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L’ELLENISMO e LE FILOSOFIE “DELLA FELICITÀ “ (FINE DEL IV SEC. A.C. – V SEC. D.C.) Atene perse la propria supremazia a causa delle conquiste di Alessandro Magno (356–323 a.C.), il quale creò un impero vastissimo che comprendeva Grecia, Egitto, Persia e si estendeva fino all’India nuova epoca caratterizzata da una società “internazionale” in cui la lingua e la cultura greca ebbero un ruolo dominante nei tre grandi regni di Macedonia, Siria ed Egitto e i confini tra le diverse culture e i vari Paesi cessarono di esistere. Alla morte di Alessandro l’impero venne diviso tra i suoi generali, i diadochi (dal greco decomai = ricevere), si formano così gli Stati Ellenistici. Nel 146 a.C. Roma distrusse Corinto e conquistò la Grecia e via via tutti i regni ellenici la lingua e la cultura romana dominarono allora dalla Spagna all’Asia, ma Roma, da un punto di vista culturale era stata una provincia greca ed è per questo che, nonostante il declino politico, la Grecia continuerà ad avere un ruolo chiave . Le culture si mescolarono e si fusero in un “miscuglio” di idee e nozioni religiose, filosofiche e scientifiche. I confini ideologici e culturali non sono ben definiti DISAGIO (così come succederà nel XX sec.) Nacquero nuove religioni basate su divinità e concetti religiosi provenienti da diverse nazioni (SINCRETISMO incontro e fusione di religioni diverse). Esse furono accomunate da due elementi: si fondavano su dottrine che aspiravano a liberare gli esseri umani dall’angoscia della morte ed erano perlopiù sette segrete. Importante per ottenere la salvezza dell’anima conoscere l’universo. La scienza ellenistica fu anch’essa caratterizzata dalla fusione di esperienze diverse. Alessandria d’Egitto rappresentò la “capitale della scienza”; grazie alla sua enorme biblioteca essa divenne il centro degli studi di matematica, astronomia, biologia e medicina. La filosofia fu sempre più spesso intesa come una forma di “salvezza” e di consolazione che libera l’uomo da pessimismo e paura della morte i confini tra religione e filosofia divennero molto labili. Non ci furono filosofi originali, ma numerose correnti che s’ispirarono alle filosofie di Socrate, Platone ed Aristotele. Atene conservò il ruolo di “capitale della filosofia” e sia l’Accademia sia il Liceo continuarono ad operare. L’apertura dei confini delle città-Stato determinò crisi nella sensazione di appartenenza che caratterizzava gli uomini del tempo SENSO DI INSICUREZZA, PESSIMISMO, DISAGIO E PERPLESSITÀ SUL MODO DI AFFRONTARE LA VITA: dubbi religiosi, pessimismo, disgregamento culturale… ELLENISMO: INDICA SIA LA FASE STORICA SIA LA SUPREMAZIA DELLA CULTURA GRECA NEI REGNI DI MACEDONIA, SIRIA ED EGITTO È LA FINE DELLA POLIS E DEI GRANDI SISTEMI FILOSOFICI. La filosofia ellenistica cerca di rimediare alle “lacune” delle grandi sintesi di Platone ed Aristotele (scarsa attenzione per la realtà sensibile) occupandosi di più della VITA CONCRETA DEL SINGOLO disinteresse per il cosmo , per l'essere , per la politica ... la “nuova” filosofia, centrata sull'ETICA, rinuncia a un fondamento ONTOLOGICO e si risolve in proposte essenzialmente consolatorie. La vita fa paura, è come una grande malattia la filosofia fornisce i “farmaci”.

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L’ELLENISMO e LE FILOSOFIE “DELLA FELICITÀ “ (FINE DEL IV SEC. A.C. – V SEC. D.C.)

