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Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa Centro Studi CNA MISURE PER IL CREDITO IL DECRETO “CURA ITALIA” E IL DECRETO “CREDITO E LIQUIDITÀ” SECONDO LE IMPRESE Maggio 2020 INDAGINE

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Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa

Centro Studi CNA

MISURE PER IL CREDITO

IL DECRETO “CURA ITALIA” E IL

DECRETO “CREDITO E LIQUIDITÀ”

SECONDO LE IMPRESE

Maggio 2020

IND

AG

INE

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Indagine

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INDAGINE CREDITO. IL DECRETO “CURA ITALIA” E IL DECRETO “CREDITO E

LIQUIDITÀ” SECONDO LE IMPRESE

1. Premessa

L’incedere dell’epidemia e le conseguenti restrizioni disposte dalle Autorità, hanno reso da

subito evidente che la carenza di credito e liquidità avrebbe messo a rischio la continuità di

molte imprese. La chiusura di moltissime attività e il blocco degli incassi hanno messo a

repentaglio la possibilità di provvedere al pagamento delle fatture, delle bollette, della rate dei

finanziamenti, delle imposte e della remunerazione del lavoro degli stessi titolari.

A fronte di queste difficoltà, la sola sospensione dei pagamenti di imposte e contributi non è

stata sufficiente a stabilizzare i flussi di cassa. Di qui le sollecitazioni avanzate dalla nostra

Confederazione e da tutto il mondo produttivo, volte all’introduzione di misure atte a sostenere

le imprese, alle prese con i mancati ricavi e i numerosi ed onerosi costi fissi che comunque

devono continuare ad affrontare.

Per contrastare queste difficoltà, il Governo è intervenuto, prima con il decreto “Cura Italia” e

successivamente con il decreto “Liquidità”, muovendosi su due fronti:

- La concessione di una ampia moratoria, ovvero l’introduzione di norme, attraverso l’art. 56

del decreto Cura Italia, che consentono alle imprese di beneficiare, fino al 30 settembre 2020,

di una proroga per la restituzione di prestiti non rateali e della sospensione di mutui e altri

finanziamenti rateali, rate o canoni leasing, con continuità delle condizioni e senza maggiori

oneri.

- Il potenziamento del Fondo di Garanzia per le PMI, attraverso l’art. 13 del decreto Liquidità,

prevedendo in particolare l’innalzamento della garanzia del Fondo al 100% per nuovi

finanziamenti fino a 25.000 euro, e del 90%, ma che può arrivare al 100% con l’intervento di

un Confidi, per finanziamenti fino a 800.000 euro, sempre in ragione del 25% del fatturato

dell’impresa; e rendendo ammissibili alla garanzia del Fondo operazioni di rinegoziazione sulla

stessa banca a condizione che vi sia un 10% di credito aggiuntivo rispetto al debito residuo.

CNA ha sempre sostenuto che, per essere effettivamente incisive e rispondenti alle necessità

delle imprese, le misure devono avere una caratteristica fondamentale: essere immediatamente

fruibili attraverso una attuazione rapidissima e semplice.

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Indagine

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Riteniamo, infatti, che la bontà dei provvedimenti di iniziativa governativa sia legata alla loro

capacità di offrire un reale ristoro finanziario alle imprese in un momento di crisi senza

precedenti come quella attuale. In questo senso il loro successo non può essere misurato

solamente in termini di “tiraggio”, ossia il numero di richieste presentate, ma anche (e forse

soprattutto) considerando la velocità di utilizzo da parte delle imprese. Questo ultimo aspetto

è correlato a sua volta, da un lato, alla capacità del Legislatore di mettere a disposizione delle

imprese strumenti facilmente accessibili; dall’altro a quella del sistema bancario di dare

risposte veloci e proporzionate ai bisogni delle imprese.

L’analisi di tutti gli aspetti richiamati appare in questa fase quanto mai opportuna per verificare

l’impatto e l’efficacia dei provvedimenti adottati. Per questo CNA ha promosso una indagine per

raccogliere l’opinione delle imprese circa le misure messe in campo con i decreti “Cura Italia” e

“Credito e Liquidità” e contribuire così alla definizione di norme migliorative, sempre più su

misura per loro.

