il ritratto pittorico

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  • Il significato delritratto pittoriconella societ

    di Enrico Castelnuovo

    Storia dellarte Einaudi 1

  • Edizione di riferimento:in Storia dItalia, V. I documenti, t. 2, Einaudi,Torino 1973

    Storia dellarte Einaudi 2

  • Il Quattrocento

    In una delle prime pagine del De Sculptura di Pom-ponio Gaurico, ricorre unimmagine dal sapore curiosa-mente metafisico. Per vantare i titoli di nobilt di que-sta tecnica, e servendosi di una formula che rimonta aCassiodoro, Gaurico evoca unimmaginaria Roma classi-ca abitata da un popolo di statue pubbliche e private dinumero non inferiore a quello dei cittadini in carne eossa12. Quando si effettui qualche mutamento, e alle scul-ture si sostituiscano pi generalmente i ritratti scolpiti edipinti, una tale immagine potrebbe applicarsi alla Firen-ze del Quattrocento. Una folla dipinta si accalca sullepareti delle chiese celebrando i fasti del presente e riem-piendo le scene tradizionali dei racconti evangelici. Per-sonaggi apparentemente riconoscibili che si direbberoattinti alla vita contemporanea si sostituiscono addirit-tura ai sacri protagonisti e assicurano i ruoli principali.

    Quale il significato di questo fenomeno, come si manifestato e che cosa sta a indicare? Prima di tuttodovremmo tentare di verificarne lesistenza e la consi-stenza. Le cose stanno veramente come le abbiamodescritte o siamo sviati nel giudicarle dal peso di una tra-dizione secolare, ma non per questo piu attendibile?

    Se ricerchiamo lorigine della tradizione troveremoche un posto fondamentale vi occupa Giorgio Vasari.Una chiave importante per la nostra ricerca data dallavasariana vita di Masaccio. A pi riprese la figura di que-

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  • sto grande artista messa dal Vasari in rapporto con iproblemi del ritratto. Nel corso di questa Vita sonoaffrontati vari aspetti della ritrattistica del Quattrocen-to, e del resto gi nella caratterizzazione dello stile diMasaccio il problema del ritratto presente. SecondoVasari infatti Masaccio cerc di fare le figure vivissi-me e con bella prontezza a la similitudine del vero13.

    Lo troviamo quindi confrontato con il tipo pi tra-dizionale di ritratto, quello dei committenti di unope-ra religiosa. Parlando della Trinit di Santa MariaNovella, Vasari annota: Dalle bande sono ginocchionidue figure che per quanto si pu giudicare sono i ritrat-ti di coloro che la feciono dipingere14.

    Il problema che segue pi complesso: in ricordodella consacrazione della chiesa del Carmine Masaccio,secondo le parole del Vasari,

    di terra verde dipinse di chiaro e di scuro, sopra la portache va in convento dentro nel Chiostro, tutta la Sagracomella fu. E vi ritrasse infinito numero di cittadini inmantello e in cappuccio che vanno dietro alla processione;fra i quali fece Filippo di Ser Brunellesco in zoccoli, Dona-tello, Masolino di Panicale stato suo maestro, AntonioBrancacci che gli fece fare la cappella, Niccol da Uzzano,Giovanni di Bicci de Medici, Bartolomeo Valori... Ritras-sevi similmente Bartolomeo Ridolfi che in quei tempi eraambasciadore per la repubblica fiorentina a Vinezia. E nonsolo vi ritrasse i gentiluomini sopraddetti di naturale, maanco la porta del convento et il portinaio con le chiavi inmano15.

    Purtroppo gli affreschi della Sagra sono perduti,tuttavia nessun equivoco possibile, si parla quindi diritratti, e di ritratti dal naturale. Troviamo anzi lestesse parole del Vasari impiegate un secolo dopo daFilippo Baldinucci nel suo Dizionario de le Arti del

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  • Disegno per definire il ritratto: figura cavata dal natu-rale16.

    Nel caso della Sagra si trattava del ricordo di unavvenimento contemporaneo la consacrazione dellachiesa era avvenuta nel 142217 e la presenza di un talepubblico trova una giustificazione, ma il caso che segue diverso: allinterno della stessa chiesa del CarmineMasaccio finse un san Paolo,

    e dimostr veramente infinita bont in questa pittura, cono-scendosi nella testa di quel santo, il quale Bartolo di Angio-lino Angiolini, ritratto di naturale, una terribilit tanto gran-de che e pare che la sola parola manchi a quella figura6.

    e come aveva rappresentato Bartolo nelle vesti di sanPaolo, in un apostolo del Tributo della Cappella Bran-cacci rappresent, sempre per citare il Vasari: il ritrat-to stesso di Masaccio fatto da lui medesimo allo specchiotanto bene che pare vivo18. Rispetto allaffresco dellaSagra che voleva essere ricordo e celebrazione di unavvenimento contemporaneo siamo in presenza di unasituazione di altro tipo, quale del resto lavevamo tro-vata in Avignone, e cio allimmistione di individui con-temporanei in rappresentazioni appartenenti a un tempodiverso. Ci sembra voler significare la volont di attua-lizzare la scena, eventualmente anche di attribuirgli unsignificato politico, e sulla base delle parole del Vasari,e grazie alla eccezionale caratterizzazione dei personag-gi della Cappella Brancacci, sono stati fatti ripetuti ten-tativi di identificazione e di lettura in chiave con-temporanea talvolta con risultati che sembrano con-vincenti19. Tuttavia rimane un dubbio che sar beneaffrontare prima di procedere oltre. Potremo formular-lo cos:

    a) Vasari scrive oltre un secolo dopo il compimentodegli affreschi Brancacci.

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  • b) Vasari, e la sua consuetudine con leruditissimocollezionista Paolo Giovio lo prova, partecipava auna tendenza culturale neoaristocratica, nel cuiseno, per ragioni politico-dinastiche, veniva ela-borandosi il fittizio edificio del mito mediceo.

    c) Di questo mito proprio Giorgio Vasari con la deco-razione tra 1555 e 1559 dellappartamento diLeone X in Palazzo Vecchio sar uno dei massimiresponsabili illustrando nelle stanze gli alti fattidella famiglia nel secolo precedente.

