il villino de pirro sede di enpapi · dal mese di settembre 2010, infatti, l’ente ha trasferito...
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IL VILLINO DE PIRROSEDE di ENPAPI
PROGETTO DI RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA,MANUTENZIONE STRAORDINARIA,RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO
UBICAZIONE: Roma “VILLA DE PIRRO”Via Farnese n° 3
COMMITTENTE: ENPAPIEnte Nazionale di Previdenza e Assistenzadella Professione Infermieristica
PROGETTO: GIAMMETTA & GIAMMETTA architects
PROGETTO ARCHITETTONICO: Arch. Gianluigi Giammetta, Arch. Marco GiammettaGeom. Gianpaolo Santini
PROGETTO IMPIANTO ELETTRICO E MECCANICO: Ing. Pieraldo Omodeo SalèPROGETTO STRUTTURE: Ing. Giuseppe Mazzacane
DIRETTORE LAVORI: Ing. Francesco RubeoCOORDINATORE PER LA SICUREZZA: Ing. Umberto De MatteisDIRETTORE DI CANTIERE: Geom. Nazzareno LudoviciASSISTENTE DI CANTIERE: Geom. Francesco LudoviciRSPO: Geom. Andrea Nardiello
DITTE APPALTATRICI:Opere Edili e impiantistiche Baglioni srl - Edilizia Falpo srlOpere di Falegnameria Soluzioni srlArredi Standard T&D srlTappezzerie Le Tappezzerie di Giò srlDecorazioni e RestauroPittorico Sergio Ponzi - Essepi Restauri srl
IL VILLINO DE PIRROSEDE di ENPAPI
a cura di
IL VILLINO DE PIRROSEDE di ENPAPI
SOMMARIO
PRESENTAZIONE
PREFAZIONE AL PROGETTO
IL QUARTIERE PRATI
VIA ALESSANDRO FARNESE
IL VILLINO DE PIRRO – LA STORIA
IL PROGETTO DI RECUPERO DELLE FACCIATE
IL PROGETTO DEL GIARDINO ESTERNO
FOTOGRAFIE ANTE OPERAM
FOTOGRAFIE POST OPERAM
CONCLUSIONE
PRESENTAZIONEdi Mario Schiavon – Presidente ENPAPI
L’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica, a dodici anni dalla sua
istituzione, ha trovato, finalmente, la propria “casa”.
Dal mese di settembre 2010, infatti, l’Ente ha trasferito la propria sede operativa ed istituzionale nella splen-
dida “Villa de Pirro”, sita in Roma, via Alessandro Farnese n. 3, in cui continuerà a svolgere la propria attivi-
tà di servizio istituzionale in favore dei Professionisti infermieri, intrapresa nell’ormai lontano 1998.
Il percorso che ha condotto all’individuazione di questo immobile di particolare pregio è stato lungo e costel-
lato, come tutti i grandi progetti, anche di momenti difficili. Il risultato finale, però, oltre a dotare ENPAPI di
una sede prestigiosa, conferisce valore aggiunto anche a tutta la Professione infermieristica.
Il passaggio a questa nuova realtà operativa, peraltro, non si limiterà ad un mero trasferimento, ma significherà, per
l’Ente, l’avvio di un processo che offrirà ai propri Assicurati un servizio sempre più in linea con le moderne tecno-
logie, tendendo ad eliminare, progressivamente, i supporti cartacei, in favore di quelli informatici.
Il tutto, inoltre, mettendo a disposizione degli Organi Collegiali di Indirizzo, Amministrazione e Controllo,
nonché della struttura organizzativa, spazi sempre più adeguati allo svolgimento, rispettivamente, del proprio
ruolo istituzionale, così come delle funzioni di supporto tecnico, amministrativo e legislativo.
ENPAPI, poi, con l’acquisizione di “Villa de Pirro”, ha mirato ad un mercato, quello dei beni di particolare
pregio storico architettonico, che è meno sensibile degli altri alle oscillazioni del mercato immobiliare.
Questo volume, preceduto da un inquadramento storico del quartiere di Roma nel quale la villa è col-
locata, raccoglie e sintetizza il risultato delle opere di valorizzazione, esterna ed interna, che sono state
effettuate per la nuova sede dell’Ente, ricostruendone appieno lo stile liberty con cui era stata inizial-
mente concepita e che successivi interventi avevano nascosto e che, a loro modo, si sono poste l’obiet-
tivo di contribuire al miglioramento del decoro della città di Roma.
PREFAZIONE AL PROGETTO
Il villino “de Pirro”, a causa dell’incuria e di alcuni interventi di ristrutturazione privi di coerenza
artistico/architettonica, presentava, prima dei lavori di recupero, uno stato di degrado e la perdita di gran parte
del proprio sistema decorativo originario.
L’obiettivo del progetto di ristrutturazione era quello di recuperare il complesso sistema ornamentale che ren-
deva, nel ‘900, questo edificio splendido esempio della tipologia di villino “a torre”.
L’architettura da sempre esercita un ruolo di grande rilievo nel processo di riqualificazione di una citta’.
Grazie al contributo di numerosi Committenti coraggiosi e lungimiranti, sono stati riconsegnati alla
gente luoghi e spazi di importante valore estetico e architettonico. La responsabilita’ di tutti, e’ quella
di stimolare tali “processi culturali” finalizzati ad una migliore qualita’ della percezione “estetica” del-
l’umano abitare. Una politica del “ fare” che sia in grado di ristabilire il ruolo centrale dell’architettura, come
fondamentale strumento per la costruzione di un concreto modello di sviluppo e mantenimento della città. Il
progetto di consolidamento e riqualificazione della Villa “De Pirro”, vede l’E.N.P.A.P.I. come protagonista di
uno di questi importanti processi di recupero, che ha riconsegnato a Roma, un piccolo “pezzo di storia”. Un
Committente che ha creduto nelle parole “recupero” e “riqualificazione”, e che ha visto in queste stesse
parole, quel valore aggiunto necessario a consolidare e conservare nel tempo il proprio investimento. In
un mercato che sempre di più valuta metri quadri da vendere o comprare, e che ha trasformato pur-
troppo, l’architettura, in un mediocre meccanismo speculativo, l’E.N.P.A.P.I. ha invece contribuito atti-
vamente ad un processo di rivalorizzazione che mira alla qualita’.
La storia e’ un modello da conservare e la salvaguardia della storia e’ un investimento...
Questo intervento architettonico, ha visto una sinergica interazione tra le figure chiave nella realizzazione di
un opera di architettura , il Committente , l’Architetto e l’Impresa; senza tale rapporto costante di confronto e
dialogo, tale opera non si sarebbe potuta realizzare. Un sincero ringraziamento all’ E.N.P.A.P.I. ed in partico-
lare modo al Consiglio di Amministrazione ed al Presidente Mario Schiavon, per la sensibilita’, la costanza e
l’attenzione che hanno posto nei confronti di questo grande progetto; ed un ringraziamento particolare, in
rappresentanza di tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione di questa opera, a Nazzareno Ludovici
ed a suo figlio Francesco, per averci accompagnato in questo delicato percorso e per averlo elevato ad una
“esperienza d’arte” …
Arch. Marco Giammetta
IL QUARTIERE PRATI
IL VILLINO DE PIRRO
Prati è il nome del ventiduesimo rione
di Roma, indicato con R. XXII.
Il suo simbolo è la sagoma del mauso-
leo di Adriano in azzurro su sfondo
argento; nonostante ciò, bisogna ricor-
dare che il mausoleo di Adriano (l'at-
tuale Castel Sant'Angelo) non appartie-
ne a questo rione, ma al rione Borgo. A
differenza dei rioni storici, nell'attuale
suddivisione amministrativa della città,
Prati non è incluso nel I Municipio, ma
nel XVII, insieme al rione Borgo ed ai
quartieri Trionfale e Della Vittoria.
Pianta di Roma di G. Nolli 1748
StoriaIn epoca romana il territorio dell'odierno rione Prati consisteva in vigneti e canneti facenti parte delle
proprietà di Domizia, moglie di Domiziano, da cui la zona prese il nome di Horti Domitii ("Orti
Domiziani") e in seguito di Prata Neronis ("Prati di Nerone"). Durante il medioevo la zona prese il nome
di Prata Sancti Petri ("Prati di San Pietro") in riferimento all'adiacente basilica vaticana.
Fino al 1870 vi si estendeva una vastissima distesa di prati naturali, di campi e anche di paludi, pun-
teggiata, soprattutto nella zona delle pendici di Monte Mario, da qualche casale e per il resto comple-
tamente deserta, conosciuta come Pianella di Prati o Pianella d'Oltretevere, o ancora come Prati di
Castello (in riferimento a Castel Sant'Angelo).
