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www.dailynews.com THE WORLD’S FAVOURITE NEWSPAPER - Since 1879 in collaborazione con N.3 / gennaio 2015 – pag.1 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008 Le isole contese del Mar Cinese Meridionale Marco Cochi Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’IS Alessandro Ricci – pag.7 Schede Paese – L’agenzia spaziale francese Ilenia Bernardini – pag.12 Crediti – pag. 14 Rayan Inzana – Wall Street Journal, 2012 controllo delle rotte della terza area più trafficata al mondo per commercio marittimo e per l’enorme potenziale ittico. Inoltre, nel lontano 1968, l’al- lora ministero delle Risorse Geologiche e Minerarie cinese rivelò che questi gruppi di isole fossero molto più che un sem- plice ammasso di scogli e di rocce. Il Dicastero di Pechino stimò che il Mar Cinese Meri- dionale poteva contenere fino ad oltre diciassette miliardi di tonnellate di petrolio greggio e importanti risorse sfruttabili di gas naturale. Nel Mar Cinese Meridionale da decenni sono in corso dispute territoriali per la sovranità del- le isole Spratly e delle Paracel, due arcipelaghi quasi disabitati collocati sul decimo parallelo tra le coste del Vietnam e quelle delle Filippine. Le Spratly si estendono per oltre 425mila chilometri quadrati su un territorio fondamentalmente inospitale e la loro complessità riguarda non solo l’aspetto geografico e ambientale, ma anche quello politico. L’esteso tratto di mare riveste infatti un’importanza strategica per il

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in collaborazione con

N.3 / gennaio 2015 – pag.1 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Le isole contese del Mar Cinese Meridionale

Marco Cochi

Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’IS

Alessandro Ricci – pag.7

Schede Paese – L’agenziaspaziale francese

Ilenia Bernardini – pag.12

Crediti – pag. 14

Rayan Inzana – Wall Street Journal, 2012

controllo delle rotte della terzaarea più trafficata al mondoper commercio marittimo e perl’enorme potenziale ittico.

Inoltre, nel lontano 1968, l’al-lora ministero delle RisorseGeologiche e Minerarie cineserivelò che questi gruppi di isolefossero molto più che un sem-plice ammasso di scogli e dirocce. Il Dicastero di Pechinostimò che il Mar Cinese Meri-dionale poteva contenere finoad oltre diciassette miliardi ditonnellate di petrolio greggio eimportanti risorse sfruttabili digas naturale.

Nel Mar Cinese Meridionale dadecenni sono in corso disputeterritoriali per la sovranità del-le isole Spratly e delle Paracel,due arcipelaghi quasi disabitaticollocati sul decimo parallelo trale coste del Vietnam e quelledelle Filippine.

Le Spratly si estendono per oltre425mila chilometri quadrati suun territorio fondamentalmenteinospitale e la loro complessitàriguarda non solo l’aspettogeografico e ambientale, maanche quello politico. L’estesotratto di mare riveste infattiun’importanza strategica per il

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N.3 / gennaio 2015 – pag.2 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Le isole contese del Mar Cinese Meridionale

Marco Cochi

Decisamente più caute sono lestime di Wood Mackenzie. Se-condo la società di consulenzabritannica specializzata nel set-tore dell’energia, nel Mar CineseMeridionale sono presenti riser-ve per 2,5 miliardi di barili dipetrolio. Una piccola frazionedelle risorse potenziali stimate,nel novembre 2012, dalla ChinaNational Offshore Oil Corpora-tion (CNOOC), secondo cui

Mar Cinese Meridionale

perché le stime esistenti so-no contrastanti tra loro.

La U.S. Energy InformationAdministration (EIA), nelfebbraio 2013, le ha quanti-ficate in 11 miliardi di barili dipetrolio e 190 miliardi dimetri cubi di gas naturale.Mentre l’U.S. GeologicalSurvey reputa che nelle zoneancora inesplorate dell’este-so tratto di mare ci siano ri-sorse energetiche calcolabilialmeno tra i 5 e i 22 miliardidi barili di petrolio e tra i 70 ei 290 miliardi di metri cubi digas naturale.

