il piede torto congenito (ptc)

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25 Introduzione Il PTC (piede torto congenito) rappresenta una delle malforma- zioni congenite più frequenti in ortopedia pediatrica. Esso può presentarsi fondamentalmente in due aspetti: equino cavo-varo supinato talo, piatto, valgo pronato. Quando parliamo di PTC, nor- malmente (seppure erroneamen- te) intendiamo il piede di tipo equino, cavo-varo, supinato. Es- so si presenta facilmente ricono- scibile alla nascita, con una de- viazione dell’avampiede e del me- sopiede in varismo, una risalita del calcagno legata alla retrazione del tendine achilleo, ma soprat- tutto (elemento questo fonda- mentale) una retrazione capsula- re posteriore e, spesso, postero- mediale. In base alla gravità della deformi- tà, possiamo distinguere due tipi di PTC: il PTC primitivo, o embrionale, o malformativo • il PTC secondario, o fetale, o posturale (Figg. 1,2). Il primo tipo è essenzialmente do- vuto a un disturbo di prima for- mazione dello scheletro del piede e della muscolatura del piede e della gamba. Questo disturbo non consente o ostacola il movimen- to di detorsione del piede che si realizza durante il periodo em- brionario, rimanendo il piede e la gamba in un atteggiamento di intratorsione più o meno marca- ta. Clinicamente si possono ap- prezzare talvolta solchi cutanei a livello medio/tarsico e tibio/astra- galico posteriore. È certamente il PTC più grave e la sua correzio- ne è difficoltosa e facilmente ten- de a recidivare. Il secondo tipo di PTC, quello se- condario o posturale, è sensibil- mente più frequente. Si stabili- sce, di norma, durante il periodo fetale per una particolare e ano- mala postura del piede nell’inter- no dell’utero o per influenze ester- ne (pressioni delle pareti dell’u- tero). Clinicamente non si avran- no mai “solchi” cutanei di retra- zione fibrosa. Questo PTC è cer- tamente più agevole da trattare e presenta minore tendenza alla re- cidiva. Basandoci sulla gravità e sulla cor- reggibilità del PTC all’esame cli- nico possiamo distinguere (se- condo la classificazione di Ma- nes/Costa) [1]: un PTC di I grado: il piede è fa- cilmente correggibile manual- mente (è fondamentalmente un PTC posturale di lieve entità) • un PTC di II grado: il piede è sempre correggibile per mano- vre esterne, ma meno facil- mente, soprattutto per quanto riguarda la componente dell’e- quinismo (è già una forma di passaggio verso il piede mal- formativo) • un PTC di III grado: il piede non è correggibile manual- mente e vi è una grave devia- zione dalla normalità, con mar- cata retrazione posteriore e va- rismo-adduzione-supinazione del medio-avampiede (è la for- ma embrionaria). Il PTC è più frequente nel sesso maschile (con incidenza variabi- le secondo le statistiche) e più spesso bilaterale. Si presenta con maggior frequenza come malfor- mazione isolata, più raramente si associa ad altre patologie schele- triche e/o neurologiche (displasia e lussazione dell’anca, spina palese o occulta, artrogriposi, neuropa- tie centrali e periferiche). Eziopatogenesi Riportiamo succintamente le di- verse teorie patogenetiche: • teoria genetica: può essere so- spettata data la frequenza di PTC in alcune famiglie; si po- trebbe trattare di una trasmis- sione autosomica a espressio- ne variabile • teoria neurogena e neuromu- scolare: il riscontro di anomalie istologiche e strutturali della muscolatura potrebbe far so- spettare una componente neu- rogena teoria amniotica: il meccanismo consiste in una distruzione di cellule superficiali embrionali prodotte da agenti esterni pre- senti nel liquido amniotico. Questa distruzione può deter- minare alterazioni vascolari con