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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO Lo stato delle conoscenze sui suoli La Relazione sullo stato dell’ambiente del 1997, descriveva le diverse tipolo- gie di processi di degrado che interes- sano, con diversi gradi ed intensità, i suoli italiani, senza tuttavia definirne la reale estensione territoriale né l’entità, se non con riferimento ad alcuni casi particolari, oggetto di studi specifici. Nel rimarcare la mancanza di una car- tografia del rischio di erosione/degra- dazione del suolo che riguardi la tota- lità del territorio nazionale, nella stessa Relazione venivano citate e prese a riferimento cartografie realizzate da organismi sovranazionali, quali la car- tografia Global Assessment of Soil Degradation (GLASOD) del 1990, e quella scaturita dal programma comu- nitario CORINE-Soil Erosion, concluso nel 1991. Tali cartografie descrivono, rispettivamente, lo stato della degrada- zione del suolo con relativa classifica- zione in gradi di intensità e tipologie di degrado (degradazione chimica o fisi- ca, erosione idrica, etc.) ad una scala di estrema sintesi (1:10 milioni), ed il rischio potenziale e reale di erosione del suolo in relazione alla qualità della risorsa, valutati in base ad una metodo- logia derivata dalla Universal Soil Loss Equation, alla scala 1:1 milione. La mancanza di un’organica sistema- tizzazione dei dati diffusi e di una det- tagliata valutazione del rischio di degradazione, sono l’inevitabile conse- guenza di una più generale politica di governo del territorio risultata carente, se non del tutto assente, nei decenni passati. La materia risulta ormai da diversi anni regolata da una Legge specifica, la n. 183 del 1989 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” e dai successivi provvedi- menti legislativi e amministrativi ad essa collegati. Purtroppo quella legge, salutata da tutti come un provvedimento che avrebbe inaugurato una nuova era nel rapporto tra uso del territorio e ambiente in Italia, non ha finora visto la sua com- pleta attuazione, per cui gli strumenti, non solo di ordinamento dell’uso del territorio, ma anche di raccolta siste- matica di dati territoriali ed ambientali, la predisposizione di documenti di base come le carte tematiche e lo sviluppo di indagini ed analisi, non sono mai stati di fatto adeguati alle necessità. Per tale motivo, il 16 marzo 1997 veni- va approvata dalle Camere una propo- sta di indagine conoscitiva, da parte di una Commissione parlamentare di inchiesta, sullo stato di attuazione delle norme in materia di difesa del suolo, ai fini di individuare i punti critici della legge, verificare le inadempienze, indi- viduarne le cause e proporre misure correttive. Il 25 marzo 1999 sono stati presentati i risultati di tale indagine, condotta dal Comitato paritetico appositamente costi- tuito dalla 13 a Commissione Permanente del Senato della Repubblica (Territorio, ambiente, beni ambientali) congiunta- mente con la VIII Commissione perma- nente della Camera dei Deputati (Ambiente, territorio, lavori pubblici). Ai relativi atti e documenti dell’indagi- ne, stampati a cura del Segretariato Generale del Senato, si rimanda per quanto riguarda gli elementi scaturiti dall’analisi, nonché le conclusioni e le proposte del Comitato paritetico, fina- lizzate ad “individuare iniziative di tipo legislativo e amministrativo per rende- re più efficace il sistema difesa del suolo”. A valle di tale indagine, il “Rapporto Interinale Difesa del Suolo”, predispo- sto dal Ministero dei lavori pubblici, d’intesa con il Ministero dell’ambiente, individua nei Fondi Strutturali 2000- 2006 una base di finanziamento per la programmazione di bacino prevista dalla legge 183/89, “filtrata attraverso gli obiettivi indicati nei regolamenti comunitari”. Tra le linee di intervento da programmare, vengono indicate significativamente “azioni di supporto alla gestione e al presidio integrato del territorio quali …acquisizione di sup- porti cartografici di base e tematici omogenei … creazione di banche dati e sistemi informativi …” nonché “ricerca applicata e attività conosciti- va…, in particolare, per i Servizi Tecnici: realizzazione di cartografia, archivi e procedure di standardizzazio- ne, mirati a garantire un’idonea rappre- sentazione delle conoscenze a scala 127

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Lo stato delle conoscenzesui suoli

La Relazione sullo stato dell’ambientedel 1997, descriveva le diverse tipolo-gie di processi di degrado che interes-sano, con diversi gradi ed intensità, isuoli italiani, senza tuttavia definirne lareale estensione territoriale né l’entità,se non con riferimento ad alcuni casiparticolari, oggetto di studi specifici.Nel rimarcare la mancanza di una car-tografia del rischio di erosione/degra-dazione del suolo che riguardi la tota-lità del territorio nazionale, nella stessaRelazione venivano citate e prese ariferimento cartografie realizzate daorganismi sovranazionali, quali la car-tografia Global Assessment of SoilDegradation (GLASOD) del 1990, equella scaturita dal programma comu-nitario CORINE-Soil Erosion, conclusonel 1991. Tali cartografie descrivono,rispettivamente, lo stato della degrada-zione del suolo con relativa classifica-zione in gradi di intensità e tipologie didegrado (degradazione chimica o fisi-ca, erosione idrica, etc.) ad una scala diestrema sintesi (1:10 milioni), ed ilrischio potenziale e reale di erosionedel suolo in relazione alla qualità dellarisorsa, valutati in base ad una metodo-logia derivata dalla Universal Soil LossEquation, alla scala 1:1 milione.La mancanza di un’organica sistema-tizzazione dei dati diffusi e di una det-tagliata valutazione del rischio didegradazione, sono l’inevitabile conse-

guenza di una più generale politica digoverno del territorio risultata carente,se non del tutto assente, nei decennipassati.La materia risulta ormai da diversi anniregolata da una Legge specifica, la n.183 del 1989 “Norme per il riassettoorganizzativo e funzionale della difesadel suolo” e dai successivi provvedi-menti legislativi e amministrativi adessa collegati.Purtroppo quella legge, salutata da tutticome un provvedimento che avrebbeinaugurato una nuova era nel rapportotra uso del territorio e ambiente inItalia, non ha finora visto la sua com-pleta attuazione, per cui gli strumenti,non solo di ordinamento dell’uso delterritorio, ma anche di raccolta siste-matica di dati territoriali ed ambientali,la predisposizione di documenti di basecome le carte tematiche e lo sviluppodi indagini ed analisi, non sono maistati di fatto adeguati alle necessità.Per tale motivo, il 16 marzo 1997 veni-va approvata dalle Camere una propo-sta di indagine conoscitiva, da parte diuna Commissione parlamentare diinchiesta, sullo stato di attuazione dellenorme in materia di difesa del suolo, aifini di individuare i punti critici dellalegge, verificare le inadempienze, indi-viduarne le cause e proporre misurecorrettive.Il 25 marzo 1999 sono stati presentati irisultati di tale indagine, condotta dalComitato paritetico appositamente costi-tuito dalla 13a Commissione Permanente

del Senato della Repubblica (Territorio,ambiente, beni ambientali) congiunta-mente con la VIII Commissione perma-nente della Camera dei Deputati(Ambiente, territorio, lavori pubblici).Ai relativi atti e documenti dell’indagi-ne, stampati a cura del SegretariatoGenerale del Senato, si rimanda perquanto riguarda gli elementi scaturitidall’analisi, nonché le conclusioni e leproposte del Comitato paritetico, fina-lizzate ad “individuare iniziative di tipolegislativo e amministrativo per rende-re più efficace il sistema difesa delsuolo”.A valle di tale indagine, il “RapportoInterinale Difesa del Suolo”, predispo-sto dal Ministero dei lavori pubblici,d’intesa con il Ministero dell’ambiente,individua nei Fondi Strutturali 2000-2006 una base di finanziamento per laprogrammazione di bacino previstadalla legge 183/89, “filtrata attraversogli obiettivi indicati nei regolamenticomunitari”. Tra le linee di interventoda programmare, vengono indicatesignificativamente “azioni di supportoalla gestione e al presidio integrato delterritorio quali …acquisizione di sup-porti cartografici di base e tematiciomogenei … creazione di banche datie sistemi informativi …” nonché“ricerca applicata e attività conosciti-va…, in particolare, per i ServiziTecnici: realizzazione di cartografia,archivi e procedure di standardizzazio-ne, mirati a garantire un’idonea rappre-sentazione delle conoscenze a scala

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nazionale, attraverso progetti chegarantiscano prioritariamente l’integra-le copertura geografica e poi livelli didettaglio progressivamente crescenti”.Nonostante la citata Legge 183/89 rap-presenti l’alveo naturale entro il qualecontenere tutte le iniziative riguardantiil più vasto tema della difesa del suolo,tuttavia, nel documento conclusivodella Commissione parlamentare, que-sto tema viene associato più particolar-mente agli aspetti legati alla prevenzio-ne e gestione degli eventi naturali cala-mitosi, quindi ai fenomeni alluvionali efranosi, senza che il suolo in quantotale, e quindi i problemi legati al suouso, spesso irrazionale, vengano maimenzionati. Le considerazioni conclusi-ve del documento della Commissionedelineano però, tra le altre cose, “azio-ni legislative e amministrative nel set-tore della difesa del suolo, delle acquee del governo del territorio”, che devo-no essere “coerentemente inseritenello scenario più complesso di riferi-mento…”. In particolare, al punto 15delle conclusioni, si afferma che“anche la gestione delle risorse idrichedeve essere pianificata a livello di baci-no e quindi coordinata con l’Autorità dibacino, rafforzando i già stretti legamitra la Legge n. 36 del 1994 - (cd“Legge Galli sulla tutela delle acque”) -e la Legge n. 183 del 1989”.Il richiamo alla conduzione della gestio-ne delle risorse idriche nell’ambito delpiano di bacino, trova un suo paralleloriscontro nella necessità di gestire ilcomplesso degli elementi acqua –suolo – territorio, in modo coerente edunitario. Allo stesso modo, quandoviene evidenziato, nel punto 17 delleconclusioni dello stesso documento, ilruolo centrale delle strutture tecnichedello Stato nonché la necessità di assi-curare un presidio tecnico del territorioadeguato alle esigenze di monitorag-gio, di polizia idraulica, di servizio dipiena, andrebbe altresì rimarcata l’as-senza di un adeguato Servizio di moni-toraggio della risorsa suolo, a fronte diun “perdurante stato di crisi dei ServiziTecnici Nazionali” che deve essererisolto con urgenza. Occorre ricordareche, fra le misure di prevenzione pro-poste nel documento preliminare delComitato Nazionale per la lotta alladesertificazione (DPCM 26 settembre

1997) “Linee-guida del Piano di AzioneNazionale di lotta alla desertificazione”,viene proposta l’istituzione del“Servizio Pedologico Nazionale”, ondesoddisfare l’esigenza di avere unachiara visione dell’entità e dell’evolu-zione del fenomeno di degrado nonchédella sua distribuzione sul territorio.Tale proposta, peraltro, è in sintoniacon la necessità, già espressa in altresedi, di disporre di un vero servizio dimonitoraggio e sistematica raccoltadati sul territorio nazionale a fronte diun discreto numero di Centri di ricercasul suolo che svolgono prevalentemen-te attività di studio ed approfondimentoscientifico. Fra questi basta citare ilCentro di Studio per la genesi, classifi-cazione e cartografia del suolo delCNR, l’Istituto Sperimentale per lo stu-dio e la conservazione del suolo el’Istituto Sperimentale per la Nutrizionedelle Piante facenti capo al Ministeroper le politiche agricole e forestali(MIPAF), oltre ai vari istituti ad indirizzobotanico e chimico-agrario facenticapo alle Università ed altri soggettioperanti presso Enti pubblici e privati.Sono pochi invece i Servizi presso leAmministrazioni Locali, o quanto menolimitati a poche Regioni, che svolgonoattività operativa di documentazione evalutazione geomorfologica ed eco-pedologica.Al fine di stimolare e guidare la costitu-zione di servizi pedologici regionali ecolmare quindi una grave lacuna nelleazioni di monitoraggio e conservazionedei suoli italiani e per la tutela della loroqualità, è stato ormai da tempo costi-tuito, presso il MIPAF, l’OsservatorioNazionale Pedologico e per la Qualitàdel Suolo, la cui attività si è finora con-cretizzata nella pubblicazione di duevolumi, successivi alla emanazione didue specifici Decreti Ministeriali (DM15517 del 7 luglio 1990, DM 10001 del3 gennaio 1996), per la standardizza-zione dei metodi di analisi chimica efisica del suolo e nella realizzazione diun database sullo stato della cartogra-fia pedologica nelle regioni italiane(Progetto MONCAPRI).Tale studio ha evidenziato come il qua-dro della cartografia pedologica in Italiasia quanto mai frammentato e disomo-geneo. Questo comprende una vastaproduzione sia di tipo puramente tas-

sonomico sia, soprattutto, applicativo(carte dell’irrigazione, carte di landcapability, carte di land suitability, ecc.)che interessa, in maniera discontinua,singole aree del territorio nazionale concarte a diverse scale, comprese fra1:10.000 e 1:250.000, insieme a cartedi estremo dettaglio, prodotte in alcunicasi particolari, e solo alcune carte acopertura regionale. D’altra parte, l’uni-ca carta pedologica di sintesi a scalanazionale esistente è ancora quella diF. Mancini (scala 1:1.000.000), risalen-te al 1966. Per tali motivi, è stata da piùparti riconosciuta l'urgenza di disporredi un quadro conoscitivo sui suoli,aggiornato e coerente con le iniziativedella Commissione Europea.Per rispondere alle istanze di politicaagro-ambientale regionale e nazionale,in particolare, è stato reso disponibileun finanziamento nell'ambito dellaMisura 5 del Programma interregionale"Agricoltura e Qualità", limitato alleRegioni a statuto ordinario, per la rea-lizzazione della Carta dei Suoli d'Italiain scala 1:250.000. Tale progetto va dipari passo con il progetto, già in corso, nel-l’ambito della convenzione tra il Ministerodell'ambiente (Servizio ConservazioneNatura), e l’European Soil Bureau (costitui-to all’interno dell’Istituto per le ApplicazioniSpaziali del Joint Research Center - ISPRAdella Commissione Europea), riguardantela creazione di un Sistema InformativoTerritoriale Pedologico su scala Nazionale(Carta Ecopedologica d’Italia).Quest’ultimo progetto prevede anchela valutazione del rischio di erosionedel suolo in Italia, alla scala 1:250.000,che a sua volta costituisce un’estensio-ne, insieme a quella relativa all’Albania,del progetto, nell’ambito del costituen-do European Soil Information System(EUSIS), di una nuova base georeferen-ziata di valutazione del rischio di ero-sione attuale e potenziale in Europaalla scala 1:1.000.000. Questa rappre-senterà un aggiornamento, dal puntodi vista della qualità dei dati (con l’uti-lizzo dei nuovi database pedologici e dicopertura dei suoli, dei nuovi DTMecc.) e della copertura territoriale (conl’estensione a tutti i Paesi membri,nonché ai Paesi EFTA e a quelli dell’Esteuropeo, compresi i Paesi baltici, l’exYugoslavia e l’Albania), della cartaCORINE - Soil Erosion citata in apertura.

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Tale progetto colmerà la già menziona-ta carenza data dalla mancanza di unadescrizione dello stato della risorsasuolo, a scala di sufficiente dettaglio econ un’omogenea copertura cartografi-ca del territorio nazionale. Si segnalainfine che, a parte alcune carte prodot-te nell’ambito di studi specifici su pic-cole aree ed alcuni recenti esempi ascala provinciale e sub-provinciale, lasola carta a copertura regionale è stataprodotta in Emilia-Romagna alla scala1:200.000, mentre in Toscana è incorso di completamento la carta dell’e-rosione del suolo, potenziale e in atto,alla scala 1:25.000. Carte assimilabili,indicative dell’erodibilità potenziale,sono le carte delle isoerosive dellaSicilia e della Basilicata.Questa iniziale realizzazione autonomaregionale richiama l’esigenza, oltre chedi un’efficace rete di controllo e moni-toraggio delle condizioni del suolo,anche della definizione di una metodo-logia univoca per la valutazione delrischio di erosione/degradazione.In tale contesto si colloca l’istituzionedel Centro Tematico Nazionale Suolo eSiti Contaminati (CTN SSC), col fine didefinire, raccogliere ed organizzare idati e le informazioni sul suolo, utili adescrivere questa matrice ambientale,ed indirizzare le politiche di salvaguar-dia ambientale ed utilizzo sostenibiledel territorio. Uno dei primi significativirisultati del CTN SSC è stato l’esamedella domanda di informazione sulsuolo derivante da atti di indirizzo, con-venzioni, leggi e norme a livello euro-peo e nazionale, effettuato previa rea-lizzazione di uno specifico osservato-rio, ed il confronto degli esiti di taleesame con la reale disponibilità di daticonoscitivi. A valle di tale rassegna, sicomincia a delineare l’individuazione diuno strumento di supporto alle politichedi sviluppo ecosostenibile, vale a dire laproposta di una serie di indicatori perdescrivere la qualità del suolo, nellesue componenti chimica, fisica e biolo-gica, e le pressioni esercitate su diesso.Monitoraggio, valutazione e cartografiasono dunque i capisaldi che rappresen-tano altrettanti settori sui quali vannomirati gli opportuni interventi legislati-vi, scientifici e tecnico-organizzativi.Interventi che coincidono con quelli

previsti nell’ambito delle proposte dimodifica ed integrazione della Legge183/89 sulla difesa del suolo, e chedovrebbero quindi più esplicitamentecontemplare anche le problematichedel suolo, pur non direttamente ricon-ducibili agli aspetti di prevenzione egestione delle emergenze legate a pro-blemi puramente idrologici o di instabi-lità dei versanti.

