il ritorno di w. landmann

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Romanzo storico-biografico pubblicato nell'ambito del Concorso "I giovani e la Shoah" a.s. 2007-08 I.I.S Luzzatti - Valdagno

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Page 1: Il ritorno di W. Landmann
Page 2: Il ritorno di W. Landmann

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Concorso: “I giovani ricordano la Shoah”

ANNO SCOLASTICO 2007-2008

CLASSE 3^ A O.S.S.

Page 3: Il ritorno di W. Landmann

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IN COPERTINA: il sagrato del duomo di Arsiero

foto degli autori

retro: dipinto di Jacob Vassover, artista yiddish

Page 4: Il ritorno di W. Landmann

3

Quando sentiamo la parola “Shoah”, noi giovani siamo abituati

a pensare a tragici eventi accaduti lontano, altrove, in altri

paesi.

Abbiamo quindi provato dapprima incredulità, poi commossa

partecipazione alla sofferenza di uomini la cui vita, dignità e

libertà sono state calpestate proprio nella nostra tranquilla

provincia veneta.

In un’ epoca in cui spesso si è indifferenti al dolore, ci

auguriamo di non essere indifferenti.

Ci auguriamo che chi soffre oggi non si senta disperatamente

solo.

La classe 3^ AOSS

Le difficoltà di avvicinare e motivare gli studenti allo studio

della Storia ne fanno una delle discipline meno amate.

Questo lavoro è frutto di una rigorosa ricerca

documentaria che non vuole indulgere alla retorica o alla

manipolazione ideologica.

Esso dimostra che i giovani adolescenti, se opportunamente

guidati, trovano l’interesse per conoscere, approfondire ed

eventualmente scrivere qualche pagina della nostra storia

proprio su un tema delicato come quello della Shoah.

Il Dirigente Scolastico

prof.ssa Maria Cristina Benetti

Page 5: Il ritorno di W. Landmann

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IL RITORNO DI W. LANDMANN

Docente: prof.ssa Donatella Tecchio

Grafica e stampa: ass. tecnico Luca Ciani

la classe 3^ AOSS:

BENKHALEQ SALMA CARLASSARA DEBORAH

FALCO VERONICA FILIPPI ARIANNA FRAZZA GIULIA

GRANDIS CLAUDIA GRAZIANI ILARIA

MARASCHIN ANNA MONTAGNOLI ELODIE

NARDI GIULIA PRETO ANNA RIZZO DENISE SARA’ ERIKA

SAVEGNAGO SOFIA SCARPA ELISA

VIGOLO CHIARA ZORDAN MARY

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Page 8: Il ritorno di W. Landmann

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INDICE:

- Dedica p. 9

- E allora noi vili (Cesare Pavese) p. 11

- Prefazione p. 13

- Foto ricordo di Walter Landmann p. 15

- Il racconto:

“Il ritorno di W. Landmann” p. 17

- Bisogna sapere che:

- Le vicende p. 51

- Elenco dei campi di concentramento

italiani p. 53

- Il campo di concentramento

di Tonezza del Cimone p. 59

o La famiglia Landmann p. 61

o Elenco internati p. 65

- Bibliografia p. 75

- Referenze iconografiche p. 77

Page 9: Il ritorno di W. Landmann

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Page 10: Il ritorno di W. Landmann

9

Questo lavoro è dedicato agli ebrei internati a Tonezza:

Silvio, Flora e Rita BARUCH

Leo e Olga BLOCH

Ludovico BRAUM

Kurt BUCHSBAUM

Aron COEN

Haim COEN

Oscar, Giannina, Milo e Nina COEN

Bernardo CSZOPP

Walter DANNEBAUM

Bora e Marina ESKENASI

Salomon, Sara e Renèe GELTNER

Emil ed Ester KRAMM

Moses, Barbara ed Heinz LANDMANN

Moses e Kurt LIND

Lipa e Anna LUBLINSKJ

Samuel e Sabine MANGEL

Gelza OBLATH

Guido ed Angelina ORVIETO

Israel, Elena ed Hans RIESENFELD

Chaim, Jenny, Edward ed Erika RUBINFELD

Jakub SCHATZ

Manasse e Josefowicz STABHOLZER

Alfredo ZADUK

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Page 12: Il ritorno di W. Landmann

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E allora noi vili

E allora noi vili

che amavamo la sera

bisbigliante, le case,

i sentieri sul fiume,

le luci rosse e sporche

di quei luoghi, il dolore

addolcito e taciuto -

noi strappammo le mani

dalla viva catena

e tacemmo, ma il cuore

ci sussultò di sangue,

e non fu più dolcezza,

non fu più abbandonarsi

al sentiero sul fiume -

non più servi, sapemmo

di essere soli e vivi.

Cesare Pavese (1)

Page 13: Il ritorno di W. Landmann

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Page 14: Il ritorno di W. Landmann

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PREFAZIONE

Questa è una storia vera.

Veri sono i fatti, i personaggi e documentati gli eventi.

È accaduto non molto tempo fa, vicino a noi, alle nostre case

sicure, ai nostri caldi letti.

Ne è rimasta solo una flebile traccia nella coscienza locale e

nella memoria collettiva.

È la vicenda di Walter Heinz Landmann, ebreo

quattordicenne internato nel Vicentino, due volte

“sommerso” e due volte “salvato”.

Miracolosamente sottratto nel 1944 alla deportazione ad

Auschwitz, è fortunosamente riemerso dalla morte

anagrafica dopo sessant’anni. Ha così potuto raccontare la

sua avventurosa salvezza.

Noi abbiamo solo immaginato che recentemente sia tornato

a Tonezza del Cimone, oggi amena località montana, dove nel

dicembre del ‘43 fu istituito un campo di concentramento.

Qui condivise, con i suoi genitori ed altri 42 internati, un

tragico periodo di angosciosa incertezza, vera e propria

sospensione tra la vita e la morte.

Ci piace pensare che proprio qui sia tornato, una volta

ufficialmente riportato alla vita, dopo essere stato

considerato vittima dell’Olocausto.

Così inizia la nostra storia.

Page 15: Il ritorno di W. Landmann

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Noi l’abbiamo raccontata cercando di immedesimarci nel

protagonista W. Landmann, ricorrendo volutamente ad una

lingua scarna.

Essa vuole infatti evocare, più che descrivere

compiutamente, l’orrore del “secolo breve”.

Un orrore per il quale ogni parola sembra inadeguata e

retorica.

Page 16: Il ritorno di W. Landmann

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Le foto ricordo di W. Landmann (-I-)

Page 17: Il ritorno di W. Landmann

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Arsiero 2007: veduta dal sagrato del Duomo

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IL RITORNO DI W. LANDMANN

ARSIERO 2007

L’aria, oggi, nonostante sia ottobre inoltrato, è ancora

calda, di un tepore umido e quasi appiccicoso.

Il cielo, grigia e uniforme distesa sopra di me, è di un pallore

lunare.

Nessuna nuvola scorre, nessun alito di vento respira.

Abbasso i finestrini uscendo dalla Valdastico ed imbocco la

strada per Arsiero, lasciandomi alle spalle Piovene.

L’asfalto scorre dritto davanti a me.