formazione di lembi amniotici, piede torto, fino ad amputazio- ni di grado variabile modellamento uterino [2]: non vi è dubbio che abbia il suo ruolo nel periodo fetale nel raf- forzare le alterazioni deforma- tive instauratesi nel periodo em- brionario, associandosi quindi a esse e aggravandole. Isolata- mente, invece, le costrizioni uterine nell’ultimo periodo del- la gravidanza provocano solo deformità minori e/o malfor- mazioni del piede, facilmente correggibili. Cenni di fisiopatologia della deformità La deformità colpisce soprattutto l’astragalo che è anormale, pre- sentando un’angolazione media- le e plantare, con collo corto e deviato medialmente. È presente quindi un varismo eccessivo del collo dell’astragalo, ma vi è an- che un ritardo di sviluppo di tut- to l’osso e un’alterata disposizio- ne delle superfici articolari. Il calcagno è meno deformato ri- spetto all’astragalo. Ha contorni normali; la superficie articolare della grande apofisi può essere smussata e orientata prevalente- mente in senso mediale invece che in avanti. Il “sustentaculum tali” può essere ipoplastico. Tali anomalie scheletriche sono presenti già alla nascita nel PTC embrionario. Ecco perché la chi- rurgia deve essere precoce e ri- volta alle resistenze che si verifi- cano a carico delle parti molli, so- prattutto e massimamente quelle posteriori. Infatti le parti molli posteriori retratte costituiscono un fattore molto importante nel- l’aggravarsi della deformità; l’in- tervento pertanto dovrà essere precoce per ristabilire il più pos- sibile i corretti rapporti articolari che si deve poi cercare di mante- nere. Si ritiene, in generale, che siano soprattutto le strutture legamen- tose e capsulari, più che i tendini e i muscoli, a svolgere un ruolo importante. Trattamento Va detto subito che tre sono i car- dini su cui poggia il corretto trat- tamento: • precocità • adeguatezza • continuità. La precocità del trattamento sca- turisce con evidenza da ciò che fi- nora abbiamo detto. Un inter- vento terapeutico tardivo si tro- verà inevitabilmente a dover fron- teggiare deformità scheletriche maggiori e rigidità più gravi del- le parti molli in generale. È importante a tale proposito la collaborazione tra ortopedico e ostetrico/ginecologo per riuscire a iniziare, addirittura fin dai primi giorni di vita, il trattamento orto- pedico. A tal fine, un contributo efficace può essere fornito dall’e- cografia embrionale, in grado di diagnosticare un PTC già verso la 20 a settimana di gestazione. Altrettanto importante è il rap- porto e la collaborazione con la fa- miglia, che dovrà essere total- mente collaborante data la lun- ghezza nel tempo del trattamen- to. Essa andrà tranquillizzata, ras- sicurata e invitata a collaborare attivamente al trattamento stes- so, negli aspetti di sua pertinen- za (manipolazioni, uso di tutori). Stabilito con fermezza che il trat- tamento deve essere precoce, nei primi giorni di vita, si possono seguire due vie: la correzione con manipolazioni la correzione a tappe con gessi, seguita eventualmente dalla chi- rurgia. Presso il nostro Istituto viene se- guito ormai da decenni il tratta- mento che prevede un’iniziale cor- rezione con gessi a stivalone, se- guito poi, quando necessita, e in genere verso i 3-5 mesi di vita, da un approccio chirurgico posterio- re. Il trattamento correttivo basato sulle manipolazioni [3,4] ha otte- nuto, in particolare in Francia (per opera di Dimeglio [5] e della sua scuola), ottimi risultati. Dobbia- mo però sottolineare come tale trattamento comporti la necessità di avere a disposizione personale medico e paramedico (infermieri e fisioterapisti) molto addestrato e strutture logistiche adeguate; ne- cessita