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24 Ottobre 2003 “Prevenendo” Trimestrale di Medicina Preventiva redatto a cura del Dipartimento di Prevenzione ASL RmB Viale Battista Bardanzellu, 8 - 00155 Roma tel. 0641434906 fax 0641434957 e-mail: [email protected] Proprietà Azienda Unità Sanitaria Locale Roma B Direttore responsabile Fabrizio Ciaralli Redazione Maria Giuseppina Bosco, Matteo Ciavarella, Gaetano Di Pasquale, Angela Marchetti, Pierangela Napoli, Sergio Rovetta, Pietro Russo, Barbara Troiani, Massimo Valenti, Romano Zilli Hanno collaborato a questo numero Simona Avenali, Antonella Comini, Paolo Fasiolo, Luca Fersini, Elisabetta Franco, Rossella Gandini, Monica Marzano, Felice Occhigrossi, Valentina Rebella, Margherita Silvestri, Maria Cristina Torcè, Salvatore Tripodi Anno II numero 3 Autorizzazione Tribunale di Roma del 20/12/2001 n.573 chiuso in redazione il 30/09/03 stampato in proprio • Polmonite comunitaria • Pet therapy o terapia assistita dagli animali: Animali co-terapeuti al servizio del medico • La prevenzione dell’ambliopia • Nuove prospettive di immunoprofilassi contro la Bordetella Pertussis • Consensi e controversie nella dermatite atopica • I principali danni da ingestione di funghi tossici • Flash dalla letteratura internazionale In questo numer o: Polmonite comunitaria Ottobre 2003 • Vol.3 - fasc.2 ISSN 1722-0831 a polmonite è un processo infiammatorio acuto o sub- acuto del parenchima pol- monare che interessa gli spazi alveolari e il tessuto interstiziale causata principalmente da agenti infettivi.L’interessamento può es- sere di un intero lobo (polmonite lobare), di un segmento di un lobo (polmonite segmentale o lobulare), di alveoli conti- gui a bronchi (broncopolmonite) o del tessuto interstiziale (polmonite intersti- ziale). Data la diversità dei patogeni in causa, una classificazione fatta in base all’agen- te eziologico è di scarso valore pratico, quindi vengono suddivise comunemente in: A) polmoniti comunitarie; B) polmoniti nosocomiali; C) polmoniti nei soggetti im- munodepressi. Tale differenziazione è giustificata da numerose informazioni sulla prevalenza della flora batterica in questi diversi quadri di affezioni respira- torie. La loro conoscenza è, pertanto, di grande ausilio nella scelta del farmaco chemioantibiotico in assenza di dati mi- crobiologici. Polmonite comunitaria (PC), dall’inglese “community acquired pneumonia”, indi- ca tutte quelle polmoniti acquisite a domi- cilio, durante la vita comune di tutti i gior- ni, da persone non istituzionalizzate e ri- sulta una delle principali cause di morbo- sità e mortalità: rappresenta la sesta cau- sa di morte e circa un milione di pazienti contraggono la polmonite ogni anno. La conoscenza sempre più approfondita delle malattie infettive polmonari unita al- lo sviluppo di nuove terapie antibiotiche hanno aumentato notevolmente la capa- cità di trattare efficacemente questa pa- tologia. L 1 Felice Occhigrossi – Ospedale “San Giacomo” Monica Marzano – Ospedale “Sandro Pertini” Tab.1 “Principali organismi responsabili di polmonite” ORGANISMO RESPONSABILE FREQUENZA % BATTERI Streptococcus pneumoniae 15-60 Haemophilus influenzae 3-10 Moraxella catarralis 1-2 Stphilococcus aureus 3-5 Batteri Gram negativi 3-10 AGENTI ATIPICI Mycoplasma pneumoniae 1-30 Clamydia pneumoniae 5-30 Legionella 2-8 VIRUS 2-15 POLMONITE DA INALAZIONE 6-10 NESSUNA DIAGNOSI 30-60 Trattamento iniziale della porpora trombocitopenica immune N Engl J Med. 2003 Aug 28; 349 (9): 831-6. Initial treatment of immune thrombocytopenic purpua with high dose dexamethasone. Cheng Y, Wong RS, Soo YO, Chui CH, Lau FY, Chan NP, Wong WS, Cheng G. Department of Medicine and Therapeutics, Chinese University of Hong Kong, Shatin NT, Hong Kong. Il ruolo del desametasone ad alte dosi nel trattamento della porpora trombo- citopenica immune nell’adulto è controverso.Questo studio ha provato l’effi- cacia di questa terapia nel trattamento iniziale degli adulti con tale patologia. Lo studio è stato svolto dal Gennaio 1997 al Dicembre 2000 arruolando 157 pazienti di cui 125 sono risultati eleggibili (presentando o una patologia ap- pena diagnosticata con un numero di piastrine minore di 20.000/mm3 o un numero di piastrine minore di 50.000/mm3 con sanguinamento significati- vo).Tali pazienti sono stati trattati con 40 mg/die di desametasone orale per 4 giorni consecutivi.L’85% ha avuto una risposta iniziale buona (aumento di 20.000 piastrine/mm3 al terzo giorno di trattamento, ed una conta piastrinica dopo una settimana di 101.400±53.200). Di questi la metà ha avuto una ri- sposta sostenuta (conta piastrinica maggiore di 50.000/mm3 sei mesi dopo il trattamento iniziale), l’altra metà ha avuto una ricaduta dopo i primi tre me- si. Il ciclo di terapia con desametasone ad alte dosi è risultato così efficace come terapia iniziale negli adulti con porpora trombocitopenica immune Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma: Biblioteca del CNR – Facoltà di Medicina e Chirurgia A.Gemelli – Biblioteca Medica Statale – ISS – Ospedale Forlanini – Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica Università La Sapienza –INRAN – Ministero della Salute - Biblioteca Area Bio-Medica “P.Fasella”Università Tor Vergata – Istituto Italiano di Medicina Sociale – Campus Biomedico. Reflusso gastroesofageo e fibrosi polmonare idiopatica Am J Med. 2003 Aug 18; 115 Suppl 3A: 60S-64S The role of gastroesophageal reflux in idiopatic pulmonary fibrosis. Raghu G. University of Washington Medical Center, Seattle 98195-6522, USA. Focolai fibroblastici, tesi a riparare un danno alveolare, sono indicativi di fi- brosi polmonare idiopatica. Sebbene l’origine della sindrome sia scono- sciuta, esistono evidenze cliniche che l’acido gastrico possa essere uno de- gli agenti causali. Studi su modelli animali hanno avvalorato tale ipotesi. Inoltre dati clinici evidenziano che un’alta percentuale di pazienti con fibro- si polmonare idiopatica presenta i sintomi riconducibili all’esposizione eso- fagea all’acido gastrico, senza comunque riferire i classici sintomi del re- flusso gastroesofageo (GERD). Ulteriori studi di pazienti in terapia per Re- flusso Gastroesofageo e la valutazione degli effetti di tale terapia sulla pa- tologia polmonare determineranno la reale correlazione tra esposizione esofagea all’acido gastrico e sviluppo della fibrosi polmonare idiopatica. Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma: Biblioteca del CNR – Facoltà di Medicina e Chirurgia A. Gemelli – Bi- blioteca Medica Statale – ISS.

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Ottobre 2003

“Prevenendo”Trimestrale di Medicina Preventiva

redatto a cura del

Dipartimento di Prevenzione ASL RmB

Viale Battista Bardanzellu, 8 -

00155 Roma

tel. 0641434906

fax 0641434957

e-mail: [email protected]

Proprietà

Azienda Unità Sanitaria Locale Roma B

Direttore responsabile

Fabrizio Ciaralli

Redazione

Maria Giuseppina Bosco,

Matteo Ciavarella, Gaetano Di Pasquale,

Angela Marchetti, Pierangela Napoli,

Sergio Rovetta, Pietro Russo,

Barbara Troiani, Massimo Valenti,

Romano Zilli

Hanno collaborato a questo numero

Simona Avenali, Antonella Comini,

Paolo Fasiolo, Luca Fersini,

Elisabetta Franco, Rossella Gandini,

Monica Marzano, Felice Occhigrossi,

Valentina Rebella, Margherita Silvestri,

Maria Cristina Torcè, Salvatore Tripodi

Anno II numero 3

Autorizzazione Tribunale di Roma

del 20/12/2001 n.573

chiuso in redazione il 30/09/03

stampato in proprio

• Polmonite comunitaria

• Pet therapy o terapia assistita dagli animali:Animali co-terapeuti

al servizio del medico

• La prevenzione dell’ambliopia

• Nuove prospettive di immunoprofilassi contro la Bordetella

Pertussis

• Consensi e controversie

nella dermatite atopica

• I principali danni da ingestione di funghi

tossici

• Flash dalla letteraturainternazionale

In questonumero:

Polmonite comunitaria

Ottobre 2003 • Vol.3 - fasc.2ISSN 1722-0831

a polmonite è un processoinfiammatorio acuto o sub-acuto del parenchima pol-monare che interessa glispazi alveolari e il tessuto

interstiziale causata principalmente daagenti infettivi. L’interessamento può es-sere di un intero lobo (polmonite lobare),di un segmento di un lobo (polmonitesegmentale o lobulare), di alveoli conti-gui a bronchi (broncopolmonite) o deltessuto interstiziale (polmonite intersti-ziale).Data la diversità dei patogeni in causa,una classificazione fatta in base all’agen-te eziologico è di scarso valore pratico,quindi vengono suddivise comunementein: A) polmoniti comunitarie; B) polmonitinosocomiali;C) polmoniti nei soggetti im-munodepressi. Tale differenziazione ègiustificata da numerose informazioni

sulla prevalenza della flora batterica inquesti diversi quadri di affezioni respira-torie. La loro conoscenza è, pertanto, digrande ausilio nella scelta del farmacochemioantibiotico in assenza di dati mi-crobiologici.Polmonite comunitaria (PC), dall’inglese“community acquired pneumonia”, indi-ca tutte quelle polmoniti acquisite a domi-cilio, durante la vita comune di tutti i gior-ni, da persone non istituzionalizzate e ri-sulta una delle principali cause di morbo-sità e mortalità:rappresenta la sesta cau-sa di morte e circa un milione di pazienticontraggono la polmonite ogni anno. Laconoscenza sempre più approfonditadelle malattie infettive polmonari unita al-lo sviluppo di nuove terapie antibiotichehanno aumentato notevolmente la capa-cità di trattare efficacemente questa pa-tologia.

L

1

Felice Occhigrossi – Ospedale “San Giacomo”Monica Marzano – Ospedale “Sandro Pertini”

Tab.1 “Principali organismi responsabili di polmonite”

ORGANISMO RESPONSABILE FREQUENZA %

BATTERI

Streptococcus pneumoniae 15-60

Haemophilus influenzae 3-10

Moraxella catarralis 1-2

Stphilococcus aureus 3-5

Batteri Gram negativi 3-10

AGENTI ATIPICI

Mycoplasma pneumoniae 1-30

Clamydia pneumoniae 5-30

Legionella 2-8

VIRUS 2-15

POLMONITE DA INALAZIONE 6-10

NESSUNA DIAGNOSI 30-60

Trattamento iniziale della porpora trombocitopenica immuneN Engl J Med. 2003 Aug 28; 349 (9): 831-6.Initial treatment of immune thrombocytopenic purpua with high dose dexamethasone.Cheng Y, Wong RS, Soo YO, Chui CH, Lau FY, Chan NP, Wong WS,Cheng G.Department of Medicine and Therapeutics, Chinese University of HongKong, Shatin NT, Hong Kong.Il ruolo del desametasone ad alte dosi nel trattamento della porpora trombo-citopenica immune nell’adulto è controverso.Questo studio ha provato l’effi-cacia di questa terapia nel trattamento iniziale degli adulti con tale patologia.Lo studio è stato svolto dal Gennaio 1997 al Dicembre 2000 arruolando 157pazienti di cui 125 sono risultati eleggibili (presentando o una patologia ap-pena diagnosticata con un numero di piastrine minore di 20.000/mm3 o unnumero di piastrine minore di 50.000/mm3 con sanguinamento significati-vo).Tali pazienti sono stati trattati con 40 mg/die di desametasone orale per4 giorni consecutivi. L’85% ha avuto una risposta iniziale buona (aumento di20.000 piastrine/mm3 al terzo giorno di trattamento, ed una conta piastrinicadopo una settimana di 101.400±53.200). Di questi la metà ha avuto una ri-sposta sostenuta (conta piastrinica maggiore di 50.000/mm3 sei mesi dopoil trattamento iniziale), l’altra metà ha avuto una ricaduta dopo i primi tre me-si. Il ciclo di terapia con desametasone ad alte dosi è risultato così efficacecome terapia iniziale negli adulti con porpora trombocitopenica immune

Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma:Biblioteca del CNR –Facoltà di Medicina e Chirurgia A.Gemelli – Biblioteca Medica Statale – ISS– Ospedale Forlanini – Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica Università La Sapienza –INRAN – Ministero della Salute - Biblioteca AreaBio-Medica “P. Fasella” Università Tor Vergata – Istituto Italiano di MedicinaSociale – Campus Biomedico.

