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Marzo 2015 Caffè del Cafiero, anno IV n°2 IL ROSSO E IL BLU SONO I COLORI DELL'IMPEGNO Come un'ape che veloce sfiora un fiore e se ne va, così Marco Lodoli, scrittore di numerosi romanzi e di interessanti articoli su La Repubblica, tocca la nostra scuola da vicino, lasciando un segno indelebile. Lo scorso 28 Febbraio, il Liceo Statale “Carlo Cafiero” di Barletta si è infatti reso protagonista di un incontro formativo di straordinaria importanza, e chi era presente nella mattinata lo sa bene. Il professore di una delle tante difficili periferie di Roma è testimone di una realtà che, almeno in Italia, è condivisa dalla stragrande maggioranza della popolazione, quella della Scuola. Nel suo libro pubblicato nel 2012, Il Rosso e il Blu, oggetto dell'incontro svoltosi, apre uno scenario davvero a 360 gradi, estremamente riflessivo e intelligente nel cogliere tutto ciò che è racchiuso in quelle che spesso sono davvero quattro mura non troppo solide, a partire dal quaderno Pigna, fino a temi come la droga; dalle interrogazioni, agli esami. In tutto questo si inseriscono le vite di studenti e ragazzi che diventeranno la società del futuro, e non solo. Ogni ambito della scuola viene raccontato e, per quanto siano i ragazzi i protagonisti, non sono gli unici personaggi che vivono la scuola. E sarà proprio per il tema così vivo e vicino, che l'incontro ha goduto di una così ampia partecipazione da parte di studenti, professori e Dirigenti. Lo scrittore ha avuto modo, tramite interventi, domande e riflessioni di ribadire un messaggio che ognuno può e deve cogliere personalmente. Come me si può cogliere l'impegno di un professore che crede nel proprio lavoro, che offre in pegno tutto se stesso, perché qualcosa rimanga nello spirito degli studenti e nella società in generale; un impegno che deve scattare come una molla irrefrenabile in ciascuno di noi, parola chiave per smuovere tutto ciò che ormai è fermo da troppo tempo in questo Paese. E' questo il segno indelebile che Lodoli mi ha lasciato, portandomi a condividere un forte senso di responsabilità. Il quadro che viene fuori tramite il suo romanzo, e per la scuola e per la società, ha i contorni ben delineati e, per quanto ci trasmetta quantomeno timore, ci permette di intervenire per migliorarlo. Sta a noi, nuove generazioni, dare il giusto tocco perché “Tra le macerie nasce sempre un fiore che colora e profuma l'aria“ Marco Rotondo Sommario: Un mappazzone 1914-18: un mondo al contrario The imitation game: il gioco dell’anticonformismo? Mattarella tra angeli e demoni Libertè, creativitè, “ecosostenibilitè” Gaming: mezzo secolo di sviluppo e non abbiamo visto ancora niente! Stampante 3D Il giardino

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Marzo 2015 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

IL ROSSO E IL BLU SONO I COLORI DELL'IMPEGNO

Come un'ape che veloce sfiora un fiore e se ne va, così Marco Lodoli,

scrittore di numerosi romanzi e di interessanti articoli su La Repubblica,

tocca la nostra scuola da vicino, lasciando un segno indelebile. Lo scorso

28 Febbraio, il Liceo Statale “Carlo Cafiero” di Barletta si è infatti reso

protagonista di un incontro formativo di straordinaria importanza, e chi

era presente nella mattinata lo sa bene. Il professore di una delle tante

difficili periferie di Roma è testimone di una realtà che, almeno in Italia,

è condivisa dalla stragrande maggioranza della popolazione, quella della

Scuola. Nel suo libro pubblicato nel 2012, Il Rosso e il Blu, oggetto

dell'incontro svoltosi, apre uno scenario davvero a 360 gradi,

estremamente riflessivo e intelligente nel cogliere tutto ciò che è

racchiuso in quelle che spesso sono davvero quattro mura non troppo

solide, a partire dal quaderno Pigna, fino a temi come la droga; dalle

interrogazioni, agli esami. In tutto questo si inseriscono le vite di

studenti e ragazzi che diventeranno la società del futuro, e non solo.