    In questo senso i Ragionamenti che lo stesso Vasariscrisse per descrivere e spiegare le sue pitture in Palaz-zo Vecchio contengono elementi rivelatori:

    principe...che ritratti son quelli con abiti da centinajadanni indietro ritratti di naturale? Per che gli avete voifatti?

    giorgio Signore, gi se gli detto che tutto ha da aversignificato; i ritratti sono in ogni stanza la discendenza defigliuoli del Magnifico Cosimo Vecchio, cos degli amici esuoi servitori, che appartatamente ogni camera ha i suoi,tutti ritratti di naturale da luoghi ove ne rimasta memo-ria...

    principe Voi avete preso, Giorgio mio, una gran faticaed una impresa molto difficile; ma ditemi, come avete voifatto, che tanti ritratti di uomini di tante sorti, quanti sonoin queste stanze, abbiate potuto ritrarre?

    giorgio Signor mio, egli si usato una gran diligenza incercarli, e ci ha aiutato assai che questi, di chi si ragiona,sono state tutte persone grandi, e la diligenza de maestridi que tempi, che sono pure stati assai eccellenti in pittu-ra e scultura, i quali nhanno fatto memoria nellopere, chein que tempi dipinsero in Fiorenza, come nel Carminenella Cappella de Brancacci dipinta da Masaccio ve nparte, e nellopere di Fra Filippo e di fra Giovanni Angeli-co, e in Santa Maria Nuova da Domenico Veneziano e da

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  • Andrea del Castagno nella cappella de Portinari, il qualeAndrea fu allevato di Casa Medici, che molti amici di Cosi-mo, Piero e Lorenzo Vecchio vi ritrasse in quellopera, etanto fece in Santa Trinit alla cappella Maggiore AlessioBaldovinetti e nella medesima chiesa nella cappella de Sas-setti Domenico Grillandajo, che tutta lempi duominisegnalati, seguendo il medesimo ordine in Santa MariaNovella nella Cappella grande de Tornabuoni, dove oltrea molti cittadini e amici suoi fece molti letterati del suotempo...20.

    Vediamo qui quale repertorio di immagini abbianocostituito i grandi cicli fiorentini del Quattrocento perGiorgio Vasari storico e pittore e una conferma puvenire dal confronto tra i personaggi che sono descrittinei Ragionamenti a proposito delle storie di Cosimo ilVecchio e quelli evocati dallo stesso Vasari nella vita diDomenico Veneziano e Andrea del Castagno, a propo-sito degli affreschi ora distrutti di Santa Maria Nuova.Si pu dire che tutti o quasi i personaggi dipinti dalVasari nei riquadri rappresentanti limprigionamento elesilio di Cosimo, da Rinaldo degli Albizzi al gonfalo-niere Bernardo Guadagni, da Puccio Pucci a FederigoMalevolti che teneva le chiavi dellalberghetto (il piccoloambiente nella torre del Palazzo Vecchio dove fu impri-gionato Cosimo), al Falgavaccio che corruppe il gonfa-loniere per liberare Cosimo eccetera eccetera si ritrovi-no nella descrizione delle storie della Vergine di SantaMaria Nuova21. Pu legittimamente dunque nascere ilsospetto che nella ricerca di modelli dal naturale perle sue pitture il Vasari abbia forzato i riconoscimenti,contribuendo cos in modo determinante alla nascitadellinterpretazione in chiave contemporanea delle pit-ture sacre del Quattrocento fiorentino.

    Ma una testimonianza pi antica e inattaccabile,quella di Leon Battista Alberti, mostra indiscutibilmente

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  • che il costume di introdurre in una storia le sem-bianze di un personaggio contemporaneo era praticato.Il passaggio in questione si trova nel terzo libro del trat-tato Della Pittura e suona cos

    poich in una istoria sar uno viso di qualche conosciuto etdegnio uomo, bene che ivi sieno altre figure, di arte moltopi che queste perfette et grate, pure quel viso conosciutoad se in prima trarr tutti li occhi di chi la storia raguardi.Tanto si vede in se tiene forza ci, che sia ritratto dallanatura22.

    Sembra dunque di poter risolvere in senso positivo anche se in misura minore di quella accettata dal Vasa-ri il problema dellesistenza di ritratti contemporaneiin grandi scene.

    Se volgiamo ora la nostra attenzione ai ritratti auto-nomi di questo periodo, vale a dire a quei dipinti chepresentino esclusivamente un personaggio o eccezio-nalmente due e le cui finalit ritrattistiche siano indi-scutibili, potremo constatare che essi sono poco nume-rosi e che, diversamente da quanto si poteva vederenegli affreschi, adottano esclusivamente un unico sche-ma di presentazione, il profilo23. Di fronte al numeroimponente, alla eccezionale qualit e alla variet diimpostazione del ritratto fiammingo della prima metdel Quattrocento questa situazione singolare, lo anzia tal punto da indurre a domandarsi se a questa dispa-rit corrisponda una variet di funzioni. Occorrerebbeanche chiedersi donde derivi lesclusiva preferenza perquesta formula. vero che il profilo ha avuto un ruolocapitale nello svolgersi del ritratto trecentesco, ma inquesto tempo erano gi presenti altre formule. Daltraparte se la presentazione di profilo quella tipica delcommittente-donatore nella tradizione trecentesca, que-sta regola comporta numerose varianti ed eccezioni24.

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  • Sarebbe del resto erroneo far derivare strettamente ilritratto di profilo fiorentino del Quattrocento dallim-magine del donatore. Altri elementi entrano in gioco e,in primo luogo, linfluenza classica.

    In un passaggio del trattato Della Pittura Leon Batti-sta Alberti mostra linteresse che portava per le proprieimmagini, e la funzione celebrativa che attribuiva loro:

    Ebbi da dire queste cose della pictura, quali se sono com-mode et utili a pictori, solo questo domando in premio dellemie fatiche, che nelle sue istorie dipingano il viso mio ed cidimostrino se esser grati et me esser stato studioso dellarte25.

    Unanonima vita dellAlberti conferma questo inte-resse narrando come egli amasse ritrarre se stesso e i pro-pri amici; infine il Vasari ricorda in casa di Palla Ruc-cellai un autoritratto dellAlberti fatto alla spera. Oraquestuomo cos profondamente interessato alla propriaimmagine ci ha lasciato due autoritratti in bronzo, perlappunto di profilo26. Senza voler parlare di rapportinon verificabili tra queste immagini e i ritratti dipintifiorentini, interessante notare la simiglianza delle solu-zioni e avvertire che se lumanista Alberti si rappresen-tava di profilo, non era certo per continuare la linea deldonatore trecentesco, ma per una voluta influenza clas-sica, numismatica. Un centro di irradiazione di taliinfluenze dovette essere a Firenze la casa dellumanistaNiccol Niccoli, ove questi, come scrive Vespasiano daBisticci, aveva... infinite medaglie di bronzo e di arien-to e doro e molte figure antiche di ottone. Il ritrattodel Niccoli dato da Vespasiano tra i pi vivi e diretti,e, come nota il Garin, pittorici che si possan trovare:

    Fu di bellissima presenza, allegro, che sempre pareva cheridesse, piacevolissimo nella conversazione. Vestiva sempredi bellissimi panni rosati, lunghi in fino a terra Quando

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  • era a tavola mangiava in vasi antichi bellissimi, e cos tuttala sua tavola era piena di vasi di porcellana, o daltri orna-tissimi vasi. Quello con che egli beveva era coppa di cri-stallo o daltra pietra fina. A vederlo in tavola cos anticocomera, era una gentilezza27.

    un peccato che a questo ritratto letterario non sene possa contrapporre uno dipinto, ma il Niccoli muorenel 1437 e a questa data un ritratto di tal genere eraimpensabile; del resto ancora attorno allanno 1490,vale a dire quando Vespasiano lo scrive, non se ne tro-vano equivalenti nella pittura fiorentina.