Dopo il 1870 si ebbero i primi interventi di edilizia e di urbanizzazione, in parte già immaginati anche
sotto il governo pontificio. All’inizio l'area fu utilizzata per le esercitazioni militari e una parte fu deno-
minata piazza d'Armi.
Sotto il lungo governo di Giolitti (1903-1921) e con l’amministrazione comunale di Roma, presieduta
dal sindaco Ernesto Nathan dal 1907 al 1914, si ebbero interventi amministrativi e urbanistici volti ad
affrontare i problemi che nascevano dall’eccezionale sviluppo di Roma. Nathan favorì una crescita
della città per quartieri, unità urbane autosufficienti, separate fra loro da zone verdi.
Pianta di Roma 1785
Nel 1873 si inserì nel piano regolatore la costruzione di un quartiere di 65 ettari nella zona dei Prati di
Castello. Il 20 agosto 1921 si costituì il rione Prati, l'ultimo dei rioni di Roma, nato come quartiere che acco-
gliesse le strutture amministrative del Regno d'Italia e zona residenziale per i funzionari dello Stato.
L'impianto urbanistico stradale fu studiato in modo tale che nessuna delle nuove vie avesse come sfon-
do la cupola della Basilica di San Pietro, a testimonianza dei rapporti tesi tra il nuovo Stato italiano e
la Santa Sede nell'epoca precedente la firma dei patti lateranensi. Per questo motivo i nomi delle vie
del nuovo rione furono scelti tutti tra personaggi storici della Roma repubblicana e imperiale, condot-
tieri e letterati della classicità latina e pagana, e tra gli eroi del Risorgimento, al quale fu dedicata la
piazza principale. La strada principale del quartiere fu intitolata nel 1911 al tribuno e senatore roma-
no Nicola Gabrini figlio di Lorenzo, detto Cola di Rienzo, un nobile romano che nel XIV secolo tentò
di ripristinare la repubblica a Roma in contrasto col potere papale.
Durante i lavori di costruzione del rione furono trasportate enormi quantità di materiale di riporto per
creare un dislivello che proteggesse la zona dalle alluvioni del Tevere, che precedentemente erano
assai comuni, tanto che i prati durante le inondazioni erano considerati una zona cuscinetto a prote-
zione del resto della città. Proprio per la natura argillosa e di riporto del sottosuolo nella costruzione
di molti edifici furono necessari intensi interventi di consolidamento, non ultimi quelli che più volte si
resero necessari durante e dopo la costruzione del palazzo di Giustizia, per evitare che a causa della
sua enorme mole franasse verso il letto del Tevere.
Tutti i primi isolati furono costruiti sul Lungotevere Mellini e a via Vittoria Colonna, ma subito dietro
cominciavano i vuoti: su piazza Cavour si affacciavano solo cinque caseggiati lasciando il posto libe-
ro per altrettanti, nessuna casa era ancora costruita lungo via Cola di Rienzo, la principale strada del
rione; nelle strade interne tra piazza Cavour e via Cola di Rienzo l’edilizia era ancora più rada tanto
che si annoveravano inizialmente tre case a via Cicerone, due a via Lucrezio Caro, tre a via Cesi, due
a via Tacito, poche di più a via Plinio.
Nel 1898 fu inaugurato il Teatro Adriano su Piazza Cavour, e tra il 1888 e il 1911 fu completato il mae-
stoso Palazzo di Giustizia, progettato dall'architetto Calderini, ispirato all'architettura neobarocca e
perciò subito ribattezzato il “Palazzaccio”. Tra viale delle Milizie e viale Giulio Cesare vennero costrui-
te con i fondi della legge del 1881 le caserme dell'Esercito e dei Carabinieri ma anche il Tribunale
Civile di Roma. Tra queste e via Cola di Rienzo sorsero inizialmente una decina di case a cinque piani
e altrettanti villini. Le costruzioni divennero poi più fitte in fondo ai Prati, nella zona Trionfale al di là
di piazza Risorgimento. Fuori del rione, intorno a Piazza Buenos Aires e a piazza Regina Margherita,
tra la Salaria e la Nomentana, si cominciarono a costruire nel frattempo delle case più lontane in modo
da valorizzare i terreni tra queste e la città, Prati compresi.
Dal 1911 in poi , si venne a definire, sempre con interventi di edilizia privata, l’urbanizzazione delle
strade limitrofe, tra le quali via dei Gracchi e via Farnese.
Via Ottaviano, via Barletta, via Leone IV, via Candia, via Ostia, via Famagosta, via Tolemaide, via
Santamaura furono in seguito completamente costruite; piazza Risorgimento, via Vespasiano, via
Otranto, via Sebastiano Veniero lo furono in gran parte.
La costruzione del rione Prati si concluse nella prima metà del XX secolo, sebbene alcuni edifici più
moderni siano stati costruiti successivamente, a scapito di villette preesistenti. Inoltre molti dei palaz-
zi subirono nel corso del tempo ampliamenti e sopraelevazioni. Il rione Prati è oggi caratterizzato dalle
strade ampie e regolari, nell'ottica di un impianto urbanistico geometricamente regolare, da palazzi
eleganti in stile umbertino e da villette in stile liberty.
Piazza Cola di Rienzo negli anni venti.
VIA ALESSANDRO FARNESE
Alessandro Farnesein un ritratto di Otto Vaenius (ca 1585).
Gran parte dei nomi delle vie del nuovo
rione Prati furono scelti tra personaggi
storici della Roma repubblicana e impe-
riale, condottieri e letterati della classi-
cità latina e pagana, a testimonianza dei
rapporti tesi tra il nuovo stato italiano e
la Santa Sede nell'epoca precedente la
firma dei patti lateranensi.
La via Farnese e’ un esempio, poichè
limitrofa alla piazza dell’asse principale
di sviluppo che era Via Cola Di Rienzo,
fu intestata ad Alessandro Farnese.
Alessandro Farnese, terzo duca di Parma e Piacenza, quarto duca di Castro (Roma, 27 agosto 1545 –
Arras, 3 dicembre 1592), fu uno dei più grandi condottieri del XVI secolo, al servizio della Spagna.
Le sue vittorie hanno contribuito a dare forma all'aspetto geopolitico dell'Europa moderna. Alessandro
Farnese nacque a Roma da Ottavio Farnese (1524-1586), nipote di papa Paolo III (1534-1549) e da
Margherita d'Austria (1521-1586), figlia naturale, poi legittimata, di Carlo V (1500-1558).
Fu battezzato, insieme al gemello Carlo, morto prematuramente, nella chiesa di Sant'Eustachio alla
presenza di 19 cardinali e del papa. Il padrino fu Carlo V e la madrina la regina di Francia.
I primi anni della sua vita, Alessandro li trascorse a Parma dove, tra il 1551 e il 1552, fu testimone della
guerra tra le truppe francesi e ducali contro quelle pontificie e imperiali.
Nella cosiddetta guerra di Parma ebbe modo di ammirare la tenacia e l'abilità militare del padre e di
vedere all'opera il commissario alla guerra e all'artiglieria del ducato, Francesco De Marchi (1504-
1576), grande esperto di fortificazioni e di tecnologie militari.
Durante il periodo trascorso a Parma gli fu impartita un'educazione eccellente, tanto che all'età di 10
anni fu capace di scrivere una lettera in latino allo zio il cardinale Alessandro Farnese (1520-1589).
Come molti altri Farnese, anche Alessandro fu un ragazzo precoce. I suoi precettori furono Giuliano
Ardinghelli, commendatore dell'Ordine di Malta, Francesco Paciotto e il Salomone, che gli insegnaro-
no le materie scientifiche, mentre Francesco Luisino d'Udine si occupò della parte letteraria. Tuttavia
Alessandro amava molto più l'esercizio fisico di quello mentale.
Alla corte di SpagnaDopo la guerra di Parma, Ottavio seguì una politica sempre più filospagnola, rinnegando l'amicizia
francese. Come conseguenza del trattato di Gand del 15 settembre 1556, occorso tra Filippo II di
Spagna (1527-1598) e il Duca Ottavio, Alessandro venne invitato - anche come ostaggio - alla corte
spagnola, che si trovava a Bruxelles, dove, nel dicembre dello stesso anno, fu accompagnato dalla
madre, sorellastra di Filippo. L'accoglienza dello zio fu calorosa e Alessandro ne conquistò presto la
stima, divenendo suo accompagnatore in ogni attività.
Il 21 settembre 1558 morì Carlo V, così Filippo dovette rientrare in Spagna, lasciando Margherita a
governare le Fiandre, ma portando con sé Alessandro. Alla corte di Madrid Alessandro conobbe un
altro figlio naturale, poi legittimato, di Carlo V, don Giovanni d'Austria (1545-1578).
Nonostante fossero zio e nipote, Alessandro e Giovanni erano coetanei e strinsero immediatamente
una forte amicizia che li legò per tutta la vita.
