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IL PASSAGGIO PER L'ITALIA CON LA DIMORA DI PARMA ' I DEL SIG. CAVALIERE FEDERIG0 ZUCCARO NUOVAMENTE EDITO A CURA E CON PREFAZIONE DI VlNCEBX@ MICIIUUBI a spese dei professori accademici di S. Luca \ ROMA TIPOGRAFIA DELLE MANTELLATE - I

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IL PASSAGGIO

PER L'ITALIA CON LA DIMORA DI PARMA

' I

DEL SIG. CAVALIERE

FEDERIG0 ZUCCARO

NUOVAMENTE EDITO A CURA E CON PREFAZIONE

D I

VlNCEBX@ MICIIUUBI

a spese dei professori accademici di S. Luca

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R O M A TIPOGRAFIA DELLE MANTELLATE

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T E R Z O CENTESIMO L 7 DALLA INAUGURAZIONE

$ DELL' F - c 4+ ACCADEMIA ROMANA ' DI BELLE ARTI

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L)ENOïVINATA DI SAN LUCA : !

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- 3 -

R. INS. ACCADEMIA RObfANA DI BELLE ARTI DEKOMINBTA DI SAN LUCA

ELENCO DEGLI ACCADEMICI NEL 1893

Principe Perpetuo dell'Accademia

Prima Accademica di Onore

Seggio di Presidenza

PRESIDENTE, comm. prof. Francesco Azzurri VICE-PRESIDENTE, cav. prof. Roberto Bompiani

EX-PRESIDENTE, cav. prof. Saro Zagari CONSIGLIERE ECONOMO, cav. prof. Giovanni Anderlini

' SEGRETARIO DEL CONSIGLIO, COmm. prof. Alfonso &dZiCO SEGRETARIO PERPETUO, comm. Quirino Leoni

c

- 4 -

ACCADEMICI DI MERITO

Classe della Pittura

Residenti

Podesti comm. Francesco Hebert comm. Ernesto Mariani comm. Cesare Bompianl cav. Roberto Gai cav. Francesco Fontana comm. Luigi Seitz cav. Lodovico Slemiradzki comm, Enrico Maccari comm. Cesare Muller cav. Gustavo Palmaroli comm. Vlncenzo Desanctis comm. Gugliemo Castelli cav. Alessandro Corrodi comm. Ermanno Tlratelll cav. Aurello Petiti cav. Filiberto Ceroni cav. Luigi

Non Residenti

De Madrazo comm. Federico Valeri cav. Sllvestro Ussi comm. Stefano Lenepveu comm. Giulio Gerôme comm. Leone Leigthon sir Federico Millais sir J. Everet Morelli comm. Domenico Alma Tadema Munkaczy comm. Michele Corelli cav. Consalvo Cumbo cav. Ettore Werner cav. Carlo

- 5 -

Classe dell’Architettura

Residenti

Busiri-Vici comm. Andrea Azzurri comm. Francesco F r a n c k cav. Raffaele Morichini cav. Gaetano Barilari comm. Pacifico Guy cav. Enrico Monaldi cav. Giacomo Sacconi comm. Giuseppe Vespignanl conte Francesco Podesti cav. Giulio Tenerani cav. Carlo

Non Residenti

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Marconi prof. Enrico Poggi comm. Giuseppe Di Stache cav. Federico Negrin Caregaro cav. Antonio Roos cav. Alessandro Rohault de Fleury comm. Giorgio Daly cav. Cesare De Hasenauer barone Carlo Azzolini cav. Tito Garnier cav. Paolo Basile comm. Ernesto Zampi cav. Paolo Morris Hunt prof. Riccardo Partini cav. Giuseppe Micheli comm. Vincenzo

- G -

Classe della Scultura

Residenti

Zagari cav. Saro Anderlini cav. Giovanni Muller comm. Odoardo Fabi-Altini comm. Francesco Voss prof. Carlo Cantalamessa-Papotti comm. Nicola Galletti cav. Stefano Balzìco comm. Alfonso Guglielmi prof. Luigi Monteverde comm. Giulio Guillaume comm. Eugenio

Non Residenti

Ferrari comm. Luigi Solari cav. Tommaso Dubois cav. Paolo Moulin prof. Jppolito Sarrocchi cav. Tito Salvini comm. Salvino

.

. .

- 7 -

ACCADEMICI LIBERI

Leoni comm. Quirino De Rossi comm. G. Battista Bonghi comm. Ruggiero Gnoli comm. Domenico Massarani comm. Tullo Cugnoni cav. Giuseppe Monaci comm. Ernesto Lanciani comm. Rodolfo Gatti cav. Giuseppe Villari comm. Pasquale Ferri comm. Luigi Ferrajoli march. Alessandro Bompiani comm. Gaetano Bettocchi comm. Alessandro Sergi prof. Giuseppe Fumi cav. Luigi Venturi comm. Adolfo

Esteri

Helbig cemm. Volfango Miintz cav. Eugenio

ACCADEMICI EMERITI ~

Amici cav. Luigi

ACCADEMICI DI ONORE

Galeffi cav. Giuseppe Boncompagni principe Baldassarre Cantù comm. Cesare Ranalli cav. Ferdinand0 Monsen Maldengren prof. Nicola Robinson Giovanni Carlo Visconti comm. Carlo Lodovico Tosti abate Luigi Vallauri comm. Tommaso Leoni comm. Quirino Caetani-Lovatelli contessa Ersilia Zorzi conte Alvise De Hoental lady Paget Valburga S A. I. la principessa Matilde Bonaparte Baccelli comm. Guido Gabriel11 principe Placido Ferri comm. Luigi Roux cav. Amedeo Burchard t prof. Jacopo Delaborde visconte Ernesto Deggiovanni abate, Vincenzo Brioschi comm. Francesco Torlonia duca Leopoldo Cugnoni cav. Ignazio Bettocchi comm. Alessandro Visconti-Venosta marchese Emilio Harozzi nobile Nicolb Cremona comm. Luigi Tommasini comm. Oreste Castellani comm. Augusto Tabarrini comm. Marco Valenziani cav. Carlo

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4.. .

I Presidenti e

- 9 -

Majelli comm. Giuseppe Ferrajoli marchese Alessandro De Geymuller prof. Enrico Vitelleschl marchese Francesco Marchettl comm. Filippo Lazzoni conte Emilio Bonacci-Brunamonti marchesa Alinda Lazzaroni barone Michele Baccelli comm. Augusto Mariotti comm. Fdlppo Cannizzaro prof. Tommaso S. A. R. la principessa Luisa d'Inghilterra,

marchesa di Lorne Verdi comm. Giuseppe Marucchi avv. Guido Ansidei conte Alessandro Pasolini conte Pler Desiderio

SOCI AGGREGATI

i Segretarî delle RR. Accademie di belle arti in Torino, Milano, Venezia, Bologna, dei Lincei di Roma.

I Direttori della R. Accademia dl Carrara, dei RR. Istituti di Belle Arti in Roma e in Palermo, delle Accademie di Francia, di Spagna, delld Scuola Francese, dell'Imp. Istituto archeolo- gico Germanic0 in Koma.

I1 Reggente e il Segretario dell'Artistica Congreganone dei Vir- tuosi al Pantheon.

I1 Presidente della R. Accademia di Santa Cecilia in Roma. I1 Presidente della R. Societh Romana di Storia patria.

IL PASSAGGIO

P E R L’ITALIA

CON LA DIMORA DI PARMA DEL SIG. CAVALIERE

FEDERIG0 JJJCCARO

KUOVAMENTE EDITO A CURA E CON PREFAZIONE

D I

VINCENZO LANCIARINI

a spese dei professori accademici di S. Luca

R O M A TIPOGRAFIA DELLE MANTELLATE

1893 -

- 13 -

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centenario dalla inaugurazione di questa insigne Romana Accademia di Belle Arti, denominata di San Luca, niunn cosa rlusclr potesse più opportuna della ristampa dl due Opuscoli, rarissimi quanto pregevolissimi, usati dalla penna

Ir

‘. . *. del fondatore, benefattore e primo principe dell’Accademla

- . stessa, Cav. Federigo Zuccarl d l Sant’Angelo in Vado. E l‘intero Corpo Accademico, quando si degni, di far buon TISO alla mia proposta, dellberando, con pensiero veranlente delicato, di porre la spesa relativa, non gia a carico del- l’Istituto, ma unicanlente dei singoli Soci, fu al pari dl me lusingato dalla speranza che la novella edizione, quale nel presente volume viene offerta al pubblico intelligente, sia per riuscire un prezioso cinlello pei bibliografi, ed appaghi le avide ricerche che, sin qui, di questi Opuscoli *) dello Zuccari, furon fatte dagli eruditi e dai cultori dell’arte.

Ho detto che si tratta della ristampa di due Opuscoli: l’uno, I¿ Passaggio per Z’ltaZia, l’altro intitolato L a Dimora

l) Avvertenza - Gli Opuscoli furono rinvenuti dal Sig. Emilio Faelii che, consideratane la rar i tk e l’alto interesse storico, li copib, li forni di note, dalle quali ho potuto trarre profitto, e graziosamente mi cedette le copie stesse perche cercassi di pubblicarle: altre occupatloni vietando a lui questa cura.

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- 14 - l ! * di Parma del Sig. Cavaliere Federigo Zuccaro; perchè molti l autori li ricordano appunto come due pubblicazioni distinte e

separate ; mentre alcun altro fa di esse un opuscolo solo. In realtà si tratta dl due Composizioni ben diverse ; ma ra,ccolte, dallo stesso Autore, in un unico stampato e quasi in un corpo solo; come chiaramente appare dalla edlzione bolo- gnese del 1608, cui la presente si uniforma: e dalla stessa

F u appunto questo diverso modo di enunciazione che fece cader me in una inesattezza; quando, nel mio studio : Dei Pittori Taddeo e Federigo Zztccari, pubblicato in agosto scorso, coi tipi dello Splnacl di Iesi, accennai alle princi-

Nlun dubbio, del resto, che questo Opuscolo sia opera

Nol Tomo V della Raccolla d i lettere sulla pitturu, scu2tura ed architettura ') e precisamente nella prefazione del Bottari u All' Erudito Lettore P pub leggersi: a Non

solo si è cercato d'impinguaro questo Tomo, chè piut- u tosto abbiamo riserbato materia tale da rendere un Tomo u sesto più vago e ameno e dilettevole. Fra le altre cose,

<( Zuccheri, uno intitolato L a Dìmoru di Parma ecc., e l'altro intitolato I l Passaggio per l'Italia ecc., ambedua

r< stampati in Bologna nel 1608, ma tanto rari che ci i: u voluto la cortesissima gentilezza ed erudizione letteraria u del P. Vincenzio Patuzzi, per ripescarli in tutta Italia;

. I

i dedica che vi premise il Parlasca.

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... pali pubblicazioni di Federigo.

i rarissima e ricercatissima.

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x 5 i - ~. < abbiamo destinato, per esso, quattro opuscoli di Federigo Y

1) Quesl'opera pregevole, stampata In Roma dal Pagl~arini 1754-1773, i! l n sette volumi: i primi sei sono dovuti all'erudizione dl Mons. Bottan, 11 settlmo alle cure del Canonlco Luigl Crespi, il continuatore della Felszna Piltrzce del Malvasla Fu, in seguito, prosegultn dal Ticom. Mllano, 1822-1825

- 15 - 6 di che ne protesto obbligazioni a questo dottissimo Padre. u Gli altri due opuscoli sono una lettera del medesimo < Federigo A Prencipi e Signori et Arnatori del Disegno,

Pittzsra, Scultura etc., Mantova, 1605, in-4"; P,, l'altra, u un'operetta intitolata: Idea deì Pittori, Scultori, h c h i - u tetti ecc. P

In seguito, nella prefazione al Tomo VI della Raccolta stessa, il Bottari scriveva: u Essendo celebri Te lettere o 8: piuttosto opus col^ d i Federigo Zuccheri, stampatl circa e il 1600, ed essendo oltre ogni credere rarissime, pensai a d'includercele (nella Raccolta). Ne feci dunque diligenza < nelle principali librerie d'Italia e ne scrissi, nello stesso 6 tempo, in Parigi, al , Signor Mariette; ed Egli cortese- < mente mi rispose con una de' 7 d i aprilo 1767: < Le

Lettere dello Zzccrheri '> che ìo sperava d i trovare nella u Libreria del Re, non v i sono. Ieri fui a trovare uno che, u molti anni fa, me ne fece vedere un esemplare, ch'egli 8: non ha piti, ma che crede essere ancora in Parigi. Egli

mi ha promesso d ì ricercarne. Se gli riuscirà di trovarlo, a voi sarete servito B.

La ricerca fu fatta, ma invano ; e il caso rimase K disperato; e lo stesso Signor Mariette mi scrisse poi, ai << 6 di maggio susseguente, in questa guisa parlando di u queste lettere: Non bisogna piit pensarvi. Io dispero u d i trovarle in Parigi; ma quello clle qui pare impossibile, 6 dovrebbe in Italia essere solamente dificile, essendo stato

impresse in Italia P. Mi feci dunque coraggio e dopo qualche tempo e replicate ricerche, le trovai tutte

l) Qui, ed altrove, parlasi d i lettere, unlcamente perchè g11 scrittl dello Zuccari ai qual1 SI ahde , e, tra essi, anche Il Passaggio per l'ltalza e La Dtmora d l Pararma, hanno forma epistolare.

- 16 - - 17 - tre ‘). Uno in Firenze: L’Idea deì Pitlori ecc. Di esso il

u Mariette, il 6 febbraio 1767, mi scriveva: . . . . . Egli u contiene de’ fO:ttì dei quali ve ne sono alcuni che sono ‘

<< molto interessantì. Gli altri due poi, de’ medesimi opuscoli, trovai fina!-

<< mente in Venezia, nella libreria dell’eruditissimo Apostolo . u Zeno, passata, per legato, ai P.P. Domenicani delle

Zattere, dai quali n’ebbi copia, per mezzo del tanto dotto u quanto cortese P. Lettore D.’ Vincenzio Patuzzi, pur a troppo celebre nella repubblica letteraria B.

A questo punto il Bottari descrive i due Opuscoli e soggiunge che, essendo il Tomo VI della sua Roc- ~

colta, di mole già troppo grossa, poichè vi avea incluso l’Opuscolo: Idea de’ Pittori; si riserbava di pubblicare il Diporto per l’Italia, nel Tomo VII, S O a Dio fosse piaciuto di concedergli tanto di vita di poterlo compilara. Soltanto non avrebbe ristampata la Dimora di Parma, sembrandogli che trattasse di argomento troppo lontano dalle belle arti. 1

Ad onta della promessa, il Tomo VII, forse perchè compilato dal Canonico Crespi, non dette posto neanche al Diporto; siechè l’uno e l’altro di essi Opuscoli continu+ ron0 ad essere ricercatissimi.

Non era tuttavm esatta l’asserzione di Monsignor Bot- tari, che cio& dei medesimi Opuscoli, od Opuscolo, esistesse l’unico esemplare nella Biblioteca dei Domenicani di Venezia; imperocchè un altro se ne trova nella Biblioteca Nazionale di Parma; ed, appunto da questo, fin dall’ottobre 1884, fu tratta la copia che serve alla presente edizione. I1 Signor Faelli

1) Evidentemente questo tre B un errore dl penna, se non di stampa, e sta in luogo dl quattro, come appare dalla prefazlonc al Vol. V della Raccollu.

assicura che in quella circostanza rilevò, da un manoscritto del dottissimo bibliografo Michele Colombo, clle il Si- gnor Guidicini di Bologna ebbe già un’altra copia del Lavoro di Federigo, al quale sarebbero stati uniti i seguenti altri opuscoli, così indicati:

T. Diporto per l’Italia. AlZ‘lllu.mo et Eccel.mo Sig.‘ Cav. Gio. Bologna, Scultore. Di pag. 24. Sulla penultima leggesi un sonetto del Mustola, per il Parco, luogo delizioso del Serenissimo Sig.’ Duca di Savoia.

II. Diporto per l‘Italia. Al molto illustre et Eccel.mo Sig.‘ Federigo Barocci. Di pagine 6.

III. Passata di Bologna e Ferrara. A l molto Illustre e Reverendiss. Pierleone Casella. Di pagine 8. Alla penul- tima, sono poesie in lode di alcuni quadri dello Zuccaro.

IV. L’arrivata in Ferrara ecc. Di pag. 8 l ) .

Questi opuscoli, che dubito essere affatto sconosciuti ai bibliografi, non meno dell’opuscoletto, accompagnato da un disegno esprimente lo stesso Federlgo, nell’ atto d i dipingere un quadro allusivo alla malvagità dei tempi, nel quali alcuno perseguitava lui e le arti sue, pubblicato fin dal 1579 e dedicato a Gabriel Terrades e Nicolb Gaddi, forse sono gli stessi che passarono in mano del Prof. Glor-

1 ) Mentre la presente edmone era in macchma, ho potuto, in fretta, vedere l'ori- ginale dell’Opuscolo, fatto venlre apposltamente da Parma Ho così constatato: io che, meno p~ccole varlant1 ortografiche, la copla del Faelll b feclellsslma. 2’ che 11 Colombo, dopo aver notato I quattro suaccennatl opus col^ nel fogho blanco che precede l’origlnale, aggiunge quanto appresso * lo porto lerma opmone che, a rendere compluto 11 Volume, debbano entrarvl anche così fd t t i opus col^. A credere clò, ml lnducono due raglonl. la prima B che mancandone questi, non è plù fatta menztone di tutto CIÒ che accadde, all’Autore, o cl1 vedere o dl fare, I n questo suo Pussaggzo per Ilalin, e la seconda che, dicendo II Parlasca, nella sua dedicatorla all’ahate Casella, che gll presenta alcune lettere dello Zuccarl scrltte a suo8 amm in Romo e fuori, accenna anche altre cose, oltre IC duc contenute in qucsto esemplare, le qual1 sono scrltte entrambe al Casella >.

2

- 18 - dani e che io :ricordai nel citato mio Studio sui pittori Zuccari ’).

Tornando a parlare della raritd dell’OpuscoIo, di cui si fa oggi la ristampa, aggiungerò che il Mariette, anche dopo le risposte date al Bottari, continuava nelle ricerche; e, nel febbraio del 1765, così scriveva al Paciaudi: 2, e Encore e ces jours-ci, j’y ai vu un livre qui est apparenlent bien << rare; puisque, depuis plus de trente ans, je l’avais cherché g inutilement, et que M. Bottari m’a avoué n’avoir pas U &ti: plus hereux que moi. I1 est de la composition du a peintre Frédéric Zuccaro, et contient la relation d’un (( voyage que cet Artiste fit en Lombardie sur la fin de <( sa vie 3, B.

I1 Brunet fa menzione 3 degli opuscoli di Federigo: L’Idea dei Pittori e Scultori, Torino, 1607, in foglio pic- colo, che chiama opera pregiata; Origine e Progressi del- E’Accademia del Disegno, Pavia, 1604, in-4”; opuscolo già pubblicato, altra volta, a Roma il 1585, col titolo : Trattato della Nobiltà della Pittura, come riferisce l’ Haym 5); e ricorda anche le Lettere a PrencQi, Pavia, 1604, in-d”, ed il Possaggio per I‘Italicc con la Dimora d ì Parma,

~-

1) Dea I’ltlorz l a d d e o e Federago Zuccarz dz Sanl’Anyelo Ln I’ado. Iesi, 189.3, pag. 59, nota i 14. Di questo Stutllo sto preparando una seconda edizione, con nuovr ed importanti documenti.

e) Correspondance ingddlte du Comte de Caylus avec le P. Paciaudz, The‘atin (1857-1765), suivie de celle de I’abb8 BarthelBmy et du P. Mariette avec le M&me, publ~ées par Charles Nlsard de l’Institut. PangI, 1877. Vol. 2. A questa rmportantlssima opera collaborò anche l’Illustre blbliografo parmrgiano, Ab. Barbleri Dell’opuscolo dello Zuccari SI parla al Vol. II. 356.

3) Allo stesso Mariette, ed appunto a proposlto dog11 opuscoli dello Zuccan, fu dlretta la lettera XIV del Tomo VI della Raccolta del Bottari.

’) Manuel du lzbrnzre et de l’amateur des liares, par Jacques Brunet, Cm- qulème edltlon. Parrs, Dldot. Vol. F’, parte II, paã. 1543.

n) Blblaoleca ztalaana o sta nolzzza del lzbrr rara ataltanl, per F. N. IIaym, corretta ed ampllata da F. Grandonatl Mllano, 1803.

\

- 19 - Bologna, 1608, in-4”; soggiungendo che questi ultimi opu- scoli sono rari, perchè ne furono pubblicati pochi esemplari.

I1 Brunet indica dunque la causa che contribuì a ren- dere rare le pubblicazloni dello Zuccari; ma, io ritengo, che dessa non sia la sola, e che altra debba ricercarsene nel fatto che la più parte delle stesse pubbllcazioni non fu pos ta in commercio.

Trovo, infatti, che Federigo, nel suo Passaggio p e r l’Italia l), scriveva: In questo tempo feci ancora, ad

istanza del Signor Cardmale (Borromeo), stampare ia Pavia, il mio llbro dell’Accademia del Disegno dei Plttori,

<< Scultori ed Architetti di Roma, che feci sotto la sua protettione, dei quali ne haverà uno dal Slgnor Cintlo

<< Clemente mio genero ”, ch& gli0 ne ho mandato buona < parte, per distribuire a gli amicl et affottionati della << professione P.

Sul merito letterario degli opuscoli di Federigo, vari furono i giudizi e non sempre benevoli e, talvolta, anche esageratamente contrari ed ingiusti.

A quanto il Lanzi asserisce, era opinione che lo Zuccari scrivesse per emulare e superare il Vasari; ma, se si deve credere al giudizio recatone dal Mariette e dal Bottari, non avrebbe Egli raggiunto lo scopo

Vero è che, se corre distanza tra gli scritti dello Zuc- cari e quelli del Vasari, a tutto vantaggio di quest’ultimo, non si pub tuttavia seriamente affsrmare che gli scritti del primo siano dispregevoli, come taluno ha creduto; mentre anzi, tra i non pochi difetti di forma, il giudice spassionato

l) Ved] a page 35 e 51 di questo hbro 4) Credo che il Clemente sposasse Isabella, la maggiore delle fighe dl Fedengo. 3, Lettere scambiatesi fra 11 Bottarl ed 11 Manette, merlte fra le Pttlorlclte, al

Tomo VI.

- 20 --

vi trova pregi moltissimi, che li rendono piacevoli ed alta- mente apprezzablli.

,4 questo proposito, ecco quanto scrive, sempre fiero censore, 1’ illustre Pungileoni ’) :

(( I1 suo capo d’opera (di Federigo) ha scritto in u fronte: Idea de Piltori, Scultori ed Architetti. Gettando u l’occhio su di esso, avrà scorto o potrà scorgere agevol- a mente 2, con qual calore Egli raccomandi, agli uomini u dediti ed amant1 delle arti imltative, 11 fornire la mente u delle cognizioni che sono dell’ultima necessità per giun- (( gere a grado sublime. Peccato che quelle carte, altronde u dotte, siano da capo a fondo imbrattate da termini astrusi u e da gigantesche espressioni, che spesso astringono 11 u paziente lettore a rllevarne il senso, tra un nuvolo di u parole. Sacrifici, Egli la chiarezza e la purit& dello stlle, u al linguaggio delle scuole, non molto confacente al genio u delle art1 gentili B.

I1 Pungileopi, dopo di aver detto che Mons. Bottari richiamò ln vita questo libro dello Zuccari, con l’averlo Inserito nel volume VI delle Pittoriche; confessa che, a suo avviso, 11 Bottari fu Indotto a ristamparld perchè, nel medesimo, di tratto in tratto, si trovano motta intelligenza

Dopo di che 3, lo stesso Autore continua: u Io credo di a non ing;mnarmi punto nel dire doversi, sotto. due diversi (( aspettl, bilanciare il merito di questo scrittore, eloè 111

’ dell‘arte e desiderio dell’utile.