    La consacrazione della formula di profilo per il ritrat-to autonomo sembra proprio discendere dalla medagliaantica e ad esclusione di altre questa formula dovevaessere impiegata a fini celebrativo-commemorativi. probabile anzi che a un certo punto avesse assunto unautentico e immediato significato simbolico: in un dit-tico di Piero di Cosimo ad Amsterdam, rappresentanteGiuliano da Sangallo e suo padre Francesco Giamberti, il ritratto del defunto, quindi limmagine che per eccel-lenza ha valore commemorativo, a esser rappresentata diprofilo. questo il valore dei ritratti di Giuliano deMedici di Botticelli, fatti dopo la congiura dei Pazzi, opi tardi della Simonetta Vespucci di Piero di Cosimoo ancora ma questa volta con valore volutamente arcaiz-zante del ritratto di Savonarola di Fra Bartolomeo28.

    Il particolare significato che il profilo assume nella tra-dizione fiorentina deve essersi stabilito a un certo momen-to e sovrapposto a quello originale (che era quello di porresu piani diversi la sacra immagine e il terrestre donatore)quando il ritratto di profilo esisteva gi da tempo.

    Ha rilevato il Panofsky che la pittura nordica deri-vandolo dallitaliana aveva conosciuto il ritratto diprofilo, e laveva praticato, seppur non esclusivamente,fin verso il 1420, laveva quindi abbandonato comple-

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  • tamente a favore di altre formule, per riprenderlo nelprimo Cinquecento ai tempi di Quentin Metsys29. Orail profilo di vecchio di Metsys del Muse Jacquemart-Andr di Parigi (1513), non ha pi il significato delladama limburghiana di Washington (1420 circa), non prova di una ripresa arcaistica, cio di ritorno a modu-li che erano stati gi praticati, ma piuttosto testimoniache allimmagine era stato attribuito un nuovo signifi-cato, che la formula umanistica era particolarmente attaa conferirle. Riprendere la formula di profilo non signi-ficava dunque per Metsys tornare indietro alla tradi-zione del gotico internazionale, ma piuttosto fare unacitazione rinascimentale, attraverso di questa dareallimmagine una nuova dignit. Per Metsys al principiodel Cinquecento il prestigio del profilo era dovuto al suosapore italianeggiante, per i fiorentini del primo Quat-trocento era dovuto allinfluenza della glittica e dellanumismatica classica, ma trovava anche una sua giusti-ficazione negli antichi testi di teoria artistica.

    noto come nelle culture occidentali (e anche inquelle orientali) i miti della nascita della pittura sianosempre stati visti in rapporto con la demarcazione linea-re dellombra di un corpo, in altre parole con la silhouet-te. Ne parlano Plinio e Quintiliano e le osservazioni diquestultimo sullorigine della pittura sono ripreseappunto da un sostenitore del ritratto di profilo, LeonBattista Alberti30. possibile dunque che la presuntaalta antichit di questo tipo di rappresentazione abbiacontribuito ad aumentarne ancora il prestigio. Non furo-no daltra parte estranei alladozione della formula diprofilo per ritratti che dovevano avere valore di testi-monianza familiare, i ripetuti accenni che si trovano inautori classici, da Plinio, a Livio, a Ovidio, agli alberigenealogici in cui i vari ritratti dipinti dei membri dellafamiglia (probabilmente profili entro medaglioni) eranocollegati da linee31.

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  • Possiamo perci concludere che il ritratto di profilonel Quattrocento fiorentino fortemente dipendentedalla tradizione classica, che esso ebbe una funzionegenealogico-familiare determinata e una limitata utiliz-zazione. Laltro tipo di ritratto esistente in questotempo a Firenze il ritratto civile, quello che si trovanei grandi affreschi delle chiese e di cui si trovano anchederivazioni su tavola. Nella prima met del Quattro-cento il ritratto fiorentino appare pi celebrativo chedescrittivo. un fenomeno che va di pari passo conlimpegno civile degli umanisti, che traduce in pitturalelogio di Firenze di Leonardo Bruni, il mezzo espres-sivo adatto al nuovo modo di vivere e di sentire dellaborghesia fiorentina.

    A poca distanza dalla citt toscana la situazione eradifferente. A Ferrara nel 1441 una celebre gara avevamesso a confronto Jacopo Bellini e Pisanello per unritratto di Leonello dEste. Un sonetto commemorativoricorda come il Bellini novello Fidia, vincesse la con-tesa quando gi da sei mesi Pisanello lavorava a con-vertir limmagine in pictura; vale la pena di citarlo perintero:

    Quando il Pisan fra le famose impresesargument cuntender cum naturaet cunvertir limmagine in picturadil nuovo illustre lionel marchexe

    gi consumato avea il sexto meseper dar propria forma ala figuraalor fortuna sdegnosa che furafumane glorie con diverse onfexe

    strinse che dala degna et salsa rivase movesse il Belin summo pictorenovelo Fidia al nostro ziecho mondo

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  • che la sua vera effigie feze vivaala sentencia del paterno amoreonde lui primo et poi il Pisan secondo32.

    Questa disputa evocata, nel dialogo De Politia Lite-raria di Angelo Decembrio, dalla stessa bocca di Leo-nello che ricorda le rivalit e le differenze di approccioal proprio ritratto dei due pittori, ognuno dei quali sot-tolineava, enfatizzandola, una caratteristica diversa delritrattato33. In un ambiente di corte come quello di Fer-rara il ritratto del principe veniva ad avere un signifi-cato e una funzione che nella repubblica fiorentina, aquesta data, erano impossibili. Nella Lombardia, allastessa ora, la funzione del ritratto ancor pi che a Fer-rara quella della glorificazione cortese. Come notaRoberto Longhi:

    Si fanno, non so se a sfondo doro, persino i ritratti deicani delle mute ducali retrato da un cane giamato Baretae nellordinare affreschi per le sale dei castelli la preoccu-pazione del committente che si veda bene che la SuaSignoria mangia in oro34.

    Si pu ricondurre a una sopravvivenza di questa este-tica per citare ancora una volta il Longhi araldicaarciprofana, non divina ma, ahi! semplicemente ducale la lettera inviata il 12 ottobre 1494 da FrancescoMantegna a Francesco Gonzaga marchese di Mantova:

    Illustrissime et invictissime princeps et D.D. mi sin-ghularissime etc.

    Avendo per certo inteso della efiggie del Serenissimo Redi Francia, et quella avere grande difformit s degli occhigrossi et sporti in fuori, si etiam peccare nel naso grandeaquilino et difforme con pochi capilli et rari in chapo, laimmaginazione e ammiratione de tanto homo piccolo et

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  • gobo fece in me sognandomi caso; donde subito levatoquello mi venne fatto mando alla Eccelenza Vostra35.