Alla corte spagnola Alessandro venne iniziato ai principi della scienza politica e venne educato a
rispettare l'autorità legittima e la religione. Seguì i corsi di filosofia e di scienze esatte all'università di
Alcalá de Henares.
Gruppo marmoreo alla Reggia di CasertaAlessandro Farnese incoronato dalla Vittoria
Il matrimonio, il ritorno a Parma e l'impresa di Lepanto Alessandro rimase in Spagna per circa sei anni. Nel frattempo il padre voleva farlo sposare con una
Medici o con una Este, ma Filippo II era contrario a questo matrimonio tra italiani, per cui decise di
farlo sposare con una sua figlia, ma Margherita d'Austria non fu d'accordo. Si optò allora per la infan-
ta Maria d'Aviz (1541-1577), figlia maggiore dell'Infante Duarte d'Aviz, figlio a sua volta di Manuele I
del Portogallo. Il matrimonio fu celebrato in Belgio l'11 novembre 1566.
Nel 1567 gli sposi si trasferirono a Parma. Qui, quell'anno, nacque la primogenita Margherita; due anni dopo
nacque l'erede al trono ducale Ranuccio. Nonostante ciò Alessandro mal sopportava la vita oziosa a cui era
costretto. Per cercare di passare al meglio il tempo, il Farnese si dedicò all'equitazione, alla scherma e allo
studio dell'arte militare. Mentre Alessandro languiva a Parma, il pericolo turco si faceva sempre più pres-
sante. Nel luglio del 1570 gli Ottomani assalirono Cipro, conquistandone quasi subito Nicosia, ma tro-
vando problemi con la roccaforte veneziana di Famagosta. Scosso da questi avvenimenti papa Pio V
(1566-1572) fece appello all'intera cristianità per la formazione di una lega che potesse combattere
contro la flotta turca, che stava diventando padrona del Mediterraneo.
Il 20 maggio 1571 si giunse ad un accordo. Comandante supremo della flotta sarebbe stato don
Giovanni d'Austria, zio e amico fraterno di Alessandro, che, immediatamente, lo volle al suo fianco.
Per Alessandro era un'opportunità da non lasciarsi sfuggire. Radunò intorno a se numerosi esponenti
di famiglie parmensi e piacentine e partì con un primo piccolo contingente, che si unì all'esercito di
don Giovanni, imbarcandosi a Genova il 26 luglio 1571.
Altri soldati s'imbarcarono alla Spezia nel mese di agosto. Il contingente parmense era formato da 24
gentiluomini e 300 soldati. A causa della diversità delle componenti della flotta cristiana, presto inizia-
rono a crearsi numerose difficoltà di convivenza. Tali difficoltà erano accentuate dal fatto che anziani
ed esperti ammiragli erano costretti a stare alle dipendenze di un ventiquattrenne senza alcuna espe-
rienza marinaresca. Il 1 ottobre la situazione esplose. Se Alessandro non fosse riuscito a placare l'ira dello
zio a ristabilire l'ordine tra gli ammiragli, la flotta spagnola e quella veneziana sarebbero giunte ad uno
scontro. Per questo intervento Alessandro venne personalmente elogiato dal papa stesso. Il 7 ottobre, sei
giorni dopo questo avvenimento, la flotta cristiana e quella turca si scontrarono nelle acque del Golfo di
Lepanto, in Grecia.
La battaglia fu violentissima ed Alessandro si distinse ancora una volta per il suo coraggio e la sua peri-
zia militare. L'esito dello scontro fu favorevole alla Lega Santa, che sbaragliò la flotta turca, assai più
numerosa, liberò 15.000 schiavi cristiani impiegati come rematori e impose una battuta d'arresto defini-
tiva all'espansionismo turco. Al ritorno da Lepanto, Alessandro tornò alla vecchia vita che conduceva a
Parma.
Nel 1573 la coppia fu allietata dalla nascita di Odoardo, futuro cardinale. L'8 luglio 1577 morì la prin-
cipessa Maria di Portogallo. Questa morte troncò l'ultimo legame che univa Alessandro al ducato.
Alessandro Farnese ad Anversa. Rilievo dal suo monumento a Piacenza.
Le FiandreIl 1577 fu anche l'anno dell'arrivo, dietro invito di Filippo II e su richiesta di don Giovanni, di
Alessandro nelle Fiandre. Il 15 dicembre attraversò le Alpi per non far più ritorno in Italia.
La Spagna, nonostante la legittimità delle sue pretese, a causa del malgoverno del precedente gover-
natore, Fernando Álvarez de Toledo, duca d'Alba, rischiava di essere scacciata dalla fazione protestan-
te guidata dal principe Guglielmo d'Orange-Nassau (1533-1584) e spalleggiata dal Regno d'Inghilterra.
La prima preoccupazione di Alessandro fu quella di riorganizzare l'esercito, operazione che diede i
suoi frutti il 31 gennaio 1578, quando le truppe spagnole sconfissero quelle orangiste nei pressi di
Gembloux.
Dopo questa battaglia le sorti della guerra volsero in favore delle forze imperiali, tanto che gli orangi-
sti furono costretti a chiedere aiuto al cattolico Francesco Ercole d'Alençon, duca d'Anjou (1554-
1584), che li avrebbe sostenuti in funzione antispagnola. All'età di 32 anni, il 1º ottobre 1578, morì
don Giovanni d'Austria, così Filippo II, ritenendo Alessandro uno dei suoi più abili e fidati collabora-
tori, lo designò governatore generale delle Fiandre e di Borgogna e capitano generale dell'esercito.
La situazione delle Fiandre non era delle migliori, ma Alessandro si impegnò con tutte le sue forze per
venirne a capo. La sua moderazione si contrappose agli eccessi calvinisti, che trasformarono le guerre
indipendentistiche in guerre di religione.
Grazie a queste sue qualità egli diventò un elemento di aggregazione sia per i cattolici che per i prote-
stanti moderati, che apprezzavano la sua lealtà, la sua moderazione e la disciplina delle sue truppe che
non si davano mai al saccheggio ed alla depredazione, al contrario delle truppe orangiste e francesi.
Il 17 maggio 1579 con la firma del trattato di Arras, le province cattoliche riconobbero Alessandro
Farnese quale governatore rinunciando alle loro aspirazioni indipendentistiche in cambio di ampie
garanzie al termine delle ostilità. A questo enorme successo diplomatico seguì, il 29 giugno la conqui-
sta di Maastricht.
I due anni che seguirono furono caratterizzati dalla nomina di Margherita d'Austria a governatrice delle
Fiandre, nomina mai gradita da Alessandro, che la considerava lesiva del proprio prestigio e pericolo-
sa per la sua opera di pacificazione del paese. Filippo II revocò la nomina il 13 dicembre 1581.
Nel frattempo il duca d'Anjou cercava continuamente di conquistare la regione, ma veniva costante-
mente rintuzzato da Alessandro, che continuava a fungere da polo d'attrazione per tutti i moderati.
Il 13 luglio 1584 venne ucciso Guglielmo d'Orange, il capo carismatico dei protestanti.
Da qui in poi i successi furono ininterrotti[1]: il 17 settembre 1584 conquistò Gand e, nel marzo 1585
Bruxelles e Nimega. Il 17 agosto 1585 cadde anche Anversa, per bloccare la quale, dalla parte del
mare, fu costruito un ponte lungo 720 metri.
Per questa impresa Alessandro Farnese ricevette le insegne dell'Ordine del Toson d'Oro, e la restituzio-
ne formale della città di Piacenza, fino ad allora in mani spagnole, che gli consentì di ristabilire l'inte-
grità territoriale del suo ducato.
Negli anni che seguirono Alessandro fu impegnato nella preparazione della guerra all'Inghilterra,
impresa vanificata dall'annientamento della flotta spagnola (Invincible Armada) nel 1588.
Il ducato di Parma e le ultime glorie
Alla morte del padre Ottavio, nel 1586, Alessandro divenne duca di Parma, ma non governò mai il suo
paese, nominando reggente il figlio diciassettenne Ranuccio (1569-1622).
Negli ultimi anni della sua vita fu costretto da Filippo II a prendere parte alle guerre di religione che si
svolgevano in Francia.
Nel settembre del 1590 liberò Parigi dall'assedio degli ugonotti guidati da Enrico di Borbone (1553-
1610), re di Navarra, in seguito tornò nelle Fiandre per combattere contro Maurizio di Nassau (1567-
1625), figlio e successore di Guglielmo.
Il 20 aprile 1592 liberò Rouen dall'assedio di Enrico di Navarra e, durante un'ispezione nei pressi di
Caudebec, fu ferito ad una mano.
