il ruolo dell’insegnante e il suo modo di fare didattica ... · l’ultimo viaggio di ulisse. l...
TRANSCRIPT
Corsista: dott.ssa Antonella Napolitano
Ambito di abilitazione: K04
Docente tutor: prof.ssa Maria De Pasquale
Il ruolo dell’insegnante e il suo modo di fare didattica
nell’ambito del mutamento delle istituzioni scuola – famiglia
Docente disciplinare: prof.ssa Giuliana Nuvoli
Analisi e sviluppo di una unità didattica:
L’ultimo viaggio di Ulisse
L’ULTIMO VIAGGIO DI ULISSE
Destinatario e profilo della classe
Classe V, Scuola Secondaria di II grado, Liceo Scientifico di
Saronno. Numero degli alunni: venti.
La classe appare eterogenea per profitto, metodo di studio ed
interessi culturali. Nonostante la provenienza da sezioni differenti, si è
creato un clima di collaborazione e di responsabilità.
Diversi sono i gruppi trainanti che si fanno costantemente carico di
stimolare gli elementi più fragili dal punto di vista delle capacità e
dell’impegno.
Tutti gli studenti sono individualmente ben disposti al dialogo
educativo e manifestano un atteggiamento positivo nei confronti
dell’istituzione scolastica.
L’attenzione durante le lezioni è soddisfacente e abbastanza
costruttiva; se stimolati partecipano ad iniziative culturali sia durante
l’orario curricolare che al di fuori di esso.
Interesse, autonomia e partecipazione attiva, hanno caratterizzato lo
studio della Letteratura. Maggiore difficoltà ha presentato l’approccio al
lavoro di scrittura, che è stato creato sia in orario curricolare indirizzato alle
nuove tipologie d’esame, sia in orario extracurricolare, con un apposito
2
corso di approfondimento per quegli studenti che non hanno carenze in altre
materie.
Alcuni studenti, dotati di discrete capacità di analisi e di sintesi,
hanno maturato, nel corso del quinquennio, una crescita culturale mirata
alle scelte future; altri non hanno affrontato le difficoltà dovute alle lacune
che ancora permangono nella loro preparazione di base anzi, per evitarle, si
sono imbarcati in un percorso scolastico discontinuo.
Contenuti
Questa unità didattica verte su due temi concordi tra loro: “la figura
di Ulisse”, come personaggio ripreso da molti autori (Dante, Foscolo,
Pascoli, D’Annunzio, Saba, Pavese e Primo Levi), e “il viaggio” come
emblema e metafora dell’esistenza.
A lato del poema omerico e di quello dantesco, il testo che
prenderemo in esame è il Poema Conviviale L’ultimo viaggio di Giovanni
Pascoli.
Ulisse è, in Omero, l’incarnazione del navigatore ionico che spinto
dalla curiosità vaga attraverso popoli e luoghi sconosciuti. È l’eroe
che a lungo errò dopo ch’ebbe distrutto la rocca sacra di Troia;
di molti uomini le città vide e conobbe la mente,
molti dolori patì in cuore sul mare1
1 Omero, Odissea, I, vv. 1-4
3
Testa di Odisseo - II sec. a.C. - Museo archeologico nazionale di Sperlonga
In questi primi versi, i verbi scandiscono le tappe del viaggio che non
è soltanto un viaggio fisico, ma anche e ancor di più un itinerario morale. Ci
si trova di fronte ad un nuovo modello di eroe, che è tale proprio perché
riesce con pazienza a sopportare l’avversa fortuna, a dominare con saggezza
ed astuzia le situazioni in cui viene a trovarsi: tanto è più eroe quanto più è
uomo.
Il viaggio in Omero è da considerarsi come l’esigenza di ritrovare le
radici, di dare sicurezza e stabilità all’esistenza.
Se per Omero Ulisse è sempre un eroe positivo, con Dante diventa
simbolo dell’uomo moderno, spinto da inestinguibile curiosità verso
traguardi sempre nuovi: se da una parte è colui che asseconda la propria
4
natura umana, dall’altra è anche simbolo della insufficienza umana non
assistita dalla grazia divina.
La sua, quindi, diventa la sconfitta di chi, sfidando i limiti del sapere
imposti da Dio, attraverso il folle volo2, viene poi punito e travolto da un
turbine.
Ulisse per Dante è l’eroe della non conoscenza, del desiderio
dell’uomo di esplorare l’ignoto.
Il viaggio in Dante è da interpretarsi come la metafora delle
possibilità di perfezionamento intellettuale e morale che la vita riserva a chi
l’affronta con coraggio.
