il rto “ura italia” il rto “rito liquiit À secondo le imprese · 2020-05-23 · trasporto e...
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Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa
Centro Studi CNA
MISURE PER IL CREDITO
IL DECRETO “CURA ITALIA” E IL
DECRETO “CREDITO E LIQUIDITÀ”
SECONDO LE IMPRESE
Maggio 2020
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INDAGINE CREDITO. IL DECRETO “CURA ITALIA” E IL DECRETO “CREDITO E
LIQUIDITÀ” SECONDO LE IMPRESE
1. Premessa
L’incedere dell’epidemia e le conseguenti restrizioni disposte dalle Autorità, hanno reso da
subito evidente che la carenza di credito e liquidità avrebbe messo a rischio la continuità di
molte imprese. La chiusura di moltissime attività e il blocco degli incassi hanno messo a
repentaglio la possibilità di provvedere al pagamento delle fatture, delle bollette, della rate dei
finanziamenti, delle imposte e della remunerazione del lavoro degli stessi titolari.
A fronte di queste difficoltà, la sola sospensione dei pagamenti di imposte e contributi non è
stata sufficiente a stabilizzare i flussi di cassa. Di qui le sollecitazioni avanzate dalla nostra
Confederazione e da tutto il mondo produttivo, volte all’introduzione di misure atte a sostenere
le imprese, alle prese con i mancati ricavi e i numerosi ed onerosi costi fissi che comunque
devono continuare ad affrontare.
Per contrastare queste difficoltà, il Governo è intervenuto, prima con il decreto “Cura Italia” e
successivamente con il decreto “Liquidità”, muovendosi su due fronti:
- La concessione di una ampia moratoria, ovvero l’introduzione di norme, attraverso l’art. 56
del decreto Cura Italia, che consentono alle imprese di beneficiare, fino al 30 settembre 2020,
di una proroga per la restituzione di prestiti non rateali e della sospensione di mutui e altri
finanziamenti rateali, rate o canoni leasing, con continuità delle condizioni e senza maggiori
oneri.
- Il potenziamento del Fondo di Garanzia per le PMI, attraverso l’art. 13 del decreto Liquidità,
prevedendo in particolare l’innalzamento della garanzia del Fondo al 100% per nuovi
finanziamenti fino a 25.000 euro, e del 90%, ma che può arrivare al 100% con l’intervento di
un Confidi, per finanziamenti fino a 800.000 euro, sempre in ragione del 25% del fatturato
dell’impresa; e rendendo ammissibili alla garanzia del Fondo operazioni di rinegoziazione sulla
stessa banca a condizione che vi sia un 10% di credito aggiuntivo rispetto al debito residuo.
CNA ha sempre sostenuto che, per essere effettivamente incisive e rispondenti alle necessità
delle imprese, le misure devono avere una caratteristica fondamentale: essere immediatamente
fruibili attraverso una attuazione rapidissima e semplice.
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Riteniamo, infatti, che la bontà dei provvedimenti di iniziativa governativa sia legata alla loro
capacità di offrire un reale ristoro finanziario alle imprese in un momento di crisi senza
precedenti come quella attuale. In questo senso il loro successo non può essere misurato
solamente in termini di “tiraggio”, ossia il numero di richieste presentate, ma anche (e forse
soprattutto) considerando la velocità di utilizzo da parte delle imprese. Questo ultimo aspetto
è correlato a sua volta, da un lato, alla capacità del Legislatore di mettere a disposizione delle
imprese strumenti facilmente accessibili; dall’altro a quella del sistema bancario di dare
risposte veloci e proporzionate ai bisogni delle imprese.
L’analisi di tutti gli aspetti richiamati appare in questa fase quanto mai opportuna per verificare
l’impatto e l’efficacia dei provvedimenti adottati. Per questo CNA ha promosso una indagine per
raccogliere l’opinione delle imprese circa le misure messe in campo con i decreti “Cura Italia” e
“Credito e Liquidità” e contribuire così alla definizione di norme migliorative, sempre più su
misura per loro.
I risultati dell’indagine sono riportati nei quattro paragrafi. Il primo è dedicato a una
illustrazione del campione (numerosità delle imprese e composizione in classi di addetti, di
fatturato e in settori di attività economica) mentre nei tre successivi vengono illustrati
separatamente per ogni provvedimento i risultati emersi dall’indagine.
