro cui lo stesso si colloca.

Liliana Cargnelutti

Introduzione

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Cartolina postale di Udine con Palazzo Contarini e l’ultimo tratto di Via Manin, 1910 ca.

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Fra Duecento e Trecento comincia a prendere forma lungo la base del colle, oltre il fossato dove scorreva un antico rivolo che andava verso la roggia del Giardino, una strada che a partiredall’agglomerato di casupole che occupavano l’area dove oggi si apre Piazza Libertà conducevaalla porta da cui si andava in Giardino, porta detta – come la via – dapprima ‘di Cividat’, dalla metà del Trecento di Sant’Antonio dopo la costruzione dell’omonima chiesa, distinguendo talvolta il borgo ‘di dentro’ sotto il colle da quello ‘di fuori’ verso la via Treppo. Agli edi"ci si alternavano spazi aperti, con ampi cortili, orti, broli sul retro:

1317, 24 marzo: «Domina Truta … dedit … unam peciam terre sitam in burgo Utini quiappellatur de Civitate … ab una parte possident heredes olim domini Petri de castro Utini» (Donna Truta … diede … un appezzamento di terreno posto a Udine nel borgo detto‘de Civitate’ … che da una parte con"na con gli eredi del fu Pietro del castello di Udine)2.

1335, 22 aprile: «… super una domo sita Utini in burgo Civitatensi cuius hii sunt con"nes:ab una parte possidet Lanfranchinus ypothecarius de Utino, ab alia Bortholottus de Pavia, a tertia est via publica, a quarta est fossatus castri Utini» (… su una casa posta in Udine nel borgo ‘de Civitate’ di cui questi sono i con"ni: da una parte il possesso di Lanfranchinoapotecario di Udine, dall’altra quello di Bortolotto di Pavia, dalla terza parte la via pubblica, dalla quarta parte il fossato del castello di Udine)3.

1388, 13 febbraio: «Actum in burgo intrinseco Sancti Antonii in broiulo …» (Fatto nel borgo interno di Sant’Antonio nel brolo …)4.

1431. «Capitulum tenetur solvere super una domo sita in Porta Sancti Antonii …» (Da pagarsi su una casa posta in Porta di Sant’Antonio …)5.

A metà Quattrocento la strada inizia a prendere il nome di San Bartolomeo. Infatti nel 1452, il 24 agosto, giorno di San Bartolomeo, fu consacrata sull’angolo di quella che oggi è Via Prefettura la chiesa dedicata al santo, costruita dalla famiglia Gubertini, la quale occupava la casa sull’angolo di fronte ed estendeva i suoi possessi "no alle mura.

1489, 28 settembre: «Actum Utini, in contrata S. Bartolomei, in studio spectabilis iuris doctoris …» (Fatto in Udine, in Contrada di San Bartolomeo, in casa dello spettabile dottore in legge …)6.

Giovanni Guberto Gubertini, dottore in utroque iure, ultimo della sua famiglia, l’aveva voluta e dotata con più disposizioni di complessive 10 staia di "eno, 6 conzi di vino, 18 lire di soldi che i suoi eredi, i Valentinis, avrebbero dovuto continuare a versare negli anni, stabilendo che di notte fosse sempre illuminata da una lampada e che vi si celebrasse una messa un giorno alla settimana e la prima domenica del mese7.

2 Contratto di locazione in C. MORO(a cura di), Carte dell’Archivio Capitolare di Udine, I, (1282-1340), Udine 1991,p.60. Non è però precisato se il borgo è quello interno o esterno.

3 G.B. DELLA PORTA, Toponomasticastorica della città e del Comune di Udine, a cura di L. Sereni, G. Frau, Udine 1991, p. 178.

4 Atto notarile in ID.,,Memorie su le antichecase di Udine, II, a cura di V. Masutti,Udine 1987, p. 626 (n. 1810-1811-1812).

5 Ibid., p. 640 (n. 1829).6 Atto notarile in DELLA PORTA,

Memorie cit., pp. 577-578 (n.166-1667).

7 BCUd, f.p., ms. 2277, Qu!damfragmenta famili! Gubertinorum de Cremona, c. 203r.

La Contrada di San Bartolomeo

Cartolina postale di Udine con Palazzo Contarini.19110 ca. Nella pagin a fianco: il colle del castello di Udine e l’antica cerchia muraria che scendeverso la Porta di San Bartolomeo, da cui inizial’omonima contrada. Particolare da Joseph Heintz (?), Pianta della città di Udine, metà sec. XVII. Udine, Civici Musei.

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Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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La Contrada di San Bartolomeo ai piedi del colle.Particolare da Bernardino Gazoldi, Gio.Batta Cosatino,Giacomo Ruffoni,Veduta prospettica, 1661.Udine, Civici Musei.

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45 La Contrada di San Bartolomeo

La pala dell’altare doveva essere di ottima fattura. Infatti, quando nel 1773 il pittore Giovani Battistade Rubeis compilò un catalogo delle opere d’arte esistenti negli edi"ci pubblici e nei luoghi di culto della città di Udine nell’ambito di un provvedimento legislativo della Repubblica di Veneziache estendeva alla Terraferma l’obbligo della redazione di inventari delle opere d’arte per la lorosalvaguardia, nell’elenco "gura anche una pala d’altare della cappella, ra!gurante il martirio di san Bartolomeo e attribuita a Jacopo Tintoretto, tanto che il de Rubeis indica l’opera tra le principali,evidenziandola con un segno e avvertendo del criterio secondo cui «li quadri, autori scielti in primo grado saranno marcati con croce e li altri, che saranno in secondo grado, senza segno alcuno»8.La cappella rimase al centro della via "no agli inizi dell’Ottocento, rimanendo sempre di proprietàdei Valentinis. Sconsacrata in età napoleonica, nel 1813 fu da loro venduta ad altri privati, adibita ad abitazione, con botteghe al pianterreno, aumentandone la cubatura e riformandone la facciata9.

8 G.B. DE RUBEIS, Catalogo di tutti i quadri …, in BCUd, f.p., ms.870.3, cc. 91r, 92v (edito – ma con variantirispetto al testo originale da G. B.CORGNALi, Il pittore Gio.Battista deRubeis e il suo catalogo di pregevoli quadriudinesi, «Udine. Rassegna delComune», 15/2 (1937), pp. 5-22. Cfr. anche G.T. FACCIOLI, A. eV. JOPPI,Chiese di Udine, a cura di G. Bergamini,P.Pastres, F.Tamburlini, Udine 2007, pp. 191-192, dove è riportato l’atto del 1451 con cui Giovanni Gubertinimanifesta la volontà di erigere la chiesa di San Bartolomeo.

9 L’atto di vendita del 5 gennaio 1813 in ASUd, ANA, not. DomenicoCosattini, b.10562/255. Il progetto di rifabbrica del 25 marzo 1813 in ASUd, AC, parte napoleonica, b. 180/1813, Ornato.

Chiesa di San Bartolomeo (A) e progetto di sua ristrutturazione come abitazione civile, 1813.Udine, Archivio di Stato, Archivio comunale, parte napoleonica, b. 180.

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Le mappe di Udine a partire dal Seicento presentano ampie vedute sulla Contrada di San Bartolomeo, presentandoci una strada da cui sono ormai sparite le casupole per lasciare il posto a case dignitose e a palazzi. Infatti la via a partire dal primo Cinquecento, sulla base di un progetto di risanamento e abbellimento che interessava tutta la città, fu allargata,regolarizzata nel suo percorso, con rifacimento delle facciate di alcune case e con provvedimenti per arginare il rivolo che scorreva nel fossato alla base del colle e che spesso traboccava dall’alveo inondando orti e androne10. Sull’angolo con Piazza Contarena si impone un palazzo –evidenziato nelle antiche mappe anche dai camini che sembrano pinnacoli - che ancora oggiconserva un’elegante architettura rinascimentale, a tre piani (l’ultimo piano fu sopraelevato– come in molti altri casi - a "ne Ottocento), con un porticato sulla facciata principale. Di proprietà dei Filettini, famiglia che godeva di prestigio per l’esercizio delle arti liberali, passò nel 1586 al giureconsulto Flaminio de Rubeis, allievo all’Università di Padova di TiberioDeciani, personalità tra quelle di maggior rilievo della Udine del periodo, più volte oratore a Venezia e oratore pubblico per eventi importanti della comunità11. Divenne a metà Seicentogodimento e poi proprietà dei nobili Dragoni che vi costruirono il poggiolo al piano nobile.

10 L’argomento è stato ampiamentetrattato da A. BATTISTELLA, Udine nel secolo XVI, Udine 1932, pp. 103-153 sulla base dello spoglio delledeliberazioni consiliari conservatenell’Archivio comunale di Udine.

11 Su Flaminio de Rubeis cfr. G.G.LIRUTI, Notizie delle vite ed opere scritte da’ letterati del Friuli, IV, Venezia 1830, pp. 169- 173

La Contrada di San Bartolomeo

Nella pagina a fianco:la Contrada di San Bartolomeo con a destra il complesso delle case Gubertini-Valentinis.Particolare da Antonio Gironcoli, sig. de Baurain, Pianta di Udine, 1727.Udine, Civici Musei.

Stemma Filettini, da Romanello Manin, Blasonario friulano.Udine, Biblioteca Civica ‘V.Joppi’, fondo principale, ms.878.Polifora di Palazzo Filettini Caimo.

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Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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Un progetto presentato dal de Rubeis al Comune nel 1596, approvato ma non realizzato (forse a causa della morte del giureconsulto, avvenuta probabilmente nel 1599), prevedeva per «ornamento et splendore» della piazza e della città di costruire nuovi portici cheraccordassero quelli del palazzo ai volti di San Giovanni, «con pietre vive et forse con marmi di gran prezzo» per una spesa stimata in 2.000-3.000 ducati nella volontà di o#rire alla sua città«perfettione» estetica e anche utile pratico, coprendo tutto il percorso per chi scendeva o saliva al castello per «commodità degl’ill.mi rettori, specialmente nei giorni di pioggia, anzi di tutticoloro che ascender vorranno al castello et di più dei mercanti nei tempi delle "ere»12.Nel cortile interno del palazzo, alle radici del colle, si può vedere ancora oggi un antico pozzo,detto di Sottomonte, uno dei cinque che in origine provvedevano alle necessità idriche della comunità udinese. Attorno sorgevano già da "ne Duecento-inizi Trecento modeste casette,"no a quando alla "ne del Quattrocento la famiglia Filettini sull’area costruì un fabbricato di più ampie proporzioni, costruì un muro merlato che chiudeva il pozzo di Sottomonte,consentendo però attraverso una porta un passaggio per uso della comunità. La casa ‘grande’ dei Filettini, che godeva di corte, brolo, orto sulla riva del castello, servì tra "ne Quattrocento e inizi Cinquecento per le scuole pubbliche, ospitò per qualche anno il luogotenente dopo che il terremoto del 1511 aveva rovinato il castello13. Il palazzo conobbe un altro splendore tra Settecento e Ottocento, quando Lavinia Florio (1745-1812), "glia del conte Daniele e moglie di Antonio Dragoni, vi aprì un salotto tra i più noti della Udine dell’epoca, frequentato dall’aristocrazia colta e dai principaliintellettuali (come Antonio Bartolini, Carlo de Rubeis, Giuseppe Greatti, Giovanni BattistaFlamia, Antonio Liruti, Quirico Viviani), aperto alla cultura francese, all’illuminismo, alle esperienze contemporanee, in particolare a quanto proponeva Melchiorre Cesarotti, con cui la Florio fu in corrispondenza14. Il voluminoso carteggio della nobildonna permette di cogliere la sua sensibilità, la culturara!nata e aggiornata, assumendo anche il valore di documento dell’ambiente udinese. Le lettere con gli intellettuali che facevano capo al suo salotto illustrano diversi atteggiamentidel mondo aristocratico e borghese di fronte alla caduta della Repubblica e ai nuovi assettipolitici. Nonostante la simpatia per l’illuminismo, Lavinia Florio reagì con preoccupazione allenotizie della rivoluzione francese, condannandone gli eccessi. Nel 1797, all’arrivo dei francesi,pur mantenendo rapporti sia con il moderato Flamia sia con il ‘giacobino’ Greatti, la nobildonnalasciò Udine per ritirarsi in campagna nella villa dei Dragoni di Lovaria, seguendo da lì le vicende della caduta della Repubblica Veneta e del nuovo governo austriaco. Dopo la pace di Presburgo del 1805 accolse invece con favore il Regno d’Italia napoleonico, rassicurata dalle prospettive di pace, stabilendo ottimi rapporti con il vicerè Eugenio Beauharnais, con il generale Marmont, con il mondo dei notabili napoleonici e riaprendo il suo salotto udinese.

12 L a domanda di Flaminio de Rubeis in BCUd, AC, Annales, 65, c. 123v, 10 marzo 1596.

13 Su casa Filettini-Caimo-Dragoni cfr. E.BARTOLINI, G. BERGAMINI, L. SERENI, Raccontare Udine. Vicende di case e palazzi, Udine 1983,pp. 284-286; DELLA PORTA, Memorie cit., pp. 572-576 (n. 1664).

14 Per la biografia di Lavinia FlorioDragoni cfr. L. CARGNELUTTI, Florio Dragoni Lavinia, in C. SCALON, C. GRIGGIO (a cura di), Nuovo Liruti.Dizionario biografico dei Friulani, 2, L’età veneta, Udine 2009, pp. 1125-1129; in particolare per i rapporti con Cesarotti cfr. F. DI BRAZZÀ, La corrispondenzaepistolare tra Melchiorre Cesarotti e Lavinia Florio Dragoni, in «Studiveneziani», 55 (2008); pp. 391-478.

La Contrada di San Bartolomeo

Via Manin con Palazzo Filettini Caimo.

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A "anco di Palazzo Caimo Dragoni si impone Palazzo Manin, abitato in origine da un Maninode Cremona, medico "sico della città di Udine. Sappiamo che nella sua casa nel 1352 si tenne una riunione del consiglio cittadino15. Durante il restauro dell’edi"cio degli anni Ottanta furono fortuitamente trovati in una stanza al pianterreno a ridosso del colle a#reschi di ottimaesecuzione ra!guranti scene di battaglia riconducibili al ciclo troiano, recuperando quattroformelle – attualmente conservate preso i Civici Musei di Udine – in cui nelle iscrizioni si riconoscono i nomi di Carsibilant, "glio illegittimo di Priamo, e Toas, cugino di Achille.Un’attenta lettura di Enrica Cozzi, che ricorda come la materia di Troia ebbe larga fortuna in area veneta, li data intorno alla metà del Trecento attribuendoli a due anonimi frescanti, uno friulano e un altro di scuola bolognese. La stesa Cozzi, sulla base di una nota – segnalata nel 1891 da Vincenzo Joppi - dei Quaderni dei camerari del 1364 del Comune di Udine in cui si elencano i beni mobili e immobili tra cui la «lozia de Troianorum et Grecorum bello pincta» (la loggia dipinta con storie delle guerra dei Troiani e dei Greci), propone che lì fosse ubicatauna delle due antiche logge comunali di Udine, precedenti alla Loggia del Lionello16.

È possibile, anche se permane qualche dubbio che soltanto speci"ci approfondimenti sul sito e sulla storia dello stesso palazzo potrebbero forse fugare. Molte facciate delle case udinesi, e così anche quelle della Contrada di San Bartolomeo, eranodipinte. Un San Cristoforo di mano ignota ornava a metà Quattrocento - ed era visibile "noall’inizio del Seicento - la facciata della casa di fronte a Palazzo Manin, di proprietà di LucrezioTreo17. Altre famiglie importanti abitarono la contrada: i Susanna, i Pavona, gli Asquini, i Mantica, i cui palazzi si allineano imponenti lungo la via, mentre sul retro gli orti occupavanouna parte della riva del colle "no al recinto castellano. La casa dei Pavona, già ‘abitatori’ del castello di Udine, posta di fronte all’attuale Palazzo Contarini, divisa un tempo da una strettacalle cieca dalla con"nante casa Susanna, fu acquistata nel 1770 da Fabio Asquini di Fagagna,uno degli interpreti più signi"cativi del movimento agronomico veneto della seconda metà del

15 ASUd, ANA, not. Lorenzo da Cussignacco, b. 5122, foglio sciolto, 18 novembre 1352.

16 E. COZZI, La”Storia di Troia” dell’anticaloggia di Udine, XII settimana dei beniculturali, (depliant a cura dei CiviciMusei e Gallerie di storia e arte di Udine), [Udine] 1997; EAD., scheda I fatti della guerra di Troia, in G. BERGAMINI (a cura di), La Galleriad’arte antica dei Civici Musei di Udine, 1, Dipinti dal XIV alla metà dell XVIIsecolo, Udine/Vicenza 2002, p. 36. Sui confronti con cicli epico-cavallereschi coevi cfr. anche C. MORETTI, Il mito, i cavalieri, le armi.Intorno al ciclo di Troia dell’antico Palazzo Comunale di Udine, in «Udine. Bollettino delle civiche istituzioni culturali». s.III, 7-8 (2001-2002), pp. 15-32.

17 DELLA PORTA, Memorie cit., p. 640, n. 1829.

Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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Palazzo Manin, soffitto ligneo, sec. XVI. Udine,Biblioteca Civica ‘V.Joppi’ – sezione Friuli.Palazzo Manin, inferriata del portone d’ingresso. Nella pagina a fianco: Palazzo Manin, facciata.

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51 La Contrada di San Bartolomeo

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Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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Affreschi di Giambattista Canal nella cappelladomestica di Palazzo Asquini, 1807 ca.

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53 La Contrada di San Bartolomeo

Settecento, in quanto dedicò l’intera vita allo studio, alla sperimentazione nella propria tenuta di Fagagna e alla di#usione delle novità agronomiche in stretto contatto con Antonio Zanon,che da Venezia lo aggiornava sul panorama europeo e gli faceva da agente commerciale 18. L’Asquini, che acquistò casa Pavona fatiscente, la ristrutturò totalmente, trasferendovi tutta la famiglia. La facciata fu riformata nel 1907 per opera dell’impresa di Girolamo D’Aronco19. Ai Mantica, famiglia originaria di Como e trasferitasi a Udine dopo una breve permanenza a Pordenone, si deve l’elegante facciata cinquecentesca del palazzo ora sede della SocietàFilologica Friulana, con l’addizione nel Settecento di quella nuova parte di edi"cio checongiunge alla torre di Porta Manin. In quest’ala, all’esterno anonima sotto il pro"loarchitettonico, all’interno si conservano a#reschi di alto livello, opera di Giambattista Canal e Francesco Chiarottini, artisti tra i più signi"cativi tra quelli che operarono a Udine tra "ne Settecento e inizio Ottocento20. Proprio in quest’area nel 1906 durante degli scavi per le fondamenta di un piccolo edi"cio all’interno del cortile fu trovata una muratura di grossi sassi e lastroni di pietra, giudicata appartenente alle mura della terza cerchia21.

Ria!ora la Udine antica mentre le via viene popolandosi di osterie, ca#è, negozi artigiani,sartorie eleganti, noleggio macchine, sede dei telefoni pubblici. Anche il lato della strada di fronte a Palazzo Mantica si rinnova: la casa già Valentinis viene totalmente ristrutturata. Non soltanto, ma a partire dal 1911 si propone di aprire nell’interesse dei commerci cittadini Via Prefettura, allora chiusa sul fondo, prolungandola "no all’attuale Via Piave con un ponte sulla roggia. Si evidenzia che il nuovo tratto di strada «sarà di grandissimo vantaggio al movimento dei carri o dei viandanti da e per il centro della città, pieno di negozii, di Banche, di magazzini»22. I lavori si realizzano nel 1916 e così PalazzoContarini, posto sull’angolo, a maggior ragione viene a trovarsi in una posizione centrale.

18 Per i vari aspetti della personalità e dell’imprenditoria di Fabio Asquinicfr. L. MORASSI ( a cura di) La NuovaOlanda. Fabio Asquini tra accademia e sperimentazione, Fagagna 1992.

19 La domanda che accompagna il progetto di ‘riduzione’ della facciataalla Commissione d’ornato, firmata da Girolamo D’Aronco, in Comune di Udine, ED 2928/1907 (nel fascicolo manca il progetto).

20 Tali opere si credevano perdute, in quanto la loro ubicazione risultavafumosa, ma l’attenta analisi condottasui documenti per la realizzazionedell’opera BARTOLINI, BERGAMINI,SERENI, Raccontare Udine cit., pp. 288-293 ha permesso l’attribuzione.

21 Mura antiche di Udine, in «Giornale di Udine», 28 marzo 1906.

22 Per aprire una nuova via, ibid., 11 febbraio 1911.

Pozzo con stemma della famiglia Pavona nel cortile di Palazzo Asquini, già Pavona, sec. XVI. Stemma Asquini portato da Fagagna a Udine nel palazzo di Via Manin. Udine, Biblioteca Civica ‘V.Joppi’- sezione Friuli. Mascherone nel giardino di Palazzo Asquini.

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Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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Ingresso su Via Manin della demolita Casa Gubertini- Valentinis, con stemma Gubertini, 1900 ca.

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Si è già detto che la chiesa di San Bartolomeo fu costruita da Giovanni Guberto Gubertini,ultimo della famiglia. L’erezione di una cappella fu l’ultimo atto di una casata che, a#ermatasi nel Comune cittadino, volle lasciare un segno nella memoria dei posteri proprio nel luogo in cui aveva maturato le sue fortune. Fin dagli inizi del Trecento, infatti, nell’area che va dalla porta ora detta Manin alla calle - allora chiusa - aperta soltanto nel 1915 con il nome di Via Prefettura, si erano stabiliti i Gubertini che da Cremona si erano portati – come molti altri lombardi – a Udine. I recenti lavori di restauro hanno messo in luce nel fabbricato piùvicino alla porta della vecchia cerchia frammenti di stilatura probabilmente duecentesca,testimonianza di qualche costruzione già presente23.L’immigrazione lombarda in Friuli ebbe caratteri di forte valenza politica, favorita dalla famigliaTorriani che, in lotta con i Visconti a cui dovette cedere la signoria di Milano, sostenne il movimento guelfo e indirizzò la sua azione verso Padova e il Patriarcato di Aquileia, ottenendoper la sede episcopale la nomina di quattro patriarchi appartenenti alla casata – Raimondo dellaTorre (1273-1299), Gastone della Torre (1316-1318), Pagano della Torre (1319-1332), Ludovicodella Torre (1359-1365) - i quali vollero circondarsi a tutti i livelli di u!ciali lombardi di "ducia24.Seguendo tale corrente favorevole, agli inizi del Trecento Gubertino di Brunino di Cremona si stabilì a Udine, dove ottenne la cittadinanza ed esercitò con successo il commercio dei panni,forse unito anche a qualche attività creditizia25. Nel 1350 Gubertino ‘drappiere’ è presente nelconsiglio cittadino26, ma sono soprattutto i suoi "gli – Azzolino, Elia, Paolo e Brunino – ad avereruoli di primo piano soprattutto per la loro preparazione giuridica anche dopo il declino dei della Torre, perché ormai radicati nel contesto friulano. Per esempio, nel 1350 Paolo Gubertini si trovava al seguito del patriarca Bertrando quando questi fu ucciso alla Richinvelda; nel 1366 fra i tre savi che il Comune di Udine nominò per esaminare le costituzioni elaborate dal consiglio del patriarca Marquardo di Randeck "gura Elia Gubertini; nel 1371 Azzolino fu incaricato della revisione delle costituzioni da poco approvate dal Parlamento; nel 1375 Elia fu a Venezia con i delegati dei prelati e dei castellani del Parlamento per trattare questioni tra la Signoria e il Patriarcato; nel 1378-80 Azzolino fu capitano di Udine; nel 1379 Elia fu provveditore al frumento per rifornire l’armata genovese contro Venezia nella guerra di Chioggia27. I Gubertini nel 1369 poterono fregiarsi del titolo di conti palatini e cavalieri auraticoncesso dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, dopo che i quattro fratelli erano stati tra i deputati che lo avevano accolto l’anno precedente quando si era fermato a Udine durante la suavenuta in Italia28. È un’ascesa cetuale che i Gubertini completarono nel 1375 permutando alcuniloro beni al di qua e di là del Tagliamento con il castello e il feudo giurisdizionale di Cusano,stipulando un accordo con il vescovo di Concordia. La permuta si presentava infatti vantaggiosaper il presule concordiese, che da poco aveva riavuto il libero possesso del feudo, ma in pessimecondizioni di conservazione degli stabili e di scarsa produttività dei terreni, mentre l’acquisizione – autorizzata dal ponte"ce – soddisfaceva l’orgoglio del casato Gubertini.

23 Si veda il contributo di StefanoTracanelli in questo volume.

24 Oltre all’ormai classico A. BATTISTELLA, I Lombardi in Friuli,Milano 1911, cfr. ora anche M. DAVIDE,Lombardi in Friuli. Per una storia delle migrazioni interne nell’Italia del Trecento, Trieste 2008.

25 Non si esclude che i Gubertiniesercitassero anche forme di prestito,come altri lombardi. Nel 1364, peresempio, il Comune di Udine persaldare varie pendenze accese più mutuia usura e sottoscrisse un prestito di 100marche date da Nicolò Orbitti eBrunino Gubertini al tasso del 20%. Cfr. DAVIDE, Lombardi in Friuli cit., p. 129.

26 BATTISTELLA, I Lombardi cit., p. 58.27 Cfr. rispettivamente ibid.; P.S. LEICHT,

Parlamento friulano, I, parte II, Bologna1925, p. 210; ibid., parte I, p. LXXXIII, ibid., parte II, p. 288;Statuti e ordinamenti del Comune di Udine (1425), Udine 1898, p. L; BATTISTELLA, I Lombardi cit., p. 64.

28 Ibid.

ll complesso Gubertini-Valentinis

ll complesso Gubertini-Valentinis

Colonnina del vecchio loggiato quattrocentescodel cortile di Casa Gubertini-Valentinis, ora nel cortile di Palazzo Contarini.

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Alla morte di Azzolino però la sua eredità risultò gravata da debiti che la vedova, Taddea degli Avogari di Treviso, tutrice dei beni dei "gli minori a meno che non contraesse nuovomatrimonio, sembra non abbia saputo gestire con oculatezza, tanto da dover vendere beni per soddisfare creditori29. Il "glio Giovanni Guberto, anch’egli giureconsulto, cedette nel 1431 il feudo di Cusano per 4.000 ducati ad Adamo Formentini di Cividale, famiglia di modesteorigini, arricchitasi anch’essa con il commercio "no a diventare una protagonista della vita della città ducale30. Giovanni Guberto, che occupò in Udine cariche pubbliche di rilievosecondo la tradizione familiare, senza "gli, poiché il suo matrimonio con Anna Ricchieri di Pordenone fu improle, celebrò – come si è detto - l’ultimo atto del casato con la costruzionedella cappella di San Bartolomeo accanto alla sua casa, nominando suoi eredi anche nel mantenimento della chiesa i Valentinis. La storia di quest’ulrima famiglia è tramandata in poche note nelle cronache cittadine, fonti da utilizzare comunque con prudenza, in quanto composte in età veneta e spesso viziate da inesattezze e partigianerie a esaltazione o detrazione delle famiglie in oggetto. La Cronaca Monticoli, compilata nel 1520 dal notaio Nicolò Monticoli dopo la redazione nel 1518 del Libro d’oro della nobiltà udinese, a cui aveva lavorato una commissione di cui avevafatto parte lo stesso Monticoli, sintetizza la vicenda dei Gubertini, all’epoca estinti:

1300. Gubertino fu lombardo et de Cremona essendo de panni marchadante gran ricchodivene et citadino nostro divene: da cui la Gubertina famiglia cogniome trasse: poi per necesitàde posteri alli Valentini loro più congiunti de la facoltà ne fecero hereditario dono31.

I Gubertini infatti "n dall’inizio del loro trasferimento in Friuli formarono una societàcommerciale con una famiglia originaria di Aquileia, i Valentinis:

1300. De la restaurata Aquileia venne in quel tempo Valentino che correva gli anni mille ettricento, di panni merchadante, in breve non solo richo citadino, ma per compera de la Patriacastelan divene: per il quale la famiglia Valentinis adimandata è, et in quatro casate al presente,benché le tre in povertà, over in humile fortuna et l’altra assai acomodata si ritrovano32.

Circa un secolo dopo, agli inizi del Seicento, l’anomina Cronaca Ugolina ricorda ancora i rapporti tra i Gubertini e i Valentinis, famiglia ormai consolidata nel patriziato cittadino:

«Questi nel 1300 vennero da Aquileia nova, portando l’arma de corni, che fu dei Gubertini, quali mancando lasciarono la loro facoltà alli Valentini33».

I Valentinis, che avevano casa in Mercatovecchio, nel giro di pochi decenni venneroconsolidando la loro fortuna economica, ottennero cariche pubbliche, come la cameraria delComune di Udine, la podestaria di Monfalcone, esercitarono le arti liberali, attraverso un’accortapolitica matrimoniale si imparentarono con le principali famiglie cittadine: con gli stessiGubertini, ra#orzando così il legame commerciale, con gli Arcoloniani, Caporiacco, Candidi,Moisesso, Maniago, Savorgnan della Bandiera34. Le cronache li dicono anche ‘castellani’.

29 Sulla questione dell’eredità di Azzolinoe della gestione di Taddea quale tutricedei figli in minore età cfr. DAVIDE, I Lombardi cit., pp. 228-233. La gestione di Taddea venne poi meno quando questa sposò in seconde nozze Nicolussio di Prata.

30 E. DEGANi, Il castello di Cusano, Notizie e documenti, in Monografiefriulane, San Vito 1888, pp. 85-207 (estr. da «Archivio veneto», s.II,XXVIII, parte I-II, 1888). Sulle famiglia Formentini fino all’iniziodel sec. XV cfr. B. FIGLIUOLO, Nobiltà e aristocrazia cittadina, in B. FIGLIUOLO(a cura di), Storia di Cividale nel Medioevo,Cividale 2012, pp. 231-238.

31 N. MONTICOLI, Cronaca delle famiglieudinesi, a cura di E. del Torso, s.l. 1911,p.p. 25-26. Sul Monticoli cfr. L. CARGNELUTTI, Monticoli Nicolò, in SCALON, GRIGGIO (a cura di), Nuovo Liruti cit., pp. 1724-1727: EAD., Monticoli, Nicolò, in Dizionariobiografico degli Italiani, 76, Roma 2012, pp. 333-336.

32 N. MONTICOLI, Cronaca delle famiglie cit., p. 26.

33 E. DEL TORSO (a cura di), Cronaca Ugolina. Origine delli cittadinid’Udine, Udine 1914, p. 21.

34 Cfr. la genealogia un BCUd,Genealogie del Torso, fasc. Valentinis.

Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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Stemma Gubertini, da Stemmario del Torso.Udine, Biblioteca Civica ‘V.Joppi’.

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57 ll complesso Gubertini-Valentinis

Infatti, nel 1414, mentre il Friuli era travagliato dalle lotte che portarono alla "ne del Patriarcato,il patriarca Ludovico di Teck con"scò a Tristano Savorgnan il castello e feudo di Flagogna,investendone Federico, Antonio e Cristoforo Valentinis, ma per un breve periodo, perché dopo il 1420 la Repubblica veneta confermò il Savorgnan nel possesso di tutti i suoi feudi. Nella prima metà del Quattrocento visse Elena Valentinis, sorella dei castellani di Flagogna,moglie di Antonio Cavalcanti di origine "orentina, un’altra famiglia di grandi fortunecommerciali e di importanti personaggi pubblici, alleata, come i Valentinis, con il patriarcaLudovico di Teck e l’imperatore Sigismondo d’Ungheria contro Tristano Savorgnan. Elena, che dopo la conquista veneta del Friuli per un periodo aveva dovuto isolarsi con il marito a Buia, divenuta vedova nel 1441, per un periodo resse la casa, stipulando anche contratti commerciale, ma intorno al 1552 si ritirò a vita religiosa, guadagnandosi una fama di santa terziaria agostiniana che ben presto conobbe ampie elaborazioni agiogra"che che ne di#usero il culto – sostenuto dai padri domenicani - subito dopo la morte,avvenuta nel 1558 a sessantadue anni35. Nel Cinque-Seicento all’interno dell’ordine la sua "gura cedette il primato a Rita da Cascia, ma Elena continuò a rimanere motivo di vanto e di nobilitazione per le famiglie Valentinis e Cavalcanti e, dopo l’estinzione dei Cavalcanti, dei Valentinis.Questi ormai occupavanostabilmente a Udine la grande casa domenicale lasciata a loro dai Gubertini, una casa che per vastità e decoro aveva potuto ospitare anche il luogotenente della Patria del Friuli nel suo primo periodo di insediamento a Udine. Possiamo ricostruire in linea di massima le architetture del complesso a metà Quattrocento, leggendo le divisioni del 1457 tra i Valentinis eredi di Giovanni Guberto Gubertini36. Dalla contrada si passava attraverso un grande portone a sesto acuto («intrata magna») in un sottoportico che attraverso una seconda entrata immetteva nella corte principale dove era collocata una cisterna, forse il pozzo con lo stemma che dopo la demolizione del caseggiato fu portato insieme con il portone nel Museo del castello. La corte su di un lato presentava un loggiato inferiore e superiore con due scale di pietra esterne, una grande e una piccola. Su di un altro lato sulla corte si protendeva un poggiolo. C’era poi un’altra corte - abbellita da un «puzoleto»- con il forno e le canipe, di cui una posta in un sottoscala detto «la preson»;una corticella con le stalle, mentre un muro divideva dagli orti che proseguivano verso leproprietà degli Zucco (Via Prefettura). Lungo il muro castellano un vicolo in salita (oggi Salitadi San Bartolomeo) portava verso un’altra corte superiore e un altro orto, da cui un accessopermetteva di scendere verso le corti inferiori. Al pianterreno del corpo principale si trovava la cucina, al piano superiore una «sala grande» riscaldata, varie camere e più sopra i granai. I Valentinis divisero il complesso in più parti, alzando muri divisori anche nelle corti e negli orti, costruendo nuovi fabbricati anche per uso abitativo, però con l’obbligo – come esplicitamenteprescritto negli atti di divisione - di non superare mai l’altezza del muro castellano.

