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1 Impianti e Architettura indicazioni di base sull’impiantistica Francesca Cappelletti Fabio Peron Piercarlo Romagnoni Università IUAV di Venezia

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Impianti e Architettura

indicazioni di base sull’impiantistica

Francesca Cappelletti

Fabio Peron

Piercarlo Romagnoni

Università IUAV di Venezia

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Sommario Sommario .................................................................................................................. 2

Introduzione .............................................................................................................. 3

Tipologie degli impianti di climatizzazione ...................................................................... 4

Impianti ad aria ............................................................................................................ La climatizzazione di base ............................................................................................ 9

I combustibili e la combustione .................................................................................. 10

I generatori di calore ................................................................................................. 11

Centrali termiche ...................................................................................................... 14

Caldaie murali a gas .................................................................................................. 18

Caldaie a condensazione ............................................................................................ 18

Competenze e sicurezza sull’impiego dei gas combustibili .............................................. 19

Camini .................................................................................................................... 19

Tubazioni ................................................................................................................. 22

I terminali di impianto ............................................................................................... 26

Impianto centralizzato o autonomo? ............................................................................ 28

La selezione dell’impianto: criteri di scelta ................................................................... 29

L’utilizzo dell’energia solare ........................................................................................ 30

Regole di prima approssimazione per la progettazione di impianti ................................... 32

Stima dello spazio necessario per le centrali termiche ................................................... 33

Stima dello spazio necessario per le centrali frigorifere .................................................. 34

Stima dello spazio necessario per le unità di trattamento dell’aria ................................... 36

Stima delle dimensioni dei canali di distribuzione dell’aria .............................................. 36

Stima dello spazio necessario per i vani tecnici ............................................................. 38

Stima dello spazio necessario per altre centrali ............................................................. 41

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Introduzione Gli impianti in un edificio sono una parte assai importante, ad essi infatti è affidato il compito di rendere confortevoli e sicuri gli ambienti di vita e lavoro. Nella pratica progettuale di solito architettura e impianti percorrono strade parallele che spesso si scontrano al momento della realizzazione. La progettazione integrata rimane ancora oggi una chimera e “l’impiantista” è chiamato ad intervenire quando le scelte relative alla forma, alle disposizione dei diversi ambienti, alle dimensioni sono già state prese e poco si possono modificare. Quello che potrà fare l’impiantista sarà cercare di ottenere il migliore compromesso tra esigenze di comfort e possibilità di ricavare spazi per condutture, vani tecnici, cavedi quasi mai previsti dall’architetto. Spesso l’intervento impiantistico diventa indispensabile per recuperare gli errori di una progettazione poco oculata con ad esempio grandi pareti vetrate ad ovest senza alcuna schermatura, murature poco isolate, e così via. Effettivamente grazie all’azione dei diversi sistemi impiantistici si possono correggere praticamente tutti gli errori progettuali e rendere vivibile un ambiente. Si dovranno però affrontare maggiori spese per la costruzione e la gestione degli impianti e si avrà un maggior consumo energetico e impatto ambientale. Come è ovvio e facilmente comprensibile scelte impiantistiche e architettoniche si influenzano a vicenda e una corretta progettazione dovrebbe fin dai primi momenti dell’elaborazione di un nuovo progetto far dialogare i diversi tecnici che contribuiranno alla riuscita finale della costruzione garantendo ambienti confortevoli, vivibili con bassi consumi energetici e limitato impatto ambientale. Solo in questo modo il risultato finale sarà una sintesi adeguata tra:

� una concezione architettonica che soddisfi la complessità delle esigenze spaziali e funzionali;

� un sistema strutturale ed impiantistico che soddisfi le esigenze di sicurezza, di accessibilità, di comfort (termico, luminoso, acustico e della qualità dell’aria interna);

� un sistema tecnologico composto da chiusure opache e trasparenti aventi le proprietà fisiche adatte a garantire, nel contesto climatico dato, la durata nel tempo dell’involucro edilizio e tale da limitare il consumo di energia termica ed elettrica (destinata alla climatizzazione invernale ed estiva e all'illuminazione artificiale dello spazio costruito).

In particolare il progettista dovrà valutare la coerenza spaziale tra i sistemi impiantistici ed il sistema architettonico, evitando che:

� le unità impiantistiche distribuite nell'edificio (unità di zona per il trattamento dell'aria, quadri elettrici di zona, centralini dei sistemi di controllo termico, antincendio, antifurto) dilaghino come un fluido in tutti gli spazi occupandone porzioni non marginali, ma spesso strategiche, oppure che in fase esecutiva vadano ad occupare locali di servizio previsti per altri usi;

� le reti impiantistiche incassate nelle strutture vengano posate casualmente, con la conseguenza di moltiplicare le forature di solai e pareti e maggiore probabilità che la posa delle condutture avvenga in luoghi non adatti ai fini della manutenzione, o per il rispetto delle prescrizioni di sicurezza antincendio;

� le reti impiantistiche posate a vista (canali di ventilazione e condizionamento, canaline per impianti elettrici, elettronici e controlli), abbiano una collocazione che interferisce con strutture, finestre, porte, impianto di illuminazione;

� i terminali degli impianti termico, illuminotecnico, sonoro (radiatori, ventilconvettori, bocchette, anemostati, apparecchi illuminanti, segnali luminosi e non, sensori di

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temperatura e umidità, sensori di fumo, altoparlanti), abbiano collocazione non ordinata o interferiscano con alcuni aspetti formali caratterizzanti lo spazio interno.

La documentazione tecnica necessaria per la realizzazione di opere pubbliche compresi gli impianti tecnici è definita dalla legge n. 109 11/2/94 (Legge Merloni). La redazione del progetto di impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura e specie è obbligatoria ai sensi della Legge 46/ 1990 e del DPR 447/91. I progetti degli impianti devono essere inseriti nella documentazione tecnica da allegare alla richiesta di qualsiasi licenza edilizia, inoltre al momento della richiesta di agibilità è necessario depositare il progetto esecutivo, “come costruito” e la dichiarazione di conformità del costruttore degli impianti. Tipologie degli impianti di climatizzazione La scelta della tipologia impiantistica è correlata con la necessità di mantenere un adeguato comfort termico e con le norme igieniche (salubrità dell’aria) pertinenti con il tipo di attività cui è destinato lo spazio considerato. A questo fine è opportuno classificare gli edifici e/o le loro parti in base alla destinazione d’uso. Nell’edilizia civile, possiamo individuare le seguenti classi:

Classe esempi

1 – locali per residenza alloggi ad uso privato, appartementi, villette, edilizia popolare, etc.

2 – locali per lavoro attività produttive industriali, commerciali, artigianali, uffici privati, studi professionali, etc.

3 – locali aperti al pubblico scuole, ospedali, alberghi, cinema, teatri, discoteche, sale convegni, uffici pubblici, centri commerciali, biblioteche musei, palestre, piscine, etc.

Le classi d’uso 2 e 3 sono normate da leggi specifiche di settore (scuole, ospedali, impianti sportivi, locali di riunione e pubblico spettacolo, etc.) oppure dalle leggi relative all’igiene del lavoro (L. 626/1994). Per la classe 1 vale il D.M. Sanità 5/7/1975 ed il regolamento d’igiene locale. Tutte queste norme stabiliscono i requisiti minimi di accettabilità del microclima interno agli edifici (temperatura, umidità, rinnovo dell’aria, illuminamento, etc.) affinchè l’ambiente risulti salubre. Spesso le leggi non definiscono dei valori limite o di riferimento per i diversi parametri fisici che caratterizzano il microclima interno, ma danno delle indicazioni generali dicendo che le condizioni interne devono essere tali da non recare fastidio, non risultare insalubri o nocive per gli occupanti e rinviano alle norme tecniche emesse da CNR (organo scientifico), UNI (per sistemi termici e meccanici), CEI (per i sistemi elettrici), CIG (per le applicazioni del gas). Le norme emesse dai diversi organismi citati stabiliscono, sulla base dell’attuale stato della conoscenza, i valori minimi o massimi dei diversi parametri che rendono il microclima accettabile ovvero non nocivo alla salute delle persone. Le norme principali sulla climatizzazione degli ambienti confinati sono le UNI 10399 e UNI 7730. Questo insieme di leggi e norme in sostanza fissano per i diversi tipi di attività valori delle variabili ambientali e un tasso di rinnovo dell’aria; dati che influenzano le dimensioni dell’impianto e la sua tipologia.

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Nel passato la produzione di calore avveniva direttamente negli ambienti che necessitavano della fornitura di calore, si pensi infatti ai camini degli antichi palazzi o castelli o alle stufe e cucine economiche diffuse nelle abitazioni fino agli anni ’60 del secolo scorso. Al giorno d’oggi la produzione di calore viene effettuata in appositi dispositivi (caldaie, pompe di calore, etc.) alloggiati in ambienti diversi da quelli in cui si desidera fornire il calore. E’ necessario allora utilizzare un vettore, un fluido, che veicoli il calore dal luogo di produzione agli utilizzatori. A seconda del fluido gli impianti vengono classificati come impianti ad aria o impianti ad acqua. In alcuni casi si utilizzano entrambi i fluidi con diverse funzioni e si parla di impianti misti. Gli impianti ad acqua detti anche a “tutt’acqua” permettono di controllare solo la temperatura dell’aria, non sono in grado di controllare l’umidità ne di garantire la necessaria ventilazione degli ambienti. Un impianto di riscaldamento ad acqua è costituito dalle seguenti elementi:

- il sistema di produzione della acqua calda o fredda, rispettivamente una caldaia e una macchina frigorifera per la produzone di acqua fredda (chiller)

- le tubazioni per la distribuzione del fluido vettore all'interno dell'edificio che trasportano il calore nei diversi ambienti

- i terminali di impianto in grado di realizzare lo scambio termico tra acqua e aria del locale da riscaldare (termosifoni, ventilconvettori, pannelli radianti).