Da allora, questo bacino èal centro di una disputainternazionale che coinvol-ge Malaysia, Brunei, TaiwanCina, Vietnam e Filippine.

Questi ultimi tre Paesi sonoquelli maggiormente coin-volti nella contesa e nel cor-so del tempo, si sono ripe-tutamente scontrati in unacompetizione senza esclu-sione di colpi per aggiudi-carsi i vasti giacimentioffshore di idrocarburi pre-senti nella zona, le cui ri-serve certe e probabili nonsono state finora accertate

tion (CNOOC), secondo cuil’area detiene circa 125 miliardidi barili di petrolio e 500 miliardidi metri cubi di gas naturale nonancora scoperti, anche se glistudi indipendenti non hannomai confermato queste cifre.

E’ però certo che l’analisi dellericchezze minerali delle areelimitrofe e le prime esplorazioniapprofondite effettuate dallaCNOOC, lasciano veramentepochi dubbi sulla grande quan-tità di riserve di petrolio e gasnaturali presenti nei fondali diquesto mare. Senza contareche da questa zona le Filippineestraggono il 15% del loro com-plessivo fabisogno di petrolio.

Non stupisce, quindi, come le mi-re espansionistiche dei Paesi li-mitrofi all’area si siano sempre

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N.3 / gennaio 2015 – pag.3 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Le isole contese del Mar Cinese Meridionale

Marco Cochi

più intensificate, in particolarmodo quelle della Cina, semprealla ricerca di nuovi giacimentiper placare la sua inestinguibilesete energetica.

La competizione finora ha vistoprevalere la Repubblica popo-lare cinese, che del resto èquella che avanza le maggioririvendicazioni in materia di con-fini marittimi nell’area, in quanto

Proteste vietnamite per l’occupazione cinese delle Paracel

di occuparne tre con la forza.

Per proteggere le postazionioceaniche, di cui tuttora man-tiene il controllo, Pechino in-viò alcune unità navali chenel corso di un pattugliamen-to intercettarono delle navivietnamite mentre stavanosbarcando truppe sugli atollicontesi. Dopo un breve scon-tro le costrinse a ritirarsi e af-fondò due navi da trasportodella marina militare vietna-mita, causando la morte disettanta uomini, mentre nes-suna perdita fu riportata daicinesi.

Un altro scontro rilevante siè registrato nel marzo 1988nella Johnson South ReefSkirmish, una serie di atolli,ora controllati dalla Cina marivendicati anche dal Viet-nam.

Prima di allora, erano inte-ramente disabitati, a seguitola Commissione oceanogra-fica intergovernativa dell’UNESCO aveva permessoa Pechino di stabilire deipunti di osservazione ocea-nici sui cinque atolli, ma ivietnamiti, preoccupati dallapresenza cinese, tentarono

fini marittimi nell’area, in quantooltre alla sovranità delle Spratlye delle Paracel, rivendica conaggressività anche il 90% dei3,5 milioni di chilometri quadratidel Mar Cinese Meridionale.

Le ambizioni del gigante asia-tico per il controllo dell’arcipe-lago hanno portato nel corsodegli anni a vari picchi di tensio-ne, in alcuni casi degenerati invere e proprie azioni armate.Uno dei confronti più significativinell’area si è verificato presso laSouthwest Cay, la sesta piùgrande isola delle Spratly,collocata nella parte settentrio-nale dell’arcipelago e controllatafino alla metà degli anni Settan-ta dal governo di Manila, quan-do i vietnamiti l’hanno invasa ene hanno preso il controllo sen-za causare vittime.

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N.3 / gennaio 2015 – pag.4 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Le isole contese del Mar Cinese Meridionale

Marco Cochi

si siano occupati atti-vamente dell’amministrazio-ne delle isole a partire dal17esimo secolo.