Ogni ambito della scuola viene raccontato e, per quanto siano i ragazzi i

protagonisti, non sono gli unici personaggi che vivono la scuola.

E sarà proprio per il tema così vivo e vicino, che l'incontro ha goduto di

una così ampia partecipazione da parte di studenti, professori e

Dirigenti. Lo scrittore ha avuto modo, tramite interventi, domande e

riflessioni di ribadire un messaggio che ognuno può e deve cogliere

personalmente. Come me si può cogliere l'impegno di un professore che

crede nel proprio lavoro, che offre in pegno tutto se stesso, perché

qualcosa rimanga nello spirito degli studenti e nella società in generale;

un impegno che deve scattare come una molla irrefrenabile in ciascuno di

noi, parola chiave per smuovere tutto ciò che ormai è fermo da troppo

tempo in questo Paese. E' questo il segno indelebile che Lodoli mi ha

lasciato, portandomi a condividere un forte senso di responsabilità. Il

quadro che viene fuori tramite il suo romanzo, e per la scuola e per la

società, ha i contorni ben delineati e, per quanto ci trasmetta

quantomeno timore, ci permette di intervenire per migliorarlo. Sta a noi,

nuove generazioni, dare il giusto tocco perché “Tra le macerie nasce

sempre un fiore che colora e profuma l'aria“

Marco Rotondo

Sommario:

Un mappazzone

1914-18: un mondo al contrario

The imitation game: il gioco dell’anticonformismo?

Mattarella tra angeli e demoni

Libertè, creativitè, “ecosostenibilitè”

Gaming: mezzo secolo di sviluppo e non abbiamo visto ancora niente!

Stampante 3D

Il giardino

Pagina 1 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

UN MAPPAZZONE

Giovedì 19 Febbraio, ore 13:30, casa dello

critico culinario Antonio Rossi.

La sua famiglia è riunita intorno al tavolo,

in attesa della prima portata.

La madre del Rossi presenta spaghetti aglio

e olio, accompagnati da una pioggia di

parmigiano, al profumo di ribes e menta.

Per il giudice la presentazione è pessima,

ma va oltre e assaggia: "Mamma, è un

mappazzone". Si rifiuta perfino di

deglutire.

Nonostante dica di avere la lingua

atrofizzata da quella sottospecie di

spaghetti, Antonio è in fermento: "Stasera c'è Masterchef! -esclama- Almeno impari qualcosa,

mamma...".

Ore 21:10: il momento tanto atteso è finalmente arrivato. Concorrenti, cucina, fornelli, dispensa,

ricette, cotture, rosolature, scrigni, presentazioni, giudici, giudizi.

"Spero eliminino Maria, mi sta proprio antipatica".

"Mamma guarda che bel piatto ha fatto Amelia! Impara!"

Chef stellati, assaggi, sguardi intensi, provocazioni, frasi ad effetto, slogan, suspense, tifo, offese,

piatti lanciati in aria: potenza e superiorità dei giudici, col diritto, o forse dovere, di farle valere.

"Peccato, è stato eliminato Simone!".

Antonio va a letto scontento, sa che dovrà aspettare una settimana intera per la prossima puntata, ma

si consola: il più grande pasticcere ("con o senza 'i' ?") va in onda il Martedì, la Clerici e la Parodi lo

intratterranno ogni giorno, ma soprattutto, di pomeriggio c'è Masterchef Magazine: chef stellati

all'opera, grande maestria, molto tecnicismo, ottime ricette, bellissimi piatti.

Ma cosa più importante gli chef (quelli veri) ti parlano, ti guardano negli occhi attraverso la telecamera,

ti spiegano il piatto, la storia di ogni ingrediente. Insegnano ad Antonio qualcosa che potrà spiegare alla

madre, con quell'aria di superiorità che caratterizza i giudici nei confronti dei concorrenti.

Antonio è affascinato.

Wikipedia: ricerca su Bruno Barbieri, il più stellato tra gli chef italiani: 'cuoco e personaggio televisivo'

é scritto in primo piano sopra la sua foto. Scorre la pagina sul tablet e legge la sua biografia: lavoro,

gavetta in vari ristoranti, ma cos'è in confronto allo studio... Almeno porta al successo, alle stelle

Michelin, ai soldi e alla felicità. "Con questa crisi non si lavora", pensa Antonio, che essendo al terzo

anno di scuole medie, prende la sua decisione: "Mi iscrivo all'alberghiero".

