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NELLA IL RITRATTO CASA DELLE N ELLA CASA (Reg. I, Ins. X, n. 4) che ha dato, lo scorso dicembre 1930, il ricco tesoro di argenterie e che per ampiezza, per nobiltà ed armonia di strutture, per la sua ricca, varia e ben conservata decorazione parietale, è la più s ontuosa abitazione privata che sia venuta in luce nella zona dei nuovi scavi, il lato meridio- nale dell'ampio peri stilio ha la parete di fondo costruita ad exedrae absidate e ad exedrae rettan- golari, alternativamente disposte (fig. I); motivo architettonico che troviamo solo usato in qualche altro nobile edi- ficio di Pompei, come, ad es em- pio, nella parete del portico della cosidetta Villa di Giulia Felice, s coperta nei pressi dell' Anfi- teatro fra gli an- ni 1755- 7, rile- vata, disegnata e poi risepolta. I) DI MENANDRO ARGENTERIE A POMPEI riquadri, tre grandi figure di poeti seduti e due gruppi di maschere teatrali disposte su trapeze. Era, come vedremo, 1'exedra dei poeti della co- media e della tragedia, una specie di larario consacrato al culto di tre fra i più gloriosi e più predile tti poeti del teatro greco. Disgraziatamente, oltre al danno irreparabile del crollo di una parte delle murature, la cattiva qualità de ll 'affresco e la presenza di uno strato di cenere fortemente indurita e quasi concre- zionata sull' intonaco, han prodotto uno dei feno- Nelle exedrae laterali il tema della decorazio- ne è essenzial- m ente a sog- getto paesistico; del tutto diversa è invece la de- corazione della exedra rettan- golare al centro, dove s ull e tre pa- reti a fondo gial- lo oro, nel più semplice schema di IV stile, cam- peggiavano, en- tro i singoli FIG. I - POMPEI : PORTICO DELLA CASA DELLE ARGENTERIE (LATO MERIDION.) meni più gravi ed irrimediabili che possano ve- rificar s i nella pittura parietale an ti ca: il leggero strato di colore di due delle fi - gure, dato sul colore di fondo della parete,for - se già troppo essiccato, al con- tatto della massa delle ceneri pri- ma fluide e poi indurite, si era, già prima dello scavo, comple- tamE.>nte distac- cato in minu - tissime lamelle e in briciole im- pastate con le cenen; nessuna purtroppo pos- sibilità di ricu- pero. Della fi- gura della parete sinistra non r es t ò che il 31 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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NELLA

IL RITRATTO

CASA DELLE

N ELLA CASA (Reg. I, Ins. X, n. 4) che ha dato, lo scorso dicembre 1930, il ricco tesoro

di argenterie e che per ampiezza, per nobiltà ed armonia di strutture, per la sua ricca, varia e ben conservata decorazione parietale, è la più sontuosa abitazione privata che sia venuta in luce nella zona dei nuovi scavi, il lato meridio­nale dell'ampio peristilio ha la parete di fondo costruita ad exedrae absidate e ad exedrae rettan­golari, alternativamente disposte (fig. I); motivo architettonico che troviamo solo usato in qualche altro nobile edi­ficio di Pompei, come, ad esem­pio, nella parete del portico della cosidetta Villa di Giulia Felice, s coperta nei pressi dell' Anfi­teatro fra gli an­ni 1755- 7, rile­vata, disegnata e poi risepolta. I)

DI MENANDRO

ARGENTERIE A POMPEI

riquadri, tre grandi figure di poeti seduti e due gruppi di maschere teatrali disposte su trapeze. Era, come vedremo, 1'exedra dei poeti della co­media e della tragedia, una specie di larario consacrato al culto di tre fra i più gloriosi e più prediletti poeti del teatro greco.