35 Sulla beata Elena Valentinis cfr. SIMONEDA ROMA, Libro over legenda della beataHelena da Udine, a cura di A. Tilatti,Udine 1988.

36 Le divisioni in BCUd, f.p., ms. 2277,Qu!dam fragmenta cit., cc. 211r-218r.

Stemma Valentinis, da Stemmario del Torso.Udine, Biblioteca Civica ‘V.Joppi’.

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Nella Contrada di San Bartolomeo, poi Via ManinLiliana Cargnelutti

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Porta Manin prima dell’apertura del passaggio pedonale.

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Qualcosa dell’antica struttura era ancora visibile all’inizio del Novecento. Infatti, due articoli anonimi, forse di Enrico del Torso, del marzo 1906, quando iniziò la demolizione di casa Valentinis, raccontano che stavano venendo alla luce so!ttiquattrocenteschi con pettenelle nell’antico sottoportico d’ingresso (divenuto a "ne Ottocento sede del mobili"cio Raiser) e nella sala del piano nobile, nascosti da calce e da «ignobili so!tti di creta»37. Superato il sottoportico ed entrati nel cortile, si poteva ammirare il so!tto a travi del loggiato, ornato con stemmi:

Dalla parte del cortile una "la di eleganti colonnine in pietra sostiene il so!tto composto di ventisei travi a ciglio vivo, e di due serie di modiglioni "nemente lavorati e dipinti. I vani fra un trace e l’altro sono occupati da sei "le di tavolette decorate ciascuna di uno stemma. Centocinquanta sono i vani, e centocinquanta dovevano essere le tavolette stemmate; ma gran mercé se se ne possono contare ancora una cinquantina, molta parte delle quali in pessimo stato di conservazione38.

Alcune tavolette rappresentavano stemmi di famiglie legate ai Gubertini e ai Valentinis, altre di fantasia. Le pettenelle furono staccate, ma poi andarono disperse, come scrive Enrico del Torso annotando sotto il disegno della stemma dei Gubertini: «Udine, Palazzo Gubertini, Via Daniele Manin, riformato antiguerra dal signor Contarini, su pettinella, asportata e poi dispersa»39. I Valentinis ottennero dal Comune l’uso della torre di San Bartolomeo, concessione confermata nel 1517 a Enrico di Martino, dottore in legge, in cambio di due pernici annue e dell’obbligo di restaurarla nel giro di due mesi, altrimenti sarebbe stata assegnata ad altropostulante40. Era la pratica consueta con cui la comunità provvedeva alla manutenzione dei portoni interni dopo la costruzione dell’ultima cerchia muraria, ma per i Valentinis questo signi"cava il controllo di tutta l’area "no al vecchio muro castellano. L’anno successivo essi ottennero di costruire sulla salita di San Bartolomeo un volto con una porta per chiudere l’orto superiore41, dove si trovava un’altra casetta, che rimase ai Valentinis "no agli inizi dell’Ottocento42.Dietro la casa dominicale, lungo la contrada oggi chiamata Via Prefettura, altre casette e orti erano divenuti di proprietà Valentinis. A metà Cinquecento si aprì una lunga trattativa con il patriarca, che chiedeva di fare proseguire Via Lovaria (allora un vicolo dall’attuale Via Vittorio Veneto a Via Prefettura) "no alla roggia aprendo un varco nei bastioni, per costruire un percorso diretto dal duomo al Palazzo patriarcale. Il progetto, che necessariamente prevedeva di attraversare le proprietà Valentinis e di altri possessori di fondi, poté attuarsi soltanto nel 1602, quando si giunse a un accordo e si costruì a spese del Comune un nuovo muro al con"ne della proprietà Valentinis a protezione degli orti43.

37 Cfr. Scoperta di antichi stemmi nel Palazzo Valentinis, in «Giornale di Udine», 13 marzo 1906 e Il soffitto quattrocentesco del PalazzoValentinis, ibid., 14 marzo 1906.

38 Ibid..39 BCUd, Stemmario del Torso, Gubertini.40 BCUd, AC, Acta, 7, c. 119r, 10 giugno

1517 e BCUd, AC, Annales, 42, c.138r,10 giugno 1517. Nel 1517 lacomunità dichiara che si tratta di unariconcessione, in quanto la torre era già stata data in uso a Martino Valentinis, padre di Enrico.

41 Cfr. BCUd, f.p., ms. 2277, Qu!dam fragmenta cit., c. 117r, 15 marzo 1518.

42 È la casa segnata 1808 nella mappa del Lavagnolo., nell’Ottocento di proprietà Grassi.

43 BCUd. Archivio comunale, Annales,67, c. 40v, 23 agosto 1603.

ll complesso Gubertini-Valentinis

Salita e arco presso la torre di San Bartolomeo.

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Agli inizi del Seicento gli interessi della famiglia vennero spostandosi verso la zona collinare.Nel 1627 infatti essi acquistarono per 4.804 ducati il castello di Tricesimo dai Montegnacco, famiglia giusdicente del castello di Cassacco, che all’epoca non riusciva più a fronteggiare il carico del feudo e le spese continue, per cui aveva dato corso a molte alienazioni di beni. Il castello di Tricesimo, anche se dichiarato inabitabile per il pessimo stato di manutenzione, costituì un’importante tappa verso un’operazione più ambiziosa, completata nel 1648, quando i Valentinis ebbero l’investitura della parte più cospicua del capitanato di Tricesimo, sborsando alla Repubblica Veneta 9.000 ducati per alcune ville soggette con diritto di giurisdizione e titolo comitale: Tricesimo, Fraelacco, Adorgnano, Monastetto, Laipacco, Montegnacco, Cassacco (soltanto la villa, senza il castello), Conoglano, Magnano, Billerio, Ravosa, Povoletto. Venezia, infatti, impegnata in continui sforzi militari che si traducevano in un enorme peso"nanziario che indebitava le "nanze statali, cercò di risanare l’erario con la vendita del titolo di nobiltà veneta, di beni comunali, di feudi, di capitanati e gastaldie di terraferma44. I conti Valentinis continuarono a mantenere ancora la casa domenicale di Udine, cedendo però una parte dell’area, a partire dal muro castellano. Nel godimento della torre subentrano i Mantica che a metà Cinquecento avevano costruito di fronte al complesso dei Valentinis il loro palazzo45. Nel 1693 Virginia di Nicolò, moglie di Geremia Simeonibus, e la sorella Francesca, ultime del lororamo46, vendettero una parte del complesso (le case – come si preciserà più avanti - ora dette Gori-Pividori e Braida-Caratti) al cancelliere della Patria Giuseppe Gallici, che nel 1703 la rivendette ai Vanni degli Onesti. Era questa una famiglia emigrata per motivi politici da Firenze verso la "ne del Duecento e stabilitasi a Udine, dove costruì una solida fortuna economica gestendo una vastaimpresa di pannilana e attività feneratizia, con sede in Mercatovecchio47. Nel Seicento a seguito di matrimoni la famiglia stabilì interessi a Fagagna, alternando la residenzaudinese con quella del paese collinare, dove i Vanni degli Onesti erano a capo di masi privilegiati dellagastaldia48. Per un breve periodo – tra 1690 e 1702- ebbero come abitazione a Udine nella Contradadi San Bartolomeo la casa dei Susanna, "no all’acquisto di una parte del complesso Valentinis. Si vedrà più avanti che questa fu in loro possesso "no al 1811. La grande casa domenicale rimaseinvece ai Valentinis "no al 1904. Il pianterreno era adibito ad attività commerciali: abbiamo notizie di una birreria nel 188349, del negozio di tappezzeria Raiser che vi ebbe sede "no alla ristrutturazionedello stabile, come testimonia una foto di Pignat scattata poco prima che l’edi"cio di Gilbertiprendesse il posto dell’antica casa dei Gubertini e dei Valentinis, i quali tenevano per sé il piano nobile, a cui si accedeva dall’attuale Piazza Valentinis, dalla corte posteriore del palazzo. Nel 1849 il piano nobile fu a!ttato per un periodo per alloggi militari con deliberazione del Comune e in quest’occasione l’ingegnere municipale Gio.Batta Locatelli ne redasse lo ‘stato e grado’che ci descrive la corte, i locali del primo piano, il locale per i domestici, la stalla, la rimessa, il "enile50. La casa è generalmente in buono stato, con ri"niture di buon livello.La ‘sala grande’ - dove sono rimasti due quadri a olio rappresentanti battaglie, giudicati di buona

44 Sulla vendita dei Montegnacco aiValentinis cfr. G. BAIUTTI, Castello di Cassacco, Udine 2005, pp. 51-52. Sui ‘feudi nuovi’ in Friuli cfr. L. CARGNELUTTI, Riflessi della guerra diCandia in Friuli: vecchia e nuova nobiltà,in G. BERGAMINI, P. GOI (a cura di),Antonio Carneo (1637-1692),Portogruaro 1995, pp. 11-22; L. CARGNELUTTI, Feudi patriarchini e ‘feudi nuovi’ in età veneta, in EAD. (a cura di), Feudo e comunità. Il Friulicollinare dall’età medievale all’etànapoleonica, Udine 2011, pp. 43-59.

45 Il primo documento che attesta ilgodimento della torre da parte deiMantica è del 1691, ma il passaggio di conduttore è antecedente. In ASUd,AC, parte antica, b. 3/1.5, 8 maggio1691, si fa fede che il conte AlessandroMantica paga una pernice per l’usodella torre senza specificare da quando.

46 Cfr. BCUd, Genealogie del Torso, fasc. Valentinis, tav. 13.

47 Sulla famiglia Vanni degli Onesti e sulle sue attività economiche fino atutto il Quattrocento cfr. M. D’ARCANOGRATTONI, Interni di case e botteghe di Toscani in Friuli: il complesso Vanni degli Onesti a Udine nel XV secolo, in I Toscani nel Patriarcato di Aquileia in etàmedioevale, Udine 2010, pp. 123-134.

48 Sulla genealogia dei Vanni degli Onesti e sui loro interessi a Fagagnanel Seicento e nel Settecento cfr. A.ASQUINI, Nobili e popolari a Fagagna enel suo castello nel Friuli dell’antico regime,Udine 2009, pp. 106, 116, 202-203.

49 A. AVOGADRO, Guida di Udinecommerciale -storica-artistica -amministrativa, Udine 1883, p. 139.

50 Descrizione dello stato e grado … dellacasa di ragione del nobile signor FerdinandoValentinis, 30 marzo 1849, in ASUd,AC, parte austro-italiana, b. 76/1860.

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fattura, e una stufa in cotto – ha il pavimento a terrazzo veneziano, come le camere vicine, tappezzatedi carta damascata; in particolare, una è riscaldata da un camino con cornice di marmo. Un altrocaminetto alla francese con riquadro di marmo si trova nel tinello, anch’esso terrazzato e tappezzatodi carta damascata. L’ampia cucina, dal pavimento di quadrelli in cotto, ha un forno pure in cotto concinque graticole; al centro troneggia una tavola sostenuta da quattro ferri in"ssi nel so!tto, mentre in un vano aperto sulla cucina trova spazio il focolare «isolato di cotto contornato da ringhiera di ferroavente vano circolare ad di sotto»51. Al pianterreno una stanza - questa però in cattivo stato - è statariservata all’allevamento dei bachi da seta. Mediocre è lo stato della stalla, che può ospitare quattrocavalli. Intanto i proprietari si erano trasferiti altrove. Nella seconda metà dell’Ottocento il conteFerdinando Valentinis risiedeva a Venezia, il "glio Augusto a Milano, dopo avere impegnato energie e sostanze in una anacronistica causa feudale con la linea che godeva del castello di Tricesimo,manufatto che Giuseppe Uberto Valentinis, una delle "gure di maggior peso del secondo Ottocentoper gli studi e per iniziative rivolte alla conservazione delle opere d’arte in Friuli52, aveva restauratoallo scopo di riportarlo all’antico splendore rifacendone la cinta, ra#orzando i barbacani, ricostruendoi torrioni, ra#orzando le fondamenta della cappella53. Augusto sosteneva che l’eredità castellanaspettava alla sua linea, che avrebbe dovuto avere la precedenza su quella a cui apparteneva GiuseppeUberto54. La casa di Via Manin, gravata da ipoteche, fu venduta con i suoi negozi, u!ci e abitazioniper 64.000 lire a Giovanni Contarini, titolare della ditta Pietro Contarini di Udine55.

51 Ibid.52 Cfr. G. PERUSINI (a cura di),

Il restauro dei dipinti nel secondoOttocento. Giuseppe Uberto Valentinis e il metodo Pettenkofer, Udine 2002.

53 Cfr. G. COSTANTINI, Il castello di Tricesimo e il suo restauratore, in «La Panarie», II (1925), pp. 355-361.Quasi nulla rimane oggi di talerestauro, essendo stato il castelloradicalmente trasformato dalla nuova proprietà.

54 Ringrazio per l’informazioneUmberto Valentinis.

55 L’atto di vendita in ANDU, Atti notaio Pietro Someda, 22 luglio 1904, n. 1162.

ll complesso Gubertini-Valentinis

Nella pagina a fianco: ferro del pozzo del castello di Tricesimo con lo stemma dei Valentinis. Udine, Biblioteca Civica ‘V.Joppi’- sezione Friuli.Casa Gubertini-Valentinis prima della demolizione, 1906. Udine, Biblioteca Civica ‘V.Joppi’- sezione Friuli.

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Parte del complesso di edifici ex Valentinis, poi divenuta Casa Gori Pividori. In alto: stato dell’edificio prima degli interventi edilizi e primo progetto diampliamento presentato dal proprietario Francesco Armellini e respinto dallaCommissione d’ornato, 27 gennaio 1815;in basso: nuovo progetto di ampliamento, 23 febbraio 1815. Archivio di Stato di Udine,Archivio comunale, parte napoleonica, b. 180.

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Come si è già evidenziato, metà dei fabbricati dell’antico complesso Valentinis a#acciato sullaContrada di San Bartolomeo – la casa ora detta Gori-Pividori e quella detta Braida- Caratti -furono alienati a "ne Seicento. Il loro assetto architettonico attuale è il risultato di lavori diristrutturazione e ampliamento soprattutto ottocenteschi. Nel 1703 nell’atto di vendita ai Vannidegli Onesti si precisa che si tratta di un complesso fatto di «casa con casetta annessa e corte in Contrada di San Bartolamio», con un breve muro che le univa sul lato della strada chiudendo la corte56. I Vanni degli Onesti la scelsero come loro abitazione cittadina, anche se preferivano -come già si è detto – risiedere a Fagagna, a!ttandola per periodi limitati. Nell’anno 1800,scaduto il contratto decennale di locazione di un certo Gaspare Naschinetti e dovendoprocedere a divisioni per la morte di Giuseppe Vanni degli Onesti tra il fratello e i "gli deldefunto, si era incerti se ria!ttare o vendere, però a non meno di 5.000 ducati, il complessoformato dalle «due case unite»57. In un primo momento si preferì lasciare il tutto indiviso, poi nel 1805 con scrittura privata Natale Vanni degli Onesti cedette ai nipoti Nicolò e Giovanniper 3.000 ducati metà del complesso per equilibrare le divisioni, ria!ttando e poi vendendo nel 1811 «le due case, ambe coscritte col c.n. 1809» ai fratelli Francesco e Pietro Armellini di Udine, possidenti e pistori58. Successivamente Francesco Armellini la cedette a un panettiere,Osvaldo Mazzorini, che ne risulta proprietario nel 1835, per passare ai Braida, che nel 1839risultano già godere dell’area.

Le case Gori-Pividori e Caratti-Braida

56 ASUd, ANA, not. Girolamo Dell’Oste, b. 7907, 20 agosto 1703.

57 L’affitto e la vendita della casa diUdine dei Vanni degli Onesti a seguitodelle divisioni familiari in ASUd,Archivio de Honestis, b. 16, Stato e grado di facoltà zio e nipotiOnestis, 1814, cc. 7-12.

58ASUd, ANA, not. Luigi Delfino, b.10619, n.74, 17 gennaio 1811.

Le case Gori-Pividori e Caratti-Braida

Parte del complesso di edifici ex Valentinis, poi divenuta Casa Gori Pividori. Nuovo progetto di ampliamento presentato dal proprietario Francesco Armellini alla Commissione d’ornato e realizzato soltanto all’epoca in parte, 6 marzo 1815.Archivio di Stato di Udine, Archivio comunale, parte napoleonica, b. 180.

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Parte del complesso di edifici ex Valentinis, poi divenuta Casa Gori-Pividori.Progetto di ampliamento presentato da Nicolò Braida, 1853. Archivio di Stato di Udine, Archivio comunale, parte austro-italiana, b. 66/2.

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65 Le case Gori-Pividori e Caratti-Braida

La «casetta» è il fabbricato più vicino al muro castellano, che sicuramente in origine aveva una cubatura inferiore all’attuale59, come si può vedere nel progetto presentato nel 1815 da Francesco Armellini, quando chiese di aprire una "nestra al pianterreno: l’edi"cio risultacomposto da tre piani fuori terra con una sola "la in verticale di "nestre60. I lavori però sicomplicarono per minacce di crollo, così che fu presentato un nuovo progetto che prevedeva la rifabbrica della facciata e l’innalzamento di tutto l’edi"cio di un piano61, ma pare che nel1815 sia stata realizzata non una tripla – come previsto nel progetto di rifabbrica – ma soltantouna doppia "la in verticale di "nestre. Così infatti documenta il progetto presentato dai nuoviproprietari Braida nel 1853, quando le volumetrie furono ampliate, la facciata ricomposta e portata alla stessa altezza della con"nante casa Braida, dando all’edi"cio l’aspetto attuale62. Nel 1890 il solo fabbricato sull’angolo della Salita di San Bartolomeo divenne proprietà e residenza del medico Gabriele Mender, "gura di rilievo della Udine dell’epoca: membro dei consigli dell’istituto Tomadini, delle Suore della Provvidenza, consigliere comunale di parte clericale. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1907, la casa, che al pianterreno era a!ttata per attività commerciali, passò in eredità alla vedova Giovanna Marangoni e da questa alla "glia Caterina Mender, che la cedette nel 1932 a Nadeja Gori fu Giuseppein Pividori, possidente domiciliata in Tarcento63.

59 Uno studio specifico sull’evoluzionearchitettonica, sul restauro conun’ipotesi di riuso della partedell’antico complesso Valentinis pressola salita di San Bartolomeo in F. BASSOet al., Restauro di palazzo Valentinis in via Manin a Udine, tesi di laurea,Università degli studi di Udine, Facoltà di Ingegneria– Corso di laurea specialistica in Architettura, rel. A. Biasi, a.a.2008-2009.

60 La domanda, il progetto e la rispostadella Commissione d’ornato, 14 gennaio-18 aprile 1815 in ASUd, AC, parte napoleonica, b. 180/1815, Ornato.

61 Ibid.62 Il progetto, 20 ottobre 1853, in ASUd,

AC, parte austro-italiana, b. 66/2, Ornato.63 ANDU, not. Romano Venier,

N. 175/218, 1 ottobre 1932.

Parte del complesso di edifici Valentinis, poi divenuta Casa Braida-Caratti.Progetto di riforma presentato da Francesco e Nicolò Braida e approvato dalla Commissione d’ornato, 1839.Archivio di Stato di Udine, Archivio comunale, parte austriaca, b. 299/XX .

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Parte del complesso di edifici Valentinis, poi divenuta Casa Braida- Caratti.Progetto di riforma con l’esistente e le modifiche da realizzare presentato da Francesco e Nicolò Braida alla Commissione d’ornato, 1839.Archivio di Stato di Udine, Archivio comunale, parte austriaca, b. 299/XX. La famiglia Caratti, fine sec. XIX; sul retro: disposizione e nome dei personaggi. Udine, Biblioteca Civica ‘V. Joppi’ – sezione Friuli.

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67 Le case Gori-Pividori e Caratti-Braida

Nel 1963 la casa fu acquistata dalla Cassa di Risparmio, come la vicina casa Braida-Caratti.

Quest’ultima costituisce la parte centrale dell’antico complesso Valentinis. Nel 1835 il proprietario, il fornaio Osvaldo Mazzorini, inoltrò alla Commissione d’ornato una domanda che ci descrive una caratteristica dell’edi"cio: una stanza sotterranea o cantina con copertura a volta, a cui il proprietario avrebbe voluto poter accedere dalla strada,trasformando una "nestra in porta. La richiesta fu respinta, in quanto «l’apertura della porta nonarmonizza col rimanente della facciata», ma è interessante per conoscere l’uso del pianterreno:

Nella casa 1809, in borgo S.Bortolomio, il di cui pianterreno verso la strada serve per la fabbricazione del pane per li forni, che esistono verso la corte e sotteraneamente pur verso la strada esiste una gran stanza costruita con volto reale64.

Nel 1839 i Braida, nuovi proprietari, la rifabbricarono, la alzarono di un piano e l’ampliarononel rispetto delle simmetrie imposte dalla Commissione d’ornato, inglobando anche una partedella casa con"nante, pure di loro proprietà65. Probabilmente durante tali lavori andaronodistrutti gli a#reschi ra!guranti la battaglia di Farsalo di Gio.Batta Grassi che ornavano lafacciata e che ai primi dell’Ottocento si presentavano dilavati, secondo quanto scrive AntonioBartolini:«Tutta la facciata della casa è dipinta a fresco da Giovanni Battista Grassi, ma quasia#atto smarrita»66. A "ne Ottocento era classi"cata come casa di abitazione, con u!ci e osteria al pianterreno. Vi ebbe lo studio l’avvocato Umberto Caratti (1864-1912), "glio di LuigiaBraida, ricordato da una targa sulla facciata, nominato nel 1909 dal Consiglio comunale di Udine presidente della Cassa di Risparmio67. Il suo acquisto nel 1963 da parte della Cassa di Risparmio insieme con la casa Gori-Pividori68, se si pro"lava come un buon investimento per la posizione centrale degli stabili in una centralestrada commerciale, vicino a Palazzo Contarini, già di proprietà della banca, voleva anchetrasformarsi in un’iniziativa per la celebrazione del centenario dell’unione del Friuli al Regnod’Italia: utilizzare gli immobili di Via Manin per ospitare enti e associazioni culturali friulane. Nello stesso programma rientrava anche il progetto del Comune di Udine di costruzione verso viaSan Daniele di un complesso per ospitare la "era, realizzato con il Palamostre di Piazzale Diacono. La Cassa di Risparmio incaricò nel dicembre l’architetto Gino Valle di una progettazione di massima del nuovo edi"cio69, che però, dopo varie discussioni, modi"che e chiarimenti, dopo una decina d’anni era ancora in discussione davanti alla Commissione igienico-edilizia del Comune, che chiedeva un intervento soltanto conservativo. Il sisma del ’76 fece accantonare il progetto. Nel 2005 tutta l’area è stata acquistata insieme con Palazzo Contarini dalla Fondazione CRUPche ha sostenuto il restauro delle facciate, restituendo agli edi"ci il fascino degli antichi colori.

64 ASUd, AC, parte austriaca, b. 236/XVI, Ornato, 5 febbraio 1835.

65 Il progetto, 25 maggio 1839, in ASUd, AC, parte austriaca, b. 299/XX, Ornato.

66 A. BARTOLINi, Memorie delle pitture diquesta città di Udine …, post 1801, connote di Fabio di Maniago, in BCUd,f.J., ms.398, c. 62, in cui la casa èindicata come Casa Onestis. Il soggettodella battaglia di Farsalo è indicato daGirolamo de Renaldis: «Nella facciatadella casa de’ Valentinis sta dipinta afresco la guerra di Farsaglia diGio.Battista Grassi» (BCUd, f.J., ms. 274, Pitture esistenti nelle chiese,monasteri, conventi, scuole e altri luoghipublici della città di Udine, nota autografa di G. de Renaldis, c. 3).

67 Per una biografia di Umberto Caratticfr. M. ROBIONY, Caratti Umberto, in C. SCALON-C. GRIGGIO-G.BERGAMINI (a cura di), Nuovo Liruti. Dizionario biografico del Friulani, 3, L’età contemporanea,Udine 2011, pp. 734-735.

68 FCRUP, ACRUP, n. 108, Verbali del consiglio, 1963, 7 gennaio, ogg. 6, pp. 2-3.

69 Ibid., 1963, 23 dicembre, ogg. 4, p. 112.

Umberto Caratti. Udine, Biblioteca Civica ‘V. Joppi’ – sezione Friuli.

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Carta intestata della ditta Pietro Contarini con il Palazzo d’oro e la fabbrica di Cussignacco. Collezione Contarini Ivaldi.Nella pagina a fianco, in alto:medaglia al merito industriale alla conceria Pietro Contarini, 1909. Udine, Biblioteca Civica ‘V. Joppi’, allegata a Fabbrica pellami Pietro Contarini. Casa fondata nel 1882.

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Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo Contarini

Nel 1904 casa Valentinis venne acquistata da un imprenditore in ascesa, Giovanni Contarini. La storia dell’a#ermarsi della sua ditta, sorta nel 1882, è illustrata in una pubblicazione uscita a Udine nel 1913, Fabbrica pellami Pietro Contarini1. In origine questa era una piccola conceria posta alla periferia di Udine, a Cussignacco, di importanza minore rispetto alle più a#ermate De Pauli, Ferrari o Cagli, ma in ogni caso di buon livello di qualità2, fornita anche di un negozio di vendita dei propri prodotti nella centrale Via Cavour3. Nel 1899 al fondatore, Pietro, successe il "glio Giovanni, nato a Udine nel 1867, sposatosi nel 1892 con un’agiata possidente, Amelia Fattori4. Giovanni, che si era formato con il padrecome operaio conciapelli, riorganizzò la vecchia fabbrica, introducendo con spirito d’impresanuove lavorazioni che ne favorirono l’a#ermarsi, con una cesura segnata dalla prima guerramondiale. Nel 1910 lavoravano nella conceria – che esportava all’estero - un’ottantina di operai, nella fabbrica di tomaie una decina5. Le tavole e le note esplicative della pubblicazionedel 1913 dedicata alla ditta ne pubblicizzano i caratteri e ne partecipano anche i recenti successi.Nel 1909, infatti, la conceria Pietro Contarini ottenne una medaglia d’argento, II premio al concorso al merito industriale del Ministero dell’agricoltura, industria e commercio; nello stesso anno uno dei premi che il R. Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti aveva bandito nel 1908 (e ripeteva con cadenza biennale) per incoraggiare le industriemanifatturiere ed agricole delle province venete, conseguendo la medaglia d’oro; nel 1913 il diploma d’onore, massima onori"cenza del nuovo concorso al merito industrialeancora del R. Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti6. Le motivazioni dei premi – riprese dalla stampa locale - sottolineano come la conceria Contarini, rinnovata nei sistemi di produzione, si servisse di prodotti eccellenti e nello stesso tempo adottasse norme a garanzia del benessere economico e igienico degli operai7. La pubblicazione del 1913 informa che la ditta vendeva i propri prodotti di pellame in un negozio di Udine, in Via Manin,sottolineando orgogliosamente che questo era collocato in un «palazzo proprio», e in un altro negozio a Milano, in Viale Piave. La dicitura ‘Palazzo proprio’compare sempre nel logo, presente sulla carta intestata che riproduce l’edi"cio di Via Manin progettato da Gilberti insiemecon una veduta della conceria e l’elenco dei premi ottenuti nei concorsi al merito industriale.

Liliana Cargnelutti

1 Fabbrica pellami Pietro Contarini. Casafondata nel 1882, [Udine post 1913].

2 La conceria Pietro Contarini è nominata da G. FALCIONI, Udineproduttrice, in Illustrazione del Comune di Udine, Udine 1886, p. 351 (rist.anastatica Udine 1983). Sulle conceriedel periodo cfr. ibid., pp. 350-352.

3 A.AVOGADRO, Guida di Udinecommerciale- storica- artistica-amministrativa, Udine 1883, p. 137.

4 Pietro Contarini, nato a Udine, nel 1831, morto nel 1899, eraresidente in Via Cussignacco nellaparrocchia di S. Giorgio maggiore (cfr. il necrologio della famiglia in «Giornale di Udine», 8 giugno 1899);il figlio Giovanni Contarini, nato a Udine nel 1867 e morto a San Daniele nel 1950, chiamò i figlimaschi Pietro e Giovanni (cfr. Friuli in prin. Anagrafe storica delle famigliefriulane, www.friulinprin.beniculturali.ite il necrologio della famiglia in «Messaggero Veneto», 17 gennaio 1950).

5 G. VALENTINIS, Guida delle industrie e delcommercio del Friuli, Udine 1910, p. 62.

6 Venivano distribuiti due diplomi, tremedaglie d’oro e altri premi minori..

7 Premi industriali, in «Giornale di Udine», 24 maggio 1909.

La ditta Pietro Contariniall’inizio del Novecento

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Giovanni Contarini e la moglie Amelia Fattori.Collezione Contarini Ivaldi.

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In e#etti, la Pietro Contarini è nominata tra le sette concerie«di qualche importanza» della provincia di Udine a seguitodell’ispezione compiuta "no al 32 dicembre 19138.Nell’elenco del settore "gurano anche le ditta Montegnacco e Giovanni Cogolo di Udine, Girolamo To#oli di Codroipo,Polo Vio di San Vito, Giovanni Tavoschi e Giovanni Rinoldi di Tolmezzo9. Nell’ottobre del 1917 l’azienda era in pienae!cienza, ma fu costretta a chiudere e subì forti danneggiamenti,riaprendo nel maggio del 1919. Nel 1921 l’attività era in ripresa:nella conceria lavoravano 58 operai conciapelli, 10 fabbri e 12muratori e manovali; nel negozio di Via Manin per la vendita di pellami e articoli da calzolaio con annesso laboratorio di tomaie 3 agenti, 2 tagliatori, 6 donne e 2 facchini.

Nello stesso anno fu avviata anche la produzione di zoccoli di legno e forme per calzolaio,occupando 23 operai10, ma quest’ultimo ramo dell’attività fu chiusa l’anno successivo11.Nel giugno 1926 la Pietro Contarini a completamento della sua conceria inaugurò al suo interno una fabbrica di estratti tannici (nella provincia ne esisteva soltanto un’altra a Cividale), utilizzando i macchinari di un analogo stabilimento dismesso di Fiume, e un’altra fabbrica di bisol"to, prodotto pure necessario per la lavorazione delle pelli, le cui eccedenze di produzione sarebbero state commercializzate. Nel clima di sfruttamento delle materie prime nazionali la conceria, che all’epoca dava lavoro a 150 operai, voleva produrre direttamente il prodotto principale per la concia, cioè l’estratto del legno di castagno, albero di cui sono ricche le colline friulane. La ditta Contarini mirava con queste operazioni a ottenere dal governo il prestito industriale,sottolineando nella relazione inviata alla Camera di Commercio come il suo impegno rientrasse nell’ottica di contribuire a una maggiore tranquillità economica della popolazione,favorendo l’impiego di forza-lavoro, soprattutto quella degli emigranti temporanei, che era adoperata a tempo ridotto:

Abbiamo detto vantaggio delle nostre popolazioni poiché è risaputo che nella stagioneinvernale molti braccianti che per mancanza di lavoro hanno dovuto emigrare, ritornando in Patria trovano subito una nuova occupazione nel taglio e trasporto di queste piante.Da ciò ne risulta che questi operai che prima passavano la stagione invernale vivendo dei risparmi accumulati in terra straniera durante l’anno, non saranno più costretti per poter vivere ad intaccare queste loro economie. Quando si pensi che l’attuale GovernoNazionale ha in animo di sviluppare le industrie nazionali che hanno in casa propria le materie prime, ne consegue che questa è una di quelle che dovrebbero essere sorrette.12

8 G. PICOTTI, Le condizioni dell’industrianella provincia di Udine. Note sull’emigrazione e sulla legislazione del lavoro, Roma 1914. p. 37 (estr. da «Bollettino dell’Ispettoratodell’Industria e del Lavoro», V/7-8, 1914).