M. Crudele

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Scientifico Classico Alberghiero

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Pagina 2 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

1914-1918: UN MONDO AL CONTRARIO L’esperienza delle donne nella Grande Guerra oltre i pregiudizi e i ruoli tradizionali

Vita in trincea, disfatte, medaglie al valor militare, ragazzi partiti al fronte per la bugia del “dulce et

decorum est pro patria mori”. Questo è lo scenario tutto al maschile della Grande guerra. E le donne?

Mentre gli uomini scrivono le pagine di storia, le madri di famiglia invadono il mondo lavorativo.

Occupano i posti lasciati liberi dai soldati, si cimentano in nuovi lavori, accettano responsabilità prima

riservate agli uomini. Si scoprono tranviere e impiegate capaci, acquistano fiducia in se stesse, al punto

da incrinare per sempre le relazioni tra i generi.

Ultimi difensori dell’autorità maschile durante la lontananza dei soldati, gli anziani criticano il

capovolgimento dei ruoli, nell’idea che la promiscuità tra i generi induca alla depravazione; promuovono

un ritorno alla moralità e sfruttano antichi pregiudizi per arginare l’iniziativa femminile: per esempio si

teme un incremento di incidenti stradali, quando guidare tram è permesso anche alle donne e si diffida

delle portalettere, troppo curiose per garantire la dovuta discrezione.

Nonostante tutto, il gentil sesso si appropria anche dei lavori agricoli, ritenuti impraticabili per una

donna dal punto di vista fisico.

Per quanto riguarda lo sforzo bellico, le donne ricoprono un ruolo importante nella fabbricazione delle

armi e nel rifornimento del fronte: nasce la figura della portatrice carnica, il cui lavoro è indispensabile

per mantenere una rete di vettovagliamento. Trasportando pesanti gerle, le portatrici raggiungono la

prima linea, la loro salita ad alta quota può essere fatale, ma rispondono con spirito patriottico e

abnegazione alla necessità indotta dalla guerra. Al sacrificio di Maria Plozner Mentil, portatrice uccisa

da un cecchino austriaco, è dedicata una medaglia d’oro al valor militare.

Altro esempio di spirito patriottico femminile è la maestra Luigia Ciappi, che, travestita da uomo, tenta

invano di partire come soldato.

Suscita scandalo, il mondo è al contrario e bisogna aspettare il dopoguerra per ritrovare un po’ d’ordine.

A. Degni

Pagina 3 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

THE IMITATION GAME: IL GIOCO DELL’ANTICONFORMISMO?

Regia: Moeten Tyldum

Cast: Benedict Cumberbatch;Keira Knightley,Matthew Goode, Charles Dance

Genere: Biografico-Drammatico

L'adattamento cinematografico della

biografia di Alan Turing non manca il

suo obbiettivo di centrare le emozioni

dello spettatore, tramite l’escamotage

di emotivi coinvolgenti, veicolati

dall'incredibile capacità espressiva di

Benedict Cumberbatch e della buona

prestazione di Keira Knightley. Siamo

nell'Inghilterra del 1939, all'alba dello

scoppio della Seconda guerra mondiale,

quando il matematico Alan Turing

decide di usare, insieme ad un groppo

scelto di uomini, la propria eccezionale

abilità di crittoanalista per decifrare i

più segretissimi codici nazisti, in cui

sono contenute informazioni militari di

enorme valore strategico, tramite la

macchina Enigma. Se dal lato tecnico si

possono lodare costumi, ambientazioni e

regia, non si può far a meno di ammirare

l'ampia gamma dei temi affrontati:

omosessualità, sessismo e violenza si

intrecciano a quello relativo alla lotta

contro il tempo, alla possibilità del riscatto sociale delle componenti più emarginate della

società di un tempo e di oggi, rendendo la visione sempre nuova di spunti su cui riflettere: non

a caso il film si è guadagnato una statuetta agli Academy Awards 2015 per la miglior

sceneggiatura non originale lo scorso 22 Febbraio.Non priva di critiche la scelta di un finale

che non mostra la conclusione della storia di un uomo simbolo a cui la Regina D'Inghilterra ha

offerto le pubbliche scuse. Sarebbe stata gradita una visione più approfondita di tale aspetto.