Atene perse la propria supremazia a causa delle conquiste di Alessandro Magno (356–323 a.C.), il quale creò un impero vastissimo che comprendeva Grecia, Egitto, Persia e si estendeva fino all’India nuova epoca caratterizzata da una società “internazionale” in cui la lingua e la cultura greca ebbero un ruolo dominante nei tre grandi regni di Macedonia, Siria ed Egitto e i confini tra le diverse culture e i vari Paesi cessarono di esistere.Alla morte di Alessandro l’impero venne diviso tra i suoi generali, i diadochi (dal greco decomai = ricevere), si formano così gli Stati Ellenistici.Nel 146 a.C. Roma distrusse Corinto e conquistò la Grecia e via via tutti i regni ellenici la lingua e la cultura romana dominarono allora dalla Spagna all’Asia, ma Roma, da un punto di vista culturale era stata una provincia greca ed è per questo che, nonostante il declino politico, la Grecia continuerà ad avere un ruolo chiave.Le culture si mescolarono e si fusero in un “miscuglio” di idee e nozioni religiose, filosofiche e scientifiche. I confini ideologici e culturali non sono ben definiti DISAGIO (così come succederà nel XX sec.)Nacquero nuove religioni basate su divinità e concetti religiosi provenienti da diverse nazioni (SINCRETISMO incontro e fusione di religioni diverse). Esse furono accomunate da due elementi: si fondavano su dottrine che aspiravano a liberare gli esseri umani dall’angoscia della morte ed erano perlopiù sette segrete. Importante per ottenere la salvezza dell’anima conoscere l’universo.La scienza ellenistica fu anch’essa caratterizzata dalla fusione di esperienze diverse. Alessandria d’Egitto rappresentò la “capitale della scienza”; grazie alla sua enorme biblioteca essa divenne il centro degli studi di matematica, astronomia, biologia e medicina. La filosofia fu sempre più spesso intesa come una forma di “salvezza” e di consolazione che libera l’uomo da pessimismo e paura della morte i confini tra religione e filosofia divennero molto labili. Non ci furono filosofi originali, ma numerose correnti che s’ispirarono alle filosofie di Socrate, Platone ed Aristotele. Atene conservò il ruolo di “capitale della filosofia” e sia l’Accademia sia il Liceo continuarono ad operare.L’apertura dei confini delle città-Stato determinò crisi nella sensazione di appartenenza che caratterizzava gli uomini del tempo SENSO DI INSICUREZZA, PESSIMISMO, DISAGIO E PERPLESSITÀ SUL MODO DI AFFRONTARE LA VITA: dubbi religiosi, pessimismo, disgregamento culturale…

ELLENISMO: INDICA SIA LA FASE STORICA SIA LA SUPREMAZIA DELLA CULTURA GRECA NEI REGNI DI

MACEDONIA, SIRIA ED EGITTOÈ LA FINE DELLA POLIS E DEI GRANDI SISTEMI FILOSOFICI.

La filosofia ellenistica cerca di rimediare alle “lacune” delle grandi sintesi di Platone ed Aristotele (scarsa attenzione per la realtà sensibile) occupandosi di più della VITA CONCRETA DEL SINGOLO disinteresse per il cosmo, per l'essere, per la politica... la “nuova” filosofia, centrata sull'ETICA, rinuncia a un fondamento ONTOLOGICO e si risolve in proposte essenzialmente consolatorie. La vita fa paura, è come una grande malattia la filosofia fornisce i “farmaci”.

SCUOLE ELLENISTICHETutte le CORRENTI FILOSOFICHE furono incentrate sul PROBLEMA ETICO, SULLA CONDOTTA DELL'UOMO: come deve vivere e morire nel migliore dei modi. FELICITÀ È IL PROBLEMA CENTRALE. Esse non si preoccuparono più di elaborare grandi teorie e grandi sistemi filosofici, ma di analizzare problemi pratici (come trovare la felicità e la serenità). Intendevano FORNIRE UNA RISPOSTA A DOMANDE DEL TIPO:COME L’UOMO DOVREBBE VIVERE E MORIRE NEL MIGLIORE DEI MODI ?IN COSA CONSISTE LA VERA FELICITÀ ?COM’È POSSIBILE RAGGIUNGERLA ?

I CINICI IV sec. a.C.: Antistene – Diogene di Sinope (il filos. che si dice vivesse in una botte: girava ad Atene con una lanterna dicendo che cercava l'uomo, possedeva solo un mantello e una ciotola. VIVERE GLI BASTAVA, NIENT'ALTRO!)

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La vera felicità non si ottiene grazie alla ricchezza, al potere politico o alla buona salute, ma disprezzando queste cose esteriori, casuali ed effimere tutti possono raggiungere la felicità e non perderla più semplicemente rinunciando a tutto.

Un essere umano non si deve preoccupare della propria salute, della sofferenza e della morte e analogamente, non deve interessarsi del dolore altrui saggio è chi sa badare a se stesso sopprimendo i desideri, limitando al massimo i bisogni. I cinici mirano alla completa autosuffucienza (AUTARKEIA).