La ferita minò ancora di più la sua salute già precaria e fu costretto a chiamare il figlio Ranuccio per
prendere il comando delle truppe. Rientrato nelle Fiandre si dichiarò pronto a riprendere le operazio-
ni in Francia, ma alla corte di Madrid, gelosa dei suoi successi, fu accusato di slealtà nei confronti del
re, che lo rimosse dall'incarico di governatore.
La sua salute peggiorò rapidamente e, nella notte tra il 2 e il 3 dicembre, nel monastero di San Waast,
morì confortato dai sacramenti.
I suoi resti mortali furono rivestiti dell'abito cappuccino, traslati a Parma e inumati nella chiesa dei cap-
puccini, accanto alla tomba della moglie. La morte gli risparmiò di vedere il provvedimento con cui
veniva sollevato dall'incarico di governatore.
Alessandro Farnese sancì con le sue vittorie la definitiva separazione delle Fiandre tra i Paesi Bassi cal-
vinisti che ottennero finalmente l'indipendenza nel 1648, e le province del sud che rimasero nell'or-
bita cattolica, prima degli Asburgo di Spagna, poi degli Asburgo d'Austria, pur se con numerose ampu-
tazioni territoriali a favore della Francia.
Tali province andarono in seguito a formare l'odierno Belgio.
Alessandro Farnese in un rilievo dal suo monumento a Piacenza.
IL VILLINO DE PIRRO – LA STORIA
Il “Villino De Pirro”, è ubicato in zona Prati di Castello e delle Vittorie, al civico 3 di Via Alessandro
Farnese ad angolo con Via dei Gracchi.
L’edificio è un esempio di tipologia a “villino” con parte della struttura risalente ai primi anni del‘900, ed
è citato con foto e planimetrie in un libro/guida edito da Palombi editore “Il Villino a Roma” di Irene
De Guttry del 2000. La sua ubicazione è in zona non ristretta da ZTL e pertanto di grande pregio dal
punto di vista urbanistico/logistico.
Il villino ha un’area esterna di proprietà di circa 600 mq. e due accessi carrabili dall’esterno.
La sua caratteristica architettonica principale è la torretta laterale e un’atrio di ingresso con scala a due
rampe ed una loggia coperta.
L’edificio è stato costruito con Progetto e Licenza di Costruzione del 16/11/1904 dal barone Carmelo
De Pirro e progettato dall’architetto Claudio Monticelli e dall’ingegnere Emilio Alberini.
Il progetto, conservato agli Archivi Capitolini (Fondo T54, Prot.98339, anno 1904 – Allegato1), è com-
posto dalle planimetrie dei tre piani “S1”, “Terra” e “Primo”, due prospetti ed una sezione di quella
che era originariamente un’abitazione unifamiliare con due piani fuori terra ed una torretta laterale.
Dal progetto si evince che il fabbricato nasce con destinazione d’uso a “villino”, costruito con ogni proba-
bilità come casa di rappresentanza. Il piano interrato era destinato a cantine e spazi di servizio, il piano
terra disponeva di un ampio vano scala centrale in entrata, un soggiorno e alcune stanze probabilmente
per il personale di servizio, mentre nel piano superiore erano ubicate le stanze padronali ed i bagni.
Il prospetto era in mattoncino faccia a vista, (parte del mattoncino romano è ancora visibile nell’arco
Allegato 1
della loggia di entrata che rappresenta una delle parti rimaste integre dell’edificio rispetto al progetto
originale). Tutti i vani delle finestre e delle porte erano decorati con stucchi e sopravoltine ad arco in
mattoncini, come si evince dai documenti allegati. Alcuni dettagli dei decori originali sono ancora visi-
bili sulla porta di entrata principale e sul soffitto della loggia dove è presente una pittura su intonaco
con motivi floreali stile ‘900.
Dal progetto e dai documenti analizzati agli Archivi Capitolini non risulta nessuna traccia o testimonianza
del colore originario del prospetto esterno. E’ stato possibile comunque risalirne attraverso una analisi
stratigrafica delle vernici esistenti fino a recuperare quella prossima alla data della realizzazione.
In data 13/01/1971 viene presentata alla Ripartizione XV Urbanistica Edilizia Privata sez.XI un progetto
di variante sul progetto di ampliamento e restauro presentato nel 1969 (Allegato 3).
Il progetto viene visionato dalla Commissione Edilizia in data 18/05/1971 che ne approva l’esecuzione.
In data 8 settembre 1971 viene rilasciata regolare licenza edilizia n°1506, prot. 2169 con relativo atto
d’obbligo in cui la proprietà si impegna a mantenere una superficie di parcheggio pari a 135mq, a
mantenere a verde le aree esterne di distacco del fabbricato compreso il giardino pensile sui solai di
copertura invadenti i distacchi e porre a dimora due piante di essenza forte.
Il progetto prevedeva alcune varianti rispetto al progetto presentato e licenziato nel 1969.
Le variazioni consistevano in :
• realizzazione di terrazza pensile al piano terra sopra i solai di copertura dell’autorimessa;
• realizzazione di altri due balconi/terrazzini al piano primo in sostituzione delle coperture a falda;
• realizzazione di una copertura su una parte della terrazza al piano terzo.
• ripristino di balaustre, cancelli e parapetti in ferro battuto in stile, compresa la chiusura con saraci-
nesche a maglia di ferro delle terrazze coperte al piano terra su Via dei Gracchi.
Le destinazioni d’uso rimangono le stesse del progetto del 1969.
Questo progetto di variante è l’ultimo strumento di riferimento progettuale per il rilievo ed il piano di
ristrutturazione e il restyling estetico della facciata. Negli anni tra il 1971 ed il 1985 si sono realizza-
te alcune opere di ristrutturazione interna ed ampliamento attraverso la realizzazione di alcune verande.
Le variazioni riguardano:
• una nuova distribuzione interna;
• un nuovo frazionamento dell’unità immobiliare;
• la realizzazione di una veranda chiusa al piano terzo là dove era stata realizzata una copertura con
il progetto del 1971;
• la realizzazione di una veranda chiusa sulla loggia del piano quarto.
progetto di variante del 1969
IL PROGETTO DI RECUPERO DELLE FACCIATE
Il progetto di intervento per il restyling delle facciate ha avuto come obiettivo principale il recupero del
decoro storico/monumentale dell’edificio andato perduto, in parte, nel corso dei vari interventi di recu-
pero, ristrutturazione ed ampliamento.
Ad esclusione dell’entrata principale e di alcuni decori come il cornicione principale, le finestre della
torretta e la copertura della stessa; i prospetti del fabbricato presentavano finestre e porte completa-
mente prive di decori o cornici di particolare pregio.
Erano stati inoltre realizzati, nel tempo, interventi di riverniciatura degli intonaci con colori e metodo-
logie prive di logica estetico/architettonica, sensibilmente difformi dalle tipologie di decoro dell’epoca
a cui risale il fabbricato.
Pertanto, nel piano di recupero e ristrutturazione si è dovuto procedere attraverso tre fasi differenti: una
prima fase di analisi e mappatura dei dettagli da conservare e da ricostruire, una seconda fase di demo-
lizione totale delle finiture considerate non coerenti, ed una terza fase di ricostruzione dei particolari
di dettaglio necessari a ripristinare il giusto decoro dell’edificio.
Gli interventi sono stati cosi’ strutturati :
a) analisi e Mappatura dei materiali di finitura esistenti e dei decori di tutte le facciate;
b) realizzazione di calchi dei decori storici esistenti per ricostruzione storica e tipologica dei decori
di progetto;
c) eliminazione di tutte le parti di finitura non conformi al progetto di restyling;
d) recupero e pulitura della cortina faccia a vista esistente e ripristino delle parti ammalorate o rimos-
se nei precedenti interventi di ristrutturazione;
e) recupero, consolidamento e pulitura dei decori da salvaguardare;
f) risanamento e riverniciatura di tutte le balaustre metalliche e sostituzione dei meccanismi di tutti
i cancelli motorizzati;
g) risanamento di tutte le strutture lignee esistenti sulla copertura della loggia al piano torretta e rifa-
cimento in legno della copertura della veranda coperta;
h) sostituzione di tutti gli infissi esistenti.
i) Restauro dipinto esistente sulla loggia
l) rifacimento decorazione sottotetto torretta
a) analisi e Mappatura dei materiali di finitura esistenti e dei decori di tutte le facciate
L’analisi effettuata su tutti i materiali di finitura ha avuto come obiettivo quello di individuare le carat-
teristiche tipologiche del materiale specifico e lo stato dei processi di alterazione, per redigere una
mappatura del degrado sulla base degli elaborati di rilievo. L'anamnesi storica ha in parte portato alla
deduzione logica dei trattamenti di finitura realizzati in passato al fine di evidenziare le possibilità di
recupero.