Le tipologie di degrado in Italia

Le segnalazioni dei rischi di degradoconsentono di restituire un quadro suf-ficientemente persuasivo della condi-zione del suolo in atto (o possibile) nelterritorio nazionale, pur non prescin-dendo dalla difficoltà di armonizzarecriteri di giudizio basati su considera-zioni in buona sostanza qualitative,dalla differente sensibilità locale ai pro-blemi della conservazione e degradodelle risorse naturali, e della notevoledifformità di dati e fonti informativedisponibili per i diversi contesti territo-riali.La descrizione del degrado della risor-sa suolo nelle diverse regioni italiane ciconsegna dunque un quadro variegatoe diversificato, che trova una sua primaricomposizione strategica e organizza-tiva con la proposta di una rete di “poliregionali” per la protezione del suolo.La loro attività conoscitiva e divulgativaè vista come parte della più vasta ecomplessa organizzazione di “servizipedologici regionali”, così da favorireuna protezione attiva, che privilegiazioni di supporto e orientamentogestionale piuttosto che vincoli e limi-tazioni (difficili da applicare nella misu-ra in cui è particolarmente costoso edifficoltoso “misurare” la qualità dirisorse mutevoli – nel tempo e nellospazio – quali sono rappresentate daisuoli che compongono la pedosferaterrestre).I Servizi pedologici regionali sono pro-gettati in rete, per garantire la massimasinergia in termini di standard e proce-dure, con nodi di livello locale (estensi-bili a poli subregionali) e nazionale(l’Osservatorio Nazionale Pedologico ele strutture afferenti): tutto ciò concre-tizza il Servizio Pedologico NazionaleDistribuito, formula che si richiama aun articolo della cosiddetta “Bassanini

– ter” e i cui contenuti sono stati giàavanzati nei lavori del Comitatodell’Osservatorio Nazionale Pedologico.Dai dati fin qui raccolti, si ricava che -fra tutti i rischi di degrado del suolo - ilpiù diffuso (e denunciato praticamentein tutta Italia) è quello dell’erosione. Ciòd’altra parte non deve sorprendere,data la natura geolitologica e la confor-mazione morfologica del territorio ita-liano: rischi d’erosione sussistonoinfatti in tutte le aree montane e, inmisura maggiore nelle aree collinari.Accentuati in presenza di substrati piùfacilmente erodibili e di pendenze ele-vate e mitigati dove la copertura vege-tale, prativa e boschiva, offre una mag-gior protezione delle coltri pedologiche.Significativi fenomeni di erosione pos-sono peraltro verificarsi anche in aree adislivelli poco accentuati, dove i suolihanno tessiture limose e una piùaccentuata tendenza alla degradazionestrutturale, come in particolare accadein Lombardia (e probabilmente anchein Piemonte) sulle morene e terrazziantichi in rilievo sulla pianura.Al contrario, il rischio meno segnalato èquello relativo all’acidificazione deisuoli. Questa valutazione sconta proba-bilmente la carenza di dati sul fenome-no in Italia. Va infatti tenuto presenteche vari studi, realizzati prevalente-mente a scala continentale, indicanoche in Europa l’area a rischio per ledeposizioni atmosferiche acide interes-sa l’intero arco alpino. Le condizioniche predispongono l’acidificazione deisuoli - e cioè clima fortemente piovoso,presenza di una vegetazione forestalecostituita in prevalenza da conifere,suoli evoluti su litotipi metamorfici ederuttivi acidi - potrebbero pertanto veri-ficarsi in particolare sui versanti alti-metricamente più elevati dei rilievi alpi-ni centro-occidentali. Nella figura 1viene riportato, a livello nazionale, ilquadro dei suoli agrari caratterizzati dareazione acida e molto acida.La compattazione dei suoli è un rischiotipico delle aree agricole intensivecaratterizzate da una spinta meccaniz-zazione. La compattazione è in genereconsiderata una forma di degrado deisuoli diffusa negli ambienti padani,soprattutto nella piana alluvionale delPo, anche se è difficile valutare sullabase dei dati esistenti quanto la costi-

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pazione indotta dalle pratiche agricoleincida significativamente sulla funzio-nalità dei suoli, deprimendone la pro-duttività o riducendone la capacità pro-tettiva. Localmente il fenomeno inte-ressa tuttavia anche altre parti delPaese: è stato segnalato nella piana delFucino; in alcune aree del meridione siosservano processi di indurimento deisuoli difficilmente reversibili (hardset-ting), anche in montagna gli usi ricrea-tivi e sportivi causano talora il degradofisico degli orizzonti superficiali,destando crescente preoccupazione.La perdita di sostanza organica, spessocausa e contemporaneamente conse-guenza di processi di erosione, è gene-ralmente associata agli effetti di prati-che agricole intensive, soprattutto se

accompagnate dalla concomitantescomparsa dell’attività zootecnica.Peraltro va ricordato che livelli disostanza organica più bassi rispetto aquelli europei continentali sono norma-li negli ambienti pedoclimatici mediter-ranei, mentre il fenomeno assumeinvece un carattere di estrema gravitàlà dove si innescano processi di deser-tificazione.In figura 2 viene riportata la situazione,su scala nazionale, della qualità dei suoliin relazione al contenuto di sostanzaorganica.La contaminazione dei suoli è unani-memente considerata una delle formedi degrado delle risorse naturali piùgravi e pericolose per gli equilibriambientali. Numerose sorgenti pun-

tiformi di inquinamento dei suoli sonostate individuate in questi anni un po’in tutta Italia, mentre maggiori incer-tezze ci sono per contaminazioni di tipodiffuso, prevalentemente riferibili adaccumuli di metalli pesanti conseguen-ti a spandimenti eccessivi di fanghi. Inogni caso si tratta di una problematicamaggiormente sentita nelle aree forte-mente urbanizzate ed industrializzate.La salinizzazione, pur non raggiungen-do i livelli d’intensità e gravità deldegrado osservati in altri ecosistemiterrestri, sta divenendo preoccupantelungo le piane costiere della Sardegnae di altre regioni meridionali, e comin-cia a manifestarsi lungo le coste adria-tiche ed è osservata in crescita sullecoste tirreniche. La desertificazione

Suoli agrari a reazione acida e molto acida, 2000 FIGURA 1

reazione molto acida

reazione acida

FONTE: Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo - ISSDS; Consorzio ITA, 2000.

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minaccia, di nuovo in Sardegna e nelmeridione, svariate decine di migliaiadi ettari e rappresenta la conseguenzadi uno sfruttamento agricolo e pastora-le dei suoli eccessivo per le capacità diresistenza degli ecosistemi nelle condi-zioni pedoclimatiche presenti in quellearee; il fenomeno è infatti più evidentedove i suoli sono evoluti su substratipoco alterabili e la pedogenesi più lentanon consente, se non in tempi lunghis-simi, la ricostituzione delle coltri pedo-logiche intaccate da una erosioneaccelerata.Qualche considerazione va infine riser-vata alla preoccupante questione delconsumo di suolo perché è senz’altrovero che l’Italia rappresenta un paesefortemente popolato e industrializzato

e, oltretutto, con alta concentrazioneinsediativa in spazi relativamenteristretti, ma ciò tuttavia non sembrapoter minimamente giustificare l’inau-dito consumo di risorsa suolo generatodai processi di urbanizzazione e infra-strutturali, dallo stoccaggio di rifiuti,dall’escavazione di materiali da costru-zione, dagli usi turistici intensivi e cosìvia. Si tratta di un consumo talmentealto da raggiungere - come nel napole-tano e nelle piane del Volturno e delSele o nell’alto milanese in Lombardia,in tutta l’alta pianura padano-veneta, inmolti fondivalle alpini e appenninici,lungo le principali direttrici di traffico elungo una consistente parte dei litoralitirrenico e adriatico - livelli ormai pros-simi all’insostenibilità, e con effetti per-

turbanti e degenerativi sui bacini agri-coli contigui.

Lo stato dei suoli a scala regionale

Piemonte

Nello spazio alpino, i suoli presentanoin complesso condizioni soddisfacentianche se non mancano situazioni diconsumo della risorsa legate a urbaniz-zazione, espansione turistica e realiz-zazione di infrastrutture.Nella fascia prealpina la continua ten-denza all’urbanizzazione e la frequenzadegli incendi appaiono particolarmenteaccentuate. In ambito appenninico

Suoli agrari con contenuto di sostanza organica scarso o molto scarso, 2000 FIGURA 2

sostanza organica molto scarsa

sostanza organica scarsa

FONTE: Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo - ISSDS; Consorzio ITA, 2000.

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influisce in modo grave sullo stato dellarisorsa suolo l’abbandono delle attivitàagricole che, come peraltro accade intutta la montagna piemontese, ha inge-nerato due effetti contrastanti: il recu-pero della vegetazione forestale e l’au-mento dei dissesti.Questo secondo effetto risulta accen-tuato dall’abbandono del sistema diregimazione delle acque. Nella collinapiemontese la situazione della risorsasuolo è peggiorata: è l’erosione la prin-cipale forma di degrado del suolo –legata ai diffusi fenomeni di instabilitàdei versanti e alla pressione delle atti-vità agricole – mentre nei terrazzi anti-chi la collocazione di discariche con-trollate ha prodotto un significativoconsumo di suolo.Nella pianura la diminuzione di materiaorganica nei suoli agricoli non ha anco-ra conosciuto una significativa inver-sione di tendenza; la coltura del riso –condotta con la tecnica della sommer-sione – coinvolge superfici moltoampie (129.000 ha nel 1996, secondol’Istituto Agricolo Regionale) nelle pro-vincie di Vercelli, Novara e Alessandriae comporta, in particolar modo nei suolia tessitura più grossolana, oltre all’alte-razione degli orizzonti superficiali (aci-dificazione e perdità di fertilità) ancherischi di inquinamento delle faldeacquifere da fertilizzanti e fitofarmaci.Per quanto riguarda la contaminazionedei suoli nelle aree industriali, almomento manca un quadro conoscitivocompleto anche se le situazioni arischio non mancano, soprattutto incorrispondenza dei maggiori bacinimetropolitani. Infine, anche nella pia-nura piemontese il consumo dellarisorsa suolo per urbanizzazione conti-nua la sua quasi irreversibile tendenza.

Valle d’Aosta

La modesta profondità, il tenore inscheletro, il grado di carbonatazione,l’evoluzione della sostanza organica edell’acidificazione del profilo dei suoli,benché molto influenzati dalla copertu-ra vegetale, rappresentano fattori divulnerabilità della copertura pedologi-ca. In linea del tutto generale, appaionodistinguibili: suoli vulnerabili all’erosio-ne e potenzialmente soggetti a desatu-razione, poco profondi, scheletrici e

instabili o stabilizzati di prateria d’altaquota o sotto copertura forestale diconifera; suoli colluvio-alluviali piùprofondi, meno scheletrici e più stabili.La cartografia dei suoli è carente: è invia di costruzione la Carta dei suoli1:50.000 dei bacini di fondovalle, piùinteressati dall’agricoltura, insieme allacartografia derivata (Interreg II Italia-Francia n. 213).I rischi pedo-ambientali più attuali inte-ressano prevalentemente l’erosione, ladestrutturazione e/o la compattazionecrio-nivale. Destano attualmente preoc-cupazione le vaste superfici prativeinnevate su cui incidono crio-turbazio-ne con effetti diretti sulla pedogenesi e,sempre più spesso, pesano le pratiched’uso ricreativo e sportivo, che portanoal progressivo degrado dei caratterifisici, chimici e biologici degli orizzontisuperficiali. I danni ambientali più visi-bili concernono la perdita di suolo pererosione lungo i versanti, i soliflussicrio-nivali, i movimenti in massa valan-ghivi di suolo e/o neve, gli scoticamen-ti, l’accumulo colluviale compatto dimateriali fini siltoso-argillosi, la sele-zione delle specie del manto erboso ela variazione della bio-diversità micro-bica.L’impatto avviene in particolare all’in-terfaccia suolo-neve nel periodo inver-nale, ma prosegue con dinamichediverse in quello estivo, interessando lesuperfici alterate o denudate; sono invia di definizione modelli di previsionedel rischio e ipotesi di intervento nell’a-rea pilota Monterosaski (Valle del Lys).La contaminazione è dovuta all’aumen-to delle aziende zootecniche, con ele-vata concentrazione di bestiame supiccole superfici (15 Uba/ha). Tale atti-vità produttiva è correlata al mercatodei prodotti tipici, ma comporta un ele-vato impatto da liquami, smaltiti diret-tamente sulle superfici. Tale rischio èmaggiore dove il suolo è poco tampo-nante, più drenante e meno ricco dibiomassa (alta quota).Il rischio è elevato anche per i corpi idri-ci sub-superficiali, per cui si stannomettendo a punto sistemi bio-pedo-tec-nologici sostenibili per l’abbattimentodella contaminazione azotata e fosfati-ca (Interreg II Italia-Francia n. 106).

Lombardia

Il consumo di suolo, dovuto a processidi urbanizzazione, escavazione dimateriali terrosi e altre forme negativedi utilizzo delle terre, erosione idrica,compattazione e contaminazione rap-presentano i più gravi e diffusi rischi didegrado quali-quantitativo delle risorsepedologiche presenti in Lombardia.Una predisposizione all’acidificazionedei suoli si riscontra sui versanti alti-metricamente più elevati dei rilievi alpi-ni mentre, anche per la forte diffusionedella zootecnia, attualmente non sem-brano sussistere se non localmentesignificativi rischi di perdita di sostanzaorganica. In particolare, per quantoriguarda il consumo di risorsa suolo,risulta, da rilevamenti recentementeconclusi, che nel territorio pianeggiantee collinare le aree urbanizzate raggiun-gono quasi 230.000 ha e quelle sterili(cave, discariche, ambiti degradati,aree sabbiose, ecc.) circa 12.000 ha,con una percentuale di suolo occupatoo degradato superiore al 17%.Preoccupanti consumi di suolo siosservano peraltro anche in molti deiprincipali fondovalle alpini e prealpini.Vari elementi di conoscenza indicanoche forme più o meno intense di com-pattazione sono frequenti dove l’agri-coltura è intensiva e fortemente mec-canizzata. Nei suoli coltivati a riso sonoparticolarmente evidenti gli effetti dellacostipazione indotta dalle praticheagricole, negli altri casi è invece diffici-le valutare quanto essa incida sullafunzionalità dei suoli, deprimendone laproduttività o riducendone la capacitàprotettiva. Infine, anche nelle areeurbane e periurbane ampie superficisono soggette a compressione conti-nua e molto intensa, senza in genereinterventi mitigatori.Grande preoccupazione destano i rischidi contaminazione e inquinamento deisuoli; sono stati censiti oltre 300 siti,che denotano livelli di contaminazionein atto, tali da rappresentare nel breveperiodo una minaccia per la saluteumana e per gli ecosistemi sensibili;per altri 300 siti si stima che il pericolosi manifesterà tra due o più anni, men-tre per ulteriori 1.500 siti, per i quali almomento non sussistono evidenze dicontaminazione, si ipotizza che potreb-

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

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bero ingenerare problemi futuri.Potenziali rischi di contaminazione dif-fusa dei suoli agricoli derivano invecedallo spandimento dei fanghi di depu-razione urbana, pratica in forte espan-sione, che interessa prevalentementele province sud-orientali lombarde. Glistudi finora effettuati sembrano esclu-dere rischi particolari, anche se èauspicabile che la conoscenza delcomportamento dei suoli venga accom-pagnata da più vasti programmi dimonitoraggio e da indagini finalizzatealla miglior comprensione della dina-mica dei metalli pesanti nelle copertu-re pedologiche regionali. Nella monta-gna lombarda non sono molto frequen-ti seri fenomeni di erosione. Le Alpi,infatti, nonostante l’acclività e la fre-quente presenza di suoli erodibili, sonocaratterizzate da un clima moderata-mente erosivo e da una coperturavegetale generalmente consistente. Suirilievi prealpini si osserva invece un’e-rosione controllata dove insistonoboschi e pascoli, che diviene rilevantesolo in assenza di copertura vegetale.Fenomeni di erosione si verificanoanche sulle morene e sui terrazzi anti-chi. In pianura problemi di erosione siregistrano in aree caratterizzate dasuoli a tessitura limosa che favorisconoil ruscellamento, accentuando il contri-buto agli eventi alluvionali peraltro giàfrequenti in ambienti in cui i processierosivi si generano soprattutto quandoelevati carichi di pascolamento, lavora-zioni e sistemi colturali espongono isuoli all’azione degli agenti atmosferici.Relativamente all’acidificazione, nonsussistono dati che evidenzino concertezza processi accelerati; va tutta-via segnalato che, negli orizzontisuperficiali dei suoli alpini, sono statifrequentemente misurati valori di pHinferiori a 4,5. Tale valore rappresentala soglia al di sotto della quale i suolipresentano un’elevata suscettibilitàall’acidificazione.

Trentino-Alto Adige

La conoscenza dei suoli risulta pur-troppo alquanto datata, anche per l’i-nesistenza di organismi preposti a talifinalità.Sembrano tuttavia sussistere alcunifattori di consumo e degrado dei suoli,

tra cui l’espansione urbana, piuttostofrequente negli ultimi anni, anche se ladestinazione di suoli agrari o forestaliper lo sviluppo delle aree urbane è vin-colato da leggi piuttosto rigide. DalRapporto regionale sullo stato dell’am-biente si ricava che, nel decennio1985-1994, sono stati disboscati circa717 ha di cui il 22% a scopo agricolo, il3% per edilizia, il 56% per la costruzio-ne di infrastrutture (strade, acquedottied elettrodotti) e il 19% per piste da scie impianti turistici.La propensione al dissesto geologico èconnessa, sia alla naturale evoluzionegeomorfologica del territorio, sia ai pro-cessi antropici che disturbano l’equili-brio naturale. Questi ultimi sono rap-presentati prevalentemente da insedia-menti turistici, piste da sci e viabilità edal progressivo abbandono degli spazimontani. Tuttavia grazie agli interventidi regimazione delle acque e ai provve-dimenti atti a restituire al bosco la suainsostituibile azione di difesa dall’ero-sione del suolo e di effetto regimantenei confronti del bilancio idrologico,negli ultimi anni la situazione è andatamigliorando notevolmente.Rischi relativi alla contaminazione delsuolo possono verificarsi in prossimitàdei centri urbani o nelle vicinanze direti stradali a intenso traffico (qualil’autostrada lungo l’asta dell’Adige).Recenti ricerche nel settore non hannoperò individuato valori allarmanti deitenori in Pb, anche se hanno evidenzia-to una preoccupante crescita dei valoridi rame nei suoli agricoli, per il largouso dell’elemento in funzione antipa-rassitaria nella coltivazione della vite.Valori significativamente oltre normasono stati ritrovati nei primi 30 cm,rientrando viceversa nella norma nellaparte di suolo sottostante.Nel territorio trentino infine i fenomenidi acidificazione e desertificazioneappaiono inesistenti come anche i pro-cessi di erosione, compattazione, per-dita di sostanza organica che assumo-no livelli molto bassi giacché quasitutta la superficie agricola utilizzata è“vestita” dall’inerbimento.Anche l’impiego di fanghi in agricolturaè piuttosto limitato, se non nullo, e dun-que i rischi d’inquinamento da metallipesanti imputabili a tale fattore risulta-no scarsi.

BolzanoLa Provincia Autonoma ha provvedutoda tempo a creare i presupposti legi-slativi per la protezione del paesaggio,ivi compresa la risorsa suolo: circa trequarti della superficie totale sono statiinfatti assoggettati a tutela, mediantevincoli differenziati (monumenti natura-li, biotopi, parchi naturali, aree protettea livello comunale o sovracomunale).Inoltre la pianificazione territoriale haprovveduto a favorire uno sviluppoordinato degli insediamenti impedendola dispersione insediativa che compor-ta alto spreco di suolo.La forma d’uso prevalentemente esten-siva (boschi, pascoli, prati permanenti)delle aree maggiormente vulnerabiliriduce l’incidenza dei fenomeni erosivio, comunque, il degrado dei terreni;locali “fenomeni erosivi” sono tuttaviariscontrabili in alcuni spazi del tuttolimitati, sopra i limiti boschivi, ma giàda anni sono stati interessati da misu-re di stabilizzazione dei terreni per for-nire un supporto decisionale alle conci-mazioni e alle eventuali applicazioni dicompost da Rifiuti solidi urbani.Altre ricerche negli anni passati eranostate invece rivolte allo studio sistema-tico dei caratteri chimico-fisici dei ter-reni forestali e allo studio della conta-minazione di terreni in vicinanze distrade.