I risultati dell’indagine sono riportati nei quattro paragrafi. Il primo è dedicato a una

illustrazione del campione (numerosità delle imprese e composizione in classi di addetti, di

fatturato e in settori di attività economica) mentre nei tre successivi vengono illustrati

separatamente per ogni provvedimento i risultati emersi dall’indagine.

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2. Il campione

L’indagine è stata svolta nel periodo intercorso tra il 10 e il 14 maggio e ha registrato la

partecipazione di 6.800 imprese, in prevalenza rappresentative dell’artigianato e del mondo

della micro-piccola impresa.

Esso è composto infatti per l’87,7% da imprese micro (ossia con meno di 10 addetti)

concentrate soprattutto nelle classi dimensionali più basse (zero addetti, 26,3%, e 1-4 addetti,

45,3%). La distribuzione per classi di addetti delle imprese del campione si riverbera in quella

per classi di fatturato nella quale il peso relativo delle imprese con un fatturato non superiore

ad un milione di euro risulta pari anch’esso all’87,6% del totale.

Tavola 1 - COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE

Settori, numero di addetti e classe di fatturato; composizione percentuale

Alimentari e bevande 2,4%

Moda 4,8%

Legno, arredo 4,5%

Produzione 16,5%

Costruzioni 23,0%

Commercio 12,5%

Trasporto e logistica 8,1%

Turismo 4,1%

Servizi alle imprese 5,2%

Servizi alla persona 18,8%

Totale 100,0%

0 26,3%

1-4 45,3%

5-9 16,1%

10-19 9,1%

20 e oltre 3,2%

Totale 100,0%

Fino a 100.000 euro 38,8%

Tra 100.000 e 500.000 euro 37,3%

Tra 500.000 e 1 milione di euro 11,5%

Tra 1 milione e 3,2 milioni di euro 9,5%

Oltre 3,2 milioni di euro 2,7%

Totale 100,0%

Settori

Numero di addetti

Classe di fatturato

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Nel complesso, il campione è assolutamente coerente, dal punto di vista dimensionale, con

l’universo del mondo produttivo del nostro Paese. È composto, infatti, di una percentuale di

microimprese pari all’87,7% contro il 95,1% del dato nazionale, e da una maggiore presenza di

piccole imprese, oltre il 10%, rispetto al 4,3%.

Relativamente alla composizione per settori di attività economica, circa la metà del campione è

composto da imprese che operano in ambito industriale (comparti manifatturieri, 28,2%, e

costruzioni, 23,0%) mentre tra le attività terziarie appare accentuato il peso relativo dei servizi

alla persona (18,8%).

Anche in questo caso, il campione è coerente con il dato complessivo nazionale, specie se riferito

al mondo dell’artigianato. Presenta, infatti, percentuali più alte per il settore delle costruzioni e

più basse, viceversa, per i settori del commercio e dei servizi alle imprese; in linea, in definitiva,

con il mondo di riferimento della CNA.

3. La moratoria

Descrizione della norma

La cosiddetta moratoria introdotta dall’art. 56 del D.L. 18/2020 consente a micro, piccole e

medie imprese, professionisti e ditte individuali, il congelamento fino al 30 settembre delle

linee di credito in conto corrente, dei finanziamenti per anticipi su titoli di credito, delle

scadenze di prestiti a breve e delle rate dei prestiti e dei canoni in scadenza.

Nello specifico la norma introduce le seguenti misure di sostegno finanziario:

a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti

esistenti alla data del 29 febbraio 2020 gli importi accordati non possono essere revocati,

neppure parzialmente, fino al 30 settembre 2020.

b) i prestiti non rateali, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità,

sono prorogati al 30 settembre 2020.

c) relativamente ai finanziamenti rateali è sospeso, fino al 30 settembre 2020, il pagamento

delle rate (sia del capitale che degli interessi) o dei canoni di leasing. Il piano di rimborso delle

rate o dei canoni è dilazionato unitamente agli elementi accessori e senza formalità.

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Per potere usufruire di tali misure, l’impresa deve fare apposita comunicazione alla banca,

all’intermediario finanziario o ad altro soggetto abilitato alla concessione del credito in Italia.

Alla suddetta comunicazione l’impresa deve allegare una autocertificazione nella quale dichiara

di aver subito in via temporanea carenze di liquidità dovute alla diffusione della pandemia da

Covid-19.