    Nelle corti il ritratto ha una funzione importantissi-ma, si sviluppa per celebrare il signore, per mostrarneil potere, la ricchezza, lo sfarzo (sua signoria mangia inoro!), per esaltarne le virt, i legami familiari, le impre-se, la vita, le abitudini (si pensi agli affreschi di Schi-fanoia o alla Camera degli Sposi a Mantova). Curiositper la rassomiglianza naturalistica, come gusto per illusus naturae, per il grottesco, trovano favorevole acco-glienza l dove il potere astraente, generalizzante, nor-mativo del canone fiorentino cede di fronte alla volontsovrana e autocratica del singolo signore. Una chiarapredilezione si esercita anche qui verso il ritratto di pro-filo, considerato celebrativo grazie alla sua ascendenzanumismatica, e daltra parte in questo caso non csoluzione di continuit tra le soluzioni araldiche delgotico internazionale e quelle antiquario-numismatichedel Rinascimento. Cos la formula resta la medesima,pur cambiando completamente la struttura, dal ritrat-to fiorito del Pisanello ai due pi bei dittici a ritrattodel Quattrocento italiano, quello celeberrimo dei Mon-tefeltro di Piero della Francesca, oggi agli Uffizi, equello dei Bentivoglio di Ercole de Roberti, oggi aWashington.

    Ritornati a Firenze, troviamo una situazione in pienomutamento. E innanzitutto un ritratto individuale il primo! rappresentato di faccia. Si tratta del ritrat-to attribuito ad Andrea del Castagno a Washington.Non sappiamo quello che sta dietro a questo cambia-mento di formula, n chi sia il personaggio rappresen-tato (forse un membro della famiglia Torrigiani). Qual-cuno anzi ha voluto negare che si tratti di un ritratto36

    Quello che certo che uno stretto rapporto unisce que-sto ritratto agli Uomini Famosi del Castagno, fatti per

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  • decorare una stanza della Villa Pandolfini a Legnaia: unodei cicli fiorentini consacrati a questo tema (un altro, diBicci di Lorenzo, si trovava nel vecchio palazzo Medi-ci), non privo di importanza nelle vicende del ritratto.

    Intorno a questi stessi anni siamo verso la met delsecolo si sviluppa a Firenze il gusto del busto-ritrat-to37. Ne restano esempi nei pi importanti musei delmondo, a Berlino, al Louvre, al Victoria and Albert, alBargello. Sono busti virili al massimo caratterizzati nel-lespressione, nei lineamenti, nei minimi tratti del volto,busti riconoscibili di giovani donne, di bambini. Percerti aspetti ci troviamo di fronte agli equivalenti pla-stici del ritratto fiammingo. Il fenomeno si sviluppa conestrema rapidit, vi sono implicati i massimi artisti dellanuova generazione: Antonio Rossellino, Desiderio eMino. In molti casi si tratta di busti commemorativi didefunti, gloria della famiglia, le cui immagini si voglio-no conservate, esibite e onorate, in altri, pi semplice-mente, dei signori della casa, di coloro che fecerocostruire la dimora, in altri ancora di giovani donne chehanno lasciata la casa per sposarsi. I busti erano espostial pubblico, talvolta addirittura sullarchitrave dei palaz-zi e si avvertono le ingiurie causate da questa colloca-zione nel busto di Matteo Palmieri al Bargello o anco-ra collocati come sovrapporta allinterno di una stanza(Vasari ricorda che i ritratti di Piero di Lorenzo deMedici e della moglie stettono molti anni sopra dueporte in camera di Piero in casa Medici sotto un mezzotondo38). Presto si venne a eseguire i busti in terracot-ta, gesso e altro materiale facilmente modellabile, ondesi vede ancora il Vasari che parla in ogni casa diFirenze sopra i camini, usci, finestre e cornicioni, infi-niti di detti ritratti tanto ben fatti e naturali che paio-no vivi39.

    La voga travolgente di questi busti deve essere messain rapporto con un certo numero di fattori e prima di

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  • tutto con il culto tributato da Plinio al ritratto monu-mentale. Alla osservazione del Vasari intorno alla col-locazione dei ritratti su camini, usci, finestre, corni-cioni, va accostato un passaggio della Naturalis Histo-ria, l ove lautore, rimpiangendo lantico uso, caduto inabbandono, di decorare la casa con i grandi personaggidella famiglia, ricorda:

    Altri ritratti delle figure pi grandi della famiglia eranofuori della porta e intorno alla soglia fra le spoglie appesedai nemici, che neanche al compratore era lecito schioda-re, e rimanevano a simbolo di trionfo anche quando muta-vano i padroni della casa stessa40.

    Quanto alleccezionale attenzione naturalistica deivolti, il fenomeno va collegato in parte al ricorso cre-scente al calco in gesso41. La maschera mortuaria del Bru-nelleschi, tuttora conservata nel Museo dellOpera delDuomo, era servita al Buggiano quando aveva dovutoscolpire il monumento commemorativo del grande archi-tetto. Una certa importanza va data anche al vivo inte-resse per gli studi di Physiognomonia, anchessi di deri-vazione classica. In realt i busti realistici di Mino diDesiderio o del Rossellino devono poco o niente allacaratterologia schematica e tradizionale dei trattati fisio-gnomici, che invece potettero influenzare le forme piastratte e generiche del ritratto eroico, dove sono rap-presentati tipi ideali cui si intendono conferire partico-lari caratteristiche (il condottiero rappresentato secon-do un tipo leonino come nel caso del Colleoni, ecc.)42.Tuttavia il solo interesse archeologico non spiega lap-parizione di ritratti cos potentemente caratterizzati eluso del calco, del resto gi da tempo introdotto, nonoffre una spiegazione sufficiente per i ritratti di MatteoPalmieri, Giovanni Chellini da San Miniato, ecc. Perilluminare lautentico bisogno di caratterizzazione e

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  • individualizzazione presente in questi ritratti statogiustamente citato un passo del De Statua di Alberti incui si rileva la diversit degli uomini e come nessunavoce o nessun naso siano esattamente simili a unaltravoce, a un altro naso. Sono stati daltra parte messi inluce i rapporti che univano il piccolo gruppo di com-mittenti cui si devono alcuni tra gli esempi pi forte-mente caratterizzati di ritratto43. Ma la volont del com-mittente poteva trovare realizzazione solo ove essapotesse disporre di mezzi stilistici, di formule, di pro-cedimenti: in breve di un linguaggio artistico sufficien-temente elaborato e tale da poter apportare una rispo-sta soddisfacente alle domande che venivano poste. chiaro che in tale contesto il linguaggio di Donatello hadovuto svolgere un ruolo analogo a quello svolto dallostile di Masaccio.

    Con tutta probabilit Donatello non scolp ritratti. Ilbusto di Niccol da Uzzano del Bargello non pi oggiconsiderato come suo e tuttavia i nomi di alcuni prota-gonisti della vita fiorentina restano legati ai Profeti cheegli fece per il Campanile del Duomo. Il Libro di Anto-nio Billi una fonte importantissima del primo Cin-quecento ci dice in effetti che in due statue egli rap-present dal naturale Giovanni di Barduccio Chierichi-ni e Francesco Soderini, due personaggi implicati nel-larresto di Cosimo il Vecchio44. Ancora una volta molto probabile che questa identificazione sia fittizia,dovuta a situazioni storiche ben posteriori, ma ancorauna volta, come nel caso di Masaccio, sono le potenzia-lit realistiche ed espressive di queste opere che hannopotuto giustificare una identificazione precisa. appun-to sfruttando le grandi potenzialit di questo linguaggioche ha potuto svilupparsi la tradizione del ritratto scol-pito che sar determinante anche per levoluzione delritratto dipinto. Uno dei capolavori del Ghirlandaio, ilritratto di vecchio col nipotino del Louvre probabil-

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  • mente (ma lipotesi trova degli oppositori) tratto da unamaschera mortuaria, indicativo su questo punto. Permolti tramiti il realismo outr del busto di terracotta,della maschera in gesso e della statua di cera, come AbyWarburg ha magistralmente indicato agli inizi di questosecolo, avr conseguenze importanti sullo sviluppo dellapittura.