La sensibilità decadente del Pascoli, viceversa, vede Ulisse
ripercorrere il viaggio, ma in senso inverso. Il marito di Penelope, il padre
amato da Telemaco, non resistendo più alla vita tranquilla nella sua casa, ad
Itaca, riprende il mare e percorre il viaggio precedente, che non è la sfida
eroica dell’Ulisse dantesco, ma il ritorno al punto di partenza. Tornarvi,
significa scoprire l’illusorietà della vita, la fine di ogni speranza.
Infatti, al centro del L’ultimo viaggio, c’è l’universo dominato dal
dolore e dal mistero per cui la vita è come un fiume che va a un mare ignoto
che porta alla morte. L’uomo, di fronte all’immensità dell’universo, diventa
un granello insignificante e privo di stabilità spirituale3. Con questa
2 D. Alighieri , La Divina Commedia, Inferno, XXVI, v. 125 3 L. Pietrobono, I Poemi conviviali di Giovanni Pascoli si trovano in Italia e Grecia, Bologna, Zanichelli, 1918
5
prospettiva si afferma il tema dominante dell’Ulisse del Pascoli, ovvero la
ricerca del senso dell’esistenza.
Una figura di tal genere, così aperta all’esperienza multiforme della
vita, è una delle creazioni con più presa nella ricezione giovanile,
desiderosa di modelli di comportamento
I Poemi conviviali, pubblicati nel 1904 sono dedicati all’amico Adolfo De
Bosis. Sono venti poemetti scritti tra il 1893 e il 1904 che riprendono temi e
personaggi del mondo classico greco e latino. L'ultimo viaggio, composto
da ventiquattro strofe (per un totale di 1211 endecasillabi) è il più lungo tra
i Poemi conviviali (1904-1905). Nel poemetto si racconta che Odisseo
(Ulisse), stanco della quiete di Itaca, decide di tornare in mare per rivedere i
luoghi favolosi del suo primo viaggio. Ma la nuova impresa, in cui Odisseo
troverà la morte, riserva solo delusione. L’isola di Circe, la maga che aveva
trasformato i compagni di Odisseo in porci e che aveva trattenuto a lungo
l'eroe presso di sé, è disabitata; gli abitanti dell'isola che un tempo era stata
dei Ciclopi non hanno mai sentito parlare di Polifemo e della ferocia con
cui aveva ucciso molti degli uomini di Ulisse; le Sirene si rifiutano di canta-
re. Odisseo diventa un personaggio pascoliano: il rimpiange un passato ir-
raggiungibile, è deluso dalla realtà, si rifugia nel sogno.
6
Si crea una strana contaminazione tra due mondi in netta
opposizione: il classico e il decadente.
Il primo, è l’espressione della solarità, dell’ equilibrio, della
razionalità; il secondo è il regno dell’inquietudine e dell’irrazionale.
L’autore, attraverso un’operazione estetizzante, priva il personaggio
classico della sua olimpicità e gli attribuisce un’anima spoglia, con le sue
incertezze, i suoi smarrimenti e l’angoscia esistenziale.
Le strofe del poemetto, 24 come i canti del poema omerico, narrano
avvenimenti svolgentesi dodici sulla terra e dodici sul mare, secondo un
ritmo inverso a quello dell’Odissea, dove i canti delle avventure di mare
precedono quelli di terra.
L’Ulisse del Pascoli come già accennato, dopo il ritorno ad Itaca,
non riesce a vivere un’esistenza tranquilla. L’eroe, dopo aver compiuto il
viaggio alla ricerca degli uomini che non conoscono il mare4, per nove
anni, rimane ad Itaca.
Nella quinta e nella sesta strofa, egli è presentato nella sua casa,
accanto al focolare dove si sforza di dimenticare la vita passata, ma davanti
al fuoco si sente solo e terribilmente fuor di luogo, quasi inutile5. Ha di
fronte la moglie, ormai vecchia anch’essa simboleggiante l’immagine della
vita serena e della domestica tranquillità, ma le è lontano guarda le faville
del focolare e ricorda…
4 F. Rinaldo – I Poemi Conviviali di Giovanni pascoli – Ed. Nistri Lischi, Pisa, 1961 5 Ibidem
7
Tutte le immagini della vita pacifica gli stanno davanti ma le
disdegna; vive dei suoi ricordi. Che tormento in questi ricordi! 6
Quella di Ulisse non è però la splendente vecchiezza7 di cui parla il
testo omerico, poichè colto da un dubbio sempre più tormentoso: gli episodi
che egli va ricordando appartengono alla realtà o all’immaginazione?