Disgraziatamente, oltre al danno irreparabile del crollo di una parte delle murature, la cattiva qualità dell 'affresco e la presenza di uno strato di cenere fortemente indurita e quasi concre­zionata sull' intonaco, han prodotto uno dei feno­

Nelle exedrae laterali il tema della decorazio­ne è essenzial­m ente a sog­getto paesistico; del tutto diversa è invece la de­corazione della exedra rettan­golare al centro, dove s ull e tre pa­reti a fondo gial­lo oro, nel più semplice schema di IV stile, cam­peggiavano, en­tro i singoli FIG. I - POMPEI : PORTICO DELLA CASA DELLE ARGENTERIE (LATO MERIDION.)

meni più gravi ed irrimediabili che possano ve­rificar s i nella pittura parietale an ti ca: il leggero strato di colore di due delle fi ­gure, dato sul colore di fondo della parete,for­se già troppo essiccato, al con­tatto della massa delle ceneri pri­ma fluide e poi indurite, si era, già prima dello scavo, comple­tamE.>nte distac­cato in minu­tissime lamelle e in briciole im­pastate con le cenen; nessuna purtroppo pos­sibilità di ricu­pero. Della fi­gura della parete sinistra non r es t ò che il

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semplice contorno e piccola porzione del volto; della figura centrale, già mutilata nella parte su­periore dalla caduta di buona parte dell' intonaco, non si scorge che l'impronta scialba lasciata dal colore sul colore della parete di fondo; resta invece ben conservata la figura che occupava il riquadro della parete laterale di destra e che, dalle iscrizioni che l'accompagnano, è indicata per quella del poeta Menandro. Con la caduta dell' intonaco, andò anche distrutto il gruppo delle maschere che dovevano figurare a destra del riquadro centrale.

La composizione dell ' insieme dell'exedra ri­sulta peraltro chiara. Le tre figure di poeti erano intramezzate da due gruppi di maschere, le quali dovevano essere particolarmente allusive al genere teatrale che ciascuno di essi rappresen­tava; così, se alle spalle del Menandro, dobbiamo pensare che fossero rappresentate le tre maschere tipiche della comedia nuova, il gruppo delle tre maschere tragiche inducono a supporre che il poeta contrapposto a Menandro, dovesse essere un poeta tragico, probabilmente Euripide, per quanto quel poco che avanza della figura, di tipo anch'essa giovanile, non escluda la possibilità che invece del grande tragico, fosse qui rappre­sentato un epigono meno noto. 2) Anche più difficile è fare supposizioni per la figura centrale, di maggiori proporzioni delle altre ed alla quale il pittore volle evidentemente dare un valore di predominio sulle altre. Da quel poco che tra­spare dalle debolissime impronte del colore, sembra che la figura, seduta, fosse più girata verso lo spettatore; una delle gambe, la destra, appariva al di fuori del mantello, ignuda; in basso, a destra, sembra di poter riconoscere il contorno di una piccola figura accovacciata o prona ai piedi del seggio. Era forse qui effigiato il padre della tragedia o della come dia greca: Eschilo o Aristofane? 3) Innanzi all' irrepara­bile guasto del dipinto, è impresa del tutto vana tentare una identificazione.

Gli specchi a lato del riquadro centrale, ave­vano due gruppi di tre maschere teatrali cia­scuno, poggiate su trapeze che, dal colore, dalla forte arcuazione dei piedi terminanti a zampa felina e dalla sottigliezza della mensa tornita, raffiguravano due trapeze in bronzo. A destra sono conservati solo i piedi e un pezzo dell'orlo

superiore della mensa; a sinistra è rimasta invece ben conservata tutta la parte superiore del sostegno con le tre maschere appoggiate l'una all'altra, acervatim, quasi a piramide. Sono tre grandi maschere tragiche (altezza massima m. oar) splendidamente raffigurate con vigoria di espressione e vivacità di colore (fig. 2), tanto che per nobiltà di disegno e robusta tonalità cromatica, non si può mettere a loro confronto se non la grottesca ed orrida maschera teatrale che uno dei giovanetti satlri tiene sospesa nell'affresco dionisiaco della Villa dei Misteri, quasi ad atterrire il volto degli spettatori. 4)

La maschera a sinistra, dalla tinta verdastra metallica quasi di colore bronzeo, dal volto ema­ciato, dalle orecchie aguzze, incoronata di un ramo di foglie palustri, è di tipo silenico; quella al centro con alta parrucca (ònkos), anche essa inghirlandata, occhi e sopracciglia profon­damente inftessi, bocca tutta aperta nell'espres­sione del più violento pathos tragico, ha il colo­rito roseo di una maschera femminile, e raffigura l'eroina del dramma tragico; la terza a destra, più fortemente reclinata indietro, con l'ampia capigliatura nera disciolta e con eguale violenta contrazione dei muscoli facciali, ha il colore bruno rossiccio tipico delle figure maschili.