Figura 1. Installazione di una caldaia tradizionale: 1) Regolatore; 2) Sonda esterna; 3) Corpi scaldanti; 4) Caldaia

Nelle attività aperte al pubblico e nei luoghi di lavoro deve essere sempre previsto il ricambio dell'aria tramite un impianto di ventilazione meccanica. Poiché evidenti motivi di comfort termico impediscono di immettere l'aria nelle condizioni termoigrometriche esterne, nei locali pubblici o di lavoro risulta sempre necessario il trattamento dell'aria che deve essere effettuato da apposite macchine. Una volta che si abbia la necessità di ventilare e di trattare l’aria il passo è breve per arrivare ad utilizzare l’aria anche come fluido termovettore per assicurare in ambiente la temperatura e l’umidità desiderate. Si parla in questo caso di “impianti ad aria”, che utilizzano cioè come fluido termovettore appunto l’aria. Un impianto di climatizzazione ad aria è costituito dai seguenti elementi:

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- i sistemi di produzione di acqua calda e fredda, rispettivamente caldaia e macchina frigorifera (MF). L’acqua serve in questo caso a riscaldare o raffreddare l’aria da inviare nei locali;

- le macchine di trattamento dell'aria (MTA) da inviare nei locali in cui l’aria viene scaldata o raffreddata (con acqua calda o fredda), umidificata o deumidificata a seconda delle esigenze;

- il sistema di raffreddamento della macchina frigorifera: ad acqua (torre evaporativa) oppure ad aria in tal caso è formato da ventilatori inseriti nella MF stessa;

- i canali per il trasporto dell'aria dalla MTA ai locali e la distribuzione all'interno degli stessi;

- le reti di tubi, minori per dimensioni, ma importanti per funzione, per il trasporto dell’acqua calda e fredda dai produttori alle MTA, per la raccolta ed il trasporto (per gravità) all'impianto di scarico, dell'acqua che si condensa sulle batterie fredde delle MTA, per il collegamento del condensatore della MF alla torre evaporativa, se presente.

Lo schema di massima che segue permette di visualizzare la struttura semplificata dell’intero sistema di un impianto a tutt’aria, a meno dell’alimentazione di acqua, gas combustibile, elettricità e del condotto di evacuazione dei fumi. Lunghezze elevate Lunghezze modeste

Figura 2. Schema di principio di un impianto ad aria. L’impianto ad aria è evidentemente quello in grado di garantire le migliori condizioni ambientali interne a fronte però di un maggior costo di realizzazione e della necessità di maggiori spazi date le notevoli dimensioni dei canali necessari alla movimentazione dell’aria (minimo 20-30 cm di diametro).

VANO TECNICO

4 TUBAZIONI

4 TUBAZIONI

UTA 1

UTA 2

TUBI

CALDAIA

GRUPPO FRIGORIFERO

CANALI

CANALI

LOCALE 1

LOCALE 2

2 TUBI

TORRE DI RAFFRED - DAMENTO

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Per limitare le dimensioni dei canali è possibile affidare all’impianto ad aria i soli compiti di controllare l’umidita e di ventilare gli ambienti, mentre riservare ad un sistema ad acqua il controllo della temperatura. Si parla in questo caso di impianto misto che quindi cerca di mettere insieme un sistema di limitato ingombro e in grado di garantire elevati standard di qualità ambientale. Il sistema è comunqe come intuibile di costo elevato. Un tipico impianto misto è quello che utilizza bocchette a parete o soffitto per l’immissione e estrazione dell’aria (aria primaria) e dei ventilconvettori alimentati ad acqua per controllare la temperatura dell’aria. Si possono comunque utilizzare anche pannelli radianti o radiatori come terminali per l’impianto ad acqua.

Figura 3. Schema di un impianto a tutt’aria .

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Figura 4. Schema di un impianto misto ad aria primaria e ventilconvettori. Gli impianti a tutt’aria possono essere classificati a loro volta in funzione del fatto che in un edificio i valori di temperatura e umidità siano gli stessi in tutti gli ambienti o vi siano diverse aree con condizioni diverse (zone). Negli impianti multizona poi ci può essere poi una unica MTA e delle batterie di postriscaldamento locali nella zona o diverse MTA, una per ciascuna zona. Si hanno quindi:

� l'impianto a tutt'aria con singola macchina e singola zona � l'impianto a tutt'aria con singola macchina e multizona; � l'impianto a tutt'aria con più macchine di zona.

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Nelle figure 3 e 4 sono riportati un impianto ad aria primaria e ventilconvettori e un impianto a tutt'aria. Queste tipologie sono le più complesse ma anche le più diffuse nei luoghi di lavoro non industriali: uffici, scuole, ospedali, luoghi di ritrovo e spettacolo, centri commerciali ed in generale nelle attività con affollamento elevato. La climatizzazione di base I molti edifici specie destinati alla residenza le dotazioni impiantistiche per la climatizzazione sono minime. Si utilizzano gli impianti più semplici ossia quelli di solo riscaldamento, di solo raffrescamento elementare oppure di solo rinnovo dell’aria. L’impianto di solo riscaldamento è quello più comune. Lo troviamo ad esempio nelle residenze delle zone fredde d’Italia. Si tratta di un sistema che utilizza l’acqua come fluido termovettore. L’acqua riscaldata in una caldaia viene inviata con un sistema di tubature ai terminali che riscaldano l’aria dell’ambiente in cui si trovano. I terminali più comuni sono il radiatore, il termoconvettore, il ventilconvettore ed il pannello radiante. Tutti questi sono dei semplici scambiatori di calore che non sono in grado ne di controllare l’umidità dell’aria ne tantomeno di provvedere al ricambio dell’aria. Questo tipo di impianto è perciò adatto solo per quei locali in cui le esigenze di rinnovo dell’aria sono limitate e possono essere soddisfatte con l’apertura manuale delle finestre. E’ questo il caso della residenza in cui chi occupa i locali deve farsi carico della gestione manuale del sistema per ottenere un ricambio d’aria adeguato nella stagione fredda. Le norme igieniche per la residenza infatti permettono di utilizzare un impianto di solo riscaldamento ed un estrattore fumi e vapore nelle cucine e nei bagni ciechi per il rinnovo dell’aria.

Figura 5. Schema di funzionamento di un sistema split per il condizionamento estivo.

L’impianto di solo raffrescamento elementare consiste di due sezioni, la prima interna all’alloggio e la seconda esterna, che raffredda l’aria del locale per mezzo di una macchina frigorifera, di una batteria fredda e di un ventilatore che forza l’aria del locale ad attraversare la batteria. Anche questo tipo di impianto non è in grado di effettuare il rinnovo dell’aria,

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mentre riesce a effettuare un certo controllo dell’umidità ambiente. Negli ultimi anni si è assistito anche in Italia ad una notevole diffusione di questo tipo di impianto come retrofitting in abitazioni o altri ambienti non dotati di sistema di raffrescamento. I cicli frigoriferi utilizzati possono in alcuni casi essere inverti utilizzando il dispositivo come pompa di calore e quindi provvedendo anche al riscaldamento invernale. L’efficienza energetica di sistemi di questo tipo non è purtroppo molto elevata; risulta quindi elevato anche il costo di funzionamento. L’impianto di solo rinnovo dell’aria o di ventilazione è quello presente in tutti gli alloggi in cucina (cappe di aspirazione) o nei bagni ciechi. In questo tipo di impianti un ventilatore mette in depressione il locale aspirando aria dall’interno e inviandola all’esterno. In questo modo l’aria esterna viene richiamata all’interno attraverso le fessure dei serramenti o attraverso apposite aperture. L’aria estratta dal locale carica di fumi, o vapore viene inviata all’esterno attraverso un apposito condotto. Questo tipo di impianto provvede al ricambio dell’aria, ma non è in grado di riscaldarla in inverno ne di raffreddarla d’estate. I combustibili e la combustione I combustibili sono sostanze ossidabili che, combinandosi con un ossidante (comburente), danno luogo a sviluppo di calore. Possono essere sostanze solide (legna, carbone di legna, torba, lignite, coke, …), liquide (olii combustibili) e gassose (metano, propano, GPL,..). Si definisce Potere Calorifero Superiore (PCS) di un combustibile la quantità di calore prodotta dalla combustione completa dell’unità di massa del combustibile quando i prodotti della combustione (fumi) siano portati alla temperatura t = 0°C ed alla pressione p = 101325 Pa. In realtà, in tal modo viene conteggiato anche il calore di condensazione del vapore acqueo (circa 2,51 MJ/kg) prodotto dalla reazione o liberato dal combustibile: risulta pertanto di uso più pratico il Potere Calorifero Inferiore (PCI) che si ottiene dal PCS diminuito del calore di condensazione. Perché avvenga la combustione bisogna garantire un opportuno rapporto volumetrico combustibile/comburente ed una certa temperatura. Nel caso del comburente più comune ossia l'ossigeno O2 dell'aria è necessario che il rapporto combustibile/aria non sia ne troppo elevato ne troppo basso. Se tale rapporto è minore di 5 o maggiore di 15 la combustione non avviene. E’ possibile determinare la quantità teorica di aria necessaria per la reazione di combustione. Per esempio il metano CH4, in presenza di O2, fornisce la seguente reazione: CH4 + 2 O2 � CO2 + 2 H2O + calore in cui CO2 e H2O sono i prodotti della combustione. Nell’aria è presente anche l’azoto N2, che non interviene nella reazione (7,52 volumi di altri gas per ogni volume di O2 ). In totale sono necessari 9,52 m3 di aria per ogni m3 di metano.La reazione può essere scritta nel seguente modo: CH4 + 2 O2 + 7,52 N2 � CO2 + 2 H2O + 7,52 N2 + calore In realtà, per sopperire alla non perfetta miscelazione fra combustibile e comburente, una combustione necessita di un eccesso di aria ε : rispetto al valore teorico calcolato deve esserne impiegata una quantità superiore. Combustibili solidi e liquidi necessitano di un maggiore eccesso d’aria rispetto ai gas. L’eccesso di aria provoca una diminuzione della temperatura di fiamma e quindi dello scambio termico per irraggiamento: la figura 7 riporta la variazione della temperatura di combustione del gas naturale al variare dell’eccesso di aria. Al crescere dell’eccesso d’aria aumentano le

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perdite di calore sensibile al camino poiché, a parità di temperatura dei fumi, con il crescere dell’eccesso d’aria, aumenta il volume dell’aria che accompagna la combustione. D’altra parte, anche un’insufficiente eccesso d’aria comporta perdite perché del combustile non trova ossigeno con cui reagire. La combustione in difetto di ossigeno provoca inoltre la formazione di ossido di carbonio CO particolarmente tossico.

Tabella 2: Caratteristiche di alcuni combustibili.