E per nove anni al focolar sedeva,
di sua casa, l’ Eroe navigatore:
che più non gli era alcuno error marino
dal fato ingiunto e alcun error terrestre.
Sì, la vecchiaia gli ammollia le membra
a poco a poco8
A differenza dell’Ulisse del Pascoli, quello di Omero, invece è
tranquillo, l’autore fa intendere che si avverrà per lui la profezia di Tiresia e
quindi a conclusione di una vita tormentata ed errabonda, lo aspetterà una
vecchiaia serena.
Morte dal mare
Ti verrà, molto dolce, a ucciderti vinto
da una serena vecchiezza. Intorno a te popoli beati saranno.
Questo con verità ti predico9
6 Ibidem7 Ibidem8 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa V, Il remo confitto, vv. 1-69 Omero – Odissea, XI, vv, 134-137
8
E allora come accontentarsi del ricordo? Come riuscire a
dimenticare?
Odisseo, l’eroe di tutte le esperienze, di tutti gli ardimenti, di tutte le
astuzie qual è in Omero, dell’estrema orgogliosa affermazione umana qual
è in Dante, il moderno eroe del tempo in Pascoli, non può restare, i ricordi
del passato li vuol rivivere nella loro realtà non nel sogno: il mare lo
chiama.10
Giunto il decimo anno lascia furtivo il talamo dove la moglie
Penelope dorme e fuggendola, sembra voler eludere la morte stessa11.
Intende dunque tornare a tuffarsi nella vita trascorsa alla ricerca della
“felicità”. Nei luoghi del passato egli sente di aver lasciato qualcosa, le
imprese di un tempo sono oramai un sogno sbiadito: ciò che feci è già
minor del vero12
Riprende la navigazione con quei compagni che fedelmente lo hanno
atteso e ai quali rivolge un discorso; che sembra quasi un confidarsi
dell’eroe con chi può comprenderlo:
Compagni, udite ciò che il cuor mi chiede
sino da quando tornai per sempre.
Per sempre? Chiese, e No, rispose il cuore.
Tornare, ei volle; terminar, non vuole13
10 F. Rinaldo – I Poemi Conviviali di Giovanni pascoli – Ed. Nistri Lischi, Pisa, 196111 Ibidem12 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XII, Il timone vv. 3913 Ivi, vv. 14 - 17
9
Anche in Dante Ulisse rivolge un discorso ai compagni per
invogliarli a proseguire il loro cammino, ma è un personaggio diverso. È
ancora sensibile agli affetti familiari, anche se questi non bastano a
ricondurlo in patria. In lui prevale invece il desiderio di conoscere il nuovo,
di cimentarsi in un’impresa considerata impossibile poiché le Colonne
d’Ercole segnavano per gli antichi (la definizione del confine è araba) un
confine oltre il quale non era lecito spingersi.
Il viaggio di Ulisse oltre le Colonne d’Ercole, si configura perciò
come una sfida, una manifestazione di quella superbia dell’uomo che vuole
competere con gli dei.
“O frati”, dissi “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente”14
Dante, poeta del Medioevo cristiano, non può approvare l’ardimento
di Ulisse, perciò la navigazione verso occidente è un folle volo che merita la
punizione divina.
Tuttavia, il sommo poeta, non ignora nemmeno quanto di nobile
esista nelle motivazioni del viaggio, sintetizzate nella famosa terzina:
14 D. Alighieri – La Divina Commedia, Inferno, XXVI, vv. 112-117
10
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza15
Alessandro Vellutello, illustrazione del Canto XXVI
Il perseguire il proprio perfezionamento morale e l’accrescere le
proprie conoscenze intellettuali, sono additati come obiettivi agli uomini
che vogliono distinguersi dai bruti; la sfida di Ulisse, anche se punita con la
morte, diviene emblema di coraggio e dignità.
Dopo l’introduzione delle prime dodici strofe, l’attenzione si
focalizzerà su quattro strofe in particolare, delle ultime dodici: l’amore, la
15 Ivi, vv. 118-120
11
gloria, il vero e Calypso, poichè in queste il Pascoli ha saputo abilmente
giocare su numerose reminescenze omeriche.
Il protagonista, del L’ultimo viaggio, conserva sia i caratteri della
tradizione quali l’audacia, l’astuzia, l’anelito del sapere, la smania
dell’azione, sia il senso del tormento di fronte all’ignoto, la sofferenza del
dubbio, la malinconia dei rimpianti.
Ulisse è l’incarnazione dell’uomo moderno, incapace di restare
fermo, avvolto da un senso di incompletezza perché non è riuscito a fare
luce sui suoi dubbi né a dare un’individualità al proprio essere; si sente
impotente, inerme, in balia degli eventi.
