il pallone è maschio

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Loredana Frescura Il pallone è maschio, la palla è femmina ROSSA dai 7 anni SERIE Anche le principesse giocano a calcio! LEGGO FACILE

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Page 1: Il pallone è maschio

I SBN 978-88-472-2167-3

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Loredana Frescura

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mmina

ISBN 97

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72-21

67-3 SERIE RO

SSA Il pallone è maschio, la palla è femmina

Il libro è dotato di approfondimentionline su www.raffaellodigitale.it

ROSSA

dai 7 anni

E 7,00

SERIE

Loredan

a FrescuraIl pallone è maschio, la palla è femmina

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Questo volum

e sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAG

GIO

-CAMPIO

NE, GRATUITO

, fuori comm

ercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

Carlotta ha dieci anni e gioca a calcio in una squadra mista del suo paese.Durante le partite, guarda le nuvole per cercare il volto del suo papà che, dal cielo, le dà consigli sul modo migliore di battere un rigore e sul modo migliore di sorridere al mon-do. La sua mamma ha i capelli rosso - ciliegia e la porta agli allenamenti con un vecchio motorino arancione. Però un’epidemia di varicella colpisce la squadra e allora tutto sembra perduto. Carlotta ha un’idea che meraviglie-rà molti, ma è l’idea migliore per dare al calcio e allo sport una nota di vera bellezza.

Una storia delicata, per comprendere che quello che conta nello sport è la lealtà e il divertimento.

Mi chiamo Loredana Frescura, vivo in provincia di Perugia e sono l’autrice di questo libro. Quando i miei due figli maschi erano piccoli, hanno avuto bisogno di me per andare a gio-care a calcio. Così ho scritto questa storia: lo sport è e deve essere prima di tutto divertimento, benessere, bellezza. Poi, se si vince, sicuramente è meglio.

Per semplificare la lettura del testo, si è usatoun carattere di facile leggibilità.

Anche le principesse giocano a calcio!

LEGGOFACILE

LEGGOFACILE

Page 2: Il pallone è maschio
Page 3: Il pallone è maschio

IL MULINOA VENTO

IL MULINOA VENTO

IL MULINOA VENTO

IL MULINOA VENTO

Per volare con la fantasia

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Collana di narrativa per ragazzi

Page 4: Il pallone è maschio

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.

Editor: Paola ValenteRedazione: Emanuele RaminiSchede didattiche: Paola ValenteUfficio stampa: Salvatore PassarettaTeam grafico: AtosCrea

1a Edizione 2014

Ristampa7 6 5 4 3 2 1 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015

Tutti i diritti sono riservati

© 2014

Raffaello Libri SrlVia dell’Industria, 2160037 - Monte San Vito (AN)www.raffaelloeditrice.itwww.grupporaffaello.it

e-mail: [email protected]://www.ilmulinoavento.itPrinted in Italy

www.facebook.com/RaffaelloEditrice

Page 5: Il pallone è maschio

Loredana Frescura

Illustrazioni diGiovanni Lombardi

IL PALLONE È MASCHIO,

LA PALLA È FEMMINA

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Mi chiamo Carlotta...

M i chiamo Carlotta. E sono femmina, femmina come la palla. Anche il mio papà lo diceva sempre: “Ricordati che il pallone è maschio, ma la palla è femmina”.

Gioco a calcio nella categoria dei Pulcini perché ho quasi nove anni e ho lasciato i Primi

calci a settembre. Sono nella squadra del Colonnella, che è anche il mio paese, e la nostra divisa

è verde come il mare d’inverno o come le foglie delle querce

in estate.

– Carlotta, dove sei? È tardissimo!

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Mi viene da ridere. La mamma che dice a me che è tardissimo! È sempre lei a essere in ritardo, di solito.

Ho una mamma davvero strana. Le mie amiche dicono che è fantastica, ma secondo me è solo mamma: una mamma con i capelli intinti nel barattolo della marmellata di cilie-gie! Sì, si è fatta i capelli rossi da un mese e ha fatto aggiustare la Vespa 125 di papà: ora che è primavera, andiamo in giro così. Noi due sulla Vespa arancione che mamma chiama “Calabrone”. Meno male che indossa il casco, altrimenti i capelli di mamma potrebbero essere scambiati per un semaforo.

– Arrivo! Finisco di scrivere il testo – le rispondo.I compiti del sabato: una cosa terribile e ingiu-

sta. “Parla del tuo sport preferito”. Questa volta prendo un ottimo oppure un dieci. So tutto del calcio. Papà mi spiegava ogni cosa perché sape-va ogni cosa. Aveva fatto l’arbitro da giovane e per lui la palla non aveva segreti.

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– Carlotta, dai… Faremo tardi al catechismo.

Sì, il sabato pomeriggio c’è anche il catechismo e poi a seguire l’allenamento. Chiudo il quaderno e con un sospiro mando un ba-cio a papà che sta davanti a me e mi sorride dalla foto sul tavolo. Ci sono anch’io sulla foto, vestita con pantaloncini e maglietta azzurri e la palla tra le mani.

“Mi manchi tanto sai. Anzi, non sai quanto. Sono certa che non lo sai!”

Prendo lo zaino e vado a mettere il casco in testa per andare su Calabrone.

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Le nuvole con la faccia di papà

Oggi iniziano le partite. Il mister ci ha iscritti di nuovo al torneo pri-

maverile. L’anno scorso siamo arrivati penultimi. Francesco aveva pure provato a dire che era col-pa mia, mia e di Giovanna, perché le femmine nel calcio portano sfortuna, come nelle navi.