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2. Il campione
L’indagine è stata svolta nel periodo intercorso tra il 10 e il 14 maggio e ha registrato la
partecipazione di 6.800 imprese, in prevalenza rappresentative dell’artigianato e del mondo
della micro-piccola impresa.
Esso è composto infatti per l’87,7% da imprese micro (ossia con meno di 10 addetti)
concentrate soprattutto nelle classi dimensionali più basse (zero addetti, 26,3%, e 1-4 addetti,
45,3%). La distribuzione per classi di addetti delle imprese del campione si riverbera in quella
per classi di fatturato nella quale il peso relativo delle imprese con un fatturato non superiore
ad un milione di euro risulta pari anch’esso all’87,6% del totale.
Tavola 1 - COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE
Settori, numero di addetti e classe di fatturato; composizione percentuale
Alimentari e bevande 2,4%
Moda 4,8%
Legno, arredo 4,5%
Produzione 16,5%
Costruzioni 23,0%
Commercio 12,5%
Trasporto e logistica 8,1%
Turismo 4,1%
Servizi alle imprese 5,2%
Servizi alla persona 18,8%
Totale 100,0%
0 26,3%
1-4 45,3%
5-9 16,1%
10-19 9,1%
20 e oltre 3,2%
Totale 100,0%
Fino a 100.000 euro 38,8%
Tra 100.000 e 500.000 euro 37,3%
Tra 500.000 e 1 milione di euro 11,5%
Tra 1 milione e 3,2 milioni di euro 9,5%
Oltre 3,2 milioni di euro 2,7%
Totale 100,0%
Settori
Numero di addetti
Classe di fatturato
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Nel complesso, il campione è assolutamente coerente, dal punto di vista dimensionale, con
l’universo del mondo produttivo del nostro Paese. È composto, infatti, di una percentuale di
microimprese pari all’87,7% contro il 95,1% del dato nazionale, e da una maggiore presenza di
piccole imprese, oltre il 10%, rispetto al 4,3%.
Relativamente alla composizione per settori di attività economica, circa la metà del campione è
composto da imprese che operano in ambito industriale (comparti manifatturieri, 28,2%, e
costruzioni, 23,0%) mentre tra le attività terziarie appare accentuato il peso relativo dei servizi
alla persona (18,8%).
Anche in questo caso, il campione è coerente con il dato complessivo nazionale, specie se riferito
al mondo dell’artigianato. Presenta, infatti, percentuali più alte per il settore delle costruzioni e
più basse, viceversa, per i settori del commercio e dei servizi alle imprese; in linea, in definitiva,
con il mondo di riferimento della CNA.
3. La moratoria
Descrizione della norma
La cosiddetta moratoria introdotta dall’art. 56 del D.L. 18/2020 consente a micro, piccole e
medie imprese, professionisti e ditte individuali, il congelamento fino al 30 settembre delle
linee di credito in conto corrente, dei finanziamenti per anticipi su titoli di credito, delle
scadenze di prestiti a breve e delle rate dei prestiti e dei canoni in scadenza.
Nello specifico la norma introduce le seguenti misure di sostegno finanziario:
a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti
esistenti alla data del 29 febbraio 2020 gli importi accordati non possono essere revocati,
neppure parzialmente, fino al 30 settembre 2020.
b) i prestiti non rateali, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità,
sono prorogati al 30 settembre 2020.
c) relativamente ai finanziamenti rateali è sospeso, fino al 30 settembre 2020, il pagamento
delle rate (sia del capitale che degli interessi) o dei canoni di leasing. Il piano di rimborso delle
rate o dei canoni è dilazionato unitamente agli elementi accessori e senza formalità.
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Per potere usufruire di tali misure, l’impresa deve fare apposita comunicazione alla banca,
all’intermediario finanziario o ad altro soggetto abilitato alla concessione del credito in Italia.
Alla suddetta comunicazione l’impresa deve allegare una autocertificazione nella quale dichiara
di aver subito in via temporanea carenze di liquidità dovute alla diffusione della pandemia da
Covid-19.
Occorre rilevare che questa misura si aggiunge, e in parte si sovrappone, al rinnovo dell’accordo
tra le Associazioni imprenditoriali e l’ABI sottoscritto il 6 marzo, che consente di sospendere
fino a 12 mesi il pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti e di allungare la
scadenza degli stessi.