Il viaggio è una ricerca dei luoghi e delle figure che più fortemente
hanno segnato l’esperienza dell’eroe: Circe, il Ciclope, le Sirene, Calypso.
Nulla di ciò che Ulisse ha conservato nel ricordo, viceversa,
corrisponde a verità.
Giunto all’isola di Circe, l’eroe crede di essere presso la felicità, ma
si accorge che la maga non esiste, la sua canzone, che l’eroe si illude di
risentire, non è che lo sciacquio del mare mosso dal vento e delle foglie
delle querce
Ma era in alto, a un ramo della quercia,
la cetra arguta, ove l’avea sospesa
Femio, morendo, a che l’Eroe chiamasse
Brillando al sole o tintinnando al vento:
12
al vento che scotea gli alberi, al vento
che portava il singulto ermo del mare16
L’illusione è svanita a contatto con la realtà, la felicità non è
nell’Amore.
L’eroe disilluso si rimette in viaggio ed arriva all’isola dei Ciclopi.
Riaffiora in lui il ricordo della gloria che un tempo aveva conquistato
accecando Polifemo.
È forse nella Gloria la felicità?
Ulisse scende di corsa dalla nave, vuole ritornare presso il Ciclope
per sfidarlo, schernirlo ma, nell’isola, non trova altro che gente ospitale,
gente comune. L’eroe ne è turbato, li interroga nella speranza di sentire
vivo almeno il ricordo del passato, ma tocca l’amarezza della più profonda
disillusione: Polifemo nessuno lo conosce. Nella sua grotta abita un innocuo
pastore, che a stento ricorda di aver udito raccontare da un vecchio saggio
che da quel monte piovevano pietre in mare
dicea che in mare piovea pietre, un tempo,
sì, da quel monte, che tra gli altri monti
era più grande; e che s’udian rimbombi
nell’alta notte, e che appariva un occhio
nella sua cima, un tondo occhio di fuoco17
16 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XVII, L’amore, vv. 43-4817 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XX, La gloria, vv. 37-41
13
strappò la cima d’un monte enorme e la scagliò,
la fece cadere davanti alla nave prua azzurra,
di poco, sfiorò quasi il timone.
Si gonfiò il mare al piombar della roccia;
la nave indietro, alla spiaggia, respinse il riflusso,
il trasbordare del mare, le fece ritoccar terra18
Pellegrino Tibaldi, Il naufragio di Ulisse
Anche in questa circostanza il sogno si dissolve in una visione
naturale, la gloria non esiste, non è qui la felicità.
Tutte le illusioni gli sono crollate, il mito cade, l’avventura di Ulisse
si dilegua.
È inutile ormai continuare a ricercare la felicità: essa non esiste
conviene indagare nella ragione delle cose, nella ragione della vita, nella
ragione di se stesso.
18 Omero – Odissea, IX, vv. 481-486
14
Cosa gli resta se non andare alla ricerca della Verità?
A chi chiedere il “vero”, dove ottenere risposta al dubbio sempre più
inquietante circa l’ illusorietà di ogni speranza umana?
Gli sovviene in mente il canto delle Sirene; esse dicevano di sapere
ogni cosa della terra.
Nell’Odissea, Ulisse, partito dall’isola di Circe, pur di udire il canto
delle sirene ma, nel contempo, per sottrarsi alla seduzione perfida di questo,
contro il quale era stato messo in guardia dalla maga, si era fatto legare
all’albero maestro della nave dai suoi marinai ai quali aveva imposto di
otturarsi le orecchie con la cera.
Allora egli passò oltre per conquistare l’illusione di una inconsistente
felicità: il ritorno in patria, ora non più.
Nell’ Ultimo viaggio, è Ulisse che si rivolge alle Sirene deciso ad
affrontare il rischio di restare ammaliato dal dolce canto e di non far più
ritorno in patria.
Uomini andiamo a ciò che solo è bene:
a udire il canto delle due Sirene.
