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IL PROCESSO DEL LAVORO QUARANT’ANNI DOPO BILANCI E PROSPETTIVE a cura di ROBERTA TISCINI ESTRATTO JOVENE EDITORE NAPOLI 2015

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IL PROCESSO DEL LAVORO QUARANT’ANNI DOPO

BILANCI E PROSPETTIVE

a cura di

ROBERTA TISCINI

ESTR AT TO

JOVENE EDITORE NAPOLI 2015

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DIRITTI D’AUTORE RISERVATI

© Copyright 2015

ISBN 978-88-243-2356-7

JOVENE EDITORE Via Mezzocannone 109 - 80134 Napoli - Italia

Tel. (+39) 081 552 10 19 - Fax (+39) 081 552 06 87 web site: www.jovene.it e-mail: [email protected]

I diritti di riproduzione e di adattamento anche parziale della presente opera (compresi i microfilm, i CD e le fotocopie) sono riservati per tutti i Paesi. Le riproduzioni totali, o parziali che superino il 15% del volume, verranno perseguite in sede civile e in sede penale presso i produttori, i rivenditori, i distributori, nonché presso i singoli acquirenti, ai sensi della L. 18 agosto 2000 n. 248. È consentita la fotocopiatura ad uso personale di non oltre il 15% del volume successivamente al versamento alla SIAE di un compenso pari a quanto previsto dall’art. 68, co. 4, L. 22 aprile 1941 n. 633.

Printed in Italy Stampato in Italia

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VALENTINA BERTOLDI

FRAZIONAMENTO DEI GIUDIZI NELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

(IN PARTICOLARE AL TEMPO DEL C.D. RITO FORNERO)

SOMMARIO: 1. L’avvicendamento dei modelli processuali per le controversie in materia dilicenziamento. – 2. Il rito Fornero come rito obbligatorio e “chiuso”: notazioni ge-nerali. – 3. Le domande estranee al rito nell’esperienza giurisprudenziale: alcuneesemplificazioni. – 4. Il trattamento della domanda ex art. 8 l. n. 604/1966. –5. Sguardo prospettico sul concorso fra vecchia e nuova disciplina.

1. L’avvicendamento dei modelli processuali per le controversie in materiadi licenziamento

La tendenza legislativa ad approntare soluzioni di impatto alla crisidella giustizia civile ma che si concretano in interventi di breve respiro1, fio-che ed effimere luci, ha trovato una significativa evidenza nella disciplinaspeciale per le controversie sui licenziamenti individuali di cui all’art. 1,commi 47 ss. della l. 26 giugno 2012, n. 92, il c.d. rito Fornero2. Quest’ul-

1 Già al cospetto delle riforme processuali degli anni ’90 del secolo scorso era stato no-tato come «il legislatore dei nostri giorni è piuttosto paragonabile ad uno di quegli scrittori diorizzonti ristretti e fiato corto in grado di ideare una breve novella, ma non di scrivere un in-tero romanzo idoneo a reggere la sfida del tempo» (PUNZI, in SATTA – PUNZI, Diritto proces-suale civile13, Padova, 2000, presentazione). Questo fenomeno ha raggiunto dimensioni pato-logiche negli ultimi tre lustri, ove l’ansia di trovare vie di uscita alla crisi della giustizia, di ri-durre il carico di contenzioso gravante sugli uffici giudiziari e di inseguire il mito dellacelerità dei processi ha condotto al susseguirsi di interventi spesso privi di coordinamento,contraddittori e forieri di ulteriori complicazioni.

2 Sul rito Fornero, oltre ai contributi di Petrella e Fanelli nel presente volume, v. senzapretese di completezza: AA.VV., Riforma del lavoro, a cura di G. Pellacani, Milano, 2012;AA.VV., La nuova riforma del lavoro, a cura di M. Magnani e M. Tiraboschi, Milano, 2012;AA.VV., Nuove regole dopo la legge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, competi-zione versus garanzie?Atti del Convegno dell’associazione Avvocati Giuslavoristi Italiani, An-cona, 26-27 ottobre 2012, Torino, 2013; AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro: dalla riformaFornero alla legge di stabilità 2013, a cura di M. Cinelli, G. Ferraro e O. Mazzotta, Torino,2013; AA.VV., I licenziamenti individuali e collettivi, a cura di G. PELLACANI, Torino, 2013;AA.VV., I licenziamenti dopo la legge 92 del 2012, a cura di C. Cester, Padova, 2013; G. BE-NASSI, La riforma del mercato del lavoro: le modifiche processuali, in Lav. giur., 2012, 3 ss.;

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timo era stato introdotto dal legislatore quale rito speciale, in tesi deputato– nonostante la sua articolazione bifasica in primo grado seguita dal «re-clamo» alla corte d’appello e dall’impugnativa in cassazione3 – ad assicurare

D. BORGHESI, Licenziamento (aspetti processuali), in AA.VV., I licenziamenti individuali e col-lettivi, a cura di G. Pellacani, cit., 859 ss.; D. BUONCRISTIANI, Rito licenziamenti: disciplina eprofili sistematici, in Riv. it. dir. lav., 2013, I, 351 ss.; D. BUONCRISTIANI, Successivo o anche pre-ventivo controllo di validità di un licenziamento?, in Riv. it. dir. lav., 2014, II, 405 ss.; D.BUONCRISTIANI, La conversione del rito Fornero in rito laburistico, in Riv. it. dir. lav. 2014, 607s; R. CAPONI, Rito processuale veloce per le controversie in tema di licenziamento, in www.ju-dicium.it, 2012; C. CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, suilicenziamenti individuali, in Corr. giur., 2012, 729 ss.; L.A. COSATTINI, Rito Fornero: indivi-duazione delle domande ammissibili e sorte delle domande fondate su fatti costitutivi diversi, inLav. giur., 2014, 799 ss.; P. CURZIO, Il nuovo rito per licenziamenti, in Flessibilità e tutele nellavoro. Commentario della l. 28 giugno 2012 n. 92, a cura di P. Chieco, Bari 2012; D. DALFINO,L’impugnativa del licenziamento secondo il c.d. «rito Fornero»: questioni interpretative, in Foroit., 2013, V, c. 6 ss.; D. DALFINO, Il nuovo procedimento in materia di impugnativa del licen-ziamento (nella L. 28 giugno 2012, n. 92), in Giusto proc. civ., 2012, 759 ss.; D. DALFINO, Ilrito Fornero nella giurisprudenza: prime applicazioni, in Riv. Giur. del lav.e della prev. Sociale,2013, 153 ss.; D. DALFINO, Obbligatorietà del rito Fornero (anche per il datore di lavoro) e de-cisione di questioni nella fase sommaria, in Riv. it. dir. lav., 2014, II, 396 ss.; L. DE ANGELIS,Art. 18 dello Statuto dei lavoratori e processo: prime considerazioni, in Giorn. dir. lav., 2012,763 ss.; M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti: l’anelito alla celerità peruna tutela sostanziale dimidiata, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 3 ss.; M. DE SIMONE, Il “ritoFornero”. Questioni procedurali, in Lav. giur., 2014, 18 ss.; L. DITTRICH, Rito speciale dei li-cenziamenti e qualità della cognizione, in Riv. dir. proc. 2014, 104 ss.; M. GERARDO, A. MUTA-RELLI, Licenziamento riformato e pubblico impiego (ovvero ibis et redibis non morieris in iudi-cio), in www.judicium.it, 2013; A. GIORDANO, Rito Fornero e formalismi del processo. Il casodel mutamento del rito, in Giur. it., 2013, 1363 ss.; F.M. GIORGI, Le questioni di rito nel nuovoprocesso per l’impugnazione dei licenziamenti, in www.judicium.it, 2013; F.M. GIORGI, Le que-stioni di rito nel nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti, in Lav. giur., 2013, 924ss.; F.P. LUISO, La disciplina processuale speciale della legge 92 del 2012 nell’ambito del processocivile: modelli di riferimento ed inquadramento sistematico, in www.judicium.it, 2012; F.P.LUISO, R. TISCINI, A. VALLEBONA, La nuova disciplina sostanziale e processuale dei licenzia-menti, Torino 2013; V. PETRELLA, Il rito speciale per l’impugnazione dei licenziamenti, inAA.VV., Il processo civile. Sistema e problematiche. Le riforme del quinquennio, a cura di C.Punzi e G. Ruffini, Torino, 2014, 319 ss.; I. PAGNI, I correttivi alla durata del processo nella l.28 giugno 2012 n. 92: note brevi sul nuovo rito in materia di licenziamenti, in Riv. it. dir. lav.2013, I, 339 ss.; G. RUFFINI, Il «rito Fornero» alle Sezioni Unite, in Riv. dir. proc, 2014, 755 ss.;S. SANTARONI, Dentro e fuori dal cosiddetto “Rito Fornero”, in Lav. giur., 2013, 593 ss.; P.SORDI, L’ambito di applicazione del nuovo rito per l’impugnazione dei licenziamenti e disciplinadella fase di tutela urgente, Relazione all’incontro di studio organizzato dal C.S.M. sul tema Lariforma del mercato del lavoro nella legge 28 giugno 2012, n. 92, Roma 29-31 ottobre 2012; P.SORDI, Il nuovo rito per le controversie in materia di licenziamenti, in Corr. giur., 2013, 1150ss.; A. VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, Torino 2012; G. VERDE, Note sul processo nellecontroversie in seguito a licenziamenti regolati dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, in Riv.dir. proc., 2013, 299 ss.

3 Per la relativa disamina, v. in particolare R. TISCINI, Il procedimento per l’impugnativadei licenziamenti in regime di tutela reale: profili processuali, in F.P. LUISO, R. TISCINI, A. VAL-LEBONA, La nuova disciplina sostanziale e processuale dei licenziamenti, cit., 75 ss. La singola-rità del rito è altresì ben sintetizzata da G. RUFFINI, Il «rito Fornero» alle Sezioni Unite, cit.,756, secondo il quale il nuovo procedimento speciale è «vagamente ispirato alle norme chedisciplinano il procedimento di repressione della condotta antisindacale (art. 28 l. 300/70)»

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una celere4 risoluzione delle controversie in materia di licenziamento, instau-rate a partire dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della legge Fornero)e regolate dall’art. 18 l. n. 300/1970, nella versione ratione temporis applica-bile5: ossia tanto se assoggettate alla normativa sostanziale come modificatadalla stessa l. n. 92/2012 – che ha previsto, in sostituzione dell’antico regimedella reintegrazione, quattro diverse gradazioni di tutela, alcune delle qualisolo risarcitorie, per i licenziamenti intimati dal 18 luglio 20126 – quanto se

– con il quale condivide la struttura bifasica, ove ad una fase urgente, ad istruttoria somma-ria e avente epilogo in un’ordinanza decisoria, «può seguire una fase di opposizione a cogni-zione piena, anch’essa peraltro caratterizzata da forme semplificate» – ma reca tracce anchedel procedimento sommario di cognizione (art. 702-bis ss. c.p.c.) e del rito cautelareuniforme. Soprattutto si evidenzia un dato: che i commi 47 ss. dell’art. 1 l. n. 92/2012 nonoperano alcun rinvio alle norme dei modelli pur presi a riferimento né allo stesso rito del la-voro: si può infatti osservare che (proprio a differenza di quanto accade per il procedimentoex art. 28 Statuto dei lavoratori, che per la fase di opposizione richiama il rito del lavoro), illegislatore del 2012 ha preferito regolare direttamente, ma in modo incompleto, il giudizio diopposizione e le fasi successive «lasciando così all’interprete il compito di individuare la di-sciplina applicabile ai profili non espressamente regolamentati» (G. RUFFINI, op. loc. cit.).

4 Tali gli auspici del legislatore enunciati nell’art. 1, comma 1, lett. c, l. n. 92/2012, ovel’intervento legislativo viene giustificato con l’esigenza da un lato di contrastare l’uso impro-prio e strumentale degli elementi di flessibilità e dall’altro di adeguare alle esigenze del mutatocontesto di riferimento la disciplina del licenziamento, con previsione altresì di un procedi-mento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie. Questa, adesempio, la ratio del comma 49, che disciplina la prima fase sommaria del procedimento, de-stinata a concludersi con una ordinanza immediatamente esecutiva, suscettibile di stabilizzarsi(con attitudine al giudicato: R. TISCINI, Il procedimento per l’impugnativa dei licenziamenti inregime di tutela reale: profili processuali, cit., 137; F.P. LUISO, Il procedimento per l’impugnativadei licenziamenti in regime di tutela reale, cit., 72 s., il quale ammette che essa faccia stato an-che sull’esistenza e qualificazione del rapporto, a monte o sui diritti dipendenti, a valle) ovenon opposta ai sensi del successivo comma 51, e dunque idonea ad assicurare il prima possi-bile una statuizione definitiva sulla persistenza o meno del rapporto di lavoro; nonché la ratiodel comma 65 dell’art. 1, l. n. 92/2012, a mente del quale alla trattazione di queste controver-sie devono essere riservati particolari giorni del calendario delle udienze e i capi degli ufficigiudiziari devono vigilare sull’osservanza di questa disposizione. Sugli auspici e le finalità delrito Fornero: v. anche M. DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei li-cenziamenti: l’anelito alla celerità per una tutela sostanziale dimidiata, cit., 4 s.

5 Per le controversie instaurate successivamente al 18 luglio 2012, il rito speciale dicuiall’art. 1, commi 47-68, l. n. 92/2012 si applica, dunque, sia ai licenziamenti assoggettatialla disciplina sostanziale modificata per effetto della stessa legge Fornero (e destinata ad ap-plicarsi ai recessi datoriali successivi al 18 luglio 2012) sia ai licenziamenti intimati prima ditale data e regolati dall’anteriore versione dell’art. 18 Statuto lavoratori (incentrato sulla tu-tela reale o reintegra). In tal senso G. RUFFINI, op. cit., 757; S. SANTARONI, Dentro e fuori dalcosiddetto “Rito Fornero”, ci., 594.

6 Si tratta, come noto, dei quattro livelli di tutela previsti dalla legge Fornero, a secondadella tipologia di vizio che può colpire il licenziamento (in proposito v. D. DALFINO, Il nuovoprocedimento in materia di impugnativa del licenziamento, cit., 766 ss.; C. CONSOLO, D. RIZ-ZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, sui licenziamenti individuali, cit.,729 ss.):

A) una prima tipologia (art. 18, commi 1°-3°) è quella destinata alle ipotesi più gravi dilicenziamenti discriminatori (ad esempio ove intimati in concomitanza con il matrimonio o inviolazione delle norme a tutela della maternità e paternità) ovvero nulli in quanto fondati su

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regolate dal dettato previgente dell’art. 18 Statuto lavoratori, e dunque perlo più monoliticamente improntate alla tutela c.d. forte. Presupposto in-defettibile per l’operare di questo regime di tutela sostanziale e di sicura ap-plicazione del rito Fornero è la circostanza, su cui si è addensata una fitta

un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c. ovvero intimati solo oralmente, av-verso i quali il lavoratore può chiedere sia accertata la nullità ed ottenere la condanna del da-tore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro nonché al pagamento di un’indennità ri-sarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione di fatto maturata dal giorno del licenziamentosino a quello dell’effettiva reintegrazione (salvo che il lavoratore non intenda optare per la tu-tela risarcitoria che importa la risoluzione del rapporto di lavoro). In tal caso, come eviden-ziato in dottrina, si tratta senz’altro, di una tutela perseguibile mediante un’azione di accerta-mento della nullità dell’atto espulsivo (e dunque della perdurante e mai cessata vigenza delrapporto di lavoro): C. CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e proces-suali, sui licenziamenti individuali, cit., 731 ss.