I risultati dell’indagine
Delle tre misure che abbiamo analizzato, la moratoria pare essere quella che ha generato meno
problemi alle imprese. Vanno però considerati due aspetti: innanzitutto si tratta di uno
strumento già noto e rodato, attraverso accordi con le banche, a partire dalla crisi finanziaria
del 2008, inoltre, la valutazione è a due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, pertanto
si sono ormai superati alcuni dubbi interpretativi emersi all’indomani dell’emanazione dello
stesso.
La moratoria è stata richiesta complessivamente da poco meno della metà delle imprese (il
47,6%) che, nell’83,5% dei casi hanno presentato la domanda di propria iniziativa e in piena
autonomia.
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La lettura del grafico 1 rende anche evidente che sono le imprese più grandi (con almeno venti
addetti) ad avere fatto maggior ricorso alla moratoria, coerentemente col fatto che, proprio
perché più strutturate, presentano esposizioni finanziarie più rilevanti in termini di importi.
Uno degli elementi importanti da indagare, a nostro avviso, era quello della relazione con le
banche, anche a fronte delle oggettive difficoltà in cui anche il sistema bancario si trova ad
operare, in termini di accessibilità e tempi.
Il 40,5% degli intervistati dichiara di non avere avuto alcuna difficoltà a contattare la banca e
questo è certamente una evidenza positiva, mentre in merito alla tempestività con cui gli istituti
di credito hanno licenziato le richieste presentate per accedere allo strumento, la quota di
imprese che valuta positivamente/molto positivamente i tempi impiegati supera di 9,5 punti
quella dei giudizi negativi/molto negativi che rimangono però piuttosto elevati, pari
complessivamente al 30%, e che si riducono col crescere della dimensione di impresa.
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La maggiore celerità con cui le banche hanno valutato le domande presentate dalle imprese più
grandi rispetto a quelle delle imprese più piccole, trova conferma nel numero di domande
ancora inevase, ancora in fase di istruttoria (Grafico 4).
Queste, che per le imprese con più di venti addetti risultano pari al 10,1% delle domande
complessive presentate, costituiscono il 28,7% delle domande presentate dalle imprese con
zero dipendenti.
Oggettivamente poco significativo, invece, il dato relativo ai dinieghi, anche se sale a poco meno
del 5% per imprese senza dipendenti.
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Da rilevare che quasi sette domande di moratoria su dieci (il 67,8%) sono state concesse a sei
mesi, ovvero a valere sulle disposizioni del decreto Cura Italia. Uno strumento che, rispetto a
quello previsto dall’accordo ABI, è sì più breve, ma più conveniente, poiché consente la
sospensione del pagamento della quota interessi oltre a quello della quota capitale.
Infine, è da sottolineare che ben il 58,1% delle imprese è riuscito a gestire on-line la domanda
di presentazione, grazie al fatto che la documentazione necessaria per usufruire della moratoria
non è risultata particolarmente complessa.
Parlando di documenti richiesti, infatti, solamente il 20,1% delle imprese ha lamentato che essi
fossero troppo numerosi e meno del 9% dichiara di avere avuto difficoltà nel reperirli (Grafico
5).
Nel complesso, quindi, a due mesi di distanza possiamo affermare che la misura stia
funzionando.
Al netto di qualche disorientamento iniziale, dettato dalla necessità di esaminare al meglio le
differenze tra le modalità proposte dai due strumenti, quello derivante dall’accordo ABI e quello
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in applicazione dell’art. 56 del decreto Cura Italia, e scegliere quello più coerente alle esigenze
dell’impresa, la misura pare idonea a ridurre la carenza di liquidità nel brevissimo termine.
Emerge, purtroppo, un atteggiamento evidentemente più selettivo nei confronti delle imprese
più piccole che, generalmente, hanno dovuto sopportare tempi di attesa più lunghi per la
valutazione dell’istruttoria.
4. Nuovo credito
Descrizione della norma
Con il D.L. 23/2020 (cosiddetto “Credito e Liquidità) il Governo è intervenuto per dare risposte
alle esigenze di liquidità delle imprese potenziando il sistema della garanzia pubblica, ed in
particolare del Fondo di Garanzia per le PMI.