Le tensioni tra i due Paesi sisono più volte acuite a causadell’assertività cinese nelconsolidare il proprio con-trollo sull’arcipelago. Comeaccaduto nel marzo 2010,quando Pechino annunciò un

e vasti giacimenti inesplo-rati. Il possesso di quest’arcipelago è all’origine diuna tensione mai sopita traHanoi e Pechino, che dal1974 oc-cupa l’atollo situatoa soli 240 chilometri al largodelle coste del Vietnam.

Un dossier particolarmentespinoso che costituisce iltema più delicato nelle rela-

Tali confronti militari avvenutinella zona, insieme ad altri innu-imerevoli contenziosi di minorportata, hanno spinto gli Statiinteressati a cercare un accor-do. Nel 1995, si è arrivati allafirma di un trattato fra l’Asean,l’Associazione delle nazioni dell’Asia sud-orientale, e la Cina.L’intesa vietava la costruzione diedifici e manovre militari nell’area. Ciononostante, in breve

Guardiacostiera cinese delle Paracel allontana un’imbarcazione vietnamita

quando Pechino annunciò unpiano di sviluppo del turismonelle isole Paracel. La rea-zione da parte vietnamita fuimmediata e prevedibile, maper la prima volta il governodi Hanoi agì dietro le quinte

tema più delicato nelle rela-zioni i due governi. E trovatutti i vietnamiti d’accordonel rivendicare i propri dirittiterritoriali sulla base di alcu-ni documenti nei quali siattesterebbe come gli stessi

area. Ciononostante, in brevetempo, è apparso chiaro comequest’accordo, vago e non vin-colante, fosse destinato alfallimento, in seguito materializ-zatosi con violazioni da parte diMalesia e Cina.

Le ultime delle quali, nel feb-braio 2014, sono culminate nelladecisione di Pechino di dareinizio alla costruzione di isoleartificiali nei pressi del FieryCross Reef sulle Spratly, conl’obiettivo di stabilirsi in modofisso con una serie di instal-lazioni militari e civili, che con-sentirebbero alla potenza asia-tica di legittimare ed esercitarela propria sovranità nella zona.

Lo schema delle Paracel è ilmedesimo delle confinanti Spra-tly: rocce, scogliere inospitali

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N.3 / gennaio 2015 – pag.5 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Le isole contese del Mar Cinese Meridionale

Marco Cochi

a muoversi più in profonditànelle acque della politicaasiatica, dando seguito aun’inedita strategia.

Forse non è un caso

se il governo della

Repubblica popolare

abbia posizionato la

HD 981 a largo delle

isole contese solo due

settimane dopo il tour

asiatico del presidente

nel tentativo di risolvere lacontesa territoriale con unnuovo approccio. Secondoun rituale consolidato, ilministro degli Esteri denun-ciò la mossa cinese, ben-che al contempo cominciò

va per incrementare il po-tere contrattuale dei piccoliPaesi confinanti nei con-fronti del gigante asiatico.Anche se per le nazioni delSud-est asiatico non è im-presa facile controbilancia-re l’espansionismo commer-ciale e marittimo cinese.

Nella sua ascesa incontrol-labile, Pechino non ha mai

Marina militare filippina nel Mar Cinese

un’inedita strategia.

Consapevole del fatto chel’impari disputa diplomaticacon Pechino avrebbe resovano qualsiasi tentativo dicontrat-tazione bilaterale, ilVietnam trascinò la Cina inuna trattativa multilaterale,facendo sedere l’antagonistaattorno ad un tavolo con isuoi vicini asiatici facentiparte dell’ Asean. Un’iniziati-

asiatico del presidente

americano Barack

Obama volto al

consolidamento del

cosiddetto “Asia pivot”

labile, Pechino non ha maicessato di perseguire l’obi-ettivo di espandere e raf-forzare il proprio controllosull’arcipelago, come dimo-strano le attività di perfora-zione intraprese lo scorsomaggio dalla piattaformapetrolifera HD 981 di pro-prietà della CNOOC, an-corata in prossimità delleParacel.