B) Una seconda tipologia è quella ricollegata, ai sensi dell’art. 18, comma 4°, ai licenzia-menti intimati in assenza di giustificato motivo soggettivo o di giusta causa, quando il fattocontestato si rivela insussistente ovvero ascrivibile a condotte punibili con sanzioni conserva-tive, alla stregua dei contratti collettivi di lavoro, nonché ai casi in cui il licenziamento risultideterminato da ragioni disciplinari. In tali ipotesi la disposizione prevede che il giudice annulliil licenziamento (secondo una fraseologia che ad un primo avvicinamento evoca una tutela ditipo costitutivo: ossia l’invalidazione di un licenziamento che, pur se illegittimo, aveva fino adallora prodotto i suoi effetti) e condanni il datore di lavoro alla reintegra nel posto di lavoro,oltre al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale difatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione. Questo stesso re-gime può discrezionalmente essere applicato dal giudice in caso di licenziamento per giustifi-cato motivo oggettivo che sia risultato manifestamente insussistente (art. 18, comma 7°);

C) La terza forma di tutela (art. 18, comma 5° e comma 7°), più debole rispetto alleprime due, è quella che segna la maggior frattura con il sistema previgente e che sollecita unaserie di osservazioni con riferimento alla gamma di domande proponibili dal lavoratore. Essa,di impronta solo risarcitoria, si dirige verso i licenziamenti, anch’essi illegittimi, dei quali ilgiudice accerti che non ricorrono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo sog-gettivo (comma 5°) o del giustificato motivo oggettivo (comma 7°) addotti dal datore di la-voro: in tali casi è previsto che il giudice dichiari risolto il rapporto di lavoro, con effetti dalladata del licenziamento e condanni il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcito-ria omnicomprensiva determinata tra un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità dell’ul-tima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto delnumero di dipendenti, delle dimensioni dell’attività economica e degli altri elementi ivi indi-cati. Il mutamento di rotta, rispetto al vecchio modello di tutela reale, è stato qui più marcato,in quanto ci troviamo dinanzi ad un licenziamento illegittimo e tuttavia efficace. Anche in talcaso si può parlare di tutela di accertamento (e non costitutiva), solo che – come osservato indottrina – il suo oggetto non si identifica (come per le ipotesi di tutela per la reintegra) conla perdurante esistenza del rapporto di lavoro (venendo quest’ultimo meno per effetto del li-cenziamento) e neppure con la sussistenza/insussistenza dei presupposti per l’esercizio delpotere di recesso datoriale (il che presupporrebbe che i vizi del licenziamento siano fatti co-stitutivi della domanda del lavoratore-attore, ad onere probatorio invertito a carico del datoredi lavoro: art. 5, l. n. 604/1966), bensì – al pari di quanto accade nell’ipotesi di tutela solo ob-bligatoria di cui all’art. 8, l. n. 604/1966 allorché il datore di lavoro occupi meno di 15 di-pendenti – con l’inadempimento contrattuale del datore di lavoro (C. CONSOLO, D. RIZZARDO,Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, sui licenziamenti individuali, cit., 731 ss.). Atale accertamento si aggiunge la richiesta di condanna al pagamento di una indennità risarci-toria, concettualmente rapportabile ad una penale prevista dalla legge. Siamo, dunque, di-nanzi ad un tipo di tutela e ad una domanda con fatti costitutivi non divergenti da quelli di

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giurisprudenza, che il datore di lavoro occupi più di 15 dipendenti7; perché,diversamente, ove tale soglia numerica non sia raggiunta, la normativa di ri-ferimento è quella che già in precedenza era di tipo risarcitorio, ossia quellaprevista dall’art. 8 l. n. 604/1966.

Peraltro, in un arco temporale inferiore alla metà di un lustro questoassetto è stato significativamente inciso: il d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, in at-tuazione della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183 ha, da un lato, intro-dotto una nuova disciplina sostanziale per i licenziamenti da riferirsi a datoridi lavoro che superano la soglia dei 15 dipendenti e, dall’altro, ha segnato ilritorno per le relative controversie dal rito speciale di cui ai commi 47-68dell’art. 1 l. n. 92/2012 al rito “comune” del lavoro di cui agli artt. 409 ss.c.p.c. Si tratta del sistema delle c.d. tutele crescenti, nel quale ampio (se nontotalitario) spazio è assegnato al rimedio risarcitorio contro i licenziamentipur illegittimi, sicché il participio aggettivante indica semplicemente che ilquantum dell’indennizzo dovuto al lavoratore, ove in giudizio risulti accer-tata la mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo o og-gettivo, aumenta progressivamente in base all’anzianità di servizio.

Per l’operatività di tali ulteriori modifiche, il legislatore ha fissato lospartiacque temporale al 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del d.lgs. n.23/2015), agganciando ad esso anche un ulteriore criterio, teso ad incenti-vare nuove assunzioni, rendendo meno sgradito al datore di lavoro il supe-ramento della soglia dei 15 dipendenti. Il novellato tandem sostanziale-pro-cessuale risulta, infatti, applicabile sia ai licenziamenti dei lavoratori assuntia partire dal 7 marzo 2015 sia ai licenziamenti di coloro che erano già inforza (a quella data) presso l’unità produttiva se quest’ultima abbia maturatoil predetto requisito dimensionale dei 15 dipendenti in conseguenza di as-sunzioni intervenute dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 23/20158.

cui all’art. 8 l. n. 604/1966, differendo le due fattispecie solo quantitativamente nel petitum:il che rende evidente la loro omogeneità.

D) L’art. 18, comma 6°, concerne una ulteriore tipologia di licenziamenti, anch’essi ri-condotti alla tutela solo risarcitoria, per i licenziamenti intimati in violazione del requisito dimotivazione di cui all’art. 2, comma 2°, l. n. 604/1966 o senza l’osservanza dell’iter procedu-rale previsto dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori o dall’art. 7, l. n. 604/1966: in questo casoil giudice dichiara l’inefficacia del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamentodi una indennità risarcitoria determinata, in relazione alla gravità della violazione formale oprocedurale tra un minimo di sei ed un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzioneglobale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice ac-certi anche il difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso (a seconda del livellodi illegittimità previsto), applica una uno dei precedenti due regimi (sub B o sub C).

7 Su tale problema v. in questo volume il saggio di L. DE PROPRIS, Il requisito dimensio-nale alla prova delle riforme del mercato del lavoro. Il requisito dimensionale non rileva, pe-raltro, nei casi di licenziamento discriminatorio o nullo (v. art. 18, comma 1°, l. n. 300/1970).

8 Sembra deporre in tal senso il combinato disposto degli artt. 1 e 11 d.lgs. n. 23/2015.La seconda disposizione (rubricata “rito applicabile”) prevede testualmente che «ai licenzia-menti di cui al presente decreto non si applicano le disposizioni dei commi da 48 a 68 del-

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Il rito Fornero, sia pure avviato ad un progressivo esaurimento9, non ètuttavia tout court venuto meno: esso, con le delicate e spesso irrazionaliquestioni che pone, è tuttora destinato ad applicarsi nel caso in cui il datoredi lavoro fosse già assoggettato, al 7 marzo 2015, all’applicazione dell’art. 18Statuto dei lavoratori e il licenziamento riguardi un dipendente assunto an-teriormente a tale data10.

L’ultima riforma, peraltro, non ha toccato le innovazioni già apportatecon l’art. 32, l. 4 novembre 2010, n. 183 all’art. 6, l. n. 604/1966 e modifi-cate con la l. n. 92/2012, con le quali si è stabilito un regime di doppia “de-cadenza” sia per il licenziamento sia per altre fattispecie in precedenzaescluse e rispetto alle quali viene per lo più in contestazione la cessazione delrapporto di lavoro 11. In base a tali disposizioni, il lavoratore è onerato non

l’articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92». I licenziamenti cui si riferisce l’art. 11 dovreb-bero essere tutti quelli indicati nell’art. 1, d.lgs. n. 23/2015 e dunque non solo quelli dei nuoviassunti (art. 1, comma 1) ma anche quelli di cui si occupa il comma 3 della norma citata, chea sua volta si riferisce a chi, alla data del 7 marzo 2015, fosse già alle dipendenze di un datoredi lavoro il quale, per effetto di assunzioni successive a tale momento, abbia raggiunto la so-glia dei 15 dipendenti («nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni atempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, in-tegri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, il licenziamento dei lavoratori, anche se as-sunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto). Pertale interpretazione, v. nel presente volume i saggi di V. PETRELLA, Note in tema di oggettodella cognizione nella fase sommaria del c.d. rito Fornero e prospettazioni del ricorrente, § 1 edi L. DE PROPRIS, Il requisito dimensionale alla prova delle riforme del mercato del lavoro, § 5.

9 V. in proposito le considerazioni di D. BORGHESI, Aspetti processuali del contratto a tu-tele crescenti, in www.judicium.it, secondo il quale il legislatore delegato del 2015, racco-gliendo l’invito di una parte della dottrina e degli operatori, ha iniziato a percorrere a ritrosoil cammino iniziato con la introduzione del rito specifico, pur non abrogandolo, bensì collo-candolo «su di un binario morto nel quale continuerà a sopravvivere sino a che ci saranno li-cenziamenti governati dal vecchio sistema».

10 Ciò significa, quindi, che presso una stessa unità produttiva “sopra-soglia” i licenzia-menti ben possono essere regolati da normative sostanziali e processuali differenti, a secondadella data di assunzione del lavoratore: anche limitandoci al solo piano del rito, ciò dà luogoad una diversificazione non agevolmente comprensibile, soprattutto alla luce delle numeroseproblematiche emerse in sede applicativa con riferimento ai commi 47 ss. dell’art. 1 l. n.92/2012. Ma v’è di più. Il criterio intertemporale di cui si è detto appare destinato a generareanche nuove questioni: è prefigurabile, infatti, che, magari al fine di beneficiare di un regimesanzionatorio più light per i licenziamenti, il datore di lavoro ponga la questione, di non age-vole soluzione e tuttavia a suo carico dal punto di vista dell’onus probandi, relativa al mo-mento in cui egli abbia integrato il requisito dimensionale; ovvero che lo stesso lavoratore for-muli le proprie pretese in via gradata, invocando la vecchia e, in subordine, la nuova disci-plina. Tale scenario sembra destinato ad evocare problemi analoghi a quelli già sorti,all’indomani della entrata in vigore della legge Fornero, per l’ipotesi di cumulo di cause as-soggettate all’art. 18 e cause di licenziamento riconducibili al regime di cui all’art. 8 l. n.604/1966: v. infra nel testo).

11 In argomento, v. G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti, cit., 5; D. BORGHESI,Aspetti processuali dei licenziamenti, in D. BORGHESI, L. DE ANGELIS, Il processo del lavoro edella previdenza, Torino, 2013, 501 ss.; D. DALFINO, Il nuovo procedimento in materia di im-

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solo, entro sessanta giorni dalla comunicazione del recesso datoriale, dellaimpugnazione stragiudiziale del licenziamento12 ma anche, nei successivicentottanta giorni13, del deposito del ricorso giudiziale14, tanto se per que-st’ultimo si debbano osservare le forme e le norme del rito Fornero quantose invece si debbano seguire quelle del rito “ordinario” di lavoro (come ac-cade ove il datore di lavoro sia sottratto all’applicazione dell’art. 1815 e comeavverrà fisiologicamente pro futuro, con la riespansione del rito ex artt. 414ss. c.p.c. in conseguenza del d.lgs. n. 23/2015).

Tale combinazione, che ha destato condivisibili perplessità sul pianodella legittimità costituzionale e su quello sistematico16, ha indotto la dot-

pugnativa del licenziamento, cit., 776 s. La duplice decadenza non riguarda, infatti, soltanto lecontroversie sui licenziamenti regolati dall’art. 18 e quelli in regime di stabilità esclusivamenteobbligatoria ma si applica anche, ai sensi del comma 3 dell’art. 32, l. n. 183/2010:

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualifica-zione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, aisensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive mo-dificazioni;

b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,anche nella modalità a progetto, di cui all’articolo 409, numero 3), c.p.c.;

c) al trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, con termine decorrentedalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;nonché, ai sensi del successivo comma 4:

a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto le-gislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore dellastessa l. n. 183/2010;

b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni dilegge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 e già conclusi alla data di en-trata in vigore della stessa l. 183/2010 e con decorrenza da tale momento;

c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 c.c. con ter-mine decorrente dalla data del trasferimento;

d) in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’articolo 27 del decreto legi-slativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto dilavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

12 Già prevista per i licenziamenti dalla versione originaria dell’art. 6, commi 1-2, l. n.604/1966 (ossia anteriormente alle modifiche ivi apportate dall’art. 32, l. n. 183/2010): «Il li-cenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione dellasua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota lavolontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto adimpugnare il licenziamento stesso.

Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione del licenziamento ov-vero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento».

13 Termine così ridotto dalla l. n. 92/2012 rispetto agli originari duecentosettanta giorniprevisti dall’art. 32, l. n. 183/2010.

14 Ovvero, in alternativa, alla comunicazione alla controparte della richiesta di esperi-mento del tentativo di conciliazione ovvero alla proposizione della domanda di arbitrato.

15 Come correttamente osserva M. DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Ilnuovo rito dei licenziamenti, cit., 13, cui si rinvia per la disamina della disciplina della deca-denza sotto il profilo intertemporale.

16 Si vedano in particolare i rilievi di C. CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità,sostanziali e processuali, sui licenziamenti individuali, cit., 733, secondo i quali la soggezione

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trina maggioritaria e in parte la giurisprudenza a individuare soluzioni il piùpossibile compatibili con la giustizia sostanziale per uno dei nodi non diret-tamente sciolti dalla l. n. 92/2012: ossia la sorte della domanda (avente adoggetto una delle vicende assoggettate alla decadenza, ai sensi dell’art. 32, l.n. 183/2010) proposta con il rito “errato”, ossia secondo un modello pro-cessuale diverso da quello stabilito dal legislatore17.