Oltre ad alcuni interventi di carattere generale, quali la gratuità del Fondo, l’innalzamento della
percentuale di copertura e dell’importo massimo garantito per impresa, il decreto ha previsto
due specifici interventi atti a favorire l’erogazione di nuovi finanziamenti alle imprese.
Si prevede, infatti, che per le piccole e medie imprese, per le persone fisiche esercenti attività
d’impresa arti o professioni la cui attività d’impresa sia stata danneggiata dall’emergenza
Covid-19, l’innalzamento della garanzia del Fondo al 100 per cento per nuovi finanziamenti fino
a 25.000 euro e del 90 per cento, ma che può arrivare al 100 per cento con l’intervento di un
Confidi, per finanziamenti fino a 800.000 euro.
In entrambi i casi l’entità del finanziamento deve però essere parametrata al 25% del fatturato
2019 dell’impresa e può essere rimborsato dalle imprese dopo 24 mesi dall’erogazione e per
un periodo fino a sei anni (72 mesi).
I risultati dell’indagine
Rispetto alla moratoria sui finanziamenti, questo provvedimento presenta ancora alcune
criticità, dovute anche al fatto che le disposizioni non erano immediatamente applicabili.
Entrambe le misure, infatti, necessitavano di provvedimenti regolamentari da parte del Fondo.
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Per i finanziamenti fino a 25.000 la circolare applicativa è del 16 aprile, mentre per la restante
parte delle modifiche al funzionamento del Fondo, la circolare è del 27 aprile.
Infatti, nonostante le richieste siano state significative, poco meno del 54% del campione, e che
gran parte di queste siano riferite ai finanziamenti fino a 25.000 euro, ovvero la misura
garantita al 100% dal Fondo e di più facile accesso, anche se non automatica come alcuni
avevano inteso, i tempi di istruttoria impiegati dalle banche sono risultati decisamente lunghi.
Alla data di somministrazione del questionario, il 67,7% delle domande era ancora in attesa di
approvazione, percentuale che arriva addirittura al 76,3% per le imprese senza addetti.
Una percentuale molto ampia di imprese a prescindere dalla dimensione ha chiesto
finanziamenti di importo inferiore ai 25mila euro. Parrebbe, quindi, che la possibilità di
chiedere finanziamenti più ingenti, fino al raggiungimento del 25% del fatturato, non sia ancora
stata sfruttata pienamente dalle imprese, forse anche in ragione del ritardo nella
regolamentazione di quella parte del provvedimento.
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D’altra parte, anche a causa dei tempi necessari per valutare le istruttorie, molte imprese hanno
avanzato richieste di finanziamenti di importo inferiore ai 25mila euro perché più semplici da
gestire per la banca e in grado di garantire un maggior tasso di successo. A sostegno di questa
ipotesi vi sono altri dati: le domande in attesa di risposta risultano pari al 64,6% tra quelle
presentate per importi fino a 25mila euro mentre salgono all’80,1% tra quelle di importo
superiore.
Come è stato anticipato, nonostante la possibilità di disporre di credito aggiuntivo fosse una
necessità di molte imprese costrette in molti casi ad interrompere l’attività, questo strumento
appare problematico e di difficile utilizzazione.
La quota di imprenditori che segnala difficoltà nel contattare la banca (34,2%) supera di quasi
otto punti percentuali quella di quanti non hanno riscontrato difficoltà (Grafico 8).
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Ancor più significativa la quota di coloro che si lamentano per i tempi: il 59 % ritiene che siano
lunghi o eccessivi. In questo caso si ritiene che a pesare nella valutazione dei rispondenti siano
anche le aspettative generate da alcune comunicazioni, forse eccessive nel garantire celerità
alle procedure.
Inoltre è importante rilevare che oltre 43% delle imprese giudica la mole di documenti richiesti
troppo onerosa. I giudizi negativi si riducono al 18,4% quando viene giudicata la
facilità/difficoltà di reperire i documenti, una percentuale che risulta però doppia rispetto a
quella registrata a proposito della moratoria.
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Si tratta di elementi ostativi che non hanno però scoraggiato gli imprenditori a utilizzare il
canale on-line per presentare la domanda. Questa modalità è stata utilizzata infatti dal 56,5%
di essi, una percentuale che non si discosta da quella riscontrata per la moratoria.
