il vascello non c è nessun vascello che, come un libro ......1 il vascello non c è nessun vascello...
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IL VASCELLO
Non c è nessun vascello che, come un libro
possa portarci in paesi lontani,
né corsiero che superi al galoppo
le pagine di una poesia.
E’ questo un viaggio anche per il più povero,
che non paga nulla,
tanto semplice è la carrozza che trasporta
l’anima umana.
(Emily Dickinson)
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INTRODUZIONE
Questo libro è il prodotto finale di un progetto di educazione
alla lettura che si è declinato nell’arco dell’anno scolastico
2010/2011.
Il progetto ha permesso ai nostri alunni di fare disparate
esperienze, anche in contesti differenti rispetto a quello
prettamente scolastico, ne è un esempio la visita alla
Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro.
Tali esperienze hanno pertanto riguardato attività di
consultazione, ricerca, lettura e scrittura.
Il libro ha dunque voluto raccogliere i sentimenti, le passioni,
i dubbi, le certezze e anche le incertezze che albergano in
ogni cuore e che i nostri bambini sono riusciti a esplicitare
magistralmente.
Per mano di fata Fantasia i bambini hanno riempito i loro
fogli bianchi con delle grandi e interessanti storie di vita.
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Le storie tuttavia, non rispondono a tematiche specifiche, ma
sono state realizzate liberamente dai singoli bambini.
E’ stata questa una scelta didattica rispondente ad alcuni
principi pedagogici che rappresentano le pietre miliari di
alcune delle più importanti scuole di pensiero pedagogico, e
che fanno riferimento al pragmatismo di Dewey per il quale il
pensiero dell'individuo nasce dall'esperienza sociale, al
cognitivismo e all’attività di metacognizione che consentono
all’allievo di fare previsioni, inferenze e soprattutto
riflessioni sui propri apprendimenti, sino al costruttivismo
che propone una conoscenza costruita dal discente e non
trasmessa. Un apprendimento dunque, che richiede
soprattutto l’impegno attivo del bambino, essendo egli
appunto, il costruttore delle proprie rappresentazioni grazie
a delle interazioni con il materiale, le persone e il contesto.
In questa prospettiva anche l’impiego delle nuove tecnologie
dona uno slancio differente al processo di auto-costruzione
del sapere e l’utilizzo dei computer, per la realizzazione dei
contesti laboratoriali del nostro lavoro, ha cercato di
soddisfare questa categoria, nella consapevolezza che
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appunto in tali ecosistemi apprenditivi vi è la maturazione
naturale di atteggiamenti di responsabilità, condivisione,
solidarietà e creatività.
Il nostro obiettivo preminente è stato dunque di creare il
clima favorevole, affinché l’enigmatica fantasia dei nostri
bambini potesse esprimersi in tutta la profondità, la
sensibilità e la libertà.
Buona lettura a tutti!
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ESSERE BAMBINI
ra una fredda giornata di inverno e stavo sdraiato
sul divano a guardare la televisione.
Attraverso i vetri della finestra che si trovava sulla
mia destra, riuscivo a vedere dei grossi nuvoloni di colore
grigio scuro che ad un osservatore poco attento potevano
apparire anche nere, esse sembravano sogghignare e
promettevano un terribile temporale.
Quello spettacolo di nuvoloni arrabbiati, mi fece venire un
brivido lungo la schiena, allora spostai lo sguardo: i miei
occhi si posarono sullo scoppiettio allegro, della legna che
ardeva nel camino.
Poi sistemai la coperta di ciniglia che avevo sulle spalle e mi
feci abbracciare da essa dolcemente. Mi addormentai e la
fantasia dei miei sogni mi condusse in un paese lontano e
caldissimo: l’Africa. Non sentivo però il suono dei tamburi o
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le dolci melodie dei canti festosi intonati dalle donne vestite
di mille colori, mi trovavo invece in una buca scavata nel
terreno, l’aria era secca e polverosa e il sole alto nel cielo
non mi consentiva di guardare davanti a me, mentre un
suono cupo mi faceva male alle orecchie.
Si trattava di aerei bombardieri che si avvicinavano al luogo
dove io mi trovavo e il rumore dei motori diventava sempre
più assordante.
All’improvviso un tonfo, una deflagrazione, così pezzetti di
vetro, sassi, polvere e schizzi di sangue sfiorarono la mia
pelle.
In quell’istante compresi di trovarmi in mezzo ad un
combattimento e quello che mi impressionò fu il vedere
apparire davanti a me dei ragazzini che avevano la mia età, e
che tenevano in mano dei fucili molto più grandi di loro.
Stranamente riuscivo a capire ciò che quei ragazzi dicevano
e compresi dalle loro parole che avevano paura.
I ragazzi mi ordinarono di seguirli e mi condussero in un
piccolo spiazzo, sui cui lati, c’erano ammucchiati cumuli di
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macerie,poi mi portarono in una specie di sotterraneo e lì
assistetti ad uno spettacolo terribile, il loro amico Benjamin
aveva perso la gamba a seguito dello scoppio delle bombe
lasciate cadere dagli aerei.
Il bambino ricoperto di sangue e polvere, tremante per
immenso dolore, posò i suoi occhi profondi su di me e mi
chiese di raccontargli delle storie, così che egli avrebbe
potuto trascorrere quelle ultime ore di sofferenza come un
bambino e… allora incominciai a narrargli le storie che i miei
amici avevano raccontato a me…
Francesco Ierace IV^ B
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IL BOSCO INCANTATO
’era una volta in un bosco incantato un laghetto
azzurro, le cui acque brillavano d’oro grazie ai raggi
del sole. Il lago era circondato da alti alberi che
sembravano guardiani del lago, mentre tutto intorno il prato
era tinteggiato da mille varietà di verde ed era punteggiato
da fiori multicolori. Sulla corteccia dell’albero più vecchio
era presente una apertura circolare, si trattava dell’ingresso
di una tana ed in particolare era la casa di uno scoiattolo di
nome Nocciola. Sotto la tana dello scoiattolo c’era un
arbusto molto grosso, in esso abitava il folletto Briciola.
Tutto era in equilibrio in questa valle, ma un brutto giorno
essa fu profanata da Alberto, un ragazzo dispettoso che
andava a caccia di scoiattoli e che aveva seguito Nocciola
nel suo ritorno alla tana. Il ragazzo rapì lo scoiattolo, lo
infilò in un sacco e lo portò con sé nel suo mondo.
Il folletto che aveva assistito al rapimento seguì il ragazzo e
trovò l’amico scoiattolo intrappolato in una gabbia.