Reflusso gastroesofageo e fibrosi polmonare idiopaticaAm J Med. 2003 Aug 18; 115 Suppl 3A: 60S-64SThe role of gastroesophageal reflux in idiopatic pulmonary fibrosis.Raghu G.University of Washington Medical Center, Seattle 98195-6522, USA.Focolai fibroblastici, tesi a riparare un danno alveolare, sono indicativi di fi-brosi polmonare idiopatica. Sebbene l’origine della sindrome sia scono-sciuta, esistono evidenze cliniche che l’acido gastrico possa essere uno de-gli agenti causali. Studi su modelli animali hanno avvalorato tale ipotesi.Inoltre dati clinici evidenziano che un’alta percentuale di pazienti con fibro-si polmonare idiopatica presenta i sintomi riconducibili all’esposizione eso-fagea all’acido gastrico, senza comunque riferire i classici sintomi del re-flusso gastroesofageo (GERD). Ulteriori studi di pazienti in terapia per Re-flusso Gastroesofageo e la valutazione degli effetti di tale terapia sulla pa-tologia polmonare determineranno la reale correlazione tra esposizioneesofagea all’acido gastrico e sviluppo della fibrosi polmonare idiopatica.

Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma:Biblioteca del CNR – Facoltà di Medicina e Chirurgia A. Gemelli – Bi-blioteca Medica Statale – ISS.

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Ottobre 2003Ottobre 2003

EPIDEMIOLOGIA

Numerosi studi, finalizzati alla cono-scenza degli agenti eziologici delle pol-moniti contratte al di fuori dell’ambien-te ospedaliero, mettono in evidenza unnumero sempre crescente di agenti pa-togeni responsabili della patologia.Ne-gli anni ’70 gli unici microrganismi rite-nuti responsabili della polmonite eranolo Streptococco pneumoniae, lo Stafi-lococco aureus, il Mycoplasma pneu-moniae ed, in caso di polmonite da ina-lazione, la flora microbica orale. Oggi,grazie anche alle migliori capacità dia-gnostiche, l’attenzione dei ricercatorisi è allargata ad altri gruppi di agentipatogeni, cosiddetti “emergenti”, an-che in previsione di una loro probabilemaggiore diffusione nel prossimo futu-ro. Tra questi: l’Haemophilus influen-zae, la Moraxella catarralis, la Clamy-dia pneumoniae, i bacilli Gram negati-vi, alcune specie di Legionella, virus efunghi. Secondo la maggior parte deglistudi epidemiologici sulla polmonite loStreptococco pneumoniae rimane ilmicrorganismo di più frequente riscon-tro (tabella 1).

DIAGNOSI

Pur essendo l’eziologia estremamentevariabile, le polmoniti esordiscono e de-corrono con una sintomatologia piutto-sto comune ed omogenea ed il Medicodi Medicina Generale deve, in primaistanza, formulare una diagnosi generi-ca di polmonite differenziando le formebatteriche da quelle non batteriche e,successivamente, mettere in atto tutti ipresidi disponibili per cercare di identifi-care l’agente eziologico, valutare la gra-vità della patologia ed iniziare un tratta-mento.In assenza di dati batteriologici, la dia-gnosi si basa sulle considerazioni epi-demiologiche, sui dati clinico-anamne-stici e sui rilievi radiologici.Anatomopatologicamente le polmonitivengono distinte in alveolari ed intersti-ziali a seconda della localizzazione pri-mitiva delle lesioni infiammatorie.Le polmoniti alveolari, generalmente dinatura batterica, interessano prevalen-temente i settori bronchiolo-alveolari esi manifestano improvvisamente confebbre elevata, tosse produttiva, espet-torato purulento o croceo e dolore pleu-

rico. Sul piano obiettivo sono evidenti isegni secondari all’addensamento delparenchima polmonare (fremito vocaletattile rinforzato, soffio bronchiale in to-race, murmure vescicolare diminuito)associati eventualmente a rantoli crepi-tanti e a sfregamenti pleurici. L’esameradiologico mette in evidenza addensa-menti parenchimali ad estensione seg-mentaria, plurisegmentaria o lobare.Le polmoniti interstiziali interessanoprevalentemente il tessuto interstizialeperibronchiale e perialveolare e scarsoe tardivo risulta il coinvolgimento alveo-lare. L’aspetto caratteristico di questepolmoniti è la discrepanza tra gli aspetticlinici e l’aspetto radiologico. La sinto-matologia insorge in modo graduale edè caratterizzata da febbre non elevata,tosse secca, scarso espettorato. I re-perti obiettivi sono scarsi. Sono invece

sempre presenti gli aspetti radiologicicon accentuazione della trama intersti-ziale. L’eziologia è, in genere, non bat-terica.La radiografia del torace rappresentaun momento fondamentale per la dia-gnosi di polmonite, per diagnosticareeventuali patologie associate, per valu-tare la gravità della malattia e monitoriz-zare la risposta alla terapia ed, in teoria,per differenziare diversi tipi di agentecausale.La maggior parte dei pazienti con so-spetto di polmonite dovrebbero quindiessere sottoposti ad una radiografia deltorace, in particolar modo quelli chepresentano condizioni cliniche più gra-vi, i fumatori ed i malati ricoverati dalPronto Soccorso.Per un’analisi più approfondita l’Infec-tious Disease Society of America ritiene

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Panoramica sull’autismoBMJ. 2003. Aug 30; 327: 488-493Diagnosis of autism.Baird G., Cass H., Slonims V. Newcomen Centre, Guy’s and St Thomas’NHS Trust, London SE1 9RT Great Or-mond Street Children’s Hospital, LondonOgni genitore vorrebbe che l’autismo fosse diagnosticato prima possibile; un intervento precoce può migliorare irisultati a lungo termine. Gli autori di questa review illustrano in tutte le varie fasi il processo di identificazione e digestione dei bambini con autismo e con disordini dello spettro autistico.I punti salienti della patologia sono:

• L’autismo è una patologia comportamentale riconducibile a diverse cause;• Il numero dei bambini con disordini dello spettro autistico è in aumento per vari motivi;• La diagnosi di autismo si può effettuare tra i 2 e i 3 anni di età;• Pur non avendo a disposizione metodiche di screening, si raccomanda la sorveglianza soprattutto negli anni

prescolari;• La diagnosi è possibile tramite l’osservazione, durante il periodo dello sviluppo, dei movimenti del corpo e dei

comportamenti del bambino.

Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma:Biblioteca Medica Statale – Istituto Italiano di Medicina Sociale.L’articolo è disponibile full text al sito:http://www.bmj.com/ alla voce search/archive

Supplementazione vitaminicaAnn Intern Med.2003 Jul 1; 139(1): 51-5Routine vitamin supplementation to prevent cancer and cardiovascular disease: recommendations and rationaleU.S.Preventive Services Task Force.L’articolo riassume le raccomandazioni della U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF) sul ruolo della supple-mentazione vitaminica di routine nella prevenzione delle patologie neoplastiche e cardiovascolari. Al momento at-tuale non risultano evidenze scientifiche sui possibili benefici relativi all’uso routinario di vitamine A, C, E, acido folicoe combinazioni di antiossidanti. Evidenze invece si hanno sui non benefici relativi all’utilizzo del beta-carotene nellaprevenzione delle patologie neoplastiche e cardiovascolari, bensì si ha un possibile aumento di patologie in alcunigruppi di individui.Le evidenze scientifiche e la bibliografia sono disponibili nell’articolo;ulteriori approfondimenti pos-sono essere reperiti sul sito http://www.preventiveservices.ahrq.gov o attraverso la National Guideline Clearinghou-se (http://www.guideline.gov).

Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma:Biblioteca Medica Statale – Facoltà di Medicina e Chirurgia A. Gemelli- ISS – Ministero della Salute – Ospedale Forlanini – Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio – Istituto di III Clinica Medica, Policlinico Umberto I,Università La Sapienza - Biblioteca Area Bio-Medica “P. Fasella” Università Tor Vergata – Università Campus Bio-medico. L’articolo è disponibile full text al sito:http:// www.annals.org/cgi/reprint/139/1/56.pdf

Tab.2 “Pneumonia Specific Severity of Illness (PSSI) Scoring System”

Fattore Numero di punti

Maschio Anni di età

Femmina Anni – 10

Assistenza domiciliare 10

Malattia neoplastica 30

Malattia epatica 20

Insufficienza cardiaca 10

Malattia cerebrovascolare 10

Malattia renale 10

Stato mentale alterato 20

Frequenza respiratoria > 30/min 20

PAS < 90 mmHg 20

Temperatura < 35°C o > 40°C 15

Frequenza polso > 125 bpm 10

pH arterioso < 7.35 30

Azotemia > 30 mg/dl 20

Sodio < 130 mmol/l 20

Glicemia > 250 mg/dl 10

Ht < 30% 10

PaO2 < 60 mmHg 10

Versamento pleurico 10

Il catalogo Italiano dei Periodici, tramite il quale è possibile conoscere inquali biblioteche sono presenti i periodici, è reperibile all’indirizzo internet:http://acnp.cib.unibo.it/cgi-ser/start/it/cnr/fp.html

Recensioni a cura di Luca Fersini, Valentina RebellaScuola di Specializzazione in Igiene e Medicina PreventivaUniversità Tor Vergata - Roma

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Ottobre 2003 Ottobre 2003

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sia utile effettuare esami ematochimici ecolturali come la glicemia, la creatinine-mia, l’azotemia, gli elettroliti del sangue,gli enzimi epatici, l’emocromo con for-mula, le emocolture ed in caso di versa-mento pleurico la toracentesi con coltu-ra. Non sono ritenuti indispensabili lacoltura e la colorazione Gram dell’espet-torato. In pazienti selezionati si racco-mandano il test per la Legionella e la col-tura per micobatterio dell’espettorato.

TRATTAMENTO AMBULATORIALEO RICOVERO?

Solitamente l’80% dei pazienti è trattatoa domicilio mentre il 7-10% di questi pa-zienti iniziano un trattamento domicilia-re e poi sono ricoverati per peggiora-mento clinico. La decisione sulla neces-sità di ricoverare un paziente affetto daPC è molto spesso difficile; ad aiutare ilmedico nel prendere tale decisione esi-stono dei sistemi di valutazione dellagravità della polmonite (PneumoniaSpecific Severity of Illness scoringsystem, PSSI – tabella 2) che prendonoin considerazione i dati demografici, lapresenza di malattie concomitanti, l’e-same dei dati clinici e di laboratorio. IlMMG può valutare soltanto alcuni di talifattori mentre al Pronto Soccorso o inambulatorio si possono fare gli accerta-menti diagnostici, valutare il PSSI com-pleto e decidere il ricovero o meno in ba-se allo score.Dalla somma dei punteggi assegnati adogni fattore considerato si arriva al ri-schio di ogni singolo paziente.Se il PSSIè < 90 il paziente può essere dimessocon una terapia orale. Se il PSSI è > 90 ilpaziente va ricoverato e sottoposto a te-rapia.

TERAPIA EMPIRICA O TERAPIA DOPO ESAMI DIAGNOSTICI?

