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Il presente rapporto è stato realizzato da Anna Soru e Nicoletta Saccon
hanno inoltre collaborato
‐ per la realizzazione delle interviste alle imprese ed agli esperti: Alfonso Miceli, Carlo Penco, Nicoletta Saccon, Eugenia Scandellari, Gianluca Viganò
‐ per l’organizzazione e la realizzazione dei focus di approfondimento: Alfonso Miceli, Nicoletta Saccon, Anna Soru, Gianluca Viganò ‐ per l’elaborazione dei dati Antonella Rosso (Approfondimento II), Andrée Pedotti e Susanna Serra (Approfondimenti
I, III e IV) ‐ per l’editing Silvia Lupo e Adriana Mongelli
Si ringraziano tutti coloro che con la propria disponibilità hanno contribuito alla stesura del presente rapporto ed in particolare:
‐ le imprenditrici e gli imprenditorie intervistati; ‐ gli esperti incontrati:
Alessandro Costella, Marco Ghezzi, Gianluigi Lassini, Gianni Lombardi, Paolo Lottero, Tiziana Orsini
‐ nonché quanti hanno partecipato ai focus di approfondimento: Giovanni Anselmi, Andrea Ardizzone, Carlo Bonomi, Silvia Daelli, Cinzia D’Alessandro, Stefania Di Pietro, Gianluigi Lassini, Massimo Loiacono, Anselma Nori, Tiziana Orsini, Fidelio Perchinelli, Roberto Rozzoni, Angela Zerga, Cristina Zucca
Il rapporto è stato realizzato nell’ambito del “Programma Regionale 2006-2007 per la
promozione dell’imprenditoria femminile”.
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Indice
1. Introduzione (di Anna Soru) .................................................................................................................................... 5
2. Le donne imprenditrici (di Anna Soru) ............................................................................................................ 13
Approfondimento quantitativo I Imprenditrici e imprese in Lombardia ........................... 15
3. Il terziario avanzato (di Anna Soru) .................................................................................................................. 23
3.1. Un settore basato sulle competenze… ..................................................................................................... 23
3.2. …..e in profonda trasformazione ................................................................................................................ 28
3.3. Un mercato con prospettive incerte… ..................................................................................................... 36
3.4. ….in cui le piccole imprese faticano a strutturarsi ............................................................................. 42
3.5. Professionisti ‐ artigiani o imprese? ......................................................................................................... 43
Approfondimento quantitativo II – Il contributo occupazionale
delle imprese italiane ed estere in Provincia di Milano ................................................................... 49
Approfondimento quantitativo III La dinamica demografica
dei servizi avanzati in Lombardia ................................................................................................................ 55
4. Le donne nel terziario avanzato (di Nicoletta Saccon) .............................................................................. 65
4.1. Un patrimonio di soft skill? .......................................................................................................................... 65
4.2. Piccole per difficoltà o per scelta? ............................................................................................................. 67
4.3. Le vie per l’autonomia .................................................................................................................................... 69
Approfondimento quantitativo IV La presenza femminile
nelle imprese del terziario avanzato in Lombardia (di Anna Soru) ............................................. 71
5. La Pubblica Amministrazione e le politiche (di Nicoletta Saccon) ....................................................... 77
6. Metodologia (di Nicoletta Saccon e Anna Soru) ............................................................................................ 91
7. Le schede delle imprese (a cura di Nicoletta Saccon) ................................................................................ 97
7.1. Impresa Pegaso (di Alfonso Miceli) ............................................................................................................ 97
7.2. Impresa Marte – Pubblicità (di Gianluca Viganò) ............................................................................... 99
7.3. Impresa Nettuno –Pubblicità (di Alfonso Miceli) .............................................................................. 101
7.4. Impresa Diana ‐ Altre Attività di servizi alle Imprese (di Carlo Penco) .................................. 103
7.5. Impresa Mercurio ‐ Settore Pubbliche Relazioni (di Eugenia Scandellari) ........................... 105
7.6. Impresa Cerere‐ Pubbliche Relazioni (di Nicoletta Saccon) ........................................................ 107
7.7. Impresa Teti ‐ Pubbliche Relazioni (di Nicoletta Saccon) ............................................................. 110
7.8. Impresa Bacco ‐ Organizzazione Eventi (di Alfonso Miceli) ......................................................... 112
7.9. Impresa Minerva ‐ Ricerca, Selezione e Formazione del Personale (di Alfonso Miceli) ... 113
7.10. Impresa Giove ‐ Consulenza amministrativo‐gestionale (di Nicoletta Saccon) ................ 115
7.11. Impresa Venere‐ Design tessile abbigliamento (di Carlo Penco) ............................................ 117
7.12. Impresa Giunone‐ Design per il tessile abbigliamento (di Carlo Penco) .............................. 119
7.13. Impresa Plutone –Design e Styling per il tessile arredamento (di Alfonso Miceli) .......... 121
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7.14. Impresa Polluce ‐ Design per servizi sociali (di Gianluca Viganò) ......................................... 124
7.15. Impresa Chirone ‐ Consulenza Amministrativo‐Gestionale (di Gianluca Viganò) ........... 126
7.16. Impresa Ercole ‐ Information Technology (di Carlo Penco) ...................................................... 128
7.17. Impresa Urano‐ Information Technology (di Nicoletta Saccon) ............................................. 130
7.18. Impresa Vulcano‐ Studi Tecnici (di Nicoletta Saccon) ................................................................. 133
7.19. Impresa Castore ‐ Studi Tecnici (di Nicoletta Saccon) ................................................................. 135
7.20. Impresa Apollo ‐ Studi Tecnici di Ingegneria e Architettura (di Gianluca Viganò) ......... 139
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1. Introduzione (di Anna Soru)
I media ci rimandano l’immagine di una crescente presenza femminile nell’imprenditorialità,
testimoniata dall’assunzione di prestigiose cariche nelle associazioni di rappresentanza e
dalla conquista di posizioni di preminenza anche in imprese di grandi dimensioni e di
rilevanza internazionale.
D’altra parte la sempre maggiore scolarizzazione delle donne, che con riferimento alle
generazioni più giovani supera quella degli uomini, e la loro riconosciuta capacità relazionale
fanno presupporre un’elevata femminilizzazione, sia come dipendenti, sia come professioniste
e imprenditrici, in tutte le attività a forte contenuto cognitivo e relazionale, nel cosiddetto
terziario avanzato, ovvero in uno dei settori economici più promettenti, che negli ultimi anni
si è caratterizzato per maggior dinamismo imprenditoriale e occupazionale.
Ma è proprio così?
È vero che aumenta l’imprenditorialità femminile?
È vero che le donne imprenditrici sono particolarmente presenti nelle attività del terziario
avanzato?
E, infine, è vero che il terziario avanzato è uno dei settori più promettenti?
Tre domande a cui in realtà è molto difficile dare risposte, anche perché non esistono chiari
parametri che consentano di definire efficacemente l’ambito di indagine.
Parliamo di imprese: occorrerebbe quindi fare riferimento ad attività in cui oltre
all’imprenditore, operino altri dipendenti e collaboratori organizzati insieme per obiettivi
comuni1. Ma i dati a disposizione, desunti principalmente dagli archivi delle Camere di
Commercio, si riferiscono all’insieme delle attività che richiedono l’iscrizione al Registro
imprese e circa la metà di queste, come vedremo, vedono la partecipazione solo del titolare‐
imprenditore‐professionista. D’altra parte, sono escluse attività strutturate, che impiegano
1 “…impresa si ha quando sussistono tre condizioni di fondo: un fornitore di capitale o un investitore istituzionale, un management e della forzalavoro alle dipendenze o con rapporti di collaborazione…. Se la dimensione dell’impresa è quella indicata dall’Istat [2,7 dipendenti, nda] …… un minimo di onestà intellettuale richiederebbe che quella roba lì – di cui io stesso, mia moglie, i miei figli facciamo parte non venga considerata un universo di microimprese ma una massa di lavoratori autonomi, che ha alle sue dipendenze circa un milione e mezzo di persone” S. Bologna, 2007, “Finanziaria: azzerati vent’anni di riflessione sulle forme nuove del lavoro”, in S. Bologna, Ceti medi senza futuro, Derive Approdi, Roma.
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numerosi dipendenti, perché organizzate come studi professionali o studi associati e quindi
senza l’iscrizione al Registro imprese.
Ugualmente difficile è individuare gli imprenditori e le imprenditrici. Anche qui siamo
condizionati dai dati camerali, che ci permettono, con un accurato lavoro di selezione2, di
individuare i titolari e le titolari di quote e cariche di impresa, ma non di verificare che ad esse
corrisponda un effettivo ruolo imprenditoriale e che non siano semplicemente l’attestato di
una posizione proprietaria o un espediente per ottenere vantaggi fiscali.
Complessità ancora maggiori sono intervenute nella definizione dei settori oggetto
dell’indagine. Come meglio precisato in seguito, abbiamo fatto riferimento ai servizi rivolti alle
imprese che richiedono un elevato livello di competenze di tipo cognitivo‐relazionale,
escludendo, quindi, quelli più ripetitivi ed esecutivi. Abbiamo individuato le attività
informatiche, di R&S, le attività di consulenza legale e amministrativa, gli studi di mercato, le
attività legate alla comunicazione e alla pubblicità, il design, l’engineering e un insieme di altre
attività quali i servizi di logistica, l’organizzazione di eventi e le attività di traduzioni. Sono
attività nate dall’esternalizzazione di servizi delle imprese, ma che in genere affiancano e
completano attività che restano dentro le imprese, espandendosi o contraendosi per
ammortizzarne la ciclicità delle esigenze. In pratica, tuttavia, come emerso nella selezione
delle imprese da intervistare, non è sempre semplice distinguere tra un’impresa del terziario
e una industriale, tra un’impresa di progettazione e una di costruzioni, tra una di hardware e
una di software, tra una di design e una manifatturiera. Ad esempio molte imprese
manifatturiere, soprattutto nell’ambito dei beni per la casa e per la persona, sono di design e
molte imprese di design sono anche manifatturiere; il confine è spesso labile, potrà essere
considerata di design se prevale l’attività di progettazione e di sperimentazione su quella più
propriamente produttiva, ma questa attribuzione non dipende da noi, bensì da come l’impresa
si è autodefinita al momento dell’iscrizione alla Camera di Commercio.
Allo stesso modo, non è sempre possibile separare i diversi ambiti che compongono il
terziario avanzato, perché da un lato sono sempre più frequenti sovrapposizioni e
contaminazioni, come ad esempio tra i settori dell’ICT, comunicazione e design (ICT più
design, ICT più comunicazione, comunicazione più design), e dall’altro lato sono necessarie
interrelazioni tra le diverse tipologie di prodotti e servizi, che si integrano specializzandosi
2 La metodologia è nel capitolo 6.
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secondo una logica di filiera o di sistema: si parla perciò di sistema moda3 o di sistema
dell’abitare.
Per rispondere alle domande poste, nella consapevolezza delle difficoltà sopra ricordate, non
ci siamo posti l’obiettivo di approfondire la situazione dei singoli settori considerati, per i
quali rimandiamo a più specifiche indagini, ma di cercare di cogliere le tendenze più generali,
evidenziandone similitudini e diversità.
Ciò che emerge è una realtà in radicale trasformazione, interessata da intensi processi di
globalizzazione e da forti pressioni sul mercato del lavoro, che in maniera più o meno
profonda stanno mutando la struttura dei mercati di riferimento.
Si tratta di una globalizzazione che agisce, da un lato, direttamente, con l’espansione
produttiva delle imprese multinazionali, soprattutto europee e statunitensi, nella maggior
parte dei servizi considerati, con l’esclusione dei pochi in cui le imprese italiane detengono
una presenza storica e sono forti di una competitività riconosciuta internazionalmente
(essenzialmente design e attività di engineering); dall’altro lato, di una globalizzazione che
opera indirettamente, attraverso la pressione dei paesi emergenti, soprattutto Cina e India, su
produzioni tradizionali (tessile e abbigliamento, ma non solo) che rappresentano
importantissimi mercati clienti per le attività terziarie (styling, comunicazione, design, …).
Quanto alla crescita esponenziale dell’offerta di nuova imprenditorialità, testimoniata da una
dinamica imprenditoriale più che doppia rispetto alla media dei settori, essa non riflette
necessariamente crescenti opportunità di mercato. Tale crescita è stata originata
sostanzialmente da tre fattori: non solo dai consueti processi di spin off che caratterizzano
ciclicamente l’economia nelle fasi di ridimensionamento del mercato (come nell’ICT in seguito
alla grande crisi della new economy), ma anche da trasformazioni nei processi organizzativi
che un po’ in tutti i settori stanno determinando la riduzione delle posizioni gerarchiche, con
la conseguente espulsione di quadri e dirigenti che si ripropongono come consulenti e
imprenditori; infine, da un’offerta di laureati e diplomati largamente superiore alle esigenze
delle imprese in materie che esercitano un forte appealing nell’immaginario giovanile: scienze
della comunicazione, design, scienze della formazione …
In seguito a queste evoluzioni si sta definendo un mercato tendenzialmente duale. Su un
versante pochi grandi clienti, in buona misura multinazionali, che in termini di valore
3 Si veda in proposito il libro “Produttori di stile. Lavoro e flessibilità nelle case di moda milanesi”, a cura di Marchetti A. e Gramigna E., Quaderno OML 2007, Franco Angeli, Milano
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esprimono una quota rilevante (in alcuni casi maggioritaria) del mercato e che si rivolgono
alle grandi imprese che operano sui mercati internazionali. Sull’altro fronte piccole e
piccolissime imprese terziarie (spesso semplici consulenti più che imprese vere e proprie) che
si rivolgono al frammentato mercato locale delle piccole imprese, ancora poco permeabile alla
concorrenza estera, ma anche un po’ asfittico, incapace di esprimere le potenzialità da tempo
attese. Questo dualismo è riscontrabile nei settori in cui le nostre imprese sono
strutturalmente più deboli, nell’informatica, negli studi professionali, nella comunicazione e
nella formazione, ma anche nei settori in cui i grandi competitor sono nazionali, come
l'engineering.
Un dualismo che si ripropone anche nei modelli di impresa. Da una parte esistono le grandi
società, che competono sugli alti livelli del mercato, grazie un forte brand, un originale know
how interno, una funzione commerciale evoluta, ampie disponibilità di risorse finanziarie, una
strutturazione che garantisce la compresenza di diverse specializzazioni e quindi la possibilità
di offrire soluzioni integrate. Esse sono in grado di attrarre le risorse più qualificate e più rare,
perché possono offrire prospettive di lavoro, di sicurezza del reddito e di crescita
professionale ben superiori ad una piccola impresa, e allo stesso tempo, laddove l'offerta è più
ampia, possono imporre le loro condizioni ad una vasta pletora di microimprese o freelance,
da cui lo sviluppo di forme di subfornitura, spesso con modalità che mantengono sconosciuto
al cliente chi effettivamente realizza il servizio.
Dall'altra parte si collocano le piccole imprese, che definiamo professionali/artigiane perché
fortemente incentrate sui titolari, detentori non solo della proprietà, ma anche del patrimonio
conoscitivo e relazionale. Sono imprese che incorporano stabilmente solo poche risorse,
ricorrendo a collaboratori esterni in risposta a specifiche esigenze; sono attività che
incontrano un limite alla propria espansione nella difficoltà ad accreditarsi presso i clienti più
interessanti, oltre che nella saturazione del tempo e delle energie dei titolari stessi. Queste
realtà si trovano di fronte ad un dilemma: mantenere lo status quo, un'organizzazione in
grado di operare flessibilmente per progetti, adattandosi di volta in volta a sfruttare le piccole
opportunità che si presentano, oppure crescere, inserire stabilmente del personale
(dipendenti o soci), investire sulla formazione dei collaboratori e sulla loro fidelizzazione e
assumersi tutti i rischi delle loro iniziative, inclusa la possibilità che essi possano scegliere di
passare ad altre imprese, tanto più che in settori in cui il turnover è strutturalmente elevato
anche come modalità crescentemente utilizzata (dalle imprese di tutte le dimensioni, ma
anche dai collaboratori) per acquisire competenze e diffondere l'innovazione.
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E in questo quadro, quale è il ruolo delle donne imprenditrici?
A livello complessivo esse mantengono una presenza minoritaria e faticano a colmare il gap
che le separa dagli uomini, ma sono ormai state ammesse a pieno diritto entro le imprese di
famiglia. Nei settori del terziario avanzato alle imprese, più che nella media degli altri settori,
le imprenditrici sono presenti in maniera diffusa, anche se raramente con posizioni di
controllo, a differenza di quanto accade nei servizi sociali e alle persone.
La loro partecipazione è legata indubbiamente alle maggiori competenze,che, coerentemente
con i percorsi formativi da esse privilegiati, sono spesso concentrate sulle soft skills. Di
conseguenza, le ritroviamo soprattutto come titolari di imprese di servizi attive nell'area della
comunicazione‐organizzazione, ovvero in una delle aree attualmente soggetta a maggiori
pressioni concorrenziali, ma anche in imprese tecniche, con funzioni di staff, spesso in
affiancamento a mariti, padri e fratelli.
Anche in questi ambiti si conferma la maggiore debolezza delle imprese femminili, espressa
innanzitutto dalle dimensioni (la media è di 2,1 addetti contro i 5,4 di quelle maschili), che le
qualificano più come attività di lavoro autonomo che di impresa. Inoltre, raramente
ritroviamo partecipazioni femminili, anche solo di minoranza, in imprese con più di 50
addetti. In definitiva, le donne mantengono un basso ruolo nell'economia dei settori basati
sulle conoscenze, nonostante siano ormai la maggioranza dei nuovi laureati e spesso si
distinguano per alte performance scolastiche.
La principale problematicità specifica delle donne è indubbiamente legata alla difficoltà di
conciliare gli impegni imprenditoriali, che spesso possono essere totalizzanti, con i carichi e le
responsabilità familiari, soprattutto nelle fasi di sviluppo dell’attività. In aggiunta emerge una
maggiore debolezza delle iniziative, che non nascono per sfruttare un’idea o un’opportunità
di mercato, ma proprio per cercare una modalità di conciliazione o per rientrare nel mercato
del lavoro.
Infine quali indicazioni emergono per sostenere i settori considerati e, entro questi, la
presenza femminile?
I suggerimenti raccolti interessano sia il contesto istituzionale, sia i rapporti con la pubblica
amministrazione come acquirente di servizi e come decisore delle politiche.
In particolare, si denunciano il ritardo culturale e l’arretratezza della pubblica
amministrazione, che continua ad operare con modelli basati sull’impresa manifatturiera e
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che non sembra aver compreso le trasformazioni dell’economia e la crescente importanza
della valorizzazione del capitale umano rispetto al capitale fisico. Si deplora il forte
appesantimento dell’imposizione fiscale che deriva sia dall’applicazione dell’Irap a imprese
che hanno come costi preponderanti, se non quasi esclusivi, quelli riferiti al personale, sia da
un sistema di costi deducibili che non favorisce l’aggiornamento delle tecnologie e la
formazione. Analogo ritardo caratterizza la pubblica amministrazione nelle politiche di
incentivazione dell’innovazione o di sostegno all’avvio e allo sviluppo di imprese, in quanto
generalmente esse ammettono tra le spese agevolabili gli investimenti in macchinari e
attrezzature, non anche l’acquisizione di servizi avanzati. Infine, la mancanza di competenze
specifiche adeguate ostacola anche una più efficiente formulazione dei bandi e gestione degli
appalti.
Ma l’inadeguatezza della domanda pubblica a fungere da volano per le attività del terziario
avanzato e a favorire una crescita anche qualitativa dell'offerta deriva anche da una selezione
non sempre trasparente e meritocratica, dalla mancanza di sistemi di valutazione
indipendenti, dall’eccessivo ricorso a imprese produttrici in house, fuori dalle regole del
mercato, oltre che dall’abitudine a lunghissimi tempi di pagamento che legittima
comportamenti analoghi un po’ in tutto il sistema economico.
Le misure proposte sono, perciò, dirette a favorire una evoluzione più moderna e efficiente
della pubblica amministrazione oltre che una revisione delle politiche di intervento capace di
toccarne anche i meccanismi, in modo da snellirne i passaggi burocratici a favore di una
velocizzazione delle iniziative, assolutamente necessaria per garantirne l'efficacia in un
contesto in rapida evoluzione.
Con riferimento alle politiche femminili, c'è unanime consenso sulla necessità di investire
maggiormente sulle politiche sociali, mentre la delusione nei confronti della legge 215/92, il
principale dispositivo di incentivazione all'imprenditorialità femminile, crea qualche
scetticismo sulla possibilità di poter intervenire efficacemente con questa tipologia di
strumenti.
La ricerca si è avvalsa sia di una significativa base quantitativa, peraltro in parte resasi
disponibile in maniera inedita grazie ad una contemporanea ricerca condotta in
collaborazione con la Provincia di Milano sulle imprese multinazionali4, sia di una serie di
4Al momento in cui si scrive non è ancora stato definito il titolo della pubblicazione, prevista con Franco Angeli. Il tema del libro è “L’apporto occupazionale delle multinazionali nella Provincia di Milano” .
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interviste e focus che hanno coinvolto imprenditori, esperti e rappresentanti del sistema
imprenditoriale.
L’indagine si è concentrata sulla Lombardia, con un approfondimento sperimentale sulla
struttura occupazionale del terziario avanzato in Provincia di Milano, ma è presumibile che
molte delle considerazioni emerse siano valide, ora o in prospettiva, anche per il resto
dell’Italia. In Lombardia e principalmente a Milano, infatti, è presente una forte
concentrazione delle attività terziarie e, prima che altrove, si sono manifestati i cambiamenti
che ne stanno ridefinendo il sistema competitivo.
I risultati sono raccolti in questo rapporto che procede per passaggi, riportando dapprima
alcuni dati sull’imprenditorialità femminile in generale, focalizzandosi poi sul terziario
avanzato, con attenzione soprattutto ai servizi alle imprese5, per poi analizzare la situazione
delle imprenditrici nei settori considerati e, infine, le valutazioni sul ruolo della Pubblica
Amministrazione e sulle policy.
In parallelo saranno riportati gli approfondimenti quantitativi che accompagnano le diverse
fasi della ricerca.
5 Con l’esclusione di tutta l’area finanziaria, in cui giocano attori e norme completamente differenti.
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2. Le donne imprenditrici (di Anna Soru)
I dati della Lombardia, una delle regioni italiane a maggior partecipazione femminile al lavoro,
con tassi paragonabili a quelli europei, sul fronte dell’imprenditorialità continuano a
segnalare una presenza femminile largamente minoritaria.
Come evidenziato nell’approfondimento successivo, le donne sono solo il 29,4% degli
imprenditori e solo il 18% delle imprese è a controllo femminile. Inoltre, anche se è
impossibile distinguere tra una partecipazione imprenditoriale reale piuttosto che fittizia
(funzionale, in questo caso, a benefici fiscali o all’accesso a incentivi), si osserva che le donne
sono più presenti con modalità che potrebbero essere artificiose, che non necessariamente
implicano un ruolo imprenditoriale e, in particolare, con il possesso di sole quote in società di
capitale. Infine, i dati dimensionali segnalano che le imprese femminili sono decisamente più
piccole di quelle maschili. La dimensione media delle imprese al 100% femminili è di 2,1
addetti, contro i 5,4 delle imprese al 100% maschili; la dimensione media delle imprese a
maggioranza femminile è di 6 addetti contro gli 8,6 delle imprese a maggioranza maschile.
Detto altrimenti, le imprese femminili sono, ancor più frequentemente della media,
assimilabili ad attività più propriamente autonome e non di impresa.
Emergono, tuttavia, alcuni elementi interessanti, che sembrano testimoniare un’accresciuta
rappresentanza femminile nelle attività imprenditoriali.
Il primo elemento è il consolidamento delle donne nelle società di capitale, dove sono
diventate più frequenti le posizioni di imprenditrici presenti sia con cariche sia con quote e
che attestano un’importante novità rispetto al passato: le donne sono state ammesse ai
processi di trasferimento familiare e ciò, in un Paese in cui la grande maggioranza delle
imprese è a proprietà familiare ed a gestione proprietaria6, garantisce una crescente presenza
femminile. Le figlie, e non più solo i figli, possono succedere ai padri nella guida delle imprese
e ciò anche se l’impresa è meccanica o chimica o edile, ovvero anche se opera in un ambito
tradizionalmente “non femminile”.
6 Il modello familistico italiano si manifesta non solo nella forte attenzione al controllo proprietario, ma anche in una gestione che deve restare saldamente nelle mani della famiglia. La novità è che si lascia spazio alle donne della famiglia, che sempre più spesso hanno seguito un percorso di studi idoneo a tale scopo; per il resto, il modello permane immutato.
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Il secondo elemento è che la presenza femminile imprenditoriale è molto diffusa nei settori
terziari, che più valorizzano le competenze cognitive e relazionali delle donne. Difficilmente si
tratta di una presenza maggioritaria, in grado cioè di controllare l’impresa, ma è importante
rilevare che si ritrova almeno una donna imprenditrice non solo nella maggioranza dei servizi
personali e sociali (in cui la presenza femminile prevale su quella maschile), ma anche nelle
attività legate al turismo (nel 58,1% degli alberghi e ristoranti) e nei servizi alle imprese
(almeno un’imprenditrice nel 48,7% delle imprese).
Sul dettaglio dei servizi più avanzati, con particolare riferimento a quelli diretti alle imprese,
sarà concentrata l'analisi successiva.
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Approfondimento quantitativo I Imprenditrici e imprese in Lombardia La presenza femminile nelle imprese può essere valutata sia considerando il numero delle imprenditrici, definite come detentrici di cariche o quote di impresa (definizione forzata, in quanto mancano informazioni che certifichino l’effettivo ruolo dei titolari di quote e cariche imprenditoriali, che misurino il loro apporto in termini di impegno e responsabilità), sia considerando le imprese partecipate o controllate da donne. In Lombardia, che pure è una delle regioni italiane a maggior partecipazione femminile al lavoro, la presenza imprenditoriale femminile è minoritaria, in qualunque modo la si calcoli. Le donne sono solo il 29,4% degli imprenditori e detengono il 27,3% delle cariche o quote; solo il 18% delle imprese (controllate da persone fisiche) è a controllo femminile (mentre il 72,3% è a controllo maschile) e solo nel 37,2% delle imprese è presente almeno una donna con una carica o una quota sociale (tale percentuale è l’85,5% per gli uomini). Tavola 1 Imprenditrici, Imprenditori e Imprese in Lombardia nel 2007
2007 % su totale Imprenditrici 336.270 29,4 Cariche imprenditoriali detenute da donne 410.333 27,1 imprese con almeno una donna proprietaria/imprenditrice 288.560 37,2 ‐ di cui : imprese a maggioranza femminile 139.845 18,0 ‐ ‐ di cui : imprese 100% femminili 112.541 14,5 Imprenditori 807.701 70,6 Cariche imprenditoriali detenute da uomini 1.103.195 72,9 imprese con almeno un uomo proprietario/imprenditore 663.541 85,5 ‐ di cui : imprese a maggioranza maschile 561.083 72,3 ‐ ‐ di cui : imprese 100% maschili 487.522 62,8
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Negli ultimi quattro anni le imprenditrici sono aumentate proporzionalmente un po’ più degli imprenditori, ma la distanza resta molto elevata. Al 31 dicembre 2007 in Lombardia operavano quasi 16.000 imprenditrici in più rispetto al 2003, che corrispondono ad una crescita percentuale del 5%; nel frattempo il numero di imprenditori è aumentato di quasi il doppio (quasi 32.000 unità), ma proporzionalmente tale incremento è leggermente inferiore (4,1%). In definitiva, la crescita è percentualmente più rilevante, perché si parte da livelli più bassi, ma inadeguata a recuperare il ritardo. Tavola 2 Donne e Uomini imprenditori in Lombardia
Titolari di cariche o quote Variaz. % Variaz. 2003 2004 2005 2006 2007 20037 20037 Uomini 775.892 786.394 791.036 808.343 807.701 4,10 31.809 Donne 320.344 324.684 328.262 338.552 336.270 4,97 15.926 Imprese 38.926 41.770 44.112 49.472 47.881 23,01 8.955 ND 8.117 9.553 9.417 12.833 7.463 ‐8,06 ‐654 Totale 1.143.279 1.162.401 1.172.827 1.209.200 1.199.315 4,90 56.036
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Tuttavia ciò non ha comportato una crescita del peso delle imprese femminili: le imprese in cui è presente almeno una donna sono aumentate meno delle imprese in cui è presente almeno un uomo (+ 5,1% contro il +6,6%) e le imprese controllate da donne sono aumentate meno delle imprese controllate da uomini (+5,3% le prime contro +7% le seconde; se invece ci si riferisce alle imprese controllate al 100%, le femminili sono cresciute del 4,6% contro il 7% delle maschili).
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Tavola 3 Trend della presenza femminile nelle imprese lombarde
2003 2007 var. ass. var.% 03Imprese con almeno una donna proprietaria/imprenditrice 274.449 288.560 14.111 5,1 di cui: imprese a maggioranza femminile 132.869 139.845 6.976 5,3 di cui : imprese 100% femminili 107.607 112.541 4.934 4,6 Imprese con almeno un uomo proprietario/imprenditore 622.423 663.541 41.118 6,6 di cui : imprese a maggioranza maschile 524.413 561.083 36.670 7,0 di cui: imprese 100% maschili 455.581 487.522 31.941 7,0
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
La presenza femminile risulta più rilevante nelle società di persone e nelle società di capitale, meno significativa nelle ditte individuali. Le donne sono più aperte al ricorso a forme proprietarie condivise rispetto alla scelta della ditta individuale, sia per la volontà/necessità di suddividere le responsabilità (per motivi di conciliazione o per maggiori insicurezze), sia per una maggiore disponibilità alla collaborazione. All’interno delle società di capitale, si osserva che le donne sono molto più frequentemente titolari solo di quote (nelle società di capitale, il 52,4% delle donne, contro il 29,6% degli uomini, sono imprenditrici in quanto titolari di sole quote), una modalità che non necessariamente implica un ruolo imprenditoriale (proprietarie, non anche amministratrici). Tavola 4 Le donne imprenditrici (titolari di cariche e/o quote) in Lombardia nel 2007
Titolari di cariche o quote % Uomini Donne Impres
eND Totale Uomin
iDonne Impres
eND Totale
Ditte individuali (titolari) 332.782 89.983 ‐ 7 422.772 41,2 26,8 ‐ 0,1 35,3
Società di persone (cariche) 241.707 133.690 ‐ 2 375.399 29,9 39,8 ‐ 0,0 31,3
Società cooperative (cariche) 27.445 7.083 ‐ 2 34.530 3,4 2,1 ‐ 0,0 2,9
Altre forme (cariche) 8.817 1.012 ‐ 9.829 1,1 0,3 ‐ ‐ 0,8
Totale società non di capitale 610.751 231.768 ‐ 11 842.530 75,6 68,9 ‐ 0,1 70,3
società di capitale (solo cariche)
51.667 13.975 ‐ 3 65.645 6,4 4,2 ‐ 0,0 5,5
società di capitale (solo quota)
83.501 67123 40302 7124 198.050 10,3 20,0 84,2 95,5 16,5
società di capitale (cariche e quote)
147.346 47075 ‐ 194.421 18,2 14,0 ‐ ‐ 16,2
Totale società di capitale 282.514 128.173 40.302 7.127 458.116 35,0 38,1 84,2 95,5 38,2 Totale imprenditori lombardi*
807.701 336.270 47.881 7.463 1.199.315 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
* Il numero degli imprenditori differisce dal numero delle imprese, perché in un’impresa possono essere presenti più imprenditori. Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
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Grafico 1 Titolari di cariche e quote nelle società di capitale in Lombardi al 31.12.2007
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
La tendenza negli ultimi cinque anni é tuttavia positiva: è cresciuto il peso delle donne nelle società cooperative e nelle altre forme, ma soprattutto si è consolidata la partecipazione femminile nelle società di capitale, dove sono divenute più frequenti le posizioni di imprenditrici presenti sia con cariche sia con quote. Da una precedente analisi7 volta ad approfondire il tema delle trasformazioni di imprese, ovvero di quei fenomeni, come l’ingresso di “nuovi” imprenditori o l’uscita definitiva di “vecchi” imprenditori, che cambiano nel tempo l’assetto originario delle imprese, era emerso che sia le donne sia gli uomini diventano imprenditori più con la creazione di un’impresa che entrando in imprese esistenti. Ma le donne in misura percentualmente inferiore sono creatrici (30% dei creatori totali, 36% di chi diventa imprenditore entrando in un’impresa esistente), indicando che la loro aumentata partecipazione è spiegata più dal loro crescente inserimento in aziende già attive, spesso in giovane età, che dall’avere accresciuto il ruolo di fondatrici. È invece in diminuzione la presenza femminile nelle società di persone (riflesso di una più generale contrazione delle società di persone, che colpisce in maggior misura gli uomini), mentre la crescita delle ditte individuali femminili resta limitata e inferiore a quella degli uomini. Tavola 5 Trend degli imprenditori per tipologia di impresa nel periodo 20032007
Variaz. % medio annua 20037 Variaz. Assoluta 20037 Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale
Ditte individuali Con carica
imprenditoriale
4,2 2,0 3,7 13.516 1.765 15.277 Società di persone ‐ 4,5 ‐ 1,2 ‐ 3,4 ‐11.349 ‐1.670 ‐13.021 Società cooperative ‐ 2,8 9,3 ‐0,6 ‐803 604 ‐199 Altre forme 11,4 34,0 13,4 901 257 1.158 Totale società non di capitale 0,4 0,4 0,4 2.265 956 3.215
Società di capitale
Solo con carica 1,1 3,7 1,7 567 503 1.070 Solo con quota 10,9 12,8 11,9 8.218 7.629 21.008 Con carica e quota 19,9 22,6 20,6 24.503 8.680 33.183
Totale società di capitale 13,4 15,1 13,7 33.288 16.812 55.261 Totale Lombardia 4,1 5,0 4,9 31.809 15.926 56.036 * I totali non sono la somma delle righe cui si riferiscono perché lo stesso imprenditore può essere titolare di cariche e/o quote in due o più tipologie di imprese Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Anche le imprese a controllo femminile aumentano, ma ad un ritmo inferiore alle imprese a controllo maschile. Questo sembra confermare il divario tra i generi, che si manifesta non 7 Imprenditrici e imprese femminili in Lombardia, Area Ricerca Formaper, Progetto Saturno, 2006.
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tanto nel numero di persone che partecipano ad attività imprenditoriali, quanto con riferimento alle imprese controllate da donne e da uomini. Tavola 6 Trend delle imprese nel periodo 20032007 31.12.2003 31.12.2004 31.12.2005 31.12.2006 31.12.2007 Var .% Var. Imprese al 100% femminili 107.607 109.188 109.533 108.800 112.541 4,6 4.934
Altre imprese a maggioranza femminile 25.262 25.522 26.084 27.906 27.304 8,1 2.042
Imprese paritarie 72.748 73.645 74.922 74.559 75.154 3,3 2.406 Imprese al 100% maschili 455.581 465.911 471.450 472.264 487.522 7,0 31.941 Altre imprese a maggioranza maschile 68.832 69.534 70.908 77.452 73.561 6,9 4.729
Altre imprese 9.061 8.032 6.201 6.004 5.791 ‐36,1 ‐ 3.270 Totale 739.091 751.832 759.098 766.985 781.873 5,8 42.782
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
La minore crescita delle imprese a controllo femminile potrebbe essere stata influenzata da due elementi. Il primo, congiunturale, è legato alla specializzazione settoriale: le imprese femminili non hanno beneficiato dell’effetto traino legato all’espansione dell’edilizia, settore in cui la partecipazione delle donne resta alquanto limitata, mentre sono state particolarmente colpite dal calo dell’agricoltura e del commercio al dettaglio, in cui la loro presenza è crescente. Il secondo elemento è invece riflesso della crescita dell’imprenditorialità immigrata, che negli ultimi anni ha fortemente rivitalizzato la dinamica imprenditoriale maschile, mentre solo sporadicamente ha agito sulla componente femminile. Una crescita più lenta dunque, ma forse più solida e matura del passato, in quanto legata a imprese più strutturate; infatti aumentano soprattutto le società di capitali, ad un ritmo ancora superiore a quanto sperimentato dalle imprese maschili.
Tavola 7 Trend del numero delle imprese per forma giuridica e tipologia proprietaria nel periodo 31.12.200331.12.2007
Natura giuridica Imprese al 100% femminili
Altre imprese a maggioranza femminile
Imprese paritarie
Imprese 100%
maschile
Altre imprese a maggioranza maschile
Altre imprese
Totale
Società di capitale 38,2 18,0 16,1 30,2 13,4 ‐35,9 19,9 Società di persone 3,4 ‐3,4 0,8 ‐4,9 ‐6,6 138,2 ‐2,3 Ditta individuale 2,0 4,3 ‐38,2 3,8 Cooperativa 55,4 1,4 ‐5,5 12,0 4,9 ‐57,6 8,0 Altre forme 15,8 4,2 65,5 7,9 19,0 ‐14,1 9,1 Totale 4,6 8,1 3,3 7,0 6,9 36,1 5,8
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Un altro elemento utile a qualificare la presenza femminile è il dato sulla dimensione delle imprese. Le imprese femminili sono più piccole della media. Anche escludendo le imprese per cui non può essere definita una proprietà di genere, in quanto controllate da persone giuridiche, le imprese al 100% femminili, sulla base dei dati Asia Istat del 20058, hanno una dimensione media di 2,1 addetti, contro i 5,4 addetti delle imprese al 100% maschili. Le altre imprese a maggioranza femminile sono invece più grandi (hanno 6 addetti in media), ma comunque meno delle altre imprese a maggioranza maschile (8,6 addetti).
8 Al momento in cui si scrive, i più aggiornati a disposizione.
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Tavola 8 Dimensione delle imprese per tipologie proprietarie (31.12.2005)
N° sedi lombarde %
N° di unità d’impresa in
Italia %
N° medio delle unità d’impresa per ciascuna sede
Imprese al 100% femminili 80.720 13,8 84.062 13,0 1,0 Altre imprese a maggioranza femminile 22.471 3,9 26.042 4,0 1,2 Imprese paritarie 63.735 10,9 70.741 10,9 1,1 Imprese al 100% maschili 353.258 60,6 387.480 60,0 1,1 Altre imprese a maggioranza maschile 62.068 10,6 75.615 11,7 1,2 altre imprese 900 0,2 2.325 0,4 2,6 Totale 583.152 100 646.265 100 1,1 Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Grafico 2 Dimensione media delle imprese lombarde (con riferimento alle sole sedi in Lombardia) (al 31.12. 2005)
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper –Infocamere e Asia Istat
Il contributo all’occupazione lombarda delle imprese controllate da donne nel 2005 ammonta a 334.592 unità di lavoro, contro 2.758.511 delle unità ascrivibili ad imprese controllate da uomini (circa un ottavo). La presenza femminile per classi dimensionali evidenzia una contributo calante delle imprese a controllo femminile quando si superano i 4 addetti e anche un contributo calante delle imprese con almeno una donna socia o amministratrice se la dimensione dell’impresa cresce oltre i 49 addetti. Ancor più della media delle imprese, quelle femminili sono fortemente concentrate nelle attività monoaddetto o con meno di 5 addetti, ovvero in quell’area che sarebbe corretto definire lavoro autonomo più che impresa. Grafico 3 Distribuzione delle imprese per classi dimensionali e tipologie proprietarie (31.12.2005)
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper –Infocamere e Asia Istat
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Il peso delle imprese a controllo femminile (colonna C) è superiore alla media nei servizi sociali e personali (in cui è maggioritario), negli alberghi e ristoranti, nel commercio, nell’agricoltura e nei servizi alle imprese. Gli alberghi e ristoranti e i servizi alle imprese mostrano inoltre un’elevata percentuale di imprese con almeno un’imprenditrice (colonna F), segnalando una diffusione dell’imprenditorialità femminile che non può essere colta esclusivamente considerando i dati sulle imprese controllate. I dati settoriali mostrano che nella maggior parte dei settori le imprese femminili crescono con un tasso (colonna D) superiore alla media complessiva (colonna I), ma nell’insieme la loro dinamica è lievemente inferiore perché le donne sono poco numerose nell’edilizia, che è stato il settore più vivace, e al contrario sono molto numerose in alcuni settori a bassa crescita (servizi sociali e personali) o in diminuzione (primario, commercio). Tavola 9 Imprese femminili per macro settori (al 31.12.2007) imprese controllate da donne imprese con almeno 1 donna
I Imprese totali var% 20037
A
2007
B 2007 % su totale
controllate da donne
C 2007 % su totale imprese
D var% 2003 2007
E 2007
F 2007 % su totale
imprese con almeno 1 donna
G 2007 % su totale imprese
H var%
2003 2007 Primario 12.249 8,8 21,4 ‐ 2,3 16.010 5,5 28,0 ‐ 0,3 ‐ 1,8 Manifatturiero 17.265 12,3 14,8 ‐ 4,7 46.400 16,1 39,8 ‐ 5,1 ‐ 4,5 Costruzioni 3.942 2,8 2,9 29,8 15.836 5,5 11,7 17,7 18,5 Commercio 40.439 28,9 21,4 0,6 70.118 24,3 37,2 ‐ 0,1 ‐ 0,3 Alberghi e Ristoranti 10.978 7,9 28,9 8,0 22.051 7,6 58,1 10,8 8,2 Trasporti 3.000 2,1 9,2 21,4 7.031 2,4 21,5 10,7 0,9 Servizi alle Imprese 29.325 21,0 18,0 16,6 79.233 27,5 48,7 16,2 16,1 Servizi sociali e 21.286 15,2 50,2 5,3 28.064 9,7 66,2 6,9 4,5 ND 1.361 1,0 15,7 40,7 3.817 1,3 44,1 8,5 16,8 Totale 139.845 100,0 17,9 5,3 288.560 100,0 36,9 5,7 5,8 Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
I settori in cui la dinamica femminile è più sostenuta sono soprattutto quelli in cui la femminilizzazione è storicamente ridotta, ovvero edilizia e trasporti (sono femminili poco più di 3.000 imprese in ciascun settore su un totale di oltre 130.000 imprese nell’edilizia e di oltre 30.000 nei trasporti), ma anche i servizi alle imprese, in cui su un totale di 160.000 imprese quasi 30.000 sono controllate da donne e altre 50.000 vedono la presenza di almeno 1 donna con una carica o una quota sociale). La tavola successiva fornisce maggiori dettagli. Entro la manifattura si evidenzia il ruolo positivo di alimentari e bevande, produzioni in cui l’imprenditoria femminile è più rappresentata (sia come partecipazione di controllo sia soprattutto come partecipazione minoritaria) ed ha registrato una crescita superiore alla media del settore, ma anche il ruolo negativo della maggior parte dei comparti tradizionali e specialmente del tessile‐abbigliamento (nonostante la riduzione del 12,8% nel numero delle imprese attive, nel 2007 il 39,1% delle imprese resta a controllo femminile). Entro i servizi alle imprese le donne sono più presenti e in maggiore aumento nelle attività ausiliarie del trasporto, nelle poste e telecomunicazioni (in gran parte attività di phone center gestite da immigrati), nelle attività ausiliarie dell’intermediazione finanziaria, nelle altre attività professionali e imprenditoriali. La presenza femminile è significativa e in forte crescita (con tassi superiori alla media di settore) anche nella sanità, nell’istruzione e nelle attività ricreative. Ma soprattutto le donne controllano la maggioranza delle imprese attive nei servizi personali (parrucchieri, estetisti, tinto lavanderie etc.), dove tuttavia scontano una dinamica di settore molto rallentata.
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Tavola 10 Imprese femminili per microsettori (31.12.2007)
Imprese controllate da donne % imprese con almeno 1 donna Totale imprese var% 2003 2007
2007
2007 % su totale
controllate da donne
2007 % su totale settore
var% 2003 2007
2007
2007 % su imprese con almeno 1 donna
2007 % su totale settore
var% 2003 2007
Agricoltura 12.176 8,7 21,8 ‐2,2 15.681 5,4 28,1 ‐ 0,2 ‐2,0 Pesca 19 0,0 10,6 ‐24,0 37 0,0 20,7 ‐ 17,8 ‐12,3 Estrazione di minerali 31 0,0 7,0 6,9 163 0,1 36,5 ‐ 3,0 ‐9,3 Alimentari e bevande 2.192 1,6 19,5 22,1 5.115 1,8 45,6 14,5 13,9 Tessili e abbigliamento 5.156 3,7 39,1 ‐12,8 8.117 2,8 61,5 ‐ 14,1 ‐12,2 Cuoio e pelle 474 0,3 23,5 ‐17,0 935 0,3 46,4 ‐ 15,0 ‐16,3 Legno 319 0,2 5,0 ‐9,4 1.267 0,4 19,7 ‐ 9,4 ‐14,6 Carta, stampa ed editoria 1.256 0,9 16,2 ‐2,6 3.731 1,3 48,0 ‐ 4,6 ‐5,5 Petrolio e combustibili 5 0,0 7,1 ‐28,6 30 0,0 42,9 ‐ 25,0 ‐20,5 Prodotti chimici e fibre sintetiche 256 0,2 12,1 ‐9,9 1.029 0,4 48,5 ‐ 7,0 ‐8,2 Gomma e materie plastiche 760 0,5 18,8 ‐13,1 2.138 0,7 52,8 ‐ 9,2 ‐7,3 Lavorazione minerali non metalliferi 388 0,3 12,4 ‐5,4 1.221 0,4 39,1 ‐ 3,6 ‐1,9 prodotti in metallo 2.405 1,7 8,5 ‐3,6 9.622 3,3 34,2 ‐ 3,9 ‐2,7 macchine e apparecchi meccanici 986 0,7 8,0 5,5 4.425 1,5 36,0 ‐ 0,3 0,5 Macchine elettriche 1.339 1,0 10,4 ‐13,7 4.374 1,5 34,1 ‐ 8,6 ‐9,0 mezzi di trasporto 129 0,1 8,9 9,3 498 0,2 34,5 2,0 8,8 Altre manifatture 1.600 1,1 13,4 5,2 3.898 1,4 32,8 1,7 ‐5,1 Energia elettrica, gas e acqua 23 0,0 3,3 ‐14,8 129 0,0 18,4 ‐ 8,5 19,0 Costruzioni 3.942 2,8 2,9 29,8 15.836 5,5 11,7 15,9 18,5 Manutenzione e riparazione autoveicoli 1.155 0,8 5,0 5,0 5.142 1,8 22,4 4,9 ‐0,1 Commercio all'ingrosso 9.027 6,5 11,8 6,5 21.599 7,5 28,3 0,6 0,2 Commercio al dettaglio 30.257 21,6 33,9 ‐1,2 43.377 15,0 48,5 ‐ 1,0 ‐0,8 Alberghi e ristoranti 10.978 7,9 28,9 8,0 22.051 7,6 58,1 9,9 8,2 Trasporti terrestri 1.314 0,9 5,3 2,3 3.552 1,2 14,4 0,9 ‐5,0 Trasporti marittimi 2 0,0 3,1 0,0 13 0,0 20,0 ‐ 7,1 ‐13,3 Trasporti aerei 1 0,0 1,9 ‐50,0 14 0,0 26,9 16,7 ‐13,3 Attività ausiliarie del trasporto 1.227 0,9 22,6 19,4 2.794 1,0 51,5 7,3 5,7 Poste e telecomunicazioni 456 0,3 18,8 196,1 658 0,2 27,1 147,4 117,4 Intermediazione monetaria e finanziaria 269 0,2 10,0 ‐22,3 1.069 0,4 39,9 ‐ 20,3 ‐14,2 Assicurazioni e fondi pensione 38 0,0 11,2 ‐41,5 141 0,0 41,7 ‐ 41,5 ‐39,4 Attività ausiliarie dell'intermediazione fi i i
3.084 2,2 18,6 22,4 4.751 1,6 28,6 20,1 15,5 Attività immobiliari 11.859 8,5 16,9 22,8 39.026 13,5 55,8 20,7 25,5 Noleggio 425 0,3 16,9 10,1 956 0,3 38,1 10,8 12,4 Informatica 2.792 2,0 16,3 8,0 8.163 2,8 47,6 1,1 4,7 Ricerca e sviluppo 77 0,1 12,9 8,5 314 0,1 52,8 21,2 18,5 Altre attività professionali ed i dit i li
10.781 7,7 20,5 13,2 24.813 8,6 47,1 10,6 12,1 Pubblica amministrazione 3 0,0 11,5 ‐78,6 14 0,0 53,8 ‐ 74,5 ‐77,4 Istruzione 555 0,4 24,9 12,1 1.292 0,4 58,0 9,8 7,5 Sanità 1.338 1,0 32,4 49,2 2.917 1,0 70,6 31,6 26,3 Smaltimento rifiuti 48 0,0 7,7 0,0 201 0,1 32,1 7,5 13,4 Attività di organizzazioni 11 0,0 11,8 ‐66,7 54 0,0 58,1 ‐ 56,8 ‐57,7 Attività ricreative 1.648 1,2 21,4 8,6 3.483 1,2 45,2 6,1 7,0 Servizi personali 17.683 12,6 64,1 2,8 20.102 7,0 72,8 4,2 1,6 ND 1.361 1,0 15,7 40,7 3.817 1,3 44,1 7,2 16,8 Totale 139.845 100,0 17,9 5,3 288.560 100,0 36,9 5,1 5,8
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
23
3. Il terziario avanzato (di Anna Soru)
3.1. Un settore basato sulle competenze…
Nell’accezione della nostra indagine, utilizziamo il termine terziario avanzato non
necessariamente come sinonimo di innovativo (specie in riferimento all’innovazione
tecnologica), ma soprattutto con riferimento ai servizi rivolti alle imprese che richiedono un
elevato livello di competenze di tipo cognitivo‐relazionale, escludendo quindi sia i servizi di
tipo manuale, sia quelli puramente esecutivi.
Questa definizione comprende attività molto eterogenee, in parte presenti da anni sul mercato
(ad es., traduzioni, servizi professionali tradizionali, servizi di engineering), in parte più
giovani, sviluppate grazie alle nuove tecnologie e alla nuova domanda ed in continuo, rapido e
perenne mutamento.
Si tratta di una polarizzazione concettuale diversa rispetto a quella fra capitale e lavoro che
definisce l’industria tradizionale, perché porta in primo piano le conoscenze riferite ai singoli
(imprenditori o collaboratori) e all’impresa: conoscenze che solo in parte sono codificate, in
parte restano tacite.
Le conoscenze codificate possono essere certificate da studi, titoli, o anche da albi e ordini.