Maschere e poeti sono dipinti sul fondo di una parete di IV stile che, per lo schema sem­plice della composizione a riquadri e per il tono stesso del colore della parete di fondo, ci richia­mano alla tecnica ed alla maniera decorativa degli altri ambienti di questa casa. Ma 1'artista che ha dipinto con tanta nobiltà di linee e di composizione e con così fresco senso coloristico le figure dei poeti e le maschere teatrali, non è certamente lo stesso che ha decorato i fondi delle pareti o che ha concepito le farraginose scene paesistiche che riempiono tutto il campo delle due vicine exedrae absidate. Già le proporzioni stesse delle figure (per il Menandro m. r,08), che campeggiano isolate sul fondo della parete, si allontanano da quelle che sono le dimensioni correnti di scene e di soggetti figurati all' interno di ambienti decorati alla maniera del IV stile, e sorpassano anche le dimensioni che general­mente hanno nella pittura pompeiana dell'ul­timo periodo, i ritratti di personaggi reali o ideali.

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FIG. 2 - POMPEI, CASA DELLE ARGENTERIE: GRUPPO DI MASCHERE TRAGICHE

Bisogna rifarsi alla megalografia di II stile (Villa di Diomede, di Boscoreale, Casa del sacello iliaco nella zona dei nuovi scavi), per ritrovare figure di grande modulo raffigurate sul campo della parete isolatamente o in gruppo. La crono­logia del dipinto si può quasi esattamente de­terminare in base alla datazione che può esser assegnata alla decorazione della maggior parte della casa, dove all' infuori di poche pareti di II stile, tutto il resto appartiene all'ultima fase di rifacimenti e di restauri che venivano ese­guendosi dopo il terremoto del 63 e forse poco tempo prima della eruzione.

La perdita dell'affresco appare tanto più dolorosa, in quanto che tutte e tre le figure dei poeti erano accompagnate da leggenda, così come è esplicitamente individuata quella di Menandro; pur facendo cioè astrazione dal valore icono­grafico assoluto che può avere un dipinto pom­peiano, noi avremmo avuto nella pittura e nelle

iscrizioni, la documentazione di come venivano resi nella tradizione artistica dell ' ambiente di una città campana del l° secolo del l' impero, tre grandi poeti del teatro comico e tragico greco.

Comunque, l'affresco ci ha conservata integra la figura del poeta che è sta to dal lato iconografico più largamente e vivacemente discussa in questi ultimi anni, quella del poeta Menandro. 5) Esa­miniamola per quello che essa è, e per quello che possa valere ai fini della controversa questione.

Siede il poeta su di un grande seggio a spal­liera ricurva, con il corpo piegato verso la sua destra; sul seggio è un rosso cuscino rigonfio (fig. 3)· Il volto e il petto sono di color rosso bruno con toni di rosso più scuro nelle ombre: sulla massa scomposta e confusa della folta capigliatura è una corona dalle foglie forse di edera appena accennate; un ampio himation di color chiaro con velature verdastre, di . stoffa

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morbida e pesante, è appoggiato all'omero sini­stro e ricadendo dietro le spalle e discendendo lungo il bracciolo del seggio, mentre avvolge tutta la parte inferiore del corpo, lascia denudato il petto dalle carni sode e piene: i piedi sono cal­zati di sandali. Tutta la figura è trattata con quel fare largo e sommario, senza minuziosità di par­ticolari, che è proprio dei soggetti figurati della pittura campana e che ritroviamo del resto negli esempi più nobili della megalografia di II stile; ma pur risultando di pochi toni di colore freddo, varianti dal rossiccio terroso delle carni al gri­gio verdastro del mantello, essa si stacca con il suo netto contorno, senza ombre, sul tono caldo giallo aurato del fondo.

Il poeta è rappresentato con il volto giovanile pensoso, le labbra socchiuse in un' espressione severa, lo sguardo come fisso assorto nella let­tura delle sue opere; mentre con il braccio destro puntato contro la spalliera del seggio, appoggia lievemente la guancia al dorso della mano con il gesto familiare e consueto di chi meditatamente legga, regge con l'altra mano un rotolo di papiro aperto, su cui appaiono trac­ciate alcune linee di scrittura in fini caratteri neri, in parte evanidi ed in parte del tutto scom­parsi. 7) I1 papiro (fig · 4) ha all'estremità una specie di fermaglio, terminante a nastro che sembra uscire dall'umbilicus del volumen: è forse la correggiola di cuoio rosso, i lora rubra ricordati da Catullo (22,7).