Nel paziente con polmonite si deve at-tentamente valutare l’opportunità dell’e-secuzione degli esami diagnostici e/ocolturali prima di iniziare la terapia. Il pa-togeno responsabile della polmonite vie-ne identificato solo nel 50% dei casi, percui la terapia empirica diventa necessa-ria nella maggior parte dei pazienti.L’American Thoracic Society (ATS) ha in-vitato già dal 1993 ad utilizzare da subitouna terapia empirica per 2 motivi: a) i ri-

sultati degli esami colturali ed ematochi-mici quasi sempre non sono disponibiliquando si deve iniziare una terapia anti-biotica (ad esempio quando le condizio-ni del paziente sono particolarmentegravi), b) il campione da analizzare puònon essere adeguato (ad esempio se l’e-spettorato risulta insufficiente per ese-guire una colorazione Gram).Quando il patogeno non può essereidentificato, la presentazione clinica e larisposta alla terapia empirica guideran-no la diagnosi ed il trattamento della pol-monite.In Ospedale, prima di somministrare unaterapia empirica si raccomanda di ese-guire prelievi per esami ematochimici ecolturali.Le risposte ai tests effettuati, te-si a conoscere gli agenti determinanti lapatologia in atto e le resistenze, permet-teranno un eventuale aggiustamento te-rapeutico ed anche una conoscenza piùapprofondita dell’epidemiologia dellapolmonite.

LINEE GUIDA PER LA TERAPIA EMPIRICA

Derivano da 3 revisioni diverse: quelladell’ATS del 1993 e le 2 dell’IDSA (Infec-tious Diseases Society of America) del1998 e del 2000. L’ATS prevedeva il trat-tamento con Cefalosporina di II o III ge-nerazione oppure beta-lattamico coninibitore beta-lattamasi associato o no aMacrolide. L’IDSA nel 1998 raccoman-dava Cefalosporina di III con o senzaMacrolide, oppure Fluorochinolonico dasolo.Nel 2000 l’IDSA raccomanda il Ma-crolide con Cefalosporina di III per unacopertura preventiva più ampia nei con-fronti dei patogeni atipici permettendocosì una mortalità ed un periodo diospedalizzazione minori. Un altro fatto-re in grado di ridurre il periodo di ospe-dalizzazione è rappresentato dal rapidopassaggio da terapia endovenosa adorale (Step Down Therapy o Switch The-rapy) nel momento in cui si osserva unmiglioramento delle condizioni clinichedel paziente. Per quanto riguarda le pa-tologie polmonari si ritiene che la SwitchTherapy sia molto efficace perché il pol-mone è altamente vascolarizzato e per-mette il raggiungimento di adeguateconcentrazioni di antibiotico sul sito d’in-fezione del parenchima polmonare e neimacrofagi con la terapia orale.

LINEE GUIDA CANADESI E STUDIO CAPITAL (Community-Acquired Pneumonia Intervention Trial Assessing Levofloxacina)

Due recenti pubblicazioni hanno eviden-ziato l’importanza del trattamento mono-farmacologico con Fluorochinolonico re-spiratorio (Levofloxacina, ma ancheSparfloxacina, Moxifloxacina, Gatifloxa-cina, Trovafloxacina).Per la prima volta i Chinolonici sono con-siderati farmaco di prima scelta nel trat-tamento della polmonite comunitaria,poiché quelli di ultima generazione pre-sentano uno spettro ampio (pneumo-cocchi, emofili e germi atipici come le-gionella, mycoplasma e clamydia), scar-sa tendenza all’induzione di resistenzabatterica, buona tollerabilità ed effica-cia. Alcuni Chinolonici come la Levoflo-xacina, a differenza di altri, inoltre pre-sentano una elevata biodisponibilitàorale tanto che vengono raggiunteuguali concentrazioni ematiche dopovia orale o somministrazione endoveno-sa e sembrano quindi essere i farmaciideali per la Switch Therapy. In entrambigli studi è stato utilizzato il protocolloPSSI per distinguere i pazienti da rico-verare da quelli da trattare a domicilio: aldi sotto dei 90 punti il paziente veniva di-messo con terapia orale con Levofloxa-cina 500 mg/die. Se il PSSI era maggio-re di 90 punti il paziente veniva ricovera-to e trattato con Levofloxacina 500mg/die i.v.e poi trattato con terapia oralequando le condizioni lo permettevano(Switch Therapy).Questi studi hanno di-mostrato che la Switch Therapy con Le-vofloxacina, pur non diminuendo la mor-talità, permetteva di ridurre il tempo diospedalizzazione, rendeva i pazienti piùsoddisfatti del loro ricovero in Ospedalee riduceva significativamente i costi deltrattamento.

Flash dalla letteratura internazionale

(la bibliografia completa può essere richiesta allaredazione- e-mail:[email protected])

Terapia estro-progestinica e patologia cardiacaN Engl J Med 2003 Aug 7;349 (6): 523-34Estrogen plus progestin and the risk of coronary heart diseaseManson JE, Jhonson KC, Rossouw JE, et al; Women’s Health Initiative Investigators.Division of Preventive Medicine, Brigham and Women’s Hospital and Harvard Medical School, Boston, MA02215, [email protected] più recenti studi sulla terapia estrogenica e progestinica hanno rilevato che tale terapia non conferisce protezionecardiaca ma può aumentare il rischio di patologia cardiaca coronaria (CHD).Vengono qui riportati i risultati finali del-la Women’s Health Iniziative (WHI). Lo studio ha riguardato 16.608 donne in post-menopausa con un’età compresatra 50 e 79 anni, trattate con 0,625 mg/die di estrogeni equini e 2,5 mg/die di medrossiprogesterone acetato oppurecon placebo. Lo studio, programmato per 8,5 anni, è stato interrotto a 5,3 anni perché i rischi sono risultati maggioridei benefici.La patologia ormonale combinata aumenta il rischio di patologia cardiaca coronarica soprattutto duran-te il primo anno di trattamento. Il rischio è correlato con l’aumento dei livelli di LDL nelle donne che effettuano tale te-rapia, ma non è influenzato dall’incremento dei valori di proteina C reattiva e di altri markers.Tale trattamento, quindi,non dovrebbe essere prescritto per la prevenzione della patologia cardiovascolare.Rivista disponibile nelle seguenti biblioteche di Roma:Biblioteca del CNR – Facoltà di Medicina e Chirurgia A. Gemelli – Biblioteca Medica Statale – ISS – Ospedale Forlanini – Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica Università La Sapienza –INRAN – Ministero della Salute - Biblioteca Area Bio-Medica “P. Fasella” Università Tor Vergata – Istituto Italiano di Medicina Sociale – Università Campus Bio-medico.

dal disulfiram (Antabuse),impiegato co-me dissuasore per la lotta all’alcoolismo.I sintomi possono comparire subito dopol’assunzione di alcool e si ripetono a ognisuccessiva ingestione di alcool per altri 10-14 gg. con disturbi cardiovascolari e vaso-dilatazione, con arrossamento del viso edel collo fino alle braccia e al torace, vampedi calore, cefalea, tachicardia e ipotensio-ne;possono aggiungersi dei disturbi respi-ratori (dispnea, oppressione), gastrointe-stinali (nausea, vomito) e febbre.L’evoluzione è di una spontanea guarigio-ne in 2-4 ore, per cui il trattamento è sinto-matico, ma soprattutto va evitata ogni al-tra assunzione di bevande alcoliche (pro-fumi compresi!) per almeno una, due set-timane.

V. Sindrome narcotiniana o allucinogena o psicotropaQuesta sindrome è provocata da tossinead azione allucinogena (psilocibina) pre-senti in alcune specie di funghi, già notedall'antichità e usate per riti esoterici: al-cune Psilocybe (cyanescens, semilan-ceolata, mexicana); il Pluteus salicinus,alcuni Panaeolus, il Conocybe cyanopuse qualche Inocybe.Gli effetti sono simili a quelli della mesca-lina, dell’acido lisergico (LSD) e di alcune

anfetamine e iniziano molto presto, dopo15-60 minuti, con disturbi sia gastroente-rici (nausea, vomito, crampi addominali)che neurovegetativi (cefalea, brividi,atassia, midriasi, ipertensione e iperter-mia). Gli effetti psichici invece si manife-stano con estraniazione dal proprio corpoe perdita dell’identità personale, distor-sione della nozione di spazio e di tempo;passaggio da stati di euforia a disforie constati d’angoscia, d’ansia, di aggressività oraptus suicidi, allucinazioni .Di solito nel giro di 3-6 ore c’è la scompar-sa dei sintomi e il ripristino delle condizio-ni preesistenti, salvo la midriasi che puòdurare anche 48 ore.Il trattamento è sintomatico: lavanda ga-strica , sedativi e riposo.

Questo breve excursus sui principali fun-ghi velenosi e loro danni da assunzionenon può certo ritenersi esaustivo, sia per-ché ci sono altre specie di funghi che ven-gono classificate come tossiche, es. il Pa-xillus involutus responsabile di una sin-drome allergica data forse da una compo-nente fungina che fa da antigene sensibi-lizzante e determina la formazione di im-munocomplessi sulle emazie, con relati-ve manifestazioni emolitiche, sia perchéla conoscenza di forme fungine tossiche è

ancora aperta e lo rimarrà a lungo. Nonc'è da meravigliarsi se un fungo da sem-pre considerato commestibile viene im-provvisamente descritto come velenosoe assolutamente da evitare, come è avve-nuto per il Tricholoma equestre, ritenutoresponsabile nel 2001 in Francia di alcunicasi di rabdomiolisi, con tre decessi.

Che consigli dare di fronte a un so-spetto di avvelenamento da funghi? - Non sottovalutare mai i disturbi, so-prattutto gastroenterici, dopo assun-zione di funghi spontanei (non colti-vati) anche a distanza di giorni- Chiamare un Centro Antiveleni e in-vitare il soggetto a recarsi immediata-mente al più vicino Pronto Soccorso ricordandosi di:- Portare ogni avanzo disponibile deifunghi, siano cotti, crudi o in pattu-miera e il contenuto del vomito spon-taneo o provocato- Riferire con precisione dopo quantotempo dal pasto sono iniziati i primisintomi- Riportare tutte le notizie utili per con-sentire un rapido riconoscimento del-la specie fungina responsabile.

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funzione renale.La percentuale di insuffi-cienze renali irreversibili varia tra il 36-46% dei casi, mentre gli altri casi hannouna evoluzione lenta per giungere a gua-rigione dopo 6-8 mesi.

III. Sindrome giromitricaÈ il terzo gruppo di specie fungine re-sponsabili di una sindrome a lunga incu-bazione. Si tratta della Gyromitra escu-lenta, G.gigas, e anche dell’Helvella infu-la e crispa.Anche se la tossicità della sostanza puòrisultare pericolosa per l’uomo (20-50mg/Kg = un chilo di funghi freschi) va su-bito detto che la peculiarità dei loro com-posti tossici (giromitrina: m.metilidrazina,emolisina) è quella di essere volatili e par-zialmente idrosolubili, al contrario delleamatossine e orellanine, precedente-mente considerate, che sono resistenti alcalore, all’ebollizione e all’essiccamento.Questo significa che questi funghi potreb-bero esser mangiati dopo adeguata bolli-tura, senza subire tutte le conseguenzedei veleni presenti nel fungo.Rimane cer-to l’avvelenamento da Gyromitra, in qual-che caso anche mortale, se i funghi sonoconsumati assieme all’acqua di cottura,se mangiati crudi o insufficientementecotti, se infine vengono consumate quan-tità elevate di questi funghi in un unico pa-sto o in assunzioni ripetute a brevi inter-valli, per un fenomeno di accumulo. Sonoparticolarmente sensibili a questi funghile persone con deficit congenito di Gluco-sio-6-fosfato deidrogenasi.I primi sintomi compaiono dopo 5-6 ore finoa 36 ore dopo l’assunzione, dapprima so-no di tipo gastrointestinale (vomito alimen-tare) e poi di tipo biliare (diarrea, febbre ecefalea);seguono lesioni epatiche con co-lore giallo o itterico della cute, disturbi visi-vi, cefalea, vertigini e disturbi del sistemanervoso: sonnolenza alternata a convul-sioni,agitazione, contrazioni spastiche.La presenza di emolisine nel fungo con-sumato crudo o mal cotto può determina-re una Sindrome emolitica con anemia, it-tero e interessamento renale caratteriz-zato da tubulopatia secondaria ad emo-globinuria ed iperbilirubinemia.La terapia è sintomatica e vanno compen-sate le perdite idrosaline e il danno epati-co-renale

B. FUNGHI TOSSICI A BREVE INCUBAZIONE(< 6 ORE)

I funghi tossici responsabili di queste sin-dromi a breve incubazione sono di specie

molto diverse e diverso è il loro primo ma-nifestarsi sintomatologico. Alcuni hannoun tempo di latenza che non supera i 15 –30 minuti e altri creano prevalenti altera-zioni non di tipo gastrointestinale ma ner-voso, in particolare del sistema nervosoautonomo.