• Pietre, laterizi, intonaci e malte
La prima operazione è stata un'indagine morfologica macroscopica dell'oggetto e del suo deteriora-
mento (campagna di rilevamento fotografico a vari livelli, analisi visiva, tattile).
Questo tipo di analisi effettuata sugli agenti patogeni, su croste nere e depositi, su eventuali organismi
infestanti vegetali o animali ci ha permesso di identificare, in fase di progettazione esecutiva, i diversi
ambiti di intervento.
Poichè erano presenti croste nere o depositi mediamente consistenti è stato necessario rimuoverli com-
pletamente.
• Materiali in cotto
Nella maggior parte dei casi i manufatti in laterizio fanno parte di un sistema murario integrato ed ete-
rogeneo (letti di malta, murature miste, a sacco, strutture portanti o paramenti di tamponamento o rive-
stimento) che denuncia caratteristiche differenti relativamente alla tipologia impiegata. Lo studio pre-
liminare ci ha permesso di individuare le caratteristiche fisiche dei manufatti in modo da evidenziarne
gli eventuali stati di alterazione identificando nel contempo le cause intrinseche ed estrinseche di tipo
diretto o indiretto generatrici del degrado.
Come per gli altri materiali è stata indispensabile l’analisi della genesi storico-costruttiva del manufat-
to e delle informazioni relative alla provenienza, alle modalità di posa e messa in opera, al tipo di trat-
tamento che ha eventualmente subito col passare degli anni (tecniche di finitura, applicazione di pro-
dotti protettivi, consolidanti, ecc.). Nella maggior parte dei casi i laterizi vengono impiegati con com-
piti strutturali e pertanto le fessurazioni o le lesioni, se presenti, possono nascondere problemi di sta-
bilità. Ma nel nostro caso, non avendo rilevato, almeno ad occhio nudo, fessurazioni o lesioni signi-
ficative, non è stato necessario svolgere un'indagine di tipo statico onde individuare ed evidenziare
l'eventuale quadro fessurativo valutandone la staticità o la dinamicità per mezzo di opportuna stru-
mentazione (fessurimetri, deformometri, crepemetri). L’edificio ha però subito negli anni interventi di
ristrutturazione complessi che hanno portato parte della muratura portante ad essere integrata con una
struttura in cemento armato; è stato indispensabile, durante le fasi di demolizione, verificare i nuovi
schemi statici al fine di confermare in via definitiva tutte le scelte progettuali.
Un fattore emerso in fase operativa è stato la presenza di umidità che è stata attentamente monitorata
attraverso indagini specifiche:
ispezione visiva – L'osservazione diretta della superficie esterna ha messo in evidenza tutte le partico-
larità che hanno importanza ai fini di una prima diagnosi di tipo macroscopico: colore, piani di sfal-
datura, piani di sedimentazione, sfarinamento, presenza di efflorescenze saline, presenza di patologie
in genere (muschi, licheni, croste nere, macchie, depositi, degrado dei letti di malta).
indagini in situ – si sono effettuate a ponteggi istallati, per determinare la presenza di umidità e del
contenuto d'acqua con l’utilizzo di apparecchi a costante dielettrica, al carburo di calcio, rilevatori di
condensazione, di temperature superficiali. Tali strumenti hanno consentito di fornire indicazioni sulle
discontinuità presenti nel materiale effettuando misurazioni di tipo sonico e ultrasonico direttamente
correlabili alla velocità di propagazione del suono. Indagini endoscopiche onde verificare l'eventuale
modalità di posa in opera di setti murari a sacco o da rivestimento.
analisi meccanica - Si sono eseguite prove sulla durezza superficiale del materiale, che hanno messo
in evidenza le proprietà fisico-meccaniche della superficie prima delle operazioni di pulitura. In alcu-
ni tipi di materiale da costruzione (ad esempio il calcestruzzo), per effetto dell'esposizione agli agenti
atmosferici, si ha un indurimento superficiale che può avere un effetto protettivo sul materiale o peg-
giorarne la conservazione (distacco o sfogliamento per disomogeneità di comportamento chimico-fisi-
co con il materiale sottostante). Alcuni metodi di pulitura tendono a diminuire la durezza dello strato
di superficie (spray di acqua, ecc.), altri a conservarla (impacchi di attapulgite, ecc.). E’ stato quindi
necessario controllarne l'esistenza con differenti misure di durezza superficiale, prima e dopo la puli-
tura, e verificare la preservazione dello strato indurito con test alternati di permeabilità all'acqua e al
vapore (per esempio mediante misure di velocità di evaporazione dell'acqua).
• Materiali lapidei
Le indagini visive, tattili e morfologiche effettuate sugli elementi in pietra hanno permesso di indivi-
duare le caratteristiche fisiche dei manufatti per evidenziarne gli stati di alterazione identificando nel
contempo le cause intrinseche ed estrinseche di tipo diretto o indiretto generatrici del degrado. Per
acquisire questi dati la ricerca è partita dalla raccolta di informazioni relative alla storia del manufat-
to, alle modalità di posa e messa in opera e, dove è stato possibile risalirne, al tipo di trattamento che
ha eventualmente subito col passare degli anni (tecniche di finitura, applicazione di prodotti protetti-
vi, consolidanti, ecc.).
Mappaturadelle finiture esistenti
Mappaturadelle finiture esistenti
I materiali lapidei presenti nel fabbricato, non hanno funzione strutturale, pertanto il quadro delle fes-
surazioni non ha implicato un approfondimento con analisi statiche di dettaglio o strumentali.
ispezione visiva – è stata necessaria per stabilire eventuali priorità di intervento e definire le successi-
ve indagini diagnostiche più accurate da effettuare. L’osservazione diretta sulla superficie esterna dei
manufatti lapidei ha messo in evidenza tutte le particolarità che hanno importanza ai fini di una prima
diagnosi di tipo macroscopico: colore, piani di sfaldatura, piani di sedimentazione, patologie di degra-
do. Si potrà successivamente ricorrere a prove ottiche non distruttive (processi termovisivi e fotografi-
ci, all'infrarosso, a luce radente) per individuare discontinuità, alterazioni superficiali, fessurazioni,
identificazione di corpi estranei utilizzati per la fermatura, il consolidamento o il fissaggio dei manu-
fatti, zone imbibite d'acqua distaccate o comunque alterate.
indagini di dettaglio - in base alle informazioni acquisite con le precedenti indagini si sono effettuare
analisi approfondite a carattere minimamente distruttivo utili a determinare con precisione le caratte-
ristiche fisico-chimiche del materiale. Si è così effettuato il prelievo di almeno un campione delle
dimensioni di cm 2x3x1 (pochi grammi). La portata distruttiva è stata limitata avendo l'accortezza di
prelevare anche parti di roccia degradata, magari in frammenti già distaccati dalla matrice (croste nere,
esfoliazioni), eventuali talli o parti di organismi biologici presenti e, mediante impacchi di sostanze sol-
venti, anche campioni delle sostanze presenti come macchie.
analisi meccanica - sono state effettuate alcune analisi relativamente ai problemi legati alla staticità,
alla resistenza e alla deformabilità del materiale. Sono normalmente analisi di tipo distruttivo o mini-
mamente distruttivo. Si sono eseguite prove in situ utilizzando essenzialmente apparecchiature sclero-
metriche capaci di determinare la durezza superficiale del materiale individuando così aree di minor
resistenza meccanica, da sottoporre eventualmente a successive prove di laboratorio.
• Intonaci e malte
Premesso che la malta interagisce direttamente con il supporto e con gli altri strati (se vi sono) di into-
naco, rappresenta l'interfaccia fra elementi costruttivi e fra questi e l'ambiente, determinando i flussi di
interscambio (igrotermici, atmosferici, idrici). Per conoscere le caratteristiche e lo stato di conservazio-
ne di una malta non è sufficiente l'analisi delle singole componenti ma è stato necessario ricorrere alla
valutazione dei vari livelli prestazionali.
esame visivo: è stato necessario per indirizzare la successiva campagna diagnostica e ricavare i primi
dati elementari: aspetto esterno, presenza di patologie di degrado (polverizzazione, alveolizzazione,
distacchi, bollature, colonie di organismi patogeni).
Per approfondire l'analisi al livello dello stato funzionale del sistema ci si è avvalsi in modo particola-
re di tecniche di telerilevamento, della termovisione e della fotogrammetria, per individuare le carat-
teristiche del supporto ed eventuali zone degradate non visibili a occhio nudo (parti distaccate o
umide).
Nel corso dei lavori, a ponteggi istallati, si è proceduto alla rimozione dell’intonaco ammalorato che
è stato sottoposto a verifica per “battitura” e nelle parti da ripristinare si è proceduto alla realizzazio-
ne di nuovo intonaco.