Sono invece tacite le competenze che aiutano a interpretare i cambiamenti nella loro
complessità e a proporre alle imprese clienti soluzioni personalizzate utili ad accrescerne la
capacità competitiva.
Nell’insieme queste capacità possono essere definite negli standard, nei modelli e nelle
metodologie che l’azienda (o il singolo) ha formato nel tempo con l’esperienza sul campo, in
diversi settori e aree, e possono essere referenziate dalle diverse esperienze lavorative e
professionali.
È difficile individuare dei criteri di classificazione dei diversi servizi del terziario avanzato, in
quanto non esistono adeguati criteri “merceologici”. Abbiamo tentato una prima tassonomia
sulla base del contenuto prevalente delle competenze richieste, distinguendo tra contenuto
normativo, tecnico o gestionale‐strategico. In tal modo è possibile individuare:
Servizi normativi, ovvero servizi per l’interpretazione e l’applicazione delle norme. Sono
servizi che l’impresa deve necessariamente acquisire, se non li possiede internamente, per
24
poter operare in ottemperanza della legge, in un contesto normativo complesso e in continua
evoluzione: servizi legali (con riferimento soprattutto a servizi di interesse per le imprese,
quali consulenze in ambito societario, di diritto internazionale e industriale etc),
amministrativi e fiscali, diconsulenza sul lavoro e sulla sicurezza. Queste attività richiedono
competenze codificabili e in genere certificate dall’appartenenza a ordini o albi professionali
che costituiscono, nel contempo, delle barriere all’ingresso, per quanto non più (o comunque
sempre meno) sufficienti a garantire una protezione dalla concorrenza.
Servizi tecnici e tecnologici, ovvero servizi che presuppongono competenze di tipo tecnico,
sia tradizionali (es. traduzioni) sia innovative (ICT, attività di R&S e progettazione). Anche in
questo caso le competenze che intervengono sono codificabili, ma raramente certificate, anche
se permangono alcuni esempi di copertura ordinistica (attività di ingegneri e architetti) ed
esistono tentativi di certificazione internazionale, ad esempio sulle competenze linguistiche e
su quelle informatiche9.
Servizi strategici e gestionali, ovvero servizi a supporto delle principali aree gestionali delle
imprese: attività di marketing e comunicazione, di selezione gestione e formazione del
personale, di organizzazione, di logistica, di controllo di gestione. In questi ambiti le
competenze che intervengono sono solo parzialmente codificabili, acquisibili principalmente
con l’esperienza e il vissuto professionale.
Nello schema successivo abbiamo riportato una distribuzione dei diversi servizi entro la
tassonomia proposta.
Alcuni servizi sono stati posizionati al confine perché con caratteristiche “miste”. Ad esempio,
la comunicazione multimediale utilizza un mix di competenze di comunicazione e
informatiche; la consulenza relativa alla redazione di brevetti richiede competenze tecnico‐
ingegneristiche e normativo‐legali.
9 Per le competenze ed i profili professionali informatici esiste EUCIP (European Certification of Informatics Professionals), mentre le conoscenze linguistiche sono attestabili con i certificati che si richiamano al Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue straniere.
25
Figura 1 Una tassonomia dei servizi del terziario avanzato alle imprese
servizi tecnici
servizi strategici
servizi "normativi"
servizi legali, fiscali,
sicurezza, lavoro
traduzioni, R&S e progettazione,
reti informatiche
organizzazione, formazione, selezione e
gestione personale, comunicazione e marketing
controllo di gestione
qualità, brevetti, applicativi ICT
comunicazione multimediale,
design
Un po’ atipici rispetto agli altri sono i servizi di engineeering, di design e styling e anche alcuni
servizi ICT, poiché sono attività fortemente collegate a quelle produttive: rispettivamente di
costruzione, di produzione di beni per la casa e per la persona10, di hardware. Accanto ad
attività di mera consulenza (spesso svolte senza alcuna organizzazione imprenditoriale)
operano imprese a forte impronta industriale o artigianale: tra i servizi dovrebbero rientrare
quelle imprese in cui la componente di progettazione e creatività prevale su quella più
direttamente produttiva.
In tutte le tipologie di servizi è necessaria la compresenza di competenze tecniche e di
capacità tacite e relazionali, ma il peso di queste ultime è preponderante nei servizi strategici
e gestionali.
In particolare nella comunicazione è fondamentale la capacità di relazione. Riferisce un
esperto del settore “se hai le relazioni lavori di più, lavori meglio. Esse dipendono da abilità
commerciale, networking, relazioni personali, parentele, amicizie e così via…; è anche possibile
farsi spazio sul mercato utilizzando tecniche di marketing, ma non vengono molto usate, perché
si ritiene che le relazioni siano più efficaci… e difatti lo sono!... In secondo luogo è importante la
capacità di risolvere i problemi… le competenze sono importanti, ma arrivano al terzo posto,
anche perché sono difficili da valutare… i clienti spesso non sono in condizione di valutare… la
10 Nuovi materiali, nuovi disegni per tessuti (per arredamento e per abbigliamento), prototipi, lavorazioni artigianali per l’alta moda etc. , in cui rappresenta una variabile di successo la capacità di integrare l’attività del produttore con quella del designer o dello stilista.
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competenza tecnica in sé e per sé serve solo con clienti molto evoluti, o se si è capaci di fare una
buona educazione sul cliente”.
La mancanza, da un lato, di barriere legali legate all’esistenza di ordini o albi professionali e,
dall’altro, di barriere connesse a competenze specifiche significative e riconosciute, rende
questo ambito particolarmente aperto all’ingresso di nuovi operatori e quindi soggetto a forti
pressioni concorrenziali.
Un problema molto sentito e segnalato da più interlocutori, imprenditori ed esperti, è perciò
legato al riconoscimento delle competenze, particolarmente in relazione ai servizi strategici e
gestionali, ma anche nei servizi tecnici, con riferimento alle fasi più creative e innovative,
perché domina l’idea che la creatività non debba essere pagata.
“Le fasi di ricerca, ideazione e progettazione rappresentano spesso la componente più lunga ed
onerosa del processo produttivo, ma anche la componente che, paradossalmente, il cliente è più
restio a riconoscere e a remunerare. La remunerazione di tale fase va cioè distribuita nelle
diverse componenti del servizio, non esposta singolarmente”. (Giunone, azienda di styling).
“…. Anche se le competenze si dimostrano irrinunciabili per competere e mantenere il
posizionamento rispetto ai competitor, il mercato non sembra riconoscerle e premiarle
sufficientemente; piuttosto, quando le aziende ricorrono alle consulenze esterne puntano a
pagarle il meno possibile……”(Giove, azienda di consulenza e formazione, soprattutto verso le
banche).
Secondo gli esperti intervistati, la Pubblica Amministrazione e le imprese, soprattutto le più
piccole11, non hanno una cultura adeguata a far emergere la domanda di servizi avanzati e a
dar valore alle competenze; piuttosto, prevale l’idea che la conoscenza sia gratuita e che sia
innovativo solo il supporto all’ICT.
Sostiene un esperto di comunicazione “I mercati sono sempre più concentrati, tutti… il mercato
della comunicazione in Italia lo è particolarmente: i primi 100 spender fanno il 55% del mercato.
Gli altri 1718.000 spender si dividono il 45%. I primi 100 ricorrono tutti nei network
internazionali, essendo esse stesse imprese multinazionali. I contratti vengono firmati a Londra,
Tokio, New York. Le 17.000 imprese che rappresentano il 45% della domanda, non hanno
nessuna cultura della comunicazione. Spesso gli uffici di marketing o pubblicità vengono affidati 11 Anche alcune delle società del terziario avanzato intervistate hanno difficoltà a riconoscere il valore di una consulenza per gli ambiti non di propria pertinenza.
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all’ultimo arrivato, magari uno dei figli o parenti del titolare, con nessuna esperienza e bassa
preparazione. Nessuna considerazione è data a questa leva. Per fare cultura qui bisognerebbe
partire dal bilancio: le spese di marketing vengono messe nei costi (i primi ad essere tagliati)
invece che negli investimenti. Si tratta dell’abc della costruzione di un bilancio imprenditoriale, e
quindi della cultura dell’imprenditore. I nostri imprenditori sono bravissimi fino al punto
vendita, il resto non viene considerato compito loro. Ma così la merce resta invenduta sugli
scaffali.”
D’altra parte, gli operatori dell’offerta troppo spesso hanno operato senza adeguate
professionalità, creando sfiducia e disaffezione.
“…..Non è difficile essere contattati da società di consulenza che si propongono senza vantare
alcuna forma di accreditamento; al contrario, l’accreditamento dovrebbe essere previsto dalle
istituzioni, in modo da creare un filtro selettivo a garanzia di credibilità e competenze” (Castore,
azienda di progettazione e prototipi per elettrodomestici)
Al problema del riconoscimento delle competenze risulta infatti indissolubilmente legato il
problema della valutazione, che accomuna un po’ tutte le attività, incluse quelle tecniche: il
mercato è in grado di valutare? Come valuta?
È opinione diffusa che il grande gruppo, soprattutto se multinazionale, sia accreditato in
quanto tale, ma i piccoli operatori avrebbero la necessità di predisporre, con l’aiuto delle
associazioni, dei codici deontologici, dei contratti con clienti e fornitori che assicurino elevati
standard qualitativi.
“Bisogna intervenire sul “codice deontologico”, far capire al cliente il valore del servizio offerto,
della qualità; questo aspetto può far crescere il settore incanalandolo in parametri di qualità”
(esperto di comunicazione e servizi linguistici)
In mancanza di questi criteri, la scelta della società di consulenza è affidata alla relazione ed
alla fiducia nei confronti dell’interlocutore; la “reputazione” diventa allora un parametro di
riferimento essenziale ed il passa‐parola il principale canale referenziale.
Un’imprenditrice attiva nelle pubbliche relazioni (Cerere) osserva perciò “Più che le
competenze specifiche (…) conta, in modo determinate, la reputazione; il fattore fondamentale è,
comunque, la presenza di una rete di relazioni personali (….). I primi clienti sono arrivati perché
mi hanno cercata”.
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3.2. …..e in profonda trasformazione
In base ai dati sulla crescita del numero delle imprese (più che doppi rispetto alla media dei
settori, come evidenziato nell’approfondimento quantitativo III) e dell’occupazione12, ci
aspettavamo di raccogliere indicazioni su un mercato in espansione e con buone prospettive
di ulteriore crescita. Nella realtà, il quadro che emerge è complesso e alquanto critico in
relazione al sistema delle piccole imprese del settore13. Si delineano, infatti, profonde
trasformazioni che stanno modificando radicalmente gli assetti competitivi, comprimendo gli
spazi delle piccole imprese in un mercato che fatica ad esplicare le potenzialità da tempo
preconizzate.
Se in precedenza le attività professionali (non solo le libere professioni, ma anche le nuove
attività legate all’ICT e alla comunicazione) consentivano un elevato riconoscimento
economico in quanto poco diffuse, viste le notevoli barriere all’ingresso (istruzione specifica
non accessibile a tutti o esistenza di albi e ordini professionali capaci di limitare l’accesso),
oggi l’elevata offerta di queste professionalità, anche entro gli ambiti per cui permane la
struttura ordinistica, ha sostanzialmente modificato il rapporto tra queste professioni e il
mercato. Parliamo volutamente di professioni e non di attività imprenditoriali perché solo
raramente esse si sono evolute verso una dimensione realmente imprenditoriale.
L’indagine ci ha permesso di individuare alcune di queste tendenze, ma non di comprendere
completamente quale potrà essere il punto di arrivo.
Sino ad un decennio fa l’offerta risultava in prevalenza caratterizzata dalla presenza di attività
diffuse, poco strutturate, con una dimensione fortemente legata alla figura del titolare‐
professionsita e attive su ambiti prevalentemente locali, protetti dalla competizione
internazionale.
12 È questo un dato riportato un po’ da tutta la letteratura e ripreso anche nelle pubblicazioni ufficiali. Nel Programma Operativo Regionale (POR) 2007‐2013 della Lombardia si legge “L’espansione occupazionale nei servizi ha compensato la perdita di posti di lavoro nelle attività industriali. ……..nel terziario avanzato, nel corso degli anni ’90, la crescita è stata molto sostenuta e ha seguito gli incrementi già registrati nel decennio precedente, anche per via dello scorporo, da parte di imprese manifatturiere, di alcune attività di servizio prima gestite entro i confini dell’impresa, quali logistica e trasporti, commercializzazione, informatica ed elaborazione dati, engineering e R&S. La direttiva del 12 dicembre 2006 dell’Unione Europea, relativa ai servizi riporta “I servizi rappresentano il motore della crescita economica e rappresentano il 70% del PIL e dei posti di lavoro nella maggior parte degli Stati membri…..e costituisce un settore chiave in materia di occupazione, soprattutto per le donne. (GU europea 27.12.2006) 13 Le interviste sono state realizzate prima dell’attuale crisi finanziaria; le opinioni raccolte non sono state influenzate dall’attuale peggioramento delle aspettative.
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In quest’ultimo decennio il quadro competitivo è stato stravolto per effetto di quattro fattori
che, in concomitanza, hanno avuto un impatto generalizzato su tutti i settori. Ci riferiamo,
nello specifico, alla successiva serie di condizioni, tre delle quali connesse alla globalizzazione
e all'apertura dei mercati.
1. Si è affermata la presenza delle imprese multinazionali. Il loro insediamento ha
interessato soprattutto l’ICT, la pubblicità, la comunicazione, le attività di revisione, gli
studi di mercato, ma anche le più tradizionali attività di consulenza legale e sul lavoro.
Nell’ICT l’offerta locale ha perso competitività a causa del confronto con una possibilità
di scelta più ampia e articolata. La logica globalizzata della multinazionale, infatti,
permette all’impresa locale di rivolgersi direttamente ai fornitori internazionali di
hardware e software, con condizioni più vantaggiose.
Nel caso delle attività più propriamente consulenziali, la progressiva penetrazione
straniera è avvenuta al seguito delle imprese multinazionali manifatturiere e
commerciali, che hanno voluto continuare a servirsi di strutture consulenziali
conosciute e sperimentate, anziché affidarsi alla de‐strutturata offerta locale.
Successivamente, i grandi studi professionali e le imprese consulenziali estere hanno
iniziato a guardare oltre il mercato delle grandi imprese, forti di strutture
organizzative e commerciali largamente superiori a quelle tipiche della realtà italiana.
2. In parallelo, ha iniziato a prendere forma anche una concorrenza a basso prezzo,
esercitata da strutture che sfruttano lavoro professionale a costi più bassi, attingendo a
professionisti dislocati in Paesi dell’Est europeo o extra europei. È, questo, il caso che
sta interessando il comparto delle traduzioni, dove è frequente il ricorso a stranieri
localizzati in tali aree anche per traduzioni verso l’italiano, ma ne risulta ulteriormente
interessata l’informatica, per attività che non richiedono un contatto diretto con il
cliente .
3. I processi di ristrutturazione di molte imprese e la chiusura di altre hanno
determinato, e continuano a procurare, la fuoriuscita di manager e quadri over 40/50,
alimentando pesantemente il mercato della consulenza e contribuendo
all’abbattimento dei prezzi. All’aumento dell’offerta contribuisce inoltre la
considerevole crescita di laureati e diplomati in materie come scienze della
comunicazione e architettura e design, in misura largamente superiore alle richieste
del mercato14.
14 Rapporto Specula “La domanda e l’offerta di laureati in Lombardia”, Area Ricerca Formaper, 2008.
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4. E’ sopraggiunta una forte crisi nei segmenti che più concorrono ad alimentare la
domanda, con riferimento alla crisi del tessile/abbigliamento e legno/arredamento e
alle sue ricadute sulla richiesta di servizi di design e styling.
Il maggiore impatto sullo scenario competitivo è indubbiamente legato al primo fattore, ossia
alla presenza delle imprese di servizi a capitale estero, provenienti principalmente da Stati
Uniti e Regno Unito, che ha interessato tutti i settori in cui l’offerta italiana risultava poco
competitiva, anche perché non si era mai misurata nella competizione globale. I settori più
colpiti sono stati la consulenza finanziaria e amministrativa, gli studi di mercato, le attività di
comunicazione e pubblicità e, con modalità diverse, il settore ICT (si veda l’approfondimento
quantitativo II). Decisamente meno colpite le aree dell’engineering e del design e styling, in cui
le nostre imprese vantano un’esperienza e una competitività riconosciuta internazionalmente
(particolarmente nel design), ma anche le altre attività di servizi, che riuniscono servizi
logistici, di traduzione, di fotografia, in cui operano alcuni elementi di localizzazione.
Nell’informatica il mercato è sostanzialmente nato grazie alla presenza estera (in netta
prevalenza statunitense), che ha determinato lo spin off di nuove attività locali, ma che ha
mantenuto il presidio diretto delle realtà più strutturate (come evidenziato
nell’approfondimento sulla provincia di Milano, in tale territorio il 42,5% dell’occupazione nel
settore informatico complessivamente considerato è ad oggi concentrato in imprese a capitale
estero).
Nei servizi professionali, invece, le imprese multinazionali si sono affermate velocemente
entro un mercato esistente, ma caratterizzato da modelli organizzativi primitivi. Il loro
insediamento avviatosi a partire dagli anni ’90, ha conosciuto la fase di maggior sviluppo nel
decennio in corso.
I fattori strategici su cui in genere hanno potuto contare le grandi imprese estere sono la
maggiore solidità aziendale, l’organizzazione commerciale, la capacità finanziaria e quella di
riproduzione del know how, favorita dagli interscambi culturali e dalla trasmissione di best
practices tra le filiali sparse nel mondo, il brand forte, la reputazione, la capacità di offrire
servizi integrati e di standardizzazione qualitativa dei servizi, una strategia strutturata di
marketing e di contatto con il cliente (e non il semplice passaparola) tipica della grande
impresa.
È una presenza, questa, che non sostituisce lavoro locale con lavoro estero, che non determina
delocalizzazioni, ma che assorbe al suo interno offerta locale; che stimola la competizione e
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favorisce l'adozione di tecniche e processi organizzativi innovativi, ma che allo stesso tempo si
appropria di quote considerevoli dei profitti, anche attraverso lo sviluppo di rapporti di
subfornitura a piccole imprese.
Osserva un esperto ICT "Negli ultimi anni il settore ha visto processi di aggregazione fra
imprese che hanno dato vita a strutture aziendali più consistenti in grado di produrre economie
di scala a fronte di un offerta più articolata e complessa. La realtà del settore, tuttavia, sembra
andare in un'altra direzione, continuando a produrre un frazionamento delle attività attraverso
il meccanismo dell’esternalizzazione..…..Tuttavia in molti casi e per molti dei servizi non si tratta
di forme di collaborazione ma di una mera catena di subappalto. In questo schema alcuni anelli
della catena svolgono soltanto una funzione di intermediazione commerciale senza aggiungere
valore aggiunto. È la formula del body rental, molto diffusa nel settore, secondo la quale chi
(azienda o freelance) effettivamente realizza il servizio è totalmente sconosciuto al cliente e,
inoltre, percepisce una quota residuale del compenso rispetto a quanto va all’intermediario."
Aggiunge un esperto di comunicazione “il problema più grande è che la metà dei soldi spesi in
comunicazione vengono portati all’Estero. Da questo punto di vista siamo “colonizzati” dagli
stranieri…”.
Diversa la situazione dell’engineering, in cui la presenza straniera non è dominante, l'attività è
concentrata soprattutto in imprese nazionali, spesso filiali di grandi gruppi (per maggiori
dettagli si veda l'approfondimento II).
Un esperto del settore dice “Altre società di ingegneria, di grosse dimensioni, sono il frutto del
tentativo di penetrazione del mercato domestico da parte di gruppi multinazionali, ma non
sempre le loro filiali italiane hanno avuto successo, soprattutto a causa delle diverse capacità
strategiche e manageriali dimostrate dai vertici”.
Il secondo fattore che ha influenzato il quadro competitivo è connesso alla delocalizzazione
della produzione di alcuni servizi in Paesi in cui esiste un buon livello di lavoro professionale,
a costi ridotti rispetto al mercato italiano.
La logica, che punta sulla competizione di prezzo, è analoga a quella della delocalizzazione
manifatturiera e può essere applicata solo a servizi che non richiedono la vicinanza con il
cliente, ossia in cui non sono necessarie attività di personalizzazione e di mediazione tra il
mercato e l’impresa. L’impatto, che spesso si esprime attraverso una competizione di dubbia
qualità, è perlopiù circoscritto a servizi di tipo tecnico, quali le traduzioni (in cui la conoscenza
della lingua italiana crea le condizioni per una nicchia auto protetta, che tuttavia non sembra
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essere più sufficiente) e alcune attività ICT, mentre il tentativo di delocalizzazione che
interessato anche altre tipologie di servizi, ad es. di servizi ingegneristici, non sempre ha
avuto analogo successo.
Il fenomeno è efficacemente commentato da una traduttrice “I libretti di istruzione di
elettrodomestici e altri apparecchi vengono tradotti in italiano da traduttori non madre lingua
(violando quindi una “regola base” delle attività di traduzione); il risultato spesso è che i libretti
risultano incomprensibili, ma le imprese non sembrano curarsene…..prima o poi succederà
qualche incidente ed allora sarà evidente l’importanza dell’affidabilità del servizio di
traduzioni”.
Ad ogni modo, rispetto al precedente, si dimostra più significativo l’influsso del terzo fattore,
ossia dell’espansione dell’offerta in seguito all’ingresso sul mercato di tecnici ed ex manager,
alimentato da processi di downsizing, di appiattimento gerarchico e più in generale dalle
ristrutturazioni aziendali. Ne risultano interessati tutti i servizi dell’area strategico‐
manageriale, oltre alla già citata informatica, e in prospettiva potrebbe aggiungersi anche il
settore della finanza, in seguito all’attuale crisi. La scelta autonoma‐imprenditoriale è
facilmente accessibile perché non sussistono né barriere formali, né di capitale (è sufficiente
un PC in un angolo della propria casa); in aggiunta, per mantenere un’occupazione si è spesso
disposti a tariffe molto basse.
“Il costo dell’individuo è quello dell’automantenimento, mentre l’impresa ha il costo di impresa,
oltre che il rischio di impresa. I consulenti dunque sono una spina nel fianco delle agenzie15… il
mercato oggi vede un eccesso di offerta, a fronte di una domanda declinante…la concentrazione
fa diminuire la domanda, mentre invece l’offerta aumenta ogni giorno di più, perché tutti quelli
che vengono licenziati dalle aziende si mettono a fare i consulenti. Questo è il tema, che è un
tema politico. Quando c’è un eccesso di offerta la competizione si scarica sul prezzo. Questo è il
problema di tutti i nostri mercati, c’è un eccesso di offerta… in questa maniera si mette sotto
pressione la remunerazione professionale” osserva un esperto di comunicazione.
15 Difficile il rapporto coi consulenti/collaboratori, che da una parte sono considerati concorrenti in “dumping”, perché capaci di operare con costi e prezzi più bassi, ma dall’altro lato, come si vedrà meglio in seguito, sono indispensabili per la produzione dei servizi, cui ricorrere con flessibilità nei momenti in cui il lavoro lo richiede (in alternativa a rapporti di dipendenza).
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“Nell’ICT l’espulsione di molti tecnici dagli staff dei grandi player del settore ha portato queste
persone a tentare la strada dell’attività consulenziale e della micro impresa” sostiene un
imprenditore del settore, che continua “all’origine di queste nuove imprese c’è un’opportunità
già captive, dei clienti che derivano da una precedente attività lavorativa. Può essere il frutto
dell’esternalizzazione di un servizio che un’impresa non intende più offrire e che permette ad
alcuni dei suoi dipendenti di mettersi in proprio. Nasce così una nuova impresa gestita da
persone che, in precedenza, svolgevano quel servizio come dipendenti. La loro precedente
impresa li ha incoraggiati a intraprendere questa attività, garantendogli, ad esempio, l’invio dei
clienti interessati al servizio per un certo periodo. Nel frattempo i nuovi imprenditori si daranno
da fare per cercare altri clienti. Non è detto però che riescano nell’impresa di trovare nuovi
clienti. Sono, infatti, dei tecnici senza esperienza commerciale e gestionale.
Anche la consapevolezza di possedere competenze specialistiche può essere un forte drive che
porta alla scelta di mettersi in proprio. Alcune figure professionali sono difficili da reperire e chi
si trova in questa posizione può provare con successo a proporsi come consulente. Ma l’ITC è un
settore dove le competenze diventano velocemente obsolete".
Un titolare di un’impresa di selezione e formazione del personale (Minerva) aggiunge ” i
professionisti individuali si propongono al cliente, ma non hanno una autoformazione continua.
Si presentano come consulenti, ma forse sono un po’ “limitati” e rischiano alla fine di rovinare il
mercato: non hanno ufficio, spese, autoformazione, e quindi possono proporsi con tariffe più
basse.”
Con riferimento ai settori della comunicazione e del design, ma anche della formazione, alla
crescita della concorrenza contribuisce sensibilmente anche l’elevata offerta di giovani
laureati o diplomati in materie che hanno come sbocco prioritario questi mercati. La difficoltà
di trovare percorsi lavorativi stabili impone tipologie di contratti temporanei che ben presto
tendono a sfociare in attività autonome imprenditoriali.
Infine, il quarto fattore, la crisi dei mercati, soprattutto manifatturieri tradizionali, tocca in
maniera trasversale un po' tutte le attività del terziario alle imprese, ma sono soprattutto le
attività di design e styling, le più strettamente connesse alla moda, ad essere penalizzate dal
forte ridimensionamento e della ristrutturazione del settore del tessile‐abbigliamento‐
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calzature, in seguito alla liberalizzazione del commercio16 e alle successive delocalizzazioni
produttive che hanno colpito soprattutto chi operava nelle fasce di mercato basse e medie.
L’attenzione alla compressione dei costi fa inoltre privilegiare il ricorso a singoli freelance
piuttosto che ad agenzie e aziende strutturate (Nettuno).
Un’azienda del settore (Giunone) racconta “negli ultimi anni le nostre lavorazioni sono molto
diminuite a causa delle massicce importazioni di capi di vestiario provenienti dalla Cina. Infatti,
mentre sino a cinque anni fa riuscivamo a produrre 25/30.000 capi a stagione, ora riuscire a
lavorare 8.000 capi è già un buon risultato”. Inoltre “c’è la tendenza di molti gruppi del tessile
abbigliamento a ridurre le collaborazioni esterne, ad usare risorse interne per l’elaborazione
delle collezioni per ridurre i costi. La crisi del settore ha, infatti, colpito proprio quella tipologia
di media impresa che è il nostro cliente ideale. Molti altri service hanno dovuto chiudere non
avendo più clienti. Di conseguenza, nella nostra provincia, oltre a noi, ormai sono solo un paio le
aziende che fanno elaborazioni di disegni per tessuti.
Un’altra azienda (Venere), posizionata nel segmento dell’alta moda, osserva “La crisi del
settore abbigliamento noi l’abbiamo solo vista da lontano, senza provarla direttamente.
Soprattutto sino a tre anni fa, la crisi è stata tremenda, ha ridotto ad un terzo i confezionisti che
operavano nell’area attorno a noi. È stato l’effetto delle delocalizzazioni delle produzioni in
paesi dove il costo del lavoro è molto più basso….. La crisi ha colpito anche il segmento del lusso,
nel quale operiamo noi, ma la nostra attività non è stata toccata proprio per l’elevata
specializzazione e qualità.”
L’accresciuta competizione ha quindi interessato sia i segmenti di mercato più esigenti e
profittevoli, al cui interno aumenta la concentrazione e spesso le multinazionali detengono il
dominio, sia quelli meno esigenti, dove invece si fanno sentire gli effetti di una concorrenza
molto forte, sostanzialmente di prezzo, che rende tali mercati sempre più polverizzati e
“poveri”.
L’effetto per le piccole imprese è dirompente, perché l’accresciuta offerta si trova a
fronteggiare una domanda che invece fatica a crescere. Tralasciando le grandi imprese, da cui
16 Il primo quinquennio del ventunesimo secolo ha rappresentato uno dei momenti più difficili del settore tessile‐moda italiano, a causa soprattutto della crescente liberalizzazione del commercio internazionale, completata nel 2005, con la definitiva eliminazione dei contingenti all’import. Donzelli R. "Il sistema moda milanese", 2007, Servizio studi e supporto strategico Camera di Commercio di Milano
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proviene la quota di domanda maggioritaria per ICT, pubblicità, comunicazione, studi di
mercato, ma che, come si è visto, è servita principalmente dalle imprese multinazionali, e
tralasciando anche i mercati esteri su cui le nostre imprese raramente sono preparate ad
operare, la crescita di opportunità di mercato è legata, quindi, a due segmenti: la Pubblica
Amministrazione e le Piccole e Medie Imprese.
Tuttavia, in entrambi i casi, la mancanza di competenze manageriali interne ostacola
l’emergere della domanda e rende difficile l’adozione di strumenti di selezione che sarebbero
necessari per orientarsi in un mercato in cui convivono posizioni di eccellenza e situazioni di
totale improvvisazione.
Dal canto suo l’offerta, che non è stata in grado di garantire standard medi elevati, non ha
potuto favorire nelle piccole imprese la consapevolezza dell’utilità di tali servizi, e superare le
legittime resistenze nei confronti di investimenti onerosi ma dall’esito incerto.
Un esperto di comunicazione commenta “è difficile il rapporto con la piccola impresa, che
preme soprattutto sui costi, inoltre su molti progetti bisogna far lavorare insieme il personale
del committente con quello dell’agenzia. Si crea un doppio binario senza mai un incontro reale.
Da questo problema è difficile uscire se non con un’azione di carattere culturale. I grandi
network invece sanno dialogare tra di loro, utilizzano le stesse logiche, lo stesso linguaggio. Tra
PMI e agenzia, invece, più che un dialogo c’è un conflitto. Ad esempio, diventa difficile lavorare in
un orizzonte meno che annuale. Se il contratto non è neanche annuale, vuol dire che si sta
lavorando “a progetto”.
Un’imprenditrice attiva nelle relazioni pubbliche (Cerere) aggiunge “spesso a capo delle
aziende potenziali clienti non ci sono manager in grado di valutare le competenze di ‘fornitori’
del mondo della comunicazione. In questo senso i professionisti di RP devono impegnarsi molto
nella tutela della propria professione e, nel rapporto diretto, anche nella ‘formazione dei loro
interlocutori”..
All’operatore pubblico si contesta, inoltre, il ricorso a operatori in house17 e il prevalere di
meccanismi di selezione non trasparenti o incentrati esclusivamente sul prezzo, e perciò
incapaci di favorire una crescita qualitativa dell’offerta.
17 Sono oltre 6.000 le imprese partecipate dalle amministrazioni pubbliche locali. Dal “Primo rapporto sugli indicatori dei Servizi Innovativi e Tecnologici”, 2008, Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici.
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In proposito, un esperto ICT osserva che “La crescente gestione della domanda pubblica
attraverso il ricorso ’in house” toglie risorse al mercato, favorendo le aziende di proprietà
pubblica. Al contrario, la domanda pubblica dovrebbe liberare il mercato dal vincolo che le
imprese vincitrici debbano essere a partecipazione pubblica, per incidere positivamente sulla
crescita delle imprese” (…) “la proliferazione della stazioni appaltanti rende estremamente
onerosa la partecipazione” (…) “la modalità con cui viene gestita la domanda pubblica penalizza
e rallenta le possibilità di crescita e di sviluppo per le imprese: gli appalti vengono infatti gestiti
solo in base al criterio di massimo ribasso, senza progettazione e meccanismi di project
financing, e la loro polverizzazione in subappalti annulla progressivamente i margini di
redditività per l’impresa.”
Un altro esperto, sempre dell’ICT, commenta ”La Pubblica Amministrazione non è aperta al
mercato, è sempre stata il territorio di caccia di alcune aziende. Non è quindi un mercato
trasparente, né fluido né dinamico….. I ribassi imposti sono devastanti, anche se poi si recupera
con le cose chieste e non previste e le attività extra contrattuali. In ogni caso pare improbabile
che la Pubblica Amministrazione possa agire da volano per il settore. Le Piccole Imprese, invece,
rimangono fuori dall’orizzonte dell’offerta di ICT, è un non mercato. Sotto la soglia dei 50
dipendenti una azienda non è un cliente appetibile: questa è, infatti, la scala dimensionale che
produce processi di gestione di una certa complessità e, quindi, può generare interesse per lo
sviluppo di applicazioni. Sotto questa scala dimensionale non c’è la complessità dei processi che
richiede una specifica architettura informatica e, spesso, non c’è neppure una cultura sensibile
alle soluzioni informatiche. Per i grandi vendor multinazionali, poi, il cliente target è
rappresentato da aziende medio/grandi, industriali e del terziario, e da banche e assicurazioni:
solo queste organizzazioni hanno risorse economiche adeguate e una struttura IT interna con la
quale il fornitore può dialogare".
3.3. Un mercato con prospettive incerte…
A fronte del complesso quadro delineato che, come visto, ha conosciuto radicali cambiamenti
nel giro di un solo decennio e che, ad oggi, induce a connotare il terziario avanzato come
ambito dai segnali contrastanti, non è facile cogliere con chiarezza le possibili prospettive.
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Le previsioni appaiono, infatti, molto diverse a seconda differenti settori e, anche entro lo
stesso, si ritrovano opinioni discordi.
Tralasciando le specificità settoriali, in generale l’andamento della domanda è stato
influenzato da:
• la globalizzazione, che ha accresciuto la competizione e ha accresciuto la domanda di
servizi linguistici, di servizi di brevetti e marchi, di servizi specifici per
l’internazionalizzazione ed il posizionamento sui mercati esteri;
Conferma un esperto di servizi linguistici e di comunicazione "attualmente si registra una fase
crescente della domanda di servizi di traduzione e interpretariato, in relazione all’apertura del
sistema economico ai mercati internazionali".
Mentre Urano, un'impresa ICT, afferma “Per alcune imprese clienti è stato devastante andare
sui mercati esteri senza aver prima razionalizzato la gestione del territorio nazionale e pensato
di adottare un simile approccio anche altrove. A fronte di tale necessità, esse paiono individuare
una risposta proprio nell’utilizzo di una specifica logica “territoriale” e di strumenti, come quelli
messi a disposizione dalla nicchia dei GIS (Sistemi Informativi Territoriali Integrati, una nicchia
dell’ICT, n.d.r). Si può dire, quindi, che i processi di internazionalizzazione che stanno
interessando imprese clienti lentamente iniziano ad aprire delle prospettive.”
• la situazione congiunturale che interessa i segmenti di mercato di riferimento; ad
esempio, negli ultimi anni il sistema bancario e finanziario hanno agito da traino per
molte attività di servizio: dall’ITC, alla formazione, alla comunicazione. Chi si trovava
posizionato in questo mercato ha potuto ampiamente beneficiarne, ma l’attuale crisi
della finanza sta mutando drammaticamente le prospettive;
• la capacità di usare tecnologie nuove per modificare i servizi esistenti (ad es. la
multimedialità nella comunicazione).
Lo sviluppo di Internet sta rappresentando per i servizi avanzati qualcosa di analogo a ciò che
è stata l’elettronica per la manifattura: una traiettoria tecnologica orizzontale, che non solo ha
rivoluzionato il modo di lavorare, di raccogliere informazioni, di provvedere
all’autoaggiornamento generalizzato, ma che ha anche creato nuove opportunità in molteplici
ambiti: nuovi servizi nella ICT, nuovi canali per la comunicazione, per la pubblicità e per la
formazione, nuovi servizi on line di supporto alle imprese, grazie all'open source..
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Afferma un esperto del settore ICT “Ogni azienda che si rispetti ha una presenza sulla Rete. Può
essere una presenza a livello di brochure istituzionale oppure un sistema per erogare servizi,
oppure uno strumento per dialogare con potenziali fornitori o clienti, un market place. Tutte
queste applicazioni, molto spesso, sono soluzioni che dipendono da applicativi sviluppati ad hoc
da una piccola società informatica o customizzati a partire da applicativi open source
disponibili in Internet, che ormai sono considerati affidabili e che dialogano con gli strumenti
legacy ….. Se voglio vendere online cercherò lo strumento più affidabile per i miei scopi, meno
costoso e più vantaggioso. Non è rilevante se è fatto da Microsoft o è open source”.
Commenta tuttavia un altro esperto “L’open source potrebbe essere il fattore in grado, a livello
europeo, di modificare la predominanza delle tecnologie e dei prodotti delle grandi
multinazionali. La mia azienda ha aperto dal 2001 una linea dedicata ai servizi e prodotti open
source. È quindi una realtà che ben conosco e che rappresenta una chance per lo sviluppo
software perché riduce significativamente l’impatto dei costi dovuti alle licenze del software
proprietario.
Per il momento, tuttavia, nel settore non c’è ancora una conoscenza sufficientemente profonda e
diffusa dei modelli di business che possono essere costruiti a partire dall’open source.
C’è una certa abitudine tra gli operatori dell’ICT ad usare soluzioni open source perché sono
disponibili e sono gratis. Ma questo è solo un pezzo del percorso che si può fare con l’open source.
Meno comune è, invece, l’adesione alle logiche dell’open source che prevedono la partecipazione
a progetti di sviluppo di prodotti e, quindi, l’acquisizione di competenze. Questo permette di
avere la capacità di servire le aziende che utilizzano quei prodotti e che hanno, poi, bisogno di
qualcuno che offra loro assistenza, per ottenere il massimo dei benefici.
Sono, quindi, meno frequenti le imprese italiane che percorrono fino in fondo il circolo virtuoso
dell’open source per creare opportunità di business. Ci sono molte remore e molto
tradizionalismo da parte degli informatici. Ci sono, inoltre, molte paure da parte dei clienti
rispetto al nuovo”.
La crescita delle rete determina anche un rilancio dei servizi di comunicazione “sta avvenendo
infatti che molte aziende, per le quali l’unica inserzione pubblicitaria era quella sulle Pagine
Gialle, stanno scoprendo che l’edizione cartacea sta diventando sempre meno importante, e
sentono che per raggiungere alcune tipologie di potenziali clienti è necessario avere il sito
39
internet, con il posizionamento e tutto il resto, stanno scoprendo cioè che è diventato necessario
comunicare” (…).
“L’imporsi dei media digitali ha determinato un impulso molto forte al settore della
comunicazione: la velocità con cui si trasmettono le informazioni e con cui nascono le tendenze
(pensiamo, ad esempio, ai blog e ai social network) ha imposto alle imprese di intercettare e di
affidarsi a professionisti per la gestione, divenuta sempre più complessa, della propria
immagine.” Commenta un esperto di comunicazione, che continua “La pubblicità stessa ne è
stata influenzata, anche se è sempre un po’ a rimorchio. Le agenzie pubblicitarie in genere
subiscono l’innovazione: l’establishment pubblicitario non è mai stato pronto ad apprezzare in
nuovi media, come internet. La stessa cosa, d’altra parte, è successa in altri tempi con la
televisione, e prima ancora con la radio. Con la tv, si era abituati alla stampa, non si capiva bene
all’inizio a cosa potesse servire e come potesse essere utilizzato. Poi è diventato il mezzo di
comunicazione più importante. Oggi il mezzo di comunicazione principale resta la televisione,
oltre alla stampa, e le agenzie sentono la mancanza di un modello valido per internet, che al
momento non funziona.”
• La capacità di individuare nuove nicchie e segmenti di mercato, specializzandosi in tale
direzione
Mercurio, agenzia di Relazioni pubbliche il cui target specifico è rappresentato dal settore del
turismo, afferma “ (…….) la specializzazione, è una direzione che il settore ha preso e che
rappresenta una forte chance per mantenere un posizionamento forte sul mercato, oltre alla
capacità di innovarsi e di strutturare sempre meglio i servizi offerti”. Aggiunge un esperto del
settore "se un tempo si cercava l’agenzia di RP, adesso si cerca l’agenzia specializzata, ad
esempio, nel turismo, nella moda, nello sport,nella finanza. E la stessa agenzia ha al proprio
interno account specializzati nell’operare con imprese del settore”.
Secondo un esperto ICT, "Per uscire da questa situazione stagnante, le imprese ICT lombarde
più ambiziose cercano di percorrere la strada della differenziazione, cercando di individuare
delle nicchie di mercato nelle quali specializzarsi, investono nella ricerca di nuovi modelli di
servizio e nello sviluppo di nuovi prodotti software. La dimensione aziendale relativamente
piccola porta, infatti, ad escludere la possibilità di competere su gli stessi segmenti presidiati dai
grandi player internazionali. La specializzazione spinta è oggi la chiave dello sviluppo nel
settore dell’informatica lombarda, dove non esiste più un’impresa di dimensioni nazionali
40
capace di competere anche a livello internazionale, trainando uno sviluppo originale a livello
locale". (…..) "Alcuni servizi di nicchia potrebbero diventare significativi. Un esempio è la
parabola dello sviluppo della security nell’IT. Sembrava essere indirizzata soltanto verso alcune
tipologie ristrette di utenti con specifiche esigenze legate alla gestione di dati particolarmente
significativi. Oggi è diventata un’esigenza diffusa che tocca anche il singolo pc collegato alla
Rete. Antivirus e firewall sono l’ABC della sicurezza. C’è poi un aspetto normativo della sicurezza
che impone dei requisiti minimi a chiunque abbia in gestione dati sensibili altrui. Infine c’è la
crescita degli attacchi informatici ai database delle aziende. Oggi la sicurezza informatica non è
più una nicchia, è diventata una componente complementare e permanente di qualunque
progetto IT, con i suoi prodotti specifici. I produttori di prodotti per la sicurezza sono diventati
grandi player. A loro volta i grandi Vendor stanno entrando in questo mercato che sta
diventando particolarmente ricco e appetibile: ad esempio Cisco occupandosi di reti è entrata
nel mercato dei sistemi per la sicurezza delle reti".
• L’innovazione di servizio tout cour, in risposta a nuove esigenze del mercato. Ma
l’innovazione può anche consistere nella combinazione innovativa di più servizi non
nuovi per soddisfare una specifica esigenza. Ad esempio un nido aziendale che usa
l'interior design (colori, superfici, luci…) a supporto dell'educazione (Polluce), un
servizio di radio personalizzato che trasmette entro negozi o banche (Pegaso), un
servizio ICT per l'organizzazione di dati territoriali in funzione della logistica, del
marketing o del monitoraggio (Urano), un servizio di architettura aggiornato non solo
su tecniche costruttive e materiali, ma anche su normative per il contenimento
energetico, il risparmio di costi e la tutela dell'ambiente (Apollo).
Pegaso è una “radio del futuro: una radio che trasmette all’interno di catene di negozi, con una
comunicazione che riguarda quel luogo, quel negozio, quella catena; non il vicino di negozio, che
magari è un concorrente, come succede con le radio generaliste…la radio è nata perché
credevamo alla possibilità di creare dei mezzi di comunicazione dove non esisteva niente,
soltanto il silenzio. Oppure dove, ascoltando altre radio, ci siamo resi conto che venivano
trasmessi dei messaggi pubblicitari in concorrenza con il luogo dove ci si trovava. Era un
controsenso...”. Al servizio radio può essere abbinata la vendita di pubblicità “Abbiamo deciso
di intraprendere un’altra sfida: la vendita degli spazi pubblicitari all’interno di questi grandi
circuiti, che raggiungono in questo momento numeri di ascoltatori pari ai network
nazionali….La radio interna incide per oltre l’80% sugli acquisti, perché l’80% degli acquisti
41
vengono decisi nello store, nel momento in cui io sto guardando la merce, sono sul punto di…. è il
momento migliore per influenzare il consumatore…”.
Urano opera in una nicchia dell’ICT, nei GIS sistemi informativi territoriali integrati. In pratica,
molti dati e informazioni dei clienti che hanno valenza territoriale (es. indirizzo, cap ecc.)
vengono riportati ed integrati in una “mappa geografica” utile per pianificare e monitorare
attività a valenza territoriali (la distribuzione dei centri di vendita, la ripartizione tra gli agenti,
le consegne etc. Ciò ha un’importanza particolare in un mercato dai connotati di forte
territorialità come quello italiano, dove il medesimo prodotto non si vende allo stesso modo nelle
diverse regioni o raggruppamento di regioni; ma comunque un approccio attento agli aspetti di
territorialità ha importanza anche per quelle aziende o multinazionali che vogliono aprirsi sui
mercati esteri o che sono già internazionali.
• La capacità di sviluppare un "pacchetto" di servizi collegati, mirati alla risoluzione di un
problema e che permettano una valutazione comparativa costi‐benefici. Può trattarsi
la soluzione al problema di archiviazione dei documenti (Chirone), la messa a punto di
un impianto anti‐incendio (Vulcano), l’organizzazione di una convention con tutti i vari
servizi collegati (Bacco), la realizzazione di servizi chiavi in mano per il broadcasting
radio‐televisivo (Diana).
La Chirone ha sviluppato un servizio per archiviare in magazzini di sua proprietà cartelle
cliniche di ospedali e di inserire le medesime su disco ottico attraverso un programma creato
direttamente dall’impresa stessa, grazie al quale l’ospedale può controllare le cartelle cliniche
direttamente su video. “Abbiamo risolto il problema in alcuni ospedali vendendo direttamente
ai clienti la cartella clinica; assicuriamo la consegna della cartella clinica entro 48 ore o
direttamente o tramite mezzo posta; gli ospedali non erano nelle condizioni di consegnare in
tempo le cartelle, che rappresentano per una buona parte dei pazienti qualcosa di fondamentale
e di vitale; abbiamo così creato un sistema che, ricevute le cartelle dopo la dimissione del
paziente le inserisce su disco ottico; la cartella è venduta direttamente al paziente ai prezzi
pattuiti dal ministero della salute; in questo modo abbiamo creato un sistema efficiente che
permette alla gente di avere la propria cartella clinica in tempi brevi, all’ospedale di risparmiare
sui costi e sul personale, che potrà essere utilizzata in settori diversi.”
42
3.4. ….in cui le piccole imprese faticano a strutturarsi
Le imprese locali in parte hanno saputo reagire ai cambiamenti del mercato, seguendo
percorsi di crescita e di strutturazione organizzativa, adottando, anche grazie alla
contaminazione con le realtà internazionali, modelli più moderni, per reggere l’accresciuta
competizione interna e anche per prepararsi a competere, laddove già non lo facevano, sui
mercati internazionali. Ne sono la prova l'accresciuto peso delle società di capitale (si veda
l'approfondimento III), che in questi settori hanno una rilevanza doppia rispetto al totale delle
attività produttive.
Ma il sistema produttivo, con riferimento all'ICT, alla comunicazione, alle attività di
progettazione e engineering e agli studi legali‐professionali, si configura prevalentemente
come un mercato duale: da una parte i grandi studi, le grandi società (spesso multinazionali,
ma anche italiane) che operano a livello internazionale, dall'altra parte una realtà polverizzata
di imprese (come emerge dall'approfondimento III, circa il 50% delle imprese sono
monoaddetto e un altro 30% circa è costituito da imprese sino a 9 addetti) che continuano ad
operare con modelli destrutturati.
Più interlocutori fanno riferimento a imprese che contengono un piccolo nucleo stabile,
generalmente costituito dall’imprenditore, alcuni familiari e dipendenti e da una rete di
collaboratori che intervengono o nei momenti di maggiori necessità produttive o per fornire
competenze non presenti internamente18. Sarebbe questa una modalità organizzativa
necessaria per adattarsi ad un lavoro impostato per progetti o per commesse, che non dà
garanzie di continuità e che alterna momenti di grande impegno a momenti di vuoto.
Nella comunicazione: “Si può trovare di tutto e di più. Se si considera un’impresa di dieci
quindici persone, 34 possono essere i soci… le assunzioni sono molto rare, diffusissime sono le
collaborazioni a progetto o le assunzioni a tempo determinato”
C’è anche chi opera sostanzialmente da solo “C’è una figura che riesce a fare tutto, è il
cosiddetto art director, quando la parte di comunicazione è prevalentemente visiva, può gestire
tutto come capocommessa servendosi di professionalità esterne come il fotografo, l’illustratore, o
colui che scrive i testi”.
18 La rete con i liberi professionisti e i fornitori è una rete non formalizzata: l’attività viene svolta con incarichi individuali, rinnovati di volta in volta (si attinge in genere ad un parco consulenti/fornitori noti).
43
Bacco, un ‘azienda che organizza eventi, conferma : “ La struttura interna è costituita dalle tre
socie più una persona interna e un collaboratore in amministrazione….C’è poi un’infinita rete di
collaborazioni, che sono fornitori anche e soprattutto individuali. I servizi forniti e organizzati
sono molto complessi: si va dalla grafica, alla creatività, progettisti, hostess, guide turistiche,
moltissime professionalità diverse. Il nostro tesoro è costituito dalla cerchia delle persone che nel
tempo abbiamo selezionato e che lavora anche per noi”. Le collaborazioni non sono episodiche,
ma non sono strutturate: “tendiamo a rivolgerci alla stessa cerchia di collaboratori, ma di volta
in volta si tratta dell’assegnazione individuale di un lavoro individuale, senza vincoli. Si tratta di
rapporti basati sulla fiducia”.
3.5. Professionisti artigiani o imprese?
Molto spesso non si tratta di veri imprenditori, ma di professionisti artigiani. Infatti:
a. la loro attività è incentrata sull’imprenditore‐detentore del know how e delle reti
relazionali. Un patrimonio che secondo alcuni è difficile da trasferire, ma che
soprattutto non si vuole trasferire. In mercati in cui non ci sono significative barriere
all'ingresso e in cui il know how e le reti relazionali rappresentano il principale asset di
imprenditori e collaboratori, non c'è la disponibilità ad insegnare, né a condividere e
trasferire competenze e rapporti fiduciari, perché un rafforzamento dei collaboratori
ne favorirà l’uscita, con nuove iniziative autonome o a vantaggio di imprese
concorrenti.
Un esperto ICT osserva "Dal punto di vista dell’organizzazione interna le imprese del settore
hanno una struttura snella. Non esiste una funzione commerciale dedicata. Questa è svolta
dall’imprenditore o dai soci. Questi sono solitamente di estrazione tecnica e continuano ad essere
coinvolti nella elaborazione tecnica dei loro prodotti/servizi. La scelta dell’imprenditore di
gestire direttamente le relazioni con i clienti è dettata da un insieme di ragioni: per prima cosa
l’imprenditore si sente egli stesso rappresentante dell’identità e delle capacità dell’azienda. C’è,
inoltre, un intendimento protettivo: i rapporti con i clienti sono una cosa preziosa e vanno
coltivati e protetti con cura".