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Grazie alla sua magia riuscì a liberare Nocciola e insieme
ritornarono nel bosco incantato. Era necessario preservare
la valle dalla cattiveria e per questo tutti gli spiriti del bosco
furono convocati. Durante la riunione si stabilì che nel bosco
potevano accedere solo coloro che avevano il cuore buono e
puro e dunque per coloro che avevano cattive intenzioni il
bosco sarebbe rimasto avvolto da un cancello invisibile, ma
impenetrabile.
Così gli abitanti del bosco vissero serenamente e felicemente
per secoli e secoli.
Gaia Monteleone IV^B
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LA FARFALLA E IL BRUCO
era una volta una farfalla un pò birbante che
amava la solitudine e tendeva a bisticciare con
tutti quelli che incontrava.
Un giorno, mentre la farfalla stava perlustrando un prato
pieno di gialle campanule che emergevano fiere dalle
verdeggianti piante di zucche, fece un incontro
particolarissimo.
La farfalla si posò sulla campanula e cominciò a camminare
nel polline appiccicoso, ma si accorse di non essere sola.
Sul lato del fiore c’era un bruco giallo che a causa del polline
non riusciva a venir fuori dal fiore.
La farfalla allora comprese la difficoltà del bruco e lo invitò
ad aggrapparsi a lei. Il bruco riuscì a venire fuori dal fiore,
poi ringraziò la farfalla per la sua gentilezza.
Tra di loro iniziò una grande amicizia e il bruco si innamorò
della farfalla, che però non ricambiava il suo amore.
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Passò qualche tempo e un giorno il bruco cominciò a sentirsi
molto stanco, poi smise di mangiare e alla fine si
addormentò.
La farfalla era preoccupata per il suo amico, ma lo vegliava
con fiducia.
Il bruco era ormai cambiato, era avvolto da un involucro
duro e la farfalla incominciava a temere per lui.
Un giorno, la farfalla si allontanò per qualche momento e
quando ritornò dall’amico, egli non c’era più.
Molto dispiaciuta, cominciò a piangere, ma da dietro un bel
ciuffo d’erba fresca, apparve il suo amico bruco che aveva
subito una metamorfosi straordinaria: si era trasformato in
una bellissima farfalla.
I due si sposarono e vissero per sempre felici e contenti.
MannellaGabriella V ^B
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MAMMA LEONESSA
anto tempo fa un uomo di nome Raffaele aveva deciso
di abbandonare le città affollate e caotiche per
ricominciare una nuova vita nella giungla,
incontaminata e selvaggia.
Raffaele si era costruito una casa con materiale che aveva
reperito in natura e si nutriva dei frutti spontanei e di ciò che
riusciva a cacciare.
L’uomo però aveva sottovalutato i pericoli della giungla.
Un giorno infatti, sentì dei gemiti strani, incuriosito continuò
il suo percorso,ma ad un certo punto fu aggredito da una
leonessa.
Raffaele allora preso dalla paura si ricordò di avere con sé
un coltello, e con la grande destrezza del cacciatore esperto,
colpì la leonessa mortalmente.
Grande fu la sua meraviglia e insieme il suo dolore quando si
accorse che la leonessa aveva appena partorito dei cuccioli
e la sua aggressività era dovuta al suo amore materno.
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Allora Raffaele accarezzò mamma leonessa promettendole
che si sarebbe preso lui cura dei suoi cuccioli, poi li raccolse
da terra e li condusse con sé nella propria casa accudendoli
e addestrandoli quasi come fosse la loro mamma.
Franzé’ Rocco V^A
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L’ ELEFANTINO E LA NOCCIOLINA
’era una volta una bellissima valle, ricoperta da prati
verdissimi e fiori multicolori.
Nascosta dietro i rami rugosi di un albero secolare vi
era una grotta abitata da un elefantino di nome Tanny.
Come ogni mattina, l’elefantino era molto affamato e usciva
dal suo nascondiglio alla ricerca di cibo.
Tanny camminava ondeggiando sopra le sue grosse zampe e
fischiettava dolci melodie, ma pensava che sarebbe stato
ancora più felice se non avesse incontrato la difficoltà
quotidiana di cercare il cibo.
Ad un certo punto il suo passò trotterellante rallentò quando
vide dinanzi a sé un albero strano,ma meraviglioso, alla cui
base c’era un fiore particolare.
L’elefantino si avvicinò al fiore, voleva sentirne il profumo,
chiuse gli occhi, poi inspirò il profumo del fiore e meraviglia
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si trovò catapultato in un mondo fantastico tutto ricoperto da
noccioline…
Quello era il posto ideale per gli elefanti.
Tanny camminava lentamente e pensava che quel mondo era
affascinante, le noccioline erano tantissime tutte posizionate
in mucchietti che stranamente sembravano cadere verso
destra.
In quel mondo ideale la ricerca affannosa di cibo per lui era
dunque finita.
La curiosità dell’elefantino fu però improvvisamente attirata
da una nocciolina che cominciò a rotolare verso una
stradina in pendenza.
Tanny cercò di afferrarla con la sua proboscide, ma non
riusciva a starle dietro.
Era strano, aveva un mucchio di noccioline da poter
mangiare, ma lui voleva prendere quella ribelle e dopo tanto
tanto correre, finalmente, riuscì a prenderla.
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Tanny chiuse gli occhi e infilò la nocciolina nella sua bocca,
mentre la stava gustando li riaprì e si ritrovò nella sua valle.
Aveva capito che le cose che comportano sacrificio sono le
più belle.
Elisa Costa V^ B
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UN CANE…UN AMICO
’era una volta un cane di nome Bobo che viveva in
una fattoria insieme al suo padroncino Damy.
Il cane era molto affettuoso e simpatico e giocava con
i bambini amici di Damy.
Un giorno Bobo si allontanò dalla fattoria e si smarrì. Stava
percorrendo una stradina che costeggiava un burrone e ad
un certo punto davanti a Bobo comparve un uomo alto e
grosso dall’atteggiamento severo che teneva tra le mani un
grosso bastone.
L’uomo cominciò a picchiare il cane e alla fine lo scaraventò
nel burrone.
Intanto Damy era preoccupato per l’assenza dell’amico e
decise dunque di andare a cercarlo.
Dopo diversi giorni di ricerche finalmente Damy, passò
vicino al burrone e guardando verso il basso si accorse che
il suo fidato amico si trovava lì, in fin di vita.
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Damy discese rapidamente il burrone, prese in braccio il suo
amico e lo condusse a casa dove fu opportunamente
medicato dal veterinario.
Bobo si rimise in breve tempo grazie all’affetto dell’amico
Damy e insieme trascorsero giornate allegre e gioiose.
