inarte_2012-03
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fatto nella sua componente più artigianale, lo porta a
cimentarsi con altre tecniche così dette "minori": dal-
la stuccatura alla doratura, insieme ad un crescente
interesse verso il disegno che, unito ad una sapien-
te conoscenza della materia e della storia, diviene il
nucleo centrale della sua poetica artistica.
Quando, nel 1927, si reca a Verona per il servizio
militare, viene affascinato dalle porte bronzee di San
Zeno, e da lì a Padova, dove viene folgorato dall'arte
di Donatello, ed in particolare dai bassorilievi dell'Al-
tare del Santo. Dopo un viaggio a Parigi, si stabilisce
Giacomo Manzù (pseudonimo di Giacomo Man-
zoni) è stato uno degli artisti più rivoluzionari della
scena italiana: con la sua opera ha operato un si-
gniicativo cambiamento agli idiomi della scultura, e conquistato di fatto un ruolo centrale all'interno del
percorso intrapreso in questa rubrica relativo alla
formazione del linguaggio scultoreo contempora-
neo in Italia.
Nato a Bergamo nel 1908, inizia la sua carriera ad
undici anni come ragazzo di bottega presso un in-
tagliatore. Questo primissimo approccio all'arte, di
Giacomo Manzù, Studio per la Porta della morte in San Pietro a Roma, 1949, coll. privata
Giacomo Manzù
di Fiorella Fiore
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ta, lontana dalla ribellione antinovecentesca che ne
caratterizzerà la poetica.
Nel Dopoguerra, grazie alle numerose committenze
ecclesiali, cresce la volontà di sintetizzare il primi-
tivismo iniziale ad una nuova concezione di realtà,
come visibile nella serie dei Cardinali, caratterizzati
da una rigida ieraticità, espressione di meditazione
e ascetismo. Ciò diviene evidente nel ciclo di bas-
sorilievi ispirato alla Passione di Cristo, scolpito tra
il 1939 e il 1942, in piena guerra, attraverso i quali
rielabora gli ultimi giorni di vita di Cristo come meta-
fora dell'attuale condizione dell'uomo, del dramma
del suo tempo, come evidente soprattutto nella De-
posizione.
Tra il 1952 e il 1964, lavora a La porta della mor-
te, porta centrale di San Pietro, a Roma, progetto
complesso che è culmine poetico della "religiosità
laica" di Manzù: non solo l'opera, ma tutta la serie di
bozzetti e disegni preparatori, costituiscono la sum-
ma della poetica dell'artista e, nell'insieme, uno dei
maggiori capolavori della scultura contemporanea.
a Milano, dove ha modo di farsi inluenzare da stimo-
li diversi che lo portano a confrontarsi con il disegno,
la scultura in bronzo, e anche la pittura.
Conosce l'arte di Degas, Renoir, Rodin e soprattutto
Medardo Rosso che, accanto a Donatello, diviene
una delle sue più importanti fonti di ispirazione: vie-
ne totalmente catturato dal modellato dell'artista tori-
nese, e cerca di farlo suo, attraverso una rapidità del
gesto scultoreo che regala effetti pittorici alla super-
icie. È grazie a questo approccio che egli cerca di approfondire la tensione psicologica ed esistenziale
dell'uomo, come evidente soprattutto nei ritratti, con
cui si cimenterà in tutta la sua carriera (come nel
ritratto di Papa Giovanni XXIII).
Il perfetto equilibrio tra l'inluenza dell'arte del passa-
to e quella del presente, è la chiave della cifra stili-
stica dell'artista; ed è per questo che, pur aderendo
al movimento Corrente, affascinato dall'espressioni-
smo lirico che lo caratterizza, resta una igura isola-
Giacomo Manzù,Cardinale seduto, bronzo, 1955, Venezia, Galle-
ria Internazionale d'arte moderna Cà Pesaro.
Giacomo Manzù, Testa di donna, 1939, coll. privata.
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Giacomo Manzù, Testa di Papa
Giovanni XXIII, 1963, Vaticano.