inoltre di un coinvolgi- mento importante della famiglia che deve farsi carico di accompa- gnare i neonati, e comunque i pic- coli, più volte al giorno per le ma- nipolazioni, quando il trattamen- to non richieda la degenza conti- nuativa nei reparti fisiochinesite- rapici. Correzione a tappe con gessi Questa fase ha una sua notevole importanza perché essa non co- stituisce una semplice prepara- zione all’intervento chirurgico, ma un momento fondamentale nella terapia del PTC. L ’apparecchio gessato deve essere confezionato con molta cura. Si deve realizzare uno stivalone, a ginocchio flesso a 90° , per otte- nere un buon rilasciamento mu- scolare e per impedire al gesso di sfilarsi (Fig. 3). Con il gesso bi- sogna cercare di correggere e mo- dellare l’avampiede e il mesopie- de (quindi il varismo, l’adduzio- ne e la supinazione), agendo in- vece sull’equinismo solo per quel tanto che il piede cede elastica- mente, e ciò per evitare correzio- ni errate con il piede che si atteg- gia in reflessione (“piede a don- dolo”); l’equinismo o la gran par- te di esso (se molto marcato) ver- rà poi corretto con la chirurgia. A tale proposito, se l’equinismo è particolarmente impegnativo e ostacola il posizionamento dei gessi correttivi che facilmente si sfilano, è previsto un piccolo tem- po chirurgico consistente in una semplice tenotomia sottocutanea dell’achilleo, riservando il tempo chirurgico completo a un succes- sivo momento, dopo la correzio- ne a tappe con i gessi. È assolutamente imperativo sor- vegliare la tollerabilità di tali ges- Ortopedia Reumatologia e archivio di Il piede torto congenito (PTC) E. Regondi, C. Ingraffia, A. Memeo S.C. di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano DOI 10.1007/s10261-012-0012-3 E. Regondi ABSTRACT Congenital clubfoot Congenital clubfoot has always been considered a big chapter of pae- diatric orthopedics. This deformity must be cured as soon as possible and in the proper way in order to avoid complications. Treatment can be either conservative or surgical; the latter can’t be performed before 3 months of age. Fig. 1. Piede torto congenito visto anterior- mente Fig. 2. Piede torto congenito visto posterior- mente Fig. 3. Piede torto congenito trattato con gesso si, e in tal senso va accuratamen- te istruita la famiglia, che dovrà controllare mobilità e calore del- le dita. I gessi devono essere rinnovati frequentemente perché il neona- to ha pochi giorni di vita, e quin- di occorre non creare problemi alla crescita soprattutto della tibia, che può procurvarsi per com- pressione del gesso. Normalmen- te il rinnovo del gesso avviene set- timanalmente. A ogni rimozione del gesso po- tremo valutare gli eventuali pro- gressi nella correzione della de- formità/malposizione e l’elasticità delle differenti articolazioni. Va da sé che la correzione dovrà es- sere graduale, per evitare lo stira- mento dei vasi sanguigni e delle strutture nervose. Durante il percorso correttivo a tappe con gessi può rendersi ne- cessario lasciare libero il piede (de- cubiti, dermatiti, necessità di ese- guire ecografie); in tali casi vanno effettuate manipolazioni del pie- de, delicate ma decise, che devo- no essere insegnate ai famigliari che le dovranno eseguire più vol- te durante la giornata. Non appe- na possibile va ripreso il program- ma con la confezione dei gessi. Dopo un certo periodo di tempo, circa 2-3 mesi in media, si può co- minciare a fare un bilancio del- l’efficacia del trattamento. Tutti i casi che hanno mostrato una ten- denza alla recidiva o alla irriduci- bilità andranno avviati al tratta- mento chirurgico. Il vantaggio dell’iniziale correzio- ne a tappe del PTC di III grado è duplice:

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Page 1: Il piede torto congenito (PTC)

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Introduzione

Il PTC (piede torto congenito)rappresenta una delle malforma-zioni congenite più frequenti inortopedia pediatrica. Esso puòpresentarsi fondamentalmente indue aspetti:• equino cavo-varo supinato• talo, piatto, valgo pronato.Quando parliamo di PTC, nor-malmente (seppure erroneamen-te) intendiamo il piede di tipoequino, cavo-varo, supinato. Es-so si presenta facilmente ricono-scibile alla nascita, con una de-viazione dell’avampiede e del me-sopiede in varismo, una risalitadel calcagno legata alla retrazionedel tendine achilleo, ma soprat-tutto (elemento questo fonda-mentale) una retrazione capsula-re posteriore e, spesso, postero-mediale.In base alla gravità della deformi-tà, possiamo distinguere due tipidi PTC:• il PTC primitivo, o embrionale,

o malformativo• il PTC secondario, o fetale, o

posturale (Figg. 1,2).Il primo tipo è essenzialmente do-vuto a un disturbo di prima for-mazione dello scheletro del piedee della muscolatura del piede edella gamba. Questo disturbo nonconsente o ostacola il movimen-to di detorsione del piede che sirealizza durante il periodo em-brionario, rimanendo il piede ela gamba in un atteggiamento diintratorsione più o meno marca-ta. Clinicamente si possono ap-prezzare talvolta solchi cutanei alivello medio/tarsico e tibio/astra-galico posteriore. È certamente ilPTC più grave e la sua correzio-ne è difficoltosa e facilmente ten-de a recidivare.Il secondo tipo di PTC, quello se-condario o posturale, è sensibil-

mente più frequente. Si stabili-sce, di norma, durante il periodofetale per una particolare e ano-mala postura del piede nell’inter-no dell’utero o per influenze ester-ne (pressioni delle pareti dell’u-tero). Clinicamente non si avran-no mai “solchi” cutanei di retra-zione fibrosa. Questo PTC è cer-tamente più agevole da trattare epresenta minore tendenza alla re-cidiva.Basandoci sulla gravità e sulla cor-reggibilità del PTC all’esame cli-nico possiamo distinguere (se-condo la classificazione di Ma-nes/Costa) [1]:• un PTC di I grado: il piede è fa-

cilmente correggibile manual-mente (è fondamentalmente unPTC posturale di lieve entità)

• un PTC di II grado: il piede èsempre correggibile per mano-vre esterne, ma meno facil-mente, soprattutto per quantoriguarda la componente dell’e-quinismo (è già una forma dipassaggio verso il piede mal-formativo)

• un PTC di III grado: il piedenon è correggibile manual-mente e vi è una grave devia-zione dalla normalità, con mar-cata retrazione posteriore e va-rismo-adduzione-supinazionedel medio-avampiede (è la for-ma embrionaria).

Il PTC è più frequente nel sessomaschile (con incidenza variabi-le secondo le statistiche) e piùspesso bilaterale. Si presenta conmaggior frequenza come malfor-mazione isolata, più raramente siassocia ad altre patologie schele-triche e/o neurologiche (displasiae lussazione dell’anca, spina paleseo occulta, artrogriposi, neuropa-tie centrali e periferiche).

Eziopatogenesi

Riportiamo succintamente le di-verse teorie patogenetiche:• teoria genetica: può essere so-

spettata data la frequenza diPTC in alcune famiglie; si po-trebbe trattare di una trasmis-sione autosomica a espressio-ne variabile

• teoria neurogena e neuromu-scolare: il riscontro di anomalieistologiche e strutturali dellamuscolatura potrebbe far so-spettare una componente neu-rogena

• teoria amniotica: il meccanismoconsiste in una distruzione dicellule superficiali embrionaliprodotte da agenti esterni pre-senti nel liquido amniotico.

Questa distruzione può deter-minare alterazioni vascolari conformazione di lembi amniotici,piede torto, fino ad amputazio-ni di grado variabile

• modellamento uterino [2]: nonvi è dubbio che abbia il suoruolo nel periodo fetale nel raf-forzare le alterazioni deforma-tive instauratesi nel periodo em-brionario, associandosi quindia esse e aggravandole. Isolata-mente, invece, le costrizioniuterine nell’ultimo periodo del-la gravidanza provocano solodeformità minori e/o malfor-mazioni del piede, facilmentecorreggibili.