Sulla pagina tutta aperta, si riescono a leggere le prime quattro linee di scrittura e l'ultima; inin­telligibili sono le linee cinque e sei, nè qui è il luogo di proporre integrazioni ed ipotesi e di sof­fermarsi su quel che possa valere nella tradizione menandréa questa singolare testimonianza epi­grafica pompeiana.

Menander Hic primu (s) (novam?) com­(o )ediam scripsit

Lib(ri) quattuor

E a togliere ogni dubbio sull ' individualità del personaggio che il pittore campano ha voluto

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raffigurare, in basso, sul podio di colore oscuro, è ripetuto il nome del poeta in caratteri maiu­scoli tracciati a fini lineole bianche:

Il pittore campano conserva qui l'uso larga­mente documentato dalla iconografia del periodo ellenistico e romano, di contrassegnare i ritratti di poeti e di filosofi greci; uso attestatoci del resto dalla iconografia dello stesso Menandro, poichè oltre al tardo mosaico di Monnus con iscrizione latina, anche nei disegni che l'Orsini e il Gallaeus trassero da un busto originale in marmo, ricorre il nome del poeta in greco: Menandros. 8)

L'ingenuo espediente di porre nelle mani del poeta greco un papiro con il titolo delle sue opere in latino e di indicare una classificazione delle sue comedie in libri (libri quattuor), è forse più un espediente di artista che di grammatico. Come di consueto, anche qui il poeta è raffigu­rato intento alla lettura delle sue opere: così Virgilio, nel noto mosaico del Museo del Bardo è rappresentato con un papiro aperto su cui è tracciato uno dei primi versi dell' Eneide. 9)

Ma l'espediente di ricorrere a questo mezzo per ben individuare il personaggio, appare anche più evidente dalla didascalia che l'artista o guidato dalle proprie conoscenze letterarie, o per suggerimento del proprietario stesso della casa, ha voluto aggiungere al titolo del volumen: hic primus (novam?) comoediam scripsit. Era la notizia corrente con cui Menandro è conosciuto nella tradizione letteraria ellenistica e romana (VELL. PATERC., I, 16, 2).

Ma non ostante lo studio posto dall' artista nel dare al poeta atti ed espressione di medita­zione e d'ispirazione, si rivela subito in questo ritratto quel che v' ha di compassato e di stu­diato; il gesto della mano sinistra che troppo ostentatamente regge il rotolo del papiro tutto aperto, il gesto lezioso e artificioso con cui troppo mollemente la destra è appoggiata contro la guancia, lo sguardo che mentre dovrebbe affi­sarsi sulla pagina del papiro, appare invece assorto e vuoto nello sforzo consapevole della immobilità necessaria. Il poeta posa, così come

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FIG. 3 - POMPEI, CASA DELLE ARGENTERIE: IL POETA MENANDRO

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posano, nei ritratti, la maggior parte dei perso­naggi reali del mondo pompeiano; così come posa, per citare solo l'esempio più tipico, la coppia che pas-sa, più o meno giustamente,

evidente strabismo ed asimmetria facciale (gli occhi nel dipinto guardano in modo diverso l'uno dall' altro); infine sguardo severo e

aggrondato de­gli occhi profon­damente inca­vati nelle cavità sotto il nome di

Paquio Pro culo e sua moglie. IO)

E ciò basta a . . rlconoscere In

questa pittura le caratteristiche proprie di un'ar­te locale e di un artista cam-

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orbicolari sotto l'ombra dei fol­ti sopraccigli (fig· 5)· Ma per la composizione e derivazione del dipinto pompeiano, è di capitale impor­tanza il raffron­to con i rilievi Laterano e Stroganoff (re­pliche presso a poco identiche di uno stesso prototipo), e con il rilievo del Museo di Berlino prove­niente da Aqui­leia, 12) per il qualeil catalogo di quel Museo avanza l'ipotesi che si tratti di arte ellenistica, e che è almeno il più antico dei tre. Il poeta (fig. 6) è seduto su di uno sga-

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pano.