Perso nei miei pensieri sento la radio gracchiare.

Mi piace guidare; mi guardo intorno finchè sulla destra si

staglia il profilo delle montagne.

Cerco il Cimone, strizzo gli occhi per cogliere, in lontananza,

la sagoma chiara dell’Ossario.

Mi appare, esile, come una bianca ed immota bandiera.

Arrivo ad Arsiero e dalla piazza del Comune salgo al Duomo.

Conto gli scalini, più di cinquanta, per cacciare ogni pensiero.

La chiesa domina il paese ed il sagrato, come allora, è un

grande balcone sui tetti, chiuso da un muretto in pietra.

A semicerchio un filare di cipressi, compunti ed ordinati,

sembra pregare.

Qui venivo a giocare alla fine del ‘41, quattordicenne, quando

la mia famiglia, ebrea, era in internamento libero ad Arsiero.

Page 19: Il ritorno di W. Landmann

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(-lI-)

Page 20: Il ritorno di W. Landmann

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Negli anni ‘30 vivevamo a Monaco. Mia madre era una tedesca

ariana; mio padre, ebreo nato in Polonia, faceva il

commerciante. Costretto a cambiare nome, lui, Friedrich,

diventò Moses; io, nato a Monaco, divenni Heinz. Ma a Monaco

la vita era diventata impossibile anche se le coppie miste

avrebbero dovuto essere lasciate in pace.

Così i miei nel 1939 si procurarono il passaporto da apolidi

con l’intenzione di raggiungere, a Trieste, il fratello di mio

padre, lo zio Max, funzionario delle Assicurazioni Lloyd.

Ma la richiesta di immigrazione restò senza risposta per cui

raggiungemmo la Libia, precisamente Bengasi, con il

programma di proseguire poi per Il Cairo.

Facevamo parte del gruppo Bengasi, insieme a oltre trecento

ebrei di varie nazionalità.

Con l’entrata in guerra dell’ Italia ci trovammo nel posto

sbagliato al momento sbagliato: ci internarono nella caserma

Torelli e poi in una baraccopoli.

Infine ci fecero imbarcare, uomini, donne, bambini, sul

piroscafo “Esperia” e quindi ci dirottarono, scortati da

imponenti forze di polizia, al famigerato carcere di

Poggioreale.

Vi restammo tre settimane, per poi essere internati nel campo

di concentramento Ferramonti a Tarsia, una piccola cittadina

in provincia di Cosenza.

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Page 22: Il ritorno di W. Landmann

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO FERRAMONTI DI TARSIA (COSENZA 1940-1941).(2)

Era la fine di settembre del 1940.

Arrivando dalla stazione vedemmo in lontananza la

baraccopoli, circondata da colline ed oliveti, chiusa dal filo

spinato. Qui potevamo farci da mangiare, condurre una vita

ancora decorosa, senza maltrattamenti e persecuzioni.

Certo eravamo privi della libertà, sospesi sul nulla, nell’

inutilità.

L’esistenza del campo stesso calpestava la nostra dignità, ma

fortunatamente non era un lager nazista.

La zona era tuttavia insalubre, paludosa e malarica e alla

minima pioggia l’acqua ristagnava nel campo.

(-III-)

Page 23: Il ritorno di W. Landmann

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Sottoposti a due o tre appelli giornalieri, eravamo

eccezionalmente autorizzati ad uscire per visite mediche o

altre necessità.

Dentro al campo c’erano la scuola, la mensa dei bambini,

l’infermeria e persino la sinagoga.

Si organizzavano partite di calcio, piccoli spettacoli: fra i

detenuti c’erano artisti, studenti universitari, medici …

Ma io guardavo con occhi stupiti di adolescente i capi baracca

e il capo campo …

Questi rappresentavano per me le vere autorità di quella

strana comunità.

Aleggiava nell’aria, l’avvertivo, uno strano senso di attesa, di

allerta.

(-IV-) Un dipinto di Jacob Vassover. Milano, collezione Watching The Sky

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IL CONFINO LIBERO AD ARSIERO (1941-1943)

Nell’autunno del ‘41 le autorità italiane trasferirono le

famiglie ebree al confino libero in molte città del centro e del

nord.

Noi fummo destinati ad Arsiero. Viaggiammo per circa cinque

giorni, risalendo la penisola.

Osservavo dai finestrini lo scorrere del paesaggio, ora

desolato, ora popolato.

Rimaneva, a proteggermi, quella curiosità infantile ormai

preclusa, purtroppo, ai grandi.

Giungemmo a Vicenza in ferrovia, scortati da due agenti.

Ci condussero al teatro Olimpico, che costituiva una specie di

centro di smistamento, e da lì raggiungemmo Arsiero in

corriera. Fummo alloggiati alla trattoria “La Vigneta”.

(-V-)

Page 25: Il ritorno di W. Landmann

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Lo stato italiano ci pagava l’alloggio e ci offriva un sussidio

giornaliero; eravamo sorvegliati, limitati nei movimenti e la

nostra corrispondenza censurata.

Avevamo perso amici, scuola, averi, casa, patria.

La popolazione locale, nonostante il divieto, si dimostrava ben

disposta nei nostri confronti.

Mio padre si era fatto arrivare da Trieste un carico di preziosi

oggetti familiari.

Scambiavamo le posate d’argento per farina, pane, carne e

uova.

I ragazzi ebrei già dal 1938 erano stati esclusi dalle scuole

italiane, per cui studiavo per conto mio.

Il prete di Arsiero mi procurava i libri delle superiori di

nascosto.

E’ strano, si studia più volentieri quando è proibito

frequentare le scuole.

Avevo fatto amicizia con qualche ragazzo del paese.

Ricordo Costanza, la figlia dei custodi della Cartiera Rossi.

(-VI-)

Page 26: Il ritorno di W. Landmann

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Mi prestava la bici e io andavo a Laghi, dai contadini, per i

consueti baratti.

La gente del posto ci dava una mano con cordialità e umiltà.

Ma dopo l’ 8 settembre 1943, con l’armistizio e l’occupazione

tedesca, la situazione precipitò ed incominciò la paura.

La stampa locale, “Il Popolo Vicentino” (3) dell’ 1 dicembre,

aveva riportato in prima pagina l’ordinanza di polizia n.5

circa l’arresto e l’internamento degli ebrei.

(-VII-)

Page 27: Il ritorno di W. Landmann

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Avevamo comunque saputo, alcuni giorni più tardi, che

un’ordinanza successiva del capo della polizia aveva

ridimensionato l’ordine esentando dall’arresto gli ebrei più

anziani, gli ammalati gravi e le famiglie con un componente di

sangue “misto”.

Mia madre Barbara, ariana, si era aggrappata a questa

speranza di salvezza.

Aveva quindi scritto alla questura l’11 dicembre 1943:

“Causa le recenti disposizioni riguardanti gli ebrei internati,

vorrei pregarvi di prendere notizia della seguente domanda.

Io non sono di razza ebraica, ma ariana e di religione cattolica.