Dove lo avrà sentito non lo so, ma era una cosa stupida, così gli ho risposto che era colpa anche sua che non passava mai la palla. C’è ri-masto come un pesce lesso perché il mister lo rimprovera sempre per questo, ma si è ripreso e mi ha fatto una smorfia con la lingua così io gli ho allungato un calcio. Si è messo a piangere.

Uff! Detesto i lacrimosi. Poi abbiamo fatto la pace anche se le sue lacrime mi sono costate una sgridata dal mister.

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– Carlotta, i piedi usali sulla palla non sulle gambe dei tuoi compagni!

Beh, la sgridata mi era piaciuta perché, come papà, aveva detto “la palla” e non “il pallone”.

Noi femmine non ci spogliamo con i maschi. Andiamo nello spogliatoio dell’arbitro oppure in bagno e loro usano gli spogliatoi normali. Di so-lito Giovanna viene nel mio stesso bagno e fac-ciamo mille risate perché quando ci prende la ridarella mettiamo la testa nella stessa maglietta e diventiamo un mostro a due teste. Allora il mi-ster ci richiama.

– Ehi, voi due, è oggi la partita!Giovanna mi vede e subito si agita. – Hai preso le magliette? I pantaloncini? I pa-

rastinchi? Che numero hai preso?– Calma, eh… ho preso quello che rimaneva.

Sono arrivata adesso.

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– Sempre per ultime! Mannaggia. Ci lasciano gli scarti.

Infatti è vero. Tutte e due le cose sono vere: che di solito siamo sempre le ultime ad arrivare e che ci lasciano le peggiori magliette.

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La mia è il 10 con le maniche che coprono le mani e poi penzolano più giù. Giovanna ha il 2 e l’orlo della maglietta le copre le ginocchia. Ormai abbiamo imparato: usiamo gli elastici dei capelli per tenere le maniche fino ai polsi e leghiamo stretto stretto il cordoncino dei pantaloncini. Il terrore che ci cadano in campo è sempre lì: un terrore terribile.

Una volta è successo a Marco, e le risate e i fischi e gli sghignazzi sono durati per settima-ne. Poveretto. Mica tanto! Marco, dato che è un maschio, indossa i boxer che somigliano ai pan-taloncini e quella volta li aveva con Dragon Ball sul dietro, ma noi femmine abbiamo gli slip e sarebbe molto, molto peggio. Una catastrofe. Per questo, spesso mi ritrovo con una riga rossa sulla pelle: è il cordoncino che stringe i pantalo-ni. Giovanna dice che così il sangue non circola nel corpo e potrei svenire, ma è meglio svenuta che con i pantaloni calati!

– Forza, in campo! – urla il mister.

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Raggiungiamo gli altri. Dieci maschi e due femmine. Si giocano tre tempi da quindici mi-nuti ciascuno, in sette. Di sicuro Giovanna e io staremo in panchina. Il mister decide subito.

– Giovanna, Giacomo, Valerio, Matteo e Luigi, dopo il saluto aspettate in panchina. Entrerete nel secondo e terzo tempo.

Non ha detto il mio nome? Lo stupore è tanto. Forse mi è sfuggito. Cerco di rimandare a me-moria i nomi e… no, non mi sembra proprio che ci sia il mio. Quindi gioco da subito! È la pri-ma volta. Deglutisco e mi aggiusto i parastinchi dall’emozione.

Mi faccio attentissima. Le parole del mister sono sempre più o meno le stesse, ma oggi mi sembrano più importanti.

– Passate quel benedetto pallone. È tondo proprio perché deve rotolare. Tu, Carlotta, che sei in difesa, marca il numero 3 e non lasciarlo passare. Non fare come l’ultima volta che ti sei messa a guardare la forma delle nuvole!

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Ridono tutti. Divento rossa. Rossa come la mela di Bianca-neve. Ancora con quella storia! Mi ero fermata perché all’im-provviso il vento era arrivato più freddo e guardando in alto avevo visto… papà!

Una nuvola identica alla fac-cia del mio papà che dall’alto sorrideva. Così mi ero incantata e gli avversari avevano segnato due goal, uno dietro l’altro. Ma lo rifarei. Solo che nessuno sa. Nessuno deve sapere.

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Adesso basta. Non c’è niente da ridere. C’è da correre e stare concentrati solo sulla palla. Andiamo! E diventiamo una vera squadra, perbacco!

Esco per ultima nel sole di maggio che scotta e mi viene da piangere.

Vicino a me un’ombra; non voglio che vedano le mie lacrime.

– Non prenferfela Carl, io non ho fiso.L’ombra poi mi sorpassa e corre verso gli altri

che sono pronti sulla metà campo per salutare gli avversari e il pubblico. È Alberto, il fratello di Giovanna, che ha un anno più di noi e ha un apparecchio ai denti che lo fa parlare da straniero.

Però io ho capito. Voleva consolarmi. E mi chiama Carl che mi piace un sacco. Anche il mio papà a volte mi chiamava così.

“Carl, devi ascoltare il tuo corpo. Mentre corri… ascolta il tuo corpo e non pensare alla palla” mi diceva.

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Mi metto vicino ad Alberto e guardo il pub-blico sugli spalti: genitori, nonni e zii sorridono e scattano fotografie. Poi velocemente do una sbirciatina al cielo. Sereno, senza neppure una nuvola. Papà oggi non c’è.