2. Il rito Fornero come rito obbligatorio e “chiuso”: notazioni generali

Come noto, la disciplina processuale di cui alla l. n. 92/2012 ha inseritoun rito speciale o “specifico”18 – ritenuto pressoché unanimemente obbliga-

alla duplice decadenza, da un lato, trova in realtà la sua «giustificazione nell’intento di creareun barrage affinché, se possibile, il cavallo inciampi» e, dall’altro, costituisce un nonsense si-stematico, se si considera: i) che una volta compiuto il primo atto previsto dalla legge per ilsuo impedimento (i.e., in questo caso, l’impugnativa stragiudiziale), la decadenza dovrebbeinvero restare impedita una volta per tutte «essendo totalmente estraneo alla logica del si-stema il susseguirsi di due decadenze dallo stesso potere» e ii) che l’art. 32, l. n. 183/2010prevede tale regime non solo per le azioni testualmente definite di “annullamento” del licen-ziamento illegittimo (cfr. art. 18, comma 4, Statuto lavoratori) ma anche per quelle pacifica-mente dichiarative (e di condanna, in relazione ai licenziamenti nulli o discriminatori e a tuttele ipotesi che danno luogo alla tutela soltanto risarcitoria). I due autori, pertanto, concludononel senso che, come sotto la vigenza del vecchio testo dell’art. 18 Statuto lavoratori non erapossibile inferire dall’art. 6 l. n. 604/1966 la natura costitutiva dell’impugnativa del licenzia-mento illegittimo – essendo in realtà essa un’azione di accertamento della perdurante esi-stenza del rapporto di lavoro (cfr. C. CONSOLO, oggetto del giudicato e principio dispositivo II.Oggetto del giudizio ed impugnazione del licenziamento, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, 569ss.) – egualmente deve dirsi a fronte della doppia decadenza prevista nell’attuale quadro nor-mativo, la quale tuttora non costituisce indice decisivo per determinare la natura delle azionidi impugnativa del licenziamento. In particolare, si è osservato che la contestazione stragiu-diziale fungerebbe da “prenotazione” dell’azione giudiziale ed avrebbe la funzione di far sa-pere anticipatamente al datore di lavoro che il lavoratore intende far accertare il vizio del-l’atto espulsivo, così determinando l’insorgenza, in capo al primo, dell’interesse ad agire perl’accertamento della legittimità del recesso e dell’avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro(C. CONSOLO, D. RIZZARDO, op. cit., 734); mentre la previsione del secondo onere (i.e. depo-sito del ricorso entro i successivi centottanta giorni) sottopone il concreto potere di azionedel lavoratore all’osservanza di un termine piuttosto ridotto, al fine di creare uno sbarra-mento processuale e di ridurre lo stato di incertezza circa la eventualità della controversia sullicenziamento, in modo da consentire al datore di lavoro valutazioni più sicure in ordine allaconvenienza ad effettuare nuove assunzioni (quando sappia che non rimane esposto all’or-dine di reintegra del lavoratore licenziato) o alla possibilità di impegnare determinati importi,senza temere di essere condannato al pagamento dell’indennità risarcitoria (per analoghe con-siderazioni cfr. D. BUONCRISTIANI, Rito licenziamenti: disciplina e profili sistematici, cit., 357).

17 Ad esempio allorché la domanda di impugnazione del licenziamento ex art. 18 siaproposta col rito ordinario e non col ricorso di cui al comma 48 dell’art. 1 l. n. 92/2012 ov-vero, al contrario, ove una domanda estranea sia proposta secondo il rito specifico e non aisensi degli artt. 414 ss. c.p.c. V. infra, nel testo.

18 La definizione di procedimento giudiziario specifico è nel testo della stessa l. n.92/2012, all’art. 1, comma 1, lett. c.

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81CONTROVERSIE IN MATERIA DI LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

torio dal quale le parti non possono svincolarsi19 – destinato a convivere ac-canto al rito laburistico “ordinario” o “comune” di cui agli artt. 414 ss.c.p.c., ma con applicazione esclusiva alle liti in materia di licenziamento20 (exart. 18 Statuto lavoratori)21 ed al contempo escludente verso altre controver-sie, pur vertenti in materia di lavoro e relative al medesimo rapporto.

19 Ciò sulla base sia del tenore del comma 47, a mente del quale «le disposizioni deicommi da 48 a 68 si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenzia-menti», sia alla luce della dichiarata intenzione del legislatore di istituire una corsia preferen-ziale ed auspicabilmente veloce per le impugnative dei licenziamenti (sia nell’interesse del la-voratore che del datore di lavoro), ma non rimessa alla libera scelta e disponibilità delle parti.In tal senso, v. G. RUFFINI, op. cit., 758 s. anche per i riferimenti giurisprudenziali in tal senso;D. BUONCRISTIANI, Rito licenziamenti: profili sistematici e problemi applicativi, cit., 359, ilquale osserva che il nuovo rito risponde anche a finalità generali sicché è arduo riconosceread uno dei due litiganti un potere monopolistico di scelta del rito senza possibilità di inter-vento del giudice e di opposizione da parte dell’avversario; D. DALFINO, Obbligatorietà delrito Fornero (anche per il datore di lavoro) e decisione di questioni nella fase sommaria, cit.,397, riconosce la natura obbligatoria del rito sia alla luce del dettato dell’art. 48 (secondo cui«la domanda avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento di cui al comma 47 si pro-pone …») sia soprattutto in considerazione della ratio perseguita dal legislatore di introdurreun procedimento ad hoc e con finalità in tesi acceleratorie; F.P. LUISO, Il procedimento perl’impugnativa dei licenziamenti in regime di tutela reale: modelli di riferimento ed inquadra-mento sistematico, in F.P. LUISO, R. TISCINI, A. VALLEBONA, La nuova disciplina sostanziale eprocessuale dei licenziamenti, cit., 63; R. TISCINI, Il procedimento per l’impugnativa dei licen-ziamenti, cit., 85 ss., la quale sottolinea la volontà legislativa di costruire il rito come esclusivo;V. PETRELLA, Il rito speciale per l’impugnazione dei licenziamenti, cit., 326; in senso contrario,G. VERDE, Note sul processo nelle controversie in seguito ai licenziamenti regolati dall’art. 18dello Statuto dei lavoratori, cit., 303; C. CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, so-stanziali e processuali, sui licenziamento individuali, cit., 735 s. per la facoltatività del rito, ingiurisprudenza, cfr. il protocollo del Tribunale di Firenze, in AA.VV., Le nuove regole dopo lalegge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, cit., 301 ss.

20 Il rito Fornero è applicabile non solo ai licenziamenti individuali dei dipendenti maanche a quelli collettivi (G. VERDE, Note sul processo nelle controversie in seguito ai licenzia-menti regolati dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, cit., 313), mentre inapplicabile ai diri-genti, a meno che non si tratti di licenziamento discriminatorio; è altresì inapplicabile ai pub-blici dipendenti il cui rapporto non è disciplinato da d.lgs. n. 165/2001 (G. VERDE, ibidem),mentre lo si ritiene suscettibile di estensione per tutti gli altri (G. VERDE, ibidem; D. DALFINO,Il nuovo procedimento in materia di impugnativa del licenziamento, cit., 772; e, con perples-sità, R. TISCINI, Il procedimento per l’impugnativa dei licenziamenti in regime di tutela reale:profili processuali, cit., 91 s.).

21 Salve le precisazioni che ci pare di dover fare in relazione alla possibilità di attrarrenel rito Fornero la richiesta (subordinata) di tutela ex art. 8 l. n. 604/1966 (su cui v. infra). Ilriferimento alle controversie aventi ad oggetto i licenziamenti regolati dall’art. 18 Statuto deilavoratori taglierebbe fuori quelli intimati da datori di lavoro non imprenditori bensì “di ten-denza”, giacché l’art. 4 l. 11 maggio 1990, n. 108 espressamente esclude per essi l’applica-zione dell’art. 18. E tuttavia – come è stato osservato (G. VERDE, ibidem) – questa esclusionenon è priva di problemi, soprattutto allorché il lavoratore intenda contestare in giudizio lastessa qualificazione di impresa di tendenza al fine di invocare l’osservanza dell’art. 18; in unaipotesi del genere sarebbe auspicabile una lettura “aperturista” dell’art. 1, comma 47, lad-dove esso ammette la possibilità di risolvere con il rito Fornero anche le questioni inerentialla qualificazione del rapporto di lavoro, tra le quali dovrebbero potersi ricomprendere – se-condo la lettura che riteniamo preferibile – non solo quelle relative ai profili oggettivi del rap-porto di lavoro ma anche ai profili soggettivi.

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82 VALENTINA BERTOLDI

Si tratta di osservazioni che scaturiscono dai commi 47 e 48 della leggeFornero, i quali prevedono, rispettivamente: i) che le disposizioni dei commida 48 a 68 si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa deilicenziamenti assoggettati al regime di cui all’art. 18 Statuto dei lavoratori esuccessive modificazioni, anche quando debbono essere risolte questioni re-lative alla qualificazione del rapporto di lavoro22; e ii) che con il ricorso in-troduttivo (di tale rito “specifico”) non possono essere proposte domandediverse, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi: dettato, que-st’ultimo, ripetuto dal legislatore anche con riferimento alla successiva fasedi opposizione, ove si aggiunge la possibilità che le domande ulteriori sianosvolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai qualisi intende essere garantiti.

Tali disposizioni presentano una serie di criticità. In primo luogo, essenel riferirsi ad una sola tipologia di controversie laburistiche precludono ilrito specifico, ed in tesi veloce, rispetto a domande diverse, senza peraltropreoccuparsi di disciplinare le conseguenze dell’eventuale erronea proposi-zione, nelle forme di cui all’art. 1, commi 47-68, l. n. 92/2012, di una do-manda non rientrante fra quelle indicate nei commi citati o, viceversa, dellaproposizione in altre forme (maxime ex artt. 414 ss. c.p.c.) di un domanda,invece, assoggettata al rito Fornero.

Inoltre, le previsioni processuali della l. cit. non operano alcun ri-chiamo (apparendo, anzi, per ratio e dettato di segno contrario) alle normeche, alla stregua del nostro ordinamento, talora anche in deroga alla diver-sità del rito e stabilendo la vis attractiva in favore di uno di essi23, consen-

22 Sul significato di tale proposizione, v. in questo volume l’ampio saggio di V. PE-TRELLA, Note in tema di oggetto della cognizione nella fase sommaria del c.d. rito Fornero e pro-spettazioni del ricorrente.

23 Il rito Fornero si pone dunque in controtendenza con le disposizioni generali del co-dice di rito – aventi potenzialità applicativa nei vari modelli di tutela dichiarativa – alla cui stre-gua l’obiettivo del simultaneus processus è considerato dal legislatore talmente meritevole di at-tuazione da essere favorito, a seconda dell’intensità della connessione, con deroghe più o menoestese alle norme sulla competenza e, soprattutto in conseguenza della l. n. 353/1950, nono-stante la diversità di rito: sul tema v. E. MERLIN, Connessione di cause e pluralità dei riti nelnuovo art. 40 c.p.c., in Riv. dir. proc., 1993, 1021 ss. Sotto tale ultimo profilo, basti considerareil dettato dell’art. 40, commi 3-5, c.p.c. che ammette espressamente la deroga al rito quantomeno per i casi di connessione oggettiva qualificata di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 (anchequando le cause pendano dinanzi allo stesso ufficio giudiziario), ma la cui indicazione non èda intendersi, secondo una parte della dottrina, in senso tassativo, potendo la deroga al ritoestendersi a tutti i casi in cui il processo simultaneo risulti opportuno per la presenza di unaobiettiva esigenza di coordinamento sul piano sostanziale, come nei casi di continenza(E. MERLIN, op. cit., 1026, 1038 s.). Va da sé poi che ostacoli al simultaneus processus non visono se il rito è identico, anche se la connessione derivi dalla identità (anche solo parziale)della causa petendi o sia impropria o meramente soggettiva (art. 104 c.p.c.): il che pacifica-mente poteva avvenire anteriormente alla l. n. 92/2012, ossia quando tutte le controversie dilavoro erano assoggettate agli artt. 414 ss. c.p.c. (e come tornerà ad essere possibile dopo ild.lgs. n. 23/2015).

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83CONTROVERSIE IN MATERIA DI LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

tono la realizzazione del simultaneus processus per iniziativa delle parti (artt.31-36 c.p.c.) ovvero – quando i giudizi siano separatamente proposti – inconseguenza di un provvedimento di riunione nei casi di continenza (art. 39,comma 2, c.p.c.)24 e connessione (art. 40), anche innanzi allo stesso ufficiogiudiziario (art. 151 disp. att. c.p.c.)25. In tal modo risulta fortemente limi-tata la possibilità di realizzazione del cumulo oggettivo (i.e. la formulazione,unitamente a quella di licenziamento, di altre domande), non solo dentro ilrito Fornero, a fronte dell’inequivoco tenore del comma 48, ma anche fuoridallo stesso26.

24 Si deve, infatti, ricordare che proprio al fine di consentire il simultaneus processus fracause proposte separatamente, senza che operino le limitazioni di cui ai primi due commi del-l’art. 40 c.p.c. (il rilievo entro la prima udienza e la valutazione circa lo stato delle cause), lagiurisprudenza ha esteso l’istituto della continenza (ideando la nozione di continenza c.d.qualitativa) alle cause nascenti da un medesimo rapporto giuridico, in quanto ciascuna di essesia idonea ad essere decisa con un dictum che faccia stato sull’intero rapporto giuridico: v. inproposito C. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. I, Torino, 2014, 358 ss. Inargomento, cfr. anche E. MERLIN, op. cit., 1025 ss., secondo la quale peraltro, anche le ipotesidi continenza qualitativa sarebbero disciplinate dalle regole sul rito nel processo simultaneodi cui ai commi 3-5 dell’art. 40 c.p.c. In assenza di un rito specifico, e dunque ove la causa dilicenziamento non fosse assoggettata alla disciplina processuale di cui alla l. n. 92/2012, nonvi sarebbero peraltro problemi di sorta per l’operare della riunione per continenza fra piùgiudizi di primo grado, separatamente proposti, aventi ad oggetto domande (anche contrap-poste fra le parti) nascenti dal medesimo rapporto di lavoro.