Combustibile Densità ρ [kg/ m3] Potere Calorifico Inferiore [MJ/ kg]

propano 2,02 * 46,35

metano 0,717 * 50,2

gasolio 880,0 42,9

cherosene 790,0 43,5

benzina 740,0 44

olio combustibile 900 ÷ 1000 38,5 ÷ 44,6

torba 400,0 12,3

lignite 720,0 14,4 ÷ 20,9

legna 400,0 ÷ 1100,0 10,7

Figura 6. Temperatura di combustione ed eccesso di aria

I generatori di calore Nella pratica termotecnica, per generatore di calore si può intendere un qualsiasi apparecchio in grado di produrre l’aumento di temperatura di un fluido termovettore attraverso una combustione di sostanze solide, liquide o gassose. In base al tipo di fluido termovettore, i generatori di calore si dividono in:

� generatori ad acqua calda; � generatori ad acqua surriscaldata; � generatori a vapore; � generatori a aria calda

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Negli edifici residenziali, in genere, sono usati apparecchi del primo tipo. Si può considerare che un generatore di calore possa essere composto di tre parti: il bruciatore, che è l'organo preposto alla miscelazione combustibile - comburente e all'innesco della fiamma, il corpo caldaia, sostanzialmente uno scambiatore di calore prodotti della combustione - fluido termovettore, ed il sistema di evacuazione dei fumi (collettore e camino). Nella comune terminologia tecnica, la parola caldaia indica le prime due parti e tale termine verrà utilizzato nel seguito per indicare in generale il generatore di calore. In relazione alla combustione, in una caldaia si possono individuare le seguenti caratteristiche:

� portata termica Q& [kW] o in [kcal/h]; � potenza perduta attraverso i fumi al camino iQ& ; � potenza termica convenzionale iQQcQ &&& −= ; � potenza perduta verso l’ambiente circostante dQ& ; � potenza termica utile dQiQcQuQ &&&& −−=

Alla produzione di calore per l’impianto di riscaldamento può essere associata la produzione di acqua calda per uso igienico – sanitario. Il collegamento di una caldaia all’impianto può essere schematizzato come in Figura 1. I cataloghi delle case produttrici riportano in genere dati come nella seguente tabella 1 (Modello Ferroli New Elite a gas naturale o a GPL)

Tabella 3. Dati per il dimensionamento della caldaia.

Modello C24E C30 E

Potenza termica nominale per riscaldamento

Minima 9,7 kW

Massima 23,3 kW

Minima 12,7 kW

Massima 30,0 kW

Portata termica Minima 11,5 kW

Massima 25,8 kW

Minima 14,5 kW

Massima 33,1 kW

Potenza termica utile sanitaria 23,8 kW 30,0 kW

Rendimento 90,3 90,5

Vaso di espansione 8 litri 10 litri

Produzione sanitaria ∆∆∆∆t = 30°C

∆ ∆ ∆ ∆t = 25°C

11 litri/min

13 litri/min

14,3 litri/min

17,2 litri/min

Peso a vuoto 31 kg 40 kg

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Figura 7. Esempio di caldaia a basamento(destra). Schema di funzionamento di una caldaia (sinistra): 1) ritorno acqua; 2) camera di combustione, 7) bruciatore, 12) mandata acqua; 14) scambiatore di calore fumi-acqua; 18) raccordo camino. La stima della potenza termica di una caldaia per un edificio può essere realizzata con una semplice calcolo di prima approssimazione. Occorre precisare inoltre che, per funzionare al meglio, la scelta dovrà ricadere su di un generatore avente potenzialità di poco superiore a quella determinata per calcoli. La potenza termica a cui la caldaia dovrà sopperire può essere stimata dalla seguente relazione:

OHvdcaldaia QbQQQ 2][ &&&& +⋅+= (1)

in cui: dQ& = potenza termica dispersa attraverso l’involucroo (pareti opache, vetrate, ponti termici,…) [W]; vQ& = potenza dispersa ventilazione [W]; b = coefficiente di maggiorazione dovuto a intermittenze nel funzionamento, transitori,…[-]. Si può porre b = 1,4 per l’Italia del Centro - Nord e b = 1,5 per l’Italia meridionale. OHQ

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& = potenza per l’acqua calda sanitaria [W] che può essere determinata con la relazione:

40086)(

2⋅

−⋅⋅⋅⋅=

η

θθρ aeaOH

GcnQ& (2)

n = numero di persone che usufruisce del servizio; c = calore specifico dell’acqua = 4186,8 J/( kg K); ρ = densità dell’acqua =1000 kg/ m3; G = consumo medio giornaliero a persona (in un’abitazione ∼ 0,080 – 0,150 m3); θea = temperatura di erogazione (∼ 45 °C); θa = temperatura dell’acqua proveniente dall’acquedotto (∼ 15°C); η = rendimento del generatore di acqua calda. A sua volta la potenza dispersa per ventilazione può essere calcolata con la relazione seguente:

vQ& = 0,34 n* V (θi – θe) (3)

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in cui: V = volume della zona riscaldata [m3]; θi = temperatura dell’aria interna di progetto [°C]; θe = temperatura dell’aria esterna di progetto [°C]; n* = numero di volumi all’ora ricambiati [h-1]. Il dimensionamento dell’impianto termico deve assicurare un rendimento globale medio stagionale, da calcolare secondo le modalità previste dalle normative tecniche (UNI 10348), come risultante dei valori dei seguenti rendimenti medi stagionali:

� rendimento di produzione;

� rendimento di regolazione;

� rendimento di distribuzione;

� rendimento di emissione

La Legge 10/ 91 prescrive che il rendimento globale medio stagionale deve risultare non inferiore ad un valore limite minimo, pari a:

%]365[lim, caldaiag PLog+=η (5) In caso di sostituzione di un generatore di calore, è il rendimento di produzione medio stagionale a dover risultare non inferiore al seguente valore limite minimo:

%]377[ caldaiaP PLog+=η (6)

Centrali termiche Una centrale termica è il locale in cui vengono alloggiati i generatori di calore a servizio degli impianti di riscaldamento o di climatizzazione. Si deve prevedere un locale apposito per il posizionamento della caldaia quando la sua potenzialità sia superiore a 34,8 kW (30.000 kcal/h). La tendenza attuale è quella di dotare ogni singola utenza di un impianto autonomo con un piccolo generatore di calore e quindi viene meno l’esigenza di prevedere un locale di questo tipo, anche se da un punto di vista energetico un sistema centralizzato di climatizzazione è sicuramente quello più vantaggioso. Le centrali termiche possono essere localizzate: al piano terra, all’ultimo piano, al piano interrato oppure in un locale separato. Questa ultima soluzione è quella che risulta più indicata quando si debbano rispettare normative specifiche come nel caso dell’uso di combustibili gassosi oppure quando si abbiano impianti con potenzialità molto elevate (grandi edifici del terziario, ospedali, aeroporti, ……). Nella centrale sono alloggiati i seguenti dispositivi:

� il gruppo termico

� le pompe di circolazione

� i collettori di distribuzione

� il vaso di espansione

� dispositivi per la produzione di acqua calda sanitaria, scambiatori o serbatoi di accumulo

� sistemi di regolazione e controllo

� quadri elettrici

� sistemi di trattamento dell’acqua I gruppi termici generano fumi e prodotti di combustione che devono essere scaricati all’esterno attraverso camini che possono essere sia posizionati all’interno che all’esterno dell’edificio. E’ bene limitare al minimo i tratti orizzontali di canna fumaria e quindi di

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conseguenza posizionare centrale, caldaia e camino. Per assicurare l’evacuazione dei fumi è necessario assicurare un adeguato tiraggio nel camino, ovvero è necessario che vi sia un’adeguata differenza di pressione tra ingresso al camino ed uscita dallo stesso (tiraggio). Il tiraggio può, e in alcuni casi deve, essere assicurato da ventilatori. Il posizionamento della centrale dovrebbe essere anche studiato in funzione da limitare la lunghezza delle tubazione di mandata e ritorno che da essa si dipartono. Si consiglia quindi una posizione baricentrica rispetto alle diverse utenze. Infine la posizione della centrale è legata anche al tipo di combustibile utilizzato sia per disposizione di legge o normative sia per l’esigenza di posizionare un serbatoio per i combustibili liquidi o di avere accesso alla rete per il gas. Le caratteristiche della centrale termica previste dalla normativa e dalla legislazione dipendono dal tipo di combustibile utilizzato. Per i combustibili liquidi – gasolio e olio combustibile – le principali caratteristiche del locale centrale termica (circolare del Ministero dell’Interno n.73 del 29/9/71) sono le seguenti:

• deve essere posizionato in un qualsiasi ambiente di un edificio o in un edificio a se stante purchè abbia almeno una parete confinante con spazi a cielo libero (cortili, strade, giardini, intercapedini a cielo libero o grigliate, ……);

• deve avere aperture di ventilazione con altezza minima 50 cm; • non deve avere comunicazione con ambienti destinati ad altro uso compresi i vani

scala e i vani ascensore; • se confina con ambienti abitati è necessario che la parete attestata a cielo aperto

abbia almeno una superficie pari a 1/3 della superficie in pianta con facile cedimento (parete di scoppio);

• deve presentare elementi di involucro orrizzontale e verticale con almeno 120 minuti di resistenza al fuoco (REI 120);

• la soglia della porta deve essere rialzata di almeno 20 cm rispetto al pavimento del locale;

• pavimento e pareti fino a 20 cm dal pavimento devono essere resi impermeabili al combustibile liquido utilizzato;

• il locale deve avere una altezza di almeno 2,5 m, mentre tra le pareti e il generatore termico deve esserci uno spazio di servizio di almento 60 cm e tra il soffitto e la caldaia ci devon essere almento 100 cm; in presenza di bruciatore esterno tra questo e la parete corrispondente deve esserci uno spazio di almeno 1,3 m;

• per edifici con altezza superiore a 24 m o destinati a pubblico spettacolo e collettività l’accesso al locale deve essere direttamente da spazi a cielo libero oppure da intercapedine grigliata a esclusivo servizio della caldaia.

• per gli altri edifici l’accesso può essere realizzato anche da un disimpegno purchè questo abbia un lato attestato verso spazio a cielo libero e su di esso vi sia una apertura senza serramento per aerazione di almeno 0,5 m2;

• le porte del locale e del disimpegno devono essere apribili verso l’esterno, incombustibili e dotate di chiusura automatica;

• il locale deve presentare una o più aperture verso spazio a cielo libero per non meno di 1/30 della superficie in pianta e comunque pari a: più di 0,50 m2 per potenze fino a 500.000 kcal/h; più di 0,75 m2 per potenze tra 500.000 kcal/h e 750.000 kcal/h; più di 1 m2 per potenze tra 750.000 kcal/h e 1.000.000 kcal/h; 1/20 della superficie in pianta e comunque pari a 1 m2 per potenze oltre 1.000.000 kcal/h.

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Per i combustibili gassosi prelevati dalla rete oltre alle caratteristiche sopra elencate la centrale termica dovrà rispettare alcune prescrizioni specifiche (circolare del Ministero dell’Interno n.68 del 25/11/69):

• essere aerata in maniera permanente sia per fornire l’aria comburente per la combustione che per la ventilazione;

• preferibilmente deve essere collocata fuori terra e con facile accesso; • le aperture di ventilazione devono avere una superficie S in centimetri pari almeno a

quella ricavata con la relazione S=Q/100 dove Q è la potenza termica in kcal/h; • le aperture devono avere inoltre il filo superiore in corrispondenza del soffitto in

modo che non si possano creare delle sacche di gas ristagnante se questo è più leggero dell’aria;

• non deve essere collocata sotto ambienti adibiti a pubblico spettacolo, chiese, sale riunioni e autorimesse;

• per gas con densità inferiore a 0,8 è possibile l’ubicazione anche nel piano interrato a patto che la superficie di aerazione sia aumentata del 50%.