Veneto

Il suolo risente di un’intensa e crescen-te competizione d’uso fra i differentisettori produttivi e di servizio, compre-so il turismo. La risultante di tali pres-sioni comporta una progressiva ridu-zione delle aree coltivate, una genera-lizzata dispersione insediativa e unincremento progressivo dei suoli con-sumati per espansione urbana.Si riscontrano qui tre principali proces-si di deterioramento del suolo: ladegradazione chimica (intesa comeapporto di sostanze contaminanti), l’e-rosione e la degradazione biologica.La degradazione chimica riguarda prin-cipalmente l’accumulo di metallipesanti, in particolare a ridosso deigrandi insediamenti industriali e nei sitidi discarica, ma anche in alcune partidel territorio agricolo.Tra i progetti in via di realizzazione si

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

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richiama la Carta dei suoli del bacinoscolante nella laguna di Venezia, com-prendente una porzione significativadello spazio regionale (province diVenezia, Padova e Treviso). In tale baci-no fortemente antropizzato è andatacrescendo l’esigenza di una maggiorsalvaguardia dal possibile apporto dimetalli pesanti derivante dall’utilizzo direflui zootecnici, fitofarmaci, fanghi didepurazione e compost sui suoli agri-coli. Sono stati pertanto analizzati illivello di arsenico, cadmio, cobalto,cromo, mercurio, nichel, piombo, ramee zinco presente nei suoli, relazionan-dolo ai limiti previsti dalla normativad’uso di sostanze organiche di scartosul suolo (DL 99/1992 e DCI 27 luglio1984 in applicazione del DPR915/1982); la stessa procedura è stataestesa anche ad alcune aree viticole aDoc di particolare pregio in provincia di

Treviso, Venezia e Padova.Il contenuto di cadmio, mercurio enichel è risultato sempre basso rispet-to ai limiti normativi (più del 90% deicampioni ricade nelle prime due classie più del 60% nella prima), che appaio-no superati solo in alcuni casi comespecificato nella tabella 1.La presenza di cromo, piombo e zinco èmediamente più elevata (solo negliorizzonti superficiali); in particolare piùdel 90% dei campioni ricade semprenelle prime due classi ma risulta piùfrequente la seconda; anche in questocaso solo pochi campioni superano ilimiti di legge; in particolare, la distri-buzione del piombo risulta concentratanelle zone più urbanizzate dell’entro-terra veneziano.Nel caso del rame, invece, si è riscon-trata la presenza di valori elevatisoprattutto nelle zone tradizionalmente

viticole (Colli Euganei e Piave) e fre-quentemente sopra i limiti. Merita undiscorso a parte l’arsenico, per il qualesi è fatto riferimento al limite di 10mg/kg fissato dal DCI 27 luglio 1984,non essendo previsto un limite dal DL99/1992. Dei 306 campioni analizzatipiù del 50% è risultato sopra il limite(situazione riscontrata anche negli oriz-zonti profondi), con un’elevata concen-trazione probabilmente imputabile allacomposizione del materiale di parten-za: i suoli che presentano i valori piùelevati di concentrazione (al di sopradel limite) si sono sviluppati su mate-riale alluvionale del Brenta, mentre inquelli sviluppatisi sulle alluvioni delPiave e sulle rocce vulcaniche e carbo-natiche dei Colli Euganei l’arsenico sitrova in concentrazioni inferiori, ecomunque sempre sotto i 10 mg/kg.L’erosione rappresenta un fenomeno

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Metalli pesanti

Cadmio(358 campioni)

Cobalto(358 campioni)

Nichel(358 campioni)

Mercurio(358 campioni)

Cromo(358 campioni)

Piombo(358 campioni)

Zinco(358 campioni)

Rame(358 campioni)

Arsenico(306 campioni)

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

valori (mg/kg)%

1< 0,75

83

<1592

<2566

<0,593

<2540

<2553

<7528

<2515

<2,53

20,75-1,5

17

15-308

25-527

0,5-14

25-5052

25-5043

75-15068

25-5041

2,5-520

31,5-3

0

30-600

50-754

1-23

50-758

50-1003

150-3004

50-10030

50-1025

4>30

>600

>753

>20

>750

>1001

>3000

>10014

>1052

Classe

Contenuto di metalli pesanti in campioni di suolo di alcune aree del Veneto, 1999TABELLA 1

FONTE: ARPAV, 1999.

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moderatamente presente nei bacinimontani e collinari, mentre la compat-tazione si manifesta nelle aree di bassapianura ove l’elevata meccanizzazionesi accompagna a scarsi apporti disostanza organica e alla monocoltura.La degradazione biologica che includela diminuzione della sostanza organicainsieme alla riduzione della biodiver-sità, è un fenomeno peculiare dellabassa pianura (province di Rovigo,Verona, Padova e Venezia) dove lascomparsa della zootecnia si è accom-pagnata a una generalizzata intensifi-cazione colturale.Per un’adeguata analisi del livello didegradazione raggiunto è necessariointensificare gli sforzi per mettere inrete le fonti dei dati, in modo da racco-gliere e validare i dati sul suolo inmaniera sistematica e omogenea; inquesto senso il Veneto partecipa allavoro del Centro Tematico Nazionalesul Suolo e sui Siti Contaminati, pro-mosso dall’ANPA.

Friuli-Venezia Giulia

Nel territorio regionale hanno luogoprocessi di degrado inerenti la perditadi suolo nei bacini montani e collinari,imputabili principalmente a fenomenifranosi. Quelli che coinvolgono diretta-mente i suoli risultano generalmentelenti, generando una perdita di suolosignificativa solo in concomitanza difenomeni di particolare gravità, o diinterventi di sgombero o stabilizzazioneche comportino l’asporto del materialefranato. Per quanto riguarda le rocceincoerenti, fenomeni tipo debris-flowsono segnalati in molti degli impluviche attingono a bacini con notevoleproduzione di materiale sciolto; il risul-tato, in termini di perdita di suolo, è inquesti casi doppio, in quanto sedimen-ti pedogenizzati possono venire aspor-tati a monte per essere deposti inmaniera caotica su superfici tempora-neamente stabilizzate a valle.Il consumo di suolo imputabile all’e-spansione urbana è localizzato princi-palmente nelle aree periferiche deimaggiori centri residenziali e industria-li, e lungo le principali direttrici dicomunicazione regionale.I fenomeni di salinizzazione legatiall’ingressione di acque marine in aree

bonificate a scolo meccanico sono con-finati in una ristretta fascia litoranea, epertanto non comportano significativeperdite di suolo a livello regionale.In relazione alla composizione preva-lentemente carbonatica del substrato,l’acidificazione dei suoli generalmentenon si manifesta; in zone interessateda formazioni silicoclastiche, sebbenepresente non è particolarmente spinta,e comunque non pregiudica il normalesviluppo della vegetazione forestale.Per quanto riguarda la contaminazionedei suoli, sono disponibili dati sullaconcentrazione dei metalli pesanti siain pianura, sia negli orizzonti organicidei suoli forestali; ancorché non sianonoti i valori geogenici, le concentrazio-ni misurate non si discostano dai datibibliografici relativi a rocce di analogacomposizione. Fa eccezione il piombo,per il quale sono stati diffusamenterilevati valori sopra i limiti di legge; tut-tavia la presenza di alte concentrazionidi piombo può essere legata, perlome-no in parte, a mineralizzazioni di origi-ne naturale.

Liguria

Tra i principali fattori di degradoambientale è senz’altro l’erosione quel-lo prevalente, per l’elevata pendenzadel territorio e l’estensione del trattocostiero, particolarmente aggravatodalla carenza o scarsa manutenzionedelle sistemazioni idraulico-agrarie(muri a secco) e dal degrado dellasuperficie boschiva per incendi.La salinizzazione può poi rappresenta-re un ulteriore fattore di rischio per dueordini di motivi: per ingressione diacque marine (es. bassa valle dellaMagra, aree litorale di Ceriale) o per uneccessivo impiego di fertilizzanti, parti-colarmente evidente in serra dovemanca l’azione dilavante dell’acquapiovana. Per contro, i fenomeni di com-pattazione, perdita di sostanza organi-ca o desertificazione esprimono scarsarilevanza nell’ambito ligure. Il tipo dicoltivazioni praticate, colture in serra,od olivicoltura e viticoltura in assettocollinare infatti, non possono avereluogo con mezzi tali da favorire la com-pattazione o la trasformazione del livel-lo di sostanza organica, e gli apportifrequenti nelle colture specializzate

insieme all’estensivizzazione delle altre(es. inerbimento) consentono di mante-nere un buon livello di sostanza organi-ca, peraltro riscontrato analiticamente.

Emilia-Romagna

La gran parte dei suoli di pianura pre-senta un utilizzo agricolo altamenteproduttivo, in linea con le regioni euro-pee più avanzate nel settore. La varia-bilità di tali suoli, per condizioni pedo-genetiche e micromorfologiche, fa sìche le attuali attività agronomiche, par-ticolarmente spinte e “aggressive”,influiscano in maniera differente sudiverse cause di degrado dei suoli; se,per un verso, non si sono finora osser-vati fenomeni rilevanti di acidificazionee perdita di sostanza organica, è tutta-via vero che la meccanizzazione, asso-ciata a un limitato apporto di sostanzeumiche e alla monocoltura, provoca suterreni particolarmente argilloso-limosifenomeni di compattazione, con evi-denti segni di saturazione idrica super-ficiale.La distribuzione (specie su suoli a dre-naggio rapido) di prodotti chimici disintesi, sovente associati ad acque irri-gue provenienti da canali scolanti, pro-voca la contaminazione dei suoli e ilprogressivo inquinamento delle faldeidriche superficiali per infiltrazione.Gravi fenomeni di contaminazione pos-sono venire altresì provocati o dallosmaltimento diretto in campo di liqua-mi zootecnici non trattati, o dalla distri-buzione sul suolo di fanghi di depura-zione urbana. Sono queste azioni che ingenere provocano fenomeni di conta-minazione azotata e fosfatica nei corpiidrici mediamente profondi e di con-centrazione di metalli pesanti e microe-lementi nei suoli.Nelle piane deltizie e di recente bonifi-ca del ferrarese e del ravennate il com-binarsi del fenomeno della subsidenzacon l’ingressione marina, evidenziaampie quantità di suoli interessati daprocessi di salinizzazione. Il consumodi suolo generato dai processi urbaniz-zativi regionali raggiunge valori medidel 9%. Nei comuni ad alta concentra-zione insediativa (per lo più collocatilungo l’asse della via Emilia) le areeimpermeabilizzate possono superareanche il 20% della superficie totale, e il

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

trend sembra inarrestabile per larichiesta di ampi spazi da parte del set-tore terziario. Strettamente connessaalle grandi aree urbane e industriali èinfine la contaminazione dei suoli limi-trofi o per ricaduta di elementi inqui-nanti immessi in atmosfera (es. metallipesanti e microelementi) o per disper-sione in sottosuolo (es. idrocarburi).I suoli del rilievo appenninico occupanoun continuo, esteso dalle prime collineai margini della pianura fino al crinaleappenninico, il cui uso attuale è di tipoagricolo, spesso estensivo, associatoall’uso forestale e a pascolo. In moltisuoli del basso Appennino l’uso preva-lente è a frutteti e vigneti, infine ladiminuzione progressiva e consistentedella popolazione residente ha portatoin questi ultimi trent’anni a usi dei suolisempre più estensivi o al loro abbando-no colturale, oltremodo incentivato dauna non corretta applicazione dellenormative comunitarie sul set-aside.Pertanto, l’abbandono dei suoli, la per-dita del presidio umano, la scadenteregimazione delle acque, da un lato, el’introduzione di una meccanizzazionenon idonea a terreni agricoli acclivi,dall’altro, connessi a determinate con-dizioni climatiche, hanno favorito ilripetersi di fenomeni di dissesto idro-geologico con conseguente accentua-zione dell’erosione del suolo. In parti-colare, il fenomeno è accentuato nellearee collinari e montane dell’Emiliacentro-occidentale, dove i dissestilatenti e in atto interessano più del25% del territorio cui si accompagna-no condizioni di acidificazione, osser-vati in suoli evolutisi su substrati litolo-gici silicatici e quarzosi che – in alcunefasce sopra i 900 metri s.l.m. e sottocopertura di castagno o di conifere –mostrano valori di pH inferiori a 4.

Toscana

Nella regione, l’elevata variabilità geo-logica territoriale influisce in misuranotevole sui caratteri dei suoli e sullaloro risposta ai fenomeni naturali eall’utilizzo antropico.Qui il paesaggio agrario è fortementecaratterizzato da sistemazioni e assetticolturali testimoni di una storica atten-zione ai problemi della conservazionedel suolo, che hanno ingenerato nel

tempo una qualificata agricoltura eco-compatibile; tuttavia la diffusione delmoderno processo agro-produttivo, piùattento agli aspetti economici che aquelli ambientali, ha indotto la crescitadi fenomeni di degrado del suolo cheinteressano, in misura variabile e condiversa rilevanza, quasi tutto il territoriodella regione. In particolare il principa-le elemento alterativo è rappresentatodall’erosione che in alcuni ambienti,come le colline della Toscana centraleinteressate dai vigneti o seminativi,assume aspetti preoccupanti soprattut-to là dove i sistemi colturali non preve-dono interventi d’inerbimento o “mini-mum-tillage” per il contrasto del feno-meno.L’intensa meccanizzazione, soprattuttosui substrati argillo-sabbiosi può rap-presentare, in particolare se associataa una scorretta realizzazione dellesistemazioni idraulico-agrarie e allaloro scarsa manutenzione, un elementoin grado di accelerare fenomeni erosividi massa legati alle caratteristichestesse dei substrati. Pur in assenza diinformazioni specifiche, è ragionevolesupporre che consistenti perdite disuolo per erosione nella Toscana meri-dionale siano legate al basso grado distabilità strutturale degli orizzontisuperficiali, riconducibili a fenomeni diperdita di sostanza organica non effica-cemente contrastati da adeguate prati-che colturali.In questi ultimi anni hanno inoltre subì-to una decisa accelerazione i fenomenidi salinizzazione a carico dei suoli dellacosta grossetana, per l’uso di acqueirrigue di qualità sempre più scadente;peraltro il processo di ingressione delcuneo salino, ancorché non più diretta-mente imputabile all’uso irriguo (cheanzi mostra una tendenza verso inter-venti più razionali e attenti alla conser-vazione della risorsa idrica), rischia diridurre - già dai prossimi anni e inmodo sensibile - la produttività agrico-la dell’intera fascia costiera.Infine, la perdita di suoli coltivabili aseguito dell’espansione insediativaurbana può essere stimata, per il perio-do 1978-1991, in circa 48.000 ha; aciò si affianca una progressiva riduzio-ne delle superfici coltivate legataall’abbandono dell’attività agricola inaziende che, per dimensioni o assetti

produttivi, non riescono a raggiungeresufficienti livelli reddituali; in comples-so i due fenomeni hanno portato, nel-l’arco di poco più di un decennio, allariduzione di circa 128.000 ha dellasuperficie coltivata.

Umbria

Le informazioni relative ai tipi di suolosono piuttosto scarse e non permettonodi affrontare l’argomento a scala regio-nale in maniera esaustiva; in base ailavori pubblicati (o in fase di conclusio-ne) è possibile tuttavia avanzare unaprima e sommaria descrizione dei suoliumbri.Relativamente ai rischi di degrado einquinamento dei suoli le problemati-che di maggiore rilievo sono rappre-sentate dall’erosione dei terreni agrari;in particolare, considerando la morfolo-gia collinare e montana, l’erosione idri-ca laminare appare responsabile deimaggiori effetti, in parte limitati dalladiffusa copertura forestale sul 35,6%del territorio regionale.Per quanto riguarda il carico chimico,dovuto ai fertilizzanti e fitofarmaci eall’azoto e fosforo prodotti dall’attivitàzootecnica, vista l’assenza di reti dimonitoraggio nella realtà agricolaumbra, la previsione del pericolo diinquinamento chimico del suolo è stataavanzata con l’applicazione di modellimatematici previsionali solo per alcunesituazioni particolari. Gli effetti delleattività zootecniche costituiscono unargomento su cui l’opinione pubblica èparticolarmente sensibile, e pertantosono stati maggiormente approfonditiindividuando le aree a più alto rischiod’inquinamento e quelle che presenta-no i più alti carichi di azoto e fosforo.

Marche

La conoscenza dei suoli marchigiani èpoco sviluppata; la raccolta di dati èavvenuta in passato solo in alcuni limi-tati bacini. I principali rischi di degradodella risorsa suolo sono legati:- alla riduzione costante, soprattuttonei versanti collinari argillosi e arena-cei, di suolo a causa della forte erosio-ne legata alle modalità del suo utilizzo;- alla perdita costante di sostanzaorganica;

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

- alla contaminazione, conseguenteall’uso incontrollato dei fertilizzanti disintesi;- al dissesto idrogeologico, evidenziatodall’aumento consistente di fenomenifranosi, che spesso interessano il reti-colo idrografico secondario e la reteinfrastrutturale viaria;- ai processi di espansione urbana,conseguenti al modello diffusivo che,già presente storicamente per il trami-te della “casa rurale” e giustificato dalparticolare legame insediamento/fondoagricolo mezzadrile, si è ora generaliz-zato a tutto l’assetto collinare e all’inte-ro corridoio adriatico.

Lazio

Nel Lazio la conoscenza dei suoli si èsviluppata solo per determinate aree.L’elevata variabilità geologica e morfo-logica si riflette sui relativi suoli, chesono caratterizzati quindi da notevolidifferenze di sensibilità ai diversi usi.Nell’area settentrionale della regione, isuoli, originati prevalentemente dasubstrati vulcanici, presentano unaminore sensibilità ai diversi fenomenidegradativi derivanti sia dall’uso agri-colo che da quello urbanistico ed indu-striale (salinizzazione, erosione, inqui-namento, cementificazione, ecc.).Quando presenti, tali processi risultanocomunque maggiormente controllabilie contenibili che su gli altri suoli didiversa origine pedogenetica.Nella fascia litoranea, ed in specialmodo nella pianura pontina, i suoli sonointeressati da un’agricoltura meccaniz-zata ad elevati input. Frequentementesi constata un consumo di suolo per unelevato processo urbanizzativo polve-rizzato sul territorio, che producedegrado irreversibile.La problematica di maggior rilievo inqueste aree è rappresentata dal lentoprocesso di salinizzazione in atto ormaida tempo e che si sta accentuando pro-gressivamente a causa dell’utilizzo disempre maggiori quantitativi di acquairrigua derivante dalle falde idrichecontaminate di sali, a causa dell’avan-zamento del cuneo salino.Nelle stesse aree, l’utilizzo talvolta ina-deguato di fertilizzanti chimici produceeccessi di nutrienti nei suoli e, per laloro elevata permeabilità, conseguenti

inquinamenti delle falde idriche.Nelle aree collinari e montane si con-stata un progressivo abbandono deisuoli una volta utilizzati per il pascolo edi quelli nei quali il governo del boscoera capillare e sistematico. In tali situa-zioni si può assistere, anche se non informa allarmante e spesso legata asituazioni localizzate, a processi degra-dativi dello strato superficiale dei suoli,con conseguente innesco di fenomenierosivi.Il fenomeno degli incendi nel Lazio èmolto limitato sia come superfici inte-ressate che nel tempo, e si verifica par-ticolarmente in aree costiere a macchiamediterranea, ma, ad eccezione del-l’incendio verificatosi quest’anno nellapineta di Castelfusano, che ha prodottodanni rilevanti sia alla vegetazione edalla fauna che ai suoli, non costituiscein linea generale una delle emergenzedi rilievo.

Abruzzo

A livello generale si può affermare chei problemi di degrado riguardino:- l’erosione nella parte occupata dairilievi carbonatici e “flyschoidi”, mentrela fascia collinare peri-adriatica e learee a contatto tra i rilievi e le collinesono interessate da evidenti problemi dierosione e perdita di sostanza organica;- eccessiva urbanizzazione con conse-guente perdita di suolo nelle valli flu-viali e intramontane, nel corridoioadriatico, interessato quest’ultimo dasalinizzazione marginale nella fasciacostiera; compattazione nella valle delFucino; - un cenno a parte merita l’annoso pro-blema delle discariche, che anchenell’Abruzzo hanno causato un ecces-sivo consumo e degrado della risorsasuolo.Non sussistono problemi di acidifica-zione o desertificazione, né si posseg-gono notizie e dati su episodi di conta-minazione.