I. Sindrome muscarinica o sudoriferao neurotossica colinergica Questa sindrome è causata dal consumodi funghi che contengono elevate concen-trazioni di muscarina, che è un analogostrutturale dell’ acetilcolina, mediatorechimico dei recettori colinergici del Siste-ma Nervoso Periferico. Ne sono respon-sabili le piccole Clitocybe bianche e lamaggior parte delle Inocybe, ancora piùtossiche delle prime.I primi disturbi possono comparire anchedopo 15 minuti dall’ingestione e ricordanoun’eccitazione delle vie colinergiche delSNA (parasimpatico) che innervano lamuscolatura liscia e le ghiandole esocri-ne: sudorazione profusa, con lacrimazio-ne, ipersalivazione e secrezione nasale;miosi, bradicardia con ipotensione, bron-cocostrizione; nausea, vomito, coliche ediarrea;presenza di parestesie e tremori.I sintomi recedono spontaneamente nel-l’arco di 6 – 24 ore, ma la lavanda gastricadiminuisce di molto la carica tossica an-cora presente e indigerita, accelerando-ne i tempi della guarigione.

II.Sindrome panterinica o neurotossicaanticolinergica o atropinicaI principali funghichiamati in causasono: l’Amanitapantherina, il fun-go più tossico delgruppo, e l’Ama-nita muscaria, dal cappello rosso ciliegiacon verruche bianche, ben nota anche aiprofani, che si porta dietro la denomina-zione di specie (muscaria) per la presen-za di una quantità minima di muscarina,mentre la sostanza anticolinergica (duederivati isoxazolici: acido ibotenico e mu-scimolo) è cento volte superiore.I sintomi compaiono dopo 15-30 minutidall’ingestione fino a circa 4 ore dopo esono non solo di eccitamento del simpati-co (midriasi, tachicardia, inibizione delleghiandole salivari e sudorifere, bruciori al-lo stomaco, nausea e vomito), ma anchedi interessamento del sistema nervosocentrale con agitazione, delirio, convul-sioni cui seguono torpore, sonno profon-do, a volte il coma. Il risveglio è caratteriz-

zato dall’assenza totale di ogni ricordodell’accaduto.Il trattamento precoce rimane la lavandagastrica, poi anticonvulsivanti e sedativi(benzodiazepine), fino alla clorpromazi-na per le forme deliranti. Prognosi da al-cune ore a due giorni.

III. Sindrome resinoide o gastroentericaÈ la sindrome più comune da avvelena-mento da funghi, di specie molto diversecome pure diversa è la loro carica tossica.Partendo dai funghi a maggiore tossicità,con presenza di sostanze di tipo falloidini-co (un tempo erano classificati comeparafalloidei) sono noti l’Entoloma lividum(=sinuatum), l’E. nidorosum, e l’E. ver-num; seguono il Thricoloma pardinum(=tigrinum), T.virgatum, T.striatum e l’On-phalotus olearius con una tossicità me-dia, per terminare con il Boletus satanas,il Lactarius torminosus, la Russola emeti-ca, l’Agaricus xanthoderma, l’Hypholomafasciculare, l’Hebeloma crustuliniforme ele Ramarie formosa e pallida, con una mi-nore tossicità.I tempi di latenza vanno dai 30 minuti alle3 ore, ma con periodi silenti anche più lun-ghi (3 - 8 ore) nelle forme più gravi (para-falloidee). I sintomi sono: malessere, do-lori addominali, nausea, vomito, diarrea.Possibile comparsa di segni di disidrata-zione (ipotensione, collasso, oliguria) enell’eventualità del danno epatico: itte-ro,disturbi nervosi, agitazione.I sintomi possono perdurare anche per 24ore e la guarigione completa si raggiungedopo alcuni giorni. Il trattamento è sinto-matico, con gastrolusi, antispastici, car-bone vegetale; nei casi più gravi può es-sere necessario compensare le perditeidro-elettrolitiche e sostenere il circolo.

IV. Sindrome coprinica o vascolare È una sindrome che appare non dopo lasemplice ingestione di certi funghi, Copri-nus atramentarius e specie affini, ma ènecessaria l’assunzione contemporaneadi bevande alcoliche.Infatti la coprina pre-sente in questi funghi, non tossica perl’uomo, è in grado di bloccare la degrada-zione dell’alcool ad acetaldeide, determi-nandone un accumulo e l’insorgenza del-la sindrome. È lo stesso effetto causato

PREMESSA

La terapia assistita dagli animali prevedel’uso terapeutico di animali da compa-gnia (cani, gatti, conigli, uccellini ed altri)per la prevenzione, il recupero ed il man-tenimento della salute umana attraversoun rapporto di interazione tra uomo eanimale.L’animale è considerato un soggetto atti-vo e non uno strumento della terapia:è in-fatti una risorsa fondamentale in quantocatalizzatore di attenzione, che facilita lasomministrazione del trattamento riabili-tativo, grazie all’istaurarsi di relazioni af-fettive e canali di comunicazione privile-giati con il paziente.L’animale, inoltre, per la sua peculiarità diessere un soggetto bisognoso di cure edattenzioni, pone il paziente in una condi-zione di “privilegio” qualunque sia il dis-agio di cui è portatore.La pet therapy, introdotta per la primavolta in America dal neuropsichiatra in-fantile Boris Levinson nel 1961 con lapubblicazione “The dog as co-therapist”,viene inizialmente applicata solo in cam-po psichiatrico.La moderna zooantropo-logia, disciplina che studia il valore di re-lazione (referenza) dell’animale per l’uo-mo, ha dimostrato la validità della pettherapy ed ha ampliato i suoi campi diapplicazione.

CAMPI DI APPLICAZIONE

Naturalmente anche oggi uno dei mag-giori campi di applicazione rimane quel-lo psichiatrico, molti studi sono infatticonsolidati sull’efficacia della pet the-rapy per il trattamento della sindrome dideprivazione (autismo). Gli studi di Lo-vaas, DesLauries et al., misero in luce lateoria che i bambini autistici rispondonoin modo povero e sterile alle ordinarie te-rapie, mentre un intervento innovativo erivoluzionario come la pet therapy è riccodi soddisfacenti successi, primo tra tuttil’aumento della connessione e dell’e-spressività sociale. È stata dimostratal’efficacia dei cani come co-terapeutipoiché hanno potenziali vantaggi nel re-

cuperare la mancanza dei rapporti uma-ni.Nell’interazione con il cane, il linguag-gio del corpo è attivato in quanto si ricor-re ai gesti, alle posture, alla mimica e adeterminati atteggiamenti per comuni-care, i soggetti autistici possono così svi-luppare la capacità di interpretare i se-gnali non verbali e, cogliendone il signifi-cato, interagire di conseguenza. L’ani-male diventa la chiave per entrare in quelmondo di cui solo il soggetto autistico faparte.Nelle sindromi depressive, vari studi con-dotti su anziani, malati cronici, adole-scenti con disturbi mentali, dimostranoche la presenza di un animale ha un ef-fetto benefico.Negli stati di ansia e di tensioni neuro psi-chiche, è stato constatato come l’intera-zione con l’animale sia un elemento di si-curezza, che agisce sulle stesse vie bio-chimiche che inducono la risposta al ri-lassamento.Uno dei principali successi della pet the-rapy consiste nel fatto che essa sviluppanel paziente il senso di responsabilità edel rispetto di se stesso, aiutando a pren-dere coscienza dei propri limiti. Nel casodi disturbi comportamentali gravi comeanoressia e bulimia, i pazienti imparanoad occuparsi di se stessi con più curaquando devono prendersi cura dell’ani-male e della sua alimentazione.Altro campo di applicazione in espansio-ne è quello psicologico-educativo neltrattamento di disturbi comportamentalidell’età evolutiva, quali l’insufficiente so-cializzazione, il minor rendimento scola-stico, l’insicurezza, l’iperattività. Moltiautori si sono occupati del rapporto traanimale e bambino, sia sano che affettoda patologie psichico/fisiche, e tutti han-no verificato l’utilità dell’animale comeco-terapeuta. Gli animali della pet the-rapy possono offrire al bambino assi-stenza durante i processi di crescita esviluppo donandogli capacità di auto-controllo e di socializzazione, miglioran-do sia l’apprendimento che l’espressio-ne verbale. Il legame con un animale puòavere un’influenza determinante sullosviluppo adolescenziale promuovendo

sicurezza e autostima in quanto l’anima-le è fonte di approvazione e migliora omantiene valida l’immagine che il bambi-no ha di sé in fase pre-adolescenziale.È documentato anche l’uso della pet the-rapy nella riduzione dell’aggressività insituazioni critiche che possono verificar-si in strutture come manicomi e prigioni.La presenza di animali nelle carceri hamigliorato i rapporti umani favorendo lasocializzazione, rafforzando il senso diresponsabilità, mitigando il senso di soli-tudine, migliorando gli stati depressivi,incentivando i detenuti ad utilizzare inmaniera produttiva il proprio tempo.Tuttociò ha portato ad una maggiore coopera-zione tra i detenuti ed il personale di cu-stodia, ad una riduzione dei fenomeni diviolenza e dei tentativi di suicidio e que-sto ha permesso anche una riduzionedegli interventi farmacologici.In campo più prettamente medico, è ora-mai dimostrato che la presenza dell’ani-male può ridurre l’ipertensione, porta be-nefici al recupero dei cardiopatici ed a chiè affetto da malattie croniche soprattuttodi tipo neuro-muscolare, aiuta i pazienti asuperare la fase di convalescenza. Nelpaziente geriatrico la presenza degli ani-mali migliora lo stato psichico con innal-zamento del morale perchè accudire unanimale distoglie l’attenzione da se stes-si, migliora lo stato fisico perché l’animaleda accudire obbliga al movimento, miglio-ra la socializzazione per l’effetto cataliz-zatore dell’animale nell’innescare rap-porti interpersonali.Altro campo di applicazione, in cui si sonodimostrate molto efficaci le terapie assi-stite dagli animali, è quello motorio-riabili-tativo per il trattamento e la riabilitazionedi pazienti con deficit motori.Per questa fi-nalità, alla terapia assistita dai piccoli ani-mali si affianca anche l’ippoterapia, cioèla riabilitazione motoria assistita dal ca-vallo che può risultare più adatta per certitipi di patologie ma che sempre rientranella stessa disciplina.Da quanto riportato si evince che la pettherapy trova notevoli applicazioni anchein campo sociale con finalità di recuperodi tossicodipendenti, alcolisti, detenuti.

Pet therapy o terapia assistita dagli animali: Animali co-terapeuti al servizio del medico

Antonella Comini - Medico Veterinario - Delta Society Pet Partner Rossella Gandini- Medico Veterinario - Delta Society Pet Partner

Margherita Silvestri - Psicologa e Psicoterapeuta

difficile e meno incisivo l’intervento tera-peutico precoce (es. lavanda gastrica) econcede più tempo alle sostanze tossi-che di svolgere la loro azione più deva-stante, come quella citotossica sull’orga-no-bersaglio.L’accostamento di questi due parametri,la latenza e il tipo di disturbi che compaio-no dopo l'ingestione di funghi, permette diformulare una classificazione delle intos-sicazioni fungine, come riportato nella ta-vola 1, che, anche se non esaustiva, fissain modo semplice le più ricorrenti forme diavvelenamento da funghi .