Figura 8. Localizzazione delle centrali termiche (D.M.Interno 16/05/2003).

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Figura 9. Dimensioni centrale termica a GPL A) e a Metano B), poste fuori terra

Figura 10. Dimensioni centrale termica a metano interrata.

A B

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Caldaie murali a gas I generatori di piccole dimensioni (inferiori a 35 kW) possono essere installati in qualsiasi ambiente (cucine, bagni, corridoi, ….) purchè sia garantito un sufficiente apporto di aria di combustione. Si sono diffusi in questi ultimi dieci anni la caldaie a gas murali con camera di combustione stagna che permettono ad ogni utenza di gestire in modo completamente autonomo la produzione di calore e acqua calda sanitaria. Esse prelevano l’aria comburente dall’esterno attraverso un canale a doppia camera che scarica anche all’esterno i fumi. Se si utilizza una caldai non stagna si devono prevedere delle aperture di ventilazione nel locale in cui è installata di almeno 100 cm2. Lo scarico dei fumi può avvenire in facciata purchè non interferisca con le aperture di altri appartamenti. La caldaia può anche essere installata all’esterno in un terrazzo o in un balcone purchè protetta dagli agenti atmosferici. Caldaie a condensazione Usualmente i fumi vengono scaricati ad un temperatura intorno ai 150-200 °C. Questo in modo da garantire un certo tiraggio e la permanenza in fase gas del vapore d’acqua presente. In questo modo si sfrutta solo il potere calorifico inferiore del combustibile. E’ possibile recuperare il calore sensibile della massa di fumi e quello latente del vapore d’cqua (utilizzando il potere calorifico superiore del combustibile) facendo uscire i fumi dalla caldaia ad una temperatura intorno ai 50-60°C.

Figura 11. Esempio di caldaia murale a gas con produzione di acqua calda sanitaria (destra) e

caldaia a condensazione (sinistra). Il vapore d’acqua in questo caso condensa ed è necessario prevedere uno scarico (attenzione alla sua acidità in quanto ossidi di azoto e anidride solforosa prodotti dalla combustione

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passano in soluzione, lo scabiatore deve essere realizzato in acciaio inox es. AISI314). In generale si ottiene il maggior scambio termico aumentando la superficie di scambio dello scambiatore. Il rendimento della combustione aumenta notevolmente e da valori intorno a 90-95% delle normali caldaie si passa a valori intorno al 105% (il valore superiore a 100% è dovuto al fatto che nel valutare il rendimento ci si riferisce al potere calorifico inferiore). Data la necessità di scambiare calore con i fumi in uscita a 50-60°C, la caldaia a condensazione è ideale per produrre acqua a bassa temperatura da inviare in corpi scaldanti quali i pannelli radianti e i ventil convettori. Competenze e sicurezza sull’impiego dei gas combustibili Risulta evidente che l’utilizzo di combustibile comporta particolari attenzioni a livello progettuale sia per il trasporto che per l’uso; inoltre per una corretta combustione, che si è visto necessita di aria, prevede un sufficiente apporto di aria comburente. I generatori di calore e/o le apparecchiature preposte all’utilizzo dei combustibili dovranno essere uniformate a particolari esigenze costruttive ed installate in modo che tali esigenze siano rispettate. Per quanto riguarda i combustibili gassosi, la vigilanza ed il controllo sulla sicurezza appartengono in primo luogo alle Aziende ASL in virtù delle attribuzioni stabilite dalla Legge 23/12/78 n° 833. Questa competenza trova conferma anche in una ordinanza del Presidente della Regione Lombardia. Per effetto dell'art. 14 della Legge 46/90, la competenza per accertare la conformità degli impianti risulta estesa anche ai comuni, ai comandi provinciali dei Vigili del Fuoco e all'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), con le modalità previste dalla stessa legge. Significative sono altresì le competenze assegnate ai comuni con più di 40.000 abitanti e alle province per effetto della L. 10/91 (art. 31 comma 3) e del relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 412/93, come modificato dal D.P.R. 551/99) in materia di controlli di impianti termici, come definiti dall'art. 1 lett. f) del D.P.R. 412/93, nei limiti in cui tra tali impianti rientrino anche quelli alimentati a gas per uso domestico ed usi similari. Tali controlli possono essere effettuati mediante affidamento ad organismi esterni con le forme di cui all'art. 11 commi 18, 19 e 20 D.P.R. 412/93 (come modificati rispettivamente dagli artt. 13, 14 e 15 del D.P.R. 551/99). I verificatori della combustione nello svolgimento della sopracitata attività di controllo, che ha le caratteristiche della pubblica funzione ai sensi dell'art. 357 C.P., rivestono la qualifica di pubblici ufficiali. Degno di menzione, infine, è il compito delle imprese di distribuzione del gas di negare ovvero sospendere la fornitura del gas medesimo ove accertino, nel corso degli interventi previsti, le condizioni di irregolarità indicate dall'art. 16, commi 5 e 6, D. Lgs. 164/2000 (funzionamento non sicuro nei riguardi della pubblica incolumità, non conformità dell'impianto alle norme o reiterato rifiuto del responsabile dell'impianto a consentire i controlli). Camini I camini sono quei dispositivi che servono a convogliare in atmosfera i prodotti della combustione che avviene in caldaia, i quali sono costituiti da una miscela di azoto, anidride carbonica, ossido di carbonio, vapore d’acqua, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particelle incombuste. Il camino è costituito dalla canna fumaria, il condotto verticale, dal comignolo, la parte finale che protegge la canna fumaria, e dal raccordo con il focolare. Si hanno tre principali tipologie di camini: in refrattario, in laterizio e in acciaio inox.

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Figura 12. Esempio di Canna Collettiva Ramificata. a) comignolo o aspiratore statico; b) altezza minima al di sopra dell’ultimo apparecchio, 3 m; c) condotto secondario; d) canale da fumo; e) apparecchio a gas; f) dispositivo rompitiraggio-antivento; g) apertura di ventilazione; h) aria; i) prodotti di combustione; l) collettore.

La differenza di temperatura tra i gas contenuti all’interno del camino e l’aria atmosferica all’esterno crea una depressione alla base del camino (tiraggio) che è tanto maggiore quanto più grande è l’altezza del camino e la differenza di temperatura tra interno ed esterno. La sezione del camino deve essere dimensionata in funzione della sua altezza e della potenzialità del focolare a cui è collegato. La legge 615 del 13/7/1966 e il DPR n. 1391 del 22/12/1970, nonché le norme UNI 9615, UNI 10640 e UNI 10641 danno utili indicazioni sul dimensionamento e le caratteristiche dei camini. Il dimensionamento del camino consiste nel determinarne altezza e sezione. Esso si basa sul confronto tra confronto tra il tiraggio (depressione) nella sezione di ingresso fumi del camino (Pz) ed il tiraggio (depressione) necessaria in quello stesso punto (Pze). La depressione nella sezione di ingresso dei fumi nel camino può essere ridotta aumentando la sezione, cambiando generatore di calore, introducendo un ventilatore di estrazione dei fumi. Al fine di un buon funzionamento deve essere inoltre verificata la temperatura della parete interna allo sbocco del camino e la temperatura di rugiada dei fumi. La bocca del camino deve superare di almeno 1 m il colmo del tetto e qualunque elemento distante meno di 10 m. Le ditte che producono camini propongono tabelle per il calcolo dei camini basate sulle norme sopra citate. Nelle tabelle 4 e 5 di seguito, il primo valore si riferisce al diametro della canna

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principale, il secondo al diametro del condotto secondario, mentre il numero di piani serviti è pari al numero delle immissioni, considerando che l’ultimo condotto secondario scarica direttamente in atmosfera senza immettersi nel condotto principale. In ogni caso viene precisata la rugosità (perdita di carico) del camino, interassi, altezza utile dell’ultima immissione, allacciamenti e resistenza termica. Le tabelle si riferiscono a camini Wierer tipo CW DUE e CW EFFE. Tabella 4. Canna collettiva ramificata (UNI 10640), caldaia di tipo B a tiraggio naturale, η = 90%, canale da

fumo metallico non coibentato tipo CW DUE.

Numero di

piani serviti

Potenzialità della singola caldaia[kW]; θumi = 180°C

11 17 23 26 29 35

3 16/ 14 16/ 14 16/14 16/14 16/ 14 18/ 14

4 18/ 14 18/ 14 18/ 14 18/ 14 20/14 20/ 14

5 20/ 14 20/ 14 20/ 14 n.d. n.d. n.d.

Tabella 5: Dimensionamento canne collettive (UNI 10641), caldaia di tipo C, η = 90%, canale da fumo

metallico non coibentato. Diametro della canna [cm] tipo CW EFFE.

Numero di

piani serviti

Potenzialità della singola caldaia[kW]; θfumi = 120°C

11 17 23 26 29 35

1 12 12 12 12 12 12

2 12 12 14 14 14 16

3 12 14 16 18 18 18

4 14 16 18 18 20 n.d.

5 16 18 20 n.d. n.d. n.d.

6 18 20 20 25 25 25

Per potenze oltre i 35 kW, combustibili solidi o liquidi, il DPR 1391/70, propone la seguente relazione:

H

PKS caldaia= (7)

S = area della sezione retta del camino [cm2]; Pcaldaia = potenza termica dei focolari serviti [kW]; H = altezza del camino misurata in [m] fra piano orizzontale mediano della fiamma e lo sbocco del camino in atmosfera; K = coefficiente (K=18 combustibili solidi; K=13 combustibili liquidi). Le sezioni devono essere incrementate di:

- 50% nel caso di impiego di lignite o torba; - 25% nel caso di impiego di carboni da vapore a lunga fiamma; - 10% per ogni 500 m di altitudine della località sul livello del mare.

La sezione minima non dovrà mai essere inferiore a 220 cm2; nel caso di camini aventi sezione diversa da quella circolare, il rapporto tra gli assi principali ortogonali della sezione retta non deve essere superiore a 1,50. Non sono consentiti camini a sezione triangolare.

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Il valore H da inserire nella relazione (8), è dato dall’altezza di costruzione, diminuita delle perdite di carico proprie dell’apparecchio di cui fa parte il focolare servito (espresse in mm H2O), nella misura di un metro per ogni mmH2O, di 0,5 m per ogni cambiamento di direzione, T o variazione di sezione, di 1,0 m per ogni metro di sviluppo con andamento sub-orizzontale.