Io voglio udirlo eretto su la nave,
né già legato con le funi ignave:
libero! alzando su la ciurma anela
la testa bianca come bianca vela:
15
e tutto quanto nella terra avviene
saper dal labbro delle due Sirene19
James Draper, Ulisse e le sirene
Ora è determinato ad ascoltare fino in fondo e a permettere che la
corrente spinga la nave agli scogli delle Sirene. Non c’è più bisogno di
remi: la natura s’è sostituita all’uomo è essa che lo conduce alla verità:
E il vecchio Eroe sentì che una sommessa
forza, corrente sotto il mare calmo,
spingea la nave verso le Sirene;
e disse agli altri d’innalzare i remi:
la nave corre ora da sé, compagni!20
e la corrente tacita e soave
più sempre avanti sospingea la nave21
19 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XXI, Le sirene, vv. 40-4720 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XXIII, Il vero, vv. 5-921 Ivi, vv. 13-14
16
Omero aveva dato alle Sirene le sembianze di uccelli con il volto di
donna. Nei versi del Pascoli, esse hanno inizialmente l’aspetto di
enigmatiche sfingi, immobili, indifferenti. Odisseo le interroga vuole sapere
il vero delle cose, ma esse tacciono. Mentre la nave va da sola, ad Odisseo
appare un gran mucchio d’ossa presso le Sirene, simili a due scogli.22 Egli
intuisce ormai la realtà del suo destino, ma non desiste dall’interrogare
Ma, voi due, parlate!
Ma dite un vero, un solo a me, tra il tutto,
prima ch’io muoia, a ciò ch’io sia vissuto!23
solo mi resta un attimo. Vi prego!
Ditemi almeno chi sono io! Chi ero!24
Così gli è chiaro che l’unico scopo vero dell’esistenza umana, è la
morte. L’Ulisse del Pascoli come quello di Dante è segnato dalla
determinazione a varcare il limite.
Ma il limite non è costituito dalle Colonne d’Ercole, bensì
connaturato nella condizione umana, irrevocabilmente volta alla morte.
Così come in Dante anche in Pascoli il viaggio si conclude con il
naufragio
chè de la nova terra un turbo nacque,22 F. Rinaldo – I Poemi Conviviali di Giovanni pascoli – Ed. Nistri Lischi, Pisa, 196123 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XXIII, Il vero, vv. 46-4824 Ivi, vv. 53-54
17
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque:
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che l’ mar fu sovra noi richiuso25
e Pascoli:
e tra i due scogli si spezzò la nave26
In Dante, però, il mito dell’eroe non si inabissa con la barca e Ulisse
si consacra come navigatore e esploratore dell’ignoto, è il prototipo
dell’uomo moderno che si ribella al potere dispotico, è il prototipo dell’
uomo pagano che confida nelle sue forze oltre la razionalità.27
Il componimento si conclude con l’ arrivo del corpo dell’ eroe
sull’isola di Ogigia, dove a raccoglierlo c’è la dea Calypso. Davanti ad ella,
non è più l’uomo fiero della propria umanità che rinunciò all’immortalità
promessa dalla dea, ma è ridotto ad una larva di ciò che era.
In Omero, Calypso era ben consapevole che per l’uomo il nascere
era solo infelicità e dolore, e proprio perché amava Odisseo non voleva che
egli soffrisse col tornare fra i mortali alla vita del mondo.
25 D. Alighieri – La Divina Commedia, Inferno XXVI, vv. 137-14226 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XXIII, Il vero, v. 5627 L. Pietrobono – I Poemi conviviali di Giovanni Pascoli si trovano in Italia e Grecia, Ed. Zanichelli, 1918
18
Ma se sapessi nell’animo tuo quante pene
t’è destino subire, prima di giungere in patria,
qui rimanendo con me, la casa mi abiteresti
e immortale saresti, benché tanto bramoso
di rivedere la sposa, che sempre invochi ogni giorno28
Nel suo tentativo però non riuscì perché, da una parte l’orgogliosa
volontà dell’uomo preferì le delusioni della vita vissuta all’immortalità
promessa
E rispondendole disse l’accorto Odisseo29
se ancora qualcuno dei numi vorrà tormentarmi sul livido mare,
sopporterò, perché in petto ho un cuore avvezzo alle pene. Molto ho
sofferto, ho corso molti pericoli
fra l’onde e in guerra: e dopo quelli venga anche questo30
28 Omero – Odissea, V, vv. 206-21029 Omero – Odissea, V, v. 214 30 Ivi, vv. 221-224
19
Gerard de Lairesse , Calypso riceve l'ordine da Zeus, tramite Hermes, di lasciar partire Ulisse
e dall’altra il volere degli dei che esigono il dolore umano le
impedirono di sottrarre Odisseo al suo destino.
Il mare depone il corpo senza vita accanto alla dea che ora lo
accoglie con pianto, il suo pianto è sceso sull’umana infelicità
Ed ella avvolse l’uomo nella nube
dei suoi capelli; ed ululò sul flutto
sterile, dove non l’udia nessuno:
Non esser mai! Non esser mai! Più nulla,
ma meno morte, che non esser più31
L’agonismo, l’eroismo crolla impietosamente davanti al lacerante
grido disperato della dea.