Molise

Si riscontrano fenomeni degeneratividei suoli dovuti all’erosione e al disse-sto idrogeologico - in gran parte nei230.000 ha del sistema dell’alta emedia collina che danno luogo fre-

quentemente a estesi movimenti frano-si (colamenti, scoscendimenti e misti)anche in versanti a debole pendenza,nonché a fenomeni di erosione accele-rata, che oltretutto generano la forma-zione di calanchi. Tale evento impedi-sce la normale alterazione chimico-fisi-ca dei minerali e l’avvio dei processi diformazione del suolo, e i tentativi disistemazione idraulico-forestale (rim-boschimento, viminate, ecc.) non sem-pre hanno fornito buoni risultati poichéil processo erosivo e di dissesto avevagià compromesso del tutto la stabilitàdei versanti.Si hanno problemi di degrado dei suoli,incentrati nei 64.000 ha del sistemacostiero e della bassa collina, legati allamaggiore esposizione ai fenomeni dierosione naturale, cui concorrono tec-niche di lavorazione inappropriataattuate su alcuni tipi di suoli.Infine fenomeni di degrado sono impu-tabili all’uso agricolo intensivo ed alcrescente consumo di suolo da partedei settori extragricoli e al processourbanizzativo in atto.

Campania

Il sistema ambientale è certamenteinteressato da fenomeni degerativi deisuoli; in particolare, risultano più sensi-bili ai processi di erosione quei suolievolutisi da vulcaniti in ambito monta-no. In oltre 500.000 ha di territoriocampano, il paesaggio dei versantimeridionali, con rada vegetazione xero-fila associata a roccia affiorante e ver-santi settentrionali boscati, rappresen-ta la testimonianza di un processo diperdita irreversibile dei suoli avvenutonel passato, ma ancora in atto anchecon movimenti di massa, talvolta cata-strofici. I suoli sono al massimo gradodi vulnerabilità, in quanto destinati aesaurire il substrato pedogenetico (ameno di eventi naturali che rinnovino lacoltre piroclastica), e quindi devonoessere gestiti con tutte le pratiche con-servative utili al mantenimento dell’e-rosione a livelli naturali.L’urbanizzazione rappresenta poi unadelle principali cause di degrado delleampie pianure, prossime alla costa(circa 146.000 ha); qui il processo ditrasformazione urbana ha consumato(e sprecato) suolo con intensità insop-

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portabile generando vastissime areeimpermeabilizzate; nella sola provinciadi Napoli, l’urbanizzazione ha sottrattodal 1961 al 1991 più della metà dellesuperfici agricole utilizzate. Non menodrammatici appaiono gli effetti sottrat-tivi nelle pianure del Volturno e delSele, soprattutto lungo le fasce costie-re, interessando i suoli delle fascedunari e retrodunari notoriamenteappartenenti ad ambienti estremamen-te vulnerabili. Allo stato odierno il con-sumo di suolo ha luogo principalmenteper la realizzazione delle grandi infra-strutture (interporti, grandi centri com-merciali, alta velocità), ancor più divo-ratori di suolo per le grandi superficioccorrenti.Tutto ciò non solo ingenera perdita irre-versibile di suoli, ma provoca nelle areeperiurbane - dove cioè gli ecosistemiurbani vengono a contatto con quelliagricoli -, una serie di effetti perturban-ti e, spesso, degenerativi come l’inqui-namento dei suoli da fonti non agricoleo l’abbandono di pratiche agricole con-servative.Si assiste infine ad una generale inten-sivizzazione agricola, i cui effetti simanifestano con una marcata riduzio-ne dei contenuti di sostanza organicanegli orizzonti coltivati, associata fre-quentemente a una più preoccupanteperdita di attività biologica e all’accen-tuazione dell’incrostamento superfi-ciale.

Puglia

I fenomeni di degrado dei suoli s’incen-trano sostanzialmente nel problemadella sodicizzazione e salinizzazione.Diversi fattori concorrono al fenomeno,come l’estensione delle coste (circa500 km), i forti valori degli emungimen-ti e di conseguenza la salinizzazionedelle falde, ma anche la deposizionesalina sui suoli costieri ad opera deiventi e i lunghi periodi di siccità. Arisentire maggiormente dei fenomeni disalinizzazione sono i suoli della fasciacostiera delle Murgie baresi e salentine(circa 400.000 ha).Il degrado dei suoli è evidente soprat-tutto per il peggioramento della lorostruttura a causa della deflocculazionedelle argille; i suoli più sensibili sonoquelli privi di carbonati e con tessitura

argillosa o tendente alla argillosa, pre-senti sull’intero territorio murgese ecomunemente denominati “terreRosse”. Vengono inoltre segnalati seriproblemi di inquinamento da metallipesanti a seguito dell’applicazionedella Legge 992/92 sullo smaltimentodei fanghi da depuratori urbani. In molticasi il mancato rispetto dei limiti quan-titativi previsti dalla legge e l’invio neldepuratore di reflui extraurbani hannocontribuito ad aggravare ulteriormentela situazione (le superfici interessatedal problema non sono mai state quan-tificate, ma è presumibile il supera-mento dei 2.000 ha). Infine, nelle areedell’Alta Murgia barese - dove preval-gono le colture a grano e colza - tecni-che di rimozione dei massi e di maci-nazione dei primi 10 cm del substratopredispongono il terreno a fenomenierosivi assai gravi in quanto la superfi-cie, a seguito della trasformazione, sipresenta livellata e priva di asperità. Ilrischio di desertificazione di taliambienti è dunque estremamente ele-vato, in considerazione della lentapedogenesi che subiscono i substraticalcarei: è stato stimato che il fenome-no interessi una superficie di circa100.000 ha.

Basilicata

Il degrado dei suoli è legato alla saliniz-zazione, in particolare nei suoli dell’am-biente della piana alluvionale ionica,rappresentativi del bacino di più accen-tuato interesse agricolo dell’intero terri-torio lucano. Non è possibile allo statodelle conoscenze quantificarne nel det-taglio la superficie interessata, né tantomeno l’intensità. Appaiono evidenti leforti limitazioni d’uso alla maggior partedelle colture agrarie da parte dei suolidi alcune aree del sistema considerato,e ciò per fattori concomitanti quali l’ap-porto dei materiali di erosione prove-nienti dai terrazzi marini a monte dellapianura, ricchi di sali solubili e in parti-colare di sodio per la natura del sub-strato pedogenetico e le infiltrazioni diacque marine o la tessitura dei suoliche, laddove risulta più fine, determinaun accumulo dei sali lungo il profilo (peruna fascia di circa 4.000 ha).Un’intensa sodicità costituzionale ètipica anche dell’ambiente delle argille

plio-pleistoceniche (superficie di circa200.000 ha, nella parte Sud-Orientaledella regione); tuttavia i problemi di taleambiente sono di ben diversa natura:molto estese, infatti, sono le formazionicalanchive e - sugli entisuoli dei ver-santi esposti a sud e sui crinali arroton-dati - le estati calde e siccitose apronouna fitta rete di fessure, la cui profon-dità è in relazione con l’orientamentogeografico; si genera così un forteaumento di superficie soggetta all’ag-gressione pluviale estiva e autunnale e,quindi, un’elevatissima erosione (da 2 a20 mm per anno, secondo l’acclività);per contro “inceptisuoli vertici” siriscontrano sulle superfici pianeggiantio a debole pendenza, dove minore èl’intensità dei processi di demolizionedel rilievo.

Calabria

Agli inizi degli anni ‘60 le trasformazio-ni socio-economiche e le politiche disostegno del reddito hanno incentivatoil ricorso al modellamento delle pendi-ci, alla meccanizzazione spinta e alcambiamento radicale di destinazioned’uso.Si è passati dal pascolo alla cerealicol-tura effettuata, peraltro, secondo crite-ri tradizionali di coltivazione che lascia-no la superficie del suolo priva dicopertura vegetale proprio nel periododell’anno in cui si verificano le precipi-tazioni massime. In un clima marcata-mente mediterraneo, e con tipologiepedologiche vulnerabili a processi pro-duttivi non appropriati, sono stati cosìinnescati gravi fenomeni di dissestocon erosione idrica accelerata e soli-flussione.Indagini pedologiche mirate hanno evi-denziato, tra l’altro, riduzioni di sostan-za organica (con valori medi dello 0,7%nell’epipedon dei suoli più esposti aifenomeni erosivi - condizione partico-larmente grave se si considera che sitratta di suoli messi a coltura solo dapochi decenni - contro l’1,6% che inve-ce si riscontra negli stessi ambienti insuoli più conservati).Tali differenze si riflettono in modo evi-dente sulle colture, con difformitàvegetazionali diventate ormai tipichedel paesaggio: non sono rari i casi incui suoli, ormai privi di capacità produt-

138

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

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tiva e interessati da gravi fenomeni didissesto, vengono riabbandonati; suolicertamente poco produttivi (pascoli),ma fondamentali per l’equilibrio dell’a-grosistema, in pochi anni di gestionenon sostenibile, sono stati trasformatiin aree irreversibilmente improduttive.Ai danni diretti al settore agricolo devo-no essere aggiunte poi le conseguenzelegate al degrado paesaggistico, aidanni alle infrastrutture e al consumodi suolo per urbanizzazione.

Sicilia

Sono riscontrabili diversi processi didegradazione dei suoli, tipici dell’areadel Mediterraneo; tra questi l’erosioneidrica è il più importante. Diffuso inparticolare nei paesaggi collinari delleargille mioceniche e plioceniche (circa700.000 ha) nonché nei paesaggi dellaserie gessoso-solfifera (circa 150.000ha); come emerge in letteratura in taliambienti, si manifestano forti perditeerosive, anche per lavorazioni del ter-reno realizzate secondo tecniche pocorazionali e non finalizzate al conteni-mento dei fenomeni erosivi (general-mente a rittochino). Anche il sistemaambientale di pianura - in particolarequello delle piane costiere - mostrapreoccupanti segnali di degradazionedei suoli; in Sicilia le pianure occupanoil 14% della superficie regionale, inesse è concentrata l’agricoltura tecni-camente ed economicamente piùavanzata, e attualmente vengono stu-diate dall’Amministrazione regionale incollaborazione con l’Università di

Palermo con l’obiettivo di monitorare isuoli salini, che occupano una superfi-cie di circa 250.000 ha e fornire unacorretta gestione irrigua e agronomicadelle acque anomale, in particolarequelle saline.Nei paesaggi dei terrazzi calcareniticitipici delle fascie costiere (circa120.000 ha) sono stati osservati susuoli di elevato valore agronomico eambientale (alfisuoli profondi, adatti asostenere colture di pregio), in partico-lar modo lungo la fascia sud-occiden-tale, fenomeni di accentuata degrada-zione strutturale dello strato superficia-le, che si manifestano con forti induri-menti durante la fase di disseccamen-to del suolo e collasso della struttura incondizioni di saturazione idrica (hard-setting).

Sardegna

Il pascolo ha rappresentato la destina-zione d’uso prevalente per tutte quellearee che la morfologia, il clima, lacopertura vegetale e il suolo rendevanoinadatte all’uso agricolo intensivo. Ciòha determinato nei decenni successiviagli anni ‘60 migrazioni sia verso ilcontinente, sia soprattutto interneverso le aree costiere metropolitane eindustriali.Tali flussi migratori hanno portatoall’abbandono di vaste superfici agrico-le: dal 1961 al 1991 si è registratainfatti una progressiva diminuzionedella superficie occupata dai pascoli,passati dai 1.482.629 ha del 1961 ai789.499 del 1991, pari rispettivamente

al 61,5% e al 32,8% della superficieregionale. Nel contempo, la creazione el’estensione della proprietà diretta delleterre ha favorito il crescere del livellotecnologico del settore agropastorale,determinando un incremento del caricoanimale gravante sui pascoli del 28%,dai 3.059.301 di capi del 1961 ai3.923.080 del 1991.L’intensivazione ha condotto allacostante necessità di foraggi freschiper gran parte dell’anno, particolar-mente di erbe da pascolo, costringendol’allevatore a mantenere inerbito ilpascolo e ad estenderne la superficieinteressata attraverso le classiche pra-tiche dell’aratura e dell’incendio.Quest’ultima, in particolare, ha ingene-rato nelle aree a pascolo la maggiorincidenza di superficie percorsa dalfuoco. Dunque il sovrapascolamento,l’erosione, gli incendi e l’uso impropriodi aree inadatte all’agropastorizia ditipo intensivo hanno condotto alladesertificazione oltre il 50% dellasuperficie a pascolo, soprattutto suisubstrati più difficilmente alterabili(quarziti, graniti, dolomie) che non per-mettono la ricostituzione, se non intempi lunghissimi, dei suoli erosi inparte o totalmente. Altro aspetto impor-tante è rappresentato dalla modificadei caratteri e proprietà dei suoli all’e-sercizio prolungato dell’irrigazione; ciòconcerne non solo i problemi di saliniz-zazione di alcuni suoli nelle zonecostiere (Cagliaritano, Muravera), maanche di idromorfia nonché di forma-zione di orizzonti calcici in aree origina-te da substrati carbonatici.

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

L’inquinamento dei suoli da metalli pesanti

Con riferimento alle conclusioni riportate nella Relazionesullo Stato dell'Ambiente 1997, relativamente alla degrada-zione chimica del suolo, si può affermare che i problemi giàevidenziati permangono a tutt’oggi, anche se occorre sotto-lineare che per quanto riguarda i metalli pesanti non sonostati segnalati casi particolari di inquinamento diffuso.Tuttavia esistono numerosi casi di suoli inquinati (a volteanche con livelli che superano la soglia di tossicità) in areelimitate che di solito coincidono con le aree industrialidismesse, discariche abusive, miniere abbandonate (tabella

1) e le aree limitrofe a cavallo delle grandi arterie di comu-nicazione. A questo proposito in tabella 2 si riporta la sintesidei dati, relativa alla concentrazione di piombo (Pb) e cadmio(Cd) lungo 1.000 km di autostrade italiane. I dati evidenzia-no una diminuzione dei metalli con la distanza dall'asse stra-dale, mentre la presenza di barriere verdi ne riduce la disper-sione. Inoltre la concentrazione degli inquinanti è stretta-mente legata al volume di traffico, dato che le concentrazio-ni ni decrescono regolarmente passando dalle autostrade delNord a quelle del Sud. Dallo studio emerge che concentra-

SCHEDA 1

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

L’inquinamento dei suoli da metalli pesanti

zioni di questi metalli, vicine ai valori ritenuti normali, siottengono per distanze dall'asse stradale maggiori di 100 me di 60/80 m rispettivamente per Pb e Cd. Una considerazio-ne immediata è che sarebbe necessario effettuare un con-trollo sui prodotti agricoli coltivati in prossimità delle grandivie di comunicazione. Come è noto vigneti, frutteti, campicoltivati, ecc., si trovano sovente al limitare di strade e auto-strade. Ciò comporta, almeno per alcune colture, un poten-ziale rischio di contaminazione del quale bisognerebbe tenerconto per la salvaguardia della salute.La pericolosità delle aree industriali dismesse è legata alfatto che sono localizzate in prossimità o all'interno dei cen-tri abitati e che sovente sono state abbandonate senza effet-tuare alcuna opera di messa in sicurezza. Nell'ambienteurbano di solito il suolo non può più essere considerato natu-rale; tuttavia riveste una notevole importanza in quanto i par-chi e le aree verdi vengono sempre più utilizzati per la ricrea-zione da milioni di cittadini che, più o meno inconsapevol-mente, vengono a contatto con gli inquinanti che su questisuoli si depositano. Fra i metalli gli elementi più diffusi, equindi potenzialmente più pericolosi per la salute, sono: Pb,Cd, zinco (Zn), vanavio (V), mercurio (Hg), rame (Cu), cromo(Cr).La bibliografia nazionale è modesta, se si escludono le rela-zioni tecniche associate a qualche studio di caratterizzazio-ne di siti inquinati. All'unico lavoro relativo ai suoli di Roma,i cui dati sono stati riportati nel precedente Rapporto sulloStato dell'Ambiente, possiamo aggiungere quelli di unarecente ricerca sui suoli di Firenze e di uno studio (al

momento in corso d'opera) relativo alla città di Palermo(tabella 3).Per quanto riguarda i dispositivi catalitici, pur riducendo leemissioni di Pb, provocano d’altra parte l'immissione di altrimetalli pesanti, soprattutto platino (Pt) e palladio (Pd), la cuitossicità sembra essere maggiore di quella del Pb. La diffe-renza rispetto al Pb sta solo nei quantitativi estremamentemodesti introdotti nell'ambiente, dato che, di solito, le super-fici del catalizzatore attualmente vengono ricoperte con unaquantità variabile da 1 a 3 g di Pt e Pd. Nasce quindi l'esi-genza di monitorare questi elementi considerando che la loropresenza nell'ambiente tenderà ad aumentare.Da un confronto con la realtà dei Paesi più avanzati dell’UE,si evidenzia l’assenza di una cartografia tematica a caratte-re geochimico, relativa ai valori di fondo ed alla biodisponi-bilità dei principali e potenziali inquinanti. Ciò sarebbe digrande aiuto alle Amministrazioni locali nella redazione deipiani di intervento e di bonifica potendo contare su dati certidi riferimento.Questo lavoro potrebbe essere associato al programma cheprevede la produzione di una carta ecopedologica georefe-renziata che copra tutto il territorio nazionale alla scala1:250.000.Poiché questa cartografia sembra essere stata ideatasoprattutto per la rappresentazione dei caratteri più stretta-mente pedologici, sarebbe opportuno introdurre anche laparte geochimica; in questo modo si otterrebbe un’integra-zione fra i due tipi di informazione e l’individuazione dellearee con un più elevato rischio di inquinamento.

segue SCHEDA 1

Località

Friuli-Venezia Giulia(Cave del Predil)Sardegna (Iglesias)Sardegna(Ingurtosu)Liguria(Vigonzano)Lazio (Tolfa)Valori di riferimento relativi ai suolinaturali italiani

Pb

1.100-5.900

309-71.000

320-71.000

45-2.443

21

Zn

735-16.000

288-243.240

1.100-29.300

54-66

40-7.932

89

Ni

769-1.292

3-344

46

Cd

12-41

2-655

20-190

0,1-28

0,53

Cu

26-57

15-273

40-230

1.354-2.100

29-247

51

Cr

1.480-1.690

100

Intervalli di concentrazione di alcuni metalli pesanti nei suoli di miniera italiani (mg/kg), 2000TABELLA 1

FONTE: ENEA, 2000.

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Firenze 1995 suoli

pianteMilano 1993

suolipiante

Roma 1994 suoli

pianteSuoli italiani

limiti di riferimentolivelli ritenuti

eccessivi

43-1180,1-23

60-50016-26

51

100

0,03-1,850,02-0,4

0,5

5

71-1180,01-5

100

100

59-1010,1-9

46

100

51-1820,5-12

295-1.70030-67

37-1.3570,7-43

21

200

98-20010-280

500-1.20852-131

89

250

Intervalli di concentrazione di alcuni metalli pesanti nei suoli urbani e nelle piante di alcune località italiane (mg/kg) 1993, 1994, 1995

TABELLA 3

FONTE: ENEA, 2000.

141

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

segue SCHEDA 1 L’inquinamento dei suoli da metalli pesanti

Distanza dall’asse stradale(metri)2

4

6

8,5

Metalli

PbCdPbCdPbCdPbCd

prima2600,851620,421390,6293,30,34

dopo1000,3567,60,7258,30,1760,70,27

prima29,70,2737,60,2146,50,1531,00,21

dopo3,1

0,018,250,0418,30,058,9

0,07

Concentrazioni medie di Pb e Cd per suoli superficiali campionati a varie distanze dall’asse stradale, prima e dopo la realizzazione di barriere verdi (mg/kg), 2000

TABELLA 2

FONTE: ENEA, 2000

Suolo Piante

Cu Cd Cr Ni Pb Zn

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

La desertificazione

La Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccità ealla desertificazione United Nations Convention to CombatDesertification (UNCCD) (firmata a Parigi nel 1994), ed entra-ta in vigore nel 1996, definisce la desertificazione come: “ildegrado delle terre aride, semi-aride e sub-umide seccheattribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche eattività umane”.L’Italia insieme ad alcuni Paesi europei che si affacciano sulMediterraneo (Portogallo, Spagna, Grecia, Turchia) ha datovita nell’ambito della Convenzione ad uno speciale accordoper l’applicazione e la promozione della stessa in ambitoregionale, il cosiddetto Annesso IV°.