9 Ibid.10 I dati risultano dall’informazione

inviata alla Camera di Commercio di Udine l’11 novembre 1921. In calcealla lettera è annotato a cura dellaCamera di Commercio: «Verificato coi libri delle paghe. 11.XII.1921». Cfr. CCIAA di Udine, Archiviostorico, fasc. Ditta Pietro Contarini.

11 Dichiarazione della ditta PietroContarini alla Camera di Commercio,20 agosto 1924, in cui si precisa chel’attività è cessata «nell’anno 1922»,ibid..

12 Relazione della ditta Pietro Contarinialla Camera di Commercio di Udine,30 giugno 1926, ibid.

13 Certificazione dell’Ufficio provincialedell’economia di Udine, 21 maggio 1931, ibid.

14 FCRUP, ACRUP, n. 72, Verbali delconsiglio, 1927, 27 gennaio, ogg. V, p. 5: sisollecita per rate di mutuo non pagate.

15 La conceria e la fabbrica di estratti tanniciContarini di Udine, Milano 1928.

16 Registri della Conservatoria immobiliare di Udine, Atto delTribunale di Udine dell’8 giugno 1929 per ipoteche non pagate.

17 FCRUP, ACRUP, n. 78, Verbali delconsiglio, 1933, 22 novembre, ogg. 2, pp.231-233 (asta immobiliare), 30novembre, ogg. 13, p. 242(aggiudicamento di Palazzo Contarini);ibid., n. 79, Verbali del consiglio, 1934, ogg.12, p. 23-26 (sospensione di esecuzionecontro Giovanni Contarini)

Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo ContariniLiliana Cargnelutti

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Operai e maestranze della ditta PietroContarini, 1922 ca. Collezione privata.

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71 La ditta Pietro Contarini all’inizio del Novecento

La ditta Pietro Contarini però cessò l’attività a Udine nel 1927: il 30 giugno fu chiusa la conceria e la fabbrica di estratti tannici, il 30 novembre il negozio di vendita di Via Manin13. In realtà nel dopoguerra l’azienda si era fortemente espostasottoscrivendo con la Cassa di Risparmio mutui che non riusciva più a soddisfare anche per le crisi economica che ormai si avvertiva14. Giovanni Contarini cercò di fronteggiare lasituazione trasformando l’azienda in societàanonima, la Società anonima immobiliare PietroContarini, proprietaria degli stabilimenti chesarebbero stati dati in a!tto alla SAFREC (Societàanonima fabbriche riunite estratti conceria) con sede in Milano, società di esercizio liberata dal peso dell’ammortamento degli impianti. La SAFREC, costituita il 31 marzo 1928, dovevacontinuare l’attività della conceria e della fabbrica di estratti tannici, puntando in un primo momento con prudenza a una produzione limitata senza dover ricorrere a "di e privilegiando soprattutto gli estratti tannici, giudicati di sicura e facile vendita, contando su clientele già acquisite.La pubblicità della nuova società fu a!data a uno stampato divulgativo, che illustrava le vechieglorie della Pietro Contarini e i nuovi programmi, con fotogra"e degli stabilimenti15. In realtà la Società anonima non riuscì a salvarsi dalla grande crisi. Giovanni Contarini, già debitoreverso la Cassa di Risparmio16, cumulò altreesposizioni con la Banca Loria di Milano, così che nel 1933 furono venduti all’asta gli stabilimenti di Cussignacco e il palazzo di Via Manin. La Cassa di Risparmio, subentrata per subastazione alla Banca Loria, si aggiudicò il grande fabbricato progettato da Gilberti17.

Pubblicità della ditta Pietro Contarini.

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Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo ContariniLiliana Cargnelutti

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73 Ettore Gilberti e il primo progetto di Palazzo Contarini

Ettore Gilberti e il primoprogetto di Palazzo Contarini

La trasformazione del Palazzo Gubertini-Valentinis nel Palazzo d’oro è una delle prime opere udinesi del giovane architetto Ettore Gilberti.Nato a Udine nel 1876 da Giovanni Battista, custode e fattorino della Società operaia di mutuosoccorso, Ettore studiò all’Istituto Tecnico “Antonio Zanon”, licenziandosi agrimensore nel 1896 con un premio di secondo grado18. L’anno prima presso lo stesso istituto avevaottenuto il medesimo diploma il fratello Ferruccio, che aveva trovato lavoro come impiegato nel vicentino, ad Arsiero, presso la cartiera Rossi19. Tra i Gilberti e i D’ Aronco si era creato un legame che fa sembrare non casuali certe scelte future di Ettore nella sua attività professionale: una cugina di Ettore aveva infatti sposato Gio.Batta D’Aronco,"glio dell’impresario Girolamo e fratello di Raimondo20. Ettore all’Istituto Zanon ebbe – tra gli altri - per docente di disegno Antonio Pontini, componente più volte di commissioni edilizie del Comune di Udine, della Commissione provinciale dei monumenti oltre che disegnatore di scorci di località friulane; per docente di estimol’ingegnere Giovanni Falcioni, membro della Commissione d’ornato cittadina, progettista di molti impianti idraulici, opi"ci, scuole e asili. Fu allievo anche di Giovanni Del Puppo, futuro direttore dei Civici Musei21. Con Pontini il giovane Gilberti strinse un rapporto che continuò anche dopo il diploma,testimoniato dalla corrispondenza che si conserva per il periodo 1897-1902, illuminante per conoscere le sue prime esperienze fuori dal Friuli22.Immediatamente dopo il diploma egli si iscrisse a Venezia all’Accademia di Belle Arti, ma nel 1897 fu – come egli scrive al Pontini - «strappato ai disegni per divenir militare»23,mandato come telegra"sta del 3o Reggimento genio a Verona, dove si divertì anche a schizzare –come scrive al Pontini - le chiese «antiche, specialmente romanze, bellissime» della città,compensando così la sua delusione per non essere stato arruolato a Roma tra i disegnatori24.Successivamente nel 1898-99 fu trasferito ad Asmara in qualità di disegnatore della Compagnia genio. Finalmente nel 1899 potè iscriversi alla Scuola Superiore d’Architettura del Politecnico di Milano dove vide soddisfatte le sue aspettativedall’insegnamento di Camillo Boito, che lo considerò uno dei suoi allievi d’eccellenza.Nel 1902 Gilberti risulta avere già impegni professionali: un progetto di impianto idroterapico a Piano d’Arta per Osvaldo Dereatti, un altro per le scuole di Pozzo di Codroipo,ri"rmato da Pontini25. A Udine i suoi progressi sono seguiti dalla «Patria del Friuli», che dedica una rubrica ai concittadini che «si fanno onore». Il 5 luglio 1902 viene segnalato che Ettore Gilberti ha ricevuto dalla commissione esaminatrice dei lavori degli allievi del Politecnico la medaglia d’oro per il progetto di un «casino per ricca stazione balneare»,sottolineando l’eccezionalità del fatto, in quanto l’ultimo allievo della Scuola di architettura ad avere ricevuto un’onore"cenza era stato Brentano – anch’egli allievo di Boito - quando vinse il concorso per la facciata del duomo di Milano26.

18 «Annali del R. Istituto tecnicoAntonio Zanon di Udine», s. II, XV(1897), pp. 90-91; [M. MISANI], Il R.Istituto Tecnico Antonio Zanon di Udinedall’anno di fondazione 1866 al 1899,Udine 1899, p. 104.

19 Ibid., pp. 102-103.20 Ringrazio per la comunicazione

Maria Amalia D’Aronco. TeresaGilberti, sorella di Giovanni Battista,padre di Ettore, sposa Giacomo Bertuzzidella Villa Savorgnan di Flambro; dal matrimonio nasce Italia, cuginaquindi di Ettore, che sposa Gio.Batta di Girolamo D’Aronco.

21 Per la biografia e relativa bibliografia di queste figure cfr. C. DONAZZOLO,Del Puppo Giovanni, in C. SCALON, C. GRIGGIO, G. BERGAMINI (a cura di),Nuovo Liruti. Dizionario biografico deiFriulani, 3, L’età contemporanea, Udine2011, pp. 1280-1284; L.CARGNELUTTI, Falcioni Giovanni, ibid.,pp. 1417-1419, C. DONAZZOLO,Pontini Antonio, ibid., pp. 2878-2883.

22 Si tratta di cinque lettere edite da F. TAMBURLINI, Da Verona a Milano,passando per l’Africa: cinque lettere diEttore Gilberti ad Antonio Pontini, in«Metodi e ricerche», 30/1-2 (2011), pp. 147-161. In esse si evidenzia anche il rapporto con Falcioni e Del Puppo. Su Gilberti cfr. anche G. CACCIAGUERRA, La personalità e la vita dell’ingegnere architetto EttoreGilberti, in ID., Conservazione einnovazione: recupero di edifici del primoNovecento a Udine sud, Udine 2004, pp. n.n.; G. CACCIAGUERRA, P.GATTI, A. PAOLINI, Ettore Gilberti: unprofessionista prezioso nella storia enell’evoluzione dello IACP, in Costruirecittà: le case popolari protagonistedell’assetto urbano. ATER Udine 90 anni,Udine 2012, pp. 125-143.

23 TAMBURLINI, Da Verona a Milano cit.,p.154.

24 Ibid., p. 152.25 Ibid., pp. 157-158.26 Concittadino che si fa onore, in

«Patria del Friuli», 7 luglio 1902.

Nella pagina a fianco:Palazzo Contarini nel 1927 secondo ilprogetto di Gilberti del 1906, la facciata su Via Manin è stata interamente riformata,mentre quella su Via Prefettura soltanto per metà. La parte che si intravvede sul fondo a destra è quanto rimanedell’originale Casa Valentinis.

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Nel 1903 il giovane studente del Politecnico partecipo all’Esposizione regionale di Udine con «disegni e progetti» nel ‘riparto’ Arte, ‘serie’ Arte retrospettiva27

per laurearsi nel 1904 come architetto civile. L’8 luglio 1904 la commissione di architetti milanesi radunatasi per giudicare i lavori presentati dai candidati alla laurea al Politecnico assegnò il massimo dei punti e la maggiore onori"cenza al progetto di una sinagoga di Gilberti28. Probabilmente è il medesimo progetto che il giovane professionista presentò nello stessoperiodo al concorso internazionale indetto dalla Comunità israelitica di Trieste per la costruzione di una sinagoga in Via San Francesco, che vide una consistentepartecipazione dall’Italia, dall’Europa centrale, soprattutto da Vienna e Budapest29. La commissione indicò come più concretamente realizzabile il lavoro contrassegnato dal motto Patria degli architetti Emil Adler e Franz Matouschek di Budapest, senza però assegnare il primo premio. Soltanto nel 1906 la realizzazione della nuova sinagoga fu a!data con trattativa privata allo studio Berlam. La stampa locale si interessò al concorso, in quanto il nuovo tempio israelitico era sentito come un’immagine forte, un elemento civile dell’intero città, tanto che i quarandue progetti furono presentati al pubblico nel ridotto del Politeama Rossetti e nelle sale annesse. «Il Piccolo» segnala tra gli altri un gruppo di tre progetti «sontuosi», «nei quali rivediamo gli elementi architettonici di tradizione, con minore o maggiore genialità riprodotti o aggrappati», anche se in essi, esaminati «con riguardo speciale al loro aspetto esteriore, che è concepito come decoro della vita cittadina, non si ha ancora l’impressionedell’originalità dell’artista, pur imponendosi studi rigorosi e qualità tecnichecommendevoli»30. Tra questi c’è il progetto contrassegnato dal motto Siria:

E in"ne, fra i migliori progetti che si ispirino alle tradizioni consuete dell’arte, quello segnatoSiria, che occupa con le sue belle tavole l’ultimo salottino, e nel quale la fusione del caratteremoderno e dell’orientale, specialmente accentuato nell’edi"zio annesso al tempio, èaltrettanto pregevole quanto la cura posta nei particolari copiosi e di "nissimo gusto31.

La «Patria del Friuli» riporta il giudizio espresso da «Il Piccolo» sul progetto Siria, rivelando che l’autore è Ettore Gilberti, ancora una volta giovane concittadino che si fa onore32.Il 23 luglio 1904 Camillo Boito scrisse al podestà di Rovereto appoggiando

la candidatura dell’allievo a capo dell’U!cio tecnico di quel Comune, lodandolo quale «ottimo architetto», «ingegno preciso e sodo»33. Iniziò così la sua attività nel Trentino asburgico, lavorando però per privati anche a Udine, dove rientrò nel 1922 dopo il pensionamento, diventando l’architetto di "ducia del sindaco e industriale Luigi Spezzotti34.

27 Esposizione regionale di Udine, 1903,Udine 1903, p. 156.

28 Giovane concittadino che si fa veramenteonore, in «Patria del Friuli», 9 luglio 1904. Il giornale segnala che data l’importanza e la severità della commissione «tale risultato esce dal campo scolastico per diventare un reale avvenimento del mondo artistico milanese».

29 Sull’argomento cfr. per esempio L. FIOROT, Il Tempio israelitico di Trieste(1903-1912), in Shalom Trieste. Gliitinerari dell’ebraismo, Trieste 1998,pp.107-116 con la relativa bibliografia.

30 Un concorso internazionale d’architettura,in «Il Piccolo», 12 luglio 1904.

31 Ibid. Un secondo gruppo di progetti è commentato ibid., 22 luglio 1904..

32 Un giudizio sul progetto premiato delnostro concittadino signor Gilberti, in«Patria del Friuli», 14 luglio 1904.

33 La lettera di Camillo Boito è riportataintegralmente in TAMBURLINI, Da Verona a Milano cit., p. 151.

34 Sulla committenza di Luigi Spezzotti a Gilberti cfr. G. BUCCO, Committenzearchitettoniche e collezionismo artistico trapubblico e privato, in L. CARGNELUTTI(a cura di), Spezzotti. Una famiglia e un’azienda in Friuli fra Ottocento e Novecento, Udine 2010, pp. 159-166.

Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo ContariniLiliana Cargnelutti

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75 Ettore Gilberti e il primo progetto di Palazzo Contarini

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Va ricordato il progetto di Gilberti del 1905 per il nuovo teatro di Udine, da 1.600 posti, come si richiedeva per una città a capo di una vasta provincia, progetto giudicato di «improntaoriginale di severa bellezza» da realizzarsi nella braida ex-Codroipo, tra le attuali vie Gorghi,Dante e Manzoni, seguito con interesse dalla stampa, in quanto si dava ormai per certa la suaattuazione. Tutto sembrava procedere positivamente: nel 1907 il Comitato provvisoriocostituito allo scopo di raccogliere sottoscrizioni di privati aveva nominato Gilberti direttoredei lavori, il progetto fu approvato dal Collegio degli ingegneri e presentato in Comune, venne u!cializzata la concessione della braida ex-Codroipo35. Problemi economici frenaronopoi la costruzione del teatro. Soltanto dopo l’incendio del 1911 del Teatro Sociale la questionefu riproposta, dando inizio a una lunga storia che – come è noto – si è risolta soltanto alla "ne del Novecento. Gilberti era spesso presente a Udine, dove Del Puppo ricordava con a#etto l’ex allievo dell’Istituto Zanon e la stampa riferiva dei suoi successi a Rovereto. Nel 1907 infatti si riferisce sulla sua realizzazione di un nuovo edi"cio scolastico, rispondente a tutte le esigenze didattiche e igieniche36; si dà notizia della costruzione nella città del Trentino di un’opera di edilizia popolare che gli era valsa la lode del direttore del Politecnico di Vienna, il quale aveva inoltre proposto alla sede centrale della capitale asburgica le case operaie di Rovereto come modelli per quelle da costruirsi in Austria, in quanto conformi a tutte le norme di legge37. Nel 1910 Gilberti iniziò a lavorare per case popolari anche a Udine, con progetti riconosciuti come innovativi per l’edilizia sociale, a basso costo, «abbinata però, e forse per la prima volta, alla cura della risoluzione architettonico-formale»38.In questo contesto Giovanni Contarini, dopo avere acquistato nel 1904 la casa dei Valentinis, avvicinò il giovane brillante professionista. Il progetto del nuovo palazzo, che prevedeva negozi, u!ci e abitazioni, risulta essere stato presentato in Comune dal proprietario nel 190639, mentre nel mese di marzo erano già iniziati i lavori di demolizione che stavano portando alla luce stemmi e pettenelle40. Nel 1907 i lavori di ricostruzione erano in corso, in quanto un articolo del «Giornale di Udine », dedicato alla vecchia Udine di cui si stanno perdendo i segni, annota come sia ormai «scomparsa» la casa Gubertini di Via Manin41. Non dimentichiamo che negli stessi anni iniziava la discussione per la collocazione del nuovo Palazzo delle Poste, del Palazzo municipale, del cui progetto fu incaricatoRaimondo D’Aronco42. Nella stessa Via Manin stava per essere demolita la fabbrichetta che chiudeva sulla strada l’androna di casa Susanna, per dare spazio a un nuovo edi"cio (Emporio Viezzi), all’epoca già chiamato per le sue innovative caratteristichearchitettoniche ‘casa di cristallo’43, suscitando perplessità nella Commissione d’ornato che suggerì modi"che, però fortunatamente non accolte dall’anonimo progettista44.

35 Cfr. gli articoli dedicati al nuovoteatro in «Giornale di Udine», 28marzo, 2 aprile, 9-10 aprile, 20 aprile, 18 maggio 1907. Cfr. la ricostruzionedei fatti in R. MEROI, Il Teatro NuovoGiovanni da Udine, Pasian di Prato(Udine) 2008, pp. 31-42.

36 Un concittadino che ci onora, in «Patria del Friuli», 4 settembre 1907.

37 Un concittadino che ci onora, in «Patria del Friuli», 4 settembre 1907;Concitttadini che onorano la città, ibid., 18 ottobre 1907.

38 CACCIAGUERRA, GATTI, PAOLINI, Ettore Gilberti cit., p. 125.

39 Attualmente presso l’archiviodell’Edilizia privata del Comune di Udine il fascicolo relativo alla pratica edilizia ED 2312/1906intestata a Giovanni Contarini relativaalla costruzione di «nuovo fabbricato»in Via Manin, indicata nei registri di protocollo, risulta irreperibile.

40 Cfr. p. 39.41 Udine vecchia che scompare,

in «Giornale di Udine», 27 febbraio 1907.

42 Cfr. D. BARILLARI, G. BUCCO, G. BERGAMINI, L.CARGNELUTTI, Il Palazzo comunale di Udine. Dalla Loggia di Nicolò Lionello all’opera di Raimondo D’Aronco, Udine 2006.

43 Udine vecchia cit.44 F. TENTORI, Architettura e architetti in

Friuli nel primo cinquantennio del ‘900,in «Atti dell’Accademia di ScienzeLettere a Arti di Udine», s. VII, 8(1966-1969), p. 349.

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77 La ditta Pietro Contarini all’inizio del Novecento

Udine, Via Manin. Emporio Viezzi, 1907. Particolare.

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Nel febbraio 1908 in un salone al pianterreno di Palazzo Contarini fu inaugurato il cinema Volta, detto ‘il re dei cinematogra" ’45, nel 1909 furono o#erti in a!tto dalla proprietà due negozi con a#accio su Via Prefettura46. Il catasto registra una «demolizione parziale» e l’imposta della «nuova costruzione» "ssata dal 1 aprile 191047.In e#etti Gilberti, come documenta una foto di Pignat del 192748, riprogettò totalmente la facciata su Via Manin, ma soltanto metà – probabilmente per le esigenze del proprietario - di quella su Via Prefettura, completata poi soltanto nel 1934 insieme con quella su Piazza Valentinis. L’altra metà della facciata rimane più bassa, come nella struttura originaria, conservando le stesse porte e "nestre della vecchia casa dei Valentinis.Gilberti, che ha di fronte nella Via Manin l’austerità dei palazzi nobiliari dei Mantica e degli Asquini,esalta e innova la stessa via con il suo linguaggio eclettico, animando orizzontalmente la strutturaarchitettonica dell’edi"cio Contarini nella fascia del marcapiano maggiore, nelle modanature delle forometrie con un fastoso trionfo di lumeggiature d’oro e di "tti intrecci decorativi che siconclude nel fregio e nella fascia dorata sotto il cornicione, tanto che immediatamente il palazzoviene chiamato - come si è visto - la “Casa d’oro”, il “Palazzo d’oro”49. Negli anni la luminosità, il colore delle decorazioni e della pietra arti"ciale si erano attenuati "no a svanire, ma un attentorestauro "lologico ha restituito ora a Palazzo Contarini la sua originaria quali"ca di “Palazzo d’oro”. L’insieme, che si avvale delle decorazioni in pietra arti"ciale dell’impresa Girolamo D’Aronco e dell’abilità nella doratura della stessa pietra arti"ciale degli Zandigiacomo, ricorda nelle soluzioniarchitettoniche e nella tipologia delle decorazioni Casa Caracristi di Rovereto, progettata dal Gilbertinel 1905 sulla base – come a Udine - di un più antico manufatto. Anche l’edi"cio roveretano venne successivamente ampliato nel 1922, quando diventò sede della Banca Cattolica Trentina50. Si è discusso sull’’originalità’ di Gilberti, sulla sua personalità eclettica come la sua opera, che sa interpretare – come evidenzia Giorgio Cacciaguerra - «i gusti e le inclinazioni della borghesia, realizzando spazi ed edi"ci a loro uso e misura», però cogliendo e inserendosi in correnti e momenti di evoluzione architettonica e sociale, modi"cando e migliorando modelli e tipi di edilizia consolidata, realizzando anche un’edilizia popolare innovativa secondo un impianto «tanto collaudato da ra!gurare perfettamente ancora oggi con sole operazioni di ristrutturazione conservativa la funzione per la quale erano state concepite»51. Francesco Tentori gli riconosce un’eccezionale capacità tecnica: «velocità progettuale .., adesione a programmi costruttivi chiari, a schemi distributivi corretti, capacità e tempestività come calcolatore, come autore di preventivi economici esatti, come realizzatore» 52. Gilberti in Palazzo Contarini seppe sia interpretare le novità architettoniche del momento siadimostrare la sua abilità costruttiva. Per esempio, nel corpo di fabbrica prospiciente Via Manin i solai del secondo e terzo piano risultano appesi con una nuova soluzione tecnico-strutturale a tiranti ancorati a due capriate poste al piano so!tta, così che parte del primo piano ècompletamente libera da strutture e il secondo e terzo piano percorsi da soli quattro sottili tiranti53.

45 Sul cinema Volta cfr. M. QUARGNOLO,Vecchi cinema udinesi, Udine 1977, p. 50.

46 Cfr. le inserzioni a pagamento sul«Giornale di Udine», dal 17 marzo al 23 giugno 109: «Due negozid’affittare subito in Via Prefettura –Palazzo Contarini».

47 ASUd, Catasto fabbricati, Udine,Registro delle partite, n. 1886-1887.

48 La data 1927 si legge sullo striscionedel terrazzino del primo piano su Via Manin: «Esposizionepermanente – doni lotteria – pro mutilati e invalidi di guerra – Sezione provinciale di Udine – estrazione ruote R. Lotto 5 marzo 1927».

49 Cfr. L. DAMIANI, L’opera di EttoreGilberti dal Liberty al Novecento, in «Quaderni della FACE», 51 (1977), pp.19-26.

50 ACR, b. 52, fasc. 29, n. 32.51 CACCIAGUERRA, La personalità

e la vita cit., p. n.n.; CACCIAGUERRA,GATTI, PAOLINI, Ettore Gilberticit., pp. 125-126.

52 TENTORI, Architettura e architetti cit., pp. 349-350.

53 Ringrazio per le osservazioni il p.i. Lorenzo Bresil.

Ettore Gilberti e il primo progetto di Palazzo Contarini

Pubblicità del Cinema Volta in «Giornale di Udine», 29 febbraio 1908.Udine, Biblioteca Civica ‘V. Joppi’

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54 Cfr. QUARGNOLO, Vecchi cinema cit., pp. 11-13, 50.

55 FCRUP, ACRUP, n. 79, Verbali del consiglio, 1934, 19 marzo, ogg. n.14, p. 66.

56 Rimando al saggio di Gabriella Bucco in questo volume.

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L’attività di Palazzo Contarini riprese dopo la prima guerra mondiale. Nella sala al pianterreno, dove era stato ospitato l’elegante cinema Volta, subentrò dal 1919 al 1921 il cinema Ambrosio; poi la sala prese il nome di Serenissima, per chiudere nel 192554. La parte di fabbricato prospiciente Via Prefettura ospitava l’osteria di un certo Pietro Govetto. Il cambio di proprietà dopo il fallimento della ditta Contarini trasformò anche l’assetto del fabbricato. Il 19 marzo 1934 il consiglio di amministrazione della Cassa di Risparmio decise il restauro e l’ampliamento dell’immobile per un suo migliore utilizzo, a!dando la progettazione a Ettore Gilberti:

Il consigliere ing. Mariutti riferisce sullo stato dello stabile ex Contarini, sito in Udine, Via Manin, del quale la Cassa è rimasta aggiudicataria all’asta, e propone una serie di lavoridi restauro, ritenuti necessari sia per la buona conservazione del fabbricato, sia per una suamigliore utilizzazione. Il consiglio aderisce al concetto del restauro, e si so#erma quindi a considerare la convenienza di abbinare tali lavori col completamento del palazzo sul frontedi Via della Prefettura e di Piazzetta Valentinis, completamento che consentirebbe di ricavarenella parte nuova buon numero di appartamenti di a!tto. Dopo, esauriente discussione, e tenuto presente un conto di larga approssimazione esposto dall’ing. Mariutti, secondo il quale la spesa complessiva dovrebbe aggirarsi sulle L. 100.000, il consiglio delibera in massima di provvedere oltre che al restauro, anche all’ampliamento e di a!dare il progetto allo stesso arch. Gilberti, autore del corpo attuale 55.

L’a!damento a Gilberti è spiegato con il fatto che egli era stato il progettista di PalazzoContarini, ma va anche ricordato che l’architetto dopo il suo rientro a Udine aveva lavorato più volte per la Cassa di Risparmio, sia nella sede centrale sia nelle "liali56.

La committenza della Cassa di Risparmio

La committenza della Cassa di Risparmio

Veduta della facciata su Via Prefettura di Palazzo Contarini dall’alto del castello.

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In queste pagine e nella doppia seguente:Tavole del progetto di Ettore Gilberti di completamento e ristrutturazione di Palazzo Contarini con completamentodella facciata su Via Prefettura, nuova facciata su Piazza Valentinis, nuova struttura con volta nel cortile internoa completamento del pianterreno, 1934.Udine, Uffici comunali – Edilizia privata.

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Palazzo Contarini, la facciata su Piazza Valentinis dopo il restauro.Cinema Odeon, realizzato su progetto di Ettore Gilberti, 1935.

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87 La committenza della Cassa di Risparmio

Gilberti, giunto alla "ne di una lunga e fortunata carriera, mantiene su Via Prefettura le linee architettoniche e le decorazioni concepite a inizio secolo (portando a tre i balconi del primo piano), sia pure con alcune varianti decorative, ma propone sulla facciata che guarda Piazza Valentinis nuovi stilemi che comportano una sempli"cazione dell’insieme, con terrazzini che sembrano anticipare quelli del cinema Odeon del 1935, sua ultima opera. Da notare che proprio questa soluzione sollevò le perplessità di Ermes Midena, componentedella Commissione igienico-edilizia comunale, che doveva dare il nulla osta al progetto. Midena accanto alla propria "rma annota: «Non mi piacciono i poggioli della facciata in piazzetta Valentinis»57, tanto che la concessione edilizia riporta un’avvertenza: «La Commissione esprime l’avviso di adottare verso la Piazza Valentinis lo stesso tipo di poggioli delle facciate di Via Prefettura e di Via Manin»58, anche se notiamoche l’esecuzione rispetta il disegno originario di Gilberti. Gli interni vennero consolidati, il cortile interno – come si vede nel progetto - in parte coperto con una struttura sottile a volta in vetrocemento, poi realizzata da Mariutti, allo scopo di ampliare gli spazi del pianoterra.

57 Comune di Udine, ED 154/34, 11luglio 1934. Oltre a Ermes Midena,componevano la Commissione l’ing. Ernesto Cossutti, il comm.Alberto Calligaris, l’ing. FabioSomeda, il dott. Reginaldo Ferrario.

58 Ibid.

Palazzo Contarini. La facciata su Via Prefettura dopo il restauro.

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I lavori, appaltati dalla ditta Attilio Zorattini, iniziarono il 1 luglio 1934, macontemporaneamente si stavano adattando locali anche nella parte di edi"cio su Via Manin,chiesto in a!tto dalla Banca Nazionale del Lavoro59. In base alle disposizioni della Prefettura si dovette provvedere alla costruzione di un rifugio antiareo sotterraneo60.Nel secondo dopoguerra, ria!ttati a privati - dopo che alla "ne del con$itto erano stati occupati dal comando alleato - gli ampi ed eleganti appartamenti dei piani superiori, a cui si accedeva salendo la scala abbellita dalla ringhiera di Calligaris o servendosi di un ascensore con un sedile richiudibile, il pianterreno ospitò negozi, tra cui negli anniCinquanta i magazzini UPIM, mentre la Cassa di Risparmio iniziò a trasferirvi il Centro servizi e alcuni u!ci. Nel 1996 Palazzo Contarini diventò sede della Fondazione CRUP, che lo acquistò – come si è visto - nel 2005 insieme con le due case vicine. Ora l’isolato ha ritrovato quell’antico splendore che illumina tutta la via.

59 FCRUP, ACRUP, n.79, Verbali del consiglio, 1934, 26 aprile, ogg. 8, pp. 88-89; 15 maggio, ogg. 4, pp. 99-100.

60 Ibid., 22 dicembre, ogg. 13, p. 245.

Palazzo Contarini sede della Banca Nazionale del Lavoro: esterno e interni, 1935.

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È la decorazione a dare un tono secessionista al palazzo, quello stile architettonico che appariva così attraente agli artisti friulani del primo Novecento. Intorno al 1910, data di costruzione del palazzo, Udine, come ricordava Dorina Sello1, era sì una cittadina di provincia, ma posta a metà strada tra Roma e Vienna, tra il classicismo italiano e la cultura della Secessione viennese. Così artisti e artigiani guardavano con attenzione alla città asburgica, connessa (allora) da treni e da rapporti culturali. Carlo Burghart (Udine, 1867 – ivi, 1910) ceramista liberty, ma la cui famiglia praticava l’import export nell’edi!cio commerciale davanti alla stazioneferroviaria, procurava a Raimondo D’Aronco, Angelo Sello, Alberto Calligaris le riviste viennesi che propagandavano l’arte di Otto Wagner, Adolf Loos, Josef Ho"mann. Il mobiliere Angelo Sello (Udine, 1881 – ivi, 1973) frequentava regolarmente due volte all’anno le Wiener Werkstätte importando per il suo mobili!cio oggetti d’arredo, specialmente lampade con cascate di tintinnanti cristallini.

Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per Palazzo d’oro

Gabriella Bucco

1 Dorina Tonini Sello (Udine 1896-ivi,1992), era moglie del mobiliereAngelo Sello, apparteneva alla famigliadegli impresari Tonini ed era custodedella memoria storica della città.

Il clima culturale: Udine a metàstrada tra Roma e Vienna

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Mobilificio Sello, cartolina pubblicitaria, anni Dieci. Udine, Archivio privato.Angelo Sello, Progetto (non realizzato) per l’Esposizione Regionale del 1916, 1911, china e acquerelli su carta, cm. 33x89. Udine, Archivio Sello.

“Ver Sacrum”, copertina, anno I, gennaio 1898.

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Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per Palazzo d’oroGabriella Bucco

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Raimondo D’Aronco, progetto della decorazioneinterna della Rotonda d’onore per l’EsposizioneInternazionale di Torino, 1901, acquerelli e matita su lucido, cm. 55x43.8. Udine, Civici Musei, Archivio D’Aronco.