25 Si tratta peraltro di una scelta, se non di una dimenticanza, abbastanza singolare,giacché in altri casi, quando il legislatore ha introdotto nell’ordinamento ulteriori modelliprocessuali (vieppiù allorché tendenti ad offrire tutela dichiarativa idonea al giudicato) si èpreoccupato sia di disciplinare la sorte della domanda proposta con il rito “sbagliato” sia leipotesi connessione di cause. A titolo esemplificativo, anche senza risalire all’inserimento, conla riforma del processo del lavoro (l. n. 533/1973), degli artt. 426-427, di cui si è poi fatto ri-chiamo per il procedimento in materia locatizia (nell’art. 447-bis c.p.c., aggiunto nel codicecon la l. n. 353/1990), si pensi:

– all’art. 1, commi 1° e 5°, d.lgs. n. 5/2003, alla cui stregua si prevedeva espressamenteil mutamento di rito per il caso in cui una controversia, da assoggettarsi al rito societario,fosse stata instaurata in forme diverse e si stabiliva la vis attractiva di esso anche alle causeconnesse ai sensi degli artt. 31-36 c.p.c.;

– alle disposizioni dettate nell’ambito del procedimento sommario di cognizione, ove sidistingue tanto l’ipotesi di inammissibilità della domanda non rientrante tra quelle indicatenell’art. 702-bis c.p.c., quanto il passaggio della causa al rito che consenta una istruzione nonsommaria, con l’applicazione delle norme del libro secondo del c.p.c., ove il thema deciden-dum lo richieda;

– al d.lgs. n. 150/2011 sulla “semplificazione dei riti”, che all’art. 4 contiene una dispo-sizione ad hoc sul mutamento dei riti per le cause assoggettate ad uno dei procedimenti inesso disciplinati.

26 Si esclude cioè anche la possibilità di trascinamento della causa di licenziamentoverso eventuali giudizi aventi ad oggetto altre domande scaturenti dal medesimo rapporto dilavoro ed assoggettate al rito laburistico “comune” (art. 414 ss. c.p.c.). Ciò, a meno di non vo-ler ipotizzare – con evidente sabotaggio delle intenzioni del legislatore – che nei casi di con-nessione forte o qualificata o riferibili alla nozione di continenza fra domande originaria-mente proposte in separati giudizi, l’una nelle forme del rito Fornero e l’altra, in quantoestranea al primo, nelle forme del rito del lavoro, sia possibile (nonostante le apparenze) la

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84 VALENTINA BERTOLDI

La logica che il legislatore sembra aver seguito, almeno ad un primo av-vicinamento, è dunque quella in favore di un rito “chiuso”, tagliato su unsolo tipo di domanda, sul duplice ed ingenuo presupposto che solo essa siaquella, e proprio quella, cui si deve fornire una celere risposta giudiziaria eche sull’“altare” di tale finalità acceleratoria possano sacrificarsi, senzatroppi problemi, oltre alla pienezza della cognizione27, l’interesse delle partia far decidere nello stesso processo più domande, assai spesso aventi una na-turale vocazione al cumulo, nonché le esigenze di armonia fra le decisioni.

Tale scelta, alla prova dei fatti, si è rivelata tutt’altro che felice rispettoall’obiettivo di offrire uno strumento idoneo a condurre agevolmente alladecisione di merito. Al contrario essa, da un lato, è subito apparsa foriera diquestioni processuali, rispetto alle quali è fiorita un’abbondante giurispru-denza, sfociata in soluzioni raramente uniformi, anche all’interno dellostesso ufficio giudiziario; dall’altro, si presenta con una nota di fondo, vale adire l’attitudine alla proliferazione del contenzioso ed in particolare al fra-zionamento, in giudizi distinti, delle domande di c.d. impugnazione del li-cenziamento ai sensi dell’art. 18 e di quelle, parimenti inerenti il medesimorapporto di lavoro (e la cui proposizione magari sia occasionata dal recessodatoriale28) che abbiano altro oggetto o anche solo più semplicemente che

riunione in un unico processo ai sensi dell’art. 40, commi 3-4, c.p.c., e dunque con vis attrac-tiva di entrambe le cause verso il secondo modello processuale (ossia il rito del lavoro). In fa-vore di tale proposta, senz’altro osé e che confida nella schizofrenia del legislatore, si po-trebbe argomentare dalla circostanza che, sebbene i commi 47 ss. dell’art. 1, l. n. 92/2012escludano la proponibilità dentro il rito Fornero di domande diverse da quelle ex art. 18 Sta-tuto dei lavoratori, non venga tuttavia meno la possibilità di far operare le citate disposizionidell’art. 40 c.p.c., in quanto esse hanno una vocazione applicativa generale ed assegnano pre-ferenza al rito del lavoro sia rispetto a quello ordinario sia, secondo una interpretazione dot-trinale, rispetto ad altri riti speciali, quando la causa ad esso assoggettata sia una di quelle dicui all’art. 409 c.p.c. (conclusione che al cospetto dell’art. 40 c.p.c. è stata sostenuta in C.CONSOLO, F.P. LUISO, B. SASSANI, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996,sub art. 40, 35; A. PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, 34; G.TARZIA, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2009, 39; cfr. anche E. MERLIN,in AA.VV., Codice di procedura civile commentato, diretto da C. Consolo, vol. I, Milano, 2013,sub art. 40, 570 s.). Ammettendo tale possibilità, la obbligatorietà del rito Fornero cederebbeil passo di fronte alle aspirazioni, parimenti meritevoli, di economia processuale ed unifor-mità delle decisioni. In tal modo si potrebbe realizzare in via successiva, per effetto di unprovvedimento di riunione in favore del processo disciplinato dagli artt. 414 ss. c.p.c., il cu-mulo, non attuabile ab initio, tra domande contrapposte scaturenti dallo stesso rapporto, adesempio tra la causa di licenziamento proposta dal lavoratore e quella instaurata dal datore dilavoro, con cui si chiede la restituzione di somme di cui il lavoratore si sia indebitamente ap-propriato.

27 Osserva M. DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei licen-ziamenti: l’anelito alla celerità per una tutela sostanziale dimidiata, cit., 5 che «il legislatore simostra così intento a ricavare a qualunque costo un binario privilegiato per siffatta tipologiadi controversie».

28 Come nel caso in cui oltre alla tutela avverso un licenziamento ritenuto illegittimo sichieda il riconoscimento delle differenze retributive, differenze peraltro rilevanti ai fini della

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abbiano per petitum la mera invocazione di effetti giuridici diversi29: ossia laframmentazione di cause più razionalmente destinate al simultaneus proces-sus e che prima dell’avvento della l. n. 92/2012 lo sarebbero state senz’altro,in quanto tutte olim assoggettate al rito del lavoro30.

3. Le domande estranee al rito nell’esperienza giurisprudenziale: alcuneesemplificazioni

Già all’indomani dell’entrata in vigore delle legge Fornero sono ap-parse evidenti le conseguenze disagevoli derivanti dalla costruzione di unrito incentrato, per volontà del legislatore, pressoché esclusivamente su unasola tipologia di domanda; in alcune ipotesi, l’esperienza giurisprudenziale ele interpretazioni eccessivamente restrittive del dato normativo, anchequando non necessitate dalla ratio del rito specifico, hanno finito per ampli-ficare le criticità del modello processuale.

Queste si sono ad esempio riscontrate nei casi, abbastanza frequenti, incui nel ricorso introduttivo si erano allegate l’esistenza di una interposizionefittizia di manodopera, vietata ai sensi del d.lgs. n. 276/2003 e la sussistenzadel rapporto in capo ad un soggetto diverso dal formale datore di lavoro31,la cui cognizione si è dubitato possa svolgersi nell’ambito del rito specifico,sia nel caso in cui esse erano dedotte in veste di semplici questioni sia, amaggior ragione, quando esse erano oggetto di vere e proprie domande32. In

base di calcolo per il risarcimento dovuto ai sensi dell’art. 18 Statuto lavoratori (è una dellevicende affrontate dalla giurisprudenza dopo l’introduzione del rito Fornero, su cui v. infra).

29 La distinzione sarà meglio chiarita infra.30 Ove infatti le più domande siano assoggettate al medesimo rito ed esse siano di com-

petenza dello stesso ufficio giudiziario (magari individuato per materia, come nel caso dellecontroversie di lavoro) non vi sono ostacoli alla realizzazione del simultaneus processus (periniziativa dell’attore o per successiva riunione), non solo al ricorrere di ipotesi di connessionepropria qualificata (artt. 31, 22, 34, 35 e 36 c.p.c.) o riferibili alla nozione di continenzaqualitativa ma anche quando la connessione sia per parziale identità della causa petendi efinanche meramente soggettiva (art. 104 c.p.c.).

31 Si tratta qui di un thema decidendum affine a quello in cui la c.d. impugnativa del li-cenziamento venga proposta nei confronti di più soggetti, sul presupposto che si tratti di ununico centro di imputazione (ossia di un unico datore di lavoro), anche ai fini di vedere inte-grato il requisito dimensionale dei 15 dipendenti: in argomento, anche per i riferimenti giuri-sprudenziali, cfr. D. DALFINO, Il rito Fornero nella giurisprudenza, cit., 158; V. PETRELLA, Notein tema di oggetto della cognizione nella fase sommaria del c.d. rito Fornero e prospettazioni delricorrente, nel presente volume, la quale osserva un tendenziale assestamento (soprattuttopresso alcuni fori, come quello di Roma) a favore della ragionevole e condivisibile inclusionedi tali controversie nel modello processuale specifico.

32 La seconda eventualità sembra essersi verificata nella vicenda decisa da Trib. Monza7 agosto 2013, ord., giud. Sommariva, in banche dati pluris-cedam.utetgiuridica.it, dal cuitesto si desume che con il ricorso introduttivo una lavoratrice aveva chiesto che, accertata la

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proposito, la giurisprudenza si è pronunciata in modo vario quanto alla pos-sibilità di includere nel rito Fornero questioni o domande33 relative alla tito-larità del rapporto di lavoro, ora esprimendosi a favore34, ora – e prevalen-temente – in senso contrario35. Nell’ambito di questo secondo orientamento,peraltro, si assiste ad ulteriori contrasti circa la sorte cui si espone la richie-sta ritenuta estranea, contrapponendosi alla tesi dell’inammissibilità36 quella,

titolarità del rapporto intercorso con un determinato soggetto, effettivo utilizzatore delle pre-stazioni lavorative, venisse dichiarata l’inefficacia del licenziamento verbale da quest’ultimointimato, con la reintegra nel posto di lavoro.

33 Secondo l’interpretazione che appare prevalente anche in dottrina, il dettato dell’art.1, comma 47, menzionando (come attratte nel rito Fornero) le questioni relative alla qualifi-cazione del rapporto di lavoro, sembrerebbe riferirsi alla sola ipotesi di cognizione incidentertantum e non anche al caso in cui la questione stessa si trasformi in vera e propria causa pre-giudiziale. Quel che si intende dire è, dunque, che in aggiunta al problema se nel tema dellaqualificazione del rapporto di lavoro rientrino oltre ai profili strettamente oggettivi (i.e. la na-tura subordinata e non autonoma del rapporto) anche quelli relativi all’imputazione in capoad un soggetto diverso dal datore di lavoro formale (dubbio che, ad avviso di chi scrive, me-rita di essere risolto positivamente sul piano della logica), si pone anche la problematica se,innanzi al giudice del rito Fornero, la titolarità del rapporto possa eventualmente costituireoggetto soltanto di una questione, ovvero anche di domanda, e dunque se sia suscettibile an-che di accertamento con efficacia di giudicato. In proposito, v. la disamina di V. PETRELLA,Note in tema di oggetto della cognizione nella fase sommaria del c.d. rito Fornero e prospetta-zioni del ricorrente, nel presente volume, la quale conclude in senso restrittivo, ossia a favoredella mera cognizione incidenter tantum di tali questioni; contra D. DALFINO, Il rito Forneronella giurisprudenza, cit., 159, il quale si esprime in favore della proponibilità anche di vere eproprie domande aventi ad oggetto la qualificazione del rapporto di lavoro (nonché della ti-tolarità di esso), purché strettamente funzionali alla impugnativa del licenziamento; a tale se-conda opinione la scrivente ritiene di poter aderire.

34 Trib. Napoli, ord., 16 ottobre 2012, giud. Picciotti, in Foro it., 2013, I, c. 674; in obi-ter Trib. Roma, ord., 21 febbraio 2013, giud. Leone, in Lav. giur., 2013, 924 ss., con nota diF.M. GIORGI, Le questioni di rito nel nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti.Questa seconda pronuncia merita attenzione in quanto distingue il caso (da ritenersi estraneoal rito Fornero) in cui, alla stessa stregua della prospettazione attorea, la parte semplicementechieda l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato, tuttora in essere, in capo ad undeterminato soggetto, senza dedurre l’esistenza di un atto espulsivo, da quello in cui, vice-versa, oggetto della domanda sia, in presenza di una somministrazione, l’accertamento dellaqualificazione del rapporto di lavoro in capo al soggetto fruitore e l’impugnativa del recessodelle stesso con la conseguente richiesta di reintegrazione.

35 Cfr. Trib. Milano, ord., 25 ottobre 2012, giud. Scarzella, in Foro it., 2013, I, c. 674;Trib. Roma, ord., 31 ottobre 2012, giud. Vetritto; Trib. Roma 10 dicembre 2012, giud. Conte;Trib. Roma, ord., 4 febbraio 2013, giud. Conte; Trib. Monza 7 agosto 2013, cit; Trib. Bari 12maggio 2014, giud. Minervini, in banche dati pluris-cedam.utetgiuridica.it; Trib. Monza, ord.,1° ottobre 2014, giud. Rotolo, in banche dati de jure;

36 Anche quando l’esistenza di una somministrazione irregolare sia dedotta comesemplice questione; cfr. per l’inammissibilità Trib. Milano, 25 ottobre 2012, cit., secondo ilquale sono assoggettate al rito specifico solo le domande per la tutela reintegratoria di cuiall’art. 18 St. lav., essendo escluse tutte quelle che anche solo in via di cognizione incidentalepresuppongono la costituzione di diversi ed ulteriori rapporti di lavoro; Trib. Roma, ord.,31 ottobre 2012, giud. Vetritto; Trib. Monza 7 agosto 2013, cit.; Trib. Bari 12 maggio 2014,cit.

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eminentemente dettata dall’esigenza di scongiurare decadenze sostanziali37,della conversione del rito (dal Fornero al rito laburistico)38.

A tale ultimo riguardo, la soluzione favorevole al mutamento di rito39,

37 Si consideri, infatti, che le controversie in tema di somministrazione irregolare sonosottoposte alla peculiare duplice decadenza di cui all’art. 32, l. n. 183/2010 e successive mo-dificazioni (v. supra nota 11), il cui impedimento (per il quale la legge stessa esclude che siasufficiente l’impugnativa stragiudiziale) non dovrebbe realizzarsi con la mera proposizionedella domanda giudiziale (poi dichiarata inammissibile). Ove il processo si estingua o sichiuda con un rigetto in rito, sembra infatti che questa decadenza non possa dirsi utilmenteevitata (sulla decadenza quale fattispecie complessa, sia pure con riferimento a quella di cuiagli artt. 2964-2969 c.c. che si ricollega alle vere azioni costitutive, v. C. CONSOLO, Spiegazionidi diritto processuale civile, vol. I, Torino, 2014, 469 s.).