    Il confine che corre tra maschera propiziatoria, exvoto e ritratto dei pi fluidi. Verrocchio, un perso-naggio chiave nel mutare della sensibilit fiorentina,ebbe, come noto, un ruolo importante in questa vicen-da. Il passaggio del Vasari in cui descrive gli ex voto conlimmagine di Lorenzo fatti dal Verrocchio e dalceraiuolo Orsino particolarmente evocativo:

    Onde venuta loccasione per la morte di Giuliano deMedici e per lo pericolo di Lorenzo suo fratello, stato feri-to in Santa Maria del Fiore, fu ordinato dagli amici e paren-ti di Lorenzo che si facesse, rendendo della sua salvezza gra-zie a Dio in molti luoghi limmagine di lui. Onde Orsinofra laltro con laiuto et ordine di Andrea, ne condusse tredi cera grande quanto il vivo, facendo dentro lossatura dilegname, come altrove si detto, et intessuta di cannespaccate, ricoperte poi di panno incerato con bellissimepieghe, e tanto acconciamente che non si pu veder meglion cosa pi simile al naturale. Le teste poi, mani e piedi,fece di cera pi grossa ma vote dentro, e ritratte dal vivo edipinte a olio con quelli ornamenti di capelli et altre cosesecondo che bisognava naturali e tanto ben fatti che rap-presentavano non pi uomini di cera, ma vivissimi45.

    Amici e parenti di Lorenzo avevano dunque com-missionato queste immagini feticistico-stregonesche, eamici e clienti di Lorenzo troviamo come committentidi opere in cui ritorna costantemente limmagine delMagnifico. LAdorazione dei Magi, oggi agli Uffizi, di

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  • Botticelli e un tempo in Santa Maria Novella, apparedescritta in questo modo dal Vasari:

    evvi dentro lAdorazione de Magi, dove si vede tantoaffetto nel primo vecchio che baciando il piede al NostroSignore e struggendosi di tenerezza benissimo dimostraaver conseguita la fine del lunghissimo suo viaggio. E lafigura di questo re il proprio ritratto di Cosimo Vecchiode Medici; di quanti a di nostri se ne ritrovano il pi vivoe il pi naturale. Il secondo, che Giuliano de Medici,padre di Clemente VII si vede che intentissimo con lani-mo divotamente rende riverenza a quel putto e gli assegnail presente suo. Il terzo inginocchiato egli ancora pare cheadorandolo gli renda grazia e lo confessi il vero Messia Giovanni, figliuolo di Cosimo46.

    Ai personaggi citati da Vasari possiamo aggiungereLorenzo, che si vede in primo piano appoggiato allaspada, ma ci che interessa maggiormente la figura delcommittente, di cui il Mesnil47 riuscito a rintracciare ilnome e la professione: Gaspare di Zanobi del Lama,sensale dellarte del Cambio. Questo autentico omaggioai Medici stato dunque commissionato da qualcuno icui rapporti di affari con la grande dinastia di banchieridovevano esser stati assai positivi. Cos deve essere inter-pretato anche il celebre ritratto di giovane con meda-glione di Cosimo de Botticelli. E in modo analogo unomaggio a Lorenzo troviamo nella Conferma della Rego-la francescana dipinta dal Ghirlandaio nella cappella Sas-setti in Santa Trinita. Nella quale storia dice il Vasari finse la sala del Concistoro co cardinali che sedeva-no intorno, e certe scalee che salivano in quella; accen-nando certe mezze figure ritratte di naturale et accomo-dandovi ordini di appoggiatoi per la salita. E fra quegliritrasse il Magnifico Lorenzo Vecchio de Medici48. Lescalee che si innalzano nella sala del Concistoro e le

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  • mezze figure ritratte di naturale che vi montano, costi-tuiscono un episodio dei pi singolari, un autentico casolimite nella storia del ritratto rinascimentale.

    Dinnanzi ai piedi di Lorenzo nota il Warburg nel suocelebre saggio si spalanca improvvisamente il duro lastri-cato di piazza della Signoria e per una scala salgono a luitre uomini e tre fanciulli. Evidentemente una deputazionesalutatoria i cui membri (bench siano indicate solo teste espalle) vediamo caratterizzati con tutto il brio di un improv-visatore fiorentino, ognuno con una sfumatura mimica deltutto personale nel devoto approssimarsi al signore e padro-ne Lorenzo. Il muto colloquio fra Lorenzo e questo grup-po cos eloquente che considerando pi da vicino tutta lacomposizione ben presto si avverte che la deputazionesalutatoria sulla scala ne il punto centrale di gravitazio-ne sia artistico che spirituale e affiora il desiderio di con-ferire luso della parola a tanta muta vivacit. Si trattadunque di far parlare quelle persone la cui comparizionetanto sta a cuore a Francesco Sassetti chegli cede ad essein modo cos strano il primo piano del dipinto49.

    E tanto bene il Warburg seppe far parlare quellefigure che esse gli rivelarono i propri nomi: Poliziano,il Pulci, Matteo Franco e i tre figli di Lorenzo, Piero,Giovanni e Giuliano. Il centro della composizione Lorenzo,

    verso questi si dirige la deputazione salutatoria che sorgedal suolo come spiriti della terra che fiutino il loro signoree padrone. Li arresta Lorenzo, oppure non fa piuttostocenno che anchessi possono salire? Egli sta come un poeta-regista che sia in procinto di improvvisare, sulla scena diuna sacra rappresentazione, un moderno dramma di gran-de sfarzo giunto il momento della trasformazione sce-nica: gi calato lo sfondo moderno su cui sono dipinti

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  • Palazzo Vecchio e la Loggia de Lanzi; la compagnia degliattori del Sassetti attende tra le quinte la battuta di chia-mata, e ora emergono dal sottosuolo tre piccoli principi eil loro professore paganamente dotto, il segreto maestro didanze di ninfe toscane, lallegro cappellano di famiglia e ilcantastorie di corte; vogliono recitare il preludio per occu-pare definitivamente, non appena giunti sopra anche lostesso spazio rimasto libero su cui si affollano san France-sco, papa e Concistoro come arena di cose mondane.