Nel corso di uno dei focus, sono emerse considerazioni dapprima coerenti con quanto sopra
“La caratteristica fondamentale delle imprese è la conoscenza insita nell’imprenditore stesso”….
e …. “Le imprese sono legate a un nome, a chi le ha aperte. Qui il rischio di impresa è assoluto.
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Quando il titolarefondatore decide di smettere, difficilmente l’impresa riesce a sopravvivere.
L’impresa è totalmente identificata con il fondatore, e poiché il rapporto con la committenza è
spesso un rapporto di fiducia, se viene a mancare il fiduciario diventa impossibile continuare la
relazione …” il rapporto personale non può essere esteso nel tempo a qualcun altro “perché il
mio know how è il mio know how, e il mio committente non vuole vedere nessun altro…” “Un
capitale relazionale è “intrasferibile”. Con il proseguo del confronto, le argomentazioni hanno
preso tuttavia una piega diversa “il problema è che chiunque può presentarsi come “consulente
di comunicazione”. In una situazione di questo tipo – senza albo o ordini di riferimento – la
relazione è fondamentale. Non ci sono barriere all’accesso e non ci sono capitali di rischio per
avviare l’attività…… Come si aprono le nuove agenzie? Portando via il cliente… io ho fatto
lavorare e ho formato il collaboratore, e questo mi porta via il cliente…” Il valore aggiunto
dell’impresa è dato dagli asset intangibili che risiedono nel capitale umano del titolare e degli
addetti, fra cui anche il capitale relazionale che collega a clienti e fornitori.”
b. Gli imprenditori non sono disponibili a suddividere la proprietà e il controllo
dell’attività. Il modello di riferimento è sempre quello della tradizionale impresa
manifatturiera/artigiana, non solo con un contenuto di competenze molto legato
all’imprenditore e tale da dare l’impronta all’impresa, ma anche con un proprietario
che decide e ha l’ultima parola. Emerge spesso la difficoltà (o anche l’indisponibilità) a
condividere il controllo. Non è solo un problema di possesso, ma anche l’insofferenza
verso forme di mediazione, anche perché mancano modelli di riferimento. Diverse
attività sono state riavviate a causa della difficile convivenza con i precedenti soci. In
alcuni casi la prima attività era stata avviata con soci non familiari, ma in seguito a
difficoltà di cogestione, l’attività è stata sciolta e riavviata con sostituzione dei soci a
vantaggio di familiari.
c. Infine, gli imprenditori sono spesso concentrati sul presente e senza una visione
strategica. Totalmente assorbiti dal proprio lavoro, dalle scadenze incombenti, dalla
necessità di “fare”, non alzano la testa per guardare oltre, per programmare azioni di
medio periodo.
Così l’impresa di alta moda Venere “Nel 2009 tre delle nostre collaboratrici andranno in
pensione e, al momento, non ci sono altre persone che possano sostituirle (... ) il ritmo del lavoro
non ci permette di seguire delle persone giovani per insegnare loro come lavorare”.
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Mentre un esperto ICT afferma “La piccola scala determina le caratteristiche dell’offerta ICT
che è prevalentemente di tipo adattativa e opportunistica. Si tende a cavalcare la tecnologia che
in un dato momento sembra presentare una domanda più consistente. È ridotta ai minimi
termini la capacità di definire autonomamente linee strategiche, percorsi di sviluppo, scelte
tecnologiche e di ricerca e sviluppo…..
Emergono alcuni “blocchi” tra loro interconnessi, alcune situazioni che sembrano senza uscita,
avvitate su se stesse.
Il primo di questi blocchi è legato alla strutturazione: le imprese non si strutturano perché
non hanno sufficiente mercato e non hanno mercato perché non sono strutturate.
Il secondo al rapporto tra l'impresa e i suoi collaboratori. La riluttanza ad investire sulla
formazione del collaboratore perché potrebbe andarsene, vanificando l’investimento, insieme
all’accentramento delle relazioni con i clienti da una parte spinge effettivamente i
collaboratori ad abbandonare l’impresa e d'altra parte è una scelta perdente in ambiti in cui
l’importanza delle competenze tecniche e relazionali rende cruciale l’investimento nei propri
collaboratori. I risvolti del modello familistico sono più pesanti che nel manifatturiero perché,
in assenza di barriere all’ingresso di capitale, la difficoltà ad offrire prospettive ad un
lavoratore professionista (in termini di stabilità di lavoro, di prospettive, di investimento
formativo) incentiva gli spin off, rendendo difficile la crescita dell’impresa.
Solo nei settori meno affollati o nelle imprese che si sentono più forti nel proprio mercato si
investe significativamente sui collaboratori, particolarmente su coloro che hanno competenze
cruciali, e quindi sulla loro formazione e fidelizzazione, grazie a elementi monetari e non
monetari, arrivando, in alcuni casi, ad aprire al coinvolgimento nell'assetto proprietario.
Ma è importante sottolineare che la difficoltà a investire sulla formazione non è solo delle
piccole imprese, né solo dei settori in cui prevalgono le soft skills.
"Anche le stesse imprese del settore informatico, incluse le più grandi, non fanno più investimenti
in formazione per il loro personale tecnico. Questo disinteresse per la formazione ha effetti
particolarmente deleteri in un settore come quello informatico dove le competenze hanno un
ciclo di vita di pochi anni. Ad esempio, pone dei seri limiti alla diffusione dell’open source come
modello per percorsi di sviluppo specifici e più vicini alla realtà imprenditoriale italiana. In un
ottica open source, dove il software è libero e gratuito e ciò che si può vendere al cliente è il
servizio, la personalizzazione e l’implementazione delle applicazioni, la conoscenza è la
condizione che porta le aziende ICT ad adottarlo come modello di business. ….I processi di
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formazione tecnica interna sono ridotti ai minimi termini anche nelle grandi imprese del settore.
Di conseguenza, l’acquisizione di nuove competenze al di fuori della propria organizzazione
rimane l’unica chance che le imprese hanno per poter innovare la propria offerta. La ricerca di
queste competenze porta prevalentemente l’azienda a individuare un consulente esterno che
realizzerà delle collaborazioni. Meno frequentemente la ricerca si conclude con un’assunzione a
tempo indeterminato. Da parte dei tecnici l’aggiornamento e la riqualificazione delle
competenze sono legati alla possibilità di essere esposti a particolari esperienze lavorative o
all’autoformazione."
In sostanza l'organizzazione utilizza, accanto a un core sempre più scarno di personale
permanente, una rete di consulenti che non hanno solo la funzione di intervenire nei momenti
di maggiore necessità , ma anche di apportare conoscenze nuove. Ne deriva che non solo la
ciclicità dei mercati, ma anche l'onere della formazione è scaricato sempre più sui singoli
tecnici e professionisti!
Questi, d'altra parte, sentono sempre più la debolezza dell'operare in solitudine e cercano di
strutturarsi, per acquistare maggiore potere di mercato sia che operino in rapporti di
subfornitura sia che si rivolgano direttamente alle imprese utilizzatrici. Come?
Spesso replicando i soliti schemi, chiusi e orientati al controllo.
D'altra parte vi sono altri che vorrebbero aprirsi, ma non hanno modelli di riferimento validi.
Lo schema dell’impresa manifatturiera non funziona, ma quale alternativa utilizzare?
È difficile trovare una mediazione, individuare forme di crescita che non appesantiscano la
struttura, ma che consentano di presentarsi sul mercato con un'offerta di servizi integrata e
sinergica. Ci sono sperimentazioni: reti di professionisti che suddividono i costi degli spazi,
reti virtuali di professionisti che hanno in comune un marchio unico, ma senza una società e
senza una sede (ognuno a casa propria e con la propria partita iva) ; gruppi di soci che
effettivamente mettono in comune clienti e lavoro, ma che faticano a trovare modalità per
suddividere compiti e compensi. Tutte soluzioni che stentano a trovare un equilibrio stabile
nel tempo.
Tra le imprese intervistate, sono interessanti le esperienze di Nettuno, che ha due soci e 5‐6
collaboratori non vincolati all’esclusività, o di Mercurio, disponibile all’ingresso di nuovi soci,
o di Giove, molto attento al clima interno della sua struttura, composta da 50 dipendenti e 10
collaboratori.
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Ma gli ostacoli alla crescita non sono solo culturali, legati alla tendenza familistica e
accentratrice. Crescere significa aumentare i rischi, farsi carico di una struttura di costi più
pesante (e molto tassata19) in un mercato sempre più incerto e di una maggiore esposizione
finanziaria (I clienti non pagano e le banche sono rigide). Ne deriva il timore di crescere anche
quando ci sono elevate potenzialità. Infine non sempre per l’imprenditore è importante
crescere. Ad esempio l’impresa Bacco sceglie di non crescere perché il fatturato attuale
garantisce le socie e il corrispondente impegno consente una discreta conciliazione.
Una alternativa alla crescita interna è l'aggregazione tra imprese: nascono su specifici progetti
ma possono replicarsi su più progetti (Es Urano). In genere coinvolgono imprese sinergiche,
ma in qualche caso anche imprese concorrenti, se la cooperazione è imposta dal committente
(Bacco) o se è necessaria per la realizzazione di commesse molto importanti.
"Nell'engineering secondo un esperto ‐ sta prendendo piede un fenomeno che vede la creazione
di gruppi di società di ingegneria per la realizzazione di alcune commesse (questo è successo
anche per la realizzazione del nuovo Polo Fieristico, nel cui caso si sono aggregate 34 società di
ingegneria/architettura, di varia provenienza nazionale). In genere, questo avviene tra società,
anche di piccola dimensione, che hanno competenze diversificate e specifiche specializzazioni;
del resto, anche le grosse società non possiedono solo competenze generaliste, ma ciascuna ha
una propria “predilezione”, un proprio core business ossia ambito settoriale e/o tipologia
impiantistica in cui si specializza. L’aggregazione ha perciò lo scopo di realizzare
un’integrazione delle differenti competenze ottenendo un effetto sinergico. Ciò non vieta, però,
che i partner di una certa aggregazione possano essere competitor in altre e diverse
circostanze".
Anche nell'ICT, riferisce un altro esperto, si riscontrano casi di "aziende diverse ma di
dimensioni simili e capacità complementari che si mettono assieme, sulla base di un rapporto
paritario, per realizzare un progetto complesso. Il cliente può essere portato da una delle
aziende e le altre imprese rispettano il rapporto commerciale tra il cliente e questa azienda.
Tuttavia il cliente è al corrente della collaborazione tra il suo fornitore abituale e le aziende che
lavorano con questo sulla base di un’evidente divisione dei compiti e di specifiche competenze e
specializzazioni. Il rapporto paritario è l’elemento distintivo di queste collaborazioni tra
imprese".
19 Molti imprenditori segnalano l'onerosità dell'IRAP, una imposta che appesantisce ulteriormente il costo del lavoro in settori basati quasi esclusivamente sul lavoro.
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Ma in generale queste aggregazioni non sono diffuse, valgono gli stessi problemi che si
incontrano con la crescita interna: la necessità di condividere le scelte, di mediare per poter
prendere delle decisioni, di suddividere oneri e vantaggi che potranno derivarne.
In definitiva, anche se è innegabile una certa tendenza alla strutturazione, testimoniata dalla
crescita delle società di capitale, essa non è tale da sfociare in una significativa crescita
dimensionale, che consenta di competere sui mercati, nazionali e internazionali, più
interessanti.
Un esperto ha dichiarato:"Io non sono un sostenitore del piccole è bello. Al contrario credo che il
nanismo sia un problema molto serio anche nei servizi avanzati, dove, a differenza di altri settori
manifatturieri, è mancato un processo di internazionalizzazione. I piccoli hanno maggior
difficoltà a competere sui mercati internazionali, a fare ricerca, a introdurre innovazione, a
trattenere le risorse qualificate.
Se le nostre imprese vogliono uscire dalla marginalità, devono investire sulla crescita, sui
collaboratori, sulla loro formazione, creando le condizioni perché vogliano restare nell'impresa".
Ed in effetti è questa la strada seguita da alcune delle aziende più dinamiche tra quelle
intervistate, come Marte, attiva nel packaging e nel posizionamento del prodotto, che in 5 anni
è passata da 7 a 30 dipendenti. Prima ricorreva ai freelance, poi ha deciso di investire sulla
stabilizzazione del personale "l'utilizzo di freelance non permetteva di fidelizzare le persone,
con l'assunzione il personale è più coinvolto nel lavoro aziendale, permettendo inoltre di ridurre
i tempi". O Chirone, società di 60 dipendenti specializzata nell'archiviazione ottica dei
documenti, che solo in fase di inserimento ricorre a contratti a termine, al fine di disporre un
periodo di prova sufficientemente lungo a verificarne le caratteristiche. O Polluce, azienda per
la progettazione e gestione di nidi aziendali, la cui titolare afferma "un punto di forza della mia
impresa è quello di avere un gruppo storico di dipendenti….specialmente in questo settore
fidelizzare e rassicurare il cliente è fondamentale e avere dei collaboratori che si conoscono e si
rapportano ormai da anni può solo migliorare la qualità del servizio: la mia scelta è stata
dunque da sempre indirizzata verso la drastica diminuzione del turnover".
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Approfondimento quantitativo II – Il contributo occupazionale delle imprese italiane ed estere in Provincia di Milano Nell’ambito di una ricerca promossa dalla Provincia di Milano per indagare l’impatto occupazionale delle imprese multinazionali (IMN) sul proprio territorio20, è stata realizzato per la prima volta un lavoro di integrazione di banche dati21 (Asia‐Istat; Infocamere‐ Area Ricerca Formaper; Osservatorio Mercato del Lavoro ‐ Provincia di Milano, Reprint – Politecnico di Milano) che ha consentito di tracciare un quadro delle diverse tipologie di imprese (straniere e italiane, queste ultime distinte tra controllate, non controllate e non di capitale) e delle loro dimensioni. L’indagine ha riguardato solo imprese occupazionalmente attive, ovvero le imprese che nel periodo 2003 ‐2007 hanno effettuato almeno un movimento occupazionale (l’avvio o la cessazione di un rapporto di lavoro), escludendo quindi tutte le imprese senza dipendenti (che in realtà sono più propriamente definibili come lavoro autonomo) e quelle occupazionalmente statiche, per fornire un quadro al 31.12.2006. In termini di numerosità delle imprese quelle occupazionalmente attive sono solo una piccola minoranza: in genere sono meno del 20% , ma in termini occupazionali e di fatturato sono largamente maggioritarie. Va ricordato che in questi settori operano numerosissime attività imprenditoriali molto piccole, in gran parte monoaddetto, a cui andrebbero inoltre aggiunti altri lavoratori autonomi che svolgono attività per cui non è necessaria l’iscrizione al registro imprese (in genere l’area della consulenza legale, fiscale, del lavoro, ma anche la consulenza informatica e un po’ tutte le aree dei creativi della comunicazione e del design). Tavola 11 Numerosità delle imprese nei settori del terziario avanzato 2006
Imprese occupazionalmente attive
Imprese non di capitale
Imprese di capitale non controllate
Imprese controllate italiane
IMN Totale
ICT 103 1.213 272 204 1.792
R&S 7 53 24 24 108 Attività degli studi legali, revisione contabile e studi mercato 256 1.078 382 298 2.014
Engineering e altri studi tecnici 56 349 79 41 525
Collaudi e analisi tecniche 6 39 12 9 66
Pubblicità 120 364 87 93 664
Design e styling 11 70 15 11 107
Altri servizi alle imprese 134 249 51 18 452
Fonte: Elaborazioni su banca dati integrata InfocamereArea Ricerca Formaper, OMLProvincia di Milano, ReprintPolitecnico di Milano, AsiaIstat Il presente paragrafo è un approfondimento collegato all'indagine citata, con riferimento ai settori del terziario avanzato rivolto alle imprese, ed è focalizzato sull’aspetto occupazionale. Esamina non solo il contributo delle IMN, ma anche la distribuzione dell'occupazione tra le diverse tipologie di imprese italiane.
20 Rosso A. e Soru A. Caratteristiche delle imprese multinazionali in provincia di Milano, nel volume della Provincia di Milano di in via di pubblicazione dal titolo provvisorio “L’apporto occupazionale delle multinazionali nella Provincia di Milano” , Franco Angeli, Milano, 2008. 21 Per un dettaglio sulla metodologia si rinvia al capitolo specifico della ricerca sopraccitata.
50
I grafici successivi permettono un confronto diretto tra le 4 tipologie di imprese occupazionalmente attive (di cui sopra) nei principali settori del terziario avanzato rivolto alle imprese. La penetrazione estera ha interessato la maggioranza dei settori del terziario avanzato, sebbene non con la stessa intensità. Fanno eccezione le attività di design e styling e le attività di engineering, in cui le imprese italiane vantano una posizione competitiva riconosciuta internazionalmente, e gli altri servizi alle imprese, aggregato eterogeneo al cui interno sono rappresentate molte attività in cui valgono importanti elementi di localizzazione: attività di fotografi, traduttori, logistica. L’apporto estero è particolarmente elevato nell'ICT, nella pubblicità, nella R&S e negli studi legali, di contabilità e di ricerche di mercato, tutti settori in cui operano anche numerosissime attività imprenditoriali e autonome professionali (senza l'iscrizione al Registro Imprese), che si contendono il mercato dei clienti più piccoli o che sono legate da rapporti di subfornitura alle imprese più strutturate. Grafico 4 La distribuzione percentuale dell’occupazione in Provincia di Milano tra le diverse tipologie di imprese nei settori ICT, R&S, pubblicità e comunicazione, design e styling
‐
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
imprese non di capitale
società di capitale non controllate
controllate italiane
IMN
ICT R&S pubblicità design e styling
Fonte: Elaborazioni su banca dati integrata InfocamereArea Ricerca Formaper, OMLProvincia di Milano, ReprintPolitecnico di Milano, AsiaIstat Con riferimento alla R&S il dato più rilevante è la limitatezza del comparto: solo 3.776 occupati complessivi, che anche nella provincia di Milano22 confermano la marginalità di attività di fondamentale importanza per il futuro dell'economia. Il peso delle IMN, pur se
22 In Italia poco si sta facendo per raggiungere uno degli obiettivi cruciali di Lisbona, ovvero accrescere la spesa in R&S sino a raggiungere il 3% del PIL : la spesa pubblica in Italia è pari all'1,1%, meno della metà di quanto spendono Francia e Germania e diminuisce con i recenti tagli (Nature, "Cut‐throat savings", 15 ottobre 2008); d'altra parte, con riferimento alla Lombardia, che pure si contraddistingue positivamente rispetto alla media nazionale, il POR 2007‐2013 della Regione osserva " Le debolezze del sistema regionale per l’innovazione si legano soprattutto alla specializzazione manifatturiera, che è orientata verso le produzioni a bassa intensità di Ricerca e Sviluppo, e alla dimensione medio piccola delle imprese. Tali caratteristiche, insieme alla crisi della grande impresa, manifestatasi attraverso la chiusura di impianti e centri di ricerca avanzata o profondi processi di ristrutturazione aziendale (chimica, elettronica, aeronautica) e delocalizzazione di imprese multinazionali (soprattutto nella farmaceutica e nell’elettronica), non hanno favorito il pieno sviluppo di un mercato dei servizi ad alta intensità di innovazione.”
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marginale in termini assoluti, è percentualmente elevato e appare concentrato in poche aziende, principalmente del Belgio, Stati Uniti e Germania, attive nella ricerca biologica‐biotecnologica. L’informatica si conferma uno dei settori a maggiore presenza di imprese multinazionali: 254 imprese impiegano 17.723 addetti (con una dimensione media di 70 addetti), pari al 42,5% dell’occupazione del settore. Significativo anche il peso delle società di capitale italiane: le non controllate sono 1.321, con una dimensione media di quasi 9 addetti ed occupano complessivamente 11.500 persone; le controllate risultano invece 389, ma con una dimensione media di quasi 27 addetti e complessiva di 10.300. Poche e molto piccole sono le imprese non di capitale: 403 imprese con una media inferiore ai 5 addetti, cui vanno tuttavia aggiunti migliaia di professionisti che operano singolarmente o in attività associate senza dipendenti. Le imprese estere naturalmente sono di recente insediamento: quasi un terzo risale al quadriennio 2000‐2003, successivamente alla crisi della new economy. Protagonisti si dimostrano gli Stati Uniti con il 37,4% delle imprese e il 74% degli addetti delle IMN, presenti nelle attività di realizzazione di software e consulenza informatica, ma anche sviluppo siti web, creazione grafica in ambiente web, e‐commerce, hosting; decisamente minore appare il ruolo delle imprese di Francia e Gran Bretagna. Anche nella pubblicità il peso delle imprese multinazionali è elevato: solo l’attività di concessione di spazi pubblicitari resta saldamente nelle mani delle imprese italiane. Nel comparto, la dimensione delle imprese estere attive in Italia è, tuttavia, limitata: si tratta di filiali relativamente piccole, analoghe a quelle facenti capo a società controllate italiane. In realtà, il dato sugli addetti non coglie appieno la loro effettiva dimensione, sia perché ci sono importanti collaborazioni a livello internazionale, sia perché ogni agenzia fa riferimento a una rete, anche numericamente molto importante di consulenti free lance. Nel design e styling, invece, l’occupazione è concentrata in società di capitale italiane: il 32,3% in società controllate aventi una dimensione media di 62 addetti e il 65,7% in più piccole società non controllate da altre imprese (in media 27 addetti). Grafico 5 Addetti medi per comparto del terziario avanzato alle imprese e per tipologie di impresa
0 10 20 30 40 50 60 70 80
ICT
R&S
studi legali, contabili e studi mercato
studi architettura, ingegneria tecnici e collaudi
engineerig e altri studi tecnici
Collaudi e analisi tecniche
pubblicità
design e styling
Altri servizi alle imprese
IMN controllate italiane società di capitale non controllate imprese non di capitale
Fonte: Elaborazioni su banca dati integrata InfocamereArea Ricerca Formaper, OMLProvincia di Milano, ReprintPolitecnico di Milano, AsiaIstat
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Le attività professionali legali e amministrative e gli studi di mercato nel loro insieme rappresentano, dopo l’ICT, il settore terziario più rilevante occupazionalmente in provincia di Milano: oltre 40.000 addetti in circa 2.000 imprese. L’occupazione complessiva risulta equamente distribuita tra imprese multinazionali, controllate italiane e società di capitale non controllate. Le multinazionali hanno tuttavia una dimensione media di 44,5 addetti, le controllate di 33,8 addetti e le non controllate di 12,2 addetti. La presenza straniera è particolarmente pronunciata negli studi di mercato e nell’amministrazione di imprese (in entrambi i casi detiene circa il 50% dell’occupazione) e nei piccoli segmenti delle attività di pubbliche relazioni, delle agenzie di informazioni commerciali e della consulenza del lavoro, in cui il mercato è estremamente parcellizzato in una miriade di studi professionali, non rilevati nell’indagine in quanto non organizzati in forma di impresa. È una presenza principalmente statunitense e britannica, forte soprattutto nelle attività di consulenza del lavoro, amministrativa d’impresa e studi mercato. Grafico 6 La distribuzione dell’occupazione in Provincia di Milano tra le diverse tipologie di imprese nei settori degli studi legali contabili e studi di mercato, engineering e altri studi tecnici, altri servizi alle imprese.
‐
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
imprese non di capitale
società di capitale non controllate
controllate italiane
IMN
studi legali, contabili e studi mercato engineering e altri studi tecnici Altri servizi alle imprese
Fonte: Elaborazioni su banca dati integrata InfocamereArea Ricerca Formaper, OMLProvincia di Milano, ReprintPolitecnico di Milano, AsiaIstat Gli studi di engineering e tecnici includono sia studi di architettura e ingegneria, sia studi geologici, sia società per la realizzazione di impianti industriali, infrastrutture ed opere di ingegneria in genere. In realtà, le prime due tipologie operano prevalentemente attraverso attività professionali autonome e studi associati (quindi non sono rilevate in questo studio);
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nelle attività per la realizzazione di impianti industriali e infrastrutturali23 prevalgono invece società di capitale e filiali di grandi gruppi leader di mercato (alcuni italiani altri di provenienza estera) che operano soprattutto nell’impiantistica, anche come general contractor. Si tratta, in quest’ultimo caso, di colossi che non si occupano solo della progettazione di grandi impianti di raffinerie, di centrali nucleari ecc, ma che presidiano anche la parte di contracting, ossia di ingegneria e di procurement: in altri termini acquistano i materiali, li installano e sono in grado di offrire impianti chiavi in mano. Relativamente a quest’ambito, il grafico evidenzia l’alto peso delle società italiane, sia non controllate, sia controllate (filiali di gruppi). Infine, la dicitura “Altri servizi” include attività fotografiche, servizi di traduzioni, servizi di ricerca del personale, servizi logistici etc. , ovvero una serie di attività alquanto eterogenee (si veda tavola successiva). Le attività fotografiche, l’organizzazione di eventi, il recupero crediti e i servizi di selezione del personale24 sono soprattutto appannaggio di società di capitale non controllate, mentre le attività di logistica fanno capo a imprese non di capitale. Da segnalare la scarsissima rilevanza dei servizi di traduzione, che non possono essere colti da questa indagine, in quanto le attività operanti coincidono soprattutto con iniziative che, anche quando organizzate in forma di impresa, raramente coinvolgono dei dipendenti. Infatti, è diffusa l’aggregazione di numerosi traduttori e interpreti per poter coprire un’offerta diversificata sulle principali lingue, senza necessità di personale dipendente.
23 Sono servizi che hanno conosciuto in Italia un forte sviluppo a partire dagli anni Cinquanta, con l’avvio dei grandi programmi di investimento nei settori siderurgico, autostradale, petrolchimico ed idroelettrico. 24 Non sono incluse le società interinali, per oltre l’80% a proprietà estera.
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Tavola 12 Distribuzione degli addetti del terziario avanzato alle imprese per tipologie di imprese
Totale imprese
Totale addetti
% addetti
Imprese non di capitale
Società di capitale non
controllate
Controllate italiane
IMN
ICT 1.792 53.110 1,1 55,7 14,5 28,8 R&S 108 3.776 4,8 29,6 36,5 29,0 Attività degli studi legali, revisione contabile e studi mercato 2.014 40.583 3,1 32,4 31,8 32,7
Attività legali, contabilità, consulenza fiscale e societaria; studi di mercato n.d. 149 7.296 1,0 28,4 61,2 9,4
Attività degli studi legali e notarili 25 305 4,0 52,0 9,3 34,7 Attività degli studi legali 2 3 100,0 ‐ ‐ ‐ Attività degli studi notarili 13 180 ‐ 66,8 11,6 21,6 Contabilità, consulenza societaria, incarichi giudiziari, consulenza in materia fiscale 37 477 15,7 21,9 1,0 61,4
Attività degli studi commerciali, tributari e di revisione contabile 97 1.133 15,1 37,1 15,9 32,0
Attività delle società di revisione e certificazione di bilanci 17 1.497 0,5 91,8 7,7 ‐
Gestione ed amministrazione del personale per conto terzi 28 170 23,9 59,1 8,2 8,8
Studi di mercato e sondaggi di opinione 381 5.156 4,5 28,6 16,9 50,0 Consulenza amministrativo‐gestionale 316 5.156 4,3 32,8 43,0 19,9 Consulenza finanziaria 95 608 1,6 25,2 23,6 49,5 Consulenza del lavoro 19 725 0,3 12,3 5,5 82,0 Consulenza amministrativo‐gestionale e pianificazione aziendale 575 5.472 6,4 49,4 22,7 21,5
Pubbliche relazioni 95 1.012 2,9 46,7 10,4 40,1 Agenzie di informazioni commerciali 10 419 4,3 13,7 ‐ 82,0 Amministrazione di imprese 155 10.973 ‐ 19,8 31,5 48,7 Studi architettura, ingegneria tecnici e collaudi 591 7.020 2,9 37,6 43,2 16,3 Studi architettura, ingegneria e altri studi tecnici 525 6.377 3,0 38,0 44,7 14,3 Attività degli studi di architettura, ingegneria ed altri studi tecnici n.d. 403 5.231 2,7 38,1 50,7 8,4
Studi di architettura e di ingegneria 46 475 2,7 32,5 0,8 64,0 Servizi di ingegneria integrata 5 29 ‐ 100,0 ‐ ‐ Attività di aerofotogrammetria e cartografia 4 47 ‐ 59,7 40,3 ‐ Attività di studio geologico e di prospezione geognostica e mineraria 9 19 15,5 10,3 62,0 12,2
Altre attività tecniche n.c.a. 58 576 5,8 37,5 27,9 28,8 Collaudi e analisi tecniche 66 643 2,5 33,1 28,9 35,5 pubblicità 664 7.099 6,9 28,6 31,0 33,5 Pubblicità n.d. 123 1.359 2,6 11,8 31,8 53,8 Studi di promozione pubblicitaria 457 4.446 9,8 33,4 24,5 32,3 Agenzie di concessione degli spazi pubblicitari 84 1.293 1,5 29,9 52,6 16,0 Design e styling 107 2.863 0,6 65,7 32,3 1,4
Altri servizi alle imprese 452 6.464 23,6 54,0 7,5 15,0
Servizi di ricerca, selezione, collocamento e supporto per il ricollocamento di personale 24 182 16,7 40,6 14,0 28,8
Attività fotografiche 82 505 26,9 63,2 2,8 7,1 Traduzioni e interpretariato 19 39 10,2 84,8 5,1 ‐ Agenzie di recupero crediti 33 261 7,8 61,8 13,9 16,5 Organizzazione di fiere, esposizioni, convegni 32 359 5,9 55,6 22,7 15,9 Attività di logistica aziendale, esterna e dei flussi di ritorno 144 2.297 53,7 42,1 3,9 0,3
Altre attività di servizi alle imprese n.c.a. 118 2.820 2,8 61,5 8,2 27,5
Fonte: Elaborazioni su banca dati integrata InfocamereArea Ricerca Formaper, OMLProvincia di Milano, ReprintPolitecnico di Milano, AsiaIstat
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Approfondimento quantitativo III La dinamica demografica dei servizi avanzati in Lombardia Entro l’amplissima area del terziario abbiamo selezionato i servizi non finanziari alle imprese e i servizi sociali e, all’interno di questi, abbiamo individuato le attività più avanzate e con maggiore contenuto professionale (per l’elenco delle attività classificate avanzate si vedano la Tavola 14 e la Tavola 15). In Lombardia al 31.12.2007 risultano attive 47.861 attività che rientrano nella nostra definizione di terziario non finanziario avanzato, pari al 56,6% del totale dei settori considerati; erano 42.153 nel 2003. Tavola 13 Attività professionali e imprenditoriali attive in Lombardia (dati al 31.12) 2003 2004 2005 2006 2007 var. ass.
0307 var.% 0307
Totale 739.091 751.832 759.098 766.985 781.873 42.782 5,8 Terziario non finanziario 76.464 78.477 80.429 81.663 84.517 8.053 10,5 Servizi non finanz. avanzati 42.153 43.541 45.010 46.139 47.861 5.708 13,5 % servizi avanzati su terziario non finanziario
55,1 55,5 56,0 56,5 56,6 70,9
% servizi avanzati su totale 5,7 5,8 5,9 6,0 6,1 13,3
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
In quattro anni sono perciò aumentate di 5.708 unità, corrispondenti ad una crescita del 13,5%, contro il 10,5% della crescita del totale terziario non finanziario e contro il 5,8% della crescita complessiva delle imprese. Sono perciò attività che, coerentemente con le attese, sono più dinamiche della media, ma in cui la crescita della numerosità delle imprese, come sempre, non è necessariamente un indicatore di sviluppo del settore. Tavola 14 Servizi non finanziari e servizi non finanziari avanzati nel 2007 in Lombardia totale società di
capitale società di persone
ditta individuale
cooperativa altre forme
Totale 781.873 183.082 163.553 423.117 10.119 2.002 Servizi non finanziari 84.517 32.702 19.062 28.403 3.429 921 Servizi non finanziari avanzati 47.861 22.328 10.820 12.602 1.482 629 Totale 100,0 23,4 20,9 54,1 1,3 0,3 Servizi non finanziari 100,0 38,7 22,6 33,6 4,1 1,1 Servizi non finanziari avanzati 100,0 46,7 22,6 26,3 3,1 1,3
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
I servizi non finanziari avanzati registrano una presenza elevata di società di capitale, che sono la forma giuridica più diffusa (46,7% nel 2007), mentre sono relativamente poco numerose le ditte individuali (26,3%), solo di poco superiori alle società di persone. Nel complesso delle attività, invece, le società di capitale rappresentano il 23,4% e le ditte individuali, con il 54,1%, la forma giuridica maggioritaria.
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Tavola 15 Servizi non finanziari avanzati in Lombardia per forma giuridica Natura giuridica 2003 2004 2005 2006 2007
Società di capitale 18.160 19.044 20.196 21.164 22.328 Società di persone 11.334 11.245 11.133 11.109 10.820 Ditta individuale 11.136 11.597 11.869 11.871 12.602 Cooperativa 1.086 1.124 1.239 1.387 1.482 Altre forme 437 531 573 608 629 Totale 42.153 43.541 45.010 46.139 47.861
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
L'elevata presenza di società di capitale e la loro crescita, da 18.160 a 22.328 in quattro anni, testimonia lo sviluppo del mercato dei servizi verso un modello competitivo più maturo, che richiede una maggiore strutturazione, funzionale a garantire continuità e innovatività nei servizi, ad assicurare l’integrazione di competenze differenziate e a consentire l’espansione oltre i mercati locali. Grafico 7 Terziario avanzato: trend delle società di persone e di capitale a confronto
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Anche se la tendenza è la crescita della strutturazione, la fotografia che viene fornita dai dati Asia per il 2005 mostra una situazione di grande polverizzazione, come è evidente osservando le due tavole successive che riportano la distribuzione delle imprese per classi dimensionali ed il Grafico 5, che ordina i settori sulla base del peso delle imprese monoaddetto. In generale prevalgono tipologie di imprese embrionali, più vicine al lavoro professionale autonomo che al lavoro imprenditoriale vero e proprio. Ciò è vero in particolare nelle attività di traduzioni e interpretariato e nelle attività fotografiche, in cui non si segnalano imprese di grandi dimensioni. Ma è riscontrabile anche nella vasta area dei servizi consulenziali alle imprese, nell’informatica, nella formazione professionale, nei servizi connessi alle produzioni cinematografiche. Entro queste attività il peso delle imprese monoaddetto è generalmente superiore al 50% e in aggiunta riveste un ruolo significativo la microimpresa (con un peso in genere superiore al 30%). Decisamente più forte il peso delle grandi imprese, con alto peso di quelle a capitale estero, nelle attività di revisione di bilanci, nell’interinale, nella logistica, nella R&S tecnico‐ingegneristica. Una situazione diversa caratterizza la maggioranza dei settori dei servizi sociali, in cui le imprese di grande dimensioni sono in genere nazionali e fruiscono di convenzioni con la Pubblica Amministrazione (ospedali, servizi sociali residenziali , scuole…).
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Tavola 16 Distribuzione per classi di addetti delle imprese del terziario avanzato non finanziario (servizi alle imprese, anno 2005)
peso % su settore
Totale Imprese
1 addetto
29 addetti
1099 addetti >=100 nd
Consulenza per sistemi HW 224 55,8 28,6 5,8 0,9 8,9Realizzazione di SW 5.247 49,7 32,5 7,5 0,6 9,7Realizzazione di SW non personalizzato 28 35,7 35,7 7,1 0,0 21,4Realizzazione di SW personalizzato 672 59,2 28,0 5,7 0,0 7,1Gestione BD e portali web 97 54,6 27,8 6,2 1,0 10,3Installazione, manutenzione HW 1.288 50,8 33,2 6,1 0,4 9,5Attività connesse all'informatica 1.216 52,3 31,9 6,6 0,3 8,9Totale informatica 8.772 51,1 32,0 7,0 0,5 9,4R&S 57 35,1 42,1 8,8 0,0 14,0R&S scienze naturali e ingegneria 380 43,2 33,2 10,5 1,8 11,3R&S scienze sociali e umanistiche 77 40,3 41,6 10,4 0,0 7,8Totale R&S 514 41,8 35,4 10,3 1,4 11,1Attività legali, contabilità, consulenza fiscale e societaria 765 49,7 32,4 6,1 0,9 10,8Studi legali e notarili 96 34,4 46,9 13,5 1,0 4,2Studi legali 12 25,0 58,3 0,0 0,0 16,7Studi notarili 24 20,8 33,3 37,5 0,0 8,3Contabilità, consulenza societaria, incarichi giudiziari e consulenza in materia fiscale 707 35,8 45,0 8,5 0,3 10,5Società di revisione e di certificazione di bilanci 50 36,0 24,0 8,0 6,0 26,0Gestione ed amministrazione del personale 96 29,2 56,3 7,3 0,0 7,3Studi di mercato e sondaggi di opinione 2.334 55,4 30,9 5,7 0,4 7,5Consulenza amministrativo‐gestionale 1.798 43,7 35,4 7,0 0,6 13,3Consulenza finanziaria 416 51,9 35,1 4,8 0,5 7,7Consulenza del lavoro 100 41,0 42,0 4,0 3,0 10,0Consulenza agraria 38 44,7 39,5 5,3 0,0 10,5Consulenza amministrativo‐gestionale e pianificazione aziendale 4.234 52,9 35,2 4,1 0,2 7,6Pubbliche relazioni 518 51,4 36,1 5,2 0,4 6,9Fornitura di informazioni commerciali 80 55,0 25,0 11,3 2,5 6,3Gestione di partecipazioni di controllo , no holding finanziarie 1.182 42,6 17,5 6,1 1,8 32,0Studi di architettura, di ingegneria ed altre attività tecniche 2.796 44,6 38,3 6,8 0,3 10,0Studi di architettura e di ingegneria 338 44,4 39,3 6,5 0,3 9,5Servizi di ingegneria integrata 49 49,0 44,9 2,0 0,0 4,1Aerofotogrammetria e cartografia 67 46,3 34,3 9,0 0,0 10,4Studi geologici 52 46,2 34,6 5,8 0,0 13,5Attività tecniche n.c.a. 587 48,2 38,3 5,1 0,5 7,8Collaudi ed analisi tecniche 87 25,3 46,0 14,9 1,1 12,6Collaudi ed analisi tecniche di prodotti 358 41,1 39,7 10,3 0,0 8,9Certificazione di prodotti, processi e sistemi 5 80,0 20,0 0,0 0,0 0,0Pubblicità 579 42,3 40,9 8,3 0,0 8,5Studi di promozione pubblicitaria 3.084 52,9 35,0 4,5 0,2 7,4Concessione degli spazi pubblicitari 1.124 77,6 14,4 2,9 0,2 4,9Servizi di ricerca, selezione personale 81 24,7 43,2 4,9 1,2 25,9Agenzie lavoro interinale 578 0,3 0,3 1,2 3,6 94,5Attività fotografiche 108 54,6 38,9 0,9 0,0 5,6Studi fotografici 1.636 67,1 28,5 0,3 0,0 4,0Laboratori fotografici 525 39,6 42,9 4,6 0,0 13,0Aerofotografia 4 75,0 25,0 0,0 0,0 0,0Traduzioni ed interpretariato 238 67,6 28,2 0,8 0,0 3,4Agenzie recupero crediti 166 48,2 38,0 4,8 0,0 9,0Design e styling 883 54,8 34,7 3,5 0,5 6,6Organizzazione eventi 96 44,8 35,4 11,5 0,0 8,3Logistica aziendale 237 32,1 28,3 17,3 3,0 19,4Servizi professionali ed imprenditoriali n.d. 642 52,5 31,5 6,1 0,9 9,0Totale attività professionali e imprenditoriali 26.770 50,0 33,0 5,2 0,5 11,3
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
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Tavola 17 Distribuzione per classi di addetti delle imprese del terziario avanzato non finanziario (servizi sociali e alle persone, anno 2005)
peso % su settore
Totale Imprese
1 addetto
29 addetti
1099 addetti >=100 nd
Istruzione primaria 7 0,0 0,0 85,7 0,0 14,3
Altre forme di istruzione universitaria e post‐universitaria 14 50,0 42,9 0,0 0,0 7,1
scuole materne e collegate 55 5,5 41,8 25,5 0,0 27,3
Istruzione primaria: scuole elementari 17 0,0 29,4 41,2 5,9 23,5
Istruzione secondaria 18 5,6 22,2 38,9 0,0 33,3
Istruzione secondaria di formazione generale 9 0,0 22,2 44,4 0,0 33,3
scuole medie 9 0,0 33,3 44,4 0,0 22,2
licei 24 12,5 25,0 41,7 4,2 16,7
istituti tecnici, professionali ed artistici 72 27,8 50,0 8,3 1,4 12,5
Istruzione universitaria e post‐universitaria 120 43,3 40,0 10,8 0,0 5,8
Corsi post‐universitari 1 0,0 100,0 0,0 0,0 0,0
Corsi di formazione professionale 752 52,8 32,7 4,3 0,3 10,0
Scuole e corsi di lingua 163 38,7 36,8 5,5 0,6 18,4
Altri servizi di istruzione n.c.a. 69 47,8 33,3 8,7 0,0 10,1
Totale Istruzione 1.330 43,5 34,8 8,9 0,5 12,3
Servizi sanitari 110 22,7 37,3 13,6 2,7 23,6
Servizi ospedalieri 53 11,3 13,2 28,3 22,6 24,5
Ospedali e case di cura generali 32 9,4 3,1 28,1 40,6 18,8
Ospedali e case di cura specializzati 11 18,2 27,3 9,1 18,2 27,3
Ospedali e case di cura psichiatrici 8 12,5 50,0 12,5 0,0 25,0
Ospedali e case di cura per lunga degenza (cronicari) 7 0,0 14,3 14,3 14,3 57,1
Studi medici, esclusi gli studi odontoiatrici 154 18,2 53,9 5,8 0,6 21,4
Studi medici generici 20 10,0 75,0 5,0 0,0 10,0
Studi medici specialistici e poliambulatori 379 20,1 58,0 5,3 0,0 16,6
Studi di radiologia e radioterapia 73 5,5 49,3 16,4 0,0 28,8
Centri di igiene mentale 1 0,0 100,0 0,0 0,0 0,0
Altre istituzioni sanitarie senza ricovero 33 12,1 60,6 3,0 0,0 24,2
Studi odontoiatrici 988 25,5 57,7 2,2 0,1 14,5
Laboratori di analisi cliniche, igiene e profilassi 219 2,3 28,8 18,3 1,4 49,3
Attivita' paramediche 79 30,4 55,7 7,6 0,0 6,3
Psicologi 7 57,1 28,6 14,3 0,0 0,0
Servizi veterinari 24 41,7 54,2 0,0 0,0 4,2
Assistenza sociale 573 12,6 18,7 25,7 3,7 39,4
Assistenza sociale residenziale 154 4,5 17,5 31,2 7,1 39,6
Assistenza sociale non residenziale 186 14,0 21,0 33,3 4,3 27,4
Totale Sanità 3.111 17,7 41,7 13,2 2,4 24,9
Produzioni e distribuzioni cinematografiche e di video 29 34,5 44,8 10,3 0,0 10,3
Produzioni cinematografiche e di video e servizi connessi 782 57,2 27,1 8,1 0,4 7,3
Distribuzioni cinematografiche e di video, 31 25,8 29,0 16,1 3,2 25,8
Proiezioni cinematografiche 110 15,5 37,3 19,1 0,0 28,2
Attivita' radiotelevisive 242 25,6 44,2 15,3 0,0 14,9
Totale Attività ricreative 1.194 45,6 32,0 10,8 0,3 11,3
Totale settori considerati 41.691 47,4 33,5 6,5 0,7 12,0
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
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Grafico 8 Peso percentuale delle imprese con un solo addetto sul totale delle imprese per settore
0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0
Concessione degli spazi pubblicitariTraduzioni ed interpretariato
Studi fotograficiRealizzazione di SW personalizzato
Produzioni cinematografiche e di video e servizi connessiConsulenza per sistemi HW
Studi di mercato e sondaggi di opinioneFornitura di informazioni commerciali
Design Gestione BD e portali web
Attivita' fotograficheStudi di promozione pubblicitaria
Consulenza amministrativo‐gestionale e pianificazione …Corsi di formazione professionale
Servizi professionali ed imprenditoriali n.d.Attività connesse all'informatica
Consulenza finanziariaPubbliche relazioni
Installazione, manutenzione HWRealizzazione di SW
Attivita' legali, contabilita', consulenza fiscale e societariaServizi di ingegneria integrata
Attivita' tecniche n.c.a.Agenzie recupero crediti
Altri servizi di istruzione n.c.a.Aerofotogrammetria e cartografia
Studi geologici Organizzazione eventi
Consulenza agrariaStudi di architettura, di ingegneria ed altre attivita' tecniche
Studi di architettura e di ingegneriaConsulenza amministrativo‐gestionale
Istruzione universitaria e post‐universitariaR&S scienze naturali e ingegneria
Gestione di partecipazioni di controllo , no holding …Pubblicita'
Servizi veterinariCollaudi ed analisi tecniche di prodotti
Consulenza del lavoroR&S scienze sociali e umanistiche
Laboratori fotografici Scuole e corsi di lingua
Societa' di revisione e di certificazione di bilanciContabilita', consulenza societaria e fiscale
Realizzazione di SW non personalizzato R&S
Produzioni e distribuzioni cinematografiche e di videoStudi legali e notariliLogistica aziendale
Attivita' paramedicheGestione ed amministrazione del personale
istituti tecnici, professionali ed artisticiDistribuzioni cinematografiche e di video,
Attivita' radiotelevisiveStudi odontoiatrici
Collaudi ed analisi tecnicheServizi di ricerca, selezione personale
Servizi sanitariStudi notarili
Studi medici specialistici e poliambulatoriStudi medici, esclusi gli studi odontoiatrici
Proiezioni cinematograficheAssistenza sociale non residenziale
Assistenza socialelicei
Altre istituzioni sanitarie senza ricoveroServizi ospedalieri
Ospedali e case di cura generaliIstruzione secondaria
Studi di radiologia e radioterapiascuole materne e collegate
Assistenza sociale residenzialeLaboratori di analisi cliniche
Agenzie lavoro interinale
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Un altro elemento caratterizzante il terziario avanzato è l’elevato numero di soci e amministratori. Nelle 147.861 imprese attive nel settore del terziario avanzato operano
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complessivamente 129.338 titolari e/o soci, con una media di 2,7 titolari e/o soci, mentre nella totalità delle imprese la media è di 1,5 titolari e/o soci. Considerando le società di capitale attive nel terziario avanzato, il numero medio di soci cresce a 3,8, contro una media di 2,8 nel totale delle imprese. La maggiore numerosità di titolari e soci in alcuni casi segnala l’evoluzione di queste attività verso forme proprietarie aperte, sul modello anglosassone, ma può riflettere anche forme di aggregazione parziali tra professionisti, che si mettono insieme solo per suddividere i costi della struttura (sede, alcune attrezzature, eventualmente una segreteria comune).
Grafico 9 Numero medio di titolari e soci di imprese
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Le tavole successive forniscono indicazioni sulla dinamica del numero delle imprese nei diversi ambiti dei servizi non finanziari avanzati, suddivisi , secondo i criteri dell’ATECO in sei comparti (ICT, R&S, Servizi professionali, sanità, istruzione e attività ricreative). In tutti questi settori, e soprattutto nell’ICT, nei servizi professionali e nelle attività ricreative, esistono numerosi ambiti caratterizzati da basse barriere all’entrata: sono richieste attrezzature minime (spesso è sufficiente una scrivania e un personal computer) e, come si è visto, l’attività aziendale può essere svolta (e molto spesso lo è) da una sola persona. Questa struttura leggera consente di sopravvivere e di non cessare anche quando ci sono ampie difficoltà e risultati economici limitati o negativi. La fertilità di questi settori, quindi, non è necessariamente indice di un sano dinamismo delle nuove imprese, ma spesso riflette scelte (libere o forzate) di self employment. Più nel dettaglio, si osserva:
• L’informatica si contraddistingue rispetto agli altri comparti considerati perché non accresce più il numero delle imprese. Settore non più tecnologicamente all’avanguardia, ma ormai relativamente maturo, anche se al suo interno ci sono ambiti di elevata innovazione, esso continua ad essere un attrattore di nuova imprenditorialità come lo è stato negli ultimi dieci anni, soprattutto con riferimento alla realizzazione di software personalizzato, ma registra nel contempo processi di razionalizzazione e concentrazione.
• Le attività di R&S, numericamente e occupazionalmente non rilevanti, registrano una crescita con riferimento a quelle concentrate nelle scienze naturali e nell’ingegneria.
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• I dati sulle imprese non consentono di cogliere la fortissima dinamica delle attività professionali “ordinistiche” a causa di una carenza normativa che ostacola la costituzione di società di professionisti con ordine25. Le attività ordinistiche in forma di impresa risultano in effetti complessivamente trascurabili: l’insieme degli studi legali, notarili, di consulenza del lavoro, di geologia e di architettura e ingegneria “classici” sono solo 646, pari al 2% del totale.
• All'interno dei servizi professionali avanzati, possiamo individuare quattro aree numericamente rilevanti, due delle quali ormai stabili in termini di numerosità di imprese (gli studi di promozione pubblicitaria e gli studi di mercato e sondaggi di opinione, a fortissima presenza estera, soprattutto anglosassone), una (prevalentemente autoctona) in diminuzione (gli studi fotografici) e una, invece, ancora fortemente dinamica costituita dalle attività di amministrazione di imprese e di consulenza amministrativo‐gestionale. Meno numerosi, ma ad alta crescita, i servizi logistici, i servizi di intermediazione lavoro (che negli anni in esame sono stati fortemente incentivati dalle nuove norme e che hanno visto una fortissima affermazione di imprese straniere), le attività di design (ambito in cui nonostante la grande rinomanza del design italiano faticano ad affermarsi imprese strutturate), i collaudi e analisi tecniche di prodotti, le agenzie di concessione degli spazi pubblicitari.
• Entro l’istruzione, la maggiore dinamica ha caratterizzato la formazione professionale, dove crescono le società di capitale. Più che un allargamento dell’offerta, non giustificata da una domanda al momento stagnante o in diminuzione, questa crescita potrebbe segnalare la trasformazione di molte attività, precedentemente organizzate come semplici attività autonome professionali.