Io sono nata in Germania ed i miei fratelli prestano servizio

nell’esercito tedesco. Mio figlio Walter Heinz Landmann è di

razza mista e senza religione. Io e mio figlio siamo caduti sotto

le leggi di razza di Norimberga, in Germania. Io con mio figlio

ho seguito nella mia libera volontà mio marito in Italia per

andare al mare. Qui siamo stati internati perché io non volevo

separarmi da mio marito. Per queste ragioni pregherei

gentilmente di lasciarmi internata qui con la mia famiglia,

poiché ho letto sui giornali che per le famiglie del nostro caso

ci sarà un provvedimento. Sperando che voi gentilmente

darete al più presto le necessarie disposizioni, porgo distinti

saluti”. (4)

Non ottenne alcuna risposta.

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La piazza centrale di Arsiero. Disegno della classe 3^A OSS

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (23 DICEMBRE 1943, 30 GENNAIO 1944). (5)

Alla fine di dicembre fummo arrestati dai carabinieri di

Arsiero e poi condotti al campo di concentramento di Piani di

Tonezza.

Ad Arsiero ci caricarono su un pullman, guidato da un certo

Giuseppe Fontana, che ci portò fino a Barcarola. Da lì

continuammo il triste viaggio con un’altra corriera.

S’inerpicava sulla strada tortuosa detta Col del Vento ed io, nel

mutismo generale, contavo i tornanti: arrivai a diciannove. Poi

il pullman si fermò. Scendemmo davanti alla Colonia Alpina

“Umberto I”.

Ci guardammo in faccia. Gli anziani, sfiniti, si lamentavano.

Ancora li vedo: Manasse, Samuel, Sabina, Ivan, Lipa, Walter,

Jacob, Ester…

I ragazzi, Rita, Renée, Erika, più giovani di me di qualche anno,

non riuscivano a star fermi.

Edward e Marina, i più piccoli, si aggrappavano alle madri.

Una leggera nevicata notturna si stava già sciogliendo, e

traspariva il cielo, spazzato dal vento.

Dal finestrino del pullman il sole appariva rassicurante.

Ma una volta scesi sentimmo lo schiaffo sferzante dell’aria

gelida; rabbrividimmo ed evitammo di guardarci, sgomenti ed

umiliati.

Ci fecero entrare, incolonnati, nel cortile della Colonia Alpina.

I fasci littori dei pilastri in cemento, allineati nella recinzione,

ci guardavano sinistri.

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(-VIII-)

(-IX-)

Page 32: Il ritorno di W. Landmann

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Sentivamo il cielo pesare, come un coperchio, sui nostri cuori

gementi. L’angoscia aveva piantato, anche sulle nostre teste, il

suo nero vessillo.

I giorni nel campo, trentanove, furono lunghi ed estenuanti.

Eravamo sospesi tra la speranza nella fine immediata della

guerra ed i timori per il nuovo corso della Repubblica Sociale.

Il giorno era breve, la notte lunga ed angosciante.

Aspettavamo notizie, ma non sapevamo che le autorità

tedesche stavano preparando il sesto convoglio per la Polonia.

Vedevamo arrivare al campo viveri, rifornimenti, nuove

forniture.

E ciò ci rincuorava.

Ma il 30 gennaio ci annunciarono la partenza:

comprendemmo all’istante che anche i nostri nomi erano

nell’elenco di quelli destinati ad Auschwitz.

Scese il terrore ed il silenzio, un silenzio ancor più cupo

dell’arrivo. Non avevamo il coraggio di guardarci; io cercavo

conforto nei miei. Pudico della mia angoscia, non parlavo,

cercavo in loro una risposta.

Il mutismo era fin troppo eloquente. Calò la nebbia, sul campo.

Quel giorno tutti si prepararono a partire, con gesti uguali e

meccanici, raccogliendo le poche cose rimaste. Un implacabile

appello scandì i nostri nomi, quarantacinque: Baruch …, Bloch

…, Coen …, Geltner …, Mangel …, Riesenfeld …, Landmann …

Page 33: Il ritorno di W. Landmann

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Fummo caricati sul pullman e ricondotti all’Olimpico, là dove

era iniziato il nostro viaggio due anni prima, quando ci

avevano destinato al confino libero ad Arsiero.

Mia madre improvvisamente si fece avanti con l’ufficiale

nazista: « State facendo un errore; io sono ariana e le famiglie

miste, per le leggi di Norimberga, non possono essere

deportate ».

(-X-) Arco d’ingresso al Teatro Olimpico

Page 34: Il ritorno di W. Landmann

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Il treno per Auschwitz. Disegno della classe 3^A OSS

Page 35: Il ritorno di W. Landmann

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E l’ufficiale: « Lei ha ragione, signora, ma dobbiamo

controllare se ci sta dicendo la verità ».

Forse si spaventò, forse ebbe paura di commettere un errore,

di fatto un soldato gridò:

« I Landmann scendano dal pullman! ». (6)

Noi scendemmo senza posare gli occhi sugli altri, un secondo

prima che la corriera proseguisse per la stazione.

Una felicità selvaggia ci travolse e allo stesso tempo un’atroce

vergogna.

Gli altri non avrebbero mai potuto seguirci.

Non ebbi il coraggio di guardare gli altri sei ragazzi.

Nessuno salutò e più non li rividi.

Continuarono in treno dalla stazione di Vicenza il loro ultimo

viaggio sul convoglio n.6.

« E’ buio il vagone (7), c’è un po’ di paglia per terra e un

secchio per i bisogni.

Tutti piangono, nessuno si rassegna al fatto che stanno

andando verso Nord.

I singhiozzi coprono il rumore delle ruote.

Si forma un gruppo di preghiera: alcuni uomini pii si

dondolano a lungo recitando i Salmi.

Dal convoglio sale un coro di urla, di richiami, di

implorazione. Il vagone è fetido e freddo, impregnato

di urina; visi grigi, gambe anchilosate, non hanno

spazio per muoversi.

Poi i pianti si acquietano in una disperazione assoluta.

Non c’è né fame né sete.

Una specie di inedia allucinata pervade tutti.

Page 36: Il ritorno di W. Landmann

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Le ore passano, così le notti e i giorni: è difficile

calcolare il tempo.

Cala infine il silenzio: nessuno più piange, né si

lamenta; ognuno tace con la dignità e la

consapevolezza delle ultime cose.

Era la vigilia della morte, non c’era più niente da dire ».

All’alba del 6 febbraio, dopo cento ore di viaggio,

arrivarono ad Auschwitz.

Scesero muti nel gorgo,

abisso orrido ed immenso

ove precipitando il tutto si oblia.

E non videro più i volti amati,

non seppero più le primavere e le estati.

Per loro fu solo un unico ed eterno inverno.

Per noi invece quell’ inverno passò e si preannunciò una

nuova primavera.

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(-XI-) Dipinto di Jacob Vassover, artista yiddish.

Page 38: Il ritorno di W. Landmann

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IN SALVO

Dopo qualche notte in questura a Vicenza ci rispedirono ad

Arsiero, nella frazione di Lago.

Scampati alla deportazione, ci sentiamo sollevati, ma ancora

braccati.