Disprezzo della cultura e delle convenzioni sociali negano l'appartenenza a una specifica civiltà (“La folla è la madre dei tiranni”.) e la differenza tra libertà e schiavitù. Anche gli stoici, ma con risultato diverso (vedere sotto)

Tutti i processi naturali seguono leggi immutabili.Come cinici ci immaginiamo Lord Henry de Il ritratto di Dorian Gray, o il Dottor House. Persone brillanti che non credono in niente, e che non perdono occasione di smontare con battute sagaci ciò in cui altri credono.Pur accogliendo l'importanza di questo significato, ai tempi il cinico era qualcosa di migliore.Il cinico era colui che viveva la propria vita in maniera assolutamente autonoma, sfrondando i propri bisogni fino a tornare ad un essenziale stato di natura, sempre in linea con la propria rigorosissima morale e di intelletto cosmopolita. Così i cinici prestavano attenzione unicamente alla concretezza più pura, ripulita da sentimenti e desideri: da qui la testa di ponte per il significato attuale.Si racconta che Alessandro Magno, sensibile alla filosofia, giunto a Corinto volesse incontrare il saggio Diogene per onorarlo. Lo trovò che stava prendendo il sole, e gli si parò davanti dicendo: "Chiedimi tutto quello che vuoi." Diogene alzò lo sguardo e gli rispose "Questo ti chiedo: spostati, che mi levi il sole".E questo è lo spirito del vecchio cinismo.Oggi i termini “cinico” e “cinismo” indicano un atteggiamento indifferente e insensibile verso gli altri esseri umani

GLI STOICI III sec. a.C.: Zenone di Cizio (fonda la scuola - “Lo scopo della vita è vivere in accordo con la natura”) I-II sec. d.C.: Nuova stoá:Cicerone – Seneca - Marco Aurelio ( tutti attivi statisti) Stoica da stoá = portico, perché Zenone accoglieva i suoi ascoltatori sotto un portico Tutti gli uomini partecipano della STESSA RAGIONE DEL MONDO o logós * (contrari al dualismo

di Platone); ogni essere umano è un “microcosmo” riflesso del “macrocosmo” DIRITTO DI NATURA basato sul logós eterno, non muta nel tempo e nello spazio tutte le legislazioni sono copie imperfette del diritto di natura negano differenza singolo/universo – spirito/materia esiste solo una natura (MONISMO)

Sono cosmopoliti, aperti ai fermenti culturali e convinti che la comunità degli uomini si dovesse occupare di politica, MA negano appartenenza ad una specifica civiltà. “Consideriamo tutti gli uomini – diceva Zenone – connazionali e concittadini”.

Con Cicerone nasce il concetto di UMANESIMO: atteggiamento che pone al centro della vita il singolo individuo; per SENECA: “l’uomo è per l’uomo qualcosa di sacro”, affermazione che diverrà motto di tutto l’umanesimo.

Come per i cinici, tutti i processi naturali seguono leggi immutabili l’uomo deve assecondare il proprio destino, perché tutto accade per necessita “CALMA STOICA”

L’uomo deve liberarsi dai beni materiali e dalle passioni fine: sopportare il dolore

* il logos è principio di razionalità che governa gli eventi naturali e umani e al tempo stesso la fonte normativa delle azioni virtuose. Esso coincide, quindi, con la natura (physis), con lo pnèuma (il "soffio vitale" che anima il mondo) e infine con Zeus, la divinità. In quanto legge immanente del cosmo, il logos è anche destino e provvidenza, concatenazione necessaria e razionale, dunque orientata al bene, degli eventi.

“Fraternità ed eguaglianza: La natura ci ha creati fratelli - L’uomo dovrebbe essere una cosa sacra per l’uomo - Liberi e schiavi - L’uomo faccia del bene agli uomini - È la natura a volere che io mi renda utile agli altri – L'ingratitudine non deve distoglierci dal fare del bene - Portare aiuto anche ai nostri nemici - La nostra patria è il mondo” - Seneca Oggi il termine “stoico” ha mantenuto un significato molto simile al pensiero della scuola antica.

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Stoico si dice di chi sa affrontare fermamente e accettare con rassegnazione il dolore o le sventure; di chi dimostra o denota grande coraggio, fermezza, impassibilità o capacità di sopportazione nell'affrontare le difficoltà e le avversità dell'esistenza (dolori fisici e morali).