38 Trib. Roma, ord., 21 febbraio 2013, cit., che lascia intendere che il mutamento di ritopossa avvenire tanto ai sensi degli artt. 426-427 c.p.c. quanto ai sensi dell’art. 4, d.lgs. n.150/2011; Trib. Roma 10 dicembre 2012, giud. Conte; Trib. Roma, ord., 4 febbraio 2013,giud. Conte, ove si fa applicazione dell’art. 4. d.lgs. n. 150/2011, quale norma ritenuta espres-siva di un principio generale (affermazione peraltro che non appare così nettamente omolo-gabile: v. infra).

39 A sostegno della possibilità di mutamento del rito possono essere addotti, fra gli al-tri, i seguenti argomenti: i) è principio generale dell’ordinamento quello per cui il processodeve tendere ad un risultato utile, ossia alla decisione di merito e questo deve fungere da cri-terio interpretativo per le ipotesi in cui la legge non disciplina in modo esauriente le conse-guenze di un determinato vizio, dovendosi pertanto limitare ai soli casi espressamente previ-sti la chiusura in rito del processo; ii) tale impostazione risponde ad esigenze imprescindibilidi effettività della tutela giurisdizionale (affermate massimamente da Corte Cost. 12 aprile2007, n. 77, rel. Vaccarella) ormai riconosciute anche in relazione al presupposto processualeper eccellenza, ossia la questione di giurisdizione, consentendosi la sanatoria del vizio deri-vante dalla erronea individuazione del giudice, la prosecuzione del giudizio innanzi al giudicead quem per effetto della translatio e la conservazione degli effetti sostanziali e processualidella domanda; iii) la conversione del rito è ammessa nel complesso normativo più prossimoa quello del rito speciale Fornero, ossia negli artt. 426-427 c.p.c., ed al quale è possibile rife-rirsi per il completamento delle lacune alla disciplina processuale di cui alla l. n. 92/2012; iv)la conversione del rito consente la conservazione degli effetti sostanziali prodotti con la do-manda proposta nelle forme errate, ossia il perseguimento di una finalità particolarmente ri-levante in una materia costellata da “decadenze”; v) sulla base di fecondi rilievi (di R. POLI,Le Sezioni Unite sul regime del ricorso proposto erroneamente al posto della citazione e vice-versa, in Riv. dir. proc., 2014, 1201 ss., spec. 1207 ss. e ID., Invalidità ed equipollenza degli attiprocessuali, Torino, 2012), si può affermare che quando un determinato potere sussiste, è in-dividuabile ed è stato esercitato entro il termine di legge (riferendosi qui questa dottrinatanto a fattispecie sottoposte a decadenza sostanziale che processuale) ma secondo forme chesi discostano dal modello legale, il vizio derivante da tale inosservanza – anche quando laforma non rispettata è proprio quella prevista per il compimento tempestivo dell’atto – deveessere trattato secondo la disciplina della nullità degli atti processuali, e non secondo i prin-cipi che regolano i casi di mancato esercizio del potere entro il termine perentorio, ossia iprincipi della decadenza; l’applicazione dei primi consente l’attivazione di meccanismi di sa-natoria, ove occorra reintegrando gli altri soggetti nei poteri processuali che la nullità ha im-pedito o limitato, e la conservazione degli effetti sostanziali e processuali, con decorrenza dalcompimento dell’atto viziato. Un’attuazione, sia pure in ambito limitato, di tali principi daparte della giurisprudenza si è avuta con Cass., sez. un., 14 aprile 2011, n. 8491, la quale haaffermato che l’impugnazione delle delibere condominiali proposta erroneamente con ricorsoe non con citazione può considerarsi tempestiva anche quando, nel termine perentorio previ-

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tra le due certamente preferibile sul piano sostanziale e che si fonda su prin-cipi generali, non è peraltro così immediata40.

sto dalla legge, la parte provveda al semplice deposito dell’atto in cancelleria, essendo irrile-vante che la notificazione avvenga in un momento successivo: si è cioè considerato sufficienteche nel termine di legge la parte abbia esercitato il potere ad essa riconosciuto sia pure me-diante il compimento di un atto (deposito del ricorso in luogo della notificazione) difformedal modello legale, ossia diverso da quello previsto dal legislatore per assicurare il tempestivoesercizio del potere (ma v. tuttavia Cass., sez. un., 10 febbraio 2014, n. 2907; Cass., sez. un.,8 ottobre 2013, n. 22848; Cass., 23 settembre 2013, n. 21675). A questa logica, si aggiunge,sono ispirati anche gli artt. 426-427 c.p.c. e più in generale le norme sulla conversione delrito, che sono in grado di ben risolvere il conflitto tra l’esigenza di conservare gli effetti di unpotere (esistente ed individuabile) mal esercitato e quella di salvaguardare adeguatamente ildiritto di difesa della parte estranea alla verificazione del vizio di forma. Favorevoli alla con-versione del rito per la domanda “estranea”, fra gli altri: F.P. LUISO, Il procedimento per l’im-pugnativa dei licenziamenti in regime di tutela reale, cit., 65, che propende per l’applicazionedegli artt. 426-427; nello stesso senso D. DALFINO, L’impugnativa del licenziamento secondo ilc.d. «rito Fornero»: questioni interpretative, cit., c. 8; P. CURZIO, Il nuovo rito per i licenzia-menti, in AA.VV., Flessibilità e tutele per il lavoro, cit., 417 s.; F.M. GIORGI, Cenni sui mecca-nismi normativi per colmare le lacune del rito Fornero e sulle questioni di rito, in AA.VV.,Nuove regole dopo la legge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, cit., 289 ss., 291s., il quale richiama in via analogica gli artt. 426-427; C. MUSELLA, Il rito speciale il materia dilicenziamento, in AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro dalla riforma Fornero alla legge di stabi-lità del 2013, cit., 348 ss., spec. 367.

40 Anche a voler ritenere superato (da quanto si è detto nella nota che precede) il rilievoavanzato (da G. TARZIA, Manuale del processo del lavoro, IV ed. Milano, 1999, 203 s.) al co-spetto della riforma del 1973 secondo cui, in difetto di espressa previsione legislativa (qualequella degli artt. 426-427 c.p.c.) l’errore della parte nella scelta del rito si dovrebbe a rigoretradurre in una declaratoria di inammissibilità della domanda, potendo almeno in astratto l’e-satta individuazione di esso atteggiarsi quale presupposto processuale, la cui carenza po-trebbe determinare la chiusura in rito del processo, l’interprete si deve in ogni caso, da unlato, misurare con altri ostacoli, magari superabili (v. ancora nota precedente) e non può, dal-l’altro lato, invocare argomenti non pienamente persuasivi. Sotto quest’ultimo profilo, la pos-sibilità di ricavare con sicurezza dal d.lgs. 150/2011 una disciplina generale del mutamento dirito, esportabile anche al di fuori di quel corpus normativo, sembra messa in dubbio sia dalfatto che l’art. 4 del citato d.lgs. sembra riferibile soltanto alla conversione del rito fra i pro-cedimenti ivi regolati sia dalla considerazione che una lettura dell’art. 4 quale norma generalesul mutamento di rito suscettibile di essere esportata fuori dal d.lgs. n. 150/2011 (e dunqueanche quando la controversia sia estranea al suo ambito di applicazione e il modello proces-suale in concreto utilizzato non sia uno di quelli ivi considerati) potrebbe apparire in contra-sto con la delega contenuta nell’art. 54 l. n. 69/2009, che aveva certamente delegato il go-verno ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione deiprocedimenti civili di cognizione rientranti nell’ambito della giurisdizione ordinaria e regolatidalla legislazione speciale, anche in coordinamento con le altre disposizioni vigenti, ma nonlo aveva autorizzato a introdurre in via generale una disciplina sul mutamento del rito, appli-cabile ad ogni ipotesi (v. S. RECCHIONI, Modelli processuali e riduzione dei riti civili, in AA.VV.,Il processo civile. Sistema e problematiche. Le riforme del quinquennio 2010-2014, a cura diC. Punzi e G. Ruffini, cit., 167 ss., spec. 173, secondo il quale si tratta di una disciplina di set-tore che non può assurgere al rango superiore di norma generale; A. CARRATTA, La «semplifi-cazione» dei riti e le nuove modifiche del processo civile, Torino, 2012, 75, che pone anche unaquestione di costituzionalità; di disciplina autonoma (e specifica) per il mutamento dei riticon riferimento all’art. 4 parla anche F. SANTANGELI, in AA.VV., Riordino e semplificazione deiprocedimenti civili, a cura di F. SANTANGELI, Milano, 2013, 43; in senso parzialmente difforme,

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In questo contesto, e con riferimento all’ipotesi considerata, appare pe-raltro preferibile ritenere che sia cumulabile l’accertamento41, peraltro incontraddittorio esteso tanto al datore di lavoro interponente che a quello in-

L. PENASA, in AA.VV., Codice di procedura civile commentato. La “semplificazione” dei riti e lealtre riforme processuali 2010-2011, diretto da C. Consolo, sub art. 4 d.lgs. n. 150/2011, 48).Del resto, la possibilità di fare riferimento, per le fattispecie in esame, all’art. 4 d.lgs. n.150/2011 è da escludersi anche per un’altra ragione; e cioè che tale norma, rendendo possi-bile il consolidamento del rito originariamente prescelto, anche se erroneo, quando la neces-sità di mutamento non emerga entro la prima udienza (C. CONSOLO, Prime osservazioni intro-duttive sul d.lgs. n. 150/2011 di riordino e relativa “semplificazione” dei riti settoriali, in Corr.giur., 2011, 1485 ss., 1489), appare incompatibile con la natura “chiusa” del rito Fornero, cherespinge l’idea di un utilizzo della c.d. corsia veloce per controversie estranee a quelle indi-cate nell’art. 1, comma 47, l. n. 92/2012. Sotto il primo punto di vista, invece, possono se-gnalarsi due ostacoli. Il primo potrebbe derivare dalla constatazione che vi sono norme, nelnostro ordinamento, anche di recente introduzione, che ricollegano la sanzione dell’inammis-sibilità alla proposizione di una domanda che esuli dall’ambito di applicazione di un deter-minato procedimento e che dunque sono espressione del fatto che non vi sia un diritto dellaparte a fruire di un rito speciale. In tale direzione, si può pensare all’art. 702-ter c.p.c., lad-dove stabilisce che quando sia proposta nelle forme del procedimento sommario di cogni-zione una domanda (anche riconvenzionale) non rientrante nel suo ambito di applicazioneessa viene dichiarata inammissibile con ordinanza non impugnabile. Il rigore di tale previ-sione, peraltro, non è sfuggito alla dottrina (proprio in relazione alle ipotesi in cui possanooperare decadenze), nel cui ambito – accanto a coloro che hanno evidenziato l’inesistenza diun diritto delle parti ad avvalersi del rito speciale semplificato (così M. BOVE, Il procedimentosommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis ss. c.p.c., in www.judicium.it, § 3; F.P. LUISO,Il procedimento sommario di cognizione, in Giur. it., 2009, 1568; P.P. LANNI, Art. 702-ter, inAA.VV., Codice di procedura civile commentato, diretto da C. Consolo, vol. III, Milano, 2013,793) – altri hanno proposto di circoscrivere la declaratoria di inammissibilità all’ipotesi te-stualmente prevista in cui la controversia spetti al tribunale in composizione collegiale (inveceche a quello monocratico), viceversa escludendola in altri casi di asserita estraneità al proce-dimento sommario (quali l’assoggettabilità della causa ad un rito diverso da quello ordinario),per i quali si ritiene più auspicabile un provvedimento di mutamento del rito: in tale ultimosenso D. DALFINO, Sull’inapplicabilità del nuovo procedimento sommario alle cause di lavoro,in Foro it., 2009, V, c. 392 ss.; A. TEDOLDI, Il nuovo procedimento sommario di cognizione, Bo-logna, 2013, 206. L’argomento qui considerato potrebbe peraltro essere complessivamentesuperato con l’osservazione che l’instaurazione del procedimento sommario di cognizione èfacoltativa, sicché non appare fuori luogo la previsione di inammissibilità della domandaestranea all’ambito di applicazione; mentre l’osservanza delle forme di cui all’art. 1, commi47-68, l. n. 92/2012 è obbligatoria e, dunque, appare più pertinente in tal caso la soluzionedella conversione del rito. Il secondo ostacolo invece potrebbe annidarsi in quella giurispru-denza (Cass. 5 agosto 2011, n. 17053; Cass. 9 agosto 2008, n. 23344) secondo la quale, con ri-ferimento allo speciale procedimento di cui alla l. n. 794/1942 per la liquidazione delle spese,degli onorari e dei diritti spettanti all’avvocato dal proprio cliente, quando dopo la costitu-zione delle parti emerga l’inesistenza dei presupposti per l’applicazione del procedimentostesso, deve essere dichiarata esclusivamente l’inammissibilità del ricorso, senza che si possadisporre il mutamento del rito, in base al principio che quest’ultimo non può operare fra pro-cedimenti caratterizzati da una cognizione non omogenea ed in particolare quando uno deidue presenti caratteri di sommarietà. A questo argomento, più delicato, si può obiettare chealla fase sommaria del giudizio di primo grado secondo il rito Fornero, che potenzialmenteconduce ad un provvedimento idoneo al giudicato, fa seguito il giudizio a cognizione piena,sicché finisce per mancare quella diversità di ambiente cognitivo cui fa riferimento l’indirizzogiurisprudenziale sopra menzionato.

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terposto, della imputazione soggettiva del contratto di lavoro. Questa è in-fatti questione che indubbiamente attiene al modo di essere del rapporto eche appare propedeutica alla causa di licenziamento42, sicché non convincel’argomento, presente in alcune pronunce, secondo cui, giacché l’art. 32, l.n. 183/201043 menziona distintamente le ipotesi in cui si deducono questionirelative alla qualificazione del rapporto di lavoro e quelle in cui si chiede lacostituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggettodiverso dal titolare del contratto, si dovrebbe concludere che ai fini del ritoFornero, ed in particolare del comma 47, le seconde debbano ritenersiescluse.

La lettura qui proposta ha il pregio non solo di includere nella corsiaveloce le cause di licenziamento nelle quali sorga questione circa la titolaritàeffettiva del rapporto (ai sensi del predetto comma 47) ma anche di consen-tire l’unitarietà del procedimento e dell’accertamento (scongiurando dunquela frammentazione dei giudizi) quando essa sia oggetto di vera e propria do-manda44.

Meno a malincuore in assenza di rischi collegati al maturare di deca-denze, si può guardare a quella giurisprudenza che, con riferimento all’art.1, comma 48, ha ritenuto estranee al rito specifico, in quanto fondate su fatti

41 Sia incidenter tantum che con efficacia di giudicato: così anche D. DALFINO, Il ritoFornero nella giurisprudenza, cit., 159, tanto più che alcuni dei fatti necessari per accertarel’illegittimità o meno del licenziamento potrebbero essere comuni anche alla decisione sullatitolarità soggettiva del rapporto di lavoro.