Damiano Maiolo V^A
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LA BELLA FANCIULLA
’era una volta un principe di nome Derek che amava
trascorrere il suo tempo libero passeggiando nella
rigogliosa campagna del suo regno.
Un giorno il principe si ritrovò a passare in un villaggio,
dove vide una ragazza bellissima che stava raccogliendo
delle mele.
Il principe si avvicinò alla ragazza nel tentativo di poter
sentire la sua voce, ma ella impaurita scappò.
Derek rimase sbigottito per l’atteggiamento della ragazza e
decise di andare subito dal padre per parlargli della bella
fanciulla.
Il re sapeva che il figlio voleva al suo fianco una ragazza
speciale e se era rimasto colpito da quella ragazza
bisognava assolutamente trovarla, pertanto ordinò alle
guardie di cercare la fanciulla per tutto il regno.
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Le ricerche durarono diverso tempo, ma la ragazza non fu
trovata.
Un giorno il principe nel suo girovagare si trovò a passare in
un’area montuosa del suo regno. Nascosta tra gli arbusti e i
grossi alberi c’era una casetta di legno. Derek incuriosito si
avvicinò, spiò dalla finestra, e meraviglia, si accorse che la
ragazza che stava cercando, abitava in quella casa e stava
preparando da mangiare ad un orco.
Derek aspettò pazientemente che l’orco uscisse dalla casa e
si nascose dietro un grosso masso che si trovava poco
distante da lì.
Finalmente, dopo diverse ore di attesa, l’orco uscì con
un’ascia in mano, probabilmente intendeva andare nel bosco
per raccogliere un po’ di legna.
Non appena l’orco si fu allontanato, Derek entrò nella casa e
chiese alla bella ragazza come si chiamava e perché viveva
con un orco. La fanciulla rispose che il suo nome era Sophie
e che era prigioniera dell’orco, da cui non riusciva a
scappare.
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Il principe rassicurò la ragazza, promettendole di tornare in
tempi brevissimi per liberarla.
Derek ritornò al castello per chiedere aiuto al padre, al
castello intanto si stava svolgendo una festa alla quale erano
state invitate tantissime persone nobili, provenienti dai regni
vicini.
Derek fu colpito dal fatto che suo padre stesse piangendo,
egli stava ascoltando attentamente il racconto di alcuni suoi
amici, un re e una regina di un altro paese che avevano perso
la loro figlia da qualche anno.
La ragazza era scomparsa in un bosco e non era stata più
ritrovata. Dalla descrizione che la madre faceva della
ragazza Derek comprese che si trattava di Sophie.
Allora il principe raccontò tutto al padre ed egli ordinò alle
sue truppe di organizzarsi e seguire il principe.
La fanciulla fu così liberata.
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Il principe dichiarò il suo amore alla ragazza che accettò di
sposarlo e vissero insieme felici e contenti per tutta la vita.
Ierace RossellaV^A
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ROSY E GIULIO
n ragazzo di nome Giulio si trovava in un campo,
questo aveva sedici anni e sin da piccolo aveva
iniziato ad aiutare suo padre a badare alle pecore.
Un giorno il ragazzo stava passeggiando in una stradina
solitaria e vide una rosa meravigliosa vicino ad un lago, era
di un rosso splendido e Giulio pensò di portarla a casa.
Il ragazzo si avvicinò alla rosa per sentirne il profumo così
perse i sensi e cadde addormentato sul morbido e verde
prato. Quando si svegliò la luna era già alta nel cielo e si
ritrovò nei pressi di una casetta abbandonata. Il ragazzo si
avvicinò timidamente alla porta e cercò di guardare dentro,
riuscì a intravedere in un angolo della stanza una bella
fanciulla dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, lei si
chiamava Rosy. Giulio immediatamente si innamorò di questa
bella fanciulla e lo stesso lei.
Ma i due non sapevano niente l’uno dell’altro, così il ragazzo
invitò la fanciulla ad uscire fuori per prendere un po’ d’aria e
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ciascuno raccontò all’altro la propria storia. La storia di
Rosy era però particolare. Rosy raccontò che di giorno era
una bellissima fanciulla, ma di notte diventava un lupo. Giulio
addolorato le promise che avrebbe fatto qualsiasi cosa per
aiutarla. Lei lo rassicurò dicendogli che sarebbe bastato
solamente un bacio colmo di tutto il suo amore. Giulio
avvicinò le sue labbra a quelle di Rosy…la ragazza aveva il
profumo del bellissimo fiore che lo aveva incantato. Dopo il
bacio il ragazzo ricadde in uno stato di torpore e si
addormentò pesantemente. Al risveglio il ragazzo si accorse
che si era trattato soltanto di un meraviglioso sogno, ma la
splendida rosa rossa era ancora lì sulla riva del lago
incantato.
Cristina Rando’ V^ B
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QUEL VENTO DI LIBERTÀ
’era una volta un maiale di nome Gerry che amava
trascorrere il suo tempo a grufolare nel terreno alla
ricerca di cibo.
Spesso, andavo in campagna dai miei nonni, dopo la scuola,
indossavo dei vecchi vestiti e correvo abbracciando il vento
della libertà.
Giocavo con tutti gli animali, ma quello che preferivo era
Gerry il maialetto del nonno.
Mi avvicinavo a lui e gli mostravo sempre del cibo e Gerry
appena mi vedeva mi correva incontro per mangiare dalle mie
mani, ma soprattutto per giocare. Trascorrevamo lunghe
giornate a rincorrerci, a farci i dispetti e soprattutto a
sporcarci nel fango.
Il nonno mi sgridava qualche volta, ma nello stesso tempo
capiva i miei sentimenti.
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Io amavo la campagna, i suoi profumi e i suoi odori, ma
soprattutto, amavo quel senso di serenità e libertà che mi
riempiva il cuore e la mente.
Giuseppe Cartolano IV^ B
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LA CONIGLIETTA
ra una notte fredda d’inverno e mi trovavo nella mia
cameretta, ero andata a riposare perché’ avevo
avuto una giornata faticosa, sentivo le mie gambe
pesanti e il mio corpo sembrava essere stato devastato da un
terremoto.
Intorno a me danzava il mio eterno disordine: vestiti, giochi,
scarpe...ma io amavo quel disordine, rappresentava il mio
stesso esistere.
Stavo sistemando il piumone, quando sentì un ticchettio al
vetro del mio balcone, mi alzai frettolosamente inciampando
nelle mie scarpe da ginnastica e senza la minima esitazione
aprì il balcone…
Meraviglia! Sopra il pavimento c’era una coniglietta piccola,
indifesa e infreddolita, mi chiesi come mai un esserino di quel
genere potesse trovarsi lì a quell’ora di notte, ma in breve
tempo la raccolsi e la portai dentro la mia stanza.