bello con la par­

Ma pur rico­noscendo al di­pinto tecnica e maniera di un' arte schietta­mente locale, è innegabile che nelle fattezze del tipo e nello stile della com­posizione figu­rata, l'artista abbia derivato il suo ritratto in posa, da modelli correnti nell'ar­te del rilievo e della pittura. I dati fisionomici concordano del resto con la tra­dizione lettera­ria e con quel tipo iconografi­co che, dopo

FIG. 4 - IL PAPIRO te superiore del corpo nuda e

lo Studniczka, viene attribuito dalla maggior parte degli studiosi, a Menandro. Il) Volto giovanile imberbe che nel dipinto pompeiano, con la maggior pienezza delle guancie, sembra meglio rispondere al carattere di mollezza e di effeminatezza che veniva attribuito al poeta;

l'inferiore avvolta da ampio mantello; tiene con una delle mani una maschera comica e verso di essa affisa lo sguardo come per trarne ispirazione; altre due maschere, anch'esse comiche, sono pog­giate su di un tavolo e sul tavolo è pur pog­giato e dispiegato in parte, il rotolo di un

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FIG. 5 - IL RITRATTO DEL POETA MENANDRO (PARTICOLARE)

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FIG. 6 - RILIEVO DEL MUSEO LATERANENSE

papiro, elementi tutti che troviamo solo diversa­mente disposti nel dipinto pompeiano; la donna in piedi in cui lo Studnicz;ka riteneva di poter riconoscere l'amante Glykera, non è probabil­mente che una personificazione della Comedia. 13)

E nei tre rilievi si ritrovano, quelle che, secondo lo Studniczka, sono le caratteristiche della testa di Menandro; più vigorosa e adulta in quello Laterano e Stroganoff, più giovanile e ideale in quello di Aquileia. Identico motivo di composi­zione si ha nel rilievo di Euripide al Museo di Costantinopoli, 14) dove il poeta egualmente seduto ed ammantato, con un rotolo di papiro in una mano, è nell'atto di ricevere una maschera tragica da una figura femminile indicata per Skené; alle sue spalle è il simulacro di Dioniso.

Ma la tradizione iconografica non era sol­tanto nel rilievo e nella scultura. Già fin dalla seconda metà del IV secolo a. C., si veniva for­mando ad Atene una iconografia dipinta accanto alle statue onorarie di poeti e di filosofi, e nel-

l'edificio del Pompeion, accanto alla statua lisippea di Socrate, figuravano anche i ritratti dipinti di Isocrate e di poeti comici attici (PLINIO, 35, 140 ). 15)

Più tardi, nella società romana del I secolo dell' impero, il gusto vivissimo che si ebbe, forse più letterario che scenico, per i poeti del teatro greco, è attestato non solo dal buon numero che ci resta di pitture relative a scene, soggetti ed azioni comiche e drammatiche, ma anche dalla frequenza con cui vengono raffigurati su pitture pompeiane ed ercolanesi, attori e poeti (HELBIG, Wandgemaelde, n. 1453- 1461). 16) È una serie di quadretti nei quali ricorre un poeta barbato od imberbe accompagnato da qualche figura accessoria dell'azione scenica e dalI'emblema della maschera teatrale verso la quale il poeta fissamente riguarda come ispirato; in uno di essi (HELBIG, o. c., n. 1460) si tratta, non v'è dubbio, di un vero e proprio attore in co­stume di re, ma, cosa singolare, la testa di questo

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attore, ha un' innegabile analogia per struttura ed espressione, con la testa del Menandro del Museo di Boston. t7)

Cercare in questi qua­dretti di genere il valo­re di una documenta­zione i conografica e pretendere una possi­bile identificazione, sa­rebbe impresa vana; è peraltro innegabile una intima parentela e ana­logia di motivi e di composizione fra i ri­lievi menandrei, il ri­lievo di Euripide e la serie teatrale delle pit­ture pompeiane ed er­colanesi.

e con maschere teatrali, accanto ad Archilocho e ad Euripide t8). Il va­lore pertanto iconogra­fico di un ritratto di Menandro nell' am-