Figura 13. Diagrammi per il dimensionamento di un camino a tiraggio forzato o con combustione atmosferica (documentazione tecnica Wierer) Tubazioni Le tubazione degli impianti vengono installate sia a vista (in genere nella centrale termica e nei piani tecnici) sia integrate in pareti e solai o nella struttura (pilastri cavi) oppure alloggiate in cavedi e cunicoli. Tutti i tipi di impianto ad acqua sono costituiti di una tubazione di andata e di una di ritorno in genere quindi tutte le tubazioni vengono posate accoppiante in modo da alimentare e raccogliere l’acqua di ciascun circuito. I circuiti devono essere pensati in modo da limitare la lunghezza dei diversi rami, cercando di evitare gli accavallamenti e le brusche deviazioni. E’ bene che le tubazioni siano coibentate. E’ bene che la disposizione della rete di tubazioni sia pensata in relazione alla struttura travi-pilastri in modo da limitare al minimo le interferenze. Negli edifici con diversi appartamenti o in generale diverse utenze di solito si hanno delle colonne montanti con una coppia di tubazioni di mandata e ritorno alle quali si connettono i collettori che servono le diverse utenze. In questo modo come previsto dalla legge 10/91 è possibile contabilizzare il consumo di ciascuna utenza e interrompere o ripristinare la fornitura

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di calore in ogni istante. Tale colonne montanti sono di solito posizionate nel vano scale o nel vano ascensori o in appositi cavedi.

I principali soluzioni per strutturare razionalmente le reti tecnologiche sono:

� distribuzione su piano orizzontale interno: pavimento o controsoffitto attrezzato,

� distribuzione su piano verticale interno: parete o corridoio attrezzato,

� distribuzione su piano verticale esterno: facciata attrezzata,

� distribuzione su volume tecnico: cavedio interno verticale, asole tecniche verticali.

Si riportano alcuni esempi di modelli distributivi che permettono di concentrare e razionalizzare i percorsi di tutte le reti tecnologiche (Figure 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 22).

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I terminali di impianto I terminali dell’impianto rappresentano la reale presenza dell’impianto nei diversi locali da climatizzare. Nel caso di un impianto ad acqua si tratta di scambiatori di calore acqua-aria che possono avere prevalente scambio convettivo (radiatori e convettori) o radiante (pannelli radianti); nel caso dell’impianto ad aria si tratta di dispositivi in grado di regolare e opportunamente gestire l’ingresso e l’uscita dell’aria negli ambienti variando velocità, direzione di immissione e portata. I termosifoni o radiatori sono di gran lunga i più diffusi terminali in ambito residenziale. Lo scambio termico da essi realizzato è prevalentemente di tipo convettivo in regime naturale con 20%-30% di scambio radiante. Essi di solito sono posizionati nella parete più disperdente spesso in corrispondenza del sottofinestra. In questo modo si bilancia la bassa temperatura superficiale della superficie vetrata e si neutralizzano le correnti convettive discendenti fredde. Questo tipo di disposizione permette di “recuperare” spazio così come la disposizione dietro la porta di accesso. La presenza di tende e schermi in generale comporta una diminuzione delle prestazioni termiche del 15-20%. I termosifoni sono realizzati utilizzando ghisa, acciaio, alluminio. Sono costituiti da più elementi a sviluppo verticali connessi attraverso manicotti filettati che realizzano un condotto di adduzione e di ritorno dell’acqua. La temperatura di ingresso dell’acqua è intorno agli 80°C e l’uscita è prevista a 10-15°C più in basso. Nei ventilconvettori lo scambio è ancora di tipo convettivo ma un ventilatore forza l’aria dell’ambiente a passare attraverso una batteria alettata. Si incrementa così sia il coefficiente di scambio termico (con l’aumento della velocità dell’aria) che la superficie di scambio metallo-aria. Questi dispositivi permettono un rapido raggiungimento delle condizioni ambientali richieste. Sono indicati per ambienti utilizzati saltuariamente. Un limite è rappresentato dalla rumorosità legata all’azione del ventilatore (non sono indicati in luoghi dove il livello di rumore deve essere basso: teatri, sale conferenza, aule). Possono essere utilizzati sia in condizioni di riscaldamento che in condizioni di raffrescamento. Se è prevista la raccolta della condensa in condizioni estive facendo scendere la temperatura della batteria sotto a quella di rugiada si può controllare l’eccesso di umidità ambientale. Un tipo particolare di convettore è quello chiamato anche induttori. E’ utilizzato negli impianti misti e in esso viene immessa l’aria di rinnovo dall’esterno sulla batteria alettata. Il flusso d’aria immesso richiama altra aria dall’ambiente. Non si hanno in questo caso organi meccanici in movimento e quindi la rumorosità è bassa. I pannelli radianti hanno avuto negli ultimi anni una notevole diffusione. Nelle realizzazioni a pavimento la tubazioni in polietilene ad alta densità o in rame sono annegate nel calcestruzzo del massetto che fa da sottofondo al pavimento. La stesura del tubo viene eseguita realizzando una serpentina o una doppia spirale che partono e si chiudono in un collettore. La disposizione a spirale mettendo vicine una all’altra la tubazione di mandata e quella di ritorno permette di ottenere una temperatura superficiale del pavimento più uniforme. La quantità di calore rilasciata in un ambiente si può aumentare o diminuire variando il passo della serpentina. E’ consigliato infittire il passo in corrispondenza di superfici fredde (es. ampie superfici vetrate). Si hanno realizzazioni interessanti anche a soffitto o a parete. Della stessa famiglia sono anche le termostrisce ad elevata temperatura (200°C-400°C) utilizzate prevalentemente in ambienti di grande altezza (capannoni industriali, impianti sportivi,…). Negli impianti ad aria I terminali devono garantire una adeguata distribuzione del fluido in ambiente in modo da realizzare:

� uniformità di temperatura e umidità

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� assenza di correnti d’aria; � corretto ricambio d’aria in tutta la zona occupata evitando stagnazioni e cortocircuiti.

I diversi terminali regolano la velocità e direzione di immissione dell’aria in ambiente. Le loro caratteristiche tecniche di base sono le seguenti:

� lancio: distanza orrizzontale a cui arriva il getto d’aria in ingresso (si assume come riferimento la posizione a cui la velocità cala a 0,25 m/s).

� caduta: differenza di quata tra l’immissione e la zona in cui il getto arriva a velocità di 0,25 m/s;

� induzione: capacità del getto di indurre per trascinamento un movimento anche nell’aria ambiente.

I dispositivi più semplici sono griglie realizzate in acciaio, alluminio o materiali plastici. Sono in grado di dosare e direzionare il getto d’aria in ambiente. Possono essere dotate di serrranda di regolazione della portata. Sono i tipici dispositivi utilizzati nell’immissione e estrazione dell’aria a parete. In locali di elevata altezza si utilizza spesso l’immissione dal soffitto. I dispositivi che si utilizzano prendono il nome di anemostati e nella forma classica sono costituiti da una serie di dischi in lamiera concentrici in grado di direzionare l’aria in direzione tangenziale o rivolta verso il basso per una maggior penetrazione. Per una forte penetrazione del getto nell’ambienti si aumenta molto la velocità di immissione utilizzando veri e propri ugelli (ambienti con grandi altezze e dimensioni in pianta). Viceversa nel caso di immisione direttamente nella zona occupata è necessario limitare la velocità di immissione (0,15-0,25 m/s) in modo da evitare discomfort per correnti d’aria. Si utilizzano sistemi di immissione caratterizzati da una grande superfice in genere realizzati con lamiera forata detti diffusori. Infine, per quanto riguarda l'immissione dell'aria negli ambienti sono possibili molte soluzioni, le principali sono:

� immissione da soffitto o controsoffitto,

� immissione da pavimento tecnico,

� immissione tramite canali ramificati a vista,

� immissione da parete. Tabella 6. Possibilità di controllo dei parametri ambientali ai fini del benessere per i diversi tipi di terminali e impianti

tipo di impianto θθθθa θθθθmr UR va inerzia

radiatore si no no no alta

ventilconvettore si no no/si no/si bassa

pannelli radianti si si no no alta

strisce radianti alta T si si/no no no bassa

sistemi ad aria si no si si bassa

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Impianto centralizzato o autonomo? Negli ultimi decenni si è assistito ad una ampia diffusione della caldaia autonoma a gas anche nei condomini grazie alla estensione capillare della rete di distribuzione del gas naturale. Ha contribuito a questa tendenza anche il desiderio delle famiglie di gestire in modo autonomo il riscaldamento senza sottostare alle decisioni di contrastate assemblee condominiali e parimenti la convinzione che facendo un po’ di attenzione con l’impianto autonomo si ha un miglior controllo dei propri consumi di energia. Se queste convinzioni sono sicuramente vere d’altra parte un impianto centralizzato presenta diversi vantaggi:

� il costo di prima installazione dell’impianto è minore della somma dei costi dei singoli impianti autonomi;

� negli impianti centralizzati la gamma di combustibili utilizzabili è più ampia: metano, GPL, gasolio, in quelli autonomi si può utilizzare solo gas metano.

� la potenza termica necessaria con una sola caldaia centralizzata è minore della somma delle potenze necessarie per i singoli impianti autonomi;

� la caldaia di elevata potenza ha un rendimento termico più elevato e una vita più lunga delle singole “caldaiette”;

� le spese di manutenzione e per i controlli periodici sono inferiori negli impianti centralizzati in quanto si ripartiscono tra i diversi condomini;

� l’impianto centralizzato è più sicuro: con tanti impianti, ne basta uno che non rispetti le norme di sicurezza per creare problemi e pericoli per tutti.

In ogni caso anche con l’adozione di un sistema centralizzato l’utilizzo di un contabilizzatore di calore permette di ripartire i consumi tra le diverse unità abitative servite e di regolare in maniera autonoma la temperatura. Godendo sia dei vantaggi dell’impianto autonomo che di quelli dell’impianto centralizzato. Per ogni appartamento, ufficio o negozio è possibile sospendere, ridurre o aumentare la fornitura di calore contabilizzando i consumi. Ciascuno paga il calore che ha effettivamente consumato ed d’altra parte è responsabilizzato nel cercare di limitare i consumi.

Figura 23. Esempi di dispositivi contabilizzatori di calore.