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Le preparai un piccolo giaciglio per farla riscaldare e
riposare e poi rimasi un po’ ad osservarla. Dormiva
tranquillamente, ed era così dolce che decisi di ottenere il
permesso dei miei genitori per tenerla con me. Io che
sembravo un maschiaccio,che avevo sempre poco tempo per
rimettere in ordine le cose, o per aiutare la mamma, prendevo
in quella notte magica una decisione importante, occuparmi
di quella piccola coniglietta e regalare così ad un altro
essere parte del mio tempo.
Andai a dormire……mi sentivo incredibilmente felice.
Chiara Campise V^ A
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LA RENNA STELLINA
’era una volta una bambina di nome Ninì che viveva in
una grande casa e che amava tantissimo gli animali.
In particolare l’appassionavano le renne, di queste
Ninì conosceva tutto, il suo più grande desiderio era quello
di vedere le renne di Babbo Natale che si diceva fossero
meravigliose e straordinariamente magiche.
Nella notte del 24 dicembre, Ninì si alzò per andare a bere
dell’acqua, e vide davanti a sé, un uomo con la barba molto
lunga e dei capelli ricci e bianchi.
La bambina chiese all’uomo cosa stesse facendo, lui rispose
che era Babbo Natale e che portava i regali a tutti i bambini
del mondo e le confidò che in quella notte magica anche lei
avrebbe ricevuto un dono particolare.
Babbo Natale così cominciò a spiegare alla bambina come
avveniva la consegna dei regali: cinque renne che
trainavano una slitta di cristallo, lo aiutavano nel suo
pesante lavoro.
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Egli inoltre aggiunse che amava tutte le sue renne, ma che
prediligeva Stellina, essa infatti possedeva i cinque doni del
Natale: l’invisibilità, il volo sulle nuvole, la magia delle stelle,
la parola,la felicità. Stellina che aveva un cuore nobile e
generoso poteva condividere con gli altri i suoi doni e così
aveva donato alle altre quattro compagne renne, il volo sulle
nuvole. A lei, la bambina che amava le renne più di ogni altra
creatura, Stellina avrebbe concesso il dono della felicità.
Avrebbe inoltre condotto la bambina rendendola invisibile
tra le soffici nuvole bianche e le avrebbe fatto ammirare la
magia splendente delle stelle, per tutto l’arco della sua vita,
poi ogni vigilia di Natale avrebbe potuto parlare con la renna
amica.
Deborah Mannella V^A
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HO SOGNATO …DI ESSERE…
ra estate, il cielo era limpido e azzurro, le farfalle
svolazzavano di fiore in fiore e incrociavano i loro
percorsi con quello delle api, mentre gli uccelli si
preparavano ormai al loro lungo viaggio di emigrazione.
Io stavo facendo una passeggiata, e percorrevo una stretta
stradina di campagna, dopo aver camminato per qualche ora
decisi di fermarmi per riposare e gustare da seduto quello
quella natura splendida, così mi sedetti su un tronco d’albero
che si trovava lì in mezzo a quella vegetazione rigogliosa e
che sembrava mi invitasse al riposo.
Allora mi sedetti, appoggiando la schiena al grosso tronco
rugoso e dopo qualche minuto mi addormentai.
Stavo in un bosco fitto, c’era poca luce, ma in lontananza
riuscivo a vedere un uomo alto che mi sembrava indossasse
una divisa. Io riuscivo stranamente a leggere i pensieri di
quell’uomo e comprendevo la sua preoccupazione per quello
che era successo, nei giorni precedenti, al bosco che lui
perlustrava. Alcune persone senza scrupoli avevano
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sotterrato in quella meraviglia di posto, qualcosa di tossico e
la guardia cercava, nella speranza di porre fine ad un
disastro senza eguali.
Mi svegliai spaventato da quel breve e agitato sonno, avevo
la bocca asciutta e un leggero sudore mi imperlava la fronte,
adesso capivo, quell’uomo ero io, che mi proiettavo nel
futuro dei miei desideri, era quello che volevo fare da grande,
volevo amare e tutelare la natura e tutte le sue meraviglie.
Nazareno Suppa IV^ B
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INCONTRO CON FANTASMI
ra una sera d’inverno, fuori dalla finestra ogni cosa
appariva spettrale e ogni oggetto sembrava essere
ricoperto da una patina che aveva il colore
inquietante della cenere.
Dopo aver sistemato ben benino le tende della mia camera
affinché alcuna luce potesse penetrare, mi sistemai sotto il
mio piumone e cominciai a fare zapping col mio telecomando.
Già i miei occhi si stavano chiudendo e il mio corpo
manifestava tutta la stanchezza di una lunga giornata di
impegno e gioco Ma ad un certo punto sentii…un
rumore…proveniva dalla stanza accanto.
Il rumore mi aveva spaventato e anche svegliato, allora mi
feci coraggio e andai a controllare, mi accorsi che si trattava
dei rami degli alberi che sbattevano furiosamente contro la
finestra. Allora decisi di andare a dormire, ma non appena mi
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fui sistemato nel mio lettino, altri rumori attirarono la mia
attenzione e questa volta provenivano da fuori.
Guardai fuori dalla finestra, ma non vidi nulla, così decisi di
andare a controllare al piano inferiore, ma anche qui
sembrava tutto a posto, pertanto cominciai a risalire
lentamente i gradini della scala che conduceva al piano
superiore.
Poi un grido cupo e sordo mi paralizzò. Improvvisamente
apparve dinanzi a me un fantasma, tentai di gridare, ma
nonostante la mia bocca fosse aperta non riuscì a far uscire
dalla mia gola alcun suono. Quel fantasma aveva denti
appuntiti come coltelli, un naso smisurato, occhi spaventosi
che mi fissavano con uno sguardo feroce e diabolico.
Era tutto così terrificante! Finalmente un po’ di coraggio
incominciò a scorrere nelle mie vene e tentai di scappare, il
fantasma però mi seguiva. Arrivai al piano superiore, ma
inciampai vicino alla finestra del lungo corridoio, da essa
penetrava la luce argentata della dolce luna. Ad un certo
punto la finestra si spalancò e come catturato in un vortice di
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aria fui trasportato in una stanza che non conoscevo, dagli
arredi pensai si trattasse di un vecchio castello, tutto intorno
era ricoperto di polvere e ragnatele, mentre l’aria intorno a
me era calda e pesante.