La strategia di contenimentomilitare ed economico della Ci-na in Estremo Oriente, ufficial-mente formalizzata da Obamanel corso del 2011 e ripresadall’ allora Segretario di StatoHillary Clinton, in un famosoarticolo dal titolo America’sPacific Century, apparso nelnovembre dello stesso anno su“Foreign Policy”. L’intrapren-denza cinese questa volta hascatenato la reazione di Hanoi,che dopo aver chiesto di ritira-

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N.3 / gennaio 2015 – pag.6 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Le isole contese del Mar Cinese Meridionale

Marco Cochi

si sono rivolte alle NazioniUnite per risolvere mediantearbitrato le controversie con laCina. Tuttavia, Pechino po-trebbe rifiutarsi di partecipareal procedimento, come ha giàfatto con Manila.

In quest’ultimo caso, Hanoiavrebbe due opzioni: accettarele rivendicazioni territorialidell’ex Celeste Impero oppure

re la piattaforma ha compiutonumerose azioni di disturbocontro la struttura (secondoPechino 1.416). Mentre la fu-ria nazionalista ha percorsogran parte del Vietnam, dovenella provincia meridionale diBinh Duong i manifestantihanno attaccato aziende ecittadini cinesi o di Paesiconsiderati vicini a Pechino,

della zona economica esclu-siva (Zee), sia gli accordi fra idue Paesi volti alla risoluzionedelle controversie marittime.Gli atti deliberati della Cina,secondo i leader vietnamiti,costituiscono fonte di tensionee complicano la situazione,mettendo in pericolo la pace ela stabilità della regione.

Nei termini della questione dell’ex Celeste Impero oppuremostrare maggiore aggressi-vità nelle acque contese, in-crementando la possibilità dinuove schermaglie. E consi-derati anche gli ultimi prece-denti, la seconda alternativanon è da escludere.

Marco Cochi è Country Analist del

think tank "Nodo di Gordio"

Leggi anche:

Le profonde acque del Mar Cinese Meridionale – Luigi De

Martino

La soggettività dello spazio internazionale – Luca Di

Giandomenico

considerati vicini a Pechino,con un bilancio di parecchimorti.

Nei contrasti scaturiti daquest’ultima crisi, rientraanche l’affondamento di unpeschereccio vietnamita peropera di una nave cinese asorveglianza della piattafor-ma, annunciato lo scorso 26maggio dal governo di Hanoi.E all’annuncio ha fatto seguitoun video dello speronamentofatale all’imbarcazione, in cuiviene mostrato che lepattuglie cinesi si sono serviteanche di cannoni ad acquaper allontanare i vietnamiti.

Per Hanoi, le mire di Pechinoviolano sia la convenzioneOnu sul diritto del mare del1982, per l’individuazione

Nei termini della questionenon possiamo però dimentic-are che la Cina è il più grandepartner commerciale del Viet-nam, come confermano leultime stime dello Ies AbroadKunming Center della YunnanUniversity, secondo le quali,nel 2013, l’interscambio com-merciale tra i due Paesi hasuperato i 50 miliardi di doll-ari, mentre nel 2015 dovrebberaggiungere i 60 miliardi dellastessa divisa.

Per questa ragione, risolverela disputa attraverso il dialogoè nell’interesse di entrambi. Ese i due Paesi non riuscisseroa trovare una soluzione bila-terale, il Vietnam potrebbesempre seguire l’esempio del-le Filippine, che recentemente

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N.3 / gennaio 2015 – pag.7 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’ISIS

Alessandro Ricci

Slitata armata dei militanti ISIS in Siria

sul quale uno Stato deve agi-re. Secondo, la Cossigaavanzava la possibilità di in-tavolare un dialogo da parteoccidentale, tenendo contodei precedenti terroristici diIra ed Eta.