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Alberto Calligaris (Udine, 1889 – ivi, 1960) partendo dalla Scuola d’Arti e Mestieri Giovanni da Udine era divenuto uno dei maggiori esponenti del ferro battuto liberty in Italia, Antonio Volpe imitava con successo i prodotti in faggio curvato della viennese Thonet, mentre la Società Friulana per l’Industria dei Vimini (l’attuale Gervasoni) passava dai cesti di uso agricolo ai !essuosi mobili in giunco e midollino, cari al mondo tedesco2.L’architetto Raimondo D’Aronco (Gemona, 1857 – Sanremo, 1932) presentava il suo progettode"nitivo per il Palazzo comunale. Dopo un lungo soggiorno in Turchia dal 1893 al 1909, era appena rientrato in città a causa della rivoluzione di Kemal Ataturk, che aveva deposto il sultano Abdul Hamid di cui era architetto di Stato. Uomo di#cile come tutti gli artisti geniali, era rimasto attratto dalle tecniche costruttive e dalla tradizione artigianale islamica, che, come scrive Diana Barillari, aveva saputo integrare con la scuola di architettura viennese di Otto Wagner e dei suoi allievi Josef Maria Olbrich e Josef Ho$man. Anche nella progettazione del Palazzo comunale erano riemersi gli interessi, mai sopiti, per le capacità artigianali friulane, che lo avevano spinto, anche in Turchia, a servirsi di Albino Candoni e di Alberto Calligaris per le decorazioni delle sue architetture più prestigiose, come numerose ville e l’ambasciata italiana a Tarabya sul Bosforo3. In quegli anni proprio intorno a D’Aronco e all’impresa del Municipio si conglobava le creatività di artigiani ed artisti, mentre numerosi erano gli architetti che ne frequentavano lo studio e trovavano occasione di lavoro nell’impresa D’Aronco, fondata nel 1872 da Girolamo(Gemona, 1825-ivi, 1909), padre dell’architetto. Nel territorio friulano si era addirittura formata una corrente migratoria, specializzata nelle costruzioni edilizie e nelle pitture di chiesenei territori di un impero multietnico qual era quello asburgico prima del fatale 19144.Ho più volte sostenuto come nell’ambiente udinese più che gli artisti contassero gli artigiani,che sapevano conciliare abilità manuali con la creatività artistica, secondo le indicazioni della Secessione in cui non esisteva di$erenza tra chi progettava e chi realizzava gli oggetti.

2 G. BUCCO, Il labile confine tra arte eartigianato. Per una storia delle arti applicatein Udine, in I.REALE (a cura di) Le Arti a Udine nel Novecento, catalogo dellamostra,Venezia 2001, pp. 201-237 e schede relative alle arti applicate, in ivi,pp.413-437; G. BUCCO, Tra manualità e Industrial design. Note per una storia delle arti applicate in Friuli, in P. PASTRES(a cura di), Arte in Friuli Dall’Ottocento al Novecento, Udine 2010, pp. 335-353.

3 D. BARILLARI, Raimondo D’Aronco,Roma/Bari 1995; D. BARILLARI, M. DIDONATO (a cura di), D’Aronco architettoottomano. Progetti per Istanbul 1893-1910Restauro, progetti, libri, Udine 2006; G.BUCCO, Raimondo D’Aronco e le artiapplicate. Note sui mobilieri, fabbri edecoratori tra Italia e Turchia, in «Metodi e ricerche» 25/2 (2006), pp. 63-79.

4 F. MERLUZZI, Pittori friulani nell’Imperoaustro ungarico. Appunti per una ricerca inSlovenia, in E. COSTANTINI (a cura di),Slovenia un vicino da scoprire, Udine 2003,pp. 285-304; G. BUCCO, Pittori decoratorinelle terre dell’Impero austro-ungarico: le diverse sorti di Felice e FrancescoBarazzutti, in “Studi friulani”, Udine2005, pp. 103-134; F. MERLUZZI (a curadi), Baumeister dal Friuli. Costruttori eimpresari edili migranti nell’Ottocento e primoNovecento, Artegna 2005; G. DRI, Ceconidi Montececon Giacomo, in C. SCALON,C.GRIGGIO, G. BERGAMINI (a cura di),Nuovo Liruti Dizionario Biografico dei Friulani, 3 L’età contemporanea, Udine 2011, pp. 851-855

Il clima culturale: Udine a metà strada tra Roma e Vienna

Josef Maria Olbrich, Palazzo della Secessione a Vienna, 1898.Raimondo D’Aronco, progetto per il Palazzocomunale di Udine, prospetto su via Rialto con inclusione della Casa veneziana, 1909, Biblioteca Civiva ‘V. Joppi’.

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A Udine era dunque ben radicata la conoscenza della cultura asburgica. La Secessione…il sogno di una architettura rutilante d’oro e di colori, di angoli curvilinei e arrotondati, nuova, ma rassicurante nel contempo, poiché gli ornati si abbarbicavano a forme architettoniche che reinterpretavano, a ben vedere, lo storicismo, quasi delle citazioni classiciste modernizzate. Tra gli architetti che ruotavano intorno a D’Aronco c’erano Ettore Gilberti, il progettista del palazzo, e il geometra Luigi Taddio. Come intuì Francesco Tentori, «il periodo che si apre nel 1900 e dura !no alla prima guerra mondiale è per Udine di !oritura…architettonica e decorativa: si presta quindi ad essere mitizzato come l’era felix del nostro secolo ». Per lo storico, il Palazzo d’oro segna per Gilberti una delle tappe signi!cative di una fortunata carriera. Tentori gli riconosce molte qualità, come velocità progettuale, capacità di ricorrere a modelli divulgati dalla manualistica tedesca e di declinare in modi sempre diversi modelli personali e altrui. I chiari schemi distributivi, evidenti nelle planimetrie simmetriche, la capacità di eseguire preventivi economici esatti, realizzati senza intoppi in tempi rapidi, lo avevano reso molto richiesto da una committenza privata e pubblica5.Le abilità di Gilberti sono state riconfermate, specie per quanto riguarda la progettazione delle case popolari, dai recenti studi di Giorgio Cacciaguerra e Maria Paola Gatti, svolti in ambito trentino. A loro parere, Ettore Gilberti aveva saputo conciliare le ricerche formali con le esigenze funzionali e i calcoli economici, creando, durante il periodo trascorso a Rovereto, una modernizzazione dell’edilizia che si sarebbe ri"essa, come vedremo, anche sulle vicende di Palazzo Contarini: «Non è stato sicuramente un rivoluzionario né un innovatore, forse solo un attento osservatore che ha saputo produrre un’architettura coerente alle istanze funzionali e formali della società del tempo»6.Quali erano, però, i motivi per cui Ettore Gilberti, progettista di Palazzo Contarini, aveva così spiccate simpatie secessioniste? Il lungo soggiorno a Rovereto, allora territorioasburgico bene lo spiega. Rimando al contributo di Liliana Cargnelutti per il periodo formativo dell’architetto, ma sarà utile riportare la lusinghiera referenza che Camillo Boito, suo relatore di tesi nell’agosto 1904, scrisse al Podestà di Rovereto raccomandando così il suo miglior allievo: «Non solo compone e disegna con molto garbo e con viva fantasia,ma è ingegno preciso e sodo. Conosce bene la costruzione e non manca di pratica, avendo avuto qualche occasione di alzare nel suo Friuli modesti edi!ci…»7. Grazie ai lusinghieri giudizi boitiani, Gilberti fu assunto con un contratto privato comeingegnere civico del Comune di Rovereto in sostituzione dell’ing. Edoardo Gerosa. La costruzione del palazzo sede della Banca Mutua Popolare di Rovereto in Piazza delle oche segnò il suo successo e l’inizio dell’ era gilbertiana nella città trentina.

5 F. TENTORI, Architettura e architetti inFriuli nel primo Cinquantennio del ‘900,in «Atti dell’Accademia di ScienzeLettere e Arti di Udine», s. VII, 8(1966-1969), pp. 344, 349-350. Di parere contrario è M. Pozzetto,L’architettura del Novecento a Udine, in REALE (a cura di), Le Arti cit.,p.148.

6 G. CACCIAGUERRA, M.P. GATTI,Attualità delle opere di Ettore Gilbertirealizzate a Rovereto nei primi decenni del secolo, in Convegno Internazionale ed esposizione L’altra modernità, Atti del Convegno Costruire e abitare lanuova architettura della città (Bologna, 9-11 marzo 2000), Bologna 2000, p. 105.

7 M. P. GATTI, Da borgo a città.L’evoluzione novecentesca di Rovereto, in M. ALLEGRI ( a cura di), Rovereto in Italia. Dall’Irredentismo agli anni del Fascismo (1890-1939), Rovereto2002, p. 407; F. TAMBURLINI, Da Verona a Milano, passando per l’Africa: cinque lettere di Ettore Gilbertiad Antonio Pontini, in «Metodi ericerche» 30/1-2 (2011), pp. 147-161.

Friuli, un ponte verso la Mitteleuropa

Friuli, un ponte verso la Mitteleuropa

Enrico Miani, particolare della decorazionedella palazzina Dormisch in PiazzaleCavedalis a Udine, 1928, intonaco graffito e stucco dorato.

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Rovereto anni Dieci: l’era di GilbertiDal 1 settembre 1905 Gilberti fu assunto con voto unanime della giunta come dirigentedell’U!cio tecnico municipale per dieci anni. Presa la cittadinanza asburgica e sposatosinel 1907 con l’insegnante di liceo Tina Fiaschi, rimase a Rovereto per ben diciassette anni, "no al 1922, con l’interruzione di un soggiorno in Svizzera durante la prima guerra mondiale. A Rovereto realizzò «in parte come progettista e in parte come direttore dei lavori, tutte le maggiori opere pubbliche, civili e idrauliche della città, come l’acquedotto … condotti fognari, strade, ponti, scuole, edi"ci ricreativi, il macello, oltre a numerosi edi"ci residenziali mono e plurifamiliari.»8. Socio dell’Accademia degli Agiati dal 1920, nel 1922 ritornò a Udine dove assunse la direzione della Scuola d’Arte e Mestieri Giovanni da Udine "no al 1928. Come a Rovereto aveva continuato a mantenere stretti rapporti con l’ambiente udinese, così una volta a Udine continui furono i rapporti di lavoro con Rovereto, "no al 1935, anno della morte9. A Rovereto il governo asburgico aveva predisposto un piano di ammodernamento che comprendeva infrastrutture ferroviarie e stradali, ma anche residenze pubbliche.

Il piano regolatore era stato approntato dai fratelli viennesi Karl e Rudolf Mayreder e certamente Gilberti ebbe modo di conoscere di prima mano le architetture secessioniste viennesi caratterizzate da angoli arrotondati, dorature e cromatismi:

A Rovereto e successivamente anche a Udine … ha adattato al contesto e alle esigenze locali i modelli più svariati con un’eloquenza monumentale … seppe utilizzare nelle sue costruzioni, in modo molto disinvolto, lesene, marcapiani, "nestre, portali con possenti colonne e timpani spezzati,logge neorinascimentali, foggiando edi"ci monumentali …in modo molto disinvolto impiegò via via espressionistilistiche neoclassiche, eclettiche o liberty10.

Il suo eclettismo non era comunque solo formale, ma si riferiva anche all’uso dei materiali, laterizi, legno, pietra arti"ciale e naturale, usati ognuno con una funzione precisa, come osservano Cacciaguerra e Gatti.

8 GATTI, Da borgo a città cit., p. 4079 R. FOX, Ettore Gilberti: ingegnere

civico a Rovereto, in «Strenna Trentina»,1997, pp. 77-80.

10 GATTI, Da borgo a città cit., pp. 409-410.

Rovereto anni Dieci: l’era di Gilberti

Ettore Gilberti in una fotografia di G. B. Unterveger, Trento 1904 ca. Rovereto, Biblioteca Civica.

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Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per Palazzo d’oroGabriella Bucco

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Ettore Gilberti, tavole del progetto di case popolari “alle Maioliche” a Rovereto, 1910.Rovereto, Biblioteca Civica. A facciata verso il LenoB facciata a mezzogiornoC pianta del piano terra

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11 G. CACCIAGUERRA, Il Novecento a Rovereto. Dal 1900 al 1915, Udine 2000, p. 6

12 Concittadini che onorano in città, in «La Patria del Friuli» 18 ottobre 1907.Le case ricordate dall’articolo sipossono probabilmente identificarecon la casa Operaia Fedrigotti (1907) a ballatoi e Casa Popolare alleMaioliche (1910). Cfr CACCIAGUERRA,Il Novecento cit., pp. 19-21, 56-57, 72-73, 85;; G. CACCIAGUERRA,Conservazione e innovazione Recupero di edifici del primo Novecento a Udine sud, Udine 2004.

Idee e modelli per il Palazzo d’oro

Le architetture di Gilberti a Rovereto ebbero una grande in!uenza su quelle udinesi e gli studidelle due realtà andrebbero integrati tra loro. Mi concentrerò dunque su quegli edi"ci costruiti da Gilberti a Rovereto che si possono mettere in relazione con Palazzo Contarini; denominatorecomune era quella intrigante commistione tra cultura artistica austriaca e classicismo italiano che erail carattere di fondo dell’edilizia a Rovereto, città italiana per cultura e austriaca per amministrazione.Secondo Giorgio Cacciaguerra, tale fusione tra struttura e ornamento era caratterizzata, specie nelle facciate, da una particolare attenzione alle soluzioni tecniche e dall’uso di elementi modulari e standardizzati, spesso realizzati in pietra arti"ciale; tutte caratteristiche, queste ultime, che si ritrovanoanche in Palazzo Contarini.11 Si dovrà anche considerare che Gilberti sperimentò in Trentinooriginali tipologie edilizie per case popolari, che mise in opera anche in Friuli. Utilizzò schemiinnovativi, caratterizzati da corpi scale chiusi o aperti “a ballatoi”, che disimpegnavano le unitàabitative, che comprendevano wc, cucina con acqua corrente, elettricità, con servizi collettivi nei sotterranei e nei sottotetto. Le soluzioni a ballatoi aperti, che disimpegnavano gli alloggi e ospitavano le scale esterne, furono usate anche a Udine nel quartiere di Sant’Osvaldo negli anniVenti. Risultarono così innovative che il direttore del Politecnico di Vienna visitando la casa operaia ai Rastellotti e quella al Follone «espresse la sua soddisfazione e propose inoltre alla sede centrale di Vienna per la costruzione di case operaie in Austria, che i piani e i disegni delle case operaie di Rovereto sieno adottati come modello del genere, perche corrispondenti praticamente più di tutti i tipi sin qui in uso e in pari tempo anche alle norme della legge relativa»12. Anche i villini progettati da Gilberti a Rovereto con torrette, corpi sfalsati, rientranti e sporgenti, diventarono i modelli per tanteresidenze unifamiliari friulane nell’uso della pietra arti"ciale e del paramento murario a mattoni.

Idee e modelli per il Palazzo d’oro

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Ettore Gilberti, Rovereto, case popolari “alle Maioliche”, 1920-1921.

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Ettore Gilberti, Rovereto, Piazza delle oche, Casa ex Pergher, sede della già Banca Mutua Popolare di Rovereto, particolare della facciata, 1904.

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13 ACR, fasc. 19.

Idee e modelli per il Palazzo d’oro

Palazzo Contarini rientra in pieno in una tipologia di residenza per il ceto borghese che tanto successo aveva avuto in Trentino per una committenza simile a quella udinese: ampie vetrine per ambienti pubblici e negozi a piano terra, vasti appartamenti signorili ai piani superiori. L’arrivo a Rovereto del Gilberti nel 1904 era coinciso con la ristrutturazionedi Piazza delle oche e la costruzione della Banca Mutua Popolare. Si trattava cioè di un «ristauro e adattamento» di casa ex Pergher, che prevedeva una «demolizione e rifabbrica», proprio come nel palazzo udinese. Edi!ci grandi, compatti di tre o quattro piani con il piano terra a grandi vetrate per consentire attività commerciali, una scala centrale dava l’accesso a grandi appartamenti, spesso simmetrici tra loro.

Curatissime sono le facciate frontestrada, ripartiteorizzontalmente per mettere in evidenza il pianonobile e il “vistoso” attico superiore, spessoriquadrato da cornici dentellate, fasce decoratecon a"reschi policromi a motivo #oreale ogeometrico che inglobano spesso bifore e triforecon stilizzate colonnine ioniche. Particolare cura era data alle aperture riquadrate in pietraarti!ciale, con timpani fastosi e, spesso, terrazzinisorretti da mensoloni riccamente decorati. Per l’accuratezza con cui Gilberti pensava alle decorazioni in pietra arti!ciale basta leggerequanto scritto nel fascicolo relativo a Villa Dordi(1906-1908): prevede infatti di realizzare in questo nuovo materiale non solo i contornidelle !nestre, gli stipiti di porte e davanzali, ma anche fregi sopra le !nestre a lancia e a foglia,trigli!, dischi, ovoli sotto il cornicione di gronda, fregi con festoni, tutti elementi presenti anchenel palazzo udinese. Parte dei manufatti eranoprefabbricati, ma alcuni decorazioni venivanorealizzate in opera, bocciardate, ri!nite a scalpellonegli spigoli, impermeabilizzate e lavate13.

Domanda di “riduzione e riattamento” di Casa ex Pergher, Rovereto 5 febbraio 1904.Rovereto, Biblioteca Civica.

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Udine e Rovereto: un confronto. Palazzo Contarini presenta non poche analogie con quello della Banca Mutua Popolare in Piazzadelle oche, la prima opera di Gilberti edi!cata a Rovereto. Le !nestre dei piani superiori avvicinatea formare trifore e bifore, separate da colonnine lisce con un capitello ionico e i pro!li mistilinei e rastremati delle !nestre al primo e secondo piano, l’uso di fasce marcapiano in pietra naturalecome parapetto delle !nestre al primo e secondo piano sono tutti elementi sperimentati dapprima a Rovereto e successivamente applicati sulle facciate di Palazzo Contarini. Nei due edi!ci Gilbertiopera con intelligenza sul già costruito, dando grande importanza alle facciate sulle vie principali.Data la perdita della documentazione udinese, è interessante leggere le carte di Rovereto per capireil metodo di lavoro dell’architetto friulano, che nell’ottobre 1904 presenta un progetto che sostituivaquello, già approvato, del cav. Ciani. Gilberti mantiene la «riduzione interna» della casa, rendendocosì inutile l’elaborazione di nuovi disegni, mentre reinventa la facciata «rendendola piùcorrispondente ai bisogni della Banca»14, probabilmente per le grandi aperture a pian terreno, che rendono la struttura simile a quella udinese. A ribadire il concetto, sul retro del progettol’ingegnere civico Kochler annota che «senza dubbio il nuovo progetto corrisponde molto meglio allo scopo e alle esigenze della Banca, ciò che può dirsi anche del lato estetico e decorativo»15. Gilberti mostra di avere attentamente studiato la Secessione anche nella facciata della ScuolaPopolare Femminile di Rovereto: una diagonale di sguincio sostituisce il più comunearrotondamento. Le bifore e le quadrifore separate dalle colonnine con capitello ionico, gli ovoli e i dentelli delle cimase delle !nestre, i dischi decorativi a rilievo sono ancora una volta elementiripetuti anche per Palazzo Contarini.16 È qui solo il caso di accennare come anche il Macello di Udine sia stato preceduto da quello progettato nel 1912 a Rovereto: nove padiglioni in una localizzazione simile a quella udinese, vicino allo scalo ferroviario.

14 Ibid., fasc. 2, 1904-1906, Lettera del Presidente della Banca Mutua Popolare al Municipio,Rovereto 25 ottobre 1904.

15 Ibid., fasc. 2, 1904-1906, Lettera del Presidente della Banca MutuaPopolare al Municipio, Rovereto 13 ottobre 1904 con nota 18 ottobre1904. Cfr anche CACCIAGUERRA, Il Novecento cit., p. 47 e GATTI, Da borgo a città cit., pp. 410-412.

16 GATTI, Da borgo a città cit.,pp. 412-414.

Titolo paragrafo

Ettore Gilberti, Rovereto, Piazza delle oche,Casa ex Pergher, sede della già Banca MutuaPopolare di Rovereto: particolare dell’ultimopiano della facciata verso la piazza, 1904.Nella pagina a fianco:Ettore Gilberti, Palazzo Contarini, facciata lungo Via Manin, particolare.

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Come già evidenziato da Liliana Cargnelutti, il progetto di Gilberti che si avvicina di più a PalazzoContarini è quello per Casa Caracristi, anche nella storia delle vicende edilizie. L’edi!cio fu infatticostruito in due tempi: una prima fase tra il 1905 e il 1909 e una seconda negli anni 1922-23. La prima fase della costruzione, tra 1905 e 1909, prevedeva la costruzione di un edi!cio perappartamenti e negozi da parte di Emilia vedova Caracristi, negoziante di coloniali, vini e droghe. Gilberti progettò un edi!cio con la consueta facciata angolare a sguincio lungo Via Tartarotti e Via Dante. Il piano terra molto alto, insieme al mezzanino, doveva ospitare l’attività commerciale,mentre i due piani superiori erano destinati ad abitazione. Cacciaguerra scrive che gli elementi in pietra arti!ciale, e in particolare le cornici delle aperture, furono prodotte dalla ditta D’Aronco,caso raro per gli edi!ci trentini dove l’architetto si era sempre rivolto a fornitori locali17. In e"etti la cornice che corre lungo le aperture inferiori risulta identica a quella usata in Palazzo Contarini. L’edi!cio, oggetto di una controversia tra la vedova Caracristi e il Comune, fu acquistato nel 1907 dalla Banca Cattolica Trentina, che ne fece la sede di Rovereto e nel 1922 fece eseguire da Gilberti il progetto di una nuova aggiunta, di cui furono presentate due varianti.

Il Palazzo d’oro e la Banca Cattolica Trentina

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17 ACR, fasc. 13, 1905-1909.L’attribuzione alla ditta D’Aronco è operata da CACCIAGUERRA, Il Novecento cit.,p. 48-49, 89-90;CACCIAGUERRA, Conservazione cit., p.n.n.

Ettore Gilberti, Rovereto, tavole del progetto per Casa Caracristi, già Banca Cattolica Trentina, prospetto su Via Tartarotti, 1905, eliografia acquerellata. Rovereto, Biblioteca Civica.

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Ettore Gilberti, Rovereto, tavole del progetto per Casa Caracristi, già Banca Cattolica Trentina, prospetto su Via Dante, 1905, eliografia acquerellata. Rovereto, Biblioteca Civica.

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Nel 1922 la Banca aveva già acquistato i locali comunali posti sul lato orientale dell’isolato, che sarebbero stati demoliti per la costruzione del nuovo fabbricato, più alto del vecchio, cui si univa. Curiosamente avvenne a Rovereto, e sempre per un edi!cio adibito a banca, quantosuccesse a Udine per Palazzo Contarini. Come quest’ultimo caratterizza Via Manin a Udine,anche l’edi!cio della Banca Cattolica è imponente e ambizioso prospettando su tre strade (Via Garibaldi, Via Tartarotti e Via G.M. della Croce) con una ricchezza decorativa liberty, ricca di citazioni classiche. Anche a Rovereto, come a Udine, le facciate sulle strade sono simili,ma non uguali, poiché alcuni particolari decorativi le di"erenziano. Il 2 ottobre 1922, la Banca Cattolica Trentina domandò il permesso di costruire e ampliare l’edi!cio secondo i progetti elaborati dallo stesso Gilberti, che nell’edi!cio ripetè molti elementi già usati per Palazzo Contarini: ampie aperture al piano terra e al mezzanino con dei pilastri cheterminano con identici capitelli ionici, terrazzini molto simili sorretti da imponenti modiglioni,che si dipartono da mascheroni, femminili a Udine e maschili a Rovereto; identiche le incorniciature a timpano spezzato delle !nestre del piano nobile, a eccezione della ghirlanda di !ori e frutti. Se nel primo periodo erano gli edi!ci trentini ad in#uenzarequelli udinesi, negli anni Venti il procedimento si inverte mostrando come, a sua volta, sia Palazzo Contarini a diventare modello per i successivi edi!ci.

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Domanda di “costruzione e ampliamento” della filiale della già Banca Cattolica Trentina,Rovereto, 11 ottobre 1922. Rovereto, Biblioteca Civica.A fianco: Ettore Gilberti, tavola del progetto per la filiale della già Banca Cattolica Trentina:pianta del mezzanino, Rovereto, agosto 1922,eliografia, Rovereto, Biblioteca Civica.

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Ettore Gilberti, ex filiale di Rovereto della giàBanca Cattolica Trentina, particolare dellafacciata verso Via Dante, 1922-1923.Ettore Gilberti, tavola del progetto per la filialedella già Banca Cattolica Trentina: facciataverso Via Tartarotti, Rovereto, agosto 1922,eliografia, Rovereto, Biblioteca Civica.

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Ettore Gilberti, Udine, Palazzo Contarini, particolaredella facciata, 1910.

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Ettore Gilberti, ex filiale di Rovereto della già Banca Cattolica Trentina, particolaredella facciata verso Via Dante, 1922-1923.

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Ettore Gilberti, ex filiale di Roveretodella già Banca Cattolica Trentina,particolare di una finestra timpanataverso Via Dante, 1922-1923.

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Ettore Gilberti, Palazzo Contarini, particolare di una finestra timpanata.

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18 CACCIAGUERRA, Il Novecento cit., p. 72, ACR, fasc. S1/98.

19 ACR, fasc.29, b.52 n. 38,. BancaCattolica Trentina al Municipio di Rovereto, Trento 11 ottobre 1922,domanda di costruzione con allegati i progetti. Comprende piante, sezioni,facciate verso Via Dante e Via Tartarotti..Cfr. anche FOX, Ettore Gilberti cit.,p.79-80; G. LEONI, S. GIORDANI, Rovereto1919-1939 Architettura, urbanistica, arte, Rovereto 2000, pp. 84-85.

20 GATTI, Da borgo a città cit., pp. 417-420.21 Ibid., p. 422 Le coincidenze diventano

ancora più intriganti se si pensa cheanche la Camera di Commercio diRovereto, come il Palazzo Comunale di Udine, furono inaugurati solo a metà degli anni Venti dopo la guerra.

Il Palazzo d’oro e la Banca Cattolica Trentina

Gilberti conferisce molta importanza al fregio sottotetto, dove dispone delle colonnine sporgenti reggenti la linda, che si ritrovano a Udine in casa Giribone, ma anche in altri edi!ci di Rovereto. Il motivo delle colonnine, il cui capitello è stato adottato come logo dalla Fondazione, ritorna più volte nell’opera del Gilberti sia come elemento plastico sia dipinto,come compare nel sottotetto addirittura di una casa popolare, quella alle Maioliche del 191018.L’edi!cio per la Banca Cattolica Trentina fu eseguito con notevole fedeltà ai progetti e terminato nel 1929. Unica variazione è una fascia marcapiano al piano nobile, non prevista inizialmente dal Gilberti19. Come ingegnere comunale di Rovereto, l’architetto a"rontò anche problemi edilizi che gli furono probabilmente utili per la sua attività friulana. Nel 1910 si occupò di elaborare una sala teatrale per la Birreria Eppler e, subito dopo, tra 1911 e 1912, progettò l’Oratorio Rosmini, con una loggia a gradoni sorretta da esili colonnine in ferro. La sala teatrale poteva essere anche utilizzata per le proiezioni cinematogra!che ed è signi!cativo ricordare che anche Palazzo Contarini ospitò un cinema. Nel salone della Fondazione Crup sono state infatti riportate alla vista delle colonnine di ghisa, eseguite dalla Fonderia friulana, inglobate nei setti murari20. Una curiosa coincidenza, come quella che vede una notevole somiglianza tra la facciata su Piazzetta Lionello del Palazzo comunale di Udine, progettato negli stessi anni da Raimondo D’Aronco, e quella per il Palazzo della Camera di Commercio e d’Industria di Rovereto (1913), specie negli arconi a pian terreno e nelle grandi colonne ioniche giganti21.

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Antonio Cruciati, Udine, Casa Giribone in Via Pordenone, particolare della copertura, 1910 ca.

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Ettore Gilberti, facciata di Palazzo Contarini, particolare dell’ultimo piano, 1910.

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Ettore Gilberti, Palazzo Contarini, particolare del mascherone sul terrazzo lungo via Manin.

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La pietra artificialeNovità e tradizione si incalzano a vicenda anche nel Palazzo d’oro. Secondo le teorie della Secessione, Gilberti riprende molti spunti dal classicismo, reinterpretando in forme nuove la tradizione storica. Lo mostrano i cornicioni a timpano spezzato di ascendenzamichelangiolesca, i mascheroni che, nei terrazzini, reinterpretano l’antica tradizione dei portonicittadini, le fasce decorative marcapiano, più o meno larghe, a foglie d’alloro, ghirlandeclassicheggianti che rifanno il verso ai mosaici di Galileo Chini. Uno svolazzare di nastri attorticonferisce un piacevole tono Art Nouveau all’insieme, mentre inserti di marmi venati e coloratirichiamano i paramenti lapidei della Postsparkasse viennese o di Palazzo Stoclet a Bruxelles.

Osservando la parte alta della facciata verso Via Manin, si può notare tutta la ricchezzadell’apparato decorativo realizzato in pietra arti!ciale, cioè in cemento e graniglia di marmobianco colati in casseformi a comporre elementi prefabbricati. Poi, come racconta lo scultoreGiovanni Patat, si levigava a mano l’impasto con una pietra abrasiva !nché le mani sanguivano. A Udine esistevano molte fabbriche di pietra arti!ciale: quella di Girolamo D’Aronco, padre di Raimondo, quella dei Tonini, di Leonardo Rizzani e Giovanni Fantoni, di Silvio Rizzi e più tardi di Attilio Zorattini, socio di Romolo Tonini, mentre in regione operavano le imprese gemonesi di Massimo Bierti e Giovanni Battista Della Martina22. A quale ditta appartengono le decorazioni in pietra arti!ciale impiegate nel palazzo e inparticolare il fregio a foglie d’alloro, esaltato nella sua volumetria dalle dorature, dal fondo blu,con parche note di rosso intorno ai motivi a disco? Da solo conferisce un tono secessionistaall’edi!cio ed è attribuibile alla ditta D’Aronco. In assenza di documentazione, lo dimostranofasce marcapiano, molto simili, che sono usate nella Casa D’Aronco di Via Marsala e in altri edi!ci, come quello all’inizio di Via del Bon n.5, costruiti sicuramente dall’impresaD’Aronco. Alla stessa si devono ricondurre anche le teste femminili, che in origine decoravanoin Palazzo Contarini le !nestre del terzo piano in asse con quelle del piano nobile a timpanospezzato e le mensole che reggevano i terrazzini. Sono state tutte eliminate, forse negli anniTrenta, quando fu costruita la parte del palazzo in stile Novecento.

119 La pietra artificiale

22 G. BUCCO, La pietra artificiale, in REALE (a cura di), Le Arti cit., pp. 434-436. G. BUCCO, Tonini, in SCALON, GRIGGIO, BERGAMINI, Nuovo Liruti cit., pp. 3357-3360.

Ettore Gilberti, Palazzo Contarini, fregio superiore.

Pubblicità della Impresa Tonini, 1909. Da Fiere e Mercati, Guida di Udine, Udine 1909.

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Ettore Gilberti, Palazzo Contarini,particolare dell’angolo tra via Prefettura e piazzetta Valentinis.

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Impresa D’Aronco, Udine,Via Marsala 11, Casa D’Aronco,particolare del terrazzino, 1907-1911 ca.

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Impresa D’Aronco, Udine, Via Marsala 11, Casa D’Aronco, particolare della facciata, 1907 – 1911 ca.

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Palazzo Contarini, particolare decorativoin facciata.

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Sebbene i primi esempi risalgano addirittura ai lapicidi lombardi, come si può osservare in alcuni particolari della chiesa di Santa Maria di Castello, era quasi una consuetudine del Liberty udinese realizzare garbate testoline femminili a ingentilire le architetture, come si può veder nelle erme femminili che decorano poco più avanti nella stessa strada l’Emporio Viezzi o molti edi!ci costruiti dall’Impresa D’Aronco, come Casa Malignani (1899-1900) sulla salita al Castello o il negozio Longega (1901, ora Max Mara) in Piazza Libertà.Sparite le erme femminili, che quali!cavano il palazzo in modo liberty, rimangono adesso solo i mascheroni a traforo ai lati corti dei terrazzini, di un gusto più Déco. All’impresa D’Aronco rimandano anche alcuni curiosi particolari, come le minuscole teste di leoni che decorano i pro!li delle paraste a pian terreno e che trovano confronti con i musi animali di Palazzo Cantore (1920-1926) in Piazza I Maggio, opera di gustosecessionista di Pietro Zanini e Provino. Valle, l’ingresso della casa di Quinto D’Aronco a Udine, l’intero bestiario inventato da Raimondo per il Palazzo comunale di Udine e molti edi!ci dell’impresa D’Aronco, come Casa Lodigiani (1923) in Viale Duodo, la Palazzina Comini (1912) in Via Calata!mi n.9.