Il mio sguardo fu attirato da una piccola sfera che rotolava
sul pavimento ed era evidente che dentro la sfera c’era un
foglio.
Con grosse difficoltà, cercai di afferrare la sfera e tentai di
levare da essa il foglio arrotolato, riuscii appena a leggere le
prime sillabe della frase scritta … “per scacciare via i
fantasmi…” che il fantasma ricomparve davanti a me in tutta la
sua crudeltà. Io correvo, ma nel mio correre riuscì a
decifrare il resto della frase “per scacciare il fantasma
bisognava canticchiare una ninna nanna.”
Cominciai a cantare la mia ninna nanna preferita e allora il
vortice che prima mi aveva condotto al castello, adesso mi
riavvolgeva nelle sue spire stritolanti. Sentivo freddo, poi
caldo e ad un certo punto mi ritrovai nel mio letto, accanto a
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me la mia mamma e il mio papà con un termometro in
mano…si era trattato di un delirio da febbre.
Gerardo Rullo IV^ B
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IL FORMAGGIO CONTESO
’era una volta un piccolo topolino tranquillo che
passeggiava in una stradina di campagna, ad un
certo punto tra l’erba alta vide un pezzettino di
formaggio che gli sembrò subito appetitoso.
Si avvicinò molto lentamente, ma… improvvisamente apparve
un enorme gatto che voleva anche lui il pezzettino di
formaggio.
Il topo dichiarò che il formaggio era suo perché lo aveva
visto per primo, ma il gatto non voleva ascoltare e cercò di
proferire un vecchio proverbio che diceva “i primi saranno
gli ultimi”, sostenendo in tutti i modi che il formaggio fosse
suo.
I due cominciarono ad azzuffarsi furiosamente, così in aria
volarono fili d’erba, peli e polvere, insomma, tutto quello che
c’era in quella piccola campagna.
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La lite durò qualche ora, alla fine entrambi non avevano più
forza si sedettero uno di fronte all’altro, osservando il
disastro che avevano creato, anche se in fondo non gliene
importava nulla.
I due si accorsero che il formaggio era ancora lì, vicino a
loro, allora si guardarono negli occhi e scoppiarono in una
fragorosa risata.
Il gatto e il topo divisero equamente il formaggio, poi
chiacchierarono a lungo.
Tra i due era nata un’ amicizia straordinaria.
Federica Franze’ V^ B
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VERONICA E LA STREGA
’era una volta una bambina di nome Veronica, che
viveva in un piccolo paese con la sua famiglia e
aveva un fratellino di nome Luca.
Veronica e Luca frequentavano la stessa scuola e i due
fratellini non si staccavano mai l’uno dall’altra, facevano
tutto insieme.
Un giorno però, Luca si ammalò e la mamma dei due bambini
chiese alla piccola Veronica se poteva recarsi lei dalla
nonna.
La bambina decise di dare una mano alla mamma impegnata
col fratellino che anche lei amava tanto e si preparò per il
breve viaggio.
Prima della partenza tuttavia, la mamma esortò la piccola a
stare attenta perché la stradina che conduceva dalla nonna
prevedeva anche un breve tratto di bosco.
Nel bosco, gli occhi della piccola si riempirono di mille colori
gli alberi, le siepi e i piccoli vialetti brillavano di un verde
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smeraldino, mentre i fiorellini colorati facevano capolino tra
le foglie, anche le bacche degli arbusti rendevano quella
visione suggestiva e inebriante.
Veronica raggiunse la casa della nonna e dopo averla aiutata
in piccoli lavoretti domestici chiese di poter andare a giocare
fuori.
La nonna le accordò il permesso, ma le raccomandò di non
allontanarsi troppo.
Veronica allora uscì fuori dalla piccola casa di legno,
davanti a lei i rami degli alberi erano cullati da un fresco e
piacevole venticello estivo, mentre l’aria profumava di
sambuco, la bambina cominciò a camminare e
inconsapevolmente si allontanò un po’ troppo e si smarrì non
riuscendo più a capire dove andare.
Mentre cercava invano la strada di casa, Veronica incontrò
un personaggio buffo, ma che a causa delle sue smisurate
dimensioni incuteva anche un po’ di paura.
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Il personaggio buffo era in realtà un orco che approfittando
dell’ingenuità della bambina le fece credere che l’avrebbe
ricondotta a casa della nonna.
Invece portò Veronica in un castello dove abitava una sua
amica strega che soffriva la solitudine.
La strega fu contenta del regalo che l’amico orco le aveva
fatto e decise quando vide la bambina, di non lasciarla più
andare via dal castello.
Passarono i mesi e la bambina era sempre triste, perché
nonostante la strega la riempisse di mille regali, lei
desiderava tanto rivedere la sua mamma e il suo fratellino.
Era ormai autunno inoltrato e il giardino della strega era
ricoperto da un tappeto meraviglioso, i colori delle foglie lo
rendevano suggestivo e caldo. Mentre stava giocando con le
foglie trascinate dal vento, Veronica si accorse di un
movimento strano, vide un folletto fare capolino tra gli
arbusti che lentamente si avvicinava.
I due fecero amicizia e la bambina, ogni giorno, aspettava
con ansia il momento dell’incontro.
42
Veronica raccontò all’amico anche la sua avventura con
l’orco e la strega e gli confidò che aveva desiderio di
ritornare nella sua vera casa. Allora il folletto che provava
compassione per la bambina le promise che avrebbe parlato
con la fata del bosco e le avrebbe raccontato la sua storia,
solo la fata infatti, poteva aiutarla contro la strega. Il folletto
non si fece vedere per qualche giorno, ma quando ritornò
portò con sé anche la fata del bosco e tutti i suoi amici
folletti. La fata affrontò la strega e riuscì grazie ai suoi poteri
a liberare Veronica e a ricondurla nella sua casa, dove poté
riabbracciare con tanta gioia, il fratellino e la sua mamma.
Nathalie Nesci IV^ B
43
IL GATTO E IL TOPO …
n topolino di campagna stava cercando una nuova
casa e mentre passeggiava nella speranza di
trovare qualcosa di suo gradimento vide finalmente
qualcosa che poteva fare al caso suo: una villa maestosa, in
mezzo ad un prato gigantesco.
In essa si stavano eseguendo dei lavori di ristrutturazione, e
il topolino pensò che non vi era momento più propizio per
prendere possesso della villa.
I lavori durarono poche settimane ed il topo ne approfittò per
perlustrare ogni angolo della casa, decidendo infine, di
costruire il suo nido proprio vicino alla cucina.
La padrona infatti, lasciava aperte le dispense e durante la
notte il topo poteva mangiare ciò che desiderava.