Mio padre, ora determinato a fuggire, prende contatto con una

formazione di partigiani cattolici. Ci procurano documenti falsi

e insieme ai Klein, anch’essi ebrei, tentiamo di raggiungere la

Svizzera. Arriviamo a Tirano, al confine, accompagnati da

quello che probabilmente era Rinaldo Araldi di Dueville, il

partigiano “Loris”.

Fatui fuochi d’artificio festeggiano il nostro viaggio: sono i

bombardamenti americani che fanno brillare il cielo sopra le

nostre teste di fuggiaschi.

I contrabbandieri ci fanno attraversare le montagne di notte e

la polizia svizzera ci accetta come rifugiati. Siamo finalmente al

sicuro.

Dopo il 1947 emigrammo in Australia e dopo il ’58 in

Inghilterra.

Ogni anno, a mia insaputa, la famiglia Landmann è stata

commemorata fra le vittime dell’Olocausto. (8)

Dopo 59 anni la segnalazione di un amico vicentino, Roberto

Pozza, mi ha riportato alla vita, anche se non sapevo di essere

morto. (6)

Provo un senso di gratitudine per tutto ciò, ma soprattutto per

gli abitanti di Arsiero, senza i quali probabilmente non sarei qui

a raccontare la mia storia.

Page 39: Il ritorno di W. Landmann

38

(-XII-)

Page 40: Il ritorno di W. Landmann

39

Per questo ho voluto tornare ad Arsiero. Spinto da non so quale

necessità. Non è un ritorno per ricordare né per perdonare.

Ma una strana urgenza mi ha riportato su queste strade, a respirare

l’aria affannosa di un tempo.

È l’urgenza, forse, di rielaborare l’offesa, di riconciliarmi con questo

cielo; anzi no, con il cielo, pesante e cupo, del campo.

Sotto questi cieli ho trascorso più di due anni; queste strade mi han

visto adolescente, incerto del futuro sì, ma ancora speranzoso, grazie

alla leggerezza tipica della mia giovane età.

Respiravo però l’inquietudine dei miei, e mi sembra di respirarla

oggi, a sessant’anni e più di distanza.

Scendo in piazza e sorseggio un caffè al Bar Nazionale.

La gente è oziosa, è domenica e si attarda a chiacchierare, a sfogliare

il giornale.

Volti sconosciuti mi guardano, sanno che non sono del posto.

Non mi sento forestiero, ho vissuto qui per più di due anni ed i luoghi

mi sono ancora familiari, familiari le case, le strade.

Anche perché qui la gente mi ha dato comprensione e sostegno.

Non è vero che la gratitudine ha sempre breve memoria.

Mi sento tuttavia in ansia; non è in questa piazza che ho voglia di

sostare. Ritorno al parcheggio, salgo in macchina, esco da Arsiero.

Seguo la strada dei Fiorentini, via via più stretta, verso Tonezza.

Lì comincio a salire, con i primi tornanti più dolci: sulla sinistra

spuntoni rocciosi, sulla destra si apre un burrone.

Imbocco la prima galleria. Allora, in quel dicembre del ‘43,

ragazzino, mentre salivo in pullman da Barcarola, ancora ignaro del

campo, avevo contato i tornanti: diciannove.

Page 41: Il ritorno di W. Landmann

40

Ora mi preparo a contare le gallerie.

Percorro con lo sguardo il profilo delle montagne: i loro fianchi

sembrano riposare, distesi gli uni di fianco agli altri.

Veduta aerea di Tonezza

Page 42: Il ritorno di W. Landmann

41

Continuo a salire; superata l’ultima galleria, l’undicesima, in

prossimità del paese ecco il cartello in legno “Benvenuti a

Tonezza del Cimone”. Sembra attendermi, ironico. L’erta è finita, la strada si distende con un corteggio di pini fino

alla piazza. Sento il suono metallico e freddo delle campane di

montagna. E’ mezzogiorno.

Il piccolo centro è quasi deserto.

Mi trovo subito davanti agli occhi l’albergo “Alla Posta”, come

allora. Qui, allora, si erano fermati i carabinieri della scorta.

Piazza di Tonezza: sulla destra l’ albergo “Alla Posta”

Page 43: Il ritorno di W. Landmann

42

Un pugno allo stomaco è quello che sento, la gola strozzata non

mi fa respirare. Mi avvio verso la Colonia Alpina; l’aspetto

comparire al varco, in posizione panoramica, sulla sinistra.

Fa quasi violenza allo sguardo il colore acceso della facciata,

visibile anche in lontananza: un rosso ed un giallo vinilici.

Imbocco il largo Viale degli Alpini. Certo è rimasto poco di

allora: i nuovi residence dai balconi fioriti hanno rimpiazzato le

vecchie sobrie costruzioni.

L’ex colonia alpina “Umberto I”

Page 44: Il ritorno di W. Landmann

43

Avanzo ancora, ma so che ormai sono vicino. Le case si fanno

più rade lungo la strada.

Ecco, ne compare una sulla sinistra, sola e triste, di sagoma

rettangolare.

Ci sono passato anche allora e l’ho osservata, quando ormai

eravamo giunti a destinazione.

E’ rimasta come un tempo: un edificio a due piani, dalla facciata

severa, intonaco grigiastro e balconi di un verde militare. Porta

ancora inciso, nella vecchia pietra sopra l’ingresso, l’anno 1934.

C’è un silenzio tombale, quasi surreale.

L’ultima casa spunta a destra. Sembra che il tempo si sia

fermato per queste abitazioni a ridosso del campo di

concentramento.

Casa abbandonata e diroccata nelle vicinanze della colonia “Umberto I”

Page 45: Il ritorno di W. Landmann

44

Questa, l’ultima, è abbandonata e diroccata, quasi spettrale:

svuotata di porte e finestre, sventrata, si lascia invadere da

arbusti ed edere.

La supero; subito sulla destra parte un viottolo fiancheggiato da

massi grigi, ombreggiato da pini e noccioli. Non filtra molta luce

sotto questo tunnel frondoso; i passi sono ovattati da un

tappeto di aghi di pino.

Ed ecco che improvvisamente sbuco all’aperto: sullo spiazzo

ancora ghiaioso appare lo stabile di allora. Era qui, il campo era

qui. Certo non è più la vecchia colonia alpina, ma dietro il nuovo

look la sagoma è quella, la struttura è sempre la stessa. Oggi è la

Scuola Alberghiera “E. Reffo”. Strano. Anche allora si sentivano

i vocii dei ragazzi, nel campo.

Anche oggi, forse. Ma no, è domenica. Tutto è di un nuovo

brillante, brillanti i colori, brillanti i balconi, di fresca

tinteggiatura. È nuova la recinzione, ma restano ancora i vecchi

pilastri in cemento, con le insegne del fascio, muta e sola

testimonianza di quello che fu.

Come allora mi incutono una strana paura. Cerco di respirare,

annaspo, ho un senso di nausea. È strano voler rivedere un

luogo da cui però vorresti subito scappare. Qui, tanto tempo fa,

in quarantacinque abbiamo vissuto un tragico periodo, sospeso

tra la vita e la morte. Da qui siamo usciti per imbarcarci per il

nostro ultimo viaggio.