Nelle parole di lei c’è la dimensione tutta umana della sofferenza
nella quale mortali e immortali sono accomunati. Solo la non esistenza può
31 G. Pascoli – L’ultimo Viaggio, strofa XXIV, Calypso, vv. 49-53
20
scongiurarla: è questa la sconsolata visione della vita tutta pascoliana, che
misura con la sofferenza di Ulisse la sofferenza universale di tutti gli
uomini, costretti a vivere in quell’atomo opaco del male.32
Si può concludere dicendo che l’Ulisse pascoliano perde la fermezza
d’animo, la solidità interiore che gli aveva dato Omero. Diventa l’emblema
dell’uomo moderno tormentato dalla crisi di identità e dalla caduta delle
certezze.
In fondo, l’errare affannoso d’Odisseo non è che l’immagine poetica
di un errore tutto intimo e profondo dell’anima del Pascoli nell’ombra del
Mistero e la soluzione tragica e desolata del racconto non è che
l’espressione di un momento sentimentale di abbandonato sconforto.33
È lo sconforto dell’uomo che, giunto a un certo momento della sua
vita si pone, la stessa domanda: “qual è lo scopo della mia vita e perché
esisto?”. Non trovando risposta, si abbandona al corso degli eventi,
giungendo passivamente alla morte, unica certezza della vita.
In quegli stessi anni il mito di Ulisse viene ripreso da D'Annunzio in Maia.
Già presente nella lirica degli esordi (Alle Pleiadi e ai Fati), Ulisse diviene
una sorta di figura-guida nella Laus vitae, dove si racconta di un viaggio per
mare compiuto dal poeta insieme ad alcuni amici. Essi giungeranno nei luo-
32 F. Rinaldo – I Poemi Conviviali di Giovanni pascoli – Ed. Nistri Lischi, Pisa, 196133 Ibidem
21
ghi sacri del mondo greco (Olimpia, Delfi, Atene), per poi recarsi a Roma
per contemplare gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Nel IV
canto, in cui si rievocano luoghi, figure e vicende dell'Odissea, D'Annunzio
immagina di incontrare in mare Ulisse che, invincibile e solitario, rivolge lo
sguardo verso il solo poeta. Per lui, questo gesto rappresenta una sorta di
consacrazione e un invito a compiere grandi imprese.
Esito quindi assai diverso, per i due massimi rappresentanti del nostro De-
cadentismo. Per D'Annunzio Odisseo è una figura dotata delle qualità ecce-
zionali che il poeta aspira a possedere; per Pascoli è invece soltanto un
uomo che affronta il viaggio verso la morte cercando invano di ritornare ai
luoghi del passato.
Per l’Odisseo di Pascoli il viaggio diviene così metafora di ricerca interio-
re, che mette in evidenza la volontà di trovare se stessi e di darsi una identi-
tà in un universo tanto vasto da rendere inutili i problemi esistenziali degli
uomini.
Finalità
Si inviterà gli allievi a riflettere su un’analisi dell’attualità di queste
opere che attraverso il loro protagonista presentano la condizione
dell’uomo moderno. L’uomo che non vuole rinunciare alle esperienze e alle
conoscenze che il viaggio della vita riserva. L’uomo dall’animo smarrito,
22
incerto, perplesso che di fronte a qualcosa di grande deve chiedere aiuto a
Dio.
Obiettivi
Obiettivo a breve termine
Gli allievi conosceranno in generale le prime dodici strofe che fanno
da introduzione al tormento e all’ansia dell’eroe giunto ormai in patria da
dieci anni e, solo dopo nove, è pronto a ripartire perché in questa realtà non
sa ritrovarsi.
Di volta in volta, attraverso l’analisi e la parafrasi del testo, verranno
proposte le seguenti strofe: L’Amore, La Gloria, Il Vero, Calypso, ovvero il
viaggio a ritroso per giungere alla Verità della condizione umana.
Queste strofe, poi, saranno raffrontate con i versi di alcuni canti
dell’Odissea e con il canto XXVI dell’Inferno di Dante. Innanzitutto, si
cercherà così di far mettere in atto con la parafrasi, le conoscenze acquisite
già in precedenza delle strutture di un testo poetico (figure retoriche,
significato allegorico, etc.), sviluppando e rafforzando negli allievi la
capacità di analisi, di sintesi e di critica affinché possano saper sostenere
una propria tesi usando le opportune argomentazioni.
Infine, inserendo ciascun autore e corrente nell’opportuno contesto
storico e culturale, gli studenti dovranno essere capaci di collegare
tematiche disciplinari e
23
interdisciplinari.