Ma se nei quadretti con soggetto di poeta e di attore (HELBIG,

n. 1453- 1461), non si può vedere altro che

FIG. 7 - ROMA, MUSEO NAZIONALE ROMANO: MENANDRO

biente pompeiano, è ben diverso da quello che può essere attri­buito al tardo mosaico di Monnus a Treviri, nel quale le fattezze dei due poeti, Menandro e Virgilio, sono, non ostante le leggende che l'accompagnano, tal­mente contraffatte e lontane dai dati della tradizione, da giustifi­care, almeno in quel caso, lo scetticismo e la tesi contraria del Lip­pold che il tipo fissato dallo Studniczka per Menandro attribuisce

una pittura di genere, lo stesso non può dirsi del ritratto di Menandro della Casa del tesoro delle argenterie, dove il pittore pompeiano ha indubbiamente inteso di rendere quello che secondo la tradizione corrente del suo tempo, era il fisico e l'indole del poeta.

Nè per quanta parte voglia farsi alla rielabo­razione popolare della pittura pompeiana, si debbono dimenticare nel nostro caso le parti­colari condizioni di ambiente in cui quell'affresco viene quasi ad avere il suo naturale e giustifi­cato collocamento. Siamo nell'ambiente di una casa signorile che, per la presenza stessa della sua ricca suppellettile argentea, fra la quale figurano pezzi già logori (argentum vetus) di squisita arte ellenistica, rivela nel proprietario fine gusto di arte e non una vana ostentazione di provinciale arricchito. Nè del resto, il nome e la figura di Menandro ricorre qui la prima volta a Pompei; apparve già in una delle coppe (mo­dioli) con figure di scheletri del tesoro argenteo della Villa di Boscoreale, e con il proprio nome

invece a Virgilio. 19)

Ciò posto, ammesso cioè che il dipintopom­peiano non possa non avere un qualche valore iconografico per la documentazione del tipo di Menandro, resta da esaminare se esso costitui­sca un argomento a favore della tesi di cui si fece valido sostenitore lo Studniczka, seguito dalla maggior parte degli studiosi, 20) e altrettanto reciso ed ostinato oppugnatore il Lippold.

A chi confronti il dipinto pompeiano con quelli che sono i più tipici esempi della serie delle teste del c. d. Menandro, e cioè soprattutto con la testa del Museo di Boston, 2t) con l'erma del Seminario Patriarcale di Venezia, 22)

con la testa del rilievo Lateranense e delle sue repliche, 23) non possono sfuggire alla prima alcune aperte e chiare dissimiglianze; la testa pompeiana più giovanile, dal volto più pieno, senza alcuna vigorìa di espressione inte­riore, è ben lontana dalla robusta struttura e dalla patetica espressione dei busti e dei rilievi. Ma se si tien debito conto della diversa situa­zione artistica e stilistica in cui doveva trovarsi

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un pittore campano costretto a lavorare da mo­delli di seconda e terza mano, e del diverso atteggiamento del poeta trasformato da poeta ispirato a poeta lettore e cogitabondo, forse per cogliere meglio il soggetto in posa, e, spoglian­dolo di ogni idealizzazione, ridurlo a fattezze più reali ed umane, appaiono anche non meno evidenti tratti d'innegabile analogia con il tipo iconografico del Menandro; nel volto accurata­mente sbarbato del poeta, nell'approfondimento degli occhi aggrondati entro le cavità orbitali, nella capigliatura folta ed ancor giovanile, nello strabismo ed asimmetria facciale che, se la Campanile ha ben visto, troverebbe una cal­zante conferma nell 'erma del Seminario Pa­triarcale di Venezia. 24) Del resto un' espressione ancora assai giovanile del volto di Menandro, si ha nella stessa erma di Boston, dove i tratti fisionomici appaiono peraltro assai più idealiz­zati, nell'erma del Museo Nazionale Romano (fig. 7), testè pubblicata dal Paribeni, dal volto aperto e pieno; 25) nel medaglione Marbury Hall, 26) e, se qualche fede pur meritano i disegni iconografici dell' Orsini, nel disegno che dal­l'Orsini derivò Theodorus Gallaeus nel I 578. 27) lo non esito pertanto, pur tenendo debito conto degli spiriti e delle forme proprie in cui si sviluppa la pittura pompeiana, a ricollegare il dipinto della

I) La pianta del WEBER è pubblicata in Monumenti dell' Istituto I , 16; nicchie ed esèdre sembra fungessero qui da fontane.