Cause e processi di desertificazione

L’Italia è, insieme agli altri Paesi che si affacciano sul bacinodel Mediterraneo, un paese a rischio di desertificazione. Iprocessi degenerativi si verificano in modo particolare dovesussistono contemporaneamente fattori predisponenti, lega-ti a specifiche caratteristiche territoriali e ambientali, suiquali possono agire fattori di origine antropica. Tra le causenaturali vanno annoverati i fenomeni di origine climaticalegati alle caratteristiche delle precipitazioni, la loro distribu-zione annuale, la frequenza di eventi di siccità, e l’erosivitàdella pioggia stessa. Un dato andamento climatico agisce suidiversi fattori costitutivi, tra i quali l’esposizione dei versantie la pendenza del terreno, che costituiscono un importantefattore di vulnerabilità del territorio nel contesto climatico egeomorfologico delle regioni soggette a condizioni di stressidrico. La pendenza riduce infatti la capacità di assorbimen-to aumentando la percentuale di ruscellamento rispetto allaquantità di precipitazione che si infiltra nel terreno.Nell’area mediterranea la naturale fragilità degli ecosistemiaccentua il peso dei fattori che possono potenzialmente pro-durre degrado. Questo ha inizio con la degradazione dellavegetazione. La continuità e la ricchezza di specie dellacopertura vegetale gioca un ruolo centrale in relazione allacapacità di protezione del suolo, e quando tale copertura ècompromessa si innescano potenziali cicli di ulteriore degra-do, poichè la sua velocità naturale di rigenerazione è moltobassa nei nostri climi, lasciando così il suolo a lungo nudo.Tra le cause di origine antropica, quelle che agiscono diret-tamente sui suoli compromettendone le potenzialità biologi-che, sono principalmente legate all’esecuzione delle diversepratiche agricole e alle tecniche di manutenzione del territo-rio. Cause di carattere più generale sono riconducibili a pro-cessi come l’urbanizzazione e le attività estrattive, le cuideterminanti sono esterne all’agricoltura e comportano per-dite irreversibili dei suoli. L’utilizzo delle risorse idriche è unadelle cause che compete sia alla determinante agricola chea quelle di altro tipo. L'Italia è un paese ricco d'acqua, ma laricchezza di acque sotterranee è compromessa da un usonon equilibrato della risorsa stessa, caratterizzato da prelie-

vi eccessivi e non pianificati nonché dall'inquinamento pun-tiforme e diffuso di diversa origine (urbana, agricola, indu-striale).L'incremento dei fabbisogni idrici e la concentrazione deiconsumi in aree ben delimitate e in particolari periodi del-l’anno è anche la risultante delle politiche agricole adottatein ambito comunitario. In conseguenza di ciò le attività eco-nomiche sono mutate rispetto a quelle ritenute come più tra-dizionali (ad esempio le pratiche agricole estensive) e si sonospostate verso un'agricoltura più tipicamente di tipo intensi-vo o si sono rivolte verso settori quali quello turistico edindustriale, specie nelle zone costiere.

La Prima Comunicazione Nazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazione

La molteplicità dei fattori antropici coinvolti e l’estensionedei fenomeni richiedono, per essere affrontati, azioni coope-rative e coordinate di istituzioni, agricoltori, associazioni dicategoria e popolazioni locali ed è su questa linea che l’Italiaha orientato la sua azione a partire dall’elaborazione dellaComunicazione nazionale per la lotta alla siccità e alla deser-tificazione.Nel dare seguito agli impegni assunti con la ratifica, da partedell’Italia, della citata Convenzione (UNCCD) avvenuta nelgiugno del 1997, il Governo Italiano (1) ha costituito ilComitato Nazionale per la Lotta alla Desertificazione (CNLD).Il Comitato ha curato la realizzazione della prima ComunicazioneNazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazione cheè stata approvata con Deliberazione CIPE n.154 del 22dicembre 1998 ed è stata pubblicata nella collana di mono-grafie del Ministero dell’ambiente. La Comunicazione riportale informazioni disponibili sul problema della desertificazio-ne nel nostro Paese. Successivamente alla uscita dellaComunicazione, l’Italia, che ha la Presidenza di turnodell’Annesso IV° della Convenzione, ha promosso la costitu-zione di un Osservatorio nazionale sulla desertificazione, inSardegna, e la realizzazione di un Centro di studi sulle cono-scenze e le tecnologie tradizionali, in Basilicata. Il comitato èattivo nella realizzazione, a livello nazionale, di un sistema diindicatori che permetta di conoscere lo stato e l’evoluzionedel fenomeno desertificazione.

Il Programma di Azione Nazionale

Il 17 febbraio 2000 è stato presentato il Programma diAzione Nazionale di lotta alla desertificazione (PAN), basatosulle Linee Guida tracciate dal Comitato Nazionale e acco-gliendo i pareri e le proposte della comunità scientifica edelle categorie produttive e non, coinvolte in un processo diconsultazione. Nel piano risulta centrale il ruolo delle istitu-zioni amministrative territoriali come le Regioni e le Autoritàdi bacino, le quali entro il 2000 dovranno indicare quali sono,

SCHEDA 2

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Il rischio geomorfologico per frane ed erosione lineare ed il rischio di esondazione

Il dissesto idrogeologico del territorio italiano

Il rischio naturale legato alle catastrofiidrogeologiche è in Italia un problemadi grande rilevanza, sia per i danni pro-dotti sia per il numero di vittime. Negliultimi 20 anni in Italia oltre 70.000 per-sone sono state colpite da eventi idro-geologici estremi. Per quanto riguardail costo per la finanza pubblica, si puòcitare come esempio il caso della alluvio-

ne del 1994 verificatasi ad Alessandria aseguito della quale, per la sola ricostru-zione e ripresa delle attività produttive,sono stati destinati 15.000 miliardi.La tipologia dei fenomeni di volta involta osservati è molto diversa erispecchia la grande variabilità climati-ca e geomorfologica del territorio. Perquello che riguarda il rischio di esonda-zione, nelle aree di pianura attraversa-te da grandi fiumi, con bacini idrografi-ci di grande estensione, l’aumentodelle portate per effetto di piogge per-sistenti e diffuse, può provocare il sor-monto o la rottura delle difese di spon-da ed il conseguente allagamento delle

zone retrostanti. Nelle zone pedemon-tane e in particolare nei conoidi di deie-zione, le inondazioni sono generate dafenomeni meteorici brevi e localizzati,ma di grande intensità. Queste condi-zioni provocano un repentino aumentodelle portate che mette rapidamente incrisi il sistema idrografico.Ancora più articolato è lo scenariolegato al rischio di frana.Il diverso combinarsi di fattori geologi-ci, morfologici e climatici dà luogo adun’ampia varietà di fenomeni che diffe-riscono per cinematismo e per ledimensioni delle aree coinvolte. Siosservano sia fenomeni localizzati, sia

143

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

La desertificazione

nel proprio territorio, le aree vulnerabili alla desertificazione(2) e formulare programmi d’intervento in quattro campi diazione:- la protezione del suolo;- la gestione sostenibile delle risorse idriche;- la riduzione dell’impatto delle attività produttive;- il riequilibrio del territorio.Nel PAN sono individuate le strategie della cooperazione ita-liana nell’ambito della lotta alla siccità e alla desertificazionenei Paesi in via di sviluppo.Queste sono riassumibili nella concertazione con i Paesi col-piti e nel coordinamento, nell’ambito della comunità deiPaesi donatori, al fine di fornire un appoggio tecnico e finan-ziario per l’attuazione dei rispettivi Programmi d’AzioneNazionali.Per la loro relativa omogeneità i Paesi della sponda nord delMediterraneo, sono invitati dalla Convenzione a sviluppare lacooperazione reciproca e a dare impulso ed incisività agliinterventi nazionali per mezzo di un Piano di AzioneRegionale (RAP).Sono in corso le azioni per definire i termini e gli obiettivi delfuturo Piano di Azione Regionale, quali:- promuovere la condivisione dei princìpi della protezione delsuolo, dell’acqua e delle risorse biotiche;- armonizzare i piani d’azione nazionali dei Paesi membridell’Annesso e migliorare il loro coordinamento nel combat-tere la desertificazione;- fornire alla Commissione Europea informazioni utili ad indi-viduare gli obiettivi prioritari e a sviluppare politiche ambien-tali per la regione mediterranea;- creare una rete che consenta alle autorità regionali e loca-

li, delle aree affette da specifici problemi, di organizzaredelle collaborazioni internazionali nei progetti di prevenzioneo mitigazione.Oltre alla cooperazione intraregionale, la UNCCD indica aiPaesi firmatari la necessità di un coordinamento con le altreregioni e sub-regioni. In particolare “nel nord Mediterraneopossono essere preparati ed avviati programmi congiunti dicarattere sub-regionale e regionale in collaborazione conaltre regioni e sub-regioni, in particolare con quelle cheabbracciano il Nord-Africa dove l’emergenza desertificazioneè sempre più grave”.

La Conferenza di Recife

La Convenzione entrata in vigore nel 1996, alla firma del 50°Paese, trova nella Conferenza delle parti firmatarie il suoorgano supremo. Dopo la prima e la seconda Conferenzadelle parti che si sono svolte rispettivamente a Roma e Dakarnel 1997 e 1998, la terza si è tenuta a Recife alla fine del1999. In tale consesso i Paesi africani hanno presentato iloro Programmi d’Azione Nazionale. La complessità del feno-meno e la sua estensione non consentono alla maggior partedei Paesi africani di affrontare da soli il problema, e si èposto con forza il tema dell’aiuto da parte dei Paesi donato-ri sia in termini finanziari che tecnologici. Aiuto necessariosia per risolvere le emergenze “locali” sia per affrontare ilcrescente problema dei profughi per cause ambientali entroe fuori il continente africano. L’Italia è impegnata nella poli-tica di cooperazione e nella presentazione del Piano diAzione Regionale alla prossima conferenza delle parti.

segue SCHEDA 2

(1) DPCM 26.9.1997 – GU 43 del 21.2.1998.(2) Definite in base ai commi 2 e 3 dell’art. 20 del Dlgs 152/99.

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puntuali, che si manifestano in tempibrevissimi come i crolli, che fenomenidi enormi dimensioni di lentissima evo-luzione come alcune tipologie di colata.Il Ministero dell’ambiente, successiva-mente alla tragedia del maggio 1998 aSarno in Campania, ha predisposto incollaborazione con il Dipartimento deiServizi Tecnici Nazionali, il Dipartimento

della Protezione Civile e l’ANPA, un’a-nalisi preliminare delle condizioni didissesto idrogeologico dell’intero terri-torio nazionale. Lo studio ha consentitodi elaborare una classificazione deiComuni sulla base di un indice di carat-tere qualitativo definito “Livello di atten-zione per il rischio idrogeologico” (1).L’indagine predisposta dal Ministero

dell’ambiente attraverso una metodolo-gia di carattere qualitativo ha avuto loscopo di fornire una prima indicazionedelle criticità idrogeologiche a livellocomunale alle quali è opportuno pre-stare particolare attenzione nello svol-gimento delle attività di individuazionee perimetrazione delle aree a rischioidrogeologico, secondo quanto disposto

144

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Comuni con Livello di attenzione per il rischio idrogeologico Molto Elevato ed Elevato, 1999 FIGURA 3

53[71,6]

651[53,8]

169[71,9]

687[44,4]

92[27,1]

107[18,5]

200[58,6]

168[58,5]

82[89,2]

123[32,7]

35[9,3]

208[68,2]

291[52,8]

114[87]

164[40,1]

155[39,7]

64[24,8]

117[86,1]

142[57,7]

49[22,3]

FONTE: Ministero dell’ambiente, 2000.

(1) In particolare si è fatto ricorso a:- Dati riportati nell’Archivio del Progetto Aree Vulnerate Italiane (AVI), realizzato dal Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI)del Consiglio Nazionale delle Ricerche, successivamente rielaborati dalla Segreteria Tecnica per la Difesa del Suolo del Ministero dell’ambiente.- Dati riguardanti le vittime accertate in conseguenza di dissesti idrogeologici, secondo le informazioni fornite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,Dipartimento della Protezione Civile (disponibili per le sole Regioni dell’Obiettivo 1) e dal GNDCI.- Classificazione dei territori comunali in base alla propensione al dissesto predisposta dal Servizio Geologico Nazionale.- Elenco dei Comuni del Bacino del fiume Po per classi di rischio riportato nell’Allegato 1 all’Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici del Progetto diPiano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) adottato dall’Autorità di Bacino del Po.- Dati ISTAT relativi alla superficie territoriale dei Comuni italiani.

Per ogni Regione � indicato:

n. dei Comuni a rischio

[%] dei Comuni a rischio sul numero totale dei Comuni della Regione

Totale Comuni a rischio 3.671

Percentuale sul totale Comuni 45,3%

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dal DL 180/98 e successive modifica-zioni ed integrazioni.In particolare tale indagine ha fornitoutili indicazioni per la predisposizioneda parte delle Autorità di bacino e delleRegioni dei Piani straordinari diretti arimuovere le situazioni a rischio piùalto, prevista entro il 31 ottobre 1999 aisensi dell’art. 1 comma 1-bis del DL180/98 e successive modifiche ed inte-grazioni.Per determinare il “Livello di attenzioneper il rischio idrogeologico” su scalacomunale sono state utilizzate sia leinformazioni sui dissesti verificatisi nelpassato nei territori dei diversi Comuni,sia valutazioni di carattere strutturalesulla propensione al dissesto idrogeo-logico del territorio .

Sulla base dei dati disponibili, è statoattribuito a ciascun Comune un “Livellodi attenzione per il rischio idrogeologi-co” (Molto Elevato, Elevato, Medio,Basso o Non Classificabile).Dall’indagine emerge che:- 3.671 Comuni, pari al 45,3% del tota-le dei Comuni italiani, risultano com-plessivamente classificati con Livello diattenzione per il rischio idrogeologicoMolto Elevato ed Elevato (figura 3).;- di questi, 1.173 Comuni, pari al14,5% del totale dei Comuni italiani,sono classificati con Livello di attenzio-ne per il rischio idrogeologico MoltoElevato (figura 4).A livello regionale la Lombardia pre-senta il maggior numero di Comuniclassificati con Livello di attenzione per

il rischio idrogeologico Molto Elevato edElevato (687), mentre la RegioneUmbria presenta invece la maggiorpercentuale di Comuni classificati conLivello di attenzione per il rischio idro-geologico Molto Elevato ed Elevato(89,2%).La Regione Lombardia presenta il mag-gior numero di Comuni classificati conLivello di attenzione per il rischio idro-geologico Molto Elevato (279), mentrela Regione Molise presenta la maggiorpercentuale di Comuni classificati conLivello di attenzione per il rischio idro-geologico Molto Elevato (51,5%).

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Comuni con Livello di attenzione per il rischio idrogeologico Molto Elevato, 1999FIGURA 4

33[44,6%]

119[9,8%]

72[30,6%]

279[18%]

22[6,5%]

15[2,6%]

40[11,7%]

21[7,3%]

25[27,2%]

18[4,8%]

19[5%]

75[24,6%]

144[26,1%]

38[29%]

68[16,6%]

23[5,9%]

38[14,7%]

70[51,5%]

48[19,5%]

6[2,7%]

FONTE: Ministero dell’ambiente, 2000.

Per ogni Regione � indicato:

n. dei Comuni a rischio

[%] dei Comuni a rischio sul numero totale dei Comuni della Regione

Totale Comuni a rischio 1.173

Percentuale sul totale Comuni 14,5%

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Lo stato di attuazione della Legge183/89 sulla difesa del suolo

Come già evidenziato all’inizio del pre-sente capitolo, la Legge 18 maggio1989, n. 183 “Norme per il riassettoorganizzativo e funzionale della difesadel suolo” costituisce il provvedimentoquadro sul tema della difesa del suolo,del risanamento delle acque, della frui-zione e gestione del patrimonio idricoper gli usi di razionale sviluppo econo-mico e sociale e la tutela degli aspettiambientali connessi a questa materia.Sul piano istituzionale l’innovazioneintrodotta è profonda perché si ridise-gna il sistema delle competenze nellamateria della difesa del suolo, definen-do ruoli e responsabilità dei soggetti sia

centrali che periferici che agiscono neiprogrammi di intervento pubblico.Si individua un soggetto, l’Autorità dibacino, che costituisce modello siste-matico per l’organizzazione della difesadel suolo e per la disciplina delle risor-se idriche, che opera in conformità agliobiettivi perseguiti dalla legge conside-rando i bacini idrografici come unitàterritoriali di riferimento. Il nuovo qua-dro territoriale di riferimento per ladifesa del suolo ripartisce infatti l’inte-ro territorio nazionale, comprese leisole minori, in bacini di rilievo naziona-le, interregionale e regionale.Le Autorità di bacino sono state sceltecome modello organizzativo sulla basedelle esperienze di altri Paesi europei(Francia, Inghilterra) che, pur nella

diversità dei modelli ordinamentali ecostituzionali, hanno individuato nelbacino idrografico l’ambito ottimale dicomposizione degli interessi plurimi edifferenziati, che hanno come elemen-to qualificante la tutela della risorsaidrica e della sua utilizzazione nel qua-dro delle compatibilità ambientali edeconomiche (figura 5).Particolare importanza nell’impiantodella Legge assume il Piano di bacino,redatto dalle Autorità di bacino, “comestrumento conoscitivo, normativo etecnico-operativo mediante il qualesono pianificate e programmate leazioni e le norme d’uso finalizzate allaconservazione, alla difesa ed alla valo-rizzazione del suolo ed alla corretta uti-lizzazione delle acque, sulla base delle

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Autirità di bacino di rilievo: nazionale, interregionale, regionale, pilota ed internazionale, 2000 FIGURA 5

(*) Compresi i bacini regionali della Regione Molise.FONTE: Ministero dell’ambiente, 2000.