Obiettivo a medio termine
Gli allievi saranno invitati ad effettuare un confronto tra le
caratteristiche del personaggio “Ulisse classico”, “Ulisse medievale”,
“Ulisse decadente”.
“L’Ulisse classico”, è l’eroe dei pregi come l’intelligenza, l’astuzia,
la tenacia, la destrezza; dei difetti quali l’orgoglio, la testardaggine, la
vanità.
“L’Ulisse medievale”, appare come figura più matura e coscienziosa
dell’errore compiuto a varcare le Colonne d’Ercole. La sfrenata sete
conoscitiva, legata al suo peccato di superbia nei confronti dei decreti divini
lo porta alla morte.
Nell’Inferno sa bene che quell’impresa non aveva bisogno solo
dell’astuzia e della ragione, ma dell’aiuto della Grazia divina, a lui negato.
“L’Ulisse decadente”, è colui che vuole indagare nel mistero
dell’animo umano, affrontare il crollo delle illusioni per accettare poi la
realtà della morte.
Metodologia
L’insegnante, per raggiungere gli obiettivi sopra citati, proporrà
l’argomento privilegiando l’alternanza di lezioni frontali e lezioni
dialogiche.
24
La conversazione servirà a proporre l’attività alla classe. Le
domande, gli interventi e le proposte degli alunni, permetteranno
all’insegnante di rilevare le loro preconoscenze, aiutandoli a organizzarsi e
indirizzandoli nel miglior modo verso i percorsi di ricerca.
Si proseguirà poi con l’analisi guidata dei testi. Dopo una
conoscenza generale dell’argomento, la classe sarà divisa in gruppi per
permettere un’analisi più dettagliata e approfondita delle argomentazioni.
Di volta in volta, sempre attraverso la lezione dialogata, si
verificherà il lavoro svolto dai singoli gruppi, che permetterà sia di esporre
all’insegnante e alla classe le difficoltà, i dubbi, le proprie opinioni
personali, sia di confrontarsi continuamente nella realizzazione di quello
che poi sarà un lavoro unico.
Percorsi di ricerca
1. Aspetti e poetica del Decadentismo
Gli allievi dovranno prendere in esame i due aspetti fondamentali
della spiritualità del Decadentismo; il sentimento della realtà come mistero
25
e la scoperta di una nuova dimensione nello spirito umano, quella cioè
dell’inconscio.
La poetica che ritiene che, soltanto la poesia, può attingere dato il
suo carattere irrazionale e immediato, al mistero e esprimere le rilevazioni
dell’ignoto.
2. La figura di Ulisse in Omero
Gli allievi prenderanno in esame la figura dell’eroe rappresentante
delle qualità migliori degli antichi navigatori ionici, quali: l’inventiva, la
curiosità avventurosa, il coraggio, le abilità e la pazienza.
i. La figura di Ulisse in Dante
Gli allievi dovranno soffermarsi sulla figura di Ulisse descritta da
Dante, come simbolo dell’ inesauribile sete di conoscenza umana e della
sua collocazione nell’ottava bolgia, tra i consiglieri fraudolenti. Dante lo
condanna non tanto per essersi ribellato ad un divieto, quanto per aver
trasgredito e infranto le regole di Dio.
3. La figura di Ulisse in Pascoli
Gli allievi dovranno soffermarsi ad analizzare la figura dell’ Ulisse
decadente, dell’anti-eroe, di colui che ha meditato a lungo con profonda
disillusione sulla vita e l’inquietudine di chi vuol interpretare il significato
della propria esistenza.
26
Dovranno analizzare questo Ulisse evoluto, che perde le sue certezze
e diviene il simbolo della crisi dei valori, tipica dell’uomo del Novecento,
di questo Ulisse moderno, poco omerico, coraggioso, più che nelle
imprevedibili avventure del mare, nell’affrontare drammatiche verità della
vita.
Strumenti e problemi
Il problema più frequente che si incontra in uno sviluppo di Unità
Didattica, soprattutto in merito all’argomento trattato, è la poca
disponibilità da parte dei colleghi a collaborare, laddove c’è un vero e
proprio diniego nel concedere ai ragazzi parte delle ore di lezione. E’
impensabile, infatti, data l’entità dell’unità stessa e vista comunque la
vastità degli agganci che ha, non solo nell’ambito dell’insegnamento
dell’italiano, che i ragazzi riescano ad affrontarne l’argomento senza
“sforare” in altre ore di lezione.