A . FUNGHI TOSSICI A LUNGA INCUBAZIONE (> 6 ORE)

I. Sindrome FalloideaA questo gruppo appar-tengono i funghi più vele-nosi e mortali: Amanitaphalloides, Amanita ver-na, Amanita virosa, e poi la Galerina mar-ginata, G.autumnalis e le piccole Lepiote(L. brunneoincarnata, L.helveola, L.cri-stata, L.lilacea, ecc.) Sono la causa del 90 % delle morti da in-tossicazione da funghi. Contengono so-stanze tossiche potentissime, quali le fal-lotossine e le amatossine (le cui dosi mor-tali per l’uomo si attestano su 0,1 mg/Kg,cioè bastano 50 gr di fungo fresco per rag-giungere la dose mortale (uno-due beifunghi di A.phalloides), che nei bambini siriduce a 20 gr di prodotto.I tempi di incubazione vanno dalle 6 alle 24ore; mediamente attorno alle 10-12 orecompaiono i primi disturbi che sono di tipogastrointestinale, con dolori addominali acrisi ripetute, di grande intensità, accom-pagnati da nausea ma soprattutto vomitoincoercibile e diarrea profusa.Possono du-rare anche due giorni, per cui il soggetto vainevitabilmente incontro ad una disidrata-zione massiva tale da essere ritenuta laprima causa di morte dell’intossicazionefalloidea (shock e insufficienza renale acu-ta). Un trattamento precoce impostato suuna iperinfusione idrica riduce drastica-mente la mortalità da amanita falloide.Dopo questa prima fase con un relativoperiodo di remissione sintomatologica, diuno o due giorni, compaiono i segni della

compromissione epatica, vero organobersaglio delle amatossine, con un’azio-ne citotossica fulminante e quindi l'indica-tiva alterazione di valori ematochimici:au-mento notevole delle transaminasi, eleva-to LDH, ipoglicemia, calo della protrombi-na e del fibrinogeno, acidosi metabolica.Non è presente la febbre.Si aggiunge poila comparsa di ittero e i segni di emorragiedigestive e spontanee, per arrivare alleestreme conseguenze del danno epatico,iperbilirubinemia, iperammoniemia, per-dita della conoscenza e coma.La quantità di tossico assunta, la tempe-stività diagnostica e terapeutica, l’età delsoggetto e la capacità di reazione dell’or-gano colpito diversificano di molto la pro-gnosi. La letalità resta ancora alta, attor-no al 30 %, dopo 10-12 gg., mentre se l'e-voluzione è favorevole il tutto si risolve inun tempo che va da alcune settimane apochi mesi. È d’obbligo il ricovero ospe-daliero, ma non va misconosciuta la dop-pia sintomatologia: la remissione dei sin-tomi gastrointestinali non deve far sotto-valutare la sintomatologia epatica, che vaimmediatamente monitorata con la ricer-ca dei valori della funzionalità epatica nel-le prime 12 ore dall’episodio acuto (azote-mia, transaminasi, creatininemia, glice-mia, attività protrombinica, bilirubinemiae quadro elettrolitico), da ripetersi almenoogni 24 ore per altri 4 giorni, prima di scio-gliere la prognosi della compromissioneepatica.Campioni di urine prelevate entrole 48 ore, prima dell’inizio dell’iperidrata-zione, permettono il dosaggio dei valorielevati di amanitine nelle urine e quindi ladiagnosi di “certezza”di intossicazione dafunghi contenenti amatossine. Analogadiagnosi di certezza la danno l’esame mi-cologico (macro) effettuato su campioni diresidui di cotti, crudi, scarti di pulizia, o laricerca delle spore (micro) sugli stessicampioni o nei liquidi biologici come vomi-to, aspirato gastrico e feci.Per quanto riguarda la terapia, al momen-to attuale non si dispone di trattamentoantidotico specifico e studi recenti hannodimostrato la scarsa efficacia di penicilli-na, silimarina, N-acetilcisteina. Il proto-collo terapeutico consigliato dalla comu-nità scientifica si basa sulla precocità del-l’inizio del trattamento, sulla decontami-

nazione (gastrolusi e carbone vegetale) esulla diuresi forzata. La lavanda gastricanon va tralasciata anche dopo 24 ore dal-l’assunzione di funghi, per eliminarne re-sidui anche microscopici, a cui può segui-re somministrazione di carbone vegetaleattivato in polvere a dosi ripetute (1 gr./Kg/die). L’iperidratazione o diuresi forzata sieffettua per infusione di 1 litro ogni 10 Kgdi peso più le perdite dovute al vomito e al-la diarrea con l’obiettivo di ripristinareun’adeguata pressione venosa e un af-flusso sanguigno a livello epatico per os-sigenare al massimo il fegato, che deveaffrontare l’insulto delle amatossine. Ènecessario monitorare la pressione veno-sa centrale per adeguare l’infusione di li-quidi alle necessità del circolo del pazien-te.Di fronte al deficit epatico dei fattori del-la coagulazione vanno somministrati so-stituti plasmatici (sangue fresco, pappepiastriniche).La comparsa di encefalopa-tie e l’incapacità di correggere la coagula-zione depongono per l’ultimo atto tera-peutico possibile, il trapianto di fegato conl’ immediata ricerca del donatore.

II. Sindrome orellanicaIl secondo gruppo di funghi responsabilidi intossicazione a lunga incubazione èformato dal Cortinarius orellanus e dal C.orellanoides o speciosissimus. L’organobersaglio colpito è il rene.La dose letale èancora elevata e raggiunge valori di 0,1mg/Kg Anche questa sindrome è caratterizzatada una sintomatologia bifasica:- la prima, che compare dopo 1- 4 giorni, èancora gastrointestinale, ma molto più sfu-mata e aspecifica: epigastralgie, nausea,vomito, anoressia, sete intensa, poliuria,sudorazione notturna, sapore metallico inbocca.Tali sintomi possono essere sotto-valutati dal soggetto, anche perché tendo-no a regredire dopo alcuni giorni.- la seconda fase invece ha inizio dopo 4-5 gg. dalla prima, quindi 7 gg dopo il con-sumo dei funghi velenosi – fino a 14-18 ggdopo- , con sintomi specifici:dolori lomba-ri, cefalea, crampi muscolari, poli-oligu-ria, edemi, segni meningei e coma (nonsempre) ed il riscontro di un quadro di unainsufficienza renale acuta. Questa sinto-matologia, se non è stata preceduta dagravi disturbi gastroenterici, viene maleinterpretata dal soggetto (e quindi dal me-dico) che non la pone più in relazione conil consumo di funghi.La prognosi, anche se l’avvelenamento èconsiderato mortale, attualmente con ladialisi è buona per la vita, ma non per la

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MECCANISMI D’AZIONE NELLA TERAPIA ASSISTITA DAGLI ANIMALI

Consideriamo paradossalmente l’ani-male come “il principio attivo di un farma-co” e andiamo ad analizzare la sua inte-razione con l’organismo umano e leeventuali controindicazioni come in un fo-glietto illustrativo.

Meccanismo Affettivo-EmozionaleIl rapporto uomo-animale è di tipo affet-tivo ed ha una forte componente emo-zionale. Maggiore è il legame emozio-nale tanto più intensi sono gli effetti be-nefici. Le endorfine prodotte sotto l’in-flusso delle emozioni positive, aumen-tano le difese immunitarie.Tra emozionipositive, rilassamento ed effetti beneficisulla salute ci sono stretti legami. L’ani-male che tranquillizza e rassicura inter-viene diminuendo la produzione diadrenalina ed altri ormoni corticosteroi-di (ormoni dello stress) con il risultato fi-nale di una minor pressione arteriosa,un ritmo cardiaco e respiratorio più len-to, rilassamento del tono muscolare,modificazione delle onde elettroence-falografiche.

Meccanismo di Stimolazione PsicologicaIl rapporto uomo-animale coinvolge diver-si settori della psiche umana: comporta-mento sociale, meccanismi di relazione,comportamenti caratteriali, aspetti cogni-tivi.La presenza di un animale ed il dover-si interessare a lui induce una persona aduscire dai suoi problemi e il doversi inte-ressare alla cura dell’animale porta anchead occuparsi della propria (aspetto impor-tante per molte patologie psichiche comel’anoressia e l’apatia).

Meccanismo LudicoNel rapporto uomo-animale spesso si in-staura un rapporto di gioco e di diverti-mento reciproco.Un malato che gioca e ri-de con un animale aumenta le sue possi-bilità di difesa e quindi di guarigione. Il gio-co inoltre induce all’attività motoria.

Meccanismo FisicoIl coinvolgimento fisico del paziente du-rante le sedute di pet therapy è indubbia-mente riscontrato.Se si utilizzano appro-priati protocolli ed appropriati animali perterapie motorio-riabilitative si ottengonoottimi risultati.

Meccanismo PsicosomaticoNelle diverse patologie di origine psico-somatica, l’animale, attraverso i mecca-nismi sopraccitati, influisce positivamen-te sulla componente psichica del pazien-te che induce la somatizzazione dellamalattia. Naturalmente i vari meccani-smi d’azione, qui analizzati singolar-mente, sono quasi sempre associati traloro. Spetta all’equipe di professionisticoinvolti nell’utilizzo della pet therapy farprevalere quella più opportuna alle esi-genze del paziente attraverso la sceltadell’animale più adatto e di un protocolloterapeutico adeguato.

ControindicazioniLa pet therapy è una terapia dolce, noninvasiva, senza effetti collaterali o inde-siderabili. Le uniche controindicazionisono l’eventuale allergia del pazienteverso l’animale, oppure la fobia. Natu-ralmente non si propone la pet therapycome antidoto universale ma si proponealla classe medica una valida alternati-va o anche una sinergia alle terapie tra-dizionali.

FIGURE PROFESSIONALI COINVOLTE NELLA PET THERAPY

Per mettere in pratica la pet therapy, civuole soprattutto la richiesta da partedel medico, (che può essere un neurop-sichiatria per il paziente con turbe di or-dine neurologico, un cardiologo per ilpaziente iperteso o cardiopatico, un ge-riatra per gli anziani, un ortopedico o unneurologo per pazienti con deficit moto-ri e così via) o dello psicologo. Questihanno il compito di delineare il profilo cli-nico o psicologico del soggetto. A se-conda del fruitore della terapia, si costi-tuisce un team multiprofessionale cheistituisce il protocollo di intervento e lemodalità di espletamento e monitorag-gio in fase attuativa. Il team dovrebbeessere formato, oltre che dal medicoche ne fa richiesta, anche da un veteri-nario con competenze zooiatriche chevaluterà gli aspetti sanitari degli animalida utilizzare nella terapia e con compe-tenze etologiche per poter valutare lecaratteristiche comportamentali cheporteranno alla scelta del tipo di anima-le più adatto. Il team si preoccupa di va-lutare anche le strutture dove operare ela collaborazione con il personale coin-volto. L’attuazione vera e propria, ossiala visita al paziente, viene realizzata da

una figura professionale specifica, l’o-peratore pet partner, che materialmentefa visita al paziente con l’animale edesegue il protocollo istituito dal teammultiprofessionale, spesso sotto osser-vazione del veterinario e del terapeuta.La complessità esecutiva della pet the-rapy è un aspetto che in prima istanzapuò sembrare negativo, ma in una anali-si più approfondita si deve convenire cheproprio dal lavoro di una equipe affiatatadi professionisti motivati possono venirerisultati sorprendenti e che il carattere in-terdisciplinare di questa nuova scienzaarricchisce ognuno di nuove cognizionied apre ad una visione più ampia del pro-prio settore operativo.

CONCLUSIONI

La pet therapy non va a sostituire le tera-pie tradizionali, ma a migliorarne l’effica-cia ponendo il paziente nelle migliori con-dizioni per affrontare un percorso di gua-rigione, è da considerare una co-terapiacome la musicoterapica o la terapia del ri-so e si pone come obiettivi:1) aumentare la compliance e realizzare

il patto terapeutico medico-malato2) aumentare la motivazione del pazien-

te e incrementare il suo orientamentoverso la guarigione

3) implementare una condizione psicolo-gica di benessere allontanando il dis-agio

4) aumentare le attività cognitive e ludi-che del paziente

5) aumentare le occasioni relazionali eaffettive del paziente

In certi casi attraverso la pet therapy simotivano specifiche attività di coordina-zione motoria, di attività senso-motoria,di cognitività ed è evidente che varie e ar-ticolate sono le sfaccettature di questapratica.La speranza è che in un prossimo futurola classe medica prenda coscienza e ri-sponda positivamente alla divulgazionee alla messa in pratica di questa nuovaopportunità di cura come anche auspica-to dal Ministro della Salute, nel Decretodel Presidente del Consiglio dei Ministridel 28/02/03 pubblicato nella GU n° 52del 4/03/03.