Ma col passare del tempo la padrona cominciò ad essere
sospettosa e decise di prendere in casa un bel gattone.
U
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Il gattone scovò la tana del topo in breve tempo, ma il topo
era molto furbo e riusciva lo stesso a prendersi gioco del
gatto e a mangiare tutto ciò che voleva.
La guerra tra i due era aperta e gli inseguimenti molto
estenuanti, tra i due non ci sarebbe stata mai pace.
Ma un giorno capitò qualcosa di particolare…
Il gatto mancò da casa per diversi giorni, la padrona era
agitatissima e anche il topo era un po’ preoccupato per il
“nemico”, così decise di andare a cercarlo.
Chiese ad altri amici topi che vivevano nel circondario, agli
uccellini che sorvolavano la parte di cielo sovrastante la
casa, ma nessuno aveva visto il gatto.
Ad un certo punto il topo si accorse che vicino alla strada
c’era un tombino spostato, si avvicinò per guardare dentro e
vide il gatto sofferente, bloccato in fondo alla grossa
apertura.
Il topo allora preso da compassione chiamò in adunata tutti i
suoi amici e con grande sforzo liberarono il gatto.
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Questi ringraziò il topo e gli promise eterna amicizia, i due
infatti ritornarono a casa e da quel giorno furono complici di
mille giochi e tante avventure.
Francesco Marino V A
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PER NON SBAGLIARSI
’era una volta un orsetto bianco che viveva in una
tana calda e accogliente insieme a suo fratello
orsetto nero.
L’orsetto bianco era tanto avaro e tendeva a conservare tutto
senza condividere nulla con gli altri.
Aveva inoltre una grande fissazione: le scarpe.
L’orsetto amava le scarpe e ne aveva diverse paia…ma
essendo “tirchio” per far durare a lungo le sue scarpe ne
indossava soltanto una alla volta: un giorno la destra e il
giorno successivo la sinistra.
L’orsetto bianco infatti, pensava che se avesse indossato
soltanto una scarpa, esse non si sarebbero rovinate.
L’orsetto bianco era così sicuro di far bene, che riuscì a
convincere, della bontà delle sue idee, anche il fratello, e
dunque anche l’orsetto nero cominciò a comportarsi come
l’orsetto bianco.
C
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Ogni sera i due fratelli mettevano vicino al letto la scarpa che
al mattino dovevano poi indossare, l’orsetto bianco calzava
la destra, mentre quello nero calzava la sinistra.
Una mattina però, orsetto nero aveva la febbre e non potè
andare al lavoro, così per evitare di svegliare il fratello,
orsetto bianco non accese la luce della stanza e nella fretta
indossò entrambe le scarpe.
Correva velocemente, e in pochissimo tempo riuscì ad
arrivare sul posto di lavoro, le altre mattine nonostante si
alzava presto arrivava sempre in ritardo, ma quella mattina
era partito più tardi ed era in netto anticipo rispetto agli altri
colleghi di lavoro.
C’era qualcosa di strano che non comprendeva.
Dopo un po’ cominciarono ad arrivare anche i colleghi e tutti
lo guardavano con curiosità.
Orsetto bianco si chiedeva cosa c’era che non andava in lui,
poi finalmente si accese una lampadina.
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Orsetto bianco capì che i colleghi guardavano le sue zampe,
quella mattina, per errore, aveva infilato entrambe le scarpe,
la sua e quella di orsetto nero e adesso comprendeva anche
perché era arrivato in anticipo al lavoro, le due scarpe gli
consentivano di camminare più velocemente proteggendo
meglio le sue zampine.
Che sciocchino che era stato.
Elena Valenzise IV^ B
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TOMMY…….
’era una volta una bambina di nome Michela, questa
era senza genitori e abitava in una piccola casetta di
legno in mezzo alla campagna.
Un giorno mentre si trovava nel bosco a raccogliere della
legna, incontrò un piccolo gattino, aveva delle macchioline
bianche e nere sulla sua pelliccia era infreddolito e
presentava una evidente ferita sulla zampa destra.
Michela prese il gattino che decise di chiamare Tommy e lo
portò a casa sua, lo curò, gli diede da mangiare e
diventarono grandi amici. Trascorrevano così insieme molte
ore liete.
Un giorno, il gatto e la bambina decisero di fare una
passeggiata e poi di giocare a nascondino, la bambina
doveva andare da una parte e il gatto dall’ altra.
C
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Passò qualche ora e Michela non riusciva a trovare l’amico
gattino, era ormai certa che l’amico si era perso, o che
qualcuno gli avesse fatto del male.
Mentre cercava senza più speranza, Michela sentì un lamento
e vide il suo amico bloccato in una trappola posizionata lì da
qualche bracconiere.
Michela riuscì a liberare la zampina dalla trappola e il gatto
le saltò addosso felice, da quel giorno i due non si divisero
mai più.
Martina Tassone V^B
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LA TENAGLIA MAGICA
’era una volta, un giovane bello e generoso che
viveva in un piccolo villaggio, egli conosceva bene le
piante e riusciva con esse a creare dei particolari
filtri.
Un giorno il ragazzo decise di andare per il mondo in cerca
di fortuna e partì senza avere una meta specifica.
Attraversò villaggi e città e in una calda giornata mentre
stava riposando sotto un grande albero, fu svegliato da una
vecchina che sembrava molto spaventata e che gli narrò una
terribile storia.
Quel paese era attraversato da un lungo fiume e dentro il
fiume c’era un enorme coccodrillo, sempre affamato che ogni
giorno pretendeva dalla popolazione, per il suo pranzo, un
fanciullo o una fanciulla.
C
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Ormai nel paese non c’erano più fanciulli, era rimasta
soltanto la figlia del re, ma domani le sarebbe toccata la
stessa sorte degli altri.
La vecchina così chiedeva al giovane ragazzo di aiutare la
popolazione che aveva perso tutti i suoi ragazzi e pertanto
gli consegnò una tenaglia e gli consigliò di farne buon uso.
Il giovane montò sul suo cavallo e si fermò vicino al fiume,
vide immediatamente il coccodrillo e si accorse che dormiva
beatamente.
Così il giovane ebbe un’idea, lo voleva rendere inoffensivo
togliendogli tutti i denti, si avvicinò lentamente al coccodrillo
e con una sostanza ricavata dalle piante riuscì ad
addormentarlo.
Poi gli aprì la bocca e gli levò tutti i denti, uno ad uno.
Trascorsa qualche ora il coccodrillo si svegliò, si sentiva
strano e aveva un gran male alla bocca, resosi conto di ciò
che gli era accaduto e con le lacrime agli occhi sia per il
dolore, sia per la consapevolezza che adesso nessuno lo
avrebbe più temuto, raccolse le sue cose e lasciò quel paese.