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Palazzo Contarini, particolare del terrazzo lungo Via Manin.

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Impresa Tonini, Udine, Via Manin n. 14, Emporio Viezzi, particolare del coronamento, 1907.

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Impresa Tonini, Udine, Via Manin n. 14, Emporio Viezzi, particolare delle erme femminili, 1907.

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Impresa Tonini, Udine, Via Manin n. 14, Emporio Viezzi, particolaredell’erma raffigurante Mercurio, 1907.

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Girolamo e Giobatta D’Aronco, Udine, Casa Malignani,particolare di erma femminile, 1899-1900.

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Girolamo e Giobatta D’Aronco, Udine, Piazza Libertà n. 2,Casa Malignani, particolare della facciata, 1899-1900.

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Ettore Gilberti, Palazzo Contarini, facciata con particolari in pietra artificiale.

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Udine, Piazza Libertà n. 10, Negozio già Longega, particolare delle erme femminili, 1901.

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Udine, piazza Libertà n. 10, Negozio già Longega, particolare, 1901.

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Pietro Zanini con Provino Valle, Udine, Piazza I Maggio n. 27, Palazzo GeneraleCantore,

decorazione a testa di leone, 1920-1926.

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Ettore Gilberti, Palazzo Contarini, decorazione a testa di leone.

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L’Impresa edilizia fu fondata da Girolamo D’Aronco che, in società con Elia D’Aronco, AntonioRomano e De Alti, rilevò nel 1872 l’industria di cementi lavorati di Giovanni Battista Moretti,divenendone nel 1880 l’unico proprietario. Il vasto laboratorio fu trasferito in Viale Duodo, dove si producevano, come di consueto, moduli prefabbricati, mattonelle per pavimenti ed elementidecorativi a stampo tra cui si caratterizza per le testine femminili, gli animali, tra cui moltissimi leoni, e gli elementi !oreali: iris, girasoli, alloro. Nel 1910 fu il "glio Quinto D’Aronco (1871-1945)a dirigere la società insieme ai nipoti Girolamo e Sante, che con diversi soggetti continuaronol’attività "no al 195723. I fregi in pietra arti"ciale di Palazzo Contarini hanno forme che non si possono de"nire originali, in quanto sono prodotti seriali di#usi in Italia e in Europa, però i recenti restauri hanno mostrato tracce di doratura e di colori forti, blu e rosso, che sono stati il fulcro del lavoro. Forse i modelli di riferimento per la policromia si devono ricercare nelle tavole a china acquerellata, eseguite e pubblicate nel 1906 da Adolf Furtwängler in occasionedella ricostruzione del tempio di Aphaia ad Egina nella Gliptoteca di Monaco di Baviera.Quelli di Palazzo Contarini sono gli unici fregi dorati esistenti in città e i loro riferimenti vannoricercati certamente in ambito secessionista viennese, dove, invece, gli esempi abbondano. Lo stessoedi"cio della Secessione costruito nel 1898 su progetto di Josef Maria Olbrich ha una cupola di foglie dorate, mentre ornati vegetomor" e geometrici furono eseguiti da Othmar Schimkowitz e Kolo Moser: teste di Medusa, alberi di alloro a gra$to dorato, gu" e lucertole.

L’Impresa D’Aronco e la pietra artificiale

L’Impresa D’Aronco e la pietra artificiale

23 BUCCO, La pietra artificiale cit., pp. 434.D. BARILLARI, D’Aronco Girolamo, inSCALON, GRIGGIO, BERGAMINI (a curadi), Nuovo Liruti cit., pp. 1130-1133.

Pubblicità Impresa D’Aronco, 1903. Da G. Valentinis, In Friuli. Guida, Udine 1903.In alto: Palazzo della Secessione a Vienna, particolari decorativi, 1898.

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141 L’Impresa D’Aronco e la pietra artificiale

È un repertorio non uguale, ma simile a quello pensato da Ettore Gilberti e che si ritrova con sfavillanti dorature in altri edi!ci viennesi: dall’edi!cio per negozi e appartamenti di HansPrutscher in Friederichstraße 4, agli edi!ci di Linke Wienzeile decorati a stucco dorato da OthmarSchimkowitz, alle case per appartamenti edi!cate dagli allievi di Wagner. Si possono citare l’edi!ciodi Lammgasse1 di Rudolf Göbl (1900), di Höfergasse 13 di Robert Oerley (1904), il villino di Sankt Veit Gasse 59 di Karl Stöger (1904)24. Palazzo Contarini guarda dunque alla Secessioneviennese negli ornati in cui predominano le foglie di alloro, che talora compongono una largasuper!cie intervallata a dischi dorati con tocchi rosso e blu, altre volte formano - come a pianterreno - cordoni di alloro con sinuosi nastri dorati. La facciata lungo Via Prefettura è leggermentediversa, con una di"erente articolazione delle colonnine e l’aggiunta di elementi decorativi come gli scudi. Non lo si nota a prima vista grazie all’allineamento dei fori. Ho l’impressione che a Udinegli elementi in pietra arti!ciale fossero usati in modo formale e decorativo, perdendo probabilmentequelle connotazioni simboliche, ben più presenti nel mondo viennese. Qui l’alloro era interpretatocome l’albero della vita che protegge la comunità di artisti, unione di intelletto e natura, mentre le teste di Medusa sancivano l’eterna lotta tra elementi apollinei e dionisiaci, tra istinto e ragione. A Udine ci si limitava invece a ripetere le modanature classicheggianti fatte di perle, fusarole e ovoli, palmette ed acanto, mentre la terribile Medusa o l’algida Pallade, ideate da D’Aronco anche per il Palazzo comunale, si trasformavano in più condiscendenti donne fatali dannunziane.

24 A.LEHNE, Jugendstil in Wien. Ein Architekturführer, Wien 1989, pp. 15, 16-17, 72, 95, 97, 115.

Otto Wagner, Vienna Linke Wienzeile n. 38,Casa d’Abitazione, particolare della partesuperiore angolare, 1898 – 1899

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Scrivere con il pennello: i doratori della famigliaZandigiacomo

Solo a Udine e nell’ambiente artigianale friulano si potevatrovare una famiglia come quella degli Zandigiacomo che oltre a tinteggiature, scritte e cornici, sapeva eseguire la doraturadella pietra arti!ciale. Esistono, per fortuna, ancora le storie di famiglia tramandate oralmente e così conosciamo anche i nomi dei doratori Luigi, Mario e Giovanni (Nino)Zandigiacomo. Il loro laboratorio artigiano si occupava di ogni tipo di doratura, da quelle dei mobili e degli in!ssi, alle pitture e ai gra"ti, che decoravano tanti palazzi liberty. La bottega era stata fondata da Luigi Zandigiacomo (1883-1941)e fu ubicata in un primo tempo all’inizio di Via Tiberio Deciani,in quel borgo Gemona che allora era un quartiere ricchissimo di botteghe artigiane. Successivamente il laboratorio fu spostato in Via Mazzini, in Via Gemona e, alla !ne degli anni ’30, in Via Giovanni da Udine in un lungo fabbricato, che in origineera stata una stalla. L’edi!cio esiste ancora ed è stata ripristinataanche l’antica decorazione in stile eclettico. Di Luigi non c’ènessuna notizia scritta, ma solo la memoria della !glia Mariolina e dei nipoti Annetta, Pietro e Margherita, che più volte hannosentito ricordare il Palazzo d’oro come opera prestigiosa del nonno che, forse con l’aiuto del !glio Giovanni, aveva doratola pietra arti!ciale. Sia Luigi che i suoi !gli avevano frequentato la Scuola d’Arti e Mestieri “Giovanni da Udine”, che forniva agli artigiani un insegnamento pratico con qualche rudimentoartistico. Luigi, in particolare, amava la lettura e suonava il mandolino con l’orchestra Marzuttini. Dopo aver lavorato come factotum presso il Cotoni!cio udinese, aveva combattutonella prima guerra mondiale. Si de!niva «artigiano decoratore» e aveva appreso il mestiere dal pittore Attilio Stroppelli, attivo con il Gasparini, il Bonanni e Angelo Sello nei lavori per la Camera di Commercio. Tra il 1906 e il 1907 si era sposatocon Anna Picco: dei !gli Valerio divenne falegname, mentreAugusto, anche abile pittore paesista, Mario e Giovanni entrarononella bottega, la cui attività fu continuata da Giovanni (Udine,1919 – 1997), il più dotato dei suoi eredi, che agiva di concertocon Mario (Udine 1915-1988), titolare della bottega.

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La bottega Zandigiacomo in Via Giovanni da Udine, anni Trenta.

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143 Scrivere con il pennello: i doratori della famiglia Zandigiacomo

Gli Zandigiacomo avevano realizzato le dorature per numerose tombe nel cimitero monumentale di Udine, forse i manufatti le cui decorazioni ricordano più da vicino quelle di Palazzo Contarini. Alla famiglia Zandigiacomo sono attribuibili anche le dorature dei mobili della farmacia “Alla Loggia” in Piazza Libertà. Costruiti tra !ne Ottocento e primi Novecento dal mobiliere Brusconi, presentano le bianche super!ci impreziosite da classiche dorature. La bottega Zandigiacomo realizzò fregi dipinti per la chiesa di San Quirino, scritte a gra"to e dipinte per l’osteria “Ai Frati”, la tintoria Lestuzzi, il Palazzo delle Poste, persino le scritte dorate delle porte del Palazzo comunale. Gli Zandigiacomo usavano i cartoni per le scritte, mentre il lavoro di doratura era di gran lunga il più impegnativo, svolto da mani esperte che utilizzavano sottilissimi foglid’oro che venivano !ssati sulle super!ci da decorare con bastoncini imbottiti, per stenderemeglio le lamine che non si dovevano sovrapporre. Come era consuetudine artigiana, Luigi e Giovanni eseguivano lavori molto diversi tra loro: dai segnali per i rifugi antiaerei degli edi!ci udinesi alle scritte di regime25, specializzandosi nei restauri e nella esecuzione di mobili dipinti, spesso forniti da Valerio Zandigiacomo, che lavorava in Via Giovanni da Udine. Si possono ricordare gli arredi per la Camera di Napoleone, ora a Villa Manin, e i mobili veneziani della Cassa di Risparmio. L’ultima opera di Giovanni è stato il fregiodipinto a motivi #oreali e nastri nel sottotetto di casa Cavarzerani in Via Treppo, commissionato negli anni Ottanta da Costanza Cavarzerani. Si chiuse così, senza altri eredi, l’esercizio di una antica professione artigiana.

Bottega Zandigiacomo, Insegna della trattoria “Ai Frati” in Piazzetta Antonini a Udine, anni Trenta.

25 A questo proposito durante il fascismogli Zandigiacomo scrissero il motto La legge è uguale per tutti nel tribunale,sotto però si leggeva per i poverie nessuno seppe mai chi aveva apposto l’aggiunta!

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Nel concetto secessionista di opera d’arte totale, si ricercava l’unitarietà tra interno ed esterno e così le foglie e le bacche delle decorazioni in pietra arti!ciale furono ripetute in PalazzoContarini nella ringhiera in ferro battuto della scala che porta agli appartamenti dei pianisuperori, che è quasi sicuramente attribuibile ad Alberto Calligaris (Udine, 1880-ivi,1960), uno dei più famosi artisti del ferro battuto in Italia, operoso anche a Vienna nell’EskompteGesselschaft, nel Veneto e a Trieste. Nella ringhiera il ferro saldato a bollitura si piega in riccioli e volute tridimensionali, come si nota nella prima produzione dell’artista, raccolta nell’opuscolo Il Giovane Artista Moderno alla Prima Esposizione d’Arte Decorativa Moderna, edito a Torino nel 1902. Più rari sono i confronti precisi, di alcune ringhiere per Palazzo Folchi a Padova (1909). Nel libro che raggruppa i disegni di Alberto Calligaris, edito nel 1914, sono numerosi gli oggetti che ripropongono il motivo "oreale delle foglie di lauro e delle bacche presente nei fregi in pietra arti!ciale: lampadari con bracci a forma di lauro, tripodi e !oriere, inferriate e cancellate26. Nella ringhiera il Calligaris sembra ispirarsi alle foglie dell’ippocastano, un motivo abbastanza di#uso nelle tavole decorative della rivista «Per l’Arte»,edita da Crudo, usato dai decoratori bolognesi Achille e Giulio Casanova nei cancellidell’O$cina faentina Matteucci e anche da Alessandro Mazzucotelli (Lodi, 1865-Milano, 1938),forse il più noto artista italiano del ferro battuto L’inferriata di Palazzo Contarini è dunque un magni!co manufatto liberty nella freschezza delle foglie disposte a raggera e nell’occhieggiare delle bacche tra le volute del ferro battuto, forgiato a caldo in modo da rendere le linee elastiche e la carnosità degli elementi vegetali.

Di ringhiere e targhe Art Nouveau

Di ringhiere e targhe Art Nouveau

26 I ferri battuti di Alberto Calligaris.Schizzie Progetti. 40 tavole, Torino 1914 ca., G. BUCCO, L’opera di Alberto Calligaris e le o!cine fabbrili del Novecento in Friuli,in «Atti dell’Accademia “San Marco” di Pordenone», 4-6 (2002-2004), pp. 819-898; G. BUCCO, CalligarisGiuseppe e Alberto in SCALON,GRIGGIO,. BERGAMINI (a cura di),Nuovo Liruti cit., pp. 650-661. Cfr. anche F. LANZA, Carlo Rizzardamaestro artigiano. Il gusto nell’arte del ferro battuto 1900-1930, Feltre 2001;C. BERNARDINI, D.DAVANZO POLI, O. GHETTI BALDI (a cura di), Aemilia Ars 1898-1903 Arts & Crafts a Bologna, catalogo della mostra(Bologna 9 marzo-6 maggio 2001),Bologna 2001.

Officina Calligaris in Piazzetta San Cristoforoangolo ViaPalladio in Udine, fine sec. XIX,

Nella pagina a fianco: Alberto Calligaris,Palazzo già Esattoria Comunale di Udine, cancello del caveau, particolare, 1929.

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Alberto Calligaris, Palazzo Contarini, cancellata in ferro battuto della scala interna.

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Grazie alla assoluta padronanza della saldatura a bollitura e della tecnica, Calligaris sperimentò tutti gli stili, da quello !oreale prera"aellita alle cancellate secessioniste, partecipando alle più grandi esposizioni del periodo: Torino nel 1902 e 1911, Udine nel 1903,1907, 1913, Milano nel 1906 #no ad essere premiato all’Esposizione internazionale di ArtiDecorative di Bruxelles nel 1910. La ringhiera dello scalone del palazzo si inserisce così nella prima fase di attività dell’artista, caratterizzata da un fantasioso uso di motivi !oreali,combinato alle capacità di stilizzazione. All’O$cina Calligaris si possono con ogni probabilitàattribuire anche i monumentali radiatori in ghisa, caratterizzati anch’essi da fregi liberty.

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Anche la targa dedicata a Umberto Caratti, sull’attigua Casa Braida-Caratti, riprende lo spirito Art Nouveau del luogo con il medaglione bronzeo e la ricca modellazione lineare,opera di Giuseppe Pischiutti (1863 – 1956), scultore ed ebanista di Gemona. Studiò nel 1896 alla Scuola dei Carmini di Venezia, ma si formò presso la Scuola d’Arte eMestieri di Gemona, di cui fu allievo e insegnante di arti plastiche e scultura in legno dal 1901.Si dedicò alla scultura di !gurine in legno di gusto Déco, ma realizzò anche statue in gesso, busti celebrativi e bassorilievi, come quello di squisito gusto Liberty per Umberto Caratti. Nel 1912 fu uno dei direttori della Società Vincoli d’arte, presieduta da Francesco Barazzutti,che intendeva promuovere la cultura artistica gemonese. Nel 1931 collaborò all’Esposizione Artistico Agricola Industriale di Gemona, allestendo la sezione di plastica. Nel 1932 vinse la cattedra d’insegnamento a Vibo Valenzia, dove si trasferì per ritornare negli anni Quaranta a Gemona, dove aveva avviato all’arte due suoi !gli, Luigi (Venezia, 1896 – Udine 1952) ed Elio (Gemona, 1902 – Gemona, 1976)27. Nella bella lapide in marmo bianco "essuose !gure femminili liberty reggono con grazia il medaglione in bronzo, che fa da prezioso pendant al rilievo cinquecentesco del Carona, posto di fronte sul palazzo della Società Filologica.

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27 Raccolta di articoli di Silvano Crapiz,Archivio privato, Gemona; G. BUCCO, Giuseppe Pischiutti, in SCALON,GRIGGIO, BERGAMINI (a cura di),Nuovo Liruti cit., pp. 2782-2783.

Giuseppe Pischiutti, Udine, Palazzo Braida-Caratti, targa in onore di Umberto Caratti, marmo e bronzo.

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151 Udine a colori

Udine a coloriL’elemento che colpisce maggiormente in Palazzo Contarini sono indubbiamente i colori: i barbagli dell’oro, il rosso (pompeiano, verrebbe da chiamarlo) e i tocchi di turchese. Nella Belle Epoque Udine era una città molto più colorata dell’attuale, le cui tracce sono ora a stento riconoscibili in alcuni palazzi. Casa Pasquotti Fabris al n. 12 di Via Canciani era la sede dell’importante casa di mode della sarta Ida Pasquotti Fabris, le cui iniziali si trovanoritagliati a giorno in ferro battuto su tutti i balconcini. Tra il 1921 e il 1922 Giuseppe Tonizzoaveva riattato edi!ci precedenti quali!cando le facciate con gli interventi decorativi di EnricoMiani (Udine 1889-1933), forse il più noto decoratore del periodo, abile nell’interpretare con gusto liberty i motivi della tradizione classica e barocca28. A lui, che spesso collaborò con Gilberti, si devono le decorazioni di numerosi palazzi udinesi. Nel caso speci!co di Casa Pasquotti, Tonizzo aveva creato anche dei gra"ti di gusto classicheggiante lungo i pro!li del porticato e delle !nestre, e nel fregio sottotetto dei grandi mazzi #oreali di gusto Art Nouveau, ora ingrigiti dal tempo. Opera sempre di Giuseppe Tonizzo è il Palazzo delle Poste(1921-1924), edi!cato dall’Impresa D’Aronco, in cui il pittore Enrico Miani eseguì i fregi del sottotetto. Quelli verso Via Vittorio Veneto recano gli immancabili putti che reggono serti #oreali, mentre in gra"to sono quelli su Via Marinelli e Via della Prefettura, dove operòanche lo stuccatore Francesco Grossi, chiamato a Udine da Raimondo D’Aronco per i lavori del Palazzo comunale. All’interno dell’atrio Morocutti e Maioli eseguirono gli enfatici pannellidecorativi29. Altri fregi dipinti a vivaci colori si ritrovano nel padiglione Pro Infantia (1907) di Via Manzoni 1, edi!cato da Ruggero Berlam, e nella Pescheria comunale, costruita nel 1929da Davide Badini. Riconducibile a Raimondo D’Aronco è anche la decorazione che CesareMiani inventò per la villa dell’imprenditore Silvio Rizzi lungo Via Volturno, dove inserita in una ricca incorniciatura lignea compare una testa di Medusa, recentemente ridipinta, tipica del gusto secessionista cittadino.

28 L. DAMIANI, Miani Enrico, in SCALON,GRIGGIO, BERGAMINI (a cura di),Nuovo Liruti cit., p.2252. Per gli edificicitati si rimanda a SAVONITTO, Schede.

29 L.M., Udine che si rinnova, in «La Panarie», 3/18 (1926), pp. 381-387.

Enrico Miani, fregio decorativo dipinto per casa Pasquotti Fabris,particolare del sottotetto, 1922 ca.

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Enrico Miani, graffiti decorativi per casa Pasquotti Fabris, particolare lungo Via Canciani, 1922 ca.

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Enrico Miani, graffiti decorativi per casaPasquotti Fabris, particolari e ferro battuto con il monogramma IP, 1922 ca.

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Un unicum in questa Udine policroma dei primi Novecento è costituita da Palazzo Venier in via Rialto n. 8, attribuibile nelle sue forme secessioniste all’impresa D’Aronco, che ne avrebbe decorato la facciata con pietra arti!ciale e geometrici ferri battuti, e il fregio sottotetto con piastrelle a giaggioli. Più frequenti dei dipinti sono i gra"ti, che decorano i fregi sottotetto di numerose case, alcuni di aspetto ancoraliberty come quelli di Villa Ettore Rigo in Via Gaeta 23, altri - più numerosi - di gusto maggiormente classicheggiante o semplicemente geometrico e modulare.

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Impresa D’Aronco, Udine, Via Rialto n. 8, Palazzo Venier, particolari decorativi, 1906-1909.

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Impresa D’Aronco, Palazzo Venier, ferri battuti con inserti vitrei, 1906-1909.

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Impresa D’Aronco, Palazzo Venier, particolare del fregio sottotetto in piastrelle, 1906-1909.

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Molti di questi edi!ci furono progettati proprio da Ettore Gilberti, come i villini su Via Girardini, il Dispensario comunale (1925) di Via Manzoni n.5, Casa Sirch (1922-1924) di Via Pelliccerie n.15., la palazzina Dormisch di Piazzale Cavedalis (1928), il cui strepitosoapparato decorativo è ancora una volta opera di Enrico Miani. Le decorazioni ad altorilievoripropongono motivi Déco come la fontana o l’albero di alloro a palla, le spighe e gli utensililegati alla fabbricazione della birra, poiché la casa era attigua al birri!cio. Molti di questi fregi sono dorati, costituendo quindi l’unico confronto con le decorazioni, di stile peraltro Art Noveau, di Palazzo Contarini. Sempre in Casa Dormisch i grandi nicchioni dalla prospettivaillusionistica trovano confronto con quelli del palazzo, non più esistente, della Società Friulana di Elettricità in Piazza Duomo, probabilmente anch’essi dorati30. Barbagli di tessere dorate e di smalti policromi esprimevano lo spirito Déco del Ca"è Contarena, una “coproduzione” tra Raimondo D’Aronco che realizzò lo spazio al grezzo, il suo collaboratore Cesare Miani che ne curò l’arredo e Carlo Someda De Marco che concepì la decorazione a mosaico e gli splendenti inserti metallici. Delle due versioni, l’una di gusto squisitamente geometricosecessionista e l’altra più !gurativa, fu quest’ultima ad essere preferita31. Angelo Sello, il mobiliereamico di D’Aronco, soleva così esprimere il suo arredo ideale: un vuoto in mezzo e tocchi dibianco, oro e turchese. Per l’Esposizione, mai realizzata, del 1914 egli aveva disegnato un palazzonon molto dissimile da quello “d’oro”, che ora si ripropone nel fulgore del nuovo restauro.

Palazzo Contarini non fu l’unico edi!cio costruito da Gilberti per la Cassa di Risparmio, anzi, sarei tentata di ipotizzare che il ritorno dell’architetto a Udine fosse stato determinato dalla certezza di poter assumere numerosi lavori per la committenza bancaria, che volevaespandersi nei territori della provincia e in quelli da poco annessi. Sembrerebbe quasi che Gilbertifosse divenuto il referente dell’Istituto bancario, di cui progettò tutte le sedi, al di fuori di quella di Cervignano, i cui locali erano però a#ttati e non di proprietà della Cassa. Con Gilbertioperarono di volta in volta altri ingegneri e tecnici come Sergio Petz, Eugenio Mariutti, VittorioFattori, Luigi Querini, cui erano deputate le veri!che delle congruità dei compensi, stime, perizie oppure la risoluzione di particolari problemi tecnici. Imprese edilizie e direttori dei lavorifurono invece scelti preferibilmente in ambito locale per dare opportunità di lavoro al territorio.Negli anni 1923 e 1924, dopo il trasferimento del Monte di Pietà, si iniziò dal riatto del pianonobile del palazzo della Cassa di Risparmio, incarico a#dato al perito Luigi Taddio, collaboratoredi D’Aronco. I lavori in muratura furono appaltati all’Impresa Bierti di Gemona, mentre incarichiseparati furono stipulati con fabbri, falegnami e tappezzieri per rendere più accurato il lavoro,secondo una consuetudine già praticata nei lavori del Palazzo comunale di Udine32.

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30 La nuova sede della SFE, ibid., pp. 404-407.

31 G. BUCCO, Nel cantiere di RaimondoD’Aronco:”maestranze d’arte” artisti e “artieri” nel Palazzo comunale di Udine,in D. BARILLARI, G. BUCCO, G.BERGAMINI, L. CARGNELUTTI, Il Palazzo Comunale di Udine. Dalla Loggia di Nicolò Lionello all’opera di Raimondo D’Aronco, Udine 2006, pp. 169-172.

Ettore Gilberti architetto di fiducia della Cassa di Risparmio

Ettore Gilberti architetto di fiducia della Cassa di Risparmio

32 FCRUP, ACRUP, n. 68, Verbali del consiglio, 1923, 10 settembre, p. 192; BUCCO, Nel cantiere di RaimondoD’Aronco cit., p. 133. L. CARGNELUTTI,Il Monte di Pietà di Udine tra assistenza,beneficenza e credito (1496-1942), Udine 1996, pp.96-97.

Pubblicità del Mobilificio Sello, 1909, da Fiere e Mercati, Guida di Udine, Udine 1909.Nella pagina a fianco: Ettore Gilberti, Udine, Piazzale Cavedalis,Palazzina Dormisch, particolare con graffiti di Enrico Miani, 1928.

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Giovanni (Nino) Zandigiacomo,Armadio dipinto, anni Sessanta,Udine, proprietà privata.

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Nella sede di Udine fu Luigi Taddio a iniziare il consolidamento della struttura «in muratura e ferro», la ristrutturazione dello scalone ottocentesco, completato con un grande lucernaio, e dei locali al secondo piano. Quando però si videro delle crepe aprirsi sui muri della cappella, si pensò bene di coinvolgere anche Gilberti nella ristrutturazione, lasciando al Taddio la direzione del cantiere. Scrive Chino Ermacora che vennero ricavaticompletamente ex novo: l’atrio, la Sala del Consiglio, quella dei contratti, la stanza della presidenza e della Direzione, dopo la quale s’allineano verso via del Monte altre quattro stanze adibite agli u!zi di Segreteria, di corrispondenza, del legale e di controllo.Tutti i locali sono molto bene armonizzati, sia nella decorazione che nell’arredamento33.Nella ristrutturazione si può vedere un legame con Palazzo Contarini poiché LuigiZandigiacomo, che aveva dorato le facciate dell’edi"cio, restaurò i grandi armadi veneti della Sala dei Contratti, il che, secondo le teorie del tempo, signi"cava un rifacimento delle pitture. Anche la produzione successiva della bottega Zandigiacomo fu in#uenzata da questi lavori, che fornirono il modello per molti armadi dipinti a colori pastello,commissionati da numerose famiglie friulane.I grandi fregi sulla parte alta delle pareti furono dipinte da Enrico Miani, che più volte negli anni Venti aveva collaborato con Gilberti. La decorazione murale era basata sulletonalità cromatiche ed era posta in relazione, ovviamente, con l’importanza degli u!ci: i fregidell’atrio e della direzione erano realizzati con motivi modulari, rispettivamente dei rosoni e dei motivi a cornucopia. La stanza del presidente era improntata a una tonalità giallo oro con un alto fregio con grandi cornici a cartiglio, di misura diversa per adattarsi agli spazi,da cui si a$acciavano classicheggianti "gure allegoriche. Qui tutto l’arredamento era statoeseguito in forme classicheggianti dal Mobili"cio Fantoni di Gemona, che aveva adottatoquesto stile, molto gradito ai committenti, che doveva adattarsi ai preesistenti arrediseicenteschi, dopo averlo sperimentato nel Palazzo municipale di Udine34. Nella Sala del consiglio Miani eseguì il fregio più curato con i consueti putti, disposti a gruppi di tre, che reggevano ghirlande di "ori e frutta con nastri svolazzanti, secondomodelli molto comuni in città e risalenti, in ultima analisi, all’opera di Galileo Chini35. Il grande armadio e la tavola a ferro di cavallo con relative sedie, ora trasportate nei localidella Fondazione, sono opera di Antonio Brusconi (Udine,1851-ivi, 1928), uno dei maggiorimobilieri del tempo, cui si deve la Sala di giunta e una porta monumentale nel Palazzocomunale36. Lo stile è analogo, caratterizzato da una lavorazione plastica e minuta del legnosu schemi neorinascimentali. Il curioso lampadario in legno dorato è invece opera, come probabilmente le porte, del Mobili"cio Fantoni. I lavori furono liquidati nel 1926, ma l’esigenza di recuperare nuovi spazi spinse Gilberti a progettare nel 1930 un innalzamento del salone, mai però eseguito, per ricavare ulteriori vani sotterranei37. Il fatto testimonia comunquela volontà di espansione che avrebbe portato di lì a poco all’acquisto di Palazzo Contarini.

33 C. E[RMACORA], Il restauro di un antico palazzo udinese. I nuovi uffici della Cassa di Risparmio nel Palazzo del Monte di Pietà, in «La Panarie» 2/9, (1925), pp.162-171.

34 BUCCO, Nel cantiere di RaimondoD’Aronco cit., pp. 160-165.

35 E[RMACORA], Il restauro cit., p.167:«Austera nel suo insieme, intonata su una sapiente fusione di tinte rossocupo che in alto si alleggeriscono in una fascia chiara di putti e fiori, per poi riprendere il coloro scuro del soffitto alla Sansovino…». Cfr anche G. BERGAMINI, Il palazzo del Monte di Pietà di Udine, Udine 1996,pp. 58-63, 153-155; E. MILAN,Considerazioni sul mobilio dellaFondazione Crup, in G. BERGAMINI, G. PAULETTO, La Collezione d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone, Opere d’arte antica,1, Udine 2008, pp.172-199.

36 G. BUCCO, Brusconi Antonio, mobiliere, in SCALON, GRIGGIO, BERGAMINI(a cura di), Nuovo Liruti cit., pp. 609-611.

37 FCRUP, ACRUP, n.72, Verbali del consiglio, 1926, 27 settembre,p. 97; ibid., n.76, Verbali del consiglio,1930, 23 ottobre, p. 173.

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38 M. STRASSOLDO, A. FORNASIN, La Cassa di Risparmio e l’economia del Friuli, Udine 1996, p. 75; FCRUP,ACRUP, n. 68, Verbali del consiglio,1923, 16 febbraio, p. 45.

39 FCRUP, ACRUP, n. 69, Verbali del consiglio, 1923, 30 ottobre, p. 30.

40 Ibid.,6 novembre 1924, p. 45; Ibid.,n. 76, Verbali del Consiglio, 1930, 26 giugno, pp. 97-98. Negli anniCinquanta l’edificio fu acquisito dalla Cassa di Risparmio e nel 1958 l’arch. De Marco ristrutturò i locali ampliandoli.

41 Cfr. AUUC.. Il ritrovamento dei progetti si deve alla cortesia della signora Gisella Mian. Cfr. anche L’identità di Cervignano nella sua architettura tra ‘800 e ‘900,Mariano del Friuli 2007.

42 Il tempo sospeso. La storia del Monte di Pietà di Gorizia (1831-1929) tra beneficenza e credito, catalogo della mostra (Gorizia 21 aprile -28 ottobre 2012), Gorizia 2012. FCRUP, ACRUP, n. 69, Verbalidel consiglio, 1923, 27 novembre, p. 54; ibid., n 71, Verbali del consiglio,1925, 9 maggio, pp. 92-93; Ibid.,n.72, Verbali del consiglio, 1926, 20 dicembre, pp. 12-14.