L’esperienza personale indica che occorrono ore di ricerche, che
ovviamente i ragazzi non possono esaurire solo presso le loro abitazioni,
ammesso che tutti abbiano i supporti. Pertanto, il maggior ostacolo è la
sensibilizzazione di tutti gli insegnanti e quindi il loro coinvolgimento, nel
concedere tempo ai ragazzi, soprattutto nell’ottica di permettere loro
l’utilizzo di risorse multimediali quali aula dei computer, proiezioni
didattiche, schede e supporti tecnologici, etc. Auspicando, infine, che
27
queste funzionino dato che questi strumenti così delicati, in ambito
scolastico, vengono maneggiati da mani diverse non sempre esperte e al
momento opportuno sono inutilizzabili.
Tempi
Il tempo complessivo che l’insegnante attribuisce a quest’unità
didattica è di venti ore.
Queste ore serviranno:
- per introdurre e sviluppare l’argomento da parte dell’insegnante;
- per lo sviluppo del lavoro, da parte dei ragazzi, in termini di organiz-
zazione di gruppo e ricerche bibliografiche o multimediali;
- per la relazione in aula del lavoro svolto;
- per la verifica finale.
Verifica
Le verifiche formative verteranno su interventi individuali e di
gruppo, su relazioni scritte e orali; sull’analisi testuale.
Per accertare man mano l’avvenuta comprensione dell’argomento,
l’insegnante, somministrerà dei test veloci a risposta multipla e aperta.
Attraverso la lezione dialogata ascolterà e giudicherà l’opinione degli
allievi così da effettuare, qualora ce ne fosse bisogno, anche un recupero,
compiendo precisazioni e spiegazioni a tutta la classe. Dedicherà, poi, del
28
tempo ad ogni singolo gruppo per lasciar loro illustrare agli altri e a se
stessa, il lavoro svolto di volta in volta.
La verifica, inoltre, si concentrerà sulla possibilità data ad ognuno di
saper recuperare il materiale, nell’ottica di condividerlo all’interno di un
lavoro di gruppo.
Ai fini di un bilanciamento di ogni singolo gruppo, l’insegnante
creerà i presupposti affinché questo sia eterogeneo, laddove i ragazzi più
preparati, mentalmente dotati o più scaltri nella soluzione dei problemi,
vengano affiancati a quelli con più carenze.
Con tale sistema, si spera di raggiungere un buon livello di
socializzazione all’interno della classe, permettendo ai ragazzi di aiutarsi
l’un l’altro e scongiurando fenomeni di isolamento.
Il gruppo, poi si adopererà affinché si proceda nel lavoro globale,
attraverso un sistema di coordinamento mirato ad affrontare dei percorsi
nell’una o nell’altra direzione a seconda di ciò che si è reperito e degli
sviluppi intrapresi, ovviamente coadiuvato dall’insegnante.
La prova conclusiva sarà l’analisi del testo poetico, attraverso la
quale l’allievo dimostrerà non solo di saper comprenderlo e analizzarlo,
confrontandolo con altri testi, ma anche di esprimere giudizi critici motivati
sull’immagine della propria identità.
Valutazione
29
La valutazione disciplinare, intesa sia come verifica dei risultati, sia
come valutazione dei processi cognitivi, verrà espressa in giudizi analitici e
sintetici che scaturiranno sia dalle osservazioni sistematiche, sia dalle
verifiche periodiche.
I risultati delle verifiche periodiche saranno utilizzati ai fini della
valutazione quadrimestrale per gli opportuni adeguamenti, oltre che per
eventuali interventi di recupero.
La valutazione globale, infine, terrà conto della situazione di
partenza, delle reali capacità dell’alunno, dell’impegno dimostrato e
dell’azione formativa considerate le eventuali situazioni personali.
30
Indice
2.1 Destinatario e profilo della classe
…………......................
2.2 Contenuti
………………………………………………………………..
2.3 Obiettivi e finalità
…………………………………………………….
2.4 Metodologia
…………………………………………………………….
2.5 Percorsi di ricerca
…………………………………………………….
2.6 Strumenti e problemi
……………………………....................
2.7 Tempi
…………………………………………….........................
2.8 Verifica
…………………………………………………………………..
2.9 Valutazione
……………………………………….......................
31
Bibliografia
- Omero, Odissea, Ed. Einaudi, Torino, 1989
- D. Alighieri, La Divina Commedia – Inferno, Ed. La Nuova Italia,
Firenze, 1985
- L. Pietrobono, I Poemi conviviali di Giovanni Pascoli si trovano in
Italia e Grecia, Ed. Zanichelli, 1918
- F. Rinaldo, I Poemi Conviviali di Giovanni Pascoli, Ed. Nistri -
Lischi, Pisa, 1961