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Ora tutte le fanciulle del mondo potevano tornare a sorridere
perché il coccodrillo malefico era stato reso innocuo per
sempre, inoltre la figlia del re volle conoscere il giovane
coraggioso, i due si innamorarono e si sposarono vivendo
felicemente il resto della loro vita.
Antonio Costa IV^B
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ELF IL FOLLETTO
iveva una volta in un grande bosco, un folletto di
nome Elf.
Questo folletto era molto simpatico e amico di tutti,
ma in particolare egli amava uno scoiattolo di
nome Cip che da piccolo aveva perso i genitori ed era
rimasto solo.
Così Elf si era preso cura di Cip, il loro legame si era
pertanto rafforzato nel tempo e i due erano ormai
inseparabili.
Un giorno però successe un fatto molto grave, un bambino
molto prepotente e dispettoso e per questo senza amici si
recò nel bosco a catturare farfalle.
Il bambino vide lo scoiattolo che stava giocando con delle
ghiande e rimase affascinato dalla sua bellezza e dalla
grande e folta coda, decise così di catturarlo.
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Velocemente il bambino si sfilò la maglietta e la gettò sullo
scoiattolo che rimase intrappolato, poi lo trattenne ben bene
per le zampe e lo portò a casa.
Qui gli preparò una bella gabbia e lo chiuse dentro.
Sperava che lo scoiattolo con il passare del tempo
diventasse suo amico e potesse così giocare con lui.
Quando Elf, grazie all’aiuto della fata Dolcina, scoprì ciò che
era successo al suo amico rimase senza fiato, poi ripresosi,
decise di radunare tutti gli amici del bosco e chiese loro di
aiutarlo a liberare Cip.
Gli abitanti del bosco riuscirono a liberare Cip e mentre
andavano via, videro arrivare il bambino e si nascosero, ma
rimasero sorpresi dalla sua reazione: invece di arrabbiarsi
nel vedere la gabbia aperta, tutto triste cominciò a piangere e
a urlare che lui voleva solo qualcuno con cui giocare e che
non voleva fare del male allo scoiattolo.
Elf, Cip e i suoi amici meravigliati per quello che avevano
sentito, decisero pertanto di perdonarlo e gli chiesero di
diventare loro amico.
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Da quel giorno il bambino cambiò totalmente e tutti gli
abitanti del bosco impararono a volergli bene.
Matteo Caré’ IV^B
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UNA STORIA FANTASTICA
n sabato mattina, come da consuetudine, con i miei
genitori andammo a fare un po’ di acquisti per la
casa, questa volta però, avevamo deciso di
cambiare negozio.
Entrammo nel nuovo locale, era tutto fantastico, il reparto dei
giocattoli poi, era meraviglioso, mi avvicinai agli scaffali e
rimasi incantata dal set di giocattoli di Hello Kitty.
Con il permesso della mia mamma andai a prendere quel
gioco e il mio cuore era pieno di gioia, perché sapevo che
quel gioco era il frutto di sacrifici e impegno effettuati
durante l’anno scolastico.
Uscimmo dal negozio e tornammo casa e mentre la mamma e
papà sistemavano la spesa, io incominciai a giocare con i
miei nuovi giochi.
Ad un certo punto però, mi accorsi che un gioco era rotto e
allora io mi misi a piangere, le lacrime bagnarono i giochi e
meraviglia esso si risistemò.
U
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Da quel giorno compresi che le mie lacrime avevano uno
straordinario potere, si trattava sicuramente di un dono
meraviglioso che doveva essere utilizzato al meglio.
Molti fatti, segnarono la mia fanciullezza e io ricorsi più volte
con grande gioia ed emozione a questo mio potere, per il
bene degli altri.
Una volta diventata adulta decisi di donare la mia vita agli
altri, viaggiai tanto e incontrai mille e mille storie tristi, che
tuttavia, grazie alle mie lacrime si trasformarono sempre in
gioie infinite.
Chiara Fazzari V^A
59
IL VIAGGIO DI BENNY
’era una volta in un meraviglioso castello una
bellissima fanciulla di nome Benny, che aveva capelli
lunghi e dorati come le spighe del grano.
Dopo la morte del re, la regina spesso partiva per lunghi
viaggi d’affari e lasciava la ragazza con il personale del
castello.
Ormai Benny era grande e anche se voleva alla sua mamma
un mondo di bene, non sopportava più di stare chiusa tra le
mura di quel meraviglioso castello, nell’attesa del suo
ritorno.
La principessa era solita, ogni sera, dopo la cena uscire in
giardino per fare una passeggiata, e il pensiero che ricorreva
costantemente nella sua testa era quello di fuggire oltre le
mura del castello per vedere il mondo.
C
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Una sera però, sentì un rumore strano, si trattava di un
cavallo, la principessa non ebbe paura e si avvicinò al
cancello.
Davanti a lei un principe meraviglioso, con un vestito
azzurro ricamato con fili d’oro. La ragazza si presentò al
principe e gli manifestò il desiderio di poter uscire dal
castello, perché voleva girare il mondo.
Lo avvertì tuttavia, che quel viaggio avrebbe dovuto
realizzarsi in un anno, prima del ritorno della madre.
Il viaggio fu avventuroso, insieme i due ragazzi scoprirono
paesaggi incantati, pianure sterminate, isole sconosciute,
castelli meravigliosi,tramonti romantici.
Il tempo della scoperta però stava ormai terminando, era
giunto il momento di fare ritorno a casa.
Il principe accompagnò la ragazza al castello e la salutò
dolcemente, invitandola a non dimenticare le loro avventure
di viaggio.
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La ragazza ringraziò il principe per la straordinaria
avventura e correndo rientrò a casa.
Era contenta, adesso che aveva conosciuto il mondo, ma
ancor di più era felice di far ritorno nella sua casa e di
riabbracciare la sua dolcissima mamma.
Marta Cirillo IV^B
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LA FATA
’era una volta una vedova che aveva due figlie, una
era dolcissima e molto carina l’altra era bruttina e
per questo era invidiosa della sorella.
Un giorno le ragazze andarono a raccoglier legna nel bosco
e incontrarono una vecchina che non riusciva a trasportare il
suo fardello di legna.
Allora la ragazza dal dolce cuore, si offrì di portare la legna
a casa della vecchina.
La sorella dal cuore più duro, sgridò la sorella ricordandole
cosa erano andate a fare nel bosco e soprattutto che non
potevano perdere tempo, perché dovevano tornare a casa
prima che facesse buio.