Partiamo dalla prima consi-derazione: le categorie poli-tico-geografiche scelte dall’Isappaiono sideralmente dis-tanti – fino ad essere con-fliggenti – da quelle occi-dentali. Il concetto di umma,così come proposto dellefrange estremistiche islami-che, non può infatti concepi-

Un articolo di Anna MariaCossiga ha suscitato, oltreche molte polemiche relativealla proposta di intavolare undialogo con i vertici dell’Is,qualche riflessione sulla pos-sibile applicazione di tale in-certezza. L’autrice metteva inrilievo due elementi.

Primo, la vaghezza del con-cetto statuale così come in-terpretato dalla cultura isla-mica, che radicalmente diffe-risce dalla concezione occi-dentale – più propriamenteeuropea – che invece vuoleuna definizione più o meno

Osservate la carta delle terresotto il controllo del califfato: sitratta di uno scenario geogra-fico-politico in profondo muta-mento, dove le vicende bellichepiù o meno giornaliere configu-rano una situazione di instabilitàendemica.

Siamo di fronte a una geografiadell’incertezza, riferita soprattut-to ai confini statuali. Si assiste auna progressiva ridefinizionedella sovranità territoriale di Iraqe Siria, almeno fino a quando loStato Islamico (Is) continuerà acontrollare de facto le zone con-quistate.

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N.3 / gennaio 2015 – pag.8 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’ISIS

Alessandro Ricci

re l’idea di una limitatezza terri-toriale della sovranità politico-religiosa. È in ballo un jihad, unaguerra che non ammette limi-tazioni spaziali e che conce-pisce il nemico in termini moralie religiosi, non territoriali. Anchele dichiarazioni sulla conquistadi Roma e sul colpire l’Occi-dente appaiono assai indicativedi questo tipo di proiezioneglobale.

Area d’azione dell’IS – Fonte: Institute for the Study of War

ziali a categorie religiose, sur-classando l’idea stessa disuddivisione geografica.

La naturale tendenza all’es-pansionismo del califfato –che vuole essere espres-sione politica di un ricongiun-gimento con la dinastia diMuhammad – il suo agire perordini universali, la sua pro-pensione all’ecumenismo eall’universalità contribuisconoa generare incertezza suiconfini. L’azione dell’IS pro-voca una geografia dell’incer-tezza, in quanto scardina lecategoria geografico-politiche

delimitazione statale e laben più evanescente ideaproposta dall’Is. Si tratta diuna deriva di quell’idealesecondo il quale «più loStato si espande, più ci siavvicina alla perfetta esecu-zione del volere divino. Co-lui che lavora a tale realiz-zazione si trova nella veracondizione di Islâm, cioè diattiva sottomissione a Dio»(Scarcia Amoretti, 2001, p.16).

L’ordine islamico perseguitodal jihad volge lo sguardo,più che a delimitazioni spa-

globale.

Tale visione è perfettamentechiarita dall’impostazione poli-tico-religiosa islamica, che vuolela costituzione di uno Stato fon-dato sulla religione che realizzil’ideale di una comunità mon-diale. Ciò porta gli stessi mu-sulmani all’impegno personalenel realizzare questo tipo diprogetto che si inserisce in undisegno divino più ampio.

Politica e religione, in altre paro-le, si integrano a vicenda. Èquesto che, secondo l’orienta-lista Biancamaria Scarcia Amo-retti, distingue la civiltà musul-mana dalle altre. La possibilitàdi tale commistione è crucialeper comprendere la geografiadell’incertezza creata dal contra-sto tra la visione occidentale della

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N.3 / gennaio 2015 – pag.9 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’ISIS

Alessandro Ricci

la concezione

europea, abbiano spessopiù formalmente che so-stanzialmente le medesimecaratteristiche». In tale dis-tinzione geografico-politicariside una differenza d’ap-proccio che appare presso-

bo terracqueo è invece dicruciale e primaria impor-tanza.