L’espansione della Cassa di Risparmio: nuove sedi a Cervignano…

Dopo la prima guerra mondiale negli anni Venti i dirigenti della Cassa di Risparmiopensarono di espandersi «nei territori entrati a far parte della provincia»38 da poco annessial Regno d’Italia. Si iniziò dunque a costruire una serie di !liali, a"date a Ettore Gilberti;in questo programma fa eccezione solo quella di Cervignano, istituita nel gennaio 1923,mediante l’assorbimento della Banca Cooperativa Agricola. L’edi!cio, databile al 1924, fu progettato infatti da Cesare Miani su committenza di Giuseppe Malacrea, il quale,poiché stava costruendo al centro del paese uno stabile per il suo negozio e per la sua residenza, o#rì la disponibilità a ospitare la nuova agenzia nell’erigendo fabbricato. Il Consiglio della Cassa accettò di buon grado la proposta, che permetteva di studiaresulla pianta la con!gurazione degli u"ci a pian terreno e dell’appartamento di servizio al primo piano39.Fu dunque logico, da parte della banca, a"dare a Cesare Miani la sistemazione interna del palazzo, che fu a"ttato dal Malacrea !no al 1939 alla Banca40. La destinazione d’uso del fabbricato, pensata inizialmente come privata, fu quindi mutatain corso d’opera per ospitare a pian terreno la nuova agenzia, come mostrano lo stemmasopra l’ingresso e le inferriate, su cui ricorrono le iniziali dell’istituzione bancaria.L’edi!cio di stile eclettico e non molto dissimile. per la verità, da quelli progettati da Gilberti, ha un corpo angolare con la facciata che si apre ad angolo diedro tra Via Nazario Sauro e Piazza XXIV Maggio (ora Libertà). Il corpo centrale ha dunquel’orientamento angolare di gusto secessionista e, mentre la parte lungo Via Nazario Sauroarretra, quella lungo la piazza si abbassa a soli due piani. Il pian terreno a larghi arconiinquadrati da conci a bugnato permette grande luminosità agli u"ci, mentre la partesuperiore è di gusto vagamente secessionista, grazie soprattutto ai fregi che separano in altezza una !nestra dall’altra. Ripropongono infatti la voluta ionica, opportunamentestilizzata, che compare nelle !nestre del terzo piano di Palazzo Contarini e che è diventato il logo della Fondazione. L’ingresso della Banca, incorniciato da un motivo di bugnato a pettine, è evidenziato dalle due colonne a pianterreno che reggono un terrazzino, su cui si a#accia una apertura fastosamente riquadrata da un timpanospezzato, entro cui si dispone uno stemma neorinascimentale, secondo le convenzioni del tempo, particolari che rendono simili e uniformi i modi stilistici di architetti diversi41.L’Agenzia di Cervignano risulta così l’unica non progettata da Gilberti, poiché utilizzavaun edi!cio non inizialmente di proprietà della Cassa. Quest’ultima, nello stesso 1923,pensò di espandersi anche a Gorizia, la cui provincia fu per breve tempo abolita, e, in questo caso, chiamò Gilberti per ipotizzare una ristrutturazione dei locali, che però non andò a buon !ne. Infatti già nel 1926 la funzione creditizia passò al Monte di Pietà della ricostituita provincia di Gorizia42.

L’espansione della Cassa di Risparmio: nuove sedi a Cervignano…

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a Tolmezzo …Tutti gli altri incarichi professionali del piano di sviluppo della Cassa furono a!dati ad Ettore Gilberti, che li assolse «con grande scrupolo e superiore competenza»43,soddisfacendo pienamente l’istituto bancario.Fin dal 1922 la Cassa di Risparmio aprì una "liale a Tolmezzo, dapprima in una sede provvisoria,che però si intendeva sostituire con una di proprietà. Quindi già dal 1923 la Cassa cercò un di!cile accordo con il Comune di Tolmezzo per acquisire aree e fabbricati nella piazza principale della cittadina carnica, in modo da darle una conveniente sistemazione urbanistica ed estetica44.L’acquisto delle case Bollettini e Rambaldi all’angolo della piazza con Via Ermacora dovevacombinare le esigenze dei privati con quelle degli enti pubblici che, come la Provincia di Udine,aveva una sede periferica. Anche il Comune da parte sua aveva redatto un progetto di massimaper la sistemazione dell’area45. La snervante e “laboriosa” trattativa durò "no al 1924, quando la Cassa minacciò di procedere in modo autonomo per la realizzazione della sola "liale, in quanto la sistemazione urbanistica della piazza aveva per la banca «un interesse puramentemorale»46, sicuramente meno pressante di quello comunale. Nell’autunno 1924 la Banca deliberò dunque con rammarico di elaborare un progetto sull’area già acquistata, conferendol’incarico al suo architetto di "ducia Gilberti «dandogli piena libertà di decidere nel modo che più crederà conveniente»47. L’architetto arretrò di otto metri il nuovo edi"cio, allineandolo a quelli preesistenti e formando una piazzetta grazie allo spostamento della pesa pubblicacomunale48. Alla "ne prevalse un accordo con il Comune, tanto che nel marzo 1925 Gilbertiapprontò un nuovo progetto per un edi"cio più ampio del precedente, accogliendo le richieste del Comune di Tolmezzo di aggiungere un porticato sulla fronte principale e quelle della Provincia che voleva allocare nell’edi"cio anche la propria sede, in cambio di un contributo e di alcune permute di aree edi"cabili49.La Cassa di Risparmio contribuì dunque alla sistemazione della piazza XX Settembre e "nanziò il Comune versando 50.000 lire per l’acquisto di Casa Molinari. Secondo la consuetudine a!ancò al Gilberti il tolmezzino ing. Ambrogio Moro, come direttoredei lavori, che furono a!dati nel luglio 1926 all’Impresa Filippuzzi. A causa del tempoinclemente i lavori si protrassero "no all’estate 1927, quando l’impresa fu liquidate e il 1 settembre ebbe luogo il collaudo. 50 Lo schema del grande edi"cio a tre piani è quello gilbertiano: u!ci a pian terreno che si aprono con i grandi arconi del portico, che forma una terrazza al primo piano, "nestre al piano nobile con timpano curvato e unaelaborato fregio sottotetto con ovoli, dentelli, mensoloni, volute e ghirlande tipici dell’architetto.Una certa disomogeneità tra gli edi"ci evidenzia il laborioso iter progettuale, che doveva concia lire interessi privati e pubblici. Risale invece al 1959 il mosaico che decora il portico, eseguito dalla Scuola Mosaicisti del Friuli su disegno di Fred Pittino.

43 FCRUP, ACRUP, n.71, Verbali del consiglio, 1933, 15 giugno, p. 118.

44 Ibid.,n. 68, Verbali del consiglio,1923, 5 maggio, p. 98.

45 Ibid., 10 maggio 1923, p.106; Ibid.,n. 69, Verbali del consiglio, 1924, 5 ottobre, pp.12-13; ibid., n. 70, Verbali del consiglio, 1924, 11 gennaio,pp.5-6; ibid., 11 aprile, p.78.

46 Ibid., 9 maggio 1924, p. 93.47 Ibid., 31 ottobre 1924, p. 216.

Cfr anche ibid., 19 settembre 1924.48 Ibid., n. 71, Verbali del consiglio,

1925, 16 gennaio, pp.7-8.49 Ibid., 13 marzo 1925, p. 57; ibid.,

3 luglio 1925, pp.123-124; ibid.,14 settembre 1925, p.156.

50 Ibid., n. 72, Verbali del consiglio, 1926, 7 luglio, p. 70; ibid., n, 73, Verbali del consiglio, 1927, 3 gennaio, p...; ibid., 9 giugno, p. 77; ibid., 1 settembre, p. 101.

165 a Tolmezzo …

Nella pagina a fianco:Ettore Gilberti, Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia, filiale di Tolmezzo in Piazza XX Settembre, 1925-1927.

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Enrico Miani, Decorazione a graffito per la Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia, atrio della filiale di Pordenone in via Mazzini, 1927.

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a Pordenone167

a PordenoneLa costruzione dell’agenzia di Tolmezzo si intrecciò con i lavori della !liale di Pordenone, aperta !n dal 1919.Negli anni Venti, in previsione di un grande sviluppo della città, la Cassa iniziò a cercare sedi e aree più confacenti,giungendo a valutare anche l’o"erta del Teatro Sociale51. Nel 1923 il sindaco di Pordenone o"rì l’area ex Galvani lungo Via Mazzini, acquistata dal Comune per costruirela sede delle Poste, che le autorità comunali volevanoaccorpare alla Banca, come già era stato ipotizzato a Udine a proposito del Palazzo comunale52.Dopo la perizia di stima del lotto eseguita dall’ing. Sergio Petz, nel 1925, la Cassa di Risparmio di Udine incaricò lo stesso, in collaborazione con Ettore Gilberti, di predisporre i progetti, con tutte le accortezze atte a moderare i prezzi. Il Consiglio diede anche mandato all’ing. Luigi Querini di rappresentare gli interessi dell’istituto bancario presso il Comune di Pordenone, che aveva acquisito un lottoirregolare di terreno, già appartenuto alla ditta Galvani,destinato all’edi!cazione dell’U#cio postale, il che spiegal’obbligo per la Cassa di Risparmio di costruire un edi!cioche dovesse ospitare sia le Poste sia l’Istituto di Credito.

51 Ibid., n., 68, Verbali del consiglio,1923, 10 marzo, pp. 61-62.

52 Un ragionamento simile era stato fatto anche a Udine nel secondoprogetto del Palazzo comunale (1906-1907), che doveva comprendereanche le Poste, una soluzione che venne in seguito abbandonato. Cfr. D. BARILLARI, La fabbrica delPalazzo comunale di Raimondo D’Aronco: storia, tecnica, utopia, in BARILLARI,BERGAMINI, BUCCO, CARGNELUTTI, Il Palazzo comunale cit., pp.86-89.FCRUP, ACRUP, n. 69, Verbali del consiglio,1923, 2 novembre,p. 35; ibid., n. 70, Verbali del consiglio,1924, 11 luglio, p. 140.

53 ACPn, 02.0906, 1927, Cat. X cl.10; M. BACCICHET, Urbanistica e architettura a Pordenone nel Novecento:5. La città senza regole nel periodo della ripresa post bellica (1919-1929), in «La Loggia», ns, 14/15 (2011), pp. 28-30. FCRUP, ACRUP, n. 71,Verbali del consiglio, 1925, 27 marzo, p. 65; ibid., 2 aprile 1925, p. 69.

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Il 27 aprile 1925 Querini chiese il nulla osta per lacostruzione: «Per conto e nome della Spettabile Cassa di Risparmio di Udine, chiede alla S.V. [Arturo Cattaneo, sindaco di Pordenone] il necessario nulla osta per la costruzionedi un edi!cio per la sede della locale Agenzia e per l’u"ciopostale secondo i disegni allegati»53, cioè facciata, pianta e sezione, datati 25 aprile 1925, !rmati da Ettore Gilberti. Negli atti del Consiglio di Amministrazione, sia Gilberti sia Petz sono denominati progettisti, il primo dal punto di vista architettonico, il secondo per l’aspetto amministrativo e il reperimento delle ditte appaltatrici. La risposta seguì a stretto giro di posta: «Si approva la domanda a condizioneche il marciapiede, data la sua esigua larghezza, non vengaoccupato con lesene e gradini. La commissione d’ornatoraccomanda di studiare una migliore soluzione architettonicaper la parte d’ingresso alla scala d’accesso agli appartamenti e per la parte superiore dei contorni di !nestra del II piano»54. L’area con i locali retrostanti, a"ttati alle Poste !no al 1933, fu acquistata dal Comune di Pordenone nell’aprile 1926; i lavori furono ultimati nel settembre 1926 e il permesso di abilità fu concesso il 24 gennaio 192755. Come scriveMoreno Baccichet nel suo pregevole lavoro sull’architetturapordenonese, «il progetto predisposto da Ettore Gilberti,all’epoca il più fecondo architetto di Udine, si rifaceva a un monumentale storicismo di ispirazione italica»56. Come frequentemente accade nelle !liali della Cassa di Risparmio, un atrio porticato, sopra cui si disponevano gli alloggi di maggior prestigio, disimpegnava l’ingresso alla Posta, che occupava i vani sul retro, e quello alla Banca, i cui ambienti erano fronte strada57. Rilevante è l’uso della pietraarti!ciale che si concentra soprattutto sopra il porticato verso Via Mazzini con l’uso di un bugnato che ne evidenzia i pro!li, di ghiere dell’arco, di mensoloni decorati con ghirlande di’alloro, di un balcone, di una serliana con timpano curvilineo e di monumentali stemmi.

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Ettore Gilberti, Cassa di Risparmio del FriuliVenezia Giulia, filiale di Pordenone in Via Mazzini,particolare dell’ingresso all’atrio, 1927.

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Nelle facciate laterali, invece, solo il primo piano è in pietra arti!ciale con grandi archi, mentrele pareti laterali sono in mattone che contrasta con le riquadrature delle !nestre e il fregio,decorato con le solite ghirlande, solo verso la più importante Via Mazzini. Rispetto a PalazzoContarini le decorazioni in pietra arti!ciale hanno un gusto più classicheggiante, ma alcunesono molto simili, come gli elementi ornamentali a foglie di alloro, le ghirlande, le cornici a foglie,ovoli e fusi. Sotto le mensole del balcone sembra quasi di intravvedere le tracce di una perdutadoratura. Lo spigolo opposto al porticato era arrotondato e mascherava una scala, ma certamentela parte più importante è costituita dal porticato, che nello stesso 1927 fu decorato con gra"tidorati da Enrico Miani 58. Entro cornici a melograni rosso pompeiano e oro si dispongono tra cartigli svolazzanti i motivi decorativi, alcuni dei quali fanno parte del repertorio spesso usato da Miani: lucerne, !accole, acquamanili, !accole, mazzi di rose canine. Altri emblemi sonoinvece legati alle attività economiche di Pordenone, come spighe di grano, tralci di vite,conocchie, boccali di vino. La parete di fondo è decorata con disegni che alludono all’attivitàbancaria: da un libro e da un salvadanaio si dipartono rigogliosi rami !oriti, mentre unacornucopia a sinistra e un favo a destra alludono alla prosperità operosa. Anche il lampadario è un’opera di design del tempo, dal momento che fu eseguito dall’O"cina udinese Magro e Mencacci e comprata dalla Cassa di Risparmio alla Prima Biennale di arte friulana proprio per l’atrio della !liale di Pordenone59. Il complesso decorativo Art Déco è ottimamente conservato e si può considerare uno dei migliori risultati della collaborazione tra Gilberti e Enrico Miani.Il Consiglio di Amministrazione giudicò molto positivamente le nuove agenzie di Tolmezzo e Pordenone, perché «hanno contribuito al miglioramento edilizio di quei capoluoghi,cattivandoci così anche la simpatia delle popolazioni», ottenendo un consenso sociale di indubbia importanza che l’Istituto ha sempre perseguito nella sua storia60.

54 ACPn, 02.0906, 1927, Cat. X cl.10,lettera del sindaco di Pordenone a Luigi Querini, prot. 4750,Pordenone, 5 maggio 1925.

55 ACPn, 02.0906, 1927, Cat. X cl.10,prot. 822. FCRUP, ACRUP, n.72, Verbali del consiglio, 1926, 26 aprile, p. 47; ibid., 18 ottobre, p. 103; ibid., n.75, Verbali del consiglio,1929, 7 febbraio, p....

56 BACCICHET, Urbanistica e architettura cit, p.30.

57 FCRUP, ACRUP, n. 71, Verbali del consiglio, 1925, 10 luglio, p. 123.

58 Si leggono ancora la data e la firmaMiani/MXM/XXVII. FCRUP,ACRUP, n.73, Verbali del consiglio,1927, 10 novembre 1927, p. 120. I lavori furono pagati 7000 lire.

59 Ibid., n. 72, Verbalidel consiglio, 1926, 21 settembre, p. 94.

60 Ibid., n, 73, Verbali del consiglio,1927, 7 febbraio, p. 21.

a Pordenone

Officina Magro & Mencacci, lampadarionell’atrio della filiale pordenonese della Cassadi Risparmio del Friuli Venezia Giulia, 1926.Enrico Miani, Decorazione a graffito della parete di fondo nell’atrio della filialepordenonese della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia, 1927.

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61 Ibid.,n 72,Verbali del consiglio, 1926, 18 ottobre, p. 101; ibid., 7 novembre, p. 112; ibid.,18 novembre, p. 118.

62 Ibid., n. 73, Verbali del consiglio,1927, 29 marzo, p. 53.

63 Ibid., 1 giugno 1927, p. 73.64 Ibid.65 Ibid., n. 74,Verbali del consiglio, 1928,

11 gennaio, p.5; Ibid., n. 75, Verbali del consiglio, 1929, 17 gennaio, p. 6.

66 Ibid., n.73, Verbali del consiglio, 1927, 10 ottobre, pp. 113-114; ibid., 20 ottobre, p. 115; ibid., 2 novembre, pp. 118-119.

L’Esattoria comunale di Udine

L’Esattoria comunale di UdineNel 1926 la storica sede di Via del Monte apparì del tutto insu!ciente per ospitare gli u!cidell’Esattoria comunale di Udine, assunta in quel periodo dalla Cassa di Risparmio. Si pensò, dunque, di acquistare da Carlo di Prampero l’area già Pecile, posta all’angolo tra Via Zanon e Valvason. Ancora una volta il progetto di massima fu a!dato a Ettore Gilberti, che trovava la super"cie «molto adatta» anche in relazione al prezzo di 185.000 Lire e alla possibilità di espandersi verso il Mercato del pesce61. Perfezionato l’acquisto nel dicembre1926, Gilberti «progettista» del palazzo dell’Esattoria, consigliò nel marzo 1927 l’acquisto dell’area occupata da una casetta di Attilio Facini «per il fatto che esso permetterà maggior libertà di sviluppo di certi servizi preveduti dal progetto, indipendentemente dalla necessità o meno di occupare tutta l’area»62.Nel giugno dello stesso anno, allo scopo di armonizzare il nuovo edi"cio con gli altri palazziprospicienti Via Zanon, Gilberti presentò una variante che modi"cava l’estetica della facciata,sostituendo la pietra arti"ciale con pietra viva63. Il Consiglio rati"cò la maggiore spesa in considerazione «del maggiore valore intrinseco della costruzione … e del vantaggio estetico da tenere in particolare conto essendo la località centrale»64, approvando anche la realizzazione degli in"ssi in legno di quercia65. I lavori di costruzione furono a!dati all’impresa Attilio Zorattini, ma durante lo scavo delle fondamenta si trovò uno strato di terreno imbevuto d’acqua della vicina roggia. Pragmaticamente Gilberti pensò di usare la cavità ottenuta costruendo un grande caveau per cassette di sicurezza e custodia di valori ed elaborò, quindi, un nuovo progetto disegnando una comoda scala e ordinando le grate all’o!cina Calligaris, mentre l’impianto di sicurezza fu a!dato alla milanese Lips Vago66.

Nella pagina a fianco:Ettore Gilberti, Palazzo già Esattoriacomunale di Udine, facciata d’angolo tra Via Valvason e Via Zanon, particolare, 1926-1928.

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Officina Borsetta, cancellate esterne della già Esattoria Comunale di Udine, 1966, ferro battuto.

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Ettore Gilberti, Palazzo già Esattoria comunale di Udine, particolare delle finestre superiori angolari “in pietra viva”, 1926-1928.

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Per le questioni tecniche come il riscaldamento o la porta di sicurezza del caveau, il Gilberti fu a!ancatodall’ing. Eugenio Mariutti, come sarebbe accaduto anche per Palazzo Contarini67. Nel settembre 1928 i lavori furono terminati68

e già nell’ottobre l’Esattoria si trasferì nella nuova sede, mentre le competenze di Gilberti per le prestazioni di«progettazione e direzione dei lavori»69 furono pagate nel 1929.L’edi"cio angolare ha una facciata curva che ricorda moltiesempi di costruzioni gilbertiane. Questo è il fulcro dellostabile con la serliana ricurva al piano nobile e una trifora al piano superiore. L’attico superiore ricurvo è diviso da unapesante cornice marcapiano dal corpo di fabbrica, la parteinferiore con il portone e le ampie aperture presenta delleripartizioni con elementi in pietra arti"ciale, alternativamenterustici e lisci di gusto manierista, mentre, come di consueto, la parte superiore è occupata da appartamenti con le "nestredel piano nobile dai timpani ricurvi. Le inferriate e le ringhiere in ferro battuto del caveau furono, nel 1929, opera di Alberto Calligaris70, mentre le nuove aggiunte esternesono state eseguite nel 1966 dal fabbro Fulvio Borsetta(Mortegliano, 1942). Egli eseguì anche numerose insegne e lavori per la Caserma di Prampero (1967) riportando moltipremi nelle manifestazioni dell’Esa. Anche l’o!cina Borsettanacque da una costola della Calligaris, poiché il titolare imparòil mestiere presso Enzo Pascoli, già capo della grande o!cinaudinese. I ferri battuti dello scivolo esterno furono invecerealizzati negli anni Novanta dalla ditta Morosas di FrancescoMoro, su disegno di Lorenzo Bresil71. Negli stessi annil’impresa Moro e#ettuò anche il so!tto metallico nel salonedella Fondazione in Palazzo Contarini.

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67 Ibid., n. 74, Verbali del consiglio, 1928, 18 gennaio, p. 7; ibid., 8 febbraio, p. 28.

68 Ibid., 27 settembre 1928.69 Ibid., n. 75, Verbali del consiglio,

1929, 16 maggio, p. 61.70 Ibid., 16 maggio 1929, p. 61.71 G.B. DELLA PORTA, Memorie su le antiche

case di Udine, a cura di V. Masutti, I, Udine 1984, p. 309, n.874.,Architettura del Novecento nel FriuliVenezia Giulia, Quaderni del Centro

di Catalogazione dei beni culturali, 20,Udine 1989, p. 45; SAVONITTO, Schede,scheda 35, pp. 85-88; G. BUCCO, schederelative a Lavorazione del ferro battuto, in REALE (a cura di), Le Arti cit., p. 417:La ditta Morosas fu fondata da LudovicoMoro nel 1947 ed è attualmente direttadal "glio Francesco: cfr G. BUCCO,Tradizione e tecnologia dei metalli. FrancescoMoro:un fabbro minimal, in «Sot la nape»,../3-4(1999), pp. 69-76.

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Alberto Calligaris, Cancello del caveaudella già Esattoria Comunale di Udine, particolare e, nella pagina a fianco l’intero, 1929, ferro battuto.

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A Maniago l’ultima filiale di GilbertiA Maniago fu edi!cata nel 1933 l’ultima delle !liali della Cassa di Risparmio su progetto di Ettore Gilberti, prima del completamento del Palazzo d’oro, argomento su cui rimando al testo di Liliana Cargnelutti. L’edi!cio, eretto nell’area tra Via Roma e Via Castello su un’area di proprietà dell’istituto bancario, mostra la capacità di Gilberti di sentire il mutamento dei tempi. Invece dello stile storicista precedentemente adottato, Gilberti, coadiuvato dall’ingegnere Eugenio Mariutti per le valutazioni tecniche, progettò un edi!cio in stile razionalista, come quelli eseguiti a Udine per la stessa Cassa di risparmio e successivamente per l’Odeon, completato da Vicentini. Lo schema è sempre il solito: grandi aperture al piano terra rialzato per ospitare non solo gli u"ci della banca, ma anche un negozio e un bar. Ai piani superiori trovavanoposto appartamenti da a"ttare, mentre le facciate di altezze diverse erano ritmate da !nestrerettangolari e arcuate. Le riquadrature e le fasce marcapiano costituiscono gli unici elementidi una sobria decorazione in stile Novecento. Il fabbricato fu edi!cato, come l’Esattoria, dall’Impresa Attilio Zorattini di Udine e fu inaugurato il 28 ottobre 193372.

72 A. TAGLIAFERRI, Cenni storici sull’istitutofriulano della Cassa di Risparmio, in C.G.MOR (a cura di), Maniago Pieve FeudoComune, Maniago 1981, p. 560;FCRUP, ACRUP, n.79, Verbali delconsiglio, 1933, 12 ottobre, p. 202.

Ettore Gilberti, Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia, filiale di Maniago,particolare dell’angolo tra Via Castello e Via Roma, e, nella pagina a fianco, particolare della facciata su Via Castello, 1933.

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Su e giù per Via Manin e dintorniPalazzo d’oro non è l’unico palazzo Art Nouveau della via Sul lato opposto proprio nel 1907 fu edi!cato l’Emporio Viezzi, un emporio commerciale, per qualche verso simile all’EmporioBroili costruito da Luigi Taddio. Non c’è il nome del progettista, ma si conosce solo il nomedella ditta Tonini che lo realizzò, anzi, come testimonia Pietro Adami, le erme femminili che lo caratterizzano sarebbero niente altro che i ritratti di Valentina, Giovanna e Romualda,!glie di Romolo Tonini, che continuò la storica impresa di famiglia. Negli anni Trenta Tonini si associò con Attilio Zorattini, la cui impresa costruì non solo l’ampliamento del Palazzo d’oro,ma anche alcune !liali della Cassa di Risparmio. Nella storica sede dei Tonini esistono ancora i modelli di questi volti graziosi con lunghe trecce, che ripropongono l’ideale libertydi una casareccia femme fatale. La ditta Tonini, che rivaleggiava con quella D’Aronco, utilizzòanche numerosi elementi decorativi in pietra arti!ciale come il Mercurio, che ne evidenzia la destinazione commerciale, elementi "oreali che ne caratterizzano la produzione, pur essendomolto comuni. Ferri battuti dovevano sorreggere lampade e sono stati parzialmente smantellati,tuttavia rimangono ancora degli elementi circolari, tangenti in un punto, che appaiono essere una sigla del liberty udinese, di#uso attraverso l’esposizione del 1903. Qua e là nella via ai numeri civici portoncini e ringhiere dei poggioli ricordano ancora la moda del ferro battuto, che tanto successo aveva trovato sul piano locale.

Su e giù per Via Manin e dintorni

Luigi Taddio, edificio già Emporio Broili in Via Poscolle n. 7 a Udine, particolari della facciata, 1912.

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73 Udine vecchia che scompare, in «Giornaledi Udine» 27 febbraio 1907, su cortesesegnalazione di Liliana Cargnelutti; F. TENTORI, Architettura e architetti cit.,p. 348; G. BUCCO, Tonini, in SCALON,REGGIO, BERGAMINI (a cura di), Nuovo Liruti cit., pp. 3357-3360.

74 Panificio della ditta Vincenzo Pittini in Udine via Manin, in «Le IndustrieFriulane», 1909, n. 2,pp.18-20.

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Impresa Tonini, Udine, Via Manin n. 14, Emporio Viezzi, parte superiore della facciata, 1907.

L’emporio Viezzi era stato costruito da Enrico De Luca, titolare di una fabbrica di biciclette e casseforti, in sostituzione di una fabbrichetta «che forma il corpo avanzato della antica casa dei Susanna di fronte alla via della Prefettura»73. Il nuovo edi!cio fu denominato «palazzo di cristallo» proprio per le ampie super!ci vetrate. Il sistema a pilastri portanti, che permettono vaste super!ci espositive, lo rendono infatti molto simile alla tipologia dei magazzini viennesi. L’uso del vetro e delle trasparenze è un elemento che caratterizza più l’ambiente tedesco che quello italiano a ribadire i legami con la cultura secessionista, tanto che anche D’Aronco per il Palazzo comunale di Udine aveva previsto un pavimento di vetrocemento nella Sala del Popolo, per trasmettere l’idea della trasparenza della pubblicaamministrazione. L’emporio Viezzi presenta anche un imponente portone in legno,minutamente lavorato, che mi sembrerebbe di poter attribuire al mobili!cio Sello, ideatoreanche dei pregevoli in!ssi per il pani!cio Pittini, andati distrutti nelle successive ristrutturazioni.Si trattava di in!ssi lisci di legno impreziositi agli angoli da semplici sfere di vetro74.

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Luigi Tardone (attr.), Fioreria Pravisani in Via Manin, soffitto, anni Sessanta.

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Un altro edi!cio curioso nella stessa via è la Fioreria Pravisani, che qui ebbe sede !n dagli anni Venti, occupando i locali dello Stabilimento Agri-orticolo Rho. Il so"tto è decorato con un singolare disegno curvilineo di lampadine, che intendevano rappresentare una foglia. Si data agli anni Sessanta, quando il negozio fu rimodernato da Antonio e Margherita Pravisani,che lo commissionarono a Luigi Nardone (Udine,1905-1971), mobiliere e !gura di spicco nel settore dell’artigianato friulano. Sempre degli anni Cinquanta, 1951 per la precisione, sullo stesso lato della strada c’ è una ancona devozionale voluta in occasione dell’anno santo da Renato Muner. Rappresenta un malato ed è una delle poche ancora esistenti in città.

Chiude la strada ancora adesso il bar Cotterli, che mantiene ancora il gusto Novecentosoprattutto negli esterni in pietra tratta da Aurisina. Per l’interno nel 1932 il pittore ErnestoMitri progettò un luminosissimo rivestimento in specchio incisi, che decoravano le sca#alature e le pareti del bar. Sul fondo astratto dei pannelli costituito da quadrettature e linee spezzate e curve erano disposti i simboli del lavoro e del paesaggio friulano. La zona costiera era riassunta dal porto di Aquileia, da sirene, tritoni, navi a vela, fari, onde gabbiani, la pianura era rappresentata con l’aratura, la semina, i boccali di birra, le visioni a volo d’uccello di Palmanova, Cividale, Gemona e Udine. La !enagione, la fontana, le portatrici d’acqua con il buinc, il focolare, l’arcolaio, le case a#ondate nella neve rappresentavano la montagna, mentre il pannello con la raccolta del ca#è e quello della vendemmia trattavano il tema del lavoroed erano in perfetto accordo con la destinazione del locale. L’arredo era completato con lampadaricon vetro molato e lucido, inciso con i segni zodiacali, mentre un orologio senza ore, per non notare lo scorrere del tempo, completava l’arredo, che è andato distrutto75.

Su e giù per Via Manin e dintorni

75 Ernesto Mitri decoratore, in «La Panarie»,9/53 (32), pp. 328-331. G. BUCCO(a cura di) Ernesto Mitri, Graffiti e decorazioni, brochure della mostra(Villa Manin di Passariano (15 gennaio-26 marzo 2000), Codroipo 2000. I vetri conservati sono stati ritagliati e inseriti al centro dei tavoli in legno.

Edicola votiva in Via Manin, 1951.Il Bar Cotterli in una visione notturna, anni Trenta. Udine, Biblioteca Civica ‘V. Joppi’ – sezione Friuli.

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Luigi Taddio, Palazzo già Banca Cattolica, ora della Procura della Repubblica di Udine, particolari decorativi, 1907-1908.

I vetri furono prodotti dalla vetreria Ma!oli, che al tempo aveva sede nell’attuale PalazzoGenerale Cantore in Piazza I Maggio. Progettato da Pietro Zanini, che aveva lavorato "no al 1923 nello studio D’Aronco, é decorato con protomi animali simili a quelle di PalazzoContarini. Altre ra!gurazioni di Mitri rappresentanti Udine, Gradisca, Palmanova, Cividale sitrovano non molto distante dalla Via Manin in Casa Spezzotti e traducono in pittura negli anniCinquanta il gradevole linguaggio novecentista del Bar Cotterli, ispirato al veneziano GuidoBalsamo Stella.76 Nei dintorni di Via Manin si trovano ancora numerosi edi"ci realizzatidall’impresa Tonini, che edi"cò gli edi"ci lungo via della Prefettura, tra cui la sede dell’ONB, ora sede della Guardia di Finanza, e la vecchia sede della Camera di Commercio di Udine. La ristrutturazione fu opera dell’ing. Oddone Tosolini (1924), che, nonostante una situazioneedilizia infelice, sistemò il salone ponendo delle colonne che ottemperavano a ragioni di statica e di decorazione. Come scrive Gualtiero Valentinis, il so!tto fu decorato dal pittore Gasparinicon tre tele ispirate a Veronese; i mobili di Sello erano classici nella linea, ma si ispiravano «al concetto moderno della praticità e comodità»; ferri battuti e bronzi erano della dittaCalligaris, mentre le decorazioni delle pareti murali furono eseguite da Duilio Colavizza, Attilio Stroppelli e gli stucchi furono dorati da Eligio Bonanni77.Sorge nello stesso isolato del Palazzo d’oro anche l’edi"cio della Banca Cattolica, ora sede della Procura, edi"cato da Luigi Taddio (1875-1955), su disegni elaborati da D’Aronco (1907-109). Taddio, che lavorò con Gilberti proprio per i palazzi della Cassa di Risparmio, realizzòl’ennesimo palazzo con una facciata d’angolo arrotondata, che uni"cava le ali laterali. Grandeanche il questo caso l’uso delle pietra arti"ciale e gli elementi decorativi: grandi teste di leonedaronchiane, bifore e trifore con colonnine ioniche molto simili a quelle di Palazzo Contarini,cornici modanate a dischi, elementi decorativi a forma di corona. Come nota Licio Damiani,Taddio impoverì il progetto originale daronchiano «esaltando la componente eclettica … con una piatta uniformità in cui gli elementi d’interesse sono dati da alcuni particolari preziosi e isolati, come i fregi degli stipiti e delle architravi e la ornatissima balaustra»78.La fantasmagorica ricchezza cromatica di Palazzo Contarini non fu però raggiunta da nessun’altroarchitetto e la denominazione ‘Palazzo d’oro’ è fortemente espressiva della considerazione di cui godeva l’edi"cio. Anche nel palazzo dell’Odeon, che risulta anticipato dai progetti del completamento di Palazzo Contarini del ‘34, Gilberti seppe rivolgersi a decoratori e artigianicompetenti con gli stucchi di Antonio Franzolini e i gra!ti di Ugo Rossi, cosicché il Palazzod’oro, come un Giano bifronte, testimonia ancora con le sue facciate verso Via Manin e PiazzettaValentinis l’apice del Liberty secessionista e la sua trasformazione negli stili Déco e Novecento79.