GLI EPICUREI IV-II sec. a.C. Aristippo – Epicuro Scuola situata in un giardino (aperta a tutti anche a schiavi e donne) “GIARDINO” Aristippo : scopo della vita è il raggiungimento del massimo piacere bene = piacere male = dolore (da evitare intenzionalmente) Epicuro : sviluppa l’ETICA DEL PIACERE di Aristippo e la integra con la teoria degli atomi di

Democrito per sconfiggere paura della morte Teoria del clin á men : essa venne escogitata per rendere possibile l'urto degli atomi. Infatti se gli atomi cadono perpendicolarmente nel vuoto alla stessa velocità, ci si può chiedere perché essi non seguano sempre traiettorie tra loro parallele, senza mai incontrarsi. Epicuro parla di una “declinazione” o deviazione casuale e spontanea degli atomi rispetto alla loro traiettoria, grazie a cui avviene l'incontro e perciò l'interazione tra gli stessi. Tale dottrina viene elaborata soprattutto per ragioni etiche: l'atomismo fisico di Democrito poteva infatti condurre al determinismo e, quindi, alla negazione di ogni forma di libertà. Epicuro, invece, supponendo la causalità degli incontri atomici (atomi dell’anima dispersi in tutte le direzioni) introduce nella realtà un elemento di indeterminazione e di spontaneità conciliabile con l'agire libero e spontaneo dell'uomo.

Il risultato di un’azione incentrata sul piacere va valutata in relazione agli effetti collaterali Il piacere non è inteso necessariamente come godimento fisico, ma amicizia - padronanza

di sé – temperanza – apprezzamento per il bello – serenità … Desideri e passioni vanno dominati. CANONICA (logica): Epicuro chiamò “canonica” la logica o teoria della conoscenza, in

quanto la considera direttamente essenziale a fornire il criterio della verità, ossia il canone (la regola) capace di indirizzare l'uomo verso la felicità

FILOSOFIA LIBERATRICE (filos. come farmacia ambulante) “quadruplice rimedio”, “medicina composta di quattro elementi”. Sono quattro massime fondamentali in cui si articola la concezione epicurea della filosofia come medicina dell'anima; essi sono:

1. i timori degli dei e dell’aldilà sono vani; 2. è assurda la paura della morte; 3. il piacere, inteso correttamente, è a disposizione di tutti; 4. il male è di breve durata o facilmente sopportabile. (FILODEMO DI GADARA: “Il dio non incute timore, né turbamento la morte, in bene è facilmente ottenibile, il male facilmente sopportabile” Pap. Herc., 1005, col. IV, 10-14 Sbord).

SCARSO INTERESSE PER POLITICA E SOCIETÀ: pur credendo fermamente nell'amicizia, Epicuro disdegna la politica e i suoi affanni, ritenendo che i beni supremi dell'uomo non risiedano negli illusori fasti del potere, ma nella serenità dell'animo: “La corona dell'atarassia* è incomparabilmente superiore alle corone dei grandi imperi”. rifiuto della politica: “vivi nascosto”, ma esaltazione dell'amicizia: nasce dall'utile, ma è un bene per sé (come alcune comuni di oggi dove molti si rifugiano per sfuggire alla società). * assenza di turbamento dell'anima piacere stabile dello spirito.

Seguaci si Epicuro: “VIVI L’ISTANTE” filos letta unicamente come ricerca affannosa del piacere.

“CARPE DIEM, QUAM MINIMA CREDULA POSTERO” : “cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani”- Orazio

“S'onori il bello e la virtù e ogni altra cosa simile, se recano piacere, se no salutatemeli tanto!” - Epicuro“Siamo nati una volta, due non è possibile nascere, dovremo eternamente non essere: tu, che non disponi del domani, rinvii l'occasione dell'oggi: e intanto la vita ci sfugge, e ciascuno di noi senza essere mai padrone di un'ora si muore” - EpicuroOggi il termine “epicureo” è dispregiativo, indica una persona dedita unicamente ai piacere mondani

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CINICI, STOICI ED EPICUREI SI RIFECERO AL PENSIERO SOCRATICO E ACCOLSERO ELEMENTI DI ERACLITO E DEMOCRITO

GLI SCETTICI IV sec. a.C. – II sec. d.C. Tre periodi: pironnismo (Pirrone) – scetticismo dell’Accademia neoscetticismo/neopironnismo (Agrippa)

Atteggiamento di chi nega ogni possibilità di conoscere il vero; lo scetticismo nega la possibilità di conoscere la verità perché i sensi ingannano. Lo scettico non nega di possedere l'idea della cosa pensata, ma dubita che al pensiero di una cosa corrisponda la realtà fisica dell'oggetto perché la nozione stessa di oggetto si basa sui sensi il DUBBIO diventa metodo e sistema ritenendo che non ci sia una conoscenza certa.