• Nella Sanità e servizi sociali si segnala la crescita di due comparti: a. gli studi medici specialisti e poliambulatoriali, poiché, soprattutto nelle grandi città
in cui il costo dello studio è elevato, i singoli medici preferiscono riunirsi in poliambulatori, generalmente entro la cornice della società di capitale, per suddividere spese di organizzazione, strutture e attrezzature;
b. i servizi sociali non residenziali, decisamente più dinamici dei servizi residenziali, trainati da una domanda sempre crescente e organizzati principalmente in società cooperative;
• Infine, nell’ambito delle attività ricreative spicca la crescita delle produzioni cinematografiche e di video e servizi connessi, equamente distribuite tra ditte individuali e società di capitale .
25 Nonostante da anni (legge 400/1988) sia stato rimosso il divieto all’esistenza di società di professionisti (legato all'art. 2 della legge 23 novembre 1939, n° 1815), manca ancora un regolamento che definisca le regole per le nuove costituzioni.
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Tavola 18 Terziario avanzato non finanziario. Dinamica 20037 ateco Descrizione imprese imprese var. ass. var. %
ICT 9.501 9.508 7 0,0 721 Consulenza per l'installazione di sistemi hardware 214 239 25 2,8 722 Realizzazione di software 5.843 5.223 ‐ 620 ‐ 2,8 7221 Realizzazione di software non personalizzato (edizioni di software) 3 57 54 108,8 7222 Realizzazione di software personalizzato 22 1.212 1.190 172,4 724 Gestione di banche dati e di portali web 89 149 60 13,7
725
Installazione, manutenzione e riparazione di macchine per ufficio e di apparecchiature informatiche
1.204 1.422 218 4,2
726 Attività connesse all'informatica 2.126 1.206 ‐ 920 ‐ 13,2 R&S 502 595 93 4,3 73 Ricerca e Sviluppo 75 46 ‐ 29 ‐ 731 Ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle scienze naturali e 348 459 111 7,2 732 Ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle scienze sociali e 79 90 11 3,3 Servizi professionali ed imprenditoriali 27.063 31.960 4.897 4,2 741 Attività legali, contabilità, consulenza fiscale e societaria 658 1.334 676 19,3 7411 Studi legali e notarili 132 115 ‐ 17 ‐ 3,4 74111 Studi legali 11 16 5 9,8 74112 Studi notarili 35 27 ‐ 8 ‐ 6,3 7412 Contabilità, consulenza societaria, incarichi giudiziari 268 184 ‐ 84 ‐ 9,0
74121
Contabilità, consulenza societaria, incarichi giudiziari e consulenza in materia fiscale
488 567 79 3,8
74122 Società di revisione e di certificazione di bilanci 37 55 18 10,4 74123 Gestione ed amministrazione del personale (per conto terzi) 93 115 22 5,5 7413 Studi di mercato e sondaggi di opinione 2.762 2.928 166 1,5 7414 Consulenza amministrativo‐gestionale 1.896 1.666 ‐ 230 ‐ 3,2 74141 Consulenza finanziaria 461 542 81 4,1 74142 Consulenza del lavoro 121 88 ‐ 33 ‐ 7,7 74143 Consulenza agraria 40 51 11 6,3 74144 Consulenza amministrativo‐gestionale e pianificazione aziendale 4.065 5.343 1.278 7,1 74145 Pubbliche relazioni 505 668 163 7,2 74146 Fornitura di informazioni commerciali 92 89 ‐ 3 ‐ 0,8 7415 Assunzione e gestione di partecipazioni di controllo o meno, escluse le 1.119 2.031 912 16,1 742 Studi di architettura, di ingegneria ed altre attività tecniche 2.684 3.457 773 6,5 74201 Studi di architettura e di ingegneria 281 337 56 4,6 74202 Servizi di ingegneria integrata 6 88 82 95,7 74203 Aerofotogrammetria e cartografia 57 77 20 7,8 74204 Studi geologici e di prospezione geognostica e mineraria 38 63 25 13,5 74205 Attività tecniche n.c.a. 1.081 529 ‐ 552 ‐ 16,4 743 Collaudi ed analisi tecniche 100 71 ‐ 29 ‐ 8,2 74301 Collaudi ed analisi tecniche di prodotti 261 408 147 11,8 74302 Certificazione di prodotti, processi e sistemi 1 3 2 31,6 744 Pubblicità 708 687 ‐ 21 ‐ 0,7 74401 Studi di promozione pubblicitaria 3.211 3.568 357 2,7 74402 Agenzie di concessione degli spazi pubblicitari 1.062 1.464 402 8,4 74501 Servizi di ricerca, selezione, collocamento e supporto per il 5 100 95 111,5 74502 Agenzie di fornitura di lavoro interinale 9 44 35 48,7 7481 Attività fotografiche 132 102 ‐ 30 ‐ 6,2 74811 Studi fotografici 1.905 1.745 ‐ 160 ‐ 2,2 74812 Laboratori fotografici per lo sviluppo e la stampa 526 471 ‐ 55 ‐ 2,7 74813 Aerofotografia, esclusa la aereocinematografia 11 5 ‐ 6 ‐ 17,9 74852 Traduzioni ed interpretariato 308 320 12 1,0 74872 Agenzie di recupero crediti 166 198 32 4,5
74875
Design e styling relativo a tessili, abbigliamento, calzature, gioielleria, mobili ed altri beni personali e per la casa
812 1.098 286 7,8
74876 Organizzazione di fiere, mostre, esposizioni, convegni e manifestazioni 152 90 ‐ 62 ‐ 12,3 74877 Logistica aziendale, esterna e dei flussi di ritorno 8 571 563 190,7 74878 Servizi professionali ed imprenditoriali non previsti nei precedenti 756 645 ‐ 111 ‐ 3,9
(segue)
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Descrizione imprese 03 imprese 07 var. ass. var. %
Istruzione 1.354 1.517 163 2,9
801 Istruzione primaria 5 7 2 8,8 80101 Istruzione di grado preparatorio: scuole materne, scuole speciali 67 44 ‐ 23 ‐ 10,0 80102 Istruzione primaria: scuole elementari 13 13 ‐ ‐ 802 Istruzione secondaria 13 13 ‐ ‐ 8021 Istruzione secondaria di formazione generale 7 6 ‐ 1 ‐ 3,8 80211 Istruzione secondaria di primo grado: scuole medie 7 6 ‐ 1 ‐ 3,8 80212 Istruzione secondaria di secondo grado: licei 25 23 ‐ 2 ‐ 2,1 8022 Istruzione secondaria di secondo grado: istituti tecnici, 108 75 ‐ 33 ‐ 8,7 803 Istruzione universitaria e post‐universitaria 178 103 ‐ 75 ‐ 12,8 80302 Corsi post‐universitari 1 1 80303 Altre forme di istruzione universitaria e post‐universitaria 1 19 18 108,8 80422 Corsi di formazione professionale 777 917 140 4,2 80423 Scuole e corsi di lingua 147 177 30 4,8 80424 Altri servizi di istruzione n.c.a. 6 113 107 108,3 Sanità 2.554 2.848 294 2,8
851 Servizi sanitari 97 96 ‐ 1 ‐ 0,3 8511 Servizi ospedalieri 37 43 6 3,8 85111 Ospedali e case di cura generali 34 25 ‐ 9 ‐ 7,4 85112 Ospedali e case di cura specializzati 7 8 1 3,4 85113 Ospedali e case di cura psichiatrici 3 6 3 18,9 85115 Ospedali e case di cura per lunga degenza (cronicari) 3 4 1 7,5 8512 Studi medici, esclusi gli studi odontoiatrici 138 135 ‐ 3 ‐ 0,5 85121 Studi medici generici 19 18 ‐ 1 ‐ 1,3 85122 Studi medici specialistici e poliambulatori 275 391 116 9,2 85123 Studi di radiologia e radioterapia 71 49 ‐ 22 ‐ 8,9 85124 Centri di igiene mentale 1 2 1 18,9 85125 Altre istituzioni sanitarie senza ricovero: centri dialisi, 23 26 3 3,1 8513 Studi odontoiatrici 922 1.065 143 3,7 85141 Laboratori di analisi cliniche, igiene e profilassi 134 123 ‐ 11 ‐ 2,1 85142 Attività paramediche 101 81 ‐ 20 ‐ 5,4 85143 Psicologi 6 14 8 23,6 852 Servizi veterinari 88 36 ‐ 52 ‐ 20,0 853 Assistenza sociale 277 459 182 13,5 8531 Assistenza sociale residenziale 166 106 ‐ 60 ‐ 10,6 8532 Assistenza sociale non residenziale 152 161 9 1,4 Attività ricreative 1.179 1.433 254 5,0
921 Produzioni e distribuzioni cinematografiche e di video 43 27 ‐ 16 ‐ 9211 Produzioni cinematografiche e di video, compresi i servizi 708 1.033 325 9,9 9212 Distribuzioni cinematografiche e di video, compresi i servizi 24 31 7 6,6 9213 Proiezioni cinematografiche 126 91 ‐ 35 ‐ 7,8 922 Attività radiotelevisive, esclusa la gestione di reti di trasmissione 278 251 ‐ 27 ‐ 2,5
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
65
4. Le donne nel terziario avanzato (di Nicoletta Saccon)
4.1. Un patrimonio di soft skill? Alle donne vengono unanimemente riconosciute una serie di qualità professionali, quali
capacità organizzative e amministrative, maggiori precisione ed attenzione, più spiccata
capacità di relazione con i dipendenti, elevata propensione per il lavoro in team e in
multitasking, come risulta da molte testimonianze in seno alle imprese intervistate:
“Le donne hanno la capacità organizzativa molto accentuata, e in questo caso si tratta di
organizzare i flussi, molti piccoli dettagli che convogliano in un solo istante nell’evento… è anche
molto importante l’estetica e il gusto… probabilmente una donna ha più passione nel
confrontarsi con questa tipologia di problematiche” (Bacco, organizzazione eventi).
“Nell’advertising la presenza femminile è storica; si tratta di un lavoro di tradizionale
appannaggio delle donne, che necessita di precisione ed attenzione poiché comporta pianificare
la presenza pubblicitaria su radio e televisioni ecc. Anche nelle relazioni pubbliche è
maggioritaria la presenza femminile, poiché esse richiedono quel plus nella capacità di ascolto,
di dialogo e di disponibilità che la donna possiede”. (Cerere, agenzia di Relazioni Pubbliche).
“Punti di forza dell’essere donna in questo settore e nel mio lavoro nello specifico sono
sicuramente una maggior organizzazione (la donna riesce a svolgere più mansioni
contemporaneamente) ed un rapporto con colleghi e dipendenti più personale (meno distacco
nei confronti dei dipendenti rispetto ai dirigenti uomini)”. (Marte, agenzia di Pubblicità).
Si tratta di un insieme di abilità trasversali che intervengono sensibilmente nei comparti dove
gli elementi di competitività sono fortemente basati su competenze tacite, comparti, appunto,
a maggiore concentrazione di imprese femminili, ma che non risultano tra quelli in grado di
offrire le più ampie opportunità.
In effetti, possiamo riconoscere che, tra i fattori critici per le imprese femminili, i principali
riguardano:
1. la maggiore presenza delle imprese femminili in “aree critiche”;
2. le dimensioni particolarmente ridotte delle imprese femminili (in generale e, con
evidenza ancora più accentuata, per le imprese “maggioritarie”).
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In altri termini, la maggiore vulnerabilità delle imprese femminile appare legata, da un lato, al
loro concentrasi negli ambiti professionali ‐ settoriali più“deboli”, in cui cioè vi è un maggior
rischio per la sopravvivenza dell’impresa a causa della presenza di un mercato saturo e con
forti pressioni concorrenziali; dall’altro, alle loro minori dimensioni, che le penalizzano sotto
vari aspetti (ad esempio nelle prospettive di accesso al credito e, con riferimento al terziario
avanzato, anche nell’accumulo di competenze diversificate in capo ai propri addetti) e che le
rendono meno competitive in previsione di una maggiore esposizione del mercato alla
concorrenza straniera. La combinazione di tali criticità è particolarmente preoccupante in
rapporto al rischio di mortalità che da esse deriva per queste imprese.
Le donne risultano, invece, scarsamente presenti nelle attività più tecnico‐scientifiche: ICT,
attività di R&S e progettazione tecnica. Si tratta di ambiti a forte natura ”tecnico‐specialistica”
(ma che richiedono comunque anche capacità tacite) in cui la presenza femminile è, in realtà,
ancora poco diffusa in relazione alla scarsa numerosità di donne formatesi nelle relative
discipline (in particolare in quelle ad indirizzo tecnico‐ingegneristico). In passato
sussistevano anche barriere culturali alla presenza delle donne in questi “territori”
tradizionalmente maschili, ma esse vanno progressivamente svanendo, pur con qualche sacca
di resistenza. In proposito, possiamo richiamare le successive citazioni:
“La presenza femminile nel settore edile, specialmente nelle zone in cui noi operiamo, è molto
scarsa: qui il ruolo dell’architetto è ancora prettamente maschile e non c’è l’abitudine di vedere
la donna in cantiere; vi è la concezione della donna come più portata ad occuparsi per esempio
dell’arredamento di interni, del design” (Apollo, studio di architettura).
“Le modalità con cui la clientela si interfaccia con i due generi sono oggi uguali, mentre nel
passato vi erano certamente delle barriere pregiudiziali, del tipo: non è un mestiere da donna!”
(Esperto del settore studi tecnici e engineering).
“Nel settore IT la presenza femminile, quando c’è, non rivela particolari criticità: il fatto di essere
uomo o donna non crea particolari problematiche.” ( … ) l’esistenza di opportunità e di spazi di
inserimento per le professionalità più tecniche pare una potenzialità effettiva, come
dimostrerebbe anche una ricerca di Assintel volta a rilevare la diffusione delle tecnologie nelle
microimprese del terziario avanzato: da essa le microimprese femminili emergono come più
“avanzate” rispetto alle corrispondenti microimprese maschili (in relazione al livello
competenze/dotazione tecnologica)” (Esperta del settore).
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La presenza femminile è debole anche nei servizi strategico manageriali (“controllo di
gestione) e in consulenza e pianificazione aziendale, probabilmente perché le minori occasioni
di accesso a ruoli strategico‐manageriali non favorisce la creazione di background spendibili
in successive attività autonome professionali. Più frequentemente, invece, ritroviamo
imprenditrici nell’area dei servizi legali, nei servizi linguistici e in tutta l’area dei servizi legati
alla creatività e alla comunicazione, che, come si è visto, sono generalmente caratterizzati da
mercati soggetti a forti pressioni competitive e tendenzialmente saturi.
4.2. Piccole per difficoltà o per scelta?
Le ragioni alla base delle ridotte dimensioni dell’impresa femminile sono molteplici e spesso
concomitanti o interconnesse, determinando una sorta di circolo vizioso:
• Nascono già come imprese poco strutturate in quanto più spesso avviate da neofite.
Spesso le neoimprese sono costituite da imprenditrici senza precedente esperienza in attività
imprenditoriali (quindi con competenze gestionali ancora immature), che avviano attività
scarsamente strutturate (infatti la costituzione di società di capitali è meno frequente tra i
neofiti) e, in quanto tali, poco appealing per il credito, tutti fattori che nell’insieme
contribuiscono ad aumentarne il rischio di mortalità, specie nei primi anni di vita.
A volte, anche le motivazioni al “mettersi in proprio” possono non essere sufficientemente
solide, ossia anziché dipendere da convinti obiettivi di business, possono essere
maggiormente centrate sul desiderio di “riempire” il proprio tempo, specie laddove si può già
contare sulla disponibilità patrimoniale del coniuge o della famiglia di origine. In questo caso
(dove permangono residui di una pregressa visione culturale, che non considera prioritaria
l’indipendenza economica della donna) è più facile incorrere in forme di improvvisazione, non
sostenute da un adeguato back ground, che spesso incidono sulla volatilità del’iniziativa, e, più
in generale, sulla qualità dei servizi offerti. Ovviamente, ciò investe soprattutto gli ambiti con
basse barriere tecniche e/o di sapere specialistico in ingresso.
Insomma, in diversi casi può trattarsi di “esercizi” in cui si computa che rischio possa essere
fronteggiato grazie al ricorso alle risorse altrui “…Di solito è il marito che appiana i debiti…”
(imprenditrice partecipante al secondo focus).
Questa debolezza del fronte motivazionale può incorrere anche quando una donna sceglie
un’iniziativa imprenditoriale come modalità apparentemente più agevole per rientrare nel
68
mercato del lavoro dopo un’assenza dovuta alla difficoltà di gestire diversamente i propri
impegni familiari, se tale scelta non poggia su comprovate competenze e di esperienza.
• Spesso, invece, la piccola dimensione è una scelta. Infatti, è ricorrente l’orientamento
ad attività autonome che richiedono limitate esigenze di coordinamento organizzativo
e bassi rischi e quindi più vicine al self employment, piuttosto che di tipo manageriale.
Al di là del generico riconoscimento di una disposizione al rischio più ridotta nel caso delle
donne e del fatto che tale approccio risente probabilmente anche delle motivazioni più o
meno “forti” alla scelta imprenditoriale, è possibile ipotizzare che quest’impostazione possa
rivelarsi più compatibile anche con esigenze di conciliazione, comunque problematica,
rispetto alla gestione di attività maggiormente strutturate. In effetti, i problemi di
conciliazione vengono unanimemente riconosciuti da tutte le intervistate, anche se la maggior
parte non li ha ancora sperimentati oppure li ha già superati:
“Nell’ambiente di lavoro la donna fa il doppio di fatica per ottenere lo stesso risultato di un
uomo…; mentre per un uomo è più semplice concentrarsi totalmente sul lavoro, per una donna la
difficoltà sta nel fatto che, contemporaneamente, deve per forza “tenere aperti” anche altri spazi
mentali, che riguardano l’organizzazione famigliare” (Giove, impresa di che opera nella
consulenza direzionale e formazione manageriale).
“Quando sei sotto evento non hai nessun controllo sul tempo che devi passare in ufficio, perché
in quel giorno deve succedere qualcosa e i clienti cambiano idea anche il giorno prima. Questo
comporta grossi problemi a livello personalefamiliare ” (Bacco, agenzia di Organizzazione
eventi).
Anche se l’attività autonoma comporta la flessibilità di poter gestire il proprio tempo in
autonomia e di scegliere più liberamente come declinare i propri impegni, la carenza di servizi
di supporto che vadano incontro alle necessità di conciliazione (ma anche che la volontà di
non voler comunque delegare completamente ) possono, in effetti, costringere a porre dei
limiti ad un’attività che può essere e che spesso è totalizzante ed intervengono ad arginarla
entro confini dimensionali più facilmente controllabili.
Le imprenditrici che si sono trovate ad affrontare la conciliazione evidenziano, appunto, la
capillarità deficitaria dei servizi, l’elevato costo di quelli disponibili e l'organizzazione dei
tempi non facilitante:
69
“Ho sempre pensato che lavorare in un’azienda sarebbe stato troppo vincolante per gli orari e
per la possibilità di gestire il tempo autonomamente, o avere almeno la presunzione di poterlo
fare: è vero che si lavora tanto e senza orari, ma se ho la necessità di uscire mezz’ora per
prendere la bambina a scuola, posso farlo, non devo render conto a nessuno, anche se questo può
voler dire che devo poi lavorare fino a mezzanotte”(Bacco).
“Si possono avvantaggiare le aziende che hanno un’imprenditrice, una componente femminile…
ma dall’altra parte, la stessa donna imprenditrice si ritrova con gli orari scolastici bloccati (“alle
4 del pomeriggio e basta”), le attività extrascolastiche alle 8 di sera e non alla fine della scuola,
non ci sono servizi di trasporto né alla mattina né al pomeriggio per i bambini, per cui bisogna
prendere la propria auto per accompagnarle. Tutte queste esigenze, questi vincoli e l’assenza di
servizi, se una persona è da sola e non può permettersi una baby sitter, rendono impossibile
svolgere l’attività lavorativa o imprenditoriale" (Pegaso, settore pubblicità).
4.3. Le vie per l'autonomia L’ingresso delle imprenditrici intervistate nella compagine sociale è avvenuto in base ai
seguenti percorsi:
1. in quanto figlie o mogli;
2. in quanto fuoriuscite da una precedente struttura organizzativa, non soltanto
conseguentemente ad una crisi aziendale ‐ come per gli uomini ‐, ma anche in seguito
ad eventi discriminati, in particolare con il sopraggiungere di una maternità:
“Il rapporto con la vecchia impresa si è rotto per una serie di preconcetti rispetto
all’evento maternità” (Mercurio, agenzia di Relazioni Pubbliche);
3. in quanto evoluzione dell’esperienza e delle competenze acquisite come lavoratrici
dipendenti piuttosto che come lavoratrici autonome.
Nel primo caso, pur ricoprendo posizioni di responsabilità, le donne più spesso degli uomini
intervengono in ruoli che consentono di esprimere soprattutto le competenze tacite, piuttosto
che le conoscenze codificate.
In corrispondenza degli altri percorsi ritroviamo più spesso imprenditrici direttamente
impegnate nella creazione/erogazione del servizio, anche se resta importante la quota di
70
imprenditrici che ricoprono soprattutto ruoli amministrativi, organizzativi e di interfaccia con
il cliente.
All’attività autonoma, che sia perseguita per scelta libera o successiva a circostanze forzanti,
oppure derivata dall’appartenenza alla famiglia proprietaria, vengono riconosciuti una serie
di vantaggi, non solo in termini di flessibilità e maggiore autonomia, come già visto, ma anche
sotto il profilo del realizzazione personale e del riconoscimento sociale, un aspetto,
quest’ultimo, che influisce anche nell’acquisizione di un rapporto paritetico col genere
maschile.
“A livello personale, con il passaggio a un’attività autonoma imprenditoriale, c’è stato un
miglioramento, perché i tempi di lavoro e di vacanza vengono decisi in autonomia (…..)Sono
soddisfatta, al momento, a livello personale ed economico, ed ho il riscontro di riflessi positivi a
livello sociale , ossia ottengo maggiore considerazione in quanto imprenditrice” (Nettuno,
agenzia di Pubblicità)
“Il lavoro in autonomia mi ha dato più slancio, maggiore capacità creativa, voglia di rischiare,
intuito nel capire la cosa giusta da fare e scoprire di aver avuto ragione…La maggiore
soddisfazione deriva dal fatto di aver realizzato quanto desideravo da sola, di avere un ruolo
riconosciuto in un settore molto affollato e difficile”. (Mercurio)
“Ponendomi come imprenditrice, l’approccio con interlocutori di sesso maschile si è più
“normalizzato”, in quanto l’uomo riconosce il ruolo e il rapporto diventa più paritetico; nella
relazione con persone sottoposte,al contrario, da parte dell’uomo spesso c’è la tendenza alla
prevaricazione” (Teti, agenzia di relazioni Pubbliche).
l successivo approfondimento quantitativo offre un quadro analitico aggiornato sulla
partecipazione imprenditoriale femminile alle attività del terziario avanzato.
71
Approfondimento quantitativo IV La presenza femminile nelle imprese del terziario avanzato in Lombardia (di Anna Soru) Come si colloca la presenza femminile nel terziario avanzato? A livello complessivo si può osservare che la partecipazione imprenditoriale femminile è più diffusa (c’è almeno una donna nel 46,5% delle imprese, contro il 36,9% della media settori), ma più raramente maggioritaria (15,6% delle imprese sono controllate da donne, contro il 17,9% della media settori), per effetto della minore numerosità di ditte individuali. Grafico 10 La presenza femminile nei servizi avanzati e nella media dei settori
imprese 100% femminili9,9%
imprese a maggioranza femminile 5,7%
imprese paritarie 15,1%
imprese a minoranza femminili15,8%
imprese 100% maschili52,2%
altre imprese1,2%
terziario avanzato imprese 100% femminili14,4%
imprese a maggioranza femminile 3,5%
imprese paritarie 9,6%
imprese a minoranza femminili9,4%
imprese 100% maschili62,4%
altre imprese0,7%
Totale settori
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Tavola 19 Imprese, imprenditori e imprenditrici nel terziario e nel terziario avanzato in Lombardia
2007 Numeroimprese
Imprenditori Media Imprenditrici Media donne
Imprese totali 781.873 1.199.315 1,5 336.270 0,4
Terziario 84.517 216.845 2,6 59.765 0,7
Terziario avanzato 47.861 129.338 2,7 32.493 0,7
Servizi professionali 31.960 85.915 2,7 21.693 0,7
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
Con riferimento ai dati Asia è possibile evidenziare l’importanza delle imprese femminili e il loro contributo occupazionale nei diversi settori, anche se solo con riferimento al 2005 (ultimo dato aggiornato disponibile). Abbiamo fatto riferimento a tre parametri, riportati nella Tavola successiva.
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Tavola 20 Imprese femminili: peso numerico e occupazionale, contributo occupazionale
% imprese con almeno 1 donna
% imprese femminili
% occupaz. in imprese femminili
N° occupati imprese femminili
Totale informatica 24,4 6,8 3,3 1.515Consulenza per sistemi HW 23,9 5,8 4,9 44Realizzazione di SW 23,1 7,0 3,2 1.040Realizzazione di SW non personalizzato 8,0 7,1 0,7 1Realizzazione di SW personalizzato 38,2 5,7 3,8 59Gestione BD e portali web 21,0 16,5 6,6 35Installazione, manutenzione HW 30,4 3,9 2,6 124Attività connesse all'informatica 23,5 8,8 4,3 212Totale R&S 22,1 13,0 2,3 121R&S 38,6 24,6 15,9 29R&S scienze naturali e ingegneria 18,3 11,6 1,3 58R&S scienze sociali e umanistiche 62,5 11,7 9,5 34Totale attività professionali e imprenditoriali 29,8 15,3 6,3 9.601Attività legali, contabilità, consulenza fiscale e societaria 31,9 17,4 7,8 315Studi legali e notarili 31,7 6,3 4,3 32Studi legali 49,7 25,0 20,5 5Studi notarili 71,2 58,3 34,0 66Contabilità, consulenza societaria, incarichi giudiziari e consulenza in materia fiscale 49,3 21,5 9,8 332Società di revisione e di certificazione di bilanci 84,0 10,0 0,5 8Gestione ed amministrazione del personale 67,1 24,0 18,5 63Studi di mercato e sondaggi di opinione 40,5 17,4 12,6 1.079Consulenza amministrativo‐gestionale 35,8 14,2 9,6 779Consulenza finanziaria 24,0 7,2 3,4 47Consulenza del lavoro 12,6 16,0 3,7 28Consulenza agraria 25,3 13,2 8,2 9Consulenza amministrativo‐gestionale e pianificazione aziendale 42,9 14,3 10,4 1.304Pubbliche relazioni 52,3 28,4 25,0 414Fornitura di informazioni commerciali 26,2 16,3 2,9 19Gestione di partecipazioni di controllo , no holding finanziarie 31,9 4,0 1,6 176Studi di architettura, di ingegneria ed altre attività tecniche 34,1 9,1 5,6 658Studi di architettura e di ingegneria 41,5 10,4 8,7 99Servizi di ingegneria integrata 56,2 8,2 2,6 3Aerofotogrammetria e cartografia 31,1 6,0 1,6 3Studi geologici 49,6 3,8 15,0 18Attività tecniche n.c.a. 33,6 10,4 6,0 128Collaudi ed analisi tecniche 29,6 12,6 13,5 91Collaudi ed analisi tecniche di prodotti 35,5 10,9 7,0 109Certificazione di prodotti, processi e sistemi 16,7 20,0 16,7 1Pubblicità 39,7 16,4 11,6 251Studi di promozione pubblicitaria 40,5 19,9 14,5 1.394Concessione degli spazi pubblicitari 22,3 23,4 12,8 336Servizi di ricerca, selezione personale 92,9 19,8 7,4 50Agenzie lavoro interinale 12,7 0,2 0,0 2Attività fotografiche 52,1 10,2 6,7 15Studi fotografici 31,7 12,3 14,2 344Laboratori fotografici 53,5 14,7 12,1 171Aerofotografia 52,9 ‐ ‐ ‐Traduzioni ed interpretariato 85,5 52,1 49,5 182Agenzie recupero crediti 34,8 15,7 9,0 42Design 31,6 29,0 12,1 427Organizzazione eventi 46,6 18,8 15,1 54Logistica aziendale 37,1 12,2 8,7 297Servizi professionali ed imprenditoriali n.d. 29,9 15,4 7,6 250Totale Istruzione 54,9 25,3 16,6 1.025 Istruzione primaria 100,0 42,9 29,3 61scuole materne e collegate 60,1 54,5 39,1 183Istruzione primaria: scuole elementari 35,3 11,8 0,7 3Istruzione secondaria 33,5 27,8 9,6 20Istruzione secondaria di formazione generale 88,1 ‐ ‐ ‐Istruzione secondaria di primo grado: scuole medie 34,0 ‐ ‐ ‐Istruzione secondaria di secondo grado: licei 58,0 29,2 19,5 87Istruzione secondaria di secondo grado: istituti tecnici, professionali ed artistici 44,7 16,7 9,5 45Istruzione universitaria e post‐universitaria 72,8 23,3 15,9 84Corsi post‐universitari 100,0 ‐ ‐ ‐Altre forme di istruzione universitaria e post‐universitaria 55,9 7,1 8,8 2Corsi di formazione professionale 54,5 21,4 14,2 297Scuole e corsi di lingua 36,8 34,4 22,5 160Altri servizi di istruzione n.c.a. 76,4 46,4 31,4 84Totale Sanità 51,3 21,5 20,9 8.163 Servizi sanitari 49,6 27,3 24,4 297Servizi ospedalieri 11,0 15,1 5,1 280Ospedali e case di cura generali 30,3 6,3 6,3 285Ospedali e case di cura specializzati 99,4 45,5 37,5 116Ospedali e case di cura psichiatrici 60,1 25,0 3,1 1Ospedali e case di cura per lunga degenza (cronicari) 98,5 ‐ ‐ ‐Studi medici, esclusi gli studi odontoiatrici 80,8 20,1 14,8 102Studi medici generici 84,9 20,0 9,2 6Studi medici specialistici e poliambulatori 70,4 17,2 14,3 162Studi di radiologia e radioterapia 66,2 11,0 10,6 41Centri di igiene mentale 100,0 ‐ ‐ ‐Altre istituzioni sanitarie senza ricovero 61,5 39,4 43,1 52Studi odontoiatrici 63,7 13,8 9,9 247Laboratori di analisi cliniche, igiene e profilassi 40,6 18,7 19,8 385Attivita' paramediche 67,7 29,1 41,4 159Psicologi 13,1 42,9 10,5 4Servizi veterinari 48,6 29,2 19,3 10Assistenza sociale 65,6 31,9 34,8 3.533Assistenza sociale residenziale 43,1 24,7 19,5 1.197Assistenza sociale non residenziale 85,4 37,6 36,5 1.286Totale Attività ricreative 46,2 9,5 7,1 473Produzioni e distribuzioni cinematografiche e di video 62,0 20,7 15,0 18Produzioni cinematografiche e di video e servizi connessi 48,7 8,7 3,9 153Distribuzioni cinematografiche e di video, 36,7 16,1 27,3 110Proiezioni cinematografiche 61,1 12,7 9,3 56Attività radiotelevisive 35,7 8,7 8,4 136
Totale complessivo 33,0 14,1 8,1 20.897
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
73
1. L’incidenza delle imprese controllate da donne sul numero delle imprese attive nel 2005, che ne sottolinea la diffusione relativa;
2. L’incidenza dell’occupazione delle imprese femminili sul totale dell’occupazione delle imprese, nello stesso anno;
3. Il numero complessivo degli addetti nelle imprese femminili, per evidenziarne l’importanza numerica assoluta.
Le prime due variabili, relative alla diffusione dell’imprenditorialità femminile e al suo contributo all’occupazione sono state combinate nella costruzione di un grafico utile a segnalare l’incidenza della partecipazione femminile nei diversi settori produttivi in Lombardia, mentre il terzo parametro, lo stock degli addetti impiegati nelle imprese controllate da donne, è stato evidenziato attraverso la dimensione dei cerchi. In ascissa è riportato il peso delle imprese femminili sul numero delle imprese e in ordinata la loro incidenza occupazionale. L’origine degli assi è definito dai valori medi dei due parametri sul totale dei settori economici (le imprese femminili rappresentano il 17,7% delle imprese e occupano il 12,1% degli addetti). Emerge una forte correlazione tra peso numerico e peso occupazionale, ma con il peso occupazionale generalmente inferiore a quello numerico, conseguenza di una dimensione delle imprese femminili più bassa della media settoriale. Il quadrante in alto a destra individua i settori a maggiore femminilizzazione sia in termini di numero di imprese, sia di occupati; all’opposto il quadrante in basso a sinistra segnala i settori in cui la presenza femminile è più limitata. Gli altri due quadranti sono meno affollati, il quadrante in alto a sinistra include settori che pesano più della media in termini di addetti, ma non di numerosità delle imprese e viceversa il quadrante in basso a destra i settori a diffusa presenza femminile, ma con imprese più piccole della media. Non compaiono nel grafico i settori in cui la presenza femminile è nulla o limitatissima, ovvero tutti i settori caratterizzati da dimensioni medie elevate (agenzie interinali, ospedali, scuole dell’obbligo) ed alcuni settori a fortissimo contenuto tecnico (aerofotografia, aerofotogrammetria, servizi di ingegneria integrata). In generale la presenza imprenditoriale femminile è scarsa nelle attività che richiedono competenze tecnico ingegneristiche: informatica, logistica, studi di ingegneria, ma anche nei servizi strategico‐manageriali (gestione di partecipazioni di controllo, consulenza e pianificazione aziendale). Al contrario, coerentemente con le scelte che continuano a contraddistinguere le scelte universitarie e professionali femminili, emergono come maggiormente femminilizzate le aree di cura (l’assistenza sociale, attività mediche e paramediche), le lingue straniere ( le scuole di lingua, attività di traduzioni e interpretariato), l’istruzione, le aree della creatività e della comunicazione (design, pubblicità, organizzazione eventi). In particolare l’area dell’assistenza sociale risulta quella a maggiore contributo occupazionale: oltre 6.000 addetti in imprese femminili, pari al 28,8% degli addetti di imprese femminili del terziario avanzato non finanziario. Un secondo grafico (Grafico 14) è stato costruito per evidenziare la dinamica più recente del numero delle imprese, con riferimento al periodo 2003‐2007, anche se qui mancano informazioni sulla dimensione. I due parametri combinati nel grafico sono:
74
1. L’incidenza delle imprese controllate da donne sul numero delle imprese attive al 31.12.2007, riportata in ascissa, con il valore medio all’origine;
2. La crescita del numero delle imprese nel periodo in esame (2003‐2007), che può essere positiva o negativa, riportata in ordinata, con lo zero all’origine;
3. Infine, la dimensione dei cerchi è proporzionale allo stock delle imprese attive (numero di imprese al 31.12.2007).
Il primo quadrante individua i settori ad elevata femminilizzazione ed in crescita. Vi ritroviamo design, assistenza sociale non residenziale, formazione professionale e dell’istruzione, studi di mercato e pubblicità (soprattutto attività di concessione di spazi pubblicitari), ricerca del personale, attività che richiedono le lingue straniere (nelle traduzioni le imprese femminili sono la maggioranza, ma complessivamente stabili, più dinamiche le scuole di lingua). Invece le imprese femminili, pur essendo relativamente numerose, diminuiscono (II quadrante) nell’istruzione primaria, secondaria e universitaria, nell’assistenza residenziale, nei servizi ospedalieri, attività paramediche e laboratori di analisi cliniche. Le imprese femminili e le imprenditrici sono invece rare e generalmente in diminuzione in tutto il settore dell’informatica, negli studi odontoiatrici, nelle attività di servizio legate all’edilizia e alla costruzione di impianti (studi di architettura e ingegneristici). Sempre rare, ma in aumento le donne che operano nella logistica aziendale, nella amministrazione societaria nei collaudi e analisi tecniche.
75
Grafico 11 Diffusione e contributo occupazionale delle imprese femminili nei servizi avanzati non finanziari
Assistenza sociale
Studi di promoz. pubblicit.
Consul.za e pianificaz. aziendale
Ass.za soc.le non residenz.
Assistenza sociale residenziale
Studi di mercato
Realizzazione di SW
Design
Pubbliche relazioni
Labor. analisi cliniche
Studi fotografici
Concess. spazi pubblicitari
Contabilità, consul. fiscale
Attivita' legali, contabilita'
Servizi sanitari
Logistica aziendale
Corsi di formaz. Profess.
Ospedali generali
Servizi ospedalieri
Servizi profess. imprend. n.d.
Studi odontoiatrici
scuole materne e collegate
Traduzioni ed interpretariato
Gest. partecip. controllo
Laboratori fotografici Studi medici specialist.
Scuole e corsi di lingua
Attivita' paramediche
Attività connesse ICT
‐
20,0
40,0
60,0
‐ 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0
peso % N°imprese femminili
2007
peso % occupazioneimprese femminili
2007
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
76
Grafico 12 Dinamica delle imprese femminili
cons. ammin.‐gestionale; 16,2
pubblicità
studi di mercato
realizzazione SW
studi architett. e ingegn.
concessione spazi pubblicitari
design
attività fotografiche
corsi form. profess.le
consulenza societaria
traduzioni ed interpretariato
assistenza sociale
gestione di partecipazioni no holding
prod. e distrib. cinema e video
studi medici
attivita' connesse all'informatica
studi odontoiatrici
servizi professionali n.d.
logistica aziendale
scuole di lingua
collaudi ed analisi tecniche
ass. sociale non residenziale
installazione HW
altri servizi di istruzione n.c.a.
recupero crediti
ass. sociale residenziale
istruzione primaria
studi legali e notarili
ricerca personale
istruzione universitaria e post
attivita' paramediche
istruzione secondaria
servizi sanitari
lab. analisi cliniche
consulenza per HW
organizzazione eventi
servizi ospedalieri
attivita' radio TV
ricerca e sviluppo n.d.
R&S scienze sociali
psicologi
R&S scienze e ingegneria
‐60,0
‐40,0
‐20,0
0,0
20,0
40,0
60,0
80,0
100,0
120,0
140,0
160,0
180,0
200,0
‐ 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0
variazione % numero di imprese 2003‐2007
variazione % numero di imprese 2003‐2007
incidenza % imprese femminili
2007
Fonte: elaborazioni su banca dati Area Ricerca Formaper Infocamere
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5. La Pubblica Amministrazione e le politiche (di Nicoletta Saccon)
Trasversalmente ai diversi comparti del terziario avanzato, emergono in modo ricorrente le
segnalazioni di precise aree di problematicità che, nel più dei casi, costituiscono altrettanti
ambiti di intervento per le policy, a maggior ragione se si considera che sul settore pesano,
come già ricordato, le caratteristiche fortemente penalizzanti della stessa domanda pubblica.
Le questioni più importanti spesso investono alcuni"filoni tematici" che ricorrono ormai da
tempo tra le condizioni che maggiormente gravano sulle imprese italiane, ma di cui abbiamo
potuto cogliere, a volte, un particolare acuirsi o aspetti di specificità che investono proprio il
settore dei servizi avanzati.
In particolare è evidente l’insistenza con cui si denunciano la rigidità del mercato del lavoro e
l’onerosità fiscale, aspetti in relazione ai quali le richieste vanno in direzione di un’
equiparazione degli oneri fiscali e tributari che gravano sui servizi con quelli di altri Paesi
concorrenti, rendendoli incentivanti per gli investimenti e l’innovazione.
“La forte imposizione fiscale costituisce un importante freno per l’attività delle imprese; l’Irap, in
particolare, che viene applicata in rapporto al personale, è stata fortemente penalizzante per le
aziende dei servizi avanzati, erodendone le potenziali risorse da destinare agli investimenti e
bloccando l’ innovazione, la ricerca e lo sviluppo: quando si tassa il personale in un’azienda di
servizi, la si distrugge”. (Esperto)
In aggiunta a queste aree di possibile intervento, per quanto siano molteplici le direttrici per
le iniziative di policy rivolte al terziario avanzato, è possibile ricondurle ad alcune
fondamentali “categorie di appartenenza” che, nello specifico, riguardano le iniziative:
1. che sostengono la domanda di servizi;
2. che favoriscono il sostegno finanziario e il credito alle imprese;
3. a supporto/potenziamento delle competenze;
4. a sostegno alle forme di integrazione tra imprese;
5. a supporto dei processi di internazionalizzazione (informazioni, infrastrutture);
6. a sostegno delle donne e in particolare delle imprese femminili.
78
1) Gli interventi che sostengono la domanda di servizi
È possibile distinguere tra due distinte tipologie di azione, a seconda che siano rivolte a
stimolare la domanda che proviene dal settore privato piuttosto che intervenire su quella del
settore pubblico.
Nel primo caso, sono auspicabili forme di sostegno, sostanzialmente basate sull’erogazione di
contributi, che favoriscano l’acquisizione di servizi consulenziali di varia natura (in modo da
intervenire sul mercato delle consulenze professionali e della formazione), ma anche incentivi
all’innovazione che non intervengano esclusivamente sulla dotazione hardware dell’impresa,
ma convergano anche a favore della componente dematerializzata dell’innovazione
tecnologica. Il riferimento è, insomma, al riconoscimento (in termini di ammissibilità del
contributo) sia della parte relativa al software, sia di quella di natura più strettamente
consulenziale (ad es., per check up tecnologici), in quanto fase imprescindibile del processo
che porta al prodotto/servizio finale.
“L’obiettivo di policy a favore dell’ICT non dovrebbe essere tanto quello di dare risorse
direttamente alle aziende del settore, quanto alle imprese clienti, incentivandole a modernizzare
i propri processi produttivi, acquistando soluzioni informatiche innovative. Quest’azione avrebbe
un’enorme ricaduta sul settore stimolando l’iniziativa delle imprese più avanzate e innovative”
(Esperto).
“Gli incentivi attualmente concessi alle imprese per l’innovazione tecnologica coprono
eminentemente le spese sull’investimento nella parte hardware, invece gli strumenti software di
alto livello non sono compendiati nelle politiche di incentivazione all’IT” (Urano).
Per quanto riguarda la domanda pubblica, alla stessa va riconosciuta la potenziale capacità di
trainare l’outsourcing a beneficio del settore. Tuttavia, come già ricordato in un precedente
paragrafo, dato l’orientamento alla costituzione di società pubbliche, essa finisce con il
diventare un’antagonista delle imprese che operano nel settore, sottraendo loro importanti
quote di mercato. A ciò si aggiunge la già ricordata problematica della proliferazione delle
stazioni appaltanti e l’impostazione al massimo ribasso delle gare pubbliche.
Pertanto è possibile identificare due ambiti, che rappresentano altrettanti “blocchi” allo
sviluppo dei servizi: l’uno relativo alla pratica del in house, l’altro che interessa il tema degli
appalti e più in generale degli incarichi esterni. Nel primo caso si tratta di intervenire
superando progressivamente gli affidamenti diretti a imprese pubbliche, in tal modo
liberalizzando i mercati. Nel secondo di privilegiare qualità e competenza nelle gare pubbliche
e ciò presupporrebbe la dotazione di strumenti di valutazione trasparenti e l'affidamento di
79
compiti valutativi a soggetti esterni, non scelti e incaricati dai valutati. E' questo un problema
che interesserebbe in maniera acuta la pubblica amministrazione italiana: "A differenza di
paesi come la Francia e la Germania, non siamo riusciti a dotarci di una classe di dipendenti
pubblici con elevate competenze: è necessario ricorrere in maniera generalizzata a competenze
esterne, ma anche qui non siamo riusciti a dotarci di strumenti trasparenti e di meccanismi che
responsabilizzino i dirigenti pubblici sui risultati delle loro azioni, ivi compresi gli affidamenti di
incarichi all'esterno. Troppo spesso i criteri di selezione sono i legami di appartenenza o
addirittura parentali, senza la dovuta attenzione alle competenze e alla qualità" (Esperto).
Anche la costituzioni di “centrali di committenza” può costituire un segnale positivo in tale
direzione, come sembrano dimostrare alcune prime esperienze positive.
“Rispetto alla committenza pubblica, quella privata agisce in maniera del tutto diversa nel
predisporre una gara di progettazione: stabilisce l’elenco dei disegni e le specifiche.
Naturalmente ciò è possibile perché essa possiede adeguate competenze interne che permettono
la messa a punto di bandi di gara ragionevoli. Bisognerebbe evitare la presenza, in Italia, di
7.000 committenti pubblici e, piuttosto, di puntare su “centrali di committenza” (che in Francia,
ad es., sono qualche centinaio). È questa, tra l’altro, la via percorsa dalla Regione Lombardia e
da un paio di altre regioni: se in precedenza ogni assessorato, ogni ASSL operavano emanando le
proprie gare di progettazione e di realizzazione, ora invece la Regione dà incarico ad una
società, di cui detiene il controllo e che opera con criteri adeguati, di organizzare le gare,
realizzare e consegnare l’opera. Una diversa, ulteriore opzione per il committente pubblico
potrebbe essere anche quella del contratto di Program Management, con cui affidare ad una
società di ingegneria esterna o a un consorzio le attività di una centrale di committenza”
(Esperto del settore studi tecnici di ingegneria).
Naturalmente, ad un livello ancora precedente e generale, sulla PA grava l’impegno ad
orientarsi verso processi di modernizzazione, semplificazione ed efficienza, che possono
contribuire alla domanda di servizi per acquisire conoscenze, innovazioni organizzative e
tecnologiche.
Ad ogni modo, al di là di specifiche azioni che possano alimentare tale domanda, permane un
nodo critico di rilevo sul fronte dell’incontro effettivo con l’offerta, anche per effetto delle sua
polverizzazione. Frequentemente, nelle interviste, le imprese hanno sottolineato una
mancanza di un circuito commerciale in grado di conferire visibilità diffusa al proprio
80
servizio ed espresso, in proposito, la richiesta di ruolo di intermediazione che coinvolga le
stesse istituzioni pubbliche.
“Chi dovrebbe indirizzare all’acquisto dei tessuti per arredare non ha la conoscenza reale
dell’offerta. Un esempio molto bello invece è a Londra, a Chelsea, dove c’è un palazzo dove tutti
gli editori tessili espongono i loro tessuti (……..). Non sappiamo perché manchi in maniera così
marcata un momento informativo e promozionale che aiuti nella commercializzazione del
prodotto”. (Plutone)
“Le politiche potrebbero semplicemente aiutare le imprese del settore a farsi conoscere di più
(….), affinché si sappia che aziende come la Chirone offrono un servizio utilissimo e un grosso
risparmio”. (Chirone, servizi di archiviazione ottica di cartelle cliniche)
Anche se non è sempre chiaro come il soggetto pubblico possa intervenire, è evidente
l’urgenza della questione e la latitanza di una concreta risposta che, per le imprese di altri
settori più facilmente viene, ad esempio, dall’organizzazione/partecipazione ai tradizionali
appuntamenti di natura commerciale quali gli eventi espositivi fieristici.
2) Gli interventi che favoriscono il sostegno finanziario ed il credito alle imprese
Per il sostegno finanziario alle imprese, le priorità di intervento convergono sostanzialmente
in tre direzioni: l’una rivolta alla predisposizione di strumenti finanziari e di accesso al credito
pubblici e privati, l’altra indirizzata a ridurre gli insostenibili ritardi dei pagamenti (per
quanto possibile), ed infine un’ulteriore centrata su forme di supporto/incentivazione
attraverso l’erogazione di contributi.
La difficoltà di accedere al credito, e il costo dello stesso, costituiscono un leit motiv ormai
storico per l’imprenditorialità italiana, sia in quanto prevalentemente costituita da piccole
realtà, in quanto tali poco attraenti per gli istituiti creditizi, sia per il tipo di approccio da
questi adottato, frutto non solo di una certa, pregiudiziale, impostazione culturale, ma anche
della difficoltà interna nel valutare eventuali progettualità.
“In America, se vai in banca con un progetto, ti danno una mano. Qua in Italia è il contrario: se
sanno che stai investendo in un progetto, possono chiuderti il conto in banca per non rischiare.
Soprattutto in attività che non hanno un pregresso storico..(…..) Finora noi ci siamo arrangiati
da soli..(…) Una grande banca nostra cliente non ci ha finanziato anche se glielo abbiamo
chiesto”. (Pegaso).
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"Anche per aprire un minifido all’inizio, di venti milioni, hanno chiesto tantissime garanzie,
senza le quali non avremmo avuto i fondi". (Bacco).
Tuttavia, l’impressione che abbiamo ricavato dal confronto con le imprese intervistate e con
gli esperti, è che si tratti di una problematica ancor più aggravatasi in relazione al
sopraggiungere di nuove condizioni: in particolare, Basilea 2 ha ridotto sensibilmente i
margini di accesso al credito per le PI. Ciò, unitamente all’altra importante criticità,
rappresentata dal sempre più consistente ritardo dei pagamenti da parte dei clienti (incluse le
stesse banche e la PA), possono mettere in seria difficoltà una piccola impresa. La
consuetudine al posticipare il più possibile i pagamenti diventa una vera e propria modalità di
autofinanziamento per il cliente (anche e ricorrentemente, per il cliente pubblico), ma chiude
in un circuito perverso l’impresa fornitrice che, da un lato, non riceve introiti e, dall’altro,
essendo sottoposta a precisi adempimenti fiscali, subisce giocoforza delle uscite correlate alle
riscossioni, anche se non ancora incassate (anticipo dell’IVA).
“Bisognerebbe intervenire sull’abitudine, tutta italiana, di stabilire i termini di pagamento a 120
giorni, di fatto. Questo stato di cose determina, nella realtà, e ancor più quando il committente è
di grandi dimensioni o pubblico, che le PI siano vere e proprie finanziatrici del sistema
economico, ma alla lunga si tratta di un meccanismo distruttivo del sistema stesso”. (Giove).
“Quest’anno poi con l’applicazione di Basilea 2 è successo il pandemonio. Il sistema bancario ha
cominciato a procacciare risorse finanziarie smobilizzando fatture dei clienti/fornitori.