La difficoltà di contattare la banca, i tempi troppo lunghi e gli oneri burocratici non
proporzionati concorrono quindi a comporre un giudizio sostanzialmente negativo per uno
strumento di cui le imprese sentivano un grande bisogno. Tuttavia occorre ricordare che
l’operatività delle misure messe in campo dal decreto necessitavano di modifiche
regolamentari riguardo al funzionamento del Fondo di Garanzia, modifiche che sono state
introdotte in parte il 16 aprile e in parte il 27 aprile.
5. La rinegoziazione dei finanziamenti in essere
Descrizione della norma
Sempre l’art. 13 del “Credito e liquidità”, in un’ottica di sostegno alle esigenze di liquidità delle
imprese, alla lettera e) dispone che possono beneficiare della garanzia del Fondo anche
operazioni di rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario purché il nuovo finanziamento
preveda l’erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 per cento dell’importo
del debito accordato in essere del finanziamento oggetto di rinegoziazione.
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I risultati dell’indagine
La rinegoziazione dei finanziamenti, accompagnata dall’erogazione di un nuovo finanziamento
nella misura del 10% di quello in essere, è stata richiesta solamente dal 13% delle imprese che
hanno risposto al questionario, evidenziando diversi profili di criticità.
In primo luogo è uno strumento che presenta un alto tasso di rigetto. La quota di domande
bocciate, pari al 15,1% del totale, è la più elevata tra le tre misure qui commentate e tende ad
aumentare al diminuire della dimensione delle imprese (Grafico 10).
Nel 60% dei casi analizzati, inoltre, pare non essere stata utilizzata al meglio la misura messa
in campo dal Governo, in quanto la rinegoziazione non ha previsto alcun finanziamento
aggiuntivo o lo ha contemplato in misura inferire al 10% di quello in essere.
Da ultimo vi è da considerare che, oltre ad avere registrato un basso “tiraggio”, il provvedimento
presenta difficoltà nella gestione. In questo caso la quota di domande effettuate on-line si ferma
al 37,6%, una percentuale molto più contenuta rispetto a quelle riguardanti la moratoria e il
nuovo credito, che segnala come a fronte di operazioni un poco più complesse sia difficilmente
superabile il confronto diretto con gli operatori bancari.
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Inoltre tutti gli aspetti che connotano il rapporto banca-impresa registrano valutazioni poco
lusinghiere. Per quanto riguarda la facilità/difficoltà di contattare la banca senza problemi, la
quota di giudizi negativi (38,4%) supera di gran lunga quella riguardante i giudizi positivi
(Grafico 11).
I tempi di risposta da parte della banca sono giudicati troppo lunghi dal 54% delle imprese e
anche laddove si chieda di esprimere una valutazione riguardo gli adempimenti burocratici
(numero di documenti necessari per presentare la domanda e facilità di reperimento, Grafico
12) l’insoddisfazione risulta prevalente.
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In chiusura, giova osservare che, come nel caso dei finanziamenti superiori a 25.000 euro, anche
per la rinegoziazione, il Legislatore è dovuto intervenire in una fase successiva per introdurre
le modifiche necessarie per rendere pienamente operativo questo strumento. Modifiche che
sono state adottate con una circolare del 27 aprile. L’uso decisamente limitato della
rinegoziazione, è da attribuire, quindi, anche al fatto che al momento della somministrazione
del questionario questo strumento era attivo da soli dieci giorni.
6. Considerazioni finali
Le misure a sostegno delle imprese devono essere valutate sulla base di due elementi
fondamentali, l’efficacia e l’efficienza, intendendo per la prima la capacità di rispondere
effettivamente alle esigenze delle imprese, per la seconda la velocità con la quale le misure
dispiegano i propri effetti.
In merito all’efficacia, dalle evidenze dell’indagine si può ritenere che gli strumenti abbiano
incontrato il favore delle imprese, posto che oltre il 70% dei rispondenti ha fatto ricorso ad
almeno una delle misure messe in campo dal Governo.
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In particolare, più specificatamente, oltre il 53% ha fatto richieste di credito aggiuntivo
avvalendosi delle misure di potenziamento del Fondo di Garanzia per le PMI, il 47,6% ha fatto
ricorso alla cosiddetta moratoria, ed infine poco più del 13% ha avanzato richieste di
rinegoziazione del debito.