i Lettere sullo Zuccall, dirette tlnl Pullgil on1 a Salvatore Bettl, puhbllcatc ncl Gtornole Arcadico, Vol LVI, pag. 195 al 221. Nel mio cllato Studlo sugh Zuccarl, pur accennando la n o t m , desunta dal Rertolnttl, che 11 Punglleoni avesse scritto del hostro Fedengo, non fui I n grado, appunto perchè 11 Bertolottl stesso aveva dlrnen- tlcatc IG opportune citazlonl, t11 tener conto dl queste lnteressantlssrme Lettere.

~~~ ~~~~~~~

2, Non si dlmentlchi clle 11 Pungtleonl scrlve a Salvatore Beth. 3, Giornale Arcadwo, Vol LVI, pag 107.

- 21 - c f d t o della lingua ed in proposito delle arti. Per conto a della lingua, non è da seguirsi da coloro che si ddnno u ad isviluppare, con lucid’ordine, a prò dei giovani stu- a diosi, i principii delle tre arti. Per riguardo agl’inse- e gnamenti artistici, ad onta dei difetti rimproveratigli dal a Mariette, dal Bottari e dal Lanzi, Egli è scrittore da non

tenersi in pochissimo conto B. E conclude dover noi essere debitori a Romano Alberti, pel lodevole pensiero, da lui avuto, di trasmettere alla posterith i discorsi tenutl dallo Zuccari, come principe dell’Accademia di San Luca; nel quali contengonsi utilissimi insegnamentl.

Federigo, nei due suoi Lavori, che oggi vengono di nuovc) offerti all’ intelligente lettore, lasciò la descrizione del lungo suo pellegrinaggio per l’Alta Italia, dopo il ritorno dalla Spagna, e parlò della dimora, fatta da Lui, nel 1607, in Parma, dove eseguì pregevolissimi Dipinti.

L’originale dell’Opuscolo, in cui Essi furono, per la primn volta, raccolti, è i n 4 ” piccolo. I1 primo foglio reca il frontispizio, quale qui viene fedelmente riprodotto; e seguono due pagine non numerate, con la dedica del Parlasca al Casale. Due altre pagine contengono versi del Collini e di un Incerto, allo Zuccari.

Da pagina 1 a 48 è il Dfporto per Italia, indi rico- mincia la numerazione, da pagina 1 a 53, per L a Dimora di Parma; e seguono, nella ultima pagina, l’imprimatur e

Nella nuova edizione, ho invece preferito la numerazione progressiva, dal principio alla fine. All’ infuori di questa tenue variante e della unità de’ caratteri tipografici, cercai di seguire, in tutto, possibilmente, la copia del FLLelli, che ritengo accuratissima, e conforme all’originale. Eppure sono

\

m la data.

/

- 22 - cmvinto che la edizione bolognese sia veramente scorretta, e ad essa, piu che alla penna dello Zuccari, attribuire si debba la p!ù parte degli errori d i ortografia ed anche di sintassi che pur troppo vi si riscontrano: come, del resto, è certo che tutti gli scritti di quell’epoca e delle precedenti, o gli stessi di Giorgio Vasari, non potrebbero servire ad un confronto, perchè più non sono quali uscivano, la prima volta, in luce; ma, nelle edizioni succedutesi, furono ampla- mente, almeno nella forma ortografica, corretti e perfezionati.

Comunque apprezzare si voglia 11 valore letterario di questi Scritti, parmi tuttavia che non possa mettersi meno- mamente in dubbio l’importanza che essi hanno por la storia dell’arte e dei costumi e per la cronaca dei primi anni del secolo XVII.

Se il mio giudizio 8 veramente esatto, e se questa ristampa riuscirà a cattivarsi le simpatie dell’erudito lettore, mi chiamerò soddisfatissimo delle povere mie fatiche: sarb anzi felice d i aver facilitato la via, all’insigne Accademia Romana di Belle Arti, per onorare la memoria dol primo tra tanti illustri suoi Figli, e solennizzare il terzo cente- nario dalla sua inaugurazione, la quale appunto avvenne, fondatore benefattore o primo principe lo Zuccari, il 14 novembre 1593 l ) .

Ne andrebbe lieta anche la Patria dei due pittori Taddeo e Federigo Zuccari, che è pure patria mia; la quale B veramente orgogliosa di aver dato, pih di una volta,

l) Vedasi 11 citatb mio Opuscolo Dei Pittori Tuddeo e Federigo Zuccari, pag. 44. MISSIRINI Memorae per servm alla storza dell’dccademra dì S. Lwca. Roma, 1823, p. 80. Centeszmo Secondo dell’dccademza. Roma, Casaletll, 1795, Relazlone, p. VIL La comemorazione di questo terzo centenario, venne, per irnprevlste circostanze, rimandata ad ogg~. II pruno centenarlo fu celebrato il 30 settembre 1896, ed il secondo 11

2 glugno 1795.

- 23 - artisti alla illustre Accademia, ed il 13 febbraio 1750, un altro principe, nel pittore Cav. Francesco Mancini, di cui scrissero: Disegni, bene, colori vagamente e ftc, in Roma, annoverato tra i primi del suo tempo ‘). Anch’Egli nacque in Sant’Angelo in Vado, l’antico Tiferno Mataurense, oggi piccola Città, che - non degenere da tutte le altre Cittk e Terre gih comprese nel celebro Ducato di Urbino - fu la cuna di tanti uomini illustri, tra’quali, a titolo d i 01101’0, siami permesso di ricordare il famoso condottiero, capitano Nicolb Fortebracci della Stella, il chiarissimo canonista Prospero Fagnani e Gian Vincenzo, poi Fra Lorenzo Ganganelli, Papa Clemente XIV.

Roma, 18 dicembre 1893.

VINCENZO LANCIARINI.

l) Ved1 MISSIRINI, p. 227. - Le cenen del plttore Mancrnl rrposano a Roma, nella c h m a di S Bonaventura al Palattno. 11 suo Capolavoro - quadro rappresentante i SS. Pietro e Giovanni che guariscono uno storpio - trovas1 nel Palazzo del Qulrinale. Se ne ammira una copia, in nlusaico, nella BasIlIca VatIcana.

IL PASSAGGIO

P E R ITALIA,

CON LA DIMORA DI PARMA del Sig. Cavaliere

FEDERICO ZUCCARO.

DOUE SI NARRANO FRA MOLTE ALTRE COSE LE FESTE, E TRIONFI KEGIJ FATTI IN MANTOA DA QUELLA ALTEZZA

PER LE NOZZE I DEL SEREXISSZMO PRINCIPE FRASCESCO GONZAGA SUO FIGLIUOLO CON LA SERENISSIDJA

INFANTE MARGHERITA DI SAVOIA.

AGGIURTOUI U N \ COPIOS\ NARRATION2 DI VARIE COSE TRASCORSE, VEDU-

TE, E FATTE REL SUO DIPORTO PER \ E N E T I \ , AlAXT04, MILAKO,

PAT'II, TURIAO, ET ALTllE P A R 1 1 DEL I'IUIOATE.

IN BOLOGNA, APPRESSO BARTOLOMEO COCCHI, AL POZZO ROSSO.

mI.uc.vw. Con llcenza de' Superlor).

Ad istanza di SIMONE PARL4SC4.

- 27 -

AL MOLTO ILLUSTRE,

E T R E V E R E N D I S S I M O

SIGNOR OTTAVI0 A B B A T E CASALE.

Sapendo quanto A V. S., Molto Illustre, apporti gusto, anco t r i le molte sue occupationi, 11 sentir tall'hora nuoue, e gratiose inuentlonl d'alt1 soggettl; e conoscendo quant'ella sia amrca dell'arte Industre della pittura, e de gl'ingegnosi professori suoi, h6 giudicato bene di presen- tarle alcune lettere, scritte dal Caualier Zuccaro A suoi amici in Roma, e fuori Riceuei per somma ventura, ch'impensatamente mi venmero queste carte alle mani; per hauer occasione di far pih che mai nota la mia deuotione verso dl lei ; e per apportarle, con questo modo, vlrtuoso diporto, rappresentandole, in quest1 puochl scritti, molte cose, xarle, e diuerse, e tutte quelle feste, e trionfi particolari, ch' A giorni passati, con tant'applauso del mondo, furono celebrati dall'hltezze di Mantoa; raccontate di maniera che fA parere altrui esserui presente. Non hauer& dispiacere V. S. dl leggere (oltre di clb) nuove, e spiritose inuentioni di pittura, fatte dal sopra nominato Caualiere, nel suo PASSAGGIO, e dlporto PER L'ITALIA ; nelle quali opere dimostra benissimo, ad ogni studioso et eleuato ingegno, la speculatione de' soggetti, l'imltatione della natura, l'industria dell'arte, et il vero modo della rappresentatlone delle cose. NB si scosta, come Pittore, dalla Frlosofia; si corne si vede in alcune ben intese dlfflnitioni sopra il Disegno, date da lui nell'hccade- mia Innominata di Parma, nelle quali s'allontana da' pensieri del Volgo, con la grandezza de' concettl, e dell' operationi. Cose che da V. S. sa- ranno meglio intese, che da me dichiarate; E, per fine di queste, humil- mente le prego da Nostro Signore 11 compimento d i ogni vera felicltà.

Di Bologna il prlmo di Luglio 1608. DI V. S. M. Ill. et Reuerendiss.

Detiotissimo Servo S I M O N E P A R L A S C A .

AL M O L T O ' I L L U S T R E

E T E C C E L . T E S I G . C A V A L I E R E

FEDERICO ZUCCARO.

I1 Collini.

È un diporto per certo (Zuccari) il tuo viaggio, Non sol per te, che pellegrin camini, Per c6r del bello il buon, del buono il saggio ; Ma per noi tutti ancora, Poiche miriamo ogn'hora, Ne' tuoi parti diuini, Opre d'alto valore Splegate dalla Fama, e dall' Honore.

*S

Dell'isteriso. Al medesimo.

Se dentro A picciol campo Tal' hor (Zuccan) apporti Con uiuaci colori Santi, Regi, Pastor, Ciel, Stanze, e Fiori ; E uiui fai spirar gl'huomini morti; Merauiglia non 8, ch'in poche carte, Descriui à parte, A parte Di tanti illustri gesti historia piena; Mago al veder, et all'udir Sirena,

Ws&

D'incerto.

Zuccaro, la tua penna È così dotta, quanto Sia dotto il tuo penne1 nel proprio vanto; Anzi l'un 1' altro accenna, Che, con mirabil'arte, Fai che scriua 11 color, pingan le carte.

- 29 -

DIPORTO PER LA ITALIA. DEL SIGNOR CAVALLIER

FEDERICO Z U C C A R O .

A L MOLTO REVERENDO, ET SEMPRE OSSEIìUANDiSSIbIO

I L SIGNOR PIERLEONE CASELLA, SAILUTE.

Ilauendo un puoco dl tempo otioso, m questi gorni dl Carneualc, mentre io ne sto così, presso 11 fuogo, necessitato da cotant1 gran freddl, che qui rendono le grosse neui, e ghlaccl grandlsslml che abbondante- mente in questa stagione 1'Aere versa; in uece di ueder Maschere, a n - dare A Festini, b comedle, che da allegri Glouanl fannosi, mi piace passarmela un puoco cou esso lei ; della quale, molt1 mesi sono, ch' IO

non ne hò hauuto nuoua come ella fors1 dl me : cosi B dunque le fi) sapere (Iddio lodato) 11 mio ben stare, come parimente dlslo dl lel, et de' buoni amici, i quali, con questa, tutti insieme dl cuore saluto 6 pur ragioneuole, Sig Casella mlo, tall'hor dar nuoua e segno che slam V ~ V I

Amor sprona il deslo, el desio que:la Voglia di hauer dell'amico nouella

Mi souiene, che di Veneha la salutai, glA duoi ann1 sono, dandolo auiso del fine dl quel mio quadro dl Alesqandro III et Federico Barba- rossa, posto nel gran Conseglio, et de la soddlsfattlone data, et riceuuta da quella Serenissima Republica; che, oltre dl una recognhone honoreuole di mille scudi, et una Collana d'oro, con tltolo di Cauallere dl quella Republica, fui honoratamente riconoscluto. M1 db a credere, che V. S. se ne rallegrasse, come quella che fu buon mezzo à farmi rissoluere h quella andata, per la chiamata dl quel Signori Illustrissimi in Venetia; et, se bene io non hebbi risposta da lei, n& dal Slg. Chnstofano Negosant1

- 30 - Cannonlco in S Marco ; db la colpa alla partita mia dl Venetia, poco appresso, per la chiamata del Slg. Cardinal Boromeo à Milano, et per& andassero A male le lor lettere, essendo io stato sempre in continuo moto, hor qua, hor 18; s1 come 11 genlo m10 a viaggl mi h9 sempre mosso, et le occasion1 honorate ml u’hanno fatto sempre strada: per tanto non ricusai l’andatd per tornare à riueder Mllano, et quella parte di Lombardia; et hora, con altra che successe, poi il Plemonte, oue hora mi ntrouo; et così raggirare la terza uolta I’Itaha, se non 4 la quarta. Poiche la prima fù quando passai in Francia, ad iastanza del Cardinale di Lorena, buona memoria, già tanti anni sono, alla creatlone di Gre- gorio Papa XIIL, et di Francla poi passai in Fiandra, e in Inghilterra A mio diporto; et la seconda quando passai in Spagna alla creation0 di Sisto Quinto; di maniera che dm terzi, anzi quattro quinti, di m a uita hb consumato in uiaggi. MI accorgo ch’ ella, come anco qualche altro amico, vorrebbe sapere quel che io abbia fatto in questo tempo in Milano, et in altrl luoghi, oue sono stato fin hora; et quello chio abbia veduto di notabile, et chi mi trattiene hoggi qui In Tunno, & si lunga dmora fuori dl Roma, et di mla casa, nell’et9 in che mi rltrouo: desi- derio di amico amoreuole

Tutto restringendo quanto potrb, procurerb sodisfarla ; ma perche mi accorgo, che non potrb essere tanto breue, scusarete la dimanda; et pel desiderio di darle soddisfattione, farb non una lettera ma una narratione dl più cose, uiste, et passate, che non seranno, secondo me, se non di gusto, e trattenmento suo, et de amoreuoli amici; pascia che in questo mio uiaggio hb visto, et passate uarie, et diuerse ricreationl, cose degne tutte da essere intese; sì in soggetto di hauer visto rarij luoghi di deuo- tione, come di spasso, et di piacere ; Palazzt, glardini, et fontane, che non inuidiano quelle di Roma, b di Fiorenza, Paesi con laghi delitiosi, caccie seluatiche, et domestiche, pesche di plù sorti, Comedie, et spassi diuersi; correre la slizza per l’aggiacciata neue, danze, feste, e conuiti Reg1 , Campo di armi, rassegne di Caualieri , abboccamento de’ pren- cipi, e tante altre cose, che non posso mancar, ragionando, fargliene parte. Dalla partita di Roma, come ageuolmente ella si pub raccordare, che fù di mezo Giugno del 1603, quella Estate passai, con mirabil gusto nella nattua patria mia, con parenti, et cari amici, et in Vrbino parti- colarmente appresso il Sign. Duca mio Signore, dal quale ne riceuei molti fauori. Spirata l’Estate, et quei gran caldl, A tanti di Ottobre,, se- guendo il mio viaggio, gionsi in Venetia, A dar fine, come feci, a quel mio quadro gi& detto, chera rimasto %perfetto gi8 molti anni Prima*-

- 31 - com’ella sa, doue che in sei Mes1 spediJ di quel poco, che vi restaua, A soddisfattione di quei Serenissimi Signori. Chiamato poi, come hb detto, dal Signor Cardinal Boromeo & Milano, ui andai a mio diporto ; fermandomi, oue uno, oue duoi giorni, à Padoa, Vicenza, et Verona, A rluedere amici uecchi; et acqutstatine di nuoui, con molte cortesie ri- ceuute, passai & Alantoa & rivedere quella ClttA, e le belle opere di Gmlio Romano, et altri ; e per vedere una gran bella Comedia, che fa- ceua fare quel Duca, essendo nel fin del Carneuale ; la quala fu uera- mente nobilissima, e Regia, per gli apparati, et ogni altra cosa, con quattro , ò sei cangiamentl dl Scene, con lntermedl~ stupeildissiml; in somma fù cosa degna di un tanto Prenclpe; et lì mi trattenni per que- sto, tre, ò quattro giorni. Non sb, come S. A. Intendesse ch’lo ero costi dl passaggio, doue mi conuenne andarle à far riuerenza; et mostrando quell’Altezza desiderio ch‘ 10 mi fermassi alquanto seco, scnsandom’io , che era di uiaggio per Milano, ad mstanza del Slgnor Cardinal Boro- me0 , S A. volse ch10 le promettessi, spedltoui dal Slgnor Cardmale, di ritornare, (si come pol feci, et u1 stetti sette mesi) e seguitai 11 mlo uiaggio, per Cremona oue fui trattenuto duo @om1 da hlonaignor Illu- strissimo Speciano, Vescovo di quella ClttA, et rlulsto le opere del Porde- none, del Campi, et altri, gionsi & Mllano, et dop6 quattro, i, sei giornl, ne’ quali di nuovo reuista la cltth, et le opere dl molti, 11 Slgnor Car- dinale ml mandb à Pauia, et lì feci noue, mesi, et sette che ho consumato sin hora qu8 in Turino, e sette in Mantoa, facendo i conti con tre mes1 che stetti in Vrbino, e sei ln Venetia , sono sin hora trentadui mesi, che son fuori di Roma ; sicch6 vedete Signor Casella mio, come 11 tempo uola; e t io ne partij solo per star sei, b otto mesi, per l’occasione sola di Venetia; che se io hauessl roluto, b volessi plgllare altre occasioni, che glornalmente mi sono state, et sono presentate a gusto cl1 diuersi altri Prencipi, et Signori, non potrei sperare riueclere pi6 il mlo Monte Pincio, il mio Tugurio, pur fatto con tanto mio dlporto ; hauendo mar- tello di riuedere Roma, Amici, Flgliuoli, e nlpoti. Per6 ho procurato di sbrigarmi sempre di tutti i luoghi, come parirnente farG qui, piacendo à Dio, in occasione cosi principale, et singolare che in uero non h6 potuto, con honor mio, ricusare; et di questa, spero In Dio, anco sbri- garmi, et quanto prima potrò, per desio dl ritorno ; trouandomi nell’eth, ch’io mi rltrouo di sessantatra anni, bramo riposo hoggimai, et umre un puoco à me stesso, si come desidero, se Dio mi da gratia di rltorno; ma sono in uero tanti i favori, e cortesie, che io ho sempre riceuuto in ogni Iuoco, et riceuo giornalmente qu8 da questa Altezza Serenissima

- 32 - per sua gratia, et da tutti questi Signori; che aggiuntaui la buona com- plessione, che il Slgnor Dio ml dona per sua misericordia, et bontb, che non mi fa sentire, b patir disagio alcuno, sì mi trouo dispòsto, et sano (merce al Signore) che passarei ancora dl nuouo, in questa et&, queste grandi Alpi degli Apennini, che chludono I’Italla; ma conten- tianci.

Hora son per dirle quello che ho fatto in Pauia, come in Mantoa, et quello che ora stb fdcendo quh in Turino et, di mano in manoile cose aiste, più singulari. Gionto in Mdano, 11 Slgnor Cardinale ml mandb b Pauia nel Collegio suo Boromeo, oue uolse, ch‘lo facessi, come feci, una grande Istorla à fresco, in testa di un gran Salone, in detto Collegio, la “quale è alta 36 palmi, e larga 40, sotto la cornice, che ricinge tutto il Salone: I1 soggetto della Istoria, 6 la creatione al cardinalato del Beato Carlo Boromeo, rappresentando la Capella, et Concistoro pontificio, et PIO IV. che pone il cappello in testa al detto Beato Carlo, e t insieme l a corona, et ghirlanda di Cardlnali a torno, con molti Prelati, et altra gente d‘ogni sorte, & uedere detta atlone, si come sucede. Le figure prlncipall eccedono una uolta, e mezza il naturale, di altezza ; et mentre io diplngea questa Istoria, b me parea essere in Roma, trattando col Pontefice, et Cardinali, et tant1 altri Prelati et Slgnori; chè a caso mi veniuano figurati al naturale, alcuni che plù l’ huomo hh nella mente : i l restante du1 Salone, che in uolta, è tutto Istoriato della utta, et fdtti di questo Beato Carlo Boromeo, di mano del Signor Cesare Nebia da Oruleto. In quest1 9 mesi, che non si perdè mai un ora di tempo, non mancammo il Signor Cesare, et 10 plgliarsi molte rlcreationi, in diuersi luoghi, dentro, et fuori della clttà, come alla Certosa non molto lontano da Pauia, plù uolte a Mllano, et all’intorno à certe solennità, et feste: finito poi 11 fresco di questa Istoria, mentre che la mia, et un’altra simile del Nebia si sciugavano, per ritoccarle come pol fesslmo, il Slgnor -Car- dlnale ci mandb A vedere il Monte di Varalo, due giornate di là da Mdano, verso settentrione; luogo notabile, et degno certo ch’lo glle ne dia un puoco dl ragguaglio.

Questo Monte B à piedi de i Monti, che diuidono l’Italia da Sulz- zeri, et altri tramontam ; esso Monte, solo frà molti che g11 sono ap- presso e contigui, t! vestito di Alberi, e molta verdura, per lo quale si ascende piaceuolmente per scale fatte à mano artlficiosamente: ma prima che saliamo 11 Monte dwb, che a piedl di esso UI è una assai bella terra b uillaggio, che ritiene il nome del Monte; et, per mezo di essa, vi passa un gran torrente, b fiume, detto la Sesia, che wene da detti monti assai

- 33 - precipitoso, il quale poi ua serpeggiando più quietamente, et rinfre- scando una belllssima campagna, à mezo giorno fertile, e grat!osa: Q Ponente, e Settentrione sono li gi8 detti monti alpestri, et sterili; tant@ che questo monte di Varalo è una delizia per se stesso, e appresso poi, Per l’artificio di molte Capelle, che salendo si trouano, e per una longhl9 sima Scala di Plctra dl trecento, e più scdinl, tutta diritta, la qual j prima uista mostra di condursi al Paradiso, (quasi la scala di Giacob) Alla som- mita di questa ui è la Capella del riposo, e puoco appresso alcune altre, sin che si arnua alla sommità del monte, 11 quale peri, non è molto alto, che un miglio in circa dl salita in giro, e tutto placeuole, con dluersi riposi; alla sommita i! circondato con un muro, quasi un’altro miglio di circuito, dentro la qual circonscrlttiono ui 6 princlpalmente una Chlesa oficiata da Frati di S Francesco, non molto grande; d’intorno poi per tutta la sommita del monte, rlserrate u1 sono da quaranta Capelle, lontane l’una dall’altra un tiro dl pletra, e plù, et meno, et in clascuna di dette Ca- pelle è rappresentato un mlsterio della ulta, passione, et morte del nostro Slgnore Gesù Christo, ad imitatlone di Terra Santa, di slngular deuotione, per uedersi in esse, rappresentate al uiuo, tutte le figure, et misterij di rilieuo dl terra cotta, colorite, che uiue, et uere paiono.

In quella state, per mlo gusto, prlma che io vedessi il detto monte di Varalo, andai a vedere la Madonna di Crea, sul Monferrato vicino a Casale, lontano trentase1 mlglia da Pauia, la qual Madonna dl Crea è so- pra un Monte, anco esso bellissimo, et di bellissima vista più assai d l Va- ralo, havendo maravigliosa vlsta da tutte le bande; nella sommltb d i detto Monte, v’& una Chiesa più bella, et più grande dl quella dl Varalo assai, ove stanno Canonici regolari della Pace di Roma; et questo monte è parimente fabrlcato ad imitatione, et concorrenza di quello di Varalo, con le dette Capelle, à luoghi, à luoghi, con le figure di terra cotta, co- lorlte d punto come quelle di Varalo, salvo che qulvl si fanno i mistenj, et Vita della Madonna, e quelle di Varalo sono del Slgnore, si come dissi: questo non è ancora perfetto, che non serà men bello, che quello di Varalo, anzi molto pi^, e plù ordinato, et le figure tutte di assai buona mano, ue ne sono molte pnncipiate, e tutte di diversi Prencipi, e Signori che, per lor diuotione, le fanno fare; saranno queste ancora da quaranta e più Capelle; sin hora ve ne sono di finite da sei, ouer otto, et altre tante principiate, vna frà le altre, che è la maggiore e la piG eminente, su la sommitb del monte, in forma rotonda, con un por- tico & torno, che gode lutte le vlste di tutte le bande. in questa u1 si fA l’hssuntione della Madonna in Clelo, che certo sarà bella cosa; ch&

3

- 31 - ui sono duoi Scultori Fiamenghi, et un Milanese valent‘huomini, che vanno facendo delle dette figure di terra; nella parte di sopra Q il Pa- radiso, con la Madonna, nella parte di sotto, 6 gi9 figurato l’Inferno, ‘

che certo B talmente spaventoso, che le donne, e fanciulli non ardiscono approssimarseli. Questo monte di Crea B distante da Varalo da settanta in ottanta miglia, Crea à mezog1orno, et Varalo h Settentrione: Vicino 4 Varalo verso il Lago Maggiore, distante dodici miglla in circa, se ne para un altro Monte, et ornato con la vita di S. Francesco, e tutti saranno bellissimi et di molta ammiratione, che certo è stata in- uention bella, et di gran deuotlone questo modo di rappresentare detti misterij, in dette Capelle, i quali misteriJ occupaao tutta la Capella, che non ui B altare, nB altro che esse figure di quelle Istorie; appresso poi tutte le dette Capelle sono dipinte A fresco a le pareti delle mura, con paesi, figure, e prospettive che si accompagnano benissimo con le fi- gure di rllievo al soggetto dell’ Istoria, et tutte dl buona mano, mas- sime quella del Monte Caluario, h Varalo, di mano di Gaudentio di Ferrari Milanese, che fh discepolo gi8 dl Rafaello dl Vrbino, la quale 4 tale, che merita, ch’io ne faccia particolar relatione. Questo Gaudentio Pù di spiritoso ingegno, et di maniera gagliarda; in questa Capella del Caluario h& fatto gran parte delle figure di rilievo di sua mano, et le pitture tutte a fresco nel muro, gratiose e belle, che accompagnano 1’ Istoria, di lontananze e paesi ; fra queste figure di rilieuo di mano sua, sono quei manlgoldi che gluocano a dadi su la veste del Signore, che fanno gesti, et atti degni di quei sciagurati; vi B appresso un gruppo di figure, della Madonna Santissima addolorata, che camina verso la Croce, aiutata dalle Marie, et,S. Giovanni appresso, che no sb qual Scultore de’ migliori, meglio hauesse fatto, et meglio espresso il do- lore et l’afflittione della Madre, la compassione et lamento delle Marie che sostentano la Vergine, che ne vh con le braccia aperte per abbrac- ciar la Croce, alzando la testa h mirare il figlluolo in Croce, ou8 si scorge l’estremo dolore, c’hebbe la Vergine in tal uista; gid sono fatte le teste, mani, piedi et panni bel lis am^, et non solo è questa Capella l

con dette figure di rilievo di sua mano, ma le pitture ancora delle pareti, come hb detto; e, per brevitd, alcune altre di molta lode lascio, et altre di altri pure di molta deuotione, e spirito tutte ; ma quella che fa pianger communemente le donne, oltre i misterij de gli strazij fatti al nostro Signore, nel menarlo da Herode A Pilato, et flagellarlo, è la Capella degli Innocenti bambini, ou’è espressa< tanta bene Ia crudelta di quei Soldati, et ministri di Herode, nell‘uccidcrli; et le madri scapigliate, altre aiutarsi

!

- 35 - con morsi, et calci da quei cani, altre piangere I figli morti, chè smem- brate le viscere de’ proprl~ fig11 per terra vedono, con SI pietoso modo che commove veramente tutti a dolore: sono, dette cose, di rilievo, co- Yorite, come hb detto, che paiono vere, e veri gli effetti istessi.

Viste queste et altre cose, la guida che ci ha ordinato il Signor Cardinale ne condusse ad Arona Castello, e terra di sua Signoria Illustrissima, su’l Lago Maggiore, distante da Varalo 15 in 18 miglia, ove lo trouammo; et qui si fermammo quindici glornl h spasso, godendo con varie pesche, et diporti, quel luogo I1 Slgnor Cardlnale ci volse anco far vedere una sua bellissima Isoletta, detta la Boromea, dentro venti miglia mezzo il Lago, trà le montagne, a mezza giornata da paesi de Suizzeri; questa B di mezzo miglio di circuito tutto scoglio, però pieno di Cedri, Naranci, e Limoni con Giardini di singolar bellezza; e, tutto questo, fatto a gran studlo et artlficio di mano, sopra a detto sco- glio, con un palazzo di molta ricreatione; et appresso dl questa, a mezzo miglio, due altre Isolette vi sono, ma minori, habltate da pescatori. in questo tempo non stessimo totalmente otiosi, perche 11 SIgnor Cesare Nebbia, et io facemmo due quadri, à fresco, in duo pilastn di una Ca- pella di Sua Signoria Illustrissima; io feci una Pieth, con San Bernardo, .et la Madonna che tiene Christo morto, con quattro Angioli che ten- gono quattro torce alla grotta del sepolcro ; et 11 Signor Cesare fece San Bernardo che scrive della Madonna; et questi finiti A fresco, indi A poco ritoccatili, ne passammo verso Milano A uedere altrl luoghi all’intorno, come 11 Glardlno del Signor Conte Pirro ad IgnA, ornato di fontane tanto ben fatte con artificio, che Roma et Fiorenza al sicuro non ne hauranno di più belle, nè più riccamente ornate con statue di marmo, assai buone di Scultori moderni, non-potendone hauer degli antichi. Per San Giovanni poi, fummo condotti da alcuni gentilhuomini a Monsa, sue uedemmo la tauola di argento, scettro, e corona dl quella Regina, che ui abitb e lascib molti tesori, che tengono in gran ueneratione, con l a gallina, e pulcini d’oro, et altre cose h i luoghi loro bellissime, che per breviti lascio ; et poco meno, che noi arriuammo A Lugano, al Lago di Como, Bergamo per veder la Capella del gi8 M. Bartolomeo, etc. sì eramo desiosi di ueder tutto: in questo tempo feci ancora, ad istanza del Signor Cardinale, stampare in Pauia il mio Libro dell’hcademia del disegno dei Pittori, Scultori, et Architetti di Roma, che feci sotto la sua protettione, de quali ne hauerh dal Signor Cintio Clemente mio genero, che glie ne ho mandato buona parte, per distribuire h gli amici, et af- fettionati della professione. Speditomi di Pauia, et dal Signor Cardinale,