Quest’anno abbiamo dovuto fare per la prima volta raccomandate alle banche per sollecitare i
pagamenti. Tutte le aziende hanno pagato con due, tre, cinque mesi di ritardo… perché stanno
cavalcando l’onda… Ho chiesto a un cliente: vendete meno? No!, mi ha risposto, come sempre,
solo che per mantenere marginalità sul mercato vendono al prezzo di costo, per guadagnare
pagano in ritardo i fornitori in modo da fare cassa… nessuno, se riceve pagamenti in ritardo,
chiede il pagamento degli interessi… le banche lo fanno in modo sistematico su duetremila
aziende… e fanno cash flow sulla base del ritardo dei pagamenti. Basilea 2 ha introdotto i nuovi
meccanismi, tutti hanno avuto dei problemi, e c’è stata una contrazione fra gennaio e marzo… di
un genere mai registrato in 10 anni di attività: prima, mai ho dovuto chiamare i clienti per farmi
pagare… quest’anno ho dovuto farlo con tutti… vuol dire che qualcosa c’è, la crisi deve essere
forte”. (Pegaso)
“L’incubo è pagare l’IVA ogni mese: dato che non tutti i clienti pagano in tempo, spesso ci
troviamo nelle condizioni di dover pagare le more al fisco per i ritardi nel pagamento
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dell’IVA…..(….) con dei conti pazzeschi per capire cosa fatturare e cosa pagare Se poi fai
riscattare le fatture dalle banche, si trattengono moltissimi soldi (intorno al 10%). Questo
influisce negativamente sulla capacità dell’impresa di investire anche per la realizzazione di
piccoli miglioramenti”. (Nettuno)
Il supporto alle imprese attraverso forme di incentivazione basate sull’erogazione di
contributi rappresenta un’opzione nota alle stesse; si tratta di una modalità che continua a
suscitarne l’interesse, ma con alcuni fondamentali correttivi rispetto all’esperienza pregressa,
in particolare per quanto riguarda, sul piano formale, la semplificazione dei complessi aspetti
burocratici che spesso scoraggiano la partecipazione ai bandi e, sul piano sostanziale, una
effettiva accessibilità per realtà di piccole dimensioni. Ciò comporta, in particolare,
l’orientamento ad evitare che le disponibilità dei contributi sia interamente a consuntivo e/o
studiare forme alterative di incentivazione.
“Le forme di finanziamento all’innovazione dovrebbero poggiare su approcci diversi da quelli
sinora perseguiti…I finanziamenti a consuntivo sono spesso inadatti a sostenere le possibilità di
investimento di una piccola impresa in un progetto innovativo: le imprese italiane fanno poca
innovazione perché hanno dimensioni piccole o medie e risorse limitate e, quindi, una scarsa
propensione agli investimenti che non abbiano ritorno immediato. Allora, si dovrebbero
prevedere modalità che consentano alle imprese in grado di proporre un progetto innovativo,
ma che non hanno la capacità di realizzarlo, di appoggiarsi ed agire sinergicamente con
aziende/enti in grado di farlo…. (……) Piuttosto che prevedere bandi che mettono a disposizione
grosse somme poi utilizzate da chi ha la capacità di proporsi meglio (piuttosto che aggiudicate
sulla base della qualità del progetto innovativo), sarebbero preferibili dei bandi di importo più
modesto, lanciati da soggetti presenti localmente (ad es, dalle Camere di Commercio) e che
conoscono il territorio, in cui si prevedano finanziamenti mirati ed anche il presidio sul loro uso
e sui risultati". (Castore)
“Le politiche di incentivazione dirette all’IT andrebbero modificate (…..), tra l’altro prevedendo
procedure di rendicontazione fattibili; se sono troppo complesse, risultano disincentivanti”
(Urano).
Per intervenire sul complesso di queste criticità, sono opportune iniziative su più fronti: una
delle possibili vie può essere quella della promozione di accordi con il sistema bancario, a cui
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richiedere finanziamenti a condizioni agevolate o assieme a cui sviluppare strumenti che
facilitino l’accesso al credito per le eventuali quote di investimenti non coperte da
finanziamenti pubblici, oltre che per contrastare la cattiva abitudine ai ritardi nei pagamenti
nell’acquisizione di servizi avanzati. La PA per prima dovrebbe pagare nei tempi di legge (30
giorni).
Quanto al finanziamento pubblico, oltre a forme di contribuzione diretta, potrebbe essere
utile progettare strumenti finanziari e/o di incentivazione innovativi, nel tentativo di ridurre i
necessari passaggi burocratici (che spesso, come visto, rappresentano un deterrente alla
partecipazione a bandi di finanziamento), con attenzione alle modalità più gradite alle
imprese (ad esempio includendo anche incentivi fiscali) e tra le aree di intervento prioritarie
vanno incluse non solo l’ambito dell’innovazione tecnologica, ma anche tutto capitolo degli
investimenti per la salvaguardia ed rinforzo delle competenze (inclusa la salvaguardia della
proprietà intellettuale), cui oltre è dedicato uno specifico spazio. Ma soprattutto gli
investimenti ammissibili dovrebbero essere definiti sulla base delle specificità del terziario
avanzato, diverse da quelle dell'industria.
“Servirebbero dei servizi utili a finanziare l'acquisto di computer, la connessione internet, gli
strumenti concreti che servono all’avviamento. Fra questi il più importante è il costo dell’affitto
per l’ufficio: per i privati e gli artigiani i prezzi sono molto più bassi che per gli studi e gli uffici.
(….) lo stesso immobile, se acquistato da un artigiano, può essere preso per 600 euro al metro
quadro, mentre se viene preso da noi, ammesso che venga effettuato il passaggio a categoria
commerciale, vengono richiesti 2.200 euro metro/quadro. Fra l’altro, l’artigiano può ricevere
delle sovvenzioni per l’acquisto del capannone” (Minerva).
"Si potrebbero mettere a disposizione finanziamenti per investimenti tecnologici: nella nostra
realtà il budget da riservare è elevato, in quanto le macchine vanno sostituite già dopo un paio
di anni" (Marte).
In aggiunta, si potrebbe prevedere un’attività di accompagnamento per l’accesso ai
finanziamenti.
3) Gli interventi a supporto/potenziamento delle competenze
C'è generale convergenza sull'importanza della formazione.
“La formazione assume un’importanza centrale. Se l’azienda è un insieme in continua evoluzione
di azioni ed eventi, oltre all’esperienza sul campo e allo studio sui libri è fondamentale
l’aggiornamento formativo, soprattutto se si vuole competere sul mercato globale (a cominciare
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dalla lingua inglese, ancora poco conosciuta e praticata)” (Esperto associazione imprese,
partecipante al terzo focus).
Le imprese che nascono come evoluzione di un'attività tecnico‐professionale sono
particolarmente impreparate sul fronte manageriale, e in un momento difficile come quello
attuale si percepisce la necessità di maggiori competenze commerciali:
“Un’area di intervento potrebbe essere quella della formazione, in particolar modo su tematiche
commerciali, che restano nel nostro settore quelle più lacunose; introdurre per esempio
interventi formativi sulla negoziazione, o aggiornamenti in materia di tecniche di vendita o
gestione dei clienti; non ci sono le risorse per occuparsi e organizzare autonomamente queste
tipologie di interventi, e i nuovi inseriti vengono formati all’interno dell’azienda attraverso la
pura pratica” (Teti).
La formazione, d'altra parte, è da alcuni considerata non più sufficiente, si rileva l'esigenza di
una forte customizzazione, di un accompagnamento consulenziale.
“Sarebbe molto apprezzata l’offerta di qualche servizio aggiuntivo, ad es, la possibilità di
usufruire gratuitamente di un supporto consulenziale in azienda, specie per la parte di gestione
contabile e amministrativa dell’impresa: le paghe e contributi; i possibili vantaggi fiscali; le
opportunità eventuali per l’impresa” (Cerere).
Ma in ambiti fortemente incentrati sulle competenze e in mercati sempre più aperti alla
competizione internazionale la formazione è soprattutto professionale, peraltro non sempre
disponibile sul territorio: la grande offerta di formazione finanziata è infatti più concentrata
su competenze manageriali o competenze tecniche di base e non sempre di elevata qualità.
"La formazione diventa una questione strategica per le agenzie locali e nazionali: se non
potessero mettere in campo un know how e degli skill molto più appetibili, non potrebbero
competere” (Esperto).
"Sarebbero utili dei voucher spendibili nominalmente, da utilizzare per usufruire di interventi
formativi, superando il vincolo degli enti accreditati e spendibili anche all'estero, dato che il
mercato delle competenze è sempre più internazionale" (Esperto).
Emerge inoltre, da parte di alcuni esperti e imprenditori, l'interesse a intervenire a favore
della valorizzazione e della protezione delle competenze, attraverso misure che da un lato
aumentino le possibilità di proteggere il contributo creativo incorporato nei servizi avanzati, e
dall'altro lato ne favoriscano la valorizzazione.
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Così accanto ai brevetti a protezione delle innovazioni, si auspica un potenziamento del
copyright, da utilizzare un po' su tutte le opere dell'ingegno, siano esse uno slogan
pubblicitario, una fotografia, o i materiali di un corso di formazione. Ma anche misure che
rendano sempre visibili gli autori del lavoro professionale, contrastandone lo sfruttamento
come "ghost writer".
Per favorire la valorizzazione delle competenze si auspica invece lo sviluppo di sistemi di
certificazione delle competenze e di codici deontologici, con particolare riguardo all'ambito
delle soft skill, anche se permane la difficoltà a individuare organismi di controllo, in grado di
esercitare tale ruolo in maniera efficiente e obiettiva.
4. Gli interventi a sostegno alle forme di integrazione tra imprese
C'è generale consapevolezza sull'importanza delle alleanze e delle reti per il rafforzamento
competitivo delle imprese, ma anche delle resistenze e degli ostacoli ad investire in tale
direzione.
“Se posso lanciare un messaggio – dice l’imprenditrice – è che le imprese di piccole dimensioni
come la mia non sono supportate da alcun sostegno per lo sviluppo dell’impresa verso una
maggiore strutturazione….(……) il ‘rischio’ di impresa talvolta è troppo elevato se si è lasciati
soli" (Mercurio).
Per facilitare tali processi sono chiamati in gioco anche gli intermediari, ossia le associazioni
del mondo delle imprese, che possono agire da stimolo e contribuire alla promozione di forme
di aggregazione tra imprese in cui l’elemento fiduciario, facilitato dallo sviluppo di rapporti
personali in ambito associativo, risulta fondante. In altri termini, per il semplice fatto di
costituire luogo ed occasione di incontro (più che per una vera e propria proattività), tale
contesto viene considerato ambito di elezione per la nascita di forme di network.
Lo sviluppo di un il ruolo più “organizzato” a favore della creazione di sinergie strategiche tra
le diverse realtà imprenditoriali risulta un’opzione di fatto esplicitata da coloro che stanno
maturando la consapevolezza della loro crescente importanza sugli scenari competitivi.
“Alle associazioni di rappresentanza si chiede di attivare opportunità per la creazione di
network: per la costituzione della rete rimane essenziale una relazione personale fiduciaria”
(esperto ICT focus).
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5. Gli interventi a supporto dei processi di internazionalizzazione
Per gli interventi indirizzati a sostenere l’affacciarsi delle imprese sui mercati internazionali è
possibile individuare almeno tre principali spazi di azione.
Innanzitutto, un primo e indispensabile livello di supporto coincide, come espressamente
richiesto dalle imprese, con la predisposizione di servizi informativi (o con il maggior
sviluppo e visibilità di quelli eventualmente esistenti) per orientarsi rispetto ai sistemi
normativi e degli adempimenti burocratici di altri Paesi
“Oggi il primo supporto necessario riguarda le attività legate all’internazionalizzazione. Le
imprese italiane vanno supportate nella ricerca di opportunità di lavoro all’estero e uno dei
possibili servizi, necessario specialmente per le PI, potrebbe essere quello di realizzare all’estero,
in maniera diffusa, dei centri di informazione che sappiano fornire chiarimenti di ordine fiscale
e amministrativoburocratico, informazioni di carattere legislativo ecc., inerenti al Pese in cui si
va ad operare. Questi centri potrebbero svolgere anche attività di supporto più operativo, come,
ad es, mettere in contatto, con studi notarili in loco e così via…” (Esperto)
“Sarebbe utile, nel momento in cui si decida di operare su un dato mercato estero, poter ricevere
informazioni chiare, ad esempio sulle necessarie procedure burocraticoamministrative, con
significativi risparmi di tempo e minor rischio di inefficienze” (Castore)
Accanto, una seconda categoria di interventi impatta, invece, sugli aspetti più strettamente
commerciali, legati all’esplorazione di nuove opportunità sui mercati esteri: qui si manifesta
la necessità di sostenere l’incrocio domanda/offerta in modo più strutturato, ossia come
risultato di un’attenta programmazione. Proprio per la natura di quest’ultima, su cui si
innestano elementi di coordinamento e di azione anche diplomatica, l’attribuzione di un ruolo
di regia viene conseguentemente conferita all’interlocutore istituzionale.
“L’organizzazione di missioni imprenditoriali all’estero (…..) bisognerebbe che, innanzitutto,
prevedessero degli obiettivi delineati anche sulla base di quanto segnalato dalle aziende
interessate; successivamente, in relazione al mercato individuato, nell’ambito delle missioni si
dovrebbero prevedere gli incontri con i potenziali clienti, segnalati dalle stesse aziende
partecipanti o/e anche previa ricerca ed individuazione da parte dell’ente organizzatore.
Naturalmente, il fatto che tali incontri vengano promossi entro una cornice “ufficiale” rende più
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immediato il riconoscimento, presso il cliente, degli interlocutori adeguati e più agevole lo
sviluppo dei primi contatti commerciali” (Castore)
“Sul piano organizzativo del rapporto commerciale (…) arrivare con alle spalle una struttura
organizzativa politicodiplomatica già avviata, è fattore che determina forti vantaggi rispetto
alla possibilità di realizzare progetti di grosse entità. Le istituzioni tedesche hanno agito con
tempismo, hanno aiutato le imprese nell’individuazione dei problemi sui mercati da penetrare a
livello globale e le hanno supportate in relazione ad essi. Lo sviluppo di altri Paesi è
programmato e addirittura stimolato dal governo. Inoltre, la concorrenza tedesca si trova
avvantaggiata anche per quanto riguarda la conoscenza di possibili linee di finanziamento da
giocare come opportunità nei confronti del cliente; d’altra parte spesso tale concorrenza è
costituita da grossi gruppi che in genere possono contare sull’appoggio sostanziale di una
banca…. “(Castore)
Infine, il terzo terreno di intervento, di natura particolarmente urgente, riguarda la
disponibilità di infrastrutture, come noto una annosa macro‐questione per l’intero sistema
economico nazionale.
6. Gli interventi per l’imprenditoria femminile
L’approccio delle imprenditrici sulla “questione femminile” non sempre le trova concordi sulla
necessità di politiche specifiche per le donne.
“Noi donne non siamo una categoria a rischio. Bisogna smettere di credere che le donne siano
una categoria da proteggere in quanto debole o deficiente… bisogna semplicemente guardare la
capacità delle persone, siano esse donne o uomini”. (Plutone)
Piuttosto, come verrà ripreso più avanti, le misure più congruenti dovrebbero sostenere le
imprenditrici nelle loro difficoltà di armonizzare l’attività lavorativa con gli impegni relativi
all’organizzazione della famiglia, che nel nostro Paese sono ancora prevalentemente
appannaggio delle donne.
Ad ogni modo, i suggerimenti per le policy rivolte all'imprenditoria femminile non possono
prescindere dall’esperienza pregressa e, in proposito, il riferimento va alla legge 215/92 e ai
cinque bandi con cui essa è stata ripetutamente finanziata.
Tra i suoi nodi critici, in particolare, le principali sottolineature vanno:
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1. ai tempi lunghi che intercorrono tra la presentazione della domanda e la concessione
del contributo, tempi che rendono l’ erogazione del contributo troppo tardiva e quindi
costringe le imprenditrici ad anticipare il finanziamento. Poiché per l’avvio dell’attività
è essenziale non già godere del rimborso ma, piuttosto, poterne disporre in anticipo,
l’obiettivo di supportare l’imprenditorialità femminile in coincidenza di una fase così
cruciale viene sostanzialmente disatteso;
2. all'eccessiva burocrazia connessa a questo tipo di intervento agevolativo, che risulta
oneroso e spesso disincentivante ;
3. al fatto che essa non contempla la copertura dei costi per l’affitto dei locali, che invece
rappresentano una delle più onerose voci di costo;
4. all'eccessiva onerosità del vincolo sull'incremento degli occupati, che di fatto restringe
l'intervento alle sole imprese che sono in fase di avvio dell'attività (in cui quindi tutti
gli occupati sono anche nuovi occupati).
È emblematico l’esempio dell’impresa Ercole che “in quanto società a maggioranza femminile,
ha presentato la domanda per ottenere un finanziamento agevolato in base alla legge 215/92.
Per quanto la procedura per la presentazione della richiesta sia risultata complicata e
farraginosa, è stata comunque redatta internamente dai soci, Ercole è stata inserita nella
graduatoria, ma non ha potuto beneficiare del finanziamento perché, al momento
dell’erogazione, l’impresa non è stata più in grado di sostenere la quota a suo carico, pari al
50% dell’investimento che veniva finanziato. In quel periodo, infatti, l’impresa era stata
fortemente penalizzata dall’abbandono da parte di uno dei clienti”..
Per cercare di superare i vincoli evidenziati si propone una burocrazia più snella, una
revisione delle voci di investimento ammissibili a vantaggio di spese più tipicamente presenti
in attività del terziario avanzato e l'attenuazione del vincolo sull'incremento occupazionale, in
modo che la legge si presti anche a sostenere le fasi di crescita e sviluppo e non solo lo start
up.
Ma, al di là di questi aspetti critici (i primi due, peraltro, comuni a tutte le iniziative di
finanziamento a bando chiuso, che prevedono necessariamente lunghi tempi per raccogliere
le domande e per la selezione), non tutte le imprenditrici e le esperte intervistate concordano
sull'efficacia di misure di questo tipo nel sostenere l'imprenditorialità femminile.
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Poiché il principale ostacolo unanimemente riconosciuto è relativo alla difficoltà di conciliare
l'attività imprenditoriale con i vincoli e gli impegni familiari, è su questo fronte che si ritiene
debbano essere concentrati i maggiori interventi di supporto.
“Non ci siano particolari problematiche di genere nell’esercizio della mia professione; laddove
questo si verificasse, penso non sia opportuno creare delle forme di tutela peculiari, bensì
rendere effettive le possibilità di competizione paritaria tra i generi, così come la possibilità delle
donne di arrivare al mercato del lavoro, creando le strutture per la cura dei bambini e degli
anziani, in modo da sollevarle da un’incombenza che normalmente grava sulle loro spalle”
(Castore).
D'altra parte la difficoltà delle donne a colmare il gap che separa le loro posizioni lavorative e
imprenditoriali da quelle degli uomini, spinge molte delle imprenditrici ed esperte
interpellate a ritenere che sia necessario sperimentare sistemi di supporto alternativi: potrà
trattarsi di misure solo per donne, ma attente a introdurre elementi che non possano essere
opportunisticamente aggirati, e misure dirette in modo indifferenziato a uomini e donne.
Tra i primi, interventi di policy non già sulle imprese femminili, bensì mirati sui settori
produttivi a maggiore femminilizzazione e, in particolare, all’ambito dei servizi alla persona
incentrati sull’attività di cura. Tuttavia, in proposito, va rilevato il rischio di “ghettizzare”
l’impresa femminile entro i confini di tale attività, mentre potrebbe essere opportuno
esplorare possibilità alternative e favorirne l’espansione anche in altri settori.
Tra i secondi, l'erogazione di voucher per le imprenditrici, spendibili nominalmente, da
utilizzare per usufruire da un lato di interventi formativi (che non siano non solo sullo start
up, ma anche per supportare e favorire il consolidamento di un’impresa già sul mercato da
qualche anno), dall’altro di servizi di cura e di assistenza. Ma anche misure per defiscalizzare
il lavoro femminile nei settori a più alta componete tecnica/tecnologica, per incentivarne in
modo generalizzato la presenza. O, ancora, l'inserimento di quote femminili nei consigli di
amministrazione delle società di capitale, a partire da quelle quotate in borsa, sull'esempio
della Norvegia26.
Si tratta, quindi, di interventi che non rappresentano opzioni vicendevolmente escludenti, ma
che, al contrario, potrebbe essere opportuno strutturare con modalità sinergiche.
26 E questa una soluzione proposta anche da Roger ABRAVANEL ‐ "MERITOCRAZIA, Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto", Garzanti, 2008.
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6. Metodologia (di Nicoletta Saccon e Anna Soru)
Le parti quantitative utilizzano come principale base dati il Registro Imprese delle Camere di Commercio, fornita da InfoCamere (Società Consortile per Azioni delle Camere di Commercio che raccoglie tutte le informazioni relative alle imprese iscritte al Registro) ma opportunamente modificata per superarne alcuni problemi e limiti. Tutti i dati sulle imprese registrate, nate e cessate nel periodo 2003‐2007 in Lombardia, grazie a diversi progetti succedutisi nel tempo27, sono stati sottoposti ad un’attività di sistematizzazione e pulizia tesa a renderli più affidabili e più idonei a rappresentare i reali processi di demografia imprenditoriale, oltre che a distinguere al loro interno tra gli eventi che si riferiscono all’impresa, indipendentemente dai suoi proprietari, e eventi che invece interessano la compagine proprietaria. Le procedure utilizzate attengono l’integrazione di tre diverse banche dati28 e la classificazione dei titolari e soci di impresa, in modo da individuare le figure che possono essere definite imprenditoriali29. La stima dei “reali” processi di nati‐mortalità è stata inoltre impostata concentrando l’indagine sulle imprese attive30, al fine di valorizzare gli eventi economici a scapito di quelli amministrativi, anche se non possiamo escludere che vi siano casi in cui le imprese iniziano l’attività prima di dichiarare l’avvio dell’inizio attività31. Dalla focalizzazione sulle imprese attive ne è derivata un’impostazione per cui la natalità di impresa nella nostra analisi coincide con l’inizio attività e non con l’iscrizione al Registro Imprese e la mortalità con la cessazione dell’attività e non con la cancellazione dal Registro Imprese32. L’adozione di questo criterio sposta in avanti molte delle nascite, perché spesso l’avvio dell’attività avviene dopo qualche mese dalla registrazione alla Camera di Commercio, mentre anticipa molte cessazioni di società, perché è frequente la situazione dell’impresa che
27 La prima sperimentazione è stata realizzata all’interno del progetto Osservatorio LeI; le procedure sono state successivamente riviste e migliorate entro il programma Saturno, per gli anni 2003 e 2004, e quindi all’interno del progetto Koiné sono state riproposte, opportunamente aggiornate, le procedure già utilizzate anche per il 2005 e 2006. Con il progetto che ha finanziato il presente rapporto è stato possibile aggiornare la banca dati al 2007 e sviluppare ulteriori procedure di pulizie, che hanno consentito di individuare e distinguere imprese fallite che per errore erano state inserite tra le attive. 28 Esse sono:
a. una banca dati che contiene tutte le informazioni sulle imprese e le rispettive unità locali; b. una banca dati sulle cariche d’impresa; c. una banca dati dalla quale si ottengono gli elenchi soci e le relative quote societarie ad essi
attribuite. 29 Escludendo cioè le cariche (es. sindaci) che non hanno nulla a che fare con la vera e propria attività imprenditoriale 30 Ovvero sulle imprese che non siano sospese, non abbiano procedure concorsuali in corso e che non siano inattive (imprese iscritte al Registro Imprese, ma che non hanno ancora iniziato l’attività o che, pur avendola iniziata, non hanno denunciato la data d’inizio dell’attività). 31 L’avvio di attività risponde a obiettivi di trasparenza ed è un passaggio necessario prima dell’assunzione di dipendenti. Tuttavia nella realtà è possibile ritrovare imprese, soprattutto ditte individuali senza dipendenti, che non denunciano l’inizio attività perché si dimenticano o non sanno di dover provvedere a una procedura che pensano sia già stata espletata dal commercialista o dal consulente che ha curato le pratiche di iscrizione. 32 Sono state considerate nate solo le imprese che sono divenute attive nel corso dell’anno (e quindi anche le imprese registrate l’anno precedente, ma divenute attive nel corso dell’anno, ma non le nuove registrate che sono ancora inattive) e sono state considerate cessate le imprese che sono divenute inattive (anche se non ancora cancellate). In questo modo i dati di nati‐mortalità, diversamente dai dati ufficiali, diventano congruenti con quelli di stock sulle attive.
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cessa l’attività, ma resta in vita a lungo per poter chiudere le pendenze (crediti da riscuotere, fatture da incassare, addetti da licenziare…). Nel complesso l’adozione del criterio di attività riduce lo stock delle imprese e la durata media di vita delle imprese, ma riduce anche il flusso delle nate e delle cessate, perché elimina le imprese che vengono cancellate senza mai essere state attivate. Occorre sottolineare che Infocamere è una banca dati dinamica, che non solo viene continuamente aggiornata, ma che può essere sottoposta a periodiche pulizie amministrative, che alterano la coerenza tra i dati di anni successivi33. Il Registro delle Imprese permette di evidenziare la composizione e l’evoluzione del numero delle imprese, che vengono trattate tutte in maniera indifferenziata, indipendentemente dalla dimensione. Per poter disporre di informazioni sulle dimensioni abbiamo fatto ricorso all’archivio ASIA34, implementato dall’ISTAT, che contiene le informazioni sugli addetti delle imprese e delle unità locali. Per poter recuperare queste informazioni abbiamo incrociato l’archivio ASIA nella sua ultima edizione, con aggiornamento degli addetti al 2005, con l’archivio Infocamere‐Formaper alla data del 31.12.2005. L’approfondimento II, che interessa esclusivamente la Provincia di Milano perché collegato ad un progetto della provincia stessa, è nato per stimare l’incidenza delle imprese a controllo estero. Esso ha richiesto, in via preliminare, l’elaborazione di una specifica metodologia di identificazione delle imprese estere operanti in provincia di Milano. Infatti, nonostante la grande attenzione all’argomento, non esiste ad oggi alcun repertorio esaustivo delle imprese estere in Italia, dato che nel Registro Imprese non è mai stata valorizzata la presenza delle imprese estere. Le banche dati utilizzate sono costituite, oltre che dal Registro Imprese, dal Sistema Informativo Lavoro della Provincia Milano, nella sua componente che riguarda la dimensione delle imprese e il flusso delle comunicazioni delle imprese circa gli avviamenti al lavoro e le cessazioni dei rapporti di lavoro, e dalla Banca dati Reprint‐Politecnico di Milano, che, a differenza delle precedenti non ha natura amministrativa, ma è stata costituita per censire le partecipazioni di imprese italiane all'estero e di imprese estere in Italia, misurandone la numerosità, la consistenza economica, gli orientamenti geografici e settoriali35.
33 Nella nostra attività fotografiamo gli archivi in diversi momenti (le estrazioni, relative alla situazione al 31.12 di ogni anno, avvengono il 31.03 dell’anno successivo per dar modo di completare le operazioni di registrazione). Sommando alle attive di un anno le nate nel corso dell’anno successivo e togliendo le cessate dello stesso anno, si dovrebbe ottenere il dato dell’anno successivo. In realtà ciò non avviene perché nel frattempo intervengono operazioni di pulizia amministrativa “manuali”, con cui si depennano imprese che risultavano attive sulla base della fotografia precedente, ma che in realtà non lo erano da molto tempo (quindi non risultano tra le cessazioni dell’anno in esame). 34 Il Registro ASIA dell’Istat consente di dare una dimensione alle imprese in termini di numerosità degli addetti coinvolti, sia a livello di sede sia di eventuali unità locali ad essa collegate, consistendo ASIA, infatti, in due distinte parti: quella relativa alle sedi d’impresa e quella delle unità locali. ASIA imprese è una banca dati risultante dall’unione di grandi archivi amministrativi nazionali (informazioni che provengono da Enti pubblici e privati che gestiscono sub‐archivi inerenti a specifici settori ben delimitati) con indagini statistiche che l’Istat effettua periodicamente sulle imprese (piccole e grandi). ASIA unità locali è il risultato di due distinti processi: una rilevazione diretta (IULGI) riguardante le unità locali di imprese di grandi dimensioni (più di 100 addetti) plurilocalizzate; una stima (fino all’anno 2004) a partire dalle informazioni presenti nell’archivio amministrativo delle imprese, per le unità locali di imprese di piccole e medie dimensioni e per le imprese che non rispondono alla rilevazione diretta. Dal 2005 la ricognizione degli addetti delle UL di piccole imprese consiste in una rilevazione diretta basata su un campione di piccole imprese. 35 Per maggiori dettagli si rinvia al capitolo Note metodologiche sulla natura delle banche dati e sul trattamento dei dati amministrativi, del libro della provincia in via di pubblicazione citato.
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Ad integrazione dello studio quantitativo sull’imprenditorialità femminile nei servizi più avanzati e sulla sua collocazione entro il più ampio panorama del terziario avanzato non finanziario lombardo, abbiamo realizzato un’indagine qualitativa attraverso una serie di interviste approfondite ad imprese del terziario avanzato regionale e ad esperti, cui sono seguiti tre focus in cui abbiamo riunito imprenditori, imprenditrici ed esperti. Il campione considerato, che non ha alcuna rappresentatività statistica, ha incluso una ventina di imprese (sette a maggioranza femminile, due maschili e le rimanenti a presenza femminile minoritaria o paritaria), variamente dislocate sul territorio regionale e che, con riferimento alla classificazione ATECO 2002 afferiscono ai settori dell’informatica e delle attività di servizi alle imprese, con specifico riferimento alla consulenza amministrativo‐gestionale, alle pubbliche relazioni, alla pubblicità36, alle attività degli studi tecnici ed agli altri servizi alle imprese quali il design (tessile, abbigliamento, mobili) e l’organizzazione di eventi, anche se non sempre l’ATECO riesce a cogliere la complessità di attività nuove e di confine. Data la segnalazione fornitaci dalla ricerca quantitativa sulla struttura dimensionale particolarmente ridotta delle imprese, sono state selezionate piccole realtà aziendali, entro i 50 addetti, ma escludendo le situazioni di semplice lavoro autonomo, privilegiando attività con almeno 5 addetti. Abbiamo inoltre cercato imprese nate negli ultimi 10‐12 anni, in modo da cogliere le problematiche di questa fase, in genere più dinamica rispetto a quella del consolidamento ormai raggiunto. L’individuazione di imprese rispondenti ai suddetti criteri non è stata semplice, soprattutto con riferimento alle imprese a maggioranza femminile. Poiché nella compagine societaria sono frequentemente presenti entrambi i generi, in questi casi l’intervista ha cercato di coinvolgerli insieme, in modo da verificare eventuali disparità di approccio sia nella gestione dell’impresa, sia con riferimento al tema della conciliazione e al ruolo svolto in azienda. La diretta implicazione dei titolari è stata ovviamente agevolata, quando addirittura non “obbligata”, dalla semplificazione dei ruoli esistente nella realtà delle piccole imprese. Gli incontri si sono svolti nelle sedi aziendali sottoforma di interviste semistrutturate: la check‐list utilizzata ha semplicemente definito l’impostazione ripetitiva di una traccia che orientasse il colloquio secondo “blocchi” di argomenti, lasciando poi che esso si svolgesse secondo una modalità aperta. In altri termini, l’interlocutore ha avuto la facoltà di sviluppare il filo conduttore in maniera soggettiva, approfondendo preferenzialmente un determinato aspetto piuttosto che un altro, in base ad una personale scala di importanza. L’aperto esprimersi degli intervistati è stato favorito dalla scelta di mascherare attraverso pseudonimo la ragione sociale delle aziende; ciascuna di queste è contrassegnata nella nostra indagine con l’indicazione di un personaggio della mitologia latina. Nell’intento di fondo, l’indagine qualitativa ha cercato di definire le caratteristiche dei servizi offerti e le prospettive di mercato, di delineare la specificità del settore (tipologie di imprese che vi operano, presenza di competitori esteri, clienti, ecc), i fattori di competitività, le problematiche e criticità; di indagare se sussistono particolarità o problematiche di genere che influenzano o che, comunque, intervengono (e a quale livello) nelle attività delle imprese del settore; di conoscere i percorsi prevalenti nella creazione di impresa e di analizzare i modelli organizzativi e proprietari, nonché i rapporti tra imprese; di approfondire il ruolo delle competenze, i modi con cui queste vengono mantenute e di verificare l'esistenza di difficoltà legate al loro riconoscimento sul mercato; infine, di raccogliere le valutazioni sulle politiche sino ad ora intervenute a sostegno dell'imprenditorialità femminile, evidenziandone 36 Con esclusione delle Agenzie di concessione degli spazi pubblicitari.
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pregi e limiti e traendone indicazioni e suggerimenti per nuovi interventi, in particolare su base locale. Si tratta di "punti" che abbiamo cercato di sviluppare sia con le interviste alle imprese sia con quelle agli esperti. Pertanto, nel caso delle imprese, un primo blocco di domande ha cercato di inquadrare il settore in cui si colloca l'azienda intervistata (mercato, concorrenti, clienti, variabili competitive), nonché la sua specifica attività. Un secondo ha invece riguardato la storia dell’impresa (percorso di nascita, criticità/problematiche nella fase iniziale dell’attività e principali tappe evolutive) e il suo profilo attuale, ossia la struttura societaria e quella organizzativa, nonché i fattori di competitività per le performance aziendali. Infine, con l'ultimo gruppo di domande si è voluto ricostruire la storia dell'imprenditrice/imprenditore intervistati. Trasversalmente ai diversi nuclei tematici, con domande mirate sono stati focalizzati aspetti riconducibili alla partecipazione femminile all’attività del settore (ci sono delle specificità femminili nell’attività del settore?) ed alla sue prospettive. Inoltre si è voluto verificare se, a parere della persona intervistata, la gestione dell’azienda e le sue problematiche vengono affrontate con un approccio che risente del genere di appartenenza dei soci, nonché i punti di forza e di debolezza nell'attività dell'impresa legati all' essere donna (es. ostacoli nei rapporti con i partner commerciali, con le banche, con i clienti….. ). Un'ulteriore specifica attenzione è stata quindi dedicata al tema della conciliazione tra impegni familiari e lavorativi, cercando di verificare gli eventuali condizionamenti e vincoli che gli impegni personali e familiari hanno determinato o pongono a quelli lavorativi e alla modalità con cui tali eventuali difficoltà sono state/sono affrontate nel tempo. Infine, una parte dell'intervista ha cercato di individuare delle indicazioni concrete su come le politiche pubbliche potrebbero supportare l'imprenditorialità femminile, sulle aspettative circa il ruolo delle istituzioni pubbliche e su che tipo di interventi, di supporti e servizi sarebbero utili ed auspicabili nei settori del terziario avanzato che prospettano per essa significative opportunità. Le interviste sono state riassunte nelle schede riportate nel successivo capitolo. Analoghi filoni tematici sono stati sviluppati nelle interviste agli esperti, naturalmente modulando le domande in base ad un approccio più esterno alla realtà d'impresa e più orientato a fornirci una visione prospettica delle principali condizioni di scenario e dei trend evolutivi che stanno interessando i comparti del terziario avanzato alle imprese, con riferimento a quelli analizzati nella ricerca qualitativa. Infine, ad ulteriore completamento dell'indagine, le linee interpretative già delineatesi a partire dal complesso delle interviste, sono state oggetto di ulteriore approfondimento in occasione di tre focus cui hanno partecipato, di volta in volta, organizzazioni del mondo delle imprese (tra cui organizzazioni settoriali congruenti con i comparti del TA avanzato considerati), esponenti di Comitati per la promozione dell’Imprenditoria Femminile in Lombardia, oltre a centri di servizi per l'impresa e d' incubazione d'impresa nel terziario. Pertanto, grazie ai focus, oltre ad aver meglio definito il quadro dell' imprenditorialità femminile presente nei servizi più avanzati, le principali criticità che lo riguardano e i pareri per gli interventi di policy37, sono stati affrontati e sottoposti al ulteriore vaglio critico alcuni significativi argomenti, spesso reciprocamente interconnessi e ricorrenti in maniera trasversale al TA (ossia al di là di riscontri riguardanti specifiche attività settoriali): ciò nella consapevolezza di quanto sia opportuno considerali con attenzione nel toccare i temi dello
37 Allo sviluppo di questi punti è stato dedicato uno specifico incontro.
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sviluppo e della competitività delle imprese (femminili e non)38. Il dibattito si è indirizzato, nello specifico, soprattutto sulla definizione delle variabili competitive in rapporto all’impatto dei quadri congiunturale e strutturale sul settore, nonché sui fattori critici di sviluppo, con particolare attenzione ad aspetti quali il riconoscimento delle competenze e la crescita dimensionale delle imprese, poiché già le interviste ne avevano evidenziato la priorità. Proprio in rapporto con il patrimonio di elementi conoscitivi e competenze ad elevato valore aggiunto nell' erogazione dei servizi avanzati, è parso opportuno dedicare l'organizzazione di un focus specifico all'individuazione di possibili servizi di accompagnamento, assistenza personalizzata e formazione in supporto alle imprese che operano nel TA. Si tratta , infatti, di interventi di cui è chiara la connessione con la problematica, cruciale ai fini competitivi, del mantenimento e dell'aggiornamento delle competenze. Il rapporto è frutto, pertanto, di una rielaborazione complessiva di tutto il materiale proveniente dalle diverse fonti; i molteplici apporti hanno contribuito ad una più ampia ed articolata visione d'insieme della realtà imprenditoriale femminile, interpretandola (ricomponendola) alla luce delle principali direttrici e tendenze che sembrano manifestarsi nel comparto dei servizi avanzati e costituire un file rouge che oltrepassa le sue singole specificità settoriali, pur presenti.
38 Pertanto, anche per esaminare questi argomenti è stato organizzato un incontro dedicato.
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7. Le schede delle imprese (a cura di Nicoletta Saccon)
7.1. Impresa Pegaso –Pubblicità (di Alfonso Miceli) Attività dell’impresa La Pegaso realizza radio dedicate e personalizzate “in store”, ossia nei punti vendita di grandi catene di distribuzione commerciale. Il progetto è quello di una “radio del futuro”: una radio che trasmette all’interno di catene di negozi, con una comunicazione che riguarda “quel” luogo, quel negozio, quella catena (e non il vicino di negozio, che magari è un concorrente, come succede con le radio generaliste). Si tratta di un’azienda “tecnologica”, più che di un’azienda tradizionale di pubblicità, in quanto cura anche la progettazione e lo sviluppo di strumenti innovativi per realizzare il canale di trasmissione della radio nelle catene di vendita. Il business dell’azienda è, insomma, quello di realizzare una radio, dalla progettazione all’ installazione, alla diffusione via satellite o altri sistemi. L’impresa L’impresa è nata nel 1997. Il titolare è nel settore da 32 anni, ha sempre fatto l’imprenditore nella comunicazione radiofonica ed è stato tra i pionieri della radio privata in Italia. La sua formazione è focalizzata quindi sull’ambito radiofonico e pubblicitario. Inizialmente nella Pegaso, oltre al titolare operavano anche la moglie (che già da 13 anni lo affiancava nel lavoro) in qualità di socia, oltre ad un amico amministratore che ha collaborato nell’individuazione degli gli uffici, nel loro primo allestimento e nella fatturazione. Da allora, lentamente il progetto è cresciuto, sono state cercate e realizzate sinergie con altri gruppi editoriali importanti e la struttura ha raggiunto gli attuali 40 addetti. Attualmente l’azienda si articola in una segreteria di presidenza, in un reparto amministrativo e in un settore produttivo con staff di fonici e tecnici inquadrati secondo la normativa spettacolo, giornalisti e pubblicisti, gli speaker, i creativi ed altro personale che si occupa, rispettivamante, di tutto il reparto informatico e di ricerca e sviluppo. Esistono poi due aree commerciali: una dedicata alla vendita del prodotto radiofonico, e l’altra costituita dalla concessionaria della pubblicità: la vendita degli spazi pubblicitari all’interno dei grandi circuiti realizzati dalla Pegaso rappresenta l’ultima novità nei servizi offerti. Trasversalmente il marketing, insieme alla comunicazione, gestisce l’immagine e il marchio dell’azienda. La titolare intervistata cura tutta la parte di comunicazione istituzionale dell’azienda, ed è pienamente responsabile di alcune parti delle attività aziendali. Il tempo di “incubazione” dell’azienda è stato di 7‐8 anni. Il progetto della Pegaso è nato dalla presunzione che fosse assurdo pubblicizzare nel proprio negozio i prodotti degli altri. Ma c’è stato bisogno di questo lasso temporale perché il concetto della radio in store non esisteva e, all’inizio “nessuno capiva di cosa si trattava” . Con la commessa di un primo grande cliente si è rotto il ghiaccio: il mondo della comunicazione ha cominciato ad interessarsi alla Pegaso e a comprendere che l’autoform può diventare il punto finale di tutto l’investimento pubblicitario. Attualmente ci sono 11 clienti che appartengono all’area della grande distribuzione e nel settore bancario; ognuno è dotato di una radio con un contenuto pubblicitario, in parte della Pegaso dal punto di vista editoriale. I concorrenti dell’impresa sono rappresentati da 30‐ 40 aziende, ma da non strutturate come la Pegaso. Si tratta, infatti, esclusivamente di aziende piccole, mentre i grandi gruppi – come Espresso, Rcs, Mondadori – che potrebbero imitare la Pegaso, sono consapevoli dell’impegno
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di risorse e mezzi (incluso l’hardware per realizzare e trasmettere i programmi in radio) necessari per realizzare il suo tipo di attività. I competitori si affidano a strutture esterne, ad es. si rivolgono a un'agenzia di pubblicità per realizzare la campagna pubblicitaria, mentre la Pegaso fa tutto questo internamente (marketing, comunicazione, reparto creativo). I concorrenti si rivolgono agli stessi clienti per cui fanno anche advertising, offrendosi a un costo molto più basso. Pegaso invece ha industrializzato tutti i costi. È impossibile stabilire partnership con i competitori, piuttosto sono considerate partnership quelle con i fornitori e in particolare con la ditta che installa gli impianti tecnologici in una catena di negozi del cliente, entrando così in un mercato a cui da sola non avrebbe mai potuto accedere. In cambio vengono richieste garanzie sull’affidabilità ed un aspetto di esclusiva, per tutelare il know how che la Pegaso maturato nel corso del tempo. Inoltre, la Pegaso stabilisce accordi e relazioni con aziende produttrici di innovazione tecnologica, di ricerche di mercato e con i centri di formazione universitari. Altra rete è quella con i liberi professionisti impegnati nella produzione dei servizi offerti dalla Pegaso. Per la titolare i fattori di competitività della Pegaso sono proprio le persone, le loro competenze (per le quali, al di là dell’esperienza, sono necessarie la formazione di base e il continuo aggiornamento), oltre alla loro professionalità. La Pegaso ha interesse ad avere un team, in quanto il suo business sta nel vendere know how, nella creatività, nella capacità di trasferire qualcosa che sta nella testa del cliente alla realtà. Nonostante la dimensione, l’azienda ha già realizzato un intervento di team building per coinvolgere maggiormente alcuni collaboratori, poiché non riesce ad assumerli tutti (all’atto del reclutamento è, comunque, richiesta già una certa preparazione all’attività da svolgere). Naturalmente, per competere contano molto anche fattori quali l’innovazione, la customizzazione, la disponibilità ad attingere a risorse professionali attraverso sinergie strutturate più che episodiche. La Pegaso utilizza tutte le risorse economiche, fino agli ultimi 100 euro, per reinvestire nell’azienda e ciò in un settore dove il livello di investimento e innovazione non è certo altissimo. Anche se il fatturato ha avuto un andamento fortemente altalenante per 7‐8 anni, dal 2006 è cominciato un trend positivo costante e sembra arrivato il momento in cui il fatturato raddoppierà del 100% ogni anno per arrivare nell’arco di un quinquennio a 50 milioni di fatturato. Per il titolare della Pagaso, infatti, la radio in store diventerà parte abituale dell’investimento pubblicitario e i produttori saranno più interessati a fare la pubblicità in primo luogo nei punti di distribuzione. Questo spaventa i grandi network, i grandi “cartelli”, che in questi anni hanno cercato di ostacolare lo sviluppo di questa attività; ora ciò non è più possibile, perché il mercato mondiale si è accorto della necessità di influenzare mentre si è nel punto vendita, ossia nel momento esatto in cui si prende la decisione. Il progetto è quello di far quotare l’impresa nel giro di 3‐4 anni in Borsa, a Londra (la Pegaso opera sul mercato italiano, ma potrebbe operare anche in Inghilterra, un mercato reputato interessante): tutte le risorse, umane e aziendali, sono “ inquadrate” in previsione di questo risultato. A questo fine l’azienda sta lavorando con un advisor ed entro la fine dell’anno diventerà una società per azioni, sotto la quale ci saranno 5 unità, che si occuperanno ciascuna di un aspetto diverso:
• la audio‐production (la produzione della radio, di cui la socia intervistata è amministratore);
• la concessionaria di pubblicità; • l’area delle tecnologie (le trasmissioni nel punto vendita); • l’area della videoproduzione (l’intenzione è quella di unire alla radio la televisione); • l’area della promozione musicale.
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Se si tiene conto di tale prospettiva, a maggior ragione si può comprendere che una piccola azienda come la Pegaso debba avere una forte immagine verso l’esterno ed investire fortemente in essa. Per tutto questo una vetrina istituzionale sarebbe importante: si tratta di intervenire, insomma sul fronte della visibilità. Un servizio utile potrebbe essere quello di organizzare incontri di matching, appuntamenti dove poter portare a conoscenza del mercato le realtà aziendali di interesse: invece manca il collegamento, “l’anello di congiunzione”. Inoltre, sarebbe utile dunque un servizio per l’accesso al credito ed intervenire sul sistema del ritardo dei pagamenti, una problematica che si è particolarmente acuita con l’applicazione di “Basilea 2. Le problematiche di genere L’intervistata riconosce l’esistenza di ruoli in azienda dove una donna può avere più intuito e sensibilità: essi riguardano l’immagine aziendale, la comunicazione, l’amministrazione e la gestione delle risorse umane. Tuttavia permangono ancora molti pregiudizi che impediscono alle donne di accedere ai posti “giusti”, principalmente perché prevale una visione che ne riconosce il ruolo più nella famiglia che nel lavoro. Quanto alla problematica della conciliazione tra vita lavorativa e quella famigliare, personalmente l’intervistata ha fatto ricorso all’aiuto di una persona esterna che si occupava di andare a prendere i bambini a scuola. L’ denuncia l’assenza di servizi e l'esistenza di vincoli di orario che, se una persona è da sola (indipendentemente se uomo o donna) e non può permettersi una baby sitter, rendono critico svolgere l’attività lavorativa o imprenditoriale. Pertanto le istituzioni dovrebbe intervenire creando dei servizi che rispondano a questo tipo di esigenze.
7.2. Impresa Marte – Pubblicità (di Gianluca Viganò) Attività dell’impresa La Marte si occupa di pubblicità specializzata in pack, ossia indirizzata alla confezione del prodotto (specie a largo consumo); negli ultimi anni l'attività si è allargata anche al posizionamento del prodotto (studio di ricerca del prodotto, posizionamento a scaffale), arrivando a fornire al cliente un servizio completo. La Marte è partita come laboratorio creativo, con caratteristiche molto operative, per poi svilupparsi sempre più sul fronte della ricerca, grazie all'accumulo di competenze maturate attraverso l’aumento di personale negli anni. Il settore Le imprese che operano nel mercato della Marte sono di dimensione varia, italiane e straniere; negli ultimi anni gruppi internazionali hanno assorbito numerose aziende medio‐piccole. Esiste la possibilità di collaborazione nel più ampio settore pubblicitario, ma non nell’ambito specifico in cui opera la Marte: è più fattibile collaborare, per esempio, con imprese che si occupano di organizzazione di eventi o simili. I clienti sono solitamente grandi imprese, anche nel caso della Marte. In genere essi hanno idee piuttosto chiare sul servizio che chiedono ed è molto importante e delicato non entrare in conflitto con i reparti marketing di queste aziende e cercare di non scavalcarli: piuttosto, si tratta di far loro capire la migliore strategia da intraprendere, grazie ad una visione più globale del mercato di cui la Marte gode. Il maggior fattore di competitività è la competenza professionale, insieme all'aggiornamento su tutti i servizi più avanzati, legati all’informatica e alla comunicazione del prodotto.
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Un problema delle aziende di questo settore è il fatto di lavorare spessissimo senza contratto con le aziende più grosse, non riuscendo quindi a prevedere il fatturato nel futuro (se non per brevi periodi di circa 6 mesi) e inoltre di farlo tramite gare, con enorme impiego di tempo, risorse e forze nella preparazione. Anche con clienti ormai consolidati accade che progetti nuovi vengano affidati tramite gara….Unica eccezione in merito è rappresentata dal caso delle imprese parte di gruppi internazionali, che ricevono direttamente il lavoro dalla casa madre. Il settore potrebbe essere supportato attraverso più formazione, principalmente sull’uso delle tecnologie, sempre in rapidissima espansione; si potrebbe puntare su finanziamenti per gli investimenti tecnologici che, nel caso della Marte , sono soggetti a veloce obsolescenza. Anche i finanziamenti a favore dello start up d’impresa sarebbero un importante aiuto da parte delle istituzioni. L’impresa La Marte è nata dall’evoluzione di una esperienza comune di tre soci che, con figure professionali diverse, lavoravano nella stessa azienda ed in seguito hanno deciso di provare un’avventura nuova. Attualmente i soci sono quattro (quote divise al 25%), tutti attivamente impegnati in azienda; hanno partecipato all’investimento iniziale, ma incontrato molte difficoltà soprattutto all’inizio, dal punto di vista finanziario. Negli ultimi anni il numero dei dipendenti è cresciuto (negli ultimi 5 anni sono passati da meno di dieci e più di trenta), principalmente grazie ad un aumento del fatturato, ma anche in quanto si è deli8beratamente deciso di investire di più sulla risorsa personale. In passato venivano utilizzati molti free‐lance e collaboratori esterni, ma ciò non permetteva di fidelizzare la persona: internalizzare queste figure ne ha determinato un maggior coinvolgimento nel lavoro aziendale, permettendo inoltre di sveltire i tempi; sono comunque rimasti alcuni collaboratori esterni, soprattutto per attività specifiche. La struttura dell’impresa è essenzialmente orizzontale ma, data la crescita degli ultimi anni, si sta pensando ad un’organizzazione un po’ più verticale, con la creazione di figure intermedie. I dipendenti generalmente entrano nella Marte molto giovani, la loro formazione ed i successivi aggiornamenti vengono curati direttamente dall’azienda attraverso un affiancamento; il turnover è in ogni caso piuttosto frequente, come del resto nell’intero settore: si tratta di un ambito che spinge a cercare nuove esperienze, principalmente all’estero, dove esse sono più avanzate. La Marte cerca di attrezzarsi anche con l’assunzione di collaboratori stranieri, che possono così portare all’interno dell’azienda il loro diverso e innovativo background di conoscenze e mettere nelle condizioni di capire il mercato mondiale, esigenza sempre più forte nello scenario globalizzato. I punti di forza della Marte sono la velocità di risposta alla richiesta del cliente, i prezzi competitivi (è sempre più problematico, però, riuscire ad assicurare un prezzo basso mantenendo un servizio eccellente) e la capacità di fornire al cliente ciò che non ha esplicitamente chiesto, prospettando più soluzioni possibili, oppure uno studio personalizzato sul prodotto in questione. Il fatturato è in crescita a partire dal 2003. Non sono in atto, al momento collaborazioni con altre imprese del settore, in quanto si riesce a svolgere all’interno dell’impresa tutto il lavoro richiesto, ma non è escluso che in futuro, con l’ampliamento delle esigenze del cliente, ci si possa appoggiare a strutture esterne. L’obiettivo che la Marte si è posta per il futuro è, infatti, quello di allargare le proprie competenze, diversificando l’attività con nuove tipologie di interventi per arrivare a fornire una consulenza globale. La Marte non dispone di una rete commerciale, ma si affida quasi esclusivamente al passaparola.