42 In tal senso, V. PETRELLA, Note in tema di oggetto della cognizione nella fase somma-ria del c.d. rito Fornero e prospettazioni del ricorrente, nel presente volume. E ciò è agevol-mente intuibile laddove – come risulta per molti dei casi scrutinati dai giudici di merito – illavoratore invoca la tutela c.d. forte o per reintegra a fronte di un recesso intimato solo oral-mente dal datore di lavoro effettivo ma diverso da quello apparente, sicché la causa di licen-ziamento presuppone l’accertamento della titolarità effettiva del rapporto di lavoro.

43 La specifica, distinta menzione nell’art. 32 citato delle due fattispecie si giustifica inrelazione alla finalità di tale norma, che modificando la lettera dell’art. 6, l. n. 604/1966 haistituito la c.d. doppia decadenza, estendendola non solo alle ipotesi classiche di licenzia-mento, ma anche ad altre fattispecie in precedenza non assoggettate a tale regime.

44 Ove, infatti, la domanda relativa all’accertamento della somministrazione irregolare eall’imputazione effettiva del rapporto di lavoro, cumulata a quella con cui si è invocata la tu-tela ex art. 18 magari alternativamente nei confronti del datore di lavoro “formale” e nei con-fronti di quello effettivo, dovesse ritenersi estranea al rito Fornero e dovesse essere dispostaper essa la conversione del rito, si assisterebbe comunque (a prescindere dalla possibilità omeno di formale separazione) ad una biforcazione dell’iniziale unitario giudizio: da un lato, lacausa sull’imputazione del rapporto di lavoro assoggettata al comune rito laburistico e pre-giudiziale; dall’altro, quella sul licenziamento (che segue il rito specifico), rispetto alle quali èdifficile ipotizzare un effettivo strumento di coordinamento. Dubbi in proposito vi sono ri-spetto all’applicazione dell’art. 295 c.p.c., anche (ma non solo) per il “piccolo particolare”che la causa destinata alla sospensione dovrebbe essere quella di licenziamento, con conse-guente frustrazione degli auspici di una tutela accelerata e dunque con vanificazione della vo-luta introduzione del rito specifico.

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91CONTROVERSIE IN MATERIA DI LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

costitutivi non identici rispetto a quelli della causa di licenziamento45, le do-mande cumulate a quest’ultima e relative all’inquadramento in un livello su-periore e al pagamento delle differenze retributive46 o al trattamento di finerapporto47 o ancora al risarcimento dei danni alla professionalità e alla salutederivanti dal demansionamento48; mentre potrebbe essere attratta nel ritospecifico la domanda di risarcimento dei danni (ulteriori) derivanti da un li-cenziamento discriminatorio o ingiurioso49.

45 Ai fini di una ragionevole lettura della locuzione utilizzata nell’art. 1, comma 48, si èaffermato che tra la domanda ex art. 18 e la domanda “diversa” non debba esservi totalecoincidenza di fatti costitutivi, bensì una identità parziale, con la precisazione che nella fatti-specie costitutiva della domanda diversa o c.d. eterodossa debbano però esservi tutti quellidella causa di licenziamento (i.e. esistenza del rapporto di lavoro e recesso datoriale che si as-sume viziato) con l’aggiunta di eventuali ulteriori fatti. Cfr. M. DE CRISTOFARO, in M. DE CRI-STOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti, cit., 11.

46 V. Protocollo del Tribunale di Monza, in AA.VV., Nuove regole dopo la legge n. 92 del2012 di riforma del mercato del lavoro, cit., 305, che indica la soluzione della inammissibilitàdella domanda per l’inquadramento superiore; Trib. Roma 18 dicembre 2014, giud. Buconi,in banche dati de jure, che si esprime per la improponibilità della stessa col rito Fornero;Trib. Ivrea 8 luglio 2014, giud. Morello, in banche dati pluris-cedam.utetgiuridica.it, che con-clude per l’inammissibilità; Trib. Aosta 26 maggio 2014, giud. D’Abrusco, ibidem, che di-chiara l’inammissibilità, escludendo espressamente il mutamento del rito della domandaestranea; Trib. Taranto 30 novembre 2012, giud. Magazzino, in Lav. giur., 2013, 587 ss., ovesi precisa che di tali materie il giudice del rito specifico non potrebbe occuparsi neppurecome mere questioni al fine di individuare la retribuzione base per il calcolo del risarcimentodel danno, giacché l’accertamento di mansioni superiori presuppone un’istruttoria diversa daquella richiesta per la causa di licenziamento e Trib. Palermo 15 ottobre 2012, giud. Marino,ibidem, 591 ss., entrambe annotate da S. SANTARONI, Dentro e fuori dal cosiddetto “Rito For-nero”, cit.; v. anche l’ulteriore giurisprudenza citata da D. DALFINO, Il rito Fornero nella giu-risprudenza, cit., 160. L’opinione restrittiva si fonda sulla considerazione che nella causa pe-tendi non rientrano tutti i fatti costitutivi della domanda ex art. 18 St. lav. (ed in particolarenon necessariamente il recesso datoriale) bensì solo il segmento rappresentato dalla sussi-stenza di un rapporto di lavoro subordinato; contra per l’assoggettabilità al rito Fornero, M.DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti, cit., 9; C.CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, sui licenziamento in-dividuali, cit., 737. Invero, la richiesta delle differenze retributive potrebbe essere fatta valereanche autonomamente e a prescindere dall’impugnativa del licenziamento; ma può ben essereoccasionata dal recesso datoriale che il lavoratore assuma illegittimo, in quanto – a maggiorragione nel regime di tutela obbligatoria – il quantum della retribuzione costituisce parame-tro per la determinazione della indennità dovuta al dipendente nel caso in cui la domanda exart. 18 St. lav. da lui proposta dovesse essere accolta. Questo vuol dire che, escludendosi il si-multaneus processus e ritenendosi inapplicabili altri meccanismi di coordinamento dei dueprocedimenti, potrebbero verificarsi alcuni inconvenienti, quando entrambi i giudizi doves-sero concludersi con una pronuncia di accoglimento (v. infra nota 52).

47 V. ad esempio Trib. Milano, ord., 31 ottobre 2012, giud. Porcelli, citata da D. DAL-FINO, op. loc. ult. cit.

48 App. Bologna 6 marzo 2014, in banche dati pluris-cedam.utetgiuridica.it, che am-mette per tale domanda il mutamento di rito, a fronte della declaratoria di inammissibilità giàintervenuta in primo grado.

49 In tal caso la domanda c.d. eterodossa avrebbe come fatti costitutivi tutti quelli delladomanda appartenente al rito Fornero, con l’aggiunta di altri suoi propri.

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92 VALENTINA BERTOLDI

Resta peraltro il dato che, dichiarata la inammissibilità di tali pretese odisposto per esse il mutamento di rito, si determina in ogni caso la pluralitào la biforcazione dei procedimenti, destinati a svolgersi parallelamente50 epotenzialmente idonei a concludersi con un accertamento dell’esistenza e delmodo di essere del rapporto fondamentale (i.e. di lavoro) dal quale le di-verse domande nascono51. In questo contesto, si è proposto, in difetto distrumenti in grado di prevenire il contrasto delle decisioni e dei giudicati52,che l’unica via percorribile sarebbe quella di ammettere ex post la spenditanell’altro processo della decisione che per prima divenga definitiva53.

4. Il trattamento della domanda ex art. 8 l. n. 604/1966

La vicenda più eclatante, per le soluzioni cui ha dato luogo, concerne ilrapporto tra la domanda con cui si invochi una delle tutele di cui all’art. 18Statuto lavoratori, sul presupposto che il datore di lavoro integri il requisito

50 Come si è visto, una volta spezzato il cumulo oppure a fronte di più procedimenti abinitio proposti separatamente, in ragione della obbligatorietà ed indefettibilità del rito speci-fico per le cause di licenziamento, sarebbe negata la possibilità di riunione. Al riguardo, C.CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, sui licenziamento in-dividuali, cit., 737 osservano che la snellezza del procedimento è inficiata, più che dal cumuloprocessuale, dalla complessità dell’accertamento in fatto necessario a verificare la sussistenzao meno del presupposto per l’esercizio del potere datoriale di recesso: ove le domande ulte-riori non necessitino una istruttoria complessa, possono invero rivelarsi innocue.

51 Per tali rilievi, F.P. LUISO, Il procedimento per l’impugnativa dei licenziamenti, cit., 71s., il quale in proposito richiama la teoria dell’antecedente logico necessario, nel senso che ilgiudicato sul rapporto fondamentale può formarsi se la decisione si è fondata sull’esistenza esul modo di essere di esso.

52 A meno di non voler ammettere per le cause in rapporto di continenza (qualitativa)l’applicazione dell’art. 295 c.p.c., con la precisazione che, al fine di non vedere frustrate leistanze di celerità ricollegate alla creazione del rito specifico, a dover essere sospesa sarebbela causa diversa da quella di licenziamento: (così P. SORDI, L’ambito di applicazione del nuovorito per l’impugnazione dei licenziamenti e disciplina della fase di tutela urgente, § 6, con opi-nione che tuttavia non è oripetuta da questo autore nel successivo saggio, L’ambito di appli-cazione del nuovo rito per l’impugnazione dei licenziamenti, in AA.VV., Nuove regole dopo lalegge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, Torino, 2013, 281 ss.). In proposito èstato obiettato da F.P. LUISO, op. cit., 71, che l’applicazione dell’art. 295 c.p.c. sarebbe pre-clusa in quanto le cause non sono in rapporto di pregiudizialità (tecnica) ma hanno ad og-getto diritti nascenti dallo stesso rapporto giuridico fondamentale. In aggiunta, si può osser-vare che la sospensione della causa diversa da quella di licenziamento, che potrebbe astratta-mente avere un senso rispetto alla causa gradata sul t.f.r., sarebbe in altre ipotesi oltretuttoirrazionale. Si ponga il caso in cui, impugnato l’atto espulsivo, penda in un separato giudiziola causa per il riconoscimento delle differenze retributive ed entrambi i procedimenti si con-cludano, in tempi diversi, con l’accoglimento delle rispettive domande. Ove la causa sul li-cenziamento giunga per prima al dictum definitivo – mentre è sospeso il giudizio sulle diffe-renze retributive – la determinazione del quantum della condanna datoriale per l’illegittimitàdel recesso viene pronunciata su una base di calcolo che non ha potuto tener conto dellamaggiorazione delle retribuzioni successivamente conseguita all’esito del secondo processo.

53 F.P. LUISO, op. cit., 72.

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93CONTROVERSIE IN MATERIA DI LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

dimensionale, e la domanda volta a far valere la tutela sempre e soltantoobbligatoria e a contenuto indennitario più ridotto prevista nell’art. 8, l. n.604/1966.

In questo caso, peraltro, come si dirà meglio, siamo in presenza non giàdi due autonome domande bensì dinanzi alla invocazione di effetti diversiche si ricollegano ad una medesima vicenda sostanziale (il recesso datoriale).Qui, dunque, il tema appare ancora più delicato, in quanto l’eventuale as-soggettamento a riti diversi si correla non a più domande (connesse o, me-glio, riferibili alla nozione di continenza qualitativa) bensì a profili diversi diuna sostanzialmente unica richiesta di tutela.

Purtuttavia, fin dalle prime battute applicative, la giurisprudenza domi-nante ha affermato, con rare eccezioni54, che la tutela debole ex art. 8, l. n.604/1966 non può ricadere nel modello processuale “veloce”, tentando difornire al riguardo, ora succintamente ora in modo più esteso, una giustifi-cazione razionale, alla luce del richiamo operato dal comma 47 alle impu-gnative dei licenziamenti regolate dall’art. 18 nonché sul presupposto che ilrito Fornero guardi con sfavore al cumulo processuale.

In particolare, in base ad un vero e proprio effetto ottico, si è osservatoche tutte le tutele previste nel novellato art. 18 avrebbero immancabilmentequale sfondo la reintegrazione nel posto di lavoro55 e che la ratio del ritospecifico sarebbe proprio quella di giungere in tempi celeri ad una pronun-cia che definisca la sorte del rapporto di lavoro (se perdurante o risolto);mentre si dovrebbe evitare che l’attore, sulla base di allegazioni (magari stru-mentali) relative alla sussistenza del requisito dimensionale, possa giovarsi ditale corsia “preferenziale”.

Su questa comune base di partenza, si registrano peraltro divisioni conriferimento al trattamento da riservare alla domanda ex art. 8, giacché a pro-nunce di inammissibilità56 se ne contrappongono altre che ammettono, dopo

54 App. Roma, 27 giugno 2014, in www.csdnroma.it; Trib. Roma, ord., 19 dicembre2012, giud. Armone, in www.giuslavoristi.it/sezioni-regionali/lazio/osservatorio-legge-922012/giurisprudenza-del-lazio.

55 Abbiamo visto come in realtà che l’art. 18 St. lav. prevede oggi un ventaglio di di-verse tutele, rispetto al quale non appare più predominante quella reale o per reintegrazione,trovando invece ampio spazio la tutela indennitaria.