01 Po02 Adige03 Alto Adriatico (Isonzo, Tagliamento, Livenza,

Piave, Brenta-Bacchiglione)04 Arno05 Tevere06 Liri-Garigliano-Volturno07 Serchio08 Fissero-Tartaro-Canal Bianco09 Lemene10 Magra11 Reno12 Conca-Marecchia13 Fiora14 Tronto15 Sangro16 Trigno-Saccione-Fortore-Biferno e minori(*)17 Ofanto18 Sele19 Bradano20 Sinni-Noce21 Lao22 Veneto-Sile e pianura tra Piave e Livenza23 Veneto-Bacino scolante della Laguna

di Venezia24 Friuli-Venezia Giulia25 Liguria26 Emilia-Romagna27 Toscana28 Marche29 Lazio30 Abruzzo31 Campania Nord Occidentale32 Campania Sarno33 Campania Destra Sele34 Campania Sinistra Sele35 Puglia36 Basilicata37 Calabria38 Sicilia39 Sardegna

nazionale

interregionale

regionale

pilota

internazionale

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caratteristiche fisiche ed ambientali delterritorio interessato”. Il Piano di bacinoè un piano territoriale, sovraordinatosia nei confronti degli strumenti di pia-nificazione di settore, che rispetto allapianificazione urbanistica ordinaria.Considerata la complessità sia metodo-logica che di contenuto delle problema-tiche da affrontare nella elaborazionedel Piano di bacino, al fine di meglioprecisare i contenuti metodologici delpiano stesso, sono intervenuti dopo laLegge 183/89 i seguenti provvedimen-ti legislativi:- DPCM 23 marzo 1990 “Atto di indiriz-zo e coordinamento ai fini dell’elabora-zione e dell’adozione degli schemi pre-visionali e programmatici”;- DPR 7 gennaio 1992 “Atto di indirizzoe coordinamento per determinare i cri-teri di integrazione e coordinamento trale attività conoscitive dello Stato, delleAutorità di bacino e delle Regioni per laredazione dei Piani di bacino”;- DPR 18 luglio 1995 “Approvazionedell’atto di indirizzo e coordinamentoconcernente i criteri per la redazionedei Piani di bacino”.La Legge 4 dicembre 1993, n. 493 haintrodotto una certa gradualità nellaformazione dei “Piani di bacino”.L’impostazione che ne deriva è sostan-zialmente quella di uno strumento ela-borato per “stralci”, relativi ad areeomogenee o a settori tematici, costrui-ti in aderenza alle criticità del bacinoidrografico, in modo da consentire diaffrontare in primo luogo i problemi piùurgenti non rimandando ai tempi lun-ghi, necessari per una pianificazionecomplessiva. Lo stesso provvedimentostabilisce che, in attesa dell’approva-zione del piano di bacino, le Autorità dibacino adottino misure di salvaguardiacon particolare riferimento, tra l’altro,ai bacini montani, ai torrenti di altavalle ed ai corsi d’acqua di fondo valle.Le misure di salvaguardia sono imme-diatamente vincolanti e restano in vigo-re sino all’approvazione del Piano dibacino.Esse comunque hanno validità per unperiodo non superiore a tre anni, ancheper evitare un ingiustificato “ingessa-mento” del territorio con strumenti

provvisori.All’inizio del 1998, a quasi nove annidall’emanazione della Legge sulla dife-sa del suolo, i risultati in termini dicostituzione di Autorità di bacino, pre-disposizione di piani e realizzazione diinterventi era la seguente (2):- le Autorità di bacino nazionali eranotutte costituite ed operanti, ma construtture tecniche insufficienti;- tra i bacini interregionali, gli unicioperativi con Autorità costituite erano ilTronto, il Conca-Marecchia, il Reno ed ilMagra; gli altri, con organi costituiti manon ancora pienamente operativi,erano l’Ofanto ed il Bradano;- ad eccezione della Liguria e del Lazio,nessuna Autorità di bacino regionaleaveva prodotto documenti significativio atti rilevanti; - nessun Piano di bacino risultavaredatto in forma completa;- risultavano già adottati solo alcuniPiani stralcio ai sensi della Legge493/93 relativi ai bacini nazionali delPo, Tagliamento, Arno, Tevere e Volturno,ma nessuno aveva terminato l’iter diapprovazione;- risultavano adottate dalle Autorità dibacino del Po e dell’Arno, e da quelleinterregionali del Serchio, del Tronto edel Reno, misure di salvaguardia aisensi della Legge 493/93;- nulla era stato ancora fatto per quan-to riguarda i programmi di interventoper l’attuazione dei piani; gli uniciinterventi finanziati erano quelli ricom-presi negli schemi previsionali e pro-grammatici e quindi in assenza di unquadro organico di pianificazione dibacino.Nello stesso tempo si osservava unsensibile aggravamento della situazio-ne di rischio nel nostro Paese, dovutoad una molteplicità di fattori, tra i qualiemergono certamente l’inadeguatezzae la scarsa efficacia delle misure di sal-vaguardia previste negli strumentiurbanistici ordinari.

Le misure urgenti per le aree a rischio idrogeologico

Il Decreto Legge 11 giugno 1998, n.180, ha introdotto nel sistema giuridico

della difesa del suolo, già oggetto dellaLegge 18 maggio 1989, n. 183, misureurgenti per la prevenzione del rischioidrogeologico.In particolare il DL 180/98 convertito emodificato con la Legge 3 agosto 1998,n. 267, prevedeva:- la redazione di Piani stralcio di bacinoper l’assetto idrogeologico volti all’indi-viduazione e alla perimetrazione dellearee a rischio idrogeologico, nonchéall’adozione delle relative misure disalvaguardia;- il finanziamento di Programmi di inter-venti urgenti per la riduzione del rischioidrogeologico, definiti dal Comitato deiMinistri di cui all’art. 4 della Legge183/89, d’intesa con la Conferenza per-manente per i rapporti tra lo Stato, leRegioni e le Province autonome diTrento e Bolzano;- il potenziamento delle strutture tecni-che per la difesa del suolo e la prote-zione dell’ambiente, in particolare l’at-tivazione delle Autorità di bacino anco-ra non costituite, la costituzione dellaSegreteria tecnica del Ministero del-l’ambiente, il potenziamento delle strut-ture tecniche già esistenti presso leRegioni e le Province, presso le Autoritàdi bacino, presso il Dipartimento deiServizi Tecnici Nazionali della Presidenzadel Consiglio, presso l’Agenzia Nazionaleper la Protezione dell’Ambiente;- il potenziamento delle reti di monito-raggio meteo-idropluviometrico, miratoalla realizzazione di una coperturaomogenea sul territorio nazionale.Per l’espletamento degli adempimentiprevisti dal DL 180/98 è stato succes-sivamente emanato con DPCM 29 set-tembre 1998 un Atto di indirizzo e coor-dinamento che individua i criteri e lemetodologie mediante i quali gli entipreposti possano avviare o completare,nei limiti temporali imposti dallanorma, le attività previste.La metodologia indicata nell’Atto diindirizzo fornisce quindi lo strumentooperativo per raggiungere l’obiettivoglobale di una precisa definizioneareale dei diversi livelli di rischio sulterritorio nazionale e di applicazione diidonee misure di salvaguardia, oppor-tunamente definite nell’Atto stesso,

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

(2) Documento conclusivo della Indagine conoscitiva sulla Difesa del suolo condotta dal comitato paritetico, Senato della Repubblica, Roma 1998.

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che consentano un’efficace azione digoverno e di difesa del suolo ed impe-discano l’aumento dell’esposizione alrischio in termini qualitativi e quanti-tativi.Con il successivo Decreto Legge 13maggio 1999, n. 132 convertito conLegge 13 luglio 1999, n. 226 sono stateapportate sostanziali modifiche al DL180/98, in particolare:- è stato fissato al 30 giugno 2001 iltermine perentorio per la redazione deiPiani stralcio di bacino per l’assettoidrogeologico da parte delle Autorità dibacino di rilievo nazionale ed interre-gionale e delle regioni, piani che,secondo le indicazioni del DPCM 29settembre 1998, avrebbero dovutoessere adottati entro il 30 giugno 1999;- sono stati introdotti i Piani straordina-ri diretti a rimuovere le situazioni arischio più elevato. Tali Piani straordi-nari sono approvati dalle Autorità dibacino di rilievo nazionale ed interre-gionale e dalle regioni e, in particolare,devono contenere l’individuazione e laperimetrazione delle aree a rischioidrogeologico molto elevato per l’inco-lumità delle persone, per la sicurezzadelle infrastrutture e del patrimonioambientale e culturale. Su tali areevengono apposte adeguate misure disalvaguardia. E’ stato previsto che iProgrammi di interventi urgenti per lariduzione del rischio idrogeologico ten-gano conto delle situazioni individuatenei piani straordinari, se approvati.A distanza di oltre due anni dall’ema-nazione del DL 180/98 si possono farealcune considerazioni sullo stato diattuazione delle principali disposizionipreviste, aggiornate al 30 ottobre 2000,che sono le seguenti:

a) potenziamento delle strutture tecni-che per la difesa del suolo e la prote-zione dell’ambiente.Il DL 180/98 ha impresso una accele-razione nel processo di costituzione eprogressiva operatività delle Autoritàdi bacino regionali ed interregionali,ancora non costituite alla entrata in vi-gore del provvedimento. Successiva-mente alla sua approvazione:- sono state costituite tutte le Autoritàdi bacino interregionali, con l’unicaeccezione di quella del bacino del Lao,che interessa le Regioni Basilicata e

Calabria. Per altre Autorità di bacinointerregionali (Ofanto, Saccione, Fortore,Sangro, Sinni e Noce) sono in corso diperfezionamento le intese tra le Regioninecessarie alla loro piena attività;- è stata costituita con DM del 19 giu-gno 1998 la Segreteria tecnica pressoil Ministero dell’ambiente;- la Presidenza del Consiglio deiMinistri con DPCM del 8 gennaio 1999ha provveduto all’approvazione dellarimodulazione della dotazione organicadel Dipartimento per i Servizi TecniciNazionali; con successivo DPCM del 14maggio 1999 è stata approvata l’indivi-duazione degli uffici di livello dirigen-ziale dello stesso Dipartimento e sonostati nominati cinque dirigenti tecnici.Sono stati destinati per l’assunzione dipersonale tecnico con il DPCM del 12gennaio 1999:- 1,5 miliardi di lire alle Autorità di baci-no nazionali;- 18,5 miliardi di lire alle Regioni, perpersonale tecnico da destinare alleAutorità di bacino interregionali eregionali;- 1,5 miliardi di lire alle Province auto-nome di Trento e Bolzano.Successivamente all’emanazione delDL 180/98, sono stati approvati dalleAutorità di bacino nazionali i seguentiPiani stralcio:- “Piano stralcio delle aree a rischio diesondazione del fiume Tevere tra Orte eCastel Giubileo”, Autorità di bacino delfiume Tevere;- “Piano stralcio delle fasce fluviali delbacino del Po”, Autorità di bacino del fiumePo;- “Piano stralcio delle attività estrattive” e“Piano stralcio della qualità delle acque”,Autorità di bacino del fiume Arno.Sono stati inoltre adottati i seguentiPiani stralcio di bacino:- “Progetto di Piano stralcio per l’asset-to idrogeologico”, Autorità di bacino delfiume Po;- “Piano stralcio per la rimozione delrischio idraulico”, Autorità di bacino delfiume Arno;- “Piano stralcio per la difesa dalle alluvio-ni” e “Piano stralcio per la tutela ambien-tale della zona Le Mortine”, Autorità dibacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno.

b) I Programmi di interventi urgenti perla rimozione del rischio idrogeologico.

I Programmi di interventi urgenti previ-sti all’art.1, comma 2 del DL 180/98,relativamente all’annualità 1998, sonostati approvati con DPCM del 12 gen-naio 1999.Le risorse previste per l’annualità1998, pari a 110 miliardi, sono stateridotte a 77 miliardi nella Legge finan-ziaria 1999. Tali risorse hanno consen-tito di finanziare 109 interventi e dimettere in sicurezza 134.705 personeesposte a rischio (tabella 2) .Le risorse relative sono state immedia-tamente impegnate e trasferite alleRegioni.Relativamente alle annualità 1999 e2000, il Ministero dell’ambiente haprovveduto con DPCM del 30 settem-bre 1999, all’impegno pluriennale dispesa per la realizzazione degli inter-venti urgenti per gli anni 1999-2000,nei limiti dell’art. 8, comma 2, del DL180/98, per un ammontare complessi-vo di 990 miliardi.Da tale risorsa è stata accantonata unasomma pari a 143,25 miliardi che èstata impegnata nell’anno 2000, manon ancora trasferita per mancanza dicassa (tabella 3).Le risorse assegnate per il biennio1999-2000 alle Regioni per l’attuazio-ne dei programmi di interventi urgenti,pari a 813,750 miliardi hanno consen-tito il finanziamento di 623 interventiper un importo globale di 809 miliardi,integralmente trasferiti a tutte leRegioni; gli ulteriori 4,75 miliardiandranno a finanziare interventi chedevono ancora essere programmatidalle Regioni Campania, Sicilia e dallaProvincia Autonoma di Trento.A tali risorse si sommano poi quellestanziate dal DL 279/00 convertito conmodificazioni in Legge n. 365/00 il cuiimpiego deve ancora essere program-mato.In base ai dati forniti dalle Regioni edalle Autorità di bacino, si valuta inprima approssimazione che per il solocompletamento degli interventi giàfinanziati sono necessari ulteriori risor-se per 849 miliardi, mentre sononecessari ulteriori 2.685 miliardi pernuovi interventi già individuati.In relazione alla necessità di provvede-re alla costituzione di un quadro cono-scitivo complessivo dell’attuazionedegli interventi, che consenta anche di

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

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verificare l’efficacia dell’impiego deifondi erogati e la qualità ambientaledelle opere, il Ministero dell’ambienteha definito, con proprio Decreto del 4febbraio 1999, gli adempimenti daosservarsi, da parte delle Regioni edelle Province autonome, per consenti-re l’acquisizione dei dati, ed ha inoltreaffidato all’ANPA, in coordinamento conil sistema delle Agenzie ambientali, losvolgimento delle relative azioni dimonitoraggio.Con l’intesa raggiunta nella ConferenzaStato-Regioni del 12 ottobre 2000 sonostate inoltre definite le risorse per lacostituzione, da parte del Ministero del-l’ambiente, d’intesa con le Regioni, di

una banca dati per il monitoraggio tec-nico dei programmi di interventi urgen-ti finanziati con i fondi del DL 180/98per le annualità 1998-2001.Una prima parte di tale banca dati èstata predisposta dall’ANPA, nell’ambi-to delle azioni di monitoraggio, con idati forniti dalle Regioni riguardanti iprogrammi di interventi urgenti relativial triennio 1998-2000, in ottemperan-za agli adempimenti previsti dal citatoDecreto Ministeriale del 4 febbraio1999.Sulla base di tali dati l’ANPA ha fornitoi risultati di una prima ricognizionedello stato di attuazione dei 109 inter-venti urgenti approvati nell’annualità

1998; si rileva nel merito che, le infor-mazioni fornite dalle Regioni non con-sentono al momento di definire conpari dettaglio su tutto il territorio nazio-nale lo stato di attuazione degli inter-venti (figura 6).È stata infine avviata l’analisi, da partedell’ANPA, degli elaborati progettualitrasmessi dalle Regioni anche accom-pagnata da sopralluoghi nei siti inte-ressati dagli interventi.

c) I Piani straordinari diretti a rimuove-re le situazioni di rischio idrogeologicopiù alto.Come prescritto dal DL 180/98, art. 1,comma 1-bis, i Piani straordinari sono

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IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Regione

PiemonteValle d'AostaLombardiaBolzano p.a.Trento p.a. (*)VenetoFriuli-Venezia GiuliaLiguriaEmilia-RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampania (**)PugliaBasilicataCalabriaSicilia (***)SardegnaItalia

n. interventiapprovati

11

13001119

3124584732268

109

importo (miliardi

di lire)

5,01,5

11,000

6,55,06,06,59,34,04,07,04,62,0

10,54,15,05,08,44,7

110,1

importo(miliardi

di lire)

62,66,6

89,215,012,255,520,820,756,654,919,125,158,825,3

9,957,054,119,636,165,844,4

809,3

n. interventiapprovati

153

6333

225

527528817405930

6403618262315

623

Programmi di interventi urgenti approvati (DL 180/98, art. 1 comma 2), 2000TABELLA 2

(*) La Provincia autonoma di Trento dispone di risorse finanziarie non ancora programmate per un importo pari a lire 1,2 miliardi.(**) La Regione Campania dispone di risorse finanziarie non ancora programmate per un importo pari a 1 miliardo.(***) La Regione Sicilia dispone di risorse finanziarie non ancora programmate per un importo pari a 2,2 miliardi.

FONTE: Ministero dell'ambiente, 2000.

1998 1999-2000n. interventi

approvati

164

7633

226

62861

1191944643810473920282923

732

totaleimporto (miliardi

di lire)

67,68,1

100,215,012,262,025,826,763,164,223,129,165,829,911,967,558,224,641,174,249,1

919,4

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stati approvati da tutte le Autorità dibacino nazionali e interregionali e dalleRegioni per i restanti bacini.A tale quadro di completa attuazionedell’adempimento fanno eccezione:- le Autorità di bacino interregionali delLemene e del Fissero-Tartaro-Canalbianco,per le quali viene dichiarata l’assenzadi aree a rischio idrogeologico moltoelevato;- i bacini interregionali dei fiumi Sangro,Bradano, Lao, Sinni e Noce, Saccione,Fortore e Ofanto, per i quali le Autoritàdi bacino non hanno provveduto a redi-gere il Piano straordinario. In tali casi ilPiano è stato predisposto solo parzial-mente da alcune delle Regioni per gliambiti di competenza (rispettivamenteMolise, Abruzzo, Calabria, Puglia eBasilicata), e del tutto mancante per leporzioni dei bacini ricadenti nella

Regione Campania (figura 7).L’esame svolto da parte del Ministerodell’ambiente sui contenuti dei Pianistraordinari approvati ha rilevato unagenerale disomogeneità soprattutto inriferimento ai criteri di individuazione eperimetrazione delle aree a rischioidrogeologico, ai contenuti delle misu-re di salvaguardia nonché alla loroapplicazione; in alcuni casi è stata rile-vata incongruenza con quanto previstoin generale dal DL 180/98 ed in parti-colare con i criteri dettati dall’Atto diindirizzo e coordinamento approvatocon DPCM 29 settembre 1998.Relativamente all’applicazione dellemisure di salvaguardia, è opportunosegnalare che risultano non vincolate aisensi del DL 180/98:- le porzioni di territorio relativi ai baci-ni interregionali dei fiumi Lemene e

Fissero-Tartaro-Canalbianco in cui nonè stata individuata nessuna area arischio idrogeologico molto elevato;- le porzioni di territorio campano rica-dente nei bacini interregionali dei fiumiOfanto e Saccione-Fortore;- tutto il territorio della RegioneBasilicata, attribuito sia ai bacini regio-nali che ai bacini interregionali di com-petenza, poichè il Piano straordinariopredisposto dalla Regione, pur indivi-duando e perimetrando aree a rischioidrogeologico molto elevato, non preve-de l’applicazione di misure di salva-guardia.Si rilevano inoltre alcuni casi in cuisituazioni già oggetto di Ordinanze diProtezione Civile sono state esclusedalla pianificazione straordinaria in con-trasto con quanto prescritto dal DL180/98.

150

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Anno199819992000Totale

Residuo0

7769

Competenza77

495495

1.067

Impegnato77,00

426,00420,75923,75

Cassa0,00

503,00428,75931,75

Pagato0,00

503,00 420,75923,75

Residuo impegnato 143,25

Programmi di interventi urgenti, annualità 1998-1999-2000 ex DL 180/98, art.1, comma 2(schema dei finanziamenti in miliardi di lire), 2000

TABELLA 3

FONTE: Ministero dell'ambiente, 2000.

Programmi di interventi urgenti DL180/98, art. 1 comma 2, annualità 1998*(dati disponibili sugli interventi approvati, aggiornamento al 31.10. 2000)

FIGURA 6

0

20

40

60

80

100

Trasferimento fondi

allÕEnte Attuatore

Lavori aggiudicati

Inizio lavori Fine lavoriApprovazioneprogetto esecutivo

Trasmissionerelazionetecnica

n. interventi

(*) Dati riferiti al totale degli interventi urgenti, n.109, approvati nell’annualità 1998.FONTE: ANPA, 2000.