Si consiglia la visione in particolare a coloro che ancora non sono conviti delle eguali

possibilità di ciascuno di cambiare in bene la società perché "Sono le persone che nessuno

immagina che fanno certe cose che nessuno può immaginare"

Marco Rotondo

Pagina 4 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

MATTARELLA TRA ANGELI E DEMONI

Il dibattito sul nuovo Presidente della Repubblica è vasto e presenta opinioni contrapposte, secondo

recenti sondaggi pubblicati su vari quotidiani nazionali, gli italiani neutrali all’elezione di Sergio

Mattarella sono una minoranza quasi irrilevante (7,1 %).

Chi è allora il Presidente? Il rappresentate di una politica antiquata che necessita di cambiare e

l’ideatore del Mattarellum, legge elettorale che ebbe risultati opposti a quelli sperati, facilitando

l’approdo al berlusconismo? O è forse il presidio della lotta antimafia e della difesa della carta

costituzionale, un politico “per bene”, estraneo ad ogni scandalo?

Il popolo del web propende per la seconda alternativa (75,8 %). Nel ministro dimessosi per protestare

contro la legge Mammì, che Berlusconi sfruttò per costruire il suo impero televisivo, gli italiani vedono

la sicurezza di un uomo serio e intransigente sui valori tradizionali.

La parte restante è diffidente e richiama eventi del passato recente per condannare il neopresidente.

Cercano di smontare l’immagine, secondo alcuni retorica e costruita, del giudice dalle mani pulite,

ricordando che anche lui fu processato per finanziamento illecito durante le inchieste di Tangentopoli.

Tuttavia non bisogna dimenticare che, al contrario degli altri inquisiti e di esempi più recenti, rassegnò

le dimissioni non appena ebbe conferma dell’accusa, in seguito fu assolto.

L’immagine del Presidente che deriva dalle diverse prospettive è indistinguibile, sfaccettata in una

grande varietà di opinioni, che lo ritraggono dalle sfumature angeliche di garante degli interessi di

tutto il popolo e di desiderato “anti-Berlusconi”, alle tonalità scure di chi prospetta un grave

immobilismo nelle riforme e una sostanziale continuità rispetto a Napolitano, insomma, l’ennesimo

politico con valori saldi, ma ormai passati.

La questione ha diviso completamente gli italiani, proprio mentre nell’assemblea a Montecitorio

riecheggiava il discorso d’insediamento di Sergio Mattarella: “Avverto pienamente la responsabilità del

compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto.

L’unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno. Ma anche l’unità costituita

dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini. Questa unità rischia di essere

difficile, fragile, lontana. L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a

realizzare le loro speranze.”

A questo punto, non resta che chiederci se il Presidente interverrà in modo da mantenere le sue belle

promesse. La risposta? Non resta che aspettare.

A. Degni

Pagina 5 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

LIBERTÈ, CREATIVITÈ, “ECOSOSTENIBILITÈ”

Da sempre, l’uomo è stato a contatto con la natura e, quando ha preso coscienza della

magnificenza del creato, si è rifugiato in esso o semplicemente ne ha usufruito per il

soddisfacimento delle proprie esigenze. Così, l’ingegno umano si è sviluppato nelle arti del

costruire habitat che rispecchiassero le idee di numerosi architetti ed ingegneri.

Secondo un luogo comune, gli asiatici hanno sempre saputo mettere a frutto le proprie

conoscenze in ogni ambito, ed è proprio in Giappone che l’idea dell’architettura ecosostenibile

si è diffusa e ha preso forma, esempi di progetti partoriti dalle menti nipponiche sono

innumerevoli, lasciando stregato chiunque guardi questi modelli di pura creatività: dal

ristorante igloo edificato alle pendici del monte Fuji, privo di qualsiasi impianto artificiale, alla

progettazione di un’intera città che sarà costruita unicamente all’insegna del rispetto della

natura. Diversi sono anche i progetti e le costruzioni di edifici smontabili, come, ad esempio, la

casa smontabile ideata dall’architetto Kengo Kuma in grado di “proteggere” dal gelido clima

della regione di Hokkaido: l’elemento ecosostenibile di questo edificio è l’isolante in

poliestere che riveste le pareti, ricavato dal riciclo di bottiglie di plastica. Grazie alle varie

tecnologie disponibili, ma soprattutto alla spiccata intelligenza degli architetti ed ingegneri,

l'arcipelago asiatico può vantare della crescita esponenziale di edifici ecocompatibili. Una vera

e propria: "Rivoluzione Giapponese"!