La radice dello Stato Isla-mico, che si potrebbe farcoincidere sinteticamentecon il concetto di daw-la (nozione assai com-plessa che riassume in séle idee di “turno”, “periodo”e dunque di “dinastia”,

occidentali con le quali si eracercato di stabilire un ordine, eal contempo contribuisce aperseguire un ordine diverso,quello islamico. Come rimarcaPeter Mandaville in Global Po-litical Islam riportando quantogià affermato da Sayyid Qutb

Convoglio di militanti dell’IS in Iraq

ché incolmabile soprattuttoladdove una parte consi-dera l’altra come il nemicoda sconfiggere per lo sta-bilimento di un ordine di na-tura religiosa e universale.

Qui interviene un ulteriorefattore di instabilità, legatoancora al concetto di jihad:se infatti quest’ultimo ècontemplato come neces-sario nei termini di unadifesa, bisogna compren-dere cosa viene concepitocome minaccia e cosa no.Se la sola esistenza dell’Oc-

.

la concezione

territoriale dell’Islâm è

soltanto il frutto della

modernità. In realtà

essa – più che alla

geografia – è

intimamente legata

all’idea di una difesa

della propria fede: il

suolo e il territorio non

sono affatto considerati

e dunque di “dinastia”,quindi sostanzialmente co-incidente con lo Stato is-lamico o con il “governo”) èprofondamente differenteda quella occidentale, poi-ché si basa su principi di-nastici più che su un’idea diterritorio definito. Il tentativodi applicare la categoria eu-ropea di Stato agli assettiinterni all’Islâm, che vedonoil proprio nucleo essenzialenel clan, è un errore daevitare.

Sostiene ancora ScarciaAmoretti che «lo Stato cosìcome inteso in Occidentenon sia solo esperienza po-co congrua con la tradizioneislamica, ma che gli Statimusulmani contemporanei,pur ricalcati sulla falsariga

Il territorio non ha alcun peso.Secondo l’impostazione mo-derna dello Stato nazionaleconcepita in Europa all’avviodella modernità, l’identificabilitàdi una cultura nazionale conuna determinata porzionedi glo-

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Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’ISIS

Alessandro Ricci

per il mondo occidentale. Seinfatti fino a qualche anno fa leespressioni politico-religiose in-terne all’Islam, anche più radi-cali, agivano in contesti ristrettinel tentativo di instaurare –ognuno secondo la propriavisione – uno Stato islamico, ese le propensioni globali «fino araggiungere “i confini della terra”[…] sul piano della prassipolitica» non avevano trovato

Mappa propagandistica dell’IS

mene islamica, che è un’ideaconcettuale e geografica altempo stesso «quando esisteun califfato che si postulaunico» (Scarcia Amoretti),sebbene questa – unita all’idea di jihad – porta a var-care il fattore geograficostesso, data la sua propen-sione imperialistica.

In tale tipo di impostazione enella mancanza di unastruttura clericale centripe-ta capace di esprimere uni-vocamente una visione d’in-sieme del mondo islamico,risiede un ulteriore problema

Se la sola esistenza dell’Occidente, per l’Is, è sinoni-mo di minaccia e necessital’intervento del jihad, si ren-de incerto anche il confinetra difesa strategica e as-salto di conquista.

In tale quadro fideistico,laddove l’ Occidente si con-trappone – nella visione es-tremistica – allo stile di vitaislamico, l’Is si ritiene legit-timato a e in dovere di com-battere e avanzare militar-mente. Non si tratta, sempli-cemente, di una dâr al-Is-lâm, vale a dire di un’ecume-

politica» non avevano trovatoriscontro (Scarcia Amoretti),oggi la questione appare assaipiù seria. Si apre qui il secondonodo problematico, relativo aldialogo con l’Is.

I casi dell’Eta e dell’Ira, citati daAnna Maria Cossiga, avevanouna propria ragion d’esseresulla base di una rivendicazioneterritoriale corroborata da ragio-ni etniche e culturali.