76 G. BUCCO, Committenze architettoniche e collezionismo artistico tra pubblico eprivato, in L. CARGNELUTTI (a cura di),«Spezzotti» Una famiglia e un’azienda in Friuli fra Ottocento e Novecento, Udine 2010, p. 187.

77 G. VALENTINIS, I nuovi uffici della Camera di Commercio di Udine, in «La Panarie», 3/17(1926),7, pp. 326-333.

78 L. DAMIANI, L’influenza di RaimondoD’Aronco sugli architetti friulani del suotempo, in E. QUARGNAL (a cura di) Atti del Congresso Internazionale di Studi su Raimondo D’Aronco e il suo tempo,(Udine, 1-3 giugno1981), Udine 1981.pp. 251-257

79 G. BERGAMINI, G. BUCCO, (a cura di)Antonio Franzolini scultore friulano,catalogo della mostra (Udine, 11maggio -10 giugno 2007), Udine 2007, pp. 33, 51-57.

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Luigi Taddio, Palazzo già Banca Cattolica,ora della Procura della Repubblica di Udine, facciata angolare tra Via Lovaria e Piazza Patriarcato e, nella pagina a fianco, particolare, 1907-1908.

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Il restauro del Palazzo d’Oro

I palazzi udinesi di Via Manin di proprietà della Fondazione CRUP costituiscono un vero e proprio ambito urbanistico particolareggiato: un isolato architettonico coerente, parzialmentecircoscritto da quattro vie pubbliche, in cui sono presenti testimonianze organizzative di varieepoche. L’orientamento metodologico interdisciplinare applicato in sede di restauro non hasottovalutato la relativa semplicità dell’intervento di manutenzione delle super!ci, ma ha prestatouna costante attenzione ai più minuti dettagli che emergevano durante i lavori, registrando man mano le caratteristiche morfologiche e materiche degli edi!ci, la tecnica esecutiva applicata e le forme decorative in essere. In tal modo è stato possibile attribuire alle opere sequenze temporali precise e riconosciuti ambiti culturali. Una guida alla redazione del progetto di restauro è stata anche l’indagine preliminare sui materiali di !nitura delle super!ci esterne. Seguendo una procedura consolidata, la ricerca ha esaminato le caratteristiche del bene da restaurare in base ai condizionamenti dettati da epoca di esecuzione, stile e materiali. Gli studi preliminari, pertanto,sono stati condotti a più livelli. A livello scienti!co si è proceduto alla diagnostica delle patologiepresenti, al riconoscimento dei materiali e delle tecniche usate. Con l’analisi stratigra!ca si èindagato sugli intonaci esterni alla ricerca di un eventuale palinsesto di !nitura delle super!ci.Contestualmente, è stato condotto l’approfondimento archivistico e storico sui siti e le opere.

Stefano Tracanelli

Introduzione

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191 La ditta Pietro Contarini all’inizio del Novecento

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Casa Gori-Pividori. La facciata prima dell’intervento di restauro.

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Per quanto riguarda lo stato di conservazione degli edi!ci e il loro recupero formale, anche se in buona parte le recenti sollecitazioni ambientali (naturali e da inquinamento) hanno investito uniformemente tutte le super!ci a prescindere dalla loro antichità, è necessario esaminare singolarmente ogni palazzo, tenendo presente l’epoca di ciascuno, anche per meglio illustrare le patologie e le scelte di restituzione e conservazione dei manufatti.

La Casa Gori-Pividori è la prima della schiera entrando da Porta Manin. La sua localizzazione a ridosso delle mura medievali della città senza dubbio la rende più interessante dal punto di vista storico. L’edi!cio si presenta come il risultato di una importante ristrutturazione eseguita a più riprese nell’Ottocento di una più antica casa,probabilmente già rimaneggiata nel Settecento. Come scrive Liliana Cargnelutti nel presentevolume1, l’edi!cio ha avuto due signi!cativi momenti di rinnovamento e completamentoarchitettonico: il primo avvenuto nel 1815 su richiesta del proprietario, il pistore FrancescoArmellini, con l’innalzamento di un piano; il secondo nel 1853, con un ampliamento che lo porta all’assetto attuale per opera della famiglia Braida, nuova proprietaria del complesso già nel 1839. Prima degli interventi ottocenteschi, secondo il rilievo dello stato di fatto del progetto commissionato da Francesco Armellini, l’edi!cio era a tre piani fuori terra (pianterreno, primo e secondo piano), di tipologia residenziale comune, con annessa una bottega di impostazione ancora medievale, ingentilito da un cornicione neoclassico, probabilmente risalente a un intervento di adeguamento stilistico settecentesco, forse legato all’acquisizione dell’immobile da parte della famiglia Vanni degli Onesti nel 1703. La ricerca stratigra!ca, sulle !niture condotta sistematicamente su tutta la super!cie dell’edi!cio, è stata una attività irrinunciabile per veri!care materialmente i dati storici. Gli intonaci, riferibili alla ristrutturazione del 1853, erano notevolmente degradati con vaste lacune e abrasioni, di"usi difetti di coesione e adesione al supporto. L’opera ha subito innumerevoli ripristini degli intonaci eseguiti con materiali impropri (leganti cementizi e resinati), che hanno contribuito a snaturare la funzionalità estetica e la protezione del manufatto. L’intonaco del 1853 ricoprivacoerentemente tutta la super!cie, steso in un unico strato (senza arricciatura preparatoria) di spessore variabile da 10 a 25 mm. Era costituito da un inerte siliceo locale setacciato !nemente, con inclusioni di carbonati, con legante calce magnesiaca ricavata da calcari dolomitici locali. La !nitura super!ciale era costituita da una consistente scialbatura stesa a pennello di grassello di calce, additivata con sostanze proteiche (colla animale o caseinato di calcio).

Casa Gori-Pividori

Il restauro

Il restauro del Palazzo d’Oro

1 Cfr. il paragrafo dedicato alle case Gori-Pividori e Braida-Caratti, qui, pp. 62-67.

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Casa Gori-Pividori.A fianco, da sinistra a destra:reperti di stilatura di murature dell’antica casa medievale (sec. XII);lacerto della tinteggiatura verde risalente alla finitura della casa del 1815.Pagina a fianco:L’edificio dopo il restauro.

Il restauro del Palazzo d’OroStefano Tracanelli

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I tasselli stratigra!ci, oltre a mettere in luce la !siologia dell’intonaco del 1853, hanno permessodi rilevare, andando in profondità, altre due testimonianze: una relativa alla !nitura cromaticadell’edi!cio del 1815, l’altra al trattamento super!ciale della superstite muratura della casamedievale. I ritrovamenti riemersi dall’intonaco occultatore hanno una super!cie circoscritta,essendo sopravvissuti alla sistematica demolizione e ristrutturazione dell’edi!cio del 1815. Nel 1853 sulle facciate è stato applicato uno nuovo intonaco per conferire all’ampliamentodell’edi!cio una unità formale. L’unico frammento della !nitura del 1815 è stato ritrovatosull’angolo della casa, fra la Salita San Bartolomeo e Via Manin, in corrispondenza del secondopiano, sotto uno spesso strato di malta. Trattasi di una porzione di intonaco di qualità, costituitoda inerti setacciati e con una percentuale elevata di calce, il tutto ben carbonatato. Tecnicamenteè stato applicato in un solo strato direttamente sul supporto, con uno spessore variabile da 10 a 15 mm. Il manufatto, poiché la super!cie risulta lisciata e ben compattata al supporto, evidenziauna lavorazione ottenuta con un utensile metallico (cazzuola o frattazzo). L’intonaco, così preparato,è stato a sua volta tinteggiato di terra verde, una stesura cromatica costituita da ossidi !nementemacinati, legati con una percentuale di calce e leganti proteici, come rivela l’analisi di laboratorio. Lo strato cromatico risulta permeato allo strato preparatorio e ciò fa pensare chesia stato applicato quando gli intonaci erano ancora umidi, in modo che gli strati hanno subito,fra loro, una favorevole adesione. Infatti il colore risulta saturo e molto brillante. Sul frammento,ad aggiungere una valenza decorativa, c’è la presenza di una fascia marcapiano, inseritalongitudinalmente tra due incisioni eseguite con una punta metallica, probabilmente un chiodo.La fascia è in linea con i basamenti dei riquadri delle !nestre e corrisponde allo spessore della pietra, come in continuità della stessa, per tutto il fronte del palazzo. La fascia dimarcapiano è stata colorata di grigio pietra, con una !nta bocciardatura a trompe l’oeil.

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195 La ditta Pietro Contarini all’inizio del Novecento

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I reperti medievali sono localizzati sul fronte della Salita di San Bartolomeo. I più signi!cativi si trovano ad un’altezza di circa tre metri, e hanno una doppiavalenza storica: l’accertamento di un preesistente fabbricato anticoe il rilievo di una tipologia d’epoca di !nitura della muratura. Era facilmente ipotizzabile che, in un sito così storicamente signi!cativo, ci fosseuna preesistenza antica, ma il ritrovamento ci dà un’attendibile indicazionesull’epoca di costruzione della casa. La muratura ritrovata non fa parte di unasezione strutturale dell’edi!cio, ma è solo un frammento inserito, quasi incastonato,nel nuovo fabbricato e si presenta con una forma discontinua che parte dal terrenoe sale !no al primo piano, interrotta dalle forometrie e da altre esigenze strutturalidel nuovo edi!cio. Il manufatto è costruito con pietrame sbozzato, spezzoni di pietra arenaria di diversa matrice minerale e sasso nella sua forma naturale,presentato faccia a vista. La malta di allettamento è grassa di calce con l’aggiunta di inerti silicei setacciati e una notevole presenza di calcinaroli. In alcuni punti si registra una contaminazione argillosa della malta, il che fa supporre l’uso anchedi sabbie provenienti da cave di campagna. L’elemento distintivo di questa anticamuratura è l’uso della stilatura dei giunti, una tradizione edilizia duecentescapresente anche in Veneto2. La stilatura è l’intervento !nale di una serie di operazioni che in successione prevedono: recupero della malta che fuoriesce tra un concio e l’altro per la pressione esercitata dall’operatore nella posa della !la superiore di conci; ricompattamento dell’eccedenza di malta fra sasso e sasso; segnatura nella malta ad incavo longitudinale tra una !la e l’altra di conci operata con un utensile in legno o, in altri casi, segnatura a taglio fatta con un utensile metallico. La stilatura delle malte di raccordo dei giunti fra i conci era irrinunciabile in un apparato faccia a vista per dare saturità strutturale e protezione dagli agenti atmosferici alla muratura. Non mancava l’intento esteticodi dare alla super!cie un’armonia strutturale, pur attraverso il gesto elementare di un umile operatore. Il più delle volte c’era un’ulteriore aggiunta di malta dove mancasse una porzione su"ciente per creare questo elemento di raccordo di grande valenza conservativa.Va rilevato che le stilature conservano ancora unapatinatura coerente costituita da particellato atmosferico ed elementi carboniosi.

2 F. VELLUTI, Indagini su alcuni aspettidell’uso funzionale e decorativo di intonaci e di dipinti muralinell’edilizia veneta medioevale, in Manutenzione e conservazione del costruito fra tradizione ed innovazione, Atti del convegno di studi (Bressanone 24-27 giugno 1986),Padova 1986, pp. 117-130.

Il restauro del Palazzo d’OroStefano Tracanelli

Pagina a fianco:La salita di San Bartolomeo dopo il restauro.

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Tale fenomeno si forma quando le super!ci hanno una lunga storia di sacri!cio a loro carico, segno di una esposizione secolare della !nitura agli agenti atmosferici, esposizione precedente agli interventi del1703. I ritrovamenti descritti hanno notevolmente condizionato, per la loro rilevanza storica, il progettodi restauro anche in corso d’opera. I soggetti coinvolti nell’intervento (proprietà, progettista, Comune di Udine e Soprintendenza ai beni architettonici) hanno concordato un protocollo d’intervento chetenesse conto dell’unità formale della casa, ma che nel contempo mettesse in evidenza i segni della storiadel sito. Per la !nitura del fabbricato si è optato per il ripristino !lologico ed estetico della casaottocentesca. Per i frammenti della stilatura della muratura dell’antica casa medievale è stato scelta la completa fruibilità delle porzioni sopravvissute. I lavori d’integrazione dell’intonaco storico sono statieseguiti con una malta costituita da calce idraulica naturale e inerti carbonatici stesa in un unico stratocome l’originale malta ottocentesca, lavorata a frattazzo, compattandola al supporto e lisciando la super!cie. I frammenti dipinti dell’intonaco precedente sono stati conservati come inserimenti a vista nell’intonaco d’integrazione, distribuito in modo da ricostituire una super!cie unitaria nella qualesi riconoscono i reperti. Il colore usato per la tinteggiatura è stato ricavato sulla scorta delle analisicromatogra!che del pigmento verde originale. Per la qualità di resistenza agli agenti atmosferici e ai raggi ultravioletti è stato scelto un legante minerale ai puri silicati di potassio. I frammenti medievali sono stati restaurati assicurando la materia di costituzione e la loro adesione al supporto, e lasciati in luce a testimonianza storica e fruibilità pubblica. Gli elementi litoplastici della facciata sono stati ripuliti dalle strati!cazioni atmosferiche e consolidati nelle porzioni instabili. Le lesioni e le fessurazioni sono state stuccate e protette nell’insieme con un prodotto idrorepellente ai silossani.

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Casa Braida-Caratti.La facciata prima dell’intervento di restauro.

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Casa Braida-CarattiLa Casa Braida-Caratti è un fabbricato, come riporta nel presente volume Liliana Cargnelutti, risalentenell’assetto attuale al 1839, anno in cui una importanteristrutturazione, che coinvolse più edi!ci, consegnava alla città una fabbrica unitaria con una facciata chetuttora conserva stilemi tardo-neoclassici del tempo3.Prima dell’intervento di restauro le !niture della facciatasi presentavano notevolmente compromesse dal degrado e da manomissioni inadeguate. Gli intonaci risultavano ripristinati più volte con malte di diversa natura, e la !nitura bianca inizialeera estremamente logorata e generalmente lacunosa,nonché riscialbata da tinteggiature successive.La ricerca stratigra!ca, condotta per stabilire la !siologiadella !nitura originale della casa e la sequenzialità dei vari interventi di copertura, è stata subordinata da quanto riportato da Antonio Bartolini.4

Infatti, sulla facciata precedente la ristrutturazione del 1839, si segnalava un a"resco attribuito a GiovanBattista Grassi ra#gurante la battaglia di Farsalo. Da rilevare la sensibile osservazione del Bartolini che annotava lo stato di conservazione dell’opera: «a"atto smarrita». L’indagine, oltre a stabilire la strutturadella !nitura, è stata !nalizzata anche a reperire eventuali lacerti dell’antica a"rescatura del Grassi. L’analisi degli intonaci, estesa su tutta la super!cie, non ha dato esito positivo, per cui è da ritenersi che l’opera del Grassi sia totalmente perduta, non solo nel colore, ma anche nell’intonachino preparatorio. I risultati dell’indagine della sezione stratigra!ca hannoevidenziato più livelli. Partendo dall’esterno, s’incontranodapprima due strati di tinteggiatura super!ciale, il primodi colore bianco avorio e il secondo di colore ocra.

Il restauro del Palazzo d’OroStefano Tracanelli

3 Cfr. qui, p. 674 A. BARTOLINI, Memorie delle pitture

di questa città di Udine …, BCUd, f.J., ms. 398, c. 62.

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Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per palazzo d’oroGabriella Bucco

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Segue uno spesso strato di grassello di calce (idrossido di calce) applicato a pennello, additivato, anche in questocaso, con sostanze proteiche (colla animale o caseinato di calcio). Lo strato successivo è un intonaco compostoda una malta grassa di calce con inerti silicei e inclusionidi carbonati di calcio di spessore variabile, a sua voltasteso su uno strato preparatorio arricciato, applicatodirettamente sul supporto murario, steso dopo unapulizia dei precedenti trattamenti d’intonacatura,accurata al punto che l’arricciatura si insinuava anche sui giunti della muratura stessa, costituita da pietrame e laterizi. In seguito all’intervento di messa in luce, si è evidenziata una situazione dell’apparato degenerata e non più funzionale. Anche in questo caso, tenendopresente il principio del ripristino !lologico, si è voluto dare funzionalità agli intonaci, soprattutto nel rapporto fra pieni e vuoti architettonici. L’integrazione dell’intonaco è stata eseguita utilizzandomalte per composizione, granulometria e qualità degliinerti e legante in perfetta sintonia !sica e chimica con il manufatto originale, seguendo la tecnica strati!caaccertata dall’analisi. L’applicazione ha rispettato la lavorazione ottocentesca a frattazzo, compattando la malta al supporto e lisciando la super!cie. Per la tinteggiatura !nale è stato scelto un coloreanalogo a quello della stesura originale, con leganteminerale ai puri silicati di potassio. Con le modalità sopra descritte sono stati ripuliti gli elementi lapideipresenti in facciata, sono state stuccate lesioni e fessurazioni ed è stata protetta la super!cie.

Casa Braida-Caratti.La facciata dopo l’intervento di restauro.

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Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per palazzo d’oroGabriella Bucco

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Palazzo ContariniIl progetto di restauro di Palazzo Contarini è stato redatto con l’obiettivo di ripristinare la centralitàe il carattere modernizzatore dell’intervento di Gilberti a Udine, nel 1906. Anche in questo caso laprassi della restituzione !lologica è risultata quella più idonea alla con!gurazione !nale del restauro.I risultati delle indagini hanno sostenuto e ria"ermato la scelta metodologica. L’originariaarticolazione delle super!ci architettoniche è stata ripristinata attraverso il recupero dell’equilibriotra gli intonaci stilati, i modellati architettonici in pietra arti!ciale e i dettagli policromi, consistentinell’uso della lamina d’oro e di stesure cromatiche rosse e azzurre. Quest’ultima innovazione estetica,quasi un messaggio culturale, era stata vani!cata da un degrado ambientale ed antropico che !no ad oggi ne aveva impedito la piena fruibilità.

Quanto agli intonaci, che costituiscono il fondo architettonico, da un primo esame visivo si poteva chiaramente osservare come il loro aspetto non fosse funzionale alla valorizzazione dei diversi elementi decorativi della facciata. L’intonaco originale, infatti, era stato ricopertonegli anni Settanta da una materia cromatica spessa, che con il tempo aveva assunto un tono grigiastro. Dalle prove di laboratorio è risultato trattarsi di una tinteggiatura resinosa a base di metilcellulosa caricata con polvere di quarzo. Inoltre tale !nitura evidenziava micro-lesioni e difetti di adesione, il tutto non compatibile con il ruolo di protezione dell’intonaco sottostante e delle murature.

Palazzo Contarini.La facciata (pagina a fianco) e un particolare del fregio prima del restauro.

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Ettore Gilberti e la committenza di Palazzo ContariniLiliana Cargnelutti

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207 Il restauro del Palazzo d’Oro

L’indagine stratigra!ca, consistente nella rimozione di questa tinteggiatura mediante l’uso di mezzi chimici, ha evidenziato un substrato originale estremamente provato da un punto di vista conservativo. Erano evidenti fessurazioni, causate da assestamenti strutturali dell’edi!cio e da escursioni termiche dell’ambiente, inoltre il dilavamento e lo stillicidio avevano provocatoun’alta porosità, con conseguente alterazione della componente cementizia. La materiadell’intonaco originale è risultata essere, sulla scorta dell’analisi petrogra!ca, una malta a base di calce e aggregati di varie dimensioni di origine "uviale addizionata con cemento. La tecnica esecutiva è consistita nella stesura di uno strato uniforme di malta lavorato a frattazzo5. Sulle facciate, stilisticamente a#ni, di Via Manin e Via della Prefettura era presente una serie di incisioni orizzontali che traspariva al di sotto della tinteggiatura degli anni Settanta, le quali, a mo’ di giunti, ripartivano la super!cie dell’intonaco in elementi a guisa di conci.Anche questo aspetto decorativo non poteva essere apprezzato pienamente a causa dellaridipintura. L’intervento di pulitura ha comportato la rimozione totale dello strato occultatore,mettendo in luce tutta la super!cie originale del fabbricato. In questo modo l’insieme è apparsonotevolmente discontinuo e in più punti lacunoso, mostrando in tutta la sua estensione ciò che era già emerso parzialmente dai tasselli stratigra!ci: risarcimenti eseguiti con materiali di varia natura e un intonaco che aveva ormai perso del tutto il suo strato super!ciale di !nitura.Appariva necessario un intervento che restituisse il valore estetico, ma che nel contempo fossefunzionale a una buona stabilità materica. Per rispondere a queste necessità è stato usato un sottile intonachino a base minerale, con buona compatibilità con la materia originale, stabilità e durevolezza, steso a frattazzo, di colore selezionato in base all’osservazione dei lacerti superstiti.L’intonacatura ha assecondato le linee delle incisioni orizzontali per conservarne il valore estetico. La tecnica esecutiva degli elementi modellati in pietra arti!ciale della facciata, diversamente sagomati a secondo della destinazione, sono stati realizzati fuori opera in stampi appositamente conformati6. La malta cementizia che doveva assumere la forma prevista veniva gettata in detti stampi (o cassaforme), al cui interno era predisposta una gabbia in tondini di ferro che diventava la strutturainterna dell’elemento. In alcuni modellati si sono riscontrati a#oramenti di questi elementi metallicidovuti alla loro prossimità alla super!cie, soprattutto nelle parti più aggettanti. Il metallo super!ciale,risentendo delle sollecitazioni ambientali, si deforma, di conseguenza la debole porzione di maltasovrastante può facilmente fessurarsi, !no a cadere, lasciando parti di struttura metallica del tuttoesposte. Dalle analisi petrogra!che, la composizione delle malte usate per la fabbricazione deglielementi consiste in rocce carbonatiche (calcari e calcari dolomitici) frantumate arti!cialmente, di diversa granulometria, e legante di natura cementizia. Pur essendo della stessa composizionemateriale, si rileva che le malte usate per le forme plastiche hanno un’aggregazione tra i componentidi qualità maggiore di quella dell’intonaco, probabilmente perché le malte nei casseri avevano un più lento e graduale processo di presa e maturazione del legante.

5 I risultati delle osservazionidiagnostiche sono contenuti nella relazione presentata allacommittenza dalla ditta ZEILA,Istituto Sperimentale e di Diagnosticaper la Conservazione dei BeniCulturali e Ambientali, di Zanica (BG),il cui testo (Palazzo Contarini ex Ca’ d’oro in Udine. Indagini diagnostiche)è conservato presso gli uffici della Fondazione.

6 La realizzazione gli interventi dimodellatura è illustrata nel presentevolume da Gabriella Bucco, pp. •••

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Gli elementi architettonici decorativi, proprio per la loroarticolazione plastica, sono stati investiti da depositi strati!catidi particellato atmosferico carbonioso, con formazione di caratteristiche croste nere. La strati!cazione interessavasoprattutto gli intradossi, con fenomeni di decoesione del materiale sottostante la crosta, in particolare nel cornicionesommitale. In alcune zone maggiormente soggette a dilavamento, soprattutto nella facciata su Via della Prefettura, si è riscontrata una decisa consunzione della super!cie, che ha messo in evidenza l’interno della struttura a causa di vere e proprie perdite di modellato. Le analisi hanno riscontrato tenui fenomeni di solfatazione della materia. Anche gli elementiprefabbricati in pietra arti!ciale sono stati interessati da lesioni e da fessurazioni di varia entità e orientamento, oltre ad aversubito dissesti e movimentazioni probabilmente dovuti a sollecitazioni sismiche. Inoltre le reazioni di ossidoriduzione dei ferri presenti all’interno della struttura hanno causato ingentispaccature e perdita di porzioni di materia anche estese e di spessore di diversi centimetri. Il fenomeno ha raggiuntomassima incidenza in corrispondenza degli elementi più esposti e aggettanti dei manufatti, in particolare le cornici dei piani delle terrazze. Per quanto riguarda gli interventi di manutenzioneprecedenti, su tutta la super!cie erano presenti vaste integrazionicon malte cementizie compatibili dal punto di vista materico, ma improprie dal punto di vista estetico e non curate dal punto di vista della realizzazione. In alcuni punti, ove era presenteristagno di umidità, si sono riscontrati attacchi di natura biologica,ovvero colonie algali e licheniche. La prima operazione di restauro è stata una pulitura selettiva della super!cie, tenendo conto delle di"erenti situazioni conservative delle parti in pietra arti!ciale, seguita dal !ssaggio delle parti mobili e consolidamento dei difetti di coesione della materia. Si è poi provveduto alla stuccatura delle lacune con malteappropriate, che tenessero conto della componente cementiziadell’originale e delle problematiche ad essa correlate. A protezione !nale è stato steso un prodotto idrorepellente.

Il restauro del Palazzo d’OroStefano Tracanelli

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Palazzo Contarini.Particolari delle croste nere e delle patinaturecon saggio di pulitura.

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Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per palazzo d’oroGabriella Bucco

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L’elemento distintivo di Palazzo Contarini, quello che ha contribuito a determinare il collegamento stilistico dell’opera di Gilberti alle grandi correnti europee del tempo, è l’uso della lamina d’oro, proposta decorativa presente in forma calibrata e non ostentata.All’interno dei valori chiaroscurali che le facciate possiedono grazie alle articolazioni plastichedella pietra arti!ciale, la doratura svolge un ruolo di lumeggiatura e ra"orzamento di alcuni temidecorativi. Alla doratura si aggiunge la presenza di due pigmenti: un azzurro sul fondo del fregiosommitale e un rosso che garbatamente si alterna tra la pietra arti!ciale e la doratura in alcunisottosquadri. Dalle analisi chimiche sui prelievi e"ettuati nei pochissimi punti di sopravvivenzadell’originale, è emerso che le bordature rosse erano eseguite utilizzando rosso cinabro con aggiunta di bianco di barite (detto anche bianco !sso) e colla proteica. Al di sopra di questo primo strato le analisi ne indicano uno successivo, sempre a base di rosso cinabro, con aggiunta di ocra rossa e bianco di barite legati a colla proteica, una ridipintura, ormaialterata, dovuta ad un intervento di manutenzione di cui non abbiamo testimonianzadocumentaria. Stessa vicenda conservativa ha riguardato il blu di fondo del fregio: al di sopradello strato originale, ottenuto con l’uso del pigmento oltremare arti!ciale con aggiunta di bianco di barite, è stata riscontrata una ridipintura più recente e grossolana a base di blu di Prussia con legante di resine organiche. Le analisi delle dorature superstiti hanno permesso di comprendere la loro tecnica esecutiva. Il supporto in pietra arti!ciale veniva saturato con oliosiccativo, seguiva la stesura della vernice adesiva a essiccamento lento, detta missione, a base di bianco di piombo, calcite, mastice e olio siccativo, sulla quale veniva adagiata la foglia d’oro.

Il restauro del Palazzo d’Oro

Palazzo Contarini.Lacerti di doratura originalesopravissuti.

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Il mito della Secessione: Ettore Gilberti, artisti e artigiani all’opera per palazzo d’oroGabriella Bucco

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Palazzo Contarini.Alterazione della porporina.

Palazzo Contarini.Ridipinture ocra e alterazione della porporina.

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219 Il restauro del Palazzo d’OroStefano Tracanelli

La foglia, il cui spessore era di un micron, veniva !ssata con un pennello di vaio e, secondo i casi, brunita con pietra d’agata.Anche la doratura, per la sua localizzazione su elementi decorativi,ha subito il deposito di strati!cazioni nel corso del tempo;pertanto le super!ci dorate hanno visto annullato il loro ruolodecorativo, oltre a registrare estese abrasioni e lacune. Il cattivostato di conservazione è stato il motivo per cui molte parti doratefurono ad un certo punto ridipinte con pesanti strati di vernice a base di porporina (pigmento di composti di polveri metalliche,quali ad esempio ottone e bisolfuro di stagno), ormai del tuttoalterata e annerita. Nel fregio sommitale era presente anche unulteriore strato di pittura gialla, stesa con lo scopo di ravvivare le parti lacunose un tempo dorate. Nelle stratigra!e di alcunicampioni prelevati sono emerse deboli tracce di missione senzafoglia d’oro: si potrebbe supporre che il degrado delle dorature sia dovuto anche a una mancanza di tenuta della missione. Il restauro della doratura ha conservato, ove possibile, l’originale,ripristinando le lacune. Le irregolarità del supporto sono statestuccate e levigate al !ne di preparare un substrato idoneo allanuova doratura a foglia, stesa a missione. L’oro applicato (22 kt) è stato protetto mediante una vernice trasparente acrilicain soluzione. Le parti dipinte sono state ritoccate a velatura conpigmenti minerali in puro silicato di potassio. Lungo le due facciatedi Via Manin e Via della Prefettura corre in senso orizzontale unafascia di pietra gialla che completa il secondo marcapiano delpalazzo. Dalle analisi petrogra!che risulta costituita da un calcaredolomitico debolmente marnoso, con presenza di argille ricche di ossidi di ferro che ne determinano la colorazione. Per le suecaratteristiche litologiche e composizionali, questo tipo di pietra,piuttosto porosa, riportava spaccature, instabilità e decoesioni.L’intervento conservativo ha previsto una pulitura della super!ciecon mezzi chimici, il !ssaggio delle lastre mobili, la stuccatura delle lesioni e la stesura !nale di un protettivo.