- -

- 36 - il primo @orno d i Decembre passai a Caeale di Monferrato, la seconda volta, per tornare à riuedere 11 Signor Duca di Mantoa, oue era stato tutta quella state, per farli riuerenza, et uscire dell’obbligo promesso ; il quale seco mi fece trattenere alcuni giorni à spasso, nel qual tempo mi trouai all‘abboccamento, che fece sua Altezza, con l’Altezza di Savoia, per lo parentado, che all’hora si concluse col Prencipe di Mantoa, et una delle Infanti di Sauoia, che fu cosa bellissima, et notabile à uedere, 3 .

et menta, ch’io glie ne dla conto, non gib puntualmente, che sarei te- dioso troppo, ma, cosi succintamente, glie ne farb una bozza.

11 Slgnor Duca fece uenire 11 suo amato figliuolo da Mantoa per questo effetto; et, giunto 11 Prenape, una mattina si partirono (com’lo) da Ca- sale, et ci fermammo la sera A Livorno, Castello b Borgo, uenti miglia distante verso Turino, oue la mattina seguente, dopb desinare, S. A con la sua Corte, si mosse cacciando, per passatempo, verso i confini del Piemonte, come parimente fece l’altro di Sauoia: se ne veniuano detti Prencipi nobilmente accompagnatl da propriJ loro cortegiani, et Caua- lien, con buon numero, et oltre le loro guardie de’ Soldati, et Caualli leggieri, vi concorse appresso tanto numero de paesani da uillaggi, e Castelli intorno, 8 cauallo et a piedi, con donne, e fanciulli, per uedere questo abboccamento, che, si come erano in una grandissima campagna piana, per quella sparse, un grande esercito tutti insieme assomiglia- uamo, e b prima uista, di lontano scoprendosi, sentiuasi gli uni, et gli altrl trombetti, con allegro suono, salutarsi per ben trouati insleme, fa- cendone la foresta risuonare; uedeuasi ancora i messaggieri di una parte, et l’altra à piedi, et à cauallo, molti ui erano con cani A lassa, altri con sparauieri et falconi, presentandosi delle caccie, che haueuano preso. Come furono a prima vista di conoscenza, b cmquanta passi vicini, i Prencipi; fu il primo à smontare 11 Duca di Mantoa da cauallo, col Prencipe suo figliuolo, et tutto ad un tempo il Duca di Sauoia di carozza, et tosto che furono b presso, si abbracciarono; quindi reiterandosi le parole l’uno b l’altro cortesamente, non si potria facilmente contare I’allegrezza, et festa che il Serenissimo di Sauoia fece al Prencipe d i Mantoa, bellissimo giouane senza pelo al mento, abbracciandolo, et baciandolo caramente, come figliuolo, et genero, che non si potea da lui distaccare, per mirarlo, et contemplarlo; dove dopo molti discorsi, et ragionamenti piacevoli tra loro, si diedero a fare conoscere, ciascuno la Corte sua de’ Signori, et Caualieri; et finito questo colloquio, che dur6 una grossa uora in piedi, senza muoversi di luoco, oue prima si

Hauend0 determlnato queste Altezze Serenissime abboccarsi insieme, .

%

;-

- 37 - abbracciarono, essendo l’hora tarda, si licentiarono per quel giorno, ri- tirandosi pure la sera noi A Livorno, et quel cl1 Sauola ad altro suo luogo conuicino. La istessa notte, mandato quel di Sauoia ad inultare 11 Duca di Mantoa, così al giorno non molto mattino, andammo oue 11 pas- sato giorno l’Altezze incontraronsi lui poco appresso; et incontrates], questa seconda uolta, nlun si mosse di Cauallo, ma fattosi lunga, et cerimoniosa accoglienza, accarezzato di nuouo il Prenclpe , nouello sposo, si posero a caualcare agiatamente, hauend0 quel dl Mantoa fatto ogni sforzo per dar la mano destra a quel di Sauola, ma dopo forzarsl molto, donato la mano deritta al Serenlssimo di Mantoa; dopb loro se- guendo, il Prencipe fu preso in mezzo da duo princlpali Cavalieri della Nontiata, Ordlne di Sauoia; et così caualcammo, forse un’hora e meza di longo, et giuntl in un Gasale, b grancia, che dir vogllamo, alla cam- pagna detta la Boscarina, uicmo à Cigliano, nello Stato dl Sauoia, et qul quelle Altezze fermatesi, si ritirorno à pliì stretto et segreto colloqulo, oue stettero un altra hora buona, poi si posero a tavola con sontuos~s- slmo conulto, et banchetto solenne; nè à tauola u1 era altro che essl tre Prencipi, et tutti da una parte, primo Sauola, pol hlantoa, terzo il Prencipe; no1 altri cortigiani, et tuttl, fossimo benissimo trattati, n& io mancai dl fare un brindes 8 gli amici di Roma; spedito 11 banchetto, che era ben tardi, et le cerimonie tra questi Prenclpi, ciascuno si ntirb al suo luogo, quel di Sauoia a Cigliano, et Vercelli, et noi a Liuorno, et Gasale, et de Gasale à Mantoa per lo Pb; il quale fiume, per la staglone bellissima, che era stata giA plù mesi senz’acqua, se ne correva fiaccamente, e t perciò stentammo, et passammo perico11 et disagi, per multi impedi- menti di legni, albori sotterrath nell’aluio del Pò; pur con l’aiuto dl Dio, glungessimo salui in Mantoa 11 giorno d l S..Tomaso alIl 22 Decembre. Sua Altezza, col Prencipe, in carrozza volarono prima di no1 in Mantoa.

Hora eccogli fatto un viaggetto parte per terra, e parte per l’acqua, di plù cose precesse, et narrate di passaggio; ma fermateul, chè se bene son yuì a presso il fuogo, così scriuendo, con buona gratia sua, et di ch1 mi ascolta, mi scalded un puoco i pledi, et anderò a cena, sentendomi chiamare, perche I’hora Q tarda; dandole la buona sera, restate in pace.

Dlmane io vi aspetto Tra Dame, e Caualieri, A gustosi piaceri, TrA feste, e tr8 conuiti, Tra liete danze di guerrieri arditi.

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- 38 - Gran torto farei all’amlcizia nostra, S’ io non le communica3si, (prima

che altro le dlca di Mantoa, così per Intermedio del dlscorso) alcuni spassi. che sono qua il Carneuale, assal diuersl dall’uso di 18, et col parteciparne così con lei, vengo lnsleme a raddopplarmi il diletto, et gusto auuto. Deue dunque sapere, che questi popoli di qua del Piemonte in spetie son molto dediti A conuiti, danze, et suoni, et perb 8 tra loro. questo prouerbio: al popolo di Turino, pane e vino e tamburino. Si come i Ro- mani soleuano fabricare teatri, et culisei, per dar spasso al popolo, cos3 quA non CI 8 Villa, n6 Castello, b CittA, che non abbia luogo publico. di feste, et danze; come, in particolare, frascate grandi, con duplicate colonne di pietre bene ornate, oue le feste, et tutto l’anno il popolo si ricrea ballando, et danzando: ma lasciamo queste feste et balli della plebe; diciamo delle nobili, et de conulti Regi, non solo di sua Altezza serenis- sima, ma di molti Signori Caualieri ch8 in questo tempo, di Carneuale in spetie, fanno h vicenda feste, et conuiti, una sera per ciascheduno; nelle quali feste, danze, et conuiti, u1 si ritroua sempre sua Altezza Serenissima, che così conferendo al gusto del paese, non si sdegna com- parire A queste feste, che si fanno la notte; il giorno pol corrono la shzza, che B la plù gustosa cosa, che si faccia 11 giorno, in questi tempi dl ghiacci e di neui gelate; hauete dunque da sapere, che la notte si fanno le feste, et ComedJe, et il giorno la detta sllzza lmmascarati; le dette feste della notte ne hb uisto da tr8 b quattro bellissime, et queste mi bastano. Questa sera ero inuitato ad una di queste in casa del gran Cancelliere; ma, tirando questa sera un’aria fredda penetratiua, ml con- tento danzare così, con loro, appresso i1 fuogo, ch6 queste feste in questi tempi si comprano con molto disagio, et lascio la cura di registrarle sera, per sera, a questi giouinotti, et al m10 compnr Rocco, che se ringiouanisce, non lasciandone una, massime delle Comedie, e si 8 affrat- tellat0 con un Fritelhno, et con un Arlechino, Gomicl, et con un Pan- talone, che non se ne stacca un pi8 lontano da loro; questi mlei son iti tutti A feste per la CittB, et comedia, che questa sera auanti le Prin- cipesse si fh; non uoglio auer loro inuidia, ch8 si torna A meza notte tremando di freddo. Hora io sto accordando la mia cetra, et conuitando le Dame, et Caualieri, tra quali non sdegnerB comparire ancora sua Altezza Serenissima, B danzare vn gratioso ballo, come suole spesso fare gentilmente, lasciando poi guidare, et far guidare alle Dame, et Caua- lieri, mille balletti in giro, far la ruota, la zoppa, la ritorta in dietro, e innanzi, rubbarsi le Dame l’uno et l’altro B mezo il ballo, et si- mil’altre gallanterie. Ma lasciatemi, per gratia uostra, prima ch’io dia.

- 39 - ordine ad accomodare le Dame, et preparare la mensa. Douete sapere amicl cari, che A queste feste, et festini nobili si lnuitano trenta, qua- ranta, et cinquanta Dame, gentildonne nobili, et principali, bellissime, et gentili al posslblle, chè quB è bellissimo sangue d i huominl, et di donne; poi gli ornamenti loro sono uezosi, leggiadri et garbati, ch’io non sb doue più, et meglio le gratie, et gli amori giuochino, et scherzino, mas- sime nell’inuentloni, d l conciature d i testa, non con molti rm1, anzi pollti, b con pochlsslmi, ma c011 ciuffi grandlsslml di capelli, di ueli, dl fiori, e mille altre galanterie: se ne uolete uno spoluero, eccovelo; primo un gran palmo di cluffo di capelll; le più li portano lisci, et distesi, poi sopra A questo un altro ciuffo di velo, che tallora alza un altro palmo, et nel mezo questo velo, alla sommita, u1 pongono un altro gioiello A. guisa di rosetta, con perle, rubini, et diamante, aggroppato con fettuccla che lega detto uelo sopra il cluffo de’ capelli ; et detto uelo 8 tempe- stato tutto di non sb che mosche nere, grilli, farfalle, b zampane, che siano, di muschIo, di vetro, che sb io, rappresentando quasi la copia degli amanti che lor girano B torno, come fanno quelli animaletti alla c h m a fiamma del lume; altre li coprono di fiori di plil sortj, b naturali, b artificiali, et detti ueli chi II porta blanchi, come bianco bambace, altre gialletti, azzurini, pauonazzettl, ò di quale altro colore che pili al loro gusto aggrada; dl dietro St quest1 duo ciuffi, uno appresso e supe- riore all‘altro, che auanzano talhora due palmi sopra la fronte, ve ne appoggiano alcune uolte un altro di dietro de gli istessi lor capelli dop- plato, con una fettuccia gentile, et treccia inserta, con la quale si le- gano la testa; lasciando la nucca liscia de’ propriJ capelli, senza scuffia alcuna, ma con tante fettuccle di pi6 colorl; con che fanno crocette, groppi, rose alle tempie, con laccioli di mille sorti che son proprie reti, panle, et lacciuoli dei miseri innamorati, chè le accorte, et gratiose Dame, CO-

noscendo la sciocchezza de gl’uomlni, che dl si fatte nouelle s1 complac- ciono, mirandole, et uagheggiandole, accrescono altri fioretti, et bagatelle, che tr8 i capelli di oro biondi, et oscurl, fanno gaia, et leggiadra uista, si la parte di dietro, come al dlnanz1, con plume Arioni, et tante altre nouelle, che non sb se Venere, Flora, et Giunone Dee della vanhi, et quclle della lasciuia mai tante ne facessero; appresso pol 11 soliti collari di Zenzlle, con lauoretti di seta, d l oro, tremolanti, et grandi come fonde dl botte. Ui hb uoluto cosi particolarmente descrluere queste leggiadrls- sime conciafure, accib posslate darle bene ad intendere alle uostre Reuerende Madri, accib sappiano acconciare bene la testa alle pupule de gli Altari. I

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- 40 - ’J . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Delle uesti poi, nulla ui dico; ch8 non uì 0 cataluffa, seta, ueluto, brocato, telette d’oro, d’argento, et quanti ueli, et zendadl tesse mai Aragna, et passamani fregi et ricami d’oro, di perle, et altre grandezze, et pompa, che qui non si strapazzi, et metti in opera; filze dl perle, eatene, et frontali, manigll, et pendenti, et gioielli A guisa di Tosoni Re@; manca h lor solo la corona d’oro Imperiale, la quale anco fanno di fiori, sì uogllono essere compltamente ornate, et non ui è pelle di gatti, di cani, di uolpi, di pecore, di agnelll, per non dire di ualo, fiorene, zibelllui, e dossi, che non se ne uaghono, per fodre di ciamare, di ma- nicotti, tempestati di perle, e rubini, et fregi d’oro, et d‘argento guar- niti, et profumati guanti, e Manti alla Ducale, alla prencipessa, et tutte Fe grandezze, in somma p:ù magnifiche, et singulan.

Le Danze poi sono si gratiose (per compire di narrarle le Feste B questi paesi), che non potri, cosi breuemente raccontarle, et di vario sorte: ui dlrb solo che ch! non sa fdre la Nlzzarda, non è Signor Ca- ualiero, n& Gentllhuomo, nè Piemontese uero, Uorebbe mo V. S sapere ehe cosa sia questa Nizzarda’l è un ballo gratioso, oue si mostsa la leg- giadria, la gratia, il moto della vita, si delle Dame come de’ Cavaheri ; uorrebbe ancora uedere danzare 2 eccoui la danza. il Cauahero esce con gratia ad inurtare ia Dama, con quella creanza che insegna la Corte al Cortegiano; presa per mano, con ordme di suono, fanno prima la cor- rente, cosi detta, et corrono uelocemente tre, et quattro uolte tutta la sala, et luogo del ballo, senza mal staccarsi le mani, saluo che, nel gl- rare, lasciano una e pigliano l’altra, con la gratla della bella uita, et dispositione loro, seguendo la guida del suo Caualiere, il quale come h i fatto due, ò tre giri di corsa, per lo ballo, abbraccia la Dama, con tal maniera, che ponendole la mano sinistra di dletro, B i fianchi della Ve- ste, l’altra d’auantl stringendole bene il braccio, et la mano, solleuan- dola in giro attorno, le fA fare quattro, sei et dieci saltl, per tutta la sala; et chi sa megllo secondare questi giri, et questi salti, Q pih gaia, et leggiadra Dama, et chi plù alti, et netti li fa fare, è più ualoroso, et forte Cauallere; et nel fine di essi giri, et sah , solleua la Dama con l’aiuto del ginocchIo suo à quel della Dama, et con forza di bracclo la solleua tanto alta, che li sopr’auanza la meta sopra la testa; et q u i si

1) A questo punto, B nel testo, una mezLa pag~na bianca, probabrlrnente per dar posto ad un rame che non fu pol m e n t o .

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- 41 - uede parimente l’aplit8 della Dama d lasciarsi solleuare, et la forza del Caualiero in alzarla, et nel calme; per mercede dl tante fdtiche, che sh destramente fare, ne prende un baccio gratloso, che qui si permette per creanza. Eccoui fatta la Nizzarda, che se haueste sentlto il suono, avresti il tutto molto pid gustato compltamente, che tutto tempo dl suono si fa leggiadrissimamonto. Succedono ln queste danze tall’hora gratiosi accidenti, come l’altra sera, che nel glrare che fece il Caua- liere et la Dama con quella furia abbracclatl h fdre il glro de 1 salti, se aggropparono i panni della Dama al piede del Cauahere, dl sorte che caddero ambi duoi in terra, la Dama dl sotto, et 11 Caualiere di sopra, con risa, et Festa doppia; ma perche sono casí fortultr, non ui fu altro ch0 un poco di rossore.

MB doue mi sono io lasciato condurre ii narrarui queste bagatelle, et queste leggierezze, che la Reuerentia sua forsí si sdegnerd sentxle; ma poichè 6 Carneuale si permette qualche cosa dl passatempo.

Queste sono le Feste Nobh , et principab, oue alle uolte compari- scono, come l’altra sera, belllsslml concerti dl maschere B llurea, come quella che fece il Signor Duca di Kemurs, et altri Caunlien, ln far comparire la Regina Tremibonda, da part1 lontane, che ueniua a ui- sitare il gran Re dell’Alpi, in queste sue feste, con mandar Ambasciatori auanti a salutare esso Prencipe, cioè S. A. Serenisslma, facendole com- parire prima un Corriero con stluah, et speroni In ple3, et feltro & torno, con un ualiglno sotto 11 bracclo, che pose sublto in terra, mo- strando dl essere all’hora, all’hora scaualcato, et presentatosi A S. A. le dA nuoua dell’arriuo della sua Regina, presentandolo un mazzo dl let- tere, dl Sonettl, et Canzoni belllsslme stampate, che S. A. sparse, et gettb alle Dame, et Caualleri; appresso vennero cinque Paggi, saltando et danzando, con due torcie accese, per uno, nelle mani, uestlti alla mo- resca; et finita la lor danza, diedero le torcíe In mano ad altrl Paggi di S. A. et essi presero gentilmente vn gran tapeio, et danzando pari- mente, et ballando, lo spiegarono, et poi lo distesero in terra, et ui po- sero sopra una sedia bellissima, addobbata per In Regma; fatto questo, uenuero auanti cinque gent~lhuomini della sua Corte, uestlti à viaggio nobilmente a foggia straniera, con mascarina uecchletta, et gobbi tuttl, saltando, et danzando una bella, et gratiosa Moresca; appresso entrb dentro la detta Regina con un drappello di Dame, pure con hablti pel- legrini, ballando, et danzando gratlosamente tutte, et alla Regina portaua lo strascino della sua ueste un gratloso Nanmo, fanciullo, che danzaua ancor egli dietro alla Regina, gratiosissimamente: finita la Danza la Re-

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gina si pose nella sua sedia, et qui i1 Nanino solo fece una danza act irnitatione di un certo Cola Napolitano, della Compagnia de Comici, tante bene, et gratiosamente à tempo di suono, c m quelle sue smorfie, et stor- cimenti dl bocca, et braccetti, gambme, et tutta la uita, che fu i1 confette G ’1 Zuccaro della festa; si che, Amici cari, non ui rincresca che 10 mi sia cosi diffuso in queste bagattelle, n6 ui paia il trattenimento noioso,. poiche 6 nobile, et degno dl uista, et di udita.

Mi accorgo che uorrb hora masticare un puoco qualche confetto, poiche la trattengo tanto, et forsi ancora bere una uolta: Ueda qual plù gli piace, bianco, ò rosso, maluasia, b moscatello, et altri stomacali, odo- riferi, et gratiosi u m quà del Piemonte, che sono tutti eccellentisslml al possibile ; ma trattengasi un puoco, che hora la fard entrare a ue- dere le tauole già preparate, senza le quali non sarebbe festa, ne festino: hora entri meco, et Ueda come sono queste tauole piene, et coperte dl confetti, ne pigli A suo gusto, come ancora cose d l paste, pasticci, cro- state di mille sorti, indorate et inargentate, che come mensa addobbata tanto suntuosamente in capo, in mezo, et da i lati, degna i: ueraments dl una Real festa. Ueda quelle Vitelle intiere, Caprl, Cerui arrostiti grandi, et grossi como sono, all’usanza antica de’ Greci, et de Romani, Ueda le corna altlere, et fronzute, indorate di questo Ceruo, et inargen- tate di questo Caprio, et di questa Vitella, et tuttl lardati con garofali, Zuccaro, et canella sopraina: Veda quei bel Naranci, et Cedri, che tengono ln bocca quest1 Animaloni, non le mettono appetito a uedergh 2

veda V. S. che grandezza, et Maestb rendono queste, con queste altre delicatissime uiuande; ma fermisi, che adesso beueri: ecco che i Ca- ualleri lasciano il ballo, et pongono €e dame a tauola, et tutte all’intorno; hor quh sì bmgnerà ponersi g11 occhiali per mirarle, ella che molto poco uede di lontano, h contemplare la gratia, la bellezza di queste Dame, una p ~ l i bella, et gratlosa dell’altra, cosa degna certo da uedere, osserui V. S. che à questa mensa, e tra queste Dame, non ui si pone Cauallere alcuno per grande che sia, saluo S. A. Serenissima, et 11 Signor Duca dl Nemurs Cugino di S. A. uenuto pur questi giorni ad- dietro, per far Carneuale qu& à Turrino, essendo passato, per 1’ Italla, à Venetla, Loreto, Roma, Napoli, et Florenza, à uederla; bellissimo et gratioso prencipe. 11 Caualierl adunque seruono le Dame, essendo questo offitio loro di seruire clascuno la sua, con trinciarle, et porgerle le ui- uande, che tuttaula uengono da gratiosi Scalchi, et Cortegiani portate, (si come uede) dalla Cucina fumanti: 6 che mirabil odore! i, che gusto! di gratia perdonimi, che bisogna, ch’io uada a dar bere alla mia Dama,

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- 43 - che mi accenna, et conosco che h& sete: son ritornato; non ui sete ac- corto del fauore, che mi ha fatto, dandomi a tenere il suo mazzetto di fiori, fino che ha mangiato, toccandoglielo in sorte, come a tutte l’altre ancora, quali stauano posti sopra i pasticci, che auantl s1 rltrouauano, con queste imprese, et motti. Legga questa banderuola, ch’è posta sopra l‘ impresa, la quale è un cuore trafitto da una frezza ; come uedete, 11 motto dice: Ogni cuor langue, e in tua beltb si Bea; non le par gratioso? Veda, che gli altri Caualieri parimente tengono il fauore, com’io delle lor Dame, per restituirlo; n\-n lo uoglio più far stare à dlsagio; andiancene al Credenziere di sua Altezza, che ne darà da bere, et poi sarà bene, che la Signoria sua, et miel cari amlci, sino che queste Dame finiscono, uadino a pigliarsi luogo alla Comedia in questa Corte, qub basso, che subito leuata la mensa si comincerà, che io mi restari, qui sopra, per seguire la mia seruith, per obligo de’ fauorl, che mi fa grandisslml, come anco le altre, et non SÒ perche; solo nasce dall’essere tutte cor- tesi di lor natura. Sappia uostra Signoria che, dopo la Comedla, che sarà famigliare, si sogllono faro alcuni balletti, di moresche gratlose (come dissi); Et perchè mi accorgo che non uorrla trattenersi tanto, che anderebbe al giorno, si riposi con gl’altri, che mi riposerò anch’io, dopò la Comedia; che poi domani Ia menerò à uedere correre la sllzza, da lei, (credo) desiderata, perchè le piacerb.

Stanco gi8 di mirar, non satio ancora, Tal’io scriuendo, e uoi forse al sentlre Pur uoglio ancor seguire, E farui anco inuislblle uedere Su’l ghiaccio, e neui gustoso piacere.

Hauendovl hieri (carissimi amicl) mostrato le feste della notte, che quà soglionsi fare, ui uoglio similmente mostrare le feste del giorno ; ma sino, che si approssima l’hora, che sua Altezza, et altri Caualleri correranno, uerso 11 tardi, la promessa sllzza, spassegglaremo un puoco per Turrino, et anderemo verso la Dora grossa, che qui in Tarrlno il come dire il Corso A Roma, et è la piti bella strada, et dritta dl questa ClttB; et perchè non ui si uede Marchese di gusto, che uadlno a torno, se non la plebe, la quale perb, uolendo far mascara auanti li tre giorni, sono obligati pagare un scudo per mo, et questo datio sua Altezza l’ha assignat0 alli orfanelli, buono, et santo ordlne à scapricclare i Vo- gliosi ; che li Caualleri, et Signori dormono ancora, per la veglia della

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- 44 - notte passata: Hor eccoci quà 111 Plazza, ueda questa belie Torre, anzi Torrino, la quale per la sua altezza B molto suelta, Ilscia, et con puoche, et picciole fenestre, con vna coperta, 6 cappello di piombo, fatto appunto come vna imbottatoia da fiaschi, ma quadra, col boccarello in SÙ, che Q piramide; et a mezo esse v’& una corona di fion, e foglie assaí grande, *che ricinge tutto esso capello, et in cima, per fine, un Toro sopra una palla, che è l’impresa della ClttA; questa Torre così stretta, et alta, par quasi il simbolo del nome della ClttB, cioè m Turnno, ma questa pro- nimia, et questi popoh, et CittZt hanno da altro significato il nome loro; perchè la foce di questi monti, oue si passa al Monseni, passo della Savoia, et della Francia, hanno due sommith, utla per banda, A guisa quasi di corna dl Torro, et per6 furono chiamati 1 popoli Turrinl da gli Antichi, et da questo d nato il nome alla CittA, la quale B di forma quadra per l’appunto, et come V. S. uede, queste strade sono tutte di- ritte, et parallele per l’vno et l’altro uerso, in Croce, et perd queste cantonate di strade, come voi vedete sono tutte in squadre, et 6 picclola, ma popolata, et di grande nobilth; in un angolo dl essa, uerso i Monti, u’& la fortezza bella, ben fatta, et forte. Andlamo, et entramo in questa bella Chiesa del Cfiesiì, che 6 qui B mezo la Dora, che qua ancora questi -buon Padri hanno messo l’oratione delle Quaranta hore, si come fassí in Roma, in questi tre giorni del Carneuale, opera santa in uero, et fanno duo sermoni il giorno, con musica di suoni et canti, per 11 quali concorro molto Popolo, sì d i huominl, come di donne; la Chresa d m - perfetta, né è fatta se non la terza parte, però è angusta, et poco ca- pace dl Popolo, et però, come uedete, v’ è tanta calca, che Q pena ci potiamo inginocchiare, et dire vn Pater, et vn Aue ; hora ecco il Senato che uiene a sentire il Sermone, diamogll luogo ; uedete il Mazziere, che uiene auanti, et poiche habbiamo preso la perdonanza, andiancene uerso piazza Castello, che sarb l’ora horamal, che sua Altezza esca: Ò uedete quante slizze stanno preparate Ia SÙ ’1 canto, sotto la Galeria, aspettando S . A. che scenda, che di lì suo1 vscire per montarui sopra; andiancene ver quella uolta, ch’ IO le dird come son fatte, mentre ella le mirer& con l’intelletto; sappia, che sono dvo legnl al pari, fatti à guisa del spe- rone di mezo d’una metta di Gondola alla Venetlana, sopra de’quali ui si ferma una navicella slmile h una Carozzina scoperta, oue dentro non ui 8 luogo se non per due persone, cio& per l’ordinario due dame, et fuora dl detta carrozzina, dalla parte di dietro, ui è uno scanetto ch’ a- vanza fuori a foggla di modiglione, oue si posa il Caualiero che guida .la sIizza, standoui sopra; ma più tosto in piedí che B sedere, fermando