Quello dell’Is ha invece unamatrice radicalmente differente,legata a una guerra senzafrontiere tale da rendere di fattoimpossibile il dialogo. I gruppiterroristici europei adottavanomisure estreme di uso dellaviolenza per dar voce elegittimità a richieste di naturapolitico-geografica che non sa-

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Geografia dell’incertezza e dialogo impossibile con l’ISIS

Alessandro Ricci

per avanzare, per sostentarsie per trarre profitto dallerisorse che offre. Si tratta, inaltre parole, di un’avanzatadettata dalla guerra control’Occidente infedele, che portaa un progressivo allontana-mento e ridisegno dei confini.

Ecco perché determina uncontesto di incertezza geogra-fica: perché non considera i

rebbero state considerate conmezzi pacifici.

L’Is oggi utilizza mezziterroristici non per conquistareuna porzione di territorio maper portare avanti un ji-had che non ammette con-fini. Nella sua concezione nonsono importanti le suddivisionistatali né le distinzioni na-zionali, tantomeno la con-

giona ragiona in terminiassoluti, globali e religioso-morali, dall’altra in terminigeografico-politici. Questo dis-livello categoriale sembra ren-dere oggi impraticabile la viadella mediazione e il con-fronto con Ira ed Eta assailontano.

Questo comporta il dominiodell’incertezza dal punto di fica: perché non considera i

riferimenti culturali e geograficicon cui l’Occidente è solitoragionare, ma li scardina e limette in seria discussione.

Sotto ai nostri occhi si staconsumando una progressivaperdita di territorialità. Lageografia dell’incertezza chesta riguardando territoridell’Iraq e della Siria sembragenerata proprio dall’utilizzo dicategorie politico-militaridistanti anni luce da quelle cuisiamo soliti riferirci.

Forse da ciò bisogneràridefinire le mappe regionali.Nella speranza si possagiungere al più presto a uncontenimento di quest’incer-tezza geografica.

zionali, tantomeno la con-quista del territorio in quantotale, ma la guerra contro l’in-fedele, la quale non ha limitigeografici.

L’impossibilità di avviare undialogo tra le parti derivaproprio dal tentativo delcaliffato di agire universal-mente e di surclassare lesuddivisioni che lo stesso Oc-cidente ha contribuito a de-finire nel corso del tempo e arendere instabili, come le re-centi operazioni in Iraq hannodrammaticamente manifesta-to.

Il dialogo non sembra possibi-le perché manca l’oggetto delcontendere e di una possibiletrattativa: da una parte si ra-

dell’incertezza dal punto divista geografico e conduce aulteriori, conclusive, conside-razioni. È possibile definire ilcaliffato come uno Stato,come noi lo intenderemmo?La risposta sembrerebbe es-sere negativa per due ragioni:sia perché la comunità in-ternazionale non lo ha rico-nosciuto come tale, comerichiederebbe il diritto interna-zionale; sia perché l’Is stessonon ammette una delimita-zione propriamente statuale.Non a caso si utilizza sempremeno il suffisso “is”, che stavaper Iraq e Siria (o al-Sham).

Per lo Stato Islamico il territo-rio è solo un mezzo e non unfine geopolitico. Se non serve

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N.3 / gennaio 2015 – pag.12 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Schede Paese – L’agenzia spaziale francese

Ilenia Bernardini

Il programma spaziale france-se nacque nei anni ’60 sottol’impulso del Generale de

se posto sotto la super-visione del Ministro delladifesa e della ricerca. L’Agen-

Il CSG (Centre Spa-tialGuyanais) è infatti, già dal1973, il porto spaziale

Stato: Francia

Agenzia: CNES (Centre National d’Etudes Spatiales)

Fondazione: 1961

Presidente: Jean-Yve Le Gall

l’impulso del Generale deGaulle, periodo in cui laFrancia si dotò anche di unCentro nazionale di studispaziali (CNES) e decise disviluppare il programma dilancio del missile Diamant.