Viviana Rondinone

Pagina 6 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

GAMING: MEZZO SECOLO DI SVILUPPO E NON ABBIAMO VISTO ANCORA NIENTE!

Battlefield, Call of Duty, GTA, Far Cry sono solo alcuni degli ultimi

videogiochi arrivati sul mercato con un livello di realismo da far

impallidire ogni appassionato. Di certo i sei ragazzi del MIT, mentre

creavano il primo videogioco della storia, SpaceWar, non sapevano di dare inizio ad

un filone tecnologico che continua da oltre cinquant'anni e non dà alcun segno di

volersi fermare. Agli inizi degli anni '70 fu inventata la prima console, il Magnavox

Odyssey; la sua messa in vendita avvenne nel Natale del '72 con un gioco da ping-

pong. Nel 1972 venne fondata Atari, società che in pochi anni sostituirà i flipper

con dei videogiochi a gettoni, entrata nell'immaginario comune come l'origine di

tutti i giochi elettronici. Seguiranno altre console, come le Nintendo, le

PlayStation di Sony e le Xbox di Microsoft, fino a giungere alle console Next Gen:

PlayStation 4 e XBox One.

In cinquantaquattro anni, questo fenomeno si è diffuso in ogni parte del mondo,

anche grazie a piattaforme come Facebook, smartphone e tablet che hanno avvicinato

al gaming centinaia di milioni di persone, permettendo di allargare la cerchia di utenti.

Newzoo ha rilasciato un report che analizza il mercato del gaming nel periodo 2012-

2016. Secondo l’analista si passerà da un fatturato di $70.4 miliardi del 2013 agli

$86.1 del 2016 con una crescita annua del 6.7%, ma il gaming tradizionale delle console-computer

arranca, in favore dei tablet e del mobile gaming. Nel 2013 i videogiocatori mondiali sono 1,21 miliardi

(180 milioni di giocatori solo nell'Europa occidentale), e secondo la stima saranno 1,55 nel 2016: un dato

incredibile confrontato con i 7 mld di abitanti nel mondo!

Altro segno della diffusione del gaming sono gli "esports", ovvero sport elettronici: tornei e compionati

di videogiochi riservati a giocatori professionisti, spesso con montepremi da urlo. Questo fenomeno si

sta diffondendo sempre in più paesi e nazioni, dopo essere nato in Asia, dove ha raggiunto se non

superato gli sport "normali", arrivando anche in Italia, con Riccardo Romiti, in arte Reynor, dodicenne

campione di Star Craft II, e Riccardo Giammanco, venticinquenne e campione europeo di HearthStone.

Da sempre in costante evoluzione, il mercato del gaming propone ambienti con impatti visivi via via più

realistici, soprattutto grazie a motori grafici sempre più avanzati, come l'Unreal Engine ed il CryEngine,

nonché contatti sempre più "realistici" con il mondo virtuale con Oculus Rift, GearVR. Ora è persino

possibile trasformare il nostro smartphone in un visore 3D grazie al vrAse, che ci offre una visione

tridimensionale di ciò che appare sullo schermo e che ha sviluppi in 3 campi: film, videogiochi e realtà

amplificata. Potremmo goderci un film sul nostro divano come se fossimo di fronte ad un 200",

immergerci completamente in un FPS o sfruttarlo nelle visite turistiche utilizzando la realtà

aumentata!

E chissà quali altri sviluppi ci attendono: stiamo appena aprendo la porta verso l'universo del gaming con

i suoi infiniti sbocchi e, forse, con finalità non necessariamente riservate al puro divertimento.