Occorre rilevare che questa misura si aggiunge, e in parte si sovrappone, al rinnovo dell’accordo

tra le Associazioni imprenditoriali e l’ABI sottoscritto il 6 marzo, che consente di sospendere

fino a 12 mesi il pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti e di allungare la

scadenza degli stessi.

I risultati dell’indagine

Delle tre misure che abbiamo analizzato, la moratoria pare essere quella che ha generato meno

problemi alle imprese. Vanno però considerati due aspetti: innanzitutto si tratta di uno

strumento già noto e rodato, attraverso accordi con le banche, a partire dalla crisi finanziaria

del 2008, inoltre, la valutazione è a due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, pertanto

si sono ormai superati alcuni dubbi interpretativi emersi all’indomani dell’emanazione dello

stesso.

La moratoria è stata richiesta complessivamente da poco meno della metà delle imprese (il

47,6%) che, nell’83,5% dei casi hanno presentato la domanda di propria iniziativa e in piena

autonomia.

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La lettura del grafico 1 rende anche evidente che sono le imprese più grandi (con almeno venti

addetti) ad avere fatto maggior ricorso alla moratoria, coerentemente col fatto che, proprio

perché più strutturate, presentano esposizioni finanziarie più rilevanti in termini di importi.

Uno degli elementi importanti da indagare, a nostro avviso, era quello della relazione con le

banche, anche a fronte delle oggettive difficoltà in cui anche il sistema bancario si trova ad

operare, in termini di accessibilità e tempi.

Il 40,5% degli intervistati dichiara di non avere avuto alcuna difficoltà a contattare la banca e

questo è certamente una evidenza positiva, mentre in merito alla tempestività con cui gli istituti

di credito hanno licenziato le richieste presentate per accedere allo strumento, la quota di

imprese che valuta positivamente/molto positivamente i tempi impiegati supera di 9,5 punti

quella dei giudizi negativi/molto negativi che rimangono però piuttosto elevati, pari

complessivamente al 30%, e che si riducono col crescere della dimensione di impresa.

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La maggiore celerità con cui le banche hanno valutato le domande presentate dalle imprese più

grandi rispetto a quelle delle imprese più piccole, trova conferma nel numero di domande

ancora inevase, ancora in fase di istruttoria (Grafico 4).

Queste, che per le imprese con più di venti addetti risultano pari al 10,1% delle domande

complessive presentate, costituiscono il 28,7% delle domande presentate dalle imprese con

zero dipendenti.

Oggettivamente poco significativo, invece, il dato relativo ai dinieghi, anche se sale a poco meno

del 5% per imprese senza dipendenti.

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Da rilevare che quasi sette domande di moratoria su dieci (il 67,8%) sono state concesse a sei

mesi, ovvero a valere sulle disposizioni del decreto Cura Italia. Uno strumento che, rispetto a

quello previsto dall’accordo ABI, è sì più breve, ma più conveniente, poiché consente la

sospensione del pagamento della quota interessi oltre a quello della quota capitale.

Infine, è da sottolineare che ben il 58,1% delle imprese è riuscito a gestire on-line la domanda

di presentazione, grazie al fatto che la documentazione necessaria per usufruire della moratoria

non è risultata particolarmente complessa.

Parlando di documenti richiesti, infatti, solamente il 20,1% delle imprese ha lamentato che essi

fossero troppo numerosi e meno del 9% dichiara di avere avuto difficoltà nel reperirli (Grafico

5).

Nel complesso, quindi, a due mesi di distanza possiamo affermare che la misura stia

funzionando.

Al netto di qualche disorientamento iniziale, dettato dalla necessità di esaminare al meglio le

differenze tra le modalità proposte dai due strumenti, quello derivante dall’accordo ABI e quello

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in applicazione dell’art. 56 del decreto Cura Italia, e scegliere quello più coerente alle esigenze

dell’impresa, la misura pare idonea a ridurre la carenza di liquidità nel brevissimo termine.

Emerge, purtroppo, un atteggiamento evidentemente più selettivo nei confronti delle imprese

più piccole che, generalmente, hanno dovuto sopportare tempi di attesa più lunghi per la

valutazione dell’istruttoria.

4. Nuovo credito

Descrizione della norma

Con il D.L. 23/2020 (cosiddetto “Credito e Liquidità) il Governo è intervenuto per dare risposte

alle esigenze di liquidità delle imprese potenziando il sistema della garanzia pubblica, ed in

particolare del Fondo di Garanzia per le PMI.