Tav. 1 “La classificazione dei funghi tossici”

A LUNGA INCUBAZIONE A BREVE INCUBAZIONE

SINDROME FALLOIDEA SINDROME MUSCARINICA

ORELLANICA ATROPINICA

GIROMITRICA RESINOIDE

COPRINICA

ALLUCINOGENA

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ambliopia è un importanteproblema di oftalmologiapediatrica molto spessonon conosciuto e quindi nonstimato come dovrebbe.

Per ambliopia si intende una condizioneclinica caratterizzata da un deficit visivodi uno o entrambi gli occhi determinato daun’anomala stimolazione visiva durante ilperiodo di maturazione delle struttureanatomico-funzionali dell’occhio; siamopertanto di fronte ad un occhio che sem-bra normale ma che in realtà non vede.Le cause dell’ambliopia sono essenzial-mente tre:• ambliopia anisometropica: per aniso-

metropia si intende una differenza divizio di refrazione (miopia, astigmati-smo, ipermetropia) fra i due occhi.Questo comporta la formazione, a li-vello retinico, di due immagini moltodiverse tra di loro con conseguenteimpossibilità di fusione delle stesse alivello cerebrale. Come conseguenzasi avrà una soppressione dell’immagi-ne proveniente dall’occhio peggiore.

• Ambliopia da deprivazione: causatada tutte quelle condizioni che compor-tano una ridotta stimolazione senso-riale in uno o entrambi gli occhi (ptosipalpebrale, cataratta congenita, opa-cità dei mezzi diottrici, nistagmo, defi-cit rifrattivi elevati).

• Ambliopia strabica: è quella forma incui a causa dello strabismo e del con-seguente disallineamento degli assioculari le immagini della realtà che cicirconda vengono formate su punti re-tinici non corrispondenti dando origi-ne ad una visione doppia (diplopia).Nel bambino la diplopia determina ilfenomeno compensatorio della sop-pressione per cui l’immagine menovalida viene eliminata.

Le più importanti nozioni patogenetichesull’ambliopia sono state ottenute me-diante esperimenti elettrofisiologici su ani-mali da esperimento. In questi studi si èpotuto dimostrare che è possibile, fin dallanascita, ottenere risposte ben definite del-la corteccia visiva allorché gli occhi venga-no esposti a stimoli luminosi. Qualora unocchio venga privato di stimoli (occluso) siassiste ad una progressiva modificazione

delle colonne striate della corteccia visivache va di pari passo con la riduzione fun-zionale dell’occhio penalizzato.È di fondamentale importanza compren-dere che le strutture oculari non sonocompletamente formate alla nascita, eche il processo di maturazione continua,sia in senso dimensionale che morfo-funzionale per un lungo periodo, con va-riazioni più evidenti nei primi 18 mesi mache continuano fino alla pubertà.L’informazione genetica della visione ègià presente alla nascita, ma è solo l’e-sperienza che organizza ed istruisce isimboli percepiti creando il linguaggio vi-sivo e quindi le funzioni visive propria-mente dette. Nei primi due anni di vita lestrutture oculari sono dotate di estremaplasticità e pertanto se l’esperienza visi-va non interviene in questo periodo “criti-co”, le proprietà neuronali non si svilup-pano e non si raggiungerà mai un livello difunzionamento normale.Tale periodo critico inizia tra il 3°-5° mesedi vita, ha una sensibilità massima intor-no al 18°-24° mese di vita, per poi dimi-nuire e stabilizzarsi intorno al 6°-7° annodi età.La caratteristica più importante dell’oc-chio ambliopico è rappresentata dalla ri-duzione dell’acutezza visiva. Viene con-siderato ambliopico un occhio che pre-senta una riduzione del visus di almeno2/10 delle tavole ottometriche rispetto alvisus dell’occhio controlaterale.La prevalenza dell’ambliopia nelle sue va-rie forme varia, a secondo delle statisti-che, tra il 3-4% della popolazione infantile.Ciò significa che, in media, in ogni classedi scuola elementare è presente un bam-bino ambliopico.La popolazione infantile dovrebbe esserecontrollata periodicamente dalla nascitafino ai sei anni, il che risulta essere troppooneroso e quindi di difficile esecuzione.Si distinguono pertanto tre fasce di etànelle quali è consigliabile effettuare uncontrollo oftalmologico:• alla nascita se esistono condizioni a ri-

schio o patologie malformative genera-li (infezioni durante la gravidanza, pre-maturità, malattie oculari ereditarie);

• all’età di tre anni per evidenziareeventuali difetti di refrazione, amblio-

pia, strabismo, alterazioni della motili-tà oculare;

• all’età di sei anni prima dell’ingressonella scuola dell’obbligo.

I successivi controlli verranno consigliatidallo specialista.I programmi di screening dell’ambliopiaprevedono tre livelli di prevenzione:• primario: contattando i genitori, i pe-

diatri, le insegnanti degli asili nido,delle scuole materne, gli operatori so-cio-sanitari del territorio proponendocolloqui-dibattiti esplicativi riguardan-ti le cause delle affezioni oculari non-chè l’importanza dei fattori congenitied ereditari e quindi della necessità dicontrolli precoci dei bambini di etàprescolare o addirittura neonatale;

• secondario: sottoponendo a controllooculistico i bambini per attuare unadiagnosi precoce dell’ affezione alloscopo di ritardarne l’evoluzione o limi-tarne i danni;

• terziario: impostando una adeguataterapia per evitare complicazioni tar-dive e deficit associati.

Il trattamento dell’ambliopia consiste, in-nanzi tutto, nella rimozione della causaambliopizzante, rappresentata da tuttiquei fattori che possono determinareun’immagine retinica non nitida.Sarà ne-cessario, pertanto, correggere eventualidifetti di vista con occhiali o lenti a contat-to o rimuovere chirurgicamente opacitàdei mezzi diottrici dell’occhio.Il passo successivo consiste nell’inibizio-ne dell’occhio dominante mediante varieprocedure, applicate diversamente in re-lazione all’età del bambino e alla gravitàdell’ambliopia. L’occlusione è, a tutt’oggi,il metodo più diffuso; essa può essere to-tale quando l’occhio non viene mai la-sciato scoperto, intermittente quando è li-mitata ad alcune ore durante la giornata.La prognosi dell’ambliopia è estrema-mente variabile e condizionata da nume-rosi fattori che solo lo specialista potrà divolta in volta valutare. Indicativamentepossiamo dire che tanto più elevata è l’e-tà del bambino tanto più drastico e pro-lungato dovrà essere il trattamento. Do-po i sei - sette anni di età, epoca in cui siè presumibilmente raggiunta la matura-zione delle strutture retino-corticali, le

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La prevenzione dell’ambliopia

(la bibliografia completa può essere richiesta allaredazione- e-mail:[email protected])

Maria Cristina Torcè - Servizio di Oftalmologia Pediatrica- Ospedale Sandro Pertini

L’

Per dimostrare l’efficacia dello Scorad-Card© nel calcolo dell’estensione dellamalattia, è stato effettuato uno studio condue foto test di due bambini con delle le-sioni cutanee artificialmente dipinte e dicui, con un apposito programma di foto-elaborazione, contando l’esatto numerodi pixel , è stata preventivamente calcola-ta l’estensione totale delle lesioni artifi-ciali in % rispetto alla superficie corpo-rea, che ha rappresentato“gold stan-dard” per il test. (Fig.1).Venti pediatri, (facenti parte dell’APAL:Associazione Pediatri Allergologi Laziali,il cui sito è http://www.apalweb.it) nonesperti nel calcolo dell’estensione cuta-nea ed in cieco, sia per quanto riguarda ilgold standard sia per i risultati degli altriosservatori, hanno espresso una valuta-

zione dell’estensione delle lesioni delledue foto test, valutate in ordine random,dapprima ad “occhio”, senza alcuna re-gola, e poi con lo ScoradCard©.Per valu-tare anche la variabilità intra-operatoria,dieci pediatri, a distanza di 3 mesi, hannoripetuto il test con lo ScoradCard© per lafoto numero 1.I risultati sono stati i seguenti (riportatianche in Fig. 2): per la foto 1 il gold stan-dard era 38.06% e la mediana “ad oc-chio” è stata 43,44 % (95% CI 40.7-46.21) p=0.002, con lo ScoradCard37.99% (95% CI 36.04-39.94), p=0.79(Fig.2 A).Per la foto 2 il gold standard era27.84% e “ad occhio” 30,44% (95% CI28.25-32.63) p=0.047, mentre con loScoradCard 27.8% (95% CI 26.55-29.04), p=0.79 (Fig.2 B).

È stata anche calcolata la concordanzatra gli osservatori con i due metodi utiliz-zando la statistica k, che permette di va-lutare l’entità di tale concordanza di valu-tazione come non dovuta a casualità. Ilvalore di k va da –1, discordanza totalenon dovuto a casualità, a +1, massimoaccordo. Per la valutazione “ad occhio” ilrisultato è stato “scarsa” (K=0,38), men-tre per quello con lo ScoradCard© è sta-to “buona” (K=0,67).La variabilità intraoperatore a distanza di3 mesi è risultata non significativa, infattiil valore al tempo 0 era 31.5 % (95% CI27.0-49.4) e, tre mesi più tardi, 29.0%(95% CI 26.7-47.2), con p=0.76.Questo nuovo software sembra uno stru-mento valido per permettere una valuta-zione attendibile dell’estensione delle le-sioni cutanee nelle malattie dermatologi-che, anche in studi multicentrici, minimiz-zando la variabilità intra ed inter osserva-tore. Ulteriori conferme dovranno venireda studi condotti in situazioni cliniche reali.

Fig. 2 “Risultati della valutazione della varia-bilità tra operatori”

uò capitare che all’inizio dell’au-tunno un soggetto si presenti alsuo medico curante e, lamen-tando una sintomatologia ga-strointestinale più o meno im-

pegnativa, accenni quasi controvoglia“…veramente ieri (oggi) ho mangiato deifunghi, ma sono quelli che mio zio racco-glie da trent’anni nel bosco, di lui mi fido…”eppure, dati statistici alla mano, la mag-gioranza dei soggetti intossicati da funghisono abituali raccoglitori o consumatori difunghi offerti loro da persone di fiducia.Ben sapendo che delle migliaia di funghi innatura solo un centinaio sono responsabi-li di effetti tossici nell’uomo, e di questi so-lo una decina sono associati a patologiepotenzialmente letali, una diagnosi preco-ce è quanto di più auspicabile di fronte aduna sospetta intossicazione da funghi.Se i sintomi gastrointestinali sono i più ri-correnti negli avvelenamenti fungini, nonsempre sono “tutta la malattia”, ma sono

accompagnati o preceduti da altri sintomi,a volte ben più importanti, per l’aspettodiagnostico o prognostico. I testi di mico-tossicologia, nell’affrontare le caratteristi-che tossiche dei singoli funghi velenosi,tendono ad accomunarli in Sindromi, conrelative attribuzioni specificative (es. sin-drome falloidea, sindrome allucinogena,sindrome resinoide, ecc.) quando il corre-do dei segni e dei sintomi clinici sia moltosimile o sovrapponibile, anche se i funghisono di generi e specie diverse.Ma ancor prima della sintomatologia unaltro dato anamnestico resta fondamen-tale per separare i quadri a prognosi fau-sta da quelli a prognosi riservata ed è lalatenza, il tempo intercorso fra l’ingestio-ne del cibo e i primi sintomi, assai diversonell’avvelenamento da funghi: da pochiminuti, a più giorni !. Una distinzione ora-mai consolidata, che si basa sui tempi dilatenza, divide le sindromi degli avvelena-menti da funghi in due classi :