Francesco Suriano

Pagina 7 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

Stampante 3D: nuova frontiera tra i giovani

STAMPANTE 3D; IL PROGRESSO E’ ALLE PORTE Sedicenne, alunno del Liceo Cafiero, si affaccia al mondo della tecnologia

Negli ultimi anni il fenomeno della stampante 3d ha riscosso grande successo in svariati ambiti

lavorativi, non lasciando però indifferenti i giovani.

Ma cos’è la stampante 3d ?

Una stampante 3d è una macchina che consente di produrre un oggetto solido partendo da un

modello digitale dello stesso.

Il sedicenne del liceo scientifico Carlo Cafiero, Marco Mascolo, si è cimentato nella progettazione

di questa fabbrica in miniatura, grazie alla quale poter realizzare oggetti di hobbistica.

Per comprendere al meglio le ragioni che lo hanno portato a coltivare questa passione, abbiamo

deciso di intervistarlo.

Ciao Marco, puoi dirci come e quando è nata questa tua passione?

All’età di quattordici anni, dopo aver visto un film, ho cominciato ad interessarmi alla progettazione di un

drone. Avendo riscontrato difficoltà nel reperire i vari pezzi, ho cercato in rete un modo per costruirli

autonomamente in casa. Ed è così che ho scoperto, dopo un lunga ricerca, la stampante 3D.

E’ stato semplice costruirla?

No, non è stato semplice. In seguito ad un’attenta ricerca ed uno studio approfondito sulle varie componenti hardware e software

dell’apparecchio, nel giro di sei mesi circa sono riuscito a costruirla. Da quel momento in poi ho continuato ad interessarmi a

questo mondo ed ho sempre cercato di modificare le mie stampanti per ottenere prodotti migliori.

Non hai mai pensato di mollare?

Ovviamente ho incontrato diverse difficoltà, ma, nonostante ciò e soprattutto grazie ad un interesse costante, ho sempre

portato avanti con determinazione i miei progetti.

Puoi spiegarci a cosa potrebbe servire una stampante 3D?

Potenzialmente le applicazioni della stampante 3D sono infinite, il limite sta alla nostra immaginazione. Al giorno d’oggi, essa trova

impiego in svariati campi, da quello alimentare a quello aereospaziale e medico: è impiegata, ad esempio, nella sostituzione di

vertebre danneggiate.

Cosa consiglieresti ai giovani che come te vogliono coltivare questa passione?

La tecnologia è oggi un ambito importantissimo, e specifiche competenze nel settore aprirebbero a noi giovani molte più porte in

futuro. Sono necessari, in questo senso, stimoli e soprattutto un incoraggiamento che il più delle volte

risultano assenti. Appunto per questo, penso che la nostra determinazione sia di fondamentale importanza

affinché si possano davvero realizzare sogni e progetti.

Nicola Leone e Silvia Lomuscio

Oggetto in stampa

Alcuni oggetti realizzati

Modello digitale e oggetto realizzato

Pagina 8 Caffè del Cafiero, anno IV n°2

IL GIARDINO

esperimento di scrittura del ragazzi della IH Capitolo I

Si stava preparando per andare a scuola e cercava disperatamente il suo zaino in

camera, Paolo temeva sarebbe arrivato tardi, nonostante non gli interessasse più di

tanto. Si precipitò verso il suo armadio alla ricerca dei suoi jeans strappati e della

solita felpa rossa e piena di scritte, quando il suo sguardo cadde sul suo riflesso sullo

specchio del bagno. Si fissò con i suoi occhi azzurri chiarissimi come fossero di

ghiaccio, piegò le labbra carnose in un sorriso, si passò la mano tra i capelli arruffati

castano chiari. Era magro alto e straordinariamente sicuro di sé, per essere un ragazzo

della sua età, ma aveva qualcosa di diverso: ”Le lentiggini” aveva detto una volta una

sua coetanea, ma Paolo pensava che fosse davvero meglio che nessuno sapesse quale

tempesta bruciava nel suo cuore tanto forte da sembrargli tal- volta un dolore intollerabile, d’altronde a nessuno

sarebbe interessato; quando qualcuno notava livide occhiaie intorno ai suoi occhi chiari, Paolo rispondeva

evasivamente: andava fiero del suo segreto e pensava che lo rendesse adulto.