Oltre ad alcuni interventi di carattere generale, quali la gratuità del Fondo, l’innalzamento della

percentuale di copertura e dell’importo massimo garantito per impresa, il decreto ha previsto

due specifici interventi atti a favorire l’erogazione di nuovi finanziamenti alle imprese.

Si prevede, infatti, che per le piccole e medie imprese, per le persone fisiche esercenti attività

d’impresa arti o professioni la cui attività d’impresa sia stata danneggiata dall’emergenza

Covid-19, l’innalzamento della garanzia del Fondo al 100 per cento per nuovi finanziamenti fino

a 25.000 euro e del 90 per cento, ma che può arrivare al 100 per cento con l’intervento di un

Confidi, per finanziamenti fino a 800.000 euro.

In entrambi i casi l’entità del finanziamento deve però essere parametrata al 25% del fatturato

2019 dell’impresa e può essere rimborsato dalle imprese dopo 24 mesi dall’erogazione e per

un periodo fino a sei anni (72 mesi).

I risultati dell’indagine

Rispetto alla moratoria sui finanziamenti, questo provvedimento presenta ancora alcune

criticità, dovute anche al fatto che le disposizioni non erano immediatamente applicabili.

Entrambe le misure, infatti, necessitavano di provvedimenti regolamentari da parte del Fondo.

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Per i finanziamenti fino a 25.000 la circolare applicativa è del 16 aprile, mentre per la restante

parte delle modifiche al funzionamento del Fondo, la circolare è del 27 aprile.

Infatti, nonostante le richieste siano state significative, poco meno del 54% del campione, e che

gran parte di queste siano riferite ai finanziamenti fino a 25.000 euro, ovvero la misura

garantita al 100% dal Fondo e di più facile accesso, anche se non automatica come alcuni

avevano inteso, i tempi di istruttoria impiegati dalle banche sono risultati decisamente lunghi.

Alla data di somministrazione del questionario, il 67,7% delle domande era ancora in attesa di

approvazione, percentuale che arriva addirittura al 76,3% per le imprese senza addetti.

Una percentuale molto ampia di imprese a prescindere dalla dimensione ha chiesto

finanziamenti di importo inferiore ai 25mila euro. Parrebbe, quindi, che la possibilità di

chiedere finanziamenti più ingenti, fino al raggiungimento del 25% del fatturato, non sia ancora

stata sfruttata pienamente dalle imprese, forse anche in ragione del ritardo nella

regolamentazione di quella parte del provvedimento.

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D’altra parte, anche a causa dei tempi necessari per valutare le istruttorie, molte imprese hanno

avanzato richieste di finanziamenti di importo inferiore ai 25mila euro perché più semplici da

gestire per la banca e in grado di garantire un maggior tasso di successo. A sostegno di questa

ipotesi vi sono altri dati: le domande in attesa di risposta risultano pari al 64,6% tra quelle

presentate per importi fino a 25mila euro mentre salgono all’80,1% tra quelle di importo

superiore.

Come è stato anticipato, nonostante la possibilità di disporre di credito aggiuntivo fosse una

necessità di molte imprese costrette in molti casi ad interrompere l’attività, questo strumento

appare problematico e di difficile utilizzazione.

La quota di imprenditori che segnala difficoltà nel contattare la banca (34,2%) supera di quasi

otto punti percentuali quella di quanti non hanno riscontrato difficoltà (Grafico 8).

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Ancor più significativa la quota di coloro che si lamentano per i tempi: il 59 % ritiene che siano

lunghi o eccessivi. In questo caso si ritiene che a pesare nella valutazione dei rispondenti siano

anche le aspettative generate da alcune comunicazioni, forse eccessive nel garantire celerità

alle procedure.

Inoltre è importante rilevare che oltre 43% delle imprese giudica la mole di documenti richiesti

troppo onerosa. I giudizi negativi si riducono al 18,4% quando viene giudicata la

facilità/difficoltà di reperire i documenti, una percentuale che risulta però doppia rispetto a

quella registrata a proposito della moratoria.

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Si tratta di elementi ostativi che non hanno però scoraggiato gli imprenditori a utilizzare il

canale on-line per presentare la domanda. Questa modalità è stata utilizzata infatti dal 56,5%

di essi, una percentuale che non si discosta da quella riscontrata per la moratoria.