Ironia della sorte, accanto alla scuola, che occupa solo una

parte della struttura, sorge ora un nuovo residence; l’hanno

chiamato “Il Colle del re” , scarna ed esile memoria dell’ex

colonia “Umberto I”.

Page 46: Il ritorno di W. Landmann

45

Il pilastro dell’ ex colonia “Umberto I”, muto testimone del campo di concentramento di Tonezza.

Page 47: Il ritorno di W. Landmann

46

Un luccicante cartello pubblicitario ricorda al passante che i

nuovi appartamenti sono in vendita.

È strana la vita: scorre e leviga come l’acqua del fiume leviga i

suoi sassi. Scorre, ed attutisce dolori, ricordi, emozioni. Ma

tutto resta sul suo fondo, letto di un fiume che nulla cancella e

tutto raccoglie.

Ripercorro a ritroso l’ombroso sentiero e ritorno sulla strada.

Da lì continuo a salire. Sono sempre più lontano dal centro e i

residence si fanno più radi. Passo per Contrà Pettinà: qui le case

sembrano quelle di sessant’anni fa. Arrivo in Contrà Sella. Il

paese sembra finire … più avanti solo prati e boschi. Attira la

mia attenzione un piccolo parco giochi: mi siedo su una

panchina e mangio una mela. A quest’ora tutti ormai hanno

pranzato; solo una famiglia s’attarda, forse per godersi l’ultimo

tepore di ottobre.

Il parco giochi di Contrà Sella. Disegno della classe 3^A OSS

Page 48: Il ritorno di W. Landmann

47

Due bimbe giocano, accoccolate sull’erba; sento il loro vocio e i

loro sorrisi. Sono bionde entrambe e di carnagione chiara.

“Siamo le streghe cattive, ma facciamo per finta, è solo un

sogno”.

È la più grande a parlare, rivolta a me, forse, e alla compagna di

gioco.

Le guardo incuriosito e la più piccola, quasi a rassicurarmi:

“Tanto io chiamo Peter Pan, che caccia via Capitan Uncino, e mi

porta lontano, in salvo”.

Si sente guardata, ma continua il suo gioco, ricambiando il mio

sguardo. Mi alzo. “Te ne vai già?”. Con naturalezza mi parla,

quasi mi conoscesse e partecipassi al suo gioco.

“Sì, devo andare, anzi ora posso andare”.

Sorrido al suo sorriso. Il cielo non è più livido, è uno specchio

turchese. L’aria è meno greve. Respiro.

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48

Page 50: Il ritorno di W. Landmann

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EPILOGO

Anch’io mi sono imbattuto in streghe cattive ed orchi.

Anch’io ho dovuto fare i conti con Capitan Uncino.

Ma il mio non è stato un sogno … né un gioco.

Eppure come in una fiaba sono stato cacciato da casa, braccato

dai cattivi e soccorso dai buoni. E dopo varie peripezie ho

raggiunto la salvezza e la meta agognata.

È stato lungo e tempestoso il mio viaggio, dalla Germania

all’Africa, dall’Italia all’Australia….. all’Inghilterra.

Salvato da Auschwitz, salvato dalla morte anagrafica … due

volte riportato alla vita.

Ho vissuto in tempi bui, pervasi da un’immane e catastrofica

atrocità.

Ho visto coscienze offuscate dall’odio, paralizzate dal silenzio

complice e dall’obbedienza colpevole.

Ma ho incontrato anche la mano fraterna di chi ti soccorre

risparmiandoti la commiserazione, fastidiosa come una carezza

non voluta, come un alito estraneo sulle tue labbra.

Ti soccorre perché sei come lui, e fai vela sullo stesso mare.

Da molti anni vivo a Bedford, non molto lontano da Londra, in

un cottage immerso nel verde. Ma quando cala la nebbia, la

tipica nebbia londinese, spruzzata di pioggia sottile, non posso

non pensare al cielo veneto. A quel cielo d’un indaco così

luminoso e trasparente che ti viene da cercare con gli occhi,

oltre la sua lastra fulgente, se per caso qualche stella già

traspare.

Page 51: Il ritorno di W. Landmann

50

E allora capisco perché proprio quell’azzurro così unico è stato

dai pittori tanto amato.

Monte Spiz alle spalle dell’ex colonia alpina

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BISOGNA SAPERE CHE… LE VICENDE

A partire dal 1938 gli ebrei in Italia assistono ad una

progressiva discriminazione nei loro confronti, iniziata

ufficialmente con il Manifesto della Razza (Luglio 1938) e con le

successive leggi antiebraiche. (9)

Il censimento degli ebrei italiani (Agosto 1938), gestito dalla

Demorazza, permette di schedarne 58.412, e funge quindi da

premessa ai provvedimenti legislativi di quegli anni, la cui

applicazione risulta capillare. Nel 1940 l’entrata in guerra

dell’Italia comporta un aggravamento ulteriore della

situazione: viene infatti decretato l’internamento di tutti gli

ebrei e sono allestiti numerosi campi, soprattutto al Centro-

Sud.

Dopo l’8 Settembre 1943, con l’occupazione nazista, anche

l’Italia è coinvolta nella fase finale della persecuzione

antiebraica.

In seguito alla nascita della Repubblica Sociale Italiana, il nuovo

governo fascista, con la collaborazione delle autorità politiche e

militari provinciali, procede all’arresto e alla deportazione di

circa 8.000 ebrei dall’ Italia verso i campi di sterminio.

Solo in 837 fecero ritorno. (8)

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(-XIII-) Manifesto propagandistico durante la Repubblica di Salò

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ELENCO DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO ITALIANI (10)

1. AGNONE (MOLISE) 2. ALATRI LE FRASCHETTE (LAZIO) 3. ALBEROBELLO (PUGLIA) 4. ANGHIARI RINICCI (TOSCANA) 5. AOSTA (VAL D’AOSTA) 6. APRICA (LOMBARDIA) 7. ARIANO IRPINO (CAMPANIA) 8. ASTI (PIEMONTE) 9. ATELETA (ABRUZZO) 10. BAGNI DI LUCCA (TOSCANA) 11. BAGNO A RIPOLI (TOSCANA) 12. BOIANO (MOLISE) 13. BOLZANO GRIES (T. A. ADIGE) 14. BONEFRO (MOLISE) 15. BORGO S. DALMAZZO (PIEMONTE) 16. BORGO VAL DI TARO (E. ROMAGNA) 17. CAIRO MONTENOTTE (LIGURIA) 18. CALVARI DI CHIAVARI (LIGURIA) 19. CAMPAGNA (CAMPAGNA) 20. CARANA (CALABRIA) 21. CASACALENDA (MOLISE) 22. CASALE MONFERRATO (PIEMONTE) 23. CASOLI (ABRUZZO) 24. CASTAGNEVIZZA (SLOVENIA) 25. CASTEL DI GUIDO (LAZIO) 26. CASTELLO SERENI (UMBRIA) 27. CELLE LIGURE (LIGURIA) 28. CHIETI (ABRUZZO) 29. CIGHINO (FRIULI) 30. CITTÀ S. ANGELO (ABRUZZO) 31. CIVITELLA DEL TRONTO (ABRUZZO) 32. CIVITELLA DI CHIANA (TOSCANA) 33. COLFIORITO (UMBRIA) 34. COLLE DI COMPITO (TOSCANA) 35. CORROPOLI (ABRUZZO)