Cenni di fisiopatologia delladeformità

La deformità colpisce soprattuttol’astragalo che è anormale, pre-sentando un’angolazione media-le e plantare, con collo corto edeviato medialmente. È presentequindi un varismo eccessivo delcollo dell’astragalo, ma vi è an-che un ritardo di sviluppo di tut-to l’osso e un’alterata disposizio-ne delle superfici articolari.Il calcagno è meno deformato ri-spetto all’astragalo. Ha contorninormali; la superficie articolaredella grande apofisi può esseresmussata e orientata prevalente-mente in senso mediale inveceche in avanti. Il “sustentaculumtali” può essere ipoplastico.Tali anomalie scheletriche sonopresenti già alla nascita nel PTCembrionario. Ecco perché la chi-rurgia deve essere precoce e ri-volta alle resistenze che si verifi-cano a carico delle parti molli, so-prattutto e massimamente quelleposteriori. Infatti le parti molliposteriori retratte costituisconoun fattore molto importante nel-l’aggravarsi della deformità; l’in-tervento pertanto dovrà essereprecoce per ristabilire il più pos-sibile i corretti rapporti articolariche si deve poi cercare di mante-nere.Si ritiene, in generale, che sianosoprattutto le strutture legamen-tose e capsulari, più che i tendinie i muscoli, a svolgere un ruoloimportante.

Trattamento

Va detto subito che tre sono i car-dini su cui poggia il corretto trat-tamento:• precocità• adeguatezza• continuità.La precocità del trattamento sca-turisce con evidenza da ciò che fi-nora abbiamo detto. Un inter-vento terapeutico tardivo si tro-verà inevitabilmente a dover fron-teggiare deformità scheletrichemaggiori e rigidità più gravi del-le parti molli in generale.

È importante a tale proposito lacollaborazione tra ortopedico eostetrico/ginecologo per riuscire ainiziare, addirittura fin dai primigiorni di vita, il trattamento orto-pedico. A tal fine, un contributoefficace può essere fornito dall’e-cografia embrionale, in grado didiagnosticare un PTC già verso la20a settimana di gestazione.Altrettanto importante è il rap-porto e la collaborazione con la fa-miglia, che dovrà essere total-mente collaborante data la lun-ghezza nel tempo del trattamen-to. Essa andrà tranquillizzata, ras-sicurata e invitata a collaborareattivamente al trattamento stes-so, negli aspetti di sua pertinen-za (manipolazioni, uso di tutori).Stabilito con fermezza che il trat-tamento deve essere precoce, neiprimi giorni di vita, si possonoseguire due vie:• la correzione con manipolazioni• la correzione a tappe con gessi,

seguita eventualmente dalla chi-rurgia.

Presso il nostro Istituto viene se-guito ormai da decenni il tratta-mento che prevede un’iniziale cor-rezione con gessi a stivalone, se-guito poi, quando necessita, e ingenere verso i 3-5 mesi di vita, daun approccio chirurgico posterio-re. Il trattamento correttivo basatosulle manipolazioni [3,4] ha otte-nuto, in particolare in Francia (peropera di Dimeglio [5] e della suascuola), ottimi risultati. Dobbia-mo però sottolineare come taletrattamento comporti la necessitàdi avere a disposizione personalemedico e paramedico (infermieri efisioterapisti) molto addestrato estrutture logistiche adeguate; ne-cessita inoltre di un coinvolgi-mento importante della famigliache deve farsi carico di accompa-gnare i neonati, e comunque i pic-coli, più volte al giorno per le ma-nipolazioni, quando il trattamen-to non richieda la degenza conti-nuativa nei reparti fisiochinesite-rapici.