La ragazza dal cuore dolce rassicurò la sorella e si
avviarono insieme alla vecchina.
Giunte a casa, la vecchina le fece entrare nella sua umile
dimora e offrì alle ragazze della frutta di bosco, le sorelle
mangiarono le fragoline e ringraziarono.
C
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Poi la vecchina prese uno scrigno e lo offrì alle sorelle
chiedendo loro di aprirlo e di portarlo con loro. In esso
erano contenute pietre preziose che avrebbero consentito
alle due ragazze di dimenticare per sempre la povertà.
Poi si rivolse alla sorella dal cuore duro e le disse di
guardare dentro la sua anima, di non provare invidia per la
sorella, ma di imparare ad amarla. Allora la ragazza dal duro
cuore, capì di aver sbagliato in tutto quel tempo e che solo il
comportamento corretto e rispettoso paga.
Da quel giorno le due sorelle non si staccarono più e vissero
felici ricche per tutta la vita.
Miriam Ienco IV^B
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UNA FAMIGLIA
’era una volta un giovane contadino che lavorava
tutto il giorno insieme alla moglie per portare avanti
una piccola fattoria.
La fattoria era circondata da un bosco lussureggiante e dopo
il pranzo era consuetudine dei due, fare lunghe passeggiate.
Si sdraiavano sul prato, costellato da puntini di mille colori e
che grazie ai raggi del sole risplendeva di un verde
smeraldino.
Era straordinario poi, guardare gli specchi di cielo, che
attraverso i rami degli alberi più alti, filtravano e arrivavano
sino a due contadini, in minuscole gocce di luce dorata.
I due desideravano tanto avere dei bambini, ma ormai era
passato diverso tempo e si erano rassegnati all’idea di
dovere rimanere da soli per il resto della loro vita.
Stranamente però dopo qualche tempo la donna si accorse di
essere in dolce attesa.
C
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Ciò, fu anche una grande meraviglia per il dottore, che
comunicò ai due futuri genitori che i bambini sarebbero stati
due.
Infatti nacquero due bei maschietti che si chiamarono
rispettivamente Francesco e Federico.
I due fratellini dimostrarono subito di essere diversi
Francesco era sereno e tranquillo, mentre Federico era
dispettoso e soprattutto tendeva a distruggere la natura
circostante: spezzava i rami degli alberi, strappava i fiori,
maltrattava gli animali, aveva persino appiccato fuoco al
bosco distruggendone un’area meravigliosa.
Un giorno Francesco si smarrì nel bosco e il fratello
Federico decise di andare a cercarlo, trovò il fratello, ma
entrambi non riuscivano a tornare a casa.
Dopo tanto camminare, incontrarono un folletto che aveva
una barba folta e bianca e gli occhi azzurri come il cielo della
primavera, il naso era a patata e la bocca sembrava una
piccola ciliegia.
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Il folletto schioccò le dita e immediatamente comparve
davanti ai fratellini un bivio con due stradine, dall’una si
intravedeva una fitta nebbia e gli alberi erano spogli,
dall’altra parte la stradina era chiara e ben illuminata dal
sole.
Il folletto però li avvisò dicendo che nulla era ciò che
sembrava.
Allora i due fratelli capirono che la strada da prendere era
quella della nebbia, e durante il viaggio si accorsero che
tutto era strano, sui prati c’era della neve verde, che brillava
come scintille, gli alberi erano fioriti, ma al posto dei fiori
c’erano farfalle, mentre il cielo sembrava un lenzuolo azzurro
abbellito da batuffoli di cotone.
All’improvviso un castello apparve davanti a loro era il
castello di una fata, la fata Laura.
La fata aveva gli occhi azzurri come il cielo in primavera e i
capelli sembravano d’oro, la fata disse loro, che prima di
trovare la strada di casa Federico doveva superare delle
prove.
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La più importante era stata già superata ed era quella
dell’amore verso il fratello, dimostrato nell’andare a cercarlo.
Ora si trattava di affrontare la seconda prova che supponeva
il ripristino della parte di bosco che Federico aveva bruciato
e quindi distrutto definitivamente.
La fata Laura spiegò ai ragazzi che bisognava andare al lago
incantato e lì, dovevano raccogliere in un alambicco di
cristallo, delle gocce di acqua, esse potevano far rivivere il
bosco bruciato.
I fratelli andarono presso il lago, ma c’era un guardiano che
chiese loro la parola magica, questi si guardarono negli
occhi e ripensando alle parole della fata, capirono che la
parola giusta era AMORE .
Il guardiano permise ai ragazzi di raccogliere l’acqua nel
piccolo contenitore, poi contenti cercarono la strada di casa.
Lungo il percorso furono costretti a passare attraverso la
parte di bosco distrutto e dunque gettarono sul terreno le
gocce d’acqua del magico lago, così la natura circostante
riprese a vivere.
68
I due ragazzi si strinsero teneramente e ritornarono felici dai
loro genitori, adesso potevano riabbracciare anche il tesoro
più grande la loro famiglia.
Gerardo Rullo IV^B
69
INDICE
Essere bambini…………………………………………………………..pg 5
Il bosco incantato……………………………..……………………………..pg.8
La farfalla e il bruco………………………………………………………pg 10
Mamma leonessa………………….…………………………………………pg.12
L’elefantino e la nocciolina.……………………………………….pg.14
Un cane, un amico………….……………………………………..pg.17
La bella fanciulla…………….……………………………………….pg.19
Rosy e Giulio………………….……………………………………..pg.23
Quel vento di libertà………….……………………………………….pg.25
70
La coniglietta………………….……………………………………..pg.27
La renna Stellina…………….……………………………………….pg.29
Ho sognato di essere……….………………………………………….pg.31
Incontro con i fantasmi…….……………………………………….pg.33
Il formaggio conteso……….……………………………………….pg.37
Veronica e la strega………….……………………………………….pg.39
Il gatto e il topo……………….……………………………………….pg.43
Per non sbagliarsi…………….……………………………………….pg.46
Tommy…………….………………….……………………………………..pg.49
La tenaglia magica………….…………………………………………pg.51
71
Elf il folletto………………….……………………………………….pg.54
Una storia fantastica……….……………………………………….pg.57
Il viaggio di Benny………….……………………………………….pg.59
La fata……………..………………….……………………………………..pg.62
Una famiglia………………….……………………………………..pg.64
72
DOCENTI CHE HANNO PARTECIPATO AL PROGETTO
Amato Rosina
Costa Maria
Iorfida Assunta
Montagnese Maria Iolanda
Pisano Carmela
RESPONSABILE PROGETTO
DOCENTE Rosa Suppa