Palazzo Contarini.Capitello dopo l’intervento di restauro

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Bibliografia

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Indice dei nomi di persone

AAbdul Hamid II, 95Adami Pietro, 179Adler Emil, 74Agricola Augusto, 29ALLEGRI M., 97ARCANO (D’) GRATTONI M., 60Arcoloniani, famiglia, 56Armellini Francesco, 63, 65, 193Armellini Pietro, 63Asquini, famiglia, 50, 79ASQUINI A., 60Asquini Fabio, 50, 53ASQUINI G., 14Avogadri (della) Gubertini Taddea, 56AVOGADRO A., 23, 60, 69

BBACCICHET M., 167, 168, 169Badini Davide, 151BAIUTTI G., 60Balsamo Stella Guido, 184Barazzutti Francesco, 148Bardusco Luigi, 26Bardusco Marco, 24, 26BARILLARI D., 76, 95, 139, 159, 167Bartolini Antonio, 49, 67, 201BARTOLINI E., 16, 49, 53Bartolotto (Bortholottus) da Pavia, 42BASSO F., 65BATTISTELLA A., 47, 55Battistig Romeo, 20Beauharnais Eugenio (de), 49BERGAMINI G., 13, 14, 16, 26, 27, 30, 32, 44, 49, 50, 53, 60, 67, 73, 76, 95, 115, 139,145, 148, 151, 159, 161, 167, 180, 184Berlam Arduino, 74Berlam Ruggero, 74, 151BERNARDINI C., 145Bertini Francesca, 32Bertrando, patriarca v. Saint –Geniès (di) BertrandoBertuzzi D’Aronco Italia, 73Bertuzzi Giacomo, 73BIASI A., 65Bierti Massimo, 119Boito Camilo, 73, 74, 97Bonanni Eligio, 142, 184Borsetta Fulvio, 174BRAGATO G., 30, 41Braida, famiglia, 63, 64, 67Braida Carlo, 24Braida Luigia, 67Brentano Giuseppe, 73Bresil Lorenzo, 79, 174Brunino di Cremona, 55Brusconi Antonio, 161BUCCO G., 74, 76, 81, 93,119, 139, 145, 148, 159, 167, 174, 180, 183, 184, 207BURELLO L., 19, 20, 23Burghart Carlo, 93

CCACCIAGUERRA G., 73, 76, 79, 97, 99, 101, 105, 106, 115Caimo, famiglia, 20Caliari Paolo dettoVeronese, 184Calligaris Alberto, 87, 89, 93, 95, 145, 174Canal Giambattista, 14, 16, 53Candidi, famiglia, 56Candoni Albino, 95 CANTARUTTI N., 26Caporiacco, famiglia, 56Caracristi Emilia, 106Caratti Umberto, 67, 148CARGNELUTTI L., 13 14, 32, 49, 56, 60, 73, 74, 76, 97, 106, 159, 167, 177, 180, 184, 193, 201Carlo da Carona, 13, 148Carlo IV di Lussemburgo, 55Carona v. Carlo da CaronaCasanova Achille, 145Casanova Giulio, 145Cattaneo Arturo, 168Cavalcanti, famiglia, 57Cavalcanti Antonio, 57Cavarzerani Costanza, 143Cecchini Maria Teresa, 19Cesarotti Melchiorre, 49Chiarottini Francesco, 16, 53Chini Galilei, 119, 161CITTADELLA A., 27Ciussi Carlo, 32Ciussi Pio, 32Colavizza Duilio, 184Contarini, famiglia, 41, 69Contarini Giovanni di Giovanni, 69Contarini Giovanni di Pietro, 61, 69, 70, 71, 76Contarini Pietro di Giovanni, 69Contarini Pietro, fondatore della conceria, 69CORGNALI G.B., 44COSMI A., 23Cossutti Ernesto, 87COSTANTINI E., 95COSTANTINI G., 61Cotterli Francesco, 23COZZI E., 14, 50Crapiz Silvano, 148Cudicio Malignani Cecilia, 27

DD’Aronco, famiglia, 73D’Aronco Elia, 139D’Aronco Gio.Batta, 73D’Aronco Girolamo, 53, 73, 79, 95, 119, 139D’Aronco Girolamo, nipote, 139D’Aronco Maria Amalia, 73D’Aronco Quinto, 124, 139

D’Aronco Raimondo, 41, 73,75, 93, 95, 97, 119, 124, 141, 151, 159, 181D’Aronco Sante, 139DAMIANI L., 79, 151, 184DAVANZO POLI D., 145DAVIDE M., 55, 56De Alti, impresario, 139 De Faccio Umberto, 30DE FEO R., 14De Luca Enrico, 181De Luca Teodoro, 32De Marco, architetto, 163 de Rubeis Carlo, 49de Rubeis Flaminio, 47, 49DE RUBEIS G.B., 44Deciani Tiberio, 47Del Puppo Giovanni, 73, 76DEL TORSO E., 56, 59Della Martina Giovanni Battisita, 119DELLA PORTA G.B., 42, 44, 49, 50, 174della Torre (Torriani), famiglia, 55della Torre (Torriani) Gastone, 55della Torre (Torriani) Ludovico, 55della Torre (Torriani) Pagano, 55della Torre (Torriani) Raimondo, 55Dereatti Osvaldo, 73DI BRAZZÀ F., 49DI DONATO M., 95DONAZZOLO CRISTANTE C., 30, 73Dragoni Antonio, 49DRI G., 95

EEdison Thomas, 27ERMACORA C., 20, 30, 161

FFabris Luigi, 30FACCIOLI G.T., 44Facini Aurelio, 171FALCIONI G., 24, 69, 73Fantoni Giovanni, 119Fattori Contarini Amelia, 69Fattori Vittorio, 159Ferrario Reginaldo, 87Fiaschi Gilberti Tina, 99FIGLIUOLO B., 56Filettini, famiglia, 47, 49FIOROT L., 74Flamia Giovanni Battista, 49Florio Daniele, 49Florio Dragoni Lavinia, 49Formentini Adamo, 56FORNASIN A., 163FOX R., 99, 115Franzolini Antonio, 184FRAU G., 42FURLAN C., 14Furtwängler Adolf, 139

GGallici Giuseppe, 60Gasparini Antonio, 142, 184 GATTI M., 73, 76, 79, 9799, 105, 115Gaudio A., 32Gerosa Edoardo, 97GHETTI BALDI O., 145Gilberti, famiglia, 73Gilberti Ettore, 41, 60, 69, 71, 73, 74, 76, 79, 81, 87, 97, 99, 101, 103, 105, 106, 108, 115, 141, 161, 163, 165, 167, 168, 169, 171, 174, 177, 184, 205, 215Gilberti Ferruccio, 73Gilberti Giovanni Battista, 73Gilberti Bertuzzi Teresa, 73GIORDANI S., 115GIUSA A., 30Göbl Rudolf, 141GOI P., 26, 60Gori Pividori Nadeja, 65Govetto Pietro, 81Grassi Giovanni Battista, ore!ce, 24, 26Grassi Giovanni Battista, pittore, 14, 67, 201Greatti Giuseppe, 49GRI G.P., 26GRIGGIO C., 26, 27, 30, 32, 49, 56, 67, 73, 95, 119, 139, 145, 148, 151, 161, 180Grossi Francesco, 151Gubertini, famiglia, 42, 55, 56, 57, 59, 60Gubertini Azzolino, 55, 56Gubertini Brunino, 55Gubertini Elia, 55Gubertini Giovanni Guberto, 42, 55, 56, 57Gubertini Paolo, 55Gubertino da Cremona, 55, 56

HHo"mann Josef, 93, 96

JJOPPI A., 44JOPPIV., 44Kemal Atatürk, 95Kochler, ingegnere, 105 Krivec Francesco, 32

LLanfranchino (Lanfranchinus) di Udine, 42LANZA F., 145LEHENE A., 141LEICHT P.S., 55LEONI G., 115Lipparini Ludovico, 27Liruti Antonio, 49LIRUTI G.G., 47Locatelli Gio.Batta, 60Loos Adolf, 93Lorio Giovanni, 16, 19

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MMadussi Fabio, 30Ma!oli Carlo, 23Maioli, decoratore, 151 Malacrea Giuseppe, 163Malignani Adele, 27, 30Malignani Arturo, 27Malignani Giovanni, 27Malignani Giuseppe, don, zio del pittore e fotografo Giuseppe, 27Malignani Giuseppe, pittore e fotografo, 27, 29, 30Maniago, famiglia, 56Maniago (di) Fabio, 67Manin Alessandro, 24Manin Daniele, 41Manino da Cremona, 50Mantica, famiglia, 50, 53, 60, 79Mantica Alessandro, 60Mantica Pietro, 16Marangoni Mender Giovanna, 65MARINELLI O., 30Mariutti Eugenio, 81, 97, 159, 174, 177Marmont Auguste, 49MASUTTIV., 42, 174Matouschek Franz, 74Mattioni Giuseppe, 27Mayreder Karl, 99Mayreder Rudolf, 99Mazzorini Osvaldo, 63, 67Mazzucotelli Alessandro, 145Mender Caterina, 65Mender Gabriele, 65MERLUZZI F., 95Meroi R., 76Mesaglio Marco, 26Metternich Melania, 26Miani Cesare, 151, 159, 163Miani Enrico, 151, 159, 161, 169Midena Ermes, 87MISANI M., 73Mitri Ernesto, 23, 183, 184Moisesso, famiglia, 56Molin Pradel Luigi, 23Montegnacco, famiglia, 60MONTICOLI N., 56MOR C.G., 177MORASSI L., 53MORETTI C., 50Moretti Giovanni Battista, 139 Moro Ambrogio, 165MORO C., 42Moro Francesco, 174Moro Ludovico, 174Morocutti Antonio, 151Moser Kolo, 139Muner Renato, 183

NNardone Luigi, 183

Naschinetti Gaspare, 63NAZZI G., 20Novelli Pietro Antonio, 14

OOerley Robert, 141Olbrich Josef Maria, 95, 139Onesti, Onestis v. Vanni degli OnestiOrbitti Nicolò, 55

PPAOLINI A., 73, 76, 79Paris Giovanni, 32Pascoli Enzo, 174Pasquotti Fabris Ida, 151PASTRES P., 13, 14, 16, 44Patat Giovanni, 119PAULETTO G., 161PAVANELLO G., 14Pavona, famiglia, 50, 53 Pavona Nicolò, 14PERUSINI G., 61PERUSINI ANTONINI G., 20Petz Sergio, 159, 167PICCO A., 26Picco Zandigiacomo Anna, 142PICOTTI G., 70Pietro (Petrus) di Udine, 42Pignat Carlo, 30Pignat Luigi, 30Pischiutti Elio, 148Pischiutti Giuseppe, 148Pischiutti Luigi, 148Pittini, fratelli, 23Pittino Fred, 165Politi Odorico, 27Pontini Antonio, 73Pontoni Giovanni, 16POZZETTO M., 87Prampero (di) Carlo, 171Prata (di) Nicolussio, 56Pravisani Antonio, 183Pravisani Margherita, 183PROVINI L., 11Prutscher Hans, 141

QQUARGNAL E., 184QUARGNOLO M., 20, 23, 32, 79, 81Querini Luigi, 159, 167, 168, 169

RRAMPINI A., 30, 32Randeck (di) Marquardo, 55REALE I., 95, 97, 119, 174RENALDIS (DE) GIROLAMO, 67Ricchieri Gubertini Anna, 56Riello Alessandro, 32Rita da Cascia, santa, 57Rizzani Leonardo, 119

Rizzi, fratelli, 20Rizzi Silvio, 119, 151ROBIONY M., 26, 67Robusti Jacopo dettoTintoretto, 44Romano Antonio, 139ROMANO G.B., 30Rossi Ugo, 184Rovere Giacomo, 30Rovere Giovanni, 30Ruggeri Malignani Caterina, 27

SSaint –Geniès (di) Bertrando, 55Santi Nicolò, 24, 26Savio Eugenio, 16, 19SAVONITTO E., 174Savorgnan Tristano, 57Savorgnan della Bandiera, famiglia, 56SCALON C., 26, 27, 30, 32, 49, 56, 67, 73, 95, 119, 139, 145, 148, 151, 161, 180Schimkowitz Othmar, 139, 141SCLIPPA P.G., 13, 16Sello Angelo, 93, 142, 159SERENI L., 16, 42, 49, 53Sigismondo d’Ungheria, 57Simeonibus Geremia, 60SIMONE DA ROMA, 57Simoni Ferdinando, 16, 19Soberli Malignani Anna, 27Someda de Marco Carlo, 159Someda Fabio, 876Spezzotti Luigi, 74Stella Luigi, 16Stöger Karl, 141STRASSOLDO M., 163Stroppelli Antonio, 142Stroppelli Attilio, 184Susanna, famiglia, 50, 60, 181

TTaddio Luigi, 97, 159, 161, 179, 184TAGLIAFERRI A., 177TAMBURLINI F., 44, 73, 97Tardivello Giulio, 32Teck (di) Ludovico, 57TENTORI F., 76, 79, 97, 180TILATTI A., 57Tintoretto v. Robusti Jacopo Tonini, famiglia, 119Tonini Giovanna, 179Tonini Romolo, 179Tonini Romualda, 179Tonini Valentina, 179Tonini Sello Dorina, 93Tonizzo Giuseppe, 151Torriani v. della TorreTosaolini Oddone, 184TRACANELLI S., 55Treo Lucrezio, 50Truta domina, 42

UUrbanis Andrea, 14

VVALENTE R., 11Valentinis, famiglia, 14, 44, 53, 56, 57, 59, 60, 74, 79Valentinis Antonio, 57Valentinis Augusto, 61Valentinis Cristoforo, 57Valentinis Elena, beata, 57Valentinis Enrico, 59Valentinis Federico, 57Valentinis Ferdinando, 61VALENTINIS G., 23, 69, 184Valentinis Giuseppe Uberto, 30, 61Valentinis Martino, 59Valentinis Umberto, 61Valentinis Valentino, 56Valentinis Lovaria Francesca, 60Valentinis Simeonibus Virginia, 60 Valle Gino, 67Valle Provino, 124Vanini Sebastiano, 20Vanni degli Onesti, famiglia, 60, 63, 193Vanni degli Onesti Giovanni, 63Vanni degli Onesti Giuseppe, 63Vanni degli Onesti Natale, 63Vanni degli Onesti Nicolò, 63VELLUTI F., 196Veronese v. Caliari PaoloVicentini Ferdinando, 177VIDAL B., 32Viezzi, fratelli, 23Visconti, famiglia, 55Volpe Antonio, 95Volpe Marco, 27

WWagner Otto, 93, 95, 141Wernitzig Giuseppe, 11, 19Wienzeile Linke, 141

ZZandigiacomo, famiglia, 79, 142, 143Zandigiacomo Annetta, 142Zandigiacomo Augusto, 142Zandigiacomo Giovanni (Nino), 142, 143Zandigiacomo Luigi, 142, 143, 161Zandigiacomo Margherita, 142Zandigiacomo Mario, 142Zandigiacomo Mariolina, 142Zandigiacomo Pietro, 142Zandigiacomo Valerio, 142, 143Zanini Pietro, 124, 184Zanon Antonio, 53Zenzi Giuseppe, 11, 24Zorattini Attilio, 179Zucco famiglia, 57Zurico Antonio, 14

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Palazzo Contarini“The Golden House”

Translated by: Jean-Pierre Bouerdick

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In 1913 Giuseppe Bragato, in his Guida artistica di Udine e suo distretto (Artistic guide to Udine and its surroundings), o!ered an itinerary that featured the city’s most esteemed places. When he introduces Via Manin, he highlights it thus:

“This street, which runs along the base of the hill, is known for its so-called “Golden House” (Contarini), which was designed by the architect Ettore Gilberti”.

That Bragato should point out this building is signi"cant.Indeed this building, which had undergone a reconstructionjust a few years before, is situated near those of the oldaristocracy and of the city’s bourgeoisie. And here, at thecentre of this avenue (the old Contrada di San Bartolomeo) -which for centuries has been one of Udine’s most vibrantthoroughfares -this new construction rises imposingly over thesite. The original building has been mentioned ever since theFourteenth Century, when it belonged to the Gubertini, anoble family. In the mid-Fifteenth Century the building wasinherited by the Valentinis family. They sold it in the early1900s to Giovanni Contarini, who would commission thereconstruction from Ettore Gilberti. The avenue was renewedby the eclectic idiom of this building. Its architectural structurecomes to life in a horizontal way: from its main stringcourse,or main band of decorative moulding, to the gilded mouldingaround its windows, to its intricate golden scrollwork, thee!ect is a sumptuous, triumphant brightening that culminateswith the frieze and the golden "llet under the cornice.

Such was the impression made by Contarini’s buildingthat it was immediately called “The Golden House”,

“The Golden Palace”. Over the years the brightness and the colour of the decorations and of the arti"cial stone faded almost entirely, but a careful, historically accurate restoration has given back to the Palazzo Contarini its original title of “Golden House”. This restoration also involved the facades of the two housesnext to it, in the direction of Porta Manin - the Caratti Braida House and the Gori Pividori House, which was brought back to its original green colour - so that the whole block appears again now with its old charms.

The Designer and his clientAt that time the designer of the Golden Palace, Ettore Gilberti (Udine 1876-1935), was a young architect. He had been the student of Camillo Boito at Milan’sPolytechnic and in 1904 had become the Director of Urban Planning for the city of Rovereto. Even as a young man, however, he began to make a name forhimself in Udine through commissions, so that eventually-especially after his retirement and his return to Friuli on 1922-he became one of the most sought after professionals. His client, Giovanni Contarini (Udine 1867-San Daniele1950), had inherited the Pietro Contarini Tannery from hisfather in 1899. Giovanni reorganized and modernized it,introducing new manufacturing techniques that earned him recognition for industrial achievement.

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During this period, when his business was growing and establishing itself, Giovanni Contarini, having acquired the historical Valentinis House on Via Manin,submitted a plan for a “new building” to the city hall in 1906.By 1908 this plan had already been realized. A space on the ground !oor was "tted out as a tannery store(Contarini had another store in Milan). Other spaces on this !oor accommodated a cinema, and the upper !oors were used for o#ces and living quarters.The whole-with its architectural ideas the typology of itsdecorations-recalls the Caracristi House in Rovereto, designed by Gilberti in 1905 but the golden luminosity and the painted decorations of the Palazzo Contarini.

The purchase of Palazzo Contarini by the Cassa di Risparmio (Savings Bank)In 1933, after the failure of Contarini’s business, the buildingwas acquired by the Cassa di Risparmio di Udine. The bank once again entrusted Gilberti with the remodellingof the interior and the completion of the facades on Via Prefettura (only half of it was in the style of the one on Via Manin) and on Piazza Valentinis. Along Via Prefettura, the architect, who had reached the end of a long and successful career, maintained the architectural lines and the decorations he had conceived at the beginning of the century. However, for thefacade that looked onto Piazza Valentinis he proposed newstylistic features which entailed a simpli"cation of the whole.Its balconies seem to anticipate those of the Odeon Cinema of 1935, his "nal project. In 1996 the ground !oor, after having served several purposes (the headquarters of the Banca del Lavoro, and a warehouse for UPIM), came to house the o#ces of the Foundation of the Cassa di Risparmio of Udine and Pordenone. Then, in 2004, the Foundation purchased the whole building and the two adjacent houses on the Porta Manin side.

The decorationIt is the decoration that gives the building its Secessionist style, an architectural style that aligns Palazzo Contarini quiteclosely with the artists of early twentieth-century Friuli. These artists, who found themselves between Rome andVienna, gave the Hapsburg city their careful consideration.Carlo Burghart, a ceramist whose family operated an import-export business, provided D’Aronco, Angelo Sello,and Alberto Calligaris with Viennese journals that promotedthe art of Otto Wagner, Adolf Loos, and Josef Ho$mann. Meanwhile Angelo Sella was visiting the Wiener Werkstätte and importing items for his furniture business; Ettore Gilberti was dividing his time between Udine and Rovereto, which at the time was Hapsburg; and D’Aronco was readying himself to propose his design for the new city hall.The Secessionist style appears like a gleaming architecturaldream, golden and colourful, characterized by curvilinear and rounded corners. The style was at once new andreassuring, because the ornamentation clung architecturalforms that evoked the past; these forms, on close inspections,amount to the references that are proper to historicism.Innovation and tradition pursue each other in the Golden Palace as well. Gilbert employs a plain and linear style,its rhythm marked by the windows; these, however, highlightthe fragmented gabled corners, which hark back toMichelangelo. From the balconies, meanwhile, emergemascarons which reinterpret the old tradition of the city gates. The decorative bands of moulding pick up the laurel and horse chestnut leaves, and the wreathes, classical in style,imitate the mosaics of Galileo Chini. A !uttering of intertwining bands gives an attractive Art Nouveau tone to the composition, while grafts of veined and coloured marble recall the surfaces of Vienna’s Postsparkasse. In the upper part of the facade on Via Manin one can see all of the richness of the decorative array realized in arti"cial stone.

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The city indeed had two factories that produced arti!cial stone: Gerolamo D’Aronco’s and Tonini’s. Both of them guaranteed new e"ects at discounted prices, as can be seen in the feminine herms which, a little fartherdown the avenue, decorate the Viezzi House, built by Tonini’s !rm (1907). In the artisanal milieu of Udine and Friuli, one could !nd Luigi and NinoZandigiacomo, who were capable of applying the gold lea!ngto the arti!cial stone that one !nds in the Golden Palace.The architect, following the Secessionist concept of the total work of art, always looks for a unity between the internal and the external. So it is that the arti!cial stone of the Golden Palace’s loft bears a leafy decoration that is repeated in the wrought iron handrail of the internal staircase, which leads to the apartments. This can certainly be attributed to one of Italy’s most famous wrought iron artists, Alberto Calligaris, who had also worked in Vienna’s Eskompte Gesellschaft.The brightness and the colours of the decorations on PalazzoContarini, its #ashes of gold and red and its touches of turquoise, are in harmony with all that was happening then in the city. During Belle Epoque in fact Udine was a more colourful city than it is today. One need only think, for example, of the #oral decorations of the Pasquotti Fabris House and of the bourgeois houses on Via Manzoni, of the Venier House on Via Rialto. For theExposition of 1914, which never came to pass, Angelo Sello had designed a building not very unlike the Golden Palace,which now, in its newly restored splendour, o"ers itself up again.

The restorationA methodological guide for arriving at a plan to restore the Golden Palace’s formal appearance and its architectural utility was made possible by a preliminary investigation into the materials used for trimming the external surfaces.

The research, adhering to established practice, has focused on examining the characteristics of the work to be restored based on an understanding of the in#uences of the era, the style, and the materials. These studies have therefore been carried out on a level that is not only scienti!c (with respect to the diagnosing of the work’s ailments and to understanding the materials and the artistic and artisanal techniques that were employed)but also historical, architectural and artistic. The building’s architectural surfaces endured a materialdegeneration and an aesthetic loss that muted its originalstylistic message. The plaster walls, inappropriately repainted in the 1970s, betrayed in fact a considerable alteration of the original chromatic values. Even the architecturallydecorative features realized in arti!cial stone showed thicklayers of atmospheric sediment of various kinds. This sediment had #attened features that had been shaped and plastic in form. Added to this were many structuralinstabilities, involving not only the plastic features but alsowhat had been a controlled pigmentation of red and blue.Moreover, the brightness that had been achieved by the goldlea!ng showed a great deal of loss, alteration and patination, so much so that the original e"ect was hardly recognizable.Comparisons, then, made possible by the technicians whostudied the goals of restoration, generated the critical-historicalparameters on which to base a process of restoration. The aim of striving for historical and aesthetic loyalty turned out to be the most appropriate for bringing this project to its !nal shape. The restoration, consequently,which took into account the !ndings of research, succeeded,by means of cleaning techniques, in recovering the originalchromatic values of the plaster walls, of the arti!cial stone, and of the polychromes. The result highlights the originalaesthetic relationship amongst the various materials; and the strengthening of the materials has recuperated the building’s overall stability.

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Palazzo ContariniDas “Goldene Haus”

Im Jahr 1913 präsentiert Giuseppe Bragato in seiner SchriftGuida artistica di Udine e suo distretto (Kunsthistorischer Führer vonUdine und Umgebung) eine Rundfahrt zu den bedeutendstenOrten der Stadt. Er beschreibt die Via Manin im Stadtkernfolgendermaßen:

“Diese Straße zu Füßen des Hügels ist wegen seines“Goldenen Hauses” (Contarini), ein Projekt desArchitekten Ettore Gilberti, bekannt”.

Dieser Hinweis ist bedeutend. Neben den antiken Gebäudendes Stadtpatriziates und des Stadtbürgertums weist Bragatonämlich auf ein vor wenigen Jahren wieder aufgebautesGebäude hin, das mitten auf der alten “Contrada SanBartolomeo” aufragt. Diese Straße ist seit Jahrhunderten eineder Haupt Verkehrsadern von Udine. Der neue Bau erhebtsich auf der Fläche eines seit dem 14. Jahrhundert erwähntenHauses. Dieses Haus war damals Eigentum der AdelsfamilieGubertini, wurde Mitte des 15. Jahrhunderts an die FamilieValentinis vererbt und blieb bis Anfang des 20. Jahrhunderts in deren Besitz bis Giovanni Contarini, der Auftraggeber desArchitekten Ettore Giberti, den Grund kaufte. Das Gebäudeerneuert das Erscheinungsbild der Straße mit ihremeklektischen Stil. Diese vielseitige architektonische Struktur ist nicht nur dank des Hauptgesims und der Simslochmusterhorizontal belebt. Auch die goldenen prächtigen Höhungenund die dichten Dekorations!echten, die am Fries goldenen

Band unter dem Hauptgesims enden, tragen dazu bei, dass das Haus der Familie Contarini sofort das “GoldeneHaus” oder gar der “Goldene Palast” genannt wird.Im Laufe der Jahre haben sich die Helligkeit, die Farbe derDekorationen und des Kunststeins fast bis zur Unkenntlichkeitabgeschwächt. Heute aber hat der Palazzo Contarini, dank einer sorgfältigen philologischen Restaurierung, seinenursprünglichen Namen wieder verdient: das “Goldene Haus”.Die Restaurierung umfasst auch die Fassaden der zwei inRichtung Porta Manin weisenden Häuser: das Haus CarattiBraida und das Haus Gori Pividori, das seine ursprünglicheFarbe Grün wieder erhalten hat. So erstrahlt der ganzeHäuserblock wieder in seinem alten Glanz.

Der Entwerfer und der AuftraggeberDer Entwerfer des Goldenen Hauses, Ettore Gilberti (Udine1876–1935 ebd.), ist zu jener Zeit ein junger Architekt. Er war Camillo Boitos Schüler am Polytechnikum in Mailand,seit 1904 Leiter des technischen Büros der GemeindeRovereto, und überzeugt auch Auftraggeber in Udine – bis er nach seiner Rückkehr ins Friaul 1922 einer der meistgeschätzten Selbständigen Berufstätigen wird. Der Auftraggeber Giovanni Contarini (Udine 1867-SanDaniele 1950), hat von seinem Vater 1899 die Gerberei “Pietro Contarini“ ererbt, die er mithilfe neuerArbeitsmethoden umstrukturiert und modernisiert. Das bringt ihm Anerkennungen im Bereich der Industrie.

Übersetzt von: Jean-Pierre Bouerdick

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In diesem Moment des Wachstums und Erfolges seinesBetriebes präsentiert Giovanni Contarini (mittlerweileEigentümer des historischen Hauses Valentinis in der Via Manin) im Jahr 1906 der Gemeinde das Projekt eines“neuen Gebäudes”. Schon 1908 ist das Haus bezugsfähig. Im Erdgeschoss wird ein Verkaufsraum der Gerbereiprodukteeingerichtet (ein anderes Geschäft Contarinis ist in Mailand),andere Räume werden als Kino genutzt, während die oberenStockwerke Büros und Wohnungen aufnehmen. Das Ganze erinnert in den architektonischen Lösungen und in der Typologie der Dekorationen an das Haus Caracristi in Rovereto, das Gilberti 1905 allerdings ohne die goldenen Höhungen und die malerischenOrnamente des Hauses Contarinis entworfen hat.

Der Auftraggeber Cassa di Risparmio (Sparkasse)Im Jahr 1933, nach dem Konkurs der Firma Contarini, wird das Gebäude von der Cassa di Risparmio di Udineübernommen, die Giovanni Contarini erneut mit dem Ausbau der Fassaden in der Via Prefettura (nur die Hälfte im Stil der Fassade zur Via Manin) und die der PiazzaValentinis betraut: samt Wiederaufbau und Verfestigung der Innenseite. Am Ende einer langen und erfolgreichenKarriere bewahrt der Architekt in der Via Prefettura die zu Beginn des Jahrhunderts gescha!enen architektonischenLinien und Dekorationen, ergänzt aber für die Fassade zur Piazza Valentinis neue Stilelemente: die eine Vereinfachung des Ganzen mit sich bringen, mit Balkonen, die diejenigen des Odeon Kinos vom 1935 (sein letztes Werk) fast vorwegnehmen. Das Erdgeschoss desGebäudes wird 1996 nach vielfältigen Nutzungen (Sitz derBanca del Lavoro, des Warenhauses UPIM), Sitz der Fondazionedella Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone, die im Jahre 2004 das ganze Gebäude und die zwei anliegenden in Richtung Porta Manin weisenden Häuser beziehen.

Die DekorationDie Dekoration verleiht dem Gebäude einensezessionistischen Ton und bringt es in die Nähearchitektonischen Stils der friaulischen Künstler des frühen 20.Jahrhunderts. Diese zwischen Rom und Wien lebendenKünstler verfolgten mit großer Aufmerksamkeit dieHabsburger Stadt. Ein gewisser Carlo Burghart (aus einerImport-Export stammender Keramiker Familie) versorgteD’Aronco, Angelo Sello und Alberto Calligaris mit WienerZeitschriften, die die Kunsterwke von Otto Wagner, AdolfLoos, Josef Ho!mann zeigten. Angelo Sello besuchtewährenddessen die Wiener Wekstätte und importierteEinrichtungsgegenstände für seine Möbelfabrik. Zugleich bewegte sich Ettore Gilberti zwischen Udine und dem damals habsburgischen Rovereto, während D’Aronco kurz davor stand sein Projekt für den “Palazzo comunale” (das Rathaus) vorzulegen. Die Sezession "ndet Ausdruck als Traum einer golden und farbig glänzenden Architektur, mit krummlinigen und abgerundeten Winkeln. Sie erscheint neu, aber zugleich vertraut, da die Ornamente sich anarchitektonischen Formen entlang ranken, die von derVergangenheit inspiriert sind - unübersehbare Anspielungenauf den Historizismus. Neues und Traditionelles gehen auch im Goldenen Haus Hand in Hand. Gilberti verwendet eine nüchterne und geradlinige Architektur, deren Rhythmus von den Fenstern bestimmt wird. Über den Fenstern "nden sich Gesimse mit durchbrochenenGiebeln, die Ein#üsse von Michelangelo zeigen. Von den Zierbalkonen erscheinen Maskaronen, die die alteTradition der städtischen Haustore neu interpretieren. Die Zierbände des Gurtgesimses nehmen die Lorbeer- und Rosskastanienblätter wieder auf, und die klassizistischenKränze zitieren die Mosaike von Galileo Chini. Die Darstellung von Bändern, die sich umeinander winden,verleiht dem Ganzen einen Hauch von Jugendstil,

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während äderige und farbige Marmorelemente an die Wand!ächen der Wiener Postsparkasse erinnern. Im oberen Teil der Fassade zu Via Manin, kann man die Pracht der in Kunststein ausgeführten Verzierungenerkennen. Es gab in der Stadt zwei Kunststeinbetriebe: die Gerolamo D’Aroncos und die der Familie Tonini. Beide Betriebe waren Garanten für zu günstiger Preisen neue dekorative E"ekte: zum Beispiel die weiblichen Herme am Haus Viezzi (1907, von Tonini erbaut). Unter den Handwerkern in Udine und im Friaul fanden sich Luigi und Nino Zandigiacomo, die dieBlattmetallvergoldung des Kunststeins im Goldenen Haus ausführten. Entsprechend dem sezessionistischen Begri" des kompletten Kunstwerks sucht der Architekt die Einheit zwischen dem innerem und dem äusserenErscheinungsbild. Deswegen #nden sich die Dekorationen aus Blätterkunststein unterhalb des Daches am Goldenen Haus, im schmiedeeisernenGeländer der Innentreppe zu den Appartements wieder.Dieses Werk ist mit Gewissheit Alberto Calligariszuzuschreiben, einem der bekanntesten Künstler des Schmiedeeisens in Italien, der auch in der Eskompte-Gesellschaft in Wien tätig war.Die Helligkeit und die Farben der Verzierungen PalazzoContarini, samt ihren Gold - Rot - und Türkisblendungensind im Einklang mit dem, was sich in der Stadt abspielt. In der Belle Epoque war Udine in der Tat sehr viel farbiger als heute. Man muss nur an dieBlumenverzierungen des Hauses Pasquotti Fabris und an die Wohnhäuser der Via Manzoni denken, an das Haus Venier in der Via Rialto. Für eine geplente, aber nie realisierte Ausstellung 1914, hatte Angelo Sello ein Gebäude entworfen, das dem Goldenen Haus ähnelte, wie es sich jetzt im Glanze seiner neuenRestaurierung zeigt.

Die RestaurierungEine Voruntersuchung der Ausbaumaterialen für dieAußen!ächen diente als Ausgangsbasis für einenmethodologischen Führer der formellen Wiedergabe und derarchitektonischen Nutzbarkeit für das Projekt des GoldenenHauses. Einer festen Praxis folgend, wurden die Eigenschaftendes zu restaurierenden Gebäudes auf Grund der Vorgaben, diesich auf die Epoche, Stil und Materialienergeben untersucht. Die Untersuchungen haben also eine wissenschaftlicheGrundlage (sei es für die Diagnostik der vorhandenen Schädenam Gebäude, für die Materialien und für die künstlerischen undhandwerklichen Techniken). Zudem basieren sie auf einengründlichen historischen, architektonischen und künstlerischenStudium. Die Ober!ächen des Gebäudes waren jahrelang demmateriellen Verfall und auch ästhetischen Entbehrungenausgesetzt. So wurde die ursprüngliche stilistische Botschaft desKunstwerkes vernichtet. Der Putz wurde in den Siebziger Jahrendes 20. Jahrhunderts mangelhaft überstrichen und o"enbarte einebestehende Verfärbung. Auch die dekorativen Elemente derKunststeine zeigten Beläge von verschiedenen atmosphärischenPartikeln, die die Modellierungen ab!achten. Dazu kamensowohl weitreichende strukturelle Instabilitäten der plastischenElemente, als auch der eingrenzenden roten und blauenPigmentationen. Außerdem zeigten die in Goldfolienausgeführten Höhungen so schwere Mängel, Veränderungen undPatinierungen, dass sie fast unkenntlich waren. Durch denAustausch der Techniker haben sich die kritisch-historischenMaßstäbe herauskristallisiert, auf die sich die geplanten Eingri"estützten. Hinsichtlich der Endgestaltung des Projektes, hat sichdie philologische Wiederherstellung als die geeignetste erwiesen. Die Forschungsergebnisse wurden so berücksichtigt, dass dankder Reinigung der originellen Farbwerte des Putzes, derKunststeine und der Polychromien das ursprüngliche ästhetischeVerhältnis der Materialien in den Vordergrund rückte. DieVerstärkung der Materialien hat auch eine bessere allgemeine Stabilität des Bauwerkes erzeugt.

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Finito di stampare nel mese di novembre 2012dai tipi della Litho Stampa, Pasian di Prato, Udine

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