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36. CORTEMAGGIORE (E. ROMAGNA) 37. ELLERA (UMBRIA) 38. FABRIANO (MARCHE) 39. FARFA SABINA (LAZIO) 40. FERRAMONTI DI TARSIA (CALABRIA) 41. FERRARA (E. ROMAGNA) 42. FERTILIA (SARDEGNA) 43. FORLÌ (E. ROMAGNA) 44. FOSSALON DI GRADO FRIULI (FRIULI) 45. FOSSOLI-CARPI (E. ROMAGNA) 46. GIOIA DEL COLLE (PUGLIA) 47. GONARS (FRIULI) 48. ISERNIA (MOLISE) 49. ISOLA GRAN SASSO (ABRUZZO) 50. ISTORIO MARINA (ABRUZZO) 51. LAMA DEI PELIGNI (ABRUZZO) 52. LANCIANO (ABRUZZO) 53. LATRINA (TOSCANA) 54. LIPARI (SICILIA) 55. MANFREDONIA (PUGLIA) 56. MANTOVA (LOMBARDIA) 57. MARSICONUOVO (BASILICATA) 58. MASSA CARRARA (TOSCANA) 59. MONIGO (VENETO) 60. MONTALBANO (TOSCANA) 61. MONTECHIARUGOLO (E. ROMAGNA) 62. MONTEFIASCONE (LAZIO) 63. MONTEFORTE IRPINO (CAMPANIA) 64. PONTICELLI TERME (E. ROMAGNA) 65. NERETO (ABRUZZO) 66. NOTARESCO (ABRUZZO) 67. NOVARA (PIEMONTE) 68. OSIMO (MARCHE) 69. PADOVA-CHIESANUOVA (VENETO) 70. PERDASDEFOGU (SARDEGNA) 71. PERUGINA (UMBRIA) 72. PETRIOLO (MARCHE) 73. PIETRAFITTA (UMBRIA)

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74. PISTICCI (BASILICATA) 75. POLLENZA (MARCHE) 76. PONZA (LAZIO) 77. PRESTINE (LOMBARDIA) 78. REGGIO EMILIA (E. ROMAGNA) 79. ROCCATEDERIGHI (TOSCANA) 80. ROVEZZANO (TOSCANA) 81. S. MARTINO ROSSIGNANO (PIEMONTE) 82. SASSOFERRATO (MARCHE) 83. SCIPIONE (E. ROMAGNA) 84. SENIGALLIA (MARCHE) 85. SERVIGLIANO (MARCHE) 86. SFORZACOSTA (MARCHE) 87. SOLFORA (CAMPANIA) 88. SONDRIO (LOMBARDIA) 89. SPOTORNO (LIGURIA) 90. SUZZARA (LOMBARDIA) 91. TAVERNELLE (UMBRIA) 92. TERAMO (ABRUZZO) 93. TERRANOVA DI POLLINO (BASILICATA) 94. TOLENTINO (MARCHE) 95. TOLLO (ABRUZZO) 96. TONEZZA DEL CIMONE (VENETO) 97. TORTORETO (ABRUZZO) 98. TOSSICIA (ABRUZZO) 99. TREIA (MARCHE) 100. TREMITI (PUGLIA) 101. TRIBUSSA (FRIULI VENEZIA GIULIA) 102. TRIESTE-RISIERA DI S. SABBA 103. TUSCANIA (LAZIO) 104. URBISAGLIA (MARCHE) 105. USTICA (SICILIA) 106. VALENTANO (LAZIO) 107. VALLECROSIA (LIGURIA) 108. VENTOTENE (LAZIO) 109. VERCELLI (PIEMONTE) 110. VERONA (VENETO) 111. VINCHIATURO (MOLISE)

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112. VISCO (FRIULI VENEZIA GIULIA) 113. VÒ VECCHIO (VENETO)

(-XIV-)

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(-XIV-)

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(-XV-)

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (20 DICEMBRE 1943 – 30 GENNAIO 1944). (5)

615 ebrei stranieri furono internati in 28 campi della

provincia di Vicenza fra l’estate del 1941 e l’8 settembre

1943 (5).

Il 30 novembre 1943 il Ministro degli Interni Guido Buffarini

Guidi dirama a tutte le prefetture della Repubblica Sociale

Italiana l’ordinanza di polizia n. 5 con cui ordina l’arresto,

l’internamento degli ebrei ed il sequestro dei loro beni.

Dopo tale ordinanza la Prefettura di Vicenza opera quindi

per la ricerca e la costituzione di un campo.

In seguito agli accertamenti dell’ispettore generale di

Pubblica Sicurezza, dott. Beniamino Roselli, il capo della

Provincia decide di sequestrare la colonia alpina “Umberto

I” di Tonezza del Cimone.

La colonia, distrutta durante la Prima Guerra Mondiale,

ristrutturata e riaperta nel 1920 sotto la presidenza del

marchese Roi, riusciva ad ospitare più di 200 ragazzi

all’anno.

Il 10 dicembre 1943 il Prefetto comunica la requisizione

dello stabile al presidente Roi, che lo prega, anche se invano,

di recedere dalla decisione. La Colonia Alpina viene così

occupata ed il campo di concentramento è ufficialmente

istituito il 20 dicembre 1943.

Il 23 dicembre arrivano 45 prigionieri: uomini, donne,

bambini, anziani.

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Ne escono il 30 gennaio 1944, giorno della chiusura del

campo, per essere condotti ad Auschwitz.

Nessuno si salvò, tranne la famiglia Landmann.

(-XVI-) Piazza dei Signori in occasione dell’arrivo del Duce a Vicenza

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LA FAMIGLIA LANDMANN Eckl Barbara, di Francesco e di Ressnischek Anna, nata a

Monaco di Baviera il 06.06.1897, coniugata con Landmann

Friedrich Moses.

Apolide “di razza ariana”(ex cittadina tedesca). Entrata nel

Regno d’Italia con passaporto per apolide n°476/39 rilasciato

il 5 luglio 1939 a Monaco di Baviera.

Landmann Friedrich Moses, di Jacob e di Goldfarb Bine, nato

a Lezajsk (Polonia) il 02.08.1892, coniugato con Barbara

Eckl, commerciante.

Apolide (ex cittadino tedesco). Domiciliato a Monaco di

Baviera. Entrato nel Regno d’Italia con passaporto per apolide

n°475/39 rilasciato il 5 luglio 1939 a Monaco di Baviera.

Landmann Walter Heinz, di Friedrich Moses e di Eckl

Barbara, nato a Monaco il 23.01.1927, scolaro.

Apolide (ex cittadino tedesco). Entrato nel Regno d’Italia con

passaporto per apolide n°4940 rilasciato il 18 aprile 1940.