Figura 24. Valvola termostatica

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L’impianto di riscaldamento viene dimensionato in modo da assicurare le condizioni di progetto (20°C) anche in presenza di picchi negativi di temperatura (ci si riferisce alla temperatura esterna di progetto corrispondente al 97-esimo percentile delle temperature orarie medie invernali). E’ fondamentale quindi un buon sistema di regolazione per assicurare la temperatura desiderata all’interno degli ambienti anche quando le condizioni climatiche non siano particolarmente critiche. I vecchi impianti sono dotati solo di una centralina di controllo sulla quale sono impostati i tempi di accensione e spegnimento e regolano al massimo la temperatura di mandata in funzione della temperatura dell’aria esterna rilevata da un sensore. Questo sistema non riesce a gestire bene edifici in cui si hanno condizioni diversi in zone diverse (es. esposizioni nord e sud, appartamenti più esposti negli angoli e meno esposti, piani terra e ultimo piano). L’adozione di valvole termostatiche sui diversi termosifoni permette di una regolazione della temperatura locale per locale a seconda del tipo di esigenza e porta a consumare meno energia e a realizzare un miglior livello di comfort. La valvola infatti automaticamente regola il flusso di acqua calda in funzione della temperatura ambiente rilevata e del livello di temperatura desiderato e impostato. Nelle stanze esposte ai raggi solari si sfrutterà l’energia gratuita solare mentre il maggior flusso di calore sarà indirizzato sulle stanze più esposte ai venti freddi e meno alla radiazione. Il dispositivo è costituito da una valvola idraulica, da un sistema di azionamento della valvola che regola l’apertura dell’otturatore in modo che la temperatura media del corpo scaldante sia tale da compensare con il flusso risultante le dispersioni e mantenere la temperatura desiderata in ambiente, infine da una sonda di temperatura in ambiente che attiva l’azionamento. La selezione dell’impianto: criteri di scelta La scelta del tipo di impianto più adatto è legata essenzialmente alla destinazione d’uso di un ambiente e a vincoli di natura normativa, impiantistica e architettonica. I criteri generali di selezione dovrebbero essere i seguenti:

� vita dell’edificio in relazione alla vita utile dei diversi componenti dell’impianto; � costi suddivisi tra realizzazione, gestione e manutenzione; � fattibilità tecnologica; � disponibilità di spazi, locali, cavedi, etc.; � tipologia di intervento – nuova realizzazione o ristrutturazione.

I criteri specifici possono essere i seguenti:

� caratteristiche dell’impianto – flessibilità e modularità, esigenze di manutenzione, valutazioni estetiche;

� caratteristiche fisico-tecniche – livello di comfort, qualità dell’aria, rumorosità, controllo individuale delle zone;

� tipologia di impianto; � fonte di energia primaria – vapore, olio combustibile, gas, elettricità, fonti rinnovabili; � sistema di distribuzione – elettrica, vapore, acqua, aria; � componenti, costi, caratteristiche e ingombri.

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Tabella 7. Tipo di utenza, esigenze ambientali, noise ratio, tipologia di impianto. utenza pers/100m2 NR T UR va tipologia teatri, cinema

150 20-30 ** ** *** tutt’aria, portata variabile monocondotto

Chiese 100 25 * - * termoventilazione, sistemi radianti musei, biblioteche

20 30 ** *** *** tutt’aria, multizone monocondotto

ristoranti, bar

100 40 ** ** ** tutt’aria esterna, monocondotto

auditorium 150 20-30 ** *** *** tutt’aria, portata rariabile monocondotto

scuole, aule 50 30-40 ** ** ** tutt’aria multizone monocondotto, tutt’aria doppio condotto, aria-acqua ventilconvettori 2 tubi

piscine 20 45 * *** ** termoventilazione uffici 7 35 *** ** *** aria-acqua ventilconvettori 4 tubi,

portata variabile singolo condotto banche, agenzie

20 35 ** ** ** portata variabile doppio condotto

banche, CED 7 40-45 ** *** * autonomo, tutt’aria multizone monocondotto

supermercati 8 45-50 * ** ** portata variabile monocondotto, tutt’aria multizone o doppio condotto

ospedali degenze

10 25 *** ** *** tutt’aria doppio condotto, aria-acqua ventilconvettori 2 tubi

ospedali sale operatorie

20 25 *** *** *** tutt’aria esterna monocondotto

alberghi 10-60 30-35 *** * ** tutt’aria doppio condotto, aria-acqua ventilconvettori 2 tubi

studi TV radio

70 25 ** *** *** tutt’aria multizone monocondotto

residenze 4 25-30 *** * * autonomo, radiatori, riscaldamento/raffrescamento

negozi 10-50 35-40 *** * * tutt’aria multizone monocondotto laboratori 5 35 ** ** ** portata variabile doppio condotto palestre 30 40 * * ** termoventilazione, sistemi radianti L’utilizzo dell’energia solare In ambito edilizio la radiazione solare può essere utilizzata come fonte di energia per la produzione di energia elettrica (pannelli fotovoltaici), e per la produzione di acqua calda (collettori solari), per la produzione di freddo (cicli ad assorbimento). La produzione di acqua calda avviene attraverso i collettori. Si tratta di sistemi in cui un captatore (pannello di metallo verniciato in modo da avere un elevato assorbimento nella banda solare (300-2500 nm) e bassa emissività nel lontano infrarosso (8000-20000 nm), è fissato su di una serpentina di solito in rame nella quale scorre l’acqua da riscaldare. Il tutto è isolato da materiale isolante sul dorso e da un vetro sul fronte. In genere l’acqua calda viene accumulata in un serbatoio e da qui inviata all’utilizzo nell’impianto sanitario. All’interno dell’accumulatore può essere alloggiata una serpentina in cui

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scorre l’acqua del circuito dell’impianto ad acqua. Si ha in questo caso un impianto combinato in cui si produce sia acqua calda sanitaria che si preriscalda l’acqua dell’impianto di riscaldamento. La superficie dei collettori necessaria varia in funzione delle quantità di acqua utilizzate e del clima. In linea di massima per l’acqua sanitaria al Nord Italia si possono assumere circa 1 m2 per persona o 6 m2 per abitazione. Si può assumere indicativamente 1000 euro/m2 Il riscaldamento necessita di una superficie supplementare e i costi aggiuntivi sono considerevoli. Figura 25. Schema di impianto di produzione acqua calda sanitaria e riscaldamento con pannelli solari e caldaia ausiliaria (alto). Schema impianto di produzione sola acqua calda sanitaria con pannelli solari e caldaia ausiliaria (basso). L’energia solare può essere utilizzata per produrre corrente elettrica. Si utilizzano pannelli fotovoltaici costituiti da cellule in silicio (monocristallino, pluricristallino e amorfo). Il rendimento delle celle in commercio va dal 5-6% dell’amorfo al 12-18% del pluricristallino. La potenza di picco prodotta può essere valutata nel nord Italia intorno a 1 kW per 8-10 m2 di superficie. Si possono avere impianti autonomi o connessi alla rete di distribuzione elettrica. In questo secondo caso si possono eliminare i sistemi di accumulo dell’energia elettrica, costosi e ad elevato impatto ambientale. L’orientamento dei sistemi solari dovrebbe essere quello sud, fino a 30° sud-est e sud-ovest si hanno perdite di produttività accettabili. L’inclinazione dei pannelli dovrebbe essere intono ai 30-35°, se i pannelli sono regolabili in estate dovrebbero essere quasi orrizzontali in inverno verticali.

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Regole di prima approssimazione per la progettazione di impianti La progettazione di un impianto si basa su di un insieme di regole e procedure codificate sulla base della teoria e dell’analisi del comportamento dei sistemi realizzati. Ogni buon progettista-impiantista sulla base della propria esperienza ha d’altra parte in testa dei valori di larga massima per prestazioni e necessità sulla cui base riesce a stimare dimensioni e costi delle diverse parti dell’impianto in maniera rapida. Proprio sulla base dell’esperienza si possono dare delle regole generali che possono essere utilizzate nelle prime fasi della progettazione, per dimensionamenti di prima approssimazione, per studi di massima sulla fattibilità economica di un progetto. Nella loro utilizzazione è però necessario avere in mente i limiti delle diverse relazioni per non correre il rischio di applicarle in campi diversi da quelli in cui sono state ricavate. I risultati stessi devono essere giudicati con “granum salis”, con quella obiettività e capacità di critica che viene purtroppo solo dall’esperienza sul campo o meglio in cantiere. Tabella 8. Superfici indicative richieste per le diverse centrali tecnologiche (Moncada 2000).

servizio superficie (%)

Riscaldamento centrale termica 0,7-1,6 centrale idrica 0,2-0,6 Condizionamento centrale trattamento aria, sistema a tutt’aria 3-6 sistema misto con ventilconvettori 1,5-2,5 sistema misto con induttori 2-3 sistema a portata variabile 3-4,5 Ventilazione estrazione dai servizi 0,1-0,5 termoventilazione 3-5 Refrigerazione centrale frigorifera 1,5-2,5 torri evaporative 0,3-1,5 Impianto elettrico centrale di trasformazione 0,5-1,5 sala motori ascensori 0,2-0,5

Tabella 9. Superfici e altezze indicative richieste per le diverse centrali tecnologiche. servizio potenza sup.[m2]/alt.[m]

Riscaldamento centrale termica 100 kW 15-3 200 kW 25-3 1000 kW 80-4 4000 kW 140-4,5 Refrigerazione centrale frigorifera 250 kW 40-3 500 kW 55-3 1000 kW 80-4 2000 kW 100-4,5 torri evaporative C=calore

condensazione in kW sup=15+C/50

Condizionamento centrale trattamento aria con estrazione

8m2/m3/s-3

centrale trattamento aria senza estrazione

5m2/m3/s-3

Elettrico cabina trasformazione 200-1000kVA 40-4 2000 kVA 50-4 quadro media tensione 2 trasformatori 15/4 gruppo elettrogeno p=potenza in kVA sup=15+P/30-4

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Il fatto che queste regole di prima approssimazione siano molto semplici porta molti a vederle come il toccasana per ogni problema di progettazione impiantistica. Il loro utilizzo scriteriato da parte di persone inesperte risulta però spesso deleterio. Esse non rappresentano il modo usuale e corretto di progettare, possono essere utili nella prima fase della progettazione (es. la prima fase di un concorso di progettazione architettonica) per valutazioni di grande massima. Il progettista rimane il responsabile della realizzazione finale dell’impianto e degli eventuali errori di progettazione commessi; l’uso di tali regole non lo esime dal rispetto di norme esistenti e leggi vigenti e dall’utilizzo delle procedure che da esse discendono e che rappresentano la strada maestra della progettazione. Di seguito sono riportati alcuni di questi strumenti di analisi preliminare e approssimata che ribadiamo devono essere utilizzati con attenzione e sempre assicurandosi di avere inserito il cervello. Nelle tabelle 10 e 11 viene riportato il valore indicativo delle superfici richieste per le diverse centrali tecnologiche.