Il successo di questo progra-mma permise alla Francia didivenire, nel 1965, il terzopaese, dopo l’Unione Sovie-tica e gli Stati-Uniti, in gradodi inviare, in piena autonomia,un satellite nello spazio.Istituzione pubblica a carat-tere industriale e commer-ciale (EPIC), il CNES è statocreato nel 1961 dallaPresidenza De Gaulle. Sistabilì che il Centro, conquartier generale a Parigi, fos-

difesa e della ricerca. L’Agen-zia operava (e opera) anchein altre tre basi: Evry, Tolosae Kourou, quest’ultima situatanella Guyana Francese, sededel principale centro di lancioeuropeo di missili spaziali(sebbene il CNES lanci carichiutili anche da altri spazio-porti).

La località di Kourou vennescelta – dopo la perditadell’Algeria dove si eracostruito il sito missilistico diHammaguir - grazie alla suavicinanza con l'equatore checonsente di effettuare lanci incondizioni ideali e rende ilcentro una delle miglioripiattaforme di lancio almondo.

1973, il porto spazialed’Europa. La partecipazionedella Franca all’Agenzia Spa-ziale Europea (ESA), di cui laFrancia, nel 1973, è stato tra iPaesi fondatori, è assicuratadal CNES che è responsabileanche per la preparazionedegli astronauti francesi, tracui l’ultimo trasferito all’ESA èstato nel 2001.

Incaricato di proporre algoverno le linee guida dipolitica spaziale francese inseno all’Europa e di metterlein atto, il CNES si occupa deisistemi spaziali del futuro,gestisce l’insieme dei tecnicispaziali e garantisce allaFrancia un accesso spazialeautonomo. Attore di grande ri-

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N.3 / gennaio 2015 – pag.13 aut. trib. di Roma n.88 – 6 marzo 2008

Schede Paese – L’agenzia spaziale francese

Ilenia Bernardini

Fallito il tentativo, suproposta francese, di mes-sa in opera di un sistemacomune di difesa europeo,molti satelliti di uso militaresono sviluppati a livellonazionale o in cooperazionecon uno o due altri paesi. LaFrancia ha infine programmispaziali in corso con StatiUniti, Cina e Russia.

base di lancio francese lacui importanza è cresciutaesponenzialmente nel corsodegli anni, soprattutto con lanascita dell’ESA che chafortemente contribuito alsuo sviluppo, finanziando lamaggior parte dei lavori disistemazione e di ingrandi-mento che hanno permessodi accogliere a partire dal1979 il razzo Arianna, e

lievo dell’Europa spaziale, ilCNES parteciperà il 22 nov-embre 2013 al lancio dei 3satelliti ESA (Missione SWARM)che saranno messi in orbita dalcosmodromo russo di Plesset-sk. I tre satelliti avranno il com-pito di raccogliere informazionicruciali sul campo magneticoterrestre grazie alla tecnologiasviluppata, in parte, dal CNES ei suoi partners.

Centro nazionale di studi spaziali di Tolosa

1979 il razzo Arianna, esuccessivamente, i razziVega e Soyouz.

i suoi partners.

I principali programmi a cui laFrancia partecipa all’interno delquadro europeo riguardano leevoluzioni del razzo Arianna 5,la partecipazione alla Stazionespaziale internazionale (cargoATV), molti satelliti d’osser-vazione terrestre e la messa inopera del sistema Galileo.

Non poteva poi mancare la suaedesione ai programmi “Hori-zon”: nel 2009 nel quadrodell’Horizon 2000 i telescopiHershel e Planck Surveyor so-no stati lanciati su un razzoArianna 5 e nel 2013 Hersel haormai terminato la riserva dielio e quindi la sua missione; laFrancia partecipa ovviamenteanche ad Horizon 2020. Ilprogramma CSG riguarda la

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Crediti

La Redazione di Domino

Andrea Carteny

Piero De Luca

Maurizio Gentile

Luca Marini

Gabriele Natalizia

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