La famiglia Landmann raggiunge Bengasi insieme ad altri 302

ebrei profughi (“Gruppo Bengasi”). A seguito dell’inizio delle

ostilità in Africa settentrionale viene internata nella città

libica, prima alla caserma Torelli, poi in una baraccopoli nel

deserto. Per l’approssimarsi delle operazioni belliche viene

imbarcata sul piroscafo “Esperia” e, con tutto il “Gruppo

Bengasi”, giunge a Napoli il 29 agosto 1940. Dopo aver

trascorso tre settimane nel carcere di Poggioreale è tradotta

Page 63: Il ritorno di W. Landmann

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nel campo di concentramento Ferramonti di Tarsia. Passata

all’internamento libero, è costretta al domicilio ad Arsiero

dove giunge il 25 settembre 1941. I Landmann sono arrestati

il 16 dicembre 1943 dai carabinieri della Stazione di Arsiero e

condotti nel campo di concentramento di Tonezza del Cimone.

Il 30 gennaio 1944, mentre, a Vicenza, sono in procinto di

essere condotti al treno per il campo di sterminio di

Auschwitz, vengono eccezionalmente rilasciati perché

appartenenti a “famiglia mista”. Barbara Eckl guadagna la

salvezza per sé e per i suoi dichiarando di essere di razza

“ariana”. Internati nuovamente ad Arsiero, riescono a fuggire

in Svizzera a metà febbraio 1944.

Friedrich Moses Landmann, il padre, è morto nel 1984;

Barbara Eckl, la madre, è morta nel 1963. Walter Heinz

Landmann, il figlio, raggiunta l’Australia con i suoi genitori

dopo il 1947, ha conseguito la laurea in Ingegneria ed è

diventato un noto professionista specializzato nel settore

meccanico-conciario.

Sposatosi nel 1958 con Elizabeth, si è trasferito

definitivamente in Inghilterra ed ha avuto quattro figli.

E’ stato a lungo considerato vittima (8), insieme ai suoi

genitori, della Shoah in Italia.

Nel 2004 un imprenditore vicentino, amico di W. Landmann,

ha avuto modo di segnalare l’incredibile errore al Giornale di

Vicenza. (6)

W. Landmann vive ora a Bedford, cento chilometri a nord di

Londra, in un cottage immerso nel verde.

Page 64: Il ritorno di W. Landmann

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(-XI-)

Scene di vita quotidiana del pittore yiddish Jacob Vassover

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GLI INTERNATI DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (5)

BARUCH Salomon Silvio (fratello), nato a Sarajevo il 21 gennaio 1921, studente di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo ignoto dopo il 28 gennaio 1945.

BARUCH Flora (sorella), nata a Sarajevo il 31 ottobre 1923, studentessa di nazionalità croata. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. BARUCH Rita (sorella), nata a Mentone il 09 maggio 1931, studentessa di nazionalità croata. Deportata ad Auschwitz e uccisa all’ arrivo il 06 febbraio 1944. BLOCH Leo (marito), nato a Vienna il 28 gennaio 1876, architetto di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. BLOCH GRUNHUT Olga (moglie), nata a Vienna il 06 novembre 1880, casalinga di nazionalità jugoslava. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. BRAUM Ludovico (solo), nato a Djurdjevag il 26 aprile 1879, industriale di nazionalità jugoslava. Deportata ad Auschwitz e deceduto in data e luogo ignoti. COEN Aron (solo), nato a Sarajevo il 6 aprile 1905, cameriere di nazionalità jugoslava. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo ignoto dopo il 27 maggio 1944.

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COEN Haim (solo), nato a Pozarevac il 7 luglio 1895, negoziante di nazionalità ignota. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data e ignoti. COEN Oscar (marito), nato a Belgrado il 12 luglio 1894, di nazionalità serba. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti dopo l’1 maggio 1944. COEN BENVENISTI Giannina (moglie), nata a Belgrado il 17 marzo 1896, casalinga di nazionalità serba. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. COEN Milo (figlio), nato a Belgrado il 12 febbraio 1919, studente di nazionalità serba. Deportato ad Auschwitz e deceduto il luogo e data ignoti. COEN Nina (figlia), nata a Belgrado il 20 ottobre 1920, di nazionalità serba. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. DANNENBAUM Walter (solo), nato in Germania il 27 ottobre 1879, commerciante di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. ESKENASI Bora (genero), nato a Belgrado il 20 aprile 1910, di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti.

ESKENASI Marina (figlia del genero), nata a Belgrado il 17 luglio 1941, di nazionalità croata. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.

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GELTNER Salomon (marito), nato in Polonia il 19 dicembre 1894, commerciante di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti.

GELTNER MINKA Sara (moglie), nata in Polonia il 27 maggio 1896, casalinga. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.

GELTNER Renèe (figlia), nata a Vienna il 1° marzo 1931,

di nazionalità tedesca. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.

KRAMM Emil (marito), nato a Vienna il 16 giugno 1886, impiegato. Deportato ad Auschwitz in luogo e data ignoti.

KRAMM SCHWERTFINGER Ester (moglie), nata a Stanislavczik il 10 ottobre 1883, di nazionalità tedesca. Deportata ad Auschwitz e deceduta il 6 febbraio 1944.

LANDMANN Frederich Moses (marito), nato in Polonia il 2 agosto 1892, commerciante di nazionalità apolide. Rilasciato perché appartenente a famiglia mista. Deceduto nel 1984. LANDMANN ECKL Barbara (moglie), nata a Monaco di Baviera il 6 giugno 1897, di nazionalità apolide, di razza ariana. Rilasciata perché appartenente a famiglia mista. Deceduta nel 1963. LANDMANN Walter Heinz (figlio), nato a Monaco il 23 gennaio 1927, studente di nazionalità apolide. Rilasciato perché appartenente a famiglia mista. Attualmente vivente.

Page 69: Il ritorno di W. Landmann

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LIND Moses (padre), nato a Huettengesaess il 12 luglio 1877, di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto il 6 febbraio 1944. LIND Kurt (figlio), nato a Offenbach il 6 febbraio 1906, elettrotecnico di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz in luogo e data ignoti. LUBLINSKJ STUCZJNSKI Lipa (marito), nato in Polonia il 23 maggio 1885, commerciante di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. LUBLINSKJ STUCZJNSKI SLUCKIN Anna (moglie), nata in Polonia il 2 novembre 1901, casalinga di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. MANGEL Samuel (marito), nato a Cracovia il 15 novembre 1869, di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo in data ignota. MANGEL SCHUSKIND Sabine (moglie), nata in Polonia il 2 novembre 1874, di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta all’arrivo in data ignota. OBLATH Ivan Gelza (solo), nato a Lovrecina il 5 novembre 1882, commerciante di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti.

Page 70: Il ritorno di W. Landmann

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RIESENFELD Berthold Israel (marito), nato a Slesia il 14 ottobre 1893, meccanico e orologiaio di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. RIESENFELD FREUD Anna Elena (moglie), nata a Gleiwitz il 25 aprile 1898, casalinga. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. RIESENFELD Hans (figlio), nato a Breslavia il 21 aprile 1923, studente di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo ignoto dopo il gennaio 1945. RUBINFELD Chaim (marito), nato in Polonia il 30 settembre 1897, commerciante di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. RUBINFELD HEIER Schoendel Jenny (moglie), nata in Romania il 3 dicembre 1904, casalinga di nazionalità apolide. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. RUBINFELD Edward (figlio), nato a Vienna il 25 gennaio 1932, studente di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944. RUBINFELD Erika (figlia), nata a Vienna il 10 dicembre 1937, di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta all’arrivo il 6 febbraio 1944. SCHATZ Jakub (solo), nato a Leopoli il 20 novembre 1875, sarto di nazionalità apolide. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944.