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Le problematiche di genere Il settore in cui agisce la Marte presenta un’elevata presenza femminile, in modo specifico per la figura degli account: la figura femminile è preferita in quanto l’organizzazione femminile è più operativa (la donna riesce a svolgere più mansioni contemporaneamente) e può contare su punti di forza quali un rapporto con colleghi e dipendenti meno distaccato. Anche nelle mansioni connesse alla parte grafica uomini e donne sono divisi in maniera paritaria; invece, solitamente in profili manageriali le donne non vengono inserite, perlopiù per ragioni personali (es. richiesta part‐time). La donna è ancora molto focalizzata sulla famiglia: se i soci maschi dedicano fino a 15‐18 ore giornaliere all’azienda e di conseguenza pretendono dai propri dipendenti la stessa passione e lo stesso tempo, la socia donna gestisce l’azienda in modo molto più flessibile. Un intervento a favore delle donne con famiglie che vogliono lavorare sarebbe importante: per esempio, dei finanziamenti per asili vicini al posto di lavoro. Infatti, le difficoltà nel gestire la famiglia e soprattutto i figli piccoli non permettono facilmente alle donne di raggiungere traguardi di crescita lavorativa.
7.3. Impresa Nettuno –Pubblicità (di Alfonso Miceli) Attività dell’impresa La Nettuno è specializzata nella creazione di un marchio; si occupa pertanto di brand design, realizzazione di loghi, marchi, naming: in altri termini, l'attività consiste nel far vivere il marchio a tutti i livelli di contatto con il cliente, dalle brochure ai concept store, qualora sia necessario. Vengono quindi curati tutti gli aspetti di comunicazione, partendo preferibilmente dall’inizio del percorso, dalla creazione del marchio (che determina il posizionamento) a tutta l’immagine che ne consegue, che deve essere il più coerente possibile con lo sviluppo iniziale del marchio. Invece la campagna, cioè l’advertising, non è realizzata da Nettuno, che non ne possiede le competenze e preferisce occuparsi soltanto della brandizzazione o, al limite, della sola campagna stampa. Il settore Sul mercato i concorrenti sono rappresentati da aziende molto più grandi, quasi tutte internazionali. Ma i veri competitori, più che le grandi agenzie, sono i piccoli grafici, che si dilettano a fare il lavoro con dei costi molto più bassi, o anche le agenzia di pubblicità, in realtà non specializzate in questo tipo di lavoro. La congiuntura economica è abbastanza difficile; ci sono alcuni settori in crisi, che non investono più e le cui aziende non si rivolgono alle agenzie, ma al singolo grafico. I clienti italiani hanno poca consapevolezza della specificità del lavoro di branding: e ciò può portare a si scegliere un segno grafico qualsiasi in maniera affrettata. Questa consapevolezza è invece diffusa soprattutto fra i clienti esteri, anglosassoni: in Inghilterra è molto forte la percezione dell’importanza del marchio, che viene realizzato ad hoc per il cliente pensando alle sue esigenze specifiche. Con riferimento ai possibili interventi di policy a favore del settore, sarebbe interessante riuscire ad avere maggiori servizi; in particolare potrebbe essere utile un servizio che aiuti nell’acquisizione di nuovi contatti, ad es. , rendendo disponibile un elenco di aziende, con un target di riferimento, visto che cercare la sede, l’indirizzo, la mail del direttore marketing di un’azienda è un lavoro particolarmente time expensive. Sarebbe opportuno avere anche degli elenchi di aziende che operano all’estero, per esempio di quelle che vogliono aprire un nuovo brand in un certo luogo, con cui risulterebbe utilissimo entrare in contatto.
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L’impresa L’azienda nasce nel 2003, ma l'intervistata entra come partner solo nel 2006, arrivando da una agenzia di advertising dove ricopriva il ruolo di account (è l’interfaccia fra l’agenzia, in particolare il reparto creativo, e il cliente, fungendo da mediatore fra i due). In precedenza nella compagine societaria della Nettuno erano presenti tre partner, uno italiano e due americani, in seguito separatisi. Mancava una figura come quella della socia intervistata che non è a sua volta creativa, ma che fa da collante e da commerciale, occupandosi delle gestione dei clienti e dell'acquisizione di nuovi clienti. Prima ognuno portava e gestiva i propri clienti. Ora si trovano clienti insieme e si gestisce tutto insieme. Oltre agli attuali 2 soci, vi sono 5‐6 collaboratori. Nella Nettuno non si assume personale poiché si devono gestire i flussi di lavoro “a fisarmonica”. Ma i rapporti sono trasparenti, non vi è l'obbligo a lavorare in esclusiva per l’agenzia, vengono dichiarati i tempi dei progetti su cui è possibile collaborare e curato il clima interno. Si collabora in rete fra professionisti, cui è richiesto di possedere un "guizzo creativo" e, in aggiunta, il "gusto anglosassone" nella grafica, che fa parte del modo di comunicare della Nettuno. I clienti possono essere di nicchia, aziende che operano nel design, ma la Nettuno si sta aprendo anche a clienti di dimensioni più grandi, che operano specialmente nel settore bancario o nella grande distribuzione. Questi ultimi rappresentano una tipologia di clientela molto esigente, che richiede un’estrema cura del dettaglio. D'altra parte, ciò che distingue la Nettuno, e che determina riconoscimento e scelta preferenziale da parte del cliente, è che si tratta di un’agenzia dove professionisti che arrivano da esperienze in grandi agenzie, anche estere, sono in grado di coniugare le migliori competenze delle grandi agenzie con il meglio del servizio taylor made delle piccole: in altri termini, qualità, competenza, ma anche presenza e servizio dedicato. Nel 2008 c’è stato un consistente incremento di fatturato: sono entrati due grossi clienti e sono state vinte delle gare interessanti. L’aspettativa è quella di mantenere almeno lo stesso fatturato nel 2009: al momento non si sa se ciò sarà possibile; Il lavoro è molto instabile, si può lavorare con un cliente per un anno e più, ma poi la commessa si chiude ed è necessario ricominciare da un’altra parte. Bisogna poi considerare che, nei momenti di flessione, se da una parte i piccoli diventano concorrenti per il prezzo, dall’altra è indispensabile andare verso una strutturazione e una organizzazione che permetta di competere con i grandi. La socia intervistata sta cercando di individuare il target migliore cui riferirsi: il segmento che non è in crisi parrebbe il mega‐lusso, quindi bisogna andare in quella direzione, che però è più ostica: lì ci sono dei clienti più complicati, hanno già dei fornitori di riferimento, e bisogna dimostrare di essere più bravi e scegliere come presentarsi. Un cliente del lusso vuole relazionarsi con le agenzie più patinate, mentre la Nettuno preferisce maggiormente il modello anglosassone. Da qualche mese è stata sviluppata una nuova area, Nettuno NT (nuove tecnologie, nuovi trend), dove gli specialisti (due persone dedicate) si occupano dello sviluppo di installazioni interattive che vanno per la maggiore e che già all’estero hanno grande visibilità. Si pensa che avranno molto mercato in Italia nell’immediato futuro. Nettuno è in questo momento uno dei leader di mercato. C’è anche l’idea di andare anche fuori dai confini nazionali, di espandersi verso i nuovo mercati, ma non è facile. I concorrenti nel nord Europa sono molto più forti, soprattutto in Inghilterra, dove esistono molte agenzie di branding che sono strutturate ed hanno una tradizione e una cultura di riferimento. Si sta invece sviluppando una collaborazione su vari progetti con un potenziale competitor, un’agenzia molto grande e per il cui Direttore Creativo l'intervistata ha lavorato in passato. Si tratta di un’agenzia che fa advertising e che spesso, non avendo competenze specifiche, subappalta a Nettuno dei lavori.
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Nella Nettuno i titolari non escludono di espandere la società includendo nuovi soci. Non escludono neanche di essere acquisiti: sono già stati interpellati da una società internazionale, ma le condizioni non erano quelle giuste. Infine, sull'impresa grava la questione del ritardo dei pagamenti. L’incubo è pagare l’IVA ogni mese e poiché non tutti i clienti pagano in tempo, la Nettuno deve pagare le more al fisco per i propri ritardi nel versamento dell’IVA. Se poi si fanno riscattare le fatture dalle banche, queste si trattengono moltissimi soldi (intorno al 10%). Ciò influisce negativamente sulla capacità dell’impresa di investire anche per piccoli miglioramenti. Le problematiche di genere Nel settore esistono i ruoli tipicamente femminili quali quello dell’account, per la pazienza e forse per l’approccio un po’ più “soft”, sia verso l’interno, con il reparto creativo, sia con i clienti. Le donne hanno generalmente un alto “senso pratico”: “sappiamo fare due cose insieme, non una sola cosa per volta, almeno così si dice”… L'intervistata non ha figli e, a livello personale, con il passaggio a un’attività autonoma imprenditoriale, c’è stato un miglioramento, perché i tempi di lavoro e di vacanza vengono decisi in autonomia. Ma se deve pensare agli interventi per il settore, la prima cosa che le viene in mente è l’aiuto per le mamme. Ciò significa disponibilità di strutture e servizi (al contrario,è difficilissimo accedere agli asili nido o a un servizio di baby sitter) oppure di un supporto economico per fare in modo che una donna possa pagarsi un aiuto. Per il resto non vede grosse differenze fra uomo e donna, anche se riconosce che quando una donna diventa libera professionista o imprenditrice non subisce più la discriminazione che a volte esiste ancora all’interno delle aziende ed il rapporto con il genere maschile si fa più paritario.
7.4. Impresa Diana Altre Attività di servizi alle Imprese (di Carlo Penco) Attività dell’impresa La Diana è una società di servizi per il broadcasting radio e televisivo: seleziona per gli operatori italiani del broadcasting le soluzioni tecnologiche più appropriate, individuandole tra le più innovative a livello internazionale. L’azienda è, infatti, distributore per l’Italia di apparati per il broadcasting radio‐televisivo di importanti marche straniere, prevalentemente europee. Le linee di prodotto sono due. La prima è rappresentata dai sistemi per le trasmissione radio analogiche e digitali. L’altra comprende soluzioni integrate per il controllo della radio digitale, della TV analogica, del DVB/T‐H, per effettuare test e misurazione in movimento dei parametri di trasmissione. Alcuni di questi strumenti sono apparati mobili, chiamati navigator, che il cliente monta su i propri veicoli per la mappatura del segnale in movimento; altri sono invece apparati di misurazione fissi, che vengono installati in laboratorio e servono per eseguire rilevazioni periodiche. Infine, altri strumenti sono concepiti per costituire una rete di monitoraggio da postazione fissa, ossia un sistema di rilevatori che possono dialogare fra loro. Il settore Il settore nel quale agisce la Diana è molto articolato a livello nazionale. I principali competitors sono tutti gli altri distributori di tecnologie per il broadcasting radiotelevisivo. Più in generale, sono concorrenti anche le case produttrici di questa tecnologia che offrono apparati e sistemi più concorrenziali di quelli delle case che Diana rappresenta. È, comunque un settore piuttosto chiuso, limitato al mercato italiano, dove i clienti sono sempre quelli e non ci sono praticamente nuovi soggetti che entrano.
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Sul prodotto trasmettitore, la concorrenza è fortissima. In Italia ci sono moltissimi produttori, di dimensioni medio‐grandi, che, tuttavia, offrono una qualità più bassa e una tecnologia meno innovativa di quella della Diana, sia pure a prezzi più competitivi. Tuttavia, la mentalità del management delle emittenti italiane porta a risparmiare sugli investimenti piuttosto che acquistare subito un apparato più affidabile che non dà problemi di segnale e non richiede frequenti manutenzioni. In ogni caso la base clienti è limitata e statica, la vita dei singoli apparati è molto lunga e, quindi, la saturazione del mercato si raggiunge facilmente. Molto più interessante è il mercato degli apparati per il monitoraggio. Si tratta di strumentazioni innovative, che non vanno a sostituire qualcosa già in funzione nell’emittente: un emittente che vuole migliorare la qualità del suo segnale, soprattutto nelle aree dove questo è debole, investe acquisendo questa tecnologia. Infatti, il monitoraggio permette di misurare la copertura del segnale in un’area geografica specifica. Si tratta però di apparati costosi, con una sofisticata componente software, che non tutte le emittenti possono permettersi. L’impresa La Diana nasce nel 1998 come controllata di un’altra società del settore che produce antenne per il mercato italiano. Avendo dei contatti nel settore del broadcasting, i soci di quest'ultima avevano pensato di cogliere l’opportunità di vendere dell’altra tecnologia, come, appunto, i trasmettitori. Nei primi anni c’erano solo singoli clienti, emittenti, che facevano ordini limitati e così la Diana è rimasta un po’ nell’ombra, senza particolare slancio commerciale.. Dal 2004 l'azienda ha avuto l’opportunità di realizzare un importante progetto, una rete di monitoraggio unica in tutto il mondo, per una società specializzata in servizi di controllo della qualità e continuità delle trasmissioni nel settore delle telecomunicazioni. A seguito di tale importante progetto, questa società specializzata ha acquisito, nel 2007, le quote della Diana in precedenza possedute da altri soci, che si sono ritirati. Nella nuova compagine societaria è entrata anche l'imprenditrice intervistata, cresciuta nel mondo del broadcasting attraverso le esperienze della famiglia, proprietaria di una radio. La nuova compagine sociale ha rilanciato la Diana, con l’obiettivo di lavorare soprattutto per realizzare progetti complessi chiavi in mano. Di conseguenza, sono state attuate nuove e strutturate iniziative di comunicazione e marketing. Attualmente la Diana è costituita da due soci persone fisiche e da un terzo socio (la società specializzata di cui sopra) che detiene la maggioranza. E' proprio l’amministratore di quest'ultima la persona depositaria delle maggiori competenze tecnologiche, vantando un’esperienza trentennale della tecnologia e del mondo del broadcasting. L'imprenditrice intervistata si occupa dell’amministrazione, dei contatti con i clienti e delle offerte, coadiuvata da una segretaria e da un commerciale. La Diana si posiziona nella fascia alta del settore, con prodotti riconosciuti, di qualità elevata e di prezzi superiori alla media. I principali clienti della Diana sono: Rai, Rai Way, il Ministero delle Telecomunicazioni, tutti i network nazionali per quanta riguarda le emittenti radiofoniche e società che gestiscono servizi per le emittenti radiofoniche. Per la radiofonia, i clienti sono circa venti, di cui dieci network. Per la televisione, i clienti sono dieci‐ quindici. La politica commerciale è, quindi, quella di selezionare tendenzialmente apparati di elevata qualità, con un prezzo alto, per differenziarsi dagli altri fornitori. Di conseguenza, Diana si focalizza su un target di clienti medio‐alto. In termini di servizio, Diana offre un supporto al cliente per orientarlo su soluzioni tecnologiche che abbiano caratteristiche tecniche più adeguate a risolvere le sue esigenze (si selezionano la marca e il modello di apparato da proporre al cliente). C’è anche un servizio post vendita, incluso nel prezzo, per aiutare il cliente nell’utilizzo dell’apparato anche con corsi di formazione sul suo utilizzo e su quello dei software di gestione.
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In un settore dove tra addetti ai lavori si conoscono tutti, le figure target, per Diana, sono i tecnici che lavorano per le emittenti, sia che siano parte degli staff delle grandi emittenti, sia che lavorino per i service che offrono assistenza e manutenzione alle emittenti più piccole. È quindi importante essere in contatto soprattutto con figure tecniche ben introdotte nelle emittenti maggiori, ma per andare comunque incontro alle esigenze delle emittenti più piccole esiste, comunque, una linea di prezzo inferiore rispetto ad analoghi apparati di fascia superiore. La Diana sta cercando di allargare il suo bersaglio, andando a contattare gli editori stessi, ossia i proprietari dell’emittente, che spesso non conoscono le caratteristiche della tecnologia disponibile sul mercato. Dal 1998 la Diana ha visto crescere il suo fatturato. In prospettiva, per continuare a crescere, l'azienda punta sulla vendita di servizi e sulla realizzazione di progetti complessi chiave in mano, pianificati sull’arco di uno o due anni, grazie all’ampliamento dell’offerta. Lo sviluppo sarà trainato dalle innovazioni tecnologiche: infatti, questo è un settore nel quale l’innovazione tecnologica è un processo constante. Il ruolo della Diana sarà sempre di più quello di supportare le aziende clienti nell'acquisire nuova tecnologia con le modalità più appropriate ai loro bisogni. Ad esempio, lo sviluppo della radiofonia digitale in Italia è ancora all’inizio, alle prime sperimentazioni, ma la Diana è già pronta ad offrire della tecnologia dedicata per il monitoraggio. Inoltre l’azienda è impegnata a raccogliere le esigenze dei gruppi più importanti, come la Rai, che sono nella fase di progettazione del servizio digitale. Lo scopo è di riportare queste esigenze alle case produttrici che la Diana rappresenta e di lavorare in stretto contatto con queste affinché customizzino i loro apparati e i loro software alle esigenze del mercato italiano. Sempre guardando al futuro, la Diana, in collaborazione con una società spagnola, sta sviluppando anche un software per il monitoraggio della pubblicità: la prospettiva è, in questo caso, di entrare anche in altri mercati europei con questo specifico servizio.
7.5. Impresa Mercurio Settore Pubbliche Relazioni (di Eugenia Scandellari) Attività dell’impresa La Mercurio è una società di Relazioni Pubbliche e strategie di comunicazione. Essa opera offrendo consulenza strategica in ambito comunicativo e gestisce servizi di relazioni pubbliche professionali e di comunicazione di impresa. Nello specifico, i servizi offerti si riferiscono alla corporate communication e brand communication, media relations strategiche e ufficio stampa, organizzazione eventi, consulenza e strategie di marketing e advertising, graphic design e sviluppo web. La Mercurio ha un know how internazionale e ha una forte expertise nell’industria turistica Il settore L’imprenditrice dichiara con rammarico che oggi nel settore i fattori di competitività sono molto poco legati alle competenze e,invece, molto mercificati: conoscenze personali, prezzi al ribasso. Ad ogni modo, per competere conta la specializzazione, è una direzione che il settore ha preso e che rappresenta una forte chance per mantenere un posizionamento forte sul mercato, oltre alla capacità di innovarsi e di strutturare sempre meglio i servizi offerti”. Sul mercato internazionale in questo momento i competitor più forti sono i grandi network. Per quanto riguarda le politiche a sostegno del settore, l’imprenditrice guarda soprattutto alle politiche nazionali in materia di contrattualistica di lavoro. Parla di detassazione dei costi dei dipendenti che considera troppo alti. Pensa, inoltre, a contributi e agevolazioni regionali in favore dello sviluppo di impresa, per conferire alla società una maggiore strutturazione e
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sviluppare nuovi servizi anche in vista della creazione di nuovo lavoro. A livello locale sarebbero auspicabili anche interventi per facilitare lo smaltimento di macchinari (PC, stampanti, etc.) e per sostenere la viabilità (minori costi dei trasporti pubblici, ad esempio). L’impresa La storia della Mercurio è legata all’esperienza professionale e personale della sua fondatrice: dipendente di un’agenzia di Relazioni Pubbliche da alcuni anni, dove occupava una posizione di alta responsabilità a fianco della titolare, lascia la vecchia occupazione al momento della maternità e, facendo ricorso a risorse personali, nel 1996 decide di fondare la società. La liquidazione viene investita nell’assunzione di una puericultrice a tempo pieno, che l’affianchi nella cura della bambina, e nella copertura dei costi vivi per l’avvio dell’impresa. Contemporaneamente una serie di contatti personali, estranei alla sua esperienza come dipendente, danno fiducia alla nuova avventura e diventano i primi clienti. L’assunzione di una persona esperta e di fiducia che si prendesse cura della figlia e il reperimento di un ufficio vicino alla sua abitazione garantivano alla neo‐imprenditrice di conciliare vita personale e professionale. Alla fine del primo anno, la Mercurio aveva quintuplicato il suo fatturato. La società è nata, ed è tuttora, una s.a.s. con altri due soci unicamente di garanzia. Questa forma societaria è stata scelta per garantire una gestione agile e consentire all’imprenditrice di mantenere non solo la maggioranza totale delle quote, ma anche la libertà decisionale e il potere gestionale. In prospettiva l’imprenditrice pensa di trasformare la società in S.r.l., facendo entrare nuovi soci o lavorando in partnership aperte con professionisti in grado di apportare competenze tecniche e sviluppo. Il desiderio sarebbe quello di creare sinergie con altre società, in modo da porsi sul mercato come struttura più completa nei confronti dei clienti. La Mercurio ha anche ricevuto proposte di acquisizione, ma l’imprenditrice non si è sentita pronta ad incanalare in percorsi diversi una società che ritiene rappresentare un unicum nel proprio settore merceologico. Ciò anche a garanzia delle suoe dipendenti. La Mercurio opera con 5 addetti, compresa la titolare, tutte donne (per scelta dell’imprenditrice), tutte laureate (formazione umanistica) e dipendenti a tempo indeterminato, inserite in azienda dopo un periodo di stage/formazione. Inoltre si avvale della collaborazione di 7/8 consulenti per le funzioni più operative: grafici, creativi, web designer, indagini di mercato. La titolare, oltre a svolgere le funzioni più strategiche di rapporto con i clienti e supervisione dei progetti, si occupa di controllo di gestione e di gestione delle risorse umane. Le dipendenti svolgono funzioni di account e project manager. Sono tutte figure senior, in grado di gestire in autonomia il cliente e si occupano dello sviluppo dei relativi progetti. L’organizzazione del lavoro è fondata molto sullo scambio reciproco e sull’expertise che l’imprenditrice è in grado di trasmettere alle sue collaboratrici. La formazione in house o presso sedi deputate è centrale per la crescita delle risorse. I clienti della Mercurio sono enti pubblici, consorzi pubblico‐privati, catene alberghiere internazionali, imprese alberghiere individuali, compagnie aeree, compagnie di navigazione, tutti soggetti che operano nel settore del turismo. La ripartizione tra clienti pubblici e clienti privati varia a seconda degli anni, ma attualmente è a favore del pubblico, che copre circa l’80% del fatturato. L’impresa è centrata sulla qualità delle prestazioni e sull’eccellenza delle competenze, che portano alla fidelizzazione dei clienti, con i quali il rapporto è molto personalizzato. La Mercurio possiede un know how di impronta anglosassone, valorizzato dalla capacità italiana di innovare, essere creativi, flessibili, tempestivi nella ricerca di soluzioni ottimali. C'è una forte capacità di relazionarsi con clienti internazionali, che dovrebbero rappresentare il 30% del fatturato, ma che attualmente sono in percentuale molto inferiore. I primi anni di attività sono stati caratterizzati da una crescita piuttosto forte nel numero dei clienti che si è progressivamente stabilizzato. Attualmente l’impresa opera su contratti
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pluriennali, con una redemption sul cliente di 4/5 anni. Il fatturato si è mantenuto stabile negli ultimi due anni, in linea con un mercato che cresce poco. La tenuta è garantita dalla stabilità dei clienti, e l’imprenditrice riconosce l’onerosità dell’impegno nello sviluppo del new business. Quello che nota è un forte riconoscimento da parte del mercato esistente, ma la difficoltà ad arrivare ad un mercato più ampio. Del resto, la concorrenza è molto alta, soprattutto in momenti di crisi, e gli incarichi non sempre sono affidati sulla base delle competenze e delle reali capacità professionali. Fa riflettere la constatazione che spesso a capo delle aziende potenziali clienti non ci siano manager in grado di valutare le competenze di ‘fornitori’ del mondo della comunicazione. In questo senso i professionisti di RP devono impegnarsi molto nella tutela della propria professione e, nel rapporto diretto, anche nella ‘formazione’ dei loro interlocutori. Le problematiche di genere Il settore della comunicazione e delle RP è molto femminilizzato. Una recente indagine di Assolombarda ha mostrato che il 65 – 70% degli addetti del settore sono donne, che occupano anche posizioni manageriali. Tuttavia, nelle aziende le posizioni di rilievo sono presidiate da uomini e anche nelle grandi agenzie dove esistono donne manager, i presidenti spesso sono uomini. La conciliazione tra vita personale e professionale è molto impegnativa, ma non impossibile. È un problema di organizzazione, una donna che lavora “ha quattro lavori da svolgere contemporaneamente”.
7.6. Impresa Cerere Pubbliche Relazioni (di Nicoletta Saccon) Attività dell’impresa L’impresa opera nell’ambito della comunicazione sociale, una specializzazione nel più ampio settore delle PR, offrendo servizi di consulenza strategica, di organizzazione e realizzazione di eventi, di gestione dell’ ufficio stampa, di realizzazione campagne di comunicazione (annunci stampa, spot, ecc,). Su richiesta di qualche cliente vengono anche erogati servizi di formazione. Recentemente è stata modificata la definizione dell’ attività, che da “agenzia per la comunicazione etico‐sociale”, qual era inizialmente, è passata a quella di “partner per la responsabilità sociale d’impresa” (RSI): tale cambiamento sta ad indicare, almeno nelle intenzioni, uno spostamento verso l’area della consulenza strategica, anche se in realtà la Cerere seguita a fare l’agenzia di comunicazione. Il settore Come recentemente presentato in una ricerca di Assocomunicazione, il settore delle Relazioni Pubbliche ha un mercato che cresce del 4,4% l’anno: in altri termini, considerata l’inflazione, il mercato è fermo. Comunque, per una serie di ragioni (anche relative ai costi), le imprese negli ultimi anni hanno privilegiato più le Relazioni Pubbliche che l’Advertising tradizionale (ossia la pubblicità sui media classici); si cercano forme nuove, nuove iniziative (come ad es., lo street marketing che prevede iniziative “di strada”39, capaci di arrivare a contatto del consumatore con modalità un po’ spiazzanti, inattese) che aiutino ad entrare maggiormente in contatto con il consumatore. In realtà, al di là dell’ innovazione che investe il piano tecnologico, le formule utilizzate sono più o meno le stesse, oppure iniziano ad affacciarsene alcune, anche preoccupanti. Il riferimento è ad un fenomeno partito dagli Stati Uniti e che
39 Ad esempio alcune iniziative aziendali in coincidenza del Natale rivolte alla popolazione di un certo quartiere.
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consiste nella “vendita” di creatività per le campagne di comunicazione attraverso alcuni portali dove persino un giovane non professionista può presentare le proprie idee ed offrirle alla aziende: naturalmente ciò preoccupa molto le grandi agenzie…Ma in realtà questo fenomeno rappresenta una nuova formula che forse, in termini di rigore, non è nemmeno segnale di vera innovazione, dal momento che non riguarda davvero tutto il processo del know how… Nell’ambito specifico della comunicazione sociale operano pochissimi concorrenti, perlopiù di piccole dimensioni (10‐20 addetti al massimo). Il “sociale” è un’area su quale molte imprese profit si stanno spendendo e, quindi, in teoria, le opportunità dovrebbero crescere, ma in realtà non sembrano manifestarsi evidenti segnali in questa direzione. Nel più generico settore delle Relazioni Pubbliche il mercato è invece molto più ampio: a Milano (che è la città leader sul mercato italiano per quanto riguarda la comunicazione) si concentrano le agenzie più prestigiose, di cui la maggior parte ormai fa parte di network internazionali. Ciò in seguito a processi di acquisizione, fusioni, incorporazioni verificatisi negli ultimi 10 anni, essenzialmente per motivi finanziari, con un trend in accelerazione nell’ultimo quinquennio. Quanto ai clienti, nel settore delle relazioni pubbliche essi sono largamente rappresentati da imprese di dimensioni medio‐grandi; infatti è difficile che una PI acquisisca dall’esterno servizi di comunicazione. Per le policy di supporto, con riferimento proprio alla sfera della RSI, sarebbe interessante, e ci sono già delle esperienze in merito, l’introduzione da parte dell’ente pubblico di alcuni criteri di premialità a favore delle imprese che attuino politiche di RSI. Questo è un segnale di attenzione che può stimolare lo sviluppo della domanda da parte delle imprese, cui potrebbero contribuire anche le associazioni di categoria o le Camere di Commercio, che hanno costituito la rete degli Sportelli Corporate Social Responsibility. Per le policy è importante soprattutto il livello locale , ossia il ruolo che può essere svolto sul territorio da una Regione e/o da una Provincia, da un Comune o dal sistema camerale, poiché la centralizzazione non sembra garantire il presidio e la continuità delle iniziative eventualmente avviate. L’impresa La Cerere è nata nel 2002, in un momento storico in cui il tema della RSI iniziava ad entrare nell’agenda delle imprese, grazie all’iniziativa dell’intervistata e del suo socio, che già da parecchi anni lavoravano nel settore. L’imprenditrice sviluppa la parte creativa e si occupa delle relazioni esterne e delle strategie, svolgendo la funzione di account; per l’art direction l’azienda si avvale di tre collaboratori esterni mentre la funzione di copy è ricoperta dal socio, che si occupa anche della parte amministrativa e della gestione del personale. Con i collaboratori esterni vi è un rapporto di discreta stabilità, compatibilmente con il fatto che, trattandosi perlopiù di giovani, dopo qualche hanno preferiscono cambiare e fare esperienza altrove (ciò rientra tipicamente nel loro percorso professionale ed è caratteristico del settore). In azienda sono presenti anche due dipendenti (donne) che seguono direttamente alcuni clienti , per quanto i lavori più “completi” siano portati a termine dai due soci. La clientela della Cerere, concentrata prevalentemente nel nord Italia, si suddivide in tre distinte tipologie: per il 30% è costituita dalla P.A., per il 20 % da imprese o loro consorzi e per il restante 50% da associazioni non profit. La distribuzione percentuale delle diverse tipologie riflette un quadro invertito rispetto all’obiettivo originario della Cerere: infatti, la strategia di differenziazione della Cerere vorrebbe puntare sul diverso target rappresentato dalle imprese profit; tuttavia, si tratta di un strategia che stenta a tradursi in effettive occasioni di business. Infatti, le azienda più strutturate si rivolgono alla propria usuale agenzia di relazioni pubbliche dalla quale fanno realizzare anche un prodotto di comunicazione sociale, mentre i soci della Cerere reputavano, inizialmente, che anche le grandi aziende
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potessero necessitare del loro apporto di competenza specialistica. Ciò è ancor più critico per l’azienda se si considera che “le organizzazioni non profit devono imparare a pagare il servizio”. La questione, in questo caso, non è tanto legata al budget, ma piuttosto al fatto che tali organizzazioni hanno l’abitudine di considerare l’erogazione di alcuni servizi, quali quelli che riguardano la sfera della creatività, del tutto gratuita: spesso, infatti, le grandi agenzie di comunicazione hanno regalato loro delle campagne, per riceverne un beneficio d’immagine. Al contrario, per la Cerere la realizzazione di una campagna su contenuti sociali rientra nel core business e si coniuga con l’offerta di una consulenza continuativa e di un accompagnamento sulla realizzazione operativa di percorsi di responsabilità sociale. Il livello di personalizzazione del servizio erogato è altissimo, poiché non esistono soluzioni applicabili come modelli standard alle diverse realtà. Se le competenze specifiche, relative alla nicchia di specializzazione prescelta (non tanto quelle tecniche, che sono ormai sempre quelle…), non riescono a dimostrarsi elemento significativo di competitività, conta, in modo più determinate, la reputazione che l’agenzia si è conquistata anche attraverso la realizzazione di alcuni eventi che l’hanno fatta conoscere sul mercato. Per l’intervistata fattore fondamentale è la presenza di una rete di relazioni personali che, nel caso di entrambi i soci, si è costruita nel tempo, durante l’esercizio ormai trentennale della professione nel campo della comunicazione. Sin dall’inizio la rete, in quel momento unico fattore da spendere, si è rivelata fattore essenziale. Infatti, la prima difficoltà che la Cerere ha incontrato è stata la creazione ex novo di un parco clienti; in questo caso, è stata d’aiuto la visibilità già buona di cui l’intervistata godeva: i primi clienti sono arrivati perché l’hanno cercata... Questo “essere cercati” piuttosto che cercare attivamente è tuttavia percepito anche come punto di debolezza: infatti viene riconosciuta l’assenza di una strategia di new business, ossia di una strategia proattiva di ricerca del cliente, d’altra parte giustificata con motivazioni quali la mancanza di tempo a disposizione per sviluppare anche questa attività. Un paio di volte l’impresa ha tentato di appoggiarsi a qualche esterno con funzioni di procacciatore di clienti, ma questo tipo di soluzione non ha funzionato in un settore dove ciò che conta davvero è la visibilità personale del singolo. Un’ ulteriore area di criticità riguarda le competenze manageriali; sarebbe molto apprezzata l’offerta di qualche servizio quale, ad es., la possibilità di usufruire gratuitamente di un supporto consulenziale in azienda, specie per la parte di gestione contabile e amministrativa. Le problematiche di genere Il settore della comunicazione è prevalentemente femminile, anche se le donne presenti ai vertici non sono molte. Nell’advertising la presenza femminile è storica; si tratta di un lavoro di tradizionale appannaggio delle donne, che necessita di precisione ed attenzione poiché comporta pianificare la presenza pubblicitaria su radio televisivo ecc. Anche nelle relazioni pubbliche è maggioritaria la presenza femminile (c.ca 70% e, più che nell’advertising ,le donne occupano posizioni dirigenziali), poiché esse richiedono quel plus nella capacità di ascolto, di dialogo e di disponibilità che la donna possiede. Si tratta, inoltre, di un tipo di lavoro caratterizzato da mancanza di “certezza” circa gli orari, ma da una buona flessibilità nella gestione degli stessi, il che può permettere una certa conciliazione con gli impegni familiari Quanto all’imprenditrice, lungo il proprio percorso professionale la conciliazione della vita famigliare con quella lavorativa è stata molto faticosa, anche per vicissitudini personali che l’hanno privata di altri supporti entro la famiglia e spinta a cercarne all’esterno (dove si è appoggiata ad una tata per la cura del figlio). Ma, a parte questo, non ci sono stati svantaggi legati al genere nell’esercizio della professione.
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7.7. Impresa Teti Pubbliche Relazioni (di Gianluca Viganò) Attività dell’impresa La Teti è un’agenzia di relazioni pubbliche a comunicazione integrata, le cui attività principali possono essere suddivise in tre aree principali: la prima, il core business, verte sulle relazioni con la stampa (promozione di istanze dei clienti nei confronti di stampa generalista o specializzata); la seconda riguarda l'organizzazione di eventi (eventi aziendali, lanci di prodotto, eventi di fidelizzazione clienti, eventi ludici o sportivi di varia natura, convention); infine la terza è quella relativa alla parte di grafica (progetti di comunicazione visiva, brochure, volantini promozionali). Quest'ultima, sicuramente di minor importanza all’interno della Teti, lavora in gran parte a supporto dei clienti che usufruiscono dei prodotti degli altri due settori. Il settore La clientela può essere rappresentata dall'azienda multinazionale, che ha una cultura di relazioni pubbliche più radicata nel proprio tessuto, oppure dalla piccola‐media impresa italiana, che invece non ha ancora colto appieno i vantaggi dell’adottare questo tipo di supporto; le PMI sono un po’ più conservatrici e non utilizzano tutte le leve della comunicazione, per una questione di conoscenza o di costi, anche se questi non sono poi così elevati. Tuttavia, a partire dagli ultimi dieci anni, la PMI si sta muovendo alla ricerca di strategie di diversificazione o di innovazione. Il mercato della concorrenza è piuttosto variegato, essendo presenti sia gruppi internazionali che hanno filiali proprie in Italia, con dimensioni che variano dai 10 ai 40 addetti, sia agenzie autonome di media grandezza (come la Teti) sia, infine, piccole strutture solitamente molto giovani che contano un numero limitato di addetti. Risulta difficile qualsiasi collaborazione con la concorrenza, bensì è possibile con strutture affini. I fattori di competitività più importanti sono la capacità di ascolto rispetto alla necessità del cliente, per proporre rapidamente una strategia efficace: l’approccio può anche essere dato da una esperienza consolidata che porta ad avere una metodologia comune per clienti diversi, ma poi bisogna personalizzare il servizio. La ricerca del cliente è basata principalmente sulla fidelizzazione del cliente e quindi sul passaparola: tuttavia, se fino ad una decina di anni fa le agenzie di relazioni pubbliche non erano dotate di una struttura commerciale e ci si muoveva sulla base di una rete di conoscenze o sull'affermazione del proprio marchio sul mercato, a partire dal 2001 le piccole medie imprese del settore hanno dovuto iniziare ad attrezzarsi in un ottica commerciale. Nessuna agenzia di medie dimensioni, però, è al momento in grado di creare al suo interno una rete commerciale e sono dunque gli stessi soci a muoversi sul territorio cercando nuovi potenziali clienti ed analizzando settori di mercato interessanti. Invece i grandi gruppi internazionali ricevono i clienti direttamente dalla casa madre. Per le politiche di intervento da parte delle istituzioni, un’area da sostenere potrebbe essere quella della formazione, in particolar modo su tematiche commerciali (negoziazione, tecniche di vendita o gestione dei clienti), che restano nel nostro settore quelle dalle lacune maggiori, mentre i nuovi inseriti vengono formati all’interno dell’azienda attraverso la pura pratica. L’impresa Per capire bene la nascita dell’attuale Teti è necessario partire dal 1991 quando uno dei due attuali soci (90% delle quote al socio uomo, 10% al socio donna) fonda un'agenzia di relazioni pubbliche e marketing communication specializzata nel settore dell’Information &
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Communication Technology; nel 1994 nasce un'ulteriore agenzia interamente dedicata all’organizzazione di eventi che si affianca alla precedente; nel 2001 l'attuale socia della Teti fonda una propria agenzia che viene subito riconosciuta dal mercato come fresca, flessibile e capace di interpretare e soddisfare con efficacia le esigenze di comunicazione delle aziende. La svolta avviene poi nel 2002, quando le tre distinte realtà si fondono, dando vita alla nuova ed attuale agenzia. Tale fusione ha avuto l'obiettivo di un aumento del profitto, da ottenersi attraverso l'ampliamento del potenziale di contatto con la clientela. Qualche anno dopo, infine, la Teti entra a far parte dell’organizzazione internazionale Public Relations Global Network, ampliando i propri orizzonti. Attualmente entro la Teti, oltre ai due soci, vi sono una responsabile amministrativa, una responsabile dell’organizzazione di eventi, e dieci dipendenti (tre uomini in totale), con un'età media che si aggira intorno ai trentacinque anni. Solitamente i nuovi ingressi partono con una collaborazione a stages, che precede quella a progetto e, nel caso la persona si dimostri valida, si passa al contratto a tempo indeterminato. Le decisioni vengono affrontate dai due soci in maniera paritetica, nonostante la divisione delle quote; in particolare l'imprenditrice è più orientata alla gestione dei clienti, mentre l’attenzione del socio è maggiormente focalizzata su aspetti amministrativi e di bilancio (un aspetto molto critico della gestione aziendale è il rapporto con le banche). I clienti sono rappresentati sia da aziende multinazionali, sia da piccole e medie imprese italiane. Caratteristica importante e punto di forza della Teti è il fatto di essere un’agenzia di professionisti con una dimensione locale, pur appartenendo a un network internazionale. Tale appartenenza permette di avere una visione e un bagaglio culturale globali con una penetrazione sul mercato locale. Il network internazionale è composto da agenzie indipendenti, collegate dalla volontà di operare in maniera sinergica e ciò comporta la partecipazione, un paio di volte l’anno, a meeting in cui ci si aggiorna sulle novità di mercato. Non si ricevono lavori dall’alto, ma scambi di esperienze e conoscenze tra agenzie collegate orizzontalmente. Altro punto di forza della Teti è il rapporto con la clientela, basato sull’aspetto umano, diretto e su uno scambio continuo di informazioni, pareri e consigli. L'attuale strategia di sviluppo dell'azienda, il cui fatturato è risultato abbastanza stabile negli ultimi anni, è sia quella di puntare alla diversificazione delle attività, per fornire al cliente una consulenza globale, sia il miglioramento dell’attività commerciale rivolta alla ricerca di nuovi clienti e alla fidelizzazione degli attuali. Le problematiche di genere Il settore è fortemente femminilizzato; dal punto di vista dei dipendenti, la presenza femminile supera spesso quella maschile, mentre dal punto di vista del management la differenza si assottiglia molto (nel caso specifico del settore pubblicitario si trovano, comunque, più donne manager rispetto agli altri settori). L’alta presenza femminile è legata al fatto che si tratta di svolgere un’attività per cui le donne si sentono portate. Viene sottolineato che mentre l’uomo punta ad avere una carriera più veloce e rapida, con conseguente frequente migrazione da azienda in azienda, la figura femminile preferisce invece l’inserimento in un contesto lavorativo gradevole e stimolante, con la possibilità di lavorare su clienti molto differenti per crescere professionalmente. L'intervistata riconosce che ponendosi nell'attuale veste di imprenditrice, l’approccio con interlocutori di sesso maschile è più paritetico quanto essi riconoscono il ruolo. Allo stato attuale l'imprenditrice, che non ha figli, non denuncia grossi problemi nel conciliare impegni professionali con quelli personali o famigliari.
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7.8. Impresa Bacco Organizzazione Eventi (di Alfonso Miceli) Attività dell’impresa La Bacco si occupa di organizzazione congressuale, realizza convention e sviluppa tutti i servizi collegati: traduzioni, interpretariato, etc. L’impresa La Bacco nasce nel 2001, da una precedente attività di 2 delle socie attuali. Entrambe provenivano dal settore ed hanno iniziato in maniera molto semplice, concentrandosi in un primo tempo sulla realizzazione di servizi molto piccoli, come traduzioni e interpretariato con servizi tecnici (logistica attrezzature, impianti audio e video); pian piano sono stati gli stessi clienti a sollecitare il loro servizio in progetti sempre più impegnativi. Così, dall’interpretariato le socie sono progressivamente passato a fornire le attrezzature audio e video, un pezzo di allestimento, le hostess, sino ad organizzare un’intera convention. Le principali criticità all’inizio dell’attività hanno coinciso con gli ostacoli burocratici, tanto che le socie hanno dovuto appoggiarsi a dei professionisti per capire come organizzasi dal punto di vista legale e come struttura societaria, nonché per conoscere quali erano gli adempimenti, in modo da non incorrere in sanzioni. L’altro problema fondamentale è stato rappresentato, e tuttora lo è, dal costo molto elevato delle assunzioni, molto difficile da sostenere dato il flusso di lavoro molto discontinuo: è questo che, a tratti, ha messo in crisi la Bacco e l’ha costretta a fare “marcia indietro”, passando ad una riduzione dei dipendenti (arrivati sino a 6) rispetto al numero attuale e limitando l’attività a ciò che le socie possono seguire in prima persona. Insomma, l’assunzione è “un lusso” che l’azienda non si è potuta permettere”, anche se rimane idealmente l’opzione preferibile per fidelizzare i collaboratori. Oggi la Bacco, è costituita da 3 socie (si è fatto ricorso alla cooptazione nella compagine societaria di una collaboratrice dalle competenze importanti), da una collaboratrice che si occupa prevalentemente dei servizi di traduzione e da un’addetta all’amministrazione. Al nucleo stabile si aggiunge l’enorme rete di collaboratori e fornitori esterni, soprattutto singoli professionisti, cui la Bacco ricorre per i servizi di interpretariato, traduzione, grafica, catering, hostess, guide turistiche e il cui reclutamento avviene esclusivamente attraverso passaparola. Questa rimane l’unica modalità con cui è possibile capire che tipo di competenza e che figura vengono richieste; infatti non esistono agenzie di selezione del personale specializzate per i il settore in cui opera Bacco e, d’altra parte, è necessario disporre di professionalità dotate di un background nel campo. Con il tempo, quindi, è stata selezionata una cerchia di collaborazioni strutturate (ma senza l’esclusiva per la Bacco) rispetto a cui l’agenzia esercita un ruolo di coordinamento dei lavori di volta in volta assegnati individualmente. La Bacco lavora moltissimo all’estero, tramite colleghi in loco che organizzano materialmente l’evento. In questi casi di collaborazione l’agenzia all’estero si occupa di tutto, vendendo il servizio alla Bacco che, invece, progetta e supervisiona l’evento. I clienti tipici sono rappresentati da banche e assicurazioni, arrivate all’ agenzia per effetto del passaparola, successivamente ad un primo lavoro con un committente che, a sua volta, operava proprio con tale tipologia di clienti . I concorrenti sono tanti e di varia natura. Moltissimi sono molto piccoli, altri con venti, trenta o quaranta dipendenti . La più grande struttura italiana non supera i quaranta dipendenti. Con alcuni concorrenti può capitare di lavorare in partnership; molte volte lo si fa in maniera obbligata, quando, su progetti molto grandi, è il cliente stesso che divide la commessa fra due o tre grandi agenzie che vengono messe in contatto fra di loro e poi lavorano insieme. È invece raro che possano nascere partnership spontanee per iniziative comuni. Piuttosto, La rete è
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soprattutto con liberi professionisti e con aziende, per es. di trasporti (pullman, aerei), aziende di progettazione, di comunicazione, di PR, di grafica, produttori di gadget, tipografie. I fattori di competitività sono rappresentati dal prezzo e dalla competenza. Il prezzo contenuto è frutto della piccola dimensione, le competenze derivano dall’esperienza e dalla creatività, intesa come capacità di trovare soluzioni di comunicazione diverse, anche nella modalità. L’innovazione è costante e continua, dal momento che non è possibile riproporre due volte lo stesso progetto. Pertanto bisogna che l’agenzia setacci costantemente il mercato, cioè quello che i fornitori del settore propongono, e sviluppi idee creative. Attualmente l’andamento del fatturato è stabile, più che altro per una scelta interna: una crescita comporterebbe un impegno in termini di strutture e di assunzioni che in questo momento le socie non vogliono e non si sentono di fare. Inoltre una crescita dimensionale non consentirebbe di gestire in modo soddisfacente gli impegni familiari (soprattutto per quanto riguarda i figli) come invece accade con la struttura attuale. Le iniziative di policy a sostegno del settore sono richiamate soprattutto con riferimento ad alcune criticità nella conduzione d’impresa, relative in particolare alla proliferazione degli adempimenti burocratici e alla difficoltà di accesso al credito (all’inizio dell’attività, per aprire un mini‐fido di 20 milioni, le banche hanno richiesto tantissime garanzie). Le problematiche di genere Di fatto, l’80% delle persone che operano nel settore sono donne; secondo l’intervistata la ragione risiede probabilmente nel fatto che esse hanno una capacità organizzativa molto accentuata, gusto e senso estetico necessari per l’attività in questione. Per quanto esista la possibilità di gestire il tempo autonomamente, il fatto che la professione svolta si caratterizzi per i consistenti picchi e gli imprevisti, comporta grosse difficoltà di conciliazione con gli impegni a livello personale‐familiare. L’intervistata non è riuscita a iscrivere i figli né al nido (nonostante all’epoca fosse single) né alla scuola materna; inoltre lamenta una mancanza di club estivi per tamponare i periodi di vacanza scolastica. Per la cura dei figli è ricorsa al supporto parentale e all’aiuto di una tata che vive in famiglia e riconosce che, in mancanza di una sufficiente disponibilità economica, per un nucleo familiare problemi sono notevoli.
7.9. Impresa Minerva Ricerca, Selezione e Formazione del Personale (di Alfonso Miceli)
Attività dell’impresa L’impresa si occupa di ricerca, selezione, consulenza e formazione. La formazione ha sempre fatto parte dei servizi erogati, ma da quest’anno si aggiunge la divisione ufficiale formazione per i corsi abilitanti alla professione di auditor per i sistemi qualità e le certificazioni sui temi ambiente e sicurezza. L’impresa La Minerva nasce dalla volontà particolare di uno dei soci, con un’esperienza decennale come libero professionista. L’azienda attuale è costituita dai tre soci esperti nelle attività dell’agenzia(tra cui l’intervistata, entrata nel 2002), e da circa una decina di persone “operative”, abbastanza stabili, con contratti di collaborazione. Nei momenti di picco il giro di collaborazioni può allargarsi ancora. I collaboratori sono quindi “esterni”, ma tutti formati internamente, seguono il modo e lo stile di lavoro sviluppato dalla Minerva (anche se erano
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già dei professionisti con esperienza propria) e praticamente lavorano per essa tutto l’anno. L’azienda in questo modo garantisce sviluppo e crescita professionale ai suoi collaboratori, ai quali chiede di lavorare con una metodologia precisa. Con i collaboratori, anche se di anzianità ed esperienze differenti, il rapporto è “da collega a collega”. I clienti sono costituiti principalmente da aziende (soprattutto lombarde, ma anche di altre aree del centro‐nord) che ricercano figure di profilo medio‐alto: la Minerva è specializzata su queste ed esclude di lavorare su figure di basso profilo. In particolare, la società è specializzata su figure di progettisti (ambito meccanico ed edile) e di amministrativi (quadri e responsabili). Lo sviluppo dei nuovi contatti con la clientela avviene soprattutto con il passaparola. I competitor sono numerosi, perlopiù di dimensioni medio piccole. Inoltre, c’è la concorrenza dei professionisti individuali: si propongono al cliente come consulenti, ma non si sottopongono ad una autoformazione continua. Rischiano alla fine di rovinare il mercato: non hanno ufficio, né spese, di struttura e quindi possono proporsi con tariffe più basse. Al contrario, la consulenza particolare, personalizzata, di modello anglosassone, che la Minerva è in grado di svolgere, senza creare condizioni di futura dipendenza del cliente, rappresenta uno dei punti di forza in termini di competitività sul mercato; l’azienda si caratterizza per un alto livello di qualità dei servizi, per l’autoformazione, l’innovazione, la ricerca continua; per questo ha rapporti di collaborazione con diverse Università. Nello specifico La Minerva ritiene fondamentale, nei propri servizi di consulenza e di formazione, operare in direzione di un’“educazione aziendale”, che consiste nel far riconoscere al cliente la ricchezza del percorso e dei risultati che è possibile raggiungere, in modo che sia egli stesso a voler fare, capire e crescere di più, acquisendo la prospettiva proposta: e ciò non solo nella generazione di base, ma anche nei figli. Ma anche nel servizio di ricerca e selezione del personale è importante spiegare il metodo, il sistema, la modalità con cui viene presentato il candidato, in modo da modificare l’atteggiamento del cliente (“che non chiederà solo: quanto costa? poi chiederà: ma mi costa solo questo?) procurandone la fidelizzazione. Il fondatore della Minerva possiede delle forti competenze di tipo tecnico, maturate sul campo come libero professionista e attraverso l’autoaggiornamento in tutto il mondo, che permette di portare innovazione nelle aziende clienti. L’autoformazione all’estero viene fatta anche dagli altri soci, ma le competenze si formano anche internamente al gruppo soci‐collaboratori: ci sono gradi di anzianità, saperi, esperienze differenti, che vengono ritrasmessi a chi è più giovane, ma tutto viene anche rimesso in discussione. Le diverse mentalità possono dare un contributo importante nel confronto. Le prospettive offerte dal settore sembrano in crescita, ed anche il fatturato della società tende all’aumento. Infine, quanto agli interventi di policy, l’impressione dell’intervistata è che chi distribuisce i fondi non conosca le reali necessità che ci sono sul campo. Ad esempio, il tempo richiesto per leggere e interpretare correttamente le norme e le procedure previste dai bandi risulta disincentivante. Per accedere ai bandi risulta pertanto necessario disporre di un supporto specialistico, al momento inesistente. Attualmente la Minerva usufruisce di un consulente che ogni tanto, in maniera occasionale, provvede ad inoltrare la notizia della pubblicazione di alcuni bandi, ma il problema, in questo caso, è la mancanza di una corretta selezione dell’informazione; è invece importante conoscere le esigenze precise dell’azienda per poterle mettere in rapporto con le caratteristiche del bando. Sarebbero opportune forme di finanziamento a sostegno della formazione e per l’ acquisto di computer, per la connessione internet, per gli strumenti concreti che servono all’avviamento. Fra questi il più importante rimane, comunque, il costo dell’affitto. L’intervistata sottolinea come le attività del terziario vengano sfavorite rispetto a quelle di altri settori (in particolare delle manifattura): nessuna sovvenzione, impedimenti burocratici, prezzi di mercato più alti.