La difficoltà di contattare la banca, i tempi troppo lunghi e gli oneri burocratici non

proporzionati concorrono quindi a comporre un giudizio sostanzialmente negativo per uno

strumento di cui le imprese sentivano un grande bisogno. Tuttavia occorre ricordare che

l’operatività delle misure messe in campo dal decreto necessitavano di modifiche

regolamentari riguardo al funzionamento del Fondo di Garanzia, modifiche che sono state

introdotte in parte il 16 aprile e in parte il 27 aprile.

5. La rinegoziazione dei finanziamenti in essere

Descrizione della norma

Sempre l’art. 13 del “Credito e liquidità”, in un’ottica di sostegno alle esigenze di liquidità delle

imprese, alla lettera e) dispone che possono beneficiare della garanzia del Fondo anche

operazioni di rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario purché il nuovo finanziamento

preveda l’erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 per cento dell’importo

del debito accordato in essere del finanziamento oggetto di rinegoziazione.

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I risultati dell’indagine

La rinegoziazione dei finanziamenti, accompagnata dall’erogazione di un nuovo finanziamento

nella misura del 10% di quello in essere, è stata richiesta solamente dal 13% delle imprese che

hanno risposto al questionario, evidenziando diversi profili di criticità.

In primo luogo è uno strumento che presenta un alto tasso di rigetto. La quota di domande

bocciate, pari al 15,1% del totale, è la più elevata tra le tre misure qui commentate e tende ad

aumentare al diminuire della dimensione delle imprese (Grafico 10).

Nel 60% dei casi analizzati, inoltre, pare non essere stata utilizzata al meglio la misura messa

in campo dal Governo, in quanto la rinegoziazione non ha previsto alcun finanziamento

aggiuntivo o lo ha contemplato in misura inferire al 10% di quello in essere.

Da ultimo vi è da considerare che, oltre ad avere registrato un basso “tiraggio”, il provvedimento

presenta difficoltà nella gestione. In questo caso la quota di domande effettuate on-line si ferma

al 37,6%, una percentuale molto più contenuta rispetto a quelle riguardanti la moratoria e il

nuovo credito, che segnala come a fronte di operazioni un poco più complesse sia difficilmente

superabile il confronto diretto con gli operatori bancari.

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Inoltre tutti gli aspetti che connotano il rapporto banca-impresa registrano valutazioni poco

lusinghiere. Per quanto riguarda la facilità/difficoltà di contattare la banca senza problemi, la

quota di giudizi negativi (38,4%) supera di gran lunga quella riguardante i giudizi positivi

(Grafico 11).

I tempi di risposta da parte della banca sono giudicati troppo lunghi dal 54% delle imprese e

anche laddove si chieda di esprimere una valutazione riguardo gli adempimenti burocratici

(numero di documenti necessari per presentare la domanda e facilità di reperimento, Grafico

12) l’insoddisfazione risulta prevalente.

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In chiusura, giova osservare che, come nel caso dei finanziamenti superiori a 25.000 euro, anche

per la rinegoziazione, il Legislatore è dovuto intervenire in una fase successiva per introdurre

le modifiche necessarie per rendere pienamente operativo questo strumento. Modifiche che

sono state adottate con una circolare del 27 aprile. L’uso decisamente limitato della

rinegoziazione, è da attribuire, quindi, anche al fatto che al momento della somministrazione

del questionario questo strumento era attivo da soli dieci giorni.

6. Considerazioni finali

Le misure a sostegno delle imprese devono essere valutate sulla base di due elementi

fondamentali, l’efficacia e l’efficienza, intendendo per la prima la capacità di rispondere

effettivamente alle esigenze delle imprese, per la seconda la velocità con la quale le misure

dispiegano i propri effetti.

In merito all’efficacia, dalle evidenze dell’indagine si può ritenere che gli strumenti abbiano

incontrato il favore delle imprese, posto che oltre il 70% dei rispondenti ha fatto ricorso ad

almeno una delle misure messe in campo dal Governo.

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Indagine

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In particolare, più specificatamente, oltre il 53% ha fatto richieste di credito aggiuntivo

avvalendosi delle misure di potenziamento del Fondo di Garanzia per le PMI, il 47,6% ha fatto

ricorso alla cosiddetta moratoria, ed infine poco più del 13% ha avanzato richieste di

rinegoziazione del debito.