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Nonostante le problematiche sopra evi-denziate, comunque, i Piani straordina-ri rappresentano uno strumento inno-vativo per la prevenzione del rischioidrogeologico e in particolare hannoconsentito di individuare, perimetrare esottoporre a misure di salvaguardiaaree a rischio idrogeologico molto ele-vato ricadenti in 2.083 Comuni, pari acirca il 26% dei Comuni italiani.Nella figura 8 sono riportati i Comunicon aree ad elevato rischio idrogeologi-co individuate, perimetrate e con misu-re di salvaguardia nell’ambito dei Pianistraordinari e gli interventi urgenti perla rimozione del rischio finanziati neltriennio 1998-2000.

d) I Piani stralcio di bacino per l’asset-to idrogeologico

I Piani stralcio di bacino per l’assettoidrogeologico previsti dall’art. 1, comma1 del DL 180/98, sono attualmente infase di studio e definizione da partedelle competenti Autorità di bacino eRegioni. Solo l’Autorità di bacino delfiume Po ha già adottato il “Progetto diPiano stralcio di bacino per l’assettoidrogeologico”.

e) Le reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometricoÈ stato definito con DPCM del 15dicembre 1998 il Programma di poten-ziamento delle reti di monitoraggiometeo-idro-pluviometrico, finanziatoper 50 miliardi. Finalità del programmaè di assicurare non solo unitarietà, alivello di bacino idrografico, nel rileva-mento dei dati in tempo reale (altezza

delle precipitazioni, livello idrometrico),ma anche di potenziare a livello nazio-nale la capacità di elaborazione dei datiper la previsione delle condizionimeteo-idrologiche critiche per l’emis-sione di messaggi di allerta in temporeale.Tale programma è stato definito dalServizio Idrografico Nazionale d’intesacon il Dipartimento della ProtezioneCivile, sentite le Autorità di bacino nazio-nali, le Regioni, il Gruppo NazionaleDifesa Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI),sulla base del censimento degli stru-menti e delle reti esistenti. Con succes-sivo provvedimento è stato costituito ilComitato Tecnico previsto dal DPCM dicui sopra, con compiti di coordinamen-to e controllo dell’attuazione del pro-gramma.

151

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Quadro di riepilogo dei Piani straordinari (DL 180/98, art. 1, comma 1-bis), 2000FIGURA 7

FONTE: Ministero dell’ambiente, 2000.

Piano straordinario approvato ai sensi del DL 180/98

Piano straordinario approvato non conforme ai sensi del DL 180/98

Piano straordinario non predisposto

nessuna area a rischio molto elevatodichiarata

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152

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Comuni con aree ad elevato rischio idrogeologico e interventi urgenti per la loro messa in sicurezza finanziati dai Piani straordinari

(dati in aggiornamento), 2000

FIGURA 8

FONTE: Ministero dell’ambiente, 2000.

Comuni con aree a elevato rischioidrogeologico individuate, perimetratee con misure di salvaguardia nellÕambito dei Piani straordinari

Comuni per i quali sono stai finanziatiinterventi urgenti per la rimozione delrischio idrogeologico utilizzando risorse del DL 180/98 per il triennio1998 - 2000

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I progetti esecutivi approvati dalComitato Tecnico, in corso di realizza-zione o per i quali si sta completandol’iter amministrativo, ammontano apoco più di 20 miliardi (aggiornamentoal settembre 2000). Gli ulteriori inter-venti, a valere sulle risorse finanziarieresidue, sono in istruttoria presso ilComitato Tecnico con l’obiettivo di unaconclusione dell’iter di approvazioneentro il marzo 2001.La prima fase di attuazione del DecretoLegge 11 giugno 1998, n.180 (relativaall’attuazione di interventi urgenti) haconsentito quindi di raggiungere risul-

tati indubbiamente positivi, anche senon risolutivi, come hanno ampiamentedimostrato le tragedie avvenute aSoverato in Calabria, in Piemonte eValle d’Aosta e da ultimo in Liguria, chesi sono verificate negli ultimi mesi del2000.Le lacune, formali e sostanziali, chel’attuazione della legislazione straordi-naria sulla difesa del suolo ha mostratosono le seguenti (tabella 4):- 189 Comuni (tra cui lo stessoSoverato), pur essendo stati oggetto didichiarazione di stato di emergenzanazionale, non sono ricompresi tra

quelli disciplinati dai Piani straordinari,in contrasto con quanto disposto dallostesso DL 180/98;- in 101 Comuni con situazioni a rischioindividuate nei Piani straordinari, non siè provveduto alla necessaria perime-trazione, né conseguentemente all’a-dozione di misure di salvaguardia; - in 115 Comuni le perimetrazioni effet-tuate nei Piani straordinari non sonoassociate a misure di salvaguardia;- in alcuni Piani straordinari non sonostate incluse aree con dissesti accerta-ti dalle stesse Autorità di bacino e cheinteressano centri abitati;

153

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

Regione

PiemonteValle d'AostaLombardiaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaLiguriaEmilia-RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegnaItalia

Individuate, perimetrate e con misure

di salvaguardia nei Piani straordinari (1)

219

1346021

6138

83220

44114237147

46448

442026

23827

2.083

Individuate e perimetrate nei Piani straordinari,

ma senza misure di salvaguardia

----

3121

----------

63---

115

Privi di perimetrazione e/o misure di salvaguardia

richiamati nei Piani straordinari o per i quali sono state emesse

ordinanze di Protezione Civile(tabelle A e B del DL 279/2000)

31--

1118

--54--212

874

139103

290

Riepilogo regionale dei Comuni con situazioni di rischio idrogeologico, 2000TABELLA 4

(1) Dati soggetti a possibile variazione in relazione alle verifiche in corso con le Autorità di bacino e le Regioni.FONTE: Ministero dell'ambiente, 2000.

Comuni con aree a rischio idrogeologico Molto Elevato

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- le misure di salvaguardia appostesulle aree perimetrate non sempre sonocongruenti con quelle previste dall’Attodi indirizzo e coordinamento approvato,d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni,con DPCM del 29 settembre 1998.Tali lacune sono state corrette per le areea rischio idraulico, attraverso l’emana-zione del cosiddetto “DL Soverato” (2),convertito con Legge 11 dicembre 2000n. 365. In tale provvedimento, le misuredi salvaguardia, previste nell’atto diindirizzo e coordinamento di cui alDPCM del 29 settembre 98, sono este-se ad un complesso di situazioni cheavrebbero dovuto essere disciplinatenei Piani straordinari, con riferimento alrischio idraulico, ma che invece risulta-no a tutt’oggi non regolamentate dallecompetenti Autorità di bacino eRegioni. Inoltre, il DL 279/00 disponeper la realizzazione di interventi urgen-ti, finalizzati alla riduzione del rischioidrogeologico in aree a rischio moltoelevato, e per l’attuazione delle misuredi salvaguardia il DL 279/00 disponeun ulteriore stanziamento di 110miliardi per l’anno 2000, ad integrazio-ne dei fondi già stanziati dal DL180/98. Tali risorse sono state imme-diatamente trasferite alle Regioni.I recenti eventi calamitosi hanno messoin luce l’importanza di poter assicuraresu tutto il territorio nazionale, con livellodi dettaglio adeguato, un efficace moni-toraggio meteo-idro-pluviometrico.Infatti, come evidenziato dagli eventialluvionali che hanno colpito il NordItalia nel 2000, le reti di monitoraggioove esistenti consentono un’efficacegestione dell’emergenza, diversamenteda quanto avviene in aree non adegua-tamente coperte.In considerazione di tale esperienza, laLegge 365/2000 finanzia la realizzazio-ne di una rete di radar meteorologicicon uno stanziamento di 50 miliardi e ilcompletamento delle reti di monitorag-gio meteo-idro-pluviometrico con unostanziamento di 30 miliardi, ad integra-zione di quello disposto dal DL 180/98.Per l’approvazione dei Piani di Assetto

Idrogeologico (PAI) da parte dei sogget-ti competenti, il DL 180/98 ha previstoil ricorso alla procedura ordinaria defi-nita dalla Legge 183/89. L’esperienzamaturata ha dimostrato che uno deipunti critici di tale iter si riscontra incorrispondenza del passaggio dall’ado-zione del Progetto di Piano all’adozionedel Piano stesso.A tale proposito è emblematico il casodel Piano stralcio per l’assetto idrogeo-logico del bacino del Po che non puòancora essere adottato a causa dellamancata espressione da parte delleRegioni dei previsti pareri sul Progettodi Piano adottato nel maggio del 1999dall’Autorità di bacino del Po.Altro elemento di criticità è costituitodai tempi necessari all’adeguamentodegli strumenti di pianificazione gene-rale (Piani di coordinamento regionali eprovinciali e Piani regolatori generali)alla pianificazione di bacino.Al fine di risolvere tali criticità, il DL279/00 modifica la procedura per l’appro-vazione dei Piani di Assetto Idrogeologicointroducendo le seguenti novità:- è fissato il termine perentorio per l’a-dozione del progetto di piano (30 aprile2001);- si dispone che, entro sei mesi dall’a-dozione del progetto di PAI, lo stessodeve essere adottato sulla base delladocumentazione disponibile;- è previsto un confronto con gli entiterritoriali nell’ambito di una conferen-za programmatica, le cui determinazio-ni sono tenute in conto in sede di ado-zione del piano;- si stabilisce che le determinazioni assun-te dal Comitato istituzionale costituisconovariante agli strumenti urbanistici.Inoltre il DL 279/00 prevede importantimisure di carattere organizzativo efinanziario per accelerare la realizza-zione della cartografia geologica e geo-tematica del territorio nazionale.Infine, allo scopo di evitare il riproporsidi situazioni di rischio in aree già colpi-te da eventi calamitosi, il DL 279/00dispone che la ricostruzione di manu-fatti danneggiati non sia consentita

all’interno delle aree a elevato rischioidrogeologico definite all’art. 1 comma1 dello stesso provvedimento. La rico-struzione deve comunque essere pre-ceduta dall’accertamento della compa-tibilità con la pianificazione di bacino.

Il rischio di erosione delle coste

Negli ultimi decenni di questo secolo èesploso in tutta la sua gravità il degra-do, su scala mondiale, dell'ambientecostiero. Uno degli aspetti più evidenti èdato dall'arretramento della linea di rivae dall'instaurarsi dei fenomeni erosivi.Fattore comune è la costante antropiz-zazione e l'utilizzo economico dellafascia costiera. Attualmente uno sfrut-tamento sempre più intenso delle risor-se naturali in ambito costiero procededi pari passo con sempre più frequentiesempi di instabilità ambientale, tantoche gli interventi dell'uomo a salva-guardia di questo delicato settore sonosempre più numerosi.Il verificarsi di ciò può influenzare inmodo determinante le interazionimare-costa e creare le premesse perun nuovo equilibrio dinamico diversoda quello naturale antecedente l'azionedell'uomo.L'ambiente costiero rappresenta unsistema assai complesso e strettamen-te connesso alla rete fluviale retrostan-te che con il suo apporto solido alimen-ta le spiagge, bilanciando l'azionedistruttrice delle mareggiate. Le causedi maggior rilievo della rapida destabi-lizzazione dell’ambiente costiero sono:- l'intensa antropizzazione delle coste afini turistici e industriali, con smantella-mento delle dune per fare posto a cen-tri balneari, villaggi residenziali e por-ticcioli turistici; - l'impoverimento dell'apporto solidodei fiumi al mare per l'indiscriminatoasporto di materiale dal letto dei corsid'acqua e per la presenza di dighe diritenuta; - la subsidenza accentuata per l'estra-zione di idrocarburi e acqua in zone

154

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

(2) Il Decreto Legge 12 ottobre 2000, n. 279, dal titolo “Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezionecivile, nonché a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000”. Nel testo ci si riferi-sce a tale norma come DL Soverato.

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troppo vicine al mare (delta padano elaguna veneta).Tale stato di cose non è presente solosulle coste italiane ma, in misura più omeno estesa, in tutti i Paesi rivieraschidel Mediterraneo. In particolare, l'usoturistico di ampie fasce costiere hacomportato uno sfruttamento intensivoevidenziato da un proliferare di cittadi-ne, villaggi turistici, attrezzature bal-neari che hanno sconvolto il naturaleequilibrio dinamico che presiedeva inpassato l'evoluzione di questo ambien-te. Tale intensivo sfruttamento econo-mico, privo delle preoccupazioni perquale sarebbe stato in futuro l'impattosull'ambiente, tende ad aggravaresempre di più la già precaria situazio-ne. Dalla fine degli anni '50 ad oggi, la

fascia costiera è stata utilizzata comeun bene inesauribile e indistruttibile sucui fosse possibile gravare con unnumero illimitato di opere, senza curar-si delle conseguenze, invece di ammi-nistrarlo come un bene prezioso chedoveva durare nel tempo per permette-re una migliore resa economica.I successivi interventi, con la costruzio-ne delle più svariate opere di difesa,sono stati spesso del tipo a "tampone"sotto la spinta dell'urgenza. Si trattacioè di opere realizzate in tempi diver-si, in aree limitate, che hanno rimanda-to la soluzione del problema senzarisolverlo. Oggi sulle coste sono pre-senti opere di difesa di tutti i tipi,costruite per le più svariate esigenze,ma troppo spesso esse non sono il

risultato di una progettazione oculatasecondo una visione generale del pro-blema, bensì sono realizzate nella vanaricerca di un'opera di difesa "universa-le" che risolva tutti i problemi.In questo quadro di "disordine" ambien-tale, seguito ad un sempre più massic-cio sfruttamento della fascia costiera,si inseriscono periodicamente eventimeteorologici avversi caratterizzati daforti piogge, piene rovinose dei corsid'acqua e forti mareggiate che accre-scono il degrado non solo della fasciacostiera, ma anche della rete fluvialedell’entroterra costiero.In figura 9 è rappresentata la situazio-ne di degrado della costa italiana sianei tratti a falesia che di litorale sab-bioso.

155

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

La situazione di degrado delle coste italiane, 1995FIGURA 9

costa rocciosa

spiaggia in arretramento

spiaggia in accrescimento

opere di difesa

numero totale dei bacini artificiali con capacita' superiore ai centomila metri cubi lungo i corsi d'acqua nelle singole regioni

aree soggette a fenomeni di subsidenza

Surplus P (kg/ha)

n.

14

52

76

34 13

18

18

25

17 4

7 13

29

42

4 12

12

Po

Arno

Tevere

13

12

3

FONTE: Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1995.

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In complesso si è in presenza di un pae-saggio assai vario: litorali sabbiosi efalesie, grandi golfi e minuscole insena-ture, apparati deltizi e foci fluviali, portinaturali e porti canale, stagni e lagunecostiere si susseguono mostrando dif-ferenze di carattere geomorfologico edantropogeografico.Dei circa 8.000 km di costa, più di4.000 km sono dati da coste alte, conspesso una breve cimora di spiaggiaalla base della falesia. Il rimanente èdato da litorali sabbiosi, zone lagunari eapparati deltizi, di cui il Po rappresental’esempio più evidente.Unico fattore comune è la costanteantropizzazione e l'utilizzo economicodella fascia costiera.Ad esemplificazione di quanto espostosi ricorda che buona parte delle costeitaliane (circa il 45%) è oggi minaccia-ta da un progressivo e generale degra-do che, per lo più, si evidenzia in unaforte erosione degli arenili. Tale feno-meno è apparso in tutta la sua gravitàalla fine degli anni '50, inizio degli anni'60, dopo un lungo periodo di generalestabilità delle spiagge.Tutte le opere di difesa, costruite intempi differenti sotto la spinta dell'ur-genza, coprono larga parte delle costesenza poter garantire con sicurezza lastabilità futura. Inoltre, essendo staticostruiti quando i processi erosivierano già in atto, il loro costo è statoquasi sempre altissimo.In generale si può notare come gliinterventi a difesa siano sempre segui-ti a vistosi arretramenti della linea diriva. Questo parametro geomorfologico(riduzione di ampiezza del backshore) èsenz'altro significativo nel trend evolu-tivo di un settore costiero, ma non biso-gna dimenticare che costituisce latappa finale di un processo erosivo ini-ziato molto prima nel tratto di spiaggiasommerso compreso tra la linea di rivae la zona dei frangenti. Ciò significa chefino ad oggi, nella maggior parte deicasi, gli interventi a difesa sono statieffettuati non al primo accenno dell'in-staurarsi del fenomeno che si vuolecontrastare, bensì quando si era ormainella sua fase finale. Si è cioè seguito,per necessità, un metodo operativo chenon è il migliore dal punto di vista tec-nico. È noto che l'arretramento dellalinea di riva è sempre preceduto da un

progressivo aumento della pendenzadei bassi fondali antistanti. Tale feno-meno costituisce il primo avviso di unatendenza verso la destabilizzazionedella fascia costiera. Oggi, a differenzadi altri ambienti naturali (fiumi, rilievimontuosi, pianure), la fascia costiera èl'unico ambiente completamente privodi servizi di controllo che possano for-nire indicazioni per interventi preventi-vi o tempestivi al primo accenno del-l'instaurarsi di fenomeni destabilizzantidell'equilibrio ambientale. Si potrebbeobiettare che tale servizio, data l'esten-sione delle coste italiane e la comples-sità degli elementi in gioco, sarebbetroppo oneroso per l'amministrazionepubblica, ma è sufficiente considerarel'altissima resa economica delle areecostiere utilizzate a fini turistici percapire il rapporto costi/benefici dell’a-zione.In ogni caso, per ovviare a questo statodi cose, sarebbe sufficiente attivareuna rete di controllo, non per effettuarestudi completi sui caratteri evolutividella fascia costiera, ma anche solo perun semplice rilevamento di alcuni para-metri geomorfologici che permettereb-be di seguire l'evoluzione della costanel tempo, indicando il momento diun'eventuale variazione pericolosa perl'equilibrio futuro della fascia costiera.Ciò consentirebbe di svolgere un'effi-cace azione preventiva, almeno a gran-di linee, per la salvaguardia della fasciacostiera con un modesto costo finan-ziario.I parametri da evidenziare, con fre-quenza almeno mensile, dovrebberoverificare, oltre ai caratteri fisici dellacosta esaminata, la tendenza evolutivaa lungo periodo e l'entità delle variazio-ni stagionali. Si tratta quindi di definirei caratteri granulometrici del backshoree dei bassi fondali antistanti, l'ampiez-za della spiaggia emersa, la pendenzadei bassi fondali tra la linea di riva e l'i-sobata corrispondente alla zona deifrangenti. Questi sono i dati essenzialidi base, a cui naturalmente possonoaggiungersi altri dati qualora ve ne siala possibilità (caratteristiche del motoondoso, dati correntometrici, ecc.). Ilparametro più semplice da misurare eda elaborare è quello della variazione dipendenza dei bassi fondali tra la lineadi riva e la zona dei frangenti.

I casi di studio in cui si sono confronta-te le variazioni della batimetria e dellalinea di riva, dimostrano che sarebbestato possibile prevedere la situazioneattuale e che una corretta azione pre-ventiva, effettuata anni fa, avrebbeavuto maggiori possibilità di successonel mantenimento dell’equilibrioambientale. È inspiegabile come que-sto ovvio principio non sia quasi maiusato nella difesa della fascia costiera.Onde evitare gli errori del passato,sarebbe auspicabile per il futuro lacreazione di una rete di sorveglianzacostiera per la raccolta sistematica diquei parametri geomorfologici capaci dievidenziare le graduali variazioniambientali della fascia costiera. Di que-sta responsabilità potrebbero farsi cari-co, come i più diretti interessati, iServizi Tecnici della pubblica ammini-strazione delle città rivierasche. Siricorda, brevemente, che come baseper possibili futuri interventi è sufficien-te misurare sistematicamente parame-tri elementari quali l’ampiezza delbackshore e la pendenza dei bassi fon-dali antistanti. Questi dati, naturalmen-te, non servirebbero per quantificare gliinterventi a difesa, bensì per indicarequando la situazione si sta evolvendoverso livelli pericolosi per l’equilibriodell’ambiente costiero. Il costo di untale servizio è relativamente basso,data l’importanza economica del setto-re, ma permetterebbe di poter operarein futuro in maniera più corretta delpassato garantendo maggiori possibi-lità di successo nella salvaguardia dellazona costiera.