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Ad esempio, per i privati e gli artigiani i prezzi dell’affitto sono molto più bassi rispetto a quelli applicati a studi e uffici; un artigiano può acquistare un immobile per 600 euro al metro quadro, contro i 2.200 euro richiesti ad una realtà come Minerva (ammesso che venga effettuato il passaggio a categoria commerciale); inoltre per le attività del terziario è più difficile scaricare e detrarre i costi relativi (limiti sulle spese di rappresentanza, ristoranti, ecc.). Le problematiche di genere A parere dell’intervistata non esistono, nella propria realtà aziendale, pregiudizi di genere. Personalmente, l’intervistata ha gestito una famiglia con due figli con le usuali problematiche, per quanto la flessibilità e l’organizzazione autonoma dei tempi nella sua professione siano state importanti per organizzare i tempi di gestione della famiglia. Ad ogni modo, gli interventi a sostegno delle donne lavoratrici dovrebbero puntare a creare più asili nido e più capillari, in modo da favorire gli spostamenti tenendo conto della residenza geografica e della logistica.
7.10. Impresa Giove Consulenza amministrativogestionale (di Nicoletta Saccon) Attività dell’impresa La Giove opera nel campo della consulenza direzionale, oltre che della consulenza e formazione sulle tecnologie informatiche, della formazione manageriale e dell'alta formazione, della ricerca e selezione del personale (skill assessment, progetti di change management ecc.). Il settore Nell’ambito settoriale in cui si posiziona la Giove operano perlopiù imprese straniere di grandi dimensioni: Accenture , KPMG, Deloitte, ecc. Le prospettive della consulenza direzionale dovrebbero essere positive dal momento che sussistono potenziali ampi spazi di crescita, specie con l’aspirazione di avvicinare il mercato nazionale alle percentuali presenti a livello europeo (ad es., di Francia e Germania); tuttavia, esso dimostra di premiare soprattutto i grandi gruppi internazionali operanti nel settore (che danno occupazione, ma nessun’altro tipo di ricchezza a livello nazionale). Relativamente alla formazione, per quanto anche in questo caso possano esserci delle prospettive (non va dimenticato che la recente formazione finanziata, spesso di livello medio‐basso, ha dato scarsi risultati, senza colmare il fabbisogno), su di esse grava la scarsa propensione all’investimento in know how da parte delle imprese italiane. Relativamente agli interventi di policy, la sottolineatura riguarda la problematica relativa ai termini di pagamento: bisognerebbe intervenire sull’abitudine, tutta italiana, di stabilire i termini di pagamento a 120 giorni. Questo stato di cose determina, nella realtà, e ancor più quando il committente è di grandi dimensioni, che le PI siano vere e proprie finanziatrici del sistema economico, ma si tratta di un meccanismo distruttivo del sistema stesso. Non servono soluzioni fittizie, come il versare l’IVA al momento dell’incasso e non anticipatamente; piuttosto l’iniziativa dovrebbe venire proprio dalla P.A., che sarebbe auspicabile si facesse più ragionevole nei tempi di pagamento. Inoltre, con riferimento alle imprese nazionali del settore, sarebbe opportuno che il nostro Paese facesse maggiormente “sistema” e le agevolasse, pur considerando che esse debbano soddisfare le condizioni per poter competere anche a livello internazionale.
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L’impresa La Giove opera sul mercato nazionale con sedi operative in diverse città e controlla attualmente 8 Srl, di cui detiene la maggioranza di quote. L’impresa è nata nel 1986 come società di formazione su iniziativa di alcuni colleghi fuoriusciti da un’impresa dell’area IT in forte crisi. Le attività di business, all’avvio, riguardavano esclusivamente la formazione tecnica su mainframe e metodologie di progettazione, sviluppo e conduzione di progetti. Durante gli anni dello start up la società ha avuto una crescita buona, ma nel 1991 un periodo di recessione del mercato ha penalizzato la formazione, dimezzando il fatturato della Giove: alcuni dei 6 soci iniziali hanno deciso di lasciare la società e un ramo d’azienda (formazione su personal computer) è stato ceduto ad uno di essi. In seguito nella compagine societaria è entrata l’attuale socia, evento che ha segnato il ripristino dei servizi attinenti alla formazione. Successivamente il fatturato si è stabilizzato, la forma giuridica è passata da Srl a SpA ed alla formazione si è aggiunta la consulenza tecnologica. Dopo questo primo passaggio, il secondo è stato in direzione della consulenza direzionale ed ha comportato il reclutamento di specifici collaboratori e, di conseguenza, un aumento dimensionale. Oggi il modello può dirsi completo, comprende la consulenza di direzione, quella sulle tecnologie ICT, la formazione, la ricerca e selezione del personale; ad un gradino più basso si posizionano, poi, anche delle piccole realizzazioni software costruite nell’ambito delle consulenze erogate. Attualmente i soci della Giove sono 3: 2 uomini (ciascuno con più del 37% delle quote) e una donna, moglie di uno dei titolari (25%). I dipendenti ammontano ad una cinquantina, cui si aggiungono una decina di collaboratori stabili. Tutti, dipendenti e collaboratori (reclutati con rigoroso processo di selezione), sono considerati risorse strategiche per l’azienda. Ciò che per essi risulta appealing, e che li trattiene, è il clima aziendale, un punto di forza della Giove, oltre ai i contenuti interessanti del lavoro, anche se nel caso dei giovani è più facile avere del turnover. L’aggiornamento delle competenze avviene principalmente con formazione interna e anche esterna, e con partecipazione a seminari; ad ogni modo, c’è una componete significativa di autoformazione. I clienti della Giove, circa 500 (con un aumento negli ultimi anni, di circa il 10%) sono rappresentati da aziende di grandi dimensioni, in gran parte afferenti agli ambiti del credito e delle assicurazioni. Inoltre, vi è una significativa componente di P.A. Minoritariamente, la clientela proviene anche da altri e vari settori. Il target delle PI non viene invece raggiunto, sostanzialmente per ragioni di carattere organizzativo e commerciale, né si riescono ad “agganciare” le associazioni di categoria, che potrebbero veicolare in direzione delle PI. Uno dei fattori vincenti, che consente alla Giove di stare ormai da tempo sul mercato, risiede nella cura per la qualità dell’offerta: ciò vuol dire fare affidamento sulle competenze. Tuttavia, anche se queste si dimostrano irrinunciabili per competere e mantenere il posizionamento rispetto ai competitor, il mercato non sembra riconoscerle e premiarle sufficientemente; piuttosto, quando le aziende ricorrono alle consulenze esterne puntano a pagarle il meno possibile. Altro fattore competitivo importante è l’innovazione, in questo caso coincidente con la capacità di proporre un’offerta di servizi su determinate problematiche aziendali giocando in anticipo rispetto al mercato. La Giove opera sul mercato prevalentemente da sola, come del resto accade in generale per le imprese del settore, dove non intervengono forme di aggregazione. Piuttosto, per la sopravvivenza dell’impresa la crescita è un obbligo; una delle possibili modalità con cui realizzarla, ottenendo un input accelerativo rispetto alla crescita dimensionale interna, è il processo di acquisizione di altre società, naturalmente rapportato alla capacità finanziaria dell’azienda. Si tratta di un’ opzione di recente seguita anche da Giove. Per il resto, non c’è un particolare interesse ad allargare la compagine societaria. Per la Giove, la vera area di criticità risulta essere la non adeguata visibilità: mancano, internamente al gruppo, forti capacità commerciali ed anche se si è cercato di sopperire
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attraverso la presenza, in azienda, di una figura con funzioni di commerciale, tale criticità tuttora permane. Le problematiche di genere Per la socia intervistata il tentativo di conciliazione tra impegni professionali e famigliari non è semplice: è stato chiaramente avvertito il peso di dover fare delle scelte, anche perché, come accade nel più dei casi, la responsabilità della famiglia e della casa ricade sulle donne e i supporti pubblici (relativi alla cura dei figli, in particolare) possono non essere sufficienti oppure non sufficientemente conosciuti (infatti, è carente l’ informazione sulla possibilità di usufruirne). Nell’ambiente di lavoro l’essere una donna è considerato comunque penalizzante (“si fa il doppio di fatica per ottenere lo stesso risultato di un uomo”); mentre per un uomo è più semplice concentrarsi totalmente sul lavoro, per una donna la difficoltà sta nel fatto che, contemporaneamente, deve per forza “tenere aperti” anche altri spazi mentali, relativi all’organizzazione famigliare; viene dato per scontato che questa debba essere compito prioritario per una donna, ma non altrettanto nel caso di un uomo.
7.11. Impresa Venere Design tessile abbigliamento (di Carlo Penco)
Attività dell’impresa L’azienda produce prototipi e modelli per qualsiasi tipologia di abbigliamento, offrendo il proprio servizio agli stilisti delle case di alta moda. Oltre alle collezioni di pret à porter, la Venere prepara anche capi per le sfilate promozionali organizzate dalle case di moda e da tutti i nuovi stilisti che vogliono farsi conoscere per presentare la propria tendenza moda ad un pubblico selezionato e alla stampa di settore. Più in generale, la Venere è in grado di applicare le sue competenze ad un ampio ventaglio di attività, dalla progettazione di prototipi e cartamodelli a quella di prodotti per la casa e accessori vari. Nel caso dell’abbigliamento, la Venere parte dagli schizzi degli stilisti per dare vita alla collezione attraverso la realizzazione del cartamodello e del prototipo. Il primo passaggio è un abbozzo di cartamodello prodotto con la carta velina, lavorando e provando sul manichino. Questo primo abbozzo viene mandato allo stilista che lo prova su una modella, lo sdifetta e lo rimanda indietro con una serie di istruzioni e di fotografie. Sulla base di queste indicazioni il team della Venere comincia a lavorare al cartamodello e al prototipo. Il risultato finale è un capo finito, realizzato nel tessuto scelto dallo stilista, corredato da tutti gli accessori che sono stati indicati e accompagnato dal relativo cartamodello, che consentirà la confezione in serie. La supervisione della produzione è un’attività complementare della Venere, richiesta dai piccoli stilisti e dai giovani emergenti. In questi casi la Venere va a controllare la produzione di lotti relativamente piccoli (2/3.000 capi) presso confezionisti che lavorano per conto terzi, con l’obiettivo di ottenere un prodotto finale con le stesse caratteristiche del prototipo. L’impresa Alle origini della Venere c’è una piccola attività di sartoria, in cui la titolare lavorava con la cognata, servendo direttamente le clienti private. Il passaggio dalla sartoria tradizionale al service per l’alta moda è legato ad un episodio: l’intervistata fu invitata da una sarta che conosceva (di uno studio di sartoria che lavorava come contoterzista direttamente sul luogo delle sfilate) ad andare a dare una mano durante la settimana della moda di Milano. L’intervistata ebbe così modo di mettere alla prova le sue capacità di sarta. A seguito di questa prestazione le fu chiesto di preparare dei cartamodelli da un primo importante cliente e man
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mano, per passaparola, la conoscenza dell’abilità delle due sarte si diffuse nell’ambiente dell’alta moda. Dal 2001 questa è, infine, diventata la loro attività prevalente, sfociata all’attuale azienda, risultato della trasformazione di una preesistente S.n.c. I clienti della Venere sono stilisti che lavorano per case d’alta moda in Italia e all’estero. La Venere supporta soprattutto le linee pretàporter, più commerciali dell’haute couture. Le commesse vengono prese con accordi sulla parola, sulla base di preventivi di massima e non di dettaglio poiché lo sviluppo di ogni modello fa storia a sé e può comportare un impegno difficile da stimare a priori. Il lavoro della Venere è ancora prevalentemente artigianale e manuale; nel settore c’è chi ha provato a ingegnerizzare lo sviluppo dei cartamodelli e dei prototipi usando computer e software CAD, ma il risultato è più grossolano e squadrato. Per una precisa scelta imprenditoriale, la Venere non lavora in esclusiva per nessun cliente. La ragione di questa scelta strategica è duplice. Uno dei motivi è di carattere commerciale ed economico: la diversificazione protegge la Venere dagli effetti degli insuccessi dei loro clienti a livello organizzativo. L’altro motivo è che la diversificazione serve a mantenere allenato il team della Venere; infatti, affrontando temi stilistici molto differenti, le collaboratrici della Venere arricchiscono il loro modo di lavorare. La Venere è arrivata a lavorare per il proprio ventaglio di clienti grazie agli stilisti che hanno voluto mantenere il rapporto di collaborazione, man mano che nella loro carriera passavano da una casa di moda all’altra, sino a dar vita alla propria. Si crea, infatti, un feeling particolare tra lo stilista e il team della Venere. Le cose più difficili sono affidate a loro proprio perché si sa che sapranno interpretarle in modo esatto. La comunicazione tra lo stilista e il team della Venere è mediato dalla figura del licenziatario. Ogni casa di moda ha il proprio licenziatario di fiducia. Questo è la persona che distribuisce il lavoro tra i service esterni e fa la spola tra lo stilista e chi sviluppa cartamodelli e prototipi. Per quanto riguarda la concorrenza, va precisato che, in realtà, anche le grandi case di moda clienti della Venere hanno al loro interno dei laboratori artigianali che sanno fare sviluppo di cartamodelli e prototipi. Ma queste strutture non sono ritenuti sufficienti perché lo stilista ha un particolare feeling con un service esterno. Anche molti licenziatari hanno dei propri modellisti. Tuttavia, non ci sono altri service che, come la Venere, sono specializzati esclusivamente nello sviluppo cartamodelli e prototipi e che, in più, sono in grado di supervisionare i confezionisti. L’azienda non è stata toccata dalla crisi del settore abbigliamento sopraggiunta negli ultimi tre anni e che, per effetto delle delocalizzazioni, ha ridotto ad un terzo i confezionisti che operavano sul suo stesso territorio. Anche il segmento del lusso, nel quale la Venere opera, è stato colpito dalla crisi. Ma la loro attività non ne ha risentito (anzi, il fatturato è andato sempre in crescendo), proprio per l’elevata specializzazione e qualità. Il loro punto di forza è l’essere piccoli, essere buoni artigiani ed essere capaci di mantenere uno stretto contatto tra chi sta creando il modello (la modellista che fa il cartamodello) e le sarte collaboratrici che stanno realizzando il capo. Il personale è la vera ricchezza di questa impresa, per quanto rappresenti di gran lunga il costo fisso più rilevante nel conto economico. Nello specifico, il team della Venere è composto di cinque signore, tutte sarte finite, oltre alle due socie che lavorano a tempo pieno nell’azienda: l’una supervisiona le sarte e anch’essa cuce; l’altra si occupa dell’organizzazione del lavoro e gestisce tutti i contatti esterni dell’azienda (con gli stilisti, gli uffici commerciali e amministrativi delle case di moda, i licenziatari e i confezionisti) e, infine, presidia l’amministrazione dell’azienda. Per la gestione delle paghe e contributi dei dipendenti, per la contabilità fiscale ed il bilancio l’azienda si avvale del supporto esterno di un ragioniere commercialista. Altre figure esterne all’azienda, ma fortemente integrate,nei suoi processi sono il tagliatore, il tecnico CAD per lo sviluppo taglie e i vari confezionisti specializzati nei vari settori.
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Oggi, dal punto di vista organizzativo, la Venere si trova ad affrontare due problemi critici. Per prima cosa lo spazio attuale non è più sufficiente, le socie hanno perciò deciso di investire nell’acquisto di un capannone nel quale si trasferiranno a breve. Il trasferimento dell’attività è, comunque, un evento critico che può avere riflessi negativi sulla loro produttività. L’altro problema, più difficile da risolvere, è rappresentato dal fatto che, nel 2009, tre delle collaboratrici andranno in pensione e, al momento, non ci sono altre persone che possano sostituirle. È la grave questione della progressiva scomparsa dei mestieri artigiani. La Venere ha bisogno di trovare sarte finite (il ritmo del lavoro non permette, infatti, alle socie di seguire delle persone giovani per insegnare loro come lavorare) che, però, abbiano un’esperienza particolare per poter lavorare ad alto livello. Al momento, la figlia di una delle due titolari si sta inserendo in aziendale come assistente dell’altra. In prospettiva, le socie non vogliono far crescere la dimensione della loro organizzazione. Pensano, piuttosto, ad una maggiore razionalizzazione della struttura: potrebbero essere adottate delle tecnologie, ad esempio il CAD, per archiviare i cartamodelli fatti a mano e da qui partire poi per lo sviluppo taglie. Tuttavia, al momento anche l’introduzione di un’innovazione come il CAD è impossibile, perché le socie sono completamente assorbite dalla gestione delle commesse.
7.12. Impresa Giunone Design per il tessile abbigliamento (di Carlo Penco) Attività dell’impresa L’azienda realizza disegni per tessuti che vengono poi stampati sul tessuto da stampatori. Più recentemente l’azienda è passata anche a realizzare dipinti a mano su capi di abbigliamento oppure opera studi di grafiche da applicare su capi finiti (una camicia o una maglia o un boxer) per la personalizzazione. In alcuni casi la Giunone realizza soltanto il capo prototipo che, inseguito, sarà mandato all’estero per le produzioni; in altri produce anche il campionario, mentre per altri ancora realizza la produzione di un'intera una serie. All’origine di questi differenti servizi c’è uno specifico lavoro di ricerca stilistica. L’azienda cliente comunica lalla Giunone quello che sarà il tema della collezione della prossima stagione (ad es., gli sport invernali). In base a questo spunto, la Giunone compie una ricerca su libri d’arte, e, soprattutto, su Internet. Se poi, oltre ai disegni, devono essere inserite delle parole o delle frasi, è necessario un ulteriore approfondimento relativo ai caratteri e ai termini. Il committente, inizialmente, riceve dei quadri dove sono rappresentate le diverse soluzioni proposte e quindi fornisce il suo feedback, selezionando ciò che ritiene valido. A quel punto l’azienda sviluppa uno schizzo a mano e poi si affida ad un grafico che ripulisce le grafiche. Se il disegno sarà poi stampato, la Giunone invia al cliente un dischetto che servirà allo stampatore per incidere le lastre. Il computer e Internet rivestono un ruolo ormai fondamentale per la ricerca delle fonti, l’archiviazione e l’elaborazione dei risultati, al contrario i tentativi di introdurre il computer e l’uso di software per il disegno sono solo marginali. Il grosso del lavoro è ancora manuale, per garantire la qualità dell’esecuzione: la Giunone è rimasta una delle poche aziende del settore a disegnare a mano. L’uso di software per la grafica non produce, infatti, gli effetti desiderati, i disegni appaiono piatti e freddi ed anche i clienti, alla fine, preferiscono il risultato manuale, anche se ha un costo ben più alto. Nel caso in cui, invece, il cliente invii direttamente il capo di vestiario, la Giunone può, a seconda dei casi, dipingere a mano il disegno, oppure ricamare sopra il tessuto un patch con una grafica appositamente elaborata, o ancora, stampare a mano dei disegni, con l’ausilio di
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tamponi e speciali sagome. Il cliente avrà cosi modo di vedere il prototipo del capo di vestiario, così come sarebbe elaborato. Le ricerche vengono poi archiviate su CD‐ROM. Tuttavia, è raro che il materiale d’archivio sia riutilizzato per una nuova ricerca; quasi sempre si riparte da capo, in modo originale e sempre innovativo. In conclusione, sono la ricerca e l’ideazione la componente più lunga ed onerosa del processo produttivo ed è anche quella, paradossalmente, che il cliente è più restio a riconoscere e a remunerare. L’impresa La Giunone è nata nel 1999 dalla precedente esperienza professionale e imprenditoriale di una delle attuali titolari, che aveva già avviato un’azienda di ricerca stilistica con un’altra socia da cui si era, poi, separata per il sopraggiungere di dissapori. La nuova società è stata costituita dalla titolare intervistata (45%delle quote), dalla madre (55%) e dalla sorella, rimasta formalmente esterna al momento della creazione dell’impresa, figurando come collaboratrice, ma che a breve comparirà nella compagine. È lei a gestire i prezzi,i clienti e i rapporti con le banche, mentre la sorella si occupa del core business. Gli inizi della nuova attività sono stati molto positivi: dopo il primo cliente, per passaparola, attraverso i contatti che le titolari avevano nel settore, sono arrivati tutti gli altri. La Giunone è così entrati nel segmento medio dell’abbigliamento casual per uomo. La base clienti della Giunone è di circa 12 aziende, al momento esclusivamente italiane, mentre in passato l'azienda ha lavorato anche per multinazionali del settore tessile‐abbigliamento. I clienti sono posizionati nel segmento medio dell’offerta per uomo, rappresentato da marchi come Brunswick, Henry Cotton, Cotton Belt, Marina Yachting. La focalizzazione sulla produzione per uomo è un po’ casuale, conseguenza dai rapporti con gli stilisti che più hanno apprezzato la competenza della Giunone. Una volta si eseguivano anche molti lavori per il segmento bambino, ma oggi in questo ambito c’è molta crisi; un solo cliente, con il quale la Giunone lavora molto bene, fa abbigliamento femminile. In maggioranza i clienti sono localizzati in Veneto, un paio in Lombardia e in Piemonte; un solo cliente è estero e produce pigiami e costumi da uomo. I clienti arrivano alla Giunone tramite conoscenze: gli stilisti che passano da un’azienda di confezioni all’altra, portano con sé i loro fornitori tra i quali c’è la Giunone. Tentativi di trovare nuovi clienti tramite iniziative promozionali (e‐mail, invio campioni) non hanno prodotto risultati. Il settore dell’abbigliamento è un mondo chiuso, dove si lavora solo se si è conosciuti da qualche professionista. Inoltre, la continuità della collaborazione con un cliente può dipendere da quanto successo commerciale hanno avuto le grafiche che hanno prodotto: talvolta creazioni bellissime non incontrano la piena soddisfazione nel mercato e vendono poco. Questo può portare l’azienda cliente a cambiare il suo service grafico. Oltre a ciò, a rendere difficile il business della Giunone, c’è la tendenza di molti gruppi del tessile‐abbigliamento a ridurre le collaborazioni esterne, ad usare risorse interne per l’elaborazione delle collezioni, in modo da comprimere i costi. La crisi del settore ha, infatti, colpito proprio quella tipologia di media impresa che è il cliente ideale della Giunone. Altri service si sono trovati nella condizione di dover chiudere non avendo più clienti e negli ultimi anni anche le lavorazioni della Giunone sono molto diminuite, a causa delle massicce importazioni di capi di vestiario provenienti dalla Cina. La struttura aziendale ha pesantemente risentito della drastica riduzione delle commesse ed è passata da cinque a solo due dipendenti. La giunone, però, si appoggia anche a delle collaboratrici esterne, signore che sono ex disegnatrici o, comunque, persone che avevano studi di disegno per il tessile e che, poi, hanno dovuto chiuderli e lavorare a casa. Le socie della Giunone hanno anche cercato di diversificare l’attività, producendo una propria linea di borse da donna, personalizzate con disegni o fotografie e con un proprio marchio: insomma, un prodotto tutto italiano, di prezzo accessibile. Le borse hanno avuto un discreto
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successo, ma sono un’attività accessoria, che convive con difficoltà con le attività caratteristiche della Giunone: quando arriva il lavoro sicuro dei clienti dell’abbigliamento, questo ha subito la precedenza rispetto alla linea di borse. La possibilità di sviluppare delle linee proprie di abbigliamento è considerata non praticabile. Anche l’ipotesi di spostarsi su un segmento di abbigliamento più alto è reputata non fattibile, sulla scorta di precedenti esperienze negative. Ulteriori ipotesi di diversificazione sono scartate in partenza per la mancanza di contatti negli altri comparti del tessile. Recentemente, dal punto di vista della Giunone, sembra ci sia una certa ripresa dell’abbigliamento italiano dal punto di vista sia qualitativo sia quantitativo, ma la prospettiva a medio‐lungo termine è molto incerta, non è più possibile fare previsioni, si vive alla giornata. Le problematiche di genere Le socie sottolineano che l'essere un’azienda di sole donne non facilita i rapporti con l’esterno, ad esempio con le banche o con le aziende debitrici: con rare eccezioni, fanno fatica ad essere prese sul serio, c’è sempre un atteggiamento di sufficienza da parte dei loro interlocutori.
7.13. Impresa Plutone –Design e Styling per il tessile arredamento (di Alfonso Miceli) Attività dell’impresa L’azienda Plutone è una ditta individuale attiva nella realizzazione di disegni per tessuti di qualsiasi tipologia (lampassi, damaschi, velluti, matelassé, tappeti, gobeline, ecc.), con specializzazione in disegni jacquard per arredamento. L’attività prevede la creazione di nuovi tipi di tessuti con accurata interpretazione di schizzi e con supporto tecnologico: si parte dalla creazione di schizzi (anche forniti dai clienti o in parte acquistati da studi esterni) e dalla collezione di disegni, per passare all’articolo/modello che andrà direttamente al telaio, in produzione. Per la creazione dei disegni ci si può ispirare a tipologie più tradizionali, riproporre o reinterpretare quelli di tessuti storici, ma anche prevedere lo studio di nuove tipologie, in sintonia con le nuove tendenze del design d'arredamento. Il settore I clienti sono le tessiture, ma anche editori o converter o architetti, che vendono poi alla tessitura o al terzista. Il settore è molto specifico e ristretto: sul mercato italiano operano circa un decina di studi di dimensioni analoghe, in genere mai con più di 10 addetti; ci sono studi analoghi alla Plutone soprattutto in Belgio (tanti), ma anche in Spagna e in ogni Paese in cui ci sono tessiture. Anni fa le tessituresi rivolgevano esclusivamente al disegnatore esterno, ma con l’innovazione tecnologica, soprattutto grazia ai computer, le grandi aziende hanno internalizzato gli studi, creando un proprio reparto disegno. Per gli studi esterni è rimasto meno mercato. Quello che ha guidato le aziende nella scelta di internalizzare gli studi (in un momento di esternalizzazione delle attività) sono stati criteri di velocità ed esclusività, che hanno guidato anche la Plutone nelle strategie degli ultimi anni. Ad ogni modo lo studio esterno finisce per avere una competenza più ricca, in quanto sollecitato su progetti ed esigenze differenti, e può mantenersi competitivo in quanto sa fare un lavoro di qualità che si distacca rispetto a tutti gli altri. Al contrario, gli studi interni rischiano di fossilizzarsi su un unico tipo di prodotto o preferiscono delegare ad altri lavori particolarmente complicati e costosi. Ci possono essere delle partnership con studi che si occupano degli schizzi di partenza, per poter offrire al cliente una scelta più ampia di stili; si creano sinergie, aiuti reciproci, anche in
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ambito commerciale. Si tratta, ad ogni modo, di studi che occupano una posizione a monte nella filiera produttiva, mai allo stesso livello. Con i concorrenti diretti non capita mai di collaborare; anzi, in passato qualsiasi lavoro eseguito era “top secret. Oggi, l’introduzione del computer ha reso quasi impossibile mantenere segrete le proprie tecniche; l’accento si sposta invece sul produrre continuamente novità. Ma l’innovazione e la ricerca hanno dei costi molto più alti che non il copiare. Un’azienda che presenzia in una fiera pagando molto per parteciparvi, promuove un prodotto che ha costi di ricerca enormi – dal disegno, alle armature, al filato – lo vende, ma poi il campione va in Cina e in brevissimo tempo il prodotto è copiato. Qui dovrebbe intervenire lo Stato con delle leggi sul copyright. Un ulteriore problema è che in Italia mentre si conosce l’azienda che commercializza il tessuto, il produttore non ha visibilità. In America, ad esempio, la cosa è diversa, si conosce e viene richiesto il tessuto di una ditta nota. In Italia la cultura del tessile sta paurosamente regredendo, principalmente per due motivi. Il primo è legato alla progressiva scomparsa delle le scuole tessili, mentre sono ormai molto più avanzate quelle esistenti in India e in Turchia. La scuola tessile locale è stata progressivamente interessata da una perdita del contatto con l’esperienza produttiva, in velocissima evoluzione, che è assolutamente indispensabile recuperare . Tutto questo fa parte, dal punto di vista economico, di un processo fisiologico a favore dei paesi emergenti, ma potrebbe essere comunque opportuno mantenere un minimo di cultura tessile e sviluppare altri segmenti, sull’esempio dell’Inghilterra, la cultura industriale del tessile più antica, dove sono diventati bravissimi acquirenti e commercianti.. . In Italia ci sono solo delle fondazioni private che cercano di conservare la tradizione e il collegamento con la realtà produttiva, e l’impressione è che manchi una politica in proposito. Il secondo motivo è che l’Italia si è già specializzata: le tessiture che sono sopravvissute lo hanno fatto puntando tutto sull’ altissima qualità al posto del prezzo . Manca totalmente anche un momento informativo e promozionale che aiuti nella commercializzazione del prodotto; in Italia non esiste un centro tessile che promuova il prodotto italiano. I poli più importanti di commercializzazione tessile sono Londra e New York, ma Milano o Como dovrebbero essere alla pari. Chi dovrebbe indirizzare all’acquisto dei tessuti per arredare non ha la conoscenza reale dell’offerta. A Londra, a Chelsea, esiste un palazzo in cui tutti gli editori tessili espongono i loro tessuti (molto è prodotto in Italia); l’architetto o l’arredatore che deve scegliere in questo palazzo può visionare tutti i nomi mondiali di distributori di tessuti. Alcune aziende produttrici italiane preferiscono vendere agli inglesi, che poi sono gli stessi che promuovono il prodotto in Italia. La distribuzione, con tutti questipassaggi, fa aumentare vertiginosamente i costi per il cliente finale. Per il supportare il settore un esempio positivo è stata la legge Tremonti, che ha permesso di passare ai computer di nuova generazione, passaggio senza il quale il rischio sarebbe stato di rimanere fuori mercato. Ma se l’aiuto a fondo perduto va sempre bene, per non vanificarlo è necessaria una politica di protezione del prodotto, oltre a una politica economica che non faccia lievitare i costi inutilmente. Un ulteriore fronte di intervento è quello fiscale: bisognerebbe evitare l’anticipo dell’IVA; in altri termini sarebbe utile rispondere non dal momento di emissione della fattura, ma da quando si riceve il pagamento. Più che dei finanziamenti a fondo perduto una tantum sarebbe utile un accompagnamento per stare sul mercato e andare verso mercati nuovi, soprattutto fornendo informazioni utili ai piccoli studi. Per informarsi sui nuovi mercati bisogna recarsi in loco personalmente, con dei costi molto alti, che un piccolo studio difficilmente si può permettere. Potrebbe essere utile se ci fossero degli scambi inter‐culturali, per esempio tra l’Italia e l’America, la Russia… È tutto globalizzato, ma fino a un certo punto: è noto ciò che vuole l’americano o l’inglese, più difficile capire che cosa vuole il cliente russo o il mercato cinese. Forse esistono dei servizi già attivi e utilissimi, ma il problema è che il piccolo artigiano non ha il tempo di andare a informarsi. L’unica fonte di informazione al momento è l’Associazione imprenditoriale, ma l’informazione
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arriva in maniera casuale e/o quando i bandi sono già scaduti. Bisognerebbe informare l’azienda con un canale diretto e tempestivo, anche sugli incentivi che sono semplicemente in previsione… Perciò sarebbe auspicabile che i servizi di informazione sui bandi e le iniziative di sostegno siano connessi in rete. L’impresa La Plutone rappresenta il caso in cui da un’azienda (la ditta paterna, avviata nel 1961, con cui l'attuale titolare aveva sempre collaborato), ne nasce un’altra che può raccoglierne l'eredità e incorporarne le dipendenti, di cui l'ultima acquisita nel 2008. In questo modo si completa un passaggio generazionale progressivo, in cui la titolare passa dall'attività autonoma professionale a quella imprenditoriale. Tuttavia, le competenze della titolare, più che manageriali, sono artigianali. L’azienda si compone di un insieme di abilità tecniche e creative; vi operano 8 dipendenti, insieme alla titolare ed al fratello che è collaboratore fisso; entrambi curano anche la funzione commerciale; si fa ricorso al commercialista esterno e all’associazione imprenditoriale di riferimento per le paghe e l’amministrazione. Il livello di competenze richiesto ai dipendenti è elevato. In mancanza del setificio dove, come nel passato, dovrebbe avvenire la preparazione specifica, le professionalità sono formate direttamente in azienda. Il lavoro "più di qualità" lo esegue, comunque, la titolare. Qualcuna delle addette, dopo 10‐15 anni, comincia ad essere in grado di sostituirla relativamente ad alcune fasi di lavoro. I clienti in genere sono costituiti da aziende di grandi dimensioni, con produzioni di qualità. Ce ne sono anche di pochi addetti, ma mediamente si cerca di lavorare con quelli più grandi. Il cliente principale rappresenta il 50% del fatturato. A questi si aggiungono altri 10‐15 clienti italiani, perlopiù tessiture sono concentrate nel territorio circostante la sede aziendale (il tessile arredamento è concentrato nella zona Lecco‐Como‐Brianza), oltre ad una di Prato ed un’altra di Napoli... Tra i clienti c'è anche il tessile abbigliamento, pari ad una quota di fatturato del 10%, in cui bisogna comunque includere il tendaggio, tovagliato, copriletti...Poi ci sono clienti esteri in Turchia e India. Adesso la Plutone vorrebbe provare ad andare sul mercato cinese, che può essere un’opportunità, ma servirebbero delle leggi ferree per quanto riguarda l’importazione di tessuti da questo mercato: il prodotto che entra in Italia deve sottostare agli stessi standard ed avere esattamente le stesse caratteristiche ‐ e quindi gli stessi costi di produzione. Anche qui c’è spazio per interventi pubblici: bisogna introdurre delle norme che permettano di controllare i flussi di merce. La Plutone ha puntato sempre tantissimo sull’esclusività: la customizzazione è essenziale. Un disegno per un cliente non può essere replicato per un altro, ma bisogna anche cercare di non fare qualcosa che gli assomigli troppo.. Per questo motivo il lavoro della Plutone non è mai potuto passare a un livello industriale. Anche la velocità conta molto ed è cambiata rispetto al passato: ora per un disegno ci si impiega da mezza giornata a una settimana, una volta ci volevano dalle due alle tre settimane. Competitività qui vuol dire anche lavorare in anticipo sulle tendenze. Fino a qualche anno fa l’artigiano teneva l’archivio con i suoi “segreti”, oggi la cosa più importante per reggere la concorrenza sta diventando la ricerca, lo stile, l’innovazione. Ma questo non è semplice, ai costi della manodopera si aggiungono quelli per i viaggi in India, in Cina (costi di aerei e alberghi). Una ditta come la Plutone, per tenersi al corrente delle evoluzioni del gusto e delle tendenze, dovrebbe acquistare materiali su materiali, ma i costi sono altissimi (schizzi, documenti storici). Il fratello della titolare, un architetto che collabora da qualche anno con la Plutone e che ha una visione stilistica diversa da quella più strettamente “artigiana” dell’intervistata, conferma che l’informazione e l’accesso alle fiere internazionali (Parigi, Bruxelles e Francoforte), oltre a quella di Como, oggi sono assolutamente importanti. Purtroppo il settore è stato portato a “lavorare, lavorare, senza avere una visione più ampia”.
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Al momento non si prevede una crescita di fatturato che, anzi, è sceso negli ultimi anni. Il problema è la progressiva sparizione dell’indotto: se le tessiture muoiono, vengono meno gli studi di disegno, i finissaggi, le tintorie, tutto quello che ha che fare con la filatura. La filiera produttiva, prima concentrata sul territorio, è diventa mondiale, con tutti i costi connessi. La strategia per i prossimi anni è quella di andare sui nuovi mercati. Le problematiche di genere Le donne non vanno tutelate con "quote rosa", ma con riferimento al fatto che devono poter gestire i figli. Anche un uomo single, nella medesima situazione, può avere tanti problemi quanto una donna. Il parere dell’intervistata è che la donna può incontrare delle difficoltà nel momento in cui ha dei figli, poiché intervengono dei problemi di gestione diversi, oltre a costi diversi: avrebbe bisogno del part‐time, ma in certe realtà produttive è difficilissimo ricorrervi (attualmente nella Plutone ci sono due part‐time). L’intervistata ha dovuto pagare una persona per curare i bambini. Anche le ragazze che lavorano nella Plutone riescono a risolvere i problemi famigliari solo perché sul territorio c’è ancora una situazione familiare “compatta”, esistono i nonni che aiutano… gli asili nido hanno dei costi proibitivi. Sono carenti anche le infrastrutture: non ci sono collegamenti fra i paesi vicini, supermercato e scuole distano chilometri e bisogna ricorrere all' automobile. Nella ditta lavorano tutte donne dai 20 ai 40, con problemi analoghi, e a volte si è discusso sull'ipotesi di aprire un asilo nido ainterno all’azienda, ma con 10 unità è impossibile, dato che i costi burocratici e amministrativi risultano proibitivi.
7.14. Impresa Polluce Design per servizi sociali (di Gianluca Viganò) Attività dell’impresa L’impresa si occupa di progetti per la realizzazione di servizi alla primissima infanzia, sia per clienti privati che per grandi imprese, alle quali fornisce una consulenza globale: progettazione, costruzione e gestione di asili nidi aziendali. La peculiarità dell’attività è quella di dare grande valore agli ambienti: l’ambiente è inteso come spazio, come architettura, come oggetti presenti nello spazio, come tutto ciò che è interior design : la crescita di un bambino dai sei mesi ai tre anni si sviluppa infatti a livello di conoscenze e apprendimento attraverso la sensorialità. Il settore Nel 1996 a Milano esistevano 36 asili privati, attualmente sono 170. L’avvento del business privato ha permesso di lavorare molto sul design interno di queste strutture, anche attraverso la collaborazione con studi di architettura; tuttavia ha anche comportato un’esplosione di servizi non sempre validi. Se la concorrenza è enorme sul fronte della creazione di asili nido privati, per quanto riguarda il design dell’infanzia c’è ancora tanto mercato. Infatti, molte iniziative non possiedono le basi conoscitive per gestire un nido e, allo stesso tempo, progettare i suoi spazi; perciò si devono affidare a studi di architettura che si occupano di design dell’infanzia, davvero pochissimi in Italia. Comunque, il mercato dei designer dell’infanzia si è molto diversificato: i principali concorrenti sono catene di aziende italiane in franchising, specializzate in progettazione e consulenza aziendale e che hanno uno stampo manageriale, con una strategia di marketing attraverso cui si offrono regolarmente sul mercato. Altro competitor sviluppatosi recentemente è la cooperativa sociale, che si è presa una grande fetta di mercato, sia sul piano delle consulenze ad aziende (Fiat, Banca Intesa…), sia come beneficiaria di finanziamenti, anche se in modi piuttosto discutibili. I finanziamenti
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di Regione e Provincia, che favoriscono le cooperative, ha spinto le imprese come Polluce alla creazione di Assonidi, che si sta battendo affinché venga riconosciuto anche al privato il diritto di essere sovvenzionato, magari partecipando a percorsi di accreditamento come avviene in altre regioni (Toscana e Umbria, per esempio). Anche se un fattore di competitività importante è sicuramente la qualità del servizio da fornire, spesso viene invece premiata una politica dei prezzi al ribasso, che in questo settore è particolarmente dannosa: non essendoci un riconoscimento ufficiale di qualità, la famiglia si affida spesso al prezzo, andando così incontro al pericolo di incappare in personale non qualificato o a quello di una minor sicurezza delle strutture. Al contrario, bisognerebbe creare informazione sul modo in cui è stato progettato e costruito un nido, su quali sono le competenze di chi ci lavora e le motivazioni che stanno alla base di un prezzo rispetto a un altro. Nel sistema delle convenzioni, poi, il Comune non si affida ad un criterio, ma vi fa rientrare tutte le strutture che aderiscono all’offerta: questa non è una politica finalizzata al miglioramento del servizio, ma punta soltanto a risolvere il problema delle liste d’attesa. Altro fattore fondamentale per essere competitivi nel settore del design dell’infanzia è l’aggiornamento su tecniche, materiali, innovazioni dal punto di vista architettonico‐pedagogico: rappresentano quel surplus di conoscenza che differenziano una progettazione di qualità da una “catena di montaggio”. La collaborazione tra imprese di design dell’infanzia è molto difficile: avviene solo come creazione di un fronte unito all’interno dell’associazione di rappresentanza per poter essere più forti nei momenti di contrattazione e rivendicazione di diritti. Molto frequenti, invece, sono le collaborazione con studi di design generici. L’impresa Nel 1996 è nata la “Polluce”, con la creazione del primo asilo nido, basato su un progetto architettonico capace di sostenere il progetto pedagogico, cui è seguito nel 1999 un secondo asilo nido. L’inizio dell’ attività è stato irto di molte difficoltà, non solo dal punto di vista finanziario dato l’alto investimento iniziale, ma anche da quello della gestione amministrativa, a causa delle scarsa preparazione della titolare. Successivamente, l’entrata in azienda della sorella, in qualità di responsabile amministrativo, ha permesso di gestire l’impresa in modo molto più attento e oculato. Al 2001 risale la prima esperienza di fornitura di servizio ad un’impresa, quando una grande compagnia assicurativa ha contattato Polluce con l’idea di aprire un nido per i propri dipendenti; visto l’esito positivo, nel 2004 anche un istituto bancario ha affidato alla Polluce la progettazione di un asilo nido all’interno della propria sede centrale. I clienti dell’ impresa sono quindi sia i privati, sia le imprese, generalmente piuttosto grandi, che decidono di creare al loro interno un nido aziendale; con imprese clienti più piccole la Polluce collabora fornendo delle convenzioni nei propri nidi (alcune aziende contribuiscono a pagare il 50% della retta dei figli dei propri dipendenti). La forza e il tratto distintivo dell’ impresa, e che caratterizza e distingue il design dell’infanzia, è quella di riuscire a progettare con gli occhi del bambino e a creare uno spazio utile a lui, che non necessariamente colpisca l’adulto. Lo sforzo di Polluce in questi anni è stato sempre quello di studiare delle soluzioni di architettura e di design che andassero a sostenere una intenzionalità educativa. A volte l’intervistata ricorre alla consulenza di un architetto, specialmente per la parte di conoscenza dei materiali, della rifrazione della luce, delle sfumature di colore, anche se solitamente si occupa di tutto personalmente. Un punto di forza della Polluce è perciò quello di progettare attraverso un design dell’infanzia “tagliato” realmente sul neonato: l’ azienda investe molto su materiali e ricerca ed è intransigente sulle sue scelte: per questi motivo si è deciso di non cedere alla politica del prezzo, motivandone però sempre il perché ed evidenziando il servizio collegato.
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Altro punto di forza della Polluce è quello di poter contare su un gruppo storico di dipendenti, tutte regolari; avere dei collaboratori che si conoscono e con cui ci si rapporta ormai da anni può solo migliorare la qualità del servizio, la scelta è stata dunque da sempre indirizzata verso la drastica diminuzione del turnover. La Polluce non è in grado di mantenere una struttura commerciale al proprio interno; tutto avviene sul passaparola, avvalorato dalla qualità delservizio offerto. Tuttavia, dato l’affollamento del marcato, l’azienda è stata comunque indotta a cercare una soluzione commerciale alternativa: sono nate quindi molte iniziative, come l’open day, la collaborazione con vari negozi di zona e l’apertura di un negozio di abbigliamento usato per bimbi che, non costituendo di per sé un business molto produttivo, è servito esclusivamente come vetrina per la Polluce. Per il futuro l’obiettivo è di espandere ancora l’attività, anche orientandola verso strutture che ospitino bambini di oltre i tre anni di età. Le problematiche di genere Nel settore del design dell’infanzia è sicuramente maggiore la presenza maschile, le donne designer sembrano occuparsi di altro, forse perché ancora non conoscono bene questa nicchia di mercato. L’intervistata non ha incontrato particolari problemi legati al fatto di essere donna; durante le collaborazioni con grandi aziende vengono sempre riconosciuti il suo ruolo e la sua esperienza e c’è molto rispetto nei suoi confronti. Aver dedicato molti anni al lavoro ha influenzato invece la storia privata: l’intervistata non ha figli e il fatto di essere imprenditrice ha fino ad oggi sicuramente influenzato questa scelta.
7.15. Impresa Chirone Information Technology (di Gianluca Viganò) Attività dell’impresa Il servizio principale che la Chirone offre da circa 7 anni è rivolto al settore sanitario e consiste nell’archiviare cartelle cliniche in magazzini di proprietà e nell'inserire le medesime su disco ottico attraverso un programma creato direttamente dall’impresa stessa, grazie al quale l’ospedale può controllarle direttamente su video. L’impresa offre servizi e consulenza anche alle università (da circa 12 anni): l’archiviazione ottica o microfilmatura delle tesi, la gestione del centro stampa rivolto agli studenti ed al corpo docente, un servizio di editing per la creazione di proiezioni e poster sia per congressi sia per scopi didattici, l’archiviazione ottica e pubblicazione su web di riviste e pubblicazioni scientifiche. Il settore In questo settore operano in prevalenza imprese piuttosto grandi e quasi totalmente italiane. La concorrenza è agguerrita ( è assai raro in tale attività che un competitor possa diventare un partner), ma i livelli prestazionali possono essere anche molto diversi. Il principale fattore di competitività è l’attenzione all’innovazione e alla tecnologia, che comporta continui miglioramenti di cui sia i programmi sia macchinari hanno bisogno; indispensabile è anche una specifica conoscenza degli strumenti e dei programmi da utilizzare e la personalizzazione dei servizi offerti. Le politiche pubbliche potrebbero aiutare le imprese del settore a farsi maggiormente conoscere di più all’interno del sistema sanitario, affinché si sappia che aziende come la Chirone offrono un servizio utilissimo all’ospedale e un grosso risparmio (l’ospedale spende ingenti risorse per l’affitto dei magazzini dove sistemare le cartelle cliniche); naturalmente è importante prestare particolare attenzione alla qualità delle imprese che operano in
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quest'ambito, in quanto il lavoro svolto riguarda la salute delle persone. Le opportunità di business andrebbero suddivise tra le imprese serie presenti; invece aziende assolutamente impreparate partecipano a gare giocando solo sul ribasso del prezzo, senza avere condizioni e capacità sufficienti per svolgere le attività. L’impresa La Chirone nasce alla fine degli anni ‘90 grazie alla diversificazione in due diverse entità della precedente azienda che risale alla metà degli anni settanta e che si occupava della gestione dei servizi amministrativi attraverso l’utilizzo di sistemi meccanografici. L'attuale titolare, che ha fondato l'originaria società assieme ad altre persone, dopo l'abbandono da parte di queste, insieme alla moglie rileva l’impresa e, da quel momento, i soci rimangono sempre a livello familiare (con anche i figli). Negli anni l’impostazione della società viene radicalmente cambiata: la struttura di una azienda che si era sempre occupata della gestione di servizi contabili conto terzi, in seguito alla pressione della accresciuta concorrenza, viene trasformata in quella di una società strutturata ed organizzata per la gestione dei servizi informatici nel senso più ampio del termine. L’obiettivo è quelo di indirizzare la società verso la gestione documentale digitalizzata, per arrivare a proporre sul mercato soluzioni integrate per l’office automation multimediale; è da queste basi che nascono dunque la Chirone (cui si riferisce il presente caso studiato) e la Chirone Consulting. Attualmente la Chirone ha 60 dipendenti, di cui 53 donne che conoscono tutti i programmi e le caratteristiche dei macchinari, dimostrandosi abili nella risoluzione di un problema, più precise e attente ai particolari, più veloci rispetto ai colleghi uomini. Il nuovo personale, viene stabilizzato con un contratto di dipendenza dopo circa un anno di collaborazione a progetto: questo perché il lavoro è delicato e sbagliare su cartelle cliniche è molto pericoloso. La conoscenza approfondita degli strumenti e dei programmi da utilizzare e la personalizzazione dei servizi offerti costituiscono un tratto caratterizzante dell'impresa. Infatti, a ogni cliente viene offerto un prodotto diverso minuziosamente creato a seconda delle sue esigenze. La Chirone si distingue per una comprovata esperienza nel settore e soprattutto per l’uso nella propria attività di programmi direttamente creati dai softwaristi interni, fatto che rappresenta un netto vantaggio nel caso di problemi di funzionamento o di necessità di implementazione e miglioramento del prodotto: questo differenzia la Chirone dalle altre aziende che sono solite acquistare da terzi questi programmi. D'altra parte, lavorando con gli ospedali la difficoltà maggiore è data dal fatto che le cartelle cliniche sono diverse da struttura a struttura e quindi, nel caso si acquisissero come clienti un numero di ospedali diversi, sarebbe necessario creare altrettanti programmi, con tutti i costi connessi. Il vantaggio di avere software direttamente prodotti all’interno dell’impresa permette di ovviare, in parte, a queste difficoltà in quanto non è necessario acquistare ex novo programmi differenti, ma si può procedere a modificare quelli già esistenti. In alcuni ospedali la Chirone ha risolto il problema della cartelle cliniche vendendole direttamente ai clienti: la consegna è garantita entro 48 ore, o direttamente o tramite mezzo posta. Poiché gli ospedali non erano nelle condizioni di consegnare in tempo le cartelle, che rappresentano per una buona parte dei pazienti qualcosa di fondamentale e di vitale, la Chirone ha creato un sistema che, successivamente al ricevimento delle cartelle all'atto della dimissione del paziente, procede al loro inserimento su disco ottico e le vende direttamente al singolo privato, ai prezzi pattuiti dal ministero della salute. Ciò consente alle persone di disporre della propria cartella clinica in tempi brevi e all’ospedale (il costo di tutta l'operazione, per l’ospedale, è pari a zero) di risparmiare tempo e liberare personale rendendolo disponibile per lo svolgimento di altri compiti. Per creare un simile sistema è
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stato necessario un investimento ingente e questo, date le limitate possibilità finanziarie della Chirone, non permette di investire ulteriormente altrove. Ad altre strutture ospedaliere clienti, con la presenza di un proprio ufficio interno, vengono invece offerti servizi più classici, quali gestione di magazzino, programmi per ordinare cartelle cliniche ecc.. Questa diversificazione del target (paziente/ospedale) è stata adottata principalmente perché il grosso problema che si riscontra lavorando con il pubblico è rappresentato dal forte ritardo dei pagamenti: la soluzione della vendita diretta delle cartelle cliniche al cliente finale ha ovviato a questo delicata e pericolosa situazione. Comunque, il mercato di riferimento è immenso e in continua espansione; il fatturato è sempre in crescita negli ultimi anni. Da una parte, la critica situazione del settore sanitario per quanto riguarda la gestione delle cartelle cliniche e al’organizzazione interna e, dall’altra, l’altissimo numero di ospedali presenti sul territorio nazionale permetterebbe una notevole crescita del target. Tuttavia la Chirone, data l' attuale dotazione finanziaria e di personale, non può ampliarsi più di tanto: con altri due o tre ospedali come clienti si arriverebbe ad una saturazione. Del resto, essendo a conduzione familiare, l'impresa non ha grandi esigenze di crescita e sviluppo, ma ogni anno punta a raggiungere quel surplus che permette di garantire lavoro ai propri dipendenti. La Chirone non si basa su una rete commerciale (non ne ha le risorse), solo su qualche conoscenza; i clienti arrivano esclusivamente attraverso il passaparola: gli ospedali hanno il problema di smaltire le cartelle cliniche e, confrontandosi tra loro su quest' incombenza che comporta alti costi a livello di personale, di spazi e di tempi, si passano informazioni e consigli, apprendendo in questo modo dei servizi offerti anche dalla Chirone.