Correzione a tappe con gessi

Questa fase ha una sua notevoleimportanza perché essa non co-stituisce una semplice prepara-zione all’intervento chirurgico, maun momento fondamentale nellaterapia del PTC.L’apparecchio gessato deve essereconfezionato con molta cura. Sideve realizzare uno stivalone, aginocchio flesso a 90° , per otte-nere un buon rilasciamento mu-scolare e per impedire al gesso disfilarsi (Fig. 3). Con il gesso bi-sogna cercare di correggere e mo-dellare l’avampiede e il mesopie-de (quindi il varismo, l’adduzio-ne e la supinazione), agendo in-vece sull’equinismo solo per queltanto che il piede cede elastica-mente, e ciò per evitare correzio-ni errate con il piede che si atteg-gia in reflessione (“piede a don-

dolo”); l’equinismo o la gran par-te di esso (se molto marcato) ver-rà poi corretto con la chirurgia. Atale proposito, se l’equinismo èparticolarmente impegnativo eostacola il posizionamento deigessi correttivi che facilmente sisfilano, è previsto un piccolo tem-po chirurgico consistente in unasemplice tenotomia sottocutaneadell’achilleo, riservando il tempochirurgico completo a un succes-sivo momento, dopo la correzio-ne a tappe con i gessi.È assolutamente imperativo sor-vegliare la tollerabilità di tali ges-

OrtopediaReumatologiae

archivio di

Il piede torto congenito (PTC) E. Regondi, C. Ingraffia, A. Memeo S.C. di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

DOI 10.1007/s10261-012-0012-3

E. Regondi

ABSTRACT Congenital clubfoot

Congenital clubfoot has always been considered a big chapter of pae-diatric orthopedics. This deformity must be cured as soon as possibleand in the proper way in order to avoid complications. Treatment canbe either conservative or surgical; the latter can’t be performed before3 months of age.

Fig. 1. Piede torto congenito visto anterior-mente

Fig. 2. Piede torto congenito visto posterior-mente

Fig. 3. Piede torto congenito trattato con gesso

si, e in tal senso va accuratamen-te istruita la famiglia, che dovràcontrollare mobilità e calore del-le dita.I gessi devono essere rinnovatifrequentemente perché il neona-to ha pochi giorni di vita, e quin-di occorre non creare problemialla crescita soprattutto della tibia,che può procurvarsi per com-pressione del gesso. Normalmen-te il rinnovo del gesso avviene set-timanalmente.A ogni rimozione del gesso po-tremo valutare gli eventuali pro-gressi nella correzione della de-formità/malposizione e l’elasticitàdelle differenti articolazioni. Vada sé che la correzione dovrà es-sere graduale, per evitare lo stira-mento dei vasi sanguigni e dellestrutture nervose.Durante il percorso correttivo atappe con gessi può rendersi ne-cessario lasciare libero il piede (de-cubiti, dermatiti, necessità di ese-guire ecografie); in tali casi vannoeffettuate manipolazioni del pie-de, delicate ma decise, che devo-no essere insegnate ai famigliariche le dovranno eseguire più vol-te durante la giornata. Non appe-na possibile va ripreso il program-ma con la confezione dei gessi.Dopo un certo periodo di tempo,circa 2-3 mesi in media, si può co-minciare a fare un bilancio del-l’efficacia del trattamento. Tutti icasi che hanno mostrato una ten-denza alla recidiva o alla irriduci-bilità andranno avviati al tratta-mento chirurgico.Il vantaggio dell’iniziale correzio-ne a tappe del PTC di III grado èduplice:

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fatti, la “sorveglianza” del risulta-to ottenuto. Ciò è molto impor-tante: la continuità nel tempo è,come già detto, uno dei cardinidella cura del PTC perché la de-formità tende a recidivare: ognivolta che il piede cresce esiste unanuova spinta a crescere “torto”.Quindi si dovrà impostare un ca-lendario di visite che saranno piùfrequenti nei primi 2-3 anni divita (quando la tendenza alla re-cidiva è maggiore) e poi potran-no essere effettuate ogni 6-12 me-si fino al termine dell’accresci-mento del piede.Emerge evidente come la fre-quenza dei controlli durante lacrescita, la collaborazione con ifamigliari e l’attenta e scrupolosaosservanza delle prescrizioni sia-no alla base di un buon risultatoche si mantiene nel tempo finoalla completa maturazione sche-letrica del piede.