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- 45 - i piedi sopra I duoi legni detti, 11 quali slizzando, n& u& sopra le neui, et ghiacci, (molto à proposito a questo affdre) veloclsslmamente, tirata da vn sot Cauallo, che se ne UA uolando come uento, portando sotto i. piedi quattro ramponi agiunti B I ferri, per afferrare i glnacc1, e per non cadere: ecco che S A. esce fuori per montarw, et correre con piacere, per Ia Clttb, accompagrlato da molte altre, guidate slmllmenie da pnnclisli Caualieri della sua Corte; egli i: ~mmascherato alla Modo- nese, et porta vn Cappello ornato con piume dl anoni, cmto di gioie, perle, diamanti, et rubblni ; et è qnello che non i! molto alto dl personap et che piglia per mano quelle due Dame, anch’esse Immaschera,te, gen- tilmente, con conclature di testa gratwse, che sono le Prenclpesse maggiori ; ben le conosco : vedo S A. che le accomoda nella slizza sua, ponendouisi & sedere di fuorauia, sopra quel scabello, et piglla le redine longhe del Cauallo, per guidarlo, et presso A questo Ueda 11 Sqnor Duca di Nemurs, ch’S quel grande di persona, qual mette le altre due Pren- cipesse minori nella sua, per segure anch’esso, et insieme, tuttl gl’altr i sopra le loro sllzze, le quali sono dluersamente ornate. Stando alla mossa di S. A. la quale hora appunto $1 muoue, Ueda con che agllltB Q correre quel Cauallo, et andare questa sllzza, nd ui t! Caualiere nmnq che meglio di S. A. la faccia andare uolando, lesto, e presto con la uta , girando, volteggiando la persona, et facendo girare, et uoltegglare la slizza, et 11 caualto uogtla sua, in mllle uolte, giri, et caracolli; yà, corre, et uola; B il Slgnor Duca di Nemurs tutti H un tempo, un dietro l‘altro, Ueda come si muovono secondando S. A che se ne ua per la Doragrossa, et girer& mezo Turrino, pol se ne tornera. qui al Castello, et uscira fuori della ClttA, per andarsene per quella bella Strada, larga et longa un buon mezo m~gl~o, e più ano al Pò. Hor eccoh tornat], e dato uolta qui al Castello, Ueda come S.la. raggira la Piazza con noille giri, et riuolte, et hora se n’esce per la Porta della GittA, per andarsene

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- 46 - in camera auanti le Principesse; vna ne fece fare S. A. pochi giorni sono, nobilissima, et fu la Pescatoria, recitata in Castello, in una gran Sala, fatto un apparato nobile, et grande, oue io gl'hb dipinto la tela che si pone auanti la Scena, grande et larga quanto B alta, et larga la sala, et rappresentatoci vna caccia di diversi animali, quasi simile a quella che gib feci in Florenza, per le Nozze prime del Gran Duca Francesco molti anni sono; et domani h sera S. A. far& recitare una Pastorale nell'istessa Scena, et far& pasto et festa fino A giorno, per essere l'ultima sera di Carneuale et domdni credo romperanno le lancie nell'huomo armato, et simil altre cose. Queste sono le feste et recrea- tioni che noi habbiamo di qu&, in cambio di corsa de Palii di Barbari, Asini, Caualli, et Buffali c'hauete uoi di lb: Hora che ui ho mostrato, et fatto uedere queste cose di qub, et uoi, inuisibili qui uenuti, potete facilmente inuisibili ancora ritornaruene, e se ui gusta salir sopra una di quelle slizze, ve ne farb metter in ordine, una, con un uelocissimo Destriero, per nome detto lo Sfratta campagna, che per la Lombardia fin9 a Bologna, di lungo, senza intoppo aIcuno, e di Bologna per la Ro- magna, l'Vmbria, et la Marca d'hncona, in Loreto. e di Loreto in Roma facilmente, in un momento, ua senza impedimento alcuno: salite, b buon camino. -+.

A Dio, chè B tempo omai Ch'io ritorni oue io lasciai.

Seguendo l'ordine deIIa promessa, e dell'rstoria, et doue l'altra sera, giungendo h Mantoa, io lasciai ; son per dirle quello ch'io ui feci per quelle Altezze Serenissime, in sette mesi che vi stetti. Seguendo adunque, dissi, che giungemmo a Mantoa, per S. Tomaso A 22 Decembre ; fatte le feste di Natale si cominci8 ancora il Carneuale dell' anno passato, con feste et con conuiti parimente; ma, per non vi essere così belle Donne, et Signore, che Mantoa non h& molto bel sangue di Donne, ma pi6 di Huomini ; le feste non furono, nè sì leggiadre, nè si pompose ; hauemo Comedie quotidlane; di una buona compagnia de Comici et la migliore forse che sia oggidi, guidata dal capitano Rinoceronte, et Fritellino, con le lor Donne meravigliose, la Flauia, la Flaminia, e la Rizzolina, con Arlichino, et altri, che il Duca di Mantoa traitlene prouisionati, gustando grandemente d'esse Comedie, come per lo spasso, et passatempo della CittA, et tutte buoniss [imeJ parti, et questi sono gl' istessi che al pre- sente habbiamo qu& in Turrino, mandati cinque mesí sono dal Signor

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Duca et Prencipl di Mantoa, a questa Altezza di Sauoia, per dar spasso, e piacere quB alle Serenissime Prencipesse, et S A. inslerne, doue ancora qui sono. Prima ch30 in Mantoa mi mettessi a far cosa alcuna, pass8 gran parte del Carneuale, per le feste et trattenimenti, che si hebbero; et per dirli qualche passatempo havuto là ancora, seguendo questa Istoria, con che habbiarno principiato di darli relatione delle cose più principali, e fatte, et uiste; non posso mancare di dirgliene ancora qua t ched'una di queste di Mantoa: circa Ia Clttst, non occorre ui dlca, hauend0 uista grande, populatissima, e noblle, clrcondata da quel Lago, che la f A inespugnabile, e forte, con molte nobili Vllle, e Palaggi all'intorno, come quello del Te, ornatissimo, e ricco di Pitture di Glullo Romano, oue B la bellissima Sala di Pslche, e quella de' Giganti fulml- nati da Gioue, stupenda, e marauigliosa, per le pitture, e per l'artlficio di queIIa uolta, che li concerti dl Musica ch'iui si fanno, rendano duph- cante armonia, e soaue, oltra il segreto parlar che si f i nelle cantonate d'essa stanza, che è ' di forma quadrata, chi? quelli che stanno negll angoli, oppositi, ponno comodamente ragionare e discorrere insieme, se bene sono lontani, senza essere intesi da altri, che in detta stanza siano, . (cosa di marauiglia, e di spasso) Ma queste cose gist note, e chiare à lei, et h infinlti altri lascio; dirb i gusti, e passatempi miei, e di questi lasciando le Comedie quotidiane; et una nobllisslma ne fece recitare S. A. nella Scena sua regia, simile A quella dell'anno innanti, da altri Comici della cltth, che rlusci parlmenti bellissima, con mutament1 di piì1 scene, come la prlma. Facendomi molti fauori quella Altezza, trA gli altri mi menb ad una Caccia di Cignali, ch'io mi gustai grande- mente non hauendone più uisto; et lo desiderauo, et pensando dare B V. S ancora di ci8 gusto, non mi parera. fatica così breuemente mo- strarle il modo che si tiene B queste Caccie, non hauendone uoi forse uiste.

Mantoa cinque miglia, ove è vna belllssima strada tutta diritta, e inalborata con duplIcata copia d'albori altissimi, che non si pub uedere cosa più bella di vna Ionghezza di cinque miglia, tutta coperta d'essi albori, di qu8 dico, partimmo una mattina con S. A. et alcuni suoi Cor- tlgiani, e> i1 Signor Don Tomaso d'suola, che all' hora era in Mantoa ; caualcammo forse otto miglia in un certo bosco, oue S. A. haueua spia, che ui erano porci; arriuati ch2 no1 fummo A un Gasale uicino A quel luoco, S A fece fermare tutte le genti; fuorche me, con duo palafrenieri, .et duo Vdlani del loco pratici, andammo quietamente al luoco, et selua

Ci partimmo vna mattina da Marmiruolo, luogo di spasso, vicino

- 48 - de’ porci, et si posero le tele, con le quali cinsero gran spatio di paese, et doue S A. voleua che venissiro gli Animali; per tanto fermato dette tele, b pauesate, che vogllamo, che rappresentano muraglia A gli Ani- mall, et uisto tutto questo ed 11 modo che h me fu nuouo, ritornammo al Casale h desinare, A cauallo, caua!lo; Foi tutti, p e t a m e n t e caual- cando, ritornammo al luoco oue haueuamo tese le tele, et muraglle h gli Animali; 11 slgnor Duca si pose, alla posta di bella uIsta, appresso un grand’ albero, puontato B piedi con lo suo spledo in mano ; 11 Sig. D. Tomaso et Io poco longi da S. A. ci ponemmo dietro un fosso, e t vna gran fratta d’Albori uicino alla strada che doueuano fare I Clgnali cacciati, et l’altra gente, e fdmlglia ch’erano qu8, et 18, chi A piedi, chi A cauallo, aspettando i porci, plù coperti che SI potesse: essendo tuttl lesti ed accomodatl, S. A dette segno, che SI andasse circondando la Selua, e dietro uta B dar la mossa, e caccla A i porci; cosi fatto con strepito grandissimo, e suon di Corni, cacciorno i Cignall alla uolta nostra, ch6 spauentati, di gran corsa, di prima uista ne uennero quattro Uerso noi, A quali furno, al suo tempo, lasciati I Cani grandi, e fierissimi, che se gli auentarono all’orecchie, di maniera, che 11 poueri Cignall non haue- uano nparo; tuttauia staccandosene, hor qnesto, et hor quest’altro Cane dall’orecchle, et d i nuouo rettaccatisi, gli fermauano ; uno dei quali andb alla uolta di S. A che I’affrontb con lo spiedo, e lo fece fermare, quantunque fosse terribile e fiero, ed esso solo ammazzollo; gl’altri furono dà Cani atterrati, et ne uennero duo in spetie à morire uicino al Slg D. Tomaso, et A me, dieci passi, oue ulsto IO la Caccia glh presa, ualoroso smontai da caua110, et uolsi ancor io insaguinar la Spada in segno di hauer ucciso 11 porco Gustai grandemente quelli azzuffamenti, e quelle difese t ra loro, con quelle riuolte, e giri, arrotando le bauose

’ lor Zanne, et sbalzando hor l’uno, e t hor l’altro Calle in aria, et all’in- tol.no; ma non 11 poteuano ferire, per hauere i Cani certo bauaglio di tela, et pelle dura auanti il petto, et il COHO, che di altra sarebbono facllmente suentrati, et guastl ; et qui uedeuasi la scaramuccia, et il ualore de’ Cani, come 11 furore, et terribllith de’ porci, et uno fra gli altri, che fece mirabile difesa; ma finalmente Uinti i poueri Cipal i , et posti h terra, se hauesti utsto tutti quei Cani grandi, e plccioli h dosso essi, che certo gll harebbero dluorati, se i Cacciatori, con spiedi, et asSe in mano, non hauessero procurato Staccarli, et Spartirli, COD.

t irar loro l’orecchie, le gambe, et i testicoli. Dopb questi primi, sopra- giunser altri con una porca, con quattro porcellini, c01 vem0 h presso, il quale cacciato da i Cani urtb nella tela, et la SqUarcib, et uia fug-

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- 40 - gendo fuori con la porca si saluò, ch& i Cani per lo impedimento del bauaglio non g11 puotero seguire; g11 altri tutti furono ucsisl da 1 Cac- ciatori esperti, et prattici, che g11 aspettauano A i paw, con g11 sped), che ln uero era bel uedere, ch1 aiTcontaud, et ch1 nò, ch; andaua per terra, et chi era calpestrato da 1 porci, et da 1 propriJ Cani ; in somma fh bella, gratiosa, et dlletteuole uista, cosa tremenda, et furibonda In vero : nel principio che Io uiddí uenlre quel quattro pnm1 r u m o ti me, hebbl spauento, e terrore, et pol placere, e gusto ~ I ~ ~ I ~ s I ~ o , et finito che fu la Caccla tornammo A Mantoa, con due Carra dl Clgnall mortl. E t appresso questo, hebbi ancor gusto grande d’altre Caccw, che Sua Altezza spesso faccua nel Lago, A Ware con 1’Archlbugio lungo alle Anltre, et alle Folqhe, et ad altrl uccelh Saluatlcl, che ue n’erano 111

tanto numeru, cho coprluano tall’hord 11 Lago, facendone spesso strage grantliss~ma parimente dl Pesche dl Pesci, seccando certe parti del Lago, et ne pigllaua quantita gr‘apd1ssima. Quest1 et slmlll passatempi hebh Io, 111 Mantoa, mentre che andauo facendo alcuni quadrl à 0110, per S. A. 1 quali furono questl: 11 prlmo lo feci per lo S Duca, 11 sog- getto dol quale rimise A m:o gusto, et volontd, come anco 11 Signor Prencipo, et la Serenissima &Iddama; consderando IO dunque 1 gust1 dl queste Altezze, et particolarmente del Slgnor Duca, et del Slgnor Pren- cipe, ml dlsposi i rmgiouenlrml in suggettl amorosi, per6 non tanfo ch’io non abbia voluto scherzare con moralltd dwreta , c nell’ uno ct nell’altro.

Eel quadro del Sign. Duca presi :oggetto dl rappresentare una bel- lissima Donna tutta lngnuda, et un belllssmo Glouane con alcun^ Amor1 ; et questo fu il pianto di Venere sopra dl Adone morto, onde essa Ve- nere, addolorata, et lacrimosa, minaccia crudelmente 11 porco homicida del suo Amante, che legato, et preso da g11 Amori, IC sth genuflesso auantl chiedendole perdono, che non per offendere il Glouane, ma per fargli carezze uedendolo SI bello, et uago se gli era approssimata, doue che incautamente 11 dente Io ferì, l’occise: per tanto l‘amorosa Dea s1 contenta fargli segar il dente uomicida Et qui ml sono lngegnato rap- presentare, plù al UIUO che & me sia stato posslblle, la uaghezza, et bellezza di una bella, et leggiadra Donna, con le tinte plù uere, et pro- prie; et questa tutta ignuda con un sol uelo hen trasparente nelle parti vergognose; insleme ancora h6 procurato rappresentare la fierezza, et uaghezza, ed insieme tenerezza de plù Amori, parte dl essl iratl , et minacciosi contra il Cignale, chi lo saetta, chi lo addita , et mlnaccla , et ch1 li sega 11 dente, ed altrl lacrimosi, e mesti sopra 11 corpo morto,

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- 50 - al quale ancor hb voluto rappresentare, nella languidezza della morte, certa Ieggiadria, et bellezza giouenile, essendo accldentalmente, ed al- l’improuiso morto; et con questa fauola hb voluto insieme ammonir0 ciascuno, che mirando detta Venere, et detto Adone, ln la1 maniera pi- gimo esempio d’essere, in sì fatti gusti, et diletti Amorosi, accorti e canti, e per tal essempio di Adone, che nel suo bel fiore rimase estinto; questo B un quadro, per dlrgll la grandezza, di qulndicl palm1 alto, et undecl largo, con figure alquanto maggiori del naturale.

If quadro, anzl tondo, CWIO feci al Sig Frencipe per metter in’un sfondato della sua Llbrana, egh B parimente di questa grandezza, cio& di dodeci palmi di dlarnetro, et, dentro, figure principali al naturale; nel quale figurai l'inganno di Islone Segretario di Gioue, 11 quale, innamo- ratosi dl Giunone, ardi richiederla, la quale sdegnata lo fece sapere A Gioue, onde esso per conoscere la fraude, la pinse in una Nuuola; et quello, ingannato, stimando che fosse, si giace con essa, s1 come conta la Fauola; et qui m1 sono simllmente sforzato, in particolare, scoprire e mostrare I’affetto, et l’ardore dl uno Amante, quando- hB in poter suo l’Amata, ed insieme la corispondenza di lei, perb in atto honesto; Gloue con la non finta Giunonp, figurai in Clelo, et essa par deslderi che Gloue, stando Irato In atto di folgorar, lo estmgua, con dargli il debito castigo: lo scherzo che vi ho fatto dl temologia, B essempio B dmostrare che questa B una fintione, ed vna burla, e non uera aiunone; benche s a figurata in vna Nube assai trasparente, nullad~meno u’hb fatto appresso vn Amore, che si mette una maschera al uolto, in segno di burla, ch’inuero 6 una burla di gustosa ulsta, e per dlnotare l’audacia, e pro suntione di Isione in uoIersi mettere con g11 Del, et VI hb figurato 2 i piedi di essa vn Lupo, ed una Volpe, et puoco appresso la Penitenza, in ueste bruna, comparire tutta addolorata, così ho procurato sodisfare al gusto dl questi Signori con dmreto, e t accorto decoro, et degna conslderatione, che si deue hauere in simlli affar.1.

’Alfa Serenissima Madama DuchesSa, dipinsi, in un quadro non molto grande, due meze figure al naturale, ciod vn Christo morto in grembo alla Madonna, con una attione, e dluotlone straordlnarla , e singolape ; e questa 4, ch’essa Madonna lacrimosa, e t addolorata, mlra con occhlo pio il popolo, e, mostra il costato del Signore aperto, che par uoglia - dire, uedete ingrati peccatorl quanto il mio Figlluolo, e nostro Solua- tore h& patito, e sofferto per uoi , e par che ln questa piaga ci vo- glia partlcoIarmente far ammonire B fare singolare medltazione alla salute uostra: ui hb appresso figurato un Angelo che sostiene la testa

- 51 - e’l corpo di Christo; ma se uorra U. S hauere particolar gusto di que- sto quadro, lcgga sei Madrigali, che UI hA conposto, un Religioso, so- pra, stampati con la mia lettera scrltta a’ Prencipi, e Sgnori Amatori del Dissegno, con un lamento della Pittura, che fea Stampare in quel tempo in Mantoa, la qual Lettera facilmente haurà uista, ed anco hauuta, dal Signor Clntio Clemente mio Genero, che Insieme col libro dell’ Ac- cademia del nissegno pot& tenere per memoria. Qui ln Turrlno spero di far Stampare quel mio trattato del Dlssegno, che tengo compito ap- presso dl me, così, nell’hore d l mla recreatlone, che ~ I B mostra1 in Roma h uostra Reuerenza, et dedicarlo poi A questa Altezza Serenisslma, poi- ch6 tanto se ne diletta, e gusta.

Speditomi di Mantoa, pensando tornarmene verso Roma, il Slgnor Prencipe ni iavi6 qua. B Turrino à questa Altezza Sereniss. dov’ io non pensai hauermi à fermare più che quindlci giornl; cosi al primo dl luglio dell’ilnno passato 1605 mi partlJ di Mantoa, et uisltato 11 SI- gnor Cardinale à Mllano, uenni di longo qu5 in Tunno, a far riue- renza B quest’hltezza Serenlssima; la quale poi, con catena di molil fauori, mi ha trattenuto, et trattenne ad una nobillsslma, et dignissima impresa, che non ho potuto recusare con honor mio, essendo delle mag- giori, che per molte ch’io ne habbia fatte, et che d’altri si uedono, per un sol corpo insieme unito, escludendo perb la Cuppola dl Santa Marla del Fiore in Fiorenza, che pur io dipinsi già molti Anni sono; la quale fin’hora tiene il primo luoco di grandezza, e t di numero dl figure in un sog- getto solo; essendo partlcolarmente Singulare ln questo, che per l’altezza sua, e distanza dalla uista, hB bisognato fare in quella le figure stra- ordinariamente grandi, di qulndeci, et sedicl braccla Fiorentine alte, che parimenti sono le maggiori, che sano ancora state fatte in pittura, et in numero di plù centlnaia insieme, ch6 alla vista da basso, a l plano della Chiesa, rappresentano del naturale ; salvo che Lucifero, dal mezzo in SÙ, B dl statura -di quattro canne, e st& sepolto nella giac- cia, ed 6 nel centro dell’hferno, siccome Dante lo descriue, che i! un mostro straordinarlamente grande, et spaueutoso L’Impresa per la quale questa Altezza Serenisslma mi trattiene, B un soggetto nobilissimo, slccome poi dird poco appresso ; dopo che io hauerb detto di un mio viaggetto fatto nel Plemonte in questo mio primo arriuo, che non B da tralasciare; perche io sono entrato à dlrgll tante altre cose, che cosi meglio saprete, e i gusti, e i uìaggij, et quanto sin hora ho visto di notabile, e quanto habbla fatto, e faccia, et s1a per fare quh; placendo alla Maesta d'Iddio, che ne possl uedere il fine, e ritornarmene B veder

Roma, gli Amici, Figliuoli, e Nepoti, che ben potrb, placendo h DIO riposarmi, lasciando i uiaggi, le fatiche, e godermi quel poco di tempo che mi sarB concesso, per riposo d i queste stanche membra, nel mlo Tu- gurio, del qual ho particolar martello.

Nel prlncipio del mio arrluo quB, f u uerso la fine di Luglio; alli dieci pol d’Agosto, andando Sua Altezza sereniss In uwta del suo stato verso la Madonna del Mondui, mi meni, seco, del che 10 n’hebhi gusto grandissimo per uedere quest1 belllsslmi paesl del Plemonte, che è la piil bella parte dell’Italia; così S. A. trovandosi ad un suo belllssimo luoco da spasso, e piacere, oue è giardino, e bosco uaghissimo, detto Miralfiore, distante quattro miglla da Turrino, mandommi B chiamare, accd che uedessi quel luoco, si come prima mi haueua fdtto uedere ancora il Ca stello dl Riuoli, sette miglia dlstante, luoco bell~ssimo certo, e terra dl gustosa uista, ove si UA facendo fare un grande, e bel Palazzo

Da Miralfiore partimmo, e passammo 8. Carmagnola, Marchesato d i Saluzzo, ove stemmo la sera, et la mattina, à Recunist, Terra dilette- uole, con un bellissimo Castello, e Glardlno; la seconda glornata S. A. fece fare una garbata rassegna, e mostra generale, della Caualleria di quelle part!, in una Campagna rasa dl pastura, viclno à Caramagna, che in uero fu cosa bellissima da uedere settecento Huomlni A Cauallo tutti armati, ualorosi- ed Intrepidi Soldati; nella qual mostra si fece molti assalti di truppe, che mostrauano cacciarsi l’un l’altro girando, e ritornando B rincontrarsi, e chi mostraua ritirarsi, chi di far testa, che pareva un vero fdtto d’armi: un’altra simlle mostra. uldi di pedoni l’anno passato in Casale di Monferrato, del 1604. mentre stau’ 10 in Faccm, la prima uolta che ci andai per uedere la &!adonna dl Crea, doue trovai il Sig. Duca di Mantoa ch’haueua fatto comparrre, in due glorni, uenti- dua mlllia Soldati, per un dlsgusto che haueua all’hora havuto da quei di Ferrara nel Polesino, che poi la prudenza d l papa Clemente, buona mem. supplí, e non segui altro, Cosi io ml troual A vedere, in quel ponto, quella mllitla dl tante mlgliaia di Soldatl, et, nel fare la rlssegna, si fece gli medemi assalti, e correrie; che unlti h settecento Caualli questi ven- tidue mlla Soldati, sarebbe un Campo compito ad ogni assalto, et difesa, si che posso dire hauer uisto un Campo armato: fatto le mostra de’Ca- ualh, et Capitani, et Colonelli, la sera arriuammo A Saulghano, Terra, anzi CittSt bella, in luoco gratloslsslmo, et abbondante, et qui S. A. si fermi, cinque, b sei @;lorn¡; pol passammo auanti, l’altra sera, A Fossano Fortezza, la mattina seguente St desinare in certo luoco alla Campagna, et la sera 8. Mondouì, Cltt8. uerameute bellissima, et di gioconda unta

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- 53 - di tutto 11 Piamonte, essendo questa Clttà sopra. un monte dl un miglio in a r ca dl sallta; à piedl dl essa, alle radici del hlonto, hh quattro borghi distintl l’uno da l’altro, che clascuno è una CittA per se stesso ; la uista di questo luoco nella sommlth, non si pui, uedere la pli~ bella, per la parte della pianura, uerso Lombardia, e Mllano, che non h i term~ne , come dalla parte de’Monti uerso l’Alpi, che dlvldono 1’Itaha dalla Sa- uoia, et Francla, e fanno teatro al Plemonte, con tante ColIlne, e Mont1 dehtio.1, che discendono à poco, i poco, i plè dell’Alpi alla pla- nura ; et per6 questa parte è detta Plemonte, aoè à p16 de’ Mont], con luoghi belllssimi, rinserrat1 nelle dette uallt, et ColIlne di molte delltle, e doue sono gran numero dl CasteIll, Terre et CltM, che SI uedono per le Colline, et costlere dl detti hlontl; e perclb questa us t a del Mondouì B una delle belle che fors si possa uedere, per spatlose, et amene Cam- pagne, e delitiosi Monti et fertile Colllne, con aspre, ed altlsslme Alpl, che pare tocchmo 11 Clelo. Turrlno resta dlstante da Blondui due gior- nate, che si uede in nube dl lontano nella planura, nel mezzo dl questo teatro, Q lontano dal Monseni passo dalla Francia, e dl Sduola una go r - nata, et da’primi monti diecl, 6 docleci miglla In c m a , che hora sono plene di neui, che rendono terrore A uedergli, e perb ne causano si gran freddl ; ma all’hora era d’Estate, e di mezo Agosto, che era una delha, et un pia- cere grandiss n o h. uederh, con quei Castelli, Terre, e Ctttk attorno, de’ qual] ue ne nommer6 alcune prlncipali che dl Id SI ueggono; la Chlusa, Pou- veragna, Roccaulglia Sparauera, Peruastra, Drulat, Caraglro, Dragonero, Rocca Castlglion, Vllla norella, Uerzolo, la Manta, Saluzzo Città prlnclpale, parte In Monte, e tutto ln Colhna, ed in mezo dl questo teatro de’Monti, sopra Saluzzo, et Manta, u1 è MonuIso, monte altlsslmo solleuato come una plgna da tuttl gl’altri in Flramlde,à PressoEnvle, Borge, Bagnolo, Bubblana, San Secondo, hIlrandol, Santa BrigIda, Cumlana Pmasco, Trana, Villa de bosco, Riuoli, et queste sono tutte alte Colline, et Monti bass1 slno h Tur- rino: Alla pianura, su la corda dell’arco, che hauemo fatto, ntornando per lo camino dintto, Fossano, Saulgllano, Caramagna, Recunisi, Carmagnola, Cauigllano, Mlralliore, Turnno, 8. man sinistra Moncalleri, Chier1 bellissima Terra grossa, maggior dl Turrino, alla destra del piano, verso 1 Monti, Cauor, ch’& Fortezza grandlsslma, una Montagna quasl simile alla hlon- taina. di San Resto A Roma, in mezo la planura, questa è quasi ines- pugnabile, che fA due punte B g u m dl sella; Cunio parlmentl i: in pianura uicino h &fondoui, e Rocca Sparuera dal Mondouì; tutti questi luoghi SI ueggono, ed altrl al piano, al monte et alle Colhe, che non SI possono uedere tra quelle ualll; hor questo bast1 ln quanto alla bella

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- 54 - uista di questo luogo. Da RIondoui andammo l uisitare quella Santis- sima Madonna, dlstante due miglia, trl quelle Colline, et Monti fertili, in una ualletta posta sotto UICO, A mezo mlgl10, il qual vlllaggio di Uico si rapglra poi l quelle Colhe, sopra alla PtIadonnP, un m~glio e mezo di circuito all’intorno, che proprio gli fa corona, scJprendos1 detto villag. gio di VICO hor qua, hor l&; Questa Benedetta Imagine della Madonna, con Nostro Signore in bracclo, stA dlplnta sopra un pllastro nel mezo di detta ualletta, la quale Q longa mezo miglio, et A mezo glorno sono attaccati i hlonti, per cui SI passa verso Nlzza, et Provenza; questa Imagine gloriosa, non è più che dlecl ia undeci ann1 in arca, che hb cominciatb A far miracoll, et meraulglie grandissime; per lo che i po- poli clrconulclni comlnciarono A concorrere, et giornalmente concor- rono, con grandlssima deuotlone, et sua Altezza Serenissima ui ha fatto principiare una bellissima, e gran Chiesa In forma ovata, et continua- mente si ua fabricando; la quale forma sua ovata, menta ch’lo ne dica alcuna cosa à uostra Reuerenza, e la ragione della slmrlltudine di esso sacratissirno Tempio, et perchh, I n questa forma pili che ln altra, sla stato formato; parendo che questa auanzi di gran lunga tutte le altre forme, e slmilitudrni proposte dal Vltruvio, et altri Eccellentl lngegnl, nel formar tempij A Del Immortal1 ; atteso che quelli, et altri prendano le derluazione di c@ semplicemente dalle uarle posltioni del corpo hu- mano, e dalle uarie figurationi matematiche; ma questa 11 prudente Archltetto, con molta ragione, la prese per la plù bella, e per le plù oonueneuole, e propria di qual altra ; uolendo quasi mostrare, come questa tra l’altre figure matematiche sia perfetta, 6 meno imperfetta trà loro, come 11 corpo muliebre trà corpl humani, sendo che la Donna è di tanta gratia, e di tanta s1ngo;ola.r bellezza, che fà restar le menti humane attonite; ma molto pii la Gloriosa Vergine, per l’abbondanza de’doni so- pranaturali c’ ha hauuto nell’ essere fatta degna Madre, e Nutrice di 910

