inarte_2011-01
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Rivista mensile a diffusione nazionale - anno VII - num. 1 - Gennaio 2011€ 1,50
Associazione di
Ricerca Culturale
e Artistica
Il Risorgimento in pittura
Ernesto Treccani
Arturo Martini
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una struttura aperta, che abbracciasse la città di Fi-
renze: per questo costruì nel 1565 il noto "Corridoio" (dal 1973 sede della collezione degli autoritratti) che
collega Palazzo Vecchio, Ufizi, Chiesa di S. Felicita e Palazzo Pitti, terminando nei Giardini di Boboli.Il primo vero nucleo della Galleria fu creato da Fran-
cesco I, iglio di Cosimo che, dopo aver trasformato l'ultimo piano degli Ufizi in luogo dove "passeggiare,
con pitture, statue e altre cose di pregio", afida al Buontalenti, nel 1584, la realizzazione di una Tribu-
na nella quale fossero raccolti arredi e opere d'arte,
oltre che meraviglie naturali. Circolare, (la forma al-
lude infatti ad una complessa simbologia legata agli
elementi, acqua, terra, fuoco, aria), essa era nota in
tutta Europa come una delle camere delle meraviglie
(Wunderkammer) più prestigiose, accessibile solo a
pochi eletti.
Ferdinando I, fratello di Francesco, nel 1589 farà tra-
sformare il terrazzo posto vicino alla Tribuna in un
Visitare un museo è un'esperienza legata ovviamen-
te alle collezioni che esso ospita; spesso si ignora,
a causa della quantità di cose da vedere, la storia
di quel museo, sottovalutando così che ciò che si
cela dietro alle sue collezioni è intimamente legata
ad esse. Questo è quello che si propone di fare con
questa nuova rubrica In Arte, attraverso i più famosi
musei d'Italia, Europa, America e Asia, per scoprire
attraverso il patrimonio museale un nuovo aspetto
della cultura di un'epoca. E non si può partire per
questo viaggio se non dal più antico Museo d'Euro-
pa, gli Ufizi, simbolo dello splendore rinascimentale del nostro Paese.
Come si può dedurre dal nome, gli Ufizi nascono nel 1560 come sede delle tredici magistrature iorenti-ne, per volontà del granduca Cosimo I, che ne afida la costruzione a Giorgio Vasari, uomo simbolo del-la storia dell'arte di Firenze e dell'Italia, autore delle
celeberrime Vite. Egli concepì questo ediicio come
Gli Ufizi a Firenze
di Fiorella Fiore
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si dimentica che questo patrimonio è arrivato intatto
sino a noi grazie ad una donna, Anna Maria Luisa,
ultima erede dei Medici che, nel 1737, resasi conto
che a lei era afidato il compito di difendere questo immenso patrimonio, stipulò con la nuova dinastia
regnante, i Lorena, il cosiddetto "Patto di Famiglia". Esso stabilì che nessuno potesse trasportare "o le-
vare fuori della Capitale e dello Stato del Gran Du-
cato Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed
altre cose preziose della successione del Serenissi-
mo GranDuca, afinché esse rimanessero per or-namento dello Stato, per utilità del Pubblico e
per attirare la curiosità dei Forestieri".Fu grazie alla lungimiranza e alla
passione per l'arte di questa donna,
che Firenze non subì la sorte di altre
città (come Urbino) che all'estinzione
delle casate regnanti furono letteral-
mente svuotate dei tesori artistici; ed
è grazie a lei che possiamo ancora
oggi ammirare Firenze quasi come
i nobil uomini ospiti della corte di
Cosimo I.
ambiente chiuso, che diverrà la Loggia delle Carte
geograiche.Sebbene la divisione interna sia stata oggetto di mo-
diiche legate alle esigenze della fruizione del pubbli-co, il carattere di sontuosità permane ancora oggi in
quello che è forse il simbolo dell'arte italiana per ec-
cellenza: in esso sono contenuti capolavori c h e
vanno da Giotto (Maestà di Ognissanti), a
Masaccio (Madonna del Solletico), dalla
Madonna con bambino di Filippo Lippi
(dove si può vedere all'opera in uno dei
due angeli un giovanissimo Leonardo
Da Vinci) a Botticelli (la celeberrima
Primavera).