• Legno
Le indagini sono state basate su un sopralluogo con esame visivo dei manufatti e delle condizioni al
contorno, sulla misurazione delle caratteristiche igrotermiche dell'ambiente.
Dall’esame le strutture di sostegno del tetto della torretta risultavano in buono stato di conservazione
e quindi è stato necessario realizzare solo opere di pulitura e trattamento
Per determinare il tipo di essenza e, conseguentemente, le condizioni adeguate al mantenimento di
uno stato di equilibrio, si è fatto ricorso a tecniche minimamente distruttive, che hanno previsto il pre-
lievo di un ridotto quantitativo di materiale. Le indagini sono state utili alla puntuale valutazione dello
stato di degrado di strutture e manufatti.
ispezione visiva - per stabilire eventuali priorità di intervento e definire le successive indagini diagno-
stiche di approfondimento è stata effettuata un indagine basata sull’osservazione diretta in modo da
verificare la superficie esterna degli elementi e dei manufatti lignei e poter mettere in evidenza tutte le
particolarità che hanno importanza ai fini di una prima diagnosi di tipo macroscopico.
Nel corso delle analisi di dettaglio che si sono effettuate in opera è stato possibile identificare la spe-
cie legnosa, i caratteri morfologici, i difetti e le anomalie, il degrado apparente. Sono state valutate le
alterazioni subite nel corso del tempo dal materiale, lo stato dei collegamenti tra i singoli elementi, e
sono stati identificati i difetti in grado di condizionare le proprietà meccaniche del legno quali nodi,
fessurazioni, deviazione della fibratura, e presenza di attacco biologico da parte di insetti xilofagi e dei
funghi della carie.
misurazione della resistenza ad infissione – tale verifica è stata effettuata in contatto con il materiale
ligneo. È un metodo penetrometrico in grado di definire la presenza di degrado e la resistenza massi-
ma del legno in situ. Una punta metallica viene infissa nel legno con colpi ripetuti alla stessa intensi-
tà trasmessi da uno sclerometro. A seconda del numero dei colpi necessari a raggiungere la profondi-
tà di cm 1 è possibile identificare il degrado in atto.
La correlazione tra i risultati ottenuti in situ e i risultati ottenuti dalle prove di laboratorio, a loro volta
correlati a prove di resistenza a flessione degli stessi provini, possono portare a definire la resistenza
massima del legno in sito. A causa dell'anisotropia del legno e dell'eventuale presenza di umidità i
risultati possono essere molto diversi. Umidità superiore al 25% può fortemente influenzare i risultati
dell'analisi.
analisi resistografiche – a seguito della misurazione della resistenza ad infissione, è stato necessario
effettuare una verifica di dettaglio sulla resistenza delle travi di copertura. E’ stato impiegato uno stru-
mento capace di misurare la resistenza opposta dal legno alla penetrazione di una punta di piccolo
diametro (1,3-3 mm). Un trapano speciale imprime un movimento combinato di rotazione ed avanza-
mento a velocità costante della punta. Tramite la misurazione della potenza assorbita dal motore dello
strumento durante la perforazione vengono restituiti dei grafici, denominati “profili” che hanno anda-
mento caratteristico dipendente dalla specie legnosa e dalla densità.
Si sono potuti così ricavare dati sulle caratteristiche del legno, specialmente nelle zone non visibili o
non accessibili (teste delle travi), determinare la presenza di danni causati da insetti e/o funghi della
carie (diminuzione della resistenza alla foratura). Con questa tecnica si è inoltre in grado di valutare
l'altezza delle sezioni dove non vi siano altre possibilità di accertamento.
analisi del contenuto d'acqua - parametro molto importante in quanto da esso dipendono tutte le pro-
prietà fisiche e meccaniche del legno e soprattutto la sua predisposizione agli attacchi dei funghi della
carie. Come umidità del legno si intende il rapporto tra la massa del legno secco e la quantità d'acqua
data in percentuale presente al suo interno.
Le misurazioni dell'umidità sono state effettuare tramite:
• metodo dell'essiccazione (o ponderale): metodo minimamente distruttivo che prevede l'estrazione di
alcuni provini di materiale che vengono immediatamente pesati, essiccati e successivamente ripesati.
Tramite semplici equazioni si determina la percentuale di umidità presente nel provino prelevato
rispetto al provino secco. Durante l'operazione bisogna fare in modo che il provino prelevato non subi-
sca in alcun modo fenomeni di pre-essicazione prima della pesatura, falsando così il dato finale.
• metodo a resistenza dielettrica: di sicuro meno preciso del precedente in quanto facilmente influen-
zabile dai sali o altri elementi chimici presenti nel legno. Il metodo si basa sulla misurazione della resi-
stenza elettrica tra due elettrodi inseriti nel legno. Tale resistenza sarà tanto più bassa quanto più risul-
ta elevata la presenza d'acqua all'interno dell'elemento.
analisi del materiale - l'analisi di campioni di fibre degradate ha consentito di determinare il tipo di
attacco biologico in corso e di studiare un'adeguata risposta chimica. La possibilità di procedere ad
analisi minimamente distruttive permette di conoscere innanzi tutto il tipo di essenza e la variazione
del contenuto di umidità rispetto ai limiti che caratterizzano una specifica essenza. Da queste informa-
zioni deriva immediatamente la conoscenza di altri dati fisici sull'essenza studiata, quali il peso speci-
fico apparente e assoluto, l'indice di porosità, il contenuto di umidità. Prove effettuate su campioni
della medesima essenza, sottoposti a cicli di invecchiamento, sono stati impiegati per ricavare ulterio-
ri informazioni circa la resistenza meccanica, i valori di dilatazione dovuta a sbalzi termici, la capaci-
tà di assorbimento d'acqua.
• Materiali metallici
I manufatti metallici si trovavano in stato di buona conservazione, a parte alcune parti delle grate a
decoro sul muro perimetrale, che sotto la stretta di una pianta di edera ben strutturata, presentavano
leggere incurvature e deformazioni.
Da un analisi visiva, morfologica e tattile, la loro struttura non presentava forme di degenerazione e
alterazione della sua massa resistente, riteniamo pertanto che oltre alle lavorazioni di saldatura e bat-
titura delle parti deformate, si potrà procedere a normali operazioni di pulizia , protezione e finitura .
b) Realizzazione dei calchi sui decori
Sono mappati, rilevati e restituiti graficamente alcuni decori originali presenti al piano terra, all’entra-
ta principale, e sul cornicione principale. Tali decori, che rappresentano l’unica testimonianza dell’ori-
ginale tipologia del “villino” del 1904, sono stati rilevati attraverso la realizzazione di calchi con spe-
ciali resine e sono stati la base dello sviluppo dei decori ricostruiti.
Questo procedimento ha garantito una coerenza estetico/tipologico di tutti gli interventi di restyling.
c) Eliminazione di tutte le parti di finitura non conformi al progetto di restyling
Sono stati rimossi tutti i materiali di finitura posizionati sulla facciata esterna, non contemplati nel pro-
getto di restyling, al fine di portare a nudo la struttura del fabbricato e verificare la “fattura” del corpo
portante sottostante. Parte delle pareti perimetrali è composto da mattone a cortina faccia a vista, tipo-
logia utilizzata nel progetto originale del 1904, come si evince dai documenti depositati presso
l’ Archivio Capitolino, e quindi si è potuto procedere ad un opera di pulizia e ripristino della stessa.
E’ stato necessario eliminare inoltre tutti i basamenti di peperino, di travertino e pietra, le cornici metal-
liche con pietra incassata presenti in alcuni ricorsi e le inferriate metalliche al piano terra.
d) Recupero e pulitura della cortina faccia a vista esistente e ripristino delle partiammalorate o rimosse nei precedenti interventi di ristrutturazione
Il lavoro di recupero delle murature è stato rivolto alla conservazione integrale del manufatto origina-
rio con alcuni interventi di sostituzioni, rifacimenti o ricostruzioni. Tali operazioni sono state eseguite,
dopo avere effettuato le eventuali analisi necessarie ad individuare le caratteristiche dei materiali pre-
senti, ricorrendo il più possibile a materiali e tecniche compatibili con quelli da conservare.
• Stilatura dei giunti
La prima operazione è stata quella di analisi ed individuazione dei vari componenti delle malte e delle
murature da trattare per passare poi alla preparazione di malte compatibili da porre in opera. Prima
dell'applicazione degli impasti così preparati si sono dovute rimuovere tutte le parti in via di distacco
o asportabili con facilità delle stilature preesistenti passando, quindi, alla nuova stilatura dei giunti con
le malte confezionate.
Oltre alla rimozione delle parti mobili, utilizzando anche scalpelli e utensili di questo tipo, le superfi-
ci da trattare sono state pulite meccanicamente o con acqua deionizzata passando ad una prima stila-
tura dei giunti con una malta di calce idraulica e sabbia vagliata (rapporto legante-inerte 1:2) applica-
ta con spatole di piccole dimensioni per non danneggiare le superfici che non necessitano del tratta-
mento e che potranno essere protette nei modi più adeguati.