2) Un caso analogo si avrebbe nelle tazze con figure di scheletri del tesoro di Boscoreale dove accanto a poeti e filosofi di grande risonanza, figura anche il meno noto filosofo cinico Monimos, HERON DE VILLEFOSSE in Monu­ments Piot, V, pago 231.

3) L'accoppiamento che si avrebbe in alcune doppie erme con i ritratti di Menandro e di Aristofane, secondo almeno l'identificazione suggerita dalla BIEBER per una erma Albani (Roem. Mittheil, 1917, pago 122) e dal PARI­BENI per un'erma del Museo Nazionale Romano (Not . Scavi, 1929, pago 351 segg., Tav. XVI- VII), farebbe propendere la nostra ipotesi per Aristofane.

4) MAIURI, La Villa dei Misteri, 1930, fig. 57, Tav. VII. 5) STUDNICZKA, Das Bildniss Menanders, 1918; LIP­

POLD, Grieschische Portraetstudien, 1912 e Roem. Mittheil., 1918, pago I segg. ; POULSEN, Ikonographische Miscellen, 1921, pago 15 segg.

Un innegabile contributo alla soluzione della contro­versa questione han portato la pubblicazione di CAMPA-

Il Casa del tesoro delle argenterie " , alla serie delle teste attribuite dallo Studniczka a Menandro.

Ma a parte anche più o meno evidenti ana­logie dell'affresco con il tipo iconografico me­nandreo, dobbiamo riconoscere che il modesto pittore campano ha reso, meglio forse dei più nobili artefici delle repliche in marmo, quelle che erano nella tradizione letteraria della so­cietà colta romana, le caratteristiche dell' in­dole e della natura del poeta. Nel volto pieno e grassoccio, nel gesto lezioso della mano, in tutta la posa del soggetto, non sem­bra di riconoscere meglio che altrove, il ri­tratto che Fedro fa del poeta (V, I2) Il unguento delibutus, vestituad fluens , veniebat gressu delicato et languido,,? 28) Ed il cesellatore della tazza argentea di Boscoreale non aveva rappresentato, pur nella macabra nudità dello scheletro, il poeta Menandro in posa di quasi elegante con­templazione di una maschera femminile? 29)

Si voglia o no riconoscere al dipinto pompeiano valore di una nuova documentazione iconografica del tipo del poeta, esso è indubbiamente una precisa testimonianza della cultura, del gusto, della moda letteraria della Pompei del I secolo dell' impero e della predilezione che la società colta delle città campane aveva ancora per il poeta della commedia nuova. AMEDEO MAIURI

NILE T., Un'erma del Seminario Patriarcale di Venezia e la questione del ritratto di Menandro in " BolI. d. Comm. Arch. di Roma" , LVI, 1928, pago 187 segg. e la pubbli­cazione dell'erma di recente acquisita alle collezioni del Museo Nazionale Romano (PARIBENI, loc. cit.). L'associa­zione in questa erma del ritratto del cosiddetto Menandro ad altro ritratto di poeta comico greco, quasi certamente Aristofane, toglie qualsiasi verosimiglianza alla te~i del LIPPOLD che identificava il Menandro per Virgilio. Cf. anche KOERTE in Pauly- Wissowa, R. E. a. v. Me­nander, voI. XV, col. 714.

6) Rinvenuto a Treviri nel 1884 : Ant. Denkmaelern, I, tav. 48, n. 4: cf. BERNouLLI, Griech. Ikon, II, pago 105.

7) Il disegno a fig. 4 è stato ricavato da un diligen te apografo eseguito dal DELLA CORTE subito dopo la sco­perta dell'affresco e da me ripetutamente collazionato con l'originale.

8) Vedi le riproduzioni nello studio della CAMPANILE, loc. cito figure 1- 3.

9) Vedi sui ritratti di Virgilio il recente studio di NOGARA B. in "Riv. del R. Istituto d'Arch. e St. del­l'Arte" II, 1930, pago 127 segg., fig. 1.

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IO) Sul ritratto pompeiano, non ancora fatto oggetto dello studio e della valutazione che merita, v. MARCONI P ., La pittura dei Romani, 1929, pago 51 segg.; CURTIUS, Die Wandmalerei Pompejis, pago 376 segg.; RIZZO G. E ., La pit­tura ellenistica e romana, pago 82 segg. Sulla questione pro­sopografica ancora incerta del cosiddetto ritratto di Paquio Proculo, V. DELLA CORTE in" Journ. Rom. Stud.", XVI, 1926, pago 151 e MAGALDI E. in "Nuova Cultura", 1928.