E ancora: l'Annunciazione di Leo-
nardo, la Madonna del cardellino di
Raffaello, Michelangelo con il Tondo
Doni, Parmigianino, Caravaggio, Ru-
bens, Tiziano, Hugo Van der Goes, sono solo alcuni dei nomi di questa im-
mensa ricchezza. Negli Ufizi, insom-
ma, è conservata la summa dell'ar-
te rinascimentale, e troppo spesso
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fOrme
demia, ma immediatamente sedotto dalle possibilità
espressionistiche della materia, in particolare della
creta, cui afida tutto l’incanto poetico della sua arte, viene subito affascinato dalle linee sinuose del se-
cessionismo viennese. Frequenta Boccioni, con cui
condivide la bassa frequentazione dell’Accademia;
nel 1909 effettua un viaggio rivelatore a Monaco di
Baviera, dove conosce una realtà artistica vivacissi-
ma. Nel 1912 incontra Modigliani a Parigi, e inizia a
frequentare le esposizioni di Cà Pesaro a Venezia,
ambiente complementare alla Biennale e vivacissi-
mo di spunti. Lo studio dell'opera di Canova a Pos-
sagno, nel tempio Museo dell'artista, e quello della
Giuditta di Klimt, contribuisce a creare quel connubio tra un classico senza età e un moderno che parla ad
ogni tempo che caratterizza la bellezza dell'opera di
Martini. Subito dopo la Prima Grande Guerra, infatti, egli sintetizza un linguaggio che in parte aderisce al
richiamo dei Valori Plastici e del ritorno all’ordine, e
quindi ai dettami della classicità, in parte trasporta
questo stesso linguaggio in una sintesi personalissi-
ma che guarda nello stesso tempo a De Chirico, co-
nosciuto in quegli anni, a Brancusi (Fanciulla piena
Arturo Martini nasce a Treviso nel 1889, all'alba di
un nuovo secolo, decisivo per le Arti e non solo: nei
58 anni della sua vita egli ha saputo rinnovare e
anche trasformare la sua scultura, interpretando il
tempo storico che essa viveva con una visione del
mondo lucida e superiore. Le sue opere manifestano
le varie possibilità offerte dalla sintesi, dove la for-
ma luida si raggruppa in linee sinuose che sono un richiamo e una risposta del igurativismo all’assen-
za di forma delle avanguardie, ma che nello stesso
tempo sono anch'esse espressione della contem-
poraneità. “Martini ci ha riabituati alla scultura”, ha detto alla morte dell'artista Giulio Carlo Argan, ve-
dendo in questa igura la soluzione a tutte le inquie-
tudini che hanno raccolto l'arte dei primi 50 anni del
Novecento. Scultore solitario, lontano dai raggrup-
pamenti, amico di Boccioni ma mai inluenzato dal futurismo, artista del periodo fascista senza mai ca-
dere negli omaggi del culto, affascinato dalle avan-
guardie, ma fortemente ancorato alla tradizione più
antica della scultura italiana, si sviluppa come auto-
didatta nelle Scuole Serali di Arti e Mestieri di Trevi-
so. Sin da subito refrattario agli ambienti dell’Acca-
Il igliol prodigo, particolare, 1926, bronzo, cm 212, Aqui Terme,
opera Pia Ottolenghi.
La sete, 1933-37, pietra di Finale, cm 222, Roma, Galleria nazio-
nale di Arte Moderna.
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d'amore, 1913), all’archeologia etrusca, ai "primitivi" toscani del 1400 proprio allora (1926) oggetto di stu-
dio dell’omonimo saggio di Lionello Venturi Il gusto
dei primitivi. Il Bevitore, 1926, La Pisana (1928-29),
Il Centometrista, 1930, manifestano una severità
compositiva parallela alle opere di Carlo Carrà e
all'architettura di Giulio Scarpa, con cui condivide un classicismo venato di arcaismo che diventa la ci-
fra stilistica delle opere di questi anni. Anche nella
scultura monumentale (Il Figliol prodigo, 1926, Aqui
Terme) o nella graica, attività in cui l’artista si con-
centra in maniera parallela al resto, permane questo
spirito. Nel 1945 a Venezia, nel luogo che avevo vi-
sto nascere il suo trionfo, scrive “La scultura lingua
morta”: i disastri della guerra, l’astrazione crescente
dell'arte, portano l’artista a rilettere sul ruolo del i-
gurativismo, descritto e vissuto come "sorpassato" da una sempre maggiore astrazione che non nega,
però, una commovente liricità, anche nella opere di
questi ultimissimi anni. Opere e pensieri che traccia-
no lucidamente la ine di un’epoca, di cui Martini è stato uno dei più grandi cantori.
Arturo Martini,
sintesi di antico e contemporaneo
di Fiorella Fiore
La madre, 1929-30, legno, cm 202, Galleria civica di arte moder-na, Torino. A lato: Fanciulla piena d'amore, 1913, maiolica, cm 38,
Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Venezia.