Page 71: Il ritorno di W. Landmann

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STABHOLZER Manasse (marito), nato a Varsavia il 10 settembre 1879, commerciante di nazionalità apolide. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944. STABHOLZER Josefowicz (moglie), nata a Lodz il 6 maggio 1886, casalinga di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta all’arrivo il 6 febbraio 1944. ZADUK Ivan Alfredo (solo), nato a Berlino il 4 novembre 1871, albergatore di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944.

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AUTORITA' POLITICHE E MILITARI PREPOSTE AL

CAMPO

DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (5)

NOME MANSIONE

BUFFARINI GUIDI GUIDO MINISTRO DEGLI INTERNI

TAMBURINI TULLIO CAPO DELLA POLIZIA

DOTT. ROSELLI BENIAMINO ISPETTORE GENERALE DI P. S.

DINALE NEOS CAPO PROVINCIA DI VICENZA

GENERALE WOLFF KARL COMANDANTE DELLE SS

ELENCO DEGLI ADDETTI AL CAMPO (5)

NOME MANSIONE

MAGGIORE TONIOLO SILVIO DIRETTORE DEL CAMPO BOZZETTO GIOVANNI

ECONOMO

DALLA VIA GIOVANNI DI TONEZZA

CUSTODE

FONTANA GIUSEPPE DI TONEZZA

AUTISTA TRASPORTO EBREI DA ARSIERO A TONEZZA

FONTANA SANTO DI TONEZZA

TRASPORTO BAGAGLI CONVOGLIO EBREI

TESTOLIN ERVINO

MILITE IN SERVIZIO AL CAMPO

DALL’AGNOL VALENTINO

MILITE IN SERVIZIO AL CAMPO

DOTT. A. MAGARAGGIA, TONEZZA

PRESTAZIONE MEDICHE

CANALE BRUNA DI TONEZZA

CUOCA

DALLA VIA AMABILE DI TONEZZA

AIUTO-CUOCA

DELLAI PAOLO DI TONEZZA

TRASPORTO AMMALATI

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ELENCO DITTE FORNITRICI (5)

DITTE FORNITURA

SORIO ARNALDO - VICENZA FORNITURA STUFA E ACCESSORI

TREU ANDREA - VICENZA FORNITURA TIMBRI GOMMA

ZOLA & FUGA - VICENZA CANCELLERIA E STAMPATI

TURETTA UMBERTO - VICENZA FORNITURA BENZINA

ZANNINI P. - THIENE FORNITURA ENERGIA ELETTRICA

T.E.L.V.E. - SCHIO TELEFONIA

ZOLA & FUGA - ARSIERO STAMPATI

FARMACIA CATTANEO - VICENZA FORNITURA MEDICINALI

FARMACIA CASENTINI - PEDESCALA FORNITURA MEDICINALI

FARMACIA CEGAN - VICENZA FORNITURA MEDICINALI

CASEIFICIO GROTTI - TONEZZA FORNITURA LATTE

CANALE AUGUSTO - TONEZZA FORNITURA SALE

DALLA VIA PAOLO - TONEZZA FORNITURA VERDURE

DELLAI PAOLO - TONEZZA FORNITURA VERDURE

COOPERATIVA TONEZZANA FORNITURA GENERI ALIMENTARI

CANALE MASSIMILIANO - TONEZZA FORNITURA PANE

DITTA AUTOTRASPORTI F.LLI SILLA

POSINA

DA BARCAROLA A TONEZZA

GABINETTO DENTISTICO - ARSIERO LAVORI E PRESTAZIONI VARIE

E.C.A. - VICENZA FORNITURA DI LEGNA

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BIBLIOGRAFIA E REFERENZE ICONOGRAFICHE

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Page 76: Il ritorno di W. Landmann

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BIBLIOGRAFIA

1- C. Pavese, Poesie edite ed inedite, Einaudi.

2- C. S. Capogreco, Ferramonti. La vita e gli uomini del più

grande campo di internamento fascista (1940-1945),

Giuntina, Firenze 1987.

3- “Il Popolo Vicentino” 1 Dicembre 1943-XII (in S. Capovilla –

G. Pulin, Ebrei internati a Camisano Vicentino durante la

seconda guerra mondiale, Editrice Veneto, Vicenza 2006).

4- M. Smiderle, Sono ariana, lasciatemi stare ad Arsiero, in “Il

Giornale di Vicenza”, 27 Gennaio 2004.

5- P. Tagini, Le poche cose. Gli internati ebrei nella provincia

di Vicenza 1941-1945, Cierre Edizioni, Verona 2006. Si veda

anche il sito www.dalrifugioallinganno.it/tonezza

6- M. Smiderle, Mi avete resuscitato dall’olocausto, in “Il

Giornale di Vicenza”, 5 Febbraio 2004.

7- E. Zuccalà, Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre fra le

ultime testimoni della Shoah, Paolin, Milano 2005. Si veda

anche la testimonianza raccolta sul sito www.binario21.org.

8- L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati

dall’Italia, Mursia, Milano 2002 (2 ed.).

Page 77: Il ritorno di W. Landmann

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9- Dalle leggi antiebraiche alla Shoah, Sette anni di storia

italiana 1938–1945, Skira, Milano 2004 (Catalogo della

Mostra Storica nazionale, Il Vittoriano, Roma).

10- F. Galluccio, I lager in Italia. La memoria sepolta nei

duecento luoghi di deportazione fascisti, Nonluoghi Libere

Edizioni, 2002.

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REFERENZE ICONOGRAFICHE I - M. Smiderle, Mi avete resuscitato dall’olocausto cit. II – www.trigoso.it III – S. Capovilla – G. Pulin, Ebrei internati a Camisano Vicentino durante la Seconda Guerra Mondiale cit. IV – www.annesdoor.com V – M. Smiderle, Mi avete resuscitato dall’olocausto cit. VI – A. Busato, Arsiero Panorama storico, 1993. VII – S. Capovilla – G. Pulin, Ebrei internati a Camisano Vicentino cit. VIII – www.dalrifugioallinganno.it IX – P. Tagini, Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza cit. X – F. Barbieri – R. Cevese, Vicenza Ritratto di una città, Angelo Colla Editore, Vicenza 2004. XI – Rema2007.wordpress.com XII – A. Busato, Arsiero cit. XIII – XIV – Dalle leggi antiebraiche alla Shoah cit. XV – P. Tagini, Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza cit.

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XVI – W. Stefani – A. Stefani, Vicenza e la Rua, Neri Pozza Editore 1985. XVII – Altipiani di Tonezza e Fiorentini, Le Fortezze della grande guerra Per non dimenticare www.vicenzae.org Disegni e foto senza referenza sono degli autori.

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Finito di stampare nel mese di novembre 2007.

Presso: Ipsia “Luigi Luzzatti”, via A. De Gasperi n.1 – 36078

Valdagno - Vicenza

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