56 Trib. Busto Arsizio 29 ottobre 2014, giud. Fumagalli, in banche dati dejure, resa infase di opposizione, la quale si è occupata di una vicenda nella quale la domanda ex art. 8, l.n. 604/1966 era stata proposta sia in un procedimento separato sia in via subordinata al ri-getto della domanda di reintegra per un licenziamento discriminatorio (respinta all’esito dellafase sommaria per la mancata prova della discriminazione). In questo caso, il giudice dell’op-posizione, nel confermare la decisione resa con ordinanza, ha negato altresì la possibilità diriunione del giudizio innanzi a sé pendente col distinto procedimento avente ad oggetto lasola domanda risarcitoria e dichiarato l’inammissibilità della domanda subordinata ex art. 8,l. n. 604/1966, proposta nel procedimento introdotto con le forme del rito Fornero e a que-sto ritenuta estranea. V. anche Trib. Firenze 19 marzo 2014, giud. Rizzo, in banche dati plu-

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94 VALENTINA BERTOLDI

il rigetto della domanda principale57, la conversione del rito (verso quello“comune” di lavoro) per la decisione della domanda subordinata58. A taleultimo riguardo, pur muovendo dalla premessa che quest’ultima non pre-senti carattere di autonomia bensì consista in una richiesta già implicita inquella ex art. 18, semplicemente connotandosi per una diversa (i.e. più de-bole) intensità59, si è affermato in dottrina che il giudice dovrebbe innanzi

ris-cedam.utetgiuridica.it, che, resa all’esito dell’opposizione, ha confermato la declaratoria diinammissibilità della domanda subordinata ex art. 8, l. n. 604/1966, espressamente esclu-dendo rispetto ad essa l’applicabilità della disciplina del mutamento del rito di cui all’art. 426o all’art. 4 d.lgs. n. 150/2011; ma v. anche Protocollo del Tribunale di Firenze, cit., 302, ove,riaffermata l’inammissibilità della domanda subordinata, si precisa che l’azione intrapresa con ilrito Fornero impedirebbe comunque la decadenza; Trib. Milano 22 febbraio 2014, giud. Mar-tello, in Lav. giur., 2014, 617, che, in un caso in cui era stata proposta in via principale l’impu-gnativa del licenziamento per assenza di giustificato motivo oggettivo con condanna alla reinte-gra e in via subordinata la condanna al pagamento di una indennità risarcitoria tra 2,5 e 6 men-silità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ha respinto (a fronte della prova del datore dilavoro del mancato raggiungimento della soglia dei 15 dipendenti) la prima richiesta e dichia-rato improponibile la seconda domanda; Trib. Roma, ord., 11 febbraio 2013, giud. Casola, che,rigettata per insussistenza dei presupposti dell’art. 18 St. lav. la domanda principale, ha dichia-rato la improponibilità con il rito specifico della domanda subordinata ex art. 8, la cui estraneitàal rito Fornero viene argomentata in base al rilievo che il comun denominatore di tutte le fatti-specie disciplinate dal novellato art. 18 è la possibilità data al giudice di disporre la reintegra-zione del dipendente licenziato (la stessa ordinanza poi aggiunge, in modo del tutto opinabile,che l’improponibilità della domanda, essendo pronuncia di mero rito, non impedisce la formu-lazione della stessa in un nuovo giudizio, essendo salvi gli effetti sostanziali già prodottisi con ildeposito della prima domanda); Trib. Roma, ord., 21 gennaio 2013, giud. Frate, la quale stig-matizza i tentativi di allargamento oltremisura dell’ambito applicativo dell’art. 1, commi 47 ss.fino alla copertura di ogni tipo di licenziamento nonché l’abuso applicativo del rito speciale an-che al caso di aziende di piccolissime dimensioni sol che si abbia l’accortezza di chiedere la tu-tela reale in via principale e quella obbligatoria in via subordinata.

57 In questo caso, peraltro, il rigetto della domanda principale deve essere fondato suragioni specifiche e proprie della tutela richiesta (ad esempio l’insussistenza del requisito di-mensionale oppure il carattere non discriminatorio del licenziamento che si voleva far accer-tare con la domanda principale ex art. 18 St. lav.) e non comuni a quelle dell’art. 8, l. n.604/1966.

58 Cfr. Protocollo del Tribunale di Venezia, in AA.VV., Nuove regole dopo la legge n. 92del 2012 di riforma del mercato del lavoro, cit., 309, ove si precisa che dopo il rigetto della do-manda principale, il giudice deve “separare” la causa per decidere sull’art. 8 mutando il rito;Trib. Bari 4 marzo 2014, giud. Vernia, in Lav. giur., 2014, 516 ss., sintetizzata da F. COLLIA,ove si ammette che, dopo che risulti accertato il mancato raggiungimento del requisito di-mensionale, il giudizio possa proseguire nelle forme del rito ordinario per decidere sulla tu-tela ex art. 8 anche se la domanda subordinata non sia stata espressamente proposta (inquanto implicita nella richiesta principale); in senso analogo App. Roma 7 luglio 2014, inwww.csdnroma.it, la quale sembra aderire all’impostazione che vuole il mutamento di rito perla domanda subordinata, precisando peraltro che l’ordinanza con la quale in fase sommaria,allo stato degli atti, si ritenga non sussistente il requisito dimensionale e venga disposta laconversione non ha carattere decisorio, sicché essa non può esser oggetto di opposizione (daritenersi inammissibile), né quindi di reclamo; in senso difforme App. Roma, 27 giugno 2014,in www.csdnroma.it.

59 D. BUONCRISTIANI, Rito licenziamenti: profili sistematici e problemi applicativi, cit.,364 ss.

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95CONTROVERSIE IN MATERIA DI LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

tutto accertare la sussistenza degli elementi qualificanti la richiesta di tutelaex art. 18 St. lav. (ad esempio, il requisito dimensionale); quindi, in caso diesito negativo, disporne il rigetto nel merito60 nelle forme del rito speciale,nonché, con separata ordinanza, mutare il rito, per decidere sulla tuteladebole di cui all’art. 861.

In alternativa a questa soluzione, un’altra parte della dottrina nonesclude in realtà che, all’esito dell’istruttoria, il giudice possa pronunciarsicontestualmente su tutte le richieste (sia ex art. 18 che ex art. 8), se in giudi-zio risultino già acquisiti non solo gli elementi per decidere sulla domandaprincipale ma anche quelli concernenti la tutela debole (ad esempio quantoalla sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo): in que-sto caso, entrambe le domande resterebbero attratte nel rito Fornero e nonoccorrerebbe, dopo il rigetto della prima, disporre per la seconda il passag-gio al rito di lavoro62.

60 La precisazione (rigetto nel merito) viene svolta da questa dottrina in applicazionedel principio secondo il quale, da un lato, il rito deve individuarsi sulla base del quid dispu-tatum ossia alla stregua della prospettazione attorea (es. che alla causa di licenziamento siaapplicabile l’art. 18 St. lav. in quanto il datore di lavoro occupa più di 15 dipendenti) e, dal-l’altro, che quando per la soluzione di una questione processuale rilevi un profilo attinenteanche al merito della controversia, per decidere della prima si deve fare riferimento non aquanto risulti all’esito dell’istruttoria bensì a quanto affermato dall’attore, il quale, d’altrocanto, sconta l’eventuale erroneità delle sue affermazioni con il rigetto nel merito della do-manda: così D. BUONCRISTIANI, op. ult. cit., 367 s.; F.P. LUISO, Il procedimento per l’impugna-tiva dei licenziamenti in regime di tutela reale: modelli di riferimento e inquadramento siste-matico, cit., 65 s. Su queste basi, dunque, ove l’attore per fruire della corsia processuale ve-loce di cui alla l. n. 92/2012 abbia affermato la sussistenza del requisito dimensionale e dettaallegazione risulti poi smentita sulla base degli elementi acquisiti agli atti, il giudice non do-vrà solo pronunciare sulla erroneità del rito bensì respingere nel merito la domanda (princi-pale). In questa ipotesi si tratterebbe, peraltro, come si è detto (v. nota 57) di un rigetto suigeneris, ossia limitato al solo profilo specifico (i.e. il requisito dimensionale) ma che ancoranulla dice circa la legittimità o meno del licenziamento.

61 D. BUONCRISTIANI, op. cit., 368 s.62 Così F.P. LUISO, Il procedimento per l’impugnativa dei licenziamenti in regime di tutela

reale, cit., 68, secondo il quale si tratterà di verificare, di volta in volta, se la controversia èmatura per essere decisa anche in relazione all’art. 8, l. n. 604/1966. Se ad esempio, il rigettodella domanda principale è avvenuto per ragioni concernenti i presupposti specifici di appli-cazione dell’art. 18 St. lav. (requisito dimensionale, qualificazione dell’impresa come di ten-denza) e il giudice non si sia occupato del versante relativo alla sussistenza dei presuppostiper l’esercizio del potere datoriale di recesso, egli deve disporre la conversione del rito per lacausa subordinata; viceversa se la causa sia già istruita anche con riferimento alla sussistenza(o meno) della giusta causa o del giustificato motivo oggettivo, allora tutta la controversia puòessere contestualmente decisa. Non distante da questa soluzione, cfr. L. DITTRICH, Rito spe-ciale dei licenziamenti e qualità della cognizione, cit., 107 s., secondo il quale se all’esito dellafase sommaria il giudice ritenga di accogliere la domanda principale, dichiarerà l’assorbi-mento della subordinata; ma ove rigetti la prima, potrebbe – all’esito dell’istruttoria svoltasinella stessa fase sommaria, in base al rilievo che essa non è incompatibile con quella propriadel rito del lavoro – anche accogliere la domanda ex art. 8 l. n. 604/1966, tuttavia con sen-tenza: sarebbe, cioè, possibile una decisione contestuale con provvedimenti distinti ed assog-

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96 VALENTINA BERTOLDI

Peraltro, tanto la tesi dell’inammissibilità quanto quella della mera con-versione del rito presentano inconvenienti: gli stessi che si sono visti nelle al-tre ipotesi di ritenuta estraneità di una domanda al rito specifico, ma finan-che più gravi, stante la natura della situazione sostanziale azionata.

La prima soluzione, se astrattamente non preclude la riproponibilità inun nuovo giudizio della domanda ex art. 8 St. lav., espone tuttavia il lavora-tore al rischio che medio tempore sia decorso il termine di centottanta giorniper l’impugnativa giudiziale del licenziamento; dall’altro lato – e proprio alfine di evitare questo drastico esito – spinge la parte a frazionare la richiestadi tutela, mediante la contestuale proposizione di giudizi necessariamentedistinti (in quanto caratterizzati dalla diversità di rito): giudizi nei quali, aben vedere, vengono dedotte domande (fondate sulla medesima causa pe-tendi 63) che differiscono solo per una diversa gradazione o quantificazionedel petitum 64, o meglio solo per la invocazione di differenti effetti scaturentida una identica vicenda sostanziale e dunque differenti effetti di una do-manda in realtà unitaria65.

Anche ove si percorra la via della conversione del rito, si giunge all’in-desiderabile risultato della biforcazione dei procedimenti, che si determinain ogni caso, anche in assenza della possibilità di formale separazione dellecause66: rigettata la domanda principale per motivi suoi propri e disposto ilpassaggio al rito del lavoro per la richiesta subordinata, senza peraltro cheancora nulla sia stato deciso circa la legittimità o meno del licenziamento,ben potrà verificarsi, da un lato, che l’ordinanza emessa all’esito della fase

gettati ad un diverso regime. Sul tema generale della decisione della domanda principale cheassuma un contenuto «non assorbente» l’esigenza dell’esame nel merito della domanda con-dizionale, cfr. C. CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, Padova, 1985, vol. II, 711 ss.

63 Costituita da questi elementi: sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeter-minato e recesso datoriale che si assume viziato.

64 Ad esempio, nel giudizio assoggettato al rito Fornero si chiede (l’accertamento dellaperdurante esistenza del rapporto di lavoro e) la condanna alla reintegrazione, mentre nel di-stinto giudizio la condanna al pagamento dell’indennità ex art. 8 l. n. 604/1966; ovvero nelprimo si chiede la condanna al pagamento delle (maggiori) indennità previste per il licenzia-mento privo di giustificato motivo oggettivo dall’art. 18 e nel secondo processo si chiede ilpagamento del più modesto quantum (fino a sei mensilità) di cui all’art. 8 l. cit.

65 Si tratta di esiti giurisprudenziali che appaiono in singolare controtendenza con l’o-stracismo della giurisprudenza di merito e di legittimità verso le ipotesi di c.d. frazionamentodel credito (tema sul quale v. da ultimo, C. ASPRELLA, Il frazionamento del credito nel processo,Bari, 2015) e che impongono peraltro una duplice avvertenza: non solo l’accoglimento (in viadefinitiva) dell’una domanda dovrebbe impedire di proporre e di coltivare l’altro giudizio edi ottenere una ulteriore statuizione di merito sulla tutela debole; ma anche il rigetto dell’unasotto un profilo comune (es. accertata sussistenza dei presupposti per l’esercizio del recessodatoriale) dovrebbe impedire di far valere la domanda ex art. 8 l. n. 604/1966, per la ragioneche il giudicato si forma sul motivo di rigetto: D. BUONCRISTIANI, op. cit., 365.

66 Con riferimento alle tecniche di decisione delle domande in cumulo condizionale ealla inapplicabilità dello strumento della separazione delle cause, v. per tutti C. CONSOLO, Ilcumulo condizionale di domande, cit., vol. II, 709 ss.

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sommaria sia oggetto di opposizione e che quindi prosegua, sotto questoprimo versante, eventualmente anche in grado di impugnazione, il giudizioassoggettato al rito specifico di cui alla l. n. 92/201267; e che, dall’altro, sisvolga, secondo le cadenze degli artt. 414 ss. c.p.c., il distinto giudizio sulladomanda ex art. 8, l. n. 604/1966, non più riunibile al primo68.

A parziale temperamento degli inconvenienti che possono derivarne, siè evidenziata una possibilità di coordinamento tra il dictum sulla tutela exart. 18 e quello sulla tutela debole. In particolare, si è proposto di seguire lalogica degli effetti espansivi esterni e dunque di ammettere che – in applica-zione diretta dell’art. 336, comma 2, c.p.c. – l’accoglimento (in sede di re-clamo o di cassazione) dell’impugnazione proposta avverso la sentenza (con-clusiva della fase di opposizione) che abbia deciso sulla domanda ex art. 18possa caducare la decisione sulla domanda ex art. 8; e che lo stesso possa ac-cadere, in base ad un’applicazione analogica dello stesso art. 336 c.p.c., frala pronuncia di primo grado (conclusiva del giudizio di opposizione nel ritoFornero) sulla tutela forte e quello sulla tutela ai sensi dell’art. 869. Tale pro-posta, peraltro, potrebbe non essere pienamente risolutiva sul piano dell’e-conomia processuale, giacché la produzione degli effetti espansivi esterni èricollegata temporalmente non già (dopo la novella del 1990) al passaggio ingiudicato, bensì alla pubblicazione della sentenza di riforma, la quale, dun-que, potrebbe a sua volta venire cassata, col rischio dunque che si generi uncircolo vizioso70.

Ma quella ora vista, nelle sue diverse possibili sfaccettature, è effettiva-mente una impostazione obbligata o vi sono nel sistema o nella stessa leggeFornero strumenti idonei a disinnescare gli inconvenienti cui essa dà luogo?

67 Nel quale continuerà innanzi tutto a discutersi della sussistenza dei presupposti spe-cifici di applicazione dell’art. 18 St. lav., come il requisito dimensionale.

68 Per analoghi rilievi, proprio con riferimento all’ipotesi di conversione del rito, v. M.DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti, cit., 11 s., neltesto e in nota, ove si osserva che, dopo il mutamento di rito, la domanda ex art. 8 l. n.604/1966 si incanalerebbe «in un procedimento autonomo ed irrazionalmente separato» daquello avente ad oggetto la tutela di cui all’art. 18. Sulla base di tale rilievo, l’autore prospettache, dopo la pronuncia di infondatezza della domanda più ampia (che da sola dovrebbe co-stituire oggetto della fase sommaria, al fine di evitare appesantimenti), quella per la tutela ob-bligatoria sarebbe proponibile nella fase di opposizione, venendo attratta al rito specifico,quale rito della causa di maggior valore (ai sensi dell’art. 40, comma 4, c.p.c.).