1° Pirrone di Elide : sviluppa una forma di scetticismo radicale: affermava l’impossibilità di una qualsiasi conoscenza al di là dell’apparenza, unica base delle opinioni umane e quindi incapace di fornire un criterio oggettivo di distinzione del vero dal falso

Afferma l’indifferenza sul piano del valore e l’incertezza delle cose, proponendo come regola di comportamento del saggio la rinuncia alla parola (afasia), il rifiuto, non già della realtà, ma della definizione di essa e l’assunzione di un atteggiamento apatico e imperturbabile.

nega l’esistenza di un significato assoluto della realtà poiché le cose sono sempre incerte il saggio non ha opinioni sospensione del giudizio (epoché) o imperturbabilità, ma non fine di ogni ricerca. L'epoché, atteggiamento tipico dello scetticismo, che partendo dal fatto che ad ogni tesi se ne possa opporre una contraria di uguale valore arriva a proporre una “ragionevole” sospensione del giudizio e una prudente afasia delle cose “oscure”. Questo atteggiamento verrà messo a punto dagli scettici successivi che estenderanno l'epoché anche al principio del “sapere-di-non-sapere” rendendola in tal modo universale. Essa assume il valore di un'ipotesi che deve continuamente essere confermata da un'indagine “aperta” in linea di fatto e di principio.

2° Accademia neoscettica cosi chiamata perché costituita da esponenti della scuola platonica.

Invitano a sospendere il giudizio definitivo, a lasciare aperto il campo alla libera discussione e alla scelta di ciò che appare più ragionevole, realizzando l’imperturbabilità (atarassia) del saggio.

Notevole e incisiva è la critica alle dottrine stoiche come l’ammissione di una ragione comune a tutti gli uomini, fonte di conoscenze comuni e universali (come la credenza nell’esistenza di Dio, nella provvidenza, nell’universale razionalità), a cui oppose la diversità delle opinioni dei vari popoli, l’esistenza di uomini atei, e la presenza del male e dell’ingiustizia nel mondo.

3° Agrippa e Sesto Empirico : raccolsero in maniera sistematica gli argomenti della tradizione scettica (TROPI):

- diversità dei modi di sentire, - differenza delle tradizioni e delle istituzioni che condizionano la vita umana, - impossibilità di fissare un criterio logico di verità universalmente valido. Questo atteggiamento scettico assunse, specialmente con Sesto Empirico, medico, oltre che filosofo, il valore di una rigorosa metodologia scientifica basata sullo studio meticoloso dei fenomeniAncora oggi, per scetticismo, s'intende, genericamente, l’atteggiamento di chi esclude la possibilità di una conoscenza assoluta delle cose e del raggiungimento della verità. Chi dubita di tutto.

ECLETTICI IV sec. a.C. – II sec. d.C. Filone di Larissa, Cicerone Fine dell’uomo è la felicità che consiste nell’assenza di turbamenti Filone mette da parte l'assunto della sospensione dell'assenso nei giudizi

conoscitivi e pur riconoscendo l'impossibilità di una conoscenza certa, ritiene che

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sia possibile raggiungere un sapere stabile nel campo della morale nonostante l'’uomo non possa raggiungere un sapere incondizionato, può conseguire un grado di certezza tale da poter formulare un’etica compiuta REGOLE COMPORTAMENTALI

Cicerone sostiene che la verità coincida con l'assenso universale e che vi sia un principio divino regolatore del cosmo inteso come un organismo vivente e razionale. Il saggio vive curando con una vita appartata il suo spirito che affida ad una provvidenza che interviene per il meglio. Questi principi non valgono come dogmi ma possono essere oggetto di persuasione tramite l'arte della retorica.

In generale l'eclettismo indica un particolare indirizzo speculativo che in età ellenistico-romana, riuniva in sé più dottrine; tende a conciliare tra loro dottrine di scuole diverse, a combinare metodi e idee differenti la dottrina personale deve essere ricavata attingendo variamente alle diverse dottrine studiate, sintetizzandole e armonizzandole.

Comune agli eclettici del II sec. d.C. fu la tendenza a conciliare le filosofia di Platone e Aristotele riportando a semplici differenze terminologiche quelle che erano sostanziali diversità di pensiero.

Oggi il termine “eclettico” indica chi, nell’arte o nella scienza, non segue un determinato sistema o indirizzo, non ha preferenze decise, ma sceglie e armonizza i princìpi che ritiene migliori di sistemi e indirizzi diversi. Chi ha un ingegno multiforme e vivace, e che, nonostante rivolga la propria attenzione e il proprio interesse in molte direzioni, non ha mai la superficialità del capriccioso e del mutevole - tendendo invece, con la sua composita ricerca, ad un disegno unitario armonico. Talora il termine è usato in senso spregiativo.

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Abbagnano, Fornero, Percorsi di filosofia 1, pag. 402, Paravia