Infilò le sue converse bianche, afferrò la cartella e, alzando lo sguardo, prese a fissare la sua camera piena di

quadri: c’erano i suoi ritratti ovunque, volti di gente ignota sparsi sul pavimento assieme a delle fotografie scattate

durante i suoi viaggi fatti qua e là per l’Europa. La sua stanza era un disastro, tra fogli da disegno, vestiti sporchi,

letto disfatto, non si capiva più dove fosse il pavimento e dove cominciassero i mobili. Una madre gliene avrebbe

urlate due...ma questo non era più possibile. Capitolo chiuso. Tornato in se alzò gli occhi al cielo e sbuffando si

chiuse la porta alle spalle, era ora di andare a scuola.

LITE A SCUOLA. Paolo arrivò a scuola di corsa. Quel giorno per lui era molto importante, perché doveva

consegnare delle tavole da disegno per le quali aveva lavorato da diverse settimane. La valutazione dei disegni

serviva per la partecipazione ad un progetto a cui teneva tanto. Paolo ripose la cartellina sotto il banco e si

affrettò ad appendere il giubbotto all’attaccapanni fuori dalla classe. Poi riprese la cartellina, frugò all’interno e

notò che tra i disegni mancava proprio quello che gli avrebbe permesso di avere il massimo dei voti. Tra la

confusione che si era creata in classe e i compagni che si accalcavano intorno alla cattedra, vide Dario con la sua

tavola in mano in procinto di consegnarla al professore. D’istinto gli si avvicinò scuotendogli le spalle e

strappandogli la tavola dalle mani. Quel ladruncolo voleva spacciare per suo il lavoro che gli era costato tanta

fatica. Dario reagì male sferrandogli un pugno nello stomaco. Paolo s’innervosì e perse il controllo.

In un attimo tutti e due si ritrovarono a picchiarsi, dando sfogo a tutta la rabbia che avevano dentro, senza curarsi

del professore che cercava di separarli. Dopo un po’, dinanzi al preside, a niente servirono le ragioni di Paolo: quel

prepotente gli aveva causato una sospensione.

Ignorando tutti e tutto, Paolo, arrivò nel parco adiacente alla scuola. Era un posto che frequentava spesso, un

grande giardino, circondato da innumerevoli siepi sempreverdi molto ben curate e rigogliose. C’erano parecchi

alberi di diverso tipo: salici, ma anche meli, aranci, limoni, i quali, in primavera, fiorendo, con i loro vivaci colori,

ispiravano ancor più i ragazzi nella loro dote artistica. Era composto da quattro sentieri, in terra battuta, spaziosi

e delimitati da un succedersi di diverse aiuole fiorite. Si potevano trovare anche stradine secondarie, meno

praticabili per le passeggiate, ma ideali per praticare le attività fisiche. Al centro del parco, s’innalzava una statua

marmorea che rappresentava il fondatore del Liceo. Era tappezzata, nella parte inferiore, da così tante cicche che

sembravano formassero, nel loro insieme, un’enorme parete gommosa che cresceva ogni semestre sempre più. A

destra di essa, sorgeva il bar della scuola, e vi erano tanti accoglienti tavolini.

Era sempre affollato, c’erano sempre così tanti ragazzi che volevano acquistare, a tutti i costi, deliziosi hamburger.

Teso per violenza subita, Paolo, decise di sedersi ad una delle tante panchine che costeggiavano i sentieri. Fissava il

vuoto quando, ad un tratto, il suo sguardo cadde involontariamente sul corpo della ragazza seduta alla panchina

accanto.

Era una fanciulla che a Paolo sembrò già conosciuta, anche se non sapeva dove l’aveva mai vista.

Per un attimo, fu rapito dai gesti di quella ragazza che bruscamente si liberò di quel foulard, così setoso e morbido,

lasciandolo cadere sulla panchina. A lui, sembrarono strani quei movimenti così frettolosi e tesi, così decise di

attendere altre sue azioni. La ragazza andò via da quel parco, dimenticando il suo foulard sulla panchina. Paolo

continuò ad osservarlo non sapendo cosa fare. Non sapeva se prenderlo o se lasciarlo lì, ignorando di averlo visto. Si

alzò, si guardò attorno, fece qualche passo, lo prese e lo portò via con sé.