La stilatura di finitura è stata effettuata con grassello di calce e sabbia vagliata integrata con polveri di
coccio, marmo o simili con un rapporto legante inerti di 1:3; la pulizia finale e la regolarizzazione
sono state effettuate con un passaggio di spugna imbevuta di acqua deionizzata.
• Parziale ripristino delle murature
Là dove necessario, si è intervenuti su pareti in muratura solo parzialmente danneggiate e le opere di
rifacitura hanno interessato soltanto le parti staticamente compromesse. Gli interventi sono stati ese-
guiti per zone limitate ed alternate con parti di muratura in buone condizioni per non alterare ecces-
sivamente l'equilibrio statico della struttura.
Le prime opere hanno riguardato la demolizione controllata di una delle zone da rimuovere; una volta
rimosso il materiale di risulta si è proceduto alla ricostituzione della muratura con mattoni pieni e
malta grassa di cemento provvedendo ad un efficace ammorsamento delle parti di ripristino in quelle
esistenti.
Ultimato questo tipo di lavori si è proceduto, dopo 2-3 giorni di maturazione della malta, al riempi-
mento fino a rifiuto di tutti gli spazi di contatto tra vecchia e nuova muratura.
• Interventi di protezione su murature esposte
Su parti di muratura o superfici esterne particolarmente soggette ad usura da agenti atmosferici si è
intervenuti con opere di protezione con strati di malta disposti sulle teste dei mattoni interessati a tota-
le o parziale copertura delle superfici esposte. Tali interventi si sono comunque raccordati in modo
adeguato con la struttura preesistente senza creare differenze di spessori, incongruenze nell'uso dei
materiali e difformità non compatibili con le caratteristiche dell'insieme della struttura.
La migliore rispondenza alle necessità di durata e resistenza di questi interventi protettivi è stata otte-
nuta con l'impiego di additivi appropriati alle diverse situazioni e aggiunti negli impasti delle malte da
utilizzare.
• Interventi di pulitura
I metodi utilizzati sono:
– spray d'acqua e/o acqua nebulizzata per tempi brevi e controllati, al fine di evitare l'eccessiva imbi-
bizione del materiale;
– metodi chimici o impacchi con argille assorbenti, in cicli successivi per verificare la completa desa-
linizzazione.
Mappaturainterventi di ristrutturazione
Mappaturainterventi di ristrutturazione
e) Recupero, consolidamento e pulitura dei decori da salvaguardare
Prima di procedere a qualsiasi intervento di recupero e conservazione è stato indispensabile effettuare una comples-
siva verifica preliminare dello stato materico, statico e patologico dei manufatti (indagine visiva, chimica e petrografi-
ca). Il quadro patologico è stato restituito tramite specifica mappatura in grado di identificare soluzioni di continuità
presenti, distacchi, fessurazioni, lesioni, deformazioni, croste superficiali. Si è proceduto successivamente con cicli di
pulitura consolidamento e protezione. Sono state necessarie operazioni di integrazione, sostituzione e rifacimento di
tutte le porzioni mancanti o totalmente compromesse finalizzate alla completa restituzione dell'aspetto cosiddetto
”originale”. Eventuali integrazioni sono state funzionali alla conservazione del manufatto ed alla eventuale comples-
siva leggibilità.
• Pulitura degli stucchi e decori
Le polveri ed i sali cristallizzati in superficie sono stati rimossi mediante l'uso di pennelli morbidi. In
presenza di croste nere e/o criptoefflorescenze saline, si è proceduto alla loro eliminazione mediante
nebulizzazioni a durata controllata o tamponi imbevuti con acqua distillata. Eventuali residui organi-
ci (fumo di candele, cere, vernici oleose) sono stati rimossi con solventi organici (per esempio alcool
etilico diluito in acqua) applicati a tampone.
• Consolidamento degli stucchi e decori
Nel caso di distacchi di lamine decorative si sono utilizzate resine in emulsione acquosa, applicate a
pennello su carta giapponese. Nel caso in cui l'elemento presentava distacchi dal supporto murario, il
riancoraggio è avvenuto mediante l'iniezione di miscele idrauliche a base di calce idrata e cocciope-
sto o pozzolana, eventualmente addizionate con fluidificante e miscele adesive. Le eventuali nuove
armature sono state realizzate in acciaio inossidabile o vetroresina.
f) Risanamento e riverniciatura di tutte le balaustre metalliche
Il tipo di lavori eseguiti sono rappresentati dalle seguenti tre fasi:
a) pulitura e rimozione delle parti ossidate (con eventuale sostituzione di pezzi particolarmente com-
promessi);
b) preparazione delle superfici con trattamenti protettivi;
c) applicazione dei prodotti di finitura.
Le operazioni di pulitura hanno preparato le superfici metalliche in modo da offrire la massima capa-
cità di ancoraggio per i trattamenti protettivi e di finitura; l'esecuzione degli interventi di pulizia è
avvenuta in modo manuale, meccanico o con procedimenti di sabbiatura e la scelta del trattamento
da utilizzare è fatta sulla base delle valutazioni effettuate in accordo con il direttore dei lavori.
• Pulitura dei metalli
Nel recupero di metalli (dove la struttura non era attaccata) è stato necessario pulire il materiale con metodi mecca-
nici, quali la sabbiatura con sabbiatrici ad uso industriale, la smerigliatura o la discatura con disco abrasivo, decapag-
gi, mediante l'immersione in soluzioni acide, condizionamento chimico, mediante l'applicazione di agenti chimici
che fissano la ruggine e la calamina, deossidazione, per i metalli non ferrosi, fosfatazione che provoca la passivazio-
ne di una superficie metallica con soluzioni di fosfati inorganici o acidi fosforici. La protezione è avvenuta, nel caso
di metalli esposti, per verniciatura, con due mani preliminari di antiruggine a base di minio oleofonolico e due mani
di vernice a base di resine viniliche ed acriliche resistenti agli agenti atmosferici.
g) Risanamento di tutte le strutture lignee di copertura
• Pulitura del legno
Nel trattamento di risanamento dall'attacco di funghi è stato necessario pulire a fondo i legni, gli into-
naci, le murature infestate, e sterilizzarli con fiaccola da saldatura, con intonaco fungicida o con irri-
gazione del muro stesso.
Per il risanamento dall'attacco di insetti si sono usati trattamenti specifici, quali la scattivatura del
legno, le iniezioni di antisettico, la sterilizzazione con il calore o la fumigazione con gas tossici, che
deve essere eseguita da ditte specializzate. Le operazioni preventive nei confronti degli attacchi da
parte di funghi e di insetti hanno preso inizio da un contenimento del livello di umidità, ottenuto con
una buona ventilazione degli appoggi delle travi, che non devono essere sigillate nel muro né coper-
te di intonaco. Le sostanze protettive sono state applicate a pennello o a spruzzo.
I prodotti da usare per la prevenzione del legname da parte di organismi vegetali e/o animale hanno i
seguenti requisiti:
– tossicità per funghi ed insetti, ma estremamente limitata o nulla per l'uomo;
– una viscosità sufficientemente bassa in modo da ottenere una buona capacità di penetrazione anche
in profondità;
– stabilità chimica nel tempo;
– resistenza agli agenti chimico-meccanici;
– non alterarno le caratteristiche intrinseche dell'essenza quali odore, colore, tenacità, caratteristiche
meccaniche;
– possiedono proprietà ignifughe.
Gli antisettici utilizzabili per trattamenti di preservazione sono di natura organica e di natura inorganica.
L'applicazione e’ stata effettuata:
– a pennello. Dopo aver pulito e/o neutralizzato la superficie da trattare (con applicazione di solven-
te) si applicherà la soluzione di resina a pennello morbido fino al rifiuto. Il trattamento di impregna-
zione e’ stato iniziato con resina in soluzione particolarmente diluita e aumentata via via la concen-
trazione fino ad effettuare le ultime passate con una concentrazione superiore allo standard;
– a spruzzo. Dopo aver pulito e/o neutralizzato con solvente la superficie da impregnare si è applica-
ta la soluzione a spruzzo fino al rifiuto. Il trattamento è stato iniziato con resina in soluzione partico-
larmente diluita e aumentata via via la concentrazione fino ad effettuare le ultime passate con una con-
centrazione superiore allo standard;
– per iniezione. Si sono introdotte nel legno da impregnare appositi iniettori con orifizio variabile
(2/4,5 mm). L'iniettore conficcato in profondità nel legno ha permesso la diffusione del prodotto impre-
gnante nelle zone più profonde.