11) Per le caratteristiche fisionomiche del tipo di Menandro, V. BERNOULLI, Griech. Ikon., II, pago 103 segg. e STUDNICZKA, op. cito

12) BRUNN- BRUCKMANN, Ant. Denkm., Tav. 626, figure 3- 4 (testo del SIEVEKING) : BIEBER, Theaterwesen, Tav.88.

13) Ciò soprattutto in base al raffronto con il rilievo di Euripide (v. appresso).

14) MENDEL, CataI. d. Sculpt. des Musées Ottomans, II, n. 574; BIEBER, Theaterwesen, Tav. 46; POULSEN, From the Collections 01 the Ny- Carlsberg Glyptothek, I, 1931, pago 80, fig. 62.

15) Il POULSEN, From the Collo 01 the Ny-Carlsberg Glyptothek, I, 1931, pago 39 segg. ritiene che il colloca­mento della statua di Socrate e del ritratto dipinto di Isocrate nel Pompeion, avvenisse per opera dello statista Licurgo fra gli anni 338- 326 a. C.

16) In questi dipinti la figura principale viene gene­ralmente interpretata e descritta come quella di un at-

tore, di un corego o di un pedagogo, mentre più verosi­milmente, nella maggior parte dei casi, si tratta di un poeta che istruisce gli attori.

17) È un giusto riavvicinamento del CURTIUS, op. cit., pago 276, figure 163- 164.

18) HERON DE VILLEFOSSE, Le trésor de Boscoreale, pago 65, Tav. VII.

19) LIPPOLD, Roem. Mittheil., 1918, pago IO, figure 5- 6. 20) Si veda recentemente PARI BENI, Not. Scavi, 1929,

pago 352 segg. 21) BERNOULLI, Griech. Ikon., II, Tav. XIV. 22) CAMPANILE T., op. cit., Tav. I- II. 23) BRUNN- BRUCKMANN, Ant. Denkm., Tav. 626, con

i particolari della testa a figure 1- 2, 4. 24) CAMPANILE T ., loc. cit., pago 197. 25) Not. Scavi, 1929, Tav. XVI- XVII. 26) BERNOULLI, Griech. Ilwn., II, pagina 106, fig. 8;

STUDNICZKA, op. cit., pago II; CAMPANILE, loc. cit., pago 194, fig. 6.

27) CAMPANILE, loc. cit., pago 190, fig. 2. 28) La irrealtà storica dell' episodio raccontato da Fedro,

rilevata dal KOERTE nell'articolo Menander del Pallly- Wis­sowa, R. E. , pago 709, non diminuisce il valore che essa ha di documentazione etica del tipo e del carattere di Me­nandro.

29) HERON DE VILLEFOSSE, op. cit., pago 65.

LE ORIGINI DI BERNARDINO L UINI

N EL MUSEO ]acquemart- André di Parigi esiste - com'è noto - una pala con la

scussione fra i critici, non appena l'Istituto di Francia ebbe aperto le sale del mirabile

Madonna e il Bambino fra due santi (fig. 3) fir­mata: Bernardin. Me ­diolanensis faciebat MDVII; ed ogni volta che ho sostato innanzi a quel dipinto mi si è presentato il problema, senza la possibilità di una soluzione soddisfa­cente, se possa o meno rappresentarci lo stile di Bernardino Luini giovane.

Dato il suo valore artistico non grande, la pala fu anche trop­po onorata di una di-

FIG. I - MILANO, PINAC. DI BRERA - B. LUINI: GL'ISRAELITI RINGRAZIANO IDDIO DOPO IL PASSAGGIO DEL MAR ROSSO

Museo parigino. E la si disse dap­

prima opera di un arte­fice veneto per educa­zione, che da Verona, pur non essendo vero· nese, aveva preso il mo­tivo dell'arancio dietro la Vergine. 1)

Poi la si giudicò di un derivato dalla scuola di Giovanni Bellini prossimo al Catena "nelladurezza dei piani facciali" e ad Andrea Solario " nella colora­zione in cui predomina il giallo". 2) Infine la

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