Il rischio vulcanico

I problemi del rischio vulcanico in Italiasono affrontati dal Gruppo Nazionale diVulcanologia (GNV) che rappresenta lastruttura operativa del ServizioNazionale di Protezione Civile. Il GNVregola le sue attività in programmitriennali che prevedono non solo atti-vità di ricerca in materia ma anche atti-vità di sorveglianza tecnico scientificaper prevedere la fenomenologia deivulcani attivi italiani, per la prevenzionedi effetti calamitosi.Su queste basi il GNV ha svolto fino adoggi un'ininterrotta attività di sorve-

156

IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO

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glianza tecnico scientifica su tutti i vul-cani attivi italiani quali Vesuvio, CampiFlegrei, Ischia, Etna, Stromboli eVulcano, al fine di fornire al Dipartimentodella protezione civile tutti gli elementiconoscitivi necessari per l'adozione dimisure di previsione, prevenzione e pia-nificazione delle emergenze.Attraverso continue e sistematicheoperazioni di monitoraggio geofisico,geochimico, petrologico e visivo deivulcani attivi, ed indagini in sito, il GNVè impegnato a valutare per ogni vulca-no la pericolosità, intesa come probabi-lità che si verifichi un evento, la defini-zione dell'evento atteso, la vulnerabilitàdel territorio ed i livelli di rischio conse-guenti. Nell'opera di monitoraggio edelaborazione dati sono coinvolte moltestrutture del territorio italiano qualil'Osservatorio Vesuviano di Napoli,l'Istituto Internazionale di Vulcanologia diCatania, l'Istituto di Geofisica dei Fluidi diPalermo, oltre le strutture Universitarie diricerca. Per ogni vulcano attivo è previ-sta una sorveglianza continua tramitemetodologie geofisiche:- monitoraggio di 24h dell'attività sismi-ca, il cui scopo è la determinazione deiparametri di sorgente dei terremoti; - controllo della deformazione del suolocon metodi clinometrici, mareometri(Vesuvio), GPS "in continuo" (isoleEolie, Vesuvio) e attraverso campagnedi livellazione altimetrica. In particola-re, per l'Etna, a partire dal 1980, sisvolgono periodiche campagne di livel-lazione di precisione su tutta l'areaetnea con particolare attenzione al ver-sante settentrionale del vulcano, dove èpresente una struttura sismogenetica(P.no Perticana) e quello meridionalesoggetto a fratturazione. Attraverso l'e-laborazione dei dati relativi è stato pos-sibile studiare i movimenti del suolodurante le eruzioni del 1981, 1989,1991 e 1993. Attualmente la rete alti-metrica dell'Etna consta di 200 capi-saldi distribuiti su di una lunghezza di115 km;- la sorveglianza visiva 24h dell'attivitàdei crateri sommitali con telecamerecentralizzate (Catania, Lipari);- sono previste, inoltre, campagne peranalisi gravimetriche e geomagnetiche,metodologie geochimiche;- campagne mensili di misure, campio-namento ed analisi di CO2, radon (Rn),

elio (He) nei suoli;- rilievi sul degassamento di CO2 neisuoli in settori specifici delle aree vul-caniche;- controllo dei parametri fisico-chimicidelle acque; - campionamento di fumarole e mofe-te per analisi chimiche ed isotopiche;- misure di flusso di SO2 mediantespettrometri;- misure per la determinazione di mer-curio e radionuclidi naturali nelle acquedelle falde sotterranee.Parallelamente all'attività pratica disorveglianza viene svolta anche un'in-tensa attività di ricerca teorica con unaserie di studi tesi a completare ed ela-borare il quadro offerto dal sistematicorilevamento dei dati. Tra i principalitemi di ricerca assume grande rilievo lavalutazione della pericolosità dei vulca-ni attivi italiani.Per l'Etna tali studi mirano:1) all’individuazione, definizione, moni-toraggio e modellazione di eventi con-nessi alla penetrazione e risalita deimagmi; 2) al monitoraggio ed alla modellazionedi eventi eruttivi storici e contempora-nei con modellazione teorica in 3D deiflussi lavici per determinarne il proba-bile percorso e la lunghezza; 3) alla formulazione di un modello uni-ficato della pericolosità dell'area etnea,essenzialmente ricostruendo su basistratigrafiche la storia esplosiva delvulcano con particolare attenzioneall'intervallo temporale 15-44 migliaiadi anni.Per Vulcano gli studi in atto tendono:1) alla definizione della struttura dell'e-dificio e del suo substrato e della posi-zione e dimensione della camera mag-matica; 2) alla modellazione del sistema fuma-rolico ed idrotermale; 3) alla modellizzazione del sistemamagmatico e dei processi petrogeneti-ci ed evolutivi.Questi temi confluiscono in un unicotema più generale che si propone disimulare i fenomeni eruttivi attesi evalutarne la pericolosità.Anche per Stromboli sono in atto ricer-che petrologiche, petrogenetiche, mine-ralogiche e stratigrafiche che insiemead indagini geofisiche contribuirannoalla modellizzazione della struttura di

Stromboli per la valutazione della suapericolosità.Per il Vesuvio, i Campi Flegrei ed Ischiasono ormai numerosi gli studi di valuta-zione del rischio e della pericolositàche si associano anche a progetti per lamitigazione e zonazione della pericolo-sità vulcanica. Il progetto Vesuvio,Campi Flegrei ed Ischia ha infatti otte-nuto un "contributo speciale" per ilfinanziamento di programmi finalizzatial "potenziamento della sorveglianzasismica e vulcanica, allo sviluppo diricerche sul rischio sismico e vulcani-co, alla realizzazione di interventi per lapreparazione alle emergenze".I temi di ricerca prevedono:1) la ricostruzione della storia eruttivapassata per la comprensione del fun-zionamento del vulcano;2) studi finalizzati alla comprensionedello stato attuale del vulcano.Entrambi i temi confluiscono nellamodellizzazione e simulazione delcomportamento futuro del vulcano conproduzione di carte tematiche di zona-zione della pericolosità per classe dieventi, per tipologie eruttive e perfacies deposizionali.Resta da ricordare una serie di pro-grammi di ricerca che si svolgono conapprocci metodologici applicati tra-sversalmente a più aree e che applica-no studi geologici, geofisici, vulcanolo-gici, geodinamici, stratigrafici e geochi-mico-petrologici ad aree di vulcanismorecente. I temi in via di svolgimentoconcernono:- indagini petrologiche indirizzate allamodellazione di sorgenti e processi didifferenziazione e monitoraggio dellostato di attività dei vulcani italiani;- indagini geochimiche su sublimati efluidi vulcanici anche mediante l'impie-go di tecniche di telerilevamento;- indagini statistiche;- indagini sperimentali sui processi vul-canici esplosivi e sulla modellizzazionedei meccanismi di messa in posto deiloro prodotti;- indagini sulla geofisica e geologiastrutturale regionale in aree interessateda vulcanismo attivo;- iniziative culturali per la formazione diun'educazione di massa.Esiste infine un progetto Tirreno che siprefigge il rilievo morfostrutturale adalta risoluzione del bacino tirrenico

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(condotto presso l'Istituto di GeologiaMarina del CNR di Bologna).Si sta configurando la nascita di speci-fici gruppi di lavoro che operano tra-sversalmente rispetto ai progetti giàelencati che hanno il compito di coordi-nare le attività di ricerca e di sorve-glianza in ambito più strettamentetematico e metodologico.

Stato attuale delle conoscenze

Vulcano: il monitoraggio geochimicoevidenzia una nuova fase di instabilitàdel vulcano che è probabilmente inizia-ta già dal 1977 quando fu registrato perla prima volta un aumento del flusso divapore e della temperatura massimadei gas fumarolici. Le variazioni regi-

strate da allora, con fasi alterne diintensità, possono essere interpretatecome dovute ad un nuovo input di flui-di profondi di origine magmatica equindi connesso alla risalita di un corpomagmatico verso la superficie, oppuread un possibile arrivo di nuovo magmanella camera magmatica. Non si hannoperò sostanziali modifiche dei parame-

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La pianificazione territoriale di area vasta e la tutela dell’integrità fisica del territorio

Il Ministero dell’ambiente tiene sotto costante osservazionel’attività di pianificazione territoriale ed ha elaborato uno stu-dio che si propone di fornire elementi di analisi affinché sigiunga ad una coerente integrazione tra livelli di governo elivelli di pianificazione, in luogo di una improduttiva sovrap-posizione. Lo studio prende in esame i principali strumenti dipianificazione di area vasta, elaborati rispettivamente:- dalle Province, con i Piani Territoriali di CoordinamentoProvinciale (PTCP);- dalle Regioni con i Piani Territoriali Paesaggistici (PTP);- dagli Enti Parco Nazionale, con i Piani di assetto delle areenaturali protette;- dalle Autorità di bacino, con i Piani di bacino, Piani stralciodi bacino e con i Piani straordinari per le aree a rischio idro-geologico molto elevato.I risultati della ricerca hanno fornito i primi dati quantitativisullo stato di attuazione e di integrazione della pianificazio-ne a livello nazionale, che mostrano un sostanziale ritardonella elaborazione di alcuni specifici strumenti, fondamenta-li per conseguire l’obiettivo della tutela e salvaguardia delterritorio. In particolare, lo studio ha messo in risalto il ruoloche potrebbe svolgere la pianificazione provinciale, anche aifini dell’attuazione e integrazione delle programmazioni ter-ritoriali di tutela, ai vari livelli di governo del territorio.La Legge 142/1990 e il DLgs 112/1998 conferiscono alleProvince una specifica competenza, oltre che in campo urba-nistico, anche in materia di difesa del suolo, di tutela e valo-rizzazione dell’ambiente e del territorio, di prevenzione dellecalamità, di valorizzazione dei beni culturali, di viabilità e ditrasporti. In particolare attraverso lo strumento del Piano ter-ritoriale di coordinamento (PTCP), la Provincia determinaindirizzi generali di assetto del territorio, in attuazione dellalegislazione e dei programmi regionali, che riguardano:- le diverse destinazioni del territorio in relazione alla preva-lente vocazione delle sue parti;- la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture edelle principali linee di comunicazione;- le linee di intervento per la sistemazione idraulica, idro-geologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consoli-damento del suolo e la regimazione delle acque;

- le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riservenaturali.Il Ministero dell'ambiente segue con attenzione lo sviluppo el'interazione tra gli strumenti della pianificazione territorialedi area vasta, in particolare di quella delle Province, perché iPiani territoriali di coordinamento possono costituire unostrumento efficace nella tutela del territorio, per la loro voca-zione a considerare il territorio stesso nella sua valenza di"sistema".Tale tipologia di piani si configura, allo stato attuale, come lostrumento di programmazione più idoneo alla scala vasta,perché costituisce un naturale ed efficace anello di congiun-zione tra la pianificazione regionale e quella comunale che,nella fase di attuazione, comporta le ricadute più dirette perl'integrità fisica ed ambientale del territorio.Dall’indagine condotta (*), estesa alle 103 Province naziona-li, risultano i seguenti dati generali (figura 1):- sono stati approvati o adottati 39 Piani territoriali di coor-dinamento provinciale;- sono 7 i Piani elaborati, ma non adottati;- sono in corso di elaborazione 47 Piani; - non sono state ancora attivate le procedure per la redazio-ne dei Piani in 10 Province. Il quadro mette in evidenza comevaste aree del territorio nazionale, soprattutto localizzate alSud, non siano ancora dotate di questi strumenti di pianifi-cazione.È necessario, quindi, un notevole impegno a livello dei varisoggetti istituzionali coinvolti ed appare altresì fondamenta-le che i vari strumenti di pianificazione, nei contenuti e nellaloro reciproca interazione, pongano grande attenzione allacoerenza tra le previsioni di piano e le possibilità di trasfor-mazione reale del territorio.I Piani, in primo luogo, dovranno assumere come obiettiviimprescindibili il ripristino, la valorizzazione e la conserva-zione delle valenze ambientali dei luoghi. Le previsioni di svi-luppo dovranno considerare come prioritario il recupero del-l'esistente, allo scopo di ridurre il più possibile l'uso delsuolo, considerato come bene finito. Le localizzazioni degliinterventi dovranno avvenire su quelle aree che presentanoil maggior grado di sicurezza. In generale, la programmazio-

SCHEDA 3

(3) M = magnitudo unità di misura per l’evento sismico.

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La pianificazione territoriale di area vasta e la tutela dell’integrità fisica del territorio

ne dell'uso del territorio dovrà essere caratterizzata da unapproccio realmente sostenibile all'uso del territorio.Obiettivo che sarà raggiungibile solo se il concetto di soste-nibilità, oltre che nella fase di programmazione, si comple-terà con un effettivo monitoraggio degli effetti prodotti dallaattuazione dei piani sul territorio e con un conseguente ade-guamento degli strumenti. Il Ministero dell'ambiente, quindi,considerando il ruolo che il livello della pianificazione provin-ciale può rivestire nel perseguimento degli obiettivi cheriguardano la difesa del suolo e la tutela dell’ambiente, ritie-ne indispensabile promuovere il completamento e la pienaattuazione di tale livello di pianificazione. Ciò al fine di con-sentire alla Provincia, nel rispetto delle linee dettate dal DLgs112/1998, di mantenere e possibilmente rafforzare il proprio

ruolo di programmazione e di pianificazione urbanistica,basato sulla tutela e l'uso ragionato e sostenibile delle risor-se naturali. A tal fine, il Ministero dell'ambiente sta proce-dendo alla attuazione della Intesa Operativa, stipulata nelgiugno 1999 con l'Unione Province Italiane finalizzata, tral'altro, all’individuazione ed allo sviluppo di adeguate formedi cooperazione tra le Autorità di bacino, le Regioni, leAgenzie per la Protezione dell'Ambiente e le Province. TaleIntesa favorirà l’attuazione degli obiettivi individuati dallapianificazione specialistica e di bacino e, nello stesso tempo,favorirà le azioni finalizzate ad orientare, attraverso la piani-ficazione delle Province, i contenuti degli strumenti urbani-stici comunali verso un approccio realmente sostenibileall'uso del territorio.

segue SCHEDA 3

Stato di attuazione della pianificazione provinciale, 31 ottobre 2000 FIGURA 1

Piani Territoriali di Coordinamentoapprovati, adottati, elaborati

Piani Territoriali di Coordinamento incorso di elaborazione

nessuna elaborazione

FONTE: Ministero dell’ambiente, 2000.

(*) Aggiornata al 31 ottobre 2000.

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Accordo integrativo sul Sistema Cartografico di Riferimento

L'esigenza che le politiche e le specifiche decisioni assuntea livelli istituzionali diversi (Stato, Regioni, Province, Comuni)siano tra loro coordinate ed interrelate, richiede che laPubblica amministrazione abbia a disposizione strumentiche le permettano di fruire del patrimonio informativo adoggi disponibile. E’ necessario per questo che la crescentedomanda di informazione trovi risposta nella realizzazione distrumenti di base che permettano una cooperazione sempli-ficata fra i diversi soggetti chiamati ad assumere le decisio-ni. Assumono in tal senso particolare rilievo le basi cartogra-fiche e i dati alfa-numerici correlati, che permettono di otte-nere rapidità ed efficacia nella rappresentazione e nellacomprensione dei fenomeni ambientali e territoriali, senza lanecessità di ulteriori rielaborazioni tecniche. L’obiettivo direndere il patrimonio di informazioni esistenti fruibile daparte di soggetti diversi dal gestore e permettere ad opera-tori diversi di confrontare e interrelare informazioni prodottee gestite in ambiti differenti, porterà alla valorizzazione delleinformazioni stesse da parte dell’utente. E’ inoltre necessa-rio affrontare in modo sistematico il problema della crescen-te richiesta di informazione e documentazione inerente alletematiche ambientali, proveniente da Enti, Associazioni,mondo della scuola e della ricerca, cittadini, attraverso ladefinizione di servizi informativi. Sulla base di queste consi-derazioni il Ministero dell'ambiente si è fatto promotore di unAccordo tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome cheprevede la realizzazione di un sistema di cartografia integra-to idoneo a realizzare le attività di analisi e sintesi territoria-li sia per i livelli di attività regionale che per quelli nazionali.Tale iniziativa ha permesso di predisporre un testo diAccordo sul Sistema Cartografico di Riferimento che è statoapprovato dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra loStato e le Regioni e Provincie Autonome.L'Accordo prevede un totale di risorse disponibili di 46,6miliardi, il Ministero dell'ambiente contribuisce per 39,5miliardi ed il Ministero delle finanze per i restanti 7,1 miliardi.Con le azioni previste dal presente accordo, sarà possibilequanto prima disporre di un Sistema Informativo che darà alPaese una cartografia digitale unica ed omogenea in accor-do con gli standard più avanzati adottati in ambito europeo e

che permetterà al Ministero dell'ambiente di assolvere icompiti istituzionali di gestione e di monitoraggio del territo-rio ad esso affidati. Ortofoto digitali di grande dettaglio,Modello Digitale del Terreno, database relativo alla topono-mastica con circa 750.000 elementi e strato vettoriale deilimiti amministrativi sono gli elementi che costituiscono labase cartografica di riferimento con copertura dell'intero ter-ritorio nazionale che è stata prodotta entro il 31 dicembre2000. L'individuazione di un Sistema Cartografico diRiferimento e la disponibilità, a livello nazionale, di una car-tografia di base unitaria, permetterà, diversamente da quan-to accade attualmente, di poter condividere le informazioniprodotte dalle Amministrazioni centrali, dalle Regioni, dalleAutorità di bacino e dagli Enti locali. Sono previste all'internodell'Accordo integrativo una serie di azioni che permetteran-no inoltre di rendere fruibile attraverso Internet, per tutti i cit-tadini, le informazioni disponibili associate al SistemaCartografico di Riferimento su una base cartografica facil-mente interpretabile, come le ortoimmagini, anche dai nonaddetti ai lavori. Le iniziative sopra esposte e connesse alprogetto sul Sistema Cartografico di Riferimento hanno unaenorme rilevanza non solo per il Ministero dell'ambiente maanche per tutte le altre Amministrazioni che operano su talemateria; l'attenzione e l'interesse dimostrato da più sogget-ti istituzionali verso i prodotti che saranno forniti è un segna-le dell'apprezzamento degli sforzi compiuti dal Ministero perportare a compimento il progetto ed il riconoscimento delrilevante contenuto qualitativo dello stesso.Entro il 2001 tale nucleo di base sarà arricchito da ulterioristrati informativi tra i quali:- reticolo idrografico e relativi bacini;- intorno dei centri urbani e nuclei abitati;- reti di comunicazione ferroviaria e stradale;- realizzazione della rete unitaria di inquadramento conmaglia di almeno 7 km.Il Sistema Cartografico di Riferimento sarà condiviso da tuttele Amministrazioni pubbliche firmatarie dell'Accordo e sonopreviste delle procedure semplificate per permettere l'ade-sione a tutte le altre Amministrazioni che ritenessero taleSistema di loro interesse.

SCHEDA 4

tri geofisici. Per l'Etna l'attività di sor-veglianza e di studio degli ultimi anniha permesso di rilevare l'anomaloandamento di alcuni parametri comecomposizione geochimica delle acquesotterranee nei versanti sudoccidentalied orientali, contenuto di radon neisuoli, flusso di CO2 dal suolo, chepotrebbero essere messe in relazionecon la recente eruzione del 1999.Campi Flegrei ed Ischia invece risulta-

no stabili da un punto di vista geochi-mico, però continua il processo di sub-sidenza nella caldera flegrea.Per il Vesuvio nel 1998 sono stati regi-strati ben 132 eventi sismici con M>2(3) con epicentri localizzati nell'areacraterica e profondità focali raramentesuperiori a 3 km. Non si è avuta peròdeformazione del suolo né variazionesostanziale del campo di gravità edanche la composizione chimica e la

temperatura delle fumarole non hannoregistrato modifiche di rilievo.L'oscillazione della falda misurata alpozzo Camaldoli della Torre indica dalgennaio 1998 un'oscillazione di circa21 cm con temperatura stabile.