    La Conferma della Regola nella Cappella Sassetti unaltra celebrazione medicea, fatta eseguire questavolta dal pi stretto associato della ditta. Un terzo caso quello degli affreschi del Ghirlandaio nella cappellaMaggiore di Santa Maria Novella, commissionati daGiovanni Tornabuoni, imparentato con i Medici. Quinella scena dellAnnunciazione a Zaccaria uniscrizione suun arco trionfale proclama che correndo lanno 1490 lapi bella citt del mondo fruiva di potenza, vittorie, arti,architetture, ricchezza, salubrit e pac. A pi riprese ein diverse scene, spesso attualizzate ambientandole neisontuosi interni dei palazzi borghesi, si incontrano imembri dellaristocrazia commerciale fiorentina: Tor-nabuoni, Tornaquinci, Popoleschi, Giachinotti e giova-ni associati del Banco mediceo come Andrea de Medi-ci, Federico Sassetti, Gianfrancesco Ridolfi. Nella scenadellAnnunciazione a Zaccaria ci sono oltre venti ritrat-ti, unautentica galleria patrizia; per facilitare i ricono-scimenti era stato addirittura preparato una sorta dischema:

    Terminata questa cappella ne fu fatto un disegno ditutta insieme intitolato Ritratti ecc. e fatto di esso picopie forse per distribuirlo a le varie famiglie che ne eranopadrone o che avevano fatto la spesa nelladornarla50.

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  • Per riuscire a ricostruire esattamente lidentit diognuno un Tornaquinci interrogava nel 1561 lottanta-novenne Benedetto di Luca Landucci i quali personaggidisse lui aver conosciuto tutti vivi. La cosa pi singo-lare trovare a far riscontro nello stesso affresco ai tregiovani membri del Banco mediceo i ritratti di quattrointellettuali particolarmente legati a Lorenzo: Poliziano,Ficino, Cristoforo Landino e Gentile de Becchi vesco-vo di Arezzo, i pi scienzati uomini che a quel temposi trovassero a Fiorenza come nota il Vasari qui rap-presentati per mostrare che quella et fioriva in ognisorte di virt e massimamente nelle lettere51.

    Il processo di attualizzazione dellaffresco sacro ini-ziatosi nella Firenze degli Albizzi appare dunque rag-giungere il suo apice in quella del Magnifico. I dubbi chesi potevano avere sullidentificazione di personaggi sto-rici nella cappella Brancacci non hanno qui pi luogo. Daun impegno propagandistico, patriottico e civile pigenerale e attuato da personalit diverse si passa qui auna esaltazione pi precisata di un gruppo egemone e delsuo entourage. interessante notare come questi ciclinon siano stati ordinati direttamente dai Medici, ma daassociati, collaboratori, beneficiati, un po secondo ilcostume classico che voleva lerma del patrono espostae glorificata nellatrio del cliente. Si tratta del resto diimprese sfarzose la cui realizzazione era relativamentepoco costosa se si pensa che lintera decorazione dellacappella Tornabuoni in Santa Maria Novella era costa-ta 1000 fiorini, mentre un celebre pezzo della raccoltamedicea, la tazza Farnese, era a quel tempo valutato a10000 fiorini52!

    Ancora possiamo ritornare a interrogarci sul signifi-cato della massiccia introduzione di ritratti di contem-poranei nella scena sacra, che va di pari passo a quelladel paesaggio urbano e dellinterno borghese. Parlandodei ritratti introdotti dal Ghirlandaio nella Apparizione

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  • dellAngelo a Zaccaria, il Vasari ci d una spiegazione chepotrebbe essere definita neofeudale:

    Nella quale storia mostrando che a sacrifizi de tempiiconcorrono sempre le persone pi notabili, per farla pionorata ritrasse un gran numero di cittadini fiorentini chegovernavano allora quello stato e particolarmente tutti quel-li di Casa Tornabuoni, i giovani et i vecchi53.

    Questa unione dei sacrifizi nei tempii e delle per-sone pi notabili, questa pretesa di rendere pi ono-rata la scena sacra, grazie alla nobilt dei personaggirappresentati (un po come dire che la nobilt degli atto-ri d lustro al dramma sacro piuttosto che viceversa)sembrano fortemente databili. E databili pi al tempodel Vasari e di Cosimo I che a quello del Ghirlandaio edi Lorenzo il Magnifico. In realt, come ha bene dimo-strato il Warburg, in questa irruzione di contemporaneinei sacri avvenimenti vi erano fini propiziatori, analo-ghi a quelli che spingevano a collocare realistici simula-cri di cera accanto alle sacre immagini, per assicurarse-ne la protezione. Quanto agli scopi propagandistici, essisono troppo evidenti perch vi si insista ulteriormente.In poche altre occasioni limmagine dipinta e scolpita haassunto un tale ruolo nella celebrazione di una civilt.Con Giotto la pittura era diventata un elemento fon-damentale della cultura fiorentina, e lo svolgersi delQuattrocento aveva consacrato questa posizione. Ilnascere della riflessione sullarte e della storiografia arti-stica ne testimoniano. Esistono tuttavia dei limiti.

    Per molto tempo il ritratto fiorentino resta civile ebiografico prima che psicologico. Paragonando i mer-canti fiorentini degli affreschi del Ghirlandaio ai con-fratelli johanniti di Haarlem in una tavola di Gertgeentot Sints Jans, oggi a Vienna, Alois Riegl, nel suo sag-gio sul ritratto di gruppo olandese, not come i primi,

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  • anche laddove sono spettatori passivi, ostentano auto-compiaciuti e avidi di conquista la loro bella esistenza,mentre gli occhi dei secondi sono piuttosto volti versolinterno e raccolgono in loro, come in uno specchio, ilmondo esterno54. Per una sorta di paradosso le stessemotivazioni civiche, commemorative, razionalmentecognitive che avevano permesso nel Trecento di ela-borare gli strumenti atti a creare il ritratto modernohanno costituito in seguito ma solo temporaneamen-te un limite allo sviluppo del genere.

    Di privilegi assai maggiori che a Firenze lartista potgodere nella seconda met del Quattrocento nelle corti,e specialmente a Urbino, Ferrara, Mantova e Milano. Icompiti demandati allartista erano diversi, diverso ilvalore delle immagini, come diversa ne era la fruizione.Certi schemi e certe formule sono meno coercitivi esar a Milano che Leonardo giunger a esternare e a rea-lizzare al massimo le potenzialit espressive del ritratto.

    Ancora diverso il caso di Venezia. Parte di qui, dalladegna et salsa riva, Jacopo Bellini per vincere il cer-tame estense contro un agguerrito pittore di corte. Ilfiglio di Jacopo, Gentile, fatto conte palatino probabil-mente per meriti ritrattistici nel 1469 alloccasione delpassaggio per Venezia dellimperatore Federico III, sar,come noto, addirittura inviato a Costantinopoli quan-do il sultano, dopo la pace del 1479, chieder alla Sere-nissima un pittore abile nel fare i ritratti. La situazioneveneziana differisce sia da quella fiorentina che da quel-la delle corti. Se da una parte il ruolo riservato allim-magine dogale lavvicina alla particolare estetica che imelanesi accampa, dallaltra i grandi teleri delle scuo-le, dalla duplice funzione civile e religiosa, sono gli equi-valenti dei cicli murali fiorentini. Prima ancora che lapace col turco fosse conclusa e che Gentile, sedicenteambasciatore della ritrattistica occidentale, ma in realt,come ha ben visto il Longhi, superbo e arcaico profila-