Discorso un po’ più complesso ed articolato quello relativo all’efficienza.
In merito alla misura della moratoria possiamo, a due mesi di distanza, affermare che la stessa
è ormai fluida, anche se il 30% dei rispondenti ritiene che i tempi siano eccessivi, e ancora 1/4
delle domande sia in lavorazione; al contempo, occorre rilevare come le stesse imprese
ritengano non vi siano stati oneri eccessivi: oltre il 90%, infatti, giudica non complessa e
facilmente reperibile la documentazione da produrre per la pratica.
Rispetto alle richieste di credito aggiuntivo, si rilevano, al momento, più ombre che luci. Anche
per le richieste inferiori a 25.000 euro, le più semplici, le richieste accettate sono solo
nell’ordine del 30%, mentre il 65% delle domande è ancora in lavorazione. Dati che salgono
ancor di più per le richieste di nuovi finanziamenti superiori a 25.000 euro, in questo caso solo
il 14% dei richiedenti dichiara di averlo già avuto, mentre l’80% delle pratiche sono ancora in
lavorazione.
Per queste operazioni, la tempistica è troppo lunga per il 59% dei rispondenti e la
documentazione da produrre è ritenuta eccessiva per il 43% del campione, nonostante solo il
18% ritenga sia di difficile reperibilità.
Per quanto riguarda la rinegoziazione, anche in ragione della tipologia di operazione, ad oggi la
misura risulta ancora poco utilizzata: solo il 13% del campione vi ha fatto ricorso. In questo
caso i tempi sono lunghi, anche a causa delle difficoltà ad entrare in relazione con le banche, e
della complessità della documentazione richiesta, difficile da reperire per il 25% ed eccessiva
per il 40% del campione.
Meritano di essere segnalati, inoltre, anche alcuni elementi di carattere più generale che
possono, però, contribuire ad offrire un quadro più completo del contesto.
Nella stragrande maggioranza dei casi, tra il 75% e l’80%, le imprese si sono mosse di propria
iniziativa, confermando che l’esigenza di risorse e strumenti finanziari è una priorità assoluta.
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Hanno rilevato difficoltà di approccio al sistema bancario in parte importante, si va dal 22,5%
per la moratoria al 34% per le richieste di nuovi finanziamenti e al 38% per le operazioni di
rinegoziazione.
Banche che, va detto, hanno reagito alla difficile contingenza potenziando modalità relazionali
innovative. Per il 60% dei casi nella moratoria e per il 56% per i nuovi finanziamenti, la gestione
del rapporto banca- impresa è avvenuta on line. La percentuale scende al 37% per le operazioni
di rinegoziazione, che, come detto, necessitano di un processo relazionale più “classico”.
Qualche riflessione meritano anche alcune evidenze relative al differente impatto sulle imprese
in ragione della dimensione delle stesse.
In particolare, si riscontrano tempi più lunghi per la lavorazione delle pratiche, specie per le
richieste di moratoria, in cui oltre il 25% delle imprese con meno di 10 addetti è ancora in attesa
di risposta, mentre la percentuale scende a poco più del 10% per le imprese con più di 10
addetti.
Inoltre, emerge anche una esigenza di contatto diretto con la banca. Tranne che per le richieste
di nuovo finanziamento fino a 25.000 euro, per le quali pressoché tutte le banche hanno forzato
per l’utilizzo di strumenti on-line, sia per le richieste di moratoria, sia per quelle di
rinegoziazione, le imprese con meno di 10 addetti si sono recate presso le filiali delle banche in
misura decisamente maggiore rispetto a quelle più grandi. Nello specifico, oltre il 22% contro
il 12% per la moratoria, e il 30% contro il 12% per le operazioni di rinegoziazione.
Ne deriva, a nostro avviso, l’esigenza di prestare attenzione all’accelerazione di processi di
spersonalizzazione dei rapporti banca-impresa; una parte rilevante del nostro mondo
produttivo rischia di essere ulteriormente marginalizzata. Anche per questo motivo,
continuiamo a ritenere che debba essere positivamente recuperato il ruolo dei Confidi, soggetti
che per loro natura (la mutualità) sono portati a muoversi perseguendo l’interesse degli
artigiani e delle imprese socie, e che possono accompagnare le imprese di minori dimensioni in
questa difficile fase di transizione.