Stima dello spazio necessario per le centrali termiche Lo spazio occupato dalle centrali termiche è molto variabile e dipende dalla presenza o meno nella CT dei componenti accessori: pompe, serbatoi e scambiatori per la produzione dell’acqua calda sanitaria ed anche dalla necessità di suddividere l’intera potenza necessaria ad un complesso edilizio, in più generatori destinati ad attività diverse (residenza, uffici, attività commerciali, artigianali, sportive, ricreative, scolastiche, ospedaliere) o per la stessa attività destinati a funzioni molto diverse (riscaldamento locali, produzione acqua sanitaria, produzione di vapore, ecc.). Per un progetto di massima si può stimare l’area netta della pianta di una centrale a servizio di un impianto di solo riscaldamento, con la seguente formula empirica, valida da P=50 kW fino a P=2000 kW, per utenze civili, comprese le apparecchiature accessorie :

Area (m2) = P⋅⋅⋅⋅5,1 con P = potenza bruciata in kW

La potenza P è circa 1,1 volte il fabbisogno di punta dell’edificio e dipende dalle dispersioni per trasmissione attraverso l’involucro e da quelle dovute alla ventilazione naturale o forzata dei locali ed infine della produzione di acqua calda sanitaria. Se la centrale è di tipo termo-frigorifero (invia acqua fredda alle utenze durante l'estate) cresce del 40% circa l'area necessaria per le apparecchiature termo-idrauliche (pompe, serbatoi, valvole di regolazione) con esclusione della macchina frigorifera che deve essere necessariamente posta in uno spazio separato, pertanto la formula diventa:

Area (m2) = P⋅⋅⋅⋅5,1 con P = potenza bruciata in kW

Per una stima di massima della potenza termica, in attività nelle quali il fabbisogno termico per la produzione di acqua sanitaria sia normale, si utilizza il dato fornito in Tabella 10, colonna 4. Conoscendo le dimensioni del generatore (la =larghezza circa 0,8 -1 m e lu = lunghezza circa 1,2 m - 1,6 m fino a 300 kW) si possono stimare più accuratamente le due dimensioni della CT, usando il seguente criterio, nel quale si tiene conto del fatto che per P > 350 kW è necessario suddividere la potenza totale in più generatori:

- lunghezza centrale per N generatori: LUC = N la + (N + 1) 0,6 [m] + Lapp

- lunghezza per apparecchi accessori Lapp = 3 - 4 [m]

- larghezza centrale pari a quella necessaria per un generatore: LAC = lu +2 [m]

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Si ricorda che le norme di prevenzione incendi sopra citate riguardano il locale contenente le caldaie (la causa di pericolo), pertanto se l’area determinata con la formula sopraindicata non è disponibile (ad esempio nelle ristrutturazioni di edifici esistenti) è possibile suddividere lo spazio per la CT in due zone: la prima, pari a circa 50% di quello fornito dalla formula precedente, destinata alle sole caldaie e la seconda destinata a tutte le altre apparecchiature (che sono considerate non pericolose); il vantaggio deriva dal fatto che il secondo locale non deve soddisfare a requisiti specifici riguardanti: ubicazione, accesso, aerazione, resistenza al fuoco.

Stima dello spazio necessario per le centrali frigorifere I locali contenenti macchine frigorifere ad assorbimento alimentate a gas sono soggette alle stesse norme delle C.T. I locali delle contenenti macchine frigorifere a compressione non possono essere destinati ad altri usi (per es. C.T.), l’accesso deve avvenire dall’esterno o da disimpegno aerato. Per l’ubicazione e la ventilazione della C.F come prima approssimazione usare i requisiti della C.T.; per informazioni più precise si consulti la norma UNI 8011. Per una valutazione di massima della potenza di picco della macchina frigorifera, in edifici civili con normale dotazione di apparecchi elettrici, moltiplicare il carico frigorifero di Tabella 10, colonna 5 per il fattore 1,5 che tiene conto della potenza necessaria per il trattamento dell’aria umida e della contemporaneità delle diverse zone, ovvero:

Potenza M.F. = 1,5 x Carico frigorifero x Area Climatizzata

Le macchine frigorifere devono essere raffreddate con acqua oppure con aria esterna aria. Nel primo caso sono più compatte e vanno ubicate all’interno dell’edificio, ma è necessario produrre l’acqua di raffreddamento mediante una torre evaporativa posta all’esterno del fabbricato. Nel secondo caso esistono versioni per interno e per esterno, ma la potenza massima non supera i 300 kW frigoriferi.

A) Macchine frigorifere raffreddate ad aria, dotate di ventilatori centrifughi, per l'installazione all’interno dell’edificio. La maggior parte dei dati del grafico è interpretata dalla retta che ha l’espressione:

Area (m2) = 8 + P (kW) / 25

L’aria per il raffreddamento della MF deve essere immessa ed espulsa dal locale mediante canali con portata pari a: Va = 600 x P (kW) [m3/h] e sezione netta dei condotti e delle griglie di ingresso uscita, pari a:

Scanali (dm2) = 3 x P (kW)

B) Macchine frigorifere raffreddate ad acqua, per l'installazione all’interno dell’edificio. I valori sono compresi in una fascia piuttosto ampia e la linea retta che delimita superiormente i dati ha l’espressione:

Area (m2) = 6 + P (kW) / 50 Se nel locale ci sono anche gli apparecchi accessori (serbatoi, pompe, scambiatori, quadri elettrici), lo spazio necessario diventa 1,5 x Superficie Netta della macchina frigorifera.

C) Macchine frigorifere monoblocco raffreddate ad aria, dotate di ventilatori elicoidali: sono adatte per l'installazione all’esterno; orientativamente occupano uno spazio 2 - 3 volte maggiore rispetto a quello delle macchine raffreddate ad acqua, ma non hanno bisogno della torre evaporativa.

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Una stima più precisa si ottiene selezionando le macchine da uno o più cataloghi in tal caso conviene raddoppiare la superficie netta occupata dalla macchina per tenere conto dello spazio per montaggio e manutenzione e aggiungere il 50% dello spazio così ottenuto per tenere conto degli eventuali apparecchi accessori presenti nel locale.

Torri evaporative: le macchine raffreddate ad acqua hanno bisogno della fornitura continua di acqua fredda che, generalmente, non si può prelevare da corpi idrici naturali e perciò viene prodotta da una torre evaporativa che deve essere posta all'esterno dell'edificio. Per una stima di massima: la superficie occupata dalle T.E. è pari a quella netta della M.F. cioè:

Area (m2) = 3 + P (kW) / 100

Tabella 10 - Carichi termici, frigoriferi, elettrici, per unità di superficie netta(*)

DESTINAZIONE D’USO

AFFOLLAMENTO

(persone /m2)

RICAMBIO

D'ARIA

m3/h/pers.

CARICO(1)

TERMICO

(W/m2)

CARICO (2)

FRIGORIFERO

(W/m2)

POTENZA(3)

ELETTRICA

(W/m2)

RESIDENZA E SIMILI Alloggi di superficie media 0,04 40 65 85-110 10-45 ALBERGHI (camere-sogg.) 0,05-0,20 40 85 110-170 10-30 UFFICI (singoli-open sp.) 0,06-012 40 100 105-200 45-100 SCUOLE (varie-università) 0,40-0,60 20-25 120 160-250 20-65 LOCALI PUBBLICI

SALE da RIUNIONE 0,60 36 150 160-250 20-65 SALE Confer.- Auditorium 1,2 20 170 150-415 10-30 SALE CINEMA-TEATRI 1,5 20 200 150-415 10-30 BAR-RISTORANTI 0,80-0,60 40-36 250 280-475 15-25 SALE da BALLO 1,0 60 330 385-475 20-65 PALESTRE(gioco-tribune) 0,20-1,5 60-24 130-200 190-360 20-65 Esposizioni, Mostre, Fiere, Banche (zona pubblico)

0,20 36 125 105-240 20-45

Librerie, Musei 0,30 20-22 100 110-190 10-30 CENTRI COMMERCIALI

Piano terra 0,25 32 110 95-170 20-45 Piano principale 0,25-0,50 32 130 110-250 40-100 Piani superiori 0,25 32 130 95-135 20-40 NEGOZI VARI 0,10-0,20 32-42 100 120-250 10-35 Farmacia 0,10-0,20 32 100 210-345 10-35 (*) dati da applicare a zone climatizzate, esclusi vani scala, vani ascensore, vani tecnici. (1) Differenza di temperatura int-ext = 25°C, trasmittanza Upareti = 0,6 W/m2K, Ufinestre = 3

W/m2K, ricambi d’aria secondo UNI 10399, recupero del calore se la portata di rinnovo supera 10000 metricubi/ora.

(2) Temperatura esterna di 35°C, interna di 26°C, URint=50%, ricambio d’aria 20 metricubi/ora per persona

(3) Si tratta della potenza utilizzata contemporaneamente.

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Stima dello spazio necessario per le unità di trattamento dell’aria Per gli impianti di termoventilazione (solo riscaldamento) la portata d’aria per persona è quella data da Tabella 10, colonna 3. Per gli impianti di climatizzazione invernale ed estiva a ventilconvettori più aria primaria, la portata d’aria è quella di Tabella 10, colonna 3, incrementata di circa 30%. Per gli impianti di condizionamento a tutta aria con distribuzione effettuata mediante uno o più condotti posti nella zona centrale del soffitto, la portata d’aria si può stimare come segue:

Portata d’aria (m3/h) = 0,24 x Carico frigorifero specifico (W/m2) x Area da

raffreddare (m2)

Altezza H della MTA dipende dai criteri di progetto, mediamente la velocità media nella sezione

verticale è pari a circa 2 m/s pertanto una stima della sezione della MTA è data da :

Sezione (m2) = Portata d’aria in m3/h / 7200 = Carico frigorifero in kW / 30

Scegliendo la sezione quadrata S = H2 si ottiene H = S oppure

con sezione rettangolare S = H x 2H si ottiene H = 2/S .

La lunghezza della macchina dipende dalle sezioni di trattamento volute; valori medi 4 ÷ 6 m;

La dimensione in metri del locale, tenuto conto dello spazio per la manutenzione, si può calcolare

come segue:

(2 x Larghezza MTA + 0,60) x (Lunghezza macchina + 1,80)

Per portate inferiori a 3000 m3/h si possono utilizzare piccole macchine di trattamento con altezza 60 - 80 cm, installate a soffitto.