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  • tore orientale, partisse per Costantinopoli, a Venezia eraaccaduto qualcosa di molto importante per la storia delritratto quattrocentesco: larrivo di Antonello da Mes-sina. , quello di Antonello, il caso eccelso di un incon-tro a suo modo unico nel secolo e che produce i pi altirisultati. Un pittore formatosi nel Mezzogiorno arago-nese cos aperto alle suggestioni nordiche, educato acomprendere il valore non civile, celebrativo, genera-lizzante, ma profondamente specifico, cangiante, per-sonale del volto delluomo, trova nellesperienza spa-ziosa e prospettica dei toscani il modo di conferire unsignificato solenne, essenziale, eroico allimmagine senzagravarla col peso della citazione erudita. Lesempio diAntonello ripreso, sviluppato, trasformato da Gio-vanni Bellini. I ritratti veneziani dellultimo quarto delQuattrocento sono tra i pi alti che conti la pitturaeuropea contemporanea. Fatti di questo genere, unitialla ricca gamma di potenzialit delle immagini, aiutanoa comprendere come molto presto certi ritratti venezia-ni abbiano perso la loro funzione genealogica, etica ostorica per essere oggetto precipuamente di una frui-zione estetica. un atteggiamento diverso da quello pre-valente a Firenze o da quello che guidava Paolo Giovio,lerudito ispiratore del Vasari, nel costituire il suo gran-de museo di ritratti. Quando attorno al 1525-30 il patri-zio veneziano Marco Antonio Michiel esplora le colle-zioni dellItalia settentrionale, annotandone i quadri pinotevoli non si ferma a ricercare i dati biografici deiritrattati, ma ricorda piuttosto in un ritratto di Anto-nello la gran forza e vivacit, massime in li occhi55. Ilpassaggio del ritratto da oggetto di pietas familiare o dapezza dappoggio genealogica a oggetto di collezione,fruibile essenzialmente su piano estetico, era fenomenoche si era gi verificato nella Roma classica: e Plinioaveva duramente criticato chi tappezzava con vecchiquadri le pinacoteche e teneva care immagini straniere56.

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  • significativo che il fenomeno si ripresenti nella Vene-zia del primo Cinquecento.

    Con lapprofondirsi dellosservazione, e della rappre-sentazione psicologica, con la modificazione, almeno par-ziale, di certi compiti genealogici e civili che avevano mar-cato il suo sviluppo, ma che erano in seguito divenuti limi-ti gravosi, si conclude un periodo cruciale, vario, ricco dipossibilit e di potenzialit della storia del ritratto.

    Nel frattempo lautoritratto dellartista, che avevamotrovato agli inizi di questa vicenda, in quella vita vasa-riana di Masaccio dove la problematica del ritratto haavuto una prima completa espressione, ha conosciutomutamenti fondamentali di funzione e di significato: una lunga vicenda, ma quando, nellanno 1500, allin-terno della Loggia del Cambio a Perugia troviamo lef-figie del Perugino in un quadro appeso a uno dei fintipilastri dellambiente avvertiamo subito che un passoimportante stato fatto da quando nellAdorazione deiMagi medicea Botticelli sogguardava verso lo spettato-re. Lepigrafe, dettata dal Maturanzio (Pietro Perugi-no, egregio pittore, ritrov la perduta arte della pitturae la invent se mai non fosse stata creata) forse postu-ma, ma non fa che tradurre letterariamente, enfatiz-zandolo, il messaggio contenuto nellimmagine. Lannoseguente, 1501, il Pinturicchio dipinge addirittura ilsuo ritratto come addobbo casalingo su una delle pare-ti della loggia dove si svolge il sacro episodio dellAn-nunciazione. La differenza tra i due casi stata avver-tita dal Gombrich57?: nel primo il ritratto posa su unodei pilastri che offrono un inquadramento architettoni-co in trompe lil agli episodi rappresentati, fuori dellospazio delle scene sacre. Nel secondo limmagine delPinturicchio fa parte del dcor familiare, sotto la scan-sia della natura morta. Johannes van Eyck fuit hic, ilruolo della celebre iscrizione dei coniugi Arnolfini, quisvolto dal ritratto. Limmagine dellartista il suo sigil-

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  • lo, attraverso ad essa egli intende prendere definitiva-mente possesso del suo prodotto, renderlo non pi total-mente alienabile, e profittare nel tempo stesso della par-tecipazione alla scena sacra.

    In questi stessi anni Luca Signorelli a Orvieto allacappella di San Brizio. Nella scena della Predicazione del-lAnticristo egli si rappresenta insieme alliniziatore delciclo, il Beato Angelico. I due personaggi non parteci-pano in alcun modo allavvenimento rappresentato, anzise ne distanziano fissando lo spettatore con linconfon-dibile sguardo del ritrattato. La presa di possesso del-lopera qui diretta, diversa; lautore non pi mischia-to agli astanti, ai protagonisti, n accetta di entrarenella scena sotto lumile aspetto di un oggetto, di un ele-mento dellarredamento. Egli vivo e presente, ma suun altro piano. La sfragj impone allopera il suggellodellartista e gli permette di distanziarsene: lopera par-ler per lui. Rispetto al proprio affresco Signorelli simette nella posizione di Orazio quando, rivolgendosi alproprio libro, aveva scritto:

    Quando il sole pi tiepido ti avviciner maggior nume-ro di uditori tu dirai loro che sono figlio di un liberto di pocafortuna e che ho spiegato le ali pi di quanto il mio nido nonlo consentisse. Aggiungi cos ai miei meriti ci che toglieraiai miei natali, racconta che sono stato apprezzato da coloroche nella guerra e nella pace sono i primi cittadini, di loroche sono di corpo minuto, bianco prima del tempo, amantedel sole facile alla collera ma anche rapido a calmarmi. E sequalcuno per caso ti chieder la mia et...58.

    Tu dirai loro... Lopera potr parlare, ma leffi-gie dellartista che imprime ad essa il suggello del crea-tore. Divenuta autonoma essa pu staccarsi da chi lhadipinta. La scena e il ritratto distanti si completano.Lartista, appartato, contempla il trionfo di Pigmalione.

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  • 12 pomponio gaurico, De Sculptura (Firenze 1504), ed. Chastel,Genve 1971, p. 53.

    13 g. vasari, Vite, ed. Della Pergola - Grassi - Previtali, vol. II, Mila-no 1962, p. 227.

    14 Ibid., p. 228.15 Ibid., p. 232.16 f. baldinucci, Vocabolario toscano dell'arte del disegno (1681), in

    Opere complete, ed. dei Classici italiani, vol. III, Milano 1809, p. 98.17 L'affresco venne eseguito alcuni anni dopo l'avvenimento e vi

    furono rappresentati anche dei personaggi che a questo non avevanopartecipato, come Antonio Brancacci, morto nel 1391. Cfr. j. pope-hennessy, The Portrait in the Renaissance, New York 1966, p. 5.

    18 vasari, Vite, ed. cit, II, p. 231.19 vasari, Vite, ed. cit., II, p. 233.20 Una interpretazione in chiave politica contemporanea degli affre-

    schi della cappella Brancacci quella di p. meller, La cappella Brancac-ci, problemi ritrattistici ed iconografici, in Acropoli, I, 1960-61, pp.186 sgg., 273 sgg., che vi vede delle precise allusioni al conflitto traMilano e Firenze e riconosce nei tratti del tiranno Teofilo quelli di GianGaleazzo Visconti conte di Virt.