69 Detto in altre parole: se in sede di reclamo viene accolta l’impugnazione avverso lasentenza di rigetto della tutela ex art. 18, la riforma di questa decisione produce effetti espan-sivi esterni (art. 336, comma 2, c.p.c.) e può dunque caducare la decisione sulla domanda exart. 8 (in tal senso, v. D. BUONCRISTIANI, op. cit., 369).

70 In alternativa si potrebbe ipotizzare che dopo il “rigetto” della domanda principale eil mutamento di rito sia applicabile in via analogica l’art. 279, ult. cpv., c.p.c. al fine di con-sentire la sospensione del giudizio sulla seconda causa, ossia quella avente ad oggetto la do-manda subordinata.

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È cioè necessitata la configurazione della domanda ex art. 8 come estraneaal rito specifico e dunque necessitata la riduzione del problema alla scelta trainammissibilità o conversione del rito?

Una prima risposta può essere suggerita all’interprete dall’insegna-mento della dottrina e della giurisprudenza anteriori all’introduzione della l.n. 92/2012, secondo cui ci troveremmo in realtà dinanzi ad una unica do-manda71 o, se si vuole, ad una unica richiesta di tutela che si diversifica sol-tanto sul piano delle conseguenze giuridiche o degli effetti, posti nel domi-nio del giudice in base al principio iura novit curia72.

Allo stesso risultato si perviene peraltro anche in forza di un argomentoesegetico, ricavabile dal comma 48 dell’art. 1, l. n. 92/2012, lì dove essomenziona le domande diverse fondate su identici fatti costitutivi73.

Questa locuzione, che può suonare come un nonsense74, potrebbe tro-vare il suo principale ed elettivo campo di applicazione proprio nell’ipotesiconsiderata.

La domanda ex art. 18 St. lav. e quella ex art. 8, l. n. 604/1966 – sicu-ramente caratterizzate da identità di parti e diversificate nel petitum (talora

71 D. BUONCRISTIANI, op. cit., 364; F.P. LUISO, Il procedimento per l’impugnativa dei li-cenziamenti in regime di tutela reale, cit., 66 s., nel testo e nelle note anche per i riferimentigiurisprudenziali; I PAGNI, I correttivi alla durata del processo nella l. 28 giugno 2012, n. 92:note brevi sul nuovo rito in materia di licenziamenti, cit., 348 s.

72 Tanto che, secondo un indirizzo giurisprudenziale, negata la tutela ex art. 18 St. lav.,la tutela risarcitoria debole potrebbe essere accordata anche senza bisogno di espressa do-manda di parte, in quanto implicita nella prima (v. Cass. 19 novembre 2001, n. 14486). Inquest’ottica, si precisa che non saremmo dinanzi a due domande aventi ad oggetto distinti di-ritti (in concorso fra loro) ma di fronte ad un mero concorso di norme applicabili, il che im-plica non solo che l’accoglimento della prima azione determina il sopravvenuto difetto di in-teresse rispetto all’altra (così avviene se si tratta di concorso di diritti: S. MENCHINI, I limiti og-gettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 347 s.) ma anche che il rigetto dell’una puòcomportare il rigetto totale anche dell’altra, quando la prima pronuncia si basi su un motivotale da impedire l’accoglimento della domanda anche in applicazione di norme diverse dal-l’art. 18 St. lav.: in tal senso, F.P. LUISO, Il procedimento per l’impugnativa dei licenziamenti inregime di tutela reale, cit., 67.

73 Per tale interpretazione del comma 48 proprio con riferimento alle domande ex art.18 st. lav. ed ex art. 8 l. n. 604/1966, v. in giurisprudenza App. Roma, 27 giugno 2014, cit.;Trib. Roma, ord., 19 dicembre 2012, giud. Armone, cit.

74 V. F.P. LUISO, op. cit., 61; M. DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovorito dei licenziamenti, cit., 8 s., il quale osserva che sarebbe difficilmente concepibile una do-manda “diversa” ove la locuzione di cui al comma 48 dovesse essere intesa nel senso di do-manda «davvero fondata solo ed esclusivamente su identici fatti costitutivi» e non anche sufatti ulteriori rispetto a quelli che fondano la domanda di reintegra o di risarcimento. Su que-ste basi, come si può ammettere la proposizione, nel rito Fornero, in cumulo con quella exart. 18 St. lav., di una domanda con cui si chieda il risarcimento di danni biologici oesistenziali che trovino la propria fattispecie costitutiva nel licenziamento, così si può ancorpiù convintamente sostenere che siano cumulabili la domanda ex art. 18 st. lav. e quella exart. 8 l. cit. V. anche supra, nota 45 e nel testo.

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solo nel quantum)75 – presentano identità di causa petendi, essendo questacomposta fondamentalmente da due elementi76: esistenza di un rapporto dilavoro subordinato e intimazione di un recesso datoriale che si assume vi-ziato, laddove il raggiungimento della soglia dei 15 dipendenti non è fattocostitutivo della tutela ex art. 18 bensì il mancato raggiungimento fatto im-peditivo, della cui prova è onerato il datore di lavoro77.

Ove poi si consideri che il procedimento regolato dalla l. n. 92/2012può – almeno secondo l’interpretazione che pare preferibile78 – essere in-

75 La mutata geografia dell’art. 18 St. lav., in conseguenza della legge Fornero attenua,dunque, anche tecnicamente la differenza dei petita fra le due domande. Ben può accadereche essa si riduca ad una mera diversità di importo, come può accadere confrontando la tu-tela indennitaria prevista per alcune fattispecie di licenziamento illegittimo di cui all’art. 18 equella più esigua di cui all’art. 8, l. n. 604/1966, il che dà la percezione di quanto sia irrazio-nale assoggettare le due domande a riti e dunque a procedimenti diversi.

76 Si potrebbe invero ritenere che accanto a questo nucleo identico, ciascuna delle fat-tispecie di impugnativa del licenziamento ex art. 18 presenti ulteriori fatti costitutivi (in par-ticolare legati alla carenza, volta a volta contestata, dello specifico presupposto di eserciziodel potere datoriale di recesso: es. giusta causa, giustificato motivo oggettivo). Peraltro, la ri-duzione della causa petendi a due soli elementi: rapporto di lavoro e recesso (viziato) possi-bile risulta più chiara se con riferimento all’azione di annullamento del licenziamento ex art.18, comma 4, si abbandona la ricostruzione in termini di azione costitutiva in favore dellanatura di accertamento e se si indaga, alla luce delle novità sostanziali introdotte dal ritoFornero, quale sia l’oggetto dell’accertamento nelle diverse fattispecie previste dall’art. 18. Inparticolare, la domanda ex art. 8 e la domanda che, ai sensi del novellato art. 18, conduce allatutela solo obbligatoria possono essere ricostruite come domande di inadempimento contrat-tuale, tale per cui l’assenza di giusta causa o giustificato motivo non è fatto costitutivo bensìla sussistenza dell’una o dell’altro è fatto impeditivo della obbligazione risarcitoria gravantesul datore di lavoro: al lavoratore, secondo la logica della responsabilità contrattuale da ina-dempimento, basta allegare l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l’avvenuto attoespulsivo in tesi viziato, mentre al datore di lavoro spetta provare, in quanto fatti impeditivi,la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo, dei quali il giudice conosce al finedi decidere sull’inadempimento datoriale. Analogamente, con riferimento all’azione che l’art.18 chiama di annullamento e finalizzata alla reintegra, si può affermare che, coerentementecon l’imposizione di un onere della prova in capo al datore di lavoro circa la sussistenza dellagiusta causa o del giustificato motivo, non è fatto costitutivo della c.d. domanda di annulla-mento la ragione che rende invalido il licenziamento: se infatti si ricostruisce la c.d. azione diannullamento non come costitutiva né come azione di accertamento del cattivo esercizio delpotere di recesso da parte del datore di lavoro, bensì come azione di accertamento della per-durante esistenza del rapporto di lavoro, l’assenza di giusta causa o di giustificato motivo nonrisulta essere fatto costitutivo della domanda. Sul tema qui solo marginalmente affrontato, v.invece amplius, C. CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, suilicenziamenti individuali, cit., 729 ss. e, con diversità di osservazioni, M. DE CRISTOFARO, in M.DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti, cit., 33 ss., nel testo e in nota; per ilregime anteriore alla legge Fornero, v. C. CONSOLO, Oggetto del giudicato e principio disposi-tivo II. Oggetto del giudizio ed impugnazione del licenziamento, cit., spec. 578 ss.

77 Cfr. da ultimo il saggio di L. DE PROPRIS, Il requisito dimensionale alla prova delleriforme del mercato del lavoro, nel presente volume.

78 V. in particolare, tra i primi contributi sulla riforma Fornero, a favore della soluzioneche ritiene attivabile il rito in accertamento (negativo) dal datore di lavoro, R. TISCINI, Il pro-cedimento per l’impugnativa dei licenziamenti, cit., 90; nonché le convincenti osservazioni di

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staurato dal datore di lavoro che intenda far accertare la legittimità del re-cesso, il rito Fornero appare quale strumento deputato alla decisione di tuttele controversie in materia di licenziamento da chiunque proposte, per qual-siasi gradazione di tutela e finanche quando la invocazione di uno degli ef-fetti di cui all’art. 18 St. lav. manchi (come nel caso di azione proposta dallato datoriale); il che offre un ulteriore argomento sistematico in favore dellacumulabilità, per il lavoratore, della domanda ex art. 18 ed ex art. 8.

Questa lettura, che non entra in conflitto con la ratio né con la letteradelle norme che disciplinano il rito speciale, ha il pregio di assicurare l’eco-nomia processuale, di consentire in modo più sicuro l’impedimento di deca-denze sostanziali, al contempo mantenendo la pendenza della causa subor-dinata nello stesso processo79, e di rispettare, sul piano pratico la naturalevocazione della domanda ex art. 8, l. n. 604/1966 ad essere proposta in ununico giudizio, in via gradata rispetto alla domanda con cui si invochi unadelle tutele di cui all’art. 1880.

5. Sguardo prospettico sul concorso fra vecchia e nuova disciplina

Non è fuori luogo chiedersi se il progressivo esaurimento cui il ritoFornero viene avviato dal d.lgs. n. 23/201581 e il ritorno (da molti auspicato)all’unitario rito del lavoro condurranno ad una immediata semplificazione

G. RUFFINI, Il «rito Fornero» alle Sezioni Unite, cit., passim, a commento dell’ordinanza Cass.,sez. VI, 18 febbraio 2014, n. 3838 e di D. DALFINO, Obbligatorietà del c.d. rito Fornero (ancheper il datore di lavoro), cit., 399 ss. Peraltro, la successiva pronuncia Cass., sez. un., 31 luglio2014, n. 17443 ha mancato di prendere posizione su questo punto.

79 V. in particolare il rilievo di M. DE CRISTOFARO, in M. DE CRISTOFARO, G. GIOIA, Ilnuovo rito dei licenziamenti, cit., 10 s., rilievo che si correla alla duplice considerazione che ladomanda proposta in via eventuale diviene immediatamente pendente nell’ambito del giudi-zio cumulativo (C. CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, vol. II, cit., 679 ss.) e cheessa, alla stregua della soluzione prospettata con riferimento al rito Fornero, resta in tal modopendente all’interno del medesimo giudizio, «in un continuum idoneo a salvare l’effetto d’im-pedimento della decadenza».

80 Per tale soluzione, v. I. PAGNI, I correttivi alla durata del processo nella l. 28 giugno2012, n. 92: note brevi sul nuovo rito in materia di licenziamenti, cit., 348 s.; D. DALFINO, Ilrito Fornero nella giurisprudenza, cit., 162; P. CURZIO, Il nuovo rito per i licenziamenti, inAA.VV., Flessibilità e tutele per il lavoro, cit., 407 ss., 415. M. DE CRISTOFARO, op. loc. ult. cit.,il quale si esprime per la proponibilità nelle forme del rito Fornero anche della domanda su-bordinata, quando però il procedimento sia in fase di opposizione. V. anche L. DITTRICH, Ritospeciale dei licenziamenti, cit., 107 s., il quale – nel respingere «per le gravissime conseguenzepratiche che ne derivano l’ipotesi della non cumulabilità nella fase “sommaria” delle do-mande gradate» – ammette la possibilità di pronuncia contestuale sulle stesse, anche all’esitodella fase sommaria, ma con diversità strutturale dei rispettivi provvedimenti, dovendo la do-manda subordinata essere decisa con sentenza; in base a tale ricostruzione, l’autore immaginapoi che, per il coordinamento dei successivi giudizi di opposizione/impugnazione, sia appli-cabile, in via analogica, l’art. 337, comma 2, c.p.c.

81 V. supra, § 1.

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e al superamento dei problemi che si sono evidenziati nell’esperienza giu-risprudenziale.

Al quesito sembra doversi offrire una risposta prudente. I criteri di ap-plicazione del nuovo tandem sostanziale-processuale, frutto dell’ultimariforma, possono determinare interferenze con la precedente disciplina.

Basti considerare che, in base al combinato disposto degli artt. 1 e 11d.lgs. n. 23/2015, il rito Fornero continuerà ad applicarsi ai licenziamenti dilavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 se il datore di lavoro a quella datagià superava il requisito dimensionale, mentre pare destinato a cedere ilpasso, nei confronti dei “vecchi” dipendenti82 – cui viene riservata altresì lanuova disciplina sostanziale – quando detta soglia sia stata raggiunta in forzadi assunzioni (di altri lavoratori) successive alla medesima data di entrata invigore del d.lgs. n. 23/2015.

Può quindi accadere che le questioni relative al superamento del requi-sito dimensionale e, alla luce del d.lgs. n. 23/2015, anche il momento in cuiciò si sia verificato – talora di non agevole soluzione – tengano vive le que-stioni concernenti il regime sostanziale e processuale applicabile, potendoapparire controversa l’individuazione sia delle conseguenze sanzionatoriepreviste per il licenziamento illegittimo sia del rito.

I problemi che, con l’introduzione della l. n. 92/2012, hanno riguardatoil trattamento del cumulo della domanda ex art. 18 Statuto lavoratori e diquella subordinata ai sensi dell’art. 8, l. n. 604/1966 potranno quindi ripre-sentarsi, mutatis mutandis, in relazione alla invocazione della tutela previstadall’art. 18 St. lav. (nelle forme del rito Fornero) e della tutela di cui all’art.3, d.lgs. n. 23/2015 (che si accompagna all’assoggettamento della causa alrito del lavoro).

Proprio per tale ragione una interpretazione delle norme che tengaconto della natura sostanzialmente unitaria della richiesta di tutela contro ilicenziamenti illegittimi può favorire anche per il futuro il disinnesco dichicanes processuali.

82 Oltre che nei confronti dei nuovi assunti.