1. sindromi a lunga incubazione: i primisintomi si hanno dopo 6 ore, per lo più en-tro 16 ore; ma possono comparire anchedopo 14 gg.come nella s.orellanica2. sindromi a breve incubazione, con lacomparsa dei primi sintomi entro 6 ore,più spesso entro 2-3 ore, talvolta sul finiredel pasto.Questa suddivisione, che vede le sei orefare da discrimine fra i due gruppi, va ri-marcata non solo per un valore prognosti-co (gli avvelenamenti a lunga incubazio-ne sono i più gravi), ma anche per risvolticomportamentali dei soggetti intossicati(la non comparsa di alcun tipo di disturbodopo tante ore dall’ultima ingestione difunghi -in media 8 –10 ore- fa dimenticareil rischio, anzi conforta il fruitore a consu-mare in un pasto successivo, a distanza di6- 7 ore, i funghi avanzati dal pasto prece-dente, andando così a raddoppiare la do-se di tossico già ingerita).La lunga incubazione, inoltre, rende più

I principali danni da ingestione di funghi tossici

PPaolo Fasiolo – Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione ASL RM/B

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probabilità di successo diventano vane.Poiché il trattamento dell’ambliopia puòessere lungo nel tempo, è indispensabi-le che le indicazioni dell’oftalmologo ven-gano accettate dalla famiglia e dai pedia-tri la cui collaborazione è determinante einsostituibile per il successo terapeutico.Da tutto quello esposto finora, risulta evi-dente che l’ambliopia è un importanteproblema di oftalmologia pediatrica chemerita una maggiore conoscenza ed at-

el corso degli ultimi anni l’in-troduzione di vaccini semprepiù sicuri ed efficaci ha per-messo la vaccinazione este-sa dei nuovi nati, mutando

l’epidemiologia di molte malattie infettive.Si osserva a livello internazionale unospostamento in avanti dell’età di massi-ma incidenza delle infezioni; inoltre, l’im-munità acquisita con la vaccinazione si èdimostrata in generale meno stabile neltempo di quanto ritenuto inizialmente, an-che perché tendono sempre più a venirmeno i booster naturali che garantisconouna copertura duratura.La necessità di rinforzare l’immunità de-clinante e prolungare la protezione con-ferita dai vaccini somministrati nella pri-ma infanzia appare più evidente se consi-deriamo che le coorti precedenti posso-no non essere state vaccinate in manieraadeguata riguardo le vaccinazioni obbli-gatorie (DPT e OPV) e raccomandate.La proposta di un richiamo vaccinale negliadolescenti e negli adulti mira a rinforzarel’immunità acquisita, ridurre il numero del-le infezioni e diminuire il contagio dei bam-bini da parte di membri della famiglia.La programmazione di una campagnavaccinale deve avere come primo obietti-vo il raggiungimento di elevate coperturein tutte le coorti di età. La recente espe-rienza del morbillo in Italia, con una ripre-sa dell’epidemia e casi gravi, ha rimesso indiscussione la problematica della diffusio-ne delle vaccinazioni evidenziando l’ele-vato rischio di una protezione subottimale.

La pertosse, causata dalla Bordetellapertussis, un piccolo cocco-bacillo Gramnegativo, si manifesta con un’infezioneacuta che interessa il tratto respiratorio.È una patologia potenzialmente eradica-bile, in quanto non vi sono serbatoi ani-mali né portatori cronici ed esiste unaprofilassi efficace.Statistiche età-correlate sulla pertossesono assai limitate e in ogni caso, essendospesso insidiosa la diagnosi, l’incidenza ègeneralmente sottostimata. Nell’epocapre-vaccinale il picco d’incidenza delle in-fezioni da Bordetella pertussis si osserva-va all’età di 1-5 anni e meno del 20% deicasi si verificava in bambini più grandi;quasi tutti gli adolescenti avevano già con-tratto l’infezione. Benché l’incidenza dellamalattia sia diminuita significativamentedall’introduzione della vaccinazione in lar-ga scala, l’agente ha continuato a circola-re interessando altre fasce d’età.In Italia lacopertura vaccinale è aumentata solo ne-gli ultimi anni, infatti fino al 1994 non supe-rava il 40%, mentre nel 2000 ha raggiuntoil 93%. L’incidenza è in calo e nel 2000 il20% dei casi si è verificato in soggetti di etàmaggiore di 10 anni.In Finlandia, paese incui la copertura vaccinale ha già da temporaggiunto il 98%, nel periodo 1995-1999 èstato osservato un aumento dei casi inbambini di età inferiore ad un anno.In Sve-zia, invece, nel periodo che va dal 1986 al2000, l’analisi dell’incidenza età-specificaha mostrato una diminuzione del 30% del-le infezioni in bambini di età 0-2 mesi e unamaggiore frequenza tra gli adolescenti.

Uno studio del Center of Disease Control(CDC) ha evidenziato un incremento del93% delle infezioni negli adulti negli anni1990-93. Durante una piccola epidemia,verificatasi in Michigan in quegli anni, èstato possibile osservare che, mentre iltasso di attacco nei bambini rimanevabasso, nei ragazzi dai 10 ai 19 anni cre-sceva fino al 51%. In Canada, nel 2000,per la prima volta l’incidenza della malattianei bambini di 10 anni ha superato quelladelle altre fasce d’età. Anche uno studiocondotto in Francia, in una regione chevanta un tasso di copertura vaccinale del96% in bambini di 12 mesi, mostra come lapertosse sia più comune negli adulti.La pertosse può determinare complican-ze, come polmoniti o convulsioni che col-piscono soprattutto i neonati. Dati delCDC mostrano che, tra il 1992 e il 1995,quasi il 70% dei bambini malati di pertos-se di età inferiore ai 6 mesi ha avuto biso-gno di un ricovero ospedaliero. In Austra-lia, nel corso dell’epidemia del 1996/97,quattro lattanti sono morti per compli-canze cardiovascolari imputabili alla per-tosse.Bordetella pertussis è stata identi-ficata in tamponi nasofaringei di bambinideceduti per “morte improvvisa” e po-trebbe avere un ruolo anche nella “sin-drome da distress respiratorio”.Uno studio condotto in Quebec ha sottoli-neato come gli adolescenti e gli adulti pos-sano contrarre l’infezione presentandoquadri clinici spesso misconosciuti, concomplicanze gravi soprattutto negli anzia-ni. La sintomatologia aspecifica può ritar-

tenzione nel campo della medicina pre-ventiva e sociale. La menomazione fun-zionale di un occhio può essere infatti unhandicap notevolissimo, che nella mag-gior parte dei casi può essere evitato conuna diagnosi precoce ed un trattamentoadeguato.È per tale motivo che si deve insisteresulla programmazione ed attuazione discreening oftalmologici nei bambini conetà compresa tra i 3-4 anni, età questa

nella quale non solo è possibile, con par-ticolari accorgimenti, una collaborazionedel bambino, ma è anche possibile attua-re un reale, attivo, efficace interventonella prevenzione delle menomazionidell’apparato visivo.

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Nuove prospettive di immunoprofilassi contro la Bordetella Pertussis

NElisabetta Franco, Simona Avenali

Dipartimento Sanità Pubblica e Scuola di Specializzazione in Igiene eMedicina Preventiva, Università di Roma “Tor Vergata”

mo dell’esperienza dell’osservatore.Nel 1989, Costa et Al. proposero un me-todo che introduceva anche il disegno didue figure umane per valutare meglio l’e-stensione della malattia. Il sistema calco-la l’intensità di 10 tra segni e sintomi (da 0a 7; 0= nessuno, 7= massimo) ed il coin-volgimento di 10 sedi corporee simmetri-che (da 0 a 3; 0= nessuno, 3= totale). Ilpunteggio totale (fino ad un massimo di100: 70 dai sintomi e 30 dall’estensione)viene ottenuto sommando i due totali par-ziali.Il metodo si è rivelato abbastanza af-fidabile e con una scarsa variabilità inte-rindividuale. Ma gli stessi autori hannoammesso che la scelta dei criteri di gravi-tà non è stata fatta in maniera critica e cheanche soli 5 criteri sarebbero stati suffi-cienti, dato che, in pratica, molti segni cli-nici non sono puri, ma associati con altri.Nel 1993, una commissione di 30 espertieuropei ha licenziato il suo sistema che harichiesto oltre tre anni di lavoro: SCORAD(SCORing Atopic Dermatitis). È il primoscore ad essere validato ed è possibile te-starlo e valutarlo gratuitamente sul sito In-ternet dell’Università di Nantes (http://ad-server.sante.univ-nantes.fr/). Il metodo sibasa sulla valutazione dell’estensionedelle lesioni (A), utilizzando degli appositimodelli e sfruttando la regola del 9%, susei sintomi oggettivi (B) (eritema, ede-ma/papule, essudazione/croste, escoria-zioni, lichenificazione, secchezza) gra-duati con una scala 0-3, e su due sintomisoggettivi (C):prurito negli ultimi 3 giorni eperdita di sonno, a causa della malattia,nelle ultime 3 notti, con una scala 0-10.Il punteggio finale deriva dalla formula:Scorad = A/5+ 3.5*B+C.

Lo Scorad è certamente quello più diffu-samente usato e quello che di più tiene inconsiderazione sia gli aspetti obbiettivisia quelli soggettivi della malattia, e que-st’ultimi hanno, ovviamente, una notevo-le importanza sulla qualità della vita deipazienti. Come tutti i metodi richiede unospecifico addestramento ed esperienza,e a tal fine sono stati elaborati degli appo-siti atlanti per l’apprendimento.E proprio per semplificare la determina-zione dello SCORAD entra in gioco l’in-formatica con il programma Scorad-Card©, come in seguito sarà precisato.Nel 1996 Berth-Jones ha elaborato epubblicato, tutto da solo (!), un sistemapiù semplice chiamato SASSAD. Il siste-ma analizza sei diverse zone corporee,ed in queste, l’analisi di sei segni, valuta-bili con una scala da 0 a 3. Il punteggiomassimo totale può essere 108 (18x6). Ilsistema si è rilevato molto rapido da com-pilare, mentre i limiti sono che richiede, inogni modo, un’esperienza nel valutare laseverità delle lesioni ed inoltre non inclu-de parametri soggettivi molto importanti,soprattutto dal punto di vista della qualitàdi vita del paziente, come il prurito e laperdita di sonno.L’ultimo score proposto, in termini di tem-po, è l’EASI (Eczema Area and SeverityIndex). È un metodo abbastanza compli-cato che moltiplica la percentuale dell’a-rea di dermatite di quattro regioni cuta-nee per un coefficiente specifico. Il risul-tato ottenuto viene sommato a dei valoridi gravità di quattro segni, relativi allastessa zona. L’EASI però viene criticatoper due limiti importanti:1) è stato conce-pito con dei parametri non applicabili a

bambini inferirori ai 2 anni (che spessosono quelli più gravi); 2) ignora la sinto-matologia soggettiva, quali prurito e per-dita di sonno. Per ovviare a ciò, recente-mente il sistema è stato ulteriormente ag-giornato con una scala analogica visua-le, simile a quella dello scorad, per il pru-rito, ma non per la perdita di sonno.A diredi Gelmetti, l’EASI si è “travestito” daSCORAD, ma complicando ancor di più ilcalcolo finale.Nella sua già citata revisio-ne sui vari “scoring systems”, egli affer-ma: ”In conclusione noi raccomandiamol’uso dello SCORAD, mettendo però inguardia sul fatto che questo, come qual-siasi altro sistema, richiede un preventivostudio accurato (leggere le istruzioni perl’uso!) ed un certo periodo di pratica pri-ma dell’utilizzo clinico.”Tale affermazione e tanto più vera spe-cialmente per quanto riguarda l’attendi-bilità della valutazione dell’estensione edella severità dei sintomi oggettivi dellamalattia.Al fine di semplificare e rendere più stan-dardizzato ed oggettivo l’uso dello Sco-rad, è stato sviluppato un apposito soft-ware (ScoradCard”), distribuito gratuita-mente dalla UCB Pharma.Il programma permette di disegnare di-rettamente su delle figure schematizzatesullo schermo l’estensione delle lesioni,che è calcolata automaticamente dalsoftware (Fig.1).Anche la valutazione deisintomi obbiettivi è stata resa più sempli-ce e riproducibile, includendo nel pro-gramma le foto standardizzate che sonostate adoperate per la validazione delloScorad, che possono essere utilizzatecome modello di riferimento.