Le recidive

Le recidive di PTC costituisconoun impegnativo capitolo dell’or-topedia pediatrica.Ogni qual volta il trattamento delPTC non è precoce o non è ade-guato o non è costante nel tempo,fatale accade la recidiva, più o me-no marcata.Va da sé che il trattamento dellerecidive è solo chirurgico e, comedetto prima, estremamente impe-gnativo. E qui abbiamo la “novi-tà” nel campo del PTC, e cioè l’im-piego dei fissatori esterni circola-ri, tipo Ilizarov [12], nel tratta-mento di piedi torti recidivati,magari più di una volta, e quindiin preda anche a marcate retra-zioni cicatriziali.Ma andiamo con ordine.Da sempre, una prima recidiva diPTC viene trattata con la “ripresa”della liberazione posteriore, al-largata medialmente e/o lateral-

dell’equinismo.Al termine dell’intervento, si con-feziona uno stivalone gessato inipercorrezione (talismo-valgismoe pronazione) che verrà mante-nuto per due settimane e poi rin-novato per altre due.Al termine di questo periodo diimmobilizzazione post-operato-ria dovrà iniziare un lungo perio-do di “mantenimento” della cor-rezione mediante docce (“tam-plin”) e manipolazioni passive.I “tamplin”sono tutori ortopediciin alluminio costruiti su misura (erinnovati ogni qual volta la cresci-ta staturo-ponderale del pazientelo richiede) forgiati a emistivalonecon ginocchio flesso a 90° (Fig. 6).Essi sono applicati dal parente,mediante bende elastiche, sia digiorno sia di notte; durante il gior-no, e più volte al giorno, si proce-derà alla loro rimozione per effet-tuare le manipolazioni passive co-me da istruzioni fornite ai genito-ri e ai famigliari.I tutori andranno mantenuti finoal momento della deambulazionedel piccolo paziente; a tale epocaessi verranno indossati, all’occor-renza, solo di notte. Durante ilgiorno il paziente calzerà scarpeidonee (polacchini con forti rigi-di, punta diritta, fondo piano, tac-co rotondo).Dopo l’intervento chirurgico, l’o-pera dello specialista ortopediconon è affatto terminata; inizia, in-

• si arriva alla correzione chirur-gica con una posizione certa-mente ancora scorretta del pie-de, ma con strutture anatomi-che decisamente più elastiche

• un trattamento chirurgico pre-cocissimo, non essendo un in-tervento d’urgenza ma bensì dielezione, impegnerebbe troppogli anestesisti, per cui è sicura-mente meglio che i lattanti rag-giungano un peso corporeo piùadeguato e una sufficiente con-centrazione emoglobinica.

L’esperienza presso il nostro Isti-tuto ha evidenziato come tutti iPTC di I grado e la quasi totalitàdi quelli di II grado, sottoposti aun tempestivo, corretto e costan-te trattamento incruento (mani-polazioni e gessi), hanno esitato inuna correzione sufficiente e du-ratura, senza che sia stato neces-sario ricorrere a un approccio chi-rurgico.

Trattamento cruento

Quando il trattamento incruento(manipolazioni e gessi) non ot-tiene o mantiene una correzioneaccettabile della deformità delPTC, verso il terzo-quarto mese divita (quando il neonato raggiun-ge peso corporeo e concentrazio-ne emoglobinica adeguata) si ri-corre alla chirurgia.A tale proposito va detto che ne-gli anni è stata proposta una va-sta gamma di interventi chirurgi-ci [6-11]. Presso il nostro Istitutol’approccio chirurgico precoce siè sempre identificato nell’inter-vento di “liberazione posteriore”,considerato il più adatto e il me-no invasivo nel neonato di 3-4mesi. Infatti riesce a ottenere unabuona correzione dell’equinismonon creando eccessive retrazionicicatriziali e permettendo, in ca-so di recidiva, interventi più esten-sivi. Da non sottovalutare anche larelativa brevità della durata di ta-le intervento.L’intervento di “liberazione po-steriore” viene così eseguito:• incisione parachillea mediana:

isolato ampiamente il tendineachilleo, lo si allunga sdoppian-dolo a Z: la tenotomia distale av-viene a livello della metà inter-na per mantenere l’azione val-gizzante sul calcagno (Fig. 4)