    21 g. vasari, Ragionamenti sopra i dipinti da lui eseguiti nel PalazzoVecchio di Firenze (le citazioni sono prese dall'edizione pisana del 1823,pp. 91 sg.).

    22 id., Vite, ed. cit., II, pp. 506 sgg.23 l. b. alberti, Della Pittura, libro III, ed. Mall, Firenze 1950, p.

    108.24 j. lipman, The Florentine Profile Portrait in the Quattrocento, in

    The Art Bulletin, XVIII, 1936, pp. 54 sgg.; r. hatfield, Five EarlyRenaissance Portraits, ivi, XLVII, 1965, pp. 315 sgg.; j. mambour, L'-volution esthtique des profils florentins du '4oo, in Revue Belge dAr-chologie et dHistoire, XXXVIII, 1969 (1971), pp. 43 sgg. Suiritratti fiorentini del Quattrocento e le loro originarie destinazioni cfr.anche m. wackernagel, Der Lebensraum des Knstlers in der florenti-nischen Renaissance, Leipzig 1938, pp. 176 sgg.

    25 d. kocks, Die Stifterdarstellung in der italienischen Malerei desXIII.-XV. Jahrhunderts, Kln 1971.

    26 alberti, Della Pittura, ed. cit., p. 114.27 Cfr. k. badt, Drei plastischen Arbeiten von Leon Battista Alberti,

    in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, VIII,1957-58, pp. 78 sgg.; pope-hennessy, The Portrait cit., p. 66.

    28 vespasiano da bisticci, Vite di Uomini illustri, a cura di A. Maie A. Bartoli, Firenze 1859, p. 480. Sull'importanza del Niccoli per gliartisti fiorentini suoi contemporanei cfr. r. krautheimer, LorenzoGhiberti, Princeton 1956, passim e in particolare pp. 301 sgg.

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  • 29 m. bacci, Piero di Cosimo, Milano 1966, p. 83; pope-hennessy,The Portrait cit., p. 37.

    30 panofsky, Early Netherlandish Painting cit., p. 334.31 quintiliano, Institutio oratoria X 2.7: non esset pictura, nisi qua

    lineas modo extremas umbrae, quam corpora in sole fecissent, cir-cumscriberet (cfr. g. becatti, Arte e Gusto negli scrittori latini, Firen-ze 1951, pp. 180, 376); plinio, Naturalis Historia XXXV 15; alberti,Della Pittura, ed. cit., p. 78. Sull'interesse destato dal tema della nasci-ta della pittura Origin of Painting, a problem in the iconography ofRomantic Classicism, in The Art Bulletin, XXXIX, 1957, pp. 279sgg.

    32 Cfr. becatti, Arte e Gusto cit., p. 18.33 Il testo del sonetto pubblicato da Adolfo Venturi in Archivio

    Veneto, 1885, e nell'edizione delle vite vasariane di Gentile e delPisanello. L'originale, dovuto a un poeta Ulisse, conservato allaBiblioteca estense a Ferrara (codice III d 22).

    34 m. baxandall, A dialogue on art from the court at Leonello d'Este,in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXVI, 1963, pp.321 sgg.; id., Giotto and the Orators, Oxford 1971, pp. 17 sg.

    35 r. longhi, La restituzione di un trittico d'arte cremonese circa il 1460(Bonifacio Bembo), in Pinacotheca, 2, settembre-ottobre 1928, pp.79 sgg., ora in Opere complete, vol. IV: Me pinxit e problemi caravagge-schi, Firenze 1968, pp. 57 sgg.

    36 In g. gaye, Carteggio inedito d'artisti, vol. I, Firenze 1839, p. 327.37 c. gilbert, recensione a pope-hennessy, The Portrait cit., in

    The Burlington Magazine, cx, 1968, pp. 284 sgg.38 Cfr. i. lavin, in The Art Quarterly, 1970, pp. 207 sgg.39 vasari, Vite, ed. cit., III, p. 57 (Vita di Mino da Fiesole).40 Ibid, p. 233 (Vita del Verrocchio).41 plinio, Naturalis Historia XXXV. Cfr. becatti, Arte e Gusto cit.,

    pp. 226 e 404.42 j. pohl, Die Verwendung des Naturabgusses in der italienischen Por-

    trtplastik der Renaissance, Wrzburg 1938.43 p. meller, in Studies in Western Art, Acts ot the twentieth inter-

    national congress of the history of art, 1961, Princeton 1963, vol. II, pp.53 sgg.

    44 l. b. alberti, De Statua, ed. C. Grayson, Bath 1972, p. 122;pope-hennessy, The Portrait cit., pp. 72 sgg.

    45 Il libro di Antonio Billi, ed. Frey, Berlin 1892, pp. 38 sg.46 vasari, Vite, ed. cit., III, p. 234 (Vita del Verrocchio).47 vasari, Vite, ed. cit., III, p. 197 (Vita del Botticelli).48 mesnil, Quelques documents sur Botticelli, in Miscellanea dar-

    te, maggio-giugno 1903.49 vasari, Vite, ed. cit., III, p. 155 (Vita di Domenico Ghirlandaio).

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  • 50 a. warburg, Bildniskunst und florentinisches Brgertum, Leipzig1902, p. 14 (trad. it. in La rinascita del paganesimo antico, Firenze1966, p. 121).

    51 g. b. cavalcaselle - j. a. crowe, Storia della pittura in Italia, vol.VII, Firenze 1897, pp. 392 sg.

    52 vasari, Vite, ed. cit., III, p. 163 (Vita del Ghirlandaio).53 m. wackernagel, Der Lebensraum des Knstlers in der florentini-

    schen Renaissance, Leipzig 1938; e. gombrich, The Early Medici asPatrons of Art, in Italian Renaissance Studies, a cura di E. F. Jacob, Lon-don 1960, pp. 303 sg., poi ripubblicato in Norm and Form, Edinbur-gh 1966, pp. 35 sgg. (trad. it. Torino 1972).

    54 vasari, Vite, ed. cit., III, p. 163 (Vita del Ghirlandaio).55 a. riegi, Das hollndische Gruppenportrit, Wien 1931.56 m. e. michiel, Notizie d'opere del disegno, ed. Frimmel, in Quel-

    lenschriften fr Kunstgeschichte und Kunsttechnik des Mittelaltersund der Neue Zeit, n. s., i, Wien 1888, p. 80.

    57 plinio, Naturalis Historia XXXV 4. Cfr. becatti; Arte e Gustocit., pp. 225 e 404.

    58 e. gombrich, Tradition and Expression in Western Still Life, inMeditations on a Hobby Horse, London 1963, p. 102 (trad. it. A caval-lo di un manico di scopa, Torino 1971, p. 155); e. benkard, Das Selb-stbildnis vom 15. bis zum Beginn des 18. Jhdts., Berlin 1927, pp. XVIIIsgg.

    59 orazio, Epistola XX.

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