Fig.1 “Schematizzazione delle lesioni in vivo e tramite il pro-gramma software”

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dare la diagnosi e comportare esecuzionedi indagini non necessarie e utilizzo di far-maci inappropriati. Nuovi metodi diagno-stici possono venirci in aiuto: molti Autorisuggeriscono che la determinazione delleIgA sia un metodo valido per la diagnosi eritengono che test molecolari come laPCR siano più efficaci rispetto alle tecni-che colturali.È necessario comunque insi-stere sulla sorveglianza e la profilassi, te-nendo conto che soggetti con infezioniasintomatiche o paucisintomatiche comegenitori, fratelli e sorelle maggiori, opera-tori sanitari o insegnanti costituiscono ilserbatoio della pertosse per i bambinimolto piccoli, non ancora immunizzati.Il vaccino contro la pertosse costituito dacellule di Bordetella pertussis uccise in fa-se-1, incorporato nel DTP, usato in tutto ilmondo da oltre 40 anni, ha dato il maggiorcontributo alla riduzione dell’incidenzadella pertosse, ma è anche stato oggettodi un ampio dibattito riguardo alla sua si-curezza. La tossina pertussica provocauna serie di reazioni tossiche in vivo: leu-cocitosi, sensibilizzazione istaminica, au-mento della produzione di insulina conconseguente ipoglicemia e potenziamen-to dei meccanismi anafilattici; per questoè importante monitorizzare sia la sua atti-vità residua che la riconversione del tos-soide durante la formulazione e la conser-vazione del farmaco. Al fine di verificarel’assenza di significativi residui di tossici-tà o di reversione delle tossine, vengonorichiesti dei test di sicurezza.Attualmenteviene largamente usato il test della sensi-bilizzazione all’istamina (HIST) nei topi.Sono in via di sperimentazione test in vitroche, oltre a fornire le basi per la sostituzio-ne delle prove su animali, mostrano mag-giore convenienza e sensibilità.È attualmente disponibile una nuova ge-

nerazione di vaccini acellulari, compren-denti differenti antigeni: la tossina dellapertosse (PT), l’emoagglutinina filamen-tosa (FHA), la pertactina (PRN) e, in alcu-ni preparati, gli antigeni delle fimbrie.Que-sti preparati hanno dimostrato uguale effi-cacia e minore reattogenicità rispetto alvaccino cellulare. I primi vaccini acellularisono stati prodotti in Giappone a partiredagli anni ’80, ma sono stati utilizzati nelprimo anno di vita solo negli ultimi anni;perciò, data la loro recente introduzione, idati sulla durata della protezione sono an-cora limitati.La mancanza di un valore so-glia dei titoli anticorpali corrispondente al-la protezione clinica rende necessario va-lutare sul campo la persistenza dell’effica-cia. Nel Tennessee, la ricerca di anticorpianti-pertosse in sieri di soggetti sani tra 1 e69 anni ha mostrato, oltre ad un primo pic-co dovuto alla somministrazione del vacci-no in età infantile, un secondo picco tra i 13e i 17 anni che si verifica circa dieci annidopo l’ultima dose della schedula vaccina-le. Gli anticorpi possono venire rinforzatida recenti infezioni sintomatiche e asinto-matiche grazie alla circolazione di Borde-tella pertussis. I diversi studi concordanonel sottolineare che i livelli anticorpali dimi-nuiscono progressivamente fino a diveni-re minimi dopo 10 anni, in mancanza di unrichiamo.In Italia il follow-up a lungo termi-ne dei bambini partecipanti al ProgettoPertosse ha mostrato che la protezioneconferita dai vaccini acellulari a tre compo-nenti è rimasta elevata fino ai 5 anni di età.In Giappone è stato sperimentato nei to-pi un vaccino acellulare che può esseresomministrato per via intranasale; se lasua efficacia e sicurezza saranno confer-mate nell’uomo, potrebbe essere un vali-do presidio per richiami periodici nellapopolazione.

Sono relativamente poche le ricercheche calcolano i costi della pertosse negliadulti; uno studio, condotto nella regionedi Monroe (New York) nel periodo 1989-1994, ha stimato che la maggiore consa-pevolezza delle dannose conseguenzeche l’infezione comporta sulla salute de-gli adulti e l’analisi del costo, sia in termi-ni di cure che di giornate lavorative perse,giustificherebbero un cambio nel pro-gramma di immunizzazione al fine di pro-teggere anche gli adulti.Durante gli ultimi anni è stato valutato l’usodei vaccini acellulari oltre l’età pediatrica incombinazione con il tossoide tetanico ed iltossoide difterico a formulazione adulta.Tutti i risultati pubblicati finora mostrano siala sicurezza che l’immunogenicità di que-sti prodotti negli adolescenti e negli adulti.Concludendo, possiamo dire che, mentrefino a poco tempo fa la vaccinazione nell’e-tà adulta non era praticamente proponibi-le, in quanto il vaccino cellulare aveva ef-fetti collaterali inaccettabili quando som-ministrato dopo la prima infanzia, l’avven-to del vaccino acellulare offre l’opportunitàdi estendere la prevenzione della pertossea tutta la comunità.In Germania, Stati Uni-ti e Francia è previsto un richiamo all’età di11-13 anni.Nel nostro Paese una strategiavaccinale, già raccomandata in alcuni pia-ni di immunizzazione regionali, può consi-stere nell’associare la pertosse al richia-mo di antitetanica, che, secondo il D.P.R.7novembre 2001 n.464, deve essere effet-tuato ogni dieci anni, privilegiando i sog-getti che hanno maggiore probabilità dicontatti con i lattanti, inclusi i genitori e inonni dei nuovi nati.

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Consensi e controversie nella Dermatite AtopicaSalvatore Tripodi - U.O.Allergologia Pediatrica, Ospedale “Sandro Pertini”

egli ultimi decenni la patolo-gia allergica è divenuta unavera e propria “epidemia”,tanto è vero che si stima chepiù del 20% della popolazio-

ne mondiale soffra di patologie allergicheIgE mediate, quali asma, rinocongiuntivi-te, dermatite atopica e anafilassi. Tra

queste la dermatite atopica (DA) è unadelle patologie che più è aumentata nelcorso degli anni.Ciò nonostante numerose sono ancorale controversie relative a questa malattia,mi limiterò, quindi, ad accennare a quellerelative a: 1) denominazione, 2) criteridiagnostici, 3) valutazione di gravità.

1. DENOMINAZIONE

La dermatite atopica (DA) è una delle pa-tologie che più è aumentata come preva-lenza, specialmente in alcune parti delmondo.Ciò nonostante le controversie re-lative a tale malattia iniziano già nellascelta del nome: infatti non tutte le DA so-

N

CRITERI MAGGIORI• Prurito: un segno essenziale• Distribuzione caratteristica: interessamento facciale

ed estensorio in lattanti e bambini.• Dermatite cronica recidivante• Storia personale e familiare di malattia atopica

In pratica la DA ha un insorgenza in età precoce,usualmente prima dei 2 anni d’età.

CRITERI MINORI CUTANEI• Segni di secchezza cutanea:

- Ittiosi- Cheratosi pilare- Iperlinearità palmare- Xerosi

• Dermatite non specifica delle mani o piedi• Pallore facciale, pitiriasi alba (lesioni squamosee,

ipopigmentate)• Dermografismo bianco e risposta ritardata pallida• Eczema del capezzolo• Tendenza alle infezioni, intolleranza alla lana, prurito

provocato dal sudore.

CRITERI MINORI EXTRA-CUTANEI:• Manifestazioni oftamiche: anelli periorbitali

- Congiuntivite ricorrente- Cheratocono- Cataratta anteriore subcapsulare

ALTRI SINTOMI:- IgE elevate- Prick test positivi- Allergia alimentare- Corso influenzato da fattori emotivi o ambientali

no veramente “atopiche”, come nella co-mune accezione si intende, cioè allergi-che con un meccanismo IgE mediato. Acomplicare ulteriormente le cose ci hapensato un’apposita task-force dell’Acca-demia Europea di Allergologia ed Immu-nologia Clinica (EAACI) che ha rivoluzio-nato completamente la denominazione ela classificazione della DA.Infatti la nuovanomenclatura proposta è quella di “atopiceczema/dermatitis syndrome” (AEDS),nome, peraltro, non molto felice per l’as-sonanza con il termine AIDS, ma utile adindicare che non si tratta di una sola ma-lattia, ma di una sindrome. (Nel resto deltesto verrà utilizzato, per motivi di praticitàe di consuetudine, il termine DA)Detta nuova nomenclatura distinguel’AEDS in allergiche e non allergiche, doveper allergiche si intende che alla base vi siaun meccanismo immunologico ben indivi-duabile.Se tale meccanismo è IgE media-to si parla di:AEDS associata ad IgE, altri-menti di AEDS NON associata ad IgE.Mail problema è ancora più complesso datoche più meccanismi immunologici posso-no essere coinvolti sia di tipo IgE sia di tipocellulare (Th1). Anzi all’inizio la malattiapuò iniziare come una forma IgE mediataper trasformarsi, nelle fasi avanzate di cro-nicizzazione, in una forma con una com-ponenente autoimmune a cellule Th1.

2. CRITERI DIAGNOSTICI

Numerosi sono i criteri proposti per la dia-gnosi della DA, e con ciò è evidente che nonci sia accordo unanime, d’altra parte già fa-cilmente intuibile proprio perché non si trat-ta di una malattia, ma di una sindrome.

I criteri più utilizzati sono quelli propostida Hanifin e Rajka.a) Criteri diagnostici di Hanifin e RajkaPer la diagnosi di DA devono essere pre-senti almeno 3 dei seguenti criteri mag-giori e 3 di quelli minori.Più recentemente sono stati proposti deicriteri semplificati che sono stati validatied hanno dimostrato una elevata sensibi-lità e specificità e che, anche per espe-rienza personale, sono molto facili da ap-plicare e richiedono pochissimo temposenza neanche che vi sia la necessità disvestire il paziente.b) Criteri diagnostici semplificati (secon-do Williams)

Per una diagnosi di DA il paziente deveavere avuto nell’ultimo anno:• una condizione di dermatite prurigino-

sa (o riferita dai genitori). Questo è unsegno essenziale.

• associata a 3 o più dei seguenti segni:1. una storia di coinvolgimento delle pie-

ghe cutanee, quali quella del gomito,poplite anteriore, delle caviglie, intor-no al collo (includendo le guance neibambini sotto i 10 anni)

2. Una storia personale d’asma o di rini-te allergica (o una storia di malattiaatopica nei parenti di primo grado per ibambini sotto i 4 anni)

3. Una storia di pelle secca nell’ultimoanno

4. Un eczema visibile alle flessure (o neibambini sotto i 4 anni localizzato alleguance/fronte e/o parte esterna degliarti) al momento della visita.

5. Insorgenza prima dei 2 aa d’età (nonvalido per i bambini sotto i 4 anni).

Nei bambini più piccoli sono stati propostida Bonifazi, i seguenti criteri:c) Criteri diagnostici nei primi tre mesi divita1- Lesioni eczematose del volto e/o delcuoio capelluto con risparmio o minoreimpegno della regione del pannolino.2a- Parente di primo grado con DA e/o ri-nite-asma allergica.2b- Irrequietezza psicomotoria e/o in-sonnia non attribuibile ad altre cause.Per fare diagnosi di dermatite atopica neiprimi tre mesi il criterio 1 deve essere pre-sente e associato al criterio 2a e/o 2b.

3. VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ

Come per molte, se non tutte le patologie,è fondamentale graduare la malattia pos-sibilmente in termini numerici, così dapoter obbiettivarne la severità per potervalutare l’impatto di un’eventuale terapiao la sua evoluzione spontanea.Nel corso degli ultimi venti anni sono sta-ti proposti vari metodi per valutare la se-verità della DA, nella maniera più obietti-va e standardizzata possibile. L’impor-tanza degli “scoring systems” è, in defini-tiva, proprio nel consentire una standar-dizzazione delle valutazioni minimizzan-do la variabilità sia intra che inter-opera-tore, obiettivi, quest’ultimi, fondamentalisoprattutto negli studi multicentrici. Unarecente revisione fatta da Gelmetti haproprio sottolineato questi aspetti.Il primo sistema fu proposto da Rajka, chea buon ragione può essere considerato ilpadre della moderna DA. Era un sistemamolto semplice, ma anche di difficile stan-dardizzazione, perché risentiva moltissi-