Per arrestare il deterioramento e comunque per impostare una efficace azione di consolidamento sono
state utilizzati;
– oli siccativi e resine alchidiche siccative. Il procedimento consiste nel fare assorbire dal legno mate-
riali termoplastici sciolti in adatto solvente che tende col tempo a trasformare i polimeri solidi retico-
lati per effetto dell'ossigeno dell'aria. Tale impregnazione ha più uno scopo protettivo che di migliora-
mento delle caratteristiche meccaniche.
h) Sostituzione degli infissi esterni
Sono stati sostituiti tutti gli infissi esterni e realizzati in legno secondo le disposizioni di progetto e
della Soprintendenza Monumentale.
DettaglioPortone d’ingresso principale
Dettaglioricostruzione cornici decorative
Immagini Decori ricostruiti e consolidati
ProspettoVia Farnese
ProspettoVia dei Gracchi
ProspettoInterno A
ProspettoInterno B
SCHEDE DEI MATERIALI
PULITURA MECCANICA• gomme vulcanizzate WISHAB• bisturi, seghetto, scalpelli
PULITURA CHIMICA• sali debolmente basici BICARBONATO D'AMMONIO
RIADESIONE DELLA PELLICOLA PITTORICA• emulsione acrilica PRIMAL AC 33
RIADESIONE DEGLI INTONACI E STUCCATURE• malta idraulica PLM A• emulsione polivinilica VINNAPAS• pozzolana, polvere di marmo, grassello di calce
REINTEGRAZIONE PITTORICA• colori ad acquarelli WINSOR & NEWTON• colori a tempera MAIMERI• pigmenti super ventilati macinati in grassello di calce
DECORAZIONE PITTORICA• Silexcolor Primer e Silexcolor Pittura della MAPEI
i) Restauro dipinto esistente sulla loggia
RESTAURO:
L'intervento di restauro è stato eseguito sul dipinto esistente sul soffitto della zona dell'androne.
La superficie equivale ed un triangolo equilatero sviluppa circa 18 mq
Stato di conservazione
Dalle prime osservazioni, condotte con l'ausilio di mezzi puramente visivi, si è potuto constatare che tutta la superficie pre-
sentava uno strato di particellato atmosferico distribuito in modo più o meno uniforme che ne alterava l’originale cromia.
Col tempo, la campituracentrale e la decorazione floreale lungo la fascia aveva modificato "a macchie" la sua cromia cre-
ando una visione disomogenea dell'insieme, così come il passaggio delle 5 putrelle che attraversano il soffitto, avevano
creato alterazioni cromatiche lungo le fasce delle sottostanti e perdita della pellicola pittorica in corrispondenza. L'intero
dipinto si presentava con diverse cadute d'intonaco di piccola entità generate in maggior parte da sollevamenti della pel-
licola pittorica a bolle e a scaglie e decoesione dell’intonaco in particolare lungo le tracce delle putrelle.
Interventi eseguiti
•Rimozione dei depositi incoerenti (polveri sedimentate) con pennelli di setola morbida;
•Rimozione meccanica di depositi parzialmente coerenti con l'ausilio di gomme vulcanizzate ;
•Pulitura chimica eseguita con miscele di solventi idonei precedentemente testate;
•Ristabilimento dell'adesione della pellicola pittorica mediante una resina acrilica diluita in percentuale adatta;
•Ristabilimento dell'adesione tra supporto murario e intonaco del dipinto mediante iniezioni di adesivi riempitivi;
•Risarcimento delle lacune dell'intonaco a livello, con malta idonea per colorazione e granulometria;
•Reintegrazione pittorica con tempere a calce, colori ad acquarello e idropittura con pigmenti super
ventilati, a totale e logica ricostruzione delle parti mancanti;
•Protezione superficiale mediante applicazione di resina acrilica in soluzione a bassa percentuale.
l) rifacimento decorazione sottotetto torretta
DECORAZIONE:
E’ stata realizzata una decorazione nella fascia parietale sottotetto della torretta. Per la realizzazione della stessa è stato preso
come riferimento tipologico il decoro floreale della fascia decorativa sottostante il tetto della loggia principale, al fine di creare
una coerenza decorativo-ornamentale. La superficie del fregio sviluppa 26 mtl per un'altezza di 80 cm. Per la realizzazione
delle decorazioni sono stati utilizzati colori a base di silicati di potassio con l'aggiunta terre coloranti super ventilate.
m) analisi dei testi latini in facciata
Nel libro di P. Francesco Ferraironi “Iscrizioni Ornamentali su edifici e monumenti di Roma”
(industria tipografica romana, 1937) si cita il villino “De Pirro” come uno degli edifici
di particolare pregio sulle cui facciate compaiono citazioni latine.
Lo studioso scrive così a pagina 188 del suo libro:
“…nel riquadro ad intonaco sovrastante l’architrave dell’entrata di un villino (del 1904):
SALUS IN EA - in essa (casa) la salute
Qui la parola salute ha piuttosto significato di benessere, di benestare, di prosperita’; poiche’ la sanita’ si
puo’ perdere anche stando in casa; e quest’altra salute dipende, piu’ che dalla casa, da noi stessi : Salus
nostra in nobis, dice un antico proverbio….Sopra il lato del villino cha da’ nella via d’incrocio (via
Farnese), si osservano uno stemma ed uno scudo di stemma recanti ciascuno una iscrizione. Ma si tratta
di motti araldici : a)Undique Melitae Fulgent - ovunque i maltesi rifulgono ; b) Gens Hospita Regum -
gente ospite di Re . I proprietari del villino sono appunto malta ; e la croce cavalleresca a otto punte di
quest’isola si vede rappresentata , nello stucco, sull’arco della finestra soprastante ai detti stemmi.
IL PROGETTO DEL GIARDINO ESTERNO
FOTOGRAFIEAnte Operam
FOTOGRAFIEPost Operam
CONCLUSIONEdi Mario Schiavon – Presidente ENPAPI
CONCLUSIONI
di Mario Schiavon – Presidente ENPAPI
Si vuole rivolgere, a conclusione di questa opera, un particolare ringraziamento
a tutti i soggetti che sono stati, a vario titolo,
coinvolti nella realizzazione di questo importante progetto.
In primo luogo, l’architetto Marco Giammetta, che ha effettuato la progettazione
delle opere di ristrutturazione, nonché ha rivestito la funzione di alta sorveglianza,
che ha saputo coniugare l’esigenza di imprimere uno stile architettonico moderno
con quella di rispettare lo stile originario liberty di Villa de Pirro.
Gli Organi dell’Ente, in seno ai quali è stato costituito il Gruppo di Lavoro
per le opere di ristrutturazione, ha supportato egregiamente le più importanti
scelte in materia stilistica, offrendo un grandissimo contributo alla configurazione
della facciata esterna e degli interni della nuova sede.
Le imprese, raggruppate nell’Associazione Temporanea di Impresa “Baglioni./Edilizia Falpo”
che hanno svolto il proprio lavoro con attenzione, precisione e senso di responsabilità,
consapevoli anche dell’importanza architettonica delle opere svolte.
L’ingegnere Francesco Rubeo, che ha rivestito la carica di Direttore dei Lavori,
seguendo l’andamento regolare dei lavori all’interno del cantiere.
La struttura, guidata dal Direttore Generale, dott. Luigi Marchione,
che ha svolto un attento lavoro di monitoraggio e coordinamento di tutte le parti
attrici di questo complesso progetto.
Il Responsabile del Procedimento, dott. Fabio Fioretto, che ha seguito con grande attenzione
tutti gli aspetti amministrativi precedenti, concomitanti e successivi all’effettuazione dei lavori.
L’avvocato Francesca Nappi, che con molta attenzione ha seguito tutto il procedimento legale.
Il Segretario Particolare, dott. Marco Bernardini, che, con pazienza e disponibilità,
ha, come sempre, sostenuto e supportato il Presidente in tutte le fasi complesse di scelta,
valutazione e decisione.
In ultimo, ma certamente non ultime per la grande disponibilità e l’impegno
a superare tutte le inevitabili difficoltà che si sono presentate nella gestione
delle problematiche quotidiane, le maestranze del cantiere, guidate dal geometra Nazzareno Ludovici.
ENPAPI, collocata in un contesto adeguato al mutato assetto dimensionale ed organizzativo, affronte-
rà le sfide che lo attendono con sempre maggiore impegno ed entusiasmo da parte di tutti.
Testi
a cura di Mario Schiavon, Marco Giammetta e Gianluigi Giammetta
Fotografie
Giammetta & Giammetta architects
Grafica ed Impaginazione
Adriano Lelli
Con il contributo di
si ringrazia l’ing. Fabio Leone per il prezioso contributo
alla ricerca storica sul significato delle scritte latine presenti in facciata
Finito di stampare nel mese di Ottobre 2010
presso il Centro stampa Monfalcone