7.16. Impresa Ercole Information Technology (di Carlo Penco) Attività dell’impresa La Ercole si occupa di sviluppo software focalizzato sulla messa a punto di un programma di supporto ai centralini telefonici, Di questo software esistono due filoni. Il primo è utilizzato per la documentazione addebiti: rileva tutte le telefonate, al fine di realizzare della statistiche e calcolarne i costi. Questo software può servire ad un’azienda per un controllo interno, (ad esempio vedere quanto spende di telefonate ogni singolo reparto in modo da allocarne i costi), oppure può essere utilizzato da un soggetto che è interessato a far pagare ad altri il traffico telefonico generato da una specifica attività (come, ad esempio, un call center). Il secondo è un software per gli hotel. Si basa anch’esso su i centralini per gestire altri tipi di attività come il puntamento delle sveglie, check‐in e check‐out, non disturbare, più altre funzioni di carattere gestionale, come le prenotazioni. L’impresa La Ercole viene creata nel 2002 dalle ceneri di un’altra realtà imprenditoriale (con diversi soci), anch’essa una softwarehouse fondata 10 anni prima da uno degli attuali titolari che aveva tentato di inserirsi nel mercato dei programmi gestionali e della telefonia. L’impresa è nata con l’obiettivo di valorizzare le esperienze nella programmazione sviluppate in oltre un decennio e, più in particolare, per sfruttare le opportunità offerte dal settore della telefonia fissa, realizzando internamente tutto il software commercializzato. Della compagine societaria fanno parte anche le due figlie del titolare, entrambe con il 35% delle quote. L’una cura la parte grafica dei programmi, dei manuali, del materiale illustrativo, le traduzioni per le versioni multilingue dei programmi, le utility per la loro installazione, la grafica dei siti e le applicazioni in Internet; inoltre gestisce i vari siti della Ercole. L’altra si
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occupa dell’amministrazione, della contabilità e dei rapporti con le banche. Completano la struttura due programmatori (dipendenti) ed un collaboratore esterno con funzioni commerciali, oltre al titolare che imposta i progetti, programma, cura i rapporti con i principali clienti e fa le presentazioni dei prodotti presso di loro. In funzione dei due software prodotti, la Ercole ha impostato una precisa strategia commerciale, di segno opposto rispetto a quella del principale concorrente, un colosso cui è impensabile competere, ma che sviluppa un prodotto generalizzato. Piuttosto, si è puntato a sviluppare un software “mirato” per l’applicazione a specifiche marche di prodotti (ossia marche di centralini) e sviluppato con la collaborazione dei tecnici delle multinazionali produttrici di centralini. Il prodotto della Ercole, essendo customizzato, sfrutta il protocollo specifico dei centralini e, quindi, rispetto ad un prodotto universale, riesce a “dialogare” maggiormente con essi e a sviluppare più funzioni. La customizzazione del software è completa e riguarda anche la confezione dei dischetti di installazione, come se fosse un prodotto del produttore del centralino. Sempre per quanto riguarda la concorrenza, se da una parte ci sono le multinazionali produttrici di software o grandi aziende di profilo nazionale, dall’altra esistono anche molte softwarehouse, oltre a professionisti free lance. Realtà così differenti propongono prodotti software con caratteristiche funzionali analoghe con un ventaglio di prezzi molto ampio. Non avendo le risorse finanziarie per sviluppare una rete vendita adeguata, l’azienda ha puntato sul rapporto diretto con il produttore, con l’obiettivo di convincerlo che applicare questo software al suo prodotto ne avrebbe comportato un miglioramento, alla stregua di un optional.. Questa strategia commerciale basata sulla relazione e la dimostrazione del prodotto agli addetti ai lavori è l’unica che Ercole ha messo in pratica. Il risvolto della medaglia è rappresentato dalla dipendenza dalle scelte commerciali delle grandi case produttrici. Difatti, mentre inizialmente questa strategia ha avuto un discreto successo, in questi ultimi anni ha funzionato solo parzialmente, poiché il centralino ha perso un po’ della sua importanza commerciale per i clienti produttori che si sono subito focalizzati su altri, più promettenti, prodotti; inoltre un importante cliente ha abbandonato il campo della telefonia. Di conseguenza, oggi la Ercole si è maggiormente spostata dai produttori ai distributori di un dato marchio, convincendoli ad adottare il proprio software; tuttavia non ha trascurato la collaborazione con alcune case madri produttrici che, anzi, ha cercato di migliorare, ma soprattutto, recentemente, è riuscita a commercializzare i due software (documentazione addebiti e hotel) per i modelli di centralini di una nota casa produttrice. Per quanto riguarda il programma per gli hotel, i risultati commerciali non sono, per la Ercole, particolarmente soddisfacenti. In totale, in Italia, non ci sono più di 200 hotel che hanno istallato questo programma. Da una parte, infatti esistono tanti piccoli hotel poco propensi a adottare delle tecnologie relativamente semplici come il pc. Dall’altra, anche gli installatori di centralini sono realtà piccole, molto timide nel proporre novità ai loro clienti. Entrambi non capiscono che il software aumenta il valore del centralino, arricchendolo di nuove funzioni, senza aumentarne sensibilmente il prezzo. Il catalogo dei prodotti software della Ercole è, comunque, molto vasto e comprende un anche programmi gestionali con una personalizzazione che è inimmaginabili per molti programmi di gestione di marchi prestigiosi. Tuttavia dalla telefonia proviene l’80% del fatturato, mentre gli altri prodotti software sono dei riempitivi per i quali Ercole non fa più una specifica azione commerciale. I clienti arrivano attraverso la rete di conoscenze intessuta negli anni: la Ercole opera nel settore della telefonia da anni ed ha avuto la possibilità di conoscere i principali distributori e molti installatori. Entrambe le figure trattano più marchi di prodotti della telefonia e, per loro tramite, la Ercole ha quindi trovato il modo di interagire con le principali marche di prodotti per la telefonia, in alcuni casi risalendo ai manager e ai tecnici delle marche multinazionali.
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L’ultima frontiera, per Ercole, è quella dei configuratori, programmi che aiutano i tecnici delle imprese clienti a scegliere i componenti più appropriati per l’allestimento di una centrale telefonica, all’interno di un catalogo illustrato e fornito di documentazione. In termini di prospettive il configuratore è prima di tutto un biglietto da visita per le loro competenze: può permettere di entrare nelle logiche di un grande gruppo, passando a lavorare da una filiale italiana alle altre filiali nazionali o per il gruppo stesso. In più, ogni configuratore veicola opportunità di lavoro legate agli aggiornamenti relativi ad ogni nuovo prodotto che viene introdotto nel catalogo. Il trend di fatturato nei sei anni di vita della Ercole è andato sempre peggiorando: oggi, 2008, il fatturato previsto è il 70% di quello del primo anno di attività. Sui risultati economici dell’azienda hanno pesato le difficoltà delle multinazionali produttrici di centralini telefonici. Tutavia, non è realistico pensare che la Ercole possa orientarsi verso un altro settore, abbandonando la telefonia; ciò disperderebbe un patrimonio di esperienze tecniche e di relazioni commerciali. Semmai la nuova strategia è quella di proporre alle aziende del settore della telefonia nuovi prodotti e servizi: il vero problema è però la difficoltà di individuare e raggiungere i decisori d’acquisto all’interno delle aziende per poter proporre tali servizi. Infine, va ricordato che la Ercole ha avuto un’esperienza diretta delle politiche di incentivazioni a sostegno delle piccole imprese. In quanto società a maggioranza femminile, ha presentato la domanda per ottenere un finanziamento agevolato in base alla legge 215/92. Per quanto la procedura per la presentazione della richiesta sia risultata complicata e farraginosa, essa è stata comunque redatta internamente dai soci. La Ercole è stata inserita nella graduatoria, ma non ha potuto beneficiare del finanziamento perché, al momento dell’erogazione, l’impresa non è stata più in grado di sostenere la quota a suo carico, pari al 50% dell’investimento che veniva finanziato. In quel periodo, infatti, l’impresa era stata fortemente penalizzata dall’abbandono da parte di uno dei clienti.
7.17. Impresa Urano Information Technology (di Nicoletta Saccon) Attività dell’impresa L’impresa opera in una nicchia dell’ICT, quella dei GIS “sistemi informativi territoriali integrati”. In pratica, i dati che hanno interesse per il business del cliente vengono “letti”, integrati ed elaborati in un’ottica che tiene conto dell’aspetto geografico‐territoriale, non solo in termini di logistica, ma anche di caratteristiche socioeconomiche che tipizzano un dato ambito territoriale. Più nello specifico, ad un primo livello (livello di analisi e simulazione), la Urano gestisce e pianifica, sulla base dell’approccio sopra visto, il modo di fare business del cliente: ne viene analizzata la situazione aziendale, la strategia e, successivamente, questa viene “ribaltata” sul territorio attraverso strumenti software collegati ad attività di analisi, manipolazione dati e integrazione con altri sistemi di gestione aziendale(ad es., il SAP). In altri termini, la strategia di vendita e la gestione organizzativa ad essa collegata vengono riportate alle variabili territoriali significative, simulandone i relativi scenari. Ciò permette, da un lato, di fotografare lo stato dell’arte e, dall’altro, di creare scenari in grado di modificarlo, in modo da consentire al cliente di scegliere, tra varie soluzioni possibili, l’opzione più soddisfacente. Ad un secondo livello (livello pianificazione operativa) la Urano gestisce e pianifica da un punto di vista più operativo l’aspetto logistico‐distributivo dell’attività del cliente (ad es, mettendolo nelle condizioni di capire preventivamente se è effettivamente possibile visitare o raggiungere il numero clienti o di negozi che era stato stabilito o realizzare il numero di consegne previste…). Ciò ha un’importanza particolare in un mercato dai connotati di forte territorialità come quello italiano, dove il medesimo prodotto non si vende allo stesso modo nelle diverse regioni o raggruppamento di regioni; ma comunque un approccio attento agli
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aspetti di territorialità ha importanza per tutte le aziende multinazionali o per quelle che vogliono aprirsi sui mercati esteri. Il settore Nella particolare nicchia in cui è collocata la Urano operano alcune realtà (che però non sono da questa percepite come concorrenti) che meglio rispondono al profilo di uno studio tecnico e che utilizzano strumenti software di grafica per analisi di tipo ambientale o urbanistico. Fino ad una ventina di anni fa il mercato era in mano alla P.A. che, fondamentalmente, vi operava attraverso i piani regolatori informatizzati. Attualmente, le aziende concorrenti sono una decina sul territorio italiano. La loro tipologia dimensionale intermedia si attesta sui 10 addetti, mentre le imprese di dimensioni maggiori sono perlopiù il risultato di processi di acquisizione avvenuti in anni recenti, guidati dall’obiettivo di espandersi conglobando determinate competenze (molto alte nel settore) o di raggiungere nuovi clienti. I clienti sono imprese industriali di dimensioni medio‐grandi, con presenza anche di multinazionali. I fornitori sono società che offrono mappe satellitari o dati socio‐demografici, oppure dati relativi agli stili di vita di un dato territorio. Tra i fattori che determinano la competitività del settore, il primo riguarda la disponibilità di profili altamente skillati, proprio per la specificità della nicchia considerata: si tratta di un requisito di sopravvivenza dell’impresa, incompatibile con la prospettiva di eventuali “tagli” del personale. Del resto, nell’intero settore è riscontrabile, da qualche anno, una maggiore tendenza alla stabilizzazione dei rapporti: la crisi che ha interessato l’ICT in tempi recenti ha portato le imprese al taglio indiscriminato dei costi e al ricorso a forme contrattuali flessibili, ma si è constatato che intervenire sul personale con questa modalità tende a pregiudicare la continuità delle competenze necessarie all’attività e, quindi, quest’approccio non si è dimostrato vincente. L’aggregazione di imprese ai fini di realizzare sinergie su determinati progetti è una realtà abbastanza diffusa nel settore; in genere tale fenomeno non si realizza tra concorrenti (anche perché le sinergie vengono a determinarsi tra competenze differenziate), ma può capitare che un partner di progetto diventi partner di altre imprese su progetti diversi. Le partnership rispondono ad una strategia che, se gestita intelligentemente, si riflette sul piano operativo in termini di maggiore adattabilità e velocità di risposta alle esigenze dei clienti e che consente di raggiungerne una massa maggiore. Se, da un lato, la partnership commerciale tra imprese è un fattore di competitività, dall’altro anche quella con il cliente, che consente un’elevata customizzazione del servizio offerto, è determinante ai fini competitivi. Un ulteriore fattore competitivo è poi l’investimento in ricerca e sviluppo. Le prospettive che riguardano il settore dell’ICT sono condizionate dalla sua forte dipendenza dall’andamento dell’industria: attualmente il mercato, dopo qualche segnale di ripresa alla fine dello scorso anno, sta subendo un rallentamento evidente, che si riflette anche nella difficoltà di mettere a punto progetti informatici di più largo respiro. Tuttavia, nel caso specifico della nicchia considerata, le prospettive parrebbero meno compromesse, sulla scorta dell’esigenza delle imprese clienti di razionalizzare i costi attraverso un più efficace presidio gestionale improntato ad una logica “territoriale” e della volontà di molte di esse di proporsi su mercati esteri. Bisogna infatti considerare che, per alcune, è stato devastante andare su tali mercati senza aver prima razionalizzato la gestione del territorio nazionale e pensato di adottare un simile approccio anche altrove. A fronte di tale necessità, esse paiono individuare una risposta proprio nell’utilizzo dei GIS. Quanto alle policy di supporto per la nicchia di settore, l’attenzione dovrebbe focalizzarsi su alcuni livelli di intervento fondamentali: rispettivamente, sul piano finanziario (dati i problemi di accesso al credito) e sul piano delle acquisizioni/fusioni, problematica in relazione a cui le imprese del settore lamentano di essere lasciate completamente da sole.
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Infatti, le piccole imprese che investono e perseguono strategie di ricerca e sviluppo, quando si presentano sul mercato hanno difficoltà a far valere in maniera verosimile gli intangible asset; pertanto, rischiano di essere svendute. Bisognerebbe creare una logica di valutazione delle aziende che sia basata proprio sulla valorizzazione degli intangible asset e questo potrebbe essere un ambito di intervento legislativo, anche se in realtà ciò risulterebbe in contrasto con le pure logiche di libero mercato. Altro ambito di intervento per le policy è quello, ormai noto, degli incentivi all’investimento in ricerca e sviluppo, oltre che per l’innovazione tecnologica. In merito va segnalato che, nelle politiche di incentivazione all’IT, solitamente vengono coperte le sole spese per l’investimento nella parte hardware, mentre strumenti software di alto livello non sono compendiati. Tali politiche andrebbero pertanto modificate, tra l’altro prevedendo procedure di rendicontazione fattibili, per non risultare disincentivanti. L’impresa I soci fondatori dell’azienda, nata nel 1997, sono tre (con quote del 32% l’uno) cui nel tempo si è aggiunto un quarto, (con quota minima, pari al 4%). L’entrata di quest’ultimo nella compagine societaria ha rappresentato una modalità con cui fidelizzare una risorsa chiave per l’azienda, dove era presente sin dall’avvio dell’attività. Due dei fondatori (tra cui l’intervistato) provengono da una multinazionale operante nel settore dell’informatica, da cui sono fuoriusciti in un momento di forte crisi aziendale. All’inizio è stato mantenuto un rapporto di collaborazione con la multinazionale di origine, che, nel giro di due anni, si è affievolito. Il terzo socio era già un imprenditore che collaborava con la multinazionale di origine, e questo ha favorito la conoscenza reciproca tra i soci di partenza. La disponibilità immediata di un pacchetto clienti già definito ha naturalmente agevolato l’avvio dell’attività. Nell’evoluzione dell’impresa i momenti critici sono stati due. Il primo ha coinciso con un la necessità di gestire un aumento di fatturato (legato ad un’attività di vendita di “pacchetti” già pronti, in qualità di partner di una grossa multinazionale del settore) che, tuttavia, ha generato nel tempo margini via via decrescenti, sino ad erodere le ragioni di convenienza. Ciò ha comportato la decisione definitiva di eliminare questa componente dall’attività, anche se a costo di una riduzione del fatturato. Il secondo passaggio critico per l’impresa si è verificato in rapporto alla necessità di acquisire risorse qualificate per lo sviluppo dei progetti: sono stati inseriti 4 nuovi addetti proprio in un momento di riduzione del fatturato. Attualmente l’organico della Urano è composto da 12 addetti, la cui gestione privilegia il lavoro di team ed è orientata al coinvolgimento diffuso nelle decisioni strategiche e nella relazione con il cliente. Nel caso di Urano l’investimento sul personale è testimoniato anche dalla cura per il clima interno (l’azienda adotta un codice etico), dall’orientamento al risultato (il “lavorare per obiettivi”) e dal ricorso a forme contrattuali stabili: tutti gli addetti sono dipendenti, tranne 2 che hanno scelto di mantenere uno status di autonomi. I clienti della Urano sono rappresentati da una ventina di imprese di grandi dimensioni, tutte appartenenti al mercato nazionale, dotate di una rete di negozi o di agenti. Per l’azienda la marcata personalizzazione del servizio rappresenta una chiave vincente che consente alla sua realtà, di piccole dimensioni, di entrare in rapporto con clienti di dimensione enormemente superiore, battendo la concorrenza di altri grandi competitor. Tra cliente e fornitore si è venuto a creare un rapporto di partnership dove l’elemento fiduciario è fondamentale e la cui solidità è dimostrata da un indicatore quale la lunghezza dei progetti realizzati: esistono dei progetti che la Urano ha sviluppato con il cliente lungo un vasto arco temporale (anche di 10 anni). Fondamentale per mantenere/migliorare nel tempo il posizionamento competitivo è anche l’investimento operato dalla Urano in ricerca e sviluppo (soprattutto sviluppo pre‐competitivo).
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Recentemente la Urano è stata interessata da un processo di aggregazione con una realtà del mondo consulenziale, evento che ha corrisposto ad un preciso cambio di strategia. La scelta di realizzare una business integration con u tale realtà, dotata di professionalità di alto livello, già nota nel proprio ambiente e con dei clienti consolidati, serve per tentare di raggiungere le figure decisionali presenti nelle aziende clienti (i direttori commerciali, i direttori generali, gli amministratori), che prima le era più difficile intercettare (i rapporti usualmente intercorrenti sono più spesso con i vari “settori” dell’azienda cliente….). In questo modo è più facile per la Urano far percepire e valorizzare il valore aggiunto della propria attività. La partnership, insomma, ha risposto all’obiettivo di proporsi in maniera molto qualificata e di ampliare la fascia di clientela raggiungibile, aumentando la penetrazione del mercato: è una via che sembra portare a buoni risultati ed indubbiamente ha aumentato il numero di contatti. Va notato che la creazione di questa partnership commerciale si è basata sulla preesistenza di una rete (in questo caso di natura associativa) entro cui l’elemento‐guida per la definizione di alleanze è costituto dalla conoscenza tra singole persone. Nel medio periodo l’intento è quello di allargare ulteriormente le forme di partnership, ma in maniera graduale poiché è prioritario presidiare la qualità dell’offerta; d’altra parte la prospettiva di aumentare il numero di progetti da sviluppare crea l’esigenza di disporre di una rete più estesa sul fronte delle collaborazioni consulenziali. Le previsioni relative al fatturato sono del suo raddoppio nel giro di 2 anni.
7.18. Impresa Vulcano Studi Tecnici (di Nicoletta Saccon)
Attività dell’impresa L’impresa si occupa di progettazione di impianti antincendio ed anche della loro realizzazione, per la quale si avvale di altre imprese (officine) che, in alcuni casi, lavorano esclusivamente per essa. La Vulcano esegue, quindi, una fornitura chiavi in mano di impianti antincendio, inclusa la direzione lavori, il collaudo (che eventualmente possono essere eseguiti dalle stesse imprese di impiantistica con cui la Vulcano collabora) e la certificazione. Il settore Nell’ambito del settore dell’impiantistica antincendio in Italia operano circa un centinaio di imprese, di cui 30/40 di dimensioni simili a quelle della Vulcano che, comunque, non sembra subirne la concorrenza. Le imprese di dimensioni maggiori attualmente si aggirano intorno alla cinquantina di addetti e si rivolgono a clienti, per lo più di dimensioni medio‐grandi, appartenenti al settore chimico e dell’industria estrattiva. Molte grandi imprese che operavano in passato, col tempo hanno perso mercato ed hanno subito un sostanziale ridimensionamento, passando da 200‐250 dipendenti a 30‐50. Parallelamente, per iniziativa delle varie figure tecniche fuoriuscite, sono nate molte microimprese che, per mancanza di una sufficiente struttura, difficilmente riassumono in sé l’insieme delle diverse fasi del ciclo (progettazione, realizzazione impianti, collaudo). Più spesso, esse lavorano in un regime di subappalto: ciò fa sì che l’intero ciclo possa essere coperto grazie al concorso di più realtà, alcune operanti come terziste di una capocommessa, con il conseguente delinearsi di una rete di collaborazioni piuttosto stabili tra imprese. Pertanto, nel giro degli ultimi 15 anni, il settore è diventato molto frammentato. D’altra parte, bisogna considerare che, nell’ultimo ventennio, sono venuti a mancare alcuni passati presupposti che consentivano la realizzazione di grandi investimenti: ad es., le applicazioni specifiche degli impianti antincendio per raffinerie, grandi fabbriche dell’industria chimica etc., sono andate esaurendosi o comunque contraendosi in concomitanza con la crisi del petrolchimico e delle grande industria chimica. Il mercato si è
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“compresso” in termini di domanda e, d’altra parte, le grandi imprese, anche per l’eccessiva burocratizzazione della propria struttura, non hanno saputo dimostrare quella flessibilità che risultava indispensabile per rispondere alle esigenze di una clientela oggi diversa rispetto alla precedente. Oggi è determinante la capacità di fornire una risposta immediata al cliente, unitamente alla flessibilità ed alla capacità di “fare un vestito su misura”. Ma le grandi aziende di impiantistica antincendio incontrano maggiori difficoltà nella personalizzazione del servizio, nella sintesi del problema da affrontare e nella individuazione immediata della soluzione: esse hanno a disposizione svariati tecnici ma, dato l’approccio generalmente molto specialistico, è difficile che questi sappiano dimostrare una visione globale e focalizzare subito la soluzione da proporre. Inoltre, gioca molto favorevolmente il fatto che una piccola impresa sia generalmente in grado di fornire una risposta rapida poiché non dove subire tutto il normale iter procedurale di un’impresa più strutturata (i diversi pareri, i passaggi attraverso l’ufficio commerciale, ecc.), con il risultato di allungare i tempi. Dal momento che il tipo di servizio offerto non si caratterizza per un contenuto tecnologico particolarmente sofisticato (sono impianti tradizionali), è possibile affermare che, come fattore competitivo, le competenze specifiche giochino solo in misura discreta. Non esiste una grossa componente di innovazione poiché nel settore le realizzazioni, pur con qualche leggera modifica (ad es. per quanto riguarda l’elettronica), sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto a 30 anni fa. Le prospettive di sviluppo, in generale, sembrano positive, anche perché molte aziende iniziano a maturare una percezione del rischio relativo alla sicurezza dell’ambiente di lavoro, e quindi a riconoscere l’importanza di disporre di un’impiantistica antincendio. Sinora, il problema di una scarsa attenzione a questo tema è stato, ed in parte lo è tuttora, di natura culturale, ossia di scarsa consapevolezza e di sottovalutazione, specie nelle PI. Un ulteriore fattore che concorre alle buone prospettive del settore è l’orientamento che le assicurazioni stanno gradualmente assumendo anche in Italia: esse andranno sempre più vincolando il premio assicurativo dell’incendio o addirittura l’accettazione della polizza al fatto che sia presente un impianto antincendio, laddove sussistono situazioni a maggior rischio. Le stesse policy dovrebbero favorire una maggiore cultura della sicurezza dell’ambiente di lavoro, informando le imprese e rendendole consapevoli dell’entità del rischio che corrono, in questo caso con riferimento al rischio d’incendio, tanto più se quest’ultimo comporta, contemporaneamente, un forte impatto ambientale. Un’altro possibile livello d’intervento riguarda la maggior preparazione e la professionalità delle figure preposte ai controlli o ruoli di verifica e di responsabilità, quali i Vigile del Fuoco, Dipartimenti della protezione Civile ecc. L’impresa La Vulcano è nata nel 1997, forte dell’esperienza quasi ventennale maturata nel settore dall’intervistato che, come dipendente, lavorava in grande azienda lombarda. L’idea di mettersi in proprio è maturata autonomamente (d’altra parte l’azienda in cui lavorava non godeva di condizioni particolarmente floride) e la scelta è stata operata senza mantenere alcun legame di tipo commerciale con l’impresa di provenienza e senza dote iniziale di clienti, se si eccettua un unico caso, in cui il cliente ha voluto privilegiare il rapporto personale sviluppatosi nel tempo. Quasi da subito, assieme all’intervistato, è stata presente in azienda la moglie. Le quote risultano attualmente così suddivise: 45% all’imprenditore, 25% alla coniuge, 30% alla figlia, che però non partecipa all’attività dell’azienda. In fase di avvio non ci sono stati particolari problemi; all’inizio della nuova attività si è ricorsi all’assunzione di un responsabile commerciale che già operava nel settore e che tuttora lavora per la Vulcano, il quale ha introdotto l’azienda in alcune raffinerie. In seguito, sono “entrati” nuovi clienti, grazie al meccanismo del passaparola e attraverso rapporti di conoscenza personale. I clienti attuali di
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Vulcano ammontano ad una quarantina circa, di varia tipologia dimensionale, afferiscono al settore industriale ed intermente al mercato nazionale (risultano concentrati soprattutto in una provincia lombarda). L’impresa, oltre ai due soci titolari, è composta da tre dipendenti, di cui un tecnico progettista, un responsabile commerciale e un’impiegata; inoltre l’azienda si avvale di qualche consulente esterno. Si tratta, in realtà, di piccoli studi di progettazione che, per conto della Vulcano, lavorano a particolari progetti che essa non potrebbe sviluppare da sola. Tuttavia, la Vulcano sta acquisendo una sempre maggiore autonomia grazie all’ampliamento della dotazione tecnologica, sicché queste collaborazioni saranno destinate a scemare. Invece, le ditte di impiantistica con cui la Vulcano collabora sono considerate delle vere e proprie partner; i criteri su cui si struttura la rete di collaborazioni sono basati sul rapporto fiduciario che si crea in seguito alle capacità e competenze dimostrate. La titolare presiede alla gestione amministrativa della società ed alla sua impostazione sul piano organizzativo, mentre l’imprenditore cura il rapporto con il cliente, occupandosi in primis della stesura dell’offerta e della trattativa con il cliente, supportato dal tecnico progettista nella formulazione della proposta tecnica. È quest’ultimo ad essere riconosciuto come la vera risorsa‐chiave per l’azienda: per trattenerlo si sarebbe disposti ad agire sulla leva economica, ma non altrettanto a promuoverne l’entrata nella compagine societaria. In questo caso, è la prospettiva di “dover rendere conto ad altri” (che non siano della famiglia) ad agire come deterrente. In azienda non sono percepite particolari problematiche attinenti alle competenze manageriali; piuttosto, ciò che rappresenta una persistente criticità per la gestione dell’impresa è l’eccesso di burocrazia e di adempimenti formali cui si è sottoposti; la normativa è proliferante e molte volte di dubbia interpretazione. In prospettiva la Vulcano aspira all’ampliamento dell’organico (ed infatti è già stato acquistato un nuovo ufficio, molto più spazioso dell’attuale), anche per la soddisfazione di dare occupazione e di fornire un contributo sociale. Tuttavia, anche con previsione di fatturato in aumento nell’arco dei prossimi 3‐4 anni, l’alternarsi di periodi di inteso lavoro con altri di sua contrazione e la difficoltà di poterli prevedere, agisce per ora come freno all’espansione. Le problematiche di genere La titolare della Vulcano non risente di alcuna problematica di conciliazione vita lavorativa/vita famigliare, dal momento che il suo è un lavoro piuttosto flessibile e in cui è impegnata solo part‐time. In fase di avvio dell’ attività la sua presenza in azienda risultava, invece, maggiore (8‐10 ore..), ma bisogna considerare che la cura dei figli non rappresentava un problema poiché la figlia della coppia era allora già grande.
7.19. Impresa Castore Studi Tecnici (di Nicoletta Saccon) Attività dell’impresa L’impresa opera fornendo al cliente, in questo caso produttore di elettrodomestici piccoli e grandi, una serie di servizi specialistici: attività di concept design, ingegneria e modellazione 3D, analisi strutturali, prototipazione rapida con sinterizzatore manuale e prove di laboratorio con apparecchiature certificate su apparecchi frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie. Sul mercato estero, la Castore fornisce anche un'assistenza tecnica per l’ individuazione di potenziali fornitori di materiali di impianti e di attrezzature produttive, oppure un'assistenza tecnica/tecnologica per l’avvio d’impresa. Più saltuariamente e al di fuori del core business, su richiesta del cliente (perlopiù estero), la Castore progetta stampi per la plastica, sempre
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destinati all’utilizzo nella produzione di elettrodomestici e li fa eseguire da piccole aziende locali, seguendone l’esecuzione e realizzandone i collaudi, infine provvedendo alla spedizione. In questo modo riesce, da un lato, a soddisfare delle commesse come le piccole aziende di terzisti, da sole, non sarebbero in grado di fare e, dall’altro, a presentarsi con prezzi competitivi al cliente. Il settore Il mercato nazionale è costituito da clienti di grandi dimensioni, produttori di elettrodomestici di grande serie che richiedono grossi investimenti, ma anche da piccole aziende (pur con grandi fatturati) produttrici di piccoli elettrodomestici; sul mercato estero i clienti sono rappresentati da aziende perlopiù di dimensioni medio‐grandi. I concorrenti presenti sul mercato domestico sono di due tipi. Da un lato, piccoli uffici senza la dotazione tecnologica né la strumentazione per prove di laboratorio o prototipazione che, rispetto alla Castore, sono più economici, ma non in grado di fornire lo stesso livello di servizio. Nei loro confronti, il vantaggio competitivo della Castore è netto con riferimento alla clientela che produce grandi elettrodomestici, ma non altrettanto relativamente ai clienti che producono piccoli elettrodomestici. Dall’altro lato, i concorrenti sono aziende enormemente più grandi e strutturate, con consistenti capacità di investimento, ma che propongono un proprio prodotto standard. La concorrenza sul mercato estero può invece derivare da grossi studi di design (nazionali) che possiedono filiali estere, con possibilità di trovare in loco dei clienti; essi mancano, tuttavia, della parte di engineering. In generale la possibilità di mantenere/migliorare il posizionamento competitivo appare legata alla condizione di aggiornamento, al miglioramento qualitativo dell’offerta e alla capacità di adeguare le proprie proposte alla richiesta del cliente. Vi è però un concreto rischio di perdita di competitività procurato dall’emergere di Paesi asiatici quali l’India, che non è impensabile possa validamente dotarsi delle competenze necessarie. Ad ogni modo, va considerato che il know how e l’esperienza relativi al mercato dell’elettrodomestico, e che investono l’intera filiera, sono storicamente attribuibili all’Italia ed alla Germania e tutt’ora detenuti dalle stesse; inoltre gran parte degli impianti vengono prodotti in Italia. Rispetto ad un competitor quale la Germania, per le imprese italiane la criticità da scontare è sul piano organizzativo del rapporto commerciale: le istituzioni tedesche hanno agito con tempismo, hanno aiutato le imprese nell’individuazione dei problemi sui mercati da penetrare a livello globale e le hanno supportate in relazione ad essi. Inoltre, la concorrenza tedesca si trova avvantaggiata anche per quanto riguarda la conoscenza di possibili linee di finanziamento da giocare come opportunità nei confronti del cliente; d’altra parte spesso tale concorrenza è costituita da grossi gruppi che in genere possono contare sull’appoggio sostanziale di una banca. Per nuove aziende italiane che vogliano operare sul mercato considerato, oggi vi sono oggettive difficoltà: a meno di non essere dotati di un significativo capitale iniziale da investire nella necessaria dotazione tecnologica, i margini attuali non consentono tali investimenti e le prospettive di guadagno sui mercati esteri devono tener conto che la domanda, in diversi Paesi, è in parte già stata soddisfatta. Nel settore non sono presenti significative forme di aggregazione tra imprese. In realtà, ci sono stati tentativi di costituire partnership commerciali, ma con scarso successo: in un caso la rete non ha funzionato anche perché i clienti hanno cercato di spuntare accordi singoli; in un altro, i tentativi di costituire una rete sono naufragati perché si è erroneamente pensato di poter aggregare tra di loro imprese con identifico core business (ad es., tutte le aziende produttrici di stampi), che normalmente si percepiscono come dirette concorrenti e quindi sono scarsamente propense a collaborare. Invece, sarebbe stata opportuna un’attenta selezione delle imprese in vista dell’emanazione di un bando di partecipazione (ad es., da parte della Camera di Commercio o anche delle associazioni imprenditoriali) per la
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costituzione del cluster e, successivamente, auspicabile la designazione di un’azienda leader a presiedere, sovraintendere e a gestire il gruppo formatosi. Un primo livello di intervento per le policy di supporto riguarda la possibilità di accedere più facilmente a un sistema pragmatico di informazioni, ad es. sulle procedure amministrative necessarie per operare su un dato mercato estero. Indispensabile appare anche la semplificazione delle pratiche burocratiche, attraverso la possibilità di operare on line, nonché lo snellimento degli adempimenti normativi. Potrebbe rivelarsi utile l’organizzazione di missioni imprenditoriali all’estero: ma dovrebbero essere “tagliate” a misura di singole aziende e far parte di una strategia condivisa: ad es, sarebbe utile promuovere, entro una cornice “ufficiale”, alcuni incontri con i potenziali clienti esteri, in modo da rendere più agevole lo sviluppo dei primi contatti commerciali. Ma le aziende che internazionalizzano avrebbero urgenza anche di una reale disponibilità di infrastrutture: in questo caso, il riferimento è alla situazione di Malpensa ed alla attuale mancanza di collegamenti diretti con molte località estere. Infine, anche le forme di finanziamento all’innovazione dovrebbero poggiare su approcci diversi: si dovrebbero prevedere modalità che consentano alle imprese in grado di proporre un progetto innovativo, ma che non hanno la capacità di realizzarlo (una piccola impresa ha scarse risorse…), di appoggiarsi e di agire sinergicamente con aziende/enti in grado di farlo. Sarebbero preferibili dei bandi di importo più modesto, lanciati da soggetti presenti localmente sul territorio (ad es, dalle Camere di Commercio), che assicurino finanziamenti mirati e controllino i relativi risultati. L’impresa L’impresa viene fondata dall’attuale titolare, fuoriuscito dall'azienda in cui da anni lavorava in seguito ad un processo di razionalizzazione che stava portando alla chiusura di alcune unità produttive. Ripropostosi come free lance nel campo della progettazione, grazie ad un primo progetto importante commissionato da un’azienda polacca ed acquisito attraverso un canale di conoscenze personali, egli ha poi creato una iniziale struttura, con un socio straniero. Terminata quest'esperienza, l’attuale società è nata nel 1997 quando sono entrati altri 4 contratti importanti con l’estero, sempre attraverso il passaparola: tra i soci titolari figurano anche la figlia (25% delle quote), con mansioni effettive in azienda (si occupa soprattutto della parte commerciale) e la moglie, detentrice di sole quote (25%). Al terzo anno dall’avvio, un’importante tappa evolutiva è stata segnata dal significativo investimento nelle nuove tecnologie (acquisto di software estremamente costosi e corsi di formazione per il loro utilizzo), indispensabile per il posizionamento competitivo. Un’ulteriore tappa/criticità è individuabile nel successivo ampliamento del servizio offerto, ossia nel passaggio dalla sola progettazione alla prototipazione. Infine, un altro significativo step è stato segnato dalla necessità di una maggiore strutturazione, sia sul piano organizzativo sia su quello della dotazione finanziaria, per potersi proporre ai clienti europei ed italiani. Il mercato della Castore, infatti, è per il 20% nazionale e per l'80% estero, soprattutto extra‐europeo. Tra i clienti italiani vi sono i gruppi multinazionali, nei confronti dei quali le prestazioni della Castore consistono soprattutto in prove di laboratorio e, solo in misura esigua, in progettazione (per l’elettrodomestico vi è ancora un grande presidio del know how da parte della casa produttrice); più saltuariamente viene richiesta alla Castore la messa a punto di un progetto completo che, invece, prevede l’apporto di una componete innovativa, sia pur su un prodotto”base” del cliente. Al contrario, con i clienti del mercato estero, più spesso la Castore ha progettato alcuni modelli sviluppandone anche gli aspetti di innovazione, per quanto ciò venga limitato dalle effettive capacità produttive e di investimento del cliente. Il posizionamento competitivo della Castore appare connesso anche a strategie commerciali di penetrazione di nuovi segmenti di mercato, quale quello del vending (distributori automatici di bibite e snack), che sembrerebbero promettenti.
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Mentre, come visto, rispetto sia al fattore know how, sia al fattore innovazione (in questo caso coincidente soprattutto con soluzioni tecniche di miglioramento dell’efficienza energetico/prestazionale e di riduzione dei costi), il posizionamento della Castore è fortemente condizionato dalla richiesta del cliente, la carta vincente è invece rappresentata dalla flessibilità e dalla personalizzazione del servizio fornito. Ma va anche considerato che le stesse dimensioni aziendali, e i relativi vincoli per la capacità di realizzare investimenti, possono costituire una penalizzazione allo sviluppo concreto di progetti nuovi e propositivi, ma significatamene impegnativi: a volte, anche se "l’idea" sarebbe brevettabile, il costo per un supporto specialistico agisce da deterrente e il progetto "rimane nel cassetto". Sul piano della dotazione finanziaria, un'ulteriore criticità è rappresentata dal fatto che, diversamente dalla commessa estera (con buoni anticipi e successivi pagamenti step by step), il cliente italiano paga dopo la consegna, con molti ritardi e “parcellizzando” il compenso in tanti singoli importi. D’altra parte, i clienti italiani rappresentano comunque un’ opportunità, visto i crescenti fenomeni di outsourcing che interessano proprio quelle fasi di processo di cui si occupa la Castore. Per fronteggiare questo quadro, che si traduce in termini di rischio di significativo indebitamente con le banche, la Castore sta attualmente passando dal credito a breve termine ad una soluzione a lungo termine. Comunque, i rapporti con le banche restano sempre terreno di difficoltà ; diversi errori sono stati compiuti anche per inesperienza, ma ora l’azienda si è appoggiata ad un nuovo studio di commercialisti che sembra dare un supporto efficace. Nella Castore attualmente lavorano 15 dipendenti (di cui 5 donne), alcuni con laurea; solo in misura esigua l’azienda si appoggia a qualche collaboratore esterno. Si preferisce trattenere gli addetti attraverso forme contrattuali stabili, sia perché il cliente che viene in azienda desidera interfacciarsi con continuità al professionista, sia perché la formazione degli addetti, che è molto specifica (e per la quale è prevista anche la partecipazione a dei corsi), richiede tempo. Le competenze vengono valorizzate essenzialmente attraverso un sistema di premialità legato all’obbiettivo/risultato, che servono anche come modalità per trattenerle entro l’azienda. Invece non è considerata favorevolmente l’ipotesi di aprire la compagine societaria all’ingresso di nuovi soci, nemmeno se si trattasse di risorse particolarmente preziose per l’azienda. Le problematiche di genere L’imprenditrice intervistata non ritiene ci siano particolari problematiche di genere nell’esercizio della sua professione; la sua opinione è che, laddove questo si verificasse, non sia opportuno creare delle forme di tutela peculiari, bensì rendere effettive le possibilità di competizione paritaria tra i generi, così come la possibilità delle donne di arrivare al mercato del lavoro creando le strutture per la cura dei bambini e degli anziani, in modo da sollevarle da un’incombenza che normalmente grava sulle loro spalle.
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7.20. Impresa Apollo Studi Tecnici di Ingegneria e Architettura (di Gianluca Viganò) Attività dell’impresa Lo studio Apollo si occupa di progettazione architettonica e pratiche di ristrutturazione sia per imprese che per privati. Il settore Il settore presenta due tipologie diverse di concorrenti: gli studi molto piccoli, con il libero professionista che si avvale di alcuni collaboratori (solitamente due o tre e, comunque, non oltre i dieci componenti) e i grandi studi (circa una quarantina di dipendenti) che lavorano a livello internazionale e che spesso sono studi associati italiani. Non è presente molta concorrenza straniera, a parte per i progetti di grosse strutture ed eventi, come per esempio l’Expo. Con riferimento alle realtà dei piccoli e giovani studi (come il caso considerato) possono rappresentare una concorrenza significativa anche gli studi di geometri. Le collaborazione tra studi specializzati in attività differenti sono possibili, soprattutto nel caso di studi giovani: negli ultimi anni, infatti, sono aumentate le pratiche da presentare, per esempio per quanto riguarda il risparmio energetico o il cemento armato e ciò determina una crescita delle collaborazioni con studi di ingegneria o altri studi di architettura più preparati in materia. I clienti sono piuttosto diversificati: le grandi imprese tendono a rivolgersi a grosse società di architettura o di ingegneria ed alcune hanno già uno studio di architettura al proprio interno. La ricerca dei clienti avviene solo per conoscenza o passaparola, non ci sono canali di promozione nel settore e o, almeno, non di conosciuti al grande pubblico. Molto funziona, quindi, per conoscenza e fortuna: incrociare un cliente che si trova bene con il concetto di architettura proposto da un certo studio apre molte strade, specie se il cliente in questione è una grossa impresa. Un'altra possibilità da esplorare è quella dei concorsi pubblici, sostanzialmente di due tipi: quelli ad inviti, in cui si viene pagati per partecipare (chiaramente inaccessibili per i piccoli studi di architettura), e quelli aperti non rimborsati, che spesso sono già indirizzati. Nel caso di uno studio di architettura di piccole dimensioni, la partecipazione ad un concorso viene preparata, per ovvi motivi di costi e tempi, nei momenti “extra”, ossia durante le sere e i weekend, oppure unendosi ad altri piccoli studi così da essere più forti: nel caso di acquisizione di un progetto gli studi collaboreranno in maniera continuativa per tutta la sua durata o si suddivideranno il lavoro. Un fattore di competitività importante e attuale, data la situazione di saturazione del mercato, è la specializzazione: dare una risposta qualitativa in ambiti nuovi e a clienti medio piccoli, che in passato avevano preferito lavori a basso costo e ora devono spendere tutto ciò che avevano risparmiato in ristrutturazioni. Il rapporto con il cliente diventa sempre più una consulenza globale e personalizzata e i piccoli studi non hanno altra di possibilità di sopravvivere e crescere se non quella di puntare su una estrema professionalità, precisione e qualità. L’innovazione e l’aggiornamento, per esempio in materia di tecniche costruttive o sui materiali oppure sulle nuove normative in materia di contenimento energetico e risparmio dei consumi, sono fondamentali nel settore. A livello di politiche pubbliche l’intervento più utile ai giovani sarebbe quello, forse utopico, di abbassare le tasse: solo gli studi molto grandi hanno la possibilità di assumere stabilmente; la maggior parte di professionisti del settore, specialmente i giovani, aprono la partita IVA, ma possono sfruttare il regime agevolato solo per i primi tre anni, nei quali i lavori affidati sono pochi e poco pagati; nel momento in cui partono i lavori seri, le tasse altissime erodono circa la metà delle entrate. Le politiche pubbliche potrebbero aiutare i giovani anche attraverso dei
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finanziamenti o delle agevolazioni nell’acquisto di programmi informatici, dal momento che questi hanno dei costi altissimi e, in alcuni casi, inaccessibili per un giovane studio. Un'altra esigenza va in direzione dell’offerta di corsi di formazione che aiutino i giovani architetti soprattutto nella gestione aziendale e amministrativa, cioè relativamente ad aspetti che non vengono affrontati durante l'iter universitario. L’Ordine degli Architetti organizza alcuni corsi di formazione a pagamento, ma non molto utili, ed un certo numero di consulenze gratuite a livello fiscale e legale. L’impresa Prima di creare l’impresa i due i soci lavorano presso altri studi; avendo frequentato l’università insieme, nel 2006 hanno deciso di mettersi in proprio dividendosi a metà le quote; l’input è venuto dal socio uomo che, tramite una conoscenza personale, ha ricevuto una grossa commessa grazie a cui sono stati interamente coperti i primi due anni di attività. Il lavoro si è poi allargato attraverso piccole commesse di clienti privati, acquisiti tramite passaparola o conoscenze. Al momento lo studio è in attesa di un secondo grande progetto, sempre proveniente dallo stesso cliente importante, che faccia seguito al primo ormai in scadenza in modo da poter continuare tranquillamente l’esperienza in proprio: in caso contrario, ossia contando solo sui clienti privati, essa non potrebbe protrarsi a lungo. L’inizio dell’attività ha presentato difficoltà di carattere finanziario: benché ci fossero le basi economiche date dal progetto iniziale, nel lavoro solitamente si viene pagati a scadenze e i primi mesi sono stati faticosi. Un’ulteriore difficoltà si è manifestata sul piano manageriale, in quanto mancavano ad entrambi i soci, laureati in architettura, le basi per gestire un’impresa dal punto di vista amministrativo e commerciale. Attualmente lo studio si avvale della collaborazione occasionale di altri tre architetti: i collaboratori più stabili vengono preferibilmente formati direttamente all’interno dello studio, che ha un proprio stile; nel caso di una collaborazione più breve che nasce da necessità urgenti o circoscritte (consegna in tempi ristretti, necessità di ingegnere, ristrutturista, termotecnico, impiantista) è più ragionevole avvalersi di competenze con più esperienza. Il fatto di essere uno studio dinamico, formato totalmente da giovani architetti che hanno concluso l’iter universitario da pochi anni, ha come punto di forza quello di poter contare sull’aggiornamento in materia di tecniche e di programmi informatici da utilizzare, di avere una qualità del lavoro molto alta in virtù delle capacità personali e degli strumenti informatici di ultima generazione, di possedere una visione e un linguaggio nuovo e fresco. Manca, invece, la visibilità o, forse, data la giovane età a volte si è visti con una certa circospezione o con meno fiducia. Per ovviare a questo problema è in atto una collaborazione con una rivista di arredamento di interni e design, così da farsi conoscere non solo localmente; inoltre lo studio sta diversificando il lavoro, progettando e disegnando oggetti di design che vengono proposti a venditori e imprenditori del settore. Le problematiche di genere La presenza femminile nel comparto edile è molto scarsa: la donna in cantiere è vista sempre con una certa diffidenza, qui il ruolo dell’architetto è ancora prettamente maschile. Molti architetti donne lavorano, piuttosto, in altri ambiti: si concepisce la donna come più portata ad occuparsi di arredamento di interni o di design. Se gli studi di architettura con presenza femminile sono moltissimi, quelli in cui le donne ricoprono alte cariche o sono socie risultano invece pochissimi e in questi casi la donna si occupa solitamente della parte amministrativa e commerciale, solo raramente della parte di progettazione architettonica. Al momento, lavorare in proprio con tutti i rischi connessi, non consente all'intervistata di pianificare la propria vita personale, ma in futuro sarà questa la sua priorità, anche se ciò dovesse comportare la scelta di lavorare in uno studio non di proprietà.