Per una approssimazione migliore conviene riferirsi al catalogo di uno specifico costruttore. Stima delle dimensioni dei canali di distribuzione dell’aria Per impianti di climatizzazione invernale ed estiva a tutta aria il calcolo di massima si effettua scegliendo la velocità tipica, suggerita nelle tabelle 7 e 8. Per l’alloggiamento in controssoffitto il canale sarà rettangolare con rapporti dei lati non troppo elevato (fino ad 1:3). Per le sezioni più grandi il canale principale viene suddiviso in più canali che alimentano zone diverse dell’impianto. Alle dimensioni nette dei canali che trasportano aria calda all’interno di ambienti freddi deve essere aggiunto lo spessore dell’isolamento termico minimo, pari a di 3 cm, e in quelli che trasportano aria fredda lo spessore di 1,5 cm per evitare le condensazioni d’inverno o d’estate. Per stimare le dimensioni tipiche dei canali è possibile fare riferimento alle relazioni riportate di seguito valide con velocità dell’aria comprese nel range 3-6 m/s e dove S è la superficie in pianta servita, n il numero di ricambi orari, G la portata volumetrica d’aria [m3/s], AH e dH sono rispettivamente la sezione e il diametro del canale:

canali verticali 60

SndH = canali orrizzontali AH=0,2 G

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Dalla Tabella 11 è possibile infine ricavare in funzione della portata da trasportare e della velocità dell’aria, l’ingombro dei canali compreso l’isolamento.

Tabella 11. Diamensioni dei canali in funzione di portata e velocità dell’aria (Moncada 2000). Esempio.

N° 10 AULE UNIVERSITARIE per 200 persone. Indice di affollamento = 0,5 persone / m2 da Tabella 7. Stima superficie pianta: 200 persone / (0,5 persone/ m2 ) = 400 m2

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Carico termico unitario: 120 W/m2 da Tabella 10. Potenza caldaia per 10 aule: 400 m2 x 120 W/m2 x 10 = 480 kW Superficie C.T. = 2 x 480 = 44 m2 Carico frigorifero unitario: 180 W/m2 da Tabella 4. Potenza macchina frigorifera per 10 aule = 2 x 400 m2 x 180 W/m2 x 10 = 1440 kW Superficie occupata da M.F. raffreddata ad acqua = 35 m2 (formula)+accessori (50%) = 52 m2.

Caso 1 : IMPIANTO A TUTTA ARIA DI OGNI AULA

• Portata d’aria: 0,24 x 180 x 400 m2 = 17280 m3/h = 4,8 m3/s. • Dimensione canali principali, con velocità di 6 m/s: A = 4,8 m3/s / 6 m/s) = 0,8 m2,

con sezione tonda si ha DP = A / ,0 785 = 1,0 m + 2 x 3 cm (spessore isolante se necessario).

• Numero bocchette o anemostati: 35 da 500 m3/h. • Dimensione canali secondari nell’ipotesi di suddividere la mandata principale in N =

6 canali tondi con portata 17280 / 6 = 2880 m3/h (con 6 anemostati da 500 m3/h), il diametro di ciascun canale è DS = DP N = 41 cm + 2 x 3 cm (spessore isolante se necessario).

• Altezza MTA da catalogo, oppure dimensionata in base a velocità media nella sezione verticale pari a 2 m/s, ed con sezione rettangolare di forma H x 2H, area S = 2 x H2; essendo S = 4,8 m3/s / 2 m/s = 2,4 m2 si ottiene H = 2/S = 1,1 m.

• Lunghezza MTA: è funzione del numero dei trattamenti, in media è pari a 5 x H = 4 - 6 m.

• Superficie del locale MTA compresa area per la manutenzione = 35 m2 (grafico) oppure Larghezza = 0,6 +2 x 2H = 5 m; Lunghezza = 1.2 + 5H = 6,7 m

Caso 2 : IMPIANTO A VENTILCONVETTORI PIÙ ARIA PRIMARIA DI OGNI AULA

• Portata d’aria: 1,3 x portata di rinnovo (1,3 x 25 m3/h per persona x 200 persone = 6500 m3/h = 1,81 m3/s)

Dimensione canali principali, con velocità di wa = 6 m/s: A = 1,81 m3/s / 6 m/s = 0,30 m2, con sezione tonda si ha: DP = A / ,0 785 = 0,62 m + 2 x 3 cm (spessore isolante se necessario). • Dimensione canali secondari: suddividendo la mandata in N = 3 canali tondi con

portata 6500 / 3 = 2167 m3/h, il diametro di ciascuno è N x DS2 = DP

2 ovvero DS = 3620 /, = 0,36 cm + 2 x 3 cm (spessore isolante se necessario).

• Dimensioni bocchette: per ogni canale secondario si hanno 7 bocchette da 300 m3/h per bocchetta; con wa = 2 m/s si ottiene: Abocc = 300 / (3600 x 2) = 0,083 m2 = 830 cm2 = 22 cm x 40 cm.

Stima dello spazio necessario per i vani tecnici I dati che seguono sono stati ottenuti valutando in modo sistematico lo spazio occupato dalle canalizzazioni in alcuni progetti di edifici residenziali multipiano nei quali si è cercato di razionalizzare la collocazione delle stesse. Il dato può essere esteso, con cautela, alle destinazioni d'uso civili simili (uffici, scuole, ...). Considerando alloggi da 80 m2, su un edificio da 6 piani con tre-quattro alloggi per piano le asole tecniche hanno i seguenti valori medi: - per locale cucina: (canali di espulsione tramite cappe, scarichi)= 35 x 85= 0,3 m2; - per locale bagno: (colonne di scarico) = 35 x 35 = 0,12 m2;

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- per servizi generali (acqua calda fredda, elettricità, gas): 20 x 50 = 0,10 m2; - per canne fumarie di eventuale impianto autonomo: 35 x 70 = 0,24 m2. Negli edifici più complessi è necessaria una valutazione analitica della dimensione dei vani tecnici. In tal caso è necessario procedere come segue:

- si valuta il numero di tubi da alloggiare nel cavedio, in base ad uno schema di massima che comprenda i collegamenti tra tutte le macchine dell'impianto; caldaia, macchina frigorifera, UTA (possono essere molte), torre evaporativa.

- si valuta la portata dei diversi circuiti in base alla potenza da trasportare ed al salto di temperatura fissato (mediamente 15°C per i circuiti di riscaldamento e 5°C per quelli di raffreddamento);

- si valuta, da fig. 17 , il diametro delle tubazioni: linea azzurra per le tubazioni di acqua refrigerata, linee rossa oppure viola per le tubazioni calde a seconda che il vano tecnico attraversi una zona non riscaldata oppure una zona riscaldata;

- si valutano gli spazi per scarichi, condotti espulsione fumi da piccoli bar e luoghi di cottura come nel caso degli alloggi;

- si valutano i diametri delle tubazioni per acqua sanitaria ed antincendio; - si dispongono le tubazioni ed i canali in linea senza sovrapposizioni; - si incrementa la lunghezza del vano ottenuto del 30% per i servizi elettrici; - si aggiunge una larghezza utile > di 80 cm per l'accesso di una persona; - si racchiude il vano tecnico con una struttura REI 120; - si predispongono accessi ad ogni piano mediante porte REI 120. Una valutazione di massima degli ingombri dei cavedi in cui alloggiare i canali dell’aria può essere effettuata utilizzando la Tabella 12.

Figura 26. Diametro delle tubazioni [mm] in funzione della potenza trasportata.

0

50

100

150

200

250

0 200 400 600 800 1000 1200

potenza trasportata in kW

diametro caldo 100% diametro caldo 30% diametro freddo

40

Tabella 12. Sezione trasversale dei cavedi in funzione della Superficie Utile Lorda (Regolamento Edilizio Comune Torino).

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Stima dello spazio necessario per altre centrali C. Idrica con pompe e serbatoio autoclave: circa 50% della CT + serbatoio interrato di prima raccolta. Evitare di porre la C.I. in locali confinanti con zone destinate al riposo o studio o attività che richiedono un basso livello di rumore. C. Idrica Antincendio + pompe e serbatoio (interrato) per riserva antincendio: circa 50 % CT. Gruppo elettrogeno : 50% CT (Ubicazione, accesso, aerazione: come CT) Gruppo di continuità : 50% CT (Accesso dall’esterno o da disimpegno aerato. Aerazione come CT a gas.) Cabina elettrica (trasformatori + quadro generale): sup. pianta pari a circa P , con P = potenza elettrica in kW (es. per P=160 kW si ha 3 m x 4 m x H=2,5 m). L’aerazione può essere naturale o forzata con portata necessaria ad asportare il calore generato dal trasformatore, per potenze fino a 200 kW è sufficiente una superficie di 0,3 - 0,5 m2, in alto ed in basso. Accesso dall’esterno o da disimpegno aerato. Per una valutazione di massima della potenza elettrica nominale in edifici civili con apparecchi di illuminazione e normale dotazione di apparecchi per uso generale, usare dati di Tabella 10. Cabine ascensori: circa 25% dello spazio dato dalla formula per la CT usando la potenza della zona servita dal vano ascensori. Tabella 12. Velocità di efflusso massime per le bocchette di mandata dell'aria in base al livello sonoro ammissibile (m/s)

Tipo di applicazione

Portata (m3/h)

170 850 3400

Studi radiofonici 4,20 3,00 1,80

Sale da concerto 4,50 3,60 2,40

Teatri, scuole, sale da conferenze (50 persone) 5,30 4,50 3,30

Appartamenti, alberghi, camere da letto, sale per conferenze (20 persone), cinema, ospedali, chiese, tribunali, biblioteche

6,00 5,10 4,10

Piccoli uffici privati 7,20 5,90 5,00

Ristoranti 1 0,00 8,00 6,70

Palestre, sale per stenodattilografe 12,50 9,70 8,00

Industrie silenziose 8,50 7,00 5,70

Industrie rumorose 19,0 17,0 12,5

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Tabella 13. Scelta della velocità dell'aria (consigliata e massima) per impianti di condizionamento di tipo convenzionale.

N.B. 1) Tali velocità sono riferite all'area lorda frontale; le altre sono riferite all'area netta.

2) Solo per impianti a bassa, pressione.

Elemento

Velocità consigliata (m/s)

Edifici residenziali

Edifici pubblici Scuole Teatri

Edifici industriali

Presa aria esterna (1) 2,5 2,5 2,5

Bocca premente ventilatore 5 - 8 6,5 - 10 8 - 12 Canali principali (2) 3,5 - 4,5 5 - 6,5 6 - 9 Canali secondari (2) 3 3 - 4,5 4 - 5

Montanti secondari (2) 2,5 3 - 3,5 4

Velocità massima (m/s)

Presa aria esterna (1) 4 4,5 6 Bocca premente ventilatore 8,5 7,5 - 11 8,5 - 14 Canali principali (2) 4 - 6 5,5 - 8 6,5 - 11 Canali secondari (2) 3,5 - 5 4 - 6,5 5 - 9

Montanti secondari (2) 3,3 - 4 4 - 6 5 - 8