• si incide la fascia superficialeposteriore, si individua il fles-sore lungo dell’alluce e lo si ca-rica medialmente a protezionedel fascio vascolo-nervoso. Siottiene così una buona esposi-zione del piano capsulare e deilegamenti posteriori. Si sezionala capsula della tibio-tarsica edella sottoastragalica e spessose ne asportano alcune parti

• si sezionano i legamenti pero-neo-astragalico e peroneo-cal-caneale (Fig. 5).

Si ottiene così una buona “disce-sa” del calcagno con eliminazione

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mente a seconda dei casi. La li-berazione “mediale” consiste inun’ampia apertura capsulare del-l’astragalo-scafoidea, della scafo-cuneiforme e della cuneo-meta-tarsale, con allungamento a “Z”del tendine del TP (tibiale poste-riore) e eventualmente anche delTA (tibiale anteriore). Si può sta-bilizzare il riallineamento dellacolonna ossea mediale medianteun filo di Kirschner attraversanteprimo metatarsale-primo cunei-forme-scafoide e testa astragalica.In casi di marcato varismo dell’a-vampiede si può associare un’o-steotomia del cuboide [13] (cuneoa base laterale) per permettere unmiglior recupero dell’asse dell’a-vampiede. L’osteotomia a cuneoviene stabilizzata con due fili diKirschner (Fig. 7).Non sfugge, tuttavia, come simi-li interventi (soprattutto se ripe-tuti altre volte in caso di più reci-dive) portino inevitabilmente agrosse retrazioni cicatriziali chedi per sé ostacolano il raggiungi-mento di buoni risultati nella chi-rurgia delle recidive.Negli ultimi anni, a opera di Au-tori esperti nel metodo di Ilizarov,si è effettuato un approccio alla re-cidiva del PTC nei suoi casi piùimpegnativi appunto con tale me-todica [14,15]. Essa è indubbia-mente complessa e richiede unalunga curva di apprendimento,ma non vi è dubbio che possa es-sere un’alternativa importante peril trattamento di PTC particolar-mente alterati e rigidi. Non pre-vede alcuna nuova cicatrice chi-rurgica, ma agisce mediante ungioco di trazioni e distrazioni, sul-le diverse parti del piede e dellacaviglia, mediante un complessomontaggio triplanare del fissato-re montato alle dita del piede al1/3 inferiore della gamba (Fig. 8).I casi trattati sono ancora pochi eil loro follow-up breve, ma, perquanto finora si può constatare,tale metodica potrà affiancarsi me-ritoriamente alle altre più cono-sciute e praticate nel difficile cam-

Fig. 4. Immagine chirurgica che mostra il tendi-ne d’Achille

Fig. 5. Immagine chirurgica che evidenzia dopol’apertura della capsula posteriore la buonadiscesa del calcagno con eliminazione dell’equi-nismo

Fig. 7. Radiografia di piede torto congenitorecidivo sottoposto a osteotomia del cuboideFig. 6. “Tamplin” che vengono utilizzati in sostituzione degli apparecchi gessati

a bFig. 8. a,b Fase finale dell’applicazione di apparecchio di Ilizarov

po del trattamento delle recidivedel PTC.Al termine di questo articolo, vor-remmo sottolineare come il PTCsia tuttora un’affezione che impe-gna lo specialista ortopedico e lafamiglia del paziente; li impegnada subito, dalla nascita del pa-ziente e poi per molti anni. Il ve-nir meno di questo impegno con-danna il paziente a una grave in-fermità scheletrica incompatibilecon una buona qualità di vita.Il trattamento fondamentale è ri-masto invariato ed è quello co-nosciuto da tempo.

Bibliografia

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