Discorso un po’ più complesso ed articolato quello relativo all’efficienza.

In merito alla misura della moratoria possiamo, a due mesi di distanza, affermare che la stessa

è ormai fluida, anche se il 30% dei rispondenti ritiene che i tempi siano eccessivi, e ancora 1/4

delle domande sia in lavorazione; al contempo, occorre rilevare come le stesse imprese

ritengano non vi siano stati oneri eccessivi: oltre il 90%, infatti, giudica non complessa e

facilmente reperibile la documentazione da produrre per la pratica.

Rispetto alle richieste di credito aggiuntivo, si rilevano, al momento, più ombre che luci. Anche

per le richieste inferiori a 25.000 euro, le più semplici, le richieste accettate sono solo

nell’ordine del 30%, mentre il 65% delle domande è ancora in lavorazione. Dati che salgono

ancor di più per le richieste di nuovi finanziamenti superiori a 25.000 euro, in questo caso solo

il 14% dei richiedenti dichiara di averlo già avuto, mentre l’80% delle pratiche sono ancora in

lavorazione.

Per queste operazioni, la tempistica è troppo lunga per il 59% dei rispondenti e la

documentazione da produrre è ritenuta eccessiva per il 43% del campione, nonostante solo il

18% ritenga sia di difficile reperibilità.

Per quanto riguarda la rinegoziazione, anche in ragione della tipologia di operazione, ad oggi la

misura risulta ancora poco utilizzata: solo il 13% del campione vi ha fatto ricorso. In questo

caso i tempi sono lunghi, anche a causa delle difficoltà ad entrare in relazione con le banche, e

della complessità della documentazione richiesta, difficile da reperire per il 25% ed eccessiva

per il 40% del campione.

Meritano di essere segnalati, inoltre, anche alcuni elementi di carattere più generale che

possono, però, contribuire ad offrire un quadro più completo del contesto.

Nella stragrande maggioranza dei casi, tra il 75% e l’80%, le imprese si sono mosse di propria

iniziativa, confermando che l’esigenza di risorse e strumenti finanziari è una priorità assoluta.

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Indagine

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Hanno rilevato difficoltà di approccio al sistema bancario in parte importante, si va dal 22,5%

per la moratoria al 34% per le richieste di nuovi finanziamenti e al 38% per le operazioni di

rinegoziazione.

Banche che, va detto, hanno reagito alla difficile contingenza potenziando modalità relazionali

innovative. Per il 60% dei casi nella moratoria e per il 56% per i nuovi finanziamenti, la gestione

del rapporto banca- impresa è avvenuta on line. La percentuale scende al 37% per le operazioni

di rinegoziazione, che, come detto, necessitano di un processo relazionale più “classico”.

Qualche riflessione meritano anche alcune evidenze relative al differente impatto sulle imprese

in ragione della dimensione delle stesse.

In particolare, si riscontrano tempi più lunghi per la lavorazione delle pratiche, specie per le

richieste di moratoria, in cui oltre il 25% delle imprese con meno di 10 addetti è ancora in attesa

di risposta, mentre la percentuale scende a poco più del 10% per le imprese con più di 10

addetti.

Inoltre, emerge anche una esigenza di contatto diretto con la banca. Tranne che per le richieste

di nuovo finanziamento fino a 25.000 euro, per le quali pressoché tutte le banche hanno forzato

per l’utilizzo di strumenti on-line, sia per le richieste di moratoria, sia per quelle di

rinegoziazione, le imprese con meno di 10 addetti si sono recate presso le filiali delle banche in

misura decisamente maggiore rispetto a quelle più grandi. Nello specifico, oltre il 22% contro

il 12% per la moratoria, e il 30% contro il 12% per le operazioni di rinegoziazione.

Ne deriva, a nostro avviso, l’esigenza di prestare attenzione all’accelerazione di processi di

spersonalizzazione dei rapporti banca-impresa; una parte rilevante del nostro mondo

produttivo rischia di essere ulteriormente marginalizzata. Anche per questo motivo,

continuiamo a ritenere che debba essere positivamente recuperato il ruolo dei Confidi, soggetti

che per loro natura (la mutualità) sono portati a muoversi perseguendo l’interesse degli

artigiani e delle imprese socie, e che possono accompagnare le imprese di minori dimensioni in

questa difficile fase di transizione.