in terrã, et di tanta GIor~a, e Splendore ornata, e dottata, che ne vie- ne meritamente adorata, e riverita in Cielo, ed in Terra; per tanto cred’io, che detta forma ouata, come gratiosissima tra le altre, sia stata eletta per pi$ propria, e conuenevole, tanto più, che la derluatione sua non solo deriua, e pub deriuare dalla proportione, e positione del corpo humano, come in Terra corpo p ù perfetto, massime stando colle mani à‘fianchi foram l’ouato gratioso; ma plù alta deriuatione, e concetto ha presso il saggio Arcbtetto, perb che dalla forma triangolare, corne Simbolo della Santissima Trinith, ha eletto la forma ouata A questo Tempio, la qmle 8 proporzionata di maniera, che la longhezza sua di dentro sia

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- 55 - le base di un triangolo equllatro, la somlti del quale i: l’a!tezza del Tempio: sotto la volta, e lo sfondato delle Cappelle erlullatre fvrmasi parimente un’altra base simlle dl triangolo equllatro, clle pallmente tocca la sommitl, ed 11 colmo della uolta, agglunto alla longhezza dell’ouato, il coro da una parte, e 11 portico dell’entrata da l’altra. Questa longhezza è parimenie base di altro triangolo equllatro che ag- giunge la SII^ sommlti alla cima della cupoletta dtll’lstesso templo, o sia lanterna, sopra la volta grande, con le due, et altre, per la con- siderazlone ch’ è stato disposto et formato cotesto slngularlsslmo templo dalla denuatione, e simltrla del Trino, SI come e stato da S. A. Sele- niss. determinato, et perche In esso templo siano trasportatl tuttl i Cadaueri dei Serenisslmi suoi Antenat], et In clb fatte Capelle, et Sepol- turo A tale effetto, et destinate quattro grand1 et bellleslme Capelle disposte in egual sito, tra le duc altre intrate, per fiancho, che occupano il uano di due altre Capelle nel mezo del ouato, che uengono appunto A rlferire tutte alte le intrate dell’illtare e Capella della Madonna San- tissima in mezo ad esso tempio; così queste quattro Cap?>lle dl S. A. Se-

‘ r e m s restano egualmente disposte, una per banda alle dette ordlnate, et quella con manlera Quas1 di grotte, se bene sono ornatlsslme, e d l dentro bellissime dl ordine, e di figure dl marmi blanchi, et nerl et altri belllsslml dl più sorte colori, dalla natura prodotti in quelle ulclne montagne. Li ornament1 di dentro e fuora, sono slngularl, e gratiosls- simi; e possendosi, dal dlssegno che 6 In stampa, conoscere e uedere la gratla- e proportione sua ; qui non mi estenderi, i n altro che à dlrll ; se bene la spesa ascenda a plù ceniinara e mlghara dl ducat], ui d tutta uia fabricato dalla llberalltà dl questo Prencipe, alla cul spesa ha destinato grossa soma per ciascun anno; così si UA costruendo detto tempio insieme con un belllsslmo monasterio, per la rlua di Pb, d l San Bernardo, che ofEtia detto templo con molta deuotione, et educa- tione ; grande le elimoslne che UI uengono oltra, alla Capella della Ma- donna Santissima, dl tutti li ornament1 noblllssmi, et la Sacrestia è piena, parimente al culto diuino, di tutti i parament]. crocl, candelleri, callci et altre cose pretiose d’oro e d’argento, che ascendono A molte et molte migllara di scudl; vi s1 fabrica in oltre, auantl la Chiesa, una gran piazza in forma ottangona, (alludendo quasi A gli otto doni dello Spirlto Santo), attorno à questa piazza ui sono portici con botteghe dl coronari, et altre merci, A cota1 luogo, per dluoti, con commoda fontana uel mezo, e parte di esse case giA fabricate con un commodo Hoepitale per 11

pellegrini, et un altro per li Orfanl, in guisa di Semmario. Appresso

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- 56 - S. A Sereniss h i ottenuto dal Sommo Pontefice le Istesse Indulgentte che hanno le sette Chlese in Roma, à tempt e giorni partlcolarl; così ua ordlnanclo sette Cappdle attorno dette colhe, con egual dlstantia l’una dall’altra, attorno alla Madonna, che parimente queste ancora 11 fdran corona, et ghlrlanda, si come fà il villaggio dl T’EO che glra per lungo spatlo sopra esse colline ; e dl plù, questo Sereniss. Prenclpe tanto dluoto della Madonna Santissima, e tanto Cattolico che non Q safio nlal ln tutti I luoghi mostrare la sua somma pletA et rellglone, in Turlno arlcora, al Monte della Madonna sopra i l Pi,, oue utene offitiato da dlvotisstmi Religtosi Capucclnl, oue si sale commodamente ii pied!, à cavallo et in carozza, come altrui piace, quiui per detta mon- tata h$ disposto qulndecl Capelle, delli clulndeci mister1 del Santlssimo Rosarto, che sarà partmente, di gusto, di comodo e devotione gran- disslma. Md ppr non mi deulare tdnto dalla fine di (luesta relatione della Madonna del blondoui, che par non mi possa per [diuotione partire, gli diri,, per fine, breuemente, 11 concorso che hebbe nel prlncipio que- sto luogo. è cosa da stuptre; chè mi contano essers1 trouato da duecento milha persone In uno Istesso tempo, piena la ualle, le co lhe , et tutto al’incontro, con stupore et merauiglla dl clascuno, chß concorreuano le ullle, le Cltth, Castel11 et le Prouincie uicme, et lontane, et non solo

’ del Plemonte, et Lombardla, et altre ClttA dell’Italia, ma fuora ancora. hta perchè ml di, à credere che V S. Reuerenda ne slit informata, non ne starò a dir altro. Qui S. A si fermi, 8. porni per sua deuotione, poi tornammo al Mondouì: Haurei à dtrli qui dl una gratla s‘ngolare che 10 rlceuei in questo luogo dalla gloriosa Verglnc, che non lebbo tacerla Andando 11 g m n o dl San Bartolameo Apcstc lo, per buon ricordo A 2-1 Agosto, S A Sereniss à uedere certe caue dt marml blsnchl, e neri, et di diuersi colori rttrouatl poco lontanl dalla Madonna, sei i, 8 miglia SÙ le già dette montagne, con la quale cornmodit$, più magnifica, et grande SI fa la fabrtca della Chlesa ; andando dico con S. A., tutti facean festa à uedere il lor Slgnore; usciuano schiere di donzelle, et fanclulle saltellando, et danzandogli auanti ; chi gli donana mazzi di fiort, chi ghirlande, ch1 frutti, et simil cose, che era una gratiosa cosa uedere, cantando, le verginelle, canzone di allegrezza nel uedere il lor Slgnore che lì non era mai plù stato in quei luochl; et li soldati della mllltia gli faceuan corona, et ala oue passaua, con salue di Archibugieri, co- me si suo1 fare Li honorare 11 lor Prencipe : nel ritorno che noi facemmo, nel passare da uno di questi uillaggi detto Frabosa, la caualcatura mia che era una chinea di S. A. si spauentb di modo, in un passo stretto et

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- 57 - sassoso, al romore di quelle salue de’Archibug1, che inalboratasi, si alzi, in piedi di maniera, che SI riuersclaua A dletro, ond’lo mi ritrovai in terra calato per la groppa, poi che la-sella non haveva di dletro rite- gno; onde la chinea, così inalborata, m i si pose di colpo come A Sedere SÙ la mia pancia, dove ragioneuolmente io doueua crepare, et se riuer- sciaua sopra di me affatto: raccomandandomi alla glortosa Verglne, uenne una mano, non so se fosse d’huomo, o d’Angelo, dl uno che all’intorno mi era, che spinse la chlnea, et la fe drtzzare SÙ 11 SUOI

piedi, et fui lbberato, da quel pericolo senza mal nessuno, Dio laudato et la gloriosa Vergine, n6 d l percossa (11 alcuna pietra, oue io cadendo dledl; si che 10 posso ben laudare et rtngrat~are Iddto, et la Madonna benedetta; che In quel luogo mi hà uoluto far grtlt4a delle gratle, et fauori suoi, et sia sempre laudata et glonficata.

Tornammo al Mondouì dl doue S. A. haueua fatto rísolutlone dl seguire la ulslta deIlo Stato uerso 1 monti, et arriuare a Saluzzo, et altri luoghi ; ma sopragiunse qui un palafrenlere, che port6 nuoua a S. A. che una delle Prlncipesse sue figliuole era con qualche pericolo, dl malatia di febre assai graue, doue che senza alcun Indugio, con dlli- genza, tutti tornammo a Turrlno, con mio gran disgusto, polchd ml leu6 l’occasione di uedere tanti altri helltss~mi luoghi, che solo dl lontano 25. ;O. et 80. mlglta uedeuamo.

Tornati A Torrino, S. A. si risolse ch’io mettessi mano alla. sua gran Galeria, la quale 6 una corsa di Barbaro di longheaza, et certo li: una delle belle, et grandi in Italia, aggiunto pol la utsta stngolare, che hh auanti di pianure, d i boscht, et dl colllne delitiose piene dl uiile, et grar- dini; in questa galeria ui hanno soggetti nobblllssimi, che ora, per fipe di questo ragguaglio delle cose così ulste, et passate, gli dlrò ; la qual relatione in uero mi A riusclta più assai longo ragionamento, che io non mi credea; ma per darle aoddi>fattlone complta, non ho uoluto lasciare cosa alcuna di qualche consideratione, et momento, et degna, anco à narrarsi, cosi fdmigliarmente come hb fatto e faccio, poichh chi UA à torno, uede sempre cose nuoue, et degne ancora communlcarle con gl’a- mici, sicomo faccio io hora con lei ; peri, scusarete la longezza.

Hora resta dirui il soggetto di questa noblllssima Galeria, et quanto S. A . S. si compiace che in essa si facela : sappiate dunque che nella uolta, ch’t! fatta A botte, ui vanno principalmente le 48 imagtni ce- lestt, con le loro Stelle per ordine compartlte, appresso le loro historie astronomiche in un partimento ch30 ho fdtto di molte cose unite; figure, imprese, grottesche, historie, che rende rlcco, et uago il partimento

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- 59 - principio: dopo che sono sopraglunti freddi, Pr’eui, et ghiacci grandiss~ml, ce ne stiamo cosi appresso al fuoco, a far qualche disegno, et cartoni, ed hora B passarmela così con questo puoco di tempo, si chi: V. S. R. con altri buoni amici potranno anco essl, B d~porto, quando vna parte, et quando l’altra leggere, et sentire, quanto gli hò narrato, et cosi uedere, et intendere quello che io hb uisto, fatto, et passato, In questo tempo, che io son fuora di Roma; et senza muouerml di luogo, sarete meco venuto a vedere molte belle cose.

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con alcuni sfondati di prospettiua finti, nei quali sfondati vanno le 4% imagini celesti ; nelle facciate B basso sotto la cornice, e imposta della volta, che reccinge tutta la Galeria, ui vanno, in 38. uani, trB 32. fene- stre, 32. Prencipi B Cavallo di questa casa Serenisima di Sauoia, et cia- scuno di quest1 uani trà fenestre, e fenestre, i: palml 37. e mezzo di! canna romana, et la larghezza della Galeria è palmi 34 cioè tre aune, et 4. palmi ; che così ancora potrete comprendere la lmghezza, et larghezza della Galeria, giungendoui i uani di 16. fenestre per banda, d i palmi 9. per fenestra, con 11 fianchi in dettl uanl tra fenestra, e fene- stra : vi faccio un ordine di colonne B due h due, et tra esse colonne vna nicchia, doue ogni vano, trA fenestrae fenestra, h& 4. colonne, et 2 nicchie; et lo spatio che resta nel mezo B dl palmi vinti, ou8 uanna li dettl Prencipi B Cavallo, nel mezo, in un paese, nel quale di lontano con figure di mediocre grandezza si faranno l’imprese che quei Pren- cipi hawanno fatte dl prese di Cittb, et Castella, ch8 tutto in paesag- g10 faranno benlssimo; restando 11 Preocipe solo quB auanti, di grandezza alquanto maggiore del naturale, et nel11 2. nicchi appresso se fa- ranno le mogli che questi hauranno hauuti, con inscrittione sopra, et all’intorno con armi, et altro iinprese loro; in testa di detta Galeria ui uanno 2. altri Prencipl, uno dl IA, l’altro di quB dl una porta ch’entra in detta galena, et 2. altrl Prencipi simili h pledi di essa, doue che sa- ranno 36 Prencipi in tutto, A Cauallo, di questa casata, con li loro ritratil, habiti, et armature loro, secondo i tempi, et costumi ; in dette 2. teste della Galeria, nel mezo circolo che fà la uolta che resta sopra la cor- nice che ricinge, ui uanno in una testa 5. Impcratwi, dall’altra 4. Pon- tefici, et tutti della casata con trofel, et candelieri ; et altre cose, dalle bande, che accompagnano detti Pontefici, et Imperatori, et tutto copioso, et pieno con quella maestil che conuiene. Nel pavimento poi di Mueaico, ni uanno, tra I partimenti che accompagnano gl‘ordini della volta, alcune forme matematlche, et nelle inuetriate delle finestre ui uole la Cosmo- grafia di tutto il mondo; doue che sarA una dello belle, et singolar ga- lerie di tutta Italia: appresso ancora, nel bassamento, che reecinge, al2 paro del parapetto delle fenestre, tutta la galeria, uî uuole tutte le sorte de gli Animali quadrupedi, et li volatili, qua e la sparsi, sopra i nicchi e festoni ; in oltra li maritici, et aquatici si figurarono di musaico, nel pauimento, che in uem non SA qual altra se le poteua agguagllare di concetti nobili, et varietB di soggetti a pascer l’occhio, et la mente. Questi 3. mesi che si B potuto lauorare fino A Natale, si 8 fatto o n aiuti fatti uenire da Roma, et qu8 alfintorno, uno gagliardo, et buon

Hor ch’lo vi ho pago quell’amlca voglia, Restate In pace pur heti, et fehci, O car1 Amicl, Pregando l’alto Iddlo sommo mottore, Che nel suo santo Amore, Ne guldi, et guardi d’ogni pena, et dogha E tutti al fin per gratia al Clel u’accoglla.

Valete, et s the sani: DI Turrino questo penultimo dl Carneuale 6. Febraro 1606.

Il v. ZUCCA4R0.

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Slgnor Pier Leone Casella mlo Cariss1m0, non li sia graue far parte dl questo B gli amlci cari; partlcolarmente saluto 11 gi8 nomlnato Signor Chrlstofano Negozantl Canonico In San Marco.

I1 molto Reuerendo SI^. Christofdno Sorbellone Canonico ln San Lorenzo in Damsi, il Slg. Gluho Battagllni.

I1 mio carissimo, et antico amico Slg Antonio da Faenza, Eccel- lente Scultore dl Argento, et Oro.

La rara, et Eccellente Sig. Lauinia Fontana, Plttrice Singulare, co’l Sig. Giouan Paulo suo marito.

I1 mio diletto dlscepolo Domenico Patlgniani. I1 ml0 amorevole M. Tomaso della Porta, et Sig. Flaminio Vacha

Scultore. I1 Sig. Lodouico Padoano, il Sig. Ottaulo suo figln~olo, Eccellente

miniator di rltratti. I1 Sig. Carlo Vacha, Pittore di gran speranza, et l’amoreuole Sig. Gi-

rolamo Nouadino; in tal auiso non mancando lei darmi auiso dl riceuuta. I1 medesimo

ZUCCARO.

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LA DIMORA DI PARMA,

-4L MOLTO REUER. ET hl10

SEMPRE OSSERUANDISS.

S I G N O R P I E R L E O N E CASELLA, SALUTE.

Sb che V. S. (Signor Pierleone Casella mio carissimo) con molti altri amici d i Roma si sono marauigliatl (per cosi dire) di questa mia dimora, e posata qui in Parma, douendo come io deslderaua, uenlrmene di longo a Roma; Sappia V. S. che la partlta mla dalla Corte dl Turino fù assai tarda per la stagione, essendoui giB stato duoi anni e mezzo a l serulzio di quell’Altezza, per l’opera di quella gran Galaria, che glB le scrissi, oue, B mezo camino, qui in Parma, et à mezo Souembre che ui giunsi, mi sapragiunsero temporali bestla11 dl pioggia, e neui grossis- sime, che mi fermarno contra mio uolere; tuttaula, & consigli dl buoni amici d’aspettare i tempi buoni dl Primauera, tanto plù uolentieri m i fermai questo Inuerno passato quh, quanto che alcun1 Signori Canonici e Operarij, qui del Duomo di questa CIttA, mi diedero intentione, e mo- strarono deslderare, che io dipingessi due assai grandi facciate del lor Choro, sotto la Cupola del Correggio, che mi era occasione honoratmima, e grata. si mutarono, all’anno nuouo, come è sollto, li Pabrlcieri, quelli di si nobile animo, e furono fatti altri, corne la sorte gira, di altro parere. O Dio perdoni A quelli, che 11 dissuasero dl questo, che tol- sero B me, et Sr. loro vna honorata occasione, e gusto grande alla Citth; e vmto 11 partlto, con nobilissimo animo fecero imbiancar quelle mura; dlccndo, che così B lor bastaua. In questo mentre, che mi ueniua data

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- 62 - parola di CG, per non starmene in otio, mentre passaua 1’ Inuerno, hb fdtto tre quadri à Oglio, duo per mandare all‘ Imparatoro, che li sono da molto tempo promessi, e uno per sua Santith, di noue, e gustose inuentioni; che con plù commodltà potrb intendere, se bene questi non sono intieramente finiti; perb che uenendo la Primauera, e uolendo ad ogni modo, lasciare qualche memoria mia in questa CittB, oue sono bellis- sime opere del Correggio, come anco alcune del Parmegiano, a’ quali son stato sempre deuotissimo, mi risolsi per mio gusto, e certa affettlone, c’ho sempre hauuto A questa Cltth, e suoi Prencipi, lasciarul vn testi- monio di amore di qualche cosa mia. Così mi elessi vn luogo nella Chlesa di San Rocco de’ Padri del Glesù, oue hb dipinto vno assai gran quadro, h fresco, di altezza di palmi 26 e di larghezza 25, oue hb rappresentato una histtoria, e concetto nuouo, deuoto al possibile; e que- sto è il Christo denudato alla Colonna, (pnma uergogna fatta al nostro Salvatore) il quale sentendola come huomo, tutto umile, e mansueto si l a m a llgare le mani, di dletro, da duoi manigoldi, alla Colonna, che si uede oggi in Roma i Santa Prassede; et egli alzando gli occhi al Cielo, par che dica: Eccomi Padre Eterno à darti la sodisfattione che t1 piace per mio mezo hauere da questa ingrata natura, per tante, e tante of- fese fatte & tua dluina Maesth. In questo, faccio comparire Dio Padre, e lo Spirito Santo, accompagnati da alcuni Angioli, che portano li mi- steri della Passione, e ’1 Padre Eterno li mostra la Croce, quasl così li dlca; Figliuol mlo non t i sbigottiscano cotesli flagelli e uergogne della Colonna, che sono Zuccaro, e miele à quello, ch’ io cerco per te da que- sta ingrata natura, di tante e tante offese di dlspregio fattoml, & non conoscere i beneficlj miei. Ecco la Croce, ecco il Martello, ecco i Chiodi, ecco la Corona dl Spine, la Lancia, il Fele, e simil cose par li dica, che si compiace nella persona sua patisca in remissione di tutti i peccatori. Ë in questo, fo che lo Spirito Santo Consolatore, con un raggio del suo spendore lo ferisca in fronte, confortando l’humanita di Christo. In t e r r a poi, di quh e di là dal Christo, inginocchioni hb figurato duoi An- glo11, uno de’ quali in atto d l amarissimo dolore, ammiratione, e stu- pore, auuinte le mani insieme, alza la testa e g11 occhi al Padre Eterno quasi dica: Come sopporti che questo Agnello immaculato patisca-tanti obbrobri, e passioni. L’altro Angelo, da l’altra parte, lagrimoso, e dolente anch’egli, in vista, guardando 11 popo1 tutto, e con vna mano mostrando il Christo, par che dlca; Mirate popolo ingrato il uostro Salvatore, come SI espone per uoi altrl h tant1 flagelli, passioni, e morte per redimerui, e cose simili dica, che tutto rende devotlone, e compunfione: più aden-

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- 63 - tro, e sopra li duoi Angioll, hb figurato duoi Satrapl, 6 Farisei, 1’ vno da vna parte, e l’altro da l’altra, i quali, come attonitl, e stupldl, ml-

. rando l’hurnlltb, e patïenza del Christo, frà se stessi dlchmo, e h duoi Soldati, che in segno dl glustitia u1 sono posh appresso: Quest’huomo, che Q stato tanto marauiglioso, che hà suscltato mortl, lllumlnato clechl, e fatto tanti miracoli, come hora & ridotto? così l n atto dl ammiratione, e di stupore pare, che compatiscano alla miseria, e calamltà d i quello. Figuro appresso che, dallo splendore del DIO Padre uenghlno duoi raggi, che passin per le nubi, e feriscano in fronte i duoi Fdrlsel, qual1 com punti, et allumatl diuenghino fedell; come un Gloseffv ab Anmatla, e un Nicodemo. Questo i! tutto 11 soggetto, espresso nel mlglior modo che & me sia stato posslblle: rappresentando la notte del pat:bolo, e che la luce uenga tutta da DIO Padre, e le figure son tutte maggiori del naturale, per hauere buona dlstantia dl uista. hl1 8 piaciuto poi in testimonio del mio deuoto affetto lasciarui scriuere sotto queste parole.

P. Z. SOCIETATI IESU DOMUS PARMENSIS RIONUMENTUN AMORIS FACIEBAT.

ANKO D’ CID, 13. C. VIII. YET. SUBE. LXIX,

Così mi t3 piacciuto, dico qui ancora, lasciare questa memoria, come quasi in tutte le città plù prlnclpall d‘ Itaha ue ne sono; e Co$ì amo ringratiare Iddlo, che in questa et& m1 d i validit&, c forza di operare ancora, e cuore da non pauentare qual SI voglla impresa, tutto A laude et honor suo, fin che li place, non nascondere 11 talento (qcal SI sla) che gll 8 piacciuto darmi.

Ho uoluto ancora fare, in questo luogo, un quadro h Oglio della Con- cettione della Madonna per la Compagma nostra di nobill secolan, go- vernata da detti Padri, e l’hb figurata di questa maniera. I1 DIO Padre abbagliato nel suo splendore, che rimira, e benedice la glorlosa Ver- gine, giB concetta in se stesso nella mente S U R diuina per Madre del- l’ unigenito suo Figliuolo; la quale cinta di splendore, et accompagnata da Angioli, e Cherubini, sopra la Luna, col suo Figl~uolo in braccio, (discende) che dh la benedltlone al Mondo; figure del naturale.

Ho uoluto tutto questo notlficarle per suo partlcolar gusto; e non sono mancatl nobili intelletti, c’hanno fatti uersl, et eplgrammi latim, e uolgari sopra questi soggetti, che uedrb mandargllene alcun1 ; che Ear& il testimonio del gusto, che di essi hsnno hauuto.

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- 61 -

Ad perillustrem equitem 1)

D.0 F e d e r i c u m Z u c c a r u m Parma abeuntem.

Zuccare, longmquas optatus tendis in oras; At tua noblscum fama perennis erit.

In Mysterium Christi Domini ad Columnam alligati, quod pinxit nuper- rime in Parmensi Templo Societatis Jesu, Perdlustris Eques

Federicus Zuccarus, Pictor celeberrimus. Epigrammata.

Poetica totius tabulae inscriptio.

Artis triumphus aureæ; Natura quem spectat pavens.

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De mirabili huius Tabulæ præstantia.

€11~ Pater, hic Xatus, Flamen, Crux, Allger, Arma; Cum turba llctor, cum Senlore Duces.

Omnia dum splrant, consplrant omnia: fictis Vera insunt animo, cunctaque vera canunt.

Quam bene plcturæ iungis, Fedence, poesim' Quam simill varias fœdere nectis opes!

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Ad Spectatorem.

Quæns columnam mitis hospes integram7 Partem column= doctus aufert Zuccarus.

&,m l) Quest1 versi - stando al mss del Faelli - appalono, nella edlzionc bolognese,

plen1 dl error1 , e slffatlamente, che riescllehbero Incomprenslblll, se IO non mi foss^ ,

sforzatr, (11 res t~ tu~r l l alla p r ~ m ~ t l v a dlzlone. La qual cosa serve a confe~mare quanto scrlssl In profazlonc, a pag 21, a proposito del tant1 errori de' qual1 i? mfarclta la edizlone stessa Ma perchè Id medesma SI mantenessc Inalterata, ho solo rettllicatr, tra e s q per l'eslgcnza del slgnlficato, 1 plù evidenti c grossolan.. v. L.

- 65 -

Ad eumdem.

Haud oleo perfusa nltet patlentis imago Christi; at plngentis regia dextra mlcat.

ss Ad dextrum lictwem.

Deformem Natura ded~t te ; Zuccarus arte Formosum: tali munere victus, abl.

S&

Æstimati0 picti corporis Domini a d Judam.

Zuccasea si forte manu stes vendere pictum Corpus, Juda, auri pondera mille damus.

ss Ad Pictorem.

Sublimes pletatc pari dum perficls artes, Antlquum decoras, Zuccare magne, decus.

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Ad Parmenses.

Ille tuos ultro cnmulat, Parma aurea, honores, Auratus Regum quem cumulavit honos.

S&

Ad Viatores.

Qui Sapiens Parma? vestigat mira viator, Inclyta Zuccareo nomme templa petat.

ss De insigni significatione doloris in suls angelis pictis. .

Maximos quondam retulit dolores Helladls Plctor, capite obvoluto; Maximos noster retegit patenti

Lumine casus. L%%@

5

- 66 - Judicia exiaiæ bonitatis, in hac Tabula.

Quam semper hæc placent magis, Seu cornmus, sive erninus!

De miro ejusdem Tabulae artificio.

Marmore2 quze membra ligant fera vincla columna, Lumina contuitu, corda stupore ligant.

Sic rediviva vigent spiranti accensa colore; Sic natura movet, ludlt ut ille manu.

Et se forte etlam tam vlvi corporls artus Motun, vinclis ni premerentur, erant.

Quid loquor? (artificls proh mlra potentia dextræ I) Vincla premunt artus, se tamen arte movent.

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Sopra l ïs tesso Quadro, Madrigale dell’In&perto.

Mentre, ignudo Signore, al sasso auuinto, Fisso al Padre, e di pene TI miro intorno cinto: Sento versarmi un mar dl doglia al core. Ma mi consola amore, Che à cib ti spinse, e dolce A me diuiene Quanto d’amaro il dolce amor sostiene. E chi no1 vede, miri L’ imago espressa in dolorosi tiri: Ond’anco li beati Molli ne son dl pianto, et ammirati: E trarria noi de sensi; ma vestilla Zuccaro con sue grabe, e radolcilla.

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Dell’ Estinto Innxninato, sopra l’ istessa Imagine.

Questa, che sembra uiua, Del gran fattor così simil imago,

- 67 - Non meno d’arte fh, che di natura, E disegno, e pittura. Gli dle’ splendore il Cielo, Animato colore Pittor Mago, Et la veste d’un puro ardente zelo, Spirto diuino ignoto Nè gli manca il parlar, nè manca il moto; Ma se tace 11 Signor, 6 perch6 fiso HA tutti intenti al Padre, e sensi, e viso.

Del medesimo, sopra 1’ i s tessa

Artefice gentil, saggio pittore, Che faí? lasso non miri, Ch’vccidi il mio Signore? Cosi il pennel l’ auuiva, e poi frA pene L’ auuolge, e fra catene? Empia man, crudo cor, che fai, che spiri, Sol bramoso d‘ vdir nuoui sospiri ? Ma folle, che dich’io? Non di pennello è l’opra, ma di Dio Specchio, ch‘amor di morte innamorato, Qui so stesso vagheggia, vagheggiato.

Vedransi humidi i guardi A quest’oggetto, W i n sembianze sp~etate ‘ Spira viua pietate, Ond’ è che ’l Clel ne pianga, e ’l mondo ammire. Vanne pur pio Pittore, AI Tempo, e B Morte honlai non più soggetto: Che, qui restando Amore, Sempre dlrA come t‘ affligge e t’ ange Quella pietb nel core, Che nel pennel, mentre dipingi, piange.

O di quanti occhi vscire

- 08 -

DE IMAGINE BEATISSIMB VIRGINIS CONCEPTÆ

Ab eodem Perillustri Equite Federico Zuccaro, Parmæ item, i n Collegio eiusdem Societatis depicta ;

Petente nobilissima eius tituli Congregatione.

De artificio, quo pictus est Deus Pater, in hac Tabula.

An pictus est rerum parens? Apparet an verus polo ? An luce clausus abditur ? An in tenebris promicat ?

ss De mira Virginalis Eaciei pulchritudine.

Concipit Omnipotens Genltum ; sine labe parentem Virgineam Geniti concipit Anna parens.

An sine labe? omni radiantem lumme, quantum Flammea mens hominum, csllcolumque caplt.

Zuccare, quid tentas immensum pingere lumen 8 Qu% creat, h m pingat dextera; sola potis.

Ast t u divinos humano in corpore vultus Efflngis ; dtxtram dextera summa regit.

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Ad sodales Congregationis Parmensis Beatissimæ Virginis Conceptæ.

Mos talis; flarnmata decor (generosa iuventus)

Iam vestram spectate oculis, animisque parentem ; Corda per ancipites copit a b r e vias.

Illius abripiet pectora vestra decor.

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Ad Infantem Jesum.

In te, summe Infans, pingentis gratia ridet, Candida ceu primis lilia mixta rosis.

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* Ad Angelos circmnvolantes.

Tam bene suspicitis, plctos ut vivere credam, Slderei puen; tan1 bene suspicitls!

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Ad Pictorem.

Magnus Alexander solum sibi poscit Apellem; Unum te cunctl, Zuccare magne, petunt.

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Ad eumdem.

Virginis ztherel descrlpta: mente Parentis, Exprimis artlfici dum simulacra manu,

Zmcare, tam viva deludis imagine sensum, Credat ut immoto mota colore tuo.

Si Deus, ln proprias dum fingit singula formas, Artlficum vellet picta referre vlrhm;

Dum sib1 Chridiparam deplnslt mente, fuisset Mens divina manus %mula facta tuce.

&S

Item a d pictorem.

Conceptam Telles Mariam d u m pingere vivam, Pingis, et egreglum spirat ab ore decus.

Dic, age, cum vlvat, cur desunt verba f igurz? Przdlcat artlficem, dum tacet, illa suum.

Mirum! grata suo auctor1 concepta videri Maluit, in tabula quam prope vlva loqui.

@/S

De eadem Imapne Beatissimæ Virginis in ea verba: (I'ulchra ut Luna).

Virginis august= celebram sacra pagina laudes, Tergeminz slmllem dlserat esse Dez :

Quid nunc auratos obnublt pallida crines, Vlrgineos ultro sustinet atque pedes7

- 70 - Nempe ade0 doctae depictam munere dextra

Cum videat, Proprium n11 putat esse decus. Si tam docta manus fuerat tunc, Zuccare, non huic

Virgo erat, at superis anteferenda choris.

In eamdem.

Zuccarus ut summi concepta in mente tonantis Virginis, et pueri pingeret ora Dei ;

Vitali cœpit sensus anlmare colore, Vivaque cum puero iam prope mater erat.

Tunc prudens dlmisit opus: sat ludere sensus, Inquit, et artifices hoc potuisse manus.

Si terris pingenda foret iam nata, tabellis Arte nova forsan viveret llla meis.

A Patris æterni querela.

Cum Pater æterna conceptam mente parentem Spirare in viva cerneret efflgle.

Huccine mortalls porrecta potentia ? dixit, Æmulus immensi Zuccarus ecce Dei.

Quo potuit patulsse tibi latitantis imago Matris? an hoc artis iw, Federice, tuæ ?

En patet, arcana quae tantum mente latebat: I nunc; ut lateat, conclpe mente, Deus.

Ad pictorem.

Pingere Alexandrum soh fas fertur Apelli; Illius hoc ingens est decus artificis.

Fas cum matre Deum tibi, Zuccare, pingere soli: Hoc satis esto tibi; quid magis esse potest?

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- 71 4

In eamdem Imaglnem.

Ad pictorem de eadem.

In vtramque Tabulam,

O d e .

Cur pairem clara, Federice, luce, Funeris slgnum mawbus ferentem, Fili0 nudo, lapidi alligato

Fingis apertum?

- 72 - Ast ubi Matris speclem decoræ, Quæ Deum virgo genit, arte ponis, Invium nostris oculis, eundem

Tu tibi quid vis 8 adytum reclude ; Ducimur plausu vario, nec unquam Mens valet sensus penetrare opertos

Dum meas mecum repeto querelas, Auribus tales resonant loquelæ : Zuccaro frustra canis ista, vates :

Quam putas vivis puduisse visis Hisce Naturam tabulis ? Stupescls 8 Hic iacet Zeusis, iacet hic Apelles,

Illa, quae spirant animata, vero Quæque naturam referunt colore, Zuccari pandunt utriusque semper

Fingis opertum.

Sat, nec apertos.

Inspice picta.

Ars, et honores.

Clara labores. WsLY.3

Item in vtramque.

D l s t l c .

Iam radios aurora novos, iam lumlna Phœbus Dat noua: splendidlor noster ut orbis eat.

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Laus Deo O. M. Virginiq: Dei Matri.

In questo tempo essendo io stato nceuuto, e fauorito nell’Academia Innonunata, qui di Parma, da molti noblhssimi Sgnori, e Caualieri, vi feci, A i giorni passatl, la mia lettione, sopra la grandezza, e facolth del disegno interho, et esterno prattico, e dledi alcuni punti, e conclusioni per disputare i fondamenti del mio concetto, contenuti nella lettione (i quali qui appresso con questa ui noterb). La lettione fir uno epilogo delli duoi Libri miei dell’ Idea de’ Pittori, e Scultori, et Archltetti, che feci stam- pare in Turino l’anno passato, come giA Vostra Signoria haurB uisto.

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- 73 - Li punti, e decisionl, lettl nell’ Academla Innomlnata di Parma da

me, come di sopra è detto, nella lettione fatta in detta Academia a di 29. Maggio 1608, trattando della grandezza, e facolth del Dlssegno interno et esterno, sono questi qui sotto, e fondamento del mlo Dlscorso.

1. Se Dio opera per ordinario tutte le cose naturali con le cause seconde, 8 necessario dunque vn pnmo motore interno entro dl noi, na- turale, si rispetto alle opere nostre naturali, ma d l vlrth celeste, e dl- ulna, che muoue, e perfettiona le lntellgenze, et operaz10111 nostre.

2. Essendo l’ intelletto nostro per sua natura puramente impo- tente à tutte le cose, et hauendo blsogno dl sens1, et cose senslbill per Intendere, et operare, non pub eçsere primo motore interno.

3. Che il primo motore interno è la virtù formatlus dell’Anlma, che muoue i fantasmi, et forme Ideali del concetto, et B causa ln noi dl ogni ~ n t e l l g e n ~ a , e dl ogni operatione.

4. Che la Virtù forrnatiua Inserta nel concetto, forma l’Idee, e dissegno Metafvrico hlentale.

5. Che 11 Dlssegno Metofarico mentale 6 Anma del Dlssegno esterno pratico.

6. Che qnesto Dissegno hletafonco, e forme senslblli, sono luci generali dell’Intelletto.

7. Che questa Virtù formativa del Concetto, et Dlssegno interno della mente, 6 sclntllla Dlulna della Imagme, e t s~mil~tn~l ine d l Im , m - pressa nell’ A n i m a nostra, che la f5 speculatlua, et ferille dl conceth, et di operationi, atta ad intendere, et capire le cose alte, e Plume, senLa

la quale ulrtù, e forma del Concetto, et Dlssegno esterno, restarebbc I’Anlma, e l’intelletto p r~vo d’intelllgenza, e dl saplenza.

8. Che questo Dlssegno metaforico, et reale, altro non 8 , che con- cetto, Idea, ordine, regola, misura, clrconscnttione, et figura d l qualsl- voglia cosa

O. Che in tutte le cose si troua Dissegno, conforme alla natura, e qualita. delle cose spirituali, b corporall; Et hauendo Iddlo creato, et formato questo universo, con tanto ordme, regole, e misura; chiaro SI

scorge essere fontana u m di ogn1 Idea, di ogni concetto, et dl ognl Dlssegno.

10. Che 11 Dkssegno humano è vn Nume creato, vn’altra Natura, generante, Scimia della Natura, e dl Dio stesso; perb B lmagme, e 81- mllitudine dl Dio In nol.

- 74 - 11. Che il Dlssegno Q autore, e genrtore di tutte le Scienze

speculatlue, e prattlche, et dl tutte le ulrtil dell’Anima, e operatloni discrete.

12. Che il Dissegno ammaestra 1’1ntelletto, assottiglia l'ingegno, e- perfettiona 11 giudltlo.

13. Che l’intelletto, e’ 1 giuditio humano sono ministri, et esecu- tor1 del concetto, e Dissegno interno.

14. Che muna sclenza, lntelhgenza, e prattica, si pub auiuare al senso, senza l’aiuto del Dissegno Interno, et esterno prattlco.

15. Che solo il Dlssegno, per se stesso, SI anima al seuso, e all’ln- telletto, e si allmenta, e cresce senza necessltA alcuna d’altra scienza, che delle sue proprie fdcoltA. E cosi SI scuopre che il princlpio Interno, è causa seconda, et Agente naturale d i DIO 111 noi, che alluma, et auuiua ogni concetto, ogni Intelligenza, et ogni operatione.

16. E necessario questo concetto, e questo Dlssegno nell’huomo, si come 11 Sole nel Mondo, et l‘anima nel corpo ; perche si come il Sole & occhio, et Anlma del Mondo, cosi 11 Dissegno G occhlo, luce, et Anima dell’Intelletto, che f i operare A quest‘huomo tutte le cose con regola. e misura.

17. E si come la Natura senza l’aiuto, e virtù del Sole non pub generare cosa alcuna buona, ni? perfetta; cosi l’intelletto humano non haurebbe intellrgenza, nB sapienza per operare cosa aIcuna buona senza questo Dissegno.

18. II nome del Di, segn, o, come le sue proprie lettere lo di- chiarano, B segno, imagine, et slmilitudlne dl Dio in noi, et le sue ope- ratloni, simbolo assai mamfesto della sua onnipotenza.

19. Che non Sà, che non pub, quest‘huomo, che con questo Dis- gno con questa imagine dl Dio in noi, con questo intelletto humano, che lo inalza tall’hora tanto alto, che fa operare cose, che superano la natura.

20. E perfine, non trouandosi nell’ Anima Ratlonale Virth, e po- tenza, con facolth, che sla o possa essere p ~ ù .atta, e propria al generare, e alimentare scienze, b pratiche neIl’Intelletto humano; questo DIS- segno conuiene confessarlo npn solo luce generale dell’ Intelletto, ali- mento, e vlta di ogni scienza, e prattica, e Agente natural di Dio in noí; ma Rettore, e Governatore di questa Repubblica de’ sensi, et di questo humano Intelletto, dal quale ne vlen somministrato Ogni neces- sario bisogno, sì per la quiete, e necessita del corpo, come per ia Salute, e felicita. dell’bnima.

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n- - l i , - Eon resterò ancora di dirle alcuna cosa della strauagante Invernata

che hanno cagionato freddr, e ghlaccl grandlssiml, e cont~nou~; che sebbene creder6 che iri Roma ne habbiate uoi altrl ancora senilto molto, e straor- dmarlo di 15, come anco credo slano stati assai generah, e grandi per la Italla; nlentedlmeno, ln accidenti dl new, e ghiacci continoui Roma non ne suole patire di questa solte ; però, come cosa, che di là L‘ors1 no11

SI B mai uista, n6 sentita, le dlco, le neui sono statc dl quA tall, e > i continoue, duo1 mes1 una appresso l’altra, chu alla campagna soprauan- zauano l’altezza di vn’ huomo, e” nella a t t i h i blsognato scar lare i tetti pih dl vn par d l volte, e ne son rovlnatl rnolf~, per non poterla sostcn- tare. Cosi, per comandamento publlco SI scarlcarono nelle strade, Pltlzze, e Cortih; e fdte montagne dl neue, per tutte le strade, e plazzt’, cortlll che soprauanzauano le fenestre, de’ p r m appartamenti, e (cosa 1101 renda à uedere) per passare da vn lato h l’altro la strada, SI passam sotto grotte dl neue, e nelle cdntonate, e piazLe erano aperture come archi trionfali; 4 durata così tre, e quattro mesr, che non SI haueua n?odo, nè U I ~ dl smaltlrla, e con grandlssima dlficoltA SI 6 , h poco B poco, S m -

nuzata, e tagliata, che si era congelata tutta in ghiaccio, chd ni! pioggle, n& sole la poteua smaltire; si SI era condensata; e Indurata, e se bene siamo alla fine d l giugno, ancora‘”ue ne resta relqula 111 motte strade, e cortil: di case; E se bene In Lombardla suole patir d l grosse nem, nientedrmeno, di questa sorte non u1 d memorld, dtcono I pdesanl; per6 ha causato freddi gran&, e contlnoui, e mortalltà de’ bestiaml, e In molt1 luoghi perdute le semenze, fruttl. uino. però quelle, che sono rimabte per buoni terrenl non hanno cosi patlto, corne orLi, e slm111, hanno fatto li quindicl, e sedlct per sacco, e’l grano, per poco che sla rimasto, b perb di piena, e grossa spiga, rispetto B temp; che poi si sono accom- modatl i bisognl della campagna assai bene, ului d l poca speranza; Così ha causato gran carestia di qua, via per tutto,

E poi che hb la penna ln mano, e un poco dl otio, non resteri, d r l e ancora, e farle parte dl alcune feste, c trlonfi ulstl ln Alolnfoua, pochr giorni sono, fdttl da quella Altezza Serenmima nell’arrluo, c Nozze della Serenissima Infante MargdrltJ dl Sauola, o del Yerenlsslmo prenclpe Don Francesco suo figliuolo, le qua11 sono state tall, che hanno tirato A uederle non solo li circonuiclnl, ma molti stranlerl fuora d’Italia. Che ueramente sono state Regie, et singular1 ; doue che trouandomi io qui, in Parma, non più che quaranta mlglia lontano, pres1 occaslone di tor- nare d fare rluerenza à quell’altezza, et In partlcolare al Serenissimo prencipe di Manha, tanto mio Signore, e rallegrarmi seco (come feci)

- 76 - d‘ogni suo maggior contento, e fellcitB., e con la Serenissima Iufdnte, e Principesse di Sauola. E glunsl in tempo che utddl le mltgglorl, e prin- cipall feste; battaglle ilauttli nel lago, Comedle, theatri, bdrrlere, giostre, e feste grandimme La prlma che B. punto SI fece la sera del mio ar- nuo, fù la presa di un Castello, nel lago, fdbricato d i legname, B mezo esso lago dl detta Cltth, söpra barche, e barconl. e grand1 trauate di legnl insieme, che fb spettacolo bellissimo, e smgulare. si per la varieth de fuochl, e dl mille spec¡(!, e fdntasle, dl ruote, e mol~nell~, che arde- uano sotto, e sopra acqua: si comlncl6 nel1’1mbrunlre della notte, con tant1 fuochl all’lutorno, in terra ferma, dl q u i e dl l& del lago, col Iungo ponte dl San GlorgIo, che lo trauersa, che tutto rendeua gran bellezza, e magnificenza, e risplcndeua quel lago come se giorno fosse. Z, fra molte cose dl apparati alla grandezza, e bellezza, e mdraulglia, f u un Carro trionfale della Fortezza, t r a to da sei Caualll marrnl, a quattro Ruote, coli molto artifitlo fatto, che ardeuano sotto acqua, come sopra; guldauano dettl Caualll sel Sirene, e molte altre sim111 se ne uedeuano d i qu8, e dl lti dal Carro, con fnci d i fuoco 111 mano.

Questo Carro era soprd una platea dl legnami, e di tauole, e sol- leuato tre grad1 sopra l’acqua; doue glrauano le ruote, mezo sotto acqua, e SI ag~tltua esso Carro, qua o là, gratiosamente, senza essere uisto chi lo mouesse, e pareua proprio, che II detti Caualll m a r m lo tlrassero. Il I

Carro era dl forma quadrata, rlcco, et gratiosamente fatto, 11 pieno, sodo, di altezza d’on huomo, rigiraua attorno, che cassa e piedestallo gratioso fxeua al detto Carro, tutto adorno, et ornato dl feston1 d’im- prese, et c-lrtelle, e sopra VI raggiraua vna b?laustrata; e, sopra questa, 11 trono della sedia saliua sopra con sette grad], ne’ quali grad1 UI sta- uano assettat], tredicl muslci, quattro che sonauano cornamuse, e quattro plffdri, e uno che sonaua li taballl, uicendeuolmente tr& d l loro; e tutti questi erano armati dl Corazze all’antlca, con uestl lunghe, dl dluersi colon, mghwlandati; sopra di questi ui era la sedm ornata dl palme, e ghirlande, doue sedeua la fortezza, Ddnna armata all’antlca, con belllssimo elmo, e cirniero in testa, uestlta di rosso, col suo scudo in bracclo, oue era figurato, d i rilleuo, una testa dl Leone, e sopra una mazza, e nella destra mano teneua l’haste, con atto e gesto vinle; sotto dl questa SC ’l plano del balaustrl, u1 erano sel paggi, con grosse torce accese In mano, t re da una parte, e tre da l’altra; nelle basl, e pdastrl del Trono ui erano tre grandi arme Ducal], alla destra, alla slnlstra, e di dletro, quella dl Mantoa, dl Florenza, e dl Sauola, inquartate; sopra dl queste, e dl dletro alle sedia, si nedeua vna base, e gran pezzo di colonna rotta, con due gran palme; se ne

- 77 - ueniua questo Carro accompagnato da molte barche, riplene dl molti, 8

uariatl fuochi da aria, e da acqua, con dluersi mol~nelli, e soffioni. Nel- 1 imbrunire della notte si mosse 11 Carro h gran romor di trombe, e tam- b u m , con molto applauso de’ circostanti, e pnpolo infinito, che d’ogni intorno era g d preparato per la uista dell’ assalto. e presa del Castello; e peruenuto il Carro oue giA erano comparsi li Prenclpl, e Prenclpesse,

. (sopra 11 pogglali di quella parte del Palazzo della Scuderia d i S. A. che guarda il lago e le batteria del castello) si d n z z t 111 p~cdl la Fortezza, et ad alta voce recitb alcun1 versi, In comendare la glorlosa Impresa per I’ac- quisto dl quella Fortezza ; Che con plil commoditA potrb questi, et slmlli altri versi sentlre, che qui si tralasciano per non rompere 11 filo della nar- ratione, e la sostanza del fdtto; cosi ancora il nome di molt1 Caualien, che necesski non porta; nomlnandisolo II prti princlpzh, e la sostanza de’uersi.

Fatto questa prlma bella, e gratiosa mostra per lo lago, auauti delli Prencipi, e Prencipesse e diuerse bizarie di fuochi da ana, e da acqua, con maraulgl~osa uista; 11 Carro si mosse, e cllede uolta per lo lago, con molt1 suoni, e tremori di tamburri, e trombe, e d tempo rhoua- uansi fuochi, e le girandole e grilli sotto acqua, che, per la noullh, e marauiglla, fu notata grandemente.

GIB. nel Castello, A mezo giorno, con bella mostra, entrarono da du- gento Soldati armati alla Turchesca, nella Fortezza, con artigllarie, moschettonl, et altri arnesi, et armi da difendersi, et offendere.

L’armata giti in essere, mandarono due galere h far la scoperta, e riconoscere la Fortezza. ch&, dalle guardie scoperte, furono to5to ributtatl, e con grossi tiri di artlglieria senLa palla, ma con la mostra e nmbombo dl esser éome vere fossero. Vintasi l’armata, tentarono per terra, e per acqua diuerse uie per entrarui dentro, e, con gran cluffe di assnltl, una parte smontb in terra h uma forza, e l’altra per mare, batteuano la Fortezza. L’assalto fb belllssimo, per le ciuffe d l molte barche, e galere, e UI comparsero in tanto numero, che rappresentaua un’ armata for- mata d l Mare, essendo il lago capace assal, et B. sufficienza i slrnll cosa. Alle scalate e cluffe del Castello, ui erano ualorosi soldati, che lo dlfendeuano, e sostentarono, per plh hore, ualorosamente; uedendosi frh le fiamme, e fumi, bellissime blzarie in quel uapon, e balzare in a n a huomini di straccio, e parere battere h terra cortine di muro, e bdloardi di esso Castello, In apparenza, e tutto fiamma e fuoco, e le armi de&

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offensori, e difensori gettauano fuoco, archi, frezze, stocchl, lancie, e spade,

8 di gusto grande B riguardanti; le fiamme, i fumi, folgori, e baleni, S 4 F . fulminauano fiamma remi, sott’acqua ardent], cosa in vero dl spauento,

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- 78 - 'et uariJ effetti loro dauano gusto aila uista grandlssimo * giunse soccorso , al Castello, con gridl, et vrli grandmimi alla Turchesca, che rendeuano terrore b riguardanti, e conforto A combattuti di dentro ; nondimeno, scoperti ii aguati i nostri con noui assalti di galere, e naudi, si ve- deuano f a prigloni, in apparenza feriti e morti, menare attorno, se bene non ui occorse disastro alcuno; si le cose furono bene ordinate, e t eseguite. Durb questo assalto con uarij abbattimenti, e ciuffe, e con uariata sorte di fortuna, fino alle cinque hore di notte, et nel fine il Castello fu preso, e fdtto molti prigioni de' Turchi, che attorno per lo lago conduceuano, et fu messo finalmente (in apparenza) 8. fiamme, e fuoco, e con quattro, ouero sei girandole ( fini la festa) copioslssime di raggi, fduille, e fuoco, all'usanza delle girandole maggiori d l Roma nel Castel Sant'Angelo; ma quello che empì di maraulglia fu, che i raggi delle grandole, massime dell'ultima b mez' aria, cresceuano in grandis- simo numero, e fù marauigliosa, e bella al possibile. Oltre di ci& quello che f u anco dl notabile, et che mantenne il lago luminoso, e chiaro, furono quattro barconi, due da una parte, e due da l'altra del Castello, con egual distanza compartiti, che pigliauano quasl tutto il lago, pieni dl bitumi, Iegne, e materia, che ardeua unltamente per tutta la barca, con fiamma rilucente, che, durò tutta notte; SI fini, Come B detto, alle Cinque hore dl notte; la mattina poi quello che a molti parue maraui- g11a grande fù che credendosi, per le fiamme uiste la notte nell'assalto e presa, fosse tutto 11 Castello arso, et abbruccisto, lo uiddero intiero, et intatto senza macula alcuna, n& pure abbruccrato una tauola, n6 un fog110 di carta dl che il CAstello era coperto, e dipinto, si l'apparenza f u marauigliosa, e berle eseguito; e questo fù 11 Sabbat0 A notte, ultimo dl Maggio

La Domenica à sera SL fece la gran Comedia, gli internledij della quale, e le macchine uariate della Scena, che ad ogni intermedio si uariauano, furono marauigliosi, e passarono di aspettatione ogni creden- za, mutandosi la Scena, hora in Citth, Castella, e Ville, in Giardlni, in Praterie, In Campagne, e boschi, in scogli, e rupe diversi, hora in Mare ,tranquillo, hora in tempesta, e fortune spauentose, i n pioggle, e tuoni, tempesta di grossi confetti, hora In oscura notte, oue si uedeua i pia- -neti, e stelle girare, e far lor balli, il crepuscolo della sera, l'albeggiare della mattina, apparire noue Isole, e Clttb, Palaggi, caccie, e pesche gras +iose, e simil cose di gusto grandlssimo, et ammiratione; con calata d i Dei, di Eroi frb le nubi, con tanta uera similitudine, con musiche ce- Jesti, et armonie granjisslme apparire, e sparire, con tanta ammiratlone,

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- 7'3 - i n un batter d'occhio, e Ninfe, a Pastori sonare, e cantare diverse Can- zoni, e uarie sorta di MoresChe, in atti mus~call, con dmersi concerti, accompagnati, e solo uestiti con habiti rlcchissimi, e diuersamente abbi- gliati, con armi in mano di uarle sorti, cioh dardi, stocchi, scudl, lancle e spade, morescando sempre, et in numero grandissimo, che si empiua tallhor la Scena.

Ma, per dirli alcuna cosa particolare à maggior gusto, e breuemente, alla prima scoperta della Scena, e dell'alzata della gran Cortlna, che auanti chludeua la uista di essa Scena, et RI alzb, & un suon di tromba, con tanta prestezza, ueloclti, che pochi si accorsero, oue fosse gita, essendosi akata al palco della Sala per graumiml contrapl; 111 uno istante, ap- parue poi la Scena in forma di Clttà, e fb r~conosciuta per Mantoa, col suo lago auanti, placido, e quieto, oue SI uldde, A poco d, poco, gorgogliar quelle acque d mezoil lago, et al suono di var^^ mstromcnti, comparuero in aria tre nubi, e in terra sopra il lago e fuora, poco d poco, SI uldde vscire ma testa di bellissima donna, pol 11 petto, 11 busto, e tutta la persona, si che fuora apparue vna uaga Niafa, con capelli parte raccolti, e parte dwciolti, con habito graue, e leggiadro, che per Manto, figlia dl Teseo, fondatrice d i Mantoa, si dlede à conoscere ; e quando le trombe finirono di sonare, questa SI ntroub gli alzata sopra di una Isoletta, e frd certe canne iui erasi fermata, e al suono dl alcuni mstromeoti, che nella Scena occult1 stauano, cant:) soaueme e molt1 uersi in questo tenore.

Che hauend0 ella fon'lata la bella cittii dl Mantoa, mossa dal llti Argiui, e ir& mllle, e mllle lustri g l i scoperto 11 giorno dl queste feli- cissime Nozze, era uenuta ad augurar11 felwtA, con la presenza d'Hl- meneo, delle Gratte, e la FecontlltZ, e la pm?.

E A pena finito dl parlare si ascose, tuffandosi nell'acque ; e in uno istesso tempo si apersero le nubi, che erano per l'aria, B poco d poco calarono sopra Ia Scena, e in quella dl mezo si vidde IIlmeneo con la fdce in mano, e dalla parte destra le Gratie, e dalla sinistra la fecon- ditb, e la Pace; e mentre calcauano, cantarono questi u e r i che, per essere breui, li pongo.

Pronti scendlamo 8. volo, K6 ci pesa lasclar l'amate piagge, De lo stellato polo ; G m t o desir ad apprestar ne tragge, Caro parto d'Eroi, Che far si dee specchio del Clel in terra, Amato in pace, e pauentoso in guerra.

- so - E, appena finito il canto, essi si trouarono sopra 11 palco, lasciandosi

di dietro gli edlfici, che Mantoa rappresentaua. E, fermandosi Himeneo sopra l’Isoletta, cantb alcuni uersl In questo tenore ti i fellcissiml Sposi.

Che il Clelo comanda A lui, che con amabll face riscaldi A lor le vene, il petto, e’l cuore; E a 1 popoli fedeli le Gratle sian feconditate, e pace, e studin essi B frequentare i campi per dar fruttl soaui al mondo.

E, mentre che cantaua Hlln?neo, le Gratie usclte dalla nuuoletta, si posero à caminare A lento passo per l’Isoletta, e postosi pol à sedere dal lato destro, e il simile fecero la FecondltB, e la Pace, dd l’ altro lato; e le nuuole, che erano tre, ad un batter d’occhi si rlunlrono, e se fece una sola, come densa nebbta, che occupb tutta la uista della pro- spettiua. Himeneo, finlto di cantare, si accost6 alla Fecondrta, et alla Pace, e non si tosto si pose B sedere, che l’Isola SI dluise in due parti, vna delle quali si mosse da vna parte del palco, e l’altra da l’altro, e per lo lago portarono quei Numi fuori della Scena, e in quel punto sparirno l’acque, e la nnuola, e la Scena rappresenti, altra Città per 11 recitanti della Comedla, e questa rappresentdua Padoua.

E, finito 11 primo atto della Comedia, si mut6 la Scena in vn Giar- dino, con vaghissime donzelle dentro, e r i fG rappresentata la rapina di Proserpina, con molte circonstdntle, e ’I Carro dl Plutone, il lamento di Cerere, 1’ apparire dl Venere, di Amore, la Fama, che uolaua per l’dria, senza vedersi chi la portasse, e simile altre cose, che lascio nel giuditio uostro, non uolendo far professione di stenderml cosi minuta- mente, che sarei troppo lungo; ma rappresentoui cosi succlntamente 11 soggetto di queste Feste Reali, senza molta detrattlone, nè tampoco recttare i uersi, che questl, et altri dlssero, cantando; che forsl, per auen- tura, h parte 11 tutto intenderete; basta darui questa lnia per auuiso così famlgliare, e notarui i concetti delle cose pic singolari.

Ma, per non esser’ anco tanto breue, e sucinto, non lascierb di accecnarul i soggetti di ciascuno intermedio, poiche furono tutti belli, e, singolarmente esequiti, lasciando gli hablti particolari, e uestimenti noblli, che ciascuno haueua, come potete comprendere, alli soggetti, e ciascun credeua che tutti furono nobilisslmi, e Regi

tranquillo, e grande, nel quale passaua Gioue in forma di toro, e su ’I dorso portaua, plangendo, la bella Europa inghirlandata di fiori, e sparse il seno, e ’1 mare, di essi che Ie cadeuano di grembo. Tralascio molte apparitioni d i turbe dl Dei, di pesci, di balene, e simili altre cose, che ui occorsero gratiose; G~unone, gelosa, comandare B i uenti, che sommer-

Ftnito 11 secondo atto della*Comedia, si mutb la Scena in un Maro x

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gessero con vna gran tempesta quel Toro la montagna, e cauerne de’ uenti horrlblll, che VI apparuero; 11 strepitl, e rumori, che comlncia- ron0 i uentl, poi fermat], e ’mdolclti d a Amore, che comandi, loro 11

Flnito 11 terzo atto della Comedia, si conuertì la Scena In rupl, e scogli grandisslml, et In una oscura Notte, lascio molti accldentl not- turni di terra, e dl mare, i l Carro della Nottc, l'apparire delle Parche, / di RIercuno, 11 crepuscolo della sera, l'albeggiar della mattma, I I com- parir dl Gioue à rlschlar~re 1’ aria, e faro dppanre’il giorno

Flnito t1 quarto atto della Comedla, dopo soam armonla, cho ac- compagnaua quasi ognl mutatione dl Scena, que:ta qui SI conuertl in boschl foltl dl arbon, dl colllne, e pratl delltlosl, oue erano palazzl splenclldl, e Regi, dl nlieuo, con fontane, giardlnl, peschtere, credenzonl pien1 dl vas1 d’oro, e d‘ argento, loggw oue s1 vedeudno cnnuitl Reg1 dl Dei. tra 11 qual1 Ercole che era B conulto con Clloue, dtucrse Nlnfe, e Paston, che scendeuano da varle part1 dt quelle selue, e collme, danzando con variate sort1 dl uestlmentl, morescando c~ascuno (la. per se, e poi ac- compagnatl 111 forma !I battagha, recitando alcunl verSI, che non ml occorre qul dl scrluere 1 concetti tuttl dl amore, e dl letltla.

Comparue la Scena de’comedlantl sollta, che rappresentaua Padoua, e, finito l’vltimo della Comedla, SI senti balenare con gran streptto, e rumore, e l ’ana conturbam1 con gran lampl e baleni; e in un tempo il palco, e la Scena conuertlrsl ln un tempestoso, e fiero mare, e l’ana tutta turbine, e tempesta, Nettunno comparse nel suo Carro, con suo1 Tritoni, e mostri marmi, cantando alcunl uersl, e battuto 11 Tridente acquetb il mare, e uedeasi, per esso, andare molta Nereid1 ti nuoto; e rischiarata l’aria, 11 mare, e ’1 cielo, apparue, in m a nuuola, Zefiro in- ghlrlandato d i fiori, dalla cui nuuola, cadeua mmuta pioggia A gulsa dl rugiada, e, a r m a t o à mez’aria, cantb questi Versi :

contrario; Così placata 1’ ana, ‘î e I uenti, e ’1 mare, sparí la Scena

À che, fulmini, ti che, lampl, A che, venti piouosi, Hogp scorrete sì de 1’ aria i Camp1 Del fortunato Mincio? B Regi SPOSI. Non consente 11 destin, che venga meno Gratioso seno Aspra famiglla de 1’ horribil Verno, Oma1 dl qui prendete esilio eterno; Qui vuole il Ciel, che eterna si raggm Amabilissima aria dl Zefiri.

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7. - 83 - Finito Zefiro dl cantare, si rasserenb l’aria, e si aperse il Cielo, 0’1

Paradiso si scoperse con vna gloria grandissima, con tanto splendore, e con tanto numero di Dei, e di Eroi, che fù cosa stupenda, per la ma- china mouiblle, con cinquanta e più persone sopra, adornata di nuuole, e di splendori; senla uedersl quei lumi, che causauano quella luce, e qyei splendgri. mouendosi essa machina, e girando quelle nuba con moto soaue, e gratlosp: SI uedeua portare auanti quei Dei, à meza scena, e quelli, A choro A choro, scendere in Scena con musica diulna; e, cantati alcuni motettl, e uersl gratiosl, se ne tornarono con le medesime nuuole in Clelo, con una ulsta di sfondato grandissimo, che appariua mezo mi- glio di prospettiua, e di sfondato, sì il luoco era capace, e l’artificio grande, e gratioso; et in capo B questo sfondato si uedeua una ruota grandissima, A guisa di Napamondo, e Sfera celeste, che giraua conti- nuamente con dentro molta luce, et altri cerchi, rappresentando quasi il primo mobile, che portasse tutte le altre Sfere; questo f ù sopratutte le altre cose ammirabile; e, mentre che cosi si era dato fine al Celeste canto, che continuamente salendo si sentiua soaulssima armonta, Com- parue un’altra nuuola spcata da l’altra parte del Cielo, con dentro la Letitia, accompagnata dal Riso, dal Giuoco, dalla Ricchezza, e dalla Bellezza, che suonauano uarlJ instromentl, calando con molta maesth uerso terra, e cantb d l questa maniera:

Asslsa In aurea Sede, M’albergo i n Cielo, 6 t r i l’humana gente Ben rare volte occhlo mortal mi vede: Con gli huomini doknti Non pub far la Letitia unqua soggiorno; Ma da giri lucenti Mi chiama h far con voi gioconda stanza Valor d’incllti Rep, Che delli Dei superni hanno sembianza ; Hor dunque al mio venire Apprendete mortal] L’arte ingnota fra VOI dl ben gioire.

E, dopb questa, un Choro di Ninfe, e di Pastori, con bellissimi habiti, 4 ’ ricchi, et con bellissime faci in mano, B suon’ di istromenti, che in Cielo formauano un’aria da ballo, fecero un graboso balIetto, e gettando di quando in quando fiamme odorifere per tutta la Scena in segno di

- 83 - Nozze, con gratioso canto, cantando alcune Canzoni, dlede fine all1 balli, e fatto riuerenza A Prencipi, a Prencipesse si diede fine alla Scena, et a queste mirablli rappresentationi dl machine; le quali ln somma sono state tanto belle, e si ben fdtte, e bene ordinate, e con tanto applauso celebrate da tutti, che ui furono presenti, che par che non si possa più desiderare da artificio humano.

NB è gran merauiglla, che questo Prencipe n& è si uago, chs cosi spesso et ogni anno lo eser:ifa, e sempre và crescendo, et accomodando gli artifici, e le machine, si che l’esperienza, e l’vso fa pol gli huomlnl, e 11 minlstri espertl; e per grandl. e magglorl P rency che siano, non esercitando cosi contlnouamente, e spesso, g11 huomlnl, e ministrl in sim11 cose, facilmente non ponno essere in questo casi esperti; e mancando vno, manca tutto.

Gustai non meno uedere, sopra le machme, g11 artlfici grandi, e g11 organi, le gomene grossIssIme, e le funi, e le corde con che muouono, e maneggiano quelle machine, e ’1 numero grandissimo dl huominl à maneggiarle, e clasCuno al luogo suo; e ad un cenno calare, alzare, e mouere, star fermo, più dl trecento huomlni A maneggiare; si che ui vuole esperienza, esercltlo, e prattica, e non meno destrezza, che inge- gno, e giudicio, di auertita auertenza A disordlni improuIs1, et accident1 in riparare, e prouedere, che vna fau~lla d l fuoco pub roumare ognl cosa F u maraulglia certo, che non U I accadesse disastro alcuno, chè ui sono le guardle particolar1 per questo, con gran vasi, e catini di acqua, caldare, e paioli ad ogni blsogno prepmat]. I1 tutto ln somma passò benissimo, sì il tutto fu bene ordinato, et essequito; e durb questa festa ancora sino alle cinque hore dl notte.

La Comedia, se bene f u bella, e ben recitata, che Eù la Idopnca, del Signor Caualier Guerino, peri, questa serul per intermedio dell1 Intermedlj.

I1 Lunedì piou&, e non SL p o t e fdre quel glorno la barriera nel Teatro, come poi si fece 11 giorno appresso ; però S. A non lasciò pas- sare questo giorno senza nuoue feste dl gusto, e piacere, per trattenere gli duoi Prencip‘i dl Sauola, e tanti altri Slgnori, che accompagnauano essi Prencipi, e le Infant1 lor sorelle, la prima e seconda A &Iodona, e poi la prima qui in Mantoa, oue era, la di Modona, uenuta col suo Pren- cipe A ricrearsi con la sorella, à queste sue gran feste, lnsleme a tanti Ambasciatori di Prencipi, e Slgnorl dl Lorena, e d’Austria, con quello della Serenissima Republica dl Venetia, e dl Florenza, Cosi la sera (lasciando i pastl, e conulti) nel teatro della Scena fece (come quasi ognl sera in Palazzo) gratiosisdme feste, e danze dt Dame fiorite e belle; oue

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- 84 - le due Prenclpesse Infante di Sauoia risplendeuano qual lucente Sole frh le Stelle.

Il Lunedì sera, dico, si fece un bellissimo balletto dl Dame, nell’or- chestra del Teatro della Scena, e ballato alcuni ballettl all’vsanza di quh, si alzb con ueloclth grandlsslma la tela, che copriua la Scena, e fece all’improulso, uedere h quelle Dame, e il tuttl vna grandlssima e pro- fonda cauerna, oue SI uedeua l’Inferno di fiamme, e fuochi spauentacoli con forme di demon], et anlme tormentate, e lacerate, che non poterono tenere le lacrime molte dl quelle Dame; ma poco dopo per confortare quelle giil smarrite, e spauentate, tutto spari l’Inferno, e comparue un bellissimo Glardlno dl rose, e fiori, con molte Nlnfe, e Pastori A fare gratiose danze, e cantare allegre canzonr, e madrlgali; e si fini la festa; che durb questa ancora fin’alle cinque hore dl notte.

Il Martedì si fece la barriera nel gran Teatro fabricato A posta nel Cortlle della Corte vecchia, in forma ouata otangola, con li suoi gradini attorno, oue ui capì Infinito popolo, e compartimento o I sit1 particolan per le Dame, per gli Ambasclatorl di dluersl Prencipi, e per lo popolo tutto; e In testa era ornato d l v11 gratloso portlco di plù co- lonne, che era l’antiporto dl un gran templo, del quale la cuba di esso Tempio, assai bene ornata d i lumi d’ogni ~ntorno ; e questo era il Tem- pio di amore, dl doue vscirono 11 manterlitori del tcrneamento, come si dirh. Su l’Imbrunire della sera comlnclarono A comparlre i Caualllerl, hauend0 glrl fatto l’Araldo, B nome de’ Mantenitori, la lor dlsfida di mantenere la bellezza delle lor Dame soprauanzare qualsiuogha be!lezza; e questo Araldo, con li stranleri Cauallleri vestitl di uarlata fo,,’ w a , mos- trauano uenire dl lontani paesi h queste feste, sln dalla Siria, et Arabia felice, al rimbombo del grido, e fama di si noblli Kozze, e trionfi di quelle Altezze; e se bene lui uedeuano belle, e gratiose Dame, nlentedlmeno uoleuano sostentare le loro Donne essere senza parangone dotate -dl gratie, e di bellezze p i i d‘ogni altra. Tal furono le lor disfide, in slmil modo, e ciascuno 11 sostentare le loro; Cosi comparsero tutti l’vn dop6 l’altro, con hablti et armatura dl sfoggi grandlssiml, come si pu6 cre- dere da tanti Illustrisslmi prenclpl, e Slgnori, do’ qual1 ne faremo men- tione, per piu chiara notitia del tutto, a che megllo si uedano, e si conprendano li sontuos], e magnlfici, e splendldissiml apparati di clas- chedun Caualliero, che alla dlsfida, e dlfesa comparsero; e con qual ordine, e più breuemente che sla posslbile.

Prima comparue 11 Carro trionfale d’Amore, che fù superbissimo, e bello, e keno ordinato, come intenderete, e questo solo entrb nel teatro

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per la porta del Templo detto, e tuttl gli altr1 per la porta del teatro, che era all’ Incontro, e opposito A queda.

Poi USCI fuori del Tempio, entrando n 4 Teltro, 11 Mastro del campo, che fù 11 Ilarchese Hercole Gonzaga, pomposamerlte uestlto, con un ba- stone in mano; et, appresso dl 1u1, duo1 Amor1 ]gnu&, e uelati g11 occhi con le all à gli homeri, nel sohto modo che si dlplnguno; saluocheportauano vn morione In testa, SI questl, come tutti gl’altn, che nel Tnonfo qui 51

descriuono; e tuttl figurati, e di rllieuo dl dluersr animal]; chi dl Ahcorno, e chi di Lupo, di Volpe, di Drago, dl Orso, di cane, dl Cignlale, e Scimia, di Tlgre, dl Pantera, di Aqulla, dl Leone, e slmili ; e tutto questo per dlnotare lb uarle passioni, che desta Amore ne i cuori del’Huonml, e delle donne, facendo11 tdll’hora fare attlunl plil b e s t d l de gl’lstesl Animali. Portaua pol clascuno Arnore una gro.sa torcia dl Cera bianca in mano; et, ad ogni copla di cssl Amor], seguiuano sel trombultl, et sei che suonauano i pIKm, vestltl con habltl alla Romana, e con ghirlande dl fior1 in testa ; dopo xlenluano I prlglonl di Amore, A schltm h schiera, A quattro, à sel, e plù, e meno ; e pol ln ultimo 11 Dei. Prlrna furono quattro Imperatorl, caminando ad v110 ad vno, l’uno doy,b l’altro, coronati dl lauro, con hablto di color dluerso l’uno da l’altro, ma pelG clascuno di bellisslmo drappo, freglati d’oro, con molte go le ; così 11 Rè, e Regine, et altre Matrone, e t Herol, lncaterlati tut t l dl catene d’oro, che pendeuano a ciascuno dalle braccla Gl’Imperatori furono Cfsarc, Augusto, Nerone, e Marco Aurello, d l che scrlsse 11 Petrarca; dopo quesh, duoi altri Amori, con le lor torcle, e trombettl, e p ~ f f ~ ~ i , pul duo1 RI: uestiti alla Greca, con le Corone d’oro in testa, e Scettro 11’ol.o In mano; l’vno per Dionislo Siracusano, e l’altro per Alessandro Tereo. Segul- uano duoi altrl Amor], c trombettl, e plffm , dopo d i questi SI u~cl !c Enea, armato, con superbissima pennaccluera In testa, dl uarie penne (11 dluersi colori, e con un’hasta in mano ; Teseo armato anch’ egll con bella pennacchlera sopra l’elmo, e con vna mazza d’oro in mano. T’c- niuano questi ln mezo i due Itegrne dl belllsslmo semblante, l’vna pcr Ariana, e l’altra per Fedra; dop6 questl segulua Ercole con la sua pelle di Leone, e claua in mano, hchllle armato con pomposo Clmlc:o, tenendo il suo famoso scudo da vna mano, e da 1 altra la L a n m fatale. Passati questi, e li duoi altrl Amori, con li trombettl, e plíIhx-1, com- parue Demofonte, tutto dolente, in hablto Regale, et appresso a lu1 la sua misera Fille, coronata di corona Regde, che rendeua pieth, et amore; e, dietro A lei, Giasone con arme lucidlssime, e uaghlsslmo Clmlero, ac- compagnato da Medea, e da Errfila pomposamente adorne. Apprcm

- 86 - seguiua 11 descrltto ordine di dettl altrl Amori, con le lor torcie accese in mano, e dletro B questi seguluano sei Musla nlolto gratmsamente uestlti, con ghlrlande di varie sorti di fiori in testa, e suonauano di concerto Tromboni, Curnettl, e Flanti, con diletteuole armonla innanzi à Parlde, che se ne uenlua ln hablto Pastorale, ricco dl molto oro, e gioie, dalla mano destra haueua vna Reglna dl bellezza singolare, re- giamente ornata, che rappresentaua Elena, dall’altra mano m a gra- tiosa Nlnfd, che fù presa per Emone. Dopi, questl si uidde Menelao, con arme blanche intorao, e superbo Cimtero ; Ennone, e Laodomla Matrone Greche, la Regina Argiua. Seguiuano, dletro ¿i questl, duoi altri Amori con trombe, e plffdri, et altri instrument1 mus1caI1, facendo scorta alli Del che, dop6 tant1 Eroi, erano condotti anch’essi prlgioni nel Trionfo d’Amore; e qui si vldde Marte armato, con faccia belltosa, e fiera, anch‘egli con Ia sua catena al braccio, hauend0 appresso la sua bella Venere seguiua Pluto con Proserpina, e Glunone gelosa, e’l blondo Apollo con Id sua Ddfne, e finalmente l’lstesso Choue incate- nato; e tutti con gli hablti attrlbulti loro da Poeti, ricchisslml d l giole, e perle, dopb di Gloue seguluano li duoi Amori con le torce, e compa- gnla dl tromboni, e plffdrl. E vsclti questl con tal ordlne del Templo, si uidde appresso vscire l’lnfocato Carro dl Amore tutto lucente d’ oro, e lauorato con molte hlstone, e figure impresse di rllieuo, di dluersi soggetti d i Amore, con alcuni luml ndscostl ln certa parto del Carro, che solo la reflessione loro si uedeua, e faceua apparlre esso Carro di 1

ardentmimo fuoco; Era tlrato qucsto, da quattro Caualh bianchi, benis- simo guarniti di un bel drappo di argento, e questi tenuti per le testiere da quattro poeti uestlti di porpora, con corone dl Lauro in testa. Sedeua per Aurlga dl detto Carro, reggendo il freno de’Caualli d suo gusto, la Bellezza, donna in parte nuda, a n t a dl manto di argento fregiato d’oro con una Corona in testa di Gigli bianchi, con un lucido specchlo frà i capelil d’oro.

Intorno ad esso Carro uí erano quattro Dei incatenatl, Saturno, Nettunno, Mercurlo e Bacco; all’mtorno, e sopra esso Carro, alquanti Musici con chiteroni, c con flauti, sonando dolclssimo concerto, coronati di fiori, o con habltl riccamente ornati: et otto Amori seruenti, con grosse torcie in mano, accese attorno 11 Carro: Sedeua sopra di esso .

Carro, Amore trionfando, tutto coperto d’oro, che fiamma di fuoco ras- sembraua, con Arco in mano e Faretra sopra, mostrando dl ogni in- torno saettare; Et a’ SUOI piedi, sopra i dorati seggi, si uedeuano assisi i duoi Mantenitori del Campo, e della disfida, uestlti regiamente, di CO-

- 57 - lore incarnatino, fregiati di bell1 ricaml d’oro, con perle tramezzate con uarle gemme, e di lucldisslme arme sotto, et altlssimi cimier1 in testa; questi erano 11 Duca t11 Mantoa, e ’1 Slgnor Marchese Guerrieri Mar- chese di Montebello, suo Cauallerizzo maggiore, che rassembrauano Po- lidamante, e Rlnaldo, à nome de’ quali fil fatta la disfida, e ’1 combat- tere della barnera. Uscito 11 Carro del Templo, segultaronlo sei Padrmi che furono 1’ Anlbasc~ator di Lorena, 1’ Ambasclator d i Bawera, 11 Conte d’ Osta, e ’I hlarchese Alberto Pallauicmo, 11 Conte dl Uerna, 11 Marchese Federico Gonzaga Mastro dl Camera del Duca dl Mantoa, e dietro d questi otto tamburlnt uestltl dl conserto, con 11 Nantenltori ; questi Padnnl, e tutti passeggiarono c m bel ordlne; glunto che f ù 11 Carro auantl I I palco delle Prenclpesse, scendendo 11 hlantenlton InTerra; Amore, leuatosi 111 pled], cantb alcun^ uersl In questo tenore.

Amore s1 glonaua, che non ui era anlmo si altlero, per orgoghoso, e fiero, e potente, che non fosse da lu1 uinto, e superato ; e c16 ne faceuano gran testlmonio, e larga mostra quei ehe, seco trahea uniti, e superatl ; perb à queIll, che plu ribelll st mostrauano, pli1 aspre, e doghose pene daua; et à suo1 fedeli, e prontl, eccelsa giola, et eccelsl onon.

h pena finho Amore 11 suo Canto, che si senti rlntonare 11 Teatro tutto di trombe, e tamburri, e mouendosi 11 Carro, segulti, di g r a r e 11 Campo, e rlentrarsene llel Templo onde era usclto, con tutto 11 Tnonfo ; ma li mantenltorl rlmasero dl fuori, e postis] a sedere sopra due sedle dl broccato, che il Mastro del Campo g11 hauea fatto apprestare, così si stettero aspettando i Venturierl, che di mano in mano uenluano, e compariuano per la porta del Teatro, che era all’lncontro della porta del Tempio.

I1 prlmo che comparue fi1 il Carro dl Nettunno, che rappresentaua uno scogllo ln mezzo al mare; questo entrb con un streplto grandls- slmo di Tamburri, comparendo auanti esso Carro quattro Padrlni clnt1 di belllssme bande per lo trauerso, e con bastonl In mano; e dletro B questi suonauano i tamburr], appresso de’ qual1 comparsero molt1 mo- strl marlni, con grosse torcle accese in mano, e con alcune lor bucelle alla bocca, rlntonando rumor rnarlttlmo attorno ad esso Carro, che rap- presentaua un Mare, nel quale si uldde à poco à poco sorgere u110 scogllo alpestro, e grande, e gunto auanti 11 palco delle Prencrpesse, fermandosi, si aprì lo scog110, e fuora ne usci Nettunno, 11 quale SI pose ¿i parlare in questo tenore alcuni uersi:

Che non si maraulgliassero le Dame, e i Caualieri, che egli dal suo Uasto Imperio iui comparme, essendo che la fama di duoi Caualieri do-

- 8s - ucssero hoggi in campo sostentare fiera dlsfida in soggetto d’Amore; che egh conduceua iui in Campo quattro guerrieri, per dlsio di rappor- tarne immortal glorla, alla belt& delle lor Donne amate, contraqualun- que contradir loro uolesse; questi (dice egli) scorrean del mar le pih ampie uie, se ben per sdegno dell antlca hiaga,’ erano in duri scogli conuertlti. egli perb col suo trldente romper& l’incanto.

E cib detto, bittondo il Tridente, ruppe in mille pezzi Io scoglio, e fuora comparuero li quattro guerrier1 ben armati, con manti, e pen- nacchiere negt-e, con rlcchlssltni fregi d’ oro, e grosse perle attorno ; spasseggiarono 11 Campo, si ritirarono a parte.

Comparucro alla porta del Teatro I secondi Venturieri, senza pom- pa di Carro, tZ pedi, guidatl da duoi Padrlni, accompagnati da quattro tamburini, da dodici paggi, con due torcie ciascuno in mano, e da sette musici, che faceuano dolcisslma armonia, uagamente uestitl, di conserto, e colorí de 1 Caualleri, i quali erano uestlti di azzurro, e dl argento con grandissime pennacchiere ln testa, e giunti alla presenza delle

. Prenclpesse, cantarono 11 seguenti vera ; che per essere brevi et sostan- tieuoli, g11 porrb.

Non perturbino il cor gli alteri vantl Donne gentil de’ Cavalleri Argiui.

Furor II scorge, Amor g11 h& fatti amanti, E colmati di ardlr, di luce h& priui.

Non sia mai nb, che & vostri almi sembianti Di barbara bellezza il pregio arriui,

E ben tosto far& lor lingue mute Di questi Caualier l’alta virtute.

In lanto i Padrini dispensarono i lor Cartelli dell’ infrascritto tenore :

AMYIRABILE fh sempre la potenza dl Amore, ma ammirabdissirno fù sempre, e sopra ogni uman pensiero SI scuopre, in render bello, e gen- trle, cib che & lui più place, ne peraltro reputiamo noi hauer cdndotto in questo honorato Arrlngo di gloria, i Valorosi Polidamante, e Rinaldo, che per palesare al hIondo questa sua incredlblle, e particolar possanza. Hanno, dauantl A gl’occhi, Bellezza che di tanto auanza quanto sovrasta i! Sole alla turba delle minute Stelle, e scorgono ne’ sembianti di Real

- S9 - Donna, raggi splendori Celesti ; e pur ciechl A tanta luce, affermano i gig11 di ogni altro volto ritnanere oscuri apb queIll, che nelle guancie delle amate loro fiorlscono. Da qual llngua mal (se non di Amore) sa- rebbono uscite si fatte voci, e in qual petto (se non tiranneggiato da Amore) si sarebbe Impresso si sciocca opmione ‘1 non riconoscete voi gentl- Iissime Donne, e Valorosi Guerrlerl l’infinito poter d’Amore 2 Certo che noi haueremo loro, come ad amanti, concesso il celebrare le amate bel- lezze & lor talento: ma perche non possa in alcuna manlera essere ri- putato nel Mondo per vero quello, che constrettl da amorosa passione, affermano, oue niuno si k e s s e incontro h si superba dlsfida, seguiamo il nostro solito di costringere questi Innamorati Caualleri ad essere pih modesti in essaltare le Donne loro, e particolarmenre in questo noblle Teatro, doue nei raggi di un volto si contemplano e si ammirano le In- comprensibili bellezze del Clelo.

Feraldo, Signor dell’ Isola oscura. Armodente, Gran Clambellano del Lago Maggore. Arcodareto, Prencipe dl hlondoro.

E girato 11 Campo, questi ancora si rltirarono A dar luogo alla noua inuentione, che gili compariua nel Teatro

E questo fù 11 Carro di Proteo, che rappresentaua un Mare, ma assai dluerso dal primo, circondato questo da una rupe, e nel mezzo sedeua, in una gran Conchiglia, Proteo, tirato da duoi Caualli Marini guidati da duoi Caualieri armati, e giunto Proteo auanti le Prenclpesse recitb loro molti uersi in questo tenore.

Che hauend0 egli trouato duoi Caualieri assai malinconlci, e tristi per poca corrispondenza dl ritrosa belth, e troppo alto stato, per cui non speran mai pace, b mercede, iuan solcando già le false arene, et humido letto di lontani liti, posti se stessi in volontario bando; quando la fama di si nobile arringo riaccese loro i cori, e da lor pregi spinto quiui li trae li sostentar quella bellezza, che A lor distrugge i cori, e così prega quelle belle Dame, che gli siano almen di lor amorosi sguardi fauoreuoli h chi cerca di atterrar l’orgoglio di chi la lor bellezza poco cognosce.

E Anito i1 suo parlare, si spezzb la rupe in pili parti, e ne uscirono luori quattro mostri Marini sonando tamburri, e girando d‘intorno uenti- quattro altri, con grosse torcie accese in mano, si uidde nell’istesso tempo diuidersi in quattro part1 il mare, e di esse vscire quattro Caua-

- 90 - lieri uestiti di turchino, e bianco, con superbissimi Cimieri, e girato il Campo si fermarono a parte.

Ecco che entrò nel Teatro 11 pomposissrmo ’l’rionfo dell’honore, del Serenissimo Prencipe dl Mantoa, dispato in questa maniera.

Uennero auantl prima sel paggi ues th leggiadramente all’ antica, di colore incarnato, berettino, blanco (come tutti gl’altri, che compar- sero in questo Trionfo) con fregi d’oro, e d’argento; portauano questi sei grosse torcie accese in mano, e dietro A questi sei trombetti, pari- mente nobllmente uestitl, ma con diuersi ornamenti, suonauano di con- certo, et intuonauano il Teatro tutto, con alcune trombe lunghe, e torte all’antica; porfauano quattro Soldati, duoi per duoi al paro, che sopra due haste sostentauano vna bandiera quadra, dentro rappresentando con colori, alcuni assalti militari, e prese di CittB, e Prouincie ; pari- mente gli altri duoi simili altra bandiera dl s lm~l cose dipinta; dopo questi, altri quattro Soldati, alzare sopra quattro haste, quattro teste d’oro, e poi quattro altri due statue d’argento, e due d’oro; E dopo questi, sei altri Paggi con altre sel torcie, poi due Carrette l’una dopo l’altra, ti- rate da quattro schiaut incdtenati, sopra de’ quali u1 erano in vna $

due gran statue d’oro, e nell’altra duoi gran uasi, pieni di medaglie d’oro antiche ; appresso dl esse ueniuano duoi Paggi sopra bellissimi Ca- ualli, e molto bene addobbati, spiegando d l’ aria due lunghe bandiere ; seguiuano questi altri quattro Soldati con due altre statue d’oro, e due d’ argento ; similmente succedeuano à questi altri sei Paggi con altre sei torcle, et appresso un’altra gran Carretta tirata da quattro altri Schiaui, piena di uasi d’oro, e d’argento, di collane, di gloie, et altre si fatte cose. Ueniuano pol altri sei Paggi con altre sei torcie, appresso duo1 grandi Elefanti, poi duoi Rinoceronti, duo1 Camelli, due Glraffe, e simili animali, che dauano vna grandezza, e maestA mirabile al Trionfo, l’vn dopò l’altro à copia, e copra de’ quali alcuni piccioll Nani, con faci accese in mano, che rendeuano soauisslmo odore. dopb questi animali seguiuano sei altri Paggi, con sel torcie, appresso duoi altri Schiaui con altra Conca plena di uerghe d’oro, e d‘argento, cunlato, e da cuniare, e gran tesori, e quattro Soldati appresso, che portauano, al paro sopra quattro haste, bei trofei ; e vn’altro Carro pur tirato da quattro Schlau& carico d’arme diuerse, et instromentl mll~tari : à questi succedeuano altri sei Paggi, c m altre sei torcie, e sel Sonatorl dl piffari, e tre RQ senza I

Corone incatenati, ma con manti Reali ricchissimi, t r e Paggi, e tre Regine, tre Matrone, e tre Serue, poi la turba dell1 Schiaui, di donne, fanciulli, giouani, e uecchi, tutti Incatenati in uarie maniere, e mod], che tutti ren-

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/’ - 91 - deuano spettacolo di terrore, e d i compassione. Seguiuano questi sei, altri Paggi con torcie, e quattro altri Soldati, che alzayano, aopra quattro haste, quattro Aquile, che congli artigli sostentauano diuerse lnscrlttlonl in lode del Caualiere Trionfante, e duoi altrl Soldat1 con due hactc in mano, che sostentauano nella somltL di esse, duo1 Manie per ciascuna parte, e uennero altri sei Paggi con le solite torcie accese, e sei musicl, che, con cllll’erenti instromentt faceuano soauissima, MusIca, quattro altrl Soldati con quattro altre teste d’oro sopra le haste, e quattro altri con alcuni epitafi in lode del Caualiero ;poi uicmo al Carro, sei altri Paggi con le lor torcm, e sei Muslci, che cantauano con bel concerto li seguentt uersi

Cantiam del Vincitore L’eccelso honore,

Cantlam ln vari modi Sue degne lodi.

Ei, ne i perigli forte, Sprezzb la morte;

E cambiar con l’onore Bramb la vita, ò generoso core.

Dopo questa soaue melodia, seguiuano altri quattro soldatl, duoi con le Aquile, e duoi con manie aperte sopra la hasta ; e poi altri sei paggi con le lor torcie accese, dodici tamburmi, che rimbobauano II Teatro sonando à battagha; in ultimo luogo sei padrini del Trionfante, e dopo questi gran schiera dl uaghi Amori, che andauano gettando fiori per tutto il teatro ; e, all’intorno del Carro, trenta stdffieri con t o m e gros- sissime in mano, che facevano risplendere d’ogni intorno, e rllucere il ricco, e pomposo Carro, adorno di rllieuo dl molte figure, imprescl, e fogliami ; che rendeuano maesta, e ricchezza cq? spoglie, e trofel all’ln- contro, e sopra di esso il Caualiero Trionfante, assiso ln scggio d’oro, appresso all’Honore, che dietro le spalle si sedeua sopra altra sediapili eminente, tenendogli una mano, con una Corona dl lauro sopra la testa, in atto di coronarlo. L’Honore era con regio manto, tempestato di perle, et altre gioie sopra la spalla destra, aggrupato all’mperiale, et all’intorno A i capelli alcuni raggi d’oro, che lo faceua qual viu0 Sole rilucere ; e nell’altra mano teneua una verga d’oro ; appresso dl questo era la Fama, che daua fiato ad una tromba d’oro. Era questo Carro t r a t o da quattro bellissimi caualh, benissimo abbigliati della llurea del Trionfante, con belllssimi Cimieri di penne, tramezati d’incarnatine, beretine bianche con-

forme la liurea. Giunto il Carro & mezzo il Campo, sceqe il Caualiero ,!i piedi, facendo di se graue, e leggiadra uista, con manto Regio intoPno, con molte gloie ornato, tutto armato, con superblssimo Cimiero sopra I’elmo; chè esso Clmiero dl penne soprauanzaua la grandezza del Caua- liero, corne la maggior parte di tuttl gli altri Caualleri; è così e h piedi A passi graui, auantl al Carro; e peruenuto auanti le Prenclpesse il Carro, tuttl si fermarono, e l’Honore leuandosi In piedi rccltb molti versi in questo tenore.

Che essendo egli, l’Honore, del ben oprar mercede, fh hora dl se pomposa mostra, In questo Caualiero, e perche ognl alma ben nata. e ualorosa non torca mal dal ben oprare 11 piede ; conduce quel Caua- lloro uerso h mille risichi, e fortune, & rintuzzare l'orgoglioso uanto di chi con troppo ardire si promette sostentare, con l’arme in mano, che ogni altra belta alla sua Dama ceda. Perb esse stiano dl buon animo, che ben presto vedranno apparir uano tale orgoglioso uanto ; promet- tendo uittorla e Corona al suo Cauallero, con lmmortal lode, et honor dl esse.

C d detto, seguitò 11 Carro, e ’1 Caualiero h passeggiare il Campo, ritiratosi a parte

Ecco comparire nella porta del Teatro un grandlsslmo Elefante, guidato da duoi Cdualleri, accompagnato da quattro tamburini, che in- tuonauano 1 a n a dl strepito, e rumore, vestltl di morello e bianco, e duoi paggl, mori dell‘lstesso hablto, portauano In mano gran torcie accese. Sosteneua questo Elefdnte sopra 11 dorso vna gran Torre, h pie della quale, e sopra il collo dell’Elefante trh le due grande orecchie, sedeul un giouinetto ignudo, figurato per lo desiderio della gloria, che giunto auanti le prenclpesse par16 in questa manlera.

Che peruenuto nella noblltssima Corte del potentlssimo €i& Poro, h cui la magglor parte dcll’lndla soggiace; portava 11 vanto, che alle lor Donne danno i Prenclpi di Thebe, e di Sparta, e insleme la superba di- sfida fatta h chiunque contradire ardisse. Si fece gran bisbiglio tra le Dame, e Cauaheri di questo; parendo loro, che fosse gran tomeritB. l’af- fermare, et molto pili l’offerirsi di mantenere quello dl che essi certa scienza non poteuano havere; non potendo eglino tutte le donne del mondo hauer vedute; e tanto plù parue loro c ~ b temerario, quanto ch0 dl provuarlo si offerluano, sli Ia n u a del hlmcio, dove con solenissima pompa e magnificentissimi apparat1 si hanno A celebrare le felicissime Kozze dl quella Serenlssirna Infdnte; che se il uero ne raccontala fama, pl13 di bellezza nè di ualore hh chi la paredgi in tutto l’universo, Per

- 93 - tanto, sentltl questi tre Caualieri ( io, che 11 de3iderio sono della gloria) che sopra questo Elefdnte conduco, l’vno cl(?’ quali Fmadusto, l’al- tro Palmerio, ed 11 terzo Partenio 91 chlamano; turbaronsi i sereni aspettl delle lor Donne, le quali, dalla detta Infdnte in pol, si danno fermamente A creãero, che dl bellezza non siano ad alcuna inferiore, e si disposero (et IO ne gl’inanimai) di venire ti rintuzzare l’orgoglio dl questi Prencipi. Cosi chiesto alle donne loro Ilccnza, et ottenutala, et hauuto In oltre da loro commissione dl fare, in lor nornc, humilisslma rluerenza h questa Serenissima Donna, et entratl in vnx bcnc prouistn Naue, e dopb uarle fortune per dluersi mari scorse, finalnlente a1 vostro diuin cospetto, Serenisslma Infante, SI sono condottl, doue dalla lor uista soprafattl della uostra Real presenza, trousno essere d d u w o d l gran lunga superata la fama, quello humillssimamente essegulranno, clic dallo Donne loro hanno ln commlsslone.

E nel fine dl queste pwole si aperse la Torre, e fuora ne usclrono i tre prodl, e ualorosi Caualierl noblltnente armati con Crlnlerl hlorelli e bianchi, e fatte le deSite rluercnze alle prencipesse, e finito di g r a r c il campo, si fermarono a dar luogo A g11 altri Venturien.

Comparse nel Teatro una nuuola, dentro della quale era la Pea Ve- nere, in un Carretto doro, tirato da due Colombe, e auanti dl qucsto

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, r “r. I per gulda e scorta, duo1 Caualieri, came Padrini del Campo; e presso 6 2 Venere un’altra nuuola, ove era figurato un gran scorpione sopra dcl

quale era un Cdualiero armato, in uista molto feroce, e fiero, che ras-

da in testa sopra l’elmo, dell’lstesso colore; circondato da dodlci hmazoni vestite del color del Cauallero, guarnite di fregi doro, con grosse torclc l n mano; e glunto auantl le Prancipesse, Venere parlb di questa maniera.

Che non era meraulglla che i morfall, offuscati dalle passionl, t illhorn si opponessero h sostentare con troppo ardlre quelle cose, che tallhora

I meno meritano. Ond’io, che pur sono la Dea deila bellezza, hauendo inteso quando fuor di ragione da duoi orgogliosi Caualieri venga. non dir6 mortale, ma Celeste beltd uilepesa, non con altra prom del ualor loro, che di altere, et superbe parole, sapendo che qui su7 Mincio nob11 donna dimora, A cui hò fatto singular. dono d’ogni mio pregio, onde di gran lunga auanza tutte le altre di belth, leggiadria, gratia, e ualore ; vengo a fil manifesto l’errore dl quei duoi malauenturati lIantenltori, ger mezo della destra del Celeste Campione c’hor qui vedete. Che Celia Macedone, che Trace Argea ? Ma polche dell’armi da voi tanta sentenza s’attende; mentre mi taccio, del Celeste ualor l’opre mtrate.

.̂ i seabrava Marte, con arme negre fregiate d’oro, con un superbo pennono

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- 94 - Flnito la Dea i1 suo ragionamento, scese dello Scorpione 11 Caualiero,

e fermossi appresso gl’altri à dar luogo A nuovi Ventuneri. Comparue la Dl?a Thebe sopra una nube, e uenlua toccando un Chi-

terone con molta dolcezza, e questa guldata da duoi nob111 Caualieri, uestiti di bianche arml, ornatlsslme d’oro, con superb1 Cimieri, con dodici Paggi, che g11 accompagnauano uestlti di co1lserto, con torcie accese in mano ; e giunta Thebe al cospetto delle Prencipesse, cantb con molta dolcezza alcuni Versi in questo tenore.

Che epsendo ella Thebe Itea della glouentù, guidaua duo suoi valo- r031 Caualieri ; che pronti si offenuano à mantenere la gratm e la belt& loro singolare, contra all’audacla, e prosontione di ch1 scioccamente pre- tende altre fare apparlr maggiori, e sim11 cose.

Appresso comparue il Carro dl Pallade, t r a t o da quattro R8 che dmotauano le quattro parti del mondo; lnnanzl al quale si vlddero venire duoi Cauallen, come Padrlni del Campo Pallade armata con la sua hasta in mano, d’oro, e di genirne lauorata, col suo scudo i n braccio, che con- duceua seco, sh’l Carro, duoi Cauallerl armati, uestiti dl drappo bianco tessuto dl argento, con SUOI Clmleri come gl’altri, superbiss. in testa, circondata da sei tamburmi, e trenta Paggi, vestiti di collserto, con torcle accese in mano, che facea risplendere il bel Carro d’oro, nobilmente ornato, e giunto alle Prencipesse, Pallade cantb alcunl versi in questa

Ch’ella fauoriua gli animi nob~li. che A generose imprese s1 mettono; e perb qui conduceua duol Cauallerl rlssoluti d’acqulsare l m o r e in im- presa si nobile.

Comparue, appresso, 11 Carro di Apollo, e auanti duci Caualieri con ricche bande A trauerso, e bastoni in mano, come Padrini, che conduce- uano tre Caualieri drspostiss~mi, uestltl sopra le armi, con manto rlc- chissimo dl color celeste, fregiati d’oro, e con altlssimi Cimieri dell’istesso colore, auanti al Carro nel quale erano scolph dluersl suoi amori dl nlreuo, tutto d’oro; tlrauano questo Carro quattro leggladri, et belllssirni caualll dl uari color1 macchmti, 1’Aunga dl essi era il Tempo, e sopra il Carro ui era l’Iride, l’A!ba, la Stella dl Venere, che con viole suonano vna dolcissima slnfonla , in mezo di queste, Apollo con dladerna rilucente, sopra un dorato seggio, col manto rilucente attorno, e scettro d’oro in mano ; e auanti al Carro si uedeuano quattro tamburri soauemente tocca, accompagnando la sinfonia dalle uiole : attorno al Carro ui erano le dodici bore, che due torcie per una portauano, uestite queste, sicome 11 tamburini, di ricchi drappi dl color turchino con fregi d’oro, é dietro

il, sentenza.

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- 95 - à queste le qcaitro stagioni dell’knno, che erano medlatamente inanti A i Caualli del Carro; e fermatosi esso Carro auantl le Prenclpesse, Apollo al suono delle ulole soauemente canti, alcunl uersl in qtiesto tenore.

Che egh, scorrendo l’alto clelo per l’vnmerso, non hauere mai scorto guerrieri plù uiuaci, e forti dl quelli, che auantl conducea, b siano con l’hasta, i, con la spada in mano, b B pledl, i, a Cauallo, Car sempre il loro ualor palese, et hora ln questo Campo hen lo dlmostraranno, sostentare l’alte bellezze loro: perb li siano, de’lor begli occ111, e guardi cortesi, e sim11 cosa.

Appresso entrb nel Teatro 11 Carro di Bellona. Auantl ad esso si uiddero veliire duoi Padrini con le lor bande al trauerso, e grossl bastoni in mano, con sei tamburini, che rlnsuonano 11 Teatro dl rumore, con dodici Paggi attorno al Carro, con grosse torcie accese in mano ; il Carro era tirato da duol Caualli a b b ~ g l ~ a t ~ di color glallo, e bianco, con oro, et argento tlamezato, e dell’lstesso colore uestltl et abb:gllatl 11 Paggi, e tamburini uestlti alla Elemanna. Sopra dl esso Carro si uedeuaBellona armata con duoi Cauallerl armatl, con manti, e Clrnleri dell’lstesso colore; et, arriuando 11 Carro auantl le Prencipesse, recitb Bellona alcun1 uersi in questo tenore. -

Che essendo ella colei che guida e frena i1 furor dl llarte, guida ln questo noMc arnngo duo1 guernen egregi A render uano 11 superho uanto del Principe Rlnaltlo, e Polldalllanto inslerne.

Comparue appresso il Cdrro della Notte, con ln Sotte sopra, In com- pagnia dell’Ilore, e di Morfeo Dio del Sonno, con sue finte lnrue, questa era uestlta di nero con manto fregiato dl stelle I1 Carro era tlrato da alcune fantasime, e, sei auanti, sonanlo certi tambunni, e trenta altre circondauano esso Carro con grosse torcle in mano accese: tutte con habiti, e forme strauaganti. Dietro al Carro s e p u a n o clnque (?aualler1 in habito negro, riccamente adorin d‘oro, e d‘argento, e gunto i1 Cdrro alle Prencipesse, la Notte rdcitb alcuni uersi in questo tenore

Essendo ella, la Notte, à gli Amant1 amica, ne 1 llti della Libla, e soura le Africane arene trouato quest1 Guerrieri pianger dolenti ogn’hor l’aspre lor pene; 1nfellc1 in amor quanto plù fidl ; ond’essa gli ha condottl, con speranza d’umll semblante, sol per lor mercede, umti che haranno Polldamante, et insieme Rlnaldo.

Venne in quell’lnstante nel Teatro l’ultlmo Carro de Venturleri, dt noua, e nobllissima muentione, che superb dl hablti e d l ricchezze ogni altro, e ben si conueniua, poi che fù 11 Carro dl Bellona, armato dal11 Serenissimi Prencipi del Piamontc, in questa dlsprmtlone ordinato.

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- O6 - Comparue, prima, auantl Don Antonio de’ Medlci, Ambasciatore deF

gran Duca di Toscana, e poi a duo B duo 11 Marchese Rondinelli, il Signor Fabio Gonzaga, il Caualler Arcarato, 11 Marchese Valeriano Ca- taneo Mastro di Camera del Prenclpe dl Mantoa, il Conte Gutdo San Giorgi, il Marchese Giulio Cesare Mdlasplna, che faceuano questi scorta al Carro, il quale era riccamente lauorato di rllieuo, e messo à oro, con uarie imprese, e figure dl Amore, preso e legato da animi generosi, e castl. Caminauano manti esso Carro alcuni trombetti con strepitoso tuono, con molti paggi uestitl alla Spagnuola, riccamente abblgliati, con grosse e Iunghe torcie per ciascuna mano, che ardeuano da ambe le estre- mit$ con pompa e maesta singolare, che clasCuno mostraua portarne quattro. E, dietro esso, ueniuano armati con arm1 blanche, ncchissima- mente ornati, con manti carichi di gemme e d’oro, con superblsalml Cimicri di conserto, sei Cauallerl, che ben rnostrauano alla bellezza dell’inuen- tione, e alla pompa degli habit], et grauitA dcll’andare, la grandezza dell1 duo1 prim.

Erano quest1 11 Prenclpl dl Plemoute, il Prencipe Emanuelle, e FI- hberto suo fratello, il Barone d i Valull, 11 Conte dl Roulgliasco, il Signor Giullo Cesare dl Agliè, e’ 1 Slgnor Ascanio Cobba; giunto 11 Carro all& ‘ presenza dello Prenclpesse, Bellona cantò nella manlcra, che segue questo MadrigaIe.

Tinse, con grldo eterno Del lor chiaro valore, Quest1 eccelsi Guerrler I’lnuitto Amore ; Qulnci, per onta, e scherno D’ogni Campion amante, Quas1 v11 prlgionler se’t tranno auantc; Hor io, h u a de !’armi, ?i glorla Intesa Gli adduco B noua impresa; Secura, che chi Tinse I1 twanno de l’alme , Porteran de seguaci anco le palme.

E furono da padrini dispensati li cartelli qui sottonotati, che per piena scienza tutto si pone.

Taurindo Signore del Flume dorato, Cloridante dell’Isola deserta, Moraldo Prenclpe dell1 Esterni,

Dragonte 11 Flero, Florino il coraggioso, Fulgimarte 11 temuto, Caualleri

di Bellona.

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- 97 -

LA prima, e principal Vittoria d quella, cbe altri di SC stesso ri- porta e chiunque se stesso vince, non solo d l quella violenta passione, che Arcore B detta, ma ctiandlo di tutti i SUOI soguacl B ageuolmente ult- torioso. Elcurl di così falta palma ue siarno noi Campion1 della inuitta Bellona, e Caualierl del uerace honore, armatl contra d l u01 Polidamanle, e Rinaldo, A presentarci nell’Arrmgo, dimostrandoci h gli occhi uostr!, prima uincitori, che combattenti, e prlma Trionfanti, che uincltorl ; et trahendo questo uostro orgoglloso Idoletto Tlranno de gli anlmi, con- culcatore della ragione, e Dio delle genti uolgari, con l’ali basse, con le armi rintuzzate, e de proprl suo1 laccl culto, si come Trofeo del uostro Trlonfo. Sappiamo che siete A plù dllettcuoll ~mprese tluezz~, ma la uera gloria B figha della fatica, et del pericolo. Non u1 minacciamo noi quella battaglia, doue g11 assalti sono Scherzl, e le risse son pacl , non quella prigione, doue le catene sono braccla, e’ 1 seruaggio è dol- cezza; non quella morte, doue s’lmpara a rinnouar la uta, et a morire senza morire. Altro B afFrontare l’impeto dell’arrni Inlmiche, che lan- guire in seno dl bella Donna. Altro sostenere i colpl d’ una ualorosa mano, che farsi bersaglio h g11 sguardi di due begli occhi Altro it C S -

sere trafitto dal filo dl un tagliente brando, che sentirsi ferlre da duo tenere labra. Non pensate dl trouare ln questo Campo le morblde cle- litie delle piurne, nè dl provare, i n quest1 incontri, la puntura delle amorose saette. Vi f,tremo sentire fin uelle uene i tagli delle nostre spade, e fin nelle ulscere le punture delle nodre lanclc. In uano sperate, che questo schernito pr~gion~ero col fuoco della sua face ui accenda dl ardimento 11 petto, et col ferro del suo strale ui sollech A pugna 11 cuore, perciocche egli B nato di otio c nutrlto di lasciuia, e solo a moll1 uersl intento, non SA se uon corrompere i sensi con uan1 dllettl, et in- uilire gl’animi con gli moderat1 appetlti. E qual conslgllo dalla sua fanclulezza ; e qual guida ddla sua cecith, e dalla sua nudltA quali spoglie ui potete promettere, se perb le sue ali non ui somminlstrano penne A i Clmicri per comparire leggiadri, i, più tosto ale S I piedi per iscampare fugbltiui, e la sua benda non ui passnrebbe forse per fascia alle piaghe, che dalla poco per u01 gloriosa lenzone sete per 1‘1-

portarne; Accettiamo, con l’offerte condltionl, l’Appello. Saremo nel luogo stabllito, e tutto che per altro, prodl, e Generos1 Guerrlerb ui canti la Fama; peri, come dlfcnsori cl1 questo Fallace lusinghiero, nulla te- miamo la uostra brauura ; p& ci spaventano gli uostrl Spronl doro? che I uostri Stocchi d’accmo ; spargeremo as sa meno dl sangue, che

- 08 - di sudore; certo suderemo pih i n s e p t a r e la fuga delle uostre piante, che in sopportar la forza delle uostre braccia.

Flnito i Caualleri dl comparire, e dl g x a r 11 Campo, cominciarono ad unirsi, e complrtlrsl, partlcolarmente i Cavalieri combatteuti CO’ 1 lor padrini & lato, e le loro pennacchiere in testa, che facea ciascuno ap- parire una montagna; se ne ueniuano A passi di picca, grasSI, e lenti, che rendeua maesth, e uaghezza mlrablle, comillciando l’abbattimento. Gli Mantemtori, come hb detto, furono 11 Duca dl Mantoa, e’ 1 Marchese Vincenzo Guerrlero, che si posero ualorosamente d campo aperto à so- stentare, e resistere h tant1 ualorosi Caualierl e rn,zlltener 11 Campo.

La dlsfitla era romper tre Lancie, con cmque colpi di Stocco : gra- tlosi erano g11 assalti, e’ 1 rompere delle Lancie nel collo, e nella testa colpi inlglion; e chi tall’hora f a l h a 11 colpo, e chi non rompeua cacciando mano a’ Stocchi con smlsurati colpi; si sentlva 11 menare, e ribattere de’ Stocchi, fulrnlnando colpi alla testa. Gratlosa era ancora tall’hora ia contesa de’ padrinl, che ciascuno uoleua sostentare i colpl migllori del suo Cauallero. I Giudlci pol dlffin1uano le differenze, et I colpi oue erano dah, b dl LancIa, b di Stocco, nel petto, nella gola, e nella testa, e tall’hora ci era tanta poca differenza, che non si conosceua 11 uan taggio; e tornauano rompere le Lancie, e batter gll Stocchl: così an- dauano poi i premi à ch1 li meritaua, quando da una parte, e quando da l’altra, e tuth erano da loro acqulstatl per donare alle lor Dame. Finiti questi primi incontri da solo à solo, commciarono ad accompa- gnarsi & duo1 i duoi, á tre A tre, B quattro, à sel, A dleci, i uenti, e poi fecero un assalto, e battaglia ostmatd tuttl Insieme, che pareva pro- prio un fdtto d‘hrnle, nè si poteuano così facllntente staccare, nè dlul- dere, che fu gratiosa u t a , ciascuno uolea movtrarsl plù ualoroso, e forte nel resistere; non s1 fini questa contesa che apparue 11 giorno e il Sole alto, SI che durò tutta la notte, e le Dame parte sonnacchlose, e parte addormentate non poterono così faalmente signalare 1 colpl de i lor Caualieri ; così clascuno si partì, et andi, à rlposare alle sue case, et ancor io al mio alloggiarnento.

I1 Mercordi, clascuno, massime i Caualieri si riposarono, facendo di giorno notte, sxome haueuano fatto dl notte glorno nel combattere.

Il Glovedì, che fu la festa del Corpus Domm, si fece una solenne e gran Processlone denfro la Città per le strade più princlpali, doue l’Altezze di Mantoa, e di Sauo~a accompagnarono gran parto la proces- sione, e portarono 11 Baldacchlno gran pezzo; pol In Carozza seguiuano il corso In questo mentre, passata che fh la processlone, nella Piazza

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- 99 - del Duca ln un attimo si fecero palchl, e sbarre per la Giostra della sera alla Quintana, e batter il facchino; SÙ le uentiun’hora comparsero g11 istessi Cauaherl con nuoui habitl, et imprese 5 questa Giostra, la quale por esser cosa da dar pastura al popolo plù che altro, furono notati 1

migllor colpl e dab i presentr. Finito 11 giorno, la Glostra, e la Festa Commune, si comincd B trattare dl partenza, tuttauia gli altri tre giorni Venerdì, Sabbato, e Domenlca non mancarono Feste, conultl, caccie dl clngiali, et altri trattenimenti plù piaceuoh ; alle Vllle, 5 I palazzi plil deli:ioci, à Marmlruolo, al Te, et altri luoghl fuorl, et In particolar- mente al Caslno dt Madama, SÙ’ 1 Lago ; la Domenica d desinare, e nel fine comparxe per quei boschi, e glardlnl uarie Nlnfe, e Pastori nobil mente abbigliah, con Pantaloni, Gratianl, Buffom, e sim111 gent1 dl gusto, che l’uno dopo l’altro compariuano, danzando à suon dl Rfuslca, con piattl e presenti in mano, chi dl fiori, ch1 dl frutti. latticlni, o caprettl, come Pr’~n€t?, e Pastorl, et altre cose, et altrl animalt, forastien, terrestri et acquatlcl, tutti dl confettl, e zuccaro, e marzapanl, mostrando dl uenire ciascuno di lontano paese d queste Nozze, e d queste Feste, e cia-

scuno portar 11 suo presente dl cose del lor Paese alle Serenmime Jn- fanti, e nouelle Spose. I Pantalon1 presentarono pescr dl plil sorte gross, e bell], portatl dalla Magnifica ClttB di Venetla sua Patna, 1 Gratianl rape, cocomeri, e radlci grosse del suo paese; Bursttlni, Arhcchinl, e slmlli Cornicl, tartufoli, melenzane, e grosse Cocole, il Captano Reno- ceronte, Squarclaferro, e sim111 ualorosi Capltanl, portarono teste dl draghi, serpenti horriblli, e spauentosi della Libia, doue aueuano fatto espugnatione dl grandl esercltl, oue essl guerreggiando aueuano ucclsi, leonl, chimere, et ors1 ternblll, Cocodnlll, e balene; Così fatto i lor presenti, e reatata una gratlosa pastorale, parmi che questo chludesse, c ponesse per all’hora fine á quest1 trionfi, e feste.

I1 Lunedi dl mattlna 1 Prencipi dl Sauola con la Sermissima Infante lor sorella Prlncipessa di Modma, CO’ 1 suo Consorte, S’ inularono per hlodona accompagnati dall’hltezze di Mantoa, tutti con la Serenisslma Infante Margherita fino à S. Benedetto, dodlci m g h e lontano da Mantoa, oue quel buoni padri douettero poi regalare tuttl nobllmente, come si pub credere; di qui ferono partlta le Infant1 l’una da l’altra, e i serenissimi Prencipl ben regalati, con molti trionfi, e feste; 1

Preuclpi d i Sauoia segulrono dl accompagnare la germana á Modona, alloggiando quella sera alla Mirandola, e le Altezze di Mantoa A Man- toa, et io con buona Compagnia & Guastalla, e’ la mattina & desmare

Parma.

...

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- 100 - Eccoui btlo parte cosi succintamente di quanto hb uisto, c passato

in otto mesi, che mi sono fermato qui, et hora cosi con li sproni in piedi pcr la partita di quh per Bologna, a passarmi questa Estate, e questi gran caldi che cominciano, per potermene poi più comodamente ueniro per li freschi h Roma, piacendo a Dio.

All’arriuo de i Prencipi di Sauoia, et Serenissima Infante Margha- rita lor sorella, co’ 1 Prencipe di Mantoa suo Consorte, che fù otto giorni auanti, che io ui fussi, non uiddi l’incontro o la intrata loro in Mantoa, che fù come si pub credere con ogni magnificenza, e grandezza, con

‘1 le militie di Soldati iì piedi et h cauallo; e nobili della CittA. La Infante fb presa sotto h baldacchino Regio, portata, e accompagnata da lunga schiera di Paggi, e più nobili della citth, e passata sotto archi.trion€ali, i quali sono anco in piedi, in testimonio del trionfo, et allegrezza di tutta la CittA, e -dominio, in segno di buono arriuo loro, tutti lieti, così lietamente raccolti. Piaccia al Signor Iddio continuar loro le allegrezze, et accrescerle con li suoi doni, e gratie di felice successione.

Hora non meno stanco uoi di leggare, come io mi auuiso, che io di scriuere, posando la penna con buona gratia uostra, salutandola di cuore, come fb h gli amici di lb, dico A Dio; state sano.

Di Parma, questo dì 30 Giugno 1608.

Di V. S. molto Reuerenda

Di cuore affettuoso, il V. ZUCCARO.

Imprimatur. F, Paulus de Garrexio Inqulstt. Bonon. Imprimatur. D. Tobias Corona Clerlcus regulards S. Pauli pro Illu